I feel as if I'm bleeding

di Antokia
(/viewuser.php?uid=321635)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** All the stars are fading ***
Capitolo 2: *** When it rain and rains ***
Capitolo 3: *** Seul au monde à n'attendre que toi ***
Capitolo 4: *** The things we left unsaid ***
Capitolo 5: *** See you again ***
Capitolo 6: *** Avviso! ***



Capitolo 1
*** All the stars are fading ***


“Fede, you’re the most awkward guy I’ve ever seen!”

Fedez sentì Mika borbottare qualcosa alle sue spalle. Si voltò di scatto e se lo trovò a due centimetri dal naso.  “Che?”

“Tu non sa ballare. Fai cagare.” Gli urlò in faccia Mika, cercando di sovrastare il volume della musica. Fedez sapeva benissimo di essere la goffaggine in persona, eppure quella sera si stava scatenando come non mai. Era felice. Sì, i suoi ragazzi non erano riusciti a vincere, ma non gli dispiaceva.  In fondo la vittoria di Giosada era stata più che meritata ed era certo che entrambi avrebbero avuto un gran futuro fuori da X factor. In più era contento di come fosse andata al tavolo dei giudici: l’atmosfera di pace che si era creata tra i quattro faceva invidia a qualsiasi altro talent. E poi c’era lui, quel buffo inglesino sempre sorridente che in pochi mesi era riuscito a entrargli nel cuore, perché bisogna dirlo, erano davvero poche le persone che riuscivano ad andargli a genio. Mika era un uomo eccezionale, e dire che l’anno precedente Fedez non si era reso minimamente conto del valore di chi gli sedeva accanto.

“Senti chi parla, sembri una giraffa ubriaca che tenta di riacquisire l’equilibrio!” Rispose Fedez sentendo uno strano vuoto allo stomaco, causato dalla troppa vicinanza del libanese. “Yes, I may be a little bit drunk, but I’m perfectly able to dance, caro amico.” Bofonchiò Mika poggiandogli la testa su una spalla e un braccio sull’altra. Fedez si irrigidì, elettrizzato da quel contatto così improvviso. Riusciva a sentire il calore dell’amico oltrepassargli la camicia e bruciargli la pelle. “Ehi, Mika, l’hai ammesso anche tu, sei ubriaco fradicio. Che ne dici se andiamo a prendere una boccata d’aria?” propose il rapper che si sentiva girare la testa ed era sicuro che la causa non fosse l’alcol. “Fine.”

“E parla in italiano, cazzo!”

“Feeede, non essere un stronzo con me. Tu deve essere gentile prima che io torno a Londra.” Lo implorò Mika con uno sguardo da cucciolo ferito. “Scusa.” Fu la sola parola che riuscì a pronunciare Fedez, troppo imbarazzato da quella situazione e da quello che stava provando. Si trascinarono fuori dal Forum e si sedettero sulle scale. L’aria all’esterno era gelida, il che portò Mika, che indossava solamente una t-shirt bianca con una scritta di ‘Last Party’, ad appiccicarsi a Fedez fino al punto di aderirgli perfettamente al fianco. “Freddo eh?” Chiese Fedez all’amico che intanto, stravaccato su di lui, sembrava sul punto di addormentarsi.

“Sì, forse è per questo.”

“Per questo cosa, Mik?”

“Per questo che voglio stare vicino a te.” Quest’affermazione non aiutò di certo Fedez, che si sentì mancare il respiro. Era confuso. Totalmente confuso. Non poteva negare che gli facesse piacere sentire quelle parole, ma allo stesso tempo ne era terrorizzato: non riusciva, o meglio, non voleva dare una spiegazione a quello che sentiva dentro.
Mika gli strinse la gamba con la mano e avvicinò lentamente  le labbra alle sue. Fedez non si mosse. Gli frullavano una marea di pensieri in testa in quel momento. E quando infine Mika ruppe la distanza fra le loro labbra, Fedez decise che era troppo, non era pronto. Si staccò velocemente e fece per andarsene, col calore di Mika ancora impresso addosso. Dopo qualche passo si girò verso il cantante “S-Scusami… Io… Devo andare!” e senza aspettare alcuna risposta, che non ci sarebbe comunque stata, si allontanò correndo in cerca di un taxi che lo portasse lontano da lì, lontano da tutto e da tutti. Si sentiva terribilmente in colpa nei confronti del libanese, che era rimasto evidentemente amareggiato dalla sua fuga. Fedez non avrebbe mai voluto ferire una persona a lui così cara. Per quale motivo poi? La risposta era semplice quanto dura da accettare per il rapper. Anche lui provava qualcosa, ne era certo. Non aveva incontrato mai prima d’ora una persona che lo capisse così bene, che lo facesse sentire migliore, e che lo rallegrasse nei momenti più difficili.

 Era una specie di anima gemella, pensò Fedez, immediatamente inorridito dal suo stesso pensiero da teenager con gli ormoni in subbuglio. Sì, anima gemella, e aveva rovinato tutto per scappare via come una cazzo di Cenerentola.

Mika era rimasto solo sulla scalinata del Forum. Sentiva freddo, quel freddo che ti entra dentro, e ti gela le ossa, e ti fa sprofondare… E poi il vuoto. Non aveva voglia di pensare a nulla. Entrò di nuovo all’interno dell’edificio, raccolse la sua giacca e il suo cappotto, poi andò via senza dare nell’occhio. Non voleva che nessuno gli facesse domande. Arrivato nel  suo appartamento di Milano, si chiuse la porta alle spalle. Poggiò la testa al muro sbattendo i pugni e cercando di trattenere le lacrime. Era arrabbiato. Sentiva una fitta al petto che gli toglieva il fiato.

Mika non si pentiva affatto, anzi era sempre stato orgoglioso, del sul atteggiamento impulsivo e sincero; perché lui era fatto così, non riusciva a nascondersi dietro una maschera, e quel bacio strappato all’amico gli sembrava una cosa così giusta. Purtroppo non aveva considerato che a Fedez avrebbe potuto dare fastidio, d’altronde a lui non piacevano gli uomini. Come poteva essere stato così stupido da lasciarsi trasportare dalle emozioni? Quante volte voleva soffrire ancora? Le sue esperienze precedenti non gli erano bastate a capire che, cazzo, era stanco di soffrire? Si addormentò sul divano, tenendo stretto a sé il cuscino bagnato da calde lacrime di dolore.



Angolo autrice:
Ciao a tutti! Allora, iniziamo col dire che la fine di X Factor mi ha fatto entrare in depressione e quindi ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa Midez, perché mi mancano troppo quei due patatoni. Ho iniziato la mia storia (come avrete potuto intuire) dalla finale per poi vedere cosa succede nel periodo successivo. Il titolo della fic è preso dalla canzone 'intoxicated' di Mika.. Sì, è molto angst, come quello che succede in questo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate, in caso deciderò di proseguire la storia!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** When it rain and rains ***


Mika si risvegliò, infastidito dalla troppa luce che invadeva il salotto. Aprì piano gli occhi. Sentiva la bocca impastata e il sapore dell’alcol che gli procurava una leggera nausea. Decise che era arrivato il momento di alzarsi. Si tirò su e si avviò verso il bagno.  La casa era in condizioni disastrose, pensò, mentre cercava di fare il punto della situazione: quel pomeriggio aveva un volo che lo aspettava, doveva prepararsi per la partenza e sistemare il suo appartamento quantomeno ad un livello di decenza umana. Poggiò le mani sul lavabo e si guardò allo specchio. Aveva una faccia davvero stanca. Le occhiaie violacee che gli erano comparse sul viso lo invecchiavano di almeno un paio d’anni.

Gli ci volle qualche secondo prima di ricordare cosa fosse accaduto la notte precedente. La verità era anche che non voleva pensarci, ma i ricordi lo trafissero come lame taglienti. L’immagine di Federico, il suo Federico, che scappa via inorridito era quasi impossibile da sopportare. Scosse la testa, cercando di scacciare via quel pensiero. Non poteva permettersi di sprofondare così, per quanto facesse male, aveva degli impegni importanti da mantenere. Si sfilò i vestiti sgualciti della sera prima e fece per entrare nella doccia. Il getto d’acqua che gli colpì la faccia lo fece immediatamente riprendere dall’intorpidimento della notte. Amava la sensazione dell’acqua calda che gli scivolava addosso e lo purificava da tutto, da ogni problema. Per sua sfortuna era dannatamente in ritardo e non poteva concedersi il lusso di rilassarsi più di quanto non avesse già fatto.
 

Fedez sentì qualcuno entrare in casa. Subito dopo vide sua madre piazzata davanti a lui con il suo solito atteggiamento militaresco. “Dov’è Giulia?”

“Non lo so. Ha detto che aveva un impegno ed è uscita.”

“E tu che stai facendo? Sono le tre di pomeriggio e stai seduto a guardare…”  Si voltò per vedere cosa ci fosse nella traiettoria dello sguardo del figlio “La televisione spenta.”

“Mamma, ti prego, non è un buon momento.” La implorò il rapper, prendendosi il viso tra le mani. La donna colse immediatamente la serietà nella sua voce. Gli si sedette accanto e cominciò a carezzargli la schiena. “Fe, che succede? Se mi spieghi come mai ‘non è un buon momento’ posso provare ad aiutarti.” Fedez si fidava della madre, era la sua migliore amica, eppure non riusciva a spiccicare una parola. Era congelato. “Federico, hai litigato con Giulia?”

“No, no, non con lei…” Ribadì immediatamente il ragazzo. Stava davvero a pezzi. “Cosa faresti tu, se riconoscessi di essere stata una totale imbecille?”

“Cercherei di rimediare all’errore.”

“E se non fosse possibile?” Chiese Fedez. Tatiana non riusciva a sostenere lo sguardo afflitto del figlio.
“Amore, non c’è nulla di irrimediabile… Senti, se non me ne vuoi parlare va bene, ma almeno cerca di capire da solo qual è la cosa giusta da fare. Sei intelligente. Rifletti e agisci di conseguenza. Vedrai che si sistemerà tutto.” Gli consigliò la madre, che lo avvolse in un caldo abbraccio in cui Federico si perse. “Grazie.” Fedez apprezzava molto questo aspetto della madre. Era capace di essere la donna più insopportabile del mondo, ma quando era necessario diventava così amorevole e materna. La donna rimase in sua compagnia per un po’, evitando di parlare del lavoro e cercando di farlo distrarre e stappargli un sorriso, infine lo salutò affettuosamente e andò via.
 

Faceva freddo e pioveva quel giorno a Milano. Mika odiava le giornate come quella. Non gli era mai piaciuta la pioggia, sin da bambino si lamentava del fatto che la pioggia fosse triste, e lui non voleva essere ‘contagiato’ dalla tristezza. In quel momento, tuttavia, si sentiva terribilmente in simbiosi con le condizioni atmosferiche milanesi. Sì ritrovò ad osservare per un’ultima volta la città dall’interno del taxi che lo stava portando all’aeroporto. Non riusciva nemmeno ad apprezzare le vetrine illuminate e le decorazioni natalizie che adornavano le strade. Di solito lui adorava questo genere di cose, ma quel giorno riusciva a notare solo il grigiore causato dal tempo uggioso, che rendeva tutto piatto e privo di vitalità. Una volta arrivato, scese dall’auto, ringraziò cordialmente il tassista e si diresse frettolosamente all’interno dell’aeroporto per evitare di bagnarsi troppo.

Il cantante guardò il display dell’orologio digitale. Mancava ancora mezz’ora prima dell’imbarco. Ne approfittò per riposarsi un po’ e godere di un buon caffè italiano. Seduto al tavolo del bar cominciò a pensare all’Italia: quel magnifico paese che gli aveva riempito l’anima di migliaia di esperienze bellissime, e che in un attimo gliel’aveva strappata via e gettata in un pozzo di cui non riusciva a vedere la fine. Odiava l’Italia, o perlomeno, il suo lato irrazionale l’odiava. Quel lato che non accettava che, più che cosa, fosse chi odiava. Sì, perché lui lo aveva deluso troppo per poter fingere che non fosse successo nulla.
 
Fedez, rimasto solo, si sdraiò sul divanoletto e prese il suo smartphone, fissò lo schermo per qualche istante, poi lo gettò via. Perché quando si trattava di Mika non sapeva mai che fare? Quell’uomo gli friggeva i neuroni. Non riusciva ad immaginare cosa l’amico stesse pensando di lui in quel momento. Voleva parlargli? Mh, forse in quel momento preferiva essere lasciato in pace. Lo odiava? Probabile. Di certo non poteva essere felice del suo comportamento. Riprese in mano il cellulare e cercò di comporre un messaggio adeguato; roba del tipo ‘Hei, Mik, sai, non volevo non baciarti.’, oppure ‘Amico, scusa se ti ho dato l’impressione di non volerti. È che sto un po’ in crisi sessuale.’ Dannazione, non era mai stato bravo in questo genere di cose, e a dire il vero, non ne aveva mai avuto bisogno. Lui non era il tipo da scuse, semplicemente lasciava che i rapporti si chiudessero, perché non li riteneva indispensabili.

Dopo il quindicesimo tentativo di scrivere un messaggio sensato, decise che sarebbe stato meglio chiamarlo e lasciare che fosse la spontaneità a guidarlo. Voleva urlargli contro fiumi di parole, dirgli che se c’era una cosa che lo faceva stare bene, questa era il suo sorriso tutto denti. Voleva dirgli che teneva al loro rapporto più di quanto lasciasse trasparire perché, come il novantanove per certo delle volte, si lasciava frenare dall’insicurezza. Voleva dirgli che quando lo abbracciava si sentiva a casa, nel luogo più sicuro dell’universo, e non c’era niente, niente, di equiparabile alla felicità che provava quando lui gli faceva un complimento  o gli concedeva uno sguardo di approvazione. Si sentiva il più forte.

Questi pensieri gli avevano dato la carica necessaria per affrontare la situazione. Compose velocemente il numero del cantante e aspettò. Dopo pochi secondi, sentì la voce meccanica della segreteria telefonica: ‘la informiamo che il cliente da lei chiamato è al momento irraggiungibile…’ Merda, guardò l’orologio e si accorse che erano le cinque passate. Si ricordava che Mika gli aveva detto che sarebbe partito il giorno seguente alla finale, ma gli era completamente sfuggito di mente.
 

Mika aspettò fino all’ultimo, sperando di ricredersi, di vederlo arrivare e stringerlo a sé prima di partire. In cuor suo ci credeva. Credeva in Fedez e alla bellissima persona che aveva dimostrato di essere. Dopo l’ultimo invito ad imbarcarsi degli altoparlanti, Mika chiuse gli occhi e inspirò tutta l’aria che aveva nei polmoni. Era ora di andare.

“Oh, you idot. Why did I fall in love with you?”


Angolo autrice:
Ok, eccomi qui con il nuovo capitolo che spero vi piaccia. C'è un po' di incomprensione tra i due.. Prometto che le cose miglioreranno ahah. Mi sono sentita ispirata da Rain di Mika stavolta. Ci tengo a ringraziare tutti quelli che hanno utilizzato il loro tempo per leggere la mia storia, commentare e metterla tra i preferiti, mi fa molto piacere :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Seul au monde à n'attendre que toi ***


“Pronto, Mika?”

“Sì?” Rispose il riccio con aria dubbiosa.

“Come stai? Tutto bene il viaggio?” Domandò Fedez, cercando di capire l’umore dell’amico dall’altro capo del telefono. “Sì, bene.”

“Mik, è inutile girarci intorno: sono stato un coglione e mi dispiace tanto.”

“Lo so.” Quella risposta lapidaria lasciò il rapper spiazzato per qualche secondo. Non sapeva che dire. “Quindi, cioè, v-voglio dire…”

“Fede, è okay, davveri.Ti faccio auguri per tutto e, non c’è bisogno di continuare.”

“Ma no, non volevo arrivare a quest…” Mika aveva già riattaccato. Non poteva essere davvero così stupido. Fedez non ci voleva credere. Adesso gli sarebbe toccato anche assecondare le scenate da Prima Donna di un imbecille; un imbecille a cui non aveva intenzione di rinunciare.

I giorni immediatamente successivi passarono veloci. Fedez era sempre impegnatissimo, tra dj-set e Newtopia, arrivava a casa distrutto. “Hei, dove sono le mie ragazze?” Chiese a Giulia, non vedendosi assaltato come al solito dalle due chihuahue che lo aspettavano davanti alla portafinestra. “Le ho portate dai miei, babe. Non posso lasciarle a te che sei sempre in giro.” Gli rispose la ragazza. Il rapper ci mise tutta la buona volontà, ma non riuscì a capire il senso di quella frase. “Te ne sei dimenticato. Fede, ti avevo detto che lunedì sarei partita per la Sicilia. Sai da quanto tempo la nonna chiede di vedermi?” Effettivamente non se lo ricordava, come lasciò intuire dalla fronte aggrottata e dalla mano con cui iniziò a grattarsi nervosamente la testa. “Già, avevo completamente rimosso, scusa.” 

“Ma io ti conosco, caro mio. Me lo aspettavo. Comunque adesso vado a farmi una doccia e poi finisco di prepararmi. Domani l’aereo parte super presto!” Gli disse, schioccandogli un bacio sulle labbra e andando al piano di sopra. Fedez filò dritto a letto e sprofondò in un sonno pesante fino alla mattina seguente.

“Babe, se hai intenzione di accompagnarmi ti conviene alzarti.” disse Giulia. Ovviamente Federico non aveva possibilità di scelta: doveva alzarsi. “Mmh, cinque minuti.” Grugnì, rigirandosi tra le coperte. Dopo essersi alzato, si preparò come meglio poteva, mentre Giulia, già pronta, lo aspettava impaziente.

“Mi mancherai un casino.” Disse la ragazza, carezzandogli la guancia e baciandolo dolcemente. “Anche tu, mi raccomando, chiamami quando arrivi.” La esortò il rapper. “Certo, a dopo.” Giulia si voltò per salutarlo un’ultima volta prima di scomparire tra la folla di viaggiatori.

Fedez  si avviò verso l’uscita, cercando, come sempre, di non dare nell’occhio. Amava i suoi fan, ma amava altrettanto i suoi spazi personali. Prima di andare via, guardò la schermata delle partenze: Parigi, ore 13.45.

Capì che quello che stava pensando era molto, molto, folle. Raggiungerlo in Francia. Fedez credeva che sarebbe stata una pessima idea. Mika era lì per lavoro, sicuramente non avrebbe avuto tempo da perdere con lui. Per non parlare dei suoi di impegni, lì in Italia. Per una volta, però, Fedez decise di fare quello che gli diceva l’istinto, e chi se ne frega delle conseguenze. Non poteva continuare a fingere che non gli importasse;  continuare a vivere aspettando una sua chiamata, un messaggio, un tweet, come se queste cose potessero bastargli a compensare la sua assenza. Prenotò, quindi, il biglietto per quel dannato volo. Corse a casa per raccogliere tutto l’essenziale e fece qualche chiamata per avvisare della sua assenza, tra cui una a sua madre che ricevette come spiegazione solo un ‘Ho da fare per un paio di giorni, mamma. Va tutto bene, giuro.’

Il viaggio durò circa un’ora, ma a Federico sembrò un’eternità. Rimase immobile per tutto il tempo. Non vedeva l’ora di atterrare. Quando finalmente il personale di bordo annunciò il decollo, il rapper tirò un sospiro di sollievo. Una volta sceso si sentì abbastanza spaesato. Non aveva idea di cosa stesse facendo e di come gli fosse venuta in mente un’idea simile. Prese il cellulare e chiamò il riccio.

“Fedez, sono occupatto ades…”

“Zitto e dammi l’indirizzo del tuo appartamento.” Lo interrupe il rapper. Sul suo viso nacque spontaneamente un sorriso di felicità. “Perché mi chiedi questa cosa?”

“Perché non ho intenzione di passare tutta la giornata in aeroporto.” E perché voglio vederti. Subito. “What?”

“Oddio, Mik, un minimo di perspicacia!”

“Sei in Parigi?” Domandò Mika con un tono di voce tra il sorpreso e l’eccitato.

“Sì, sono in Parigi. Muoviti.”

“Te lo mando come messaggio.”

“Okay. A dopo.”

Fedez, durante il viaggio in taxi, cercò di rilassarsi, ma era sempre stato un ragazzo ansioso, quando faceva qualcosa fuori programma, poi, era la fine. Cominciò a riflettere su quello che gli altri avrebbero potuto pensare; si sarebbero fatti di certo qualche domanda sul perché avesse fatto una cosa del genere. Come avrebbero potuto reagire? E Giulia? Non sarebbe dovuta venire a conoscenza della sua ‘gita fuori porta’. Basta. Ormai non poteva tirarsi indietro, e lui non voleva farlo. Era andato fino in Francia solo per vederlo e sistemare le cose, non c’era niente di più giusto.

Quando raggiunse la sua meta, vide un alto palazzo in mattoni rossi con tetto e cornicione bianchi e un grande portone di ferro arrugginito qua e là. Aveva un’aria familiare. Si sentiva un po’ come in quel film stranissimo, com’è che si chiamava... ‘Il favoloso mondo di Amelié’. Eh, sì, stava temporeggiando con sé stesso. I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore dell’apertura elettrica del portone e dal trillo del suo cellulare.

Messaggio inviato da Mika:
‘Seconda piano. Entra.’

Federico salì di corsa le scale. Quando raggiunse il piano, Mika stava già aprendo la porta di casa. Il tatuato se lo ritrovò davanti con uno sguardo che tentava, in modo inutile, di sembrare indifferente. Le labbra leggermente incurvate ai lati lasciavano intravedere un sorriso che la diceva tutta sul suo stato d’animo. Quella visione ripagò Fedez della fatica che aveva fatto per prendere la decisione di partire. In quel momento non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte, se non lì. “Ma che fai? Mi spii da dietro le tende?” Esordì il più piccolo, ridacchiando. “Tu sei un idiota.” Gli rispose convinto il riccio. Fedez gli gettò le braccia al collo. Mika ricambiò l’abbraccio e lo strinse ancora più forte a sé. Le sue mani premevano così tanto sulla schiena del rapper che quasi gli facevano male. “E pazzo. Complettamente pazzo.” Fedez si separò dall’abbraccio e gli tirò un pugno sulla spalla. “Ouch!”

“Non ci riesci proprio a dirmi qualcosa di gentile, stronzo!” Gli urlò, in modo scherzoso. Di tutta risposta Mika fece uno dei suoi buffi versi, un mix tra un singhiozzo e il belare di una pecora, che Fedez interpretò come una risata.

 L’appartamento parigino era piccolo, con un arredamento essenziale. Nonostante questo, Mika era riuscito a renderlo caldo e accogliente, arricchendolo di semplici particolari personali. Su una mensola c’erano foto di Melachi e Amira, costruzioni Lego e riproduzioni in piccola scala di case simili a quelle delle fiabe. A Fedez piaceva molto.

 “Mika, ti dispiace se mi fumo una sigaretta? Per favore, oggi è stata una giornata davvero stressante.”

“Va bene, però tu vai al balcone, in camera mia.” Acconsentì il cantante, e aggiunse “Io adesso mi faccio la doccia. Dopo devo andarre agli studi di The Voice. Oggi sono impegnato. Mi dispiace, Fede.”

“Ma sì, certo. Sono io che ti sono piombato in casa all’improvviso. Fa quello che devi fare.” Lo rassicurò il tatuato, sorridendogli affettuosamente. Mika si chiuse in bagno, mentre Federico si accese la sua meritatissima sigaretta. Chiuse gli occhi e aspettò che la nicotina gli rilassasse i nervi, insieme all’aria invernale che gli carezzava la pelle. Dieci minuti dopo ne accese un’altra, d’accordo che stava cercando di smettere, ma in quel momento ne aveva bisogno. Fece un tiro, poi, sentendo dei rumori nella stanza, si voltò. Mika era a torso nudo, coperto solo da un asciugamano attorno alla vita, e con i capelli ancora bagnati. Quella visione fece sentire Fedez particolarmente in imbarazzo. Non era normale sentirsi così eccitato da un uomo seminudo, non lo era per niente. Si ritrovò a pensare a quanto fossero perfetti i suoi lineamenti. I riccioli che gli scivolavano sulla fronte inumidita erano terribilmente sexy.  “Quale ti piace?” Gli chiese Mika, mostrandogli due abiti:  uno blu con tanti occhi ricamati sopra e uno semplice color ciliegia. Attese la risposta dell’amico per qualche istante, ma niente. “Fede?!”

“Ah, ehm, sì. Quello blu, mi piace.” Bofonchiò il più piccolo, evidentemente distratto. “Uhm, va bene.” Rispose il riccio, puntando gli occhi sul completo, poi su Fedez, poi di nuovo sul completo. Sembrava che stesse riflettendo su cosa fare. Federico capì. “Okay, scusa, adesso esco.” Stava già spegnendo la sigaretta quando Mika lo interruppe. “No.”

 Adesso poteva anche morire. Aveva le mani sudate e gli tremavano le ginocchia. “I mean, non ti preoccuparre, vado in bagno.” Chiarì subito il libanese, percependo il disagio dell’amico. Sei un coglione, Federico.
 
Mika si preparò accuratamente come faceva di solito. Prima di uscire, spiegò a Fedez che sarebbe stato fuori fino a tarda sera. Non poteva non andare alla cena con i suoi colleghi, dopo le riprese delle audizioni. Arrivato agli studi non riuscì a nascondere la sua felicità. Non era mai stato bravo a fingere. “Mika, togliti quel sorriso dalla faccia, almeno quando insulti i concorrenti.” Lo ammonì Florent. “Esatto, Mika. Sembri uno psicopatico!” Aggiunse Zazie, afferrandogli le guance e tirandogliele verso il basso. “Va bene, va bene, ragazzi! Ho capito, cercherò di essere una persona seria. Guardate. Chi è il prossimo?” Urlò il libanese, aspettando di sentire la voce di un potenziale talento. “E stasera ci spieghi la causa della tua psicopatia.” Concluse la donna, a cui Mika fece la linguaccia come un bambino dispettoso.

La serata proseguì piacevolmente per i giudici, tra cibo francese, risate e compagnia. Mika stava alzando un po’ troppo il gomito, incitato da Florent che continuava a riempirgli il bicchiere di Chateau Cantemerle . “Floreeent, that’s enough! Devo rimanere sobrio.” Reggeva davvero male il vino. Gli girava la testa. “E perché dovresti?” gli domandò Garou, spintonandolo col gomito. Mika, già confuso di suo, non riusciva a trovare una risposta adatta. “Beh, sono un uomo di trentadue anni. Devo mostrare un po’ di contegno, mon chère.” Affermò orgoglioso il cantante.

Uscì dal ristorante molto meno sobrio di quanto avrebbe voluto. Si fece accompagnare fino a casa in moto da Florent che, spostando lo sguardo sull’appartamento del collega, vide la luce accesa. “Buonanotte, Mika. E salutami Andreas.” Fece per congedarsi l’uomo. Mika, troppo brillo per intuire alcunché, gli rispose: “Andy? Se solo si degnasse di farmi una chiamata!” Florent rimase interdetto dalla risposta del ragazzo, ma decise di non dargli importanza.
 

Fedez era seduto sul divano, impegnato a controllare tutti i suoi social, quando sentì il rumore delle chiavi nella toppa della porta. Subito dopo vide un barcollante Mika piazzarglisi davanti. Il cantante si indicò con entrambi gli indici. “Sono ubriaccco. Credo. Ma giuro che questa volta non ti toco.”

“Ecco, bravo. Stammi a distanza di sicurezza.” Gli rispose il rapper, ridendo. Il riccio mise immediatamente il broncio e si avviò verso camera sua. Fedez lo tirò per la giacca e lo fece cadere sul divano accanto a lui. Il suo calore gli era mancato come l’aria. “Stupido, ti do il permesso di toccarmi, va bene?” Lo rassicurò il più piccolo. Mika si spostò verso il bracciolo del divano. “Non voglio che tu vai via, quindi non ti toco.” Disse, sinceramente preoccupato. Riusciva a far sentire chiunque una cattiva persona, quando faceva così. Fedez sentì l’impulso di consolarlo. Gli si avvicinò nuovamente, gli agganciò un braccio attorno al collo e con una mano cominciò a strapazzargli i ricci. Si sentiva il cuore esplodere. “Non vado da nessuna parte. Rimango qui. Te lo prometto.” Gli disse, inchiodando gli occhi ai suoi. Entrambi si irrigidirono. Fedez, con uno scatto repentino, iniziò a fargli il solletico, facendolo piegare al punto che si ritrovò col petto sulla sua schiena. Mika, che stava quasi piangendo dal ridere,  gli afferrò le gambe e si alzò in piedi. “Che cazzo fai? Non ti reggi in piedi neanche da solo!” Urlò il tatuato, aggrappandosi forte al suo collo. Mika aprì la porta della sua camera e si gettò sul letto. I due caddero sul morbido materasso impregnato del profumo del libanese. Fedez si sdraiò su un fianco, di fronte al riccio. Passarono del tempo, che il rapper non riuscì a quantificare, semplicemente guardandosi. “Fede, sono stanco.”

“Anch’io, Mik.” Non fece in tempo a dire Fedez, che già Mika aveva chiuso gli occhi. Quando il suo respiro si fece più pesante, Federico gli infilò una mano tra i ricci, carezzandoli. Avrebbe potuto passare tutta la notte così.



Angolo autrice: Buonasera a tutti!! Allora, dico giusto un paio di cose: in caso vi steste chiedendo da dove ho preso l'idea di Giulia che va in Sicilia. Beh, ci è andata davvero, circa un mese fa. Ha dei parenti in provincia di Catania e ha davvero lasciato i cani alla madre xD
Poi, sinceramente non sapevo come descrivere la risata di Mika (quella dopo l'abbraccio) non so se ha reso l'idea, comunque intendevo questa https://youtu.be/fffNgIaSW9g è la cosa più bella del mondo. E poi ringrazio voi che siete arrivati a leggere fino a qui. Spero che questo capitolo non vi abbia annoiato! A presto :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** The things we left unsaid ***


Fedez si stropicciò gli occhi e fece un grande sbadiglio. Sarebbe voluto restare sotto le coperte in eterno. Quando finalmente il cervello cominciò a connettersi col mondo esterno, si ricordò di essere in Francia. In Francia. A casa di Mika. Bene. Non aveva idea di che ore fossero. Si alzò lentamente, infastidito dal freddo che lo colpì non appena si fu trascinato fuori dalle coperte.  I brividi lo percorsero lungo tutta la schiena. Si sfregò le mani, cercando di riscaldarsi come meglio poteva. E dire che non era un tipo freddoloso. Uscì dalla camera da letto e si accorse che Mika non c’era. Era andato via, di nuovo. Il brontolio del suo stomaco gli ricordò di star morendo di fame. D’istinto si diresse verso la cucina. Aperta la porta, vide una tavola piena di roba. Si avvicinò di più, incredulo. C’era davvero di tutto. Frutta, biscotti, caffè, una torta, già, anche quella. Con tutto quel ben di dio si sarebbe potuto sfamare un esercito intero. Fedez si rese conto della presenza di un bigliettino.

“I hope you’ll enjoy your… Brunch. I suppose.
I’ll be back soon <3
MIKA”

Un cuoricino. Ha davvero disegnato un cuoricino. Fedez non riusciva a capacitarsi di quanto fosse infantile a volte. Provava una tenerezza infinita. Strinse il post-it fra le dita. Mika si era preoccupato per lui, e aveva messo a disposizione di tutto , solo per lui. Sentì il bisogno di ringraziarlo, di cuore. Gli scrisse un SMS.

“Sei il migliore. Grazie, amico.”

Messaggio inviato da Mika:

“Buon giorno. Vuoi veder mi? TF1. Sono in tv!!”

Federico accese la televisione e si sintonizzò su TF1. C’erano tre dei quattro giudici del talent, intenti a rispondere alle incalzanti domande del presentatore di cui Fedez ignorava il nome. Era incredibile quanto i programmi francesi somigliassero a quelli italiani, a cui il rapper era abituato. Non era di certo una spada in francese. Riusciva a capire poco e nulla dei discorsi che intraprendevano i quattro. Sapeva solo che qualsiasi cosa stessero dicendo era divertente, o almeno avrebbe dovuto esserlo. Mika si stava sbellicando dalle risate. Quell’immagine passò subito in secondo piano, quando il tatuato notò che era decisamente troppo appiccicato all’altro giudice, quello con la barba e i capelli lunghi. Lo guardava, spintonava, abbracciava. Non avrebbe dovuto dargli fastidio. Perché mai avrebbe dovuto? Mika era libero di fare quello che voleva, in fondo. Ad ogni modo, il tatuato sfilò dalla tasca il cellulare e fece per comporre un messaggio:

“Non ti sembra di star esagerando?”

Ci ripensò immediatamente e lo cancellò. Non poteva permettersi di fare una cosa del genere. Non era nessuno per imporgli di fare o non fare qualcosa. Doveva imparare a tenere a freno le emozioni. L’impulsività poteva farlo cacciare nei guai.

Sentì la vibrazione del cellulare. Giulia lo stava chiamando. Giulia, cazzo. Fino a quel momento gli sembrava che non fosse mai esistita, Giulia.

“Pronto, Fede?” La voce squillante della ragazza lo disturbò.

“Hei, ciao. Come stai?”

“Finalmente riesco a sentirti, babe. Io sto benissimo. Tu, piuttosto, come te la stai cavando?”

“Qui è okay. Sai, non ho il tempo di annoiarmi. Io e Ax ne stiamo passando di tutti i colori, come al solito... Scusa, adesso devo scappare.” Tagliò corto il rapper. Non poteva reggere a lungo quella conversazione. Gli mancavano la voglia e la forza di mentire.

“Oh, d’accordo. Non vedo l’ora di tornare.” Gli disse con tono affettuoso. Era fin troppo dolce.

“Anch’io non vedo l’ora, piccola.” Riattaccò. Tutto a un tratto avvertì il peso della situazione in cui si era cacciato. Tentò di trovare una definizione per quello che stava succedendo con Mika. Erano amici? Sì, lo erano. Erano due fottutissimi amici. Punto. E avrebbe voluto davvero crederci. Gli era passata la voglia mangiare, di fare qualunque cosa. Si gettò a peso morto sul divano, con un braccio poggiato sulla fronte, ad aspettare che le cose si sistemassero magicamente da sole.

Fedez era sdraiato supino, quando fu svegliato dalla voce del libanese, che era praticamente piegato su di lui, intento a fissarlo. Non si era neanche accorto del fatto che fosse rientrato in casa. “Che stai facendo?” Gli domandò innocentemente Mika. “Sto fissando le stelle.” Rispose il rapper, ironizzando sull’inutile domanda che gli era appena stata rivolta. “Mmh, forse le stelle si vedono melio da fuori.” Ribatté il cantante, alzandosi e tirandolo per un braccio. Federico non aveva intenzione di scollarsi da lì. “Dai, Fede! Dobiamo vedere tantetantetante cose. Perché sei venuto a Parigi sennò?”

“Eh, chissà perché.” Si lasciò sfuggire il rapper, rassegnato. Mika ebbe un attimo di esitazione, poi continuò la sua opera di persuasione. “Conosci Montmartre? È un posto figo, giuro.”

“Non ci sono mai stato.”

“Vuoi andarci con me?” Lo implorò il libanese, mostrando le fossette. Questo è giocare sporco, signor Penniman. “Ho scelta a riguardo?”

“Not at all.”
 

Effettivamente Montmartre era una zona di Parigi stupenda, ammise tra sé e sé Fedez. Passarono lungo un grande viale, contornato ai lati da alti alberi illuminati da lucine bianche e blu, zeppo di negozi e bistrot coloratissimi, tipicamente francesi. Nonostante il freddo, nell’aria si percepiva una fragranza dolciastra. Sembrava che fosse la città stessa a produrre quell’odore. Fedez finalmente capì perché chiamavano Parigi ‘la ville de l’amour'. Era tutto così dannatamente romantico.
 
“Guarda, quello è il Moulin Rouge!” Esclamò Mika, indicando un illuminatissimo locale con un mulino rosso fissato in alto. Fece un salto su sé stesso dalla contentezza. Fedez sorrise, osservando la reazione spropositata dell’amico alla vista di un semplice teatro. “Sì, vedo. C’è anche scritto.”

“È un'istuzione!” Ribadì il riccio. Palesemente disturbato dal poco entusiasmo dell’amico. “Istituzione, Mik.”

“Fede buuu!” Disse il cantante, con i pollici rivolti verso il basso. Fedez lo trascinò via, intuendo che la situazione sarebbe solo peggiorata. Visitarono il Cimitero. Era un luogo magico. Trasmetteva calma e, in un certo senso, saggezza. Stare vicino alle tombe dei Grandi pensatori e artisti, faceva sentire Fedez così insignificante. Era talmente assorto in quei pensieri che quasi si spaventò quando Mika, che era rimasto indietro, gli poggiò un braccio sulle spalle. “Hei.” Sussurrò il tatuato. “È bello, qui.” Disse il riccio, posando la testa su quella dell’amico. “Già.”

“Fede, io ho fame. Andiamo in un posto che conosco.” Non era una domanda. Mika non faceva mai domande. Bisognava assecondarlo e basta. In men che non si dica i due raggiunsero un ristorantino di nome ‘Angelo’s restaurant’ all’angolo di una via secondaria di Montmartre. Appena entrarono, il proprietario corse ad abbracciare il riccio. “Mika, che piacere vederti!”

Bonjour, Angelo.” Rispose cordialmente quest’ultimo. “Prego, sedetevi. Posso portarti tutto quello che vuoi, a te, e al tuo compagno.” Disse con enfasi l’uomo. “Non sono il suo compagno.” Precisò il tatuato, lanciandogli un’occhiataccia. “Oh, non si preoccupi. Mika è un uomo eccezionale. Lo conosco da quando era bambino.” Disse Angelo, strizzando l’occhio. “Aspettate, vi porto una candela. È più romantico.” Aggiunse, allontanandosi subito. “Non…” Fedez lasciò spegnere la frase, arrendendosi, sotto lo sguardo divertito del libanese. Fedez assaggiò lo spezzatino più buono che avesse mai mangiato negli ultimi tempi. La carne era tenera, quasi si scioglieva in bocca. Ne rimase estasiato. Mika dovette notare la goduria dell’amico perché scoppiò a ridere, scuotendo la testa. “Sei buffo.” Riuscì a dire, tra una risata e l’altra. “Ma pensa per te!” Federico cercò di dargli un calcio da sotto il tavolo, ottenendo come risultato solo l’intrecciarsi delle loro gambe. Si era dimenticato che quelle del libanese erano troppo lunghe, persino per un tavolo da ristorante. Mika, anziché allontanarsi, strinse ancor più la presa, per poi lasciarla, qualche istante dopo. Fedez deglutì, non se lo aspettava. Il libanese ruppe il silenzio. “Mi è venuta alla mente una cosa, Fede. Volevo salire su la Basilique du Sacre-Coeur per vedere tutta Parigi da alto, ma questo è meglio!” Esclamò il riccio eccitato come un bambino alla prima gita scolastica. “Sai che mi fai paura?”

“Fidati di me. È una sorpresa.”

Attraversarono mezza Parigi in taxi. Fedez, voltato verso il finestrino, sentiva lo sguardo di Mika addosso. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata. Lui si girava subito, come se non volesse essere scoperto, che ingenuo. L’auto si fermò vicino all’entrata di un parco, sulla riva sinistra della Senna. “Cosa ci facciamo qui?”

“Questo è il Parco Citröen.” Rispose il libanese, facendogli strada lungo l’immensa distesa di verde. “E tra poco vedrai Parigi.” Aggiunse, aumentando il passo e incitando il tatuato a seguirlo. Il parco aveva uno stile moderno. Non doveva essere stato progettato da molto tempo, pensò Fedez. E poi eccola lì: davanti ai suoi occhi si ergeva una gigantesca palla bianca. “Una mongolfiera, Mik? Sul serio, questa me la chiami sorpresa?”

“Ma ci divertiamo! E la vista dall’alto è mozzafiato.” Il cervello di Fedez, per prima cosa, elaborò il fatto che il riccio avesse utilizzato correttamente la parola ‘mozzafiato’, in seguito, collegò le parole: mongolfiera, alto, ci divertiamo. “No. Te lo scordi. Io là sopra non ci salgo neanche sotto tortura.”


“Tu mi vuoi morto.” Borbottò il tatuato, paralizzato sopra quella macchina infernale. Erano ancora a terra e già stava cominciando a farsela sotto. “Ma non c’è un’imbracatura, una corda, un qualcosa per legarci, cazzo?” Chiese a Mika che, al contrario suo, sprizzava felicità da tutti i pori. “No, Fede, non servono queste cossse. Non puoi cadere.” Cercò di spiegargli il cantante. Quando la mongolfiera si staccò da terra, Fedez sentì di non potercela fare. Teneva gli occhi serrati e stringeva la rete metallica più forte che poteva. Una volta arrivati davvero in alto, sentì le mani del riccio poggiarsi sulle sue spalle, massaggiandole con un ritmo lento e regolare. “Breathe. Respira.” Gli sussurrò impercettibilmente Mika, e Fedez non l’avrebbe sentito, se non fosse stato per l’assurda vicinanza tra loro. Il rapper percepiva il suo respiro caldo sul collo. Le labbra del riccio gli sfioravano l'orecchio. Federico non sapeva per cosa essere più emotivamente disturbato. Mika spostò una mano sul petto del più piccolo, mentre con l’altra continuava a tenergli la spalla. In quel momento i loro corpi aderirono perfettamente. “Segui il mio respiro.” In effetti i due erano talmente attaccati che per Fedez non fu difficile percepire il movimento del torace del riccio. “Good.” Affermò il cantante, posando una guancia sui capelli del rapper. Federico si sentiva il viso in fiamme, per non parlare del calore che lo colpì al basso ventre. Gli pulsava tutto. Non si era nemmeno accorto del fatto che stesse stringendo la stoffa dei pantaloni di Mika, che intanto stava facendo scivolare in basso la mano, fin sopra la cintura dei jeans, per poi pressarla, in modo da avvicinarlo ancora di più al suo bacino.  Federico sentì cose che non avrebbe dovuto sentire: neanche Mika era totalmente in sé in quel momento. Si lasciò scappare un sussulto e notò il sorriso sghembo del cantante. Che bastardo. Mika si scostò leggermente. “Apri gli occhi. It’s a beautiful view.” Gli consigliò. Fedez ci riuscì, ma non si godette il panorama. Aveva perso la testa. Completamente.

Quando scesero dalla mongolfiera, Fedez era ancora scosso. A poco a poco il suo respiro tornò ad essere regolare. Fino a quel momento i loro sguardi non si erano incrociati. Mika gli sfiorò un braccio. “È stato, mh, bello.” Mormorò, con un sorriso complice. “Ti odio, però, sì, tutto sommato non è stato male.” Gli rispose il rapper, strizzando un occhio.

Rientrarono in casa, entrambi stanchissimi. Federico fece per sistemarsi sul divano, prendendo la coperta che aveva usato quella stessa mattina. “Puoi dormire nella mia stanza; per me non è un problema. Pensavo ti era piaciuto il mio letto, ieri.” Ma sì, abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno. “D’accordo.” I due si infilarono sotto le coperte. Mika si voltò per guardarlo un’ultima volta, prima di addormentarsi. “Buonanotte, idiota.” Disse, sfiorandogli il dorso della mano. Fedez rabbrividì. “Notte.”


Angolo autrice: Buonasera!! Come al solito ringrazio tutti per aver letto anche questo capitolo, a dir la verità ho un po' d'ansia. Comunque: un particolare che gli sherlocked avranno notato, la scena del ristorante con Angelo l'ho presa da "a study in pink", mi sono fatta un regalo... mi sembrano così simili ai johnlock a volte ahah. Federico fa ancora finta di non capire, e Mika invece sa il fatto suo. Che duo. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Ah, buon 2016 :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** See you again ***


Mika se ne stava in piedi, braccia incrociate sul petto e sguardo perso oltre il vetro della finestra. Quando Fedez si svegliò, non poté fare a meno di notare il volto accigliato del libanese. Vi lesse rabbia, o preoccupazione, probabilmente  entrambe le cose. Quella visione lo sorprese per un attimo, come se quei sentimenti non potessero appartenere al giovane cantante, sempre allegro e spensierato. Il rapper aveva già immaginato che Mika nascondesse i suoi lati deboli, che li facesse venire a galla solo quando era certo che nessuno potesse scoprirlo, perché non esiste persona al mondo in grado di essere perennemente felice, eppure una parte di sé era convinta che quel Mika non esistesse, e trovarselo davanti così bruscamente lo scosse. “Cosa c’è che non va?” Esordì infine. E a riprova della sua teoria, eccolo lì, il suo solito sorriso radioso che, tuttavia, non riuscì a mascherare totalmente ciò che Federico aveva appena visto. “Ti sei svegliato.” Il riccio ignorò sfacciatamente la domanda. Fedez non aveva intenzione di sorvolare sull’argomento, ma aveva anche paura di spingersi troppo oltre e non saper gestire la situazione. “Sì. E ti ho fatto una domanda.” Mika aggrottò la fronte, come a domandarsi il perché di quell’insistenza. “Stavo solo riflettendo. Don’t worry.” Disse, alzando le mani a sua discolpa. “Se ti fidassi di me, mi lasceresti vedere cosa c’è oltre quel velo di allegria che ti porti sempre appresso.” Lo accusò il tatuato, girandosi di spalle. Mika sospirò, tenendo lo sguardo basso. Era agitato. Si sedette sul bordo del letto, con una gamba penzoloni. “Io mi fido di te, sinceramente.” Ammise, cercando un contatto fisico con il rapper che si voltò a guardarlo. “Ho visto che sei triste per qualcosa, Mik. Parla con me. Ci tengo davvero.” Disse sincero il più piccolo. Voleva aiutarlo, nei limiti delle sue possibilità. “E’ complicato, you know. Andy non mi ha cercato per tutti questi giorni. Ieri poi io doveva tornare a Londra, ma non è stato così. Lui mi ha chiamato solo questa mattina, ma io non ho risposto. Ho pensato che era inutile di parlare tra di noi, ora come ora.” Disse tutto d’un fiato il cantante, stringendo il cellulare tra le mani. Sembrava in procinto di lanciarlo contro il muro. “Perché non vi parlavate? Voglio dire, prima di oggi.”

“Io e lui abbiamo sempre avuto up and down. Otto anni di relazione non sono facili. Anche quando litigavamo, lui sapeva di essere una certezza per me, e io per lui. La mia certezza, il mio… Scoglio? Si dice? Io mi aggrapavo a lui.” Esitò per un istante. “Da un po’ di tempo, io non lo sento più come prima. Stiamo nella stessa casa, nello stesso letto, ma io mi sento solo. Solo.” Disse il riccio. Aveva gli occhi lucidi e il respiro affannoso. Sembrava una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Fedez avrebbe tanto voluto calmarlo. Si tirò su coi gomiti, gli si avvicinò e lo avvolse tra le braccia. Mika appoggiò la testa sul suo petto, presumibilmente per cercare di nascondersi. Non ce n’era bisogno. Il tatuato lo capiva. Provava la stessa sensazione di solitudine, anche e soprattutto, quando era circondato da persone che avrebbero dovuto considerarsi care. “Non vergognarti.” Gli sussurrò, quasi come fosse un segreto tra loro. “Guardami.” Lo costrinse a sollevare la testa, alzandogli il mento con un dito. “I problemi non si affrontano scappando, Mika.” Non seppe nemmeno lui da dove partorì quella frase pseudofilosofica. Gli occhi del riccio, che adesso lo fissavano, si erano spogliati di ogni maschera. Fedez poteva finalmente vederlo. “Non scappo. Io scrivo, Fede. Le mie canzoni sono le pagine di mia vita. Risolvo così i miei problemi.” Confessò il cantante, abbozzando un mezzo sorriso. Era sincero. “Lo so. Stavolta, però, dovresti mettere da parte carta e penna.” Gli consigliò il tatuato, e si maledisse per quello che riuscì a dire. “Va da lui. Parlatene: se tutto si sistema sarà fantastico, altrimenti, beh, almeno ci hai provato, ma non puoi rimanere in questo limbo.” Fantastico un cazzo. Non erano molte le volte in cui Federico subordinava i propri interessi al bene degli altri. Per sua madre lo avrebbe fatto, ma lei non faceva nemmeno parte della categoria ‘altri’. Era speciale. Forse, quindi,  anche Mika un po’ lo era.  “Non so se voglio davvero.”

“Calmati e non essere impulsivo. Fidati di me, per una volta. Oggi tu vai da Andy, gli dici quello che provi, lo ascolti e poi avrai la risposta giusta.” Disse il rapper, dandogli una pacca sulla spalla. In quel momento Mika lo guardò nello stesso modo in cui lo aveva guardato quella sera, dopo la finale, prima di baciarlo, con la differenza che stavolta non era ubriaco. E no, questa non era propriamente la reazione che Fedez si sarebbe aspettato. Non voleva complicare tutto. Poi per fortuna qualcosa cambiò negli occhi di Mika. Pareva essersi ripreso da quello stato di confusione totale.“Okay. Hai ragione.” Disse il libanese, stropicciandosi gli occhi. Si alzò in piedi. Si sistemò la giacca e uscì dalla stanza. Dopo mezzo secondo si riaffacciò alla camera da letto. “Grazie.”

I due si prepararono per il viaggio di ritorno. Fedez provò un vuoto allo stomaco, quando Mika fece girare le chiavi nella serratura per chiudere la porta dell’appartamento un’ultima volta. In soli due giorni si era creata una sorta di abitudinarietà tra loro che gli sarebbe mancata. Salirono sul taxi e restarono in silenzio durante tutto il tragitto. Mika era ancora pensieroso; quasi spento, oserebbe dire Fedez. Anche a lui toccava tornare alla realtà, alla sua vita di tutti i giorni. Non immaginava ancora come sarebbe evoluto il loro rapporto, una volta essersi allontanati. Aveva paura, paura di perderlo. Il riccio gli posò una mano sulla gamba per rassicurarlo, come se avesse intuito i pensieri dell’altro. Fedez si domandò se per caso avesse pensato a voce alta. No, non l’aveva fatto. Lui aveva semplicemente capito cosa gli frullava in testa.

Stavano lì, uno di fronte all’altro. Come avrebbero dovuto salutarsi? Una stretta di mano? Un abbraccio? Federico non ne aveva idea, in realtà non voleva salutarlo. Non voleva proprio lasciarlo andare. “Allora… Ci sentiamo.” Fu quello che ne venne fuori. “Sì.” Gli rispose il libanese. Si allontanò piano, proseguendo lungo il corridoio dell’aeroporto. Il rapper rimase fermo a guardarlo. Dopo un attimo di riflessione lo raggiunse. “Solo un sì? Davvero?”

“Ti prego. Don’t.”

“Dì ‘ciao’. Sarebbe più carino.”

“No.” Disse il cantante. Poi lo avvicinò a sé, strattonandogli il giubbotto. Gli strinse una mano attorno al collo e premette le labbra contro le sue. Lo baciò. Fu un bacio violento, graffiante. Fedez  poté sentire il sapore della rabbia che stava provando il più grande. Le loro lingue si muovevano fameliche, alla scoperta di qualcosa di nuovo e sconosciuto. Fedez sentì dolore, quando i denti del riccio gli morsero il labbro superiore. “Ahi!”

“Scusami.” Disse il riccio. Poggiò la fronte sulla sua, poi andò via. Fedez non sapeva a cosa si riferisse esattamente. Lo lasciò allontanare. Stavolta non fu lui a scappare.
 
Mika era agitato. Quando si trovò di fronte alla porta di casa sua, l’ansia lo stava letteralmente divorando. Aveva paura di quello che sarebbe successo una volta varcata la soglia. Non voleva rompere l’equilibrio che si era creato tra loro, con tanta fatica, dopo tutto quel tempo. Credeva di poter fare qualsiasi cosa, pur di ritrovare l’Andreas che lo aiutava ad andare avanti.

Le cagnoline lo assaltarono. Sembrava stessero urlando ‘amaci’, con quegli occhietti dolci. Mika non si chinò nemmeno per accarezzarle. Si sedette sul tavolo del soggiorno, con le mani in tasca, aspettando che l’uomo dall’altro lato della stanza iniziasse la conversazione. Non riuscì a trattenersi per molto. “Mi stai ignorando?” Lo accusò, cercando di attirare la sua attenzione. Il biondo si avvicinò di qualche passo. Mika non riusciva a cogliere i suoi sentimenti. Gli sembrava una statua di ghiaccio. “Cosa vuoi che faccia, Mika? Sono arrabbiato. Non pretendo nulla, ma lasciami essere arrabbiato.” Gridò, alzando, forse un po’ troppo, i decibel della voce. Il riccio abbassò la testa, fissando la punta delle scarpe. Era senza parole, letteralmente. Non sapeva cosa dire. “Stanno cambiando le cose tra noi, non è così?” Pronunciò quelle parole con tono sommesso. Adesso Andy gli stava di fronte. “E di chi credi che sia la colpa? Ti ho sempre lasciato i tuoi spazi. Non voglio sapere quello che combini fuori da qui. Non mi interessa con chi stai e cosa fai. E non perché non mi importi, ma perché tengo troppo a te per permettere che questo rovini la nostra relazione. Voglio solo che tu, una volta messo piede qui dentro, mi ami. E’ chiedere troppo?” Quelle parole rimbombarono nella testa di Mika. Si sentiva svenire. Andy riusciva sempre a colpire nel segno, a mostrargli la verità nuda e cruda, dolorosa per com’era. “Io ho bisogno di te.” Disse il riccio. Ed era vero. “Allora dimmelo. Dimmi che mi ami, e io ci sarò. Per te.” Gli chiese il greco, prendendogli il volto tra le mani. Aveva una voce tremante e fragile, tanto fragile, al contrario di pochi istanti prima. Mika avrebbe voluto rassicurarlo, dirgli di smetterla di star male. Avrebbe voluto pronunciare quelle semplici parole e sistemare tutto, ma non lo fece. Dire di amarlo, in quel momento, gli sembrava impossibile. Non fu più tanto convinto di poter fare qualsiasi cosa per lui. E poi, non si meritava un’altra bugia. Aveva bisogno di lui, ma non poteva essere così egoista. “D’accordo.” Disse il biondo, lasciando scivolare via le mani dal volto dell’altro. “Sto uscendo. Non so quando torno.” Lo avvertì, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Mika, rimasto solo, si sdraiò sul divano. Amira corse da lui, leccandogli la faccia e scodinzolando. “Eccola, la ragazza più bella del mondo!” Disse, baciandole il nasino umido. Lei salì sul divano, appollaiandosi sul padrone. Il riccio era stanco, più emotivamente che fisicamente. Si maledì per quello che stava facendo. Quel bacio prima di separarsi; il silenzio, molto eloquente, che aveva ferito Andy: tutte azioni che lo facevano star male. Aveva bisogno di parlare con qualcuno che lo potesse seriamente aiutare. Smanettò con il cellulare, tra i contatti nella rubrica, fin quando non trovò quello che gli serviva. “Pronto, Mika?”

“Sono un disastro, Florent.” Quello sì che era un buon modo per iniziare una conversazione. “Oh, ricciotto. Non ti screditare tanto.” Gli rispose l’uomo, ridacchiando. “No, sul serio. Ho rovinato tutto.”

“Fammi indovinare, riguarda quel qualcuno che è stato con te qui a Parigi, vero?” Mika strabuzzò gli occhi. Non aveva la minima idea di come facesse a saperlo. Credé che fossero stati visti per le strade, magari fotografati, e che le foto avessero fatto il giro del web. Giustamente.

“Come fai a…?”

“Tesoro, non stai parlando col primo che capita. Io so tutto quello che voglio sapere.” Lo interrupe il francese. Era sempre il solito. “Falla finita. Ho litigato con Andy. Lui è andato via e io sto male.”

“Perché stai male?”

“Che domanda è? Il mio ragazzo mi odia e non vuole vedermi.”
“Mika, se volessi sistemare le cose lo staresti già facendo. Ciò significa che non è quello che vuoi in realtà.” A quanto pare erano tutti capaci di fargli da psicologo. Mika si sentiva un libro aperto, e questo gli dava veramente fastidio. “Florent, io…”

“Lo so che non è semplice, ragazzo, ma tu devi essere felice. Il tuo obbiettivo è essere felice.” Era più un comando che un consiglio. “Per me è un po’ complicato ottenere quello che voglio ed essere felice.” Disse il riccio, con amara consapevolezza, passandosi una mano sulla fronte. “Oh cristo. Devo essere io a ricordarti chi sei, o ci arrivi da solo? So quanto sei ostinato, quindi non usare questa scusa.” E adesso sembrava infastidito dal suo comportamento. “Adesso ti saluto, ma ascolta le mie parole, bimbo.”

“Hei, non sono un bambino!”

“Sì che lo sei. A presto.”  Fu l’ultima cosa che disse prima di riattaccare. Dopo quella chiacchierata, Mika si sentiva più sereno, giusto un po’. Abbassò lo sguardo, trovando quello incuriosito di Amira, che lo osservava incuriosita con la testa inclinata da un lato. Gli strapazzò le orecchie, poi la fece scendere dal suo petto. “Va a prendere il guinzaglio, Amira. Andiamo a fare una passeggiata.”

Passarono un paio di giorni. Andy non era ancora tornato e non gli aveva dato sue notizie. Era sera, e Mika era andato a letto stranamente presto per i suoi standard. Desiderava solo riposare. Aveva la faccia spalmata sul cuscino e stava per addormentarsi, quando sentì la vibrazione del cellulare poggiato sul comò.

Messaggio inviato da Fedez:
“Che significa?”

Il riccio intuì a cosa si stesse riferendo l’altro, o meglio, sperò di aver capito bene e di non aver frainteso. Gli rispose subito.

Messaggio inviato da Mika:
“I don’t know. You tell me. What does it mean to you?”

Non voleva fargli pressione. Voleva lasciarlo libero di scegliere ed eventualmente dimenticare tutto quello che era successo. Mika aveva messo Fedez davanti a ogni altra cosa: il suo bene era più importante. Non poté negare, comunque, che il non ricevere risposta lo ferì.
 

Fedez lesse il messaggio arrivatogli praticamente pochi secondi dopo aver inviato il suo. Cosa significava per lui quel bacio? Non era in grado di spiegarlo. Sapeva solo che sentiva ancora il sapore delle labbra del riccio sulle sue, e che non riusciva a dimenticarlo. Avrebbe voluto rispondergli, ma in quel momento Giulia, che era appena tornata, entrò in camera da letto, infilandosi velocemente sotto le coperte e abbracciandolo. “Sei bellissimo.” Gli sussurrò, posizionandosi sopra di lui e baciandogli delicatamente le labbra. Gli accarezzò il viso e gli sorrise, poi riprese a baciarlo, stavolta più intensamente, lasciando una scia di baci lungo il collo e scendendo sempre più giù. Gli alzò leggermente la canottiera per poter toccare la pelle nuda e cominciò a muoversi avanti e indietro su di lui. “Ti prego, Giulia, non ci riesco.” Le disse il tatuato, allontanandola dolcemente. “Sono stanco.”

 “Non fai altro che dire che sei stanco. E io faccio finta di nulla, ma non sono stupida, sai.” Gridò lei, girandosi bruscamente dall’altro capo del letto e coprendosi con la coperta fin sotto al naso. Fedez le si accostò, avvolgendole il ventre con un braccio e immergendo il volto tra i suoi capelli. Le baciò la nuca. “Scusami.” Sussurrò all’orecchio della ragazza. “Mi perdoni?” Notò il sorriso che comparse sul volto di lei e si calmò. Si addormentarono così: stretti l’uno all’altra.



Angolo autrice: Buonasera cari! Finalmente ce l'ho fatta a scrivere questo capitolo.  Stavolta non ho nulla da aggiungere, come al solito spero vi piaccia e ringrazio tutti, davvero. Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Avviso! ***


Buonasera! So che in teoria questa cosa non si può fare. Non appena posterò il prossimo capitolo cancellerò questo avviso. Vi volevo avvertire del fatto che mi dispiace se non pubblico da un po', ma sono sotto esame e sto anche abbastanza indietro, quindi non ho proprio tempo. Ma ci tenevo a far sapere che non ho abbandonato la storia. Appena mi libero sarà la prima cosa che farò! Ciao e a presto :**

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3337249