Al Paradiso delle signore

di Catherine Garko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I ***


CAPITOLO I


Hermione Granger, valigia alla mano, guardò bene a destra e a sinistra per assicurarsi che non passassero carrozze, prima di risolversi ad attraversare la strada. L’anno prima aveva assistito alla prematura dipartita dei suoi genitori a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Per un po’ era riuscita a far fronte alle spese legate alla sua sopravvivenza grazie ad un lavoro come commessa in un negozio di mercerie, ma poi le mensilità per la locazione della casa erano aumentate e lei aveva lasciato la sua “vecchia vita” per raggiungere la grande città di Londra.
Era alla ricerca del negozio di proprietà dello zio Charles Granger, l’unico parente che le fosse rimasto, certa che lui l’avrebbe potuta aiutare.

Stretta nel suo consunto abitino di lana grigia errava per le strade della capitale tentando, fino ad allora invano, di scorgere l’insegna che recasse la scritta “Emporio delle stoffe”.
Svoltato l’angolo vide stagliarsi dinnanzi a lei una smisurata vetrina che faceva bella mostra di un’infinità di prodotti: dal bianco alle sete, passando per le mercerie e gli abiti confezionati; dal soffitto scendevano aperti numerosi ombrelli variopinti. E i prezzi erano roba da non crederci, estremamente bassi: insomma, sembrava che il bello fosse a disposizione di tutti, dalle massaie alle borghesi, senza escludere il lusso che tanto piaceva ai nobili. Alzò gli occhi e lesse il nome del negozio: Al Paradiso delle signore.
Senza poter smettere di ammirare le meraviglie accatastate all’interno del Paradiso si ricordò del reale motivo per cui si trovava lì: trovare lo zio Charles.

Si risolse a darsi una mossa e a cercare qualcuno a cui poter chiedere indicazioni, ma voltato lo sguardo incontrò gli occhi di un omone dall’aria simpatica che fissava la vetrina dietro di lei con cipiglio austero, sopra di lui spuntava la tanto ricercata insegna “Emporio delle stoffe”. Dunque quell’uomo doveva essere lo zio Charles. Si fece coraggio e andò incontro all’uomo. “Zio Charles? Sono Hermione, la figlia di Jane e Sean! Spero di non essere capitata da voi in un brutto momento, ma siete i soli parenti che ho e le cose in paese non andavano più così bene, perciò …” lo zio l’aveva stretta in un abbraccio da mozzare il fiato e aveva iniziato a dire “Roba da non credere! Mary guarda quanto si è fatta grande nostra nipote! Entra figliola, non stiamo qui per strada” e sospingendo la nipote all’interno del suo negozio seguitava a chiamare la moglie, seduta composta dietro alla cassa, con aria stanca e addolorata. Hermione sorrise alla zia, nonostante l’oscurità e il freddo del negozio la misero un po’ a disagio. Zia Mary si fece avanti e abbracciò a sua volta la nipote, invitandola ad andare con lei nel retro della bottega per bere una tazza di the, mentre lo zio apponeva sulla porta il cartello con scritto ‘torno subito’, per poi raggiungerle al tavolo.

Il retrobottega era meglio illuminato del resto, ma il freddo non mancava. La zia mise a bollire l’acqua per il the mentre lo zio sospirava “Non che il cartello serva, di avventori se ne vedono a mala pena due a settimana, ma nel caso ne venissero …”
La frase sospirata dall’uomo aveva messo in allerta Hermione; a quanto pare gli affari non andavano molto bene e quindi non ci sarebbe stato posto per impiegarla lì. Aveva fatto quel viaggio inutilmente. Tuttavia si arrischiò a domandare per quale ragione non avessero poi molti clienti.
Fu la moglie a rispondere, disse che da quando avevano aperto quel grande magazzino che vendeva di tutto a prezzi stracciati la clientela aveva smesso di andare a comprare da loro perché spendevano meno dal loro dirimpettaio.
“Inferno dovevano chiamarlo, altro che Paradiso!” aggiunse lo zio, con la stessa aria austera che la ragazza gli aveva visto in volto poco prima quando fissava il negozio rivale.
Nel frattempo il the fu versato in tre tazze bianche con decori azzurri, poi la zia le chiese quale ragione l’avesse spinta ad arrivare fin nella capitale. Hermione prese un sorso dalla sua tazza, poi molto lentamente incominciò a parlare.
“Un anno fa, come ben sapete papà e mamma sono morti. Io ho conservato il mio impiego in quel negozio di mercerie, ma le mensilità dell’affitto sono aumentate e io non ho più potuto permettermi di pagarle. Così mi sono ricordata di quello che mi avevate detto al funerale, ovvero che sarei potuta venire a lavorare per voi, ho lasciato il paese e sono salita sul primo treno per la città” prese un altro sorso di the e osservò gli zii.
Lo zio, senza levare gli occhi dalla sua tazza rispose con voce greve “È passato molto tempo, Hermione. Le cose non vanno bene. Non ti cacceremo di casa, puoi starne certa, ma per quanto riguarda l’impiegarti da noi, credo che sia impossibile. Dovrai provare in qualche negozio qui nel quartiere. Ma permettimi di domandarti; perché non ti sei maritata? Avresti risolto i tuoi problemi”.
La ragazza proruppe in una risata gaia “Maritarmi? Oh, zio, che stramba idea la vostra! Non ho che appena compiuto diciassette anni. Inoltre credo che solo il vero amore,quello che risveglia le principesse da qualunque maleficio, mi spingerà tra le braccia di un uomo. Fino a quel giorno provvederò da me al mio mantenimento”.
La zia la guardò con approvazione, non avrebbe espresso la sua opinione ad alta voce, ma era chiaro che comprendeva la scelta della giovane. “Dunque non vuoi maritarti? E sia. Potrai restare a vivere qui finchè non deciderai di volere un posto nuovo. Per quanto riguarda il tuo impiego …” concesse Charles “ … al momento l’unico negozio che può permettersi di assumere e mantenere personale nel quartiere è il Paradiso, ma sono sicuro che ci saranno negozi migliori”.
La moglie si arrischiò a dire al marito che, per quanto loro fossero rivali, la giovane avrebbe sempre potuto presentarsi alla signora Minerva, la responsabile delle commesse, e se fosse stata assunta guadagnare e mettere da parte qualcosa per il suo futuro.
“E sia. Ma sappi” disse concitatamente rivolto alla ragazza “Sappi che quel posto è maledetto!” poi si alzò e abbandonò il tavolo per andare a vedere se fosse arrivato uno degli ormai rari clienti.

L’affermazione dello zio aveva lasciato la ragazza perplessa. Maledetto? Un posto meraviglio come quello come avrebbe potuto essere maledetto? “Quello che dice lo zio lo pensa tutto il quartiere. Il proprietario, il signor Malfoy, ha edificato il suo impero sul sangue della moglie” la zia si fermò, poi continuò “Ha solo trent’anni ed è già vedovo. Non che avesse bisogno di altri soldi, la famiglia Malfoy è una delle più ricche in città, ma sin dalla nascita del rampollo ne avevano combinato le nozze con una giovane di nobile origine, miss Daphne Greengrass, per assicurarsi le proprietà terriere che i conti Greengrass avevano in America. Il signor Malfoy è un grande stratega. Ha investito molti capitali nel suo magazzino e nel giro di pochi anni ha guadagnato il quadruplo di quanto impiegato. Poco prima che si ultimassero i lavori per rendere il Paradiso quello che tutti possono vedere oggi, miss Daphne aveva fatto visita al marito per vedere come stava cambiando il grande impero costruito dal suo consorte ed è precipitata da un’impalcatura” fissò la nipote e aggiunse “È un giovane uomo molto affascinante, ma è disposto a spingersi ai confini del lecito pur di ottenere ciò che vuole. Fa molta attenzione se verrai presa a servizio da lui” lo disse come se di lì a poco a precipitare nel vuoto sarebbe toccato ad Hermione.

“Cosa vi viene in mente, zia? Avete sentito quello che ho detto a proposito di maritarmi. Se avrò qualcosa a che fare con lui sarà solo ed esclusivamente perché sarà il mio padrone” la tranquillizzò lei.

Il pomeriggio trascorse senza visite, la loro porta restò chiusa, a differenza di quella del Paradiso, come aveva previsto lo zio Charles. Cenarono di nuovo nel retrobottega e lo zio volle sapere le intenzioni di Hermione per il suo futuro.
“Caro zio, se non vi do troppo dispiacere domattina vorrei presentarmi a quelli di faccia e chiedere se hanno un posto per me” rispose lei.
Lo zio, in risposta, fece un segno di assenso col capo prima di congedarsi per coricarsi.




Alle otto del mattino dopo stava in piedi fuori dal grande magazzino, in attesa che le porte venissero aperte agli avventori e poter così presentarsi alla signora Minerva.
Vide due uomini chiacchierare tra loro e avviarsi all’ingresso dei dipendenti: uno aveva la carnagione scura e gli occhi azzurri, l’altro, quello che aveva rapito la sua attenzione, era alto, magro, con degli occhi grigi e calcolatori, i capelli, sebbene fosse leggermente stempiato, erano di un biondo quasi innaturale. I suoi occhi incontrarono quelli dell’uomo, poi Hermione distolse subito lo sguardo, intimorita. Probabilmente erano dei commessi ritardatari.

Si girò quando qualcuno le picchiettò sulla spalla: un ragazzo di media statura, con i capelli neri e dei penetranti occhi verdi le rivolse la parola “Scusate signorina, per caso siete impiegata in questo negozio?” Hermione era pietrificata, per la prima volta un uomo sconosciuto le rivolgeva la parola e lei non sapeva come comportarsi, immediatamente arrossì. “È che vorrei vedere se ci fosse posto anche per me, ma non so a chi devo rivolgermi” e subitaneamente diventò rosso anche lui. Dunque anche il giovane sconosciuto era timido. Rincuorata da questa scoperta gli sorrise. “No, sono qui per il vostro stesso motivo.” Il ragazzo sorrise a sua volta “Piacere, io sono Harry Potter!” le tese la mano, con il viso della stessa tonalità di rosso di poco prima, “Oh, io mi chiamo Hermione Granger” rispose lei, strinse la mano del ragazzo per poi lasciarla subito dopo.


Le porte del Paradiso venivano aperte.









NOTE:


Ciao a tutti e grazie per essere giunti fin qui! :)

Come avrete capitolo dall'introduzione questa fanfic è un "alternative universe", ambientata in un'Inghilterra che vede nascere i primi grandi magazzini. Tra questi nella capitale spicca Il Paradiso delle signore, di proprietà del signor Malfoy, uno spregiudicato trentenne vedovo. 
Ovviamente ho cambiato questi piccoli dettagli (tipo le età).
Spero vi sia piaciuta questa mia idea e che vogliate farmi sapere cosa ve ne pare e se ne vale la pena di continuarla.

A presto, spero,

Catherine

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Capitolo 2
*** CAPITOLO II ***


CAPITOLO II





Ora capiva il perché di quel nome, quel magazzino era davvero il Paradiso!
Una volta aperte le porte, gli avventori che stavano sul marciapiede all’esterno, si erano rifugiati nelle sale interne ed Hermione e il giovane moro li seguirono.

La sua attenzione fu subito rapita dagli innumerevoli ombrellini colorati, molto simili a quelli esposti in vetrina. La curiosità prevalse sulla necessità di presentarsi, così si mise a girovagare per i locali.
Al centro del negozio si ergeva una ripida scala a chiocciola che portava al piano superiore, probabilmente la direzione.
Ad ogni angolo della sala era presente un reparto: mercerie, cappellini, abiti confezionati, ombrelli e addirittura saponi, profumi e tutto l’occorrente per la toilette.
Hermione non aveva mai visto tante meraviglie tutte accatastate assieme. Non riusciva a capacitarsi di come un solo negozio potesse vendere le più svariate cose. Le sovvenne che probabilmente la qualità dei prodotti era mediocre, ma si dovette ricredere quando tastò con mano un foulard di <<pura seta Paradiso>>, così diceva il cartellino: un’esclusiva prodotta direttamente a Parigi per il grande magazzino londinese.

Sebbene fosse povera e insignificante rispetto alla magnificenza del locale, il modo in cui i commessi le si rivolgevano la fecero arrossire, tanto si sentiva una regina.
Il signor Malfoy sicuramente sapeva come ammaliare le donne e cosa esse cercassero nei loro giri per negozi.
Poi una donna fasciata in un semplice abito verde smeraldo e dal cipiglio severo, con i capelli castani e spruzzati di grigio raccolti in una crocchia, le passò accanto catturando tutta la sua attenzione. Aveva un’aria di responsabilità, come se fosse molto in alto lì dentro. Si diresse con passo sicuro e sguardo fiero alla sezione delle ‘confezioni’ e subito le ragazze addette a servire al banco scattarono sull’attenti. Dunque quella doveva essere la signora Minerva. Ma meglio averne conferma.

“Desiderate vedere dei guanti di seta per le vostre minuscole manine, signorina?” Un commesso dai capelli rossi e il viso spruzzato di lentiggini le rivolse la parola. Anch’egli indossava un’uniforme composta da una giacca dello stesso verde smeraldo dell’abito della donna e dei pantaloni grigi.
“Oh no, vi ringrazio. Non mi servono” bisbigliò imbarazzatissima. Non voleva essere scortese, ma anche volendo, non avrebbe potuto comprare nulla: non aveva denaro con sé, aveva speso tutto per il biglietto della locomotiva.
“Posso aiutarvi in qualche modo?” le domandò allora quello.
“Sì. Cerco la signora Minerva, la responsabile del reparto confezioni. Sapete dove posso trovarla?” il rosso le aveva dato le indicazioni necessarie, poi si era fatto composto immediatamente; un brusio pervase per la sala: il padrone stava iniziando il suo giro di perlustrazione.

Seguendo le indicazioni datele dal commesso si avviò alla sezione degli abiti confezionati, cercando di controllarsi e di presentarsi al meglio alla donna che avrebbe potuto decidere per il suo futuro.
I suoi vecchi e logori stivaletti di certo non l’avrebbero aiutata a fare una buona impressione, ma non ne aveva di migliori.
Si sentiva insicura, sebbene avesse esperienza nella vendita. Il Paradiso la intimidiva. Non si sentiva all’altezza del posto, dello charme che sfoggiavano le sezioni e della spontaneità con cui commesse e commessi si rivolgevano agli avventori. Timida com’era non sarebbe riuscita ad essere così spontanea con dei perfetti sconosciuti. Per tranquillizzarsi pensò che la signora Minerva poteva essere sua zia. Bastava essere spontanea e sveglia e probabilmente l’avrebbe mandata a chiamare. In un posto così il personale non sarebbe mai stato abbastanza.

Giunse alla soglia del reparto e osservò l’affaccendarsi delle ragazze tra un banco e un altro, mostrando questo o quell’abito alle clienti. Hermione cercava con gli occhi la responsabile del reparto, quando una ragazza dai lunghi capelli rossi identici a quelli del commesso che l’aveva aiutata la urtò. “Vi chiedo scusa signorina, non vi avevo visto. Posso fare qualcosa per voi?” domandò premurosamente.
“Vorrei parlare con la signora Minerva, mi piacerebbe chiederle se potesse considerare di prendermi a servizio” le rispose Hermione, facendole un lieve sorriso.
Una delle ragazze la guardò e sbuffò sarcasticamente “Non ci servono spaventapasseri qui”, per poi girarsi a riderne con le altre.
“Signorina Lavanda, invece di chiacchierare con le colleghe si sbrighi a mostrare alla duchessa Maxime quelle mantelle da viaggio che ci sono arrivate ieri. E lei signorina Ginevra, sta perdendo tempo prezioso. Nei grandi magazzini non ci servono perditempo; pieghi gli abiti su quel bancone e li sistemi!” la donna fasciata dall’abito verde aveva riportato l’ordine nella sezione. “Voi signorina cercate qualcosa di particolare? Lasciate che vi aiuti” si era rivolta ad Hermione con un tono di voce dolce ma sbrigativo di chi è abituato a darsi da fare.

E così era sicura che quella fosse la signora Minerva. Dunque ecco colei che avrebbe dovuto incontrare. Prese un bel respiro e rispose.
“Mi chiamo Hermione, Hermione Granger. Sono arrivata in città solo ieri nella tarda mattinata. Sono venuta in cerca di lavoro e mi è stato detto che qui avete molto personale, ma che ne assumete sovente di nuovo” la ragazza si arrischiò a fare un sorriso in direzione della direttrice.
La donna non smise il suo cipiglio severo e osservandola attentamente le domandò per quale ragione pensasse di essere idonea per lavorare lì.
“Per un anno ho lavorato in un negozio di mercerie del mio paese, servivo ai banchi e facevo anche gli inventari” rispose cercando di essere il più precisa possibile, non lasciando trasparire il nervosismo che provava.

“Questo non è un negozio di mercerie. Tantomeno un negozio di paese, signorina. Il nostro personale è qualificato e in grado di provvedere alle più disparate esigenze della clientela. È forse convinta che poiché siamo un grande magazzino non ci curiamo della qualità? Effettuiamo una massima selezione sulle materie prime impiegate e sui prodotti finiti che acquistiamo. La stessa cosa vale per i dipendenti” rivolse in quel momento uno sguardo più accurato all’abito e alle scarpe di Hermione, poi fece un profondo sospiro, come se avesse constatato solo allora in che stato di miseria si trovasse. “Prenderò nota del vostro nome sul registro del personale, ma badate che non siete l’unica ad aver fatto domanda nell’ultimo mese. Dunque Dolores, questo registro?” domandò piuttosto seccata ad una donna bassetta con i capelli cotonati e un volto da rospo.
Dolores stava guardando sotto ai banchi senza però trovare nulla. Si lamentò del disordine che imperversava nella sezione e di quanto le giovani commesse prestassero poca attenzione a questi dettagli,quando ad un certo punto si acquietò e la signora Minerva la lasciò sola.

I due uomini che Hermione aveva visto arrivare in ritardo quella mattina stavano facendo il loro ingresso nella sezione. Di nuovo la ragazza rimase ammirata dal fascino del biondo. Aveva i chiari capelli impomati all’indietro e i suoi occhi grigi osservarono con attenzione tutto quello che stava avvenendo.
“Signora Minerva, vedo che i nuovi mantelli da viaggio stanno attirando molte attenzioni. Quanti ne sono stati venduti fin ora?” si era avvicinato alla caporeparto. La donna molto educatamente e senza dare troppo nell’occhio rispose che ne erano già stati venduti cinque.
La donna bassetta e con la faccia da rospo si avvicinò in quel momento alla direttrice, stringendo tra le mani un gruppo quaderno con la copertina marrone e rigida. Fece una piccola riverenza ai due uomini e si allontanò.
“Il registro del personale? Ancora?” era stato l’uomo moro a parlare. “Non mi direte che è per quella ragazza che se ne sta tutta in disparte sperando di sparire. Non la chiameremo mai. È una cattiveria bella e buona la vostra” e in quel momento il biondo, che Hermione aveva finalmente inquadrato come il padrone, si volse a guardarla.

La ragazza si stava torturando le mani, non abituata com’era a stare al centro dell’attenzione.
“Dunque siete in cerca di un impiego. Come vi chiamate signorina?” si signor Malfoy fece qualche passo nella sua direzione e continuò ad esaminarla attentamente.
“Hermione. Hermione Granger, signore” riuscì a rispondere prima di distogliere lo sguardo.
“Granger? Per caso è la nipote di Charles, il mio dirimpettaio?” la ragazza annuì e l’uomo continuò “È vostro zio che vi manda da me? Lui chiede che veniate impiegata al Paradiso?” il volto impassibile, solo una nota nella voce a tradire la curiosità.
“No signore, mio zio è perfettamente contrario. Ma io ho necessità di lavorare e sono giunta fin qui apposta. Purtroppo mio zio non può permettersi di prendermi con loro e poiché il vostro sembra essere l'unico negozio del quartiere ad avere ancora degli avventori sono venuta a cercare qui” la giovane si arrischiò a dire.

“Non sono una bestia come vostro zio pensa. Signora Minerva, posate quel registro” si era già avviato all'uscita del reparto quando si volse e aggiunse “Presentatevi domattina alle otto. Inizierete la vostra prova al Paradiso.” 








NOTE AL CAPITOLO:

Sono tornata :D

Per prima cosa vorrei dire grazie a chi ha letto e recensito lo scorso capitolo, mi ha fatto molto piacere! Vorrei inoltre ringraziare tutti i "lettori silenziosi" che hanno letto il capitolo senza commentare.

Tornando al capitolo odierno, finalmente Hermione mette piede nel Paradiso e sebbene per pochissimo tempo, vede e parla con il padrone, il misterioso signor Malfoy, senza il cui intervento la domanda di impiego della ragazza sarebbe probabilmente finita nel dimenticatoio.
Spero vogliate farmi sapere che ne pensate anche questa volta!


A presto! :*

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