Head

di ciabysan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Testa ***
Capitolo 2: *** Appuntamento romantico ***
Capitolo 3: *** Una Persona Sgradita ***
Capitolo 4: *** Urlo Trafitto Dall'Oscurità ***
Capitolo 5: *** Perdita ***
Capitolo 6: *** Vittime ***
Capitolo 7: *** Interrogatorio ***
Capitolo 8: *** Visita Medica ***
Capitolo 9: *** Terrore In Ascensore ***
Capitolo 10: *** Aiuto Reciproco ***
Capitolo 11: *** Il Terrore Corre Sul Filo ***
Capitolo 12: *** L'Archivio ***
Capitolo 13: *** L'Incubo ***
Capitolo 14: *** Il Diario Di Joy ***
Capitolo 15: *** Voce Strappata ***
Capitolo 16: *** La Morte In Diretta ***
Capitolo 17: *** Vomito ***
Capitolo 18: *** Un Passato Che Ritorna ***
Capitolo 19: *** Sorella ***



Capitolo 1
*** La Testa ***


HEAD

HEAD

Visto che su efpfanfic ho pubblicato “Head” senza html ho deciso di farlo ora inserendo il codice, in modo che la lettura possa essere più piacevole :D

 

Era una giornata di primavera piuttosto soleggiata quando l'orrore cominciò a colpire lentamente chiunque ne venisse a contatto. I raggi del sole filtravano attraverso il vetro opaco della stanza di Kobayashi.

Kobayashi era un uomo sulla trentina, ma che dimostrava almeno dieci anni in meno. Nessun segno d'età pareva colpirlo sul volto: faceva regolarmente palestra, era vegetariano e quando aveva un momento libero non disdegnava di fare qualche addominale o una corsetta intorno casa.

Nonostante la sua bellezza fisica, però, non era mai riuscito ad avere una ragazza fissa, forse per il suo pessimo carattere e per la sua ambizione libertina.

La sveglia sul comodino sengnava le 10.43, non appena aprì gli occhi, scaldati dal sole tiepido. Si stropicciò gli occhi. Davanti a lui la camera gli appariva appannata e straziante.

Cercò a tastoni qualcosa da mettersi, dall'armadio e si vestì a casaccio. Una maglietta grigia a maniche lunghe e un paio di jeans scoloriti. Piedi nudi. Il pavimento era freddo sotto i suoi polpastrelli. Sembrava che qualcuno ci avesse alitato sopra con un sospiro glaciale.
Kobayashi sarebbe dovuto uscire con alcune ragazzine del liceo che aveva incontrato in un karaoke al centro di Tokyo. È bastato dire un "hey! Ragazze!" e loro sono cadute subito ai suoi piedi a causa del suo prorompente fisico. Sarà anche rozzo, ma Kobayashi sapeva certamente sfruttare le sue armi di seduzione. Il luogo dell'incontro? Un vecchio cinema a luci rosse in periferia, dopotutto lui aveva 29 anni, sarebbe stato come l'accompagnatore per le minorenni, se non un ipotetico genitore molto precoce.

Ancora con la stanchezza sulle spalle, il ragazzo si avviò verso la cucina dove si versò un bicchiere di latte.

Una fontana di bianco candore che riempiva un corpo vuoto di solitudine e vetro. Lo prese e andò in soggiorno, dove accese il televisore.

Una suadente ragazza stava leggendo con un sorriso ambiguo le notizie del giorno. Lo sguardo di Kobayashi si perse dove la scollatura dell'abito rosso si faceva più biricchina.

"Ed eccoci ad un'altra notizia agghiacciante, con la vostra Mitsuko Nomura, sempre pronta a tenervi in perfetto aggiornamento con le novità in Giappone e nel mondo intero. Questa mattina è stato ritrovato a pochi metri da Tokyo, sui binari del treno il corpo di una giovane ragazza. Si chiamava Joy Barker e avrebbe dovuto compiere ventidue anni tra soli tre mesi. Il corpo è stato ritrovato con diversi tagli e con la testa nettamente amputata. L'identificazione ci è stata permessa grazie ad un singolare tatuaggio che la ragazza portava appena sotto l'ombelico" un breve flash mostrò una fotografia della ragazza quando era ancora in vita: bella, sorridente e in salute. I capelli neri le cadevano sulle spalle con grazia e sensualità. Gli occhi a mandorla profondi e bellissimi sarebbero riusciti a sedurre chiunque. "Nessuna traccia della testa è stata ritrovata, nemmeno sotto il treno che l'ha travolta. Sembra sia scomparsa misteriosamente. Il corpo è stato ritrovato dal macchinista Suneo Sugimoto, che è riuscito malapena a scorgere il cadavere sulle rotaie, ma che non ha potuto evitare il brusco impatto. A quanto il nostro testimone ha ammesso, la testa è stata mutilata proprio a causa dell'impatto con il treno."
Kobayashi prese in mano il bicchiere e ne bevve il contenuto.

"Questi cazzoni di sbirri!" esclamò il ragazzo "Cercano sempre di trovare qualcosa di soprannaturale dietro la morte di una puttanella qualsiasi. Chi li capisce è bravo!"

Un rumore sordo proveniente dalla camera da letto lo fece sussultare.

Dei brividi gli cosparsero la schiena, salendogli fino in cima e odorare il terrore che provava in quel momento. Era solo un piccolo rumore, eppure, Kobayashi ne era terrorizzato. Lui che era così coraggioso, così bellissimo. Lui che non era il tipo da spaventarsi facilmente. Si vergognò e fece finta che quel rumore non ci fosse mai stato.

Cambiò canale e si concentrò su una puntata piuttosto idiota dei Teletubbies, quando un rumore ancora più sordo e acuto lo fece sobbalzare dal divano. Aveva il cuore in gola e batteva all'impazzata.

La paura era così forte, che il respiro veniva a mancare.

Volle andare a vedere.

Era sicuro che c'era qualcuno in quella casa, qualcuno che non sarebbe dovuto esserci. Sotto i suoi passi, il parquet scricchiolava e sembrava quasi una macabra colonna sonora, il tema reggente di quella strana atmosfera che aveva pervaso l'abitazione. Più avanzava verso la stanza maledetta e più il senso di inquietudine cresceva, cresceva sempre di più, trasportando il ragazzo in una spirale senza fondo. Prima di raggiungere la porta con il terrore nel corpo, Kobayashi decise di armarsi di coltello per consolarsi, ma non riusciva ad allontanare il senso di panico.

Terrore che cresceva. Una danza macabra di brividi che facevano di Kobayashi uno schiavo dei sensi.

Avvicinò la mano alla porta socchiusa e spinse.

"C-c-c-è qualcuno?" balbettò l'uomo con un flebile sospiro.
Sullo schermo del televisore, intanto, i Teletubbies erano scomparsi, ora era riapparso il telegiornale, che dava ulteriori notizie su quella morte misteriosa.

Il terrore lo possedeva, non gli lasciava scampo.
Qualcuno gli alitò sul collo. Kobayashi si voltò ma non vide nessuno.

Accorse in soggiorno, ma non vide nessuno.

"Forse i miei sensi mi stanno ingannando" pensò stupidamente il ragazzo, che si affondò sul divano a sfogliare una rivista, dopo aver spento la televisione e dopo aver appoggiato il coltello sul tavolino accanto al divano.

Un tavolino, di gran classe, di legno lavorato a mano. Bastava avvicinare il naso alla sua superficie per incontrarne un odore vintage, accogliente. Come il passato.
Riuscì a riprendersi dallo schock iniziale, ma quando una voce sembrò sussurrargli all'orecchio qualcosa di criptico ed inquietante, la sua tranquillità andò a farsi fottere.

Ormai era perso. Si voltò verso il tavolino, ma il coltello era già scomparso.

Ed ecco che il terrore ritornò ad indossare i vestiti del panico.

La tv si riaccese su quell'odioso telegiornale.

Kobayashi mise le mani tra i capelli ed iniziò a gridare, quando una mano lo afferrò per una spalla.

Scattò in piedi, con il cuore che batteva come una pompa. La sua ugola liberava rantoli, gemiti, lamenti.

Raggiunse la porta di ingresso, ma nulla da fare: era chiusa. Le chiavi erano scomparse. Cercò di sfondare la porta, ma qualcosa gli bloccò inesorabilmente il piede. Era qualcosa di viscido, che emetteva strani rumori e scricchiolii.

Abbassò lo sguardo, mentre la pelle cominciava a farsi fredda. I brividi la attraversarono e la squarciavano di paura.

Una lunga chioma di capelli neri gli teneva stretta la caviglia. Kobayashi era in trappola.

Si voltò con lentezza, con il volto segnato dal brivido: quei capelli provenivano dalla misteriosa testa mozzata della ragazza del telegiornale. Era in casa sua e dietro di se si trascinava una scia di sangue.

Ciò che restò di Kobayashi fu solo un urlo soffocato dalla morte.

 

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Capitolo 2
*** Appuntamento romantico ***


(APPUNTO: LA PROTAGONISTA PARLA IN PRIMA PERSONA ED è UNA DONNA

(APPUNTO: LA PROTAGONISTA PARLA IN PRIMA PERSONA ED è UNA DONNA. MA L’AUTORE NO, QUINDI NON DATEMI DELLA DONNA :D GRAZIE…)

 

Seduta a braccia conserte, con la testa nel centro del limbo di braccia divagavo in solitudine sui progetti del pomeriggio, quando Yoko mi chiamò con un cenno. Era la pausa pranzo e gli onigiri che mi ero preparata quella stessa mattina lasciavano a desiderare: emanavano un cattivo odore. Diciamocelo pure: io e i fornelli non siamo affatto in simbiosi.

Seguii la mia amica che stava per andare in bagno. Come ogni giorno ci rinchiudevamo in bagno alla pausa pranzo e ci rifacevamo il trucco.

Ero nel banco da parte alla finestra e ogni volta che il vento entrava mi scombinava i capelli, come se una mano invisibile mi accarezzasse la testa e finisse nella profondità della mia cute, scombinando tutti i miei pensieri futili.

Insieme a noi c'erano anche Kyoko e Haruna.

"Che ore sono?" chiese Yoko impaziente, continuando a guardare repentinamente l'orologio.

Era una ragazza di cui ci si poteva fidare, ma che ultimamente stava facendo le solite cazzate adolescenziali: aveva cominciato a fumare, a bere, ad uscire con ragazzi sconosciuti...

"La pausa pranzo sta per finire" sbuffò Haruna.

"Cos'è? Finalmente ti sei decisa a studiare chimica e non vedi l'ora di fare il test?" le chiesi prendendola, ovviamente in giro

"No" rispose serissima Yoko, mentre ripassava le sue labbra di pesche e rose con un rossetto degno di una battona di quart'ordine, guardandosi allo specchio "Non ho aperto il libro"
"Ma brava...stai rischiando di perdere l'anno lo sai? Come farai con il test di oggi?" Incalzai

"Non voglio venire bocciata...infatti il test non lo faccio"
"In che senso scusa?"

"Beh anche io non ho studiato parecchio" sorrise Haruna, coprendosi la bocca con la mano. Un gesto molto lolitesco. "è che ieri sono uscita con Kenji"
"Cosa? Sei insieme a Kenji? Quando? Siete insieme?" esclamammo tutte a gran voce, in un coro incredibilmente omogeneo

"No...non siamo ancora insieme" Pretenziosa. "è solo che abbiamo delle storie"

"A proposito di ragazzi" riprese Yoko "Ora devo andare"

"Che cosa? Ricontinui a bigiare?" la schiaffeggiai psicologicamente

"Sì...devo vedermi con un ragazzo"
"Chi? Chi?" Kyoko voleva sapere.

"Vi racconterò tutto stasera su msn"

"Cosa diremo ai prof?" Chise Kyoko con le scintille agli occhi

"Dite loro che sono stata male e che ho chiamato i miei genitori"
Restammo in silenzio, guardando Yoko scomparire dietro la finestra del bagno. Arrivò nel cortile sul retro e corse via, scavalcando il cancello. Indisturbata.

"Che romantica la nostra Yoko" esclamò Kyoko estasiata.
Romantica come un pugno in un occhio.

 

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Capitolo 3
*** Una Persona Sgradita ***


Quando Yoko correva sembrava una gazzella

Quando Yoko correva sembrava una gazzella. Le sue gambe sembravano grissini, sembrava si dovessero spezzare, facendola cadere a terra e invece no: ogni passo che compivano diventavano sempre più indistruttibili, sempre più surreali. E in quel momento Yoko correva, correva, correva con audacia. Sotto i pulsanti battiti del sole.
Raggiunse il centro in fretta e furia, con la sua inconfondibile corsa a metà tra vamp e atleta. Era in ritardo e non ce la faceva proprio ad immaginare di saltare un appuntamento così importante. Un figo come Kobayashi finalmente l'aveva intravista alla salagiochi e le aveva proposto di uscire insieme a lui.

Ritirò fuori il biglietto dell'indirizzo dalla tasca della valigetta scolastica e gli diede un'ulteriore occhiata.

Eccola la casa di Kobayashi! Una villetta a due piani, di colore bianco e dal tetto rosso tegola. Di fronte all' ingresso, però, trovò una sorpresa poco piacevole.

Tale inconveniente si chiamava Kazumi Konichi. Era una ragazza insopportabile, sboccata ed irriverente, dalla chioma tinta di fucsia. Yoko non riusciva ancora a capire se Kazumi voleva essere emo o punk. Ma cosa ci faceva Kazumi davanti alla casa di Kobayashi?

Non volle saperlo. Si stava fumando una sigaretta in posa sexy, ma anche incazzata.

Quella ragazza aveva ben poco di sexy, con la sua gonnellina di pessimo gusto che indossava al posto dell'uniforme regolamentare. Gli insegnanti l'avevano spesso richiamata per questo atteggiamento reprovevole, ma niente da fare: quella stronza si presentava sempre a scuola con quell'odiosa gonnellina da mercato delle pulci. Fu sospesa: inutilmente. Al termine della sospensione continuò a vestirsi in quel modo.

Yoko si avvicinò con la sua solita corsa al campanello, tentando di ignorare l'odiosa nemica.

Suonò il citofono, quando Kazumi la bloccò: "Che cazzo stai facendo?"

"Sto per uscire con una persona"
"Non c'è!"
"Cosa?"
"Sì...non c'è ... quel bastardo doveva uscire con me, ma non risponde al citofono, secondo me è uscito a fare qualche commissione e sta per tornare, magari ha avuto un'emergenza..."
"Alt! Kobayashi ha invitato me! Non Te!" Urlò Yoko sperando fosse uno scherzo. Avrebbe voluto saltarle addosso, strangolarla a morte e poi strapparle pezzzi di collo con i denti.
"Può darsi...ma quell'uomo è uno stronzo di merda! Invita almeno due donne ad appuntamento...è vergognoso"
"Mi stai prendendo in giro!"
"No...è così...oggi mi aveva promesso di uscire solo con me, perché mi ama..."
"Cazzata!"
"Senti...facciamo così...prova ad entrare dal retro, io tento di scassinare la porta"
"Cooosa?"

"Non ti vuoi vendicare per questo brutto scherzo?"
"Non voglio mettermi nei guai e poi ancora non credo alle tue parole"
Uno squarcio malinconico invase il viso di Kazumi. Era una stronza, ma quando diceva la verità lo si capiva subito: non riusciva a dire le bugie. Tutti la stimavano per questo, anche se per il medesimo motivo spesso si rivelava insopportabile. Non aveva mai detto una bugia in vita sua.

Infine Yoko le credette e si diresse sul retro.

 

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Capitolo 4
*** Urlo Trafitto Dall'Oscurità ***


Sentiva di fare una cosa sporca, ma Yoko sapeva benissimo che era necessario farla

Sentiva di fare una cosa sporca, ma Yoko sapeva benissimo che era necessario farla. Lo sentiva dentro. Sentiva il suo cuore spezzato, ridotto ad un mucchio di frattaglie senza scopo né amore. Sul retro c'era una porta di ferro, affiancata ad alcuni nefandi bidoni della spazzatura. Yoko cercò di aprire la porta, pensando a quanto dolore la notizia di Kazumi le aveva procurato. Delle lacrime fugaci le sgorgarono dagli occhi, come se fossero gocce di sangue e i suoi occhi fossero il suo cuore. Kobayashi non era attratto da lei, dalla sua personalità, ma dalla sua fica.
Era questo che la faceva sanguinare dentro. Un lamento uscì dalla sua bocca di rose.

Mentre, però, rabbiosa , divagava nei suoi pensieri, qualcosa di viscido le toccò la gamba, facendola rabbrividire.

Si voltò lentamente ma dietro di sé non vide nulla e si tranquillizzò.

Poi un gelido sospiro si impossessò del suo corpo e ritornò l'inquietudine.

Si rivoltò con angoscia e lo sguardo cadde sull'asfalto grigioperla: vi erano due strane ciocche di capelli neri, presumibilmente femminili.

Yoko le raccolse e le esaminò, quando con orrore le si allungarono nelle sue stesse mani. Le lasciò cadere ed urlò. Un mostro che aveva in gola le aveva straziato la voce in modo tremendo.
Volevo fuggire, ma era come impietrita, come se qualcosa la trattenesse magicamente, come se fosse vittima di un fatale incantesimo e come se la sua paura fosse più grande del suo volere.
Si lasciò cadere a terra, riuscendo a malapena a raggiungere il muro, indietreggiando a carponi.

I capelli, nerissimi, continuavano ad allungarsi e a dirigersi verso di lei.
Yoko non smetteva di urlare. Le sue urla erano così strazianti da gelare il cuore. Sperava che Kazumi la sentisse, ma non si faceva viva. Scattò improvvisamente in piedi e corse all'interno dell'edificio utilizzando la porta sul retro, che si era aperta di colpo. Pensava che la porta fosse stata aperta da Kazumi e subito si sentì più sollevata. La stanza in cui si trovava era buia e aveva qualcosa di minaccioso. Una inquietante cantina. Le pareti erano intrise da ragnatele di perfetta creazione, tende polverose. La sola luce che entrava proveniva da una piccola finestra sulla parete di sinistra.
Di Kazumi neanche l'ombra.

Yoko cercò a tastoni l'interruttore sulla parete, quando il suo tatto si scontrò con qualcosa di liquido e stranamente caldo. Dell'interruttore nessuna traccoia. Più il tempo passava e più la paura emergeva in apnea. La paura sembrava divorarle il respiro e dei brividi continuavano a non lasciarle scampo, con la loro freddezza estrema.
Yoko avanzò lentamente nell'oscurità, quando inciampò in qualcosa. Cadde a terra e tastò l'oggetto misterioso: Sembrava essere una torcia. Che fortuna!

Un lampo di dolcezza le invase il viso, lasciandole un inquietante e dolce sorriso. La prese in mano e la accese. Luce intermittente.

Yoko si osservò le mani, cercando di scoprire cosa fosse la cosa viscida e calda: sangue ed era fresco.

La ragazza puntò la torcia sulle pareti. Il bianco si scontrava con il rosso del sangue che colava da ogni dove, correva giù dal tetto per finire sul pavimento.

Cercò di non urlare e soffocò ogni suo respiro. Il sangue continuava con una scia che si protreva sul pavimento. C'era qualcosa di disturbante e poetico in quell'immagine, ma non riesco a spiegarlo con precisione.

Nonostante fosse terrorizzata, Yoko ebbe la stupida idea di controllare cosa ci fosse alla fine della scia, che continuava ad essere visibile sulle grezze piastrelle di terracotta.

Finì sotto un tavolo da lavoro. Su di esso attrezzi di ogni tipo: dalle chiavi inglese alle seghe. IL respiro si fece più pesante e la torcia cominciò a spegnersi ed accendersi ad intervalli rgolari.

Le pile erano quasi scariche e presto la stanza sarebbe stata trafitta dall'oscurità.

Yoko la appoggiò a terra davanti alla cavità sul fondo del tavolo e si inginocchiò per osservare. C'era qualcosa lì sotto. Qualcosa di inquietante, qualcosa che non le avrebbe lasciato scampo.

Una testa di ragazza. Forse Kobayashi era uno spietato assassino che ammazzava le puttanelle che gli capitavano a tiro. Yoko ansimò con dolore e strabuzzo gli occhi, ma quando notò che i capelli della testa si avvicinavano sempre più a lei e che i suoi occhi la stavano guardando, cacciò un urlo e la torcia si spense definitivamente.

 

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Capitolo 5
*** Perdita ***


La pausa pranzo era già cominciata, quando io e i miei compagni iniziammo il test

La pausa pranzo era già cominciata, quando io e i miei compagni iniziammo il test. La scheda mi venne presentata davanti come uno schiaffo psicologico. Odiavo l'atteggiamento del professore di chimica: quello sguardo così pretenzioso, quasi urlante mi dava sui nervi.

Presi la mia penna come arma del delitto ed iniziai a mettere delle "X" sulle caselle. Fortunatamente era più facile di ciò che pensavo.

"Yamazaki? Dov'è Yoko Yamazaki?" chiese indispettito il prof

" è uscita...stava male" la difese Kyoko "ha vomitato perennemente in bagno e allora ha chiamato i suoi genitori"
"Che strano...proprio oggi che questo test avrebbe dovuto salvarle la media"

Lo odiavo. Stava dubitando (a ragione) della giustificazione di Kyoko.

"Vorrà dire che farò un test solo per lei" continuava l'uomo mentre sembrava fissarmi le gambe, che sgusciavano fuori nude dalla gonna alla marinara blu della divisa scolastica. Alzai le calze bianche fino al ginocchio e ripresi a rispondere le domande, quando all'improvviso la mente mi giocò un brutto scherzo: immagini violente e velocissime mi si presentarono davanti agli occhi: una testa mozzata di ragazza, del sangue, un occhio, neve, due bambine che giocano, mani insanguinate...immagini inquietanti e macabre che punzecchiavano la mia mente come se fossero aghi. Poi qualcosa mi toccò da sotto il banco. Non ebbi il coraggio di guardare cosa fosse e feci finta che nulla era successo. La testa si ripresentò nella mia mente: mi sorrise e mi disse "ti ucciderò!"

A quel punto feci uno scatto e saltai in piedi urlando e coprendomi le orecchie con le mani. Tutti i miei compagni si voltarono verso di me spaventati.

"Chiharu? Che cos'hai?" mi chiese il professore con finta voce paterna "Tutto bene"

Annuii imbarazzata, quando notai che il prof si stava indicando con un dito il naso, come se ci fosse qualcosa di strano sopra il mio. Con il cuore a mille, avvicinai l'indice destro e notai che un rivolo di sangue mi era sceso dalle narici. Cacciai un altro urlo e corsi in bagno.

 

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Capitolo 6
*** Vittime ***


In bagno osservai il mio volto allo specchio

In bagno osservai il mio volto allo specchio. Non ero mai riuscita a notare quanto fosse bianca la mia pelle, quasi me ne spantevo. Sembravo cadaverica. Il rossetto rosso che mi ero messa la mattina risaltava troppo in quella landa desolata che era la mia pelle. I capelli neri, poi, sembravano esattamente il contrario di ciò che ero veramente: un paesaggio nordico pieno di fantasmi. Fantasmi che tormentavano la mia mente, che non la lasciavano stare, non riuscivano a farmi respirare. Mi sentivo quasi una matta, una matta che aveva bisogno di convivere con i suoi mostri per poterli fermare. Mi pulii la bocca e il naso. Delle gocce di sangue finirono nel lavandino e parevano quasi poesia. Avevo un brutto presentimento per Yoko. Ero sicura che non stava affatto bene.

Raggiunsi Yui, Haruna e Kyoko all'uscita di scuola, dopo aver passato un po' di tempo in infermieria e dopo aver scoperto di aver preso ben 85 in quel test che non ero riuscita nemmero a finire. La mia media in chimica si era nettamente alzata e non potevo non esserne felice, tuttavia contenevo il mio entusiasmo come se fosse stato qualcosa di magico e sacro, come se fosse mio.

Non riuscivo ad esultare, per il semplice fatto che ero preoccupata per Yoko. Sapevo benissimo che le era accaduto qualcosa di grave.

Kyoko era emozionatissima perché era finalmente riuscita a prendere una sufficienza in quella materia che tanto odiava. Aveva preso 70 ed era più felice di me che avevo preso un voto più alto del suo. Mi uscivano alcune lacrime.

Per tutto il tragitto a piedi le mie amiche non fecero altro che chiedermi perché abbia urlato.

Ho loro risposto che non lo sapevo. Ed era la verità: Non sapevo il perché di quelle immagini così violente nella mia testa.

Quando arrivammo davanti al mio condominio salutai le mie due amiche ed entrai.

Il cortile era rettangolare e di terracotta, attorno ad esso si innalzavano tre condomini diversi su tre dei lati di quella struttura rettangolare. Ogni volta che entravo in quel cortile, mi sentivo in trappola e soffocavo.
Salii le scale, quando il mio cellulare suonò. Era mia madre.
"Pronto, mamma"
"Ciao, Chiharu"

"Volevo dirti che ho deciso di stare da Shinji oggi. Mi porta a cena fuori e io ne approfitto per stare con lui anche il pomeriggio." In sottofondo una voce maschile continuava a dire "dai...attacca" o cose come "dai...su...salutala e basta". Mia madre rispondeva a quella voce con degli "smettila" soffocati dalle risate. Non osavo pensare a cosa stessero facendo in quel mentre, perché mi salivano i brividi. Shinji era il suo ragazzo. Dopo che lei e mio padre avevano divorziato, mia madre non ha fatto altro che cercarsi altri ragazzi, ben più giovani di me. Non sapevo esattamente perché divorziarono. Ma sapevo che era per qualcosa di tremendo, oscuro, non il solito tradimento. Ogni volta che ne parlavo, però, mamma scoppiava ad urlare e a piangere e allora non le ho più chiesto nulla. "Comunque, tesoro, appena entri in casa troverai del riso nel microonde. Poi puoi andare dalla nonna in ospedale a farle una visita?"
"Ok" sbuffai

"Che c'è, tesoro? Brutti voti a scuola?"

"No...anzi...ho preso 85 in chimica, è solo che non sei mai a casa e tocca a me fare sempre i lavori domestici e le commissioni"
"Dai...lo sai che la nonna ti vuole vedere..."
"non è per la nonna...ho visto che non hai spolverato...ti ricordi che ci eravamo fatte i turni? Toccava a te questa volta"

"Oh dai...ti prometto che la prossima volta spolvererò per due volte di fila"
"Okay, voglio crederci"

"Ora vado Miss. Sarcasmo. Shinji mi chiama"

Riappesi, senza salutare e appoggiai il cellulare sul tavolino nella hall, accanto alle chiavi, una volta che fui nel mio apppartamaneto. Ero stanca ed affaticata e il tremendo presentimento verso Yoko cresceva sempre più dentro di me, come una possessione indiretta. Lasciai all'ingresso la valigetta scolastica. Mi spogliai all'ingresso, liberandomi della divisa e restai in regisseno e mutandine. Misi la divisa in lavatrice e mi rivestii: avevo intenzione di fare un po' di shopping dopo che ero andata a trovare la nonna. Era da un po' di tempo che non dedicavo un po' di tempo a me stessa. Mi misi una maglietta di seta porpora a collo a V, una gonna a balze nera e un paio di splendide scarpette ciclamino rubate a mia mamma. Le adoravo: quando ero piccola gliele rubavo di nascosto e me le indossavo. Una volta indossate , mi trasformavo in una principessa.

Quando avevo sei anni, a causa di quelle scarpe, mi ruppi un piede: mi andavano troppo larghe ed ero inciampata.

Mi diedi una rapida occhiata allo specchio: sembravo ancora cadaverica, ma molto, molto più sensuale. Forse era la divisa scolastica che lasciava a desiderare il mio aspetto esteriore.

Arrivai in cucina e feci girare il riso nel microonde quando qualcosa attirò la mia attenzione: dalla finestra dei vicini di fronte un luccichio mi stava occhieggiando. Dannazione! Ancora quel tizio!

Si chiamava Koji ed era pazzo di me. Mi spiava in continuazione attraverso la finestra, con il suo bincolo di merda.

Lo ignorai e abbassai le tapparelle, poi presi il mio riso, un bicchiere d'acqua e giunsi in salotto, dove accesi la televisione. Appoggiai il mio pranzo sul tavolino e accesi il pc portatile che vi era appoggiato da parte.

Non vedevo l'ora di andare in città a fare shopping: se fossi andata al centro commerciale in centro avrei incontrato Tetsuya, l'amore della mia vita. Dirigeva un negozio di erboristeria e non conoscevo altro che il suo nome. Però ne andavo pazza. Letteralmente persa.

Decisi di fare un salto su msn, avrei forse incontrato Haruna o Kyoko e avremmo spettegolato un po', giusto per togliere la tensione che mi stava opprimendo.

Contattai subito Kyoko, quando lei mi disse all'imporvviso "guarda il telegiornale, canale 7"

Chiharu- Cos'è successo?

Kyoko- Tu guarda e basta

Ero terrorizzata.

Cambiai in fretta canale, con il cuore in gola. Una notizia raccapricciante era presentata dalla medesima presentatrice televisiva della mattina in cui si era perso Kobayashi: "Dopo il cadavere della ferrovia, sono stati trovati altri due corpi con lo stesso modus operandi. Si sospetta di un serial killer" continuò la donna "i nomi delle vittime sono rispettivamente:
Joy Barker, 22 anni. Era Giapponese, ma probabilmente aveva il padre occidentale, a causa del singolare nome che portava. La ragazza è stata ritrovata questa mattina alle sei decapitata sulle rotaie di un treno.

Kobayashi Nomura, 29 anni. È stato ritrovato brutalmente mutilato nel suo stesso letto.

Yoko Yamazaki, 16 anni. È stata ritrovata nella cantina di Kobayashi". Trasalii. Yoko era morta, ma, ma...com'era possibile? La mia migliore amica dopo Kyoko era morta. Non ci volevo credere.

"Tutte e tre i cadaveri hanno il particolare sconcertante di avere la testa mozzata. L'unica differenza è che se per Joy Barker la testa sia scomparsa, per le altre due vittime non è così: i corpi di Yoko e di Kobayashi risultano avere la loro testa tra le loro mani. una vera scena da film dell'orrore non c'è che dire"

Spensi disgustata ed amareggiata il televisore, così come msn , senza rispondere agli incessanti trilli di Kyoko. Ero disperata. Iniziai a piangere come una forsennata con le mani tra i capelli.

Era da tempo che non piangevo, pensavo di essere finalmente diventata forte, di riuscire finalmente a sopportare anche il dolore più atroce, ma non era così: ho scoperto di essere fragile, tremendamente fragile. La stanza era inghiottita dal silenzio, un silenzio angosciante, surreale e straziante, come la vita e le sue ingiustizie.

Non riuscivo a non pensare a Yoko. Il suo ricordo era talmente vivido che non seppi darmi ragione. Arrivai pensino a pensare che fosse stata tutta colpa mia, che avrei dovuto fermarla prima che si gettasse dalla finestra del bagno. Ma questi miei pensieri non l'avrebbero riportata in vita.

Pensai invece che per distruggere la mia angoscia, avrei dovuto risolvere il mistero da sola. Per amore di Yoko Yamazaki, la ragazza con cui dividevo le caramelle all'asilo, la ragazza con cui facevamo le prove di bacio per non apparire impreparate con i ragazzi, la ragazza con cui dividevo i miei segreti più imbarazzanti...

Scattai in piedi ed uscii di casa, dopo aver preso di fretta e furia la mia borsetta e il cellulare.

 

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Capitolo 7
*** Interrogatorio ***


Nel frattempo, Kazumi Konichi che aveva dato l'allarme non appena vide il corpo straziato di Kobayashi, era sottoposta ad un interrogatorio con il detective Nakata

Nel frattempo, Kazumi Konichi che aveva dato l'allarme non appena vide il corpo straziato di Kobayashi, era sottoposta ad un interrogatorio con il detective Nakata. Il volto della ragazza appariva stanco e distrutto, molto diverso da come lo aveva visto Yoko, prima di morire.

"Avevo appuntamento con Kobayashi" incominciò, sotto l'agghiacciante sguardo del detective Nakata e dell'investigatrice Akane "quindi sono arrivata che ormai era l'una di pomeriggio passata" la sua voce possedeva qualcosa di irrequieto e spaventoso, qualcosa di magico ma tremendamente oscuro. Stava dicendo la verità e lo si capiva, ma una verità piuttosto mistica, astratta, delirante. I suoi sopsiri erano inframmezzati da qualche singhiozzo e da qualche lacrima pungente. "Poiché non rispondeva al campanello sono rimasta ad aspettarlo in giardino perché pensavo fosse uscito per una commissione urgente e che sarebbe rientrato di lì a breve. Mi accesi una sigaretta, quando arrivò Yoko ed abbiamo iniziato a litigare, scoprendo che siamo state invitate entrambe da Kobayashi per un appuntamento romantico a nostra insaputa"

"Mi faccia ragionare" la interruppe Akane "quindi, Kobayashi solitamente usciva con più di una ragazza per appuntamento?"
"Sì" annuì Kazumi disperata "a lui delle ragazze interessava solo ciò che è in mezzo alle gambe"

Nakata cominciò a sospettare di Kazumi.

"Ci ritrovammo, dunque, piuttosto sbigottite" continuò la ragazza "non era la prima volta che quando uscivo con Kobayashi, c'era un'altra ragazza a me sconosciuta. Quindi io e Yoko abbiamo deciso di entrare per chiedere spiegazioni. Pensavamo che Kobayashi dormiva e non riusciva a sentire il campanello suonare.

"Capisco" sospirò Nakata

"Senti, Kazumi" sussurrò Akane "C'era una ragazza che Kobayashi portava sempre con sé durante gli appuntamenti, mentre eri presente anche tu?"

Kazumi annuì

"Come si chiamava?"
"Joy"

"Come la..."
"Sì, la ragazza che è stata investita dal treno"
"Continui il suo racconto per favore" incalzò Nakata, i cui sospetti stavano aumentando sempre più senza sosta

"Ecco" riprese Kazumi, dopo essersi asciugata le lacrime "Yoko è andata sul retro, per cercare di entrare da lì, mentre io ho forzato la serratura all'ingresso. Ho salito la scala e sono arrivata alla porta che portava all'appartamento di Kobayashi"

Kazumi raccontò la vicenda minuziosamente. Tutti i dettagli vennero rilevati con estrema cura, degna di Allan Poe, d'altronde ciò che aveva visto in quella casa l'aveva particolarmente scossa.

Quando ginse all'interno, vide tutto perfettamente in ordine e non sospettò nulla di spaventoso. Un bicchiere di latte era stato appoggiato sul tavolino e la televisione era accesa. Ally McBeal. Una vecchia replica. L'intero appartamento era inghiottito dal silenzio. Un silenzio assurdo ed alienante. Kazumi corse sino alla camera da letto e vide che sotto le coperte si nascondeva qualcuno.

"Bastardo! Stai ancora dormendo! Fatti vedere! Stronzo!" gridò con ferocia la ragazza, dando diversi calci al letto. Ma il corpo restò immobile.

Quindi prese un appendiabiti e cominciò a stuzzicarlo, ma non ci fu nulla da fare. Nemmeno il movimento più vago ed idiota si era creato sotto le lenzuola.

"Kobayashi?" lo chiamò Kazumi con una voce molto spaventata.

Nessuna risposta.

Kazumi aveva il cuore in gola, c'era qualcosa di sinistro in quella camera e finalmente era riuscito ad avvertirlo. Avvicinò lentamente la mano alle coperte con un sospiro affannoso. La mano le tremava e più si avvicinava alle coperte e più il terrore si faceva palpabile, quando all'improvviso Il corpo si mosse di colpo e le afferrò una mano.

Kazumi cacciò un urlo angosciato e tolse all'improvviso e con uno scatto le coperte: Kobayashi era lì sotto e sembrava dormire serenamente.

"Kobayashi? Sei un perfetto cretino!" sorrise Kazumi "mi hai fatto prendere in colpo"

Ma proprio in quel momento la testa di Kobayashi si staccò dal corpo e rotolò giù dal letto, macchiando le lenzuola di sangue.

Kazumi riprese ad urlare, sempre più forte. Indietreggiò con il terrore nelle vene finché andò a sbattere contro la libreria e dei volumi le caddero in testa, procurandole una lieve ferita sulla fronte da cui scendeva un rivolo di sangue. Uscì dalla stanza in fretta e raggiunse velocemente la cantina, utilizzando le scale: "Yoko! Yoko! Kobayashi è..." ed ecco che un urlo proveniente da quell'oscurità fece trasalire Kazumi Era Yoko ed era in pericolo, ma la ragazza era troppo paurosa per tentare un impresa eroica, così velocemente raggiunse l'ingresso e scese velocemente le scale per poi chiamare la polizia.

 

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Capitolo 8
*** Visita Medica ***


Ero sul tram, tremendamente gremito di gente

Ero sul tram, tremendamente gremito di gente. Sono stata costretta a restare in piedi, con la mano che afferra uno dei ganci sul soffitto del mezzo pubblico. Ero di cattivo umore, un po' per la faccenda di Yoko e un po' perché il tizio di fronte a me continuava a guardarmi le tette. Aveva all'incirca cinquant'anni, tre capelli in testa, in giacca e cravatta. Ma ciò che più mi disturbava era il fatto che portasse la fede: non solo pedofilo ma anche traditore. Non avrei dovuto vestirmi in modo così provocante!

Non potevo nemmeno coprire la sua perdizione, perché ero intenta a reggermi per non scivolare.

"Crepa bastardo! Smettila di guardarmi le tette o ti amputo l'uccello... finocchio di merda!" urlai nella mia testa, ma non ebbi il coraggio di dirlo veramente.

"Hey Tu!" all'improvviso una voce maschile piuttosto giovane risuonò all'interno del tram "Smettila di guardarla in qualche posto!"

Era Yoshikawa, un mio compagno di classe. Piuttosto carino, ma non certo del mio genere.

Stava prendendo le mie difese "Piuttosto mr. Pedofilo guardi le donne della sua età...c'è proprio un'ospizio a un paio d'isolati da qui"
"Ma...come si permette ? La denuncio per false accuse"
"Faccia pure! Cariatide guardona!"
"Smettila" sussurrai all'orecchio del mio compagno
"Ok..ok la smetto" era indispettito, forse si era aspettato di ricevere de i grazie da parte mia, ma ero troppo imbarazzata da quegli eventi per poterci riuscire.

"Era ora!" esclamò l'uomo con provocazione, mentre gli altri passeggeri del treno mi guardavano stupiti.

"Lei stia zitto!" si difese nuovamente Yoshikawa, puntandogli il dito addosso

"Basta! Alex Basta!" mi aggrappai al suo petto con le lacrime agli occhi. Mi abbracciò e io mi morsi un labbro. Per l'ospedale mancavano ancora due fermate.

L'uomo continuava a fissarci, ma né io né lui ci facevamo più caso.

Mi staccai dal suo abbraccio e mi riagganciai salda, quando lui mi diede il suo giubbetto di jeans invitandomi ad indossarlo, poi ritornò al suo posto a sedere. Mi calzava a pennello. Che cosa avrà avuto da difendermi così tanto! Non ci siamo parlati mai, se non per darci i compiti o stronzate simili...

La mia fermata! Cercai Yoshikawa con lo sguardo per potergli ridare la giacca, ma era sparito, probabilmente era sceso alla fermata precedente e non me ne sono accorta. Scesi dal tram. Dovevo fare ancora un paio di isolati prima di raggiungere l'ospedale per far visita a mia nonna.

L'ospedale era una struttura rettangolare con le mura di colore bianco e con un parco giochi sul retro. Quando mi annoiavo da piccola mentre aspettavo i risultati delle operazioni di mia nonna ne usufruivo anch'io.

Mi piaceva scivolare giù dallo scivolo giallo, dondolare sull'altalena con le farfalle e cose così. Mi divertivo un mondo.

Estrassi il biglettino con il numero di stanza di mia nonna dalla borsetta ed entrai. Mia nonna soffriva di diabete ed era per questo motivo che passava molto tempo in ospedale. Non appena entrò in ospedale, notai con inquietudine una scritta con pennarello nero sulla parete dell'ascensore:

"IO SONO VIVA! VOI NO! JOY BARKER"

Trasalii. Joy Barker...Joy Barker. La ragazza investita dal treno.

All'improvviso le porte dell'ascensore si aprirono e sussultai Quarto piano. Per arrivare alla stanza dovevo percorrere il corridoio scuro e stretto, illuminato da lampade al neon intermittenti. Un odore tipico degli ospedali mi fece venire la nausea: quell'odore nauseabondo di quando si va a fare le impronte ai denti dal dentista. Odio quell'odore, mi fa star male. L'odore della salute.

Nella camera di mia nonna c'erano due lettini ospedalieri, divisi da un tavolino su cui era appoggiato un vaso di orchidee, un pacchetto di sigarette e dei giornali di gossips, cruciverba e cucito. Un letto era vuoto, nell'altro era stesa la nonna, raccolta su di un lato, come un gatto che si scalda durante le tremende giornate di inverno.

 

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Capitolo 9
*** Terrore In Ascensore ***


"Nonna" sussurrai, come per chiamarla

"Nonna" sussurrai, come per chiamarla
A quel punto lei si girà sull'altro l'altro alla ricerca dei miei occhi. Mi piaceva il suo sorriso, così candido e giovanile, nonostante la sua età avanzata.

"Oh cara...ti vedo cresciuta"
"Nonna, non cresco mica ogni giorno...Sono venuta anche ieri"
"Oh..."
"Nonna, non è che soffri di Alzheimer?"

"No...Sciocchina" rise con colpetti di tosse.

Era irriconoscibile rispetto al passato. Lei era hippy, una femminista, scopava nei parchi pubblici e fumava le canne. Ora appariva una nonna come tutte le altre: apatica e stanca.

"Che ti è successo? Sembri diversa dal solito..." le confessai con un mezzo sorriso

"Niente, tesoro" sorrise in modo inquietante "è che è morta una persona a me cara...un famigliare"
"Chi?"
"Oh non la conosci..."
"Ma della famiglia conosco tutti...è morto qualcuno? La zia?"
"No...no..."
"E allora chi?"
"Tu della famiglia non conosci proprio tutti, Chiharu"
"Che...cosa vuol dire? Certo che conosco tutti"

"Tutti...tranne una"
Restai di sasso...non riuscii a chiederle molto di più anche perché una infermiera mi ha bloccato dicendo che l'orario delle visite era terminato. Sempre più confusa e sconvolta, uscii dalla stanza, quando notai che il corridoio era nettamente sgombro. Nessun paziente, nessuna infermiera e nessun medico lo occupava. Era vuoto.

Al centro di esso, una barella immobile. Su di essa c'era un corpo celato da una coperta gialla. Ai piedi un cartellino.

Non sapevo perché, ma quella strana barella continuava ad attirare la mia attenzione, sempre più... non appena la vidi ciò che mi aveva detto di così assurdo mia nonna si era cancellato dalla mia mente con ferocia. Quel corpo, quel corpo mi chiamava.
"Chiharu..Chiharu"

Ebbi paura, ma riuscii comunqui ad avvicinarmi. I miei passi si facevano lenti e strani. Sotto i tacchi delle mie scarpette il ticchettio del loro impatto dava origine ad un eco a dir poco inquietante, che accompagnava quelle lampade al neon così intermittenti.
Avvicinai lentamente la mano, una volta fui vicina, quando un braccio uscì dalla coperta e mi prese il polso.

Urlai terrorizzata e cercai di liberarmene, cadendo a terra. Il braccio aveva mollato la presa e ora era immobile, a ciondoloni.

"Co-Com'è possiile?" balbettai, quando lessi il nome del cadavere sul cartellino attaccato al piede: "Joy Barker".

Ansimai, sempre più forte, sempre più intensamente, mentre le mie emozioni si cancellavano una dietro l'altra per lasciare spazio solo alla paura. Paura che diventava terrore.

Mi alzai in piedi e trovai il coraggio di liberare il corpo da quella coperta: era un cadavere di donna, mutilato della testa con diverse ferite sul corpo candido,segnato da alcuni inquietanti segni violacei.

"Signorina!" esordì una voce, che risuonò in tutto il corridoio, facendomi voltare: era ancora quell'infermiera, la stessa che mi aveva allontanato dalla stanza di mia nonna. "Che cosa sta facendo?"
"Perché il cadavere di Joy è in ospedale? Non dovrebbe essere alla scientifica? È vittima di un omicidio!" urlai, scioccata dalla scoperta

"Sono informazioni dell'ospedale...questo cadavere va portato in obitorio, ma non sono cose che ti riguardano"
"Sono sua sorella" mentii...ovviamente se mi fossi spacciata per una parente della ragazza avrei ricevuto qualche informazione in più

"Impossibile" disse lei guardandomi storta "Non aveva nemmeno i genitori"
"Ma cosa sta dicendo?"
"Se ne vada!" l'infermiera ricoprì il cadavere con la coperta e spinse il cadavere fino all'estremità sinistra del corridoio. Mi ritrovai sola. Stanca e delusa stavo per andarmene, quando un insegna catturò il mio sguardo.

Era un'insegna che veniva posta insieme a tante altre come "Neurologia, Pediatria", ma questa era diversa, ciò che vi era scritto era "Archivi Obitorio" e accanto una freccia ad indicare la porta di una piccola stanza accanto alle toilette.

Accellerai il passo e sgattaiolai dentro. In quella stanza c'erano solo tanti armadi. Ogni cassetto recava una lettera dell'alfabeto. Aprii il cassetto "B".

Fortunatamente, in Giappone, i cognomi che iniziano con la lettera "B" sono molto rari e così, trovai con estrema facilità l'archivio di Joy Barker. Nascosi la cartelletta sotto la giacca di jeans e sgattaiolai fuori, fino a raggiungere l'ascensore.
Pigiai il pulsante del piano terra. Le porte si chiusero di colpo, ma l'ascensore non scendeva.

Sussultai, ero spaventata da morire. Rischiacciai il pulsante, ma nulla.
Pensando fosse un problema momentaneo diedi una sbirciata all'archivio, ma non feci in tempo a leggerne nemmeno una parola che sentii cadere sulla mia guancia qualcosa di strano. Era una cosa liquida e delicata, che stranamente, mi picchiettava un po' come la pioggia estiva, quella che cade leggera e che pizzica la pelle. Avvicinai la mano alla palpebra dell'occhio destro e guardai cosa stava colpendo la mia guancia con tanta insistenza: non era possibile! Era sangue.
Sangue rosso, vivo, vitale. Mi colpiva, come un presagio mortale.

Tic, tic, tic.
Sempre più velocemente, sempre più incessantemente.

Titic, titic, titic, titic, titic.

Cominciai a tremare terrorizzata, e in quel mentre alzai lo sguardo alla grata per vedere cosa stesse sanguindando sopra di lei.
Errore fatale! Notai con rebrezzo che un braccio insanguinato stava cercando di aprire la grata per venirmi a prendere. Urlai più forte, rischiando che la voce mi venisse portata via dal panico. Lasciai cadere a terra l'archivio e mi precipitai sui tasti dell'ascensore, continuando a schiacciare il tasto del piano terra.
"Aiuto! Aiuto" gridavo con ritmo costante e voce straziata, quando le porte si apriron odi colpo.
Davanti a me c'era Yoshikawa.
"Chiharu!" esclamò lui

"Ciao" risposi stranita, per poi toccarmi i capelli.

"Scendi?" Mi chiese con naturalezza

"Sì...al piano terra...grazie" Non riuscivo a capire "Per caso mi hai sentita urlare?"
"Urlare? No...perché me lo chiedi?
"uhm...nulla"

L'ascensore scese immediatamente, il braccio insanguinato era sparito, così come le gocce di sangue sul mio volto.

"Ti è caduto questo" mi sorrise il ragazzo porgendomi l'archivio di Joy

"Grazie" lo ringraziai con un inchino e un filo di voce.

"Anche tu stai indagando su Joy Barker?"
Mi bloccai. Non era possibile. Mi voltai verso Yoshikawa, che in quel momento aveva assunto una smorfia molto strana. Il suo viso si fece pallido all'improvviso. Mi faceva paura.

L'ascensore si fermò proprio in quel momento e le porte si aprirono al pianoterra. Io non riuscivo a togliere il mio sguardo da Yoshikawa, che uscì, seguita da me.

"Ho visto che avevi l'archivio"
"Mi stai inseguendo?" Urlai arrabbiata

"Perché lo pensi"
Non risposi e mi morsi un labbro.
"Senti Chiharu" riprese "Andiamo a bere qualcosa così ti spiego, offro io"
"Che cosa c'è da spiegare?" alcune lacrime mi sgoragarono dagli occhi. Ero confusa, arrabbiata, terrorizzata. Non riuscivo più a capire nulla. Sapevo solo che il culmine della mia angoscia si chiamava Joy Barker. Quella ragazza non era una semplice vittima, dietro il suo nome si celava un immenso, impetuoso orrore.

 

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Capitolo 10
*** Aiuto Reciproco ***


"Cosa prendi

"Cosa prendi?" Mi chiese una gentile cameriera. Era bellissima, magra e con l'unico difetto della bassezza. Non avevo mai visto degli occhi a mandorla così belli, e quei capelli che sembravano fili di seta! La invidiavo, doveva avere diversi ragazzi che le ronzavano a dietro. Sul suo cartellino, il nome "Mari" serpeggiava in una scrittura gentile e sensuale. Riuscissi io a scrivere così bene!
"Un caffè, grazie" dissi ancora disorientata.

"Anche io" esclamò Yoshikawa. Ben più pimpante di me

"Perfetto" sorrise Mari con un inchino, per poi sparire a prendere le ordinazioni ad un altro tavolo
"Beh...spiegami" incalzai con rabbia

"Fidati Chiharu, non ti stavo chiedendo" iniziò Yoshikawa con calma

"Ah no?" sarcastica e acida

"Lasciami finire...sono andato in ospedale perché ho scoperto che è là dove hanno trasferito il cadavere di Joy Barker"
"Come hai fatto a saperlo?"
"Non è importante ora"

"Perchè indaghi su Joy Barker?"
"Perché lo fai tu"

Scoppiai a piangere "Yoko è morta"
"Io per lo stesso motivo"
"Stronzo! Non ci hai mai parlato!"

"Appunto...se ti ricordi l'avevo sempre presa in giro e la ignoravo...mi sento in colpa, capisci"

"Sei uno sfigato...sei così bravo a prendere le tragedie altrui per costruirti attorno tragedie personali, non c'è che dire...sai attirare l'attenzione in modo davvero incredibile, mi complimento con te". Forse sono stata troppo dura: avevo alzato la voce, mentre le lacrime mi bagnavano il viso.

In quello stesso momento, Mari ci appoggiò le due tazze sul tavolino. L'espressione di felicità che appariva sul suo viso dieci minuti prima era completamente sparita, sostituita da una visione nostalgica della quotidianità.

"Grazie" sussurrò Yoshikawa.

Mari se ne andò ancora dopo un altro inchino.

"Pensaci" continuò il ragazzo "Indagare insieme potrebbe essere un pregio...troveremmo più informazioni in minor tempo" Mi asciugai le lacrime

"E va bene...ci sto" No! Non ci stavo! Io combattevo per la mia amica! Lui non sapeva nemmeno quando era il suo compleanno...ma in fondo, sarebbe stato un vantaggio. Nel profondo aveva ragione anche lui...come dargli torto?

"Ecco...Joy Barker teneva un diario e io ne sono entrato in possesso"
sussultai "Cooosa? Come hai fatto?" L'idea di indagare insieme mi apparve immediatamente più sensata di pochi secondi prima. Ne avrei tratto parecchio vantaggio.

"La scientifica è troppo imoegnata delle indagini sul luogo del delitto, trascurando le abitazioni delle vittime. Mi ci sono introdotto e l'ho preso"
"Non è violazione di domicilio?"
"Hai la sensibilità di un elefante"
"Scusa..."

"Ora devo andare, mio caro Yoshikawa, do una controllata all'archivio e scopro perché il cadavere è stato portato in ospedale" dissi come un'esperta giornalista alzandomi, senza nemmeno aver sorseggiato la bevanda. Mi tolsi la giacca e gliela gettai in faccia: "Non credo ci siano maniaci ora, grazie"
"Ciao"

"Ciao"

Uscii dal locale, mentre Yoshikawa era ancora sbigottito e seduto al tavolo.
Mi faceva tanta tenerezza.

 

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Capitolo 11
*** Il Terrore Corre Sul Filo ***


Nel frattempo, Takashi non sembrava affatto sconvolto della morte di Yoko Yamazaki, eppure ne aveva visto la notizia alla televisione e la conosceva

Nel frattempo, Takashi non sembrava affatto sconvolto della morte di Yoko Yamazaki, eppure ne aveva visto la notizia alla televisione e la conosceva. Forse si era dimenticato di lei, per il fatto che si fossero semplicemente scambiati un tenero bacio di fronte al tramonto un paio d'anni prima. L'aveva cancellata dalla memoria perché tra loro non c'era mai stata una relazione seria ed importante. Spense la tv, annoiato dalle notizie troppo uggiose per i suoi gusti e si recò nella sua stanza con l'intenzione di vedersi un porno. Accese stereo e portatile. Associava musica ad immagini. Lo stereo si spense.

"Ma che cazzo?" esclamò il ragazzo, ma mentre stava per accenderlo il telefono iniziò a squillare.

"Pronto?" chiese con assoluta tranquillità, come se non sospettasse nessun nefando orrore

Silenzio

"Pronto?"

Silenzio

"Chi cazzo parla?"
rumori strani, scricchiolii provenienti dall'oltretomba attraversavano l'apparecchio telefonico

"Che cazzo è? Uno scherzo?" Non era spaventato, ma Takashi non riusciva a trattenere le sue parole sboccate.

"Fanculo!" urlò. Riattaccando.

"Questi idioti" sospirò "Non hanno nulla da fare se non gli scherzi telefonici!"
Idiota ipocrita! Ma se tu eri il primo a fare questo tipo di idiozie?

Il telefono risquillò e questa volta il cuore del ragazzo cominciò a battere come una pompa.

"Chi cazzo rompe ancora?" l'aggressività della sua voce era flebile e fragile. Aveva paura.

I medesimi scricchiolii entrarono nei timpani del ragazzo come pugni in un occhio. Erano sinistri, sepolcrali ed aumentavano in un crescendo inquietante.

Takashi riattaccò e venne preseo dal panico. Chiuse velocemente porte e finestre e staccò il telefono e la corrente.

Restò all'oscurità, rannicchiando in un angolo, quando il telefono riprese a squillare.

Ma...com'era possibile? Non lo aveva forse staccato?"

Si alzò lentamente e riaccese le luci. Nulla di strano.

Per un attimo era quasi morto di paura. Ci rise su e tirò un sospiro di sollievo, ma quando si voltò vide con orrore la testa mozzata di una ragazza guardarlo in modo inquietante.
terrorizzato corse urlando sino alla porta di ingresso, ma la trovò chiusa.

Urlò. "Apriti! Apriti!"

Provò anche a sfondarla, ma improvvisamente la sua testa abbandonò il corpo e cadde a terra. Il telefono smise di colpo di squillare.

 

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Capitolo 12
*** L'Archivio ***


Non appena giunsi a casa, appoggiai la borsetta accanto alle chiavi e mi lanciai immediatamente sul divano a leggere quell'archivio così misterioso e strano

Non appena giunsi a casa, appoggiai la borsetta accanto alle chiavi e mi lanciai immediatamente sul divano a leggere quell'archivio così misterioso e strano. Erano pagine di carta racchiuse in una cartelletta di plastica arancione, sulla cui etichetta campeggiava il nome "Joy Barker".

Lo aprii.
"NOME: JOY BARKER

SESSO: F

DATA DI NASCITA: 12 LUGLIO 1983

DATA DI MORTE: 7 APRILE 2006

CAUSA DELLA MORTE: INCIDENTE FERROVIARIO"

Incidente? Ma come incidente? Joy era stata uccisa!

Ragionai e poi capii che se avessero scritto che la causa fosse stata "Omicidio" avrebbero dovuto trasferire il cadavere nell'obitorio della scientifica. Ma perché? Perché quel cadavere era così prezioso? Perché Joy Barker e non Yoko? Perché non Kobayashi?

Continuai a leggere, piena di domande e con lo sguardo stranito:

"Ferite sparse sul corpo, ma nessun arto spezzato e/o mozzato, ad eccezione della testa"

All'interno c'erano anche delle foto della ragazza quando era ancora in salute, sorridente, una di quando era bambina su un triciclo rosso che sorrideva teneramente.

Le osservai con uno strano sorriso sul viso, che si spezzò non appena notai uno strano ed inquietante particolare.

Su tutte le foto un rivolo di sangue scendeva giù dalla testa della ragazza, sempre sulla guancia destra.

La guancia destra...come la mia guancia colpita da quelle gocce di sangue che cadevano dal braccio sanguinante, in ascensore. Ma che voleva dire? Ripresi a leggere, sempre più rapita.

"Questa giovane possiede una scoperta scientifica sensazionale: in eguito ad un esame del sangue abbiamo potuto verificare che tale Joy Barker possiede un gruppo sanguigno inesistente, che per praticità ci limiteremo a chiamare A0. Utilizziamo questo nome perché già nominato nei confronti di Kyoishi Tsukamoto, un uomo morto nel 1985 a causa di un incidente domestico. Lo stesso gruppo sanguigno della signorina Barker, di ignote provenienze che conferisce l'incredibil capacità di ritornare alla vita in stato di morte. Persino con il corpo dilaniato dalle peggiori ferite e mutilazioni, il cadavere della persona morta con sangue A0 torna in vita. Per questo motivo, oltre che all'ulteriore studio del sangue A0, Joy Barker è stata inviata dalla scientifica all'obitorio ospedaliero: è necessario che venga rinchiusa in una cella, perché il suo risveglio potrebbe rivearsi fatale".

Ero sconvolta, qui si virava nel paranormale. Era assurdo semplicemente assurdo, però cominciavo a capire: forse era la stessa Joy Barker tornata in vita attraverso la testa scomparsa che aveva ucciso Yoko e Kobayashi...ripresi a leggere.

"Secondo la dottoressa Kaori Murata, è necessario che se la situazione potesse sfuggire di mano e il cadavere tornasse in vita per vendicarsi, bisogna ucciderlo. Le condizioni di una reincarnazione potrebbero rivelarsi catastrofiche. L'unico modo per uccidere una persona di sangue A0 è attraverso le sue paure. Solo così il suo cuore cesserà di battere per sempre."

 

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Capitolo 13
*** L'Incubo ***


Ancora stranita dalla lettura dell'archivio, chiusi la cartelletta e la appoggiai sul tavolino

Ancora stranita dalla lettura dell'archivio, chiusi la cartelletta e la appoggiai sul tavolino. Mi tremavano le mani. Ancora non riuscivo a credere a ciò che avevo appena letto, mi stropicciai gli occhi. Il giorno stava ormai arrivando alla fine, il crepuscolo non tardò ad arrivare e l'appartamento fu devastato dal buio. Proprio in quel momento arrivò mia madre, che accese le luci.

"Sei matta a restare al buio?" mi rimproverò

"Ciao mamma"
"Oh ciao Chiharu"

Era appena andata a fare l'aspesa. Almeno quel giorno, oltre che stare con Shinji, si era occupata dei suoi doveri. Abbandonò le borse all'ingresso e puntò il dito contro la cartelletta chiedendomi cosa fosse.

"Oh niente, mamma...sono appunti di una ricerca che devo portare per domani" mentii, ma ero piuttosto convincente. In quel mentre pensai quasi che sarei stata perfetta come attrice. Takashi Shimizu non mi avrebbe certo rifiutata per "Ju- On 412".

"Quindi quelle sono le informazioni della tua ricerca?"
Annuii e corsi in camera. Riposi la cartelletta sulla scrivania e mi stesi sul letto con i veri appunti della ricerca di francese che avrei dovuto presentare l'indomani. Mi armai di evidenziatore rosa fosforescente ed iniziai a sottolineare le informazioni più importanti, ma alla parola "peur" mi addormentai. Il breve pisolino si sarebbe fatto ricordare come uno dei più traumatici e movimentati di tutta una vita: tutto sembrava tremendamente reale, eppure mi rendevo completamente conto che si trattasse solo di un sogno.

Mi trovavo in una stanza illuminata da una luce rossastra, che filtrava attraverso una finestra di vetro opaco. Era una stanza strana, vuota, completamente vuota. Di fronte a me solo un sacco di tessuto grezzo, un sacco che conteneva qualcosa di strano. Era legato con una fune. Solo allora mi accorsi di essere armata di un bastone. Un bastone color ebano che risaltava con ferocia attraverso il rosso sangue della stanza.
Ora come ora non sapevo il perché, ma quel sacco mi appariva così inquietante, come se fosse una minaccia e, così, quando iniziò a muoversi spaventosamente, iniziai a colpirlo violentemente, mentre urlavo e ansimavo.
Il tessuto del sacco cominciava a colorarsi di rosso. Non mi fermai e continuai a battere, finchè non si fermò completamente.
In quel momento decisi di controllare cosa vi fosse contenuto: allentai la corda e guardai dentro: trasalii, nel sacco c'ero io. Sanguinante, rinchiusa a feto.

Ansimai.

Il mio alter ego, ad un tratto, aprii gli occhi e mi sorrise. Urlai.

Lasciai cadere a terra il bastone e in quel momento, il mio collo iniziò a sanguinare senza motivo, senza che fossi ferita. Tentai di bloccare la fuoriuscita con le mani ma fu inutile. Indietreggiai e in quel momento mi svegliai con un grido.

Mi toccai la fronte, visibilmente sudata.

Il mio cuore batteva a mille e il respiro si faceva sempre più affannoso, terrorizzato.

Eppure ero in camera mia, distesa sul letto.
Gli appunti erano sparsi ul pavimento, le coperte erano disfate.
Controllai le ore sulla sveglia: 23.58. non mi resi conto di aver dormito così tanto.

Mi stropicciai gli occhi e mi diressi in cucina, dove presi un bicchiere d'acqua.

Mamma stava dormendo, accucciata sul divano, con gli occhi bagnati dalle lacrime. Mi chiedevo solo se tutto fosse andato bene con Shinji.

Tornai in camera e raccolsi gli appunti, con l'intenzione di studiarmeli con impegno, ma con orrore notai che su ogni pagina avevo scritto in continuazione "Joy Barker" con l'evidenziatore rosa. Come se non bastasse, tra le fotografie di città francesi e appunti demografici, scoprii un altro foglio, ben diverso dagli altri. Il terrore non mi avrebbe abbandonata. Mi avrebbe per sempre stretto la mano e mi avrebbe fatto compagnia, fino alla mia morte.

 

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Capitolo 14
*** Il Diario Di Joy ***


"Continuo a ricevere strane telefonate" non feci molto caso alle parole di Saeki, eppure mi entrarono nella pelle, come un ago che non lascia scampo

"Continuo a ricevere strane telefonate" non feci molto caso alle parole di Saeki, eppure mi entrarono nella pelle, come un ago che non lascia scampo

"Sai almeno chi te le manda?" le chiese Haruna preoccupata

"No...il numero è privato"
"ma ti minaccia? Cosa dicono queste telefonate?"
"Nulla...non appena rispondo...riattaccano"
"Allora sono solo stupidi scherzi, non farci caso".

"Stupidi scherzi? Ma che gusto ci provano?"
"C'è tanta gente idiota a questo mondo...ci prendono gusto a vederti incazzata"
Io partecipavo alla conversazione con il mio solito silenzio tombale, quel foglio che avevo trovato in mezzo agli appunti mi stava turbando non poco. Quella strama verità mi stava uccidendo. Mi stava amputando la testa, lentamente. Corsi via, sino al mio banco, dove mi lanciai in mezzo al mio limbo di braccia conserte.

"Ciao Astrid" esordì con sensualità la voce flebile di Yoshikawa.

Alzai la testa dalle mie braccia e lo guardai in faccia. Riuscivo a vederlo meglio e mi piaceva. I suoi occhi mi trapassavano l'anima. Mi sentivo divrsa. "Ecco il diario" disse porgendomi quello che sembrava il diario di una ragazza normale: copertina rosa, immagini pietose di hello kitty e diddl, sorridenti fotografie di Joy.

"Leggilo!" mi disse poi quel ragazzo dagli occhi penetranti "Non crederai mai a cosa ci sia scritto"

Mi sentivo stranita.

"Che cosa c'è scritto?"
"Kobayashi e Joy avevano una relazione!"
"Che cosa?"

Aprii immediatamente il diario e mi persi immediatamente, sin dalle prime parole. Una scrittura levigata, dolce e romantica campeggiava su quelle pagine rosee a quadretti. Joy.

"3 Gennaio 2006

Ho incontrato l'uomo della mia vita. Si chiama Kobayashi Nagoshi e ha qualche anno in più di me. Non gli ho ancora parlato di persona, ma mi è bastato uno sguardo. Uno sguardo che anziché pochi secondi mi è sembrato durasse molto di più. Cercai di assaporarne tutta la sua essenza.

Non lo amo per la sua bellezza anche se bello è...Ne sono attratta, ma non so esattamente da cosa

Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi Kobayashi"

"6 Gennaio 2006

Penso di lasciare Satoshi. Non provo più nulla per lui"

"12 Gennaio 2006

Ho parlato per la prima volta con Kobayashi. Beh...che dire...è proprio l'uomo che cercavo, così attraente, così compiuto interiormente. Abbiamo passato uno splendido pomeriggio insieme. Per prima cosa mi ha portato sul lungomare, dove ci siamo presi un gelato insieme.
Ogni volta che mi guardava, i suoi occhi si incrociavano con i miei e sentivo riaffiorare quella passione che avevo con Satoshi un po' di tempo fa. Abbiamo osservato i cigni sulla spiaggia."

"14 Gennaio 2006

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi

Joy ama Kobayashi"

"15 febbraio 2006

Satoshi mi ha chiesto di uscire con lui. Non sa ancora che provo qualcosa per Kobayashi. Non sa ancora che sto uscendo di nascosto con l'uomo della mia vita.

Sono stanca delle bugie. Stanno spezzando il mio cuore.

Oggi racconterò a Satoshi la verità, che gli piaccia o no.

Spero solo che non mi chieda di sposarlo, ci rimarrebbe di merda. Ma sarebbe impossibile, Satoshi non è certo il tipo che farebbe cose così romantiche.
Voglio lasciarlo.

Lo lascio stasera?

Si, devo farlo. Prima che sia troppo tardi.

Ho appena parlato su msn con Kobayashi. Sono terrorizzata: ci sarà anche lui al cinema. Cosa faccio? Mi fingo malata?

NO! Devo affrontare entrambi...devo spezzare le bugie che opprimono il mio cuore inesorabilmente devastato"

"16 Febbraio 2006

È stato orribile. Ho lasciato Satoshi e non l'ha presa affatto bene, come immaginavo. Un po' per via del film: era così melenso che avrebbe steso anche una Meg Ryan con eccessi di diabete. Ha iniziato a piangere: non riesco ancora capire se per me o se per la bruttezza del film.
Poi è accaduo l'inesorabile: Kobayashi mi ha salutata, mentre ero con Satoshi, che si è infuriato.

Kobayashi ha detto di essere il mio amante. Si sono pichiati nel vicolo. Kobayashi ha perso un dente. Ho pianto come una pazza. Piango anche adesso"

"20 febbraio 2006

Ho mandato una mail a Satoshi. Gli ho scritto che quello che provo ora non è più amore, solo affetto. Voglio che restiamo amici. Ti voglio bene Satoshi, non odiarmi, ti prego. Se tu mi amassi veramente capiresti"

"21 febbraio 2006

Mi sono fatta con Kobayashi. Non è stato ciò che mi aspettavo: non ho avvertito nessun fremito. Sono scoppiata a piangere. Amo Kobayashi, ma mi manca l'affetto di Satoshi. Starò forse diventata pazza?"

"23 febbraio 2006

Satoshi mi ha risposto alla mail con un suicide note. Ero disperata, preoccupata e ansiosa. L'ho contattato all'istante e abbiamo parlato: ha detto che non ci aveva pensato veramente, che quel suicide note era solo un gesto impulsivo. È scoppiato a piangere. Per tranquillizzarlo gli ho detto che avrebbe potuto venirmi a farmi visita ogni volta che ne avrebbe avuto voglia. Avrò fatto il mio solito imperdonabile errore?"

"25 febbraio 2006

Domani esco con Kobayashi. Ritorna a piacermi. Spero che faremo qualcosa di più. Ormai sono dell'intenzione di perdere la verginità con lui. Con Satoshi non ho mai sperimentato nulla. Solo lunghi, teneri baci e qualche ditalino. Ho bisogno di affetto. Ho bisogno di amore."

"26 febbraio 2006

Suona il campanello"

"27 febbraio 2006

Sono terrorizzata. È arrivata la polizia poche ora fa. Ieri è stato uno dei giorni più terrorizzanti della mia vita. Tutto è iniziato quando Satoshi è arrivato a casa mia. Aveva un volto distrutto. Voleva rimettersi con me. Sono rimasta muta come un pesce. Non sapevo come padroneggiare la situazione perché ero alquanto imbarazzata. Dietro di lui ho scorso Kobayashi. Era arrabbiato! Aveva la morte in faccia... ti dico, la morte in faccia! Aveva in mano un paio di forbici. Sono rimasta zitta, finchè Kobayashi non usò la sua arma contro Satoshi, accoltellandolo con violenza in pancia, a morte. Le urla del mio ex rieccheggiano ancora nella mia mente. Sono strazianti, mi stanno uccidendo. Ho aiutato il mio amore a seppellire il cadavere in giardino, lontano da occhi indiscreti. Nessuno sa. Nessuno saprà. Insieme abbiamo pulito il pavimento dal sangue. Non sapevo se essere felice o triste. Eppure ero libera"

"1 marzo 2006

Un'altra notta insonne. Ho il terrore delle forbici: mi ricordano il volto stravolto dal dolore di Satoshi."

"2 marzo 2006

Ho fatto l'amore con Kobayashi. Ancora una volta ho pianto."

"3 marzo 2006

Non ho ancora sonno. Kobayashi non fa altro che scusarsi per il delitto da lui compiuto e continua a ripetermi di non parlarne a nessuno: sarebbe stato il nostro piccolo segreto."

"8 marzo 2006

Ho gettato tutte le forbici di casa. Non riesco più a guardarne un paio senza svenire"

"14 marzo 2006

Kobayashi non mi parla più. Non capisco"

"18 marzo 2006

Kobayashi mi ha lasciata. Ho pianto"

"21 marzo 2006

Voglio rimettermi con Kobayashi. Ormai è un chiodo fisso"

"3 aprile 2006

Oggi parlo con Kobayashi."

"6 aprile 2006

Kobayashi Nagoshi"

Il diario si interrompeva così. Il nome della prima vittima dopo Joy. Quel nome scritto esattamente un giorno prima l'incidente ferroviario. La vicenda si stava facendo sempre più misteriosa ed intricata.

 

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Capitolo 15
*** Voce Strappata ***


Le mie dita scorsero tra le pagine di quel diario da ragazzina idiota, quando da esse fuoriuscì una fotografia

Le mie dita scorsero tra le pagine di quel diario da ragazzina idiota, quando da esse fuoriuscì una fotografia. La presi in mano: erano Kobayashi e Joy. Abbracciati l'uno accanto all'altro. Lei era in bikini, lui con un'orrenda camicia floreale. Sullo sfondo? Il tenero paesaggio del lungo mare. Tenerezza disarmante.

Notai con orrore, però, che anche in quella foto e in tutte le altre contenute nel diario appariva sempre quello strano rivolo di sangue, inquietante e strano che cadeva sino alla guancia destra e subito capii di cosa si trattasse.

Lo scoprii la notte precedente, parlando con mia madre, dopo che avevo trovato il documento di divorzio dei miei genitori tra i miei appunti di francese.

Mio padre si chiamava Susumu Barker.

"Letto?" mi chiese Yoshikawa con il suo disarmante sorriso.

Annuii "ti passo l'archivio... è terrificante ciò che ci è scritto"

-

 

Saeki ricevette un'altra strana chiamata, identica a tutte le altre: ogni volta che rispondeva, il misterioso interlecutore riappendeva senza "se" e senza "ma". Arrabbiata, spense il cellulare.

Era una ragazza dotata di un talento vocale davvero strabiliante. Ogni giorno, dopo la scuola si allenava ed esercitava nella stanza di musica del suo liceo. La sua voce era così angelica da mettere le lacrime a chiunque, con la sola potenza delle sue corde vocali. Quel giorno l'insegnante di musica non sarebbe venuta, ma Saeki non esitò a recarsi comunque nella stanza della musica per esercitare un po' la sua preziosa ugola. Tutti gli studenti erano assenti, ad eccezione di Komori. Lui era uno studente di prima liceo, con una vera e propria passione per il pianoforte. In quel momento si stava esercitando con una versione strappalacrime di "Fur Elise".

"Ciao Komori" gli disse Saeki con un sorriso docile

"Ciao Saeki..."
"E così hai deciso di venire comunque ad esercitarti?"
"Sì...almeno per una volte suonerò ciò che voglio"

"Già...quella stronza ci fa sempre esercitare su canzoni merdose"
"puoi dirlo forte"

"Ehi...?"
"Sì..."
"Mi è venuta voglia di entrare nella stanza insonorizzata"
tale stanza era molto grande ed era unita alla camera musicale attraverso una porta. Il suo scopo era quello di registrare le interpretazioni su nastro. L'audio lì dentro era perfetto, ma nessuno all'esterno avrebbe potuto sentire ciò che sarebbe potuto accadere al suo interno ed era questa la peculiarità di questa camera: si poteva registrare in santa pace, senza essere disturbati.

"Sei matta?" imprecò Komori "Non ci è permesso entrare là dentro"
"La prof non c'è giusto?" sorrise Saeki con la sua impertinente voglia di fare

"Ma così non ti sentirò cantare..."

Neanche il tempo di finire questa frase, che la ragazza si era già precipitata all'interno della stanza insonorizzata. Non ci era mai stata e tutto ciò che le passava sotto gli occhi in quel momento era incredibile: un grande registratore era posizionato su di una parete, mentre al centro della stanza c'era un leggio con diversi spartiti musicali. Con l'intenzione di registrarsi, Saeki avviò il registratore e vi inserì un nastro vergine.

REC.

Cercò tra i vari spartiti e subito restò fulminata da quello dell'aria di "Il Flauto Magico" di Mozart. Era un passaggio operistico che la intrigava parecchio: adorava quel suo interessante falseggio, che saliva in alto fino a scendere in un impeto minaccioso. Una spirale sonora di grazia immune.

Cominciò subito l'interpretazione e si lasciò trascinare da quei falseggi graziosi e incredibili, mandando a fare in culo le spiegazioni tecniche di quella prof di musica che tanto odiava.

Ad un tratto qualcosa bloccò la ragazza: la sua voce smise di falseggiare senza motivo.

Un rumore la straziò. Non poteva esserci nessun altro oltre che lei: era una stanza insonorizzata!

Ancora, lo stesso rumore! Più sordo e magistrale. Irrigidì. Tutto sembrava normalissimo, eppure qualcosa non andava. Immediatamente si sentì uno scricchiolio che proveniva da dietro il registratore. Non era il nastro in funzione, ma un suono secco e brusco, quasi un grido suonato in reverse.

Saeki, presa da un impalpabile terrore, stava per allungare le mani verso la macchina, quando il medesimo tonfo sembrò essere presente dietro di lei, squarciando un silenzio quasi sacro.
Saeki si voltò con lentezza, ma ecco che gli spartiti sul leggio presero il volo, fino a squarciare uno dopo l'altro il collo della ragazza.

Urlò, urlò, ma fu inutile...ben presto la voce le volò via come un angelo in cerca di qualcuno da proteggere. E dopo un paio di altri colpi, la testa abbandonò il corpo e cadde a terra.

 

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Capitolo 16
*** La Morte In Diretta ***


"Penso che dovremmo andare a casa di Kobayashi" sussurrai a Yoshikawa, convinta che in quella abitazione si nascondesse la soluzione di questo intricato mistero

"Penso che dovremmo andare a casa di Kobayashi" sussurrai a Yoshikawa, convinta che in quella abitazione si nascondesse la soluzione di questo intricato mistero. Pensammo alla sciocca ipotesi che i detective avessero chiuso le indagini a causa dell'inquietante scoperta sul sangue A0. che continuare le indagini sarebbe stato rischioso. Così ci dirigemmo sino all'abitazione di Yoshikawa e, come previsto, la trovammo disabitata.

L'unico particolare era il famoso nastro giallo della scientifica a cingere la casa.

Salimmo le scale velocemente e forzammo la porta.

L'appartamento non pareva certo quello di un tipico uomo solo: era pulitissimo ed impeccabile, con le uniche eccezioni del sangue sulla parete e sulla porta.

"Che cosa cerchiamo in verità?" mi chiese Yoshikawa ingenuo
"Ancora non lo so...ma voglio scoprire in base a che cosa Joy Barker sceglie le sue vittime"

"Mmmh...perché non proviamo andare in camera di Kobayashi?"
"Ottima idea...probabilmente là troveremo qualcosa...qualche scheletro nell'armadio...chissà..."

Dopo una rapida occhiata alle altre stanze dell'appartamento, entrammo nella camera da letto e notammo che era completamente diversa dagli altri luoghi casalinghi: vi regnava un disordine immenso. Le coperte erano disfatte, gli armadi erano con le ante aperte, le tende strappate.

Mi fiondai sul letto macchiato di sangue e cercai lì. Pensai che forse era un segno che il corpo di Kobayashi fosse stato trascinato sino al suo letto, nonostante fosse morto all'ingresso. Cominciai a cercare tra le coperte, tra le lenzuola, nelle fodere dei cuscini, sotto lo sguardo impietrito di Yoshikawa. Ad un certo punto sotto il mio ginocchio sentii qualcosa di strano. Qualcosa di duro che picchiava contro la rete ortopedica. Alzai il materasso e notai la presenza di strane videocassette. Erano videocassette prive di custodia.

"Cosa sono?" mi chiese Yoshikawa

Non gli risposi e rimasi a fissare quegli strani nastri, che recavano delle strane etichette sulla loro superficie.
"Snuff # 1: Noriko"

"Snuff # 2: Matsuko"

"Snuff # 3: Erika"

"Snuff # 4: Mariko"

"Snuff # 5: Kaori"

"Snuff # 6: Keiko"

"Snuff # 7: Joy"

"Che diavolo sono?" gridò Yoshikawa

Lo guardai negli occhi, zuppi di lacrime. Sapevo benissimo cos'erano gli snuff movies: film in cui le persone riprese morivano davvero, dopo essere sottoposte a torture spaventose.

"Probabilmente Kobayashi usciva con più ragazze per filmarle mentre le torturava...probabilmente era necrofilo"

Presi la videocassetta su cui campeggiava il nome di Joy e la misi nel videoregistratore.

Play.

La location sembra essere un binario ferroviario, contornato da alcuni alberi.

"Cosa stai filmando?" chiese una voce all'interno del video.

A questo punto la telecamera si abbassa, fino ad essere appoggiata a terra. La ragazza con cui Kobayashi inizò a parlare doveva trattarsi di Joy Barker. La telecamera inquadrava i loro piedi
"Ciao Joy, come mai sei qui?"
"Kobayashi, ascolta...ti devo parlare"
"Riguardo a cosa?"

"Sono ancora innamorata di te...volevo chiederti se potevamo rimetterci insieme"
"Anche io sono ancora innamorato di te"
i piedi di Kobayashi si avvicinarono a quelli di Joy. Forse si stavano per baciare, ma qualcosa subito accadde: dei gemiti. Gemiti squarciarono il silenzio. I piedi di Joy incominciavano a muoversi in modo inquietante, come se volessero difendersi dalla furia omicida di Kobayashi, che l'aveva poi addormentata con il cloroformio. Una volta svenuta, la ragazza venne trasportata sino al binario. Le appoggio la testa esattamente in modo che il collo coincidesse con il binario in modo che una volta fosse passato il treno le avesse amputato la testa senza creare danni al corpo.

Il treno non tardò ad arrivare e davanti alla telecamera si vide lo schianto. Sangue schizzò contro l'obbiettivo.

Mi coprii gli occhi tantè ero spaventata. "Che mostro!" eclamai tra le lacrime, che scendevano senza sosta. Yoshikawa diede un' occhiata anche agli altri video: anche negli altri nastri delle ragazze venivano uccise di fronte all'obbiettivo in modus operandi davvero sconcertati. Amputazioni e tagli erano ripresi con tremenda precisione, con zoom sulle parti più nauseanti e riprese sui volti lacerati delle ragazze sofferenti.

"Ferma! Ti prego ferma!" urlai, mentre le lacrime e la despirazione mi rapirono.

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Capitolo 17
*** Vomito ***


Spensi il televisore e mi rifugiai tra le braccia di Yoshikawa, che iniziò ad accarezzarmi la testa

Spensi il televisore e mi rifugiai tra le braccia di Yoshikawa, che iniziò ad accarezzarmi la testa. Mi liberai dal dolore con le mie lacrime salate ed inconfutabili, poi cercai le labbra del ragazzo che mi stringeva. Non sapevo perché l'avessi fatto, ma ebbi il coraggio di assaporare quelle labbra dolci senza che lui mi dicesse nulla. Rimase lì impietrito, a farsi mangiare dalla passione. Poi mi baciò la fronte e mi sussurrò di avere uno strano presentimeno. Non volevo baciarlo, ma l'avevo fatto. Qualcosa mi aveva spinto a farlo.

"Che cosa c'è?" gli sussurrai stranita
"Forse ho scoperto in base a che cosa Joy uccide, l'ho scoperto attraverso il tuo bacio"

"Ma...come?"
Yoshikawa si alzò dal letto e prese un foglio di carta e una penna stilografica dalla scrivania della stanza di Kobayashi ed inziò a tracciare uno strano schema.

JOY- KOBAYASHI- YOKO= Takashi, Hideo, Daesuke

  • (L) - (L)

"Che vuol dire?" gli domandai, non riuscendo a capire quelle strane scritture. Aveva tracciato i nomi delle vittime in maiuscolo, divisi da trattini, poi un doppio legame con i nomi di altri tre ragazzi, tutti ex di Yoko.

"Non ci credo..."
"Cosa?"
"è tutta una catena!"

"Catena?"
"Guarda!" puntò il dito sul foglio "Joy era innamorata di Kobayashi. Kobayashi aveva una storia con Yoko..."
"E quindi?"
"Quindi Joy sceglie le sue vittime in base ad una catena amorosa. Se la mia ipotesi è giusta la prossima vittima dovrebbe essere o Takashi, o Hideo o Daesuke"
Lo guardai stupita.

"Penso che basti anche un semplice contatto amoroso per essere scelti da Joy?"
"E questo da cosa lo capisci?"
"Pensaci...lei è morta per amore...è morta con il cuore spezzato...vuole far capire alle persone ciò che ha provato lei"
"Oddio" dannazione a me e al bacio! Avessimo scoperto prima quella strana catena, non l'avrei di certo baciato: se la vittima prescelta fosse stata Takashi, e successivamente Saeki, una ragazza con cui Takashi ebbe una piccola relazione, la vittima successiva sarebbe potuta essere Yoshikawa, e poi io. Rimasi di sasso. Non riuscivo a pronunciare parola.

"Dobbiamo riuscire a spezzare questa maledizione" mi disse Yoshikawa abbracciandomi. Cercai il suo odore, e poi il suo collo. Ormai eravamo già marchiati.

-

Stesa sul mio letto, la camera chiusa da una chiave di dolori, mi persi guardando alla televisione un vecchio poliziesco, non riuscivo ancora a credere alle parole di mia madre,a quell'incubo passato, a quella confessione mai rivelata, quel segreto di famiglia, mi stava dilaniando. Le mie palpebre diventarono pesanti e il sonno mi vinse. Il sogno che feci pochi secondi dopo mi turbò sia fisicamente che psicologicamente: ero in un bagno pubblico. Le pareti erano giallognole e un odore disarmante di piscio mi entrava nelle narici con violenza. Una pioggia di dita mozzate colpì il lavandino in cui mi stavo lavando le mani. Un catino, in mezzo a tutto quel sangue mi occhieggiava con romanticismo, quando dentro di me qualcosa prese possesso del mio corpo. Sentivo una creatura dentro il mio stomaco muoversi e farmi male. Un dolore lancinante non mi fece quasi respirare, così mi cacciai due dita in gola, provando a purificarmi con l'assenza. Una sostanza liquida quasi lattea, ma verdognola, continuò ad uscire e ad entrare nel catino, riempiendolo. Mi sentivo già meglio, più libera, più pura. Il mio primo pensiero era quello di gettare il mio vomito nel lavandino, ma non appena da uno dei gabinetti uscì Yoshikawa, lo presi per i due lembi e lo appoggiai a terra. Yoshikawa si avvicinò a quattrozampe e iniziò a bere il mio vomito. Lo nutrivo con qualcosa che veniva da me, lo facevo mio.

Mi svegliai in preda al panico, sconvolta da quella visione distrubante. Al posto del film di cui stavo prendendo visione, davanti a me si scagliava il telegiornale con le sue solite brutali notizie. Altri due cadaveri sono stati rinvenuti, con il medesimo metodo di esecuzione di Kobyashi e Yoko Yamazaki. Come sospettavo. Takashi e Saeki. La catena di morti entrava nella mia pelle come un ago che la bucava con brutale eleganza. Una possessione, come quella strana creatura del mio sogno che mi sconvolgeva lo stomaco.
Mancavano pochi minuti e mamma sarebbe tornata a casa. Non volevo vederla, così corsi via a raggiungere Yoshikawa.

 

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Capitolo 18
*** Un Passato Che Ritorna ***


"Dottore

"Dottore! Dottore!" urlò un'infermiera chiamando il dottor Katsurami

"Cosa c'è?"
"Pessime notizie...signore"
"Quali...il corpo della paziente 418, Joy Barker, è scomparso"
"Che cosa? Ma come?"
"Non si sa..."
"Porca puttana...lavoro con un branco di negligenti e incompetenti...ora si che siamo nei guai"
Nella cella, al posto del corpo privo di testa della ragazza c'erano solo capelli e sangue. La carne si era volatilizzata.

Dovevo affrontare Joy, anche se ne ero terrorizzata. Bussai alla porta di Yoshikawa.

"Chiharu? Che fai qui? Ti vedo scossa"

Infatti ero scossa, anzi più che scossa, tremavo come una foglia, come una gattina atterrita da un temporale "Devo parlarti"
Il ragazzo avvisò i genitori della sua uscita e, ottenuto il consenso, i due restarono in giardino.
"Di che dovevi parlarmi?"
"Devo dirti la verità... non ci devono essere più segreti tra di noi" incominciai a piangere

"Cosa? Mi stai spaventando...a proposito ...lo sai che sono morti Takashi e Saeki, i prossimi potremmo essere noi"

Piansi ancora di più "Sì... lo so"
"Dobbiamo sconfiggere insieme la maledizione"
Annuii "ma prima devo raccontarti tutta la verità"
"Che verità?"
Urlai "Joy Barker era già morta, prima di subire l'incidente ferroviario...era già morta una volta!"

Guardai il viso della persona che incominciavo ad amare, i suoi occhi erano straniti, scioccati. "Cosa?" sussurrò con un sospiro flebile

Incominciai a raccontargli tutto. Gli raccontai del documento di divorzio trovato tra i miei appunti, della chiaccherata con mia madre dopo aver scoperto il nome di mio padre.

"Joy Barker era già morta poco prima che nascessi io. Era mia sorella"
"Cosa?"

"Non interrompermi, ti prego."
"Ma come è morta?"
"Mia madre stava preparando il the alla nonna, che era in soggiorno a lavorare all'uncinetto. Joy era in cucina e guardava mamma mentre lavorava ai fornelli. Aveva preparato anche dei biscotti e li aveva messi in un piattino, appoggiato sul tagliere, accanto ai coltelli da cucina.

Joy era così attratta da quei biscotti che ne prese uno e lo mangiò. Mia madre la sgridò, dicendole che avrebbe dovuto aspettare di mangiarli con la nonna, che era una bambina cattiva ed ingorda. Allora lei incominciò a piangere, si armò di coltello e lo infilzò nella mano di mia madre."
"Oddio"
Non riuscii a trattenere le lacrime "Mia madre, dal dolore si voltò di scatto: aveva la teiera in mano e involontariamente colpì la testa di Joy, che cadde a terra esanime"
"Mio Dio...ecco perché quel rivolo di sangue sulle fotografie"
"Già...l'aveva colpita proprio sulla parte destra della fronte."
"Ma è stato un incidente, giusto?"
"Sì...mia madre era disperata, mia nonna ebbe una crisi depressiva e venne ricoverata in ospedale. Presa da un impeto di disperazione, mamma portò il cadavere di Joy tra i bidoni della spazzatura e lo abbandonò lì. Dopo venti minuti andò a controllare, ma il corpo non era più lì... si era risvegliato."
"E perché Joy non si era vendicata di tua madre?"
"Penso che si fosse sentita in colpa per ciò che aveva fatto, penso abbia capito che era tutta colpa sua" le lacrime smisero di scendere, ma il dolore e la disperazione non mi abbandonavano."
"è terribile"

"già"

"poi tornò mio padre dal lavoro, scoprì cos'era successo e decise di divorziare, mamma scoprì di essere incinta"
"Chiharu..."
"ma non finì così...mio padre pochi giorni dopo si uccise, si impicco ad un albero in un parco. Mia madre non mi aveva mai raccontato nulla! Ti rendi conto! Non mi ha mai raccontato nulla" mi fiondai tra le braccia di Yoshikawa e ripresi a piangere, continuai a piangere finchè i miei occhi non diventarono di carta.

 

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Capitolo 19
*** Sorella ***


"Non voglio tornare a casa" continuai a piangere, persa nella pelle e nella carne di Yoshikawa

"Non voglio tornare a casa" continuai a piangere, persa nella pelle e nella carne di Yoshikawa

"Non aver paura"
"Dove possiamo andare?"

"Ho un po' di soldi in tasca, poco distante da qui c'è un albergo di due stelle. Staremo lì a dormire per una notte, che ne dici?"
annuii. Il crepuscolo stava arrivando come un velo nero che ricopre tutto.

"Volete due camere singole?" chiese l'assistente dell'hotel, una sorridente ragazza di origini coreane, il cui cartellino diceva "Sun Mi-Yung"

"Non è possibile una singola con due letti?"
"Sì...ce n'è una disponibile, la 418" sorrise Sun Mi-Yung, affidando le chiavi a Yoshikawa

Salimmo le scale. Era una stanza al terzo piano.

Due letti, un vecchio televisore, due comodini, un armadio e un bagno con la doccia rotta e con acqua sul pavimento.

Mi stesi sul letto silenziosa, quando squillò il mio cellulare.
"Pronto?" dissi con la tristezza nel cuore. Era Haruna.

"Ciao...ti sento strana, cosa c'è....dove ti trovi?"
"Non te lo posso dire"
"Perché no?"
"Ascolta Haruna...devo fare una cosa importante"
"Che cosa?"
la chiamata era disturbata da strani rumori di fondo che sporcavano la voce di Haruna, trasformandola quasi in un feedback.

"Haruna...mi senti? Io sento disturbato"
"Chiharu...dov...chihar...non...t...sent..."
"Io invece ti sento benissimo Chiharu...e sai una cosa ucciderò prima il tuo amcihetto e poi te, vi squarcerò il collo e passerò alla vittima successiva, in una catena senza fine" non era Haruna che parlava e per questo mi spaventai. Cacciai un urlo e gettai il cellulare per terra.

"Cos'è successo?" sussultò Yoshikawa che stava ammirando il panorama dalla finestra "Perché hai gridato?"
all'improvviso mi sentii diversa, più leggera, più strana.

"Che cosa ti succede, Chiharu? Che cos'hanno i tuoi occhi? Hai una faccia strana" la voce di Yoshiakwa mi appariva sempre più distante, meno nitida. Mi lasciai cadere a terra. Mi sentivo posseduta.

Yoshikawa accorse "Chiharu! Stai bene? Chiharu! Chiharu"
cominciai a gridare, sempre più, mentre mi lasciai andare in convulsioni. Piedi e mani cominciarono a muoversi senza che li comandassi. Continuai ad urlare, mentre Yoshikawa mi guardava sempre più disperato "Chiharu! Calmati Chiharu! Calmati!"
Crisi epilettiche.

Yoshikawa riuscì a calmarmi con un bacio. Ritornai ad essere mè stessa.

Nel frattempo, Haruna, terrorizzata dalla strana telefonata accorse a casa mia, suonò il campanello e salì con velocità le scale, sorprendendo mia madre, che piangeva.

"Salve signora" la salutò cordialmente con il tipico inchino orientale
"Oh ciao Haruna...Chiharu non è in casa"
"Come no?"
"Non è qui...di solito lascia qualche bigliettino con scritto che non c'è, ma oggi è diverso...è scomparsa...io non capisco"
"Ero venuta proprio per Chiharu...volevo chiederle di spiegarmi una cosa di matematica" mentì Haruna

"Capisco...senti vuoi restare almeno finchè non ritorna? Ho un pezzo di pizza surgelata...basta che te la scaldo al microonde"
"No signora, non si deve disturbare"

"Non fare complimenti"
Haruna sorrise "se proprio insiste"

"perfetto"

La mia amica, però, approfittò della situazione per introdursi in camera mia e cercare qualche indizio che le indicasse dove fossi, quando scoprì l'archivio dell'obitorio e la videocassetta snuff.

Prese quest'ultima e la mise nel videoregistratore di camera mia, incosciente di un orrore che ben presto avrebbe colpito anche lei.

Haruna visionò l'intero video e ne rimase scioccata, sconcertata, ma quando notò che il video era continuamente inframmezzato da un'immagine confusa e continua, schiacciò il tasto "pause" per vederla meglio. Era una fotografia di una donna, forse Joy Barker, in bianco e nero e con i capelli corvini a celarle il volto ceruleo. Haruna, affascinata dalla scoperta, avvicinò lo sguardo alla televisione, ma in quel mentre, il viso si voltò di scatto. Haruna indietreggiò...com'era possibile?
la televisione era ferma si "pause".

Corse via e raggiunse in cucina, dove mia madre era completamente immobile, come una statua.
"Signora, c'è qualcosa di strano in camera di sua figlia" gridò Haruna, quando mia madre si mosse cadaverica sino al forno microonde e ci infilò la testa.
"Signora ma che sta facendo?" si sconcertò Haruna, quando notò che la mano destra di mia madre, la stessa che aveva colpito Joy a morte stava avendo delle strane convulsioni. Lo sportello del microonde continuò a chiudersi con violenza, fino a squarciare il collo di mia madre, che non lanciava il minimo grido di dolore.

Haruna urlò, corse giù per le scale, senza nemmeno indossare le scarpe che aveva abbandonato all'ingresso.

Io intanto mi svegliai. Avevo la testa devastata eppure ero riuscita ad addormentarmi. Provai una strana sensazione e corsi in bagno, quando sentii un odore lancinante provenire dalla doccia distrutta, coperta da un drappo. Un po' curiosa e un po' terrorizzata, mossi il drappo e guardai cosa nascondeva sotto: lo stesso catino del sogno contenente il mio vomito. Gridai e mi lasciai cadere a terra, mentre riuscii a vedere l'immagine di Joy che dava da bere il suo vomito a Kobayashi. L'amore nella forma più pura. Mi diedi digli schiaffi, ingenuamente credendo che mi avrebbero salvato dall'incubo e tornai in camera, sorprendendo Yoshikawa dolorante e sanguinante.

"Che è successo?" urlai disperata. Un paio di forbici era conficcato nel ventre del ragazzo.

Cominciai a piangere, mentre vedevo che quel taglio maledetto sgorgava sangue e macchiava la camicia del mio ragazzo. Con il dolore nel cuore, riuscii a estrarre le forbici e lo abbracciai.
"Yoshikawa...cos'è successo? Cos'hai fatto?"
"Non lo so, Chiharu non lo so"

Piansi su di lui, bagnandogli il colletto della camicia sporca di sangue. Non avevo mai sentito la morte così vicina prima d'ora.

Poi un rantolo.
Guardai Yoshikawa negli occhi e vidi il suo viso terrorizzato, pietrifciato.

"Cosa c'è?" gli chiesi spaventata

Non rispose, era pietrificato.

"Yoshikawa rispondi!" mi stavo preoccupando davvero

Allora lui indicò qualcosa dietro di me. Brividi mi perturbarono il corpo, gocce di sudore mi scivolarono giù dalla fronte. Speravo fosse solo uno stupido scherzo di Yoshikawa ma quando mi girai trasalii: c'era Joy Barker, eretta sul corpo sparito dall'obitoreo, dalla carne cerulea, avvolto in un vestito bianco leggero, privo di spalline. I capelli corvini le corpivano il volto, erano vagamente mossi e non superavano il seno. Ma ciò che si intravvedeva tra quei capelli era il taglio profondo sull'ugola, che continuava a sanguinare, macchiando il tessuto candido in rosso vivo.

Facendo finta di non vederla, presi il braccio di Yoshikawa e lo misi intorno al mio collo e cercammo di fuggire.

"Non avere paura Yoshikawa, ci sono le scale ora ci sono le ..." neanche il tempo di quella frase, che mi resi conto che le scale erano scomparse, spazzate via da un'immensa distesa di stanze.
"Ohnnò" sussurrai quando vidi che l'unica via di salvezza era in fondo al corridoio: un ascensore.

Corsi velocemente, trascinandomi dietro Yoshikawa che ad ogni passo emetteva una smorfia. Era lui il prossimo a morire, dovevo proteggerlo.
Cominciammo a gridare e a sbattere pugni sulle porte, ma fu inutile, nessuno pareva rispondere al nostro allarme così capimmo che se avessimo voluto sopravvivere, avremmo dovuto difenderci da soli. All'improvviso però, qualcosa di strano schizzò sul mio volto.

Il sangue mi si raggelò nelle vene. Non poteva essere vero. Mi girai verso Yoshikawa e vidi con orrore che la sua testa non c'era più: il sangue continuava a schizzare dal suo collo mutilato.

Urlai e lasciai cadere a terra il corpo esanime, poi corsi in fretta, cercando di raggiungere l'ascensore della salvezza. Un rumore mi fece sussultare. Joy stava arrivando, sempre più in fretta, dietro di me. Raggelai, ma trovai comunque il coraggio di voltarmi.

La porta della camera di me e Yoshikawa si stava aprendo. Caddi a terra e riuscii a vedere Joy Barker uscire dalla stanza, cercando di arrivare a me.
Con un balzo ritornai sulla mia strada e finalmente raggiunsi l'ascensore.

In quel mentre la testa di Joy abbandonò il corpo e rotolò velocemente dietro me.
Pochi secondi, pochi secondi.

Come se avessi un tic nervoso nel dito, continuai a schiacciare il pulsante del piano terra e mi accorsi di quella scritta "Io sono viva, voi no. Joy Barker"

La stessa dell'ospedale.

Diedi un ultimo sguardo che si stagliava di fronte ai miei occhi: Joy era sparita.

"L'unico modo per uccidere una persona di sangue A0 è attraverso le sue paure" le parole dell'archivio dell'obitorio entravano nel mio cervello sempre più nitide ed implacabili. Solo in quel momento mi ricordai del vero terrore di Joy: le forbici. Ed era quello che stavo reggendo: il paio di forbici che avevo estratto dal corpo di Yoshikawa. un tonfo mi fece sussultare.

Joy stava venendo a prendermi attraverso la grata dell'ascensore.
Ancora tremolante, allora posizionai le forbici in verticale, con la punta a toccare il cielo. Piangevo.

Stava arrivando, stava arrivando: La sentivo.

L'ascensore non si muoveva sebbene continuassi a schiacciare il pulsante.

Sentii un sussurro, dolce ed estremo allo stesso tempo: "Sorella!". Smisi di schiacciare e restai con gli occhi tesi sulla grata, insieme alla punta affilata del paio di forbici.

Un sussulto mi percosse.

"Chiunque possieda sangue A0 può essere ucciso solo attraverso le sue paure"

Ero bloccata. I brividi mi impedivano di ragionare, le mani che reggevano le forbici tremavano. Sarei davvero riuscita a spezzare la maledizione?

"Sorellaaaaa!" un urlo!
La testa di Joy scivolò dalla grata aperta per ragiungermi, quando entrò in pieno con la punta delle forbici, che le trapassarono l'occhio. Urlai. Il sangue di Joy arrivò a sgorgare sino alla mia mano.

L'incubo era finalmente finito.

"Sorellina" mi voltai verso il corridoio e vidi il fantasma di mia sorella sorridermi e salutarmi con la mano "Ti ringrazio"
"Di cosa?"

Non mi rispose e scomparì nel nulla. "Addio Joy Barker" sussurrai con dolcezza. Finalmente capii per cosa mi stesse ringrazinado: l'avevo liberata. Non voleva uccidere, ma finchè fosse restata in vita, quello era il suo unico scopo: vendicarsi.

Uccidendola le diedi finalmente la libertà eterna.

Non sapevo se piangere o se ridere e in quella parentesi di tempo, nel dubbio totale, appoggiai le labbra sulla testa morta di Joy, le baciai la ferita sulla parte destra della fronte, mentre fuori iniziò a nevicare.

Bianco, il colore dell'espiazione.

-FINE-

 

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