Sun Rise

di Cicciolgeiri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Da quanto ero lì immobile ad osservare mia figlia? Ormai la mia percezione del tempo era diversa, mi sembrava fosse passato un attimo e invece l’alba di un nuovo giorno, un altro insieme a lei nella mia nuova condizione, mi stava salutando. Non mi stancavo di guardarla dormire serena, sentirla respirare piano, sentire il battito del suo piccolo cuore, sentire il suo profumo, chissà se somigliava al mio, a quello che aveva sentito Edward. Tutto questo, ero sicura, doveva mancargli di me, ma poteva ritrovarmi ancora nel calore dell’abbraccio di nostra figlia. La guardai di nuovo: stava sorridendo tenendo una manina paffuta alzata, sognava e comunicava con quel suo modo particolare e parlava nel sonno proprio come facevo io, come mi raccontava sempre Edward. Capii che sognava me perché disse piano “mamma”. Istintivamente mi avvicinai per sistemarle le coperte, fu allora che avvertii dietro di me la presenza di Edward. “Sapevo di trovarti qui” disse avvicinandosi, mi poggiò le mani sulle spalle e mi baciò i capelli, “buon giorno” sussurrò , “solo lei può tenerti così a lungo lontana da me”.
Improvvisamente mi ricordai del mio appuntamento della notte precedente: avevamo deciso di andare a caccia insieme. Mi voltai per guardarlo negli occhi, erano scuri. Non era andato. Se fossi stata ancora umana sarei arrossita, ma mi sembrò di averlo fatto comunque, perché mi sentii avvampare per l’imbarazzo, o perlomeno, in quel momento desiderai poterlo fare, perché capisse immediatamente quanto ero mortificata. Mi abbracciò facendomi voltare, mi guardò e sfoderò il sorriso sghembo che sapeva. “Non sono offeso, non preoccuparti: so cosa provi.” Chinai il viso, ancora imbarazzata:
“Adoro guardarla dormire” dissi piano.
“Lo so è affascinante” rispose accarezzandomi e scansando una ciocca di capelli, “è bella proprio come te ed è nostra. Alle volte non riesco a credere che mi sia stato concesso questo privilegio: è come avere avuto una seconda possibilità , una risposta alle mie domande, come se non fosse tutto perduto”. Fece una pausa e sapevo a cosa stava pensando.
“Edward…”dissi piano.
“Sì?” mi rispose guardandomi con tenerezza infinita e gratitudine. Alzai lo sguardo: sapevo che non poteva intuire a cosa stessi pensando. Avevo quella domanda che mi ronzava in mente da un po’, ma non riuscivo a farla: non volevo rattristarlo, sapevo che non era stato facile per lui, che tra i due mali aveva scelto quello minore. Da come parlava sembrava contento, sembrava avesse smesso di sentirsi in colpa per me, ma alle volte invidiavo il dono che aveva di leggere i pensieri altrui.
Lo fissai: mi stava guardando, aspettando che facessi la domanda inclinò la testa di lato.
“Dimmi” mi ripeté in un sussurro, “cosa c’è Bella ? A cosa stai pensando?”. Continuava a sorridere. Sapevo che stava aspettando che dicessi qualcosa, ma non insistette nel chiedere cosa mi stesse passando per la mente. “Bella, sai che non è prudente che tu rimanga troppo a lungo senza nutrirti, il tuo auto controllo è eccezionale, ma sei ancora giovane ed instabile. Potrebbe intervenire qualsiasi cosa ad alterare questo tuo nuovo equilibrio: sarebbe quindi meglio andare comunque, chiederemo a Rose di badare a Renesmee.”
Lo guardai e rimasi senza parole: ai miei occhi continuava ad essere bellissimo. Anche se ormai eravamo alla pari, stranamente, quella sensazione di inferiorità ancora faceva parte del mio essere; la intuivo come un ricordo, ma era lì ancora dentro di me. Il suo odore, quello invece, lo ricordavo perfettamente e, confesso, ne sentivo la mancanza. Mi alzai sulle punte dei piedi per avvicinare il mio viso al suo e lo baciai sulle labbra morbide e calde. Rispose immediatamente con trasporto e tenerezza, come solo lui sapeva fare. Con delicatezza mi staccai da lui e sentii il suo abbraccio farsi più deciso. Spostai le mie mani dalla sua nuca e le posai sul suo viso. Lo guardai negli occhi. “Perdonami” gli sussurrai, “hai ragione come sempre, sono pronta in un attimo.”
Riluttante si staccò da me e lo vidi avvicinarsi alla culla di Renesmee: con la punta delle dita le sfiorò i capelli e lei rispose al suo tocco sospirando e voltandosi di lato.
Lo lasciai lì a contemplare sua figlia e mi diressi verso la nostra camera da letto, dove mi sarei cambiata per la caccia. Volevo qualcosa di pratico: non avevo ancora perfezionato la mia tecnica e non volevo correre il rischio di rovinare un altro degli abiti con cui Alice aveva rifornito il mio guardaroba, anche se non rispecchiavano né il mio nuovo stile, né quello vecchio. Non volevo offenderla, anzi: sarei dovuta andare a fare spese, ma uscire e incontrare persone mi metteva un po’ a disagio. Mi guardavano in un modo… Forse come diceva Edward, in qualche maniera, loro intuivano la differenza, il pericolo. Ero bellissima adesso, ma non mi guardavano solo per quello, ne ero sicura. Comunque non ero più uscita da sola dall’ultima volta che avevamo avuto la visita dei Volturi. Edward diceva che non era prudente, anche se Jasper era ormai sicuro che non possedevo più nessuno dei tratti caratteristici dei neonati. Emmett mi prendeva in giro chiamandomi “sorvegliata speciale”, perché costretto a seguirmi per evitare problemi. Avrei preferito fosse Edward a ricoprire questo ruolo, ma da un po’ lui e Carlisle passavano molto tempo insieme.
Tirai fuori dall’armadio un paio di jeans, non mi sembravano nuovi, li osservai meglio: erano anzi, alquanto rovinati. Chissà di chi erano e come erano finiti lì? C’era anche una camicetta blu, decisi di indossare quelle cose: erano abbastanza pratiche. Legai i capelli a coda di cavallo e raggiunsi Edward nel soggiorno, dove si era spostato. Era seduto sulla poltrona e teneva tra le mani qualcosa che a prima vista mi sembrò un libro, ma poi capii essere l’album del mio diciottesimo compleanno o credevo fosse lui. I ricordi del mio passato non erano sempre nitidi, però di tutto ciò che aveva a che fare con i miei genitori tendevo ad avere ricordi più stabili e chiari e quello lo ricordavo: era un loro regalo, ma cosa stava guardando Edward? Mi avvicinai e da sopra le sue spalle vidi che osservava una fotografia: era sicuramente lui insieme ad una piccola ragazza insignificante e goffa che, stranamente, somigliava in qualcosa a nostra figlia. Come un’intuizione ricordai me stessa. Che strano: non riuscivo quasi più a ritrovarmi in quei mie nuovi tratti e più passavano i giorni e le settimane e più quella Bella, quella insignificante ragazza umana, svaniva dalla mia mente. Dai miei ricordi, quando riemergeva qualcosa dei miei primi giorni con Edward, mi vedevo accanto a lui con il mio nuovo aspetto, invece lui aveva bisogno di vedermi ancora come allora e la domanda che qualche ora prima non ero riuscita a pronunciare tornò a fior di labbra:
“Amavi di più lei” l’avevo appena sussurrata, quasi pensata, ma fu sufficiente perché lui la udisse ugualmente. Il gesto che fece di chiudere immediatamente l’album e riporlo sullo scaffale in maniera fulminea servì a confermare il mio timore: gli mancava. In qualche modo non mi sentiva più, non ero più io per lui e del resto cominciavo a non esserlo nemmeno per me stessa. Adesso capivo a cosa si riferiva quando diceva che sarebbe stato diverso, quando cercava di smontare la mia determinazione a voler diventare come lui, perché tanto non sarebbe cambiato niente, che sarei sempre stata io. Ricordavo la sua voce lontana che mi ripeteva:
“Non sai di cosa stai parlando, Bella. Tu non lo sai”.
Fece finta di non avermi sentito, ma sapevo che era impossibile: il nostro udito era eccezionale, i nostri sensi lo erano tutti, ma per qualche motivo non voleva affrontare l’argomento, conoscendolo per non ferirmi o rattristarmi. Sapevo che mi proteggeva sempre da tutto anche adesso e continuava a proteggermi ancora da sé stesso.
“Che velocità signora Cullen” disse voltandosi verso di me con il suo sorriso luminoso e lo sguardo più innamorato che aveva, non voleva ferirmi, rendermi insicura, ma qualcosa lo bloccò come se avesse visto ad un tratto un fantasma. Con gli occhi pieni di stupore, la bocca semi aperta, il respiro spezzato rimase immobile. “Bella !” bisbigliò, poi scosse la testa e sbatté le palpebre come a scuotersi da un sogno ad occhi aperti, si passò una mano tra i capelli sempre spettinati e cercò di ricomporsi.
“Che succede Edward stai bene?” rimasi stupita da quella reazione. Si avvicinò lentamente, mi prese una mano che tenevo abbandonata lungo il fianco e, sollevandola, mi invitò a girare su me stessa, facendomi fare una piroetta come un passo di danza. Non capivo cosa volesse fare, sembrava mi stesse ammirando compiaciuto, mentre con una mano accese lo stereo. La musica che ne scaturì la riconobbi subito: la sua preferita, Debussy. L’ascoltava sempre, in maniera quasi ossessiva mi sembrava, anche perché era fornitissimo di cd, ma quella canzone lo rapiva ogni volta completamente.
Si avvicinò e mi guardò con uno sguardo che aveva del minaccioso.
Istintivamente mi sentii sfidata e gli risposi:
“Tanto non mi fai paura!”
Sfoderò il suo sorriso sghembo e mi rispose sospirando:
“Mhhh… Questo non avresti dovuto dirlo” mi afferrò per un braccio e con un movimento veloce quanto inaspettato mi mise sulla sua schiena e volammo letteralmente fuori dalla finestra. Ci ritrovammo nella foresta. “Stai comoda scimmietta?” mi disse, “E’ meglio che tu ti regga forte!”
Mi colse di sorpresa e quando lo notò il suo entusiasmo svanì di colpo e sembrò quasi come se si fosse accorto di aver fatto una gaffe. “Scusami” disse imbarazzato.
“Di cosa?” risposi curiosa. Non riuscivo a capire perché si sentisse così in difficoltà, come se lo avessi sorpreso a rubare la marmellata.
“Pensavo che li avessi messi per ricordare quel giorno” rispose, tenendo gli occhi bassi e infilando le mani nelle tasche.
“Quale giorno? Avessi messo cosa? Edward che ti prende?” risposi stupita.
“Niente amore, sono il solito sciocco. Hai ragione: come puoi ricordare? Tu ora sei diversa, i tuoi ricordi di prima, voglio dire” era impacciato lo vedevo e glielo sentivo nella voce.
Un’altra conferma nel giro di pochissimo tempo e aveva ragione ad essere amareggiato, ad avere rimpianti, perché non era più come prima: per me, a parte lui, tutto ciò che avevamo avuto insieme andava scomparendo. “Cosa ho fatto?” chiesi con un rammarico mal celato nella voce.
Mi prese tra le braccia e mi guardò con i suoi occhi scuri e profondi.
“ Tu niente piccola, colpa mia: sono uno sciocco” mi mise un dito sotto il mento e mi sollevò il viso. Tenevo gli occhi bassi e se avessi potuto avrei pianto. Scommetto lo sapeva, perché mi baciò con passione e trasporto. Mi staccai da lui:
“Mi vuoi dire cosa è successo, allora, Edward ?” dissi irritata. “Ma niente, è solo che hai indossato gli stessi vestiti della prima volta che ti ho portato a conoscere la mia famiglia, Bella e ho voluto rivivere quel momento con te, pensando stupidamente che tu lo ricordassi, ma sono stato indelicato e ti ho offeso” sospirò.
“Non mi hai offesa è solo che sono rimasta sorpresa, perché io non lo ricordo e mi dispiace, perché di ciò che ho con te ed ho avuto con te non vorrei perdere nulla, ma quello che ero va scomparendo dalla mia mente e anche i nostri ricordi di prima insieme sono sempre meno.”
Fece una smorfia di rammarico, mentre si stringeva nelle spalle. "Lo so Bella: conosco la sensazione di vuoto che si prova, ma non ci ho fatto caso, mi sono lasciato prendere la mano. Ti chiedo ancora scusa: non volevo rattristarti in nessun modo, credimi. Costruiremo dei nuovi ricordi da condividere, tranquilla te lo prometto e saranno molto più belli di quelli di prima” si avvicinò e mi prese le mani tra le sue, ma sapeva di aver innescato la mia ansia e le mie insicurezze.
La domanda risuonò nella mia testa, prepotente e questa volta la pronunciai decisa, quasi seccata:
“ Edward “ dissi perentoria, “ lei ti manca, vero?”
La sua espressione prima sbalordita poi divertita mi irritò ulteriormente. “Smettila!” dissi e un ringhio sordo si levò dal mio petto. Rimasi stupita quanto lui e lo vidi irrigidirsi: avevo assunto una posa strana, innaturale, tesa in avanti pronta a scattare ed era insolito, perché sembrava che il mio corpo agisse per conto suo, separato dalla mia volontà.
Osservavo Edward: lo vedevo fermo, rigidamente immobile. “Calma Bella” mi diceva piano, come un mantra mi ripeteva: “Respira Bella, respira”.
Seguii il suo consiglio e la tensione sembrò abbandonare il mio corpo. Lui se ne accorse e fece un passo avanti. “Tutto bene piccola? Mi posso avvicinare?”
Feci cenno di sì e mi coprii il viso con le mani, voltandomi per dargli le spalle. Cominciavo ad odiare il fatto di non poter più piangere. “Non stare li impalato” urlai, “abbracciami!”
In un attimo mi fu accanto e mi cinse la vita, il viso affondato nei miei capelli. “Tutto bene, Bella, non essere triste: inconvenienti del mestiere di vampiro!” disse sarcastico per sdrammatizzare, ma non apprezzai granché.
“Non prendermi in giro Edward, non è divertente!”
Mi stringeva. “Non volevo farlo amore” non riusciva a trattenersi dal ridere.
“Insomma, smettila!” dissi piagnucolando e voltandomi per guardarlo. Incredibile: rideva! E faceva fatica a trattenersi. Non so se lo avevo mai visto ridere così, non lo ricordavo, ma istintivamente lo colpii ad un braccio.
“Ahi!” disse, ma ormai non si tratteneva più “Scusami, davvero, scusa Bella, perdonami!”
Restai a guardarlo, aspettando che si ricomponesse. Lo vidi fare un respiro profondo e tornare in sé piano piano.
“Bene” mormorai, “ti sei divertito a sufficienza per oggi? Possiamo cominciare la caccia? Avrei una certa urgenza di tornare da nostra figlia!”
Si posò una mano sul mento e mi guardò. “Sai, Bella avevo sentito di scenate di gelosia. Te ne ho anche visto fare, una volta, ma credimi se ti dico che in nessun libro o film in tutti gli anni che ho vissuto, ho mai sentito di nessuno che abbia fatto una scenata contro sé stessa come hai fatto tu adesso. Ti amo, tesoro: sei unica!”
Era incredibile: ero furiosa. “Quella non sono più io, e sì, credo che ti manchi e che tu la rimpianga, anche se ti sembra sciocco e irrazionale. Sono gelosa è vero, perché so che non sarò più per te quello che era lei.”
“E’ vero” disse, “ma ora sei ciò che volevi e poi posso abbracciarti senza avere il timore di farti male e ti desidero come una donna e non come una succulenta pietanza”. Aveva capito: era impareggiabile. Era riuscito a fugare ogni timore e sospetto, e sfoderò il suo sguardo ammaliante di quando voleva ottenere qualcosa. Aveva raggiunto il suo scopo: rimpiangere quella parte di me senza farmi stare male per questo.
Mi prese per mano e mi guardò negli occhi:
“Pronta a cacciare, Bella? Sbrighiamoci, ho sentito Renesmee reclamarti con Rosalie e poi Alice è impaziente di farti vedere i nuovi acquisiti che ha fatto per te!”
Gli strinsi la mano e lo seguì, perché una cosa ero sicura che non fosse cambiata e non sarebbe cambiata mai: non riuscivo a rimanere arrabbiata con lui, se mi guardava e mi parlava in quel certo modo che solo lui sapeva.
Corremmo fianco a fianco per un po’, poi sentimmo due scie e ci dividemmo per seguire due branchi diversi. Cercai di sfruttare le mie capacità con gli esemplari più giovani, inesperti e più facili. Quando capii che poteva essere sufficiente tornai verso Edward. Mi aspettava appoggiato ad un albero, immobile sotto un raggio di sole. Mi sentì arrivare e aprì gli occhi.
“Cosa stavi mormorando?” domandai curiosa. Mi guardava e con una mano si ravviò i capelli che il vento stava scompigliando. “Renesmee sta dando segni di impazienza: ha scoperto che facendo i capricci zia Rose diventa come creta nelle sue mani”.
Lo guardai e sorrisi. “Sai cosa mi piacerebbe adesso?” dissi, guardando la sua espressione curiosa “Che tu mi baciassi per non dimenticare come era.”
Con il suo sguardo oro liquido fece di sì, mi prese tra le braccia e cominciò a baciarmi con passione e trasporto e il suo contatto aveva su di me l’effetto di prima, ne ero più che sicura.
Ricambiai quel bacio e cercai di allentare lo scudo nella mia testa per fargli sapere cosa provavo. Con gli occhi ancora chiusi staccò appena le labbra dalle mie e mi sussurrò piano e con tutta la dolcezza e la profondità della sua voce di velluto:
“Tranquilla amore, ti amo e ti amerò, sei e sarai per sempre e comunque la mia Bella. Lo eri prima, lo sei adesso e lo sarai per l’eternità.”
“Grazie” bisbigliai.
“Quando vuoi” mi rispose e ci avviammo di corsa verso casa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Rose stava tentando inutilmente di far mangiare Renesmee che come tutti i bambini, diceva Carlisle, prendeva quella necessità come un momento di gioco e a farne le spese era la povera zia Rose che si trovava piena delle sue pappe dalla testa ai piedi, ma lei sembrava esserne felice, nonostante il disgusto che provava per quel cibo, ma l’amore per quella bambina che lei continuava a chiamare “adorata” era immenso e totale e, ne ero sicura, per lei era disposta a tutto. Avrebbe dato la sua vita. Questo mi commuoveva: sapevo che per Rosalie non era facile mostrare i propri sentimenti.
Renesmee rideva: ci aveva sentiti arrivare e con gridolini di entusiasmo si sporse dalle braccia di Rose:
“Mamma, papà” ci salutò. La guardammo sorridendo e le andammo incontro. La presi in braccio e Edward le diede un bacio sulla guancia e lei ricambiò. La guardai: era tutta piena di pappa. “Andiamo a fare il bagnetto, bella bambina?” le dissi. A lei piaceva l’acqua e ne fu entusiasta. Alle volte credevo che avesse capito che se si sporcava poi avrebbe fatto il bagno e che lo faceva apposta, ma cosa importava? A tutti noi piaceva viziarla. Jacob ripeteva che così sarebbe venuta su una piccola selvaggia, ma era la nostra, piccola, adorabile selvaggia. Anche Rose aveva bisogno di un bagno e Alice glielo fece notare. Emmett la guardava perplesso e le mandò un bacio da lontano con la mano.
“Ciao Bella, Edward. Ben tornati, tutto bene a caccia ?” disse, come se non avesse passato la mattina ad osservarci. Vidi Jasper guardarla di sottecchi e fare una risatina. Mi voltai tenendo mia figlia in braccio:
“Fai ciao agli zii amore” le dissi e ubbidì ridendo di felicità.
Sentii Edward parlare con i suoi fratelli, mentre preparavo l’occorrente per il bagno di Renesmee. “Allora, cosa vi porta tutti qui? Sentivate la nostra mancanza?”
Gli altri risposero all’unisono dopo un istante di silenzio:
“Questo non avresti dovuto dirlo!”
“Grazie, Alice!” fece Edward e scoppiò a ridere insieme ai suoi fratelli. Lo sentivo ridere spesso da quando i problemi ormai erano lontani e confesso: mi piaceva, mi rendeva felice. Terminai di lavare Renesmee e la misi a letto. Si addormentò subito stringendo il coniglietto di pezza che le aveva spedito mia madre. La baciai sulla fronte e lei mi poggiò una mano sul viso per accarezzarmi e ormai scivolando nel sonno sussurrò piano:
“Grazie mamma, ti voglio bene anch’io.”
Passai nel soggiorno e trovai Alice che cercava di fare un po’ d’ordine nel disastro del dopo pranzo di Renesmee. Edward stava parlando fuori con i suoi fratelli. “Dorme” dissi . Alice annuì sorridendo, guardai fuori:
“Di cosa parlano?” domandai.
“Emmett vorrebbe andare a caccia di qualcosa di più grande insieme a Edward e stanno domandando a Jasper se possono lasciarti da sola” disse mia cognata.
“Ancora non si fidano?” mi informai.
“Bella non prendertela: lo fanno per te, lo sai. Vedrai che passerà presto” disse, “e poi non andranno: Carlisle ha bisogno di Edward.”
Mi voltai di scatto per guardarla:
“Perché?” cercai di sapere il motivo di quella richiesta, ma Alice era intenta a mettere fuori dai pacchi quello che aveva comprato e non sembrava avere nessuna intenzione di rispondermi: esigeva la mia attenzione e avrei dovuto riformulare la domanda più tardi. Dovevo essere paziente se volevo avere le sue risposte, darle la soddisfazione che si aspettava. Cominciai a guardare cosa aveva comprato e come sempre mi accorsi che aveva esagerato. Questa volta erano dei vestitini per Renesmee, ma erano degni di una principessa: bellissimi, ma di fatto poco pratici per una bimba esuberante come lei. Però, con Alice, sapevo che farlo notare sarebbe stato inutile. Gongolava di felicità. Ringraziai mia cognata: era davvero premurosa con me e da quello che mi ripeteva Edward lo era sempre stata. Lei, che mi aveva vista per prima nella loro esistenza e in quella di suo fratello, si voltò per salutarmi:
“Bella non voglio che tu pensi che io desideri essere scortese proprio con te, non sto ignorando la tua domanda di proposito, ma è qualcosa che deve essere ancora definito e forse è meglio che te ne parli lui” spiegò.
La guardai dubbiosa. “Cosa intendi dire Alice ? Lui chi, Carlisle ? E perché Edward passa tante notti fuori casa nel suo studio?”
Mi fissò stringendosi, nelle spalle. “Chiedi a lui Bella , chiedilo ad Edward. Non è niente di preoccupante, è solo una teoria ma, se esatta, potrebbe cambiare le nostre vite per sempre. Ho detto troppo come al solito con te , ma ti prego non farmi dire alto!”si interruppe e fece segno di sigillarsi le labbra con le dita. Mi avvicinai guardandola con rassegnazione. “Naturalmente sapete tutti di cosa si tratta tranne me! Quando finirà tuo fratello di comportarsi così nei miei confronti? E’ vero che gli viene naturale, visto che in confronto ai suoi quasi cento anni io sono una bambina, ma è anche vero che sono sua moglie non sua figlia. Quando smetterà di essere così protettivo?”
Alice sorrideva con tenerezza alla mia irritazione. “Suppongo mai, Bella.”
Alzai gli occhi al cielo: se lo diceva lei dovevo crederlo. Andò via lanciandomi un bacio con la mano, uscendo si avvicinò a suo fratello che già sapeva cosa ci eravamo dette. Lo vidi irrigidirsi e Alice rispondergli. Da quando facevo parte della loro famiglia cercavano di comunicare di più attraverso le parole, anche quando non ero con loro per mantenere il più possibile l’abitudine a non escludermi. Di fatto le conversazioni tra Edward e Alice erano sempre state molto silenziose, in precedenza.
“Non puoi tenerla allo scuro Edward” disse Alice “ha il diritto di sapere come noi, ormai è adulta!”
Lui scosse la testa. “Non voglio si crei false speranze.”
Alice accarezzò il viso di mio marito e la sentii rispondere:
“L’unico che potrebbe rimanere deluso sei tu, Edward. Non attribuire a lei quelle che sono tue paure, ti voglio bene fratellino lo sai. Dalle fiducia: è più forte di quanto immagini, dovresti essertene accorto, ormai.”
Edward incrociò le braccia sul petto. Guardava per terra e con i piedi scansava le foglie dal terreno come intimidito. “Hai ragione, Alice, ma sarebbe qualcosa di veramente incredibile e non voglio che rimanga delusa creandosi troppe aspettative, Carlisle ancora non è sicuro: è solo teoria!”
“Lo so, lo so” rispose Alice, “lo sarebbe per tutti una delusione, intendo. Ma non puoi sempre farti carico di tutto, Edward!” gli poggiò una mano sul braccio, prese per mano Jasper, che non aveva pronunciato una parola, e andarono via. Edward si attardò all’aperto fino a sera, immerso nei suoi pensieri e quando rientrò, mi trovò intenta ad ascoltare un cd che avevo recuperato in fondo all’armadio della nostra camera, in una scatola dove avevo preso anche gli indumenti indossati la mattina per la caccia. Sicuramente appartenevano alla Bella di prima. Eravamo al crepuscolo e un altro giorno stava per finire e le note di quella musica mi rendevano quieta e in pace con il mondo. Tutte le domande che spingevano per avere delle risposte, momentaneamente facevano una pausa nella mia testa. Mi passò accanto e si accovacciò ai mie piedi. Lo guardai: era in difficoltà, lo vedevo. “E’ bella” dissi, “l’ho trovata oggi insieme ai vestiti, suppongo mi appartenga” fece cenno di sì con la testa “L’hai composta tu?” annuì nuovamente “Per me?” domandai. Appoggiò le mani sulle mie ginocchia. “Eri sempre insonne, prima e ne avevi tutte le ragioni, credimi. Per aiutarti a dormire e per sentirmi meno in colpa ho composto questa melodia che racchiude in se l’andamento di quelli che erano i sentimenti che mi suscitavi e che volevo provare per te, ma che allo stesso tempo mi facevano odiare me stesso perché li stavo provando, perché sapevo che non era giusto, che non ti meritavo.”
Gli accarezzai il viso. “Si sente è dolce e disperata allo stesso tempo.” mi interruppi e mi sporsi verso di lui “Soffrivi tanto?” domandai .
Si alzò e mi voltò le spalle. Non lo faceva quasi mai. Si era diretto verso la finestra e guardava fuori:
“Bella” disse con tono serio, “non ringrazierò mai abbastanza il cielo o il caso, chiamalo come vuoi, di averti messa sul mio cammino; adesso so che eri destinata a me, che in qualche modo ci saremmo incontrati e appartenuti comunque, ma il tormento che mi lacerava allora, sapevo non sarebbe mai stato sufficiente ad espiare la mia colpa di amarti e di sperare che tu provassi lo stesso per me. Quello che non tolleravo e non tollero erano le conseguenze che si sarebbero scatenate da questo incontro, da questo nostro sentimento così fuori da ogni schema e ragione, perché è fuori da ogni logica, se consideri chi sono e chi eri tu. Era evidente che dovevamo essere completamente incompatibili, ma ora so che l’amore segue dei suoi percorsi che alle volte ci sfuggono. La mia parte umana, la mia parte razionale non riusciva a capire come poteva essere accaduto: tu non avresti dovuto amarmi sapendo chi ero, ma non so per quale misteriosa ragione mi amavi quanto io amavo te”.
Lo interruppi posandogli una mano sulle labbra. Lo avevo raggiunto alla finestra e mi stringevo a lui. “Sei più umano di quanto tu abbia mai voluto ammettere, Edward.”
Mi cinse le spalle con un braccio. “Ora ne sono un po’ più convinto e questo grazie a te e a nostra figlia…” fece una pausa “…e a Carlisle” concluse, aspettando la mia reazione.
“Carlisle? Cosa c’entra lui?”
Mi guardava e vedevo la sua sofferenza, esitava ma fece un respiro profondo e continuò:
“Vuole che lo aiuti”.
Domandai, incerta, non capivo: “A fare cosa, Edward?”
Sembrava stesse cercando le parole giuste per continuare. Mi guardava tormentandosi le mani e fui costretta a stringergliele tra le mie. “Per favore” dissi piano e dolcemente, “è qualcosa di brutto?” ero preoccupata .
Abbassò i suoi occhi su di me. “No, no, Bella niente di grave, tranquilla”, ma continuava a esitare e non capivo la ragione di questa incertezza. Poi disse:
“Non so se dovrei, ma del resto ha ragione Alice…”più che con me sembrava parlare a se stesso “Il fatto è …vedi, Bella, con Carlisle abbiamo elaborato alcune teorie e se dovessero trovare fondamento tante cose cambierebbero.”
“Quali teorie?” chiesi esitante “ Su cosa?”
Sorrise con un non so che di triste nello sguardo. “Già su cosa. Hai ragione, hai pronunciato la parola giusta …cosa. In fondo, cosa siamo noi, Bella? Siamo veramente ciò che crediamo di essere?” Teneva una mano dietro la nuca e scuoteva la testa “Cosa siamo realmente, Bella?”
Rimasi disorientata e continuavo a fissarlo: adesso un po’ preoccupata. Cosa voleva che facessi, che rispondessi alla sua domanda, che dessi io quella risposta, che pronunciassi io quel nome? “Sai bene cosa siamo, Edward, pérché me lo domandi?” ero veramente confusa, non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Lo sentii sospirare.
“Cosa c’entri tu, Edward? Perché Carlisle ha bisogno del tuo aiuto?” chiesi nuovamente e lui mi guardò avvicinandosi e fissandomi negli occhi.
“Perché sono un medico, Bella, o perlomeno ho due lauree in tal senso, anche se continuo a frequentare il liceo come un diciassettenne qualunque da decenni. Non risulterei molto credibile con il mio aspetto, come dottore.”
Ero più confusa di prima: cosa stava cercando di dirmi? Increspai la fronte e cominciai a mordermi il labbro. Lo vidi sorridere mentre mi poggiava le dita sulla bocca. “Attenta: i tuoi denti ora sono come rasoi!”
Capii che quel gesto apparteneva al mio passato. Mi prese le mani e mi guidò verso la poltrona. Mi fece cenno di sedermi. Non ne avevo bisogno, ma lui continuava ad avere per me di queste premure. In fondo era di un’altra epoca; obbedii e mi accomodai nella maniera meno rigida che mi riuscì di assumere.
“Ascoltami, Bella: cercherò di essere il più chiaro possibile, ma se non riesci a seguirmi interrompimi pure quando vuoi, intesi?” feci cenno di sì con la testa “Bene” disse, “il fatto è questo: Carlisle pensa di avere capito come sia iniziato tutto quanto.”
“Ti ascolto” risposi, “va’ avanti, te ne prego.”
Fece un’altra pausa:
“Mi spiego meglio Bella, lui pensa che siamo quelli che eravamo prima della trasformazione e che questo sia una stato di latenza, come se fossimo stati congelati”.
Continuavo a non capire “Congelati?” ripetei.
“Sì, in una sorta di attesa” rispose sedendosi sul bracciolo della poltrona. Mi cinse le spalle e mi baciò i capelli come a tranquillizzarmi. “Cercherò di essere più chiaro. Tu sai che il nostro morso è velenoso e che probabilmente tutto ha avuto inizio da lì. In qualche modo, da qualche parte, in chissà quale remoto passato, deve essere accaduto qualcosa di simile: un morso, un taglio, qualcosa comunque deve essere stato il tramite tra l’uomo e questa tossina che ha operato la trasformazione che ci porta fino a noi.”
Lo guardavo con gli occhi pieni di stupore. Una tossina, pensai.
“Ti starai domandando come fa ad attivare la trasformazione. Funziona più o meno, per farti capire, Bella, come se fosse un potente conservante. In noi tutto si blocca nello stato in cui siamo al momento in cui entriamo in contatto con essa, quindi un tessuto, un organismo non invecchia e di contro non muore, anzi si attivano dei processi altamente rigenerativi se pensi a come è stato per tutti noi; in che condizioni eravamo quando ci siamo trasformati e per Carlisle che ha cercato invano di uccidersi per lungo tempo.” Lo guardavo e non sembrava stesse scherzando “Perdiamo tutte le nostre funzioni biologiche umane senza morire, ma abbiamo ugualmente bisogno di nutrirci e il nostro corpo funziona come una spugna, per questo la scelta del sangue come alimento, perché altamente nutriente. Da qui le leggende, o perché in passato era più facile reperire la materia prima per il nostro sostentamento tra gli uomini o probabilmente, perché istintivamente lo sentivamo più compatibile con noi, come chi ha bisogno di trasfusioni per vivere, solo che il risultato è terribile ed estremo per il donatore: non possiamo usufruire più di una volta della stessa fonte. Istintivamente ne sentiamo il bisogno nel modo che conosci: la sete è il nostro stimolo per nutrirci. L’istinto di sopravvivenza è forte in noi, i nostri bisogni governano ogni azione, dandoci dei connotati caratteristici e comuni nel modo di agire e di soddisfare i nostri bisogni. Come sai però non è così per tutti; possiamo avere un’alternativa che ci soddisfa di meno, ma assolve allo scopo. La cosa certa è che reagiamo più o meno intensamente a degli stimoli per garantirci la sopravvivenza e questo istinto nella nostra condizione è molto forte, sicuramente, a seconda delle varie propensioni personali, questo stato tende ad accentuare alcuni tratti, perché indubbiamente avvengono delle modifiche a livello cellulare che ancora non sappiamo con esattezza quali siano, e forse ci vorranno anni per scoprirlo, ma questo come sai non è un problema.”
Lo guardavo. “Ma come siete arrivati a queste conclusioni?” domandai. Aveva preso la mia mano e accarezzava l’anello che mi aveva regalato. “Grazie a nostra figlia” disse.
“Renesmee?” risposi.
“Sì” confermò, lo sguardo fuori, perso nella notte, dove la luna rifletteva una leggera foschia.
“Come?” domandai.
“Pensavamo fosse solo per metà umana invece….” si interruppe.
Cosa voleva dire? Renesmee aveva dei problemi? Ora mi stava spaventando. Dovette capirlo da come sfilai la mia mano dalla sua.
“Lo è completamente, Bella! Nostra figlia è identica biologicamente a qualunque altro bambino!” fece una pausa, mentre lo guardavo senza riuscire a dire neanche una parola. Come era possibile? Questa volta sembrò avermi letto nel pensiero pérché proseguì:
“E’ possibile, se il suo patrimonio genetico è di quarantasei cromosomi come qualunque essere umano. Probabilmente la tossina ha apportato qualche modifica che ha ereditato da me, ma la mescolanza tra noi, Bella, ha neutralizzato il suo potere su nostra figlia.”
“Quindi niente di soprannaturale?” risposi, quasi senza riuscire a sentire neanche io quello che dicevo.
“Sembrerebbe di no.”
“Ma la forza? La velocità?” ero stordita “Viviamo per…” non terminai la frase.
“Alterazioni biochimiche della tossina, diventiamo come certi microrganismi che mutano la loro condizione aspettando tempi migliori.”
Non ero del tutto convinta e non so perché ebbi la visione nitida di un ricordo: la sua lotta nel bosco con il neonato creato da Victoria, continuava ad avere una propria autonomia anche a pezzi. Per evitare che si ricomponesse lo bruciarono, ricordavo come una eco lontana la sua voce che mi diceva: “l’unico modo è farlo a pezzi e bruciarne i resti”, era come un suono nascosto nella nebbia della mia mente, era riferito a qualcosa che mi aveva minacciata in passato.
“Ma nel bosco …” dissi ad un tratto . Si voltò per guardarmi.
“E’ come per alcune cellule: si riproducono per scissione e qualcosa del genere succede anche in noi, è una garanzia di sopravvivenza in più” fece una pausa “ E il fuoco, come per qualsiasi infezione, è la metodica più sicura di sterilizzazione.”
“Un’infezione?” risposi.
“In fondo non siamo questo, Bella? Infettiamo tutto quello che tocchiamo” tacque con un’espressione rabbiosa sul viso. Non capivo, se avevano ragione si spiegavano tante cose, perché era arrabbiato? ”Perché sei arrabbiato, allora?” domandai.
“Bella, non capisci quanti innocenti per…” non continuò, ma non c’è ne fu bisogno: avevo capito.
Tra noi scese il silenzio. Restammo immobili, sentivo il suo respiro su di me, sicuramente mi stava guardando, non potevo credere a quello che mi aveva appena detto, ma come avrebbero fatto a capire come fare per ristabilire i parametri iniziali nei nostri organismi?
“Edward” dissi ad un tratto “come farete, “creerete una specie di medicina?”
“L’idea è quella di un antidoto, in effetti si tratterebbe di un’antitossina.”
“Come?” dissi perplessa. “Serviranno delle attrezzature particolari….”
“Quello non è difficile, Bella, sai che i soldi non sono un problema.” Mi guardava assorto nei suoi pensieri e ad un tratto mi chiese:
“Che effetto ti fa sapere che forse c’è una possibilità di tornare indietro, di tornare come eri?”
Mi voltai lentamente alzando il viso verso di lui per incontrare i suoi occhi “Solo per me, Edward, esiste questa possibilità? Sappi che voglio la verità e solo quella come risposta: senza se o ma inutili, se per voi, per te non c’è la stessa opportunità non mi interessa neanche prendere in considerazione l’eventualità.” sentii che mi stringeva più forte a sé.
“Lo sai che ti amo, signora Cullen” mi baciò la fronte.
“Si lo so, ma non mi hai risposto, Signor Cullen ” lo sentii sorridere.
“Sarebbe per tutti noi, non pensiamo che il tempo trascorso in questo stato possa avere importanza ai fini della neutralizzazione del veleno, all’inizio pensavamo di sì, che in qualche modo avesse nel tempo modificato in modo irreparabile alcuni parametri, ma la tua gravidanza , nostra figlia… In qualche modo il suo organismo ha neutralizzato il veleno. Quindi, la soluzione di tutto è nel suo sangue.”
A quelle parole rabbrividii “Cosa vuoi dire, che dovremmo usare il sangue di nostra figlia? Quanto pensi sia in grado di averne? Non basterebbe per tutti, Edward! Così noi la….”
Non mi fece finire. “Non dire sciocchezze Bella, possediamo già del materiale biologico di Renesmee, useremo quello per creare l’antidoto sufficiente per tutti.” Scrollando la testa aggiunse ”Ma come ti viene in mente che avremmo potuto prelevare da lei il sangue necessario a tutti noi? Tranquilla, sciocchina.”
“Scusa” dissi, “allora quando inizierete, avete già in mano qualcosa?”
Si alzò e scostò la tenda per guardare meglio fuori “notte di luna piena stanotte, il momento preferito da lupi mannari e vampiri” rise piano.
“Quindi Edward come procederete?” attesi la sua risposta.
“Ancora non lo sappiamo, cercheremo di creare una sostanza volatile per aggirare il problema della nostra pelle troppo dura: non la potremmo bucare con degli aghi per iniettarla, così sarebbe più facile respirarla o addirittura creare una soluzione da bere, si tratta di trovare un mezzo per farla rimanere il più stabile ed integra possibile.”
Mi sembrava tutto troppo semplice “ Tutto qui?”
domandai “Non c’è nessun però? Cosa ne pensa Alice?”
“Vuoi sapere i però, vedo che hai seguito con attenzione la lezione” cercava di sdrammatizzare.
Incrociai le braccia accavallando le gambe. Non ne avevo bisogno, ma mi allenavo a sembrare il più naturale possibile per poter stare con chi era a questo punto normale…
“I però Bella sono che non sappiamo se ci sarebbero però, Alice dice che non vede nessun tipo di problema per ora solo quando singolarmente prederemo la decisione di fare il vaccino potrà avere un quadro più completo in proposito” Mi guardava aspettando il resto delle domande.
“Chi inizierà? Voglio dire, chi sarà il primo, avete deciso un ordine?” Fece cenno di no con la testa, poi aggiunse:
“Ma puoi ben immaginare chi si è offerta volontaria”
Dissi senza esitazioni:
“Rosalie”
“Già” mi fece eco, “ed Emmett non intende lasciarla provare da sola: vogliono farlo insieme e così Alice e Jasper , gli ultimi saranno Carlisle ed Esme dopo che Carlisle avrà pensato a tutti noi nell’eventualità che ci possano essere problemi” Vedevo che aveva bisogno di toccarmi cercava il mio contatto e mi portai al suo fianco, le mani sul suo viso “Allora è tutto deciso, lo faremo due coppie alla volta” Fece cenno di sì “ Sempre che anche tu sia d’accordo, allora potremmo chiedere a tuo padre di occuparsi di Renesmee in quei giorni, la madre di Leah sarebbe felice di aiutarlo, o se preferisci potremmo far venire Reneé”.
“No” risposi, “noterebbe troppe cose e farebbe un sacco di domande a Charlie” Non potevo crederci: stavamo pianificando un’altra trasformazione.
“Quindi il tuo a questo punto sembrerebbe un sì. Non vuoi pensarci un po’ su?” Mi guardava e mi sembrò stesse tremando.
“Come potrei negarti quest’unica possibilità di tornare ad essere ciò che eri, ciò che hai desiderato essere da sempre?” Sapevo che era emozionato all’idea e che aveva timore che potesse non funzionare.
“Sai, Rosalie vuole essere la prima per tutelare Renesmee, se dovesse accadere qualcosa di irreparabile non procederemmo oltre e non rimarrebbe da sola.” Rimasi senza fiato. Lo sapevo, lo avevo sempre saputo: l’amava a tal punto da sacrificare se stessa e Emmett, il caro Emmett, lui non l’avrebbe mai lasciata da sola. Insieme in tutto, come sempre avevano fatto tutti loro e anche io condividevo questa scelta: non avrei mai accettato l’idea di separarmi da Edward. Sperai con tutta me stessa di poter avere questa chance per tutti loro, per me, per i miei genitori, per Jacob e per mia figlia.

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


La notte, il silenzio della mia casa, la mia immobilità e la mente piena di mille pensieri. Immaginai Edward e Carlisle, insieme tra provette, fogli pieni di appunti e monitor di computer accesi.
Ormai le sue assenze erano una costante e non si limitavano più solo alla notte. Il fatto di non avere bisogno di dormire aveva i suoi vantaggi. Aspettavamo, facendo finta di dare a tutto un’importanza marginale. Cercavamo, di far trascorrere le nostre esistenze, come nulla fosse, nell’attesa della notizia che avrebbe potuto cambiarci.
Che ore erano? Fuori la luna splendeva; quando avevo visto Edward l’ultima volta? Sembrava passato un secolo o forse era solo un attimo. Non lo sapevo più. Avevo solo una certezza: mi mancava. La sua voce, le sue carezze. Guardai il disco della luna immensa e silenziosa come le nostre esistenze, ma con lui tutto era sopportabile,anche il niente eterno, perché se era con me, ogni misura si colmava. Avrei fatto le medesime scelte, anche le più dolorose se mi avessero regalato alla fine lui, avrei continuato a scegliere noi all’infinito. L’unica ragione, che mi rendeva tollerante verso questo esilio forzato, era la consapevolezza che per lui era importante provare a cercare una via d’uscita.
Non si era mai accettato non aveva mai smesso di chiedere scusa per quello che era: sperai con tutta me stessa che potesse realizzare questo desiderio affinché fosse in grado di non sentire più il peso di una colpa che non aveva. Non aveva mai ritenuto responsabile Carlisle, per quello che era diventato, e in qualche modo gliene era grato, sapeva che a spingerlo erano state solo nobili intenzioni, ma per lui quello non era vivere, esistere; era convinto che il suo cammino si sarebbe dovuto concludere in quel lontano 1918. Immediatamente, il solo pensiero che in qualche modo avevo rischiato di non incontrarlo, mi fece sentire come risucchiata da una forza sconosciuta, come un enorme buco nero, qualcosa che riconobbi, come se l’avessi già incontrata sul mio cammino. Non volevo e non potevo pensare che lui, potesse non essere mai esistito per me. Se tutto questo era successo doveva far parte di un disegno, doveva esserci un motivo. Costrinsi me stessa a pensare ad altro.
Da parecchio tempo non facevo visita ad Esme. Era talmente riservata che in nessun modo desiderava imporre la sua presenza, non voleva invadere il nostro spazio. Decisi che sarei andata a trovarla appena fosse spuntato il sole, ne avrei approfittato per portarle Renesmee e per vedere almeno per un attimo Edward, se ero abbastanza fortunata. Chissà cosa ci saremmo dovuti aspettare da tutto questo? Il non sapere ancora nulla andava interpretato come un buon segno? Del resto < niente nuove, buone nuove >
Comunque, non sarebbe stata una cosa semplice, pensai tra me.
Sentii bussare piano alla porta e scattai, in un attimo la raggiunsi aprendola con troppa foga. Per un istante mi aspettai di vederlo, ma rimasi delusa nello scorgere la figura minuta e l’espressione impertinente di Alice che mi guardava maliziosa:
“Chi speravi che fosse?” disse “Desolata!... Dovrai accontentarti di me!”
“Mi vai benissimo” risposi, “sono sempre felice di vederti”.
“Mi manda lui. Vuole che ti faccia compagnia. Si concentra meglio se non ti sa da sola.”
“Come sta?” Domandai “Ci sono novità?”
“No” Rispose lapidaria “Almeno che io sappia, sono muti come pesci.”
“Tu riesci a vedere qualcosa Alice”. Sospirò sedendosi sul pavimento “Macché!” Sbuffò risentita “e credimi se ti dico che la cosa mi irrita moltissimo, perché evidentemente le cose continuano a cambiare.”
“Ma se si stabilizzassero, tu lo sapresti non è vero?” La guardai impaziente.
“Suppongo di sì”.
Sentimmo muovere Renesmee nell’altra stanza e andammo a controllare insieme. Dormiva a pancia in giù, la guardai: era tranquilla. Aveva smesso di crescere, la sua età ora poteva essere paragonata a quella di una bambina di quattro anni. Carlisle mi aveva assicurato che ormai il suo sviluppo sarebbe stato identico a quello di tutti gli altri bambini. Continuammo ad osservarla ancora per qualche minuto e la vedemmo sorridere. Feci cenno ad Alice di uscire dalla stanza lei mi seguì e accostai la porta. “Dove hai lasciato Jasper? E’ da un po’ che non lo vedo” Dissi, rimpiangendo il potere tranquillizzante che aveva.
“E’ a caccia con Emmett, Rosalie ed Esme” Rispose.
“Come mai non sei andata con loro?” Conoscevo già la risposta.
“Mi dispiaceva saperti da sola. Infatti ero venuta a chiederti se appena tornavano gli altri volevi venire a caccia con me.” Mi sorrise fiduciosa.
“Io e te: questo vuol dire che per il momento non hanno nessuna intenzione di uscire dal laboratorio.” Ero un po’ preoccupata , dovetti ammetterlo. “ma non staranno esagerando secondo te? Avranno bisogno di nutrirsi!” Ero in ansia “Quanti giorni sono passati?”
“Sono testardi dovresti conoscerli ormai Bella.” Si affrettò a dire.
Alcune volte avevo l’impressione che fossero veramente padre e figlio. Edward aveva una vera devozione per suo padre e Carlisle dal canto suo lo adorava.
“Volevo fare un salto da voi domani, ma se non c’è nessuno è inutile venire, tanto se ho ben capito sarà impossibile vederlo.
“Si” disse “Però potrai sentirlo”
Mise una mano in tasca e tirò fuori un piccolo cellulare. Per un po’ restammo senza parlare, sapevo che saremmo potute rimanere così per l’eternità, ma avevo bisogno di spezzare tutto quel silenzio e accesi la televisione.
Stavano trasmettendo un vecchio film. Non avevo intenzione di seguirlo ma mi faceva compagnia. Tenevo il cellulare in mano sperando che squillasse. Ad un tratto dissi “Alice pensi che lo disturberei se lo chiamassi solo un attimo? Giusto il tempo di sentire la sua voce.”
Non feci in tempo a finire la frase che il telefono squillò.
“Et voilat” Si affrettò a dire Alice.
“Edward?” Domandai
“Sì. Sono io. Mi manchi da morire Bella . Come state tu e la bambina?”
“Noi stiamo bene Edward, ma perché invece di telefonare non veni? Non stai mica dall’altro capo del mondo.”
“Lo so, ma non posso lasciare il laboratorio.”Disse “Veloce come sei, i tuoi esperimenti neanche se ne accorgerebbero. Non avrebbero il tempo di sentire la tua mancanza.” Piagnucolai e lo sentii ridere.
“Ancora un po’ di pazienza amore, ti prometto che recupereremo tutto il tempo perso: adesso ti lascio devo aiutare mio padre . Ti amo” disse.
“Lo so” Risposi . Guardai fuori . Cominciava a fare giorno. Il sole era sorto su un cielo coperto da una fitta coltre di nubi e una pioggerellina insistente aveva preso a cadere; andai a preparare la colazione per Renesmee che si sarebbe svegliata di li a poco. L’avrei portata volentieri a fare una passeggiata, ma visto il tempo avremmo dovuto tenerla impegnata rimanendo a casa. Non riuscivo a togliermi dalla testa come sarebbe stato per tutti il dopo. Io conoscevo il mio aspetto di prima e tornare la ragazza goffa e insignificante che ero non mi allettava lo confesso, ma loro come sarebbero stati? Li avrei riconosciuti nei nuovi tratti? Alle volte pensavo che tutto ciò che mi ero lasciata alle spalle non era altro che il filo conduttore per arrivare a questo, il ritorno per tutti alla vita vera.
“Dieci” disse Alice ad un tratto.
La guardai perplessa “Dieci…cosa?”
“I giorni che sono trascorsi, da quando hanno iniziato a lavorare al progetto Il ritorno”
“Al progetto Il ritorno?” Le feci eco.
“Animo Bella. Coraggio, così mi preoccupi!”
“Scusami, non riuscivo a capire a cosa ti stessi riferendo”feci una pausa “Lo hanno chiamato così?”
“Sì. Ti piace l’idea è stata mia” sorrise ammiccando.
“Ci avrei scommesso Alice, credimi” era divertita.
“Dieci giorni” pensai ed erano trascorsi lontana da lui. Adesso ero li che aspettavo mentre Alice e mia figlia facevano uno strano gioco. Alice lanciava una palla che nello stesso istante prendeva , sembrava giocasse da sola come ricevitore e battitore, provocando il divertimento di sua nipote.
Le guardavo scherzare insieme, ma Renesmee era alquanto volubile e si annoiò presto di quel gioco.
Tese le braccia verso sua zia per farsi sollevare. La vidi poggiarle la piccola mano sul viso ed impegnare con lei una delle sue singolari conversazioni. Renesmee, le mostrava le sue domande mentalmente e Alice rispondeva a voce.
“Possiamo chiederlo! Perché pensi questo piccolina?”Alice sorrideva pacata “Non devi preoccuparti, il tuo papà sta bene e la mamma è solo un po’ triste, perché è tanti giorni che non lo vede.”
Renesmee mi guardò. L’espressione del viso paffuto e roseo contrita.
“Sei triste anche tu? Manca tanto anche a te, vero? ” Fece Alice dando voce ai pensieri inespressi di Renesmee.
Mi sentii un po’ in colpa, sicuramente la piccola si era sentita messa da parte e non riusciva a spiegarsene la ragione. Le andai incontro e le accarezzai i capelli “Non devi essere triste. Va tutto bene, la mamma si sente solo un po’ sola, ma ti vuole tanto bene”.
Si sporse verso di me e mi abbracciò forte.
“Quando torna il mio papà?” Pronunciò piano, appoggiando il viso sulla mia spalla.

Grazie a franci_cullen per avere recensito lo scorso chappy e grazie mille anche a tutti quelli che leggono senza recensire. BACIOTTI ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Libri, accatastati gli uni su gli altri; appunti sparsi, il rumore dei miscelatori e l’odore dei reagenti. Ormai lavoravamo ininterrottamente da settimane e tutti i tasselli del nostro puzzle sembravano combaciare: il siero rispondeva. Avevamo la chiave finalmente, bisognava solo infilarla nella serratura e farla scattare. Le mie dita correvano velocissime sulla tastiera del computer mentre trascrivevo gli aggiornamenti dei risultati dei test che avevano dato esito positivo e mi augurai che fossero gli ultimi. Mio padre, seduto vicino a me, intento a guardare al microscopio allungò una mano e mi diede una pacca sulla spalla, di approvazione. Avevo pensato di conoscere in maniera totale e profonda Carlisle, ma lavorando gomito a gomito con lui, scoprivo che c’era molto di più. Sentivo i suoi pensieri. Il suo entusiasmo, la volontà risoluta di dare a me una chance di chiamare di nuovo vita la mia esistenza; di essere ciò che volevo, senza provare disgusto per me stesso. Lo avevo più volte sentito determinato a non mollare.
“Grazie” mi voltai e lo guardai.
“Per cosa, figliolo?” rispose un po’ stupito.
“Per tutto” dissi. Poggiando le mani sul bancone e proseguendo: “Per la fiducia, il rispetto e l’affetto incondizionato che voi tutti mi dimostrate da sempre. Mi avete protetto alle volte anche da me stesso, amato per quello che sono, accettato nei miei tormenti alla ricerca di risposte, nel volere soffrire per espiare in qualche modo le mie colpe. Vivevo nel mio silenzio, immerso nel buio della mia notte e non sono stato in grado di ricambiare come meritavate.”
Mi ascoltava sorridendomi con affetto “Non dire assurdità Edward , non devi pensarlo mai. Noi ti amiamo, siamo la tua famiglia e questo è quanto.” Con una mano mi scompigliò i capelli. “Direi che ce l’abbiamo fatta ” concluse fiero.
Pensai tra me che ora, era il tempo di mettere in pratica la teoria, ma cosa mi aspettava adesso che ero giunto al traguardo che avevo desiderato da sempre? Per quasi un secolo, avevo maledetto me stesso per quello che ero, per ciò che rappresentavo.
L’unico momento realmente luminoso della mia lunga e tormentata esistenza era stato l’avere incontrato Bella. La ricordai impacciata, intimidita dal mio sguardo, lì: completamente indifesa.
La prima volta che capii realmente cosa avrebbe rappresentato per me, che realmente la guardai per quello che era, un furgone stava per travolgerla e l’avrebbe uccisa. La violenza, di quel primo nuovo sguardo, accompagnò lo stupore di capire che avrei potuto perderla e non volevo.
Il mio odio nascosto, dopo, mentre cercavo di ascoltarla, mentre terrorizzato restavo fermo all’idea di poterle fare del male, divorato dal desiderio di farlo. Combattuto, tra la voglia di esserle amico, mentre io stesso non ci credevo e la necessità di fuggire lontano, per non metterla in pericolo.
Le notti trascorse a guardarla dormire, ad ascoltare i suoi sogni. In ogni sua frase sentivo l’attesa lieve che provava per me, come se non si sentisse degna , se non mi meritasse e non fosse invece il contrario.
In quegli istanti maledivo ciò che ero, quello che avrei potuto rappresentare per la sua fragile vita, me lo ripetevo ogni volta che mi sorrideva, continuamente, ma poi il suo viso, il suo odore, annullavano ogni volontà di allontanarla da me.
Doveva finire, perché non sarebbe mai dovuta cominciare, lo sapevo bene, ma non mi bastava mai e senza di lei sarebbe stato il vuoto per l’eternità.
Mi imposi anche quella sofferenza però, pur di salvarla da me.
Quel tormento tornò nel mio petto muto con violenza e la stanza in cui mi trovavo si riempì della sua assenza a quel pensiero.
Ebbi il bisogno di sentire la sua voce, di stringerla a me; scattai in piedi togliendomi il camice:
“Papà” dissi rivolto a Carlisle, “pensi che potrei lasciarti per un po’ da solo qui? Mi mancano mia moglie e mia figlia .”
“Abbiamo aspettato tanto Edward, qualche ora non cambierà niente” sorrise, “vai pure, qui me la caverò benissimo da solo. Salutale da parte mia.”
Feci di sì e corsi da loro.
Fuori nell’aria fresca del mattino realizzai che avrei rivisto Bella con il suo aspetto, l’avrei vista nuovamente arrossire, combattere contro i suoi movimenti alle volte scoordinati e una sottile preoccupazione si impadronì di me .
Sarei stato in grado di proteggerla dopo?

Un grazie caloroso a franci_cullen (continua a seguire, mi raccomando ^^) e a ledyang (anche tu!) che hanno recensito lo scorso chappy. Ringrazio anche chi ha inserito questa fic nelle sue preferite: GRAZIEEEEEEEEEE!!

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Lo stupore di quello sguardo innamorato mi riempì, mi penetrò come la più affilata delle lame, rapito e confuso come la prima volta che l’avevo vista l’accolsi tra le mie braccia. Era lì e non smetteva di baciarmi, di accarezzarmi mentre mi ripeteva: “Grazie. Sei il regalo più bello che potevi farmi!”.
“Ti accontenti di poco” le risposi “ non me lo merito”.
“Sì invece” disse sulle mie labbra.
Ero immerso nel suo sguardo, felice e pieno d’incertezze. Non potevo darle nessuna delle risposte che cercava, perché neanche io sapevo cosa dirle, ero accanto a lei, nella tranquillità della nostra casa e la tenevo stretta a me in silenzio, consapevole del fatto che, avendola al mio fianco, tutto sarebbe stato possibile. Lo sapevo, perché con la sua luce mi guidava e non finiva mai di sorprendermi, ed ero certo, non ne era neppure consapevole. Quanto amore lì, tutto per me, non ci avrei sperato, né rinunciato. Mai.
“Devi andare via di nuovo ?” disse all’improvviso, quasi in un sussurro.
“Si. Devo” feci, controvoglia.
“Peccato” rispose tenendomi stretto.
“Solo peccato! Tutto qui?”
“Sì” mi stava sorridendo.
“Niente suppliche?” cercavo di provocarla.
“Prima vai, prima torni” fece con logica impeccabile.
“Carlisle ti manda i suoi saluti” le mie mani tra i suoi capelli.
“Grazie” disse, “ricambia i miei.”
Tenendoci stretti restammo immobili e silenziosi.
All’improvviso spezzò quella quiete tra noi : “Sei preoccupato?”
“No” risposi, ma suonò poco convincente.
“Sei sicuro?” insistette.
“Non ti mento, lo sai” sospirai. Conoscevo cosa voleva sapere.
“Sì lo so…ma quando succederà?” sussurrò piano.
“Non saprei dirlo con precisione, ma immagino presto” fu come se un brivido l’avesse percorsa.
“Ti senti pronta?” mi affrettai a chiederle. In fondo stava assecondando un mio desiderio. Un altro dei tanti. Che grande egoista ero!
“Sempre e comunque.”
La sua risposta non mi stupì. Quando si trattava di me non aveva mai esitato.
“Come faremo con Renesmee? Sarà in grado di riconoscerci e accettarci...dopo?”
“Faremo di tutto Bella e poi lei ricorda come eri. Per me immagino che forse, sarà un po’ più complicato” sentii che mi stringeva più forte la mano.
“Edward” esitò un istante, “ho pensato di affidarla a Jake, nel frattempo che non sia tutto concluso. La trasformazione, intendo. Con lui sta volentieri e non sentirebbe troppo la nostra mancanza.”
“Va bene, Bella . Sono d’accordo. Mi fido di Jake. Saprà badare a lei.” ero sincero, lo sapeva. Mi sentivo in debito verso Jacob Black e affidargli mia figlia era un passo in più verso una comprensione maggiore.
“Quanto…” domandò interrompendo i miei sensi di colpa.
“Quanto cosa, Bella?”
“Quanto ci vorrà?”
“Non lo so, tesoro. Crediamo quanto la volta precedente.” “Sarà doloroso?”
La presi tra le braccia. Sentivo che aveva paura. "Non dovrebbe, amore; fastidioso sì, ma non pensiamo doloroso.
Il cellulare squillò. Lo presi e guardai il numero: “Carlisle”. Risposi: “Ok. Arrivo”.
“Bella, devo andare.” Era delusa, lo vidi. Aveva sperato di rimanere con me un po’ di più, la conoscevo, sapevo che ogni separazione era per lei dolorosa.
“Ci siamo ?” chiese e la sua voce tradiva l’ansia che provava.
“Questo era l’ultimo test.”. Le sollevai il viso e la baciai con trasporto e tenerezza, prolungando il più possibile quel momento.
“Mi sento in colpa” disse.
“Perché?” la guardai perplesso.
“Sono stata un’egoista, ero talmente felice che non ho condiviso il poco tempo a disposizione con nostra figlia e ora tu devi andare . Sono una pessima madre. Ti ha aspettato così tanto”. Sul suo viso si disegnò un’espressione mortificata. Era addolorata.
“Non fare così, Bella, non è vero sei un’ottima madre. Eri solo tanto felice di vedermi e Renesmee lo sa” cercai di consolarla.
Passai nell’altra stanza, e vidi mia figlia seduta per terra circondata da fogli e matite colorate. Si accorse di me e sorridendomi felice mi venne incontro tenendo nella manina un foglio. La guardai corrermi incontro. Da quanto camminava così bene? Mi rammaricai di essermi perso quella tappa importante della sua vita.
Si aggrappò alle mie gambe alzando il visino per guardarmi: “Ciao, papà!” esclamò.
“Ciao,piccolina” le risposi, “come stai?”
“Bene. Dove stai andando? Giochi con me?”
“Vorrei tanto, ma papà non può” la sollevai e la strinsi a me con tenerezza baciandole la fronte.
“La mamma sarà di nuovo triste.”
“Lo so, ma tu l’aiuterai, vero?”
“Sì” fece, poco convinta “Questo è per te”. Mi porse il foglio, dove aveva raffigurato noi tre. Se avessi avuto nei miei occhi lacrime in quel momento le avrei versate e mi sembrò che lei lo capisse, perché accarezzandomi mi fece vedere quanto mi amava . Quanto amava me e sua madre.

Ecco il quinto capitolo: come sempre voglio ringraziare ledyang e franci_cullen per aver recensito (GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!) e anche tutti gli altri che hanno inserito questa storia tra le loro preferite. BUONA LETTURA A TUTTI E CONTINUATE A SEGUIRE. ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Il debole sole del mattino s’incamminava verso un nuovo giorno; tenevo mia figlia in braccio e lasciavo che l’altalena che Jacob aveva costruito per lei, tra i rami della grande quercia, ci cullasse.
Per non farle sentire freddo, l’avevo avvolta nella trapunta del suo lettino, come facevo con sua madre. Teneva poggiato il viso sulla mia spalla, aveva smesso di raccontarmi quello che aveva fatto durante la mia assenza. Fu una conversazione silenziosa. Quando scivolò nel sonno, la sentii sospirare e chiamarmi piano : “Papà”.
Rimasi immobile aspettando l’arrivo di Jake.

Jacob Black



“OK! Quando vuoi che venga?”
“Adesso. Grazie Jake” rispose.
Chiuse la comunicazione. Rimasi per qualche istante perplesso davanti al telefono.
“Chi era?” la voce di Billy mi raggiunse.
“Edward” risposi.
“A quest’ora?...Problemi, Jake?” si affrettò a chiedere.
“Non lo so” risposi, qualcosa non mi convinceva. Mi diressi verso la camera per vestirmi, mi aveva chiesto di andare con la macchina, non voleva mi trasformassi. Peccato, avrei fatto molto prima e Nessie si sarebbe divertita di più.
Quando arrivai, la porta era aperta, non c’era nessuno ad aspettarmi. Entrai. Sul tavolo del soggiorno una borsa. Immaginai contenesse l’occorrente per Nessie. La presi e mi diressi sul retro della casa. Lo trovai lì, seduto sull’altalena che avevo costruito per sua figlia, mentre si dondolava con lei addormentata tra le braccia. Mi stava aspettando.
“Bene” dissi, “sputa il rospo: cosa succede? Avevi voglia di vedermi, non puoi proprio starmi lontano? Dov’è Bella?” chiesi.
“Dai miei genitori” rispose, senza altri commenti.
“Cos’è, avete litigato e hai bisogno di un baby-sitter che guardi Nessie, per andarla a riprendere?” cercavo di essere pungente.
Adesso rideva scuotendo la testa: “Sempre il solito, vero Jake? Non riesci proprio ad essere un po’ meno caustico?”
Lo guardai con sufficienza: “Forse è questa puzza; non aiuta al buonumore”
“Grazie Jacob. Ti voglio bene anch’io, amico” rispose sarcastico, ma sembrava rassegnato alle mie battute, lo sapevo. Non avrebbe reagito, mi doveva troppo. Non gli sarebbe bastata tutta l’eternità a cui era costretto, per pagare il suo debito con me.
“Dobbiamo andare a caccia, Jake e andremo tutti.”
Si alzò, quasi non me ne accorsi e mi ritrovai con Renesmee in braccio.
“Te l’affido Jake. Sono sicuro che ne avrai cura” mi guardava e aveva sicuramente qualcosa che gli frullava per la testa, ma non riuscivo a capire cosa.
Presi Nessie e mi voltai: “Ci vediamo” gli dissi. “Fammi sapere quando sarete tornati, la riporterò.”
“Grazie” gli sentii dire.
Mi avviai verso la macchina. Ero sicuro che ci stesse osservando andare via, ma non guardai per controllare. Nel seggiolino, Nessie dormiva ancora avvolta nella sua trapunta colorata e tra le mani, un buffo pupazzo dalle orecchie troppo lunghe, forse un coniglio. Sarebbe stata una giornata umida, saremmo dovuti rimanere in casa e sapevo che alla piccola non avrebbe fatto piacere.
Billy mi aspettava curioso: “Allora, cosa succede Jake?”
“La versione ufficiale? O quella ufficiosa?”
“Pensi ti abbia mentito?” mio padre era dubbioso.
“Non lo so, ma Bella non era con lui.”
Non potevo far sapere a mio padre della caccia, non aveva idea di cosa era diventata Bella, quindi gli rifilai la versione del litigio.
“Potrebbe avere altri motivi per non essere con lui?”
“Che vuoi che ti dica papà, non ne ho idea.”
“Quindi, ti ha chiesto di tenere la bambina. Sua nipote vero? Non poteva portarla con lui a riprendere Bella?” qualcosa non gli quadrava, ma dovevo cercare di sviarlo dal fare troppe domande a cui non potevo dare risposte.
“Forse il problema è proprio lei, non credo che un bambino già bello e fatto sia stato un buon regalo di nozze” conclusi.
“Bella è una brava ragazza, non credo sia capace di tirarsi indietro dopo aver preso un impegno.”
Cominciavo ad essere a corto di argomenti: “Forse pensava che fosse più facile, in fondo è così giovane e nel giro di pochissimo tempo si è trovata moglie e madre e lui sa essere davvero esasperante.”
“Va bene, Jake, mettiamola a letto e cerchiamo di non svegliarla” disse, concludendo la conversazione.
Portai Renesmee nella mia camera e la sistemai nel mio letto. Sembrava tranquilla, decisi di andare in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare. Continuavo a pensare all’espressione di Edward.
Per il momento che Nessie dormiva, non avrei avuto granché da fare. Forse in televisione c’era qualcosa d’interessante. Mi sistemai sul divano, e iniziai a guardare a caso. Cambiavo canale: una partita di football, un film, un quiz, un…
Un clik nella mia testa mi svegliò. Qualcosa di strano, come un rumore di fondo che all’improvviso si era spento. Dovevo essermi appisolato, perché mi svegliai di soprassalto. Che stava succedendo?
Era come se qualcosa fosse cambiato dentro la mia testa. Qualcosa di strano. Non avvertivo più la presenza dei vampiri. Possibile fossero partiti tutti? Eppure non c’erano più, ma non era come l’altra volta, quando Edward aveva lasciato Bella e tutti loro avevano deciso di partire. Victoria e company erano rimasti e continuavo a sentire il mio allarme mentale urlare : “Attenzione, vampiri!”, ma adesso era strano era come…
Sentii bussare alla porta: chi poteva essere?
“Seth, che ci fai qui?” Mi spinse da un lato ed entrò.
“Non sento più niente, Jacob, non li sento più. Niente, silenzio assoluto, è come se il radar si fosse spento, come se avesse perso la traccia” Era agitato.
“Niente, neanche io” Lo sapevo, avevo capito che c’era qualcosa.
“Sai se anche per gli altri è lo stesso, Jake?” Non fece in tempo a finire la frase che squillò il telefono. Era Sam: “ Jake, cosa succede? Sono qui con gli altri, sta succedendo qualcosa di strano! Sai se si sono allontanati da Forks. Hanno deciso di andare via?”
“Non so niente Sam, e non credo avessero intenzione di partire, Renesmee è qui con me.”
“Allora è successo qualcosa? Pensi sia come l’altra volta?... I Volturi?”
“Non credo ci avrebbero avvertiti suppongo.”
“A meno che non volevano farci correre dei rischi” Disse Seth.
Ad un tratto d’altra stanza giunse il pianto inconsolabile di Nessie. Corsi da lei. Era seduta sul letto: urlava disperata, le manine tese in avanti come per trattenere qualcosa o qualcuno. In un attimo la presi tra le braccia, ma non riuscivo a calmarla. Era sicuramente successo qualcosa.
Cercai di tranquillizzarla ma non c’era verso, singhiozzava disperata.
“Calma Renesmee, è stato solo un brutto sogno: non piangere, piccola.” Ad un tratto ebbi paura che qualcosa di terribile fosse accaduto e dovevo assolutamente capire cosa.

Ci tengo a ringraziare ancora una volta chi ha recensito (ledyang, ishizu) e, mi raccomando, CONTINUATE A SEGUIRE ^^ Buona lettura da CICCIOLGEIRI!!!

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Ero rimasto solo; Jake aveva portato via Renesmee, mancavo soltanto io.
Sapevo che a casa di Carlisle tutti avevano già preso il siero. Mi venne in mente l’ultima conversazione avuta con lui e i saluti alla mia famiglia: “Verrete qui con noi a farlo?” Mi aveva domandato.
“No, papà ho bisogno di un po’ di tempo in più, devo pensare alle ultime cose prima” Avevo risposto.
“ A chi affiderete Renesmee? E quando conti di farlo?”
“ A Jake e non ho ancora deciso, ma suppongo quasi insieme a voi, questione di poche ore dopo”.
“Bene ragazzo mio, buona fortuna!”
“Anche a voi, papà”.
Mia madre, la dolce Esme, si avvicinò sorridente e posandomi una mano sulla fronte, mi sistemò i capelli con quel suo fare affettuoso: “A dopo” mi sussurrò .
Mi guardai intorno e scambiai un’occhiata d’intesa con i miei fratelli.
“Non riesco a vedere niente Edward, solo flash di luce per tutti noi, ma per te nulla. Tu non hai ancora deciso?” Nella testa mi risuonò la voce di Alice.
“No, Alice, questa volta vorrei non sentire cosa accadrà, come per un qualsiasi essere umano.” Lei rispose “Ok” facendosi udire e sorridendomi mi lanciò un bacio con la mano.
Uscii e li lasciai li a guardarmi mentre mi allontanavo, mentre tutti andavamo incontro al nostro nuovo destino che stava per compiersi di lì a poco.
Distolsi la mente da quei pensieri e mi avvicinai a Bella , era tranquilla, le presi il polso per sentirle il battito, ancora nulla , la osservavo: il suo colorito era ancora pallido.
Aspettai, avrei preso la mia dose d’antidoto appena il suo cuore avesse ricominciato a battere. Le tenevo la mano e le accarezzavo piano i capelli.
Ad un tratto, cominciò a tremare, aveva freddo: buon segno. Presi una coperta e la coprii. Di lì a poco la sentii fare un sospiro profondo seguito da un lamento sordo e cominciai a sentire il suo battito.
La baciai, presi un foglio e le scrissi un biglietto. Lo avrebbe trovato al suo risveglio e si sarebbe sentita meno sola. Adesso toccava a me, in fondo ero tranquillo: avevo aspettato tanto quel momento credendolo irrealizzabile e invece ora, ero lì e stavo per dire addio a quell’esistenza disumana, che mi aveva costretto a cose di cui mi vergognavo e non riuscivo nemmeno ad accettare più l’idea che potessero rappresentarmi.
Sperai che come per la mia memoria passata i ricordi, di questa mia disgustosa natura, con il tempo li avrei potuti se non dimenticare, almeno mitigare nel ribrezzo che provavo.
Guardai di nuovo quella ragazza, deliziosamente inerme e bellissima che aveva voluto regalarmi il suo amore in maniera incondizionata, contro ogni logica, aveva deciso di assecondare le mie richieste. Mia moglie, giaceva tranquilla addormentata e sembrava che non stesse soffrendo, almeno non troppo. Si era lamentata solo per un attimo, nel momento in cui il cuore aveva ripreso a battere dentro di lei, con il suo nuovo respiro. Era indescrivibile come mi sentivo, volli sentire il suo odore per l’ultima volta e respirai profondamente, per riconoscere quella sensazione in gola che mi aveva accompagnato per tanto tempo, quel misto tra sofferenza e desiderio che avevo cercato di reprimere e assaporare e che mi avevano portato a lei. Ora mi auguravo che avrei avuto di lei, altre sensazioni, altrettanto intense ma sicuramente meno estreme nelle conseguenze.
Mi sdraiai al suo fianco, le presi la mano, poggiai il biglietto sul tavolo sotto la lampada e bevvi la mia dose di siero: “A dopo amore” le sussurrai.
Cominciai a sentire il corpo intorpidito e formicolante quasi subito e una sensazione che mi sembrava di conoscere bene che non avevo mai dimenticato, ed era rimasta lì con me, sepolta per tutto quel tempo, s’impadronì del mio corpo e mi invase.
Un malessere, di cui ero prigioniero prima che Carlisle mi mordesse, tornò. Sentii il mio corpo indebolirsi e il mio cuore tornare a battere all’impazzata, sembrò che il petto, si lacerasse e respirare, era un dolore tremendo. Cominciai a sudare e ad essere scosso dai brividi, sentivo ardere ogni millimetro del mio corpo.
Ero ritornato a quel lontano 1918 da dove ero fuggito, ma la mia sorte che avrebbe dovuto compiersi allora, mi aveva raggiunto di nuovo. Realizzai, in quel delirio che la malattia di tanti anni prima si era risvegliata insieme a me. Dopo un po’, mi sembrò come se tutto il dopo, quella strana esistenza che mi aveva intrappolato in quella non vita, l’avessi solo sognata, un vaneggiamento, un’allucinazione della febbre. Il viso di due donne, andava sovrapponendosi nella mia mente nei miei ricordi. Una volta, era la donna con i capelli castani e profondi occhi scuri che mi procurava una fitta lacerante nel petto quando appariva, sentivo che non volevo lasciarla e l’altra con i capelli color bronzo e gli occhi verdi che conoscevo bene e in alcuni momenti era come se guardandola contemplassi me stesso. C’era qualcuno che piangeva, lo sentivo e nella mia mente una voce di bimba continuava a ripetermi disperata: “Papà non mi lasciare, resta con noi!” Sentivo il mio nome, qualcuno mi chiamava, ma era troppo lontano e io non avevo la forza di rispondere.
Faceva freddo, era buio, qualcosa mi tormentava le braccia, procurandomi un dolore noioso, avevo sul viso un non so che di fastidioso, però mi aiutava a respirare.


Ciao a tutti! Sono davvero contenta che la storia vi stia appassionando, mi raccomando: continuate a seguire, il bello deve ancora venire ^^ Ringrazio franci_cullen per avere recensito (non fa niente per l'altro chappy, ti rifarai con questo^^) e a tutte le altre che seguono questa storia!!! GRAZIEEEEEEEEEE!!!! Buona lettura da CICCIOLGEIRI^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Faceva caldo, la gola era asciutta, dovevo bere, ma non riuscivo a muovermi. Era come se fossi rimasta senza respirare per un’eternità. La testa mi ronzava, avevo sicuramente sognato. Il solito incubo che cercava di riemergere dai ricordi di quel sonno agitato. Doveva per forza essere stata colpa del pollo avariato che avevo mangiato il giorno prima. Pensai: “Del resto, c’era da aspettarselo da una con il mio curriculum, solo io potevo intossicarmi con del cibo avariato durante il mio viaggio di nozze”. Mi sentivo stordita e indolenzita dalla testa ai piedi e poi c’era quell’incubo che mi aveva tormentata tutta la notte: ero incinta; un figlio mio e di Edward. Un figlio che sentivo di amare, ma che mi stava uccidendo lentamente: mentre lui cresceva, io diventavo sempre più fragile, come un giunco piegato dalla forza del vento, ma non potevo lo stesso permettere gli facessero del male, dovevo lottare per difenderlo da tutti, ma la cosa che mi lasciava senza fiato era che dovevo difenderlo persino da Edward. Lo volevo a tutti i costi; in quel torpore e quella nebbia il momento del parto, tremendo e bellissimo.
Una bambina, avevo avuto una bambina stupenda, ma la sua nascita mi stava uccidendo, stavo scivolando via , sempre più giù, fino quasi a non sentirmi, a non esserci . Il sogno era terminato con me che mi svegliavo trasformata in vampira. Strano sogno, nuovo rispetto a quelli che mi tormentavano di solito. Decisi che avrei provato ad alzarmi. Forse se avessi fatto una doccia… Dovetti desistere, mi sentivo come se mi avessero preso a bastonate, ogni movimento era un dolore lancinante alle costole. Mi sdraiai nuovamente: ci avrei riprovato più tardi. Chissà dove era Edward? Le orecchie mi fischiavano, non riuscivo a sentire niente e mi bruciavano gli occhi. Accesi la luce e ci volle un po’ per rendermi conto di cosa avessi intorno. Rimasi senza parole. Dov’ero? Non mi sembrava di conoscere quella stanza e dove era andato Edward? Perché ero lì?
Ad un tratto avvertii al mio fianco la sua presenza, era lui, accanto a me, ma perché non mi diceva niente e stava fermo immobile? Chiedendo aiuto a tutta la mia forza di volontà ceraci di sporgermi verso di lui.
Lo vedevo, era lui o almeno mi sembrava lo fosse. Era …era… stentavo a riconoscerlo. Aveva gli occhi chiusi, respirava a fatica. I capelli madidi di sudore sulla fronte, ma Edward non poteva sudare, eppure era lui. Lo vedevo: i suoi lineamenti bellissimi erano meno duri, meno marmorei, la sua pelle morbida e…calda, in effetti troppo calda. Come era possibile, sembrava avesse la febbre alta, ed ero certa, quelli come lui non si ammalavano mai.
Ad un tratto, tutto mi fu chiaro. Come un lampo nella mia mente. Non avevo sognato, lo avevamo fatto, era successo davvero, ero tornata quella che ero.
Rimasi a guardarlo, era bellissimo e umano come me, ma perché sembrava stare così male? Lo chiamai, cercando di scuoterlo, ma niente non mi rispondeva e respirava sempre più a fatica, tremava in preda alla febbre. Stava veramente male!
Mi sollevai e scesi dal letto, trascinando il mio corpo alla ricerca del telefono; dovevo avvisare Carlisle. Come mai non era già qui? Perché Alice non li aveva avvertiti? Perchè non ci aveva avvisati tutti del pericolo che stava per correre Edward?
Accidenti! Dov’era quel maledetto telefono? Sentivo il respiro di Edward diventare sempre più faticoso. Si lamentava, stava delirando, ma non riuscivo a capire cosa dicesse.
Finalmente lo trovai, lo presi e tornai da lui, non riuscivo a vedere i numeri sul display, mi sentivo gli occhi in fiamme. In qualche modo dovevo avvertire Carlisle, lui sapeva sicuramente cosa bisognava fare per aiutarlo.
Ad un tratto fui assalita dal panico: e se anche loro stavano come Edward? Ecco perché forse, ancora non era arrivato nessuno. Forse, non era stata Alice a non aver visto niente.
Cominciai a piangere disperata e a chiamare mio marito, per cercare di destarlo da quello stato d’incoscienza, ma fu tutto inutile: niente, non mi sentiva.
Ad un tratto , mi sentii chiamare e mi parve di riconoscere la voce d Jake.
“Bella. Bella dove sei? Rispondi” Urlava.
“Sono qui Jake” Cercai di rispondere, ma la voce uscì a fatica.
“Bella, ti prego dimmi che stai bene!” Lo sentivo, era sopraffatto dalla paura, riprovai e questa volta la voce fu più chiara.
“Qui Jake, in camera da letto” Entrò di corsa e rimase senza parole. Lo vedevo era impietrito, come di ghiaccio. “Sei proprio tu, Bella?”
“Sì, Jake, sono proprio io , ma ti prego aiutami: Edward sta male” Rimase come se avesse ricevuto un pugno in faccia.
“Male?” Disse “Ma quelli come lui non possono ammalarsi e poi come è possibile che tu…Bella, ma che cavolo sta succedendo, cos’è, un sogno? Un’allucinazione?”
Lo vedevo: era sotto shock.
“Poi ti spiego, Jake. Ora mi devi aiutare, devi andare a casa Cullen e avvisare Carlisle che Edward sta tanto male. Ti prego non metterti a discutere: ti spiegherò tutto dopo. Ora non c’è tempo da perdere. Presto vai. Corri!” Esitò per un istante.
“Ma lui…non sembra più come prima ora sembra come me e te. Bella, tu devi darmi delle spiegazioni appena ritorno!” Disse in modo brusco e corse via.
Rimasi vicino ad Edward e gli presi la mano, la sentii morbida e caldissima tra le mie e lui tremò leggermente a quel tocco. Mi aveva sentita? Ero disperata. Non sapevo cosa fare. Lo vedevo lì, immobile e indifeso, con il suo sogno che si era avverato e lui che ora era in pericolo, e io non potevo fare niente per aiutarlo, se non piangere. Ripensai a tutte le volte che mi aveva salvata e adesso io non ero in grado di fare niente se non aspettare e disperarmi, sperando con ogni fibra del mio ritrovato corpo di non perderlo. A quel pensiero, sentii venire meno le poche forze che avevo e lottai con tutta me stessa per non svenire: “Respira, Bella, respira!” mi ripetevo “Non puoi lasciarlo da solo: resisti. Avrai tempo per svenire dopo!”
Tra le mani il suo biglietto che avevo trovato sul tavolo della camera, sotto la lampada:

AMORE MIO,
Quando leggerai questo biglietto sari già sveglia,
bellissima e fragile come ti ho conosciuta,
Io sarò lì con te, e starò solo dormendo; non ti
preoccupare, ma soprattutto non fare gesti estremi.
Prenditi cura di me e come sempre:

TI AMO
Edward


CIAUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!!! Cm al solito ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito (G-R-A-Z-I-EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!) e tutti quelli che leggono anche senza recensire ^^ Tanti baci e continuate a seguire, mi raccomando!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!^^

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


“Corri Jake!” Aveva detto Bella. Avrei fatto molto più in fretta, se mi fossi potuto trasformare, ma non sembravo più in grado di farlo, ecco perché avevo preso la moto per andare da lei e ora sfrecciavo per il bosco verso casa Cullen e non sapevo proprio cosa aspettarmi.
Li avrei trovati lì, ad attendermi? Oppure non c’era più nessuno, o peggio, stavano tutti come Edward?
Accidenti, ma che mi prendeva, mi stavo preoccupando per loro!
Non potevo credere a quello che avevo visto: Bella era tornata com’ era, ma come aveva fatto? E lui, era sempre lui lo sapevo, lo avevo visto, ma completamente diverso e stava davvero male.
Lo ricordavo così vulnerabile, in balia degli eventi, totalmente indifeso, solo quando mi aveva chiesto di prendere il suo posto accanto a Bella, per cercare di salvarle la vita e ora, era lui a rischiarla.
Sfrecciavo come un matto, più in fretta che potevo, la casa dei Cullen non era lontana, ormai.
Quando arrivai, tutto sembrava normale, scesi dalla moto al volo lasciandola scivolare al suolo, salii di corsa i gradini e mi accorsi con sorpresa che l’odore nauseabondo che di solito mi investiva quando arrivavo a casa loro era sparito, feci per bussare alla porta, ma la trovai aperta: “Brutto segno” pensai.
Entrai circospetto e sentii una voce che non mi sembrava di avere mai sentito pronunciare il mio nome: “Entra Jake, siamo qui nel soggiorno.”
Entrai e ciò che vidi aveva dell’incredibile, erano lì tutti, sembrava mi stessero aspettando, li guardai ad uno ad uno, erano loro, ma diversi: sicuramente avevano un aspetto migliore di prima, anche se sembravano reduci da una lunga malattia. Che stessero male anche loro?
“Tranquillo, Jake, siamo noi” Disse quello che mi sembrava il Dottor Cullen .
“Dottor Cullen?…Carlisle è proprio lei ?” Domandai quasi in trance.
“Sì Jake, siamo proprio noi” Rispose con quel suo modo gentile che gli riconobbi, ma era agitato.
“Ma…Non capisco, cosa è successo?”
“Hai ragione, Jake è un po’ difficile da comprendere…”. Mi sorrideva affabile come sempre, ma con la morte nel cuore, lo vedevo.
“Lo so, ma si può spiegare”Aggiunse, “Però dopo, adesso dovremmo sbrigarci, fare più in fretta che possiamo, ho bisogno di portare delle cose a casa di Edward e Bella. Mio figlio sta molto male ed ha bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo fare presto. Sai guidare la Jeep di Emmet?” Mi domandò. “Io mi sento ancora un po’ debole”
Feci cenno di sì.
“Allora andiamo, non c’è tempo da perdere. Ti spiegherò tutto strada facendo.”
Lo aiutai a caricare in macchina delle attrezzature mediche e corremmo a tutta velocità a casa di suo figlio. Li vedevo, mentre il Dottore parlava, come mi erano apparsi poco prima: la bionda mozzafiato con il viso pallido, ma non smorto come ero abituato a vederla, inondato dalle lacrime, rifugiata tra le braccia del suo energumeno che ora aveva più l’aspetto di un montanaro, il viso teso in una maschera di preoccupazione, che cercava di consolarla.
Il biondino, Jasper, con gli occhi lucidi di chi aveva appena pianto e l’aspetto di un gentiluomo del sud di altri tempi che sorreggeva la visionaria che si disperava per non avere visto il pericolo che correva suo fratello e la moglie del dottore, bellissima e fragile, con lo sguardo perso nel vuoto, lo sguardo della disperazione.
Parlava, il dottore, ed io avevo la testa che mi ronzava: “Laboratorio…esperimenti…antidoto …antitossina…Come se fossero stati infettati”, diceva. Non potevo credere a quello che sentivo, mi stava dicendo che erano diventati degli uomini del tutto normali, che di quello che erano stati non vi era più traccia, che sarebbero sembrati, nei prossimi giorni un po’ più vecchi di quattro o cinque anni, ma niente di più: “ Ma allora perché Edward sta male?”Domandai.
“Perché lui è stato l’unico di noi che quando è stato trasformato era malato, tutti gli altri, vedi, erano sì in fin di vita, ma per incidenti, solo Edward era malato e penso che insieme a tutte le funzioni vitali, si sia riattivato in lui anche il virus della malattia che lo stava uccidendo”.
Era incredibile, adesso eravamo passati alla fantascienza, non ci stavamo facendo mancare proprio niente. Confesso che mi dispiaceva per il Dottore e con mia sorpresa, ero veramente preoccupato per Edward, d’altronde erano sempre stati corretti con tutti noi e lui, il mio rivale, in fondo non mi era mai stato veramente ostile, tranne quelle poche volte che dovevo ammettere, me lo ero proprio meritato.
“E’ in serio pericolo?” Domandai. “Sì, Jacob. Potrebbe non farcela; e io, mi sento tremendamente in colpa, per non avere considerato che poteva esserci anche questa eventualità. Dovevamo prenderci più tempo, sono stato troppo frettoloso”. Era sconvolto, lo vedevo.
“Ma ,Alice?” Domandai “ Come mai non lo ha visto?”
“Perché non c’era niente di definito, le cose continuavano a cambiare e…”
“E poi io ero con lui, quando decideva cosa fare, per via di Renesmee e lei non ha potuto vederlo, ma… lui lo sapeva? Lo ha fatto apposta? Aveva intuito qualcosa? …Conoscendolo, non avrebbe mai rinunciato a farlo. Per Bella: E’ così?” Gli chiesi.
“Questa volta, è stata una tragica coincidenza, non sapeva niente”.
“Quindi, potrebbe morire per aver voluto realizzare il suo sogno e che tutto questo, non sapeva dove l’avrebbe portato?” Feci con un filo di voce.
“Purtroppo sì” Aveva le lacrime agli occhi e anche io accusai il colpo, non lo sapevo, ma capii di essere affezionato a Edward più di quanto avessi immaginato. Quando arrivammo, la situazione non sembrava peggiorata, ma Bella era in uno stato pietoso. Disperata e divorata dall’ansia e dalla paura.
Aiutai a scaricare l’attrezzatura e posizionarla intorno al letto, dove era Edward.
Poi Carlisle, prese qualcosa dalla sua valigetta da dare a Bella: se continuava così, la tensione l’avrebbe uccisa.



Ci tengo a ringraziare ancora una volta tutte le mie fan accanite! Mi raccomando, continuate a seguire!!!!!!!!!!! Un grazie dal profondo del cuore, dalla vostra CICCIOLGEIRI ^^

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Non sapevo se fosse giorno o notte, la testa mi scoppiava. Intorno a me, era come se il tempo andasse al rallentatore, sentivo i suoni dilatati. Carlisle e Jacob, mi parlavano, ma non riuscivo ad afferrare il senso di quello che mi dicevano. I miei occhi erano pieni della sua sofferenza e la mia mente focalizzava solo lo spazio intorno a lui. C’erano macchine per farlo respirare, tubi che si diramavano dalle sue braccia e c’era quel suono che sentivo per la prima volta che martellava con violenza: il suo cuore che ascoltavo attraverso un rilevatore cardiaco. Quel cuore, rimasto muto per tanto tempo che se avesse potuto avrebbe fatto battere per me sin dall’inizio. Ora ne era capace, ma ironia della sorte, lui non poteva esserne felice. Tante volte lo avevo lasciato ascoltare il mio, e sempre, avevo colto una nota di tristezza sul suo volto.
Il mio Edward, quel ragazzo d’altri tempi che mi amava, che aveva lottato, perché il suo sentimento non fosse la mia disgrazia, che aveva deciso di andare in Italia a cercare la sua fine quando aveva creduto di avermi perduta per sempre, che non aveva mai smesso di chiedere scusa per ciò che era, che sapeva regalarmi attimi di felicità infinita e di immensa tenerezza.
Il mio Edward, dal sorriso sghembo che mi lasciava senza fiato e i capelli perennemente spettinati.
Il mio Edward…umano e bellissimo, ora era lì, privo di conoscenza, divorato dalla febbre, sofferente, che lottava per rimanere con me.
Il mio Edward… che amavo con tutta me stessa, più della mia vita, che non sarebbe stata più vita, senza di lui. Piangevo, mentre cercavo di dargli un po’ di sollievo bagnandogli la fronte. Non aveva mai riaperto gli occhi, era lì, immobile e pallidissimo, con la fronte imperlata di sudore. Gli accarezzai il viso morbido,dai lineamenti delicati e rasserenati dalla sua ritrovata umanità, seppur sofferenti. Gli tenevo la mano e nell’incoscienza della febbre gli sentii pronunciare piano, il mio nome: “Bella…” e la sua voce mi giunse sconosciuta, ma l’emozione che mi procurò, fu straziante. Lo avevo sentito, per come era veramente, per come era sempre stato, quell’Edward che aveva sempre desiderato mostrarmi.
“Bella, dovresti riposare un po’” Disse Jacob, poggiandomi una mano sulla spalla. Mi voltai a guardarlo, indossava la mascherina che Carlaisle aveva voluto portassimo per stare lì con lui: “Resto io un po’, devi mangiare qualcosa, adesso è necessario che tu ti nutra, lo devi fare per lui, per quando si sveglierà e per Nessie”.
A quelle parole scoppiai a piangere: “Oh, Jacob!” dissi, senza riuscire ad aggiungere altro.
“Lo so piccola, fa male, ma devi essere coraggiosa, lui non ti vorrebbe vedere così, devi essere forte per entrambi”. Abbracciandomi, mi accompagnò nel soggiorno, dove Carlisle mi aiutò a sedermi e a mangiare qualcosa. Era silenzio in quello che doveva essere il nostro rifugio felice. La nostra casa che doveva accogliere quella nuova vita tanto desiderata, ora era invasa dall’infelicità.
Guardai Carlisle, non avevo notato il suo nuovo aspetto, mi sorrise quasi imbarazzato: “Mi riconosci, Bella?” Disse. “Sì, in fondo non è cambiato poi molto”, dissi; sembrava solo un po’ più adulto di come me lo ricordavo: “vi ho sempre visti per come eravate veramente, oltre l’aspetto che avevate, io vedevo la vostra vera essenza”
“ Lo so Bella, non si potrebbe spiegare altrimenti il fatto che non fossi rimasta terrorizzata nell’apprendere ciò che eravamo e i nostri segreti” Mi accarezzò una mano. “Dimmi Carlisle; voglio la verità, però: è così grave come sembra?”
“Sì” rispose e mi prese le mani fra le sue, il tocco morbido e tiepido e quella parola che mi spaccava il cuore.
“C’è speranza che possa superala?” Non riuscivo a respirare.
“C’è sempre una speranza Bella, non è finita finché non è finita, Edward è giovane e come allora lotterà e poi oggi la medicina ha tante risorse, guarda noi, chi avrebbe immaginato di poter tornare a vivere come prima?... Ma no…non ti mentirò: è grave! Le prossime ore, saranno decisive per lui”.
Guardavo l’uomo seduto davanti a me e stentavo a credere a quello che era successo, erano tornati.
Eravamo tornati! Per tutti noi ora, non ci sarebbe più stato il crepuscolo di un’esistenza senza speranza, senza via d’uscita, sarebbe stata la luce, la luce di un giorno nuovo, ma non poteva esserci la felicità che avevamo immaginato, senza Edward.
A questo pensiero, iniziai a singhiozzare disperata, Carlisle si alzò e mi raggiunse abbracciandomi.
“Non è giusto, se muore è stato tutto inutile: a cosa è servito tornare, se lui non sarà con me? Non mi importa cosa sono , cosa ero, o cosa sarò, tanto, senza di lui, non potrei esistere comunque”.
Piangevo tutte le mie ritrovate lacrime, senza riuscire a smettere. Carlisle non riusciva a calmarmi e andò a chiamare Jacob.
Due braccia che conoscevo bene mi sollevarono e tra i singhiozzi sentii Jake dire piano: “Sssst! Bella, adesso basta , devi calmarti, se può ascoltarti si dispererà sentendoti così e sarà più difficile per lui lottare. Perché ne sono sicuro, vincerà. Ricordi? Lo dici sempre: riesce in tutto quello che fa” Mi portò nella stanza dove Edward era immobile e pallidissimo, e si sistemò sulla poltrona di fronte al suo letto, con me in braccio, cullandomi dolcemente, cercando di calmarmi.
“Chissà… se potesse vederci… magari la voglia di prendermi a pugni potrebbe farlo reagire in qualche modo” Disse cercando di farmi sorridere.
“Ti vuole veramente bene, Jake; e poi sa che mi darebbe un dispiacere, non lo farebbe mai.”Gli parlavo mentre osservavo Carlisle controllare alcune delle macchine che monitoravano le funzioni vitali di Edward.
“Se vuoi dormire un po’ Bella, sarò felice di cullarti, sai che di me puoi sempre approfittare” Con la mano chiusa a pugno lo colpii sul petto e fece una smorfia, come se avesse accusato il colpo.
“Sai quale è la cosa strana Bella?”
“Quale Jake?” Risposi.
“Che le cose per me e gli altri sono cambiate appena siete ritornati. Immediatamente, è stato come se si fosse spento un segnale d’allarme, all’improvviso più niente, silenzio e anche il mio corpo si è rilassato.”
“In effetti è vero, non sembri l’energumeno che eri.”
“Bene, ci sono riuscito!”
“A fare cosa?” Lo guardavo perplessa , confusa e con la testa e gli occhi indolenziti.
“Farti smettere di piangere, metterò in conto alla lista delle cose che il tuo dolce maritino mi deve, anche questa.”
“E’ inutile che tenti di fare lo sbruffone, so che sei preoccupato per lui. Gli vuoi bene anche tu.”
“Be’…ho imparato ad apprezzarlo, lo ammetto…è in gamba e ti ama, Bella. Ti ha sempre amata e per te è sempre stato disposto a tutto, questo devo riconoscerglielo”. Fece una pausa, come a ricordare tutto ciò che era successo e che avevamo condiviso tutti e tre insieme.
“Dicevi che, le cose per voi, sono cambiate immediatamente con il nostro ritorno?” Sospirai .
“Già! E so, cosa vuoi sapere Bella, la risposta è si, ho perso l’imprinting per Renesmee.”Mi guardò.
“Quindi mia figlia, non ti interessa più?”
“Tua figlia mi interesserà sempre, ma come una qualsiasi deliziosa bambina. Suppongo che per lei, sarò sempre lo zio Jake e farà, in qualche modo sempre parte della mia vita, proprio come te Bella, ma l’amore, quello dovrà arrivare per un’altra” Lo ascoltavo, continuando a guardare quello che faceva Carlisle e prestando attenzione al battito del cuore di Edward, attraverso il segnalatore acustico del monitor.
“Certo che sta battendo proprio all’impazzata, Dottor Cullen! Che succede? ” Disse Jake, intuendo a cosa stessi prestando attenzione, oltre che a lui.
“In questo stato, direi che è tutto nella norma Jake, è la febbre. Speriamo che nelle prossime ore scenda. Questa notte sarà decisiva; se la supera sopravvivrà.” Concluse con tono serio.
La notte che lo aveva sempre protetto da sguardi curiosi e indiscreti, quella stessa notte che lo avvolgeva nella sua infinita solitudine, la notte che lo nascondeva da me, quando mi guardava dormire nella mia stanza e ascoltava i miei sogni, ora sarebbe stata decisiva per la sua vita ritrovata. Ero accanto a lui e lo guardavo, osservavo ogni piccolo movimento del suo corpo, ogni smorfia del suo viso, ascoltavo il suo respiro e il suo cuore.
Resta con me amore, gli ripetevo, non mi lasciare, resta con me. Non aveva detto molto in quelle ore, si era solo lamentato e qualche volta pronunciato il mio nome .
Accanto a lui, da sola nel silenzio, sentivo il riposo regolare di Jacob che si era addormentato e guardavo Carlisle tenere sotto controllo le flebo.
Le ore passavano e il respiro di Edward era sempre affannato. Poggiai il viso vicino alla sua mano tormentata dagli aghi della flebo e la mia mente cominciò a vorticare tra i ricordi.


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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Un raggio di sole giocò sui miei occhi. Mi ero addormentata e avevo il collo indolenzito. Avvertii un cambiamento, ma non riuscivo a mettere a fuoco cosa fosse, feci un rapido ripasso mentale: il respiro di Jacob, un altro un po’ più distante, forse quello di Carlisle, il rumore regolare del battito di Edward nel monitor…
“IL < B-A-T-T-I-T-O R-E-G-O-L-A-R-E DI EDWARD >?!” Pensai all’istante e aprii gli occhi scattando.
“Buon giorno” mi raggiunse la sua voce nuova, stanca e bellissima, il suono più sublime e delizioso che avessi mai sentito. “ Sembri sfinita: sicura di stare bene?” Disse, un po’ preoccupato, come se fossi stata io quella che aveva rischiato di morire e lui invece fosse appena ritornato da una passeggiata.
La mia reazione fu istantanea e seguita da un urlo di gioia che fece scattare immediatamente gli altri, terrorizzati .
“Bella, ma vuoi che ci restiamo secchi?” Disse Jacob, scivolando dalla poltrona dove si era addormentato.
Edward sorrideva esausto e provato da quelle ore. Gli buttai le braccia al collo e, strappandomi dal viso la mascherina, lo baciavo .
“Piano, fallo respirare” disse Jake . “ Felice di vederti…adesso come dovrei chiamarti? Succhia brodo?” Rideva e sapevo che era contento.
Fratello ... andrà benissimo, Jacob” gli rispose con una smorfia compiaciuta, accennando il suo sorriso sghembo.
Carlisle cominciò a visitare suo figlio, mentre lui, non mi toglieva gli occhi di dosso, continuando a tenermi la mano e a sussurrarmi con la voce ancora debole “ Sei bellissima, amore!”
“Lo so, ma tu di più” Mi sorrideva stanco.
Poi, rivolto a suo padre: “Papà…? Sei proprio tu?...Anche tu sei bello, lo sai?” Si divertiva e io stavo impazzendo di gioia.
“Sì, Edarwd, sono io. Grazie, anche tu sei bellissimo…ma adesso stai un po’ zitto e buono che devo finire di visitarti!”
La felicità non mi faceva smettere di piangere, sentii Jacob avvisare tutti dello scampato pericolo e con mia enorme e piacevolissima sorpresa, lo sentii parlare con i Cullen. Stava chiedendo ad Esme di Nessie, come la chiamava lui, ma volavo così in alto che non mi importava, in quel momento glielo concessi.
Chissà come aveva reagito la mia bambina a tutto quel cambiamento e come l’avrebbe presa vedendoci, ma ormai niente poteva andare per il verso sbagliato, perché Edward era lì, insieme a noi.
Jacob mi fece cenno di prendere il telefono: “Pronto?” dissi .
“Bella, sono papà. Tutto bene, piccola, non preoccuparti di niente. Come sta tuo marito? Ho saputo che se l’è vista brutta! Di’ al dottore che baderò io alle cose qui. Vi aspettiamo presto e saluta Edward da parte di tutti.” Dall’altra parte, si sentii un coro festante.
Edward si era addormentato. Avevo bisogno di una doccia e ne approfittai.
Quando si svegliò, Jacob lo aiutò a darsi una sistemata e suo padre gli aveva fatto la barba, uno degli inconvenienti di essere tornato con il suo aspetto umano. La trasformazione li aveva resi più grandi di almeno quattro anni e per la verità, devo essere sincera, non mi dispiaceva che sembrasse più grande di me, dopo che avevo rischiato prima di invecchiare con lui nella condizione d’eterno diciassettenne, di rimanere bloccati per l’eternità in una semi vita e poi di perderlo.
Entrai nella stanza con la tazza di brodo in mano, mi aspettava con il suo sorriso sghembo stampato in viso, esultante e felice.
“Cosa porti lì di buono?” Domandò.
“Brodo” Risposi “ Ti ricordi ancora come sa?”
Fece cenno di sì con la testa, mentre mi guardava con quei suoi incredibili occhi verdi che notavo soltanto in quel momento per la prima volta: presa dall’euforia di saperlo ormai salvo non ci avevo fatto caso.
“I tuoi occhi!” Esclamai sbalordita .
“Già, verdi. Delusa?” Disse un po’ preoccupato.
“No, per niente! Sono … bellissimi. Due stupendi laghi. Potrei annegarci!”Ero senza parole.
“OH!...NO! NO! Bella ti prego, non ricominciamo, cerca di non annegare da nessuna parte, non dirlo neanche per scherzo! Sono solo un normalissimo essere umano adesso, magari un po’ più longevo, ma di sicuro senza super poteri, a parte il saper leggere nella mente come prima!”
“Puoi ancora farlo?” Chissà perché, ma ne fui felice.
“Sì, Jacob è contento quasi quanto te, ma ha deciso che non lo ammetterà mai” Rideva ed era bellissimo.
“Appena sarò un po’ più in forma di adesso, sai cosa voglio fare?” Corrugò leggermente la fronte, arricciando le labbra.
“Cosa?” Domandai.
“Andare con te e nostra figlia a giocare sulla spiaggia, sotto il sole, in mezzo alla gante, senza più nasconderci!” Allungò le braccia facendomi spazio vicino a lui, lo raggiunsi e mi accolse nel suo abbraccio morbido e caldo: “Così è tutta un’altra cosa, eh?” Gli sorrisi, mordendomi il labbro.
“Scusa.”
Lo guardai perplessa: “Di cosa?” Chiesi, mentre giocherellava con i miei capelli scansandomi una ciocca dalla fronte. “Di averti fatta preoccupare.”
Mi guardava dritto negli occhi e sentii la testa girare , il cuore battere all’impazzata. Lui poggiò la sua mano sul mio petto, per ascoltarlo e contemporaneamente prese la mia e la poggiò sul suo .
“Senti? E’ impazzito come il tuo.” Disse guardandomi e avvicinando sempre di più il suo viso al mio.
Lo sentivo accanto a me, con quello sguardo nuovo, ma che riconoscevo negli occhi verdi e trasparenti che mi toglievano il fiato. L’odore della sua pelle, il suo respiro caldo e lo sentii sussurrare: “Respira… Bella,… respira” sempre più piano fino a che quelle parole, non soffocarono sulle mie labbra che accolsero le sue morbide, in quel primo nuovo sconosciuto bacio.
Qualcosa di caldo e umido mi bagnava il viso, con delicatezza lo scostai dal suo e per la prima volta vidi Edward piangere. Sollevai una mano e con le dita gli sfiorai gli occhi. Mi guardò, timidamente, imbarazzato. “Non sai, quante volte ho desiderato poter stare con te in questo modo ….E così, il leone si trasformò in agnello”. Disse con un filo di voce e ad un tratto, la sua espressione sprofondò nella voragine dei ricordi.
Negli occhi di smeraldo, riaffiorò la sofferenza che lo aveva lacerato quando lottava contro se stesso, combattuto tra il bisogno di amarmi e la paura di farlo, quando era intrappolato in quell’essere che detestava di più di ogni altra cosa al mondo. In quel momento capii che non si sarebbe mai perdonato ciò che era stato.
“Lascialo andare, Edward”. Gli presi il volto tra le mani “Non c’è più. Non ti tormenterà mai più”. Lo guardavo mentre gli parlavo, ma sembrava lontano. “Guardami Edward!” Gli dissi sollevandomi per fissare i miei occhi nei suoi: “ Non ci sono più colpe da farsi perdonare. Sei libero ora. Io sono qui con te e non ti ho mai visto diverso da come sei in questo istante, ho sempre saputo che eri nascosto da qualche parte dentro di lui e ti ho amato con tutta me stessa da subito”. Il suo viso tra le mie mani inondato di lacrime: “ Amore eri tu, sei sempre stato tu, in fondo ai suoi occhi, dietro la sua voce c’eri tu! Io vedevo te, il ragazzo adorabile e straordinario che sei!”
Piangeva, sfiorandomi con le dita le labbra, riconoscente. Mi guardava, e sentii la forza di quel nostro amore travolgermi, mentre lo stringevo a me accarezzandogli i capelli ed il viso, cercando di calmare quel pianto che, mi auguravo, avrebbe portato via i fantasmi del passato .
“Ti amo, Edward Cullen” Dissi.
“Io di più”. Rispose, tornando a cercare le mie labbra tra le lacrime.




Ecco qui, per il momento è tutto.
Ci sono storie dove non vorremmo mai leggere la parola fine. Per questo motivo, per riempire un po’ di quel vuoto, ho voluto raccontarmi questa possibilità che non vuole violare nessun diritto.
Spero vi sia piaciuto leggerla, quanto me scriverla.
Grazie a tutti, per il tempo che avete dedicato a questa fanfiction, per le recensioni e l’inserimento nei preferiti. Baciotti da CICCIOLGEIRI.

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