I could die for you

di Aishia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** I morsi della vita ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fine ***


I could die for you





L'inizio della fine
 
 La guerra andava avanti da più di quattordici secoli.
Vampiri e licantropi lottavano per il potere da un tempo immemorabile e la pace sembrava un’idea irrealizzabile, sognata da coloro definiti pazzi e sognatori e io mi definivo tale, poiché segretamente combattevo per un mondo idealista, senza più guerra e schiavitù.
Questa era l’utopia della mia bisnonna, Felicity , la terza sovrana della casata dei vampiri che durante il suo regno cercò di portare la pace tra i due mondi, invano. Innamorata di un licantropo cercò di unificare le due fazioni ma nonostante ciò il loro amore fu impedito, soprattutto per la paura dell’unificazione della specie che avrebbe dato vita ad un essere  bandito dalla natura stessa.
Quelli erano tempi lontani e io sarei stata la prossima a salire al trono, figlia di Adam, l’ultimo dei cinque.
Nessuno mi aveva detto che la storia si sarebbe ripetuta …

 
*
 
« Questa notte sono stati fatti prigionieri dei licantropi, Savannah. Si sono introdotti tra le mura del castello ma fortunatamente sono stati fermati prima che potessero infliggere un grave danno alla corona ».
« Questa mattina? ».

Mi voltai sconvolta verso Adele, la mia fedele nutrice affidatami dopo la morte di mia madre, assassinata dai licantropi quando io ero solo una bambina.

Per questo mio padre disprezzava così immensamente quegli esseri da lui stesso definiti così inferiori, che perfino la natura stessa ripudiava con così tanto fermento, torturandoli finché non avrebbero sofferto almeno la metà di quanto fece la mia adorata  madre, prima di inalare il suo ultimo respiro.

Adele mi intimò di rimanere ferma mentre spazzolava con vigore i miei capelli scuri, assentendo con il viso rabbuiato per la cruente notizia arrivata a lei al sorger del sole.

« Si, Annah. Quel che non comprendiamo è il perché ci abbiano colpiti nel momento in cui siamo al pieno delle nostre forze! Come se non bastasse non c’era nemmeno la luna piena a rendere i loro poteri nocivi per la nostra specie ».

«Cosa ne sarà di loro?», mi sollevai di scatto, sconvolta dai miei stessi vili pensieri che torturavano la mia anima in tempesta.
Sapevo perfettamente a quale sorte sarebbero andati incontro, quale triste destino sarebbe toccato a quegli uomini senza dio ma non potevano esserci ancora spargimenti inutili di sangue.

La guerra andava avanti da tempi immemori, inimmaginabili e questi stermini non facevano altro che alimentarne la fiamma e dare ancora brace al fuoco.

« Parlerò io stessa con mio padre. Quest’eterno conflitto dovrà trovare pace ».
Uscii dalle mie stanze come se fossi inseguita dal diavolo in persona, sperando in cuor mio di  giungere in tempo e fermarlo prima che l’odore del sangue si potesse insinuare fra le mura di questo castello, ormai macchiato da troppo dolore.

Mia madre  avrebbe voluto un destino diverso per il suo popolo e non avrebbe mai permesso a nessuno che si giungesse a questo punto di non ritorno, in cui la vendetta alimentava una fiamma che oramai era senza principio né fine.

Mio padre, invece, era divenuto un mostro crudele dal cuore tarchiato da sangue innocente.
Con il cuore in gola, arrivai all’ala principale del castello, dove il Re giudicava tutti coloro che finivano sotto il suo cospetto, sedendo sul suo trono inciso di spine e intricato di sangue che lui stesso spargeva.

Di fronte a sé, sei uomini dall’umano aspetto attendevano inermi la loro fine che da li a poco sarebbe sopraggiunta.
Erano questi i mostri che tanto narravano gli antichi profeti ?

Il loro carnefice camminava avanti e indietro con passo spedito, lanciando di tanto in tanto occhiate infuocate a quelle bestie che lui stesso definiva inferiori,  aggrappandosi fermamente al suo bastone di ottone dove all’apice vi era incastonata una pietra di cristallo rosso fuoco, contente il sangue della sua adorata sposa.

Quegli occhi grigi e stanchi avevano già deciso la sorte dei sei malcapitati  ma con tutto ciò amava vederli brillare di una tenue speranza, prima di spegnerla in un battito d’ali, spedendo le loro anime a marcire all’inferno.

« Padre! », chiamai a gran voce, richiamando l’attenzione dei presenti che si voltarono verso di me, tra cui le guardie che fiancheggiavano il loro Re e che s’inchinarono non appena mi videro entrare.

Lui si voltò e sbiancò in viso, stringendo fermamente il suo amato bastone,con talmente foga da far diventare le nocche delle mani bianche come neve.
« Savannah, che fai tu qui? Non mi sembra il caso che i tuoi occhi vedano un simile abominio! ».

Li guardai ad uno ad uno e mi avvicinai a lui, con lo sguardo colmo di dolore e compassione per ciò che il suo cuore l’aveva portato a diventare, prendendo le sue mani fredde come la sua anima e racchiudendole tra le mie.
 Chi era l’uomo che avevo davanti?

Era ben diverso da colui che un tempo chiamavo padre, diverso dall’uomo che conoscevo e  di cui adesso non comprendevo più le sfumature e che ormai sembrava aver perduto perfino sé stesso.

L’amore verso il suo popolo era divenuto un sconfinata battaglia alla ricerca della vendetta per la morte della mia adorata madre strappataci via in una gelida notte d’inverno in cui la luna piena faceva da sfondo ai nostri cuori che si raggelarono come ghiaccio, per sempre.
Soprattutto il suo che non trovò alcun modo per sciogliere quella gelida corazza e  ricominciare a battere.

« Padre cosa ne sarà di loro? Sono stanca di tutte queste inutili morti e spargimenti di sangue. Vi imploro di lasciarli andare. Ve ne prego ».
Il suo volto si tramutò in una maschera di dolore e si allontanò da me, coprendosi il viso con le mani e guardandomi poi con disprezzo quando i suoi occhi incrociarono i miei, come se stessi mettendo in discussione tutto ciò che aveva costruito in tutta la sua vita, come se stessi tradendo il suo cuore ferito e perfino la mia stessa razza.

L’avevo appena pugnalato al petto e solo adesso me ne rendevo conto.
« E dimmi: cosa vuoi che ne faccia?! Che li lasci liberi di far ritorno alle loro case e di programmare un nuovo attacco? Vuoi che uccidano il tuo stesso padre, o peggio, vuoi che arrivino sino a te e che mettano fine al nostro regno, per sempre?», si avvicinò a me, accarezzando dolcemente il mio viso con le sue mani fredde come il ghiaccio, baciandomi amorevolmente la fronte  « non posso permettermi di perdere anche te ».

« Non mi perderete ».

« E noi cosa perderemo allora?! ».
Fu allora che lo vidi …

I suoi occhi ci squadravano con sguardo fiero e colmo di nobile coraggio, con il dorso nudo perturbato e macchiato da ferite indelebili di chi aveva lottato tutta la vita pur di diventare il guerriero di sé stesso.

Il volto baciato da una bellezza inaudita, avvolto da una strana  luce di chi sapeva di non posseder ferite sul cuore e gli occhi scuri infine, scrutavano i miei, trasmettendomi  tutta la forza che inondava la sua limpida anima, tutt’ altro che mostruosa.                     
Quel giovane uomo non aveva paura di morire.

Guardava la morte dall’alto in basso senza mostrare alcun  mimino segno di cedimento e paura.
Il mio cuore perse un battito verso tale nobiltà d’animo e mi parve ben diverso dalla bestia definita dal mio stesso padre.

Prima che potessi proferir parola, con uno scatto fulmineo, mio padre avanzò brutalmente verso l’uomo che aveva osato sfidarlo e mancargli di rispetto e mi mancò il fiato quando afferrò il suo collo e l’issò al cielo, digrignando i denti e fuoriuscendo i canini affilati pronto all’attacco e a mettere fine alla vita di un uomo che forse aveva avuto la sola colpa di eseguire gli ordini di un altro re spietato.

« Che altro potrei farne di bestie come voi, eh?! », contestò avvicinando il suo viso a quello del povero malcapitato « Dovrei provare la stessa misericordia che avete avuto voi con la mia adorata sposa? ».

« Il peccato di un solo uomo non può esser pagato da un intero popolo! Il mostro siete voi che sterminate interi villaggi e ci definite bestie quando la vera bestia è proprio davanti ai miei occhi! ».

Mi sentii morire.
La pressione sulla sua gola si fece più audace e il viso divenne niveo, segno che il respiro  gli stava venendo a meno.
Non potevo permettere che gli accadesse qualcosa e non potevo sopportare che mio padre macchiasse la sua anima di altro sangue innocente, di porre fine alla vita di quell’uomo che sembrava avvolto da una strana luce ma che di li a poco si sarebbe  spenta, per sempre, per mano di un sadico e un folle.

« Fermatevi! Fermatevi, vi prego! », supplicai con voce tremante, avventandomi su di lui, tentando con tutte le mie forze di far ritornare in sé quell’essere abominevole che stentavo io stessa a riconoscere.

Le mie urla sembrarono parole al vento, preghiere vane per un uomo che aveva perso sé stesso alla ricerca di una vendetta che avrebbe trovato pace solo quando l’ultima goccia di quel sangue si sarebbe intricata nella lama della sua spada.

« Troverò pace solo quando vedrò scorgere l’ultima goccia del vostro sangue bastardo! »
Come potevo fermarlo?

Solo una cosa avrebbe potuto mietere il suo folle gesto.
Il mio sguardo divagò su quella stanza, posandosi poi sulle spade che le guardie stringevano saldamente, pronte ad intervenire in caso di bisogno o quando il loro re gliel’avrebbe ordinato.

Non avevo tempo.

Non potevo fermarmi a pensare.

Era compito mio ripristinare l’equilibrio tra i mondi.

Con uno scatto fulmineo mi scagliai su una di loro a afferrai saldamente quell’arma appuntita, puntandone la lama affilata in direzione del mio ventre casto, pronta ad infilzarmela e mettere fine alla mia vita per una giusta causa, la stessa che mia madre aveva portato avanti da tutta una vita.

«  Le uniche gocce di sangue che vedrete usciranno dal mio corpo se non mettete fine a questo massacro ».
Fu la seconda volta che vidi in Re Adam  uno sguardo talmente carico di dolore e angoscia, con il viso impallidito dal terrore di perdere per la seconda volta colei che diceva d’amare più della sua vita stessa.

Giurai di sentir perfino il suo cuore battere dopo tanto tempo ad un ritmo smisurato e finalmente capii che ancora possedeva un’anima che poteva essere salvata.

«Savannah! Non puoi farmi questo. Non puoi causarmi altro dolore ».
Le sue urla mi penetrarono l’anima e mi sentii morire quando vidi i suoi occhi bagnarsi di lacrime amare, intrise dalla stessa paura che aveva provato tempo addietro quando vedemmo morire mia madre davanti ai nostri occhi.
Non sopportavo di vederlo così.

Non accettavo di far rivivere in lui quel dolore che io stessa aveva scolpito nella memoria, come una scritta indelebile incisa sul lato destro del cuore.

Questo, aimè, era il solo modo per mettere fine ad una pazzia.
« Allora padre, non macchiate la vostra anima di questo crimine e non vi servirà un altro amuleto con il mio stesso sangue ».

Mio padre impallidì e guardò con sguardo velato il suo bastone, per poi strizzare gli occhi e puntarli su di me, consapevole che nessuno avrebbe potuto osare tale affronto.

Avanzò verso di me, con cautela, poggiando le sue mani sulle mie e impugnando l’elsa di quella spada la cui lama era appoggiata sul mio ventre, lasciandosi poi cadere in un tonfo sul pavimento freddo e inginocchiarsi a me con il volto colmo di dolore.
« Perdonami, figlia mia ».

Forse era ritornato in sé.

In quelle lacrime rividi l’uomo compassionevole di un tempo e finalmente lo avrei convinto a ricominciare da capo, dimenticando tutto il dolore che aveva inflitto con la sua sete di potere e lo avrei persuaso a chiedere perdono per la sua indole e per le sue manie di vendetta che non aveva portato altro che tanto dolore.

Sarebbe iniziata un nuovo giorno.

Una nuova Era.

« farò ciò che mi chiedi, figlia mia », sussurrò baciandomi le mani e lo aiutai ad alzarsi, guardando i suoi occhi colmi di dolore e velati da uno sguardo che non avevo mai visto in vita mia.

« vi amo, padre », sussurrai lasciandomi avvolgere dalle sue braccia forti e possenti. Lui mi prese il viso tra le mani e sorrise.
Non avrei mai più dimenticato quelle parole.

« Guardie, fate marcire quei mostri in prigione e ponetevi anche la vostra amata principessa ».
 
 

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Capitolo 2
*** I morsi della vita ***


I Morsi della vita

DOLORE
 
Una fitta nel pieno centro del mio mondo mi costrinse ad abbandonarmi al suolo, persa, ripudiata perfino da me stessa.
Andavo alla deriva, persa nei meandri  della mia vita.
« Come ti sei ridotta, bambina mia ».
Le sue mani fredde come il ghiaccio mi sfiorarono il viso con una dolcezza che avevo oramai dimenticato.
Quante volte avevo provato a ricordare quel calore sul mio viso o il suono che emanava la sua voce, così armoniosa da sembrare le più soavi delle melodie.
Ormai però non sembrava altro che un sogno soffocato fra ricordi indelebili.
Alzai lentamente il viso e la guardai con gli occhi gonfi e arrossati.
« Dove ho sbagliato? ».
 
La sentii sorridere dall’oscurità della notte tetra e buia e si chinò su di me, lasciandomi un lieve bacio sulla fronte.
« Hai solo cercato di curare un cuore ormai reciso da troppo a lungo. La tua unica colpa è stata quella di aver sperato di guarire una ferita che non si è mai cicatrizzata ma non temere, figlia mia, non mancherà molto prima che tuo padre possa perdonarti ».
Mi allungai verso di lei e mi sorrise flebilmente per poi tramutare in volto e guardarmi con uno sguardo colmo di preoccupazione e dolore.
« Sta solo attenta alle scelte che prenderai da questo momento in poi, tesoro mio, perché un male peggiore sta per abbattersi sul regno e l’amore non potrà salvarti da te stessa ».
Il suo tocco sul mio viso si fece più flebile e quella figura celestiale iniziò lentamente a sbiadirsi nel nulla, allontanandosi da me.
Non potevo perderla! Non potevo perderla ancora!
 
« Madre! Madre non andate via, vi prego!
Madre non andate via!
Madre … »

 
*
« Principessa, svegliatevi. Principessa! ».
Qualcosa di torrido e rovente fece presa sul mio polso, con tale veemenza da suscitare in me la sensazione di affogare nella lava più rovente e mi dimenai,tentando di allontanarmi e fuggire da quel calore insopportabile, come  se stesse bruciando ogni più piccola fibra della mia pelle.
Aprii gli occhi di scatto, guardandomi intorno con aria sconvolta e cercando di comprendere la causa di tale sgomento che mi dilaniava l’anima, attanagliandomi fermamente, come la morsa di un serpente.
Non riconobbi quel luogo dimenticato da Dio ed il cuore mi arrivò in gola quando voltandomi, mi ritrovai davanti agli occhi il volto di uno sconosciuto che, a pochi centimetri dal viso, mi guardava con il suo sguardo di ghiaccio, come a volermi braccare con la sola forza della mente.
Era lui.
Disteso al di là delle sbarre, teneva un braccio incastonato fra le metalliche aste d’acciaio che dividevano le nostre celle e fu allora che capii che quel calore che mi bruciava dentro, proveniva dalla rovente incandescenza della sua pelle.
Non avrei mai dimenticato quello sguardo orgoglioso e quei modi di fare così arroganti, fiero per ciò che la vita lo aveva portato ad essere, perciò che lui era!
« E’ stato solo un brutto sogno », sussurrò dopo svariati minuti, tanto lunghi da sembrare eterni, rassicurandomi con la sua voce melensa, più latente rispetto all’ultima volta che l’avevo udita.
Lo guardai stralunata e strinsi gli occhi ad una fessura come a voler scorgere ogni più piccolo frammento della sua anima dannata, che pareva aver visto tanto male in questo mondo, da bastarne per una vita intera.
Ammirai quell’immenso mare di cioccolata e quella luce che emanavano i suoi occhi scuri e per un secondo, per un solo misero istante, il resto del mondo scomparve, come se nulla fosse importante, almeno finché quello sconosciuto non riprese il controllo di sé e ritrasse velocemente quella mano che ormai non emanava più quel calore da bruciarmi sin sotto la pelle.
« Solo. un. sogno. »,sussurrai lentamente, scandendo le parole come a volerle imprimere sulla pelle, ricordando quel sogno così reale che sembrava appartenere a questa stessa realtà, ritrovandomi così distesa sulla sudicia sterpaglia che proteggeva il mio corpo dal freddo pavimento, incrostato dal sangue, dall’odore a dir poco nauseante e rivoltante.
Sollevai lo sguardo e socchiusi gli occhi, cercando di scrutare oltre l’oscurità di quel luogo, rischiarato solamente da un piccolo spiraglio di luce proveniente da dei piccoli fori creatosi tra le crepe delle mura e solo allora notai, poco lontano dalla mia cella, gli altri cinque uomini che stamani avevo salvato e che adesso, dormivano beatamente come se l’idea della morte non li scalfisse minimamente.
Come reggevano tale fardello dopo aver visto la morte in faccia?
Dopo aver sfiorato la tela del destino ed esserne usciti indenni, marchiati da una sorte  incontenibile e spietata.
« Da quanto tempo siamo qui? ».
« Poche ore », tagliò corto allontanandosi da me e appoggiando le spalle al muro, socchiudendo gli occhi e aspettando chissà quale miracolo che ci venisse a salvare.
Lo guardai confusa e infastidita dalla sua apatia, il suo modo di reagire nei confronti di quella situazione che a me invece terrorizzava, con i suoi occhi chiusi e nascosti da ciglia lunghe e nere, mentre un insano sorriso aleggiava sul volto beato ed angelico.
La paura dell’ignoto mi opprimeva la mente, il terrore di quel che ci potesse capitare si insediava nelle mie ossa strappandomi preziosi anni di vita, mentre loro parevano rifugiati nel loro paradiso terrestre,come se questo non li toccasse minimamente.
«Come fate a rimanere così … tranquilli? », sbottai ad un certo punto, infastidita dai suoi stessi sospiri e da quel silenzio che rendeva l’attesa snervante per la mia mente insana.
Sembrava come se si fosse … addormentato.
Come?
Mi guardai intorno, cercando qualcosa che attirasse la sua attenzione, allungandomi verso dei piccoli sassi caduti sicuramente dalla superficie del muro e, con enorme coraggio, gliela tirai colpendolo sulla gamba, svegliandolo di colpo.
Aprì gli occhi di scatto, guardandomi in cagnesco quando capì quel che avevo fatto, con le orecchie che fumeggiavano dalla rabbia.
Ingoiai il rospo che mi si era bloccato in gola.
Non potevamo perder altro tempo!
Stavamo lottando, inconsapevolmente, contro un destino ignoto che il mio stesso padre ci aveva imposto, e le parole di mia madre, venuta in sonno per avvertirmi che qualcosa di straordinariamente malvagio stava per abbattersi sopra le nostre teste.
Quell’uomo tirò un lungo respiro e si sollevò, guardandomi beffardo «capisco che probabilmente non sarete abituata a questo trattamento regale, principessa. Cercate di riposare però, prima che il vostro amato padre condanni a morte anche voi! ».
Sgranai gli occhi e digrignai i denti, sentendo in me ribollire una rabbia tale che avrei affondando i miei canini nella sua carne, se questo non avrebbe portato alla mia morte.
No, non avrei sacrificato la mia vita per lui.
Non un’altra volta.
« Invece di dedicarvi al sonno di bellezza, mio caro, dovremmo trovare un modo per uscire da questa prigione. Perché non vi salverò di certo per la seconda volta ».
Lo sentii ridere nella profondità della notte e con uno scatto fulmineo si drizzò velocemente, attaccandosi alle sbarre e stringendole con tale ardore da farsi insanguinare le mani.
« Credete che vi debba la vita? Avete solo rimandato la nostra esecuzione! Non debbo ringraziare nessuno, tantomeno la figlia del diavolo ».
I suoi occhi sembravano bruciare d’odio e indietreggiai, sbattendo le spalle al muro e frignando
quando la mia pelle nuda entrò in contatto con la superficie fredda e sudicia della parete.
Figlia del diavolo?
« Come potete voi giudicare quando siete giunti qui per assaltare le mura del castello? Il mostro da voi stesso definito tale, stava tentando di proteggere la sua casa e voi, voi dovreste solo ringraziarmi per avergli impedito di metter fine alle vostre vite, come la vostra gente fece con quella di mia madre. Mio padre non vi odia e …».
L’uomo sgranò gli occhi come se avessi detto la più grande delle blasfemie, ridendo di gusto e facendo squillare la sua voce in tutta la stanza.
« Vostro padre stermina la mia gente ogni giorno! I nostri fratelli, le nostre madri vengono uccisi continuamente e io non intendo chieder perdono per una sola morte quando sono stati sterminati interi villaggi. Lui non ci odia? Ebbene, noi si ».
Un fascio di luce si insediò dalle  incrinature delle  mura e allietò la tetra stanza, costringendomi a indietreggiare velocemente così da non venir bruciata dal chiarore del sole e abbagliando l’insano ospite così che potessi vederlo in volto.
I capelli scuri incorniciavano il viso scarno e smagrito e due grandi occhi marroni mi scrutavano senza batter ciglio, come se volessero valutare anche la mia più piccola reazione.
Le spalle larghe e il dorso nudo mi permisero di prestare maggior attenzione alla sua pelle, marchiata e recisa  da cicatrici di chi aveva combattuto da tutta una vita, pur di salvarsi perfino da se stesso.
Sospirai profondamente e socchiusi gli occhi, prima di puntarli sui suoi.
« Invece di combatterci a vicenda, dovremo unire le forze per un obbiettivo comune. Lo vogliamo entrambi e dovremmo smetterla, invece, di ucciderci a vicenda ».
Lo vidi sorridere e mi guardò con i suoi occhi dolci.
« Come posso fidarmi di voi, Savannah? ».
Lo guardai di sottecchi, avvicinandomi cauta e badando al piccolo fascio di luce che aleggiava nella stanza, prima di sbiadirsi nel nulla, riportandosi nell’oscurità più tenebrosa.
« Come conoscete il mio nome? ».
Lo sentii sorridere nella notte e lasciò la presa sulle aste metalliche, abbassando lo sguardo sulle mani insanguinate e mi sembrò di vederle rigenerare, dato che l’odore soffocante del sangue scomparve poco dopo.
«Pensiate che combattiamo i nostri nemici alla ceca? Presto, toccherà a voi prendere le redini del vostro destino e quello del vostro popolo e noi dobbiamo sapere contro chi lottiamo. Un bel peperino, a quanto vedo!».
« io non voglio lottare », sussurrai avvicinandomi a lui e chiudendo le sue mani tra le mie.
Lo vidi sussultare di botto ma non si allontanò, guardandomi serio.
« qual è il vostro nome, abile guerriero? ».
« Jake, principessa ».
« Ebbene, Jake, io non voglio continuare a lottare per una guerra che va avanti da più di mille anni. Voglio la pace ma non posso se ambo le parti non collaborano per un futuro ad unisono ».
« anch’io », sussurrò tramutando in volto, prendendomi il viso e alzandomi il mento con due dita affinché lo guardassi dritto negli occhi.
Quello sguardo così abissale e ipnotico mi inchiodò al suolo, smorzandomi il respiro, seguito da una strana sensazione che mi si protrasse lungo la spina dorsale, non lasciandomi scampo a delle sensazioni che non avevo mai provato prima.
Non ero mai stata sfiorata prima, non in quel modo, e mi venne la pelle d’oca sotto quel tocco così straordinariamente dolce ed energico al tempo stesso e, per la prima volta in vita mia, mi sentii al sicuro dal resto del mondo, almeno prima che le porte della prigione si aprissero, causando un rumore sordo e un intensa luce subentrò nella stanza, provocando un gioco di luci e ombre che si proiettarono sul pavimento, costringendomi a strizzare gli occhi per abituarmi a quel drastico cambiamento di luce, coprendomi il viso con la mano.
Due grandi uomini entrarono nella stanza e con passo celere e spedito si avvicinarono alla mia cella, aprendone la porta e guardandomi dall’alto in basso, con i loro occhi fiammeggianti e pieni d’odio per via dell’alto tradimento subito.
Mi allontanai da Jake, indietreggiando finché le spalle non toccarono la superficie fredda e rocciosa del muro, braccandomi e non permettendomi altro riparo.
Avevo paura.
Tanta paura.
« Dovete venire con noi ».
Proferirono con tono rude, echeggiando nella stanza.
Sbiancai in volto e per un attimo mi venne a meno il respiro, mentre quegli uomini si avvicinavano sempre più, afferrandomi con forza e prepotenza e strattonandomi da una parte all’altra della stanza.
Jake rimase immobile e li guardò accigliato, inerme, prima di riprendere controllo di sé stesso e avventandosi sulle sbarre, cercando di spezzarle a mani nude.
«Dove la state portando?!».
I due non proferirono risposta, trascinandomi fuori e non lasciandomi modo per sottrarmi alla loro presa ferrea. Mi voltai verso Jake e mi guardò serio, regalandomi una muta promessa.
«verrò a prendervi ».
 
 

 

Buonasera.
Mi scuso per l’altra volta poiché, avendo fretta di aggiornare il capitolo, non ho avuto tempo di fare le giuste presentazioni. Pardon!
Solitamente dedico sempre almeno un capitolo delle mie storie alle persone che mi stanno vicino, a coloro che ho conosciuto in questo sito che è diventato il nostro mondo.
Questa volta però, farò un eccezione, dedicando questo capitolo a me stessa. Si, a me stessa.
Devo ringraziarmi per essere uscita da una situazione in cui credevo di sprofondare, persa nei meandri di un qualcosa fin troppo grande perfino per me.
Non vi è mai capitato di camminare nel vuoto?
Questo è come si ci sente dopo aver incontrato l’amore della propria vita al momento sbagliato … lui era sbagliato …
Voglio ringraziare me stessa per esserne uscita, quasi, con il cuore un po’ ammaccato, lo ammetto, ma l’importante è avercela fatta, no? Almeno spero, ahahahha.
Trovate sempre la forza e non fatevi sopraffare da voi stesse, perché lottare è dura ma lasciarsi abbandonare è ancora peggio. Non perdete mai la speranza di una luce nuova!
Dopo queste frasi insane, ringrazio coloro che hanno letto il precedente capitolo e chi, come la mia più cara amica, Princess of Dark, ha dedicato il suo tempo per dedicarmi una recensione incantevole.
Non finirò mai di volerti bene e devo ringraziare anche Te! Si, perché senza di te la mia vita non sarebbe la stessa.
TU sei importante.
Quindi grazie, grazie e grazie.
Buona continuazione di serata e … alla prossima.
Aishia.

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