「Bokura」~ Little things between us

di kitsune999
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~Stage 1 • “Living Contradiction” featuring Sanae Nakazawa~ ***
Capitolo 2: *** ~Stage 2 • (10 x 11) + 9 = 1 (casino) featuring Kojirō Hyūga~ ***
Capitolo 3: *** ~Stage 3 • “Permanent Marker” featuring Ryō Ishizaki~ ***



Capitolo 1
*** ~Stage 1 • “Living Contradiction” featuring Sanae Nakazawa~ ***


Living Contradiction

Ben decisa a portare a termine la mia opera di trituramento-palline, rieccomi qui con una nuova serie di vaneggiamenti sui due G&G. Starebbe per Golden Gay, ma scritto così fa tanto D&G e il paragone calza a pennello xD

Allora, io sono masochista, è risaputo.

Quindi, ho pensato di inaugurare una specie di raccolta di brevi racconti, denominati “Stage” perché in inglese fa più fico.

Tali “Stage” si prefiggono il prevedibile obiettivo di raccontare alcuni passaggi della loro storia d’ammmore (la tripla “m” è d’obbligo), ed ognuno sarà composto da un numero variabile di drabble (anche se il mio intento sarebbe quello di non superare mai le tredici), ciascuna rigorosamente da 100 parole l’una.

Pena il taglio delle dita della sottoscritta.

Il genere di questi raccontini potrebbe spaziare dalla commediola demenziale all’introspettivo con la stessa facilità con cui io sto perdendo diottrie davanti allo schermo di un pc. Sul serio, è già la seconda volta che cambio gradazione alle lenti nel giro di un anno. Mi sa che morirò cecata (e con la tendinite cronica alla mano destra, di cui abuso senza pietà per disegnare ad oltranza xD)

 

A proposito, è inutile dire che le fanart su questo pairing si sprecheranno, nei prossimi giorni. Siccome ho più idee che tempo (anche se non si direbbe vista la frequenza dei miei aggiornamenti, LOL), forse ci vorrà un po’, ma giuro che presto o tardi le pubblicherò (intanto ecco qualche disegnuzzo tratto da “Rock, Paper, Scissors”, lo metto anche qui  per sopperire alla mancanza momentanea di altri relativi a questi racconti).

Dimenticavo, il titolo della raccolta è provvisorio, per il momento non lo posso ritenere definitivo ma è un buon candidato. Vedremo quando avrò finito di scrivere gli altri capitoli.

Ultimissima cosa. Se non capite di che cipparola stia parlando in questo agglutinato di drabble, QUI e QUI ci sono le mie altre shot, che potrebbero chiarire le idee sulla visione distorta che ho in merito allo shippaggio di questo pairing canon.

 

Un bacio in fronte a tutti quelli che continuano a seguirmi e a commentare, ed un grazie di cuore a chi avrà la pazienza di leggere quest’ennesima bakaboiata xD

 

Bene, detto questo diamo il via alle danze!

 

 

 

 

 

~Stage 1

Living Contradiction featuring Sanae Nakazawa

 

 

 

-Rispondimi sinceramente: mi hai mai tradito?

Gli era andata di traverso l’acqua che stava bevendo, a pranzo con lei.

I primi colpi di tosse furono la reazione naturale del suo corpo per evitare il soffocamento, i successivi cinque o sei furono invece un suo espediente per temporeggiare un altro po’.

L’aveva preso in contropiede.

Eccheccacchio, aveva bisogno di concentrarsi un minimo prima di riuscire a dare risposte del genere senza perdere di credibilità, lui.

Sanae aveva osservato quella finta agonia con un sopracciglio alzato ed un’aria vagamente insofferente, intuendo la sceneggiata.

Adesso era proprio curiosa di sentire la sua risposta.

 

Non era un attore consumato come Tarō, ma finora gli era sempre andata bene.

Forse perché il suo amante non era una donna.

E quindi nessuna traccia di rossetto sui colletti da dover occultare, nessun capello lungo sulla giacca da far sparire, nessuna reminiscenza sulla pelle di qualche profumo femminile da cancellare.

E per di più, era il suo insospettabile amico d’infanzia.

E quindi nessun alibi da dover montare. Nessuno aveva mai niente da ridire quando era con lui.

Era tutto molto più semplice.

Ma sì, doveva riacquistare la calma.

Sospirò.

-Certo che no, ma come ti viene in mente?

 

Attimi di suspense.

Aspettando che lei replicasse, svelando il motivo di quella domanda scottante.

Scansionò rapidamente il cervello, facendo mente locale.

Possibile che avesse compiuto qualche passo falso?

-Ieri, quando sono venuta a casa tua, ricordi che sei dovuto andare in bagno?

Tsubasa annuì, non capendo dove volesse andare a parare. Sì, c’era andato dopo che avevano fatto l’amore, per darsi una rinfrescata. E allora?

-Ricordi anche che non indossavi i pantaloni in quel momento?

Altro cenno di assenso perplesso.

-E cosa tieni nei pantaloni di solito?

Improvvisamente, realizzò.

Oh, cazzo.

Ma certo.

Il fottuto cellulare.

Iniziò a sudare freddo.

 

-Si era messo a suonare, e l’ho tirato fuori dalla tasca per rispondere. Però era un messaggio.

Sbiancò.

La pressione gli calò di schianto e deglutì rumorosamente.

Adesso capiva perché il giorno precedente gli avesse piantato su un mezzo muso, e senza dare troppe spiegazioni avesse voluto tornarsene a casa prima.

Resistette all’impulso di estrarre il cellulare e controllare la posta, fremente di sapere che cazzarola avesse visto.

Perché lui, quel messaggio, mica l’aveva letto.

Essendo stato già aperto da lei, non gli era figurato nell’elenco di quelli appena ricevuti, e doveva essere finito direttamente nella cartella di quelli vecchi.

 

-Bè, e cos’aveva questo messaggio di tanto strano?- Esclamò, cercando di essere disinvolto e abbozzando un sorrisetto tirato.

Infima recitazione.

E a proposito di attori, non vedeva l’ora di staccargli la testa dal collo con le sue stesse mani, non appena l’avesse avuto a portata di tiro.

Evidentemente parlava arabo.

Quante volte gli aveva detto di NON scrivergli roba compromettente.

-Assolutamente nulla. Era di tua madre.

Per poco non gli cadde la mascella e strabuzzò gli occhi, guardandola come se si fosse improvvisamente rincretinita.

A che pro inscenare la Sacra Inquisizione? Per chiedergli delucidazioni su un messaggino di sua madre?

 

-Non ho mai detto che fosse quello il problema.

Occhiata gelida.

Pausa.

-Allora cosa…?- Incalzò lui spazientito, incrociando le braccia.

Prima si era quasi preso un infarto secco per un’emerita scemenza.

Cominciava ad averne abbastanza.

Poi, la rivelazione.

Che lo colpì tra capo e collo.

E non solo in senso metaforico.

Nel pronunciare il funesto proclama, Sanae lo omaggiò di uno sganassone sulla nuca, accompagnato da un affettuoso appellativo.

-Quello a cui mi riferisco si trova nella cartella dei messaggi inviati, scimunito.

Tsubasa per poco non cadde dalla sedia, e non per la sua sberla.

Per la seconda volta, realizzò.

 

Porca puttana.

Si era dimenticato di cancellarlo.

Aveva da poco cambiato modello di cellulare e non aveva ancora imparato come si abilitava la rimozione automatica dei messaggi spediti.

Ignorò l’impulso di alzarsi per andare a sbattere la testa contro il muro finchè non avesse perso conoscenza.

-Spiegami perché dovresti scrivere delle cose del genere a Misaki.

-Di cosa parli?- Tentò lui, facendo lo gnorri.

Pessima performance, lo sapeva.

Perché si ricordava a menadito cosa gli aveva scritto, e non c’era certo andato leggero.

Qualcosa tipo “Mi manchi. Ho bisogno di scoparti fino al giorno del giudizio.”

Che continuava ancora peggio.

 

Ma purtroppo non riuscirò a liberarmi di lei ancora per un po’. Che palle.”

Con quella frase aveva firmato la sua condanna a morte.

Se la prima avrebbe anche potuto farla passare per una sorta di fraseggio goliardico fra compagni di squadra, sulla seconda c’era ben poco da disquisire.

Unica nota positiva: almeno non aveva fatto il suo nome.

Doveva essere quella l’unica ragione per cui era ancora in vita, magari inventandosi qualcosa di verosimile l’avrebbe fatta franca.

La scusa del cameratismo però era scontata, lei avrebbe dovuto pensarci subito.

Non l’aveva fatto.

Altrimenti l’avrebbe buttata sul ridere fin dall’inizio.

 

-Sto parlando di un messaggio che definire ambiguo mi pare un eufemismo.

Idiota. Un idiota fatto e finito.

Era lui l’unico che doveva ringraziare, se adesso si trovava in quella situazione.

Si era fregato con le sue stesse mani.

Quella pulce nell’orecchio non ci voleva.

Forse, dopo tanti anni, aveva fatto due più due.

E aveva capito tutto.

Preso alla sprovvista, il suo cervello negava di collaborare, e fece un disperato tentativo per guadagnare tempo.

-E come mai sei andata a controllare quella cartella?

Fuori luogo.

Era inutile fare i sostenuti, con quella chilometrica coda di paglia che si ritrovava.

 

Se continuava a tirarsi la zappa sui piedi in quel modo, Sanae presto o tardi lo avrebbe spellato e messo sotto sale, come lasciavano presagire le occhiate omicide che gli stava lanciando e la vena sulla sua fronte, che pulsava a tal punto da dargli l’impressione di stare per esplodere.

-Ci sono capitata per caso, mentre smanettavo per cercare di non cancellare inavvertitamente il messaggio di tua madre. Non è stato nulla di premeditato.

Dunque era andata così.

Sì, era plausibile.

E comunque, era stupito dal fatto che non l’avesse ancora sbranato, si era trattenuta anche fin troppo a lungo.

 

Difatti, conoscendo il suo temperamento battagliero, si sarebbe aspettato di cadere vittima di una spietata vendetta molto prima.

Invece, calò una pesante cortina di gelo carica di tensione.

Avrebbe preferito di gran lunga una delle sue sfuriate al posto di quel silenzio opprimente ma, dopo alcuni tragici e lunghissimi istanti in cui Tsubasa meditò il suicidio, Sanae allungò una mano verso di lui, esclamando in tono perentorio:

-Dammi quel cellulare.

Con la fronte imperlata di sudore, eseguì l’ordine che gli aveva imperiosamente impartito.

D’altra parte, non era certo nella posizione giusta per mettersi a sindacare, farneticando di privacy et similia.

 

La guardò atterrito mentre trafficava col suo telefonino, con un’espressione che non prometteva nulla di buono.

Che avesse in mente di fare non avrebbe saputo dirlo.

Si spremette le meningi alla ricerca di una risposta che non trovò, perché ormai aveva tabula rasa nella testa e perfino i suoi due neuroni preferiti sembravano averlo abbandonato.

Però, quando la vide accostare l’oggetto della discordia all’orecchio, un orrendo sospetto si fece largo nella sua mente. C’era arrivato, alla buon’ora.

Oddio, voleva chiamarlo.

Fu pervaso da un panico totalizzante.

-Misaki? Sei tu?- Il suo tono di voce aveva un che di sollevato.

Sollevato?

 

Conversarono per un po’ di scempiaggini varie.

Quando riattaccò, gli prese le mani fra le sue chiedendogli di perdonarla per aver dubitato di lui.

Dopo aver rischiato due o tre colpi apoplettici nel giro di appena cinque minuti, Tsubasa non credeva alle proprie orecchie.

Era semplicemente attonito.

Poi lei, finalmente, spiegò.

-Credevo che avessi sostituito il nome della tua amante con quello di Misaki per non farti sgamare.

Era ufficiale, si era bevuta la palla del cameratismo.

Lui gridò silenziosamente al miracolo.

E ringraziò che la psiche femminile per certi versi fosse così contorta ma, per altri, assai poco lungimirante.

 

 

~Stage 1 - END~

 

 

 

e vissero tutti cornuti e contenti (oddio, tutti…solo la povera Sanae che, per inciso, è la “contraddizione vivente” a cui si riferisce il titolo. Come molte donne, ed io mi ci metto in mezzo, è capace di tirarsi delle seghe mentali facendosi trip allucinogeni che a confronto Dante Alighieri è un novellino, ma non vede ciò che ha lampante giusto sotto il naso xD)

 

 

E via, la prima stage-bakata da tredici drabbline da cento parole cento è andata xD

Mi piace comporne di tassative, è come se auto-imponessi dei paletti alla mia follia grafomane. Penso sia un buon espediente per arginare i fiumi di parole di chi, come me, ha la tendenza ad essere prolissa.

, l’ho pur detto che sono masochista xD

 

Orsù, non siate timidi! Fatemi sapere che ne pensate, e se sia il caso che mi dia o meno all’ippica xD

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** ~Stage 2 • (10 x 11) + 9 = 1 (casino) featuring Kojirō Hyūga~ ***


Stage 2 featuring Kojiro Hyuga

          

        ~Stage 2

(10 x 11) + 9 = 1 (casino) featuring Kojirō Hyūga

 

 

 

Aveva rischiato di prendersela dritta in fronte, la bordata di Kojirō.

Si era scansato all’ultimo solo grazie a chissà quale reminiscenza di riflesso condizionato.

-Mi sembri uno stoccafisso oggi, ma stai dormendo? Quel passaggio era per te!

Era stata la stizzita osservazione del capocannoniere mentre, già sul piede di guerra, fissava il capitano –o ciò che ne restava- dopo che aveva mancato l’ennesimo assist.

In effetti quel giorno stava dando il peggio di sé, e la cosa stava provocando un certo stupore fra i compagni di squadra, le cui facce lasciavano intendere che concordassero con quanto asserito dall’incazzoso numero nove.

 

Ma la cosa più irritante era che l’incazzoso numero nove sapeva.

E si vedeva lontano un miglio che ci godeva come un pazzo nel prenderlo allegramente per il culo, permettendosi di fargli critiche pungenti farcite di svariati epiteti, che in altre circostanze avrebbe omesso.

Se c’era una cosa poi che non lo aiutava sicuramente a sopportare la sua tirannia era il fatto che il motivo principale dello stordimento di quel giorno fosse sempre lì, vicino a lui, in campo.

Eppure non era avvezzo a lasciarsi andare alle fantasie libidinose, specialmente quando in teoria avrebbe dovuto stare concentrato solo sul pallone.

 

Si girava da una parte, e vi trovava la Faina che gli lanciava occhiatine ammiccanti, corredate da quel suo sorriso devastante.

Si girava dall’altra, e vi trovava la Tigre che, con il consueto aplomb, lo fissava tracotante, mentre cercava di dirgli qualcosa senza usare la voce, sfruttando solo il labiale.

Vi lesse indignato la parola “finocchio”, a cui replicò prontamente concedendogli una regale vista del suo dito medio alzato.

Ovvio che sarebbe stata lui la vittima designata.

Scontato.

Tarō appariva così innocuo e mite che nessuno avrebbe osato assillarlo troppo, non ci sarebbe stato gusto.

Ah, se solo avesse saputo.

 

No, decisamente.

Non era cominciato bene, quell’allenamento.

A partire da quando aveva posato lo sguardo sulla sua schiena, mentre correva una spanna avanti a lui.

Vedendo quel numero stampato a caratteri cubitali sulla sua maglia, gli erano prepotentemente tornate alla memoria cose del tutto inappropriate a quel contesto e, per quanto si stesse imponendo di darci un taglio, l’occhio continuava a cadergli sempre .

Più si sforzava di ignorarli, più quei pensieri facevano capolino.

Era un circolo vizioso.

Undici.

Ce l’aveva impresso a fuoco nel cervello.

Ricordava ogni attimo di quanto successo il giorno prima negli spogliatoi deserti.

O quasi.

 

E dire che l’idea non era nemmeno stata sua.

Però l’aveva gradita, eccome.

Perché non si vedevano da un po’, e non avrebbero potuto resistere oltre.

Un piacevole “defaticamento” post-allenamento.

Anche se di defaticante c’era stato ben poco.

Tirarono per le lunghe le operazioni di riassettamento personale, in attesa che se ne andassero tutti.

Finché non rimasero finalmente soli.

Il pericolo che potesse entrare qualcuno era sempre in agguato e, per ovviare al problema, si rintanarono nelle docce chiudendo a chiave gli spogliatoi, prefiggendosi di non fare troppo casino.

Così facendo, il rischio avrebbe dovuto essere ridotto ai minimi termini.

 

-No, non toglierti la maglietta, lasciatela addosso, così faremo prima nel caso in cui ci sia da battere in ritirata. E poi…- gli aveva sussurrato all’orecchio, mentre lo faceva voltare –…mi piace vederti vestito così.

Ecco spiegata la ragione per la quale adesso non la smetteva di vedersi quel maledetto numero sempre davanti agli occhi.

Comunque, mantenersi parzialmente lucidi per captare rumori sospetti mentre si era occupati in quelle amene attività lubriche non era certo cosa facile, ne erano consapevoli.

Ma confidavano molto sul fatto che fosse altamente improbabile essere disturbati, dato l’orario e la porta chiusa a doppia mandata.

 

Kojirō.

Mosso da un insano spirito agonistico, ignorava impavidamente i segnali di sfinimento lanciati dal proprio fisico ma soprattutto dai propri stinchi, stressati dai continui scontri ravvicinati con sequoie, palle mediche e tsunami.

Unico obiettivo: potenziare le temibili fucilate cosmiche che solevano spazzare via gli avversari come fossero birilli.

Non soltanto le sue mine mietevano vittime; specialmente verso metà partita, con alle spalle già qualche litro di sudore versato, un sostanzioso contributo allo sterminio veniva elargito dai soavi effluvi sprigionati dalle sue ascelle, perennemente all’aria grazie alla mania di arrotolarsi qualunque manica rischiasse di occultare la perfezione dei suoi bicipiti.

 

In costante ricerca di un optimum quasi utopistico, in campo era davvero infaticabile.

Pertanto, non era affatto strano che quel giorno avesse deciso di dedicarsi ad un solitario allenamento fuori programma.

Aveva aspettato fino all’ultimo che quei due grulli levassero le tende, ma alla fine era stato costretto a cedere per primo fingendo di andarsene, altrimenti avrebbe dato nell’occhio.

E non lo allettava affatto l’idea di dover sbandierare ai quattro venti i suoi impegni mondani per la serata.

Gironzolò a vuoto in quei pressi per una ventina di minuti, poi, lievemente innervosito per il contrattempo, fece dietro-front verso gli spogliatoi.

 

La porta era chiusa a chiave.

Oh , poco male. Ne aveva una copia, se l’era fatta dare in gran segreto dal custode il giorno prima, in vista di quelle private sessioni straordinarie.

Non appena mise piede all’interno, notò due sacche appoggiate sulle panche.

Era mai possibile che quei due fossero ancora lì?

Aguzzò le orecchie e udì dei rumori, soffocati ma inequivocabili, provenire dalle docce.

Non ci arrivò subito.

In un primo momento si rifiutò di considerare l’ipotesi.

Un’altra persona, magari più discreta, avrebbe silenziosamente tagliato la corda.

Ma lui stentava a crederci, doveva sincerarsene con i suoi occhi.

 

Sentirono l’uscio cigolare, dei passi pesanti ed il tonfo di un borsone che veniva sbattuto con malagrazia su di una panca.

Ebbero a malapena il tempo di ricomporsi che la porta della doccia venne quasi divelta da una pedata dalla potenza di tutto rispetto.

Cristosanto.

Ma fra tutte le persone che potevano cappellarli, proprio LUI.

E ti pareva.

L’esterrefatto Kojirō si ritrovò davanti uno Tsubasa che armeggiava freneticamente con la chiusura dei pantaloni, rischiando per la fretta di pizzicarsi l’attrezzo in mezzo alla dannata cerniera, e un Tarō intento a risistemarsi alla bell’è meglio la tuta, con aria vagamente colpevole.

 

Dopo essere passato dal bianco gesso al rosso peperone, ora sembrava tornato del suo colore naturale, fortemente rievocante la carnagione olivastra di un venditore di tappeti tunisino.

E li stava fissando con un’espressione che era un tutto dire.

Definirlo ghigno sardonico non avrebbe reso abbastanza l’idea.

Quello era il suo leggendario muso sfottò elevato all’ennesima potenza, completo di tutti gli irrinunciabili accessori del caso: sopracciglio alzato, sorrisetto sghembo, occhi a fessura.

-Non so perché, ma la cosa non mi sorprende- Aveva cinguettato sarcastico, senza distogliere lo sguardo e prendendosi il mento fra due dita, fingendosi assorto in chissà quali ragionamenti.

 

Tarō come al solito era bravissimo a dissimulare, sembrava essere nato per quella parte, ma la faccia di Tsubasa era un vero bijou, avendo spaziato tutte le tonalità di rosso esistenti.

Kojirō, dal canto suo, ci aveva messo due secondi a metabolizzare lo shock, poi era partito subito all’attacco.

-Oddio, su di te non avevo il benché minimo dubbio- Disse perfidamente indicando il numero undici, che fece spallucce –però da te sinceramente non me l’aspettavo. Ma non stavi con Sanae?

Odiosa domanda retorica.

Si stava divertendo un mondo a metterli in imbarazzo, era palese, non si sforzava neanche di nasconderlo.

 

Fu l’intervento del pacato Tarō alias la Faina che ristabilì il delicato equilibrio, per mezzo di una semplice frase.

-Ascolta Kojirō, è molto importante che tu non lo dica a nessuno.

Il cannoniere lo guardò inclinando il capo e scrollò le spalle, replicando:

-C’ero arrivato anche da solo. Tranquilli, a me basta potervi sfottere privatamente, non mi interessa affatto sputtanarvi in giro.

La promessa fu suggellata da una delle sue urtanti facce da satiro.

, c’era di buono che almeno non sarebbero stati esposti al pubblico ludibrio.

Anche se, forse, diventare il bersaglio preferito della Tigre sarebbe stato ancora peggio.

 

 

~Stage 2 - END~

 

 

 

E via, anche il secondo passo è fatto, tredici drabbline tredici di cento parole cento. Sono rientrata nel range bislacco che mi ero prefissata. Deo Gratias.

Ho rischiato l’overdose da M&M’s mentre buttavo giù questa scemata di stage, ma sono sopravvissuta tornando dal coma diabetico illesa (o quasi, forse adesso mi è rimasto un solo neurone anziché due.)

E mi sono accorta che ormai mi viene spontaneo contare le parole di qualsiasi altra cosa stia scrivendo.

Credo che il prossimo passo verso il raggiungimento di una completa e sana follia mentale sarà comporre haiku, sissì xD

Detto questo, ho ricevuto delle recensioni talmente positive ed incoraggianti nello scorso capitolo che al pensiero ancora gongolo spudoratamente. Proprio così, mi riferisco a VOI, divine Releuse83, Cristy8, renge_no_hana e Uchihagirl. In particolare quest’ultima mi ha quasi commosso con le sue parole, non esagero. L’ho già detto che ancora gongolo? Ah, sì.

Thank you so much from the bottom of my heart (è scientificamente comprovato, l’inglese fa sempre un effetto molto cool. Buttato a caso in  mezzo alle frasi dà un non so che di esotico al discorso xD). Non so se sarò sempre all’altezza delle vostre aspettative, ma quantomeno lo spero…diciamo che farò quel che potrò, và xD

Ormai scrivere bakascemate è diventata una ragione di vita U_U

E comunque, ragazze, non dovreste essere così buone con me dato che in realtà sono un’untrice in incognito, il cui unico subdolo scopo è quello di contagiare quanti più innocenti possibile con la Tsubytarite, di cui sono portatrice (in)sana xD

Perché ho una missione da compiere, io.

 

P.S. Era logico che avrei ambientato il secondo stage negli spogliatoi. Suvvia, si sa che quelli sono i luoghi della perdizione per antonomasia xD

 

P.S. 2 Un baciottolo sbavettoso a PucchykoGirl, che ha letto in anteprima la Boiata.

A buon rendere, caVissima ;-)

P.S. 3 Non si ispirano direttamente ai contenuti di questa fanfic, ma vabbè, qualcosa dovevo pur metterci xD

 

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Capitolo 3
*** ~Stage 3 • “Permanent Marker” featuring Ryō Ishizaki~ ***


stage 3

Bene (anzi, male xD), siccome io ho soltanto idee banali, ecco a voi l'ennesima banalità.
No, davvero, questo terzo Stage è ancora più cretino degli altri. Portate pazienza, io traggo godimento soltanto tramite la stesura di cose del genere, per cui prendetelo per quello che è senza troppo impegno. Ma ormai questo dovrebbe essersi capito xD
Piccola precisazione
: si tratta del seguito della shot ~Rock, Paper, Scissors. L'averla letta è come sempre preferibile, ma non irrinunciabile ai fini della comprensione di questa bakascemenza.
Vi rimando al termine per le note e i ringraziamenti^^



~Stage 3
Permanent Marker featuring Ryō Ishizaki


Si rigirò nel letto.
Fastidio.
Solletico.
Dischiuse gli occhi a fatica.
Nella semioscurità gli parve di scorgere un viso, a pochi centimetri dal suo.
Sbatté le palpebre per mettere a fuoco ma, nel giro di un battito di ciglia, ciò che credeva di aver visto si volatilizzò.
Probabilmente aveva sognato.
Però cos'era quella penombra?
Notò che la porta del bagno era parzialmente aperta, e la luce al suo interno filtrava nella stanza, rischiarando lievemente l'ambiente.
Tsubasa doveva averla dimenticata accesa.
Si ripromise di alzarsi entro cinque minuti per spegnerla, ma ripiombò nel sonno non appena finì di formulare quel pensiero.

***

Takeshi diede di gomito a Ken, seduto vicino a lui, e portandosi teatralmente una mano al viso gli mormorò in tono melodrammatico, a metà via tra l’avvilito e il divertito:
-Oh, Signore. Ci troviamo dinnanzi ad un processo di involuzione della specie umana. Peggio che alle elementari…anzi, qui siamo a livello asilo nido.
Mentre sorseggiava una bibita, il portiere catalizzò la sua attenzione verso la persona che aveva suscitato il commento spontaneo dell’amico, ovvero Tar
ō, che li aveva appena raggiunti al tavolo della colazione.
Fu colto istantaneamente da un'irrefrenabile crisi di ridarella, e per poco non si strozzò con l'aranciata.

Un brivido freddo gli percorse la schiena e percepì un clima anomalo intorno a sé.
Cos’era quel brusio che si era levato fra i compagni da quando aveva messo piede nella sala?
E perché continuavano a ridacchiare, indicandolo?
Ebbe un pessimo presentimento e, istintivamente, cercò uno specchio.
Come quello che si era illuso di trovare al suo posto, nella toilette della stanza che condivideva con Tsubasa.
-Accattivante, non c’è che dire- sghignazzò il solito Kojir
ō incapace di trattenersi, attirando l’attenzione dell'ancora ignaro numero undici –che amassi imbellettarti già lo supponevo, ma non credevo proprio che fossi un simile intenditore.

Ah, ecco.
In effetti, la patetica scusa accampata dall'imbecille integrale che si ritrovavano per capitano gli era sembrata decisamente sospetta, per non dire assurda.
Figurarsi se la donna delle pulizie era veramente venuta a portarselo via di mattina presto, millantando di un inderogabile quanto improbabile cambio di arredamento.
A pensarci bene, poi, era strano anche solo il fatto che si fosse svegliato per primo sentendola bussare, considerato il suo sonno non propriamente leggero.
E comunque, non si era preoccupato di dare molta importanza alla cosa.
Era semplicemente stravolto, dopo aver fatto le ore piccole ad allenarsi.
Fra le lenzuola, chiaro.

Era occupato a riavviarsi i capelli alla meno peggio con il solo ausilio delle mani quando lui, baciandolo a fior di labbra, gli aveva detto che tanto non gli serviva, bello com'era.
L'aveva guardato storto, meditando di rispondere a quell'apprezzamento
pomposamente fasullo con una testata.
Che si sperticasse in complimenti mattutini era un qualcosa che rasentava la fantascienza.
Volente o nolente, però, aveva dovuto arrendersi all'evidenza.
Del maledetto specchio non v'era traccia.
D'altronde, non si immaginava neppure lontanamente un tiro mancino del genere proprio da
lui, che aveva nomea di non essere esattamente una scheggia in quel tipo di cose.

Pennarello.
Indelebile.
Non s'era cancellato neanche quando, appena alzato, si era lavato il grugno insonnolito con acqua e sapone.
Davanti all'intera compagine e ad alcuni ospiti dell'albergo, osservò sgomento la propria immagine riflessa, una mano sulla guancia e l'altra sul primo specchio localizzato.
A quella reazione, e vedendo le amene decorazioni comprensive di graziosi baffetti in stile
naïf, i suoi amici o presunti tali si cappottarono in sincrono, rotolando nelle posizioni più disparate: chi accasciato sul tavolo, chi sotto, chi svaccato sulle ginocchia del vicino.
Le risa più forti arrivavano da Ishizaki.
Ovvio. C'era anche il suo zampino nella faccenda.

Ryō.
Difensore
sui generis, dopo anni di fatiche aveva sviluppato un'interessante e fantasiosa tecnica di bloccaggio, operata esclusivamente dai propri tratti somatici, purtroppo ormai irrimediabilmente compromessi da tale pratica malsana.
Difatti, specie subito dopo gli allenamenti, non era raro riscontrare sul suo viso tracce pentagonali o impronte di noti
brand di aziende produttrici di palloni da calcio.
Il suddetto pallone, per lui, era ben lungi dall'essere un amico, ma ci aveva fatto il callo ed ora ostentava quasi con orgoglio quelle cicatrici di guerra, griffate
Adidas o Nike.
Con notevole auto-ironia, alle volte amava definirsi una sorta di
sponsor vivente.

Ore cinque e quaranta antimeridiane.
Il buon Ishizaki era stato strappato alle braccia di Morfeo dal bussare sommesso ma insistente di qualcuno alla porta.
Aprendola, si era trovato davanti Tsubasa con uno specchio sotto il braccio.
-Ti sei dato al
bricolage, per metterti a smontare pezzi d'arredamento all'alba?
Gli aveva biascicato con voce impastata, stropicciandosi gli occhi mentre lo guardava nello stesso modo in cui avrebbe guardato pure un lobotomizzato.
Con fare furtivo ed un'aria da massone, il capitano gli aveva chiesto di imboscarlo nella sua stanza, perché aveva un conto in sospeso con Tar
ō e necessitava della sua collaborazione.

Era andato lì essendo impossibilitato a nascondere il famigerato oggetto sotto il letto.
La valigia del compagno era allocata nello stesso posto, e raccattando qualche vestito lo avrebbe sicuramente notato.
Chiunque altro si sarebbe rifiutato di partecipare a quello scherzo ai danni di Tar
ōinnocenza fatta persona” Misaki, lo sapeva.
Ma sapeva anche che Ishizaki non era della loro stessa pasta.
Difatti, la sua espressione assonnata mutò repentinamente in un ghigno giulivo, con tanto di occhioni luccicanti.
Nel sano cazzeggio goliardico lui adorava piazzarsi perennemente in prima linea, non guardava in faccia a nessuno.
Ci stava sempre e comunque.

Tuttavia, la parte decisiva del diabolico piano era stata messa in atto dal capitano.
Aveva dato libero sfogo al suo estro,
impreziosendo il viso della povera vittima con parecchi ghirigori, facendo bene attenzione a non svegliarlo.
Sì, perché urgeva una piccola vendetta.
Sentiva male più o meno in ogni fibra del proprio corpo, compresi muscoli che aveva dimenticato di possedere, dopo aver trascorso quella nottata a vestire panni che non erano
propriamente quelli a cui era abituato.
Tar
ō si era preso la sua piccola rivincita, gliel’aveva concesso.
Ma lui mica poteva starsene troppo a lungo in silenzio a subire, dopotutto.

-Ma che scherzo del menga- aveva borbottato scuotendo il capo e cercando con lo sguardo l'autore del misfatto.
Gli ci volle un po', ma finalmente lo individuò tutto intento a mimetizzarsi fra i due fuscelli Jit
ō e Takasugi, mentre si sganasciava senza alcun ritegno.
Tar
ō sospirò, rassegnato. Avrebbero dovuto insignirlo di una medaglia al valore, un giorno, per la sua capacità di sopportazione fuori dal comune.
Lo raggiunse e, vedendo quel muso semi-trasfigurato dalle risate, represse l'impulso di tirargli una ginocchiata sulle gengive, dicendogli lapidario:
-Grazie tante per il simpatico siparietto. Vado a levarmi questo schifo dalla faccia e torno.

Una spugna abrasiva gli avrebbe fatto comodo, perché il malefico inchiostro nero non voleva proprio saperne di togliere il disturbo.
Mentre si sfregava con veemenza la fronte maledisse Tsubasa in tutte le lingue conosciute, salvo poi girarsi e trovarselo di fronte, ancora sghignazzante.
-Non credere che non l'abbia capito, che hai voluto farmela pagare per stanotte- Lo apostrofò, allargando le braccia esasperato -Devo farti i miei complimenti, solo tu potevi pensare ad una vendetta così infantile.
-Sarà infantile ma è divertente- ribatté lui, senza togliersi il sorriso ebete a trentadue denti -E poi così impari a stare al tuo posto.

Tarō replicò con una smorfia di compatimento e tornò a dedicarsi alla sua ridente attività.
Ormai erano un po' grandicelli per sollazzarsi ancora con certe trovate dementi, si disse.
Almeno, questo discorso valeva per uno solo dei due.
Si voltò a sbirciare di sottecchi il compagno, che l'aveva lasciato perdere per andare a rovistare nella valigia, in cerca del pacchetto di gommose comprato il giorno prima.
-Ne vuoi? Accetta la mia offerta di pace.- Esclamò lui, porgendogli il sacchetto.
No, decisamente.
Diciotto anni buttati nel cesso, pensò sorridendo fra sé e sé mentre lo osservava rimpinzarsi di caramelle tutto felice.


~Stage 3 – END~



E anche per stavolta non ho sforato il tetto massimo di drabble e parole concessomi. Phew, le mie dita sono salve xD
Come avrete avuto modo di leggere, ho ritagliato una piccola particina per Ishizaki, che mi sembrava a dir poco perfetto nel ruolo di colui sempre disposto a reggerti il gioco, in nome della Sacra Bisboccia xD

Vi sarete accorti che, dopo immani sforzi, sono riuscita a trovare il titolo giusto per la raccolta, che mi è venuto praticamente per caso, mentre stavo disegnando (e ti pareva. Uno si spreme le meningi alla ricerca di un'idea e poi TAAAC, la lampadina ti si accende quando manco ci stai più pensando, è un classico xD).

Bokura, ovvero uno dei modi per dire “noi” in giapponese. Una semplice parola che può essere pregna di significato e sfaccettature. Per me, non esiste niente di più emblematico ed evocativo di questo ~ ♥ Ah, il disegno che ha ispirato tale titolo (o è il contrario? E' nato prima l'uovo o la gallina? Mah) si trova QUI.

Passiamo alla consueta sfilza di ringraziamenti personalizzati, dove finalmente posso dare spazio alla mia scandalosa lungaggine.

Zia Arpy, credo sia palese che io abbia un'ossessione per triangoli e triumvirati. D'altra parte si sa che tre è il numero perfetto, sissì. Evinco poi dal tuo commento (e da quanto dettoci in chat qualche tempo fa) che il tuo uomo e Koji abbiano decisamente molto in comune, e non so se ciò sia un bene o un male xD
Scherzi a parte, grazie, come sempre. Apprezzo molto la tua schiettezza nel dirmi le cose. Eppoi, oltre a divertirmi io in primis, un pochetto faccio divertire pure te, cosa posso chiedere di più dalla vita (NO, non il maledetto Lucano xD)
Irishbreeze
, ma piantala che mi fai diventare rossa xD Ti ho già ringraziato in chat, ma mi sembrava doveroso farlo anche qui. E mi fa un piacere immenso notare che sto raccogliendo nuovi accoliti, perchè G&G are LOVE.
Guarda, per il paletto delle 100 parole non credevo neanche io, ma dopo un po' diventa un'abitudine ed in più è un ottimo esercizio contro la logorrea xD
Dragoon
, che bello, una nuova leva! Grazie per la recensione e per la visitina al mio situzzo. Sissì, Tarallo mio è molto più scafato di quello che sembra. Tsubazzo, invece, si presta troppo bene alle prese per il chiurlo, sembra essere nato per quella parte xD
UchihaGirl
, mi fai praticamente saltellare di gioia ad ogni commento. Giuro, sto ancora zompettando per casa con un'espressione ebete tipo quella canonica del nostro “amato” capitano. Ti bacerei in fronte, se ti avessi davanti (e a quel punto mi sa che zompetteresti via tu, terrorizzata però xD)
Non ti preoccupare, soprassiederò sull'errorino grammaticale della recensione e per stavolta non ti punirò , solo perché sei tu xD
Renge_no_hana
, vedo che le ascelle di Kojiro continuano a mietere vittime, LOL. Il numero nove è talmente burino che non ho potuto trattenermi dal farne la descrizione che secondo me è la più veritiera xD Ah, per inciso, credo che i suoi olezzi post-partita siano più devastanti di quelli di un'intera “pattuglia” di muratori a torso nudo (mmh) dopo otto ore di lavoro sotto il sole cocente. Mha.
Eos75
, sono lusingata dalle tue parole xD Mi piace molto giocare sulla promiscuità sessuale dello Tsubolo e sul fatto che la sua donna non ci arriverà mai, soprattutto perché inconsciamente si rifiuta di farlo xD Lieta di averti fatto sghignazzare^^
Per ciò che concerne il buon Koji...no, purtroppo per lui non aveva in vista nessun impegno lubrico, andava veramente solo ad allenarsi, povero sfigato xD

Releuse83
, la Tsubytarite sta prendendo piede vedo, e la cosa mi riempie di gaudio xD Ehggià, Koji è bastardo inside ma non così bastardo, eppoi vuole tenersi tutto il divertimento per sè. Mica scemo xD
Grazie per i complimenti sui disegni *_* Uno
smack in fronte anche a te.
Cristy8
e Mizu Seishin, grazie per avere la pazienza di leggere ed apprezzare le mie scemate. Mi rende davvero felice *__*

Bene, ci siete tutte/i, direi. La mia parte l'ho fatta, appuntamento nel prossimo capitolo!!(^^)/

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