Save me from the nothing I've become

di Quasar93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Base segreta MS-889 – Mustafar System
 
-Sei pronto, Darth Morgoth?- chiese mellifluo Darth Tyranus, porgendo al suo nuovo apprendista una maschera Sith, dipinta in bianco e nero e con una grande X rossa che la attraversava a livello degli occhi.
-Si, mio maestro- rispose l’altro, prendendo la maschera e indossandola senza battere ciglio per poi abbassarsi l’ampio cappuccio celando ancor di più le proprie apparenze.
-Bene, bene. Forse dopotutto mi sbagliavo, Tyranus, e abbiamo per le mani l’uomo giusto- commentò alle spalle della coppia Darth Sidius, osservando compiaciuto gli sviluppi della situazione.
Forse dopotutto il suo apprendista aveva scelto bene.
Certo, portare il loro esperimento a quel livello si era rivelato più lungo e faticoso del previsto, ma se tutto fosse andato per il meglio avrebbero avuto per le mani una macchina assassina perfetta e disciplinata, senza il rischio tanto temuto da Darth Tyranus di dover aver a che fare con una mina vagante.
-Non perdiamo altro tempo- sentenziò quindi il conte, precedendo il suo apprendista e il suo maestro attraverso una serie di porte scorrevoli e un paio di corridoi, per poi infilarsi in un ascensore che li portò fino all’area di detenzione D4-A, situata molto in profondità e dotata del più alto livello di sicurezza dell’intera struttura.
-Ora, per il tuo prossimo compito, c’è un prigioniero che è sempre stato un grosso problema per noi Sith, e che ora si da il caso che conosca le coordinate di una rotta fondamentale per l’esito della guerra, coordinate che non devono cadere nelle mani della repubblica. La tua mansione è aiutare questo giovane Jedi a diventare un po’ più loquace-.
Darth Morgoth annuì e, senza ulteriori indicazioni, premette il pulsante per l’apertura della porta che scivolò di lato lasciando intravedere una cella angusta e buia.
Il Sith entrò e si diresse al suo centro, dove all’interno di un campo di forza era confinato un Jedi, guardato a vista da un paio di droidi armati di aste al plasma.
Darth Tyranus e Darth Sidius entrarono chiudendosi la porta alle spalle, e rimanendo sulla soglia ad osservare, impazienti di verificare il successo del loro esperimento.
Era la prova del fuoco, se il loro nuovo apprendista avesse eseguito i loro ordini anche in quel caso sarebbe stato loro per sempre.
Ad un gesto di Tyranus i due droidi di guardia uscirono dall’oscurità del fondo della cella, e colpirono il prigioniero alla schiena, trasmettendogli una forte scossa elettrica. Fino a quel momento il Jedi era rimasto incosciente, la testa penzoloni tra le braccia bloccate in alto, ma il colpo dei due droidi l’aveva svegliato con un ringhio di dolore.
-Jedi, presentati al tuo nuovo amico- ordinò il conte Dooku indicando Morgoth e ricevendo solo uno sguardo di odio dal giovane, che si dimenò nel vano tentativo di liberarsi, senza dire una parola.
-Molto bene allora. Darth Morgoth, convinci il nostro Jedi a dirti il suo nome, per cominciare-
Per la prima volta da quando era entrato nella stanza il più giovane dei signori dei Sith alzò gli occhi a incrociare quelli del ragazzo, che ricambiò lo sguardo fissando con odio quelle iridi gialle che si intravedevano nonostante la maschera.
Per un attimo Morgoth ebbe un tremito, il viso di quel giovane generale gli diceva qualcosa, gli era familiare. Lo fissò più intensamente, ricordi di affetto e amicizia iniziarono ad affiorare nella sua mente, ma il Sith li cacciò subito via, quella non era roba sua.
Erano del lui che era stato, e adesso non avrebbero significato niente per lui se non una punizione dai suoi maestri, se l’avessero scoperto a esitare, e allora gli avrebbero fatto male di nuovo. E di nuovo. E di nuovo.
Lui esisteva per un unico obbiettivo, ed era eseguire i loro ordini.
-Si, maestro- rispose quindi in modo meccanico, apprestandosi poi a modificare le impostazioni del campo di forza per portare il prigioniero al suo livello, facendolo inginocchiare, le mani bloccate in alto, i capelli stretti in pugno per tenergli la testa sollevata.
Lo fissò negli occhi, e portò l’altra mano tra loro due, il braccio steso per quanto possibile dalla posizione.
-Tu mi dirai il tuo nome- scandì.
Il giovane Jedi lo guardò e scoppiò a ridere –Devi essere nuovo qui, dovresti sapere che questi trucchetti non funzionano che con le menti semplici-
Per nulla turbato dall’irriverenza del ragazzo, Darth Morgoth si limitò ad aumentare l’intensità del suo potere.
Ne aveva così tanto ultimamente, più di quanto ne avesse mai avuto nella sua intera vita, lo sentiva dentro e fuori di sé, lo circondava, e più ne faceva uso più diventava abile, più diventava un tutt’uno con esso.
-Tu mi dirai il tuo nome- ripetè e stavolta il ragazzo ci mise più tempo ad opporsi all’ordine. Era più forte dei normali trucchi mentali Jedi, e faceva male.
-E dai, dovresti conoscermi senza bisogno di questi mezzucci – mal dissimulò spavalderia il ragazzo, per non dare soddisfazione all’altro – sono abbastanza famoso-
-Tu mi dirai il tuo nome- ordinò per la terza volta il Sith. Non alzò nemmeno la voce, ma al giovane Jedi sembrò come se la testa dovesse esplodergli da un momento all’altro, tanto pervasivo e potente era stato quel comando, tanta la quantità di Forza che spingeva contro la sua mente.
Questo era sicuramente il potere del lato oscuro.
Mentre riguadagnava la lucidità temporaneamente persa si ritrovò a balbettare il suo nome.
 -A-anakin. Anakin Skywalker-
Quel nome suscitò di nuovo qualcosa all’interno di Darh Morgoth. Sentiva che era stato importante per lui e per questo lo cacciò via con ancora più veemenza. Più spingeva via quella sensazione più qualcosa dentro di lui sembrava rompersi, molto in profondità, ma quel dolore era niente in confronto a quello che avrebbe provato se avesse deluso i suoi maestri.
Quindi non fece nulla, e si limitò ad attendere ulteriori ordini.
- Bene, bene- commentò Darth Sidious, unendo le mani davanti a sè con fare compiaciuto – Tyranus, pare che il tuo esperimento stia riuscendo. Vediamo fin dove riesce a spingersi- continuò, a voce bassa in modo da poter essere udito solo dal suo apprendista, che annuì.
-Morgoth, chiedi al generale Skywalker i codici di quella rotta. Non serve essere gentile-
-Si maestro-
-Ehi, burattino. Sai dire qualcos’altro oltre a “si, maestro”?- ghignò il giovane Jedi. In tutta risposta Morgoth allungò un braccio e con la Forza prese una delle aste al plasma da un droide, colpendo Skywalker a livello dello stomaco, lasciando che la scossa elettrica gli attraversasse il corpo.
-Non sei nella posizione di fare lo spiritoso- sottolineò il concetto con un’altra scarica.
-Eppure parla- disse, ansimante, il generale –posso avere anche l’onore di vedere il tuo brutto muso?-
Come risposta Morgoth lo colpì di nuovo, più a lungo, osservando il suo corpo contorcersi. Quando lo lasciò andare il ragazzo si piegò su se stesso per quanto possibile, e vomitò tutto quello che aveva nello stomaco.
-Posso porre fine alla tua sofferenza, dimmi quello che voglio sapere-
Il giovane Jedi si sollevò sulle ginocchia tremanti, e gli sputò.
-No, grazie. Sto bene così- rispose poi ghignando –non voglio certo rovinare il vostro addestramento di mister marionetta qui-
Morgoth sollevò di nuovo l’asta, e Anakin chiuse gli occhi.
 
Il signore dei Sith disarmò la sua spada laser rossa, osservando attraverso i buchi della maschera il giovane Jedi ansimare, le mani sempre bloccate sopra la testa, le ginocchia doloranti per la posizione in cui era costretto da nemmeno lui sapeva quanto. A terra giacevano brandelli della tunica di Skywalker, che Morgoth gli aveva strappato di dosso con la sua spada laser durante l’interrogatorio, e sul petto del ragazzo figuravano diverse nuove cicatrici da ustione.
-Sei pronto a dirmi quello che voglio sapere?-
-T-tu cosa dici?-
Darth Morgoth riarmò la spada, pronto a passarla di nuovo a fil di pelle su Skywalker, quando Dooku, che era rimasto dentro ad osservarlo per tutto il tempo insieme al suo maestro, gli fermò il braccio con decisione.
-Per oggi può bastare. Ci serve vivo, e tu devi continuare i tuoi allenamenti-
-Si, maestro- rispose subito il Sith, disarmando la spada e agganciandola alla cintura, facendo per andarsene, quando il conte lo fermò nuovamente.
-Prima di andarcene ho deciso di esaudire un desiderio del nostro prigioniero. Togliti la maschera.-
A quelle parole il generale Jedi alzò la testa, improvvisamente interessato. Almeno avrebbe potuto dare un volto al suo aguzzino, avrebbe saputo chi odiare per tutto quel dolore.
Morgoth ubbidì senza battere ciglio, si abbassò il cappuccio e slacciò i legacci della maschera.
Non appena Skywalker vide il volto del Sith gli si gelò il sangue nelle vene, il viso si trasformò in una maschera di incredulità terrorizzata.
-O-obi.. Obi-Wan..- balbettò, iniziando a tremare –non è possibile, non puoi essere tu- continuò a ripetere, tremando e smaniando contro le sue costrizioni per liberarsi, come se alzandosi e guardandolo più da vicino potesse dare un senso a tutto quello che stava succedendo.
Sia Tyranus che Sidius sorrisero compiaciuti.
-Obi-Wan!- urlò ancora il ragazzo, mentre Morgoth lo fissava freddo, in attesa.
-Ora possiamo andare- concluse Dooku, uscendo dalla stanza seguito da Sidious e Morgoth, mentre i droidi risistemavano il Jedi all’interno del suo campo di forza e questi continuava ad urlare, sempre più disperatamente, ma invano, il nome del suo maestro.
 
Era notte inoltrata quando Darth Morgoth fece ritorno ai suoi alloggi. Si chiuse la porta scorrevole alle spalle e si apprestò a farsi una doccia per lavarsi via di dosso il sudore dell’allenamento che aveva appena terminato.
Arrivò in bagno e si tolse i vestiti, lasciandoli a un droide perché se ne occupasse, poi si fermò un attimo a guardarsi allo specchio e si tolse la maschera.
Un paio di occhi gialli lo fissarono di rimando.
Si accorse che sotto l’occhio sinistro aveva uno schizzo di sangue, probabilmente del Jedi che aveva interrogato quel pomeriggio.
Ripensò a quel ragazzo, e alla strana sensazione di familiarità che gli procurava. Poi decise che indugiare su quei pensieri non gli avrebbe portato a nulla di buono.
Fece per entrare nella doccia quando la vista gli si offuscò un attimo, si guardò di nuovo allo specchio.
Non capiva, non si sentiva triste, eppure stava piangendo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Da qualche parte nello spazio separatista – Nave ammiraglia di Dooku – Area di detenzione
 
Obi-Wan aprì piano gli occhi. La testa gli faceva malissimo, e la vista non collaborava più di tanto.
Si guardò intorno, provando ad alzarsi, ma si rese subito conto di essere legato al muro con le braccia sopra la testa.
Dov’era finito?
Cercò di nuovo di muoversi, per sedersi più comodo ma tutto il corpo gli faceva male. Probabilmente era in quella posizione da diverso tempo ormai, e i muscoli iniziavano a risentirne.
Chiuse gli occhi e i ricordi iniziarono a scorrergli davanti a stralci, c’erano lui e Anakin che combattevano contro un plotone di droidi, e sembrava andare tutto come al solito finchè non aveva fatto la sua comparsa in scena Darth Tyranus.
Poi tutto iniziava a diventare confuso, ricordava il suo caccia esplodere per mano del Sith e se stesso spingere Anakin con la Forza all’interno del proprio, per permettere almeno a lui di fuggire da quella che, realizzò solo ora, probabilmente era una trappola ideata apposta per catturarli.
Ricordava benissimo l’espressione tradita del suo ex padawan mentre lo spediva verso la salvezza, via dal campo di battaglia.
Il ricordo successivo era un forte dolore a un braccio e alla schiena, poi più nulla.
Si girò a guardarsi il braccio, effettivamente aveva una ferita medicata, probabilmente di un blaster.
Ma perché l’avevano curato se il loro intento era di prenderlo prigioniero?
I separatisti e i Sith non erano certo famosi per la loro ospitalità.
Riaprì gli occhi e finalmente capì anche perché si sentiva così confuso. Non poteva sentire la Forza né usarla.
Aveva già sperimentato in passato gli inibitori in mano ai nemici dei Jedi e non era affatto entusiasta di esservi sottoposto. Essere privato della Forza, per un Jedi, era come essere ciechi. Non sentiva nulla attorno a lui e non poteva sentire i suoi amici. Non poteva sentire Anakin, presenza costante nella sua vita.
Il legame tra un maestro e il suo padawan è così forte che possono sentirsi ad anni luce di distanza, e ora era scomparso.
Si sentì improvvisamente solo, e istintivamente si raggomitolò su se stesso, per quanto possibile dalle costrizioni di metallo che gli tenevano i polsi.
 
Coruscant – orbita sopra il tempio Jedi
 
-Obi-Wan!- urlò in preda alla rabbia Anakin Skywalker, non appena il suo caccia uscì all’iperspazio, sganciandosi dall’anello coi motori per l’iperguida e atterrando.
Era furioso col suo maestro, in un gesto l’aveva spinto via dal campo di battaglia riuscendo, non si sa come, a bloccare l’autopilota di emergenza che l’aveva riportato dritto a casa. Obi-Wan faceva tanto il modesto, ma Anakin sapeva benissimo che in realtà sapeva usare la Forza molto meglio di quasi tutti gli Jedi del tempio, e questa ne era la prova.
Ed era la prova anche di quanto fosse stupido.
Aveva perso tempo e abbassato la guardia per salvarlo, quando lui era benissimo in grado di badare a se stesso, ed era rimasto solo su quella nave senza possibilità di fuga.
Si incamminò verso i suoi appartamenti, deciso a meditare finchè non avesse localizzato il luogo in cui si trovava il suo maestro.
L’avrebbe riportato indietro e gli avrebbe urlato in faccia tutto questo.
Entrò nella sua stanza sbattendo la sua roba di qua e di là, era davvero nervoso, si sentiva tradito, come se con quel gesto Obi-Wan gli avesse mancato di rispetto, come se lo considerasse ancora un padawan incapace di affrontare una battaglia che lui giudicava troppo ardua.
La verità era che, dietro tutta quella rabbia, il giovane Jedi celava anche una grande preoccupazione.
Se al suo maestro fosse successo qualcosa mentre lui era li al sicuro non se lo sarebbe mai perdonato.
Stava per togliersi gli stivali ed entrare nella stanza per la meditazione quando improvvisamente gli girò la testa fortissimo, si appoggiò al muro per non cadere e in quel momento sentì una fitta di dolore al petto, sempre più forte, come se una parte di sé gli fosse strappata via dall’interno. Si ritrovò a tremare, le gambe gli cedettero e cadde in ginocchio.
Era una sensazione unica, che non aveva mai provato prima e che non avrebbe mai riprovato in futuro, ma era perfettamente a conoscenza del suo significato.
Si prese la testa tra le mani, raggomitolandosi in ginocchio su se stesso, grato di essere da solo nei suoi alloggi dove nessuno l’avrebbe visto piangere.
Il legame col suo maestro nella Forza si era spezzato, brutalmente e improvvisamente, e questo poteva dire una cosa sola.
Obi-Wan se ne era andato.
 
Da qualche parte nello spazio separatista – Nave ammiraglia di Dooku – Ponte inferiore
 
-Portatelo via. Gli abbiamo iniettato così tanti soppressori della Forza contemporaneamente da sfiorare un’overdose, non si risveglierà per parecchio tempo- disse freddo il conte, indirizzandosi a una squadra di droidi da battaglia che tenevano sollevato il corpo di Obi-Wan mentre un droide medico sfilava le ultime siringhe dal Jedi.
-Sfiorata per un pelo – commentò il dottore – ha rischiato di non farcela, signore, e spero superi la notte. Soprattutto perché ne aveva già una dose minima in circolo, per evitare che provasse a fuggire.-
-La supererà. Il dosaggio era necessario. Skywalker deve credere che il suo maestro sia morto, e questo era l’unico modo. Fidatevi, pezzi di ferraglia, non l’avreste voluto alle nostre calcagna più di quanto non lo voglia io. Arriverà il momento in cui il ragazzo ci tornerà utile, ma ora è troppo presto. I tempi non sono maturi-
Il discorso di Dooku fu interrotto dal gracchiare di uno dei droidi di servizio sul ponte, che lo avvisò di una chiamata imminente di Darth Sidious. Il conte fece un cenno e l’ologramma del suo maestro apparve al centro della consolle sul ponte.
-Dov’è Skywalker?-
-Maestro, c’è stato un problema. Skywalker è fuggito, ma in compenso abbiamo catturato Kenobi-
-Ne abbiamo già parlato, Tyranus. Kenobi non è adatto. E’ troppo vecchio, troppo indottrinato, il nostro esperimento non funzionerà su di lui-
-Maestro, lungi di me il mancarle di rispetto, ma mi lasci provare. Condizionare uno come Skywalker potrà anche essere più semplice, ma non ha la disciplina necessaria, non è disposto a seguire gli ordini dei Jedi ora, non seguirà i nostri poi. Kenobi invece è naturalmente portato a rispettare i suoi superiori.-
Palpatine sembrò pensarci su un po’, poi annuì.
-E va bene, mio irriverente allievo, ti lascerò provare. Ma fallisci, e ne risponderai personalmente-
-Certo, mio maestro-
Darth Sidious chiuse la comunicazione e Tyranus sorrise tra sé e sé, finalmente aveva Kenobi tra le sue mani, e aveva appena ricevuto il permesso di farne quello che voleva.
 
Coruscant – cripta del Tempio Jedi
 
Anakin allungò una mano verso la piccola lapide con inciso il nome del suo maestro, posta a fianco di quella del maestro Qui-Gon Jinn.
Strinse la mano libera a pugno fino a farsi male per impedire alle sue emozioni di mostrarsi in pubblico.
-Tempo di dire addio al tuo maestro, è- gli disse il maestro Yoda, avvicinandoglisi –Kenobi, uno con la Forza è diventato. Lasciarlo andare, tu devi-
Anakin aprì la bocca per rispondere a Yoda che non gli importava nulla della filosofia Jedi, in quel momento, o di un ipotetico al di là. Lui non era come loro, lui teneva alle persone, non a degli stupidi ideali. Era egoista, e c’era un solo posto dove avrebbe voluto il suo maestro, ed era li con lui. Non riusciva nemmeno ad immaginare una vita che non fosse a fianco del suo maestro, era sempre stato così, Kenobi e Skywalker, sempre insieme. Una squadra formidabile, inseparabile e invincibile. Cosa poteva importargliene che ora fosse uno con la Forza?
-Certo, maestro Yoda- rispose invece, sforzandosi di mostrare rispetto. Probabilmente il piccolo maestro aveva già sentito cosa il ragazzo provava veramente e gli toccò piano il braccio, prima di mettersi davanti alla lapide ed iniziare il suo discorso.
-Una grande perdita, il maestro Kenobi è…-
Anakin non riusciva nemmeno ad ascoltarlo, era li, ma era come se non ci fosse veramente. Tutto quello non stava accadendo davvero, non poteva. Ascoltò tutta la cerimonia come attraverso un filtro, l’unico contatto con il mondo esterno era Ahsoka, che a un certo punto gli aveva stretto la mano senza più lasciarla andare.
Quando tutto fu terminato la giovane padawan accompagnò Anakin ai suoi alloggi, senza dire una parola. Non ce n’era alcun bisogno, e il Jedi gliene fu grato. Prima di congedarsi però ruppe una regola non scritta e lo abbracciò forte.
Rimasero in quella posizione per un po’, poi si staccarono e Ahsoka fece per congedarsi.
-Mi dispiace così tanto, maestro Skywalker-
-Anche a me Snips, anche a me-
Rispose solo, sorridendole triste, per poi infilarsi nei suoi alloggi. Sentì la porta dell’anticamera scorrergli alle spalle e fece per raggiungere il suo appartamento privato quando lo sguardo gli scivolò sulla porta di Obi-Wan.
Normalmente non avrebbe mai osato farlo, ma si avvicinò al pad e premette il pulsante. La porta scivolò di lato, lasciando intravedere una stanza perfettamente in ordine e pulita, come l’aveva lasciata il suo maestro prima di partire per la missione.
Il paragone con la sua, sempre così incasinata nonostante le pochissime cose che possedeva lo fece sorridere.
Entrò piano, quasi con riverenza.
Passò vicino al letto, rifatto e con le lenzuola ben piegate, la veste da camera ripiegata sopra il cuscino. C’era un’unica finestra, da cui filtrava la luce di Coruscant, posta poco sopra una piccola scrivania.
Anakin ci passò sopra la mano, immaginandosi tutte le serate che il suo maestro doveva aver passato seduto li a compilare i rapporti delle missioni, anche i suoi, spesso e volentieri. Una lacrima gli scivolò sulla guancia e cadde sul metallo freddo del tavolo. Il ragazzo si affrettò a passarci sopra la manica della tunica, era tutto così perfetto, non voleva che cambiasse di una virgola.
Notò che sotto la scrivania c’era una cassettiera e iniziò ad aprire i cassetti di metallo.
Nel primo c’era solo un pad, un comunicatore e accessori di ricambio per la cintura multifunzione. Aprì anche il secondo, per trovarci solo la strumentazione necessaria per la manutenzione della spada laser.
-Che noiosone, maestro.- si lasciò sfuggire, sorridendo con gli occhi lucidi.
Poi aprì il terzo cassetto. Dentro c’era una scatola di metallo, consumata e piena di incisioni. Anakin la tirò fuori, e la aprì piano. Conteneva poche cose, le uniche personali di tutta la stanza. Eccolo, il piccolo tesoro di Obi-Wan.
Al giovane Jedi si strinse lo stomaco osservando quegli oggetti.
C’era la spada laser di Qui-Gon, il maestro di Obi-Wan. Era pulita e lucida come se fosse stata appena messa li, probabilmente la teneva con grande cura. Poco sotto la spada c’era la treccina da padawan, che gli era stata tagliata via il giorno che era diventato cavaliere. Infine, la terza e ultima cosa era un piccolo pupazzeto di tela fatto a mano, vecchio e sgualcito. Quando Anakin lo vide sussultò, era incredibile come Obi-Wan l’avesse conservato per tutto quel tempo.
Era diventato il suo padawan da pochissimo quando glielo aveva regalato, ormai più di dieci anni prima. L’aveva visto così triste e pensieroso che aveva cercato di tirarlo su facendogli un regalo. Li per lì Obi-Wan l’aveva guardato in modo strano, e fino a quel momento non aveva mai saputo quanto in realtà avesse apprezzato il suo gesto.
-Perché non mi dicevi mai niente, maestro?-
Richiuse la scatola e la rimise dove l’aveva trovata. Uscendo si fermò un attimo sulla soglia ad osservare l’insieme di quella piccola stanza. Sembrava come se Obi-Wan dovesse tornare da un momento all’altro e sgridarlo perché aveva osato mettere piede in camera sua.
Chiuse la porta per non indugiare oltre su quei pensieri, ma cambiò idea e non si diresse in camera sua.
Sgattaiolò invece negli alloggi di Padmè e fu solo a notte inoltrata e stretto nell’abbraccio di sua moglie, che riuscì finalmente ad addormentarsi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Area di detenzione e sperimentazione - base dei separatisti – Serenno
 
Obi-Wan si svegliò e, stordito com'era, ci mise più tempo del normale ad accorgersi che non era nella stessa cella in cui era rimasto negli ultimi... dieci giorni? Tenere il conto del tempo che passava si faceva più difficile di giorno in giorno.
Si sentiva strano, probabilmente per spostarlo l'avevano drogato di nuovo, giusto per essere sicuri che non opponesse resistenza.
Ma perchè lo tenevano lì?
In tutto il tempo in cui era rimasto sulla nave ammiraglia del conte Dooku si erano limitati a tenerlo legato in quella stanza, portandogli un paio di pasti al giorno e tenendolo sedato quanto bastava per renderlo innocuo.
Si chiese se al cambiamento di cella ne sarebbero seguiti altri, meno piacevoli.
In risposta alla sua domanda un paio di droidi e una persona completamente vestita di bianco fecero il loro ingresso nella stanza.
Senza parlare l'uomo diede indicazioni ai droidi, che gli iniettarono qualcosa nel collo facendogli perdere di nuovo i sensi.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò seduto su una sedia in acciaio, i polsi e le caviglie tenuti fermi da costrizioni dello stesso metallo. Istintivamente cercò la connessione con la Forza, ovviamente senza trovarla.
In quel momento l'uomo in bianco fece di nuovo la sua comparsa, seguito da un paio di droidi medici e da un besalisk alto almeno due metri e dall'aria minacciosa.
Obi-Wan li guardò senza dire nulla, consapevole, almeno in parte, delle loro intenzioni.
-Bene, generale Kenobi, ora che è sveglio le spiegherò perchè si trova qui-
-Finalmente..- si limitò a commentare sarcastico il Jedi, senza rinunciare ad un'occhiata di sfida.
-Vede, c'è una cosa che il mio maestro, il conte Dooku, si chiede da molto tempo- continuò, facendo gesto all'alieno dietro di lui, che si posizionò davanti ad Obi-Wan -Una cosa che io e Kor qui lo aiuteremo a capire- fece un altro gesto e il besalisk chiamato Kor sferrò un pugno dritto in faccia al Jedi con una delle sue quattro braccia, facendogli girare completamente la testa verso destra, per poi colpirlo di nuovo ottenendo l'effetto opposto, e poi di nuovo, e di nuovo.
-Dipende tutto da lei, in realtà, perchè invero si tratta di una cosa abbastanza semplice- proseguì, mentre Kor continuava a colpirlo - ossia: quanto dolore serve...-  il besalisk lo colpì ancora- ...per piegare..- E ancora, e ancora… - …un Jedi?-
Kor si fermò un attimo di picchiarlo e Obi-Wan sputò una discreta quantità di sangue prima di riuscire ad articolare una frase.
-C-cosa volete che vi dica? Avete sbagliato bersaglio, non ho informazioni sensibili da rivelarvi. Se anche riusciste a piegarmi, sarebbe inutile- ghignò, anche se la faccia già livida ed entrambi gli occhi neri non lo rendevano molto minaccioso.
-Oh ma si sbaglia. Non vogliamo che ci confessi proprio niente. Credo che il concetto di piegarsi che ha in mente il conte sia diverso da quello che ha in mente lei. Ma non dilunghiamoci in chiacchiere, capirà tutto a tempo debito.- rispose solo enigmatico l'uomo in bianco, per poi andarsene, lasciando il generale da solo col besalisk che lo guardò sorridendo sadico, prima di assestargli un pugno in pieno stomaco.
 
La porta della sua cella scivolò di lato mentre un paio di droidi da battaglia trascinavano dentro quello che Kor aveva deciso di lasciare intero di Obi-Wan Kenobi. Non c'era nemmeno stato bisogno di sedarlo di nuovo, non riusciva a reggersi sulle sue gambe, figuriamoci tentare di ribellarsi.
L'uomo in bianco ricomparve, legandogli le mani a un lungo cavo che pendeva dal soffitto e che, appena collegato, si accese di luce blu.
Nelle sue condizioni non sarebbe stato possibile legarlo al muro, e in ogni caso era abbastanza inoffensivo senza Forza e sanguinante com'era.
Non era del tutto cosciente mentre quell'uomo gli sollevò la testa per controllare che le funzioni vitali di base fossero intatte, ne mentre un droide medico di cui non aveva nemmeno notato la presenza iniziò a disinfettargli i tagli da cui sanguinava.
Vedeva tutto sfuocato, i suoni gli arrivavano come ovattati e ogni tanto gli sembrava come di addormentarsi per un attimo. Si sentiva soffocare per il gonfiore che aveva un po’ ovunque e contemporaneamente il gusto di sangue che aveva in bocca gli dava la nausea.
Quando si rese conto di quello che gli stavano facendo rivolse uno sguardo interrogativo all'uomo, che si limitò a rispondergli che sarebbero rimasti insieme per tanto tempo, e che non volevano certo che morisse di infezione, no?
Quando tutti se ne furono andati il Jedi cercò di raggomitolarsi su se stesso il più possibile, tremava per lo shock a cui il suo corpo era stato sottoposto e non importa quanto provasse a sputarlo fuori, non riusciva a liberarsi la bocca da quel persistente gusto metallico del sangue.
L'unica sua consolazione era che tutto quello lo stavano facendo a lui, e non ad Anakin.
Era riuscito a salvarlo, stava bene ed era lontano da quel posto orribile grazie a lui. Era il suo maestro ed era riuscito a proteggerlo.
Se fosse stato il giovane a subire tutto questo, se lui avesse fallito nell’impedire che lo usassero come cavia da laboratorio, non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma non era successo.
Il maestro Qui-Gon sarebbe stato fiero di lui.
Si aggrappò a quel pensiero e a quello di Anakin sorridente sano e salvo fino a quando non si addormentò sul pavimento di metallo di quella cella buia e fredda.
 
Tempio Jedi - Coruscant
 
Nelle due settimane che erano passate da quando il consiglio aveva ufficialmente dichiarato morto Obi-Wan Kenobi, Anakin non aveva parlato molto con nessuno.
Dopo la prima notte in cui aveva dormito stretto a Padmè, lasciandosi andare e piangendo tutto il suo dolore, non era più andato nemmeno da lei.
Evitava tutte le persone che conosceva ed era spesso chiuso nei suoi alloggi.
Il consiglio, dal canto suo, gli aveva concesso un periodo di riposo per riprendersi, sia perchè così com'era non sarebbe servito a molto sul campo di battaglia, sia perchè temevano che alla prima missione lontano da Coruscant sarebbe partito per cercare vendetta.
Non che avessero tutti i torti.
Ogni giorno Anakin passava molte ore nella sua stanza di meditazione, cercando di rintracciare Dooku. Dai separatisti non era ancora arrivato nessun comunicato ufficiale sull'uccisione di un Jedi, ma Anakin era certo che ci fosse lui dietro a tutto questo.
Il giovane ne stava diventando ossessionato, tanto che più il tempo passava, più rimaneva chiuso in quella stanza.
 
-Vieni, entra pure- disse Padmè, dalla sua scrivania, accogliendo la giovane Ahsoka nei suoi alloggi. La padawan entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
-Scusi il disturbo, senatrice, ma non sapevo a chi altro rivolgermi-
-Non c'è problema, Ahsoka, dimmi pure- le sorrise la donna.
La giovane togruta la guardò bene, nonostante si comportasse come al solito e avesse impiegato cura nel vestirsi e truccarsi sembrava non dormire da un po', e preoccupata da qualcosa.
-Sono venuta qui perchè so che lei è amica di Anakin. Io ecco, non sapevo da chi andare. Non lo vedo da giorni, e non ci parlo da.. da quando è successo. Sono preoccupata per lui. Non posso certo parlarne con il Maestro Yoda. Normalmente sarei andata..- la voce le morì in gola – sarei andata dal maestro Kenobi ma..- le vennero le lacrime agli occhi e dovette fermarsi di parlare, ricacciandole indietro.
Padmè sospirò. Come poteva Anakin aver lasciato sola la sua padawan in un momento come quello? O farla preoccupare così tanto? Certo non era legata ad Obi-Wan come lo era lui, ma anche lei soffriva per la sua morte e di certo doversi anche preoccupare di lui non la aiutava.
-Nemmeno io ci parlo da allora- ammise poi, mordendosi la lingua per non lasciar che le tremasse la voce, Ahsoka non doveva sapere quanto la questione le stesse realmente a cuore - sta evitando tutti e si sta chiudendo in se stesso sempre di più. Ho provato ad andare a parlargli. Più volte. Ma non mi ha mai aperto. Nemmeno una volta. Anche io sono molto preoccupata per lui-
Ahsoka la guardò negli occhi, se nemmeno Padmè poteva aiutarla non avrebbe davvero potuto fare niente per il suo maestro.
-E' che... Anakin.. Il maestro Skywalker, intendo, quando soffre ecco.. Lui si chiude in se stesso, non lascia entrare niente e nessuno. E si arrabbia. Molto.-
-Lo so, Ahsoka. Non è capace di gestire le emozioni dolorose e le tramuta in rabbia. Cerca sempre qualcosa o qualcuno a cui dare la colpa delle sue sofferenze, e quando lo trova..- per un attimo ripensò al villaggio dei sabbipodi e le si strinse lo stomaco, non finì nemmeno la frase che si rese conto di aver preoccupato ancora di più la giovane togruta.
-Ma sono sicura che sta volta non succederà nulla. Avrà solo bisogno del suo tempo per pensare, lasciamogli un po' di spazio e si sistemerà tutto. Vedrai- sorrise, mentendo ad entrambe.
Rimasero ancora un po' li a parlare, rimpiangendo con tutto il loro cuore che Obi-Wan non fosse li  con loro a far ragionare Anakin.
Era l’unico che riusciva a tenerlo bilanciato, e ora non c’era più.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


-Andiamo, R2- disse freddo Anakin al suo droide, incamminandosi svelto nel corridoio che portava all’hangar del Tempio.
Dopo l'ennesimo buco nell'acqua con la meditazione aveva deciso che si sarebbe recato alle ultime coordinate della nave di Dooku e avrebbe iniziato ulteriori ricerche da li.
Era quasi arrivato a destinazione quando incontrò Yoda. Incontro che Anakin sapeva non essere per nulla casuale.
-Da qualche parte, tu vai, giovane Skywalker?-
Il Jedi lo fissò senza rispondere, se si fosse perso in chiacchiere Yoda avrebbe cercato di fermarlo, mentre lui voleva andarsene il più in fretta possibile.
Il maestro comprese le sue intenzioni e lo apostrofò subito- La vendetta, la via dei Jedi, non è. Il maestro Kenobi lasciare andare tu devi.-
Anakin lo guardò torvo.
-Come posso farlo, sapendo che il suo assassino è la fuori?-
Yoda sospirò, l'unico in grado di controllare Anakin era Obi-Wan, e ora che era morto il ragazzo era in balia di se stesso. Soffriva, e più soffriva più trasformava quel dolore in rabbia.
-L'odio, un grande nemico esso è. La vendetta questa strada sta aprendo. A controllarti, non devi lasciare che il dolore sia. Questa, la via per il lato oscuro, è- commentò il gran maestro Jedi - Adesso tu con me al consiglio, venire devi. Parlare davanti a tutti, dobbiamo.-
Quella del maestro Yoda non era una richiesta e così, seppur con estrema malavoglia, Anakin lo seguì verso la camera del consiglio.
Avrebbe approfittato di quel momento per ribadire che dovevano usare ogni mezzo per trovare Dooku, e per tutto il tragitto pensò a come avrebbe convinto gli altri membri ad ascoltarlo.
 
La discussione fu lunga, e accesa.
Anakin aveva più volte spiegato le sue ragioni, ma il consiglio non cedeva.
Non l'avrebbero mai mandato in missione sull'onda della vendetta.
Dicevano che non è così che si comporta un Jedi.
Insistevano che doveva lasciar perdere, meditare e accettare che il maestro Kenobi non era più con loro, a prescindere dalle sorti del suo assassino. Che non avevano risorse sufficienti per iniziare una ricerca a tappeto, non senza nemmeno avere la certezza che ci fosse davvero Dooku dietro il suo assassinio.
Ma Anakin non voleva arrendersi, e finì perfino per mettere da parte tutto il suo orgoglio, inginocchiandosi davanti al consiglio e pregandoli di lasciarlo partire, anche da solo.
-Alzati, Skywalker- lo apostrofò Mace Windu - non ti lasceremo partire. Il discorso si chiude qui, come ti è già stato detto la vendetta non è la via dei Jedi.-
Anakin si alzò in piedi furioso - Allora non sono più sicuro di voler essere un Jedi!- gridò, per poi voltare le spalle al consiglio e andarsene senza aspettare risposta.
Sapeva quello che stava rischiando con quel gesto, ma non era molto in sè a causa rabbia e del dolore che provava e decise che non gli importava se anche l'avessero espulso dall'ordine.
Ora come ora aveva un'unica ragione di vita, ed era dare la caccia a Dooku.
Come potevano gli altri essere così freddi? Così insensibili? Come potevano non capire quel dolore così profondo che giorno dopo giorno lo divorava dall’interno? Come potevano non comprendere la rabbia bruciante che piano piano inceneriva quel poco che la morte di Obi-Wan non gli aveva strappato via con violenza?
Come potevano non capire che doveva, doveva, alleviare tutta quella sofferenza, trovare giustizia per il suo maestro, riversare altrove tutte quelle emozioni, prima che lo distruggessero più di quanto non avessero già fatto?
Li odiava, e quell’odio non faceva altro che alimentare ancora di più la sua rabbia, la sua frustrazione per essere ancora una volta impotente, come lo era stato mentre il suo maestro lo spingeva via dal campo di battaglia.
Era colpa sua se era successo.
Se solo fosse stato lì.
Se solo avesse avuto la possibilità di intervenire era certo che le cose sarebbero andate diversamente.
Non riusciva mai a smettere di pensarci, mai.
Chissà se ci sarebbe mai riuscito.
 
Richiamò R2 e si diresse verso l'hangar, pronto a partire.
Arrivò al suo caccia e trovò Ahsoka appoggiata alla carena, che lo osservava come se lo stesse aspettando.
-Maestro, so tutto, Yoda mi ha avvisato un minuto fa. Non partire in preda alla rabbia. Non..- stava per andare avanti, stava per dirgli che l'avrebbe aiutato e che sarebbero partiti insieme solo però quando sarebbe stata certa che non avrebbe rischiato le loro vite inutilmente, ma Anakin non la lasciò finire e la spinse da parte, con la Forza, mentre R2 bippava contrariato.
-Forza R2, sali a bordo-
-Maestro!- tornò alla carica Ahsoka - Sono solo preoccupata per te, non lo capisc..- Anakin non le lasciò finire la frase nemmeno sta volta, allungando un braccio e sollevandola da terra, iniziando a strangolarla con la Forza.
-Perchè cercate tutti di fermarmi!- Gridò, furioso, senza lasciare la giovane -Perchè non capite che devo farlo! Devo!-
-M..Maestro..- balbettò Ahsoka, fissando con gli occhi lucidi Anakin che la lasciò subito andare, inorridito da sè stesso, realizzando solo in quel momento cosa stava facendo.
-Cosa ho fatto?- chiese più a sè stesso che alla sua padawan, chinandosi e facendo per toccarla, ma lei si ritrasse, raggomitolandosi su se stessa, per poi alzarsi e correre via -Mi dispiace Snips, non dovevo prendermela a quel modo con te!- Le urlò dietro Anakin, l'espressione costernata.
Lo sguardo completamente terrorizzato della togruta gli aveva fatto l’effetto di una pugnalata al petto. Questa storia lo stava cambiando, e non per il meglio.
Per una attimo ebbe perfino paura di sè stesso.
Paura che di questo passo il lato oscuro, che avvertiva già da tempo, lo avrebbe preso e fatto suo. E lo sapeva benissimo, una volta imboccata la via oscura non c’è ritorno.
-Anakin!- gridò Padmè, arrivando in quel momento nell'hangar, probabilmente chiamata da Ahsoka.
Il Jedi fu grato che non fosse arrivata prima, che non avesse visto quello che stava per
fare alla sua allieva - Ahsoka è riuscita a fermarti? Dov'è?-
-Ho fatto un casino Padmè, con lei e con il consiglio. Sono un idiota- ammise infine, realizzando sempre di più quanto fosse stato sbagliato il suo comportamento in quel periodo. Visualizzò di nuovo il terrore negli occhi di Ahsoka e si sentì male. Obi-Wan.. Obi-Wan non avrebbe mai voluto che reagisse così. Si sarebbe vergognato di lui, vedendolo in quel modo.
Sentì di nuovo la rabbia crescere dentro di lui, ma una rabbia diversa. Più simile a quella di un ragazzino che si vergogna per essersi comportato male ed è abbastanza grande per capirlo ma troppo orgoglioso per non provare rabbia.
Sentì le lacrime arrivargli agli occhi, ma strinse i pugni ricacciandole indietro.
-Si risolverà tutto, vedrai- gli sussurrò Padmè, prendendogli le mani e cercando di farlo rilassare un po’.
-Non so se stavolta potrò sistemare le cose. Ho detto a tutti che non volevo più essere un Jedi e.. ho fatto del male alla mia padawan- abbassò lo sguardo, parlare rendeva il tutto ancora più reale, ancora più vero, e di nuovo lo sguardo di Ahsoka gli provocò una fitta all’altezza dello stomaco.
-E non hai parlato con tua moglie per due settimane. Hai idea di quanto fossi preoccupata per te? Ho persino pensato che stessi considerando di.. Non voglio nemmeno pensarci. Ma ti perdono. E come lo sto facendo io sicuramente anche Ahsoka lo farà. Stalle vicino, Ani. Non lo da a vedere, ma sta soffrendo anche lei. E con il consiglio in qualche modo risolverai, ne sono sicura. Nessuno ti avrà preso sul serio per quella dichiarazione- si guardarono un attimo e Padmè lo abbracciò
forte, approfittando del fatto che fossero soli nell'hangar.
-Mi manca così tanto- rispose solo Anakin, stringendo la moglie forte a sé e affondando la testa nell’incavo della sua spalla.
-Lo so tesoro, lo so-
 
Area di detenzione e sperimentazione - Base dei separatisti – Serenno
 
-Già stanco, Jedi?- disse ironico Kor, facendo di nuovo schioccare la frusta sulla schiena di Obi-Wan.
Il Jedi mugugnò di dolore, stringendo i denti ed aggrappandosi con forza alle corde che gli tenevano i polsi legati al muro.
-Non ho sentito bene- continuò il besalisk, vibrando un altro colpo che strappò definitivamente quello che era rimasto della parte superiore delle vesti di Obi-Wan, che strinse ancora più forte le grosse corde, ferendosi alle mani.
I polsi gli sanguinavano già da un po’ e anche le ginocchia, su cui era poggiato da quando Kor aveva deciso che le frustate sarebbero state divertenti, stavano iniziando a fargli veramente male.
Da quando era lì dentro (tre settimane forse? Un mese? Non sapeva dirlo con certezza) aveva capito due cose del suo aguzzino.
La prima è che lui era quello che si sporcava le mani. Botte, frustate, armi bianche e in generale tutto quello che comprendeva sangue.
La seconda è che lui era solo la fase uno.
Aveva sentito parlare gli uomini in bianco, una volta che lo credevano svenuto. Si lamentavano che era più resistente del previsto, e che finchè Kor non fosse riuscito a farlo cedere non avrebbero potuto procedere con l’esperimento.
Si era chiesto più volte che concezione avessero della parola “cedere” perché, per quanto si ostinasse a dare la minor soddisfazione possibile al suo aguzzino, Obi-Wan stava lentamente giungendo al suo limite.
C’è un massimo di dolore fisico che un essere umano può sopportare, e il Jedi era sicuro di averlo oltrepassato da un po’.
Probabilmente ora come ora non sarebbe nemmeno riuscito a reggersi sulle sue gambe, se anche glielo avessero permesso, o ad usare la Forza, se anche avesse potuto.
-E così ti ostini a fare il duro eh?-  gli gridò Kor, distraendolo dai suoi pensieri e colpendolo con quattro frustate forti e veloci, una dietro l’altra usando tutte e quattro le braccia. Questa volta i colpi arrivarono direttamente sulla schiena, portandosi via parte della pelle sopravvissuta ai colpi che gli avevano strappato i vestiti, e Obi-Wan non riuscì a trattenere un urlo, e poi un altro, e un altro.
Aveva mentito, sapeva un’altra cosa su Kor.
Quel sadico bastardo amava sentire le sue grida e non si fermava finchè non riusciva a farlo urlare per tutto il tempo che riteneva necessario.
Nonostante questo però il Jedi, a ogni nuova sessione di tortura, usava tutta la forza che gli era rimasta per cedere il più tardi possibile.
Doveva resistere, doveva combattere.
Doveva sopravvivere abbastanza perché sapeva che Anakin sarebbe andato a cercarlo.
Era certo che lo avrebbe fatto.
Anche se era così tanto tempo che era lì che gli sembrava di esserci da sempre doveva credere  che il suo padawan sarebbe arrivato per lui. E così ogni volta provava a resistere, cercando di posticipare la fase due, anche se ogni volta, inesorabilmente, cedeva prima.
-Così mi piaci, Kenobi- sorrise sadico Kor, ricominciando a far schioccare le fruste nell’aria e contro Obi-Wan, che non provò nemmeno più a stringere i denti e si lasciò andare gridando a ogni frustata.
Alle sue spalle, dove non poteva vederli, un paio di uomini in bianco compilavano tabelle e prendevano appunti.
-Molto bene- disse uno dei due – la fase due è sempre più vicina-
-Ci sta comunque volendo troppo tempo- ribadì l’altro – C’è qualcosa, qualcosa che gli da la forza di opporre resistenza. Dobbiamo scoprire cos’è e distruggerla-
-So io cosa dobbiamo fare- sussurrò un terzo uomo, arrivando alle loro spalle e facendoli trasalire. Era più alto di loro e pareva circondato da un’aura di autorità, era lo stesso uomo che aveva presentato Kor a Obi-Wan nel suo primo giorno su Serenno -Domani, prima di iniziare la nuova sessione, informeremo il generale Kenobi che nessuno sta venendo a cercarlo perché tutti lo credono morto.-
-Non ci crederà mai-
-Ho qui un holocron con la ripresa del suo funerale, non è stato facile infiltrare qualcuno a un funerale Jedi, ma il nostro maestro ha molte risorse-
-Allora per oggi possiamo riportarlo in cella?-
-E perché? Kor sembra divertirsi, non disturbiamolo- concluse, scomparendo nello stesso modo in cui era apparso.
 
Quella sera non poterono rimettere Obi-Wan nella solita cella. Kor ci era andato davvero pesante con quelle fruste e, se lo avessero lasciato da solo in quel buco, sarebbe morto di infezione molto prima che potessero anche solo iniziare la fase due.
L’aveva picchiato così forte che a un certo punto aveva smesso di reagire, si era estraniato così tanto che non si era nemmeno accorto di quando aveva smesso di staccargli la pelle dalla schiena a suon di frustate.
Aveva ripreso vagamente coscienza di sè solo quando un gruppetto di droidi l’aveva slegato dalle rudimentali corde che il besalisk aveva usato quel pomeriggio e l’aveva trascinato fino a una stanza interamente metallica e fin troppo luminosa.
Mugugnò di dolore quando lo misero supino su un lungo tavolo di metallo, immobilizzandolo per gli avambracci e le caviglie, mentre un droide medico e un uomo in bianco facevano il loro ingresso. Era tutto così accecante che non riusciva a guardarli, chiuse gli occhi e stava finalmente per perdere i sensi quando un dolore lancinante alla schiena lo fece gridare di nuovo.
-Non gridi a quel modo, generale. Dobbiamo disinfettare quelle ferite-
Obi-Wan avrebbe voluto rispondere che non gliene importava niente e che voleva solo smettere di soffrire, almeno per un po’, ma non trovò le forze per farlo.
Così sopportò anche questa, mentre l’uomo in bianco commentava col droide medico quanto fosse incivilizzato Kor nei suoi metodi di tortura e di quanto lavoro si sarebbe risparmiato se avesse usato solo i droidi per gli interrogatori come tutti.
Quando finalmente finirono lo lasciarono solo, legato a quel tavolo e spensero tutte le luci.
-Maestro Qui-Gon.. non mi hai mai preparato per tutto questo.. cosa devo fare?- mugugnò tra se e  se Obi-Wan
-Cosa devo fare?- chiese ancora al nulla, prima di perdere definitivamente i sensi.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Coruscant - Area fuori città
 
Anakin atterrò poco fuori la capitale di Coruscant, in un'area deserta, lontano dai vari livelli degli edifici che componevano il cuore del pianeta, lontano dalla frenesia di una città che non si ferma mai.
Scese e si calò il cappuccio sugli occhi, non era li in missione per il consiglio e non voleva essere riconosciuto, inoltre era meglio che un Jedi non si facesse vedere da quelle parti.
Arrivò in un punto nascosto da una grossa roccia e iniziò ad accatastare una piccola pira di legna e, quando ebbe finito, tirò fuori da sotto il mantello una scatola di metallo.
Era tornato di nascosto a prenderla in camera di Obi-Wan, prima che il consiglio mandasse qualcuno a ripulire tutto per riassegnare l'alloggio a un altro Jedi e l'aveva costudita gelosamente nei suoi appartamenti.
E ora era lì, davanti a quella piccola pila di legna accatastata, con in mano tutto quello che gli rimaneva del suo maestro, in cerca di una chiusura a tutta quella faccenda.
Certo, non sperava che un piccolo funerale privato si portasse via tutto il dolore che provava dentro, ma aveva bisogno di dire addio a Obi-Wan, da solo.
Nessuno poteva capire il legame che aveva avuto col suo maestro, non il consiglio, non Ahsoka, e nemmeno Padmè.
Era una cosa loro, e doveva finire tra loro, senza le cerimonie di un funerale Jedi alla cripta, solo l'addio di un ragazzo all'uomo che per tutta la vita era stato il suo unico punto di riferimento.
Fissò la scatola e l'aprì piano, vergognandosi e sentendosi in colpa per quel gesto, quasi come se stesse facendo un torto al suo maestro sbirciando nella sua vita privata.
Era incredibile come fosse ancora capace di provare un sentimento simile per qualcuno che se n'era andato ormai da quasi due mesi. Poi pensò che in realtà così incredibile non era, la morte di Obi-Wan aveva lasciato un buco nel suo cuore, accanto a quello che aveva lasciato sua madre, e Anakin sapeva benissimo che ferite del genere non si rimarginano mai.
Impari a conviverci, certo.
Vai avanti con la tua vita.
Ma è come se un pezzo di te se ne fosse andato con loro, e quella parte non tornerà mai. Non importa quanto tempo passi o quanti altri legami formi, quelle voragini che le persone che se ne vanno lasciano non possono essere colmate.
E per un Jedi era anche peggio.
Da quando era piccolo era abituato a sentire il suo legame col suo maestro nella Forza, era sempre lì.
Anche quando non ci prestava attenzione sapeva che c'era, ed era un legame che non faceva che crescere e rafforzarsi. Era una presenza costante e rassicurante, e ora era scomparsa.
Tutt'ora appena sveglio la mattina, la prima cosa che Anakin faceva era controllare che Obi-Wan ci fosse. Era un'abitudine radicata da così tanto tempo che non credeva sarebbe mai stato in grado di togliersela.
E, inesorabilmente, ogni mattina a rispondergli c'era solo il vuoto.
Certo, sentiva benissimo Ahsoka e, spingendosi poco più in la, Yoda, Windu e tutti gli altri Jedi. Era il prescelto, la Forza lo serviva bene, ma non gliene importava niente di tutti loro, quando l'unico segno che avrebbe voluto ricevere non sarebbe mai arrivato.
Scacciò le lacrime che si stavano affacciando ai suoi occhi mentre apriva la scatola di metallo.
Voleva qualcosa da bruciare, ma non riusciva a decidersi.
Sfiorò di nuovo gli oggetti del suo maestro e, mentre passava le dita sull'elsa della spada di Qui-Gon, desiderò avere anche lui quella del suo maestro.
Quell'arma era la loro vita, Obi-Wan non faceva che ripeterglielo, soprattutto quando la sua finiva persa o distrutta.
Non si sarebbe mai dimenticato di quella volta in cui se l'era fatta rubare e non era più riuscito a recuperarla. Obi-Wan gli aveva fatto fare duecento flessioni, e dopo le prime cento gli si era seduto sopra.
Anakin si mise a ridere mentre le lacrime gli rigavano il viso.
Fissò ancora quei tre oggetti e richiuse la scatola.
No, non ce l'avrebbe fatta a distruggerli.
Erano tutto quello che gli restava.
Inoltre il suo maestro non lo avrebbe mai perdonato se avesse osato bruciare il suo tesoro.
Si tolse invece il mantello, lo strinse ancora un attimo e lo appoggiò sulla piccola pira di legno.
Anche quello era di Obi-Wan, lo aveva preso insieme alla scatola quando era andato nei suoi alloggi.
Diede fuoco al tutto e rimase a guardare le fiamme.
-Addio, maestro- sussurrò al vento, restando in piedi davanti al falò finchè non rimase che cenere.
Da quel momento Anakin avrebbe cercato con tutte le sue forze di non pensare più a Obi-Wan, né alla vendetta. Avrebbe cercato di rimettere insieme i pezzi della sua vita, di addestrare la sua padawan e di diventare un Jedi di cui il suo maestro sarebbe stato orgoglioso.
Era certo che Obi-Wan per primo avrebbe voluto che si lasciasse tutto alle spalle.
 
Area di detenzione e sperimentazione - base dei separatisti – Serenno
 
-Sveglia sveglia, Kenobi!- gridò Kor, entrando nella cella di Obi-Wan con un paio di droidi.
Il Jedi aprì gli occhi piano, cercando di mettere a fuoco chi gli stesse parlando.
Era passata una quantità non ben definita di tempo da quando Kor l'aveva preso a frustate.
Poteva essere passato un giorno, ma anche una settimana.
Non era più nella cella estremamente luminosa, ma era tornato nel suo solito tugurio, con la parte superiore del corpo e i polsi fasciati a dovere.
Durante tutto quel tempo non aveva più visto il besalisk, erano stati altri ad occuparsi di lui.
Probabilmente Kor aveva rischiato davvero di ucciderlo, perchè questi altri, rispetto all'alieno, ci erano andati più leggeri.
Inoltre gran parte del loro lavoro era stato obbligarlo a mangiare e legarlo ad un tavolo per medicargli le ferite.
Obi-Wan non aveva ricordi chiari di quel giorni, ricordava mani che lo toccavano e braccia che lo tenevano stretto. Ricordava che si era rifiutato più volte di mangiare e che alla fine l'avevano costretto, qualcuno lo teneva stretto da dietro mentre un altro lo imboccava a forza tenendogli sollevato il collo e chiusa la bocca e massaggiandogli la gola per obbligarlo a mandare giù.
Il resto stava cercando di rimuoverlo il più possibile dalla sua mente.
-Kor, mi stavo preoccupando ti fosse successo qualcosa- rispose Obi-Wan cercando di suonare sarcastico, mentre provava a mettersi seduto.
-Riderai un po' meno quando vedrai cosa abbiamo preparato per te oggi-
-Mi mancavano proprio le tue attenzioni - ghignò ancora il Jedi, per poi far sparire il sorriso in favore di una smorfia di dolore quando i droidi lo sollevarono da terra per trascinarlo in un'altra stanza.
Non si prendevano nemmeno più la briga di sedarlo quando lo spostavano, tanto anche se avesse opposto resistenza, ed era successo un paio di volte, non sarebbe riuscito ad abbattere nemmeno un droide da battaglia, figuriamoci a fuggire da quella struttura. Oltre alla debolezza dovuta alle torture era notevolmente dimagrito e aveva perso massa muscolare.
Probabilmente, anche se avesse raggiunto l’hangar, non sarebbe nemmeno riuscito a salire a bordo di una navicella per fuggire.
Arrivati a destinazione i droidi lo misero all'interno di un campo di forza e se ne andarono, lasciando Kor in controllo della consolle coi comandi dell'apparecchiatura.
Oltre a lui nella stanza c'erano solo un paio di uomini in bianco.
-Niente armi bianche? Non ti riconosco più-
-Zitto, Kenobi- si spazientì il besalisk, facendo partire una scarica elettrica che attraversò il corpo del Jedi, facendogli inarcare la schiena e tremare gli arti.
-Dimmi, Jedi, cos'è che ti spinge a resistere? Per cos'è che ti ostini ancora a cercare di non gridare, a cercare di restare cosciente. A combattere… Si può dire. - chiese Kor, avvicinandosi al campo di forza e osservando lo sguardo devastato ma contemporaneamente carico d'odio del generale.
In tutta risposta Obi-Wan gli sputò in faccia.
Kor fece un gesto e un droide da battaglia che era rimasto in penombra corse a prendere il suo posto alla consolle e un'altra scarica attraversò il corpo di Obi-Wan.
Quando finì il Jedi cercò di riprendere fiato e di balbettare qualcosa.
-Come dici, generale? Non capisco- fece un altro cenno al droide che mandò un'altra scarica.
-Q-qualcosa.. Qualcosa che non capiresti-
-Mi stai forse dando dello stupido?- il besalisk alzò la mano per fare un altro gesto al droide quando Obi-Wan lo fermò.
 -No, certo che no. So che sai benissimo di esserlo- ghignò, facendo scomparire il sorriso irriverente dalla faccia di Kor e trasformandolo in un'espressione di rabbia.
Il besalisk cacciò il droide dalla postazione, aumentò la potenza del macchinario quasi al massimo e tirando un’altra leva lo attivò di nuovo.
Il silenzio dell'ambiente fu interrotto solo dalle grida di Obi-Wan per un tempo che parve infinito.
-Ora basta, Kor- sentenziò uno degli uomini in bianco, abbassando una leva e interrompendo la scarica. Il besalisk lo guardò contrariato, per poi acconsentire a procedere col piano.
-Bene, Kenobi. Basta giochetti.- Obi-Wan non gli rispose, la testa penzoloni in mezzo alle braccia, il corpo fumante -Kenobi, lo so che sei ancora cosciente-
-C-cosa vuoi ancora da me?-
-So perchè lo fai, ovviamente. Speri ancora che Skywalker arrivi a salvarti, non è così?-
Il Jedi sapeva che quella non poteva essere farina del sacco di Kor, nondimeno gli si strinse lo stomaco al solo pensare che quell'essere disgustoso potesse in qualche modo tirare Anakin dentro tutto quello.
-Anakin non ha nulla a che fare con questo- rispose secco, alzando la testa a guardare l'altro con rabbia
-Oh, ha a che fare con questo eccome. Però vedi, sbagli a pensare che verrà a salvarti, poichè questo non succederà mai.-
-Questi trucchetti non attaccano, Kor. Puoi farmi male finchè vuoi, puoi piegarmi, spezzarmi e, se proprio vuoi saperlo sei anche molto vicino a riuscirci, ma non potrai mai farmi dubitare del mio padawan- sorrise beffardo Obi-Wan, certo che quella del besalisk non fosse che una provocazione riuscita male.
-Ah no? Allora forse dovresti vedere questo- fece un altro cenno al droide che iniziò la riproduzione di un ologramma al centro della stanza.
Obi-Wan ci mise un attimo a capire che stava guardando una lapide nella cripta. Una lapide con.. il suo nome sopra?
Poi vide Anakin, gli occhi rossi e gonfi, probabilmente aveva pianto anche se ora cercava di mascherarlo tenendo il cappuccio in testa. Lo vide poggiare una mano sulla sua lapide e stringere i pugni, sofferente.
Partì l'audio e lo sentì parlare con Yoda, sentì il gran maestro Jedi dirgli che doveva lasciarlo andare, che orami era uno con la Forza.
Da quel momento continuò a fissare il resto del suo stesso funerale, ma senza guardarlo davvero.
Non avrebbe saputo ripetere l'elogio funebre che Yoda aveva fatto in suo onore, non avrebbe saputo dire quante persone erano presenti.
Il suo cuore si era fermato quando aveva visto il suo padawan distrutto per la sua morte. Il suo spirito si era definitivamente spezzato quando aveva visto l'ultima speranza che aveva di uscire di lì distruggersi in mille pezzi.
Ebbe giusto il tempo di sentire il proprio cuore stringersi al pensiero di quanto il ragazzo avesse potuto soffrire per la sua morte, quella faccia con gli occhi gonfi di pianto e l'espressione torva non l'avrebbe mai dimenticata, e si sentì terribilmente male e terribilmente in colpa allo stesso tempo.
Kor spense l'ologramma e riprese da dove aveva interrotto con le scariche elettriche, ma per quanto colpisse il generale questi non dava segni di reazione.
Era finita.
Aveva ceduto.
Tanto orami, quale ragione aveva di combattere?
Tutti lo credevano morto e, a quel punto, avrebbe davvero preferito esserlo.
-Allora, soddisfatti?- chiese contento Kor agli uomini in bianco
-Ci siamo quasi, manca un'ultima prova. Ci dimostri che il suo spirito è spezzato, del tutto, e potremmo finalmente passare alla fase due-
-E pagarmi.-
-Certo, e pagarla.-
Kor borbottò e si diresse verso i comandi del campo di forza, spegnendo tutto.
Obi-Wan rotolò a terra, libero.
Uno dei due uomini in bianco fece per scattare preoccupato dal fatto che il Jedi fosse senza alcun tipo di costrizione, ma l'altro lo fermò con un braccio facendogli capire che dovevano attendere il test del besalisk.
Kor raggiunse il Jedi e gli afferrò i capelli per sollevargli la testa, poi lo colpì con un pugno così forte da farlo volare qualche metro più avanti.
Obi-Wan restò sdraiato dov'era, senza muoversi. Il besalisk lo guardò e lo colpì ancora, e ancora.
Nonostante il Jedi fosse libero non provò a scappare nemmeno una volta, restava semplicemente lì, come se non avesse comunque altra scelta.
-..perchè non prova a scappare? Ha già tentato di fuggire in passato - chiese il primo dei due uomini in bianco.
-Impotenza appresa. Dopo un certo periodo di tempo in cui subisci dolore senza poter in alcun modo sottrarti a questo perdi la volontà di fuggire e di combattere.-
-Ma fino a poco tempo fa Kenobi ha provato a ribellarsi, anche se le sue condizioni fisiche non glielo permettevano ed era legato-
-Si, perchè aveva ancora la speranza. Ora sa di essere solo, e sa che non può fermarci. Quel poco del suo mondo che ancora gli restava gli è appena crollato addosso.-
Quando finalmente Obi-Wan perse i sensi Kor lo sollevò di peso e lo portò svenuto davanti ai due uomini in bianco, lasciandolo cadere ai loro piedi senza alcuna grazia.
-Allora, siamo pronti per la fase due?-

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Tempo dopo
 
-A-anakin?- balbettò Obi-Wan, aprendo piano gli occhi solo per vedere il suo ex padawan sorridergli maligno fissandolo con un paio di occhi gialli prima di iniziare a strangolarlo con la Forza, il braccio proteso in avanti, le dita che stringevano l’aria aumentando la pressione sulla sua gola.
Perché Anakin gli stava facendo questo?
Anakin?
Cosa ci faceva Anakin in quel posto? Da quanto tempo era lì?
Annaspò alla vana ricerca di aria.
Non riusciva a respirare e si sentiva sempre più debole.
-Ti sembro ancora così immaturo, maestro?- sogghignò l’altro, stringendo sempre di più la presa fino a fargli perdere i sensi, ridendo sguaiatamente.
 
Una scossa elettrica lo riportò alla realtà subito dopo e vide che davanti a lui c’era Dooku, non Anakin.
Cercò di muoversi e si rese conto di essere legato braccia e gambe a un tavolo inclinato a 45 gradi, sistemato in modo che potesse guardare in faccia il suo aguzzino.
-Era.. Era solo una visione..- balbettò incerto.
Lo era, vero?
Da quando la fase due era iniziata gli avevano spesso fatto vedere scene come questa, e iniziava a confonderle con la realtà.
Ricordi veri e ricordi indotti si mescolavano in un unico vortice. Alcuni eventi non era più in grado di affermare se erano avvenuti davvero o solo nella sua mente, di altri conservava versioni diverse.
Inoltre iniziava ad avere parecchie zone buie nella sua memoria.
Da quanto tempo era lì? Che luogo era precisamente?
I momenti in cui era pienamente cosciente di sé iniziavano ad essere sempre meno. Sentiva la coscienza scivolare via, piano piano, e spesso rimaneva semplicemente in balia degli eventi senza nemmeno accorgersi del tempo che passava.
A volte si ritrovava in un posto e non si ricordava come ci era arrivato.
O provava dolore da qualche parte e non si ricordava come si fosse ferito.
Non era più padrone del suo corpo e delle sue azioni da troppo tempo e, da quando la fase uno l’aveva spezzato a quel modo, non riusciva più ad essere pienamente in controllo nemmeno della sua mente.
Non che gli importasse in realtà.
Aveva smesso di opporsi.
Aveva smesso di lottare.
Non c’era da stupirsi che la sua coscienza ogni tanto fuggisse altrove.
Ormai aveva un unico desiderio, voleva solo che la smettessero. Non voleva più provare dolore, non voleva più che lo usassero come cavia. Non voleva più essere sottoposto alle loro umiliazioni.
Avrebbe preferito che lo avessero ucciso, tanto si sentiva già morto in più modi di quelli che i suoi aguzzini avrebbero potuto comprendere.
Tutto quello che restava di lui era un corpo magro e martoriato dalle torture, coi capelli e la barba troppo lunghi e non curati.
Non era nemmeno l’ombra del Jedi che era stato.
-Una visione dici?- lo riportò alla realtà il conte Dooku, avvicinandoglisi – Non lo so. Tu lo sai? Perché non proviamo a rinfrescare la memoria con qualche ricordo?- sibilò, protendendo un braccio verso di lui e aprendo la mano, lasciando che la Forza gli permettesse di costringere l’altro ad un’ennesima connessione mentale. Obi-Wan cercò di opporsi ma fallì miseramente, l’intrusione del Sith era troppo potente e troppo dolorosa, e la sua mente troppo provata per opporre resistenza, soprattutto senza potersi appoggiare alla Forza per contrastarlo.
Si lasciò andare e l’altro lo guidò molto indietro nel tempo.
 
Era al tempio Jedi, su Coruscant.
Era li, ma era come se non ci fosse.
Tutto appariva come ovattato, quasi come in un sogno.
Si guardò le mani, e si accorse di essere ancora un bambino, intorno a lui altri suoi coetanei formavano un cerchio al centro del quale due suoi compagni lottavano con le spade laser.
Un momento, sapeva cosa stava succedendo.
Quello era il torneo degli youngling più grandi, tenuto affinchè tutti trovassero un maestro.
Vide gli altri bambini combattere ed essere scelti, uno ad uno, finchè non rimase solo lui.
Non c’era più nessuno.
Nessun padawan, nessuno youngling, nessun maestro.
Il tempio era deserto e nessuno l’aveva portato via con sé.
Ma non era vero.
Non era andata così.
Il maestro Qui-Gon l’aveva scelto, ed era diventato il suo padawan.
Erano stati insieme per anni finchè il suo mentore non era morto tra le sue braccia su Naboo.
Era andata così vero? Non erano fantasie di un piccolo youngling.
Improvvisamente i colori cambiarono e si ritrovò nella sala del consiglio.
Yoda e gli altri maestri lo fissavano da altissime sedie nere, e lui si sentiva sprofondare.
Dicevano che era così debole che non sarebbe mai potuto diventare un Jedi e che per questo l’avrebbero espulso dall’ordine, poco gli importava che fosse solo un bambino e che non avesse fatto altro che vivere al Tempio per tutta la sua vita.
Poi iniziarono a ridere, e a ridere, sempre più forte, mentre lui si sentiva sprofondare sempre più giù.
 
Si svegliò urlando e realizzò di essere ancora legato a quella sedia delle torture con Dooku che lo fissava ridendo.
- Un.. Un’altra delle tue visioni, Conte-
- Sicuro che lo fosse?-
- Cos’altro poteva essere? Ricordo benissimo il mio maestro-
- Davvero? E se fosse stata quella la visione? Se tu avessi desiderato così tanto diventare il suo padawan da immaginare tutto?-
- N-no. Me lo ricordo troppo bene. Poi sono diventato cavaliere, non avrei mai potuto farlo se..-
mentre parlava si rese conto che non se lo ricordava poi così bene. Per essere investito cavaliere serviva una cerimonia no? Ma non ne aveva memoria, non più almeno.
Non era la prima visione di quel tipo che aveva, e i ricordi iniziavano a sovrapporsi.
Ogni volta la storia era un po’ diversa.
Questa volta veniva espulso dall’ordine, un’altra volta Qui-Gon moriva in battaglia poco dopo che si erano conosciuti, o ancora veniva addestrato da un altro maestro che non si curava minimamente di lui.
-Non ne sei così sicuro eh?-
-No, per favore. Lasciate stare il mio maestro. Non portatemi via anche il ricordo che ho di lui. Vi prego-
In risposta Darth Tyranus allungò il braccio e Obi-Wan urlò di nuovo.
 
Quando Dooku si fu stancato di giocare con la sua mente, almeno per quel giorno, lo riportarono nella sua cella.
Non c’era più nemmeno bisogno di sedarlo o di legarlo, da quando la fase due era cominciata, un paio di mesi prima, non aveva mai cercato di fuggire.
I droidi lo lasciarono cadere al centro della stanza dove l’uomo si raggomitolò su se stesso.
La testa gli scoppiava e il sangue che gli era fuoriuscito dal naso durante l’interrogatorio gli lasciava in bocca un disgustoso sapore metallico.
L’unica cosa che gli era rimasta, la sua identità, non era mai stata così in bilico.
Per un attimo dubitò addirittura di essere mai stato davvero un Jedi.
E il terrore del non essere nessuno lo assalì, facendolo tremare violentemente. Se non era mai stato un Jedi, chi era?
Provò a spingere indietro la sua memoria ma, dove anche i ricordi affioravano, ne vedeva sempre più versioni, senza riuscire sempre a capire quale fosse quella corretta.
Anakin era il suo padawan, giusto? O era un suo spietato nemico?
E Qui-Gon esisteva davvero?
Si sentì terribilmente stupido e solo.
Si rannicchiò ancora più stretto e pianse, lasciando che le lacrime salate lavassero via un po’ del sangue secco che aveva sulla faccia chiedendosi solo il perché.
Perché proprio lui?
Perché?
 
Tempio Jedi – Coruscant
 
Erano passati tre mesi da quando Anakin aveva bruciato il mantello del suo maestro decidendo che il modo migliore di onorarlo sarebbe stato vivere essendo il Jedi che Obi-Wan avrebbe voluto che fosse.
In quei tre mesi Anakin aveva finto, più o meno consciamente, che Obi-Wan non gli mancasse.
Aveva finto che non gli importasse quando una mattina vide un Jedi che non conosceva entrare nell’anticamera in comune con la sua salutandolo, dirigendosi in quella che prima era la stanza di Obi-Wan.
Aveva finto che non gli importasse quando in ogni battaglia, nella mischia, si girava cercando lo sguardo complice del suo maestro senza trovarlo.
Aveva finto che non gli importasse quando la sera si accovacciava stanco in un accampamento e non c’era nessuno a rimproverarlo per quanto fosse stato imprudente durante la missione.
Aveva finto che nulla di quello che prima faceva col suo maestro gli mancasse e che, ogni volta che si girava per cercarlo con lo sguardo o con la Forza, ogni volta che stava per bussare ai suoi alloggi dove non l’avrebbe trovato, una pugnalata di dolore non lo trafiggesse al petto, lo stomaco chiuso.
Aveva finto così tanto che non gli importasse che quella semplice imposizione lo spossava.
Era dimagrito molto, dimenticava spesso di mangiare e a volte di dormire.
E, senza Obi-Wan a controllarlo, era diventato ancora più spericolato e avventato.
I suoi piani sempre più rischiosi l’avevano portato più volte via dal campo di battaglia in fin di vita.
Non importava quante volte Ahsoka avesse cercato di parlargliene, Anakin non sembrava nemmeno rendersi conto del problema.
Anche Padmè, preoccupata per lui, aveva più volte cercato di fargli capire che negare del tutto che la morte di Obi-Wan avesse avuto un qualche effetto su di lui non stava facendo altro che peggiorare le cose, ma aveva ottenuto solo urla in cambio.
Le cose tra lei e Anakin non andavano bene da quando era successo.
Certo, non la ignorava più come prima. Cenavano insieme, dormivano insieme, ma era come se Anakin fosse altrove.
Aveva preso ad allenarsi molto più di prima, continuava a ripetere che doveva diventare un Jedi che Obi-Wan avrebbe stimato, senza capire che si stava allontanando sempre di più da quell’ideale.
Una volta, non vedendolo arrivare per cena, Padmè era andata a cercarlo dove sapeva che era solito allenarsi e l’aveva trovato svenuto, probabilmente per la fatica.
Ma tutte le volte che provava a dirgli che stava esagerando si sfociava nella lite.
Anakin le diceva sempre che non capiva, che doveva diventare forte, che doveva proteggere lei e Ahsoka, perché non poteva più permettersi che a qualcuno che amava venisse fatto del male per colpa sua e della sua inettitudine.
Quello che non capiva era che, comportandosi così, stava facendo esattamente questo.

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