Strano il mio destino

di everything88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Stare senza di te ***
Capitolo 2: *** La paura che ho di perderti ***
Capitolo 3: *** Non è tempo per noi ***
Capitolo 4: *** September morn ***
Capitolo 5: *** Hope & Fear ***
Capitolo 6: *** Stay with me ***



Capitolo 1
*** Prologo - Stare senza di te ***


NOTA DELL'AUTRICE: Eccomi qui, che provo a scrivere una storia su due dei personaggi telefilmici che amo di più in assoluto e che per questo mi hanno fatto imprecare come se non ci fosse un domani. Non so cosa ne verrà fuori, perché non solo scrivo peggio di una creatura in prima elementare, ma mi sento più bipolare di Camilla Sesta Stagione Limited Edition. So solo che, rileggendo la brevissima one-shot che mi era venuta fuori sull'onda della rabbia post 6x08, ho capito che i Gaudini, al di là di chi sembra proprio odiarli, non meritano quel finale. E così, ho deciso di ripartire proprio da lì, con le dovute accortezze, e provare ad andare in un'altra direzione. Ci riuscirò? Presto per dirlo; spero comunque che qualcuno di voi voglia condividere con me questo folle viaggio e, nell'augurarvi buona lettura, vi do appuntamento alla fine del capitolo!



Prologo - “Stare senza di te”

 

“Io VI voglio molto bene, ma ho voglia di stare un po'da sola ”, questo aveva detto Camilla. E lui, Gaetano, dopo aver trascorso gli ultimi dieci anni aspettandola, inseguendola, scappando da lei per ritrovarla ogni volta, prima nei sogni e poi di nuovo sul suo cammino, dopo che finalmente si erano scambiati la pelle, dando forma ad una perfetta imperfezione, si era ritrovato ad ascoltare quelle parole in un ospedale; per di più venendo messo sullo stesso piano dell'uomo che l'aveva tradita, che solo poche settimane prima gli aveva dato un pugno e con il quale aveva stretto un'assurda alleanza al culmine dell'esaperazione. Sì, perché Camilla, la sua adorata Camilla, aveva sempre avuto il potere di portarlo sulla cima più alta e poi, in un attimo, gettarlo nella profondità degli inferi, in preda al dolore e all'incertezza.
Di fronte a quella maledetta macchinetta del caffè, Gaetano per la prima volta aveva formulato un pensiero categorico: lei non sarebbe mai riuscita ad amarlo. E il sorriso di circostanza fatto all'infermiera, nel momento in cui si era definito, senza quasi nemmeno accorgersene, 'l'amico adottato', era stato solo l'ultimo atto di una commedia mal riuscita e replicata una volta di troppo, che ormai rivendicava la chiusura del sipario.

Tornato a casa, il vice questore ripercorse con la mente l'escalation dei momenti che l'avevano legato a doppio filo alla Prof: quanto tempo era passato dall'iniziale antipatia mista ad attrazione, dal caos che non piace ma che arriva quando meno te lo aspetti, dagli sguardi complici, dai tanti vermouth bevuti insieme, dai pavidi ma inevitabili abbracci che gli avevano provocato potenti brividi lungo la schiena, dai baci non dati carichi di passione latente e da quell'esplosione atomica avvenuta al centro di una piazza, che in un istante l'aveva fatto morire e poi tornare alla vita? Eppure, quando quella notte, aprendo la porta, se l'era ritrovata lì a chiedergli una camomilla, senza difese e pronta a farsi cullare dalle sue braccia, un decennio gli era sembrato un istante paragonato all'eternità.

C'era voluto poco, però, per riportarlo alla realtà: il pressing di Renzo sempre più insistente, i problemi derivanti dal matrimonio e dalla gravidanza di Livia, e alla fine anche Michele. Come aveva potuto Camilla arrivare a rendere una falsa testimonianza, seppur convinta dell'innocenza del suo ex? E dove aveva trovato una tale dose di crudeltà e cinismo da mostrarsi soddisfatta quando alla sua opposizione da manuale: “Non basta un alibi per essere innocente” aveva replicato con un lapidario e insopportabile: “Però ti fa rodere!”?

'Sembra che il destino abbia fatto veramente di tutto per distruggerci', pensò Gaetano, ma fu un'idea che la sua testa smontò in una frazione di secondo. Non era affatto così, il problema era un altro ed era sempre stato lo stesso. La verità, nuda, cruda e lacerante, era che Camilla non l'aveva mai davvero scelto, rischiando tutto e mandando all'aria volontariamente la propria vita, ma aveva semplicemente smesso di resistere ad una tentazione quando le circostanze si erano rese favorevoli a cogliere l'attimo.

'Che persona sono diventato?' si chiese il commissario, rendendosi conto che, nel corso del litigio dopo la cena al ristorante giapponese, pur di non perderla era arretrato di cento passi dopo una richiesta di chiarimento più che legittima. 'Questo non sono io, e questa non può essere una relazione'. In preda ad un'epifania, Gaetano riempì distrattamente un trolley e poi scrisse due lettere: nella prima, una semplice richiesta di aspettativa, nella seconda, le ultime parole all'altra metà del suo cielo.
 

“Cara Camilla,

ti ricordi quando ti sei indignata perché ti ho detto di volerti dare le chiavi del mio cuore? Hai ragione, è un'espressione da film adolescenziali, ma è proprio così che mi hai sempre fatto sentire, un ragazzino sperduto, alla continua ricerca di certezze, e con un solo, spasmodico, desiderio: te. Ero arrivato a pensare di poter vivere fino alla fine dei miei giorni nutrendomi dei tuoi sguardi, delle tue carezze furtive, dei tuoi sorrisi, perché mi bastava che facessi parte della mia esistenza. Adesso, però, non è più così. Ho capito di non dover cercare la tua essenza in ogni donna che incontro, ma anche che non bastano né il mio amore, né ogni possibile scherzo del destino che giochi a mio favore. Non farò proclami, non mi interessano i ricatti morali, questa è una semplice lettera di addio. Non ci hanno diviso Praga, Barcellona o il mio matrimonio, ci dividerà la mia volontà di non sentirmi più l'ultima ruota del carro. Vedi, Camilla, se ti scrivo queste parole e non ti affronto faccia a faccia è perché qualunque cosa tu possa dire o fare, non potrà cambiare quello che è successo in questi mesi, né minare le consapevolezze che ho acquisito. Se rimanessi qui, giorno dopo giorno, inevitabilmente finirei per odiarmi e soprattutto per odiare te e questo non posso permetterlo, perché tradirei il più bel regalo che mi abbia mai fatto la vita. Professoressa, una volta, alla fine di una scala, ti ho detto che in due è tutto più semplice; un'altra, mentre le mie mani sfioravano il tuo viso e accarezzavano i tuoi capelli, ti ho aperto il cuore confessandoti che eri l'unica donna a capirmi veramente. Ed è assurdo pensare che io ti abbia sentita più mia in quei momenti che nel corso della nostra relazione, è assurdo che fossimo tutto quando ancora non eravamo niente e che stare insieme ci abbia tolto qualcosa anziché aggiungerla.
L'amore non ha senso, non ha regole né meriti, e io continuerò a percepirti per sempre come una parte di me, ma adesso non posso più restare aggrappato ad un sogno, voglio voltare pagina ed inseguire il futuro che merito. Grazie per tutto quello che mi hai dato, anche se stavolta non ti chiederò perdono per ciò che sto per fare.

Ti amo.

Gaetano”

Il commissario aprì la porta del suo appartamento torinese, scese le scale e si ritrovò fuori, in quella notte senza luna. Prese la lettera, la mise nella cassetta che avrebbe visto per l'ultima volta, alzò gli occhi verso la finestra chiusa e poi si allontanò, perdendosi nel buio.

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Se ne era andato senza dire una parola. La nipotina era appena nata, Livietta era ancora in ospedale, Renzo era preso dalle mille emozioni legate ai primi istanti di quella seconda, inaspettata, paternità. E lui era sparito, lasciando solo una lettera. In quelle due, lunghissime, settimane Camilla l'aveva imparata a memoria: “Se rimanessi qui, giorno dopo giorno, inevitabilmente finirei per odiarmi e soprattutto per odiare te” , “Stare insieme ci ha tolto qualcosa anziché aggiungerla” , “Non posso più restare aggrappato ad un sogno” . Perché quelle parole l'avevano lasciata così spiazzata? Era stata lei a decidere di prendere le distanze e di voler fare la 'nonna libera e indipendente'; e comunque erano mesi che lui le ripeteva di non essere certo di riuscire ad aspettarla, così come aveva fatto in quel bar, quando le aveva proposto di andare alle terme per riavvicinarsi e, alla sua ennesima richiesta di tempo, aveva provato a farle capire che ciò che le appariva come una minaccia, altro non era che l'atteggiamento di un uomo pazzo di lei.
E come dubitarne? Erano passati più di 10 anni dal caso Esposito, che aveva permesso ai loro sguardi di incontrarsi davanti a quel citofono suonato invano, e li aveva poi condotti a tante delle loro prime volte, dal vermouth 'deliziosamente demodé', alle scosse elettriche generate da un abbraccio, dal cominciare a darsi del tu al museo delle auto della polizia, fino alla cena per festeggiare la risoluzione dell'indagine. E dopo tutto ciò che li aveva uniti e separati, Camilla poteva ancora percepire pienamente la forza dirompente del sentimento nutrito da Gaetano nei suoi riguardi, di quell'amore che era nato sin dall'inizio e che né il tempo, né la distanza, né i suoi eterni rifiuti erano mai riusciti a scalfire. Di questo la donna aveva sempre avuto l'assoluta certezza, malgrado solo poche settimane prima, in un momento di totale esasperazione, l'avesse accusato di aver voluto solo conquistarla, di pretendere troppo e non rispettare i suoi tempi, quasi come se la considerasse una sua proprietà e quindi, in sostanza, di non essere in grado di amarla nel modo giusto.

Il vero problema non era mai stato stabilire ciò che provava Gaetano, bensì lei. Cosa era successo dopo il tango, la camomilla galeotta e la sensazione che tutto fosse finalmente così perfetto da aver paura di svegliarsi? Ripensò a quando, prima di partire per Barcellona, era stata al cimitero a trovare la professoressa Maselli, alla quale aveva parlato del commissario definendolo “una tentazione” o a quando precedentemente, confidandosi con Dora, era arrivata a confessare: “Quell'uomo mi confonde” . Possibile che una mera questione di attrazione fisica l'avesse spinta a lasciare il paese e a rivoluzionare la propria esistenza? E che dire di quando un'assurda coincidenza li aveva fatti incontrare nuovamente a Torino e in un attimo tutte le sue ritrovate certezze erano crollate come un castello di sabbia? Se lo ricordava bene quel giorno davanti alla scuola, poco dopo la scoperta di essere vicini di casa. Era bastato un sorriso in allegato alla richiesta di “affrontare il destino in maniera civile, magari davanti a un vermouth” per farle capire di essere di nuovo in trappola e che non necessariamente sarebbe riuscita ancora ad uscirne. “Ti ho sentita più mia in quei momenti che nel corso della nostra relazione... è assurdo che fossimo tutto quando ancora non eravamo niente” . Era tutto vero. Da quando era entrato nella sua vita, Gaetano per lei era stato un amico, un complice, un porto sicuro, l'unico in grado di leggerle dentro, di far emergere ogni lato della sua personalità senza ostacolarlo e, allo stesso tempo, di riuscire a travolgerla e farle perdere le coordinate. Insieme a Tommy erano stati la famiglia che non avevano mai potuto davvero costruire e malgrado fosse quasi sempre riuscita ad ammetterlo a se stessa solo nei sogni o sottovoce, ciò che l'aveva sempre legata a quell'uomo era terribilmente vero e terribilmente forte. E allora perché non l'aveva cercato dopo la prima separazione con Renzo, preferendo lasciarsi andare a quell'assurda parentesi con Marco? E perché adesso che finalmente avevano avuto una possibilità era arrivata a fargli così male, spingendolo a scappare come un ladro dalla sua stessa casa?
Tante domande ed un'unica certezza: lui se ne era andato e questo non le faceva chiudere occhio.

 

Siamo arrivati alla fine di questo prologo, che definisce quelli che, a mio modesto modo di vedere, dovrebbero essere gli stati d'animo di Camilla e Gaetano dopo quel raccapricciante finale di stagione. Nel prossimo capitolo, la nostra prof arriverà ad acquisire importanti consapevolezze, ma questo dove la condurrà?

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Capitolo 2
*** La paura che ho di perderti ***


Nota dell'autrice: dopo il prologo, eccoci al primo vero capitolo di questa storia. Il sacrosanto allontanamento di Gaetano non passa inosservato ad una certa prof, che forse per una volta potrebbe fare qualcosa di sensato... se vi va, buona lettura!

 

Capitolo 1 - “La paura che ho di perderti”

 

“No, Francesca, non mi pare proprio il caso, dai. Livietta potrebbe avere delle difficoltà con la bambina e non mi va di lasciarla sola”, provò ad obiettare Camilla, per niente desiderosa di uscire e ritrovarsi in mezzo alla gente.

“Senti, Camilla, Livia è una madre e una moglie e non è sola, ha George ad aiutarla. Non voglio sentire ragioni: se proprio non ti va di andare a ballare, ci mangiamo una pizza e poi ci ascoltiamo un po'di musica dal vivo, almeno ci aggiorniamo un po'; mi rifiuto di pensare che tu debba di nuovo avere un attacco di panico per far sì che possiamo vederci!” si oppose Francesca, che in quel momento non sembrava proprio intenzionata a voler cedere.

“Ok dottoressa, mi ha convinta. Ci vediamo alle 20 qui sotto casa mia” , concluse la prof, prima di chiudere la comunicazione sospirando.

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“Cioè, fammi capire: in tutti questi mesi Renzo non si è mai dato per vinto, tu ti sei messa col poliziotto dal quale dovevi stare lontana e hai anche ritrovato il tuo primo amore, che non ti ha mai dimenticata? E meno male che non potevi essere la mia compagna di bagordi, al tuo confronto la mia vita sentimentale è interessante quanto un film polacco sottotitolato in bulgaro!” sentenziò Francesca, dopo il flusso di coscienza più lungo e liberatorio che le fosse mai capitato di sentire in tutta la sua vita, monologo che peraltro, accompagnato dalla musica folk del gruppo che suonava nel locale in cui si erano rifugiate, l'aveva fatta entrare per un attimo nel mood 'amica sfigata della protagonista di un teen drama'.
Se non altro, grazie a quel commento, per la prima volta da giorni, Camilla era riuscita a far comparire sulla propria bocca un sorriso sincero, benché non esente da una venatura amara.

“Sì, così interessante che mi ritrovo a 50 anni sola e senza sapere cosa fare della mia vita!” non potè evitare di replicare.

“Scusa, ma non sei stata tu a volerti prendere una pausa da tutti e dedicarti a tua nipote? E allora adesso cosa c'è che non va?” la incalzò l'amica, che la vedeva smarrita e bisognosa di confrontarsi con qualcuno che non la giudicasse e la cui vita non dipendesse dalle sue decisioni.

“Sì, lo so, ma adesso non so più se sia stata la scelta giusta. Penserai che io sia un'egoista, che non sappia cosa voglio, e probabilmente è vero, ma non credevo che la mia decisione sarebbe stata accettata così facilmente da tutti. Io-”

“Chi sono questi tutti, Camilla?” la interruppe Francesca.

“Tutti. Renzo, ovviamente, quando ha capito che la pratica Michele era stata archiviata, ha destinato tutte le sue attenzioni su Lorenzo, anzi 'Lorenzito' - impossibile non notare la punta di esilarante acidità con la quale aveva virgolettato mentalmente quel diminutivo - ma va benissimo così. Tu lo sai quanto l'ho amato, quante lacrime mi ha fatto versare e quanto mi abbia infastidita la notizia che un'altra donna gli avrebbe dato il figlio maschio che non avevamo mai avuto ma qualcosa tra noi aveva già iniziato da molto tempo a spezzarsi e più investivo per salvare il nostro rapporto, più mi sembrava di perdere inesorabilmente una parte di me, fino a rischiare di non riconoscermi più. Gli auguro ogni bene, che decida o meno di riprovarci con Carmen, perché è un uomo che, nonostante i tanti difetti, non mi ha mai fatto pentire di averlo scelto ma ho smesso di rimpiangere i bei tempi andati. Però Gaetano-”

“Ecco, è qui che ti volevo. Come ti fa sentire il fatto che se ne sia andato?” chiese a bruciapelo Francesca, che non appariva disposta a mollare la presa.

“Non lo so, davvero non lo so, ma tanto con lui non ci ho mai capito niente. Ti ricordi quando ti ho detto che ero io ad essere l'ostacolo tra noi due? Forse è davvero così” , rispose Camilla con lo sguardo perso nel vuoto.

“Sai cosa penso io, invece? Penso che quest'uomo sia la perfezione scesa sulla terra, ma che il destino abbia sempre deciso di farvi sincronizzare al meglio nei frangenti meno opportuni. E se posso dirtelo, penso anche che tu abbia sbagliato clamorosamente ad andare oltre proprio in quel momento. E si, lo so, sono stata la prima a dirti di prenderlo senza aspettare che lo facesse qualcun'altra. Però, Camilla, lui ti ha amata per una vita, come potevi pensare che sarebbe riuscito a fare le cose con calma e che non ti avrebbe chiesto di definire il vostro rapporto? Mettiti nei suoi panni: il tuo ex marito sempre intorno, una figlia che vi lega indissolubilmente e che sta per rendervi nonni. Almeno hai mai cercato di rassicurarlo sul fatto che ci tenessi alla vostra coppia?” domandò ancora la dottoressa, che incarnava la perfetta sintesi tra il grillo parlante e una novella Freud in gonnella.

“Gli ho sempre detto che mi faceva stare bene, che non eravamo ancora una coppia ma che potevamo diventarl.. cosa c'è? Perché mi guardi così?”

“E tu ti stai ancora chiedendo perché abbia deciso di partire? Proprio tu, Camilla Baudino, professoressa di lettere, hai perso di vista il significato delle parole? Come fai a dire che non eravate una coppia, lo siete sempre stat-”

“... < Ti ho sentita più mia in quei momenti che nel corso della nostra relazione... >, è vero, Francesca, è tutto vero!” disse improvvisamente Camilla, il volto di nuovo ricco dell'espressività che l'aveva sempre contraddistinto, mentre quella riflessione, fatta per la seconda volta a voce alta, acquisiva nuovi significati da decifrare.

“Ora mi sono persa, cosa stai dicendo?” , chiese Francesca spiazzata.

“Non lo so ma... devo chiamare Gaetano! Scusami davvero, devo andare a casa.”

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Faceva fresco in quella notte di inizio estate, ma a lui non dispiaceva. Camminare sulla sabbia gli era sempre piaciuto e, prima di incontrare lei, il mare - oltre a Torre, è evidente - era stato tante volte il suo più grande alleato per rimettere in ordine le idee di fronte ad un'indagine complessa... e non solo. Camilla ci aveva messo tre settimane ad alzare il telefono, ventun giorni in cui lui aveva dormito a malapena e non era riuscito a trovare pace. Cosa aveva detto quel giorno a Tommy, quando giocavano a braccio di ferro in commissariato? “Ci sono delle volte, quando vuoi troppo bene a una persona, che capita di volersene allontanare” . Tutto legittimo, tutto vero. Peccato che spesso, mentre il corpo viene facilmente fatto salire su una macchina, affinché cambi città o regione, la testa e il cuore riescono a dissipare tutta la benzina e ad impedire alla loro macchina di percorrere anche solo mezzo metro. Si ricordò di quando, dopo il matrimonio di Livietta, Camilla l'aveva chiamato per passare un po'di tempo insieme e lui, in un inaspettato e brevissimo moto di orgoglio, aveva ascoltato il suo messaggio in segreteria decidendo di non risponderle, salvo poi pentirsi quasi istantaneamente e tentare di ricontattarla, senza però ottenere una replica. 'Tra di noi è sempre stato così: se le sfuggivo, marcava il territorio, se mi sentiva troppo vicino, scappava. Eppure, stavolta me ne sono andato senza nemmeno salutarla e lei per tre settimane non ha mosso un dito. Del resto, la meravigliosa new entry di casa l'avrà tenuta impegnata. Oppure si è riavvicinata a Renzo. O magari sta risentendo Michele. In quella scena da teatro dell'assurdo nel corridoio dell'ospedale, aveva detto che su Carpi non c'era niente da capire; ma è la stessa donna che prima mi ha giurato di avermi ritenuto sempre una sua preoccupazione e poi ha giocato con me e calpestato i miei sentimenti, quindi l'attendibilità è quella che è. E allora perché avrei dovuto rispondere a quelle telefonate?'
Pensieri sconnessi, densi di incertezza, risentimento e frustrazione. Ma, nonostante tutto, anche se ammetterlo gli provocava un dolore fisico, il dominio silenzioso per quel nome apparso sul display del cellulare era di un altro sentimento: l'amore.

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“Mamma, cosa ti sta succedendo?” chiese all'improvviso Livia, che ormai - buon sangue non mente - aveva imparato da tempo a capire quando c'era qualcosa di cui preoccuparsi e che, approfittando del fatto che George fosse fuori per lavoro e che la piccola dormisse beatamente, voleva provare a restituire alla madre almeno un briciolo del sostegno che aveva sempre ricevuto da lei.

“Niente, amore, perché me lo chiedi?” rispose Camilla, continuando a preparare la tavola e fingendo un'apparente serenità.

“Senti, sai bene quanto mi abbiano infastidito in passato i tuoi interrogatori e quelli di papà, quindi, se non ti va di parlare, non insisterò; però per favore non mentirmi. È da quando io e Cami siamo tornate a casa che ti vedo strana: mangi appena, ti alzi durante la notte, spesso sei assente e soprattutto non vedo Gaetano dal giorno in cui sono nati i bambini. Allora, vuoi dirmi cos'è successo?”

“È successo che Gaetano se n'è andato!” si limitò a replicare Camilla, la voce spezzata sull'ultima parola.

“Che vuol dire se n'è andato?”, chiese ancora la figlia.

“Vuol dire che sono una cretina. Vuol dire che, prima della nascita di Cami, ho detto a tuo padre e a Gaetano che volevo rimanere sola e pensare esclusivamente a fare la nonna perché ero esasperata e non sapevo più dove sbattere la testa. Vuol dire che gli ultimi 10 anni della mia vita sono stati un casino perché, anche se è difficile da credere, ho vissuto due sentimenti diversi ma entrambi forti e mentre uno cresceva, malgrado avesse tutto e tutti contro, l'altro lottava con le unghie e con i denti per non perdere terreno ma alla fine si è schiantato comunque al suolo. Vuol dire che quando ho finito tutte le scuse e ho provato ad essere me stessa, ad essere felice, la paura mi ha paralizzata, rendendomi una persona che non pensavo nemmeno potesse esistere. E vuol dire che un uomo che ha avuto la disgrazia di innamorarsi di me, ora ha scelto di smettere di rovinarsi la vita. E sai qual è la cosa peggiore? Io l'ho dato per scontato. Il destino l'ha sempre riportato da me, e ogni volta bastava una parola per riprendere per mano una conversazione mai interrotta e farle fare cento passi in più. Perché ho tirato così tanto la corda? Perché l'ho spinto ad abbandonarmi?”

Non se ne era nemmeno resa conto ma mentre pronunciava quelle parole, il suo volto si era cosparso di lacrime amare e il tono era divenuto sempre più convulso.

“Mamma, ti prego, calmati, non ti ho mai vista così. Ascoltami, Gaetano è pazzo di te, lo è sempre stato. Anche se meno chiaramente di adesso, lo capivo già a 8 anni e l'ho visto fino a tre settimane fa. Non so come tu sia arrivata alla decisione di allontanarlo, ma un sentimento del genere non passa dall'oggi al domani. Se la sua assenza ti fa stare così male, perché non lo cerchi?”

“Ieri ho provato a chiamarlo venti volte da quando sono tornata a casa ma non mi ha mai risposto. Non so dove sia, non so cosa gli stia passando per la testa e se mi trovo in questa assurda situazione è solo colpa mia!”

Ancora lacrime ed un tono che adesso toccava note di amarezza e rassegnazione.

“Sai che ti dico? Che questo allontanamento è la cosa migliore che potesse capitarvi! Se lui fosse rimasto qui, avresti finito col rimandare, col prendere tempo, senza arrivare mai a fare chiarezza in te stessa. Ti chiederò solo una cosa: tu cosa vuoi?” , domandò Livia dopo essersi assicurata che la madre si fosse tranquillizzata almeno un minimo.

“Voglio chiudere gli occhi e sentirmi allo stesso tempo libera e a casa, voglio che il passato non influenzi più il presente, voglio smetterla di avere paura. Gaetano... voglio Gaetano!”

“E allora vai a riprendertelo!”

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“Professorè, voi così mi mettete in difficoltà!” disse Torre, incerto sul da farsi in quella situazione.

“Torre, per favore, so quanto lei tenga a Gaetano e so che in questi anni gli ho fatto del male ma ho assolutamente bisogno di parlargli e lei è l'unico a cui posso rivolgermi per sapere dove si trovi” , supplicò Camilla, sicura di poter convincere ancora una volta l'ispettore a darle l'informazione che stava disperatamente cercando.

“Io ve lo dico, però non fatemi pentire. Il dottore è in Toscana, vicino a Pisa, in una casa di famiglia in cui andava in vacanza da ragazzino. Questo è l'indirizzo; mi raccomando a voi, riportatecelo” pregò l'uomo, con la speranza che potesse essere la volta buona per quella coppia per la quale aveva sempre tifato e che Camilla riuscisse a fargli ritrovare l'amico di cui già sentiva la mancanza.

“Tranquillo, ha fatto la cosa giusta” , concluse la donna, prima di precipitarsi fuori dal commissariato.

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Quattro ore a bordo del suo maggiolino bianco che, ancora non riusciva a crederci, era riuscito a portarla fino a lì, sostituendo al meglio delle proprie possibilità la macchina nuova temporaneamente dal meccanico. Duecentoquaranta minuti per pensare a cosa dirgli. Come se le precedenti tre settimane non fossero state già di per sé sufficienti. Eppure, ancora seduta al volante dell'auto parcheggiata a debita distanza, continuava da un'eternità a fissare quel portone senza riuscire a muoversi. Improvvisamente, gli ultimi 10 anni della sua vita le erano passati davanti come un fulmineo slideshow: da un lato, il fortissimo amore provato per Renzo, nonostante i tradimenti, e ancor prima le differenze che li dividevano, l'avessero portata ad esprimere al di fuori delle mura domestiche una parte importante di sé; dall'altro lui, Gaetano, un mix esplosivo di adrenalina e infinita devozione. Livietta indubbiamente non sbagliava nel ritenere che la fuga del commissario avesse impedito l'ennesimo stallo, ma il punto è che non necessariamente ad essa era connesso il desiderio di avere una reazione. La verità era che, per la prima volta, lui era sparito da un giorno all'altro senza avvertirla e con uno stato d'animo molto diverso da quello col quale era partito per Praga, il che l'aveva irrimediabilmente destabilizzata perché si era resa conto del rischio concreto di perderlo per sempre. Ma se anche questo era servito ad aprirle definitivamente gli occhi, cosa si sarebbe ritrovata davanti una volta superata quella soglia?
Le lancette dell'orologio stavano quasi per baciarsi al rintocco della mezzanotte e tutto ciò che desiderava era azzerare la distanza che la separava da quella casa, trovare riparo tra le sue braccia e non pensare a ciò che li avrebbe attesi l'indomani ma, allo stesso tempo, un'orribile voce interiore le urlava di tornare immediatamente indietro. Stava per accendere il motore quando il battito di due dita sul finestrino la fece voltare e trasalire. Il tempo di eliminare quella fastidiosa barriera di vetro e poi solo cinque parole: “Professoressa, che ci fai qui?”

 

 

Nota dell'autrice: vi lascio con un piccolo cliffhanger, annunciandovi di avere in mente come affrontare ciò che seguirà ma di non essere certa di riuscire a farlo nel modo giusto. Comunque, se quello che avete letto finora non vi ha annoiato a morte, l'appuntamento è con il prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Non è tempo per noi ***


Dopo il piccolo cliffhanger che ha chiuso il primo capitolo, eccomi qui a raccontarvi l'incontro tra Camilla e Gaetano. Vi dico subito che ho penato non poco e che non sono assolutamente convinta del risultato, sia perché volevo trasmettere di più, sia perché rischio di andare molto ooc. Il fatto, però, è che proprio non riuscivo ad andare in una direzione diversa, almeno per ora. Ma bando alle ciance, ci vediamo a fine capitolo.
 

 

Capitolo 2 - “Non è tempo per noi”

 

Quella sera il tempo sembrava non passare mai. Seduto sul divano, Gaetano continuava a fare zapping davanti al televisore per cercare di mettere a tacere il solo pensiero che aveva monopolizzato la sua mente nelle ultime ore: correre da Camilla per capire cosa si celasse dietro quelle telefonate rimaste senza risposta. Frustrato dal non riuscire ad uscire dall'impasse, il commissario decise di lasciare quelle mura che lo facevano sentire prigioniero in casa propria e di assegnare nuovamente alle onde del mare il difficile compito di convincerlo a non cedere all'istinto.
Aveva compiuto pochi passi, quando scorse da lontano un maggiolino che, anche al buio, avrebbe riconosciuto in ogni dove e che gli fece spuntare sul volto un sorriso spontaneo, mentre si domandava come diavolo fosse riuscita ad arrivare fino a lì con quello scassone e perché non avesse usato la macchina nuova. 'Ma dove la trovo un'altra come lei?' , si ritrovò a chiedersi; il che lo riportò indietro con la memoria a ben otto anni prima, quando, durante un loro battibecco, Camilla se n'era andata sbattendo la porta, lasciandolo sospirare con lo sguardo dolcemente rassegnato di un uomo certo di non poter amare nessun'altra. L'emozione scaturita da quel ricordo, però, cominciò rapidamente a cambiare natura, nel momento in cui realizzò di avere appena avuto l'ennesima conferma di essere stato troppo a lungo preda di un veleno senza antidoto. Una maledetta droga che, dopo l'estasi, l'aveva sempre riportato sulla terraferma smanioso di poter ricevere un'ultima dose. Chiuse gli occhi per un attimo che gli sembrò infinito, nel corso del quale lo sfiorò l'idea di scappare per non affrontare l'unico sguardo in grado di fargli perdere la ragione. Poi, senza quasi avere il controllo dei propri movimenti, cominciò a camminare nella direzione in cui i piedi lo conducevano e, quando la vide in procinto di accendere il motore, totalmente assorta nei suoi pensieri, non potè fare a meno di bussare a quel finestrino ed esordire con un cliché da manuale: “Professoressa, che ci fai qui?”

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Una notte estiva come tante, una vecchia casa di campagna, un uomo e una donna in piedi l'uno di fronte all'altra in una sala illuminata da una luce fioca, unica spettatrice discreta in attesa di scoprire ciò che i protagonisti dello spettacolo sapranno offrirle quando apriranno le danze su questo palcoscenico mai condiviso. Occhi dentro occhi, bocche che più di una volta si aprono e si chiudono nel vano tentativo di proferire anche solo una parola. Alla fine fu Camilla a rompere gli indugi, tentando goffamente di rispondere all'ultima domanda rimasta in sospeso tra loro.

“Non so se riuscirò a spiegarmi e se stavo per andarmene è perché non voglio rovinare tutto”

“Più di così? Direi che con 'la nonna libera e indipendente' e 'l'amico adottato' abbiamo raggiunto livelli abbastanza difficili da superare” , replicò Gaetano, una nota di cinismo che tentava con scarso successo di nascondere un malessere profondamente radicato.

“Mi dispiace di averti detto quelle cose e soprattutto di averti mancato di rispetto mettendoti sullo stesso piano di Renzo. Sai, il giorno in cui sono nati i bambini, poco prima che portassimo Livietta in ospedale, mi sono rivolta a mia madre per chiederle di aiutarmi a capire che cosa dovessi fare. Mi sentivo smarrita, come mai prima di allora, e so che non è una giustificazione ma, in quel momento, allontanare tutto ciò che non mi dava serenità e perdermi nello splendore di mia nipote è stata una scelta istintiva e inevitabile.”

“Camilla, l'avevo capito che non riuscivo più a farti stare bene, che ero diventato un peso per te. Ma perché hai assunto quell'atteggiamento? Perché nei tuoi occhi mi hai fatto leggere una grande soddisfazione ogni volta che mi ferivi? Quando ti ho detto che non mi amavi, tu hai glissato rigirando la frittata, ma la verità è che, se ami qualcuno, non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello di trattarlo così.”

“Lo so, è la stessa conclusione a cui arriverei io se analizzassi questa situazione dall'esterno. Il punto, però, è che le cose sono più complicate di così” , provò ad andare avanti Camilla.

“E allora spiegami come stanno queste cose, sono mesi che non aspetto altro” , esortò Gaetano, il tono di voce che tradiva una punta di nervosismo.

“Ti ho detto più volte di aver bisogno di tempo, di sentirmi scottata da una brutta delusione. Questo è vero e la ferita è ancora aperta, ma c'è anche qualcosa in più. Tu mi hai sempre amata in maniera piena, totale, devastante e mi hai permesso di dare spazio ad una parte di me che mi faceva sentire viva e che, nella maggior parte del tempo, dovevo tenere sotto chiave. La prima volta in cui sono scappata da te, correndo via da quel loft, non avevo ancora capito se anch'io ti amavo davvero o se non riuscivo a rinunciare a ciò che rappresentavi, alle emozioni che il TUO amore mi suscitava. Con il tempo, ogni volta in cui le nostre strade sono tornate ad incrociarsi, una nuova tessera si è aggiunta al mosaico, fino a che l'immagine completa mi ha gridato a gran voce l'ovvio: ci sei sempre stato, ancora prima di entrare nella mia vita, perché sei la mia anima gemella, la persona che mi capisce più di ogni altra e che mi fa trovare pace per il solo fatto di esistere. Hai ragione quando dici che stare insieme ci ha tolto qualcosa, ma il fatto è che quando mi hai chiesto di definire il nostro rapporto, ho avuto il terrore che tutto potesse precipitare. Io adesso mi sento schiacciata dal peso di una grossa fetta della mia vita ormai alle spalle e non solo non so se sono in grado di fidarmi di nuovo di qualcuno senza riserve ma soprattutto ho paura di non essere più capace di vivere un semplicissimo amore vero, senza limiti, totalizzante. È questo che volevo farti capire quando ti ho accusato di pretendere troppo, anche se so benissimo che tu mi stavi chiedendo qualcosa di assolutamente normale.”

“Mi vuoi dire che non hai fiducia in me? O che riesci a stare bene con me solo quando non stiamo insieme perché, in caso contrario, all'adrenalina delle indagini e della passione si affianca la vita vera, che è anche fatta di problemi e responsabilità? È questo che ti fa sentire in gabbia?”

“Ti voglio dire che da quando ho letto la tua lettera non riesco più né a mangiare né a dormire. Ti voglio dire che se sono arrivata fino a qui è perché non sono in grado di immaginare la mia vita se tu non ne fai parte, perché sei sempre stato una parte di me, dovunque ci trovassimo. E per rispondere con un paio d'anni di ritardo ad una delle tue tante domande pericolose: sì, non ho mai smesso di pensare che il nostro destino ci avrebbe costantemente portato a ritrovarci e a 'guardarci dalla finestra'. Nei mesi in cui siamo stati insieme, ho avuto un assaggio della realizzazione delle mie paure, ma solo adesso ho capito di essere stata vittima di una profezia che si autoavvera. E non solo perché la tempistica con la quale tutto è iniziato ci ha remato contro, ma soprattutto perché la paura di perdere quello che avevamo mi ha portata paradossalmente ad assumere un atteggiamento disfattista e a riversare su di te una freddezza e un cinismo che non mi appartengono, piuttosto che ad aprirmi e a mostrarti tutte le mie fragilità. Vederti andare via in un modo così deciso e definitivo, però, mi ha fatto completamente mancare la terra sotto i piedi perché non voglio rinunciare a te. Non posso dirti che se adesso mi prenderai per mano e torneremo insieme a Torino i problemi saranno magicamente finiti, ma una cosa posso farla: posso chiederti perdono, posso dirti di essere pronta a rischiare tutto e credere in noi, posso dirti che IO TI AMO, non da oggi né da ieri ma da tanto tempo, che per te voglio essere una persona migliore e che farò qualsiasi cosa affinché tu possa di nuovo sentirmi tua senza alcun dubbio.”
 

Quelle parole, pronunciate con un tono di voce via via più concitato, ed enfatizzate dagli occhi di un cerbiatto pervaso di passione che gli avevano fatto perdere la testa sin dal primo sguardo, erano ciò che Gaetano aveva sperato di sentire ogni giorno negli ultimi 10 anni della sua esistenza. Eppure, arrivate come un fulmine a ciel sereno in quella notte fuori dallo spazio e dal tempo, ebbero su di lui uno spiazzante effetto boomerang.

“Grazie per essere stata finalmente sincera, ma adesso è troppo tardi. Vorrei premere un interruttore e poter cancellare dalla mia mente il senso di smarrimento che mi ha accompagnato quotidianamente negli ultimi mesi, stringerti a me e non lasciarti andare mai più, ma amarti ha già consumato quasi ogni fibra del mio essere e non posso e non voglio continuare ad avere il ruolo di complice della mia condanna. Sai, professoressa, una volta ho letto una frase che più o meno diceva: 'Non lasciarti ingannare dalla nostalgia di quel poteva essere. Non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato' . Poco tempo fa, ho detto a Torre di aver capito di non poter stare senza di te, ma te lo ribadisco, non posso più permetterti di controllare la mia esistenza. Tu adesso sei convinta che sia arrivato il momento per noi, ma io non ci credo più e non voglio continuare ad illudermi e ad essere schiavo di un'ossessione, perché un altro fallimento mi darebbe il colpo di grazia. So che me ne pentirò nel momento stesso in cui ti vedrò attraversare quella soglia, ma ti prego: apri la porta e sparisci dalla mia vita!” , sentenziò Gaetano con un tono indecifrabile per la molteplicità di stati d'animo che lo componevano.
 

Nell'accusare il colpo di quella stilettata, che le fece gelare il sangue nelle vene, rendendola distrutta e svuotata come se qualcuno le avesse strappato via con violenza inaudita il cuore dal petto, Camilla ebbe un allucinato dejà vu, che la riportò indietro a quando un delirio febbrile aveva giocato un ruolo di primo piano nella sua scelta di trasferirsi a Barcellona. La donna non riuscì più a sostenere la potenza di quegli occhi azzurro cielo che, nonostante un drastico cambio di scenario, per l'ennesima volta la imploravano di aiutarlo a salvarsi da lei. Abbassò lo sguardo, certa di aver sbagliato tutto e di essere ormai fuori tempo massimo, si voltò senza più dire una parola e uscì da quella casa. Solo pochi passi, fatti da gambe che non riconosceva come proprie, prima che una mano afferrasse la sua e che, in una frazione di secondo, si ritrovasse attraversata da un brivido freddo e caldo che la fece tremare e sconvolse ogni certezza con la forza di un uragano. Fu un bacio breve ma possente, che ripercorse in pochi istanti una vita di sogni infranti fungendo da perfetta chiosa per quell'incontro senza vincitori né vinti. Staccatosi da lei, Gaetano la guardò ancora per un attimo e raccolse una lacrima con una carezza, prima di voltarsi e di rientrare, stavolta senza possibilità di appello.

“Addio, amore mio!”

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Sdraiata su quel letto che non era il suo, incapace di rimettersi al volante in quello stato, oltretutto con la concreta possibilità di ritrovarsi ferma in mezzo alla strada nel cuore della notte, Camilla si sentiva completamente a pezzi. Eppure, nonostante questo, per un attimo un tiepido sorriso solcò il suo volto, quando ricordò la sera in cui Tommy, malgrado la maldestra opera di persuasione improvvisata dagli adulti, si era rifiutato di andare a dormire in albergo in seguito al cortocircuito, ed era riuscito come sempre ad averla vinta abbracciandosi disperatamente alle sue gambe. Del resto - e adesso lo provava sulla sua pelle - l'impiastro, come amava definirlo Livietta, non aveva assolutamente torto: nessun albergo, per quanto curato e confortevole, può avvolgerti con il calore di una casa e di una famiglia. Ripensò agli ultimi istanti di quella 'convivenza forzata', nei quali lei e Gaetano avevano vegliato sul sonno leggero di quello che - non poteva fare a meno di pensarci - sarebbe potuto essere il frutto della loro unione e solo la 'saggezza' di Potty aveva fatto slittare la magia di altri due anni.
Insonne, Camilla cercò di ricordarsi la frase citata da lui poche ore prima: 'Non lasciarti ingannare dalla nostalgia di quel poteva essere. Non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato' . Con le lacrime che le avrebbero fatto compagnia ancora a lungo e con ogni pensiero che la riportava a lui, maledisse la propria mancanza di coraggio che gli aveva causato così tanta sofferenza e disillusione e si chiese se sarebbe mai riuscito ad essere di nuovo felice. A questo punto, era l'unica cosa che la interessasse, perché tutto il resto, compresa se stessa, senza il suo sorriso non aveva più la benché minima importanza.

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Un bacio. Un ultimo, disperato bacio e poi l'aveva lasciata andare via. Nelle sue parole, accorate come quelle di una preghiera, Gaetano aveva respirato amore, pentimento, sincerità e un reale desiderio di rimettersi in gioco; ma sarebbe stato così anche il giorno dopo, superata l'emergenza e ristabilito lo status quo? Mentre la baciava, per un attimo i dubbi erano riusciti a lasciare spazio alla voglia di crederci ancora. Avrebbe voluto fermare il tempo, prenderla tra le braccia e perdere la testa a contatto con la sua pelle. Avrebbe voluto un'ultima irragionevole occasione per imprimere a fuoco nella mente ogni singolo dettaglio di lei. Ma quando il cuore viene calpestato una volta di troppo, l'istinto si biforca in due linee parallele destinate a prendere ognuna la propria strada.
 

 

E così, per adesso i Gaudini si dicono addio e dovranno provare a ricostruirsi l'una senza l'altro. Ci riusciranno? Staremo a vedere! Per quanto mi riguarda, spero che quanto scritto finora non vi abbia annoiati a morte e, in caso affermativo, vi do appuntamento al prossimo capitolo.

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Capitolo 4
*** September morn ***


NOTA DELL'AUTRICE: Eccoci qui con questo terzo capitolo. Premetto che ritengo sia la cosa più brutta scritta finora, perché il tentativo di buttare giù questa transizione molto 'dialogosa' si è rivelato più arduo del previsto. Ad ogni modo, spero che riusciate a perdonarmi e a darmi ancora fiducia. Ci vediamo alle note finali!


Capitolo 3 - “September morn”


“L'ho perso. È finita per sempre!” . Poche, rapidissime parole, prima che Camilla si precipitasse in camera lasciando che il dolore avesse ancora una volta il sopravvento e rifiutandosi di avere altri contatti con il mondo esterno per i successivi tre giorni.

Livia capì immediatamente la gravità della situazione e, nonostante il matrimonio e la recente maternità, si sentì di nuovo una bambina, alla stregua di Don Chisciotte di fronte ai mulini a vento.

“George, è tutta colpa mia! Sono io che l'ho spinta ad andare da lui. Adesso, però, non so assolutamente cosa fare, non l'ho mai vista così; lo sguardo che mi ha rivolto quando è tornata a casa mi ha fatto venire i brividi!”

“Liv, non è colpa tua. Tua madre è una donna adulta, you know, e sì, ha seguito il tuo consiglio, ma solo perché aveva bisogno di un'ultima spinta per fare ciò che già voleva. Non so cosa sia successo, ma adesso tu puoi solo starle vicina”, provò a rassicurarla il ragazzo, malgrado la difficoltà di trovarsi nel bel mezzo di una situazione indubbiamente delicata.

“Amore, ma come faccio a starle accanto se mi chiude letteralmente fuori dalla porta e non si sfoga con me?” 

“Dalle un po'di tempo, ognuno affronta la sofferenza a modo proprio. L'importante è che tu ci sia quando sarà pronta a parlarti.”

“E allora posso aspettare una vita. Sai quanto ci ho messo a farle dire che le mancava Gaetano? No, stavolta non starò con le mani in mano: chiamo papà!”

“Your dad? Scusa, Liv, ma vorrei che Cami potesse avere ancora per un po' un tetto sopra la testa senza dover emigrare in Alaska!”

Il commento spontaneo del marito riuscì a stemperare per un attimo la tensione, rubando un sorriso a Livia, che però non era affatto intenzionata a cambiare idea.

“Senti, a mali estremi, estremi rimedi. Qui ci vuole una terapia d'urto ed io non ho altre carte da giocarmi. Al momento è l'unico modo per tentare di farla uscire da quella stanza.”

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“Livietta, è tutto ok? Tu e Cami state bene? Al telefono ti ho sentita ansiosa” , domandò Renzo, dopo aver fatto accomodare la figlia in quella casa dalle pareti rosa che ancora faceva una fatica incredibile ad accettare come propria.

“Tranquillo, papà, io e la bambina stiamo benissimo. È la mamma che ha dei problemi.” rispose la ragazza, che cominciava a non essere più sicura di aver fatto bene a coinvolgere il genitore.

“Quali problemi? Che succede?” continuò a chiedere Renzo, il tono di voce che tradiva una forte preoccupazione.

“Senti, non so se faccio bene a parlartene, forse la mamma mi odierà per questo, ma io non so a chi rivolgermi. Nelle ultime settimane Gaetano se n'è andato, lei si è pentita di averlo lasciato e pochi giorni fa ha provato a raggiungerlo ma è tornata disperata e da allora non ha più voluto dire una parola. Non ho idea di cosa fare, io l'ho sempre vista come una roccia, in grado di affrontare qualsiasi prova la vita le mettesse davanti ed è la prima volta in 18 anni che la vedo come una persona normale, con le sue fragilità. So che ha avuto altri momenti di sconforto, soprattutto quando vi siete lasciati o quando è morta la nonna, ma stavolta è diverso. È come se si fosse arresa, come se credesse che la vita abbia voluto punirla per aver sbagliato tutto e ho paura che non voglia reagire. Per favore, aiutami, prova a parlarle. So che tra voi c'è ancora un legame profondo e a farti questa richiesta non è una bambina che vuole che i genitori siano per sempre felici e contenti insieme, ma una figlia che non vuole perdere sua madre e che crede che tu possa darle una mano, così come la mamma l'ha data a te perché io riuscissi ad accettare la storia di Carmen e di mio fratello.”

Renzo per un attimo restò in silenzio, ammirando la meraviglia di ciò che era diventata la persona che amava di più al mondo. Di fronte a sé aveva due occhi che erano i suoi e un'anima sempre più simile a quella della donna che gli aveva fatto perdere la testa vent'anni prima. Un puro, semplice, forte e fragile incanto, pronto ad aiutare gli altri senza pensare alle conseguenze e che lui non poteva assolutamente deludere.

“Tesoro, non so se servirà a qualcosa, ma ti prometto che ci proverò.”
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Camilla non riusciva a crederci. Tra tutte le persone presenti sulla faccia della terra, Renzo si sarebbe collocato all'ultimo posto tra coloro ai quali avrebbe voluto mostrarsi in quelle condizioni. Quando il suono del campanello era giunto fino alle sue orecchie, ridestandola da un sonno senza sogni, la professoressa aveva sperato che si trattasse di una questione di poco conto, risolvibile in pochi minuti da Livietta, e non le era parso vero di percepire lo scambio di battute tra padre e figlia, prima che la ragazza, chiudendo il discorso con un “Grazie!” , uscisse con la bambina.

“Sei venuto fin qui per goderti lo spettacolo? Eccoti servito! Il 'poliziotto superpiù' ha detto addio per sempre ad Agatha Christie e lei è uno straccio. Sei contento?”

“Camilla, ma davvero pensi che io sia così meschino? Lo so, in questi mesi non ti ho reso la vita facile, ma puoi credermi quando ti dico che il giorno in cui è nato Lorenzo è come se in qualche modo fossi di nuovo venuto al mondo anch'io. Mio figlio non avrà la fortuna di essere cresciuto da due genitori innamorati, ma sicuramente non dovrà avere dubbi sul fatto di essere la mia più grande priorità, così come lo è Livietta. E se oggi sono qui, non è certo per gioire del tuo dolore, né tanto meno per tornare alla carica, ma perché ti voglio bene e questa è una condizione che non potrà mai cambiare, a prescindere dal male che ti ho fatto e per il quale non potrò mai perdonarmi. Ti ho persa, ne sono consapevole e lo accetto, ma non puoi impedirmi di preoccuparmi per te se so che stai male. Cos'è successo?”

“Senti Renzo, posso anche arrivare a crederti, ma onestamente non penso proprio che tu sia la persona più adatta con cui affrontare questo argomento.”

“Ok, allora ti dico la mia, e sappi che se qualcuno, anche solo un anno fa, avesse preannunciato questo discorso, gli avrei riso in faccia fino a perdere il fiato. Tu e Gaetano siete fatti l'uno per l'altra, l'unica parola possibile per completare una frase che arranca, il giusto mix tra incoscienza e senso di responsabilità. Io l'ho sempre saputo e questo mi ha portato tante volte a chiudere gli occhi, e tante altre a combinare casini. Del resto, è successo anche a te, che nel cercare di salvare in ogni modo il nostro matrimonio hai finito col vivere una sorta di doppia vita, dalla quale io venivo regolarmente escluso a suon di bugie e omissioni. Non mi fraintedere, non voglio assolutamente recriminare, anche perché, ora più che mai, non sono proprio nella posizione più adeguata per farlo. Ormai quel che è stato, è stato e io ho cominciato una nuova fase della mia vita. Quello che vorrei consigliarti, e te lo dico davvero con il cuore, è di non arrenderti, perché se un uomo come lui ti ha aspettata così a lungo e tu sei ancora la Camilla Baudino di cui mi sono innamorato, nessuno può convincermi che le cose non possano sistemarsi. Non so come siate rimasti e non conosco a sufficienza lui per sapere come si senta in questo momento e quale sia la strategia migliore da adottare, però conosco bene te. Cercarlo di nuovo subito o dargli un po'di tempo e spazio è una tua scelta ma non tradire ciò che sei e reagisci. Se non vuoi farlo per me, fallo per tua figlia e per tua nipote, che hanno bisogno di te.” 

Un suono molto noto fu un segnale evidente che anche qualcun altro volesse essere preso in considerazione.

“Lo so Potti, anche tu hai bisogno della mamma, vero?”

Camilla, per la prima volta dopo tanto tempo, guardando il marito negli occhi, rivide l'uomo per il quale aveva sfidato l'esaperante ritrosia della madre. L'amore era finito e non sarebbe più tornato, ma il fatto che gli atteggiamenti infantili e la gelosia fuori tempo massimo avessero lasciato spazio ad un affetto sincero e disinteressato le restituiva almeno un briciolo di pace e di fiducia nel futuro.

“Grazie Renzo, davvero. E stai tranquillo, uscirò presto da questa stanza, non fosse altro che per andare a firmare la nostra separazione!
… Ah, dimenticavo, ti voglio bene anch'io!”

Se non era tornato il buon umore, almeno riemergeva a fatica l'ironia. Il che, in quel momento, era già un inizio.

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DUE MESI DOPO...

“Torre, amico mio, sei davvero venuto fino a qui? E il commissariato a chi l'hai lasciato?”

“Dottò, lo sapete che l'unico capo con cui lavoro bene siete voi. Tanto stavo male con De Matteis a Roma, quanto adesso col sostituto vostro a Torino; quindi, come ho potuto, me ne sono scappato. Sono troppo felice che state per tornare!”

“E la Lucianona come sta? Tutto bene il matrimonio?”

“Non c'è male, dottò, anche se il compromesso geografico non sempre riesce. Ma ditemi di voi, piuttosto, io pensavo che vi avrei rivisto molto tempo fa.”

“Lo so, Torre, lo so e non puoi capire cosa ho provato quando mi sono ritrovato Camilla davanti e soprattutto come sono stato dopo.”

“Ma perché non siete tornato a Torino con lei? Quando mi ha chiesto l'indirizzo di qui, inizialmente non ero certo di darglielo, ma poi ho ripensato alla cosa che mi avevate confessato quel giorno in ufficio e non ho più avuto dubbi.”

“Beh, non è cambiato niente, sono ancora certo di non saper stare senza di lei, tanto che negli ultimi mesi ogni giornata è stata uguale all'altra e non ha avuto il minimo senso. Però io quella notte non ce l'ho fatta: non mi fido più, non ci credo più. Ho passato 10 anni con l'assoluta certezza che fosse meglio soffrire che sentirsi vuoti e spenti, ma questo era prima. Quando non hai qualcosa e la vuoi con tutto te stesso, sei pronto a dannarti l'anima, perché dentro di te sei certo che la posta in gioco sia talmente alta che se la vincerai sarai ripagato ampiamente di tutto. Quando perdi qualcosa, invece, il dolore per quella caduta è così letale che preferisci l'anestesia totale al rischio che invada ancora le tue ossa. Camilla è l'amore della mia vita e lo sarà sempre ma adesso è un capitolo chiuso.”

“Lo capisco, dottò, anche se non posso non dire che mi dispiace. Sapete quanto vi stimo e sono sicuro che avreste potuto rendere la professoressa la donna più felice del mondo. Comunque, per la faccenda della casa rimaniamo d'accordo come avevamo detto al telefono?”

“Certo, poi comunque ci aggiorniamo meglio nei prossimi giorni. Adesso, però, non voglio più resistere al profumino che sento da quando sei entrato!”

“Qui c'è roba buona assai dottò, lasciatevi servire!”

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Settembre era arrivato in un soffio, la scuola stava per ricominciare e la attendeva l'ennesima quinta da portare alla maturità. Non era stato facile riuscire davvero ad uscire da quella stanza, perché dovunque andasse, a cominciare dal cortile, le sembrava sempre di sentire il suo profumo ed ogni parola che ascoltava, ogni persona che le passava accanto, ogni gesto compiuto da perfetti estranei, le riportava alla mente uno degli infiniti ricordi che la legavano indissolubilmente a lui. Eppure ce l'aveva fatta, non per se stessa ma perché continuare a farsi del male avrebbe significato danneggiare anche chi non lo meritava. La separazione era stata finalmente firmata, Livietta e George erano alla ricerca di una casa che desse ancora più forma alla loro neonata famiglia e Renzo si sforzava per rendere al meglio nella triplice veste di padre, nonno e architetto. Tutti andavano in una certa direzione. Tutti, tranne lei. Il dolore lancinante dei primi giorni, però, aveva quanto meno ceduto il posto alla sensazione positiva che le dava l'idea di tornare ad insegnare e di poter cercare di fare la differenza nella vita di qualcuno essendo semplicemente se stessa. E comunque, quando la mancanza di Gaetano arrivava a farsi così insopportabile da non permetterle di respirare, ripensava al calore che le avevano dato le sue braccia e si ripeteva che, prima o poi, sarebbero stati di nuovo una cosa sola.
Quella mattina, Camilla rientrava da una passeggiata insieme alla nipote e a Potti, quando le si presentò davanti una scena che la raggelò: nei pressi di quella porta che nove mesi prima si era spalancata per dare inizio alla più sospirata delle magie, tanti scatoloni che preannunciavano un imminente trasloco. Lui era lì, era tornato e stava per andarsene di nuovo, stavolta forse per sempre e chissà dove. La donna all'improvviso si sentì mancare ma, pochi istanti dopo, senza nemmeno accorgersene si ritrovò a sbattere i pugni urlando.

“Gaetano, Gaetano per favore aprimi. Ti prego, ho bisogno di parlarti, non te ne puoi andare così!”

Passi, prima più confusi, poi sempre più chiari e vicini. La loro storia era stata scandita da tanti momenti della verità, ma quello, forse, sarebbe stato il più importante di tutti. La porta si aprì e Camilla sentì la sua voce morirle in gola.

“Salve professoressa, mi dispiace ma sono solo io.”

“Torre, ma che ci fa lei qui? Dov'è Gaetano?”

“Il dottore rientrerà tra una settimana, mi sto occupando di gestire il suo trasloco.”

“Mi sta dicendo che cambia casa ma rimarrà a Torino?”

“Sì, però per favore non mi chiedete altro perché stavolta non posso darvi nessuna risposta.”

“Non si preoccupi... arrivederci!”

Stava tornando. Non voleva più rischiare di trovarsela davanti in ogni momento della giornata ma era pronto a condividere di nuovo con lei il cielo della città che più di ogni altra era la loro.
Cosa significava? 
Prima di partire per Praga, con un sorriso amaro le aveva sussurrato: 'Io non potrei mai stare troppo lontano da te' . Ma adesso le cose erano totalmente cambiate. Ora lui sicuramente era andato oltre e un allontanamento così limitato era quel tanto che gli bastava per assicurarsi di non essere importunato dalla sua presenza costante, perché un incontro casuale non gli avrebbe fatto né caldo, né freddo. Aveva chiuso con lei e poteva tornare alla sua quotidianità senza dover più scappare. 
Due mesi. Due mesi passati a raccontarsi un mucchio di stronzate per rialzarsi. Quando poi basta un solo, minuscolo e stupido attimo per ricominciare a sprofondare nell'abisso delle proprie lacrime.  



E anche stavolta siamo arrivati alla fine. Gaetano sta tornando a Torino, Camilla deve rialzarsi dopo un'altra caduta e la Mole potrà essere ancora testimone di tante cose... se non avete ancora avuto un collasso davanti allo schermo, vi do appuntamento al prossimo capitolo! :)

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Capitolo 5
*** Hope & Fear ***


NOTA DELL'AUTRICE: Ci ho messo una vita a decidere se pubblicare o meno questo capitolo, sia perché non ero convinta del finale, sia soprattutto perché ho trovato un'enorme difficoltà nel far passare il messaggio che volevo. Continuo a non essere soddisfatta, ma alla fine ho pensato comunque di condividerlo con voi, alla ricerca di pareri e consigli. Se vi va, buona lettura!

 

Capitolo 4 - “Hope & Fear”

 

Un'altra stupida domenica, l'ultima prima di riprendere servizio.

Durante quel weekend Gaetano avrebbe voluto mostrare a Tommy la cameretta nuova, ma Eva, come al solito, si era data da fare per creare una tempesta in un bicchiere d'acqua, sostenendo strenuamente che per il piccolo fosse meglio riposarsi in vista dell'imminente inizio della scuola. Alla fine il commissario si era arreso e, per come si sentiva quella mattina, l'opposizione dell'ex moglie si era rivelata, suo malgrado, la scelta migliore.

Del resto, non gli era passato assolutamente inosservato il tono deluso del bambino all'annuncio dell'ennesimo trasferimento, e l'uomo si era fin da subito prefigurato il momento in cui avrebbe dovuto rispondere a domande quali: 'Perché hai cambiato di nuovo casa? Tu e Cami non vi volete più bene?' .

Non aveva assolutamente idea di che cosa gli avrebbe detto.

D'altro canto, come si può sciogliere un interrogativo quando non si hanno in mano gli strumenti per farlo?

Come poteva spiegare al proprio figlio, se nemmeno lui era in grado di capirlo, che l'amore è necessario affinché due persone si sentano legate l'una all'altra ma non sufficiente perché riescano a stare insieme?

Gaetano era rientrato a Torino perché sapeva che cambiare di nuovo città, colleghi, stile di vita avrebbe significato semplicemente fuggire da se stesso e sarebbe stato solo un inutile palliativo. Allo stesso tempo, però, nel corso di quell'estate vissuta in una sorta di universo parallelo, non aveva fatto altro che cercare di convincersi che fosse arrivato il momento di andare avanti una volta per tutte, di recidere con forza il capo di quel filo delicato che li aveva sempre uniti e costringersi a dimenticarla.

Eppure adesso, fissando la libreria appena montata, la mente non riusciva a non tornare a quella comprata insieme a lei e realizzò che sarebbe stato così ogni giorno, in qualsiasi circostanza, qualunque gesto gli fosse capitato di compiere.

Ripensò alla sera in cui Camilla e Renzo si erano lasciati e lui le aveva scritto uno sciocco sms per farle sentire la propria vicinanza. All'inevitabile risposta seccata, si era ritrovato a guardare una foto che lo ritraeva sorridente con lei e Tommy, come una vera famiglia. Cercò il libro in cui l'aveva messa, ma senza successo. 'Con il trasloco si sarà perso' , si disse Gaetano, 'proprio come noi.'

Un breve sguardo a tutti i loro selfie, prima che le parole disperate della sua professoressa tornassero a scoppiargli nella testa: “Io ti amo, e farò qualsiasi cosa affinché tu possa sentirmi di nuovo tua senza alcun dubbio” .

E se già quello che Torre gli aveva raccontato dopo averla vista era stato abbastanza per fargli perdere un'altra volta il sonno, una domanda continuava a farsi sempre più martellante: 'Quella notte ho fatto il più grande errore della mia vita?'

Un sospiro denso di incertezza e confusione e poi Gaetano prese le chiavi, decidendo di trovare conforto in un pomeriggio all'aria aperta.

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“Salve, spero di non disturbarla; sono Giulia, la nuova vicina. In questi giorni l'ho incrociata un paio di volte e volevo offrirle un caffè; le va di venire?”
 

All'espressione 'nuova vicina', Camilla restò ammutolita e la sua mente ripercorse in un lampo la sera in cui le voci rimbombanti di Alfredo e Violetta l'avevano ridestata dal più assurdo degli incubi e condotta a protestare contro i nuovi arrivati, salvo poi trovarsi al cospetto dell'irresistibile sguardo compiaciuto di chi è riuscito a sorprendere la donna che ama, e sentirsi sussurrare: “Te l'avevo detto che avrei traslocato, e ho traslocato qui” . E lei, che in quel momento avrebbe voluto tanto baciarlo, quanto prenderlo a schiaffi per averla mandata in crisi alla vista di quei dannati scatoloni lungo le scale, alla fine aveva deciso di 'fargliela pagare' con l'ennesima provocazione, tirando in ballo la lavatrice da riparare.
Le sembrava passata una vita intera, e invece era bastato meno di un anno perché altri scatoloni le sbattessero in faccia una realtà che non avrebbe mai creduto di dover accettare.
 

“Scusi, va tutto bene? Ho forse sbagliato momento?” chiese Giulia, non avendo ancora ottenuto una risposta.
 

Camilla finalmente osservò la giovane donna che le stava parlando. Non le attribuiva nemmeno trent'anni, anche perché la figura esile, il taglio corto e il look sbarazzino la facevano sembrare una ragazzina.

La professoressa avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non rimettere piede in quella casa, che in ogni angolo le avrebbe raccontato ciò che aveva perso, ma la volontà di non essere scortese con chi le aveva appena riservato un gesto gentile le impedì di dire di no.

 

“Grazie dell'invito, ma dovrei estenderlo a qualcuno” , replicò indicando il batuffolo di peli corvini che nell'ultimo periodo non l'aveva abbandonata nemmeno per un secondo.

“Certo, conosco una persona a cui farà molto piacere” .

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“Ale, vieni qui, guarda chi ti ho portato!”

 

Un soldo di cacio, occhi castani e vispi, lo sguardo allegro di chi riesce ancora a sorprendersi delle piccole cose.

 

“E tu come ti chiami?” chiese Camilla con un sorriso.

“Alessandro, e tu?”

“Ciao Alessandro, io sono Camilla. E questo è Potti, ti piace?”

 

Non aveva ancora finito di porre la domanda, che immediatamente si ritrovò immersa in un nuovo dejà vu, ripensando a come l'adorato figlio a quattro zampe fosse stato il perfetto tramite per permetterle di fare istantaneamente breccia nel cuore di Tommy, così come era avvenuto molti anni prima con il padre.

 

“Sì, è bellissimo; ci posso giocare, zia?”

“Certo, amore, se la signora è d'accordo...”

“Permesso accordato, ma trattamelo bene, eh?!” , concesse la prof , tornata alla realtà dopo l'ennesimo viaggio nei ricordi.

 

Non appena il piccolo si fu allontanato in compagnia del cane, le due donne cominciarono a chiacchierare.

 

“Allora, chiariamo subito una cosa: sono una nonna, ma sentirmi chiamare signora o dare del lei da qualcuno che non sia un mio allievo comincia a farmi credere di essere troppo vecchia. Ti va bene se passiamo al tu?” , esortò Camilla a mo' di preghiera, rubando un sorriso a Giulia.

“Molto volentieri, anche perché ti confesso di fare molta fatica nelle relazioni formali. Senti, non voglio essere troppo invadente ma, oltre che per presentarmi, ti ho fatta venire qui anche per un altro motivo.”

“Di che si tratta?” , chiese Camilla incuriosita.

“Mentre sistemavo le mie cose, ho trovato un libro e ho pensato che forse...”

“Un libro? Non capisco...”

“Guarda, è questo!” , fece Giulia, allungando un piccolo volume dalla copertina rossa.

 

Camilla sfogliò le prime pagine, fino a che i suoi occhi si specchiarono in un'immagine che le fece tremare il cuore: un'istantanea, che ritraeva lei, Tommy e Gaetano in un'atmosfera di felicità che sembrava lontana anni luce. E mentre si malediva, trovando un'ulteriore conferma di quanto lui l'avesse amata, Giulia non potè fare a meno di notare la malinconia che lo scatto aveva suscitato nella donna.

 

“Scusami, non volevo farti stare male. È che quando l'ho vista ti ho riconosciuta, e siccome credo che l'uomo della foto sia il vecchio inquilino, ho pensato che il libro fosse suo e che tu potessi restituirglielo” .

“Stai tranquilla, non potevi sapere. Comunque sì, Gaetano è il vecchio inquilino ma io e lui non ci sentiamo più. Anzi, diciamo pure che è colpa mia se ha lasciato questa casa” .

“Perdonami se risulto indiscreta ma... il bambino è vostro figlio?”

“No, Tommy è suo e vive con la madre, ma gli voglio un bene dell'anima. Sai, il tuo nipotino me lo ricorda molto, anche lui si è subito innamorato di Potti” .

“Siete davvero belli insieme, sembrate una splendida famiglia” .

“Forse lo siamo stati... o avremmo potuto esserlo...” , replicò Camilla, la voce rotta in più di un punto. “Ma tu, piuttosto: quel bel ragazzo è il tuo fidanzato?” , domandò per sviare il discorso, indicando una cornice appesa al muro.

 

E questa volta fu lo sguardo di Giulia ad incupirsi.

 

“Lui è... era mio marito, è morto un anno fa.”

“Oddio, scusami per la gaffe. Sei così giovane che io non...”

“Non preoccuparti, non hai nessuna colpa. Piano piano sto cercando di riprendermi, ma non è facile. Vedi, io e Simone ci siamo conosciuti, amati e sposati in un soffio. Mi ha sempre detto che non capiva cosa ci avessi trovato in lui, anche perché fino a quel momento ero sempre stata allergica ai legami e sicura di potere e volere affrontare qualsiasi cosa con le mie sole forze. Ma la verità è che, quando hai il privilegio di incontrare una persona in grado di sconvolgere il tuo equilibrio solo per dargli un valore aggiunto, non puoi che tenerla stretta fino a che il destino te lo consente. E se poi la perdi, puoi anche continuare a vivere ma niente avrà più lo stesso sapore. Per fortuna mia sorella mi ha regalato quel piccoletto di là, passare del tempo con lui è la sola cosa che riesca a distarmi veramente” .

 

Fu allora che Camilla, percependo e facendo propria la forza d'animo di quella ragazza a cui la vita aveva giocato un infame tiro mancino, si ritrovò a dire a se stessa: 'Non è finita, finché non è finita' .
Le due continuarono a conversare per la successiva mezz'ora, fino a che un messaggio sul cellulare riportò alla mente della professoressa una conversazione rimasta in sospeso, che la spinse ad accomiatarsi dalla vicina per discutere nella tranquillità della propria casa.

 

“Giulia, ti ringrazio davvero tanto per tutto. Sono contenta di averti conosciuta e spero di poter contraccambiare presto la tua gentilezza, ma adesso devo proprio andare; vieni Potti!”

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“Pronto Camilla, scusami per prima ma ero incasinata. Allora, che succede?”

“Francesca, io non posso più stare con le mani in mano. Una settimana fa, rincasando ho visto degli scatoloni davanti all'appartamento di Gaetano e sono corsa come una furia per cercare di fermarlo, ma al suo posto ho trovato un collega che mi ha detto che sì, avrebbe traslocato, ma sarebbe comunque rimasto qui. Probabilmente sta rientrando a Torino in queste ore e io non so che fare. Non so dove diavolo sia andato ad abitare e ha anche cambiato numero di cellulare, quindi non ho modo di rintracciarlo; ma io devo vederlo, devo parlargli. Non ha senso che finisca così!”

 

Parole dette tutto d'un fiato, la solita concitazione che ormai era diventata una fedele compagna di avventure.

 

“Tesoro, calmati. Se hai detto che sta tornando, lo troverai in commissariato. Vai da lui e cerca un ulteriore chiarimento. Tu lo sai come la penso: secondo me è un uomo ferito, ma continua ad amarti. Insisti, sono sicura che riuscirai a fargli cambiare idea. Scusami di nuovo, mi chiamano in reparto, ma stasera se vuoi ne riparliamo con più calma. Un bacio, a presto.”
 

Già, il commissariato, la più banale delle ipotesi.

Forse l'indomani Gaetano si sarebbe arrabbiato a morte ritrovandosela lì, come ogni volta in cui aveva ficcato il naso in questioni che non le competevano mettendosi in pericolo. Ma se si fosse data per vinta, l'avrebbe rimpianto per il resto della sua vita.

Camilla estrasse la foto dal libro che aveva appoggiato sul tavolo, la mise in borsa con uno sguardo carico di speranza e l'ultimo pensiero che riuscì a formulare, prima di uscire alla ricerca del coraggio di cui aveva bisogno, fu molto chiaro: quella felicità non sarebbe mai finita in una scatola dei ricordi.

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Era da un po'che camminava, lo sguardo perso nel vuoto nel tentativo di spegnere il cervello almeno per qualche ora. Fu una sorpresa quando si accorse di essere osservato dal volto fiero della Dora Riparia, che lo squadrava come a chiedergli perché fosse solo. Piazza C.L.N. era riuscita nell'ardua impresa di scalzare il primato dei suoi luoghi del cuore: a Roma, in un'altra piazza, Camilla gli aveva dato il primo, disperato bacio ma poi era fuggita via; lì, invece, erano arrivate le parole attese da un'intera esistenza, quel “Dovunque tu vada, io vengo con te” , seguito da un interminabile abbraccio che lui aveva sperato potesse condurli ben più lontano.

Altri ricordi, l'ennesimo sospiro e la necessità di allontanarsi il prima possibile da quella prigione a cielo aperto.

E poi fu un attimo, il tempo di un battito di ciglia e se la ritrovò davanti agli occhi.

Bella, leggermente dimagrita, ma con lo stesso sguardo intenso che l'avrebbe catturato in qualsiasi frangente.

Istintivamente il commissario si voltò per andarsene ma lei non mostrò la minima intenzione di arrendersi.

 

“Gaetano, per favore, fermati, dammi solo un minuto. Domani sarei venuta a cercarti, ma non ti sembra un segno del destino se ci siamo incontrati proprio qui?”

 

Sentendola parlare, si rese conto di quanto gli fosse mancata la sua voce, in grado di sconvolgerlo ogni volta con una diversa sfumatura, e non potè fare a meno di guardarla.

 

“Camilla, ci siamo già detti tutto, e non mi sembra che il destino abbia mai realmente remato nella nostra direzione. Ti prego, non facciamoci ancora del male.”

“Ti prometto che dopo ti lascerò in pace, ma adesso per cortesia ascoltami. Io non voglio più farti del male, voglio solo amarti. Quella notte mi hai confessato di aver detto a Torre di non saper stare senza di me. Beh, io ho passato gli ultimi dieci anni a dimostrare a me stessa e agli altri di esserne in grado, di essere una donna forte, felice degli affetti ricevuti in dono dalla vita e persino capace di bastarsi da sola. E per quanto io adesso stia male, e credimi, il dolore e il senso di vuoto mi straziano quotidianamente come lame che scavano nel petto, so che piano piano riuscirei ad andare avanti, a tornare a vivere senza di te. Ma questo non conta niente, perché il punto è un altro: anche se posso farlo, di sicuro non lo voglio e so con assoluta certezza che questa cosa non cambierà. So che non ti fidi di me, so che con te ho sbagliato su tutta la linea, ma da oggi in poi vorrei passare ogni giorno della mia vita a scegliere di sceglierti. Ci ho messo un'eternità, e non potrò mai chiederti scusa abbastanza per questo, ma dimmi che sono ancora in tempo per ripeterti finché avrò fiato che non sei il caos ma l'uomo che voglio avere al mio fianco. Con il lavoro che fai, sai che la gente muore ogni giorno, sai che ogni istante potrebbe essere l'ultimo. E allora, se mi ami ancora, non negarti e non negarci l'ultima occasione di essere felici. Di essere semplicemente noi, Camilla e Gaetano, il periodo principale e non l'inciso. Amore perdonami, ti prego non rubarci altro tempo, non fare il mio stesso errore...”

 

Se non l'avesse già amata più della sua stessa vita, Gaetano si sarebbe innamorato di lei in quel preciso momento.

Non era il solo a ricordarsi tutto ciò che li riguardava, ogni parola che si erano detti, ogni dettaglio che era servito ad approfondire la natura della loro unione. E qualunque ragionamento fatto a livello conscio negli ultimi tre mesi cadeva davanti alla più scontata delle evidenze: il vero motivo per cui era rimasto a Torino era la speranza che, contro tutto e tutti, compresi loro stessi, ciò che li legava avrebbe avuto la meglio. Non poteva avere la certezza che finalmente le cose sarebbero andate nel verso giusto, perché Camilla sarebbe stata per sempre croce e delizia della sua esistenza, ma il cuore aveva già deciso.

Pochi passi, unica via per azzerare la distanza alla ricerca di reciproche conferme.

Ultimi istanti, prima che l'aria che li avvolgeva cambiasse improvvisamente colore.

 

“GAETANO... ATTENTOOOOOO!!!!”

 

Due colpi, due maledetti colpi. E poi solo il sangue e il buio.

 

“CAMILLA?? O MIO DIO, CAMILLA????”

 

Come vi ho detto all'inizio, questo cliffhanger mi ha tormentata per settimane ma alla fine ha avuto la meglio. Cos'è successo a Camilla? E come reagirà Gaetano di fronte alla possibilità di perderla per sempre? Se vi va di scoprirlo e non mi avete già mandata al diavolo, vi do appuntamento al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Stay with me ***


NOTE DELL'AUTRICE: è passata una vita dall'ultimo capitolo e questo ha rischiato di non vedere proprio la luce, perché più provo a scrivere e più mi rendo conto di non essere in grado di farlo bene. Però, alla fine dei conti, mi sono detta che se qualcosa è venuto fuori, tanto valeva condividerlo con le persone che amano questi personaggi quanto me e che quindi possono darmi dei consigli per cercare di migliorarmi. Quindi basta preamboli e, anche se non so quanto questa possa essere la formula giusta, buona lettura.

 

 

Capitolo 5 - “Stay with me”

 

“Donna, 50 anni, due colpi d'arma da fuoco...”

“Con il lavoro che fai, sai che la gente muore ogni giorno, sai che ogni istante potrebbe essere l'ultimo...”

“Forte emorragia in corso, il battito è debole...”

“Amore perdonami, ti prego non rubarci altro tempo, non fare il mio stesso errore...”

“Sta andando in arresto, la stiamo perdendo...”

“Io non voglio più farti del male, voglio solo amarti... non sei il caos ma l'uomo che voglio avere al mio fianco...”

“Sbrigatevi, preparate la sala operatoria...”

“Gaetano, ATTENTOOOOO!”

 

Confusi frammenti di discorsi, tessere di un mosaico incompleto, come se quei due maledetti proiettili gli avessero perforato la mente, privandolo della facoltà di pensare in maniera logica e consequenziale.
Seduto su quell'ambulanza, accanto ai paramedici che tentavano tutto il possibile per far arrivare Camilla viva in ospedale, le mani e la camicia sporchi di sangue, il commissario non riusciva a smettere di piangere, mentre le ultime parole della donna continuavano a rimbombargli nella testa.

Secondo lei, il destino aveva deciso per l'ennesima volta di impicciarsi per farli incontrare in quella dannata piazza così tanto importante per loro.
Già, il destino.
Lo stesso destino che l'aveva fatta rientrare a Roma da single quando lui abitava ancora a Sondrio ed era sposato con Eva.
Lo stesso destino che l'aveva spinto a credere che anche per lui fosse arrivato il momento di vivere l'amore vero, quello che ti riempie l'esistenza e te la stravolge, e poi gli aveva riso in faccia sbeffeggiandolo per essersi illuso.
Lo stesso destino che aveva scelto che i ricordi di un luogo magico dovessero lasciare spazio a quelli di un teatro dell'orrore.

La prima volta in cui era stato risvegliato dalla carezza del respiro di Camilla sulla sua pelle, Gaetano aveva capito cosa fosse davvero la felicità e, in quel momento, tutto ciò che aveva desiderato era stata la possibilità di preservare quell'incanto, pur di vederlo ripetersi ogni giorno fino a trasformarsi nella più meravigliosa e irrinunciabile delle consuetudini.
Perché l'aveva spaventata? Perché non era stato in grado di tenerla con sé?
E perché l'orgoglio e la paura in quella stupida notte pisana avevano avuto il sopravvento sull'amore che provava per lei?

Gli aveva salvato la vita.
Non aveva esitato nemmeno un solo istante pur di proteggerlo, a prescindere da quello che le sarebbe potuto accadere.
Ma se lui avesse perso il privilegio di specchiarsi nel suo sorriso o di farsi cullare dalla sua voce, tutto ciò sarebbe stato inutile.

 

“Carica a 200! Libera!”

Ti prego amore, non te ne andare, non mi lasciare così.

“Non risponde... carica a 300! Libera!”

Abbiamo perso tanto tempo ma ti supplico, dimmi che vuoi vivere per me... se muori tu, muoio anch'io...

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“Ma che diavolo hai combinato? Perché l'hai messa in pericolo un'altra volta?”

“Calm down, Renzo!”

“Dov'è mia madre? Come sta? Cosa stavate facendo?”
 

Due furie e un guardiano.

Dal momento in cui aveva trovato la forza di fare quella telefonata, poco dopo aver lasciato andare la mano della sua professoressa e averla vista sparire tra le corsie, Gaetano sapeva che si sarebbe ritrovato alla stregua di Ercole contro Cerbero. Del resto, però, non aveva avuto cuore di dare la notizia direttamente a Livietta, preferendo che il padre le fosse vicino in quel terribile momento. E a quel punto, vista la disperazione che poteva leggere negli occhi della ragazza, di sicuro la premura si era rivelata più che necessaria, e ringraziava il cielo che potesse contare anche sul supporto del marito.
 

“La stanno operando. Ha perso molto sangue ed è andata in arresto cardiaco ma sono riusciti a riprenderla per i capelli. Sono dentro da quasi un'ora, io... io non so altro!”
 

Il commissario lasciò cadere la testa tra le mani e ricominciò a piangere, distrutto da un dolore lancinante che non accennava a dargli tregua.
 

“Ma non ti è bastato che a causa tua mia figlia sia stata legata e imbavagliata da due balordi? Non ti è bastato che pochi mesi fa Camilla sia stata investita? Perché continui sempre a metterla in mezzo a situazioni che non la riguardano? Se penso che l'ho anche spinta verso di te, io davvero non... non sapevo nemmeno che tu fossi qui, e voi eravate già tornati a giocare a Starsky & Hutch!”

“Renzo, enough! Sorry, so che sei sconvolto, ma lo è anche lui. Almeno fagli dire che è successo!”

“George ha ragione, papà. Anch'io sono disperata e piena di rabbia verso chi le ha fatto questo ma è inutile che ci facciamo la guerra tra noi. Per favore, Gaetano, spiegaci, perché io davvero così non ce la faccio!”
 

Ancora lacrime, mentre gli occhi gonfi di uno scricciolo di donna incontravano quelli di un uomo che non avrebbe mai voluto doverla rendere partecipe di una simile sofferenza.
 

“Non stavamo indagando insieme. Io sono appena tornato a Torino, devo riprendere servizio domani. Ero andato semplicemente a fare una passeggiata e l'ho incontrata per caso. Mi ha fermato, abbiamo cominciato a parlare e poi è stata una frazione di secondo. Quella macchina è arrivata all'improvviso, lei ha urlato il mio nome e mi ha spinto via. L'ho vista cadere in un attimo, io non... non ho nemmeno avuto il tempo di respirare. Livietta mi dispiace, non faccio altro che chiedermi se avrei potuto fare di più!”

“È chiaro, qualcuno ce l'ha con te e se la prende con mia... con Camilla! Maledetto il giorno in cui sei entrato nelle vostre vite! Ti riempi la bocca di dichiarazioni d'amore, e poi non riesci nemmeno a tenerla al sicuro! Te lo giuro, se le dovesse succedere qualcosa, io...”
 

In quel momento l'espressione di Gaetano cambiò repentinamente e al dolore si sostituì un moto di rabbia che lo spinse ad alzarsi di scatto dalla sedia.
 

“Renzo, adesso basta!
Mi sento uno schifo e non mi perdonerò mai per quello che le è capitato, ma la tua paura non ti permette di trattarmi così.
In passato sono stato scorretto con te, non lo nego! Ma se hai perso Camilla è solo colpa tua, perché se non l'avessi tradita in un modo così squallido per la seconda volta, lei non ti avrebbe mai lasciato. E sì, quando l'ho conosciuta era una donna sposata, ma questo non mi ha impedito di perdere la testa per lei sin dal primo sguardo. E proprio perché la amo, darei qualsiasi cosa per essere su quel letto al posto suo.”

 

Per un attimo la voce si ruppe, perché il pensiero della sua professoressa in bilico tra la vita e la morte era qualcosa che lo annientava e la disperazione stava già ricominciando ad essere più forte di ogni possibile risentimento nei confronti della sua nemesi storica. Con grande difficoltà, Gaetano cercò di riprendere la parola.
 

“Vorrei che non si fosse messa in mezzo. Vorrei addirittura che non mi avesse mai amato, se questo fosse servito ad evitare ciò che è successo oggi. Se vuoi continuare a prendertela con me, sei libero di farlo, ma io non sprecherò più nemmeno un secondo a litigare con te mentre là fuori quel bastardo è a piede libero”.

“Gae.. Gaetano, aspetta. Scusami. Ti credo, e conosco abbastanza bene Camilla da sapere quanto sia generosa ma purtroppo a volte anche incosciente. Non ho la minima intenzione di rappresentare ancora un ostacolo per voi, tanto meno in questo momento, e comunque io e lei ci siamo già chiariti mesi fa. Il punto è che là dentro c'è la donna che ho amato di più in tutta la mia vita, la madre di mia figlia. Io non posso... non voglio perderla!”

 

E anche la rabbia di Renzo si sciolse in un pianto raccolto e contenuto dall'inevitabile abbraccio della figlia.

 

“Scusami anche tu, anzi scusatemi tutti, ma ho i nervi a pezzi e finché non avrò tra le mani chi ha fatto questo, non riuscirò a darmi pac... dottore, come sta Camilla?”

 

Il medico si parò improvvisamente davanti a loro con uno sguardo che non lasciava trasparire la benché minima emozione.

 

“Lei è un familiare della Signora Baudino?”

 

Gaetano esitò nel dare una risposta. Quella stupida domanda tornava ogni volta ad infierire su di lui, rigirando il coltello in una piaga già fin troppo profonda.

“Io sono...”

“Senta, io sono il marito e sì, il signore è un familiare, lo siamo tutti. Cosa ci dice dottore?” , lo interruppe Renzo, e per la prima volta sentirgli usare quella qualifica nei confronti di Camilla non provocò nel commissario la voglia di prenderlo a pugni.

“La prognosi è ancora riservata. Abbiamo dovuto stabilizzarla ma un proiettile ha perforato un polmone e si è posizionato vicino al cuore. Dobbiamo operarla per rimuoverlo, l'intervento è molto delicato.”

“Ma ce la farà, vero?” , chiese Gaetano con un filo di voce.

“Faremo tutto ciò che è in nostro potere, scusate ma io adesso devo rientrare.”

 

Il dottore chiuse la porta dietro di sé, e mentre Livia trovava un rifugio silenzioso tra le braccia di George, i due uomini si guardarono per un istante interminabile denso di terrore e speranza comuni.

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Qualche ora prima...

 

Lo aveva proprio davanti agli occhi, riusciva a capire quanto fosse rapito dalle parole di quella donna che sicuramente stava facendo di tutto per convincerlo a cambiare idea.
Non poteva sentirli, ma lo sguardo di lui tradiva un amore smisurato, di quelli che nessun tipo di emozione negativa è realmente in grado di controbilanciare.
Non avrebbe mai creduto di poter avere nelle sue mani la vita di qualcuno, era una sensazione che non riusciva a definire in maniera univoca, un misto di ansia e adrenalina.
Doveva agire, e doveva farlo subito, prima che la razionalità avesse la meglio sull'odio che nutriva nei suoi riguardi.
Prese la pistola dalla borsa, la puntò in quella direzione e senza pensarci un attimo sparò per due volte.
Sperava di riuscire a trovare finalmente la pace e invece la vide cadere a terra e sentì il cuore fermarsi. Sì allontanò senza guardarsi indietro, le mani e i piedi che conducevano la macchina in perfetta autonomia e dentro un gelo insostenibile che bloccava il respiro.

Perché ti sei messa in mezzo? Non eri tu a dover morire!

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“Sì, Carmen, siamo ancora qui, stiamo aspettando notizie. Grazie ancora per aver tenuto anche la piccola, appena so qualcosa ti telefono. Ciao, a presto.”

 

Renzo chiuse la comunicazione e si affrettò a rassicurare la figlia: “Tutto ok, Livietta, i bambini hanno mangiato e adesso dormono”.

 

La ragazza abbozzò un sorriso ma l'effetto positivo di quelle parole durò il tempo di un battito di ciglia. Il tempo passava inesorabile e l'agitazione continuava a mettere a dura prova i nervi di tutti. Fu allora che la tensione fu interrotta dal sopraggiungere di una voce.

 

“Il Dottor Berardi?”

 

Due uomini. Un volto amico, incapace di nascondere una grande preoccupazione e l'altro sconosciuto ma facilmente associabile alla carica che ricopriva.

 

“Sono io!” , rispose Gaetano alzandosi di scatto e avvicinandosi al suo interlocutore.

“Salve Dottore, io sono il suo sostituto: vice questore Sabatini. Sono qui con Torre perché dobbiamo farle qualche domanda, la prego di seguirci in commissariato”.

“Collega, come può sicuramente immaginare, ho tutte le intenzioni per collaborare al meglio con voi; anzi, considerato che domani rientro in servizio, vorrei essere io a seguire l'indagine, ma ades-”

“No, Berardi, forse non ha capito” , lo bloccò Sabatini, mentre lo sguardo di Torre non faceva presagire niente di buono. “Il questore ha deciso di esonerarla da questo caso. Considerato che lei è un funzionario di polizia e che la Signora Baudino è un'insegnante incensurata, sappiamo praticamente con certezza non solo che il vero destinatario dell'attentato era lei, ma che è troppo coinvolto da tutta la situazione che si è venuta a creare, quindi il mio incarico verrà prolungato e il caso sarà di mia competenza.”

“Ma che diavolo vuol dire troppo coinvolto? Ci hanno sparato addosso. Ho visto quella donna crollare a terra in un lago di sangue. È ovvio che sono coinvolto, ma non vuol dire che non sono in grado di fare il mio lavoro”.

“Berardi, le voci corrono. Sappiamo che la professoressa è ben più di una conoscente per lei e oltretutto c'è ancora in circolazione qualcuno che vuole fargliela pagare, quindi il nostro compito è proteggerla fino a che non scopriremo di chi si tratta”.

“Certo, e se mi tagliate fuori dalle indagini pensate di fare prima a trovare il colpevole? Senta Dottore, io non voglio prevaricarla, ma mi permetta di lavorare insieme a lei, è tutto quello che le chiedo”.

“Qui non c'è da trattare, commissario. Deve solo venire con noi e renderci la sua testimonianza, dopo di che organizzeremo un servizio di scorta che la sorvegli in ogni suo spostamento. Andiamo.”

 

Gaetano guardò negli occhi Torre, che se avesse potuto avrebbe zittito il superiore decantandogli tutte le qualità del migliore capo con cui gli fosse mai capitato di lavorare, ma soprattutto del caro amico del quale non faceva fatica a percepire il dolore e il senso di impotenza. Qualche istante di impasse, e poi con tono rassegnato si rivolse di nuovo al sostituto.

 

“Va bene, ma almeno prima mi permetta di sapere come sta Camilla”.

“Capisco il suo stato d'animo, ma non c'è tempo da perdere; più aspettiamo e più facciamo il gioco dell'attentatore”.

“Lo so, ma io...”

 

E fu in quel momento che le porte si aprirono di nuovo e tutti i presenti diressero lo sguardo verso il medico come se attendessero la profezia di un oracolo. A prendere la parola, inaspettatamente, fu Livia.

 

“Allora dottore, come sta mia madre?”

 

 

NOTA DELL'AUTRICE: un altro cliffhanger per un capitolo che, come vi avevo preannunciato, non mi ha convinta del tutto, perché non sono brava a far trasparire la sofferenza nel modo in cui vorrei che venisse fuori. Comunque, arrivati a questo punto, ci sono un po'di domande rimaste in sospeso: la nostra prof ce la farà? Chi ce l'avrà così tanto con Gaetano? E il nostro commissario accetterà di essere messo in panchina? Se dopo “tutta 'sta roba brutta” vi interessa ancora saperlo (PAZZI! :D), l'appuntamento è con il prossimo capitolo. 

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