caffè, colori e tabacco.

di httpjohnlock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** gray; ***
Capitolo 2: *** two; ***
Capitolo 3: *** white; ***
Capitolo 4: *** yellow; ***
Capitolo 5: *** red; ***
Capitolo 6: *** black. ***



Capitolo 1
*** gray; ***


                                         
 

caffè, colori e tabacco.




 

14 aprile 2014
Caro Marco,
ricordi il sedici ottobre 2013?
Ero seduto sul divano del mio appartamento milanese, col pc sulle gambe, impegnato nella videochiamata con Andy quando il suono fastidioso del campanello mi vibrò nelle orecchie.
Salutai il mio compagno per poi chiudere Skype e dirigermi verso la porta.
Quando la aprii non trovai nessuno. Mi guardai intorno, ma niente.
Non ebbi il tempo di fare più di tre passi che il campanello suonò.
Abbassai la maniglia e di nuovo nessuno.
Sbuffai scocciato.
Due minuti dopo e quel suono si fece vivo.
Aprii la porta ma questa volta esclamai arrabbiato: “Chi merda è?” ma mi tranquillizzai subito.
“Ah, Marco, sei tu.” Sorrisi imbarazzato.
Vidi le tue mani tremare leggermente e i tuoi occhi sviare i miei.
Capii di averti spaventato e voletti sbattere la testa contro il muro.
Perdonami, Marco.
Non ti chiesi se fossi stato tu a bussare tre volte, ma la risposta la sapevo già.
Ti feci entrare e accomodare sul divano.
“Vuoi bere? Mangiare?” Tu in risposta scuotesti la testa per poi poggiare l'indice sulle labbra come se fossi indeciso su qualcosa.
Ci trovammo l'uno di fronte l'altro e mentre tu guardavi il tappeto io guardavo te.
Eri così bello.
Sussultai quando improvvisamente alzasti lo sguardo e lo puntasti poco sopra il mio naso.
Perché non mi guardi mai negli occhi?
Ti avvicinasti al mio viso e trattenesti il fiato.
La tua felpa blu non odorava di tabacco come al suo solito. Lo sai che non mi piace.
Pensai che stessi per baciarmi.
Ma non lo facesti.
Ti alzasti di scatto e corresti fuori casa.
Urlai il tuo nome, ma non tornasti indietro.
 
Quel giorno eri il grigio.

 
«Il grigio è il colore della nebbia, dell'ombra e del crepuscolo, dell'eleganza
e della distinzione. Indica incertezza, sensibilità e mancanza d'autostima.»

 
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Buoooonsalve!
Qualche giorno fa, stavo canticchiando "20 sigarette" tra me e me,
quando come boh, per magia? Mi son venute in mente delle frasi, poi una
serie di situazioni, una trama, e ho deciso di buttare giù in modo confusionario
tutte queste idee.
E così è nata questa ff ovviamente sui mirco bc sì.
L'ho pubblicata su Wattpad (
tizianosbeat - auto pubblicizzarsi, lo stai facendo nel
modo giusto) ma boh, ho deciso di pubblicarla anche qui
sperando di avere dei pareri, anche perché non ho mai scritto
una cosa così.

Quiiindi fatemi sapere cosa ne pensate eee
alla prossima e buona fortuna a tutti quelli sotto esame.
Bascioni

 

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Capitolo 2
*** two; ***


                                         
 




 

16 aprile 2014
Caro Marco,
una settimana dopo quel giorno ritornasti da me, ricordi?
Suonasti di nuovo tre volte il campanello prima di farti vedere.
Ti feci di nuovo accomodare sul divano e chiesto se avessi fame o sete, ma tu scuotesti di nuovo la testa.
Quella volta parlammo.
Parlammo dei bootcamp di X Factor, delle tue idee per il nuovo album, ma non sembrasti molto partecipe alla conversazione.
Le tue pupille si muovevano freneticamente in tutte le direzioni.
Tranne nella mia.
Stavamo parlando di quando quella mattina Melachi fece i suoi bisognini sul balcone puntando sulla testa di un'anziana, quando tu avvicinasti il viso al mio.
Pensai mi volessi baciare.
E quella volta lo facesti.
Premesti forte le tue labbra sulle mie che mi sembrò quasi come se tu ne avessi bisogno.
Mi scoppiò il cuore in gola.
Ti ho sempre detto di amare le tue labbra: morbide, fresche, con un retrogusto di menta.
Sorridesti sulle mie mi venne voglia di approfondire il bacio e non starmene lì fermo come un vegetale.
Mi venne voglia di intrecciare le mie dita tra i tuoi capelli arruffati e stringerti tra le mie braccia.
Ma non lo feci.
Tu separasti le labbra dalle mie e corresti fuori casa.
Non urlai il tuo nome.
Non tornasti indietro.
Perdonami, Marco.

Quel giorno eri tutto.
Quel giorno eri niente.


 
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Eeeeccomi con il capitolo nuovo!
Inizio col ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo,
messo la storia nelle seguite/preferite e chi legge in silenzio.

Spero questo capitolo vi piaccia bc a me non convince molto ew.

Alla prossima!

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Capitolo 3
*** white; ***


                                            




 

23 aprile 2014
Da quel giorno, ogni fottutissima settimana attendevo i tre suoni del citofono, ma non arrivarono.
Andy continuò a chiedermi cosa avessi, il perché sembrassi sempre su un altro pianeta.
«I'm tired» Bugia.
La verità era che mi mancava il sapore delle tue labbra, i tuoi occhi color cioccolato che tanto mi facevano e mi fanno tutt'ora dare di matto.
Mi mancava osservarti.
Mancavi tu.
Ti sognai di notte e di giorno svegliandomi col bisogno sfrenato di averti accanto.
Una notte, passeggiando, mi trovai in una una stradina buia e desolata; un lampione in lontananza e qualche panchina sgangherata.
Persi un battito quando ti vidi seduto su una panchina con la compagnia della tua solita sigaretta tra l'indice e il medio.
L'acqua picchiettava sull'asfalto e sulle tue spalle, ma a te sembrò non importare.
O forse neanche te ne accorgesti, tanto preso ad osservare il manto scuro sopra la tua testa.
«Marco» Da dietro la panchina non vidi la tua espressione, ma da un lieve rumore capii che la sigaretta si era schiantata sull'asfalto.
«M-Michael?» Pronunciasti il mio nome con un sussurro. Neanche ti girasti.
«Così pare. Che tu fai qua?»
«Potrei farti la stessa domanda.»
Immobile.
«Passavo di qui. Tu?»
«Passavo di qui.»
Distaccato.
Sussultasti.
«Sta pioggiando. Tu sa?»
«Sì.»
«Perché non vai a casa?»
«Non mi va.»
«Marco, listen, io...»
«No, ascolta tu.» Ti alzasti improvvisamente, «Quel b-bacio è stato uno sbaglio, okay? Io n-non volevo farlo. Non sono g-gay... io, io n-non sono come te.»
Lo sguardo a terra, la voce tormentata.
«Guarda me negli occhi. Dimmi che non tu no ha provato niente e io te giura che vado via.» Il mio cuore batté ad un ritmo insostenibile.
Sembrasti una bomba in procinto di esplodere.
Intrappolasti il tuo labbro inferiore tra gli incisivi e dopo qualche secondo puntasti i tuoi occhi nei miei.
«Non... non ho provato niente.»
Krack.
Il mio cuore si frantumò in mille pezzettini.
Tutto d'un tratto.
Krack.
«Goodbye, Marco.» Infilai le mani nelle tasche del giubbino azzurro e mi allontanai.
Faceva schifo.
Tutto quello faceva schifo.
“Ora dimentico la sua voce, i suoi occhi, le sue labbra. Ora lo dimentico. Dimentico tutto ciò che provo per lui e da uomo di merda quale sono vado da Andy.” Fu questo ciò che pensai. Ma qualche minuto dopo questi pensieri vennero cancellati.
Il sapore della tua bocca mi fotteva il cervello ogni volta.
Abbracciai le tue labbra con le mie in un tocco estremamente dolce ma contemporaneamente frenetico, come la velocità dei nostri battiti.
Le gocce di pioggia che scorrevano, gli schiocchi dei nostri baci e il fruscio degli alberi componevano la melodia più perfetta che potesse esistere.
Sussultasti varie volte, così allontanai le labbra dalle tue e ti sfregai i palmi delle mani sulle spalle.
«Ho paura.» Confessasti dopo attimi di silenzio.
«Di cosa?»
«Di quello che provo.»
«Tu no deve avere paura. Io te insegnarà ad amarmi. No importa se siamo due uomini. “Si può amare tutti, l'importantanza è che si ama davero” l'hai detto tu, no? E... e io ti amo.» Alzasti di colpo la testa, guardandomi con occhi spalancati e increduli.
«Voglio baciarti ancora.»
«Viene a casa mia. Please.»

Quel giorno eri il bianco.

 

 

«Il bianco simboleggia il confine che segna l’inizio della fase vitale.
Esprime speranza per il futuro, fiducia nel prossimo e nel mondo in genere.»

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Capitolo 4
*** yellow; ***


                                            




 

29 aprile 2014
Con te sarei potuto andare ovunque.
Con te avrei affrontato le fiamme dell'Inferno.
Il tuo amore mi portava in alto e mi faceva cadere e girare la testa.
Mentre ridevo osservavo la tua risata genuina, con i denti bianchi e gli occhi serrati e il capo all'indietro.
Mi piaceva.
Mi faceva ridere.
Fuori il nostro piccolo nido il tempo era sereno, la luce accecante del sole, il cielo chiaro.
Dentro era ancora meglio.
«Non voglio andare fuori. Voglio stare qui con te.» E ti aggrappasti al mio petto intrecciando una gamba alla mia.
La posizione non era una delle più comode considerando che sotto di noi c'era una poltroncina beige.
«Come siamo romantici, oggi» dissi ridacchiando.
«Aho, io so' sempre romantico!»
«Oh, sure, come quela volta che tu mi ha portato una cake schiaciata con dei belisimi fiori mosci!» Mi guardasti con un'espressione offesa quanto comica e rotolasti, letteralmente, giù dal mio corpo.
«Dove vai, romanticone di mio cuore?»
«Via da chi non mi apprezza.» Risi.
«Eddaaaaai»
«No»
La scena fu esilarante.
Tu con le braccia incrociate e un'espressione vagamente imbronciata dipinta sul volto che camminavi a passo spedito intorno al tavolo della cucina.
Io che cercando di non ridere come una foca, ti inseguivo... e Melachi sul tavolo di legno ad osservarci.
Le tre Marie.
«Per favora, è cinque minute che cammini!»
«Non ti regalerò più nulla.» e ti fermasti.
«Sssh»
Ti afferrai per i fianchi e cercai le tue labbra −in quel momento serrate −, con le mie.
Sorrisi.
Ti mordicchiai il labbro inferiore e finalmente ebbi il privilegio di sentire il tuo sapore.
Poggiasti una mano sul mio petto e il calore del palmo mi fece rabbrividire.
Che contraddizione, no?
Mi spingesti fino ad incontrare lo schienale del divano, sul quale ci lanciammo senza troppe cerimonie.
«E comunque, quela torta no faceva così schifo.»
Ridesti e mi baciasti.

Ti ho visto in televisione, l'altro giorno.
L'intervistatrice ha detto qualcosa che non ho saputo decifrare, ma evidentemente era divertente perché la tua risata fragorosa è risuonata nel salotto.
Mi piace.
Mi fa ridere.

Quel giorno eri il giallo.

 

 

«Il giallo è il colore del sole, dell'oro, dell’allegria, della felicità e della fantasia.»

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Buooonsalve gentaglia bellissimaaaa
No, non sono morto.
O meglio, non ancora dato che ho un mal di testa atroce.
Anyway, mi spiace per il ritardo ma l'ispirazione ogni tanto parte, torna e fa più cagare di prima.

Buona notizia: sto scrivendo una os/flashfic mircosa ma non so dove e se la posterò.
Intanto,  BUONA VITA E ALLA PROSSIMAAAAaaaaAAAA

 

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Capitolo 5
*** red; ***


                                          



 
4 maggio 2014
Un giorno venni a casa tua.
Era molto piccola ma mi è sempre andata più che bene. In fondo, a che servirebbe una lussuosa villa quando al suo interno c'è solo un uomo perso tra la compagnia illusoria di tappeti e mobili pregiati?
Quando apristi la porta capii dalla tua espressione che io ero l'ultima persona che ti saresti aspettato una gelida sera.
«Stavo a cantà in bagno» fu la prima cosa che mi dicesti, con un mezzo sorriso.
«Nel bagno?»
«Sì, c'è un'acustica pazzesca!»
Scossi la testa ridacchiando e una goccia d'acqua, dall'alto, cadde come una cascata sulla punta del mio naso.
«Continuiamo a parlare qua fuori soto la piogia o mi fai entrare?» ti domandai sorridendo.
«Sì, sì, certo.»
Entrai e diedi uno sguardo alla stanza: pareti bianche con delle foto e disegni attaccati, una tastiera su un divano beige a tre posti, un computer, un tavolino basso, fogli e matite sparsi un po' ovunque, odore di biscotti appena sfornati.
«Tu ha cucinato cookies?»
«Beh, sì. È la prima volta. Ne avevo voglia e me so' fatto dare la ridetta dalla mia manager. Vuoi provarli?» Vedendo lo sguardo speranzoso che assumesti, nessuno avrebbe potuto dirti di no, così, dopo la mia risposta, corresti nella prima stanza a sinistra.
Proprio un bambino.
«Marco, sorry, dove metto mio cappio?»
«Cap-che?»
«Sì, how se dice?» Alle mie orecchie arrivò immediatamente il suono della tua risata cristallina.
«Cappotto, Michael.»
«Yes!»
«Aspetta, vengo io.»  
Tornasti nel salotto e afferrasti distrattamente un bottone della mia giacca blu, facendolo uscire dall'asola.
Come se ti fossi appena accorto del tuo gesto, posasti incredulo lo sguardo sulle tue dita.
Presi il tuo polso destro e baciai lievemente, ad occhi chiusi, il suo interno.
La tua vita.
Fremesti.
Poi racchiusi le tue mani tra le mie e le misi sull'indumento, aiutandoti a sbottonarlo.
Dai tuoi polpastrelli trapelava come un desiderio a lungo custodito.
Alzasti la testa, fino a quel momento abbassata, e fissandomi le labbra mi chiedesti: «T-tu non sei fidanzato, vero?»
Non potevo dirti la verità.
Ti avrei ferito, mi avresti odiato.
Se ti avessi mentito avrei odiato me stesso.
Credo che la mia risposta ti piacque dato che stendesti le labbra in un sorriso luminoso, incastrandole tra le mie.
Sapore di errore, sapore di libertà.
Sapore di mozzicone di sigaretta, di biscotti, di canzoni scritte e mai dedicate.
Sapore d'amore.
Cercai alla cieca una superficie su cui mettere via il cappotto e fortunatamente la trovai presto.
Preferii dirti una bugia.

Qualche minuto dopo il freddo e i biscotti furono solo un ricordo.
Il tuo corpo era bollente sopra il mio e le mie papille gustative desideravano solo il sapore paradisiaco della tua bocca.
Le tue dita tremavano di incertezza vagando a lungo sulla mia pelle facendomi rabbrividire.
«Michael»
«S-sì?»
«Sei il primo.»
I tuoi occhi nei miei per la prima volta.
Il mio respiro mozzato.
La prima spinta.
Perdonami, Marco.

Quel giorno eri il rosso.

 

 

«Il rosso è il colore del cuore e dell'amore, del dinamismo e della vitalità,
della passione e della sensualità, dell'autorità e della fierezza,
della forza e della sicurezza, della fiducia nelle proprie forze e capacità.
È il colore del fuoco, del sangue, degli slanci vitali e dell'azione.»



 

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Capitolo 6
*** black. ***


                  



4 maggio 2014
Spazzasti via ogni traccia di dolore.
Come un uragano, una droga.
E te lo scrissi, in quel dannato biglietto.
Ma un uragano, portandosi disastri e frammenti di vite, dopo un po' termina e l'effetto della droga passa, e allora veniamo costretti a ricominciare a vivere, a tornare.

Mi rivestii sforzandomi di non indirizzare le pupille sulla tua figura sdraiata, ma presto mandai tutto al diavolo.
Mi avvicinai al letto ad una piazza, disfatto e disordinato, con le lenzuola impresse del nostro amore, e ti lasciai un lieve bacio sulla fronte liscia. Poi infilai una mano tra i tuoi capelli ma immediatamente la ritrassi.
Ogni fotogramma di noi entrò bruscamente nella mia mente facendomi sentire ogni millimetro del corpo, in fiamme.
Corsi in cucina cercando un posto dove mettere quel foglio spiegazzato.
Non volevo lo leggessi, non volevo mettere un punto a tutto questo, ma mi parve l'unica soluzione.
Sul tavolo quadrato c'era una macchinetta del caffè e in un piatto bianco decorato con dei gufetti rossi, dalla forma vagamente tonda, grandi quanto metà palmo e dal colorito nocciola, i biscotti che avrei dovuto assaggiare la sera precedente.
Indeciso, ne presi uno e lo addentai.
Dopo qualche secondo, aprii un'anta e trovai due barattoli opachi; c'era uno dal coperchio verde scolorito che aveva un'etichetta con scritto a mano “sale” e un altro dal coperchio blu con la stessa etichetta e scritta.
Feci un sorriso velato di amarezza, misi il biglietto accanto alla caffettiera e me ne andai con ancora il tuo profumo sulla pelle.
Andy mi aspettava a Londra.

Capii troppo tardi che la soluzione c'era, ed era quel fottuto uragano.
Potevamo giocarci il cuore e rischiare, come dice la tua canzone, ma preferii lasciarmi odiare da te, con la speranza che tu riuscissi a dimenticarmi.
Che io riuscissi a dimenticarti.
Dimenticarci.
Perdonami, Marco.

«Ps. attenzione alle etichette dei barattoli.
Ti amo.»


Quel giorno tutto era nero.
L'assenza dei colori, l'assenza di te.
Nero come la pece, il carbone.
Nero come il panorama del mare di notte.
Nero come il vuoto, l'indifferenza, un addio, un'assenza.
Nero, come l'assenza di te.


 

«Il nero è il colore del buio, della morte, del male
e del mistero, ci parla del vuoto e del caos.
Rappresenta il confine che segna la conclusione della fase vitale.»


 

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Eccoci arrivati alla fine di questa cosa un po' boh, strana.
Spero davvero che vi sia piaciuta, anche se non ho avuto molte recensioni ew.
Grazie a chi mi ha dato il proprio parere, a chi l'ha letta in silenzio, a chi è piaciuta e a chi ha fatto cagare.
A presto! :)

tizianosbeat

 

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