Avere il cuore lacerato a metà di Mistyna (/viewuser.php?uid=10840)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sette anni dopo - Il Cerchio si apre ***
Capitolo 2: *** Che sta succedendo? ***
Capitolo 3: *** Bugie e ancora bugie ***
Capitolo 4: *** Scoperte ***
Capitolo 5: *** L'ora più agognata ***
Capitolo 6: *** Una punizione peggiore della morte ***
Capitolo 7: *** L'amore di un parabatai ***
Capitolo 8: *** Kaelie ***
Capitolo 9: *** Ribellione ***
Capitolo 10: *** Come sorelle ***
Capitolo 11: *** Un segreto ben nascosto ***
Capitolo 12: *** Collasso ***
Capitolo 13: *** Magia del Sangue ***
Capitolo 14: *** Spyra ***
Capitolo 15: *** La Corte Unseelie ***
Capitolo 16: *** Aspettare dietro le quinte ***
Capitolo 17: *** Alicante ***
Capitolo 18: *** Quando i piani vanno storti ***
Capitolo 19: *** La Corte Seelie ***
Capitolo 20: *** Una fiamma incandescente ***
Capitolo 21: *** Un po' di pace ***
Capitolo 22: *** Laetitia - Il Cerchio si chiude ***
Capitolo 1 *** Sette anni dopo - Il Cerchio si apre ***
DISCLAIMER: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Cassandra Clare; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.
Nota dell'autrice: Questa fanfiction comincia sette anni dopo la conclusione di Città del Fuoco Celeste, pertanto contiene spoiler e riferimenti per tutti i libri fino a quel punto, comprese Le Origini, Le cronache di Magnus Bane e Le cronache dell'Accademia (tutte e 10).
Siccome ho letto i libri in inglese, questa fanfic è stata scritta originariamente in inglese, quindi se alcuni termini propri dei libri in italiano non sono corretti vi prego di farmelo sapere e li correggerò.
Sto pubblicando la fanfic in inglese su Fanfiction.net con il titolo "Torn Apart" (https://www.fanfiction.net/s/11741620/1/Torn-Apart) e gli aggiornamenti andranno di pari passo. La traduzione non è letterale per cui è probabile che ci siano delle differenze e delle aggiunte nella versione italiana.
"Sono passati sette anni, Jonathan."
La giovane donna era immobile sulla
spiaggia del Lago Lyn, i
capelli rossi ondeggiavano lentamente nel vento invernale. Indossava un
cappotto pesante ma, nonostante la spessa sciarpa bianca, aveva le
guance
arrossate dal freddo.
"Sette anni dal giorno in cui ti ho
incontrato per la
prima volta... lo stesso giorno in cui ti ho perso." Clary
sospirò
guardando il lago, ricordando quel momento: quegli occhi verdi,
finalmente
liberi dal male, il modo in cui l'avevano guardata. E il modo in cui si
erano
chiusi per sempre.
"Mi spiace di essere venuta da sola
quest'anno, so che
in genere Jace è qui con me ma... " Si fermò
guardando altrove, le mani
serrate a pugno. Gli alberi erano spogli e carichi di neve, il silenzio
così
imponente che sembrava di essere in un'altra dimensione. Una morta.
Quando
Clary si girò di nuovo verso le acque del lago, aveva gli
occhi pieni di
lacrime. "Ricordi l'ultima volta che siamo venuti? Era tutto perfetto.
A
Will non era piaciuta molto la neve, ma volevo che lo conoscessi."
Clary si accucciò e raccolse un
po' di neve con la mano
guantata, lasciando che prendesse la forma delle sue dita. Poi la
buttò via di
scatto.
"Sono cambiate molte cose, Jonathan.
Troppe cose. La
mia vita è molto diversa ora." La sua voce era amara. "Non
credo che
Jace tornerà a trovarti. Non so nemmeno se io
ritornerò. Perché vedi, è tutta
colpa tua. Anche se sei morto da sette anni, la tua ombra incombe
ancora su di
noi e rovina la nostra vita. Anche ora riesce a distruggere tutto
ciò a cui
tengo."
Gli occhi verdi ricacciarono indietro le
lacrime mentre lei
guardava il lago con un'espressione disgustata. "Sai, per tutti questi
anni, quando venivo qui a parlare con te, ho sempre sperato che la
parte di te
che era Jonathan, la parte a cui non era mai stato permesso di vivere,
fosse in
salvo in Paradiso. Lo spero ancora. Ma adesso tutto quello a cui riesco
a
pensare è Sebastian, il mostro che era, l'essere immondo che
non voleva altro
che vedere il mondo bruciare fino all'ultimo. E spero con tutto il mio
cuore
che Sebastian sia ora a marcire nella parte più profonda
dell'Inferno. Che non
possa mai trovare pace. Voglio che soffra per sempre, come sto
soffrendo io.
Come soffrirò per il resto della mia vita. Ti odio
Sebastian. Che la tua anima
sia dannata per l'eternità."
Clary si girò e
cominciò a camminare senza mai guardarsi
indietro. Se l'avesse fatto, sapeva che si sarebbe accasciata al suolo,
piangendo come una bambina.
***
Quella mattina faceva freddo all'Istituto,
ma Clary se ne
accorse appena mentre si allenava. Sette anni di caccia ai demoni
continua
avevano fatto meraviglie per il suo fisico, donandole
quell'agilità e fluida
grazia per cui avrebbe ucciso a sedici anni. La spada, ormai
un'estensione del
suo braccio, saettava avanti e indietro alla velocità della
luce, bloccando
ogni tentativo di Simon di colpirla e contrattaccando. Riconobbe il
momento in
cui l'allenamento divenne serio dallo sguardo irritato del suo parabatai. Simon odiava perdere e a
Clary piaceva allenarsi con lui proprio per quel motivo: gli altri
prendevano
l'allenamento seriamente ma erano sempre sufficientemente attenti a non
farsi
male, mentre Simon si gettava nella mischia come se fosse reale, con un
vero
demone davanti a lui. D'altra parte c'era un motivo se si allenavano
sempre in
tenuta da combattimento.
Forse Jace lo ha
influenzato un po' troppo, pensò lei con un
sorriso divertito, combattono con lo stesso
spirito.
Clary si immobilizzò per un
attimo ma si riprese in tempo
per parare l'ultimo colpo di Simon. Sei
un'idiota, Clary. Smettila di pensare a Jace, è il motivo
per cui ti alleni
così duramente.
"Non distrarti, sciocchina." Simon sorrise
dietro
la sua spada. "La prossima volta non intendo rallentare per non
colpirti."
"Come se potessi!" Rispose lei
sogghignando.
"Continua a sognare, Amorino."
Simon si lanciò di nuovo in
avanti e lei lo evitò
ridacchiando, ma poi fu il turno di Simon di ridere quando le fece lo
sgambetto
abbassandosi improvvisamente, facendole perdere l'equilibrio e cadere
lunga
distesa per terra. Puntando la spada alla sua gola, sorrise sornione.
"Dicevi, Fray?"
Lei sbuffò, accettando la
sconfitta e sollevandosi a sedere.
"Consideralo il regalo del giorno. E il mio cognome è
Fairchild da anni, Simon."
"Sarai sempre Fray per me. E' il tuo nome
e
basta." Le fece l'occhiolino prima di sedersi accanto a lei, ansimando
pesantemente. "E parlando di cognomi, la smetti di storpiare il mio? Le
tue battute sul fatto che mi chiamo Lovelace fanno pena, Clary. Amorino? Sul serio? Non sono un
angioletto dipinto."
Clary gli diede una manata sulla spalla
ridendo. "Oh
smettila, quell'aria indignata non ti si addice. E lo sai che adori
quel nome,
mio caro Lord Montgomery."
"Oh, Dio!"
Simon strillò, arrossendo violentemente. "Non te lo
dimenticherai mai, vero?"
"E come faccio? I miei poveri occhi
innocenti..."
"E' colpa tua per non aver bussato alla
porta quella
volta. Non era previsto che mi vedessi con Isabelle in quel
modo!"
Clary rise di nuovo e pensò per
un attimo a quanto lei e
Simon erano cambiati nel corso degli anni. Erano più forti
naturalmente, ma i
cambiamenti maggiori non erano fisici. Prima di essere risucchiati nel
Mondo
Invisibile, Simon non sarebbe mai riuscito a scherzare dopo essere
stato
sorpreso in posizioni così compromettenti con la sua
ragazza. E probabilmente
non avrebbe mai nemmeno pensato di poter avere una vera ragazza,
qualcuno che
lo capisse come Isabelle, qualcuno con cui condividere tutto. Avere a
che fare
con gli Shadowhunter, essere diventato prima un vampiro e poi un
Cacciatore lui
stesso lo aveva cambiato profondamente, facendo piazza pulita di tutte
le sue
insicurezze. Il ritorno di tutti i suoi ricordi il giorno
dell'Ascensione aveva
certamente contribuito e anche se la morte di George Lovelace era una
ferita
che probabilmente non avrebbe mai smesso di sanguinare, lo aveva
modellato, gli
aveva dato una nuova identità. Non era più un
ragazzino, Clary lo sapeva. Era
un uomo sicuro di sè, un coraggioso guerriero e il suo parabatai. E lei avrebbe sempre
ringraziato il cielo per quello,
perchè Simon era, come sempre, la sua roccia.
E Clary? Da ragazzina senza niente di
speciale con la
passione per il disegno, a parte fondamentale prima della Guerra
Mortale e poi
della Guerra Oscura. Che cambiamento. E ora era un membro del
Consiglio, scelta
dal Conclave di New York per rappresentarlo. Doveva ringraziare il suo
talento
con le rune, naturalmente: non contava nemmeno più le volte
in cui, durante le
sedute del Consiglio, le era apparsa in mente una runa per risolvere la
disputa
di cui stavano parlando. La vita era più semplice per gli
Shadowhunter adesso e
quasi quasi ci si aspettava che Clary inventasse una nuova runa ogni
volta che
c'era un problema. Inoltre stavano catalogando le nuove rune in un
libro, in
modo da poterle insegnare con più facilità: si,
la vita era decisamente più
facile per un Nephilim, ora. Forse fin troppo facile.
"Oggi eri distratta, Clary." La voce di
Simon la
riportò al presente. "Va tutto bene?"
Bene? No, non c'era niente che andasse
bene. Niente sarebbe
mai più andato bene.
Clary chiuse gli occhi, desiderando con
tutto il cuore di
poter parlare con Simon, di potergli dire tutto, ma sapeva che non
avrebbe mai
potuto. Prima che potesse rispondergli, la porta della palestra si
aprì e le
parole le si strozzarono in gola quando Jace entrò. Non era
cambiato molto, era
sempre bellissimo, forse addirittura più di prima ora che
era più un uomo che
un ragazzo. Emanava un'aura inconfondibile, una sensazione di potenza,
di
sicurezza e di forza, ma i suoi occhi erano vuoti e circondati da ombre
scure
che raccontavano di innumerevoli notti insonni a rigirarsi nel letto.
Gli
stessi occhi di Clary.
Simon guardò con ansia la sua parabatai ma lei era già
scattata in piedi e guardava ovunque
tranne che verso l'uomo biondo che si stava avvicinando lentamente.
"Ci vediamo domani, Si." Disse, la voce
estremamente controllata. "Devo andare a Idris questo pomeriggio, per
una
seduta del Consiglio. Sarò di ritorno questa sera."
Simon annuì e lei si
incamminò verso la porta, deglutendo e
tenendo lo sguardo fisso a terra.
"Jace." Lo salutò freddamente,
oltrepassandolo
senza sollevare gli occhi.
"Clary." Lui rispose allo stesso modo, lo
sguardo
fisso sulla parte opposta della stanza.
Raggiungendo la porta, Clary lo
sentì apostrofare Simon con
voce metallica: "In piedi, Lovelace. E' ora di allenarsi."
Chiuse la porta sul sospiro rassegnato di
Simon e corse via.
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Capitolo 2 *** Che sta succedendo? ***
"Simon
sei sicuro che sia il momento giusto?"
Chiese Isabelle, toccandosi nervosa i capelli.
Erano
seduti sulle scale interne di un condominio
assolutamente mondano, a qualche metro di distanza dalla porta
dell'appartamento di Clary. Isabelle non aveva mai veramente approvato
il fatto
che lei avesse lasciato l'Istituto ma aveva immaginato che dopo tutto
quello
che era successo con Jace, le servisse un po' di
tranquillità e che stargli
lontano per qualche tempo fosse la cosa migliore. Clary non era ancora
tornata
a casa, e anche se le scale erano lungo il corridoio e i due
Shadowhunter non
riuscivano a vedere la sua porta, se Clary fosse salita con
l'ascensore, l'avrebbero
sentita.
"Dovremo
farlo prima o poi. Non è che possiamo
nascondere la cosa ancora per molto." Simon prese fra le sue la mano
della
sua ragazza e la strinse gentilmente. "Dobbiamo dirglielo e dobbiamo
dirlo
anche a Jace."
"E'
solo che..." Isabelle si morse il labbro inferiore,
un segno di incertezza estremamente inconsueto da parte sua. "Sai, per
come sono messe le cose fra di loro... e con Will..."
Improvvisamente
le si riempirono gli occhi di lacrime ma
lei si affrettò a inghiottirle indietro.
"Ehi,"
Simon le accarezzò lentamente la
guancia. "Non c'è niente di male a piangere, sai."
"Tu non
piangi mai." Lo accusò lei.
"Clary
piange abbastanza per entrambi."
Sussurrò lui, la gola chiusa da un groppo famigliare.
"Ho dovuto imparare a essere forte per lei. Ne
ha
bisogno."
Isabelle
sospirò e gli appoggiò la testa sulla spalla.
"Lo so. Mi spiace. Con
Jace è diverso, a
lui non piace piangere. Forse con Alec, ma con me mai. Si sfoga facendo
qualcosa di fisico, non conto più le volte che si
è allenato fin quasi a
svenire da quando... è successo."
Rimasero
in silenzio per un po', traendo conforto l'uno
dall'altra, mentre Isabelle tracciava cerchi sottili sul dorso della
mano di
Simon.
"Pensi che
guariranno mai?" Chiese poi. "Che
torneranno mai
insieme? Non hanno ancora rimosso le rune del matrimonio, forse
c'è
speranza."
Simon
sospirò, baciandole la fronte. "Non lo so,
Izzy. La malattia di Will è stata devastante per loro.
Vedere il loro piccolo
soffrire in quel modo... la sua morte li ha feriti in una maniera che
non
riesco nemmeno a immaginare. Clary mi diceva spesso che non riusciva
nemmeno a
guardare Jace perchè le ricordava troppo William. E poi lo
sai che al momento
stanno frequentando altre persone."
"Che
stupidaggine," sbuffò lei. "Sappiamo
entrambi che quelle fate sono solo dei rimpiazzi. E' successo troppo in
fretta.
Voglio dire, sono passati solo sei mesi da quando..." Isabelle si
fermò.
Proprio non riusciva a dire quelle parole, come se non pronunciarle
potesse in
qualche modo negare la morte di suo nipote.
"Forse.
Sembra che Clary e Jiliel la stiano
prendendo con calma, ma Alec mi ha detto che Jace e Kaelie fanno sul
serio.
Jace sta pensando di lasciare l'Istituto e andare a vivere con lei."
"Lui COSA?"
Isabelle guardò Simon incredula, gli occhi pieni di rabbia.
"E perchè non
ne sapevo niente? Jace non ne ha fatto parola! E' un'idiozia! E' una
cosa da
pazzi! E'..:"
L'ascensore
scelse quel momento per aprire la porta,
scricchiolando ferocemente e zittendo la tirata di Isabelle.
"...perlopiù
sui vampiri. In ogni caso, il mio
rapporto per la Regina della Corte Seelie sull'incontro di oggi del
Consiglio,
sarà pronto per stanotte." Era
la voce di Clary.
Isabelle e Simon si
immobilizzarono per lo shock. Cosa diavolo stava succedendo?
***
Le
fate erano esseri bellissimi, era impossibile negarlo,
e Jiliel Whitewillow non faceva eccezione. Alto, biondo, con gli occhi
azzurri
come quelli di sua sorella Kaelie, aveva una figura elegante e
lineamenti
delicati. Nonostante il suo aspetto quasi femminile, era tonico e
muscoloso e
Clary sapeva che era un ottimo guerriero, abile quanto lei con la spada.
Se
solo un viso angelico fosse sempre accompagnato da
un'anima altrettanto meravigliosa... perchè Jiliel di sicuro
non ne aveva una.
Intelligente e astuto, come tutte le fate, aveva anche il vantaggio di
avere
sangue umano nelle vene, cosa gli permetteva di mentire a
volontà e con gran
piacere. Clary lo sapeva naturalmente, Jiliel non ne aveva mai fatto
mistero,
anzi in realtà si divertiva a tormentarla sottolineando che
ogni volta che
parlavano lui poteva dirle la verità, ma poteva anche
mentirle, se ne aveva un
beneficio.
"Sarà
meglio che lo sia," Jiliel stava dicendo
in quel momento, riferendosi al rapporto di Clary, "sai che non le
piace
aspettare."
"Ho
mai deluso le aspettative?" Replicò Clary
con un sorriso amaro, avvicinandosi al suo appartamento. Era stata una
lunga
giornata; prima l'allenamento e Jace. Soffriva ancora nel vederlo, era
una pena
che non diminuiva mai d'intensità. Poi l'incontro del
Consiglio nel pomeriggio
e ora doveva anche vedersela con il suo "ragazzo".
La
fata la afferrò per un braccio all'improvviso,
tirandola contro di lui. Nel giro di un attimo, Clary era nel cerchio
delle sue
braccia e due delle sue lunghe dita delicate le avevano afferrato il
mento,
sollevandole lo sguardo verso di lui.
"E
continuerai a non farlo, dolcezza. Sei stata
un'ottima fonte di informazioni negli ultimi mesi e se sai cosa
è meglio per
te, andrai avanti così."
"Lasciami,"
sibilò lei, spingendolo via.
"Anche se siamo invisibili siamo sempre in un condominio mondano."
Aprì
la porta del suo appartamento e gettò le chiavi sul
tavolo in ingresso lasciando la porta aperta, ben sapendo che cercare
di
chiudere Jiliel fuori era inutile. La fata entrò come se
quella fosse casa sua,
le labbra sollevate in un sogghigno.
"Ma
certo, capisco. E' molto meglio riservare il
nostro lato più romantico all'interno della casa, dove
nessuno può sentirti
urlare." Le fece l'occhiolino, chiudendo la porta e sedendosi sul
divano.
"Ma prima raccontami della seduta del Consiglio. Sai che mi piace
tenermi
aggiornato."
"Non
c'è molto da dire," replicò lei scrollando
le spalle. "Abbiamo parlato principalmente degli attacchi dei vampiri
di
Londra, come ti dicevo in ascensore. Hanno cominciato a dare problemi
ai
licantropi, c'è stata qualche uccisione e il Conclave di
Londra sta cercando di
far rispettare la Legge. Stanno ancora cercando di capire se si tratta
di
qualche vampiro ribelle o se è un intero clan che si sta
rivoltando contro il
Conclave. I licantropi per ora non reagiscono e stanno lasciando che i
Cacciatori facciano il loro lavoro ma non sappiamo per quanto tempo
resisteranno prima di attaccare i vampiri a loro volta. Nel giro di
breve tempo
potremmo avere una guerra su larga scala fra i Nascosti e il Consiglio
è
preoccupato che il Mondo Invisibile venga esposto ai Mondani."
"Interessante."
Commentò Jiliel, incrociando le
gambe rilassato. "E cosa mi dici del compito che ti ha affidato la
Regina?
Come procede?"
Clary
lo guardò, gli occhi socchiusi e pieni di disgusto.
"Mi state chiedendo qualcosa che potrebbe necessitare di anni per
realizzarsi. Le fate si sono schierate dalla parte sbagliata nella
Guerra
Oscura e ora ne stanno pagando il prezzo. Non posso spingere troppo
tutto in
una volta per far rientrare la tua razza nell'Alleanza, sarebbe
sospetto. Per
ora sii grato che sono riuscita a far tornare Helen Blackthorn a Los
Angeles,
interrompendo il suo esilio. Mi ci sono voluti tre mesi di chiacchiere
continue, non è stato facile."
"Ma,
vedi..." Jiliel si alzò, avvicinandosi a
lei. I suoi movimenti erano fluidi e aggraziati, come quelli di una
pantera che
striscia verso la sua preda. "Alla Regina non interessa quanto sia
difficile. Vogliamo tornare a far parte dell'Alleanza, vogliamo che il
Conclave
si fidi di nuovo di noi, che abbassi la guardia, che ci permetta di
girare
armati. E tu, Clary," l'afferrò all'improvviso, girandola e
gettandola
piegata sul tavolo della cucina, con un braccio torto dietro la
schiena,
"tu sei la prescelta per questo compito. Lo porterai a termine, anche
se
dovesse volerci il resto della tua vita.
Siamo un popolo paziente, possiamo aspettare.
Ma succederà, tesoro. Ci
penserai tu."
"Levati di
dosso." Clary sibilò cercando di alzarsi. Jiliel
accentuò la
presa sul suo braccio chinandosi in avanti per baciarle lentamente il
collo
esposto. "Levati di dosso immediatamente!"
"Oh,
piccola, non fare la difficile. Come se fosse
la prima volta che lo facciamo. Fattelo piacere cara, perchè
non ti libererai
di me fino al giorno della tua morte. Sai che non puoi ribellarti,
vero? Se ti
fa sentire meno in colpa, puoi sempre immaginare Jace a letto con mia
sorella. Magari
sta succedendo proprio in questo momento."
"Lasciami
andare, razza di bastardo!" Clary
tentò di nuovo di lottare, il cuore che le mancava un
battito per le sue parole
crudeli. Lo odiava. Lo odiava così tanto...
Jiliel
sogghignò e la mano libera le afferrò la coscia,
scivolando lentamente verso l'alto, ma la fata si fermò
imprecando nel sentire
il campanello dell'appartamento.
Clary
trattenne il respiro per la sorpresa, ma si riprese
immediatamente, affrettandosi a chiedere chi fosse alla porta prima che
Jiliel
potesse impedirglielo, cercando di tenere sotto controllo la voce. Vi prego, vi prego, un vicino, una consegna,
qualunque cosa!
"Clary, siamo
noi!" L'allegra voce di Isabelle filtrò attraverso la porta.
"Possiamo
entrare?"
Jiliel
la lasciò andare tirandola in piedi, un luccichio
pericoloso negli occhi. "Apri la porta cara," le sussurrò
nell'orecchio, "e non preoccuparti per questa piccola interruzione...
ti
punirò più tardi."
Lei
non rispose, non disse niente. Sapeva di non poter
fare nulla. Sei mesi prima lo avrebbe ucciso per aver osato toccarla ma
ora era
intrappolata e non c'era nessuna via d'uscita. Jiliel aveva ragione,
sarebbe
stata sua prigioniera fino alla fine. L'unica sua speranza era che il
suo
ultimo giorno non fosse molto lontano perchè questa non era
vita: questo era
l'Inferno.
Passo
dopo passo Clary andò alla porta, raddrizzando la
schiena e forzando le labbra in un sorriso finto.
Sorridi, Clary. Sorridi per loro.
Sorridi e tienili al sicuro. Sorridi.
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Capitolo 3 *** Bugie e ancora bugie ***
Non
ci volle molto
perchè una vita di addestramento prendesse il sopravvento su
Isabelle. La
Shadowhunter scattò in piedi non appena la porta di Clary si
chiuse e lei si
avvicinò con in mano lo stilo, segnalando a Simon di
rimanere in silenzio. Il
ragazzo la guardò, la domanda palese negli occhi scuri, ma
riconobbe
immediatamente quello che stava facendo. Aveva già visto
molti anni prima il
quadrato che Isabelle stava tracciando sulla porta di Clary: era stata
forse la
prima "magia" a cui aveva assistito, Jace che lo disegnava sul retro
di un paravento di palissandro così che potessero ascoltare
mentre i lacchè di
Valentine interrogavano Luke.
"Non
può essere,
non è possibile. Non Clary." Isabelle impallidiva di
più per ogni secondo
che ascoltavano Clary e Jiliel, ma quando la fata attaccò la
loro amica,
dovette impedire a Simon di precipitarsi nell'appartamento. Simon
tremava, era
furioso e incredulo, ma Isabelle sapeva che non era il caso di
lasciarlo
andare.
"Simon,
Simon, fermati." Insistette,
premendogli
una mano sulla spalla. "Se si accorgono che li stavamo ascoltando, ci
attaccheranno."
Lui
si girò di scatto,
gli occhi fiammeggianti. "Clary non ci farebbe mai del male!"
"Forse
non
volontariamente. Ma l'hai sentita, sta giocando alla spia al momento. E
sembra
che ci sia costretta o userebbe quella fata come sacco da boxe fino a
domani.
Non possiamo rischiare."
Lo
lasciò andare prima
di cancellare il quadrato dalla porta e poi si raddrizzò.
"Ok, ora sorridi
Simon. Sorridi fino a quando ti farà male la mascella e poi continua a sorridere."
Suonò
il campanello.
Temeva
che Jiliel
tentasse di impedire a Clary di rispondere e quando sentì la
sua voce sospirò
di sollievo. Ora tutto stava a fingere che fossero appena arrivati e
non
avessero assistito a un tentativo di stupro; poteva solo sperare che
Simon si
sarebbe rivelato un buon attore.
"Ehi,
Clary!"
Sorrise quando la porta si aprì. "Eravamo nei paraggi e
abbiamo pensato...
oh, ciao Jiliel!" Aggiunse, come se si fosse appena accorta di lui. La
fata
li salutò con un sorriso amichevole sulle labbra e Isabelle
si immaginò
istantaneamente nell'atto di strangolarlo lentamente con la sua frusta.
L'idea
rese la sua presenza lievemente più sopportabile.
Simon
sorrideva accanto
a lei con le mani nelle tasche e Isabelle sospettava che le tenesse
nascoste
perchè erano chiuse a pugno in quel momento.
"So
che è stata una
lunga giornata, fra il Consiglio e tutto il resto, quindi ho pensato
che magari
ti sarebbe piaciuto mangiare fuori? Andiamo da Taki?" Simon le fece
l'occhiolino.
Ok, forse era un attore migliore di quanto Isabelle avesse immaginato.
"Perchè
no!"
Clary sorrise afferrando il cappotto e ringraziando il cielo che
qualcuno fosse
venuto a salvarla. Forse avevano solo rimandato il tutto, ma perlomeno
ciò che
Jiliel voleva farle non stava succedendo in quel momento.
"Jiliel,
ti
dispiace se ti rubiamo Clary stanotte? Sono stufo di stare a sentire le
continue lamentele di Isabelle sul non aver più avuto una
serata per sole donne
da una vita." Simon roteò gli occhi con fare seccato proprio
mentre
Isabelle gli tirava un pugno sulla spalla.
"Ehi,
io non mi
lamento!"
"Oh
si che lo fai.
E sei molto rumorosa." Lo Shadowhunter sghignazzò.
Se
Simon non avesse
saputo dove guardare, non se ne sarebbe accorto: quel sottile
assottigliarsi
delle labbra che dimostrava come la fata fosse chiaramente furiosa.
Tuttavia
l'unico sentimento che affiorò nei suoi occhi fu la gelosia
quando rispose.
"Non so se sono a mio agio con l'idea che Clary sia all'Istituto
insieme a
Jace. So che è stupido, ma non voglio la mia stupenda
ragazza troppo vicino a
lui. Dite pure che sono pazzo d'amore e di gelosia." Strizzò
l'occhio a
Clary e lei rispose con una risatina.
Dio,
che commedia,
pensò Isabelle. Quattro
persone che danzano le une attorno alle altre, dicendosi bugie su bugie
e
cercando di superare l'avversario.
"Non
è a casa
stanotte," rispose. "E' fuori con Alec, a caccia."
Beccati
questo, fatina. Non esiste che ti lasci far del male a
Clary stanotte. O mai più se avrò voce in
capitolo.
"Vuoi
andare,
tesoro?" Chiese lui, l'implicazione molto chiara: stava sfidando Clary
a
scontentarlo.
"Oh,
andiamo,
Clary!" Isabelle sfoderò il suo sorriso più
supplichevole. "Come ai
vecchi tempi! Ci guardiamo un film, parliamo tutta la notte e ti posso
raccontare tutta una serie di cose imbarazzanti su Simon!"
Clary
soppesò
velocemente le sue opzioni: doveva agire in maniera naturale, ma allo
stesso
tempo sapeva che l'avrebbe pagata cara al suo ritorno. "Non so, sono un
po' stanca. E' stata una lunga giornata."
"Jiliel,"
Isabelle si girò verso la fata, "dì alla tua
ragazza che è tutto a posto o
la prossima volta invece di lamentarmi con Simon verrò
direttamente da te!"
E
di nuovo
quell'assottigliarsi delle labbra. Ma questa volta Simon sapeva che la
fata non
aveva scelta; la richiesta di Isabelle era perfettamente ragionevole e
non
c'era un buon motivo per rifiutarla.
Come
si aspettava,
Jiliel si mise a ridere, divertito. "Beh d'accordo, vai pure Clary. Il
cielo mi salvi dall'ira di Isabelle! Ci vediamo domani."
La
raggiunse e le diede
un bacio veloce prima di salutare tutti e andarsene, lasciandoli da
soli.
***
Clary
era rilassata per
la prima volta da mesi. La cena era stata piacevole, chiacchiere senza
fine su
niente di importante ma la cosa migliore era sapere di non dover
tornare da
Jiliel. Sapeva che c'era qualcosa che non andava però:
Isabelle e Simon non
erano mai "nei paraggi", se volevano vederla, normalmente le
telefonavano prima.
"Allora,
che
succede con Simon?" Chiese, una volta tornate all'Istituto. Erano nella
stanza di Isabelle da sole perchè non appena erano
rientrati, Isabelle aveva
mandato Simon a passare la notte da Magnus.
"Cosa
vuoi
dire?" Chiese Izzy, sfilandosi l'abito per cambiarsi in qualcosa di
più
comodo.
"Beh,
lo hai
letteralmente sbattuto fuori dall'Istituto, dicendogli di passare la
notte
altrove. Perchè? Non poteva dormire nella sua stanza come al
solito?"
"E
venire a
rovinare la mia notte per sole donne?" Isabelle rise. "Sai
com'è
fatto, non avrebbe mai resistito alla tentazione di passare la notte
con te
parlando di Guerre Stellari o roba simile. Sei tutta mia ora." Sorrise
allegra.
"Oh,
potente
Shadowhunter, sono terrorizzata." Clary rise, sedendosi sul letto.
"Dovresti."
"Comunque,
è strano
che siate passati da casa mia. Non vivo così vicina
all'Istituto e venite
raramente fin là." Clary accavallò le gambe e
guardò l'amica. "Allora,
che succede? Sputa il rospo, Iz."
Isabelle
esitò; era il
momento perfetto per darle la notizia che lei e Simon avevano nascosto
fino a
quel momento, ma sapeva che non era possibile. Se l'avesse fatto, Clary
le
avrebbe chiesto perchè non gliel'avevano detto a cena,
quando erano tutti
insieme e Isabelle non poteva esattamente dirle che il loro umore era
stato
completamente rovinato dalla scena a cui avevano assistito.
"Non
c'è nessun
rospo da sputare." Scrollò le spalle. "Abbiamo semplicemente
pensato
che ti avrebbe fatto piacere uscire. E siccome sono molto
più persuasiva di
persona che al telefono e volevo passare del tempo con te, siamo
passati direttamente."
Clary
sorrise anche se
sapeva che Isabelle stava mentendo. Dopo sette anni passati insieme,
erano
vicine come sorelle e lei conosceva ogni sua espressione, ogni
movimento della
ragazza dai capelli scuri. Il suo intero corpo stava gridando che c'era
qualcosa che non andava, che il motivo per cui i suoi amici erano
passati da
casa sua era qualcosa che Isabelle non aveva intenzione di dirle.
"Izzy,
guardami." Le chiese seriamente, smettendo di fingere di crederle.
Perchè
le stava mentendo? Non poteva aver niente a che fare con la Regina
della Corte
Seelie, giusto? "Mi stai
facendo preoccupare. Va
tutto bene? Tu e Simon state bene? Dimmi che succede, ti prego."
"Va
tutto bene,
Clary." Isabelle sospirò, sapendo che Clary non avrebbe
lasciato cadere il
discorso fino a quando non avesse ottenuto qualcosa.
Pensò velocemente a qualche scusa e alla fine decise per una
mezza verità: era
sempre la bugia migliore. "Volevamo dirti qualcosa, si, ma io non ero
sicura
che fosse la cosa migliore. A cena, Simon ha aspettato che rompessi io
il
ghiaccio e visto che non l'ho fatto, non l'ha fatto nemmeno lui. Vuole
che io
sia a mio agio nel parlarti di questa cosa."
"Wow,
sembra una
cosa seria." Clary sollevò le sopracciglia. "E immagino che
tu non ti
senta ancora abbastanza a tuo agio?"
"Non
proprio." Ammise Isabelle,
sinceramente. Anche
se Simon l'aveva convinta che era tempo di dirlo a Clary e Jace, lei
non era
sicura. Clary le prese una mano fra le sue e sorrise gentilmente.
Voleva
rassicurare Isabelle, dirle che poteva raccontarle qualunque cosa, che
ci
sarebbe sempre stata per lei, ma non poteva. Come poteva incoraggiare
qualcuno
a rivelare i suoi segreti se lei era la prima ad averne? Non poteva
essere così
ipocrita.
"Sarò
qui quando lo
sarai. Aspetterò che tu sia pronta." Le disse, stringendole
la mano.
Izzy
sorrise, anche se
dentro stava soffrendo. Avrebbe voluto dire a Clary il vero motivo per
cui non
le raccontava niente, avrebbe voluto abbracciarla e supplicarla di
dirle la
verità: cosa stava succedendo? Perchè stava
tradendo il Conclave? Doveva
scoprire qualcosa, qualunque cosa che le desse un indizio sul
perchè Clary
fosse in guai così grossi, prima che la situazione
diventasse troppo seria. Il Conclave
non aveva pietà per i traditori. Che lei fosse o no
un'eroina di guerra, le
avrebbero tolto i Marchi se l'avessero scoperta.
"Allora,"
le
disse, sedendosi comodamente sul letto con Clary, "parliamo di te e
Jiliel
invece che di me e Simon."
Clary
si irrigidì
leggermente e anche se cercò di mascherarlo, Isabelle se ne
accorse lo stesso.
"Cosa vuoi sapere?"
"Beh
mi piacerebbe
saperne di più su di lui." Izzy si stese su un fianco,
guardandola.
"Non ne parli mai, non so nemmeno come vi siete conosciuti! Tutto
quello
che so è che qualche mese fa hai fatto esplodere la bomba
che lo frequentavi e
non hai detto altro. E' interessante in realtà, è
l'uomo del mistero."
"Oh.
Beh, immagino
che tu abbia ragione. Non ne ho mai parlato molto." Clary
cercò di
rilassarsi, pensando alla storiella che si era inventata nel corso dei
mesi.
"L'ho incontrato da Taki, il che non è certo una sorpresa
considerando che
sua sorella lavora lì."
Cercò
di sorridere ma
pensare a Kaelie la fece pensare a Jace automaticamente.
Ricacciò indietro le
lacrime che cominciavano a pungerle gli occhi e fece un respiro
profondo. Dannazione Clary, da quando sei
così
piagnucolona? Riprenditi, non puoi piangere ogni volta che pensi a Jace.
"E'
stato affascinante
e dolce, mi ha offerto una cioccolata calda dicendo che gli sembrava
che ne
avessi bisogno. Ed è partito tutto da lì."
Isabelle
non disse
niente, guardando Clary con un'espressione neutra e Clary
sospirò, mordendosi
il labbro inferiore. "Senti Izzy,è per questo che non parlo
mai di lui.
Per me è difficile, ma so che lo è anche per te,
dopotutto ero sposata con tuo
fratello ed è normale che..."
"Tu
lo ami?"
Isabelle la interruppe, gli occhi scuri fissi in quelli verdi di Clary.
Non
riusciva più a sopportare tutte quelle bugie. Non voleva
chiedere niente altro
perchè era chiaro che Clary si era studiata bene la parte e
lei non aveva
bisogno di sentirla. Doveva però sapere fino a che punto
Clary era disposta a
spingersi, quanta della sua anima aveva venduto al nemico.
"No."
Clary
rispose dopo un lungo silenzio. "Non lo amo. Non credo di riuscire
più ad
amare, Izzy. Quella parte del mio cuore mi è stata strappata
per sempre e non
la riavrò mai più indietro." Fece un respiro
profondo e poi espirò
lentamente. Non era riuscita a mentire ancora. Sapeva che avrebbe
dovuto
rispondere che si, amava Jiliel, che voleva un futuro con lui, ma non
ce
l'aveva fatta. La Regina della Corte Seelie le aveva tolto tutto il
resto, ma non
sarebbe riuscita anche a corrompere i suoi veri sentimenti.
"Quella
parte del
tuo cuore appartiene a Jace, vero?" Replicò Isabelle
lentamente. Era
sollevata che Clary non le avesse mentito, ma non era sufficiente. Ora
voleva
la verità, tutta la verità possibile. La
verità su Jace.
Clary
sorrise
tristemente, permettendosi, solo per questa volta, di rinunciare ad
ogni
finzione. Non c'era pericolo nel farlo, non comprometteva la sua
missione. Niente
avrebbe potuto.
"Jace e io
non possiamo più stare
insieme. Quel
futuro ci è stato
portato via insieme a nostro figlio."
"Ma
tu lo ami
ancora. Perchè fai questo a te stessa, Clary?
Perchè fai questo a lui?"
"Perchè
è così che
dev'essere. E' l'unico modo."
"Non
capisco."
Izzy cercò di insistere, realizzando che stava per arrivare
a qualcosa. Che tutta
quella follia riguardasse Jace? La Regina lo stava minacciando?
"Perchè
dev'essere così? Che cosa ti
impedisce di tornare con lui?"
"William."
Sussurrò Clary, così a bassa voce che Isabelle
quasi non la sentì. Era vero
allora? Clary non riusciva a tornare con Jace perchè la
morte del loro bambino
si frapponeva fra di loro? Forse Jace non era il motivo per cui lei
spiava per
conto delle fate. O forse
Clary le stava mentendo ancora.
"Ma
tu lo ami."
Ripetè. Per qualche motivo aveva bisogno che Clary lo
ammettesse, che le
mostrasse che c'era ancora speranza.
Di
nuovo, Clary sorrise,
un sorriso così triste che le fece venire le lacrime agli
occhi. Isabelle non
aveva mai visto un sorriso così disperato, così
vuoto, privo di vita, senza
speranza.
"Si,"
Clary
esalò, improvvisamente persa nel ricordo di una notte alla
Città di Vetro,
molti anni prima, quando Jace le aveva confessato il suo amore per la
prima
volta. "E' impossibile fingere. Io lo amo e lo amerò fino
alla morte e, se
c'è una vita dopo la morte, lo amerò anche
allora."
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Capitolo 4 *** Scoperte ***
Nota dell'autrice: Per chi legge (e siete un po', nonostante le 0 recensioni finora), da ora in poi dovrei riuscire ad aggiornare lunedi, mercoledi e venerdi. Voglio finire prima che esca Lady Midnight!
Perchè
non vai da Magnus
stanotte? Puoi provare l'ebbrezza di una notte per soli uomini,
spettegolare
sui Nascosti e guardare qualche poliziesco. E se Alec si lamenta quando
torna,
digli che non ti volevo intorno stasera e intrattienilo con dell'altro
gossip.
Sono sicura che gli piacerà.
Isabelle
e Simon avevano uno strano modo di comunicare a volte,
messaggi criptici che nessuno avrebbe capito, talvolta nemmeno loro
stessi. Ma
quando lei l'aveva mandato via quella sera, Simon sapeva esattamente
cosa
voleva.
Bussando
alla porta di Magnus, Simon ripensò a tutto quello che
aveva sentito quella sera, cercando di non dimenticare nulla: Isabelle
voleva
che parlasse con Magnus e Alec, che spiegasse loro cosa era accaduto.
Nonostante
fosse il compagno di Alec, Magnus era ancora il Sommo Stregone di
Brooklyn e
probabilmente aveva accesso a più informazioni dei
Cacciatori a proposito dei
Nascosti; forse aveva sentito qualcosa su quello che stava combinando
il
Piccolo Popolo.
La
porta si aprì e gli occhi felini di Magnus si spalancarono
sorpresi. "Seamus?
A cosa devo l'onore?"
Simon
roteò gli occhi, guardando lo stregone. Indossava pantaloni
comodi e una maglietta rossa e aveva una tazza di spaghetti cinesi in
mano; a
giudicare dal rumore della TV in sottofondo era chiaro che Magnus stava
cenando.
"Di
nuovo con la storia del nome Magnus? Non ti stanchi
mai?"
"E'
il mio piacere colpevole." Lo stregone ammiccò e si
spostò in modo da far entrare Simon in casa. Lo Shadowhunter
varcò la soglia,
pensando a com'erano cambiate le cose nel corso degli anni.
L'appartamento di
Magnus era molto diverso ora, dalla prima volta in cui ci era entrato:
era più
colorato, i muri pieni di disegni infantili incorniciati e appesi,
disegni che
ritraevano spiagge, soli e Magnus e Alec per mano con un bambino dalla
pelle
blu.
"Ah
giusto." Simon borbottò, ricordando improvvisamente
perchè la casa fosse così silenziosa. "Max
è partito ieri con Catarina,
vero?"
Il
silenzio non era l'unico indizio sull'assenza di Max Lightwood,
il piccolo stregone che Alec e Magnus avevano adottato anni prima:
l'appartamento
era in ordine e non c'erano giochi sparsi ovunque mentre quando Max era
a casa,
il pavimento era un campo minato.
"Si,
starà via per una settimana. Catarina impazzirà,
ma è
stata una sua idea dopotutto." Sorrise, ma i suoi occhi raccontavano
qualcosa di diverso. Nonostante si fidasse profondamente della strega,
a Magnus
mancava suo figlio ed era preoccupato. "In ogni caso, ha chiamato
un'ora
fa e Max era tutto eccitato all'idea di essere a Disneyworld.
Dovrà trascinarlo
via urlante quando sarà ora di andare!"
Simon
scoppiò a ridere, pensando con affetto al piccolo stregone e
alla nota che gli avevano trovato addosso quando era stato abbandonato.
"Chi potrebbe mai amarlo?"
Diceva. Beh, qualcuno poteva: i suoi genitori, i suoi nonni, i suoi
amici... era
circondato dall'amore, la più pura, luminosa forma d'affetto
e lo sarebbe
sempre stato.
"Comunque,"
Magnus disse, mescolando i suoi spaghetti,
"Alec non è a casa stasera. E' fuori con Jace."
"Lo so." Simon si girò verso di lui, passandosi una mano fra
i
capelli. "Sono venuto a parlare con te prima."
"Senza la
dolce Isabelle?"
Magnus si diresse verso il divano spegnendo la TV. "Se
sei in cerca di consigli su come sfuggire al tuo prossimo
matrimonio, hai bussato alla porta sbagliata. Non metterò i
bastoni fra le
ruote a Isabelle Lightwood aiutando il suo fidanzato a scappare."
Simon
arrossì, a disagio. "Non ho
intenzione di scappare! Ricorda
che sono stato io a
chiederglielo, non il contrario. E ricorda che Jace e Clary ancora non
lo
sanno, quindi acqua in bocca."
"A
volte mi chiedo quando deciderete di dirglielo. State
aspettando che la tua adorabile promessa sposa appaia con l'abito
dorato da
matrimonio?"
"Non
è così facile." Simon si sedette accavallando le
gambe. "Izzy non è a suo agio con l'idea di dirglielo per
ora. Ha paura di
ferirli, che un matrimonio adesso che loro stanno così male
non farebbe altro
che aumentare la loro sofferenza."
"O
magari Clary sarebbe semplicemente felice che il suo parabatai
abbia finalmente conquistato
la sua bella e Jace che qualcuno sia disposto a sopportare sua
sorella." Magnus
commentò mangiando i suoi
spaghetti, scuotendo la testa. "Comunque, che vuoi Simon? Stavo
guardando
la TV."
Simon
inspirò profondamente. "E'
successo qualcosa stanotte. Io
ancora non riesco a
crederci, ma Isabelle vuole che lo racconti a te e a Alec. Forse fra
tutti e
due riuscirete a capirci qualcosa perchè io non ci riesco."
Mentre
parlava, Magnus rimase in silenzio, limitandosi ad
ascoltare e quando lo Shadowhunter concluse, lo stregone
accavallò le gambe e
si strofinò il mento. "Riassumendo: una delle nostre eroine
di guerra,
praticamente la Shadowhunter più importante che esista al
momento, sta facendo
la spia per il Popolo Fatato, il quale sta probabilmente complottando
una
rivolta contro il Conclave per averlo punito dopo la guerra.
Interessante."
"E
immagino che fra i Nascosti non si sia sentito niente di
tutto questo, vero?"
"Ne
dubito fortemente." Magnus si appoggiò allo
schienale del divano. "Le fate sono un popolo riservato. Se si stanno
preparando
per una guerra è improbabile che vadano in giro a
raccontarlo, senza contare il
fatto che è stato loro proibito di portare armi quando
è stato firmato il
trattato di pace. Ovviamente
stanno facendo tutto in segreto."
"Il
trattato di pace." Simon
sospirò. "E'
stato un grave errore, vero? Io non
c'ero, ma da quello che ho sentito tutto quello che hanno fatto
è stato schiacciare
il Popolo Fatato e fargliela pagare."
"Nessuno
mi ha ascoltato quando ho detto loro che una cosa
del genere avrebbe portato solo altro dolore. I Nephilim non sono mai
stati
famosi per la loro clemenza, soprattutto nei riguardi dei Nascosti."
"Pensi
di poter ottenere qualche informazione?" Simon
chiese dopo un attimo di silenzio.
"Posso
provarci, ma avere uno Shadowhunter come compagno mi
ha tagliato un po' fuori dai pettegolezzi. Hanno tutti paura che corra
da lui a
raccontargli qualunque cosa."
"Dannazione."
Simon sospirò, sprofondando la testa fra
le mani. "Non capisco perchè Clary. Perchè
scegliere lei e perchè lei non
si ribella. Non ha senso!"
"La
risposta è molto semplice." Magnus
guardò lo Shadowhunter.
"Devono avere qualcosa per ricattarla. Qualcosa
che lei
vuole. O forse, e più probabilmente, stanno minacciando
qualcuno che lei
ama."
Simon
annuì. "E' quello che penso
anche io. Clary
sta tradendo il Conclave, le
toglieranno i Marchi se lo scoprono. Non può essere la sua
famiglia perchè
Jocelyn e Luke sono a Idris e non credo che possano essere minacciati
lì, ci
sono troppi Nephilim. Quindi questo significa... che stanno minacciando
noi."
"Quindi
qualcuno di noi, o magari tutti quanti, ha sulla
testa una condanna a morte da parte della Regina della Corte Seelie.
Fantastico." Magnus scosse la testa. "Improvvisamente sono felice che
Max non sia qui anche se voglio sperare che non si azzarderebbero a
toccarlo.
Deve esserci qualcosa di più però. Intendo, se
abbiamo ragione, stanno
minacciando quattro Cacciatori e il Sommo Stregone di Brooklyn. Devono
avere un
piano a prova di bomba per spaventare Clary al punto da farla spiare
per
loro."
"A
dir la verità," Simon esitò, realizzando
improvvisamente
una cosa, "forse è più semplice di quando sembri.
Jiliel è il contatto di
Clary. E Kaelie è la sorella di Jiliel."
"E
Kaelie al momento sta uscendo con Jace." Lo stregone
completò il pensiero.
"Punta
tutto a Jace, giusto? Quale modo migliore di minacciare
Clary? Ha senso anche con la tempistica: Clary ha rotto con lui quasi
sei mesi
fa, poco dopo la morte di Will. E Jiliel ha detto che lei è
la loro
informatrice da qualche mese. Deve aver lasciato Jace per tenerlo
lontano da
lei, così che non scoprisse cosa stava facendo."
"E
poi Kaelie è apparsa per prendersi cura del suo cuore
infranto. E per pugnalarlo, se Clary dovesse ribellarsi." Magnus stava
scuotendo la testa però. "Non ha comunque senso. Prima di
tutto non
potevano essere sicuri che Jace iniziasse a frequentarla. E secondo,
stiamo
parlando di Jace Herondale. Pensi
davvero che una fata come Kaelie Whitewillow possa mai trovarsi nella
posizione
di fargli del male? Anche se cercasse di ucciderlo nel sonno? O che una
fata
qualunque potrebbe riuscirci? Jace è il miglior Cacciatore
mai esistito, non è
di certo un bambino che..."
Mentre
Magnus continuava a parlare, Simon smise di ascoltare, la
sua mente concentrata su un pensiero che continuava a eluderlo. Di cosa
si
trattava? Sapeva che era importante, se lo sentiva. Ce l'aveva sulla
punta
della lingua eppure non riusciva a focalizzarlo. Si
concentrò sul momento in
cui aveva sentito quell'improvvisa lampadina accendersi nel suo
cervello e
cercò di ricreare quel processo mentale: Magnus aveva detto
che era improbabile
che qualcuno minacciasse Jace perchè Jace...
"Oh
mio Dio, Magnus..." Simon lo interruppe impallidendo
improvvisamente, come se stesse per sentirsi male. Un bambino, aveva
detto Magnus.
Jace non era un bambino. Ma qualcun altro lo era. Qualcun altro era
stato un
bambino.
Lo
stregone lo guardò inarcando le sopracciglia. "Beh ti
ringrazio ma non sono un dio veramente..."
"Will. E'
cominciato tutto con William!" Simon era quasi frenetico ora. "Non
abbiamo mai scoperto che cosa lo affliggesse. Abbiamo provato di tutto,
tu hai
provato con la magia, abbiamo chiamato i Fratelli Silenti, Alec ha
perfino chiesto
a Lily e Maya e nè i vampiri, nè i licantropi
sono riusciti a fare qualcosa.
Non abbiamo mai trovato una cura per la sua malattia."
Magnus
impallidì a sua volta, alzandosi in piedi di scatto.
"Pensi che siano state le fate? Che in qualche modo loro..." Non
aggiunse altro, girandosi e lanciandosi verso la sua biblioteca. "Aiutami.
Quali erano i
sintomi?"
"Febbre.
Convulsioni. Vomito.
Clary ha detto che è diventato sempre più debole
fino a
quando una convulsione non gli ha fermato il cuore." Simon
cercò di
parlare in maniera spassionata ma all'ultimo momento gli si ruppe la
voce, come
se fosse sul punto di piangere.
Magnus
gli lanciò un'occhiata comprensiva, continuando a guardare
i suoi libri. "Eccolo," disse, tirandone fuori uno. "Non ho mai
pensato al Popolo Fatato, non ho mai pensato che... William non aveva
nemmeno
due anni!" Girava una pagina dietro l'altra, gli occhi che saettavano
sulle parole. Poi si fermò e quando sollevò lo
sguardo sembrava essere pronto a
star male insieme a Simon.
"Veleno. Si
è trattato di veleno." Sussurrò, porgendo il
libro allo
Shadowhunter.
"Kohl,"
lesse Simon, guardando la foto di una foglia
piccola e marrone. "Rara pianta che cresce solo nel regno fatato. Viene
usata per la preparazione del veleno Kohl. Il veleno deve essere
iniettato
sotto la pelle per avere effetto e tipicamente viene inoculato tramite
una
cerbottana. I sintomi si manifestano tre giorni dopo l'infezione e
sono: febbre
alta, vomito, convulsioni. Le convulsioni sono lo stadio finale e
aumentano in
durata e comparsa fino a quando il cuore smette di battere. L'unico
antidoto
consiste nella stessa pianta, bollita e filtrata e somministrata sotto
forma di
infuso. L'antidoto ha un effetto temporaneo e deve essere bevuto tutti
i giorni
per avere effetto. Nonostante questo non sia permanente, l'antidoto
offre
sollievo immediato dai sintomi, permettendo alla persona avvelenata di
riprendere le forze. A oggi non si conosce nessun antidoto definitivo."
Sulla
stanza scese il silenzio finchè Simon sussurrò,
le mani
tremanti e a malapena capaci di reggere il libro. "Hanno ucciso un
bambino. Hanno ucciso un bambino innocente e indifeso."
"E
poi hanno minacciato Clary di fare lo stesso con Jace. O
con tutti noi, per quel che ne sappiamo."
"Clary
ha lasciato Jace per proteggerlo." Realizzò
Simon. "Se lui avesse mai scoperto il motivo della morte di Will,
avrebbe
cominciato una guerra, rendendo la missione della sua vita uccidere la
Regina
della Corte Seelie. Ed è per questo che ha lasciato
l'Istituto, non voleva che
noi sapessimo che la stavano ricattando per costringerla a spiare per
l'assassina di suo figlio. Oh Dio, la mia Clary... dobbiamo dirlo a
Jace,
dobbiamo porre fine a tutto questo."
"Questa
è una cattiva idea." Magnus si sedette
lentamente. "Jace impazzirebbe, come hai detto. Non solo suo figlio
è
morto, ma sua moglie viene ricattata e, da quanto mi hai raccontato,
violentata
regolarmente da un fatato. Dobbiamo saperne di più prima di
dirglielo. Dobbiamo
scoprire i piani del Popolo Fatato, e come fermarli senza farci
uccidere. Se
stanno usando questo tipo di veleno, possono colpire ovunque, in
qualunque
momento uno di noi sia all'aperto, e non possiamo prevenirlo in alcun
modo.
L'unico luogo dove forse potremmo essere al sicuro è Idris,
al momento. Ed è
esattamente dove dirò a Catarina di portare mio figlio.
Immediatamente. Se le
fate hanno colpito Will, vuol dire che non si fermeranno veramente
davanti a
nulla."
Prese
il telefono continuando però ad ascoltare Simon.
"E
se raccontassimo la verità sulla morte di Will al
Conclave? Era solo un bambino, ma era un Cacciatore ed è
stato assassinato dal
Popolo Fatato." Simon camminava avanti e indietro, aprendo e chiudendo
i
pugni. Era furioso.
"E'
stato ucciso per
mezzo di un veleno delle fate." Magnus lo corresse. "Non
possiamo
provare che siano stati i fatati a usarlo, potrebbero averlo venduto a
qualcuno. Non possiamo accusarli senza accusare Clary di conseguenza,
perchè è
il suo coinvolgimento che porterebbe alla luce la verità. Ma
lei
morirebbe."
"Dannazione!"
Gridò Simon,
frustrato.
"Deve
esserci qualcosa che possiamo fare! Non posso lasciare
che quello sporco... sudicio... non posso permettere che continui a
farle del
male!"
"Dille del
matrimonio." Suggerì
lo stregone. "Diglielo
e poi falle chiedere aiuto da
Isabelle, che le faccia pensare che ha bisogno di lei giorno e notte
per
preparare tutto. In questo modo forse possiamo limitare il tempo che
passa con
Jiliel, ma per lo spionaggio per ora non possiamo fare niente."
"Mi
andrà bene tenerla lontano da quel fatato per ora. Non
sopporto l'idea che la tocchi ancora. Lo ucciderò, lo giuro."
"Prendi il numeretto." Magnus rispose, scuro in volto. "Troverai
la coda."
***
Faceva
freddo quella notte, ma era dicembre quindi c'era da
aspettarselo. La runa per scaldarsi arrivava solo fino a un certo punto
ma
mentre correva Jace si accorgeva a malapena dell'aria frizzante. La
spada
angelica splendeva nelle sue mani e la stregaluce di Alec illuminava la
via,
permettendo loro di seguire la scia di icore che stava lasciando il
demone
mutaforma che aveva appena svoltato l'angolo. La freccia di Alec gli
spuntava
ancora dalla gamba, rallentandolo al punto che Jace lo raggiunse
facilmente,
tagliandogli la gola con un gesto secco. Un secondo dopo nella stradina
buia non
erano rimasti altro che i due giovani, del demone non c'era
più traccia.
"Perlomeno
non siamo rimasti fuori per niente stanotte."
Commentò Jace. "Fa dannatamente freddo e abbiamo girato per
ore per
trovare quel bastardo."
"Stai
diventando una nonnina, Jace?" Alec sghignazzò, le
sue mani ancora strette sull'arco. "Vuoi la
borsa dell'acqua calda? O
preferisci qualche coccola?"
Ah
si, il nuovo Alec,
pensò Jace, guardando il suo parabatai
e sorridendo. Stare con Magnus così a lungo aveva portato
alla luce una parte
di Alec che in pochi avevano mai visto, il suo lato allegro,
giocherellone.
Alec scherzava ora, rideva, sorrideva... e l'ombra di quegli anni
passati a negarsi
la felicità che meritava e a credere di essere innamorato di
Jace, ora erano
nel passato. E poi c'era Max: essere genitore aveva cambiato suo
fratello e per
il meglio.
"Sapevo
che avresti ceduto prima o poi. Chi può resistere a
tutto questo, dopotutto?" Jace
rise,
indicandosi. "Scappiamo insieme per vivere il nostro amore proibito in
un
luogo dove nessuno potrà mai trovarci!"
"Sarà
meglio che nessuno ci trovi perchè Magnus ti
trasformerebbe in un attaccapanni per il resto della tua vita!"
"E
Kaelie ti farebbe a brandelli con i denti."
Il
sorriso di Alec svanì nel sentire menzionare la fata e lui
guardò Jace, improvvisamente serio.
"Oh
no, non di nuovo quella faccia." Si lamentò Jace,
sollevando gli occhi al cielo. "Non avremo questa conversazione,
Alec."
"Si
invece. Me ne devi una dopo quella volta ad Alicante, a
proposito di Magnus, ricordi?" Alec si allineò di fianco a
Jace, i due
invisibili Shadowhunter che scivolavano con grazia per la strada.
"Beh
non ne ho bisogno. Sto benissimo."
"Ti prego."
Alec sbuffò. "Puoi
imbrogliare Isabelle ma non me. Ti conosco meglio di
quanto ti conosca tu stesso a volte."
"Non
è una di quelle volte, pare." La voce di Jace si
stava raffreddando, ma Alec non aveva intenzione di mollare.
"Tu non la ami. Posso capire che sia una sorta di distrazione, dopo
tutto
quello che è successo, ma perchè stai pensando di
trasferirti da lei?"
"Cosa
ti fa credere che non la ami? E' una brava
ragazza."
Alec
gli lanciò un'occhiata che la diceva lunga e Jace
alzò di
nuovo gli occhi al cielo. "D'accordo, va bene, forse non la amo. Ma ho
comunque bisogno di stare con lei." Fece una pausa mordendosi il
labbro,
come se avesse appena detto qualcosa che non aveva avuto intenzione di
lasciarsi scappare. "E comunque, cosa dovrei fare? Ciondolare per il
resto
della mia vita?"
"Sai
cosa dovresti fare, Jace." La voce di Alec era
ferma, ma i suoi occhi erano gentili mentre guardavano il fratello.
Il
viso di Jace si fece di pietra. "Non posso.
E niente cambierà questa
realtà."
"Sai,
parlare con te e Clary è terribilmente
frustrante." Alec alzò le braccia al cielo. "Siete entrambi
decisi a
soffrire per sempre."
"Lascia stare Clary." Jace afferrò il suo parabatai
per il braccio, uno sguardo pericoloso negli occhi.
"Ne ha passate abbastanza e questi non sono affari vostri, quindi
lasciatela in pace. E anche me."
"Jace..."
"Vado a
casa.
Ciao Alec."
Si
allontanò il più velocemente possibile, con un
sapore amaro in
bocca. Si, Alec aveva ragione, sapeva cosa doveva fare agli occhi dei
suoi
amici. E c'erano poche cose che volesse di più di riavere
indietro Clary. Ma
non poteva, non in questa vita. Erano entrambi condannati a soffrire, a
essere
puniti per aver anche solo cercato di essere felici. Era
così che sarebbe
andata e nessuno poteva farci niente.
L'Istituto
era pieno di ricordi, pensò entrando. Non biasimava
Clary per essersene andata e anche se le ragioni per cui lui stava
considerando
di lasciarlo erano diverse da quelle di lei, poteva ammettere che i
ricordi ne costituivano
una grossa parte. Ogni angolo, ogni corridoio gli faceva tornare in
mente una
vita che non gli apparteneva più. Nel suo cuore erano incisi
ogni bacio, ogni
risata. E William. I suoi primi passi, i suoi sorrisi, i suoi giochi
sparsi
dappertutto.
Jace
respinse l'improvviso groppo in gola e si diresse verso la
sua stanza ma accanto alla camera di Isabelle si fermò,
sentendo un suono che
pensava non avrebbe mai più udito: la voce di Clary, la sua
risata. Era lì
dentro con Izzy.
Il
suo cuore mancò un battito e lui smise di muoversi come
fosse
rimasto incollato al pavimento: cosa ci faceva lì? A
quell'ora? Perchè era
lì?
Mentre le
risate continuavano, si
appiattì
lungo il muro. Per
l'Angelo, quanto gli era
mancato quel suono. Quanto gli mancava lei.
Chiuse gli occhi, fingendo di essere in un altro luogo, in un altro
tempo e
lasciò che la risata di Clary lo guidasse in un ricordo
felice: improvvisamente
fu proiettato all'ultima estate che avevano passato tutti insieme. Era
di nuovo
al parco, con la risata di William nelle orecchie mentre lui correva
sull'erba
sulle sue gambette, inseguendo Clary che stava fingendo di scappare da
lui. Il piccolo
era poi sollevato in aria fra le sue braccia mentre giocavano
all'aeroplano.
William rideva ancora aprendo le braccia nel vento, i riccioli biondi
intorno
al viso.
"Izzy,
è ora di dormire, sai?" La voce di Clary
interruppe la sua fantasia e Jace si asciugò in fretta la
lacrima che gli
scorreva lungo la guancia. "La mia
vecchia stanza singola è
ancora disponibile?"
Il
cuore di Jace mancò un altro battito e lui si
incamminò velocemente
verso la sua camera, attento a non farsi sentire. Clary
avrebbe dormito lì,
nell'Istituto.
Non sarebbe andata a casa. Sarebbe stata lì, a solo qualche
porta di distanza.
Così vicina. Così
dannatamente vicina.
Si
chiuse in camera e si appoggiò alla porta, le mani chiuse a
pugno lungo i fianchi. Sentì la porta di Izzy aprirsi e
chiudersi e poi i passi
leggeri di Clary che si avvicinavano. Il battito del suo cuore
accelerò fino al
punto che pensò gli sarebbe esploso fuori dal petto e lui si
morse le labbra
fino a farle quasi sanguinare.
Non posso.
Non posso. Non
posso. Non posso.
Continuò
a ripetersi quelle parole ancora e ancora, ma quando
Clary passò la sua porta per dirigersi verso la sua stanza,
la sua mente si
svuotò e il puro istinto prese il sopravvento.
Aprì la porta di scatto, afferrò
Clary per il braccio e la tirò dentro. Prima che lei potesse
dire una sola
parola, chiuse la porta con un calcio, ce la gettò contro e
la baciò,
afferrandole le mani e bloccandogliele sopra la testa. Il suo corpo la
schiacciò contro il battente, tenendola ferma, mentre le sue
labbra le
reclamavano la bocca con disperazione, brama, desiderio. Clary
reagì
immediatamente, prima riempiendolo di calci, poi cercando di liberarsi
della
sua stretta, ma quando sentì la lingua di lui sfiorarle le
labbra, tutta la sua
determinazione svanì all'improvviso e lei si
ritrovò a rispondere al bacio con
lo stesso fervore.
Jace
le lasciò le mani e scese sul suo collo quasi divorandola,
avvolgendo le braccia intorno alla vita di lei e schiacciandola contro
di lui a
tal punto che le sembrò di essere sul punto di fondersi con
lui.
"Jace.. Jace
ti prego..." sussurrò cercando di fermarlo,
inconsapevole che le sue mani erano ora aggrappate alle spalle di lui e
che lo
stavano avvicinando a lei quanto più possibile.
"Mi manchi.
Mi
manchi così tanto." Gemette lui fra i baci, le mani che
scivolavano sotto la maglietta, toccandole la pelle nuda della schiena.
Lei
rabbrividì e un gemito le sfuggì dalle labbra ma
quando la maglietta cadde a
terra e Jace le appoggiò le mani sul seno, le immagini di
Jiliel che la
spogliava, che le faceva del male, che la costringeva, presero il
sopravvento e
lei spinse via Jace con una negazione strozzata, le lacrime che le
pungevano
gli occhi.
Jace
la guardò sorpreso ma quando vide la sua faccia, lo stupore
cedette presto il posto alla preoccupazione.
"Clary?"
Chiamò incerto.
"Non
possiamo..." sussurrò lei, recuperando la maglietta
e rimettendosela addosso, cercando di riprendere fiato. "Mi dispiace,
mi
manchi da morire, ma non possiamo."
Lui
non disse niente per qualche momento poi le accarezzò i
capelli, piegandosi in modo da appoggiare la fronte alla sua. "Mi sento
morire Clary. Non so quanto ancora potrò andare avanti a
vivere così."
"Dobbiamo
farlo. Non
abbiamo scelta." Lei aveva gli occhi chiusi, le lacrime che
scendevano silenziose.
Jace
sospirò, cercando di calmare il battito furioso del suo
cuore
e poi la abbracciò con forza, seppellendo la faccia fra i
riccioli rossi.
"Dimmi che mi ami, Clary. Dimmi che tutto questo ti sta uccidendo
quanto
sta uccidendo me. Ho bisogno di sentirti dire che mi ami."
"Ti
amo più di quando si possa immaginare,"
singhiozzò
lei fra le sue braccia, "non passa giorno senza che non ti pensi, senza
che non ti desideri. Mi manchi così tanto Jace, mi manca
tutto così
tanto."
"Allora
resta con me stanotte." Sussurrò lui fra i suoi
capelli. "Non lo saprà nessuno. Jiliel non lo
saprà, Kaelie non lo saprà,
pensano tutti che sia fuori con Alec stanotte. Rimani Clary, ho bisogno
di
te."
Lei
scosse la testa, ancora in preda ai singhiozzi. "Non
possiamo Jace. Io non
posso."
Lui
la strinse più forte ma Clary si districò dalle
sue braccia e si
girò, le mani chiuse a pugno.
"Clary..."
"No , non
capisci." Tremava ora.
"Lo
voglio, Dio sa che lo voglio... ma non riesco."
Qualcosa,
nella quieta disperazione della sua voce gli fece
aggrottare la fronte e poi i suoi occhi si spalancarono. Jace la fece
voltare
verso di lui, le mani sulle spalle.
"Ti
ha fatto del male." Disse, la voce ferma ma bassa.
"Ti ha fatto del male, vero?"
Quando
lei non rispose, lui la attirò di nuovo nel suo abbraccio,
stringendola disperato. "Per
l'Angelo Clary, perchè non me
l'hai detto? Da quanto
tempo?"
"Fin
dall'inizio." Rispose lei, sussurrando così piano
che lui quasi non riuscì a sentirla.
"Lo ucciderò," giurò, "fosse l'ultima cosa che
faccio, lo
ucciderò."
Lei
scosse la testa, nuove lacrime che le scivolavano lungo le
guance. "Jace non puoi, sai che non puoi."
"Ma non posso lasciare che quel verme ti tocchi ancora, Clary..."
"Si,
puoi."
Lei sollevò lo sguardo e gli prese il viso fra le mani,
guardandolo negli
occhi. "Devi. Esattamente come io devo sopportare l'idea di te e Kaelie
insieme, così devi fare tu. Sono forte, posso sopportarlo.
Per tutto il tempo
che sarà necessario."
Lui
non disse niente per un lungo momento, come se stesse cercando
le parole giuste, ma poi l'abbracciò di nuovo, bisognoso di
sentirla contro di
lui. "Troverò
un modo. Ci sto lavorando. Te
lo prometto, Clary,
troverò un modo di uscire da questo incubo."
"Tienimi
stretta," gli disse lei a bassa voce,
"tienimi stretta, Jace. Tienimi vicina. Non credo di poter affrontare
domani se non mi abbracci ora. Ti prego."
E
lui lo fece. Lo fece tutta la notte, tenendosela vicino,
accarezzandole i capelli, ascoltandola respirare insieme a lui. Nessuno
dei due
dormì quella notte. Domani l'incubo sarebbe iniziato di
nuovo, più terribile
che mai, ma stanotte ognuno di loro aveva l'altro. Anche se solo per
qualche
ora rubata.
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Capitolo 5 *** L'ora più agognata ***
Alec
si chiuse silenziosamente la porta alle spalle, togliendosi
la sciarpa e appendendola all'attaccapanni. Era triste e non sapeva
cosa fare:
era ovvio che Jace stava soffrendo e l'impossibilità di
aiutare il suo fratello
e parabatai gli spezzava il cuore.
Forse
era solo troppo presto, ragionò. Poteva capire che, con la
morte di Will così recente, Jace e Clary avessero bisogno di
tempo per superare
il dolore, ma non avrebbero dovuto farlo insieme? Non erano forse
più forti
insieme che separati? Sapeva che se qualcosa di così
terribile fosse successo a
Max, lui avrebbe avuto bisogno di Magnus giorno e notte
perchè lui era la sua
forza e il suo coraggio. Non sarebbe mai stato in grado di affrontare
un trauma
simile da solo. Eppure Jace e Clary sembravano determinati a rimanere
separati,
anche se era ovvio a chiunque avesse occhi per vedere che erano ancora
innamorati l'uno dell'altra. Di tutte le coppie che conosceva, loro
erano una
delle poche che Alec era sicuro sarebbero rimaste insieme per tutta la
vita.
Era solo una pausa temporanea, si disse, avevano solo bisogno di tempo.
Lo
Shadowhunter entrò in soggiorno ma si fermò sulla
porta. Magnus
era seduto sul divano ma pareva che avessero anche un ospite: Simon, il
quale
era seduto sul pavimento, la schiena appoggiata al muro. Aveva un libro
aperto
accanto alla gamba e quando sia lui sia Magnus si girarono a guardarlo,
pallidi
e seri, il suo cuore accelerò i battiti.
"Che
succede?" Chiese, temendo la risposta. Era successo
qualcosa a Max? Ma avrebbe dovuto essere al sicuro con Catarina!
"Problemi."
Fu tutto quello che Magnus rispose,
dicendogli con gli occhi di sedersi.
"Max
sta bene? E Izzy?" Chiese ancora Alec, non vedendo
altra ragione per la presenza di Simon.
Simon
scosse la testa con un pallido sorriso. "Stanno bene.
E' Izzy che mi ha mandato qui a parlare con te e con Magnus."
"Parlarci di cosa? Che succede?"
Qualunque
cosa fosse, non potevano essere buone notizie e a
giudicare dall'aspetto del suo compagno, che di solito era calmo e
compassato,
si trattata di sicuro di qualcosa di orrendo: l'ultima volta che Magnus
era
stato così pallido, stava morendo a Edom.
"Abbiamo
scoperto perchè Clary ha rotto con Jace e non è
il
motivo che ha raccontato a tutti." Disse Magnus, senza inflessioni
nella
voce; era come se la sua mente fosse altrove e la sua bocca parlasse
con il
pilota automatico.
"Cosa vuoi dire?" Chiese Alec, sedendosi lentamente su una delle
sedie del salotto. Aveva la sensazione che ne avrebbe avuto bisogno.
"Io
e Izzy l'abbiamo sentita parlare con Jiliel
stasera." Rispose Simon. "Non è il suo ragazzo, è
il suo contatto con
la Corte Seelie. Clary sta spiando per loro. La Regina della Corte
Seelie la
sta ricattando, minacciando di uccidere Jace, o forse tutti quanti noi.
Con
questo." Gli gettò il libro e Alec lo prese, aprendolo alla
pagina che
Simon stava guardando. Nel leggere la descrizione del veleno
cominciò a
sentirsi male, il ventre attorcigliato in una morsa dolorosa.
"Come..."
cominciò a chiedere prima di capire. La verità
lo colpì come un pugno nello stomaco. Guardò i
due uomini, gli occhi spalancati
e il libro gli sfuggì dalle mani.
"Non
può essere." Sussurrò. "Vi prego, ditemi che
non è quello che sto pensando. Ditemi che non hanno fatto
una cosa
simile."
Magnus
lo guardò annuendo appena e Alec sprofondò la
testa fra le
mani, chiudendo gli occhi. "Bastardi. Come hanno potuto... ha sofferto
così tanto, il dolore era così lacerante..."
Sollevò la testa
improvvisamente. "Jace lo sa? Sa cosa è successo? E cosa
vuol dire che
Clary sta spiando per le fate? E, per l'Angelo, dobbiamo portare Max in
un
posto sicuro..."
"Max
sta bene, ho già parlato con Catarina." Magnus si
strinse il naso fra le dita."Lo porterà ad Alicante e lo
terrà nascosto là
per un po'. Sa che non deve dire a nessuno dove sono."
Simon
sospirò, appoggiandosi di nuovo al muro. "E pensiamo
che Jace non ne sappia niente o sarebbe preda di una furia omicida. Lo
conosci.
Sapere che suo figlio è morto in quel modo lo farebbe
impazzire."
"Per
quanto riguarda Clary," aggiunse Magnus, "sta
passando alla Regina della Corte Seelie le informazioni che riceve agli
incontri del Consiglio. Non sappiamo da quanto tempo, ma è
logico presupporre
che vada avanti dalla morte di Will."
Alec
si passò una mano fra i capelli cercando di concentrarsi,
anche se continuava a vedere immagini del pallido visino di William nei
suoi
ultimi giorni. Il suo povero nipotino, assassinato a sangue freddo da
quei
traditori. Se Jace avesse deciso di ucciderli tutti, Alec sarebbe stato
proprio
lì al suo fianco.
"Quindi le fate stanno
progettando di infrangere il trattato e dichiarare guerra al Conclave.
E se
cerchiamo di avvertirli, Clary verrà esposta e uccisa."
"Si."
Annuì Magnus.
Cadde
il silenzio sulla stanza per qualche minuto, fino a quando
Alec sollevò nuovamente gli occhi. "Dobbiamo dirlo a Jace."
"Alec..."
Simon lo guardò allarmato.
"No,
non capite." Alec li fissò entrambi. "Dobbiamo.
Lo conosco e se mai scoprisse
che gli abbiamo tenuto nascosta una cosa del genere, è
finita. E Clary... deve
essere informato. Deve sapere cosa sta passando."
"Alec
sei sicuro che sia una buona idea?" Magnus
sembrava preoccupato. "Jace potrebbe fare qualcosa di affrettato se gli
diciamo tutto."
Lo
Shadowhunter dagli occhi azzurri si alzò e
cominciò a girare in
circolo. "Saremo con lui, lo costringeremo a pensare. Jace ha una mente
tattica, riusciremo a fare in modo che la usi. E poi troveremo un modo
di
uscire da questo disastro e farla pagare alla Regina per quello che ha
fatto a
William. Izzy lo sa?"
"Non
di Will." Rispose Simon. "Io e Magnus lo
abbiamo capito solo quando sono venuto qui."
"D'accordo.
Allora lo faremo come prima cosa domani mattina.
Prima è, meglio è."
Annuirono
tutti, anche se Simon non sembrava convinto, ma Alec
sapeva che era la cosa migliore. Jace doveva essere informato e doveva
saperlo
immediatamente. Non c'era solo Clary in ballo, anche lui era in
pericolo,
dopotutto stava uscendo con Kaelie che era la sorella di Jiliel e...
Alec
si fermò, inalando bruscamente mentre diversi pezzi del
puzzle andavano al loro posto. "Lo sa." Espirò con calma.
"Jace
sa già tutto."
"Cosa?"
Esclamarono insieme Magnus e Simon.
"Pensateci."
Alec parlava lentamente ora, come se stesse
cercando di seguire i suoi pensieri e ricavarne un senso. "Esce con
Kaelie
che, guarda caso, è la sorella di Jiliel. E ha cominciato a
frequentarla più o
meno quando Clary ci ha detto di aver cominciato a vedere Jiliel."
Simon
sollevò un sopracciglio. "E' una strana coincidenza,
ma..."
"Non
ha mai cercato
di riprendersi Clary. Mai. Questo non è affatto da Jace, mi
aspettavo che
facesse una mossa verso di lei prima o poi, ma non l'ha mai fatto."
Alec
scosse la testa. "So che l'ama ancora, non riesce a nasconderlo. E
tuttavia
lascia che lei stia con Jiliel. Mi ha sempre detto che voleva
rispettare la
decisione di Clary ma ora penso che sapesse che lei non aveva scelta.
Jace è un
tipo geloso, non lascerebbe mai che un altro uomo tocchi sua moglie. E
non
hanno mai rimosso le rune del matrimonio! Sa tutto. Deve essere
così."
"Allora
perchè non fa niente?" Si chiese Simon.
"Sta
facendo qualcosa." Rispose Magnus, cominciando a
capire. "Esce con Kaelie. Clary è il contatto delle fate e
Jace sta
cercando di fare di Kaelie il suo informatore. Ecco perchè
sta pensando di
trasferirsi da lei: vuole farla innamorare in modo che lei lo aiuti a
rovinare
i piani della Regina e a salvare Clary."
"Come
ho detto, Jace ha una mente tattica. Pensa in maniera
strategica." Alec annuì, quasi sorridendo ora. "Ha un piano
e lo sta
mettendo in pratica."
"Perchè
non ce l'ha detto allora?" Simon si alzò dal
pavimento e stavolta sembrava furioso. "Avremmo potuto aiutarlo e
magari
sarei riuscito prima a separare Clary da quel mostro stupratore."
Alec
si girò di scatto verso di lui. "Jiliel le sta facendo
del male?"
Simon
annuì. "Io e Izzy siamo arrivati all'appartamento di
Clary proprio nel momento in cui stava per violentarla. E da quanto
abbiamo
sentito, l'ha già fatto prima."
"Quel
bastardo!"
Gridò Alec, il corpo che tremava dalla rabbia. "Lo
ucciderò così tanto che
ritornerà dai morti solo
per morire di nuovo!"
"Te
l'ho detto che avresti dovuto prendere il numeretto,
Seamus." Magnus disse sottovoce.
***
"Il
sole sta sorgendo." Disse piano Clary, ancora fra le
braccia di Jace. Aveva gli occhi chiusi, ma poteva sentire l'alba
nell'aria.
"Dovrei andare prima che si svegli Izzy."
"Rimani
ancora qualche minuto." Le sussurrò lui fra i
capelli. "E' ancora buio fuori. E dovremo andare comunque fra poco."
Lei
annuì, accarezzandogli il braccio. "Sei pronto per
oggi?"
Non
era necessario ricordargli quale giorno fosse, sapeva che era
scolpito nel cuore di Jace tanto quando era scolpito nel suo. Una volta
al
mese. Solo una volta al mese. E solo per un'ora. Era l'ora che
più desideravano
e allo stesso tempo quella che più temevano.
"No."
La sua voce si spezzò ma la stretta su di lei si
rafforzò. "Non sono mai pronto. Ogni volta non fa che
uccidermi di
più."
"E
tuttavia non riesci a tirarti indietro. Lo so. Non
ci riesco nemmeno io. Mi
uccide, ma voglio andare lo stesso. Ne ho bisogno."
"Ci siamo
quasi, Clary. Te lo giuro. Kaelie
comincia ad ammorbidirsi e se riesco a trasferirmi da lei
avrò più tempo per convincerla. Fidati di me."
Lei
smise di accarezzarlo e sospirò. "Non voglio sapere
niente Jace. Non voglio immaginarti con lei, non fa altro che spezzarmi
di più
il cuore."
Lui
le appoggiò gentilmente la mano sul viso, facendole
sollevare
gli occhi. "Ancora
non l'ho fatto, Clary. Non ho ancora dormito con lei."
"Non
ancora." Ripetè lei e Jace annuì, il dolore
chiaro
nei suoi occhi.
"Si.
Sai che lo farò se ci sarò costretto, se
penserò che
possa aiutarci. Non mi fermerò davanti a niente per avere
successo. Anche se
significa corrompere la mia anima oltre ogni redenzione. Ma Clary," le
dita sulla sua guancia premettero leggermente, gli occhi di lui fissi
nei suoi.
"Ogni volta che sono con lei, ogni parola che le dico, qualunque
cosa...
non è per lei. Sono
con te. E'
a te che sto parlando. Ci sei tu nella mia anima, sei tu quella
che amo. Sempre. E immaginarti davanti a me è l'unico modo
in cui riesco a
stare con lei."
Clary
cercò di sorridere ma fallì, così
chiuse semplicemente gli
occhi e gli sfiorò le labbra con il fantasma di un bacio.
Lui respirò sulle sue
labbra, muovendosi contro la sua bocca dolce e lento, tenendola stretta.
"Verrà
lei con noi, oggi." Jace sussurrò di nuovo.
"Potrebbe essere un bene che ci veda in quella situazione. Che veda me
così."
"Speriamo
che abbia un cuore allora. A differenza della sua
Regina." Clary sussurrò a sua volta. E poi nessuno dei due
parlò più.
Lasciarono
l'Istituto presto quella mattina, il sole era appena
sorto, ma sapevano che avevano una lunga strada da percorrere:
camminare fino
al parco invece di guidare o prendere la metropolitana era parte di una
specie
di rito privato. Avevano entrambi bisogno di tempo per prepararsi, per
rafforzare i loro cuori perchè non si spezzassero. Non
parlarono mai, ma ogni
tanto si tennero per mano, per trarre forza l'uno dall'altra. Quando
raggiunsero Central Park inspirarono a fondo prima di dirigersi verso
un
cerchio particolare di alberi.
"Kaelie,"
Jace la chiamò sottovoce. "Siamo arrivati."
La
fata dagli occhi blu comparve dal nulla, sorridendo allo
Shadowhunter e non guardando mai Clary.
"Com'è
andata stanotte?" Chiese, avvicinandosi a Jace.
"Tutto
bene. Un paio di demoni hanno mangiato la
polvere." Jace le rivolse un sogghigno ma poi tornò serio.
"E' ora di
andare?"
"Si."
Annuì lei, guardandoli entrambi ora. Il suo viso
non aveva espressione ma Clary pensò di scorgere un'ombra di
pietà nel suo
sguardo. Senza dire niente, Clary prese la mano di Jace in una delle
sue e
quella di Kaelie nell'altra. La fata chiuse il cerchio afferrando la
mano di
Jace e improvvisamente erano spariti.
Quando
riaprirono gli occhi, erano alla Corte Seelie. Kaelie
cominciò a camminare e loro la seguirono, i loro cuori che
aumentavano i
battiti con ogni passo, speranza e agonia che prendevano il sopravvento
dentro
di loro.
Infine
la fata si fermò e segnalò loro di continuare
fino a
spuntare su una balconata. Sotto di loro c'era una stanza circolare
dipinta in
colori vivaci dove piccole fate alate stavano giocando, ridendo con le
loro
vocine sottili. E là sotto, a correre sulle sue gambette in
mezzo al pavimento
coperto di giocattoli, c'era un bambino che inseguiva le fate.
Gli
occhi di Clary si riempirono di lacrime e lei afferrò la
mano
di Jace cercando di rimanere ferma sulle gambe.
Il
bimbo aveva lunghi, morbidi riccioli biondi e sembrava felice,
ridendo mentre correva.
La
mano di Jace rafforzò la sua stretta e Clary seppe senza
guardare che stava piangendo, come lei.
Guardò
il bambino, mormorando dolcemente un'unica parola, ancora e
ancora, come una preghiera.
William.
William.
William.
|
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Capitolo 6 *** Una punizione peggiore della morte ***
Tornare
all'Istituto dopo aver visto William era sempre molto
difficile per Jace. Nè lui nè Clary avevano il
permesso di toccare il loro
bambino o di parlargli, potevano solo spiarlo, guardarlo giocare,
mangiare,
dormire. E dopo quell'unica ora erano costretti ad andarsene, a tornare
alle
loro vite vuote, con il cuore nuovamente spezzato e destinati a
soffrire da
soli, perchè non potevano parlarne con nessuno. Le loro
famiglie non potevano
sapere e, mentre Clary poteva semplicemente tornare a casa e passare il
resto
della giornata a piangere da sola, Jace era costretto a tornare
all'Istituto e
fingere che fosse tutto a posto. Come in quel momento.
Inspirò
a fondo nell'ascensore e quando ne uscì era preparato a
essere il suo solito se stesso in modo che nessuno sospettasse nulla.
Si
diresse verso la sua stanza per cambiarsi prima di andare in palestra;
aveva
bisogno di allenarsi, di sfogarsi, di perdersi facendo qualcosa di
fisico.
"Jace!"
Una voce dietro di lui lo fermò e Jace aggrottò
le sopracciglia vedendo Isabelle. "Dov'eri? Ti ho chiamato tutta la mattina!"
Ero
a trovare mio figlio,
che è prigioniero alla Corte Seelie. Scusa tanto se ho
dimenticato di portarmi
dietro il telefono, nella mia unica ora al mese di visita.
Jace
soffocò la risposta istintiva e costrinse il viso in
un'espressione neutrale. "Ero fuori e ho lasciato qui il telefono.
Avevi
bisogno di qualcosa?"
"Si."
Annuì lei con forza. "Vieni con me, devo
farti vedere una cosa."
"Non possiamo farlo più tardi? Volevo cambiarmi e andare ad
allenarmi."
"No,
non può aspettare. Vieni, è importante."
Jace
scrollò le spalle e la seguì, cercando di
apprezzare la
distrazione. Non era la stessa cosa di allenarsi, ma forse sarebbe
riuscito comunque
ad alleviare il dolore concentrandosi su qualcos'altro. Si accorse che
si
stavano dirigendo verso la biblioteca e ne fu leggermente sorpreso:
Isabelle
non era mai stata un'amante dei libri, cosa doveva mostrargli proprio
lì?
"Che
succede?" Chiese alla fine, quando vide la piccola
riunione attorno a uno dei tavoli: Alec era presente e anche Magnus e
Simon. Isabelle
chiuse la porta a chiave dietro di
lui e Jace notò che l'espressione della sorella era passata
da amichevole a
seria. Molto
seria. Furiosa perfino.
"Jace,
vieni qui." Alec lo chiamò, facendo un passo
verso di lui.
"Cos'è,
una specie di Intervento? Capisco che sia la moda del
momento, ma non è che ne abbia bisogno." Cominciava a irritarsi.
"Abbiamo
qualcosa di cui parlarti." Gli disse Isabelle,
continuando a rimanere al suo fianco. Lui notò che era
armata, aveva in mano la
sua frusta e sembrava pronta a colpire.
Sollevò
il sopracciglio, guardandosi intorno: Simon e Alec non
sembravano armati, e Magnus era tranquillo come sempre, ma nell'aria
c'era
qualcosa di strano. Qualcosa
non andava. "Pensavo che volessi mostrarmi
qualcosa."
"Si
beh, ho mentito." Rispose lei con calma, mettendogli
una mano sulla schiena e spingendolo leggermente in avanti. "Andiamo."
Lui
si fermò e si allontanò di un passo. "Non credo
di voler
stare a sentire niente di tutto questo."
"E' un peccato, perchè lo farai comunque." Gli disse Simon
con un
tono velenoso che sorprese Jace. Si, c'era decisamente qualcosa che non andava.
"Sei arrabbiato, Lovelace?" Gli
chiese per deriderlo. "Isabelle
ti ha di nuovo battuto in
allenamento?"
"Sei
un idiota, Jace." Ora Simon si stava dirigendo
verso di lui, così furioso da sembrare sul punto di
uccidere. "Quando pensavi di dircelo? Quando
pensavi di dircelo?"
"Dirvi
cosa esattamente?" Chiese lui, mentre il battito
del suo cuore subiva un'impennata. Non poteva essere. Non potevano
averlo
scoperto.
"Clary."
Ringhiò Simon, fermandogli il cuore. "Sappiamo tutto. Sappiamo cosa sta
facendo."
"E
cosa sta facendo?" Chiese lui di nuovo, ritirandosi
dietro mura emotive che aveva già collaudato diverse volte. Doveva fingere. Doveva negare.
"Jace." Alec gli si avvicinò. "Simon
e Izzy l'hanno sentita parlare con Jiliel ieri
sera."
"E io cosa c'entro?"
"Forse questo ti aiuterà a rinfrescarti la memoria." Disse
Magnus,
porgendogli il libro con la descrizione del veleno che aveva portato da
casa
sua. "E giusto perchè tu lo sappia, se cerchi di andartene,
ti trasformerò
in un rospo. Ho sempre voluto farlo prima o poi."
Jace
conosceva quel libro: l'aveva trovato sei mesi prima, nella
sua disperata ricerca di un modo per liberare William e vederlo di
nuovo gli
attorcigliò lo stomaco. Sapevano, sapevano davvero. Avevano
sentito Clary e
chissà come avevano capito tutto.
Quando
non disse nulla, Alec gli mise una mano sulla spalla.
"Jace, noi possiamo aiutarti. Sappiamo che Clary sta spiando per conto
della Regina della Corte Seelie. Sappiamo che lei sta minacciando te o
forse
tutti quanti noi. Sappiamo che stai cercando di fare in modo che Kaelie
ti
aiuti. Parlaci
Jace. Non devi fare tutto da solo."
Il
libro cadde a terra e improvvisamente Jace si sentì mancare
le
forze. Non voleva altro che fidarsi dei suoi fratelli, permettere loro
di
aiutarlo, ma non poteva. "Qualunque cosa pensiate di sapere, non potete
fare niente. Lasciate in pace me e Clary."
"Jace,
dobbiamo porre fine a tutto questo." Isabelle non
si mosse, ma la voce era più gentile ora. "E' pericoloso. Se il Conclave lo
scopre, Clary potrebbe morire."
"Non
lo sapranno, a meno che voi non andiate a
dirglielo." Non riusciva a guardarli, teneva gli occhi fissi a terra.
"Non
possiamo permettere che questa storia vada avanti."
Gli disse Alec a bassa voce. "E' ovvio che le fate si stanno preparando
per la guerra. Dobbiamo avvisare i Nephilim. Sai che siamo
più che pronti ad
affrontare qualunque minaccia alla nostra vita. Will..." gli si ruppe
la
voce per un secondo. "Lui era un bambino. Noi non siamo altrettanto
indifesi, possiamo proteggerci."
Quando
Jace non rispose, Simon gli si mise direttamente davanti.
"Sai almeno cosa sta passando Clary ultimamente?"
"Si, Simon, lo so." Rispose lui,
a denti stretti. Ma
lo sapeva solo dalla notte
precedente e riusciva a comprendere benissimo la rabbia di Simon.
"Davvero? Perchè
non penso che tu lo capisca veramente. Quel bastardo la
violenta. Da mesi. E
dove sei stato tu in tutto questo tempo? Perchè non hai
fatto
niente? Perchè hai lasciato che tua moglie..."
"Non lo sapevo! Me
l'ha detto solo ieri notte, dannazione!" Jace afferrò Simon
per la
maglietta, ringhiandogli in faccia e permettendo alla sua frustrazione
e alla
rabbia di affiorare. "Credi che se l'avessi saputo le avrei permesso di
trasferirsi fuori di qui? Per essere a sua disposizione? E ora Clary
vuole che
non faccia nulla per aiutarla! Non posso fare niente per risparmiarle
questa
tortura!"
"Vai
all'inferno, se non la aiuti tu, ci penserò io! Non
permetterò che la mia parabatai
venga
ricattata e violentata mentre suo marito sta lì a guardare
senza fare
niente!"
"Parlane
con qualcuno, cerca di avvicinarti a Clary o a
Jiliel e ti ucciderò Simon." Jace era pallido come un
fantasma ma la sua
presa su Simon era saldissima.
"Jace
sei impazzito?" Gridò Isabelle, afferrandogli il
braccio e cercando di costringerlo a lasciare il suo fidanzato.
"Perchè dovresti..."
"Perchè
loro hanno mio
figlio!"
Gridò lui prima di riuscire a
trattenersi.
Lo
guardarono tutti con gli occhi spalancati e quando lui comprese
il suo errore, lasciò Simon e si girò di spalle.
"Cosa?"
Sussurrò Alec, facendo un passo verso di lui.
"William
è vivo." Disse loro Jace, la voce priva di
emozioni. Continuare con le menzogne era inutile ormai. "E' vivo ma
è
prigioniero alla Corte Seelie."
Isabelle si sedette, scioccata.
"Ma... il funerale..."
"Ecco
perchè io e Clary abbiamo insistito perchè il
corpo non
fosse cremato. Non c'era nessun corpo. Tutto quello che avete visto,
era una
bara vuota."
***
"Sta
morendo, Jace , lo
stiamo perdendo."
Clary
piangeva, seduta
accanto al bimbo addormentato. William era pallido, la testa riposava
nel
grembo di sua madre, i capelli biondi erano zuppi di sudore. "Non posso
lasciare che accada. Andrò dalla Regina della Corte Seelie e
le chiederò del
messaggio che ci ha mandato."
"Sai che è una trappola." Jace era seduto sul pavimento, la
schiena
appoggiata al lettino di suo figlio, i cerchi neri sotto gli occhi che
attestavano le lunghe notti insonni.
"Che
scelta abbiamo?
Nessuno sa cosa stia uccidendo Will. Non lascerò morire
nostro figlio!"
Non
c'era nulla che Jace
potesse fare per farle cambiare idea, ma nel suo cuore nemmeno voleva
farlo.
Non voleva perdere il suo bambino.
E,
ovviamente, si era
trattato di una trappola. Con la Regina della Corte Seelie, c'era
sempre un
trucco.
"Jonathan
Herondale e
Clarissa Morgenstern." Li aveva salutati lei quando erano stati
scortati
davanti al suo trono.
"Mio figlio. Dimmi
come salvarlo." Clary aveva detto con determinazione.
La
Regina si era limitata a
sorridere, aspettandosi la brusca richiesta. "Non potete salvarlo.
Vostro
figlio non è malato, è stato avvelenato."
C'era
stato un momento di
silenzio assoluto, poi Jace si era precipitato in avanti, pronto a
colpire. La
Regina lo aveva fermato sollevando una mano.
"Colpiscimi
o uccidimi
e non lascerete la Corte con l'antidoto. Non esiste una medicina,
tranne quella
che posso darvi io."
Jace
si era bloccato, la sua
spada angelica già fuori dal fodero. "C'è sempre
un antidoto."
"Cosa vuoi da noi?" Aveva chiesto Clary, i
pugni che tremavano
dalla paura. La
Regina non poteva mentire. Se diceva che non c'era un antidoto,
era tutto perduto.
La
fata li aveva guardati
con odio. "Voi siete il motivo per cui la mia gente è caduta
in disgrazia.
Voi siete coloro che hanno ucciso Sebastian Morgenstern. Avete ucciso
il mio
amante. E ora la pagherete."
"Allora
salva mio
figlio e uccidi me." Le aveva risposto Clary, impavida. "Sono io ad
aver ucciso Sebastian. Sono io quella che deve pagare per la sua morte."
"Non
ho intenzione di
uccidervi, Nephilim." La Regina li aveva guardati e aveva sorriso. "Morire è semplice. Morire
è definitivo. Una volta morti, si è in
pace. No. La vostra punizione sarà peggiore."
"Anche
io posso
minacciarti, mia signora." Aveva risposto Jace, avvicinandosi a lei di
un
passo. "Posso puntarti una spada alla gola prima che uno qualunque dei
tuoi cavalieri riesca ad impedirmelo. E posso ucciderti, se non curi
mio
figlio."
"Allora
uccidimi,
Jonathan Herondale. Uccidimi e insieme a me uccidi tuo figlio
perchè ti giuro
che se io muoio, anche lui morirà. Voglio la mia vendetta e
l'avrò, in un modo
o nell'altro."
L'avrebbe
fatto, si rese
conto Jace impallidendo. Era veramente disposta a morire solo per
saperli preda
per sempre del dolore per la morte di William.
"Vi offro un accordo." Aveva detto la Regina. "Accettatelo
e vostro
figlio vivrà. Rifiutate e lo vedrete agonizzare." Quando non
avevano
risposto, lei aveva continuato. "L'antidoto al veleno Kohl deve essere
assunto giornalmente e per tutta la vita, per tenere a bada il veleno.
Se si
prende l'antidoto, si è perfettamente sani. Se ci si ferma,
si torna malati.
Curerò il bambino se me lo consegnate. Reclamo il nipote di
Sebastian
Morgenstern. Vivrà qui con me da ora in poi. Mi
apparterrà."
"No!" Aveva gridato Jace, sollevando nuovamente
la spada. "Non
ti darò mai mio
figlio!"
"Allora
continuerà a
soffrire fino alla fine." Aveva risposto la Regina." Potete cercare
una cura in tutto il mondo ma non la troverete mai. Gli stregoni non
possono
aiutarvi. I vostri Fratelli Silenti non possono fare niente. Io si. E
non lo
farò, se non mi consegnate il bambino."
"Ma..."
Aveva
cominciato debolmente Clary, ma la Regina l'aveva interrotta.
"Non ho terminato. Pretendo
di tornare nell'Alleanza, pretendo di avere di nuovo un
seggio nel Consiglio. Pretendo che tu interceda per me, Clarissa
Morgenstern.
Sarai i miei occhi e le mie orecchie e farai rapporto su ogni seduta
del
Consiglio e sui tuoi progressi. E mentre lavori per me, comando che tu
e
Jonathan Herondale siate separati."
"Cosa?"
Aveva
sussurrato Jace, impallidendo ancora di più.
"Non
siete più marito e
moglie. Ora appartenete a me e io voglio che soffriate. Non la
stringerai mai
più. Non sarai mai più in grado di amarla o di
proteggerla. Voglio che vi
vediate ogni giorno e che sappiate che non potrete mai più
stare insieme.
Sebastian la voleva ed è morto per questo. Ora, nessuno
potrà mai più averla,
per il resto delle vostre vite."
La
Regina si era alzata in
piedi e li aveva guardati, trionfante. "Queste sono le mie richieste,
Cacciatori. Accoglietele e vostro figlio vivrà, sano, felice
e amato. Rifiutate
e lo vedrete soffrire finchè il veleno non avrà
terminato il suo ciclo."
***
"Ci
diede due dosi dell'antidoto, per provarci che avrebbe
funzionato. Ci disse che Will sarebbe guarito per due giorni, e poi si
sarebbe
ammalato di nuovo. Ci disse che non avevamo molto tempo."
Jace
era seduto ora, gli occhi fissi sul muro della biblioteca. La
sua voce non aveva inflessione mentre raccontava loro quello che era
successo.
"Aveva
ragione naturalmente. Will migliorò per due giorni,
poi peggiorò di nuovo. Cercai ovunque un antidoto ma tutti i
libri continuavano
a dire che il veleno Kohl non poteva essere curato permanentemente e
che la
pianta cresceva solo nel regno fatato. Alla fine non ci rimase altra
scelta se
non cedere alle richieste della Regina. Affiancò Jiliel a
Clary e Kaelie a me,
per assicurarsi che tenessimo fede alla nostra parte del patto:
rimanere
separati. Ci proibì di lasciare New York, disse che voleva
che continuassimo a
vederci, per soffrire di più. Permise a Clary di vivere
fuori dall'Istituto,
così non saremmo stati sotto lo stesso tetto di notte quando
nè Jiliel nè Kaelie
potevano controllarci. Sono stato costretto a vederla ogni giorno, a
fingere
freddezza con tutti voi, a resistere alla tentazione di toccarla, di
stringerla... è stato infernale. E poi la Regina ci ha
permesso di vedere William
una volta al mese, per un'ora. Non saremmo stati in grado di toccarlo,
di
parlare con lui, lui non ci avrebbe nemmeno visto. Ma noi si, e avremmo
saputo
che stava bene. E, naturalmente, lo avremmo visto crescere, sapendo che
non era
più nostro, sapendo di non poterlo mai più
stringere a noi. Questa è la nostra
punizione per aver ucciso Sebastian: avere il cuore lacerato a
metà. Siamo
divisi e nostro figlio ci è stato strappato per sempre. Una
punizione peggiore
della morte."
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Capitolo 7 *** L'amore di un parabatai ***
"Tu,
stupido idiota!" Isabelle si precipitò ad abbracciare Jace,
sedendosi in braccio a lui e stringendogli la testa fra le mani. Aveva
il volto
striato di lacrime e Simon sapeva che più tardi si sarebbe
risentita di aver
pianto. "Perchè non ce l'hai detto? Perchè? Siamo
la tua famiglia, Will è
mio nipote! Avremmo potuto inventarci qualcosa, avremmo..."
Jace
si liberò gentilmente dell'abbraccio di Izzy e si
alzò in piedi,
passandosi una mano fra i capelli. "Non potevate fare niente, Izzy.
Pensi
che non ci abbia provato? Da quando la Regina ha preso mio figlio, ho
cercato
ovunque una cura. Senza l'antidoto non posso riprendermi William, o
morirà. E
avevo paura per Max, non potevo rischiare la sua sicurezza."
"Ma perchè non ce l'hai detto? Perchè comportarti
come se tu e Clary non
vi sopportaste, anche qui all'Istituto?"
"Perchè,"
Jace distolse lo sguardo, "avevamo bisogno che
credeste alla menzogna. Se Kaelie o Jiliel vi avessero mai
interrogato...
dovevate crederci, Iz. Non potevamo rischiare che la Regina sospettasse
che non
stavamo rispettando l'accordo. Ci ha uccisi mentirvi, ma non avevamo
scelta.
Dovevamo proteggere Will e sapevamo che se aveste capito la
verità, vi avremmo
messo in pericolo perchè avreste cercato in ogni modo di
aiutarci."
"D'accordo."
Disse Magnus, che sembrava l'unico ancora in grado
di pensare. "La nostra teoria era giusta? Stai cercando di convincere
Kaelie ad aiutarti? Pensavamo che vi frequentaste e che Jiliel vi
avesse fatti
incontrare di proposito ma sembra che il suo ruolo sia più
quello di
carceriere."
"Kaelie
è una brava ragazza." Disse Jace, sorprendendoli tutti.
"E' l'unica ad avere un'anima, cosa che manca completamente alla sua
Regina. E' cominciata come pensate, ma più tempo passavo con
lei più la comprendevo.
Non approva quello che la Regina ha fatto a William, le dispiace per
me. Sto
lentamente cercando di portarla ad aiutarmi, ma ci vuole tempo."
"E
presumo che nessuno di noi voglia sapere esattamente come
stai cercando di convincerla? E
Clary lo sa?" Chiese Isabelle, trattenendo il fiato.
Jace
la guardò a lungo prima di abbassare infine lo sguardo. "No.
No,
non volete saperlo. E si, Clary lo sa. Non glielo avrei mai tenuto
nascosto,
non farei mai una cosa del genere senza il suo permesso."
"D'accordo." Annuì lei, senza aggiungere altro.
"Jace,"
chiese Alec sottovoce. "Quando è stata l'ultima
volta che hai visto Will? Sta bene?"
Lui
inspirò profondamente prima di rispondere, cercando di
tenere salda la
voce. "Oggi. L'abbiamo visto stamattina. E' cresciuto molto dall'ultima
volta che l'avete visto... ha i capelli più lunghi. Rideva e
inseguiva le fate.
Sembrava felice, ma Kaelie mi ha detto che non ha mai detto una parola
da
quando lo abbiamo lasciato alla Corte. E' sano, ma non parla."
Alec
sospirò e annuì. "C'è altro che non ci
hai detto? Qualcosa che
dovremmo sapere?"
"No."
Jace scosse la testa. "Non c'è altro."
"Bene, perchè dobbiamo sapere ogni cosa per potervi
aiutare." Alec
cominciò a camminare in tondo, sfregandosi il mento.
"Allora, abbiamo un
veleno per cui non conosciamo la cura. Questo è il primo
passo, dobbiamo
trovarne una. Hai provato la biblioteca ad Alicante?"
Jace annuì. "Nulla."
"D'accordo,
non mi aspettavo niente di diverso. Ci sono almeno altri
tre posti in cui possiamo controllare: gli archivi dei Fratelli
Silenti, la
biblioteca del Praetor Lupus e quella del Labirinto a Spirale. E
contatterò
subito Lily e Maya."
"Alec,
se cominciamo a cercare e fare domande, le fate capiranno che
sappiamo tutto." Fece notare Isabelle.
"Dubito
che troveremmo qualcosa in quegli archivi, comunque,"
disse Magnus. "Stiamo parlando del Popolo Fatato. Sono pieni di segreti
e
le poche informazioni che abbiamo, le abbiamo perchè sono
state le fate stesse
a farle trapelare. In realtà questa è una delle
ragioni per cui sono ottimista:
probabilmente non riusciamo a trovare niente nei nostri libri
perchè sono
scritti da umani. Non dicono tutto ciò che c'è da
sapere sulle fate, cosa che
rende prezioso l'aiuto di Kaelie. Scommetto che una cura esiste, ma noi
semplicemente
non la conosciamo."
"Kaelie
non è la nostra unica possibilità. Ce
n'è un'altra."
Simon, che fino a quel momento era rimasto in silenzio,
sollevò lo sguardo.
"La Corte Unseelie."
Isabelle
scosse la testa. "Non si immischiano negli affari degli
Shadowhunter. A dire la verità non si immischiano negli
affari di nessuno. Se
ne stanno per i fatti loro."
"Però
forse potremmo convincerli ad aiutarci, se parlassimo con
loro." Insistette Simon. "Possono anche essere isolati, ma devono
aver sentito parlare della Guerra Oscura e devono essere a conoscenza
del fatto
che la loro intera razza è caduta in disgrazia a causa della
sua
partecipazione. E, secondo tutto quello che ho studiato, la Regina
della Corte
Seelie e il Re della Corte Unseelie non si parlano, si odiano
addirittura."
"Se
ti sbagli e si parlano, non faremo altro che peggiorare la
situazione."
"Lo
so, Izzy. Ma cos'altro ci rimane? Dobbiamo portare via William da
lì il prima possibile perchè finchè
lui non è in salvo non possiamo fare
rapporto al Conclave su tutta questa faccenda. Il Popolo Fatato si sta
preparando per la guerra ed è ovvio che stanno usando i
rapporti di Clary per
decidere come e quando colpire. E quando lo faranno, cosa pensi che
succederà?
Il Conclave risponderà, con tutto quello che ha. Se
vinciamo, William muore
perchè non abbiamo l'antidoto. Se
perdiamo,
moriremo tutti. Non possiamo aspettare."
"Simon
ha ragione," annuì Magnus. "In più, bisogna
considerare anche questo: le fate sono un popolo paziente, potrebbero
anche
decidere di non attaccare per molti anni, forse per tutta la vostra
vita. Ma
questo vorrebbe dire che William vivrebbe intrappolato
laggiù per sempre. Non
credo che nessuno di noi lo voglia."
Nessuno
rispose e dopo un po' Simon chiese piano. "Dov'è
Clary?"
"Credo
sia a casa," rispose Jace. "Probabilmente piangerà
tutto il giorno, dopo aver visto William stamattina. Spero solo che sia
da
sola."
"Vado
da lei," decise Simon, "devo dirle che sappiamo tutto.
Clary è l'unica a sapere cosa sta succedendo alle sedute del
Consiglio e ci
servono le sue informazioni per cercare di capire i piani della Regina."
"Sei
sicuro che sia una buona idea, Simon?"
"Alec,
ne ho abbastanza di segreti." Rispose
lui. "Portano solo dolore. Non
voglio più che si senta sola, deve sapere che può
appoggiarsi a noi. Possiamo
ancora fingere con Jiliel e Kaelie, ma non lascerò che Clary
soffra in
silenzio. E' la mia migliore amica, la mia parabatai.
La proteggerò meglio che posso. Non è questo il
motivo per cui insistevi per
parlare con Jace?
Alec
annuì e guardò Jace. "L'Istituto è
sicuro contro le fate, non
possono entrare e non possono spiarci qui. Lo useremo come quartier
generale.
Clary può aprire un Portale verso il nostro appartamento
così nessuno vedrà me
e Magnus venire qui più del normale. Sei d'accordo?"
Lui
annuì e poi sulla sala calò il silenzio per
qualche minuto, mentre tutti
riflettevano su quanto avevano appreso. William era vivo. Quel piccolo
bimbo
che tutti avevano amato così tanto non era perso per sempre
e loro avrebbero
fatto tutto il possibile per riaverlo indietro.
"Ragazzi..."
Jace
disse alla fine, lo sguardo abbassato. "Grazie.
Sono felice che sappiate
quello che sta succedendo, sono felice che vogliate aiutarci. Morivo un
po'
ogni giorno nel mentirvi."
"Si,
come ho detto, Jace," Simon aprì la porta della biblioteca,
preparandosi ad andarsene, "sei un idiota. Che ti piaccia o no, siamo
una
famiglia e ci aiutiamo gli uni con gli altri. Vogliamo tutti riavere
William e
vogliamo prendere a calci nel sedere quella maledetta."
Jace
sollevò un sopracciglio, ma Simon non aveva ancora finito.
"E se
ti stai chiedendo perchè mi sono auto incluso nella tua
famiglia, beh, è perchè
presto sposerò tua sorella. Sarà meglio che ti
abitui all'idea perchè sarai il
mio testimone. E giuro sull'Angelo che William ci porterà lo
stilo per tracciare
le rune. Fosse l'ultima cosa che faccio."
Aprì
la porta e uscì, seguito dalle strilla indignate di Isabelle.
"Simon!"
***
Il
primo istinto di Clary, nel sentire il campanello, fu di ignorarlo e
rimanere sul divano, rannicchiata come una bambina. Ma quando
sentì la voce di
Simon che la pregava di farlo entrare, il suo corpo si mosse da solo e
prima di
sapere come, era alla porta e l'aveva aperta. Era un disastro e lo
sapeva: il
viso era pallido, striato di lacrime, i capelli erano arruffati e aveva
addosso
un'orribile tuta.
Simon
entrò senza un commento, guardandosi intorno. "Sei da
sola?" Chiese piano.
Quando
lei annuì, lui la prese gentilmente fra le braccia,
accarezzandole
lentamente i capelli. "Mi dispiace Clary. Mi dispiace che tu abbia
dovuto
affrontare tutto questo da sola. Ma ora sono
qui.
Non sei più sola."
Lei
lo guardò confusa ma Simon si limitò a sorridere,
baciandole la fronte.
"Vieni a sederti, abbiamo molte cose di cui parlare."
La
guidò sul divano e la avvolse in una coperta prima di
appoggiarsi allo
schienale e farle posare la testa sulla sua spalla.
"Ora,
non andare in panico, Fray. Ti prometto che non ce n'è
ragione." Le baciò ancora la fronte prima di sussurrare
"Sappiamo di
William. Jace ce l'ha detto."
Il
cuore di Clary mancò un battito e lei cominciò a
tremare, tentando di
continuare a respirare. Provò ad alzarsi ma Simon la tenne
stretta contro di
lui, sollevando una mano per accarezzarle la guancia. "Isabelle e io ti
abbiamo
sentita parlare con Jiliel ieri sera. Eravamo appena fuori dalla porta
e
abbiamo sentito tutto. Poi abbiamo rimesso insieme i pezzi del puzzle e
stamattina Jace ha confermato tutto."
"Oddio..."
sussurrò lei, sentendosi vuota. Sapevano. Sapevano che
lei li stava tradendo tutti, sapevano che stava vendendo la sua anima e
le loro
vite al nemico. Sapevano
che aveva
mentito per mesi.
"Ti
vogliamo bene,
Clary." Continuò lui, la sua voce morbida e calda. "Questo
non è cambiato, non può cambiare. Sei la mia
migliore amica,
il mio pilastro, la mia parabatai.
Sono
qui per te, sempre e per sempre."
Gli
occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, anche se pensava di
averle già versate tutte per William. Era così
stanca, così terribilmente
esausta, stanca di vivere una menzogna, stanca di soffrire, di
piangere, di
avere il cuore spezzato ogni giorno. E così pianse.
Singhiozzò e urlò e tremò,
afferrando la maglietta di Simon e seppellendogli la testa nel petto.
Pianse
così tanto che alla fine non aveva più lacrime e
non le rimase altro che
continuare a singhiozzare fino ad avere la gola in fiamme, fino a
quando la
testa pulsò così tanto che riusciva a malapena a
tenere gli occhi aperti.
Simon
rimase in silenzio, abbracciandola e accarezzandole le braccia, la
schiena, il volto, fino a quando le sue spalle smisero di tremare e il
suo
respiro regolare gli disse che si era addormentata fra le sue braccia.
Povera
Clary, aveva vissuto all'inferno per mesi. Non riusciva nemmeno a
immaginare di
essere separato da Izzy a quel modo, di vederla ma di non poterla
stringere, di
sapere che stava soffrendo ma non poter fare niente per aiutarla.
Vedere una
persona amata in preda al dolore era la cosa peggiore che si potesse
immaginare
e Clary aveva dovuto sopportare tutto da sola, sapendo di non poter
dire niente
a nessuno per non mettere in pericolo suo figlio. Quando le avevano
portato via
William doveva essere stato straziante. Lui non aveva ancora dei figli,
ma
amava quel bambino, i suoi brillanti occhi dorati, la sua dolce risata,
i suoi
capelli morbidi, il modo in cui si sentiva quando lo teneva in braccio.
Ed era
solo suo zio. L'amore che Clary e Jace provavano per lui era
così assoluto che
erano stati capaci di vendere le loro anime per proteggerlo. Ma non
avrebbero
più dovuto farlo. Presto avrebbero riavuto il loro William.
Sorrise
gentile quando sentì Clary muoversi di nuovo e
continuò ad
accarezzarla fin quando lei non riaprì gli occhi, ancora
oscurati dal dolore.
"Mi
sono addormentata?" Chiese lei, la voce bassa e rauca.
"Solo
per mezz'ora," rispose Simon, continuando a tenerla
stretta. "Vuoi dormire ancora un po'?"
"No,"
lei scosse la testa ma non si mosse. "Voglio
solo stare così. E'
bellissimo."
"Allora non
muoverti.
Starò qui con te tutto il tempo che vuoi."
Il
respiro di Clary ora era lento e regolare, il suo corpo rilassato
mentre
si concedeva per una volta di appoggiarsi ad una forza che non fosse la
sua.
"Simon
mi dispiace così tanto." Sussurrò
dopo un po'. "Mi sento
così male per
averti mentito. Per
aver mentito a tutti. Per aver fatto
quello che ho fatto."
"Vorrei
solo averlo saputo prima, Clary. Quello che è successo,
quello
che Jiliel ti ha fatto... vorrei averlo saputo." Il suo tono non
conteneva
alcun giudizio, solo calore e le fece tornare le lacrime agli occhi.
"Volevo
dirtelo, così tante volte. Ma non potevo."
Sollevò lo
sguardo verso di lui, pallida e stanca. "Non puoi sapere come ci si
sente,
Simon, nel guardare il tuo bambino che si consuma. L'ho sentito
muoversi dentro
di me per nove mesi, poi è nato e ho pensato che il mondo
non potesse essere
più perfetto di così. Ogni volta che sorrideva,
ogni volta che rideva, ogni
volta che si addormentava fra le mie braccia, io mi sentivo completa. E
poi
l'ho visto soffrire, l'ho visto piangere e afferrarmi la mano, sperando
che
avrei mandato via il dolore. E non potevo, Simon, non potevo fare
niente. Ogni
volta che pensavo di raccontarti tutto, mi veniva in mente il suo viso
sofferente e sapevo che avrei solo peggiorato le cose perchè
non potevo
aiutarlo in alcun modo."
"Lo
so," sussurrò lui, "lo so. Ma ora è finita. Vi
aiuteremo
a riaverlo indietro, Clary. Te lo prometto, William sarà
libero e sano e questo
diventerà solo un incubo orribile."
"Non
so come." Sospirò lei, chiudendo gli occhi.
"Magnus
dice che secondo lui una cura esiste e che noi non la
conosciamo perchè tutti i nostri libri sono scritti da
umani. Sono d'accordo
con lui. Ho suggerito di cercare aiuto presso la Corte Unseelie."
"Ma
sono sempre fate, perchè dovrebbero aiutarci a sconfiggere
altre
fate?"
"Beh,
devo ancora arrivare a quella parte del piano," le disse
sorridendo, "ma i libri dicono che le due Corti non sono in buoni
rapporti. Forse in qualche modo possiamo convincere il Re della Corte
Unseelie."
Lei
non rispose e Simon sospirò, guardandola. "Clary, dobbiamo
scoprire quali sono i loro piani. Sappiamo che si stanno preparando
alla
guerra, ma quando colpiranno? E come?"
"Non
lo so. Hanno cercato di farmi credere che rivolevano il loro
posto nel Consiglio, ma ho sempre saputo che c'era di più. E
sta succedendo
qualcosa nel Mondo Invisibile: continuiamo a ricevere rapporti di
combattimenti
fra vampiri e licantropi, dappertutto. L'ultimo è arrivato a
Londra ma è una cosa
diffusa in tutto il mondo. All'inizio pensavamo che si trattasse della
loro
antica faida, ma i rapporti continuano ad arrivare. Siamo sul punto di
una
guerra ormai."
Simon
annuì. "Caos,
confusione. La
distrazione perfetta, giusto? Se i Nephilim sono impegnati
a rimettere i vampiri al loro posto, non noteranno le mosse del Popolo
Fatato."
"E'
quello che ho pensato anche io. Oppure i vampiri si sono alleati
con loro, il che sarebbe anche peggio." Sospirò, abbassando
lo sguardo.
"Sono mesi che cerco di trovare un modo per avvisare il Conclave senza
espormi,
ma non sono riuscita a pensare a niente. Jiliel saprebbe subito che
l'avvertimento è venuto da me."
"In
qualche maniera ci riusciremo. Ma per ora voglio che tu venga via
da qui. Torna all'Istituto Clary."
Clary
sapeva perchè le stava chiedendo di tornare: se il giorno
prima
avevano sentito tutto, allora sapeva che Jiliel stava per violentarla
quando
avevano suonato il campanello. Ma non si poteva evitarlo. Clary si
sciolse
dall'abbraccio e scosse la testa. "Non posso, Simon."
Lui
aggrottò la fronte. "Non ti lascerò qui da sola
con Jiliel. Non
gli permetterò di toccarti ancora."
"Devi. Non
deve
sospettare niente."
"E' fuori
questione,
Clary."
Lei
sospirò e gli prese una mano fra le sue. "Simon, devi
capire. E'
questo il motivo per cui non volevo che nessuno lo sapesse. Non
possiamo agire
in maniera diversa dal normale, non possiamo cambiare le nostre
abitudini o lui
si accorgerà che c'è qualcosa che non va.
Dobbiamo continuare a fingere: questo
è il mio appartamento, voi tutti pensate che io viva qui per
evitare Jace e che
Jiliel sia il mio ragazzo."
Simon
non disse nulla per un lungo momento, poi le strinse la mano.
"Mi stai chiedendo di lasciare che lui ti faccia del male. Hai idea di
come mi faccia sentire questo?"
"Lo so."
Lei sorrise
debolmente. "Ma
posso sopportarlo.Posso sopportare qualunque
cosa per riavere indietro William e Jace. Andrò fino
all'Inferno se sarà
necessario."
Lui
sospirò., sapendo che non sarebbe riuscito a convincerla.
Conosceva
Clary da quando erano bambini e la sua cocciutaggine era sempre stata
una
grossa fetta del suo carattere. Nonostante gli si spezzasse il cuore,
non
poteva contraddirla; la strinse nuovamente a sè e la tenne
vicina. "Allora
ti aprirò la porta. E sarò al tuo fianco, passo
dopo passo."
|
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Capitolo 8 *** Kaelie ***
Note
dell'Autrice:
non è mai stato spiegato quanti anni avesse Kaelie così ho
deciso io la sua età, basandomi sul fatto che una ragazzina
adolescente non
sarebbe mai stata mandata a discutere gli accordi di pace dopo la
Guerra
Oscura. Il suo carattere non è mai stato dettagliato, quindi
gliene ho creato
uno io, per adattarla alla mia storia. Mi rendo conto che è
diversa da come
viene normalmente descritta nelle altre fanfiction, ma spero che
l'apprezzerete
comunque.
MattyScargold, non leggere di nuovo il capitolo a scuola :P
Per tutti gli altri, grazie mille per le recensioni, vi adoro!
***
Kaelie attendeva l'arrivo di Jace, seduta sul suo divano. Non accadeva
spesso
che lui decidesse di passare la notte nel suo appartamento ma, anche se
di
recente sembrava voler passare più tempo con lei, non aveva
ancora cercato di
attirarla nel suo letto. Forse era la sua ultima risorsa se niente
altro avesse
funzionato.
Kaelie
non era nè
stupida nè ingenua, sapeva benissimo cosa stava facendo
Jace: voleva farla
innamorare, così da poterle chiedere aiuto per riavere
indietro suo figlio. Il
problema era che ci stava riuscendo. Non nel farla innamorare, no, non
era così
stupida. Bastava un'occhiata per capire che per Jace Herondale non
c'era e non
ci sarebbe mai stata nessuna donna oltre Clarissa Morgenstern; aveva
occhi solo
per lei. E quando, la settimana precedente, Jace aveva suggerito che
forse
poteva trasferirsi nell'appartamento di Kaelie insieme a lei, la fata
non gli
aveva risposto, sapendo che era tutto parte del suo piano. Inizialmente
si era
infuriata, si. Aveva perfino pensato di acconsentire, solo per vedere
quanto in
là fosse disposto a spingersi Jace, ma sapeva già
la risposta: lui avrebbe
fatto tutto il necessario per salvare suo figlio. Si sarebbe trasferito
da lei,
l'avrebbe corteggiata, avrebbe dormito con lei e avrebbe finto di
amarla. E non
ne sarebbe venuto fuori niente di buono, se lei avesse deciso di stare
al
gioco.
Sospirò,
sistemandosi
meglio sul divano e si guardò intorno. L'appartamento di
Kaelie rifletteva la
frizzante personalità della fata: era dipinto in colori
vivaci e i mobili erano
insieme stravaganti e comodi. Non erano molte le fate che decidevano di
vivere
al di fuori della Corte, ma Kaelie adorava stare lì, amava
la sensazione di
essere indipendente. Soprattutto, di recente sentiva il bisogno di
stare un po'
da sola, lontana dalla Corte e da tutti i suoi problemi. Si stava forse
estraniando dal suo stesso popolo?
Sorseggiò
il bicchiere
di vino che aveva in mano e cominciò a pensare. Erano
successe così tante cose
negli ultimi dieci anni e a volte non ricordava nemmeno come fosse la
sua vita
prima che Jace Herondale e i suoi fratelli vi facessero capolino.
Quando era
entrato da Taki per la prima volta si chiamava ancora Jace Wayland
ovviamente,
un bel ragazzo di quindici anni, già decisamente sicuro di
sè, gli occhi dorati
pieni di boria e superiorità. Lei era più vecchia
di quasi un secolo, ma c'era
qualcosa in lui che l'aveva immediatamente attirata, come nessun umano,
e
sicuramente nessun Cacciatore, aveva mai fatto.
Se
ricordava bene, la
prima volta che avevano parlato era andata malissimo; lui era molto
egocentrico
e dal momento che lei era una Nascosta l'aveva guardata dall'alto al
basso,
come se lei fosse un essere inferiore. Non era passato molto tempo
però perchè
la sua opinione cambiasse e in realtà era cambiata
così tanto che un anno dopo
era stata lei la prima a portarlo a casa con lei, e a non lasciarlo
andare fino
al mattino. La mattina successiva Jace aveva incespicato a lungo sulle
parole,
cercando il modo migliore di dirle che si era trattato solo
dell'avventura di
una notte (nonostante lei fosse stata la sua prima volta) e lei era
quasi
scoppiata a ridere, spiegandogli che non si aspettava affatto una
relazione,
non con qualcuno di così giovane. Una notte le andava bene.
E, di quando in
quando, passavano ancora la notte insieme, quando ne avevano voglia.
Fino a
quando era comparsa Clary.
Quando Clarissa Morgenstern
era entrata nella
vita di Jace Wayland, era cambiato tutto. Lui non riusciva a toglierle
gli
occhi di dosso e Kaelie si era resa conto che non ci sarebbero
più state altre
notti con lui. Si era detta che non aveva importanza, si era detta che
lui era
uno Shadowhunter e che lei poteva trovarsi qualcun altro. Si era detta
che
poteva andare avanti. E poi, quando era stata ridicolizzata e
minacciata di
fronte al Conclave, alla fine della Guerra Oscura, si era detta che
disprezzava
i Nephilim e non voleva mai più avere niente a che fare con
loro. Incluso Jace.
Kaelie
sospirò di nuovo,
appoggiandosi all'indietro e domandandosi, non per la prima volta,
perchè la
Regina avesse deciso di schierarsi con Sebastian Morgenstern in una
guerra
contro gli Shadowhunter. Sapeva che dormivano insieme ma la Regina non
aveva
mai lasciato che i suoi sentimenti oscurassero il suo giudizio. E
questo era il
risultato: erano reietti, considerati con aperta ostilità e
la loro Regina
aveva deciso che valeva la pena rischiare la completa estinzione della
sua
razza per la sua faida personale con Clarissa Morgenstern e Jace.
Kaelie non
voleva pensare a cosa sarebbe successo quando il Conclave avesse
scoperto che
la Regina della Corte Seelie aveva sequestrato un piccolo Nephilim e
l'aveva
usato senza pietà per torturare i suoi genitori. Non voleva
immaginarlo perchè
conosceva già il risultato: guerra, una guerra senza fine.
Una guerra che non
potevano vincere, una guerra che non era nemmeno sicura di voler
vincere.
Odiava quello che era costretta a fare. La vendetta era una cosa, e le
fate
erano conosciute per la loro crudeltà, ma usare un bambino
innocente era troppo
per lei.
Forse
ho passato troppo tempo con gli umani,
si disse.O forse era
colpa di uno Shadowhunter in particolare. Fin dal momento in cui Jace
era
tornato nella sua vita, lei non aveva mai smesso di mettere in
discussione
quello che stava facendo ed era una cosa nuova per lei. Non aveva detto
una
parola quando la Regina aveva cominciato a dormire con Sebastian
Morgenstern. O
quando aveva visto suo fratello combattere i Nephilim. Non aveva detto
nulla
quando la sua gente aveva aiutato a catturare e trasformare gli
Shadowhunter
nella Guerra Oscura. Era fedele alla sua Regina, fedele al Popolo
Fatato.
Ma
tutto questo era prima
di William. Prima che si rendesse complice nel sottrarre un bambino ai
suoi
genitori. E tuttavia, avrebbe dovuto esserci abituata. Non era forse
comune per
le fate rubare un bimbo umano sano e sostituirlo con uno malato della
loro
razza? Non era forse necessario per rafforzare la razza dei Fatati?
Nemmeno la
Legge dell'Alleanza li condannava per questo. E tuttavia quello che
stava
succedendo non aveva minimamente a che fare con la tradizione di
scambiare i
bambini.
Il
campanello interruppe
i suoi pensieri e lei si alzò scuotendo la testa. Stava
pensando troppo. Aveva
un compito ed era quello di assicurarsi che Jace tenesse fede al patto
con la
Regina. Solo che era dannatamente difficile continuare ad agire come la
sua
carceriera, la faceva sentire sporca.
Aprendo
la porta, vide
esattamente quello che si aspettava: Jace sembrava a pezzi. Il viso era
pallido, gli occhi arrossati, la sua figura priva di vita. Lo
invitò a entrare
dolcemente e lui si sedette sul divano senza una parola, lo sguardo
basso. Non
lo vedeva mai così quieto e distrutto, tranne quando tornava
dalla visita
mensile a William. Sedendosi al suo fianco gli porse un bicchiere di
vino e
aspettò che parlasse.
"Non
sono nella mia
forma migliore, mi dispiace." Mormorò lui alla fine,
prendendole la mano.
"Vederlo è difficile."
Lei
annuì,
accarezzandogli lentamente il braccio per confortarlo. "Forse
dovresti smettere di andare. Ti
fa solo del male." Eppure, non era quello che voleva la
Regina? Farlo soffrire? Lei non avrebbe dovuto cercare di alleviare la
sua
pena.
Jace
scosse la testa,
chiudendo gli occhi, esausto. Era veramente stanco, la giornata gli
aveva
succhiato tutte le energie. Era pieno di speranza ora che la sua
famiglia
sapeva cosa stava succedendo, ma il suo cuore soffriva comunque. "Non
posso, Kaelie. E' mio figlio, ho bisogno di vederlo, di sapere che sta
bene."
"La
Regina non gli
farà del male, lo sai."
Lui
sorrise amaramente,
permettendo al dolore di affiorare nella sua voce. "La tua Regina gli
ha
già fatto del male e credo che sia perfettamente capace di
rifarlo. Sta solo
aspettando un'altra opportunità."
"Finchè
tu e
Clarissa tenete fede ai patti, non succederà niente al
bambino. La Regina l'ha
promesso."
"So
che le sei
fedele," Jace le sorrise, cercando di sembrare affezionato. "Ma
ha avvelenato mio figlio. L'ha
imprigionato. L'ha strappato a me e a sua madre e ora William
non parla più. E' sotto shock, gli mancano i suoi genitori."
"Sai
che non
approvo le sue azioni." Gli rispose lei piano. "Ma è
comunque la mia
Regina. Non ho voce in capitolo."
"Sei
una brava
ragazza, Kaelie. Hai un cuore, qualcosa che a molti della tua gente
manca
completamente."
Ecco,
era arrivato il
momento. Kaelie si morse l'interno della guancia, prendendo una
decisione.
Stare al gioco cominciava a farla star male perchè sapeva
che i suoi sorrisi
erano finti, sapeva che quando le teneva la mano in realtà
voleva sentire
quella di sua moglie. Sapeva che ogni volta che l'aveva baciata,
dall'inizio di
quella terribile storia, era Clary che aveva in mente. Doveva porre
fine a
tutto questo immediatamente, prima di cominciare a odiarlo per il fatto
che la
stava ingannando così bene da farle quasi credere alla bugia.
"Un
cuore che stai
facendo del tuo meglio per ammaliare. Peccato che sia tutto finto." Gli
disse alla fine, quasi sussurrando. In qualche modo trovò la
forza di
sorridergli quando lui si girò di scatto verso lei.
"Dimentichi che sono
molto più vecchia di quanto sembri, Jace. Non sono
completamente stupida."
"Non
ho mai pensato
che lo fossi." Commentò lui, il cuore che gli mancava un
battito. Non era
stato abbastanza bravo, Kaelie aveva scoperto tutto. Era finita? Era
quello il
momento in cui Kaelie gli avrebbe riso in faccia dicendogli che aveva
fatto
tutto per niente? Era quello il momento in cui doveva compiere
quell'ultimo
passo, continuare a bluffare e portarla a letto per convincerla?
Ma
Kaelie non rise di
lui, nè lo canzonò. Si limitò a
stringergli la mano e lo guardò piena di pietà.
"So cosa stai facendo. Lo farei anche io, se fossi al tuo posto. Ma
devi
capire che non posso aiutarti come vorresti. Non posso portare via il
bambino,
sarebbe tradimento."
"E
non servirebbe a
nulla." Jace rispose lentamente, lasciando perdere ogni finzione.
Quello
era il giorno delle rivelazioni apparentemente, prima la sua famiglia,
ora
Kaelie. Lei sapeva tutto e se voleva guadagnarsi il suo aiuto, doveva
essere
sincero. Sembrava che per ora lei fosse disposta ad ascoltare, quindi
lui
doveva parlare. "Anche se riuscissi a far uscire William dalla Corte,
morirebbe senza l'antidoto. Devo trovare una cura prima."
La
pixie scosse la
testa. "Che io sappia non ne esiste uno. L'unico è il
tè che beve tutti i
giorni e quella pianta non può crescere al di fuori del
nostro regno."
Jace si morse il labbro, pensando in fretta. Poteva fidarsi di lei?
Poteva
arrischiarsi a dirle qualcosa che avrebbe potuto essere usato contro di
lui,
contro la sua famiglia? O magari lei stava solo fingendo per scoprire
cosa
stava tramando per poi dirlo alla Regina? Doveva muoversi con cautela.
"Non esiste
antidoto che tu
sappia." Disse alla fine. "Ma
forse..." Lasciò che la frase rimanesse
in sospeso, aspettando una risposta. Ora era lei ad avere la palla.
Kaelie
non rispose e
dopo qualche momento si alzò e andò a versarsi
altro vino. Si girò in modo che
lui non potesse vederla in faccia e appoggiò le mani al
tavolo. Jace aspettò.
Sapeva che lei stava pensando, considerando le sue opzioni, decidendo
chi aveva
veramente la sua fedeltà.
Era
il punto di non
ritorno e non poteva rischiare di forzare le cose, spaventato dal fatto
che lei
si sarebbe tirata indietro se ci avesse provato. I minuti passavano e
lui non
osava nemmeno muoversi, rimanendo a guardare la fata e sperando con
tutte le
sue forze che lei decidesse di aiutarlo. Se non l'avesse fatto e avesse
raccontato
ciò che lui aveva tentato di fare, era nei guai. Non aveva
esposto nè Clary nè
la sua famiglia però, quindi poteva sembrare che avesse
fatto tutto da solo,
che fosse lui l'unico a cercare di tirarsi fuori da quella dannata
trappola. Il
rischio era minimo e doveva correrlo.
Alla
fine Kaelie sospirò
e abbassò lo sguardo sul tavolo, dandogli ancora le spalle.
"Il Popolo
Fatato è molto antico, Jace. Eravamo qui molto prima che
apparisse l'umanità e
siamo rimasti, fra alti e bassi, durante tutte le ere dell'uomo. Siamo
sopravvissuti a guerre, calamità e demoni. Eravamo
rispettati e gli umani
raccontavano fiabe su di noi ai loro figli, chiamandoci il Piccolo
Popolo,
temendo i nostri poteri ma felici della nostra esistenza
perchè permettevamo
loro di sognare mondi fantastici e grandi avventure."
Si
girò verso di lui e i
suoi occhi erano freddi e distanti. Il cuore di Jace si
fermò mentre lei
continuava. "Poi Jonathan Shadowhunter ha invocato Raziel e tutto
è
cambiato. Ha coniato il termine "Nascosti" per definire noi, i
vampiri, i licantropi e gli stregoni e siamo diventati bersagli, prede
da
cacciare come i demoni, per conquistare ricchezze e trofei. Eppure
siamo
sopravvissuti ancora una volta.
Niente è mai più stato come prima
però, agli occhi dei Nephilim non eravamo
degni di considerazione, ci pensavano esseri inferiori. Valentine
Morgenstern
ha spinto questa visione al limite estremo, voleva sterminare noi e
chiunque
non fosse un Nephilim o un umano. E poi suo figlio si è
alleato con noi per
obliterare quegli stessi Shadowhunter che ci avevano schernito per
tutta la
loro vita. Posso capire che la Regina abbia trovato la proposta
attraente, era
come tornare alla gloria del nostro passato."
Kaelie
sorseggiò il vino
e quando lo guardò di nuovo sembrava insicura, come se
stesse combattendo
contro se stessa. "Ora vuole un'altra guerra, principalmente per
vendicare
Sebastian Morgenstern ma anche per mostrare al mondo che non siamo
paria, che
siamo una forza da tenere in considerazione. Non accetterà
mai di ritirarsi, è
accecata dall'odio. Io, d'altra parte, non lo sono."
Mano
a mano che parlava,
il suo tono cambiava, da insicuro a fermo. Gli occhi erano
più concentrati, la
sua figura era dritta e piena d'orgoglio. "Non fraintendermi, non amo i
Nephilim. La maggior parte di loro ci guarda ancora come se fossimo
spazzatura,
solo perchè hanno il sangue di Raziel nelle vene. Ma non
voglio un'altra
guerra: abbiamo perso molti guerrieri l'ultima volta, molti figli delle
fate, e
dobbiamo ancora riprenderci. Se combattiamo ora e perdiamo, la nostra
razza
potrebbe subire un colpo così devastante che ci vorrebbero
secoli per
risollevarci. Dubito che i Cacciatori sopporterebbero due ribellioni in
meno di
un decennio e non sono disposta a correre questo rischio. Quindi ti
aiuterò."
Jace
scattò in piedi, la
bocca aperta per parlare, ma Kaelie lo fermò. "Ti
aiuterò se mi prometti
che non ci saranno
conseguenze per il mio popolo, quando tutto questo sarà
finito. Non voglio un
altro umiliante trattato di pace dove il Popolo Fatato viene spogliato
di ogni
dignità. Voglio che torniamo nell'Alleanza, voglio che le
restrizioni di questi
ultimi sette anni siano sollevate. Voglio che le cose tornino com'erano
prima
della Guerra Oscura. Questo è il mio prezzo: aiutami a
salvare la mia gente e
io ti aiuterò a salvare tuo figlio."
Jace
era tentato, così
tentato di promettere tutto lì e subito, per avere il suo
aiuto. Ma era una
persona onesta e lei stava rischiando tutto, non poteva ingannarla.
"Non
sono il Console, Kaelie. Posso prometterti che farò del mio
meglio, ma non
posso assicurarti che sarà sufficiente. Non faccio nemmeno
parte del
Consiglio."
"Lo so."
Sospirò lei. "Sei
solo una voce
nel Conclave, ma hai contatti importanti: tua moglie è nel
Consiglio, Maryse
Lightwood è il capo dell'Istituto di New York e Robert
Lightwood è
l'Inquisitore. Ti amano come un figlio e ti daranno ascolto. Lucian
Graymark è
tuo suocero e il rappresentante dei licantropi nel Consiglio. E
Catarina Loss,
la rappresentante degli stregoni, è amica di Magnus Bane con
cui tu puoi
parlare. Quindi l'unica cosa che posso fare, è sperare che
sia sufficiente. Ma
voglio la tua parola che farai tutto il possibile per risparmiare
ulteriori
umiliazioni al mio popolo."
Lui
le si avvicinò
lentamente e le mise le mani sulle spalle, guardandola negli occhi. Si
vedeva
che era spaventata, ma era anche determinata e lui l'ammirava per
questo. Per
quanto odiasse i Fatati per quello che gli avevano fatto, non era
disposto a
rinunciare alla sua unica possibilità di salvare suo figlio
per vendicarsi di
loro. "Giuro sull'Angelo che farò tutto il possibile per
aiutare il Popolo
Fatato. Giuro che sarò la loro voce nel Conclave, fino al
momento in cui non ne
avranno una loro all'interno del Consiglio. E giuro che ti
proteggerò, Kaelie.
Stai rischiando molto per il tuo popolo e per me, e non lo
dimenticherò."
Lei
annuì e si allontanò
di un passo, lasciando che le mani di Jace gli ricadessero lungo i
fianchi.
Sapeva quello che aveva appena fatto: mettendo fine alla finzione,
aveva appena
rinunciato a lui per sempre, rinunciato a qualunque
possibilità di un futuro
insieme, vero o fasullo. Ma lui non era mai stato suo,
ricordò a se stessa. E
nessun uomo, nemmeno Jace Herondale, valeva la pena di rischiare il
futuro dei
Fatati.
"Non
sono sicura
che una cura per tuo figlio esista," gli disse," ma se esiste, la
troverò. E se non ci riesco, mi assicurerò che a
William non manchi mai
l'antidoto, anche se non sarà più alla Corte.
Dammi il tempo di fare qualche
ricerca e quando avrò notizie te le comunicherò."
"Grazie,
Kaelie." Jace diceva sul serio. Il suo voto era vero, ogni parola, e
avrebbe fatto qualunque cosa per mantenere il suo giuramento.
Ringraziò
l'Angelo in silenzio perchè aveva messo Kaelie sulla sua
strada, anche se
l'aveva odiata con tutto il cuore quando era cominciato quell'incubo:
la vedeva
come qualcuno da schiacciare, qualcuno da ingannare per ottenere quello
che
voleva. Non avrebbe avuto alcun rimorso nel portarsela a letto, anche
se gli
avrebbe spezzato il cuore tradire Clary in quel modo. Invece, al posto
di un
crudele carceriere, aveva trovato un'alleata, una fata piena di
fierezza,
disposta a rischiare tutto per amore del suo popolo. Proprio
come lui avrebbe fatto per William.
"Dovresti
andare
ora," sussurrò lei, gli occhi pieni di lacrime. Non sapeva
nemmeno perchè
stava piangendo. Non era innamorata di Jace. Non
lo era.
Lui
notò il suo sguardo
e la sua espressione si addolcì. Kaelie lo vide sollevare
una mano a toccarle
la guancia, sfiorandola gentilmente e poi chiuse gli occhi mentre lui
le dava
quello che lei non avrebbe mai ammesso di volere, un'ultima volta prima
che
fosse tutto finito. Quando le labbra di Jace lasciarono le sue, dopo un
bacio
dolce e gentile, lui appoggiò la fronte alla sua, i suoi
occhi dorati fissi in
quelli blu di lei.
"Grazie."
Le
sussurrò sulle labbra, prima di lasciarla e andare verso la
porta.
"Kaelie."
La chiamò poi, la mano
sulla
maniglia. "Sai
che tutto questo significa che dovremo rimuovere la Regina della Corte
Seelie
dal suo trono."
Sai che dovremo ucciderla, era il sottinteso. Perchè la
Regina non avrebbe mai
volontariamente rinunciato al suo regno. Lei lo guardò, le
mani chiuse a pugni lungo
i fianchi. Quando parlò non c'era incertezza nella sua voce,
nessun dubbio.
"Lo
so."
Jace
annuì, la guardò
un'ultima volta e poi si chiuse la porta alle spalle, uscendo. Kaelie
si girò e
afferrò il tavolo, graffiandone la superficie con le unghie.
Era l'unica cosa
che poteva sostenerla e non farla cadere piangente sul pavimento.
|
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Capitolo 9 *** Ribellione ***
Nota
dell'Autrice:
Questo capitolo ha contenuti un po' forti al suo interno. Da
rating arancione. Siete avvisate! E ricordate che bisogna toccare il fondo
prima di risalire...
***
"Dovresti
andare." Sospirò Clary, guardando Simon con dispiacere. "E'
quasi ora
di cena."
Avevano
passato insieme
tutta la giornata e Clary era esausta: dopo avere tenuto sotto chiave
le sue
emozioni per sei mesi, era stato doloroso lasciarle finalmente
trapelare. Ora
si sentiva meglio: aveva pianto, aveva imprecato, aveva pianto ancora
ma Simon,
come sempre, aveva dimostrato di essere una solida roccia a cui
aggrapparsi.
Gli aveva raccontato tutto: lo strazio quando avevano dovuto portare
William
alla Corte mentre dormiva e poi lasciarlo lì e farsi buttare
fuori dai
cavalieri fatati come spazzatura. La vergogna nel sapere che ogni
parola che
diceva al Consiglio era perchè non aveva altra scelta. Il
senso di colpa ogni
volta che consegnava un rapporto a Jiliel, sapendo che stava tradendo
la sua
gente. Il terrore di dover vivere in quel modo per sempre. L'unica cosa
di cui
si era rifiutata di parlare era Jiliel e il modo in cui la trattava.
Non voleva
che Simon lo sapesse, non voleva che la compatisse. Aveva sempre
pensato che il
fatato fosse la punizione per il suo tradimento: meritava tutto quello
che lui
le faceva perchè stava vendendo i suoi amici, il suo mondo,
le persone che le
volevano bene e anche se non aveva veramente scelta, voleva comunque
pagarne il
prezzo.
"Sei
sicura?"
Le chiese dolcemente Simon. "Posso rimanere tutto il tempo che vuoi,
Clary."
"Jiliel
arriverà
presto." L'espressione di Simon si raggelò e Clary gli prese
la mano.
"Per favore Simon, hai promesso. Per William. Ti prego."
"Non
puoi dirgli
che sei fuori con me? Con Izzy? Con qualcuno?"
"Sono
già uscita
ieri. E lui sa che non lascio mai l'appartamento il giorno della visita
a
William, è il motivo per cui viene qui: per gongolare."
"Razza
di
bastardo..." sibilò lui dalla frustrazione. "Non sono sicuro
di
poterlo fare, Fray. Lasciarti qui con lui."
Lei chiuse
gli occhi, cercando di non cedere. Non voleva altro che
lasciarsi
proteggere da Simon, ma non poteva. "La cosa migliore che puoi fare
ora, è
aiutarci a trovare un modo per salvare William. E' tutto quello di cui
mi
importa. Mio figlio. Posso sopportare Jiliel, o di tornare a essere una
mondana, posso perfino sopportare di morire o diventare una
Dimenticata, dopo
che il Conclave mi avrà tolto i Marchi... ma ho bisogno di
sapere che Will è in
salvo."
"Clary..."
cominciò lui, ma lei gli mise un dito sulle labbra, gli
occhi pieni di lacrime.
"Vai,
prima che
perda le forze e rovini tutto. Ti prego, vai."
Lui
la abbracciò con
forza, seppellendo il viso fra i suoi riccioli rossi. "Troveremo un
modo,
te lo prometto. Resisti solo un altro po', Clary. Troveremo un modo."
Lei
annuì cercando di
non piangere e quando Simon si alzò e oltrepassò
la porta non si voltò mai
verso la donna che si stava lasciando alle spalle. Non se ne sarebbe
mai andato
altrimenti.
***
Era
passata mezz'ora da
quando Simon se n'era andato quando Clary sentì la chiave
girare nella toppa e
Jiliel entrò con un gran sorriso. Clary si girò
per prendere una birra dal
frigo, soffocando l'istinto di sottrargli le chiavi di mano e sbatterlo
fuori
in corridoio.
"Allora,
com'è
andata la giornata, tesoro?" Chiese lui con un ghigno, prendendole la
birra di mano e bevendone un sorso. Decisamente gli piacevano molto
più le
bevande mondane di ciò che bevevano le fate.
"La
prossima
domanda?" Replicò lei, girandosi e allontanandosi di qualche
passo,
tenendo il tavolo fra di loro.
"Siamo
suscettibili, vero? Mi chiedo perchè." Ghignò di
nuovo, mettendo la birra
sul tavolo. "Vuoi che ti rallegri la giornata?"
"Oh,
ti prego
si." Rispose lei, con un'occhiata assassina. "Se cadi morto stecchito
mi sentirò immediatamente meglio."
Jiliel
rise e si girò,
andando a sedersi sul divano. "Allora, come sta il marmocchio? Sempre
insopportabile? Gli manca ancora la mamma?"
Lei
si morse il labbro
per non rispondergli, ma questo non fermò il fatato. "E come
sta il tuo
prezioso marito? Ho sentito che oggi siete stati scortati da mia
sorella. Ti ha
detto che sta progettando di trasferirsi da lei? Forse non eri
così fantastica,
se ti ha dimenticata tanto in fretta. O magari mia sorella è
più brava a letto
di quanto tu sia mai stata."
"Affascinante
come
sempre, Nascosto." Replicò lei, sapendo che Jiliel odiava
quell'epiteto. "Ora,
se hai finito di gongolare, quella è la porta."
"Oh,
non così in
fretta, Clary." Sibilò lui, gli occhi glaciali dopo il suo
insulto.
"Vieni qui."
"Non credo
proprio." Gli rispose lei, altrettanto fredda.
"Vieni
qui, subito."
"Vai
all'inferno."
In
men che non si dica
lui era in piedi e si stava lanciando contro di lei, rovesciando il
tavolo e
attaccandola. Ma Clary era pronta. Non aveva mai osato combatterlo,
sempre
troppo spaventata per William per ribellarsi. Ma ora Simon sapeva.
Tutti i suoi
amici sapevano. Non era più sola. E anche se sapeva che era
sbagliato, che era
come dichiarare che qualcosa era cambiato, non riusciva più
a rimanere passiva.
Questa volta avrebbe reagito. Sentì il potere delle rune
scorrerle nelle membra
e la famigliare eccitazione per la battaglia la fece sorridere. Gli
sferrò un
pugno dritto in faccia, sentendosi immediatamente meglio e quando lui
sollevò
sorpreso lo sguardo, lei rise.
"Così
vuoi giocare,
piccola Nephilim?" Ringhiò lui, asciugandosi il sangue dal
naso. "Divertiamoci
un po' allora."
Combatterlo
per la prima
volta dopo tutti quei mesi era liberatorio: ad ogni pugno, ad ogni
calcio,
sentiva che una parte di lei sfuggiva all'inferno e tornava integra.
Lei era
Clary Herondale, una Shadowhunter, non un giocattolo con cui Jiliel
poteva
divertirsi per poi buttarlo via. Si perse in un turbinio di salti,
calci e
sudore, gioendo ogni volta che sentiva un grugnito di dolore dal suo
avversario
e quando finalmente riuscì a buttarlo a terra, la bottiglia
di birra rotta
pronta a tagliargli la gola, ansimò di soddisfazione, gli
occhi pieni di vita
per la prima volta da mesi.
"Allora
combattere
ti eccita, tesoro? Se l'avessi saputo te l'avrei lasciato fare
più spesso."
Jiliel respirò affannosamente sotto di lei Erano entrambi
coperti di sangue, lividi
e ferite, ma il fatato stava ridendo. "Coraggio,
uccidimi. Tagliami la gola."
"Pensi
che non lo
farò?" Sorrise lei, il vetro che si avvicinava di un altro
centimetro. La
runa della forza le stava dando il potere di muovere i polsi, anche se
Jiliel
li stringeva fra le mani e cercava di allontanarli da lui.
"Oh,
so che ti
piacerebbe." Ghignò, guardandola dritta negli occhi. "E poi
vorrei
sapere come spiegherai alla Regina che hai ucciso il suo Cavaliere
preferito."
"Ti
sopravvaluti. Pensi davvero che le importerebbe? Domani
avrà un nuovo
Cavaliere e non si ricorderà nemmeno il tuo nome."
"Forse."
Lui
sorrise di nuovo, senza lasciare la presa sui polsi di Clary. "O forse
sospenderà l'antidoto di tuo figlio e ti farà
guardare mentre lui soffre per la
tua ribellione."
Clary
si irrigidì e il
sangue le defluì dal viso mentre Jiliel rideva
più forte. "Non avrei mai
pensato di vedere questo giorno: Clarissa Morgenstern che si dimentica
di suo
figlio abbastanza a lungo da cercare di uccidermi. Ben fatto, figlia di
Valentine."
Lei
cercò di alzarsi ma
Jiliel approfittò del momento per rotolare sul pavimento,
portandola con lui.
Clary lasciò andare la bottiglia e si ritrovò
schiacciata per terra, con le
mani sopra la testa.
"Una
bella, piccola
lotta, Clary." Sorrise lui, muovendosi in modo da sistemarsi fra le sue
gambe e strusciando le anche sulle sue. Lei voltò la faccia,
disgustata,
percependo che era chiaramente eccitato. "E' stato piacevole vedere
finalmente un po' di fuoco dentro di te. Ma, credimi, fai scorrere di
nuovo il
mio sangue e ti regalerò una scatola con dentro le piccole
dita di tuo
figlio."
"Non
osare
toccarlo, bastardo!" Si dimenò sotto di lui, ma Jiliel
rafforzò la presa
sui suoi polsi, quasi al punto di frantumarli.
"Alla
Regina non
importa che il marmocchio sia tutto intero, dolcezza... può
usarlo lo stesso
per ciò che le serve. E' solo necessario che sia vivo."
Gli
occhi di Clary si
spalancarono, il suo cuore mancò un battito. "Usarlo?
Cosa... cosa sta facendo a mio figlio? Cosa vuole da lui?"
Jiliel
rise, una risata
fredda e cattiva, che le fece venire i brividi. "Ti piacerebbe saperlo,
vero?"
Si
sollevò di scatto, trascinandola
in piedi. "Tu e io abbiamo una serata interessante davanti a noi.
Nonostante abbia apprezzato il nostro piccolo combattimento, hai
bisogno di una
lezione sull'obbedienza, cara. E io sarò lieto di dartene
una."
"Cosa
sta facendo a mio figlio?"
Gridò lei, tirandogli
un altro pugno in faccia. Lui intercettò la sua mano e
usò la sua velocità
contro di lei, girandola fra le sue braccia e bloccandola con la
schiena contro
il suo petto, un braccio che le premeva sulla gola per soffocarla.
"Sentiti
libera di
immaginare, amore. Immagina il tuo bambino che piange, immaginalo
ferito, da
solo, magari chiuso in una stanza buia. Immaginalo spaventato, a
invocare una
madre che non può aiutarlo. Voglio che lo sogni tutte le
notti, voglio che tu
senta le sue grida disperate ogni minuto, sveglia o addormentata."
La
trascinò in camera e
la gettò sul letto. Lei tossì, cercando di
riprendere a respirare, ma lui le
era già addosso per legarle i polsi alla testiera del letto.
Clary
lo guardò, più
terrorizzata di quanto fosse mai stata, non per quello che Jiliel aveva
intenzione di farle, ma per William. Stava
soffrendo? Era
impaurito? Era
vero che la Regina lo stava usando per qualcosa? Ma che cosa?
"Sei
fortunata che
il tuo marmocchio sia il nipote di Sebastian Morgenstern."
Sogghignò lui
cominciando a svestirsi, una scintilla di pura malvagità
negli occhi. "Se
non fosse imparentato con lui, sarebbe già morto. Avresti
mai pensato che avere
il suo sangue nelle vene sarebbe stata la salvezza di tuo figlio?
Divertente,
vero?"
Con
un movimento
improvviso lacerò la maglietta di Clary, scoprendone la
pallida pelle e poi le
tolse i jeans, lasciandola solo con la biancheria.
"E'
solo un
bambino, lasciatelo in pace!" Gridò lei cercando di
liberarsi
disperatamente e con una forza tale che presto i polsi erano
sanguinanti e
pulsanti.
Jiliel
si limitò a
ridere, recuperando la sua cintura dai vestiti sul pavimento e
guardandola,
lussuria e crudeltà palesi nei suoi occhi. "E' quello che
ricevi quando ti
opponi alla Regina della Corte Seelie, mia cara. E ora, è
tempo della tua
piccola lezione. Ti prego, ti prego Clary, non imparare troppo in
fretta... ho
voglia di divertirmi."
***
Clary
si svegliò il
giorno dopo, nuda, sola e libera. Non c'era un centimetro della sua
pelle che
non fosse nero o blu, faceva perfino fatica a respirare. Sulla tenera
pelle
della sua spalla c'era ora una dolorosa cicatrice rossa, bruciata nella
schiena
come un marchio: una freccia elfica, il simbolo delle Fate inventato da
lei per
l'insegna del Conclave.
Clary
rotolò sul letto e
cadde sul pavimento, non aveva nemmeno le forze per tirarsi in piedi.
Il suo
stilo era nella borsa in ingresso e per raggiungerlo lei
strisciò sul pavimento
dalla camera da letto, stringendo i denti ogni volta che si muoveva,
sentendo
dolore ovunque. Il salotto era un disastro a causa della lotta della
notte
precedente, il tavolo era rovesciato e c'erano frammenti di vetro
ovunque.
Gemendo di dolore, Clary raggiunse lentamente l'entrata, lasciando
dietro di sè
una traccia insanguinata dove i vetri le graffiavano la pelle e quando
raggiunse finalmente la sua borsa, si fermò un attimo per
riprendere fiato
prima di tracciarsi addosso iratze
dopo iratze. Le mancavano le forze
per applicare una runa di guarigione più potente, come
quella che aveva fatto
per Jace anni prima, una che facesse sparire anche il marchio sulla
spalla. Non
avrebbe sopportato di tenerlo, come una schiava.
Quando
sentì di potersi
perlomeno alzare in piedi senza cadere per terra, barcollò
verso il bagno,
aprendo l'acqua calda della doccia e appoggiandosi alle piastrelle
ancora fredde,
lasciando che le gocce le cadessero addosso fino a inzupparla
completamente. Un
singhiozzo traditore le sfuggì dalle labbra e
improvvisamente cadde in
ginocchio, l'acqua calda che le pioveva sulla schiena facendola
sobbalzare dal
dolore, mentre le immagini della notte precedente prendevano il
sopravvento.
Pianse e pianse, sfogando tutta la sofferenza, la rabbia, tutto, fino a
essere
troppo stanca per continuare. Quando si alzò, i suoi occhi
erano vuoti, la
mente silenziosa tranne che per un pensiero: doveva salvare William da
qualunque
cosa la Regina gli stesse facendo. E poi Clary avrebbe ucciso lei e
Jiliel con
le sue mani, strappando loro un arto alla volta finchè non
avessero implorato
pietà.
E
quando lo faranno, mostrerò loro la stessa pietà
che loro hanno
avuto per la mia famiglia. Avevi ragione fratello, c'è una
parte oscura in me,
nascosta sotto il sangue angelico. Rimpiangeranno di aver mai
incrociato la
strada della figlia di Valentine. Lo giuro sull'Angelo, se ne
pentiranno.
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Capitolo 10 *** Come sorelle ***
Il
rumore era molto
forte e non accennava a scemare, realizzò debolmente Clary,
cercando di aprire
gli occhi. Era quasi svenuta sul letto prima, il corpo ancora coperto
di
lividi; ci sarebbe voluta l'intera giornata e qualche iratze
in più per rimettersi, anche se gli Shadowhunters guarivano
in fretta. Concentrandosi sul rumore, finalmente riuscì a
riconoscerlo come
qualcuno che bussava ripetutamente alla porta, con una violenza tale
che stava
per buttarla giù. Era doloroso, ma Clary riuscì
ad alzarsi e mettersi una
vestaglia addosso prima di avviarsi lentamente verso l'ingresso: voleva
essere
sicura che il marchio sulla spalla fosse coperto.
"Clary!"
Sentì gridare dal
corridoio. Si
morse un labbro,
riflettendo se cosa fare ma poi sospirò e aprì la
porta.
Isabelle
era lì, la mano
alzata per bussare ancora, ma quando la vide impallidì e la
abbassò lentamente.
"Per l'Angelo, Clary..."
Lei
non rispose,
limitandosi a girarsi e dirigersi verso il divano, dove si sedette
cercando di
non gemere dal dolore. Isabelle entrò, notando la
distruzione presente nel
salotto, il tavolo rovesciato, i frammenti di vetro ovunque.
"E'
stato quel
bastardo, vero?" Izzy si sedette vicino a lei, toccandole appena il
viso
gonfio prima di tirare fuori lo stilo per guarirla. "Vorrei che ci
fosse
qui Simon," borbottò, "le sue rune funzionano meglio delle
mie su di
te."
"Se
non si fosse trattato
di te, non avrei aperto." Sussurrò Clary, sentendo diminuire
il dolore.
"Non voglio che mi veda così."
"Avrebbe
buttato
giù la porta." Commentò Isabelle. "Quando non sei
venuta all'Istituto
stamattina, ci siamo preoccupati tutti ma ho convinto i ragazzi che
sarebbe
stato meglio se fossi venuta qui da sola. Se avessero trovato Jiliel
qui con
te, non credo che sarebbero stati in grado di trattenersi."
"E tu si?"
Sospirò Clary, chiudendo gli occhi e
appoggiandosi
all'indietro sul divano.
"Sono
brava a
nascondere le emozioni, l'ho fatto per anni, ricordi? E so aspettare il
momento
giusto per colpire. Anche se," continuò, la rabbia che
trapelava dalle sue
parole," vorrei che il momento giusto fosse adesso. Cosa è
successo?"
Clary
non rispose per un
lungo momento, poi aprì gli occhi, guardando la bella
ragazza dai capelli neri.
"Izzy, mi disp..."
"Non
voglio sentire
niente del genere." La interruppe lei, alzando la mano. "Non voglio
sentire quanto ti dispiace. Non voglio sentirti dire che non avevi
scelta."
La
stava guardando con
rabbia, il corpo rigido, le labbra serrate in una linea bianca.
"C'è
sempre una scelta, Clary. Saresti potuta venire da noi quando
è successo e
risparmiare a tutti, ma soprattutto a te stessa e Jace, sei mesi di
agonia.
Avremmo potuto aiutarvi! Avremmo potuto cercare prima una via d'uscita!
E ora
tu non saresti qui, nera e blu, picchiata e sanguinante, e William
sarebbe già
a casa, dove deve stare."
Clary
abbassò gli occhi,
le mancava la forza per arrabbiarsi. "Pensavamo..."
"Lo
so cosa
pensavate. Pensavate di non poterne uscire e che se non l'avessimo
saputo
saremmo stati al sicuro dalla Regina della Corte Seelie. Ma nessuno
è al
sicuro, Clary. Quando scoppierà la guerra, nessuno
sarà al sicuro. Dobbiamo
essere pronti e l'unica cosa che avete ottenuto tenendo il segreto,
è stata di renderci
ciechi e sordi e impreparati a questa guerra." Isabelle
respirò
profondamente, cercando di calmarsi. "Ora basta. Prenderò a
calci te e
Jace quando tutta questa storia sarà finita, ma ora devo
sapere cosa è successo
qui. Parla."
"Ho
lottato. Voleva
dormire con me e mi sono ribellata." Clary cominciò a
spiegare, cercando di tenere la voce il più piatta
possibile. Forse se avesse
sputato fuori tutto in una volta, sarebbe stato più facile.
"Non l'avevo
mai fatto prima, ma sapere che non ero più sola mi ha dato
la forza di
provarci. Stavo per ucciderlo quando mi ha parlato di William e mi ha
detto che
se mi fossi ribellata non gli avrebbero più dato l'antidoto."
"Per
l'Angelo,
voglio ucciderlo così tanto."
Sibilò
Izzy, serrando i pugni.
"Poi
mi ha legata
al letto. E poi..."
"E
poi è successo
questo." Disse Isabelle, indicando il corpo di Clary, senza il bisogno
di
sentire ulteriori dettagli. Voleva abbracciare la sua amica, stringerla
e farla
sentire meglio, ma aveva paura di farle del male, peggiorare le sue
condizioni.
"E'
sempre molto
violento, ma stanotte era furioso. Credo che il fatto di averlo
picchiato, di
averlo quasi ucciso, gli abbia fatto capire che l'unico motivo per cui
è ancora
vivo è William. Voleva punirmi. E' andato avanti tutta la
notte, non si è mai
fermato una volta e se non mi stava violentando, mi stava picchiando.
Prima di
andarsene ha detto che sarebbe tornato stasera e che sperava che avessi
imparato la lezione. Oppure no,
così avrebbe potuto
darmene
un'altra."
"E'
un idiota."
Isabelle deglutì nel sentire il tono quasi normale della
voce di Clary, mentre
raccontava di come era stata violentata e torturata. Era diventata la
norma per
lei ormai? Era andata avanti così a lungo da non ferirla
più? Come
avevano potuto essere così ciechi? Begli amici che erano.
"Come pensava
che potessi spiegarci le tue condizioni?"
"Pensava
che sarei
rimasta qui fino alla mia guarigione. Che è quello che avevo
intenzione di
fare, perchè era quello che avrei fatto quando non sapevate
nulla."
"Per
l'Angelo,
questa situazione è un disastro." Izzy si alzò,
passandosi una mano fra i
capelli. "Ora so come si è sentito Simon quando è
tornato a casa ieri e ha
dovuto lasciarti qui. Quando saprà cosa è
successo, impazzirà."
"Non puoi
dirglielo!" Clary la
guardò
allarmata. "Ti
prego, non devono saperlo. E' per questo che non volevo farmi vedere da
nessuno."
"Eppure
mi hai
lasciata entrare." Notò Isabelle, socchiudendo gli occhi.
"Perchè
so che non
ti saresti arresa. Se non avessi aperto la porta, avresti chiamato
tutti e
sarebbe stato peggio." Clary sorrise, ma il suo era un sorriso triste.
"E tu sei forte, tu capisci che devo fare tutto questo anche se mi
ripugna."
"Ma
non posso
lasciar correre stavolta. Devono sapere cosa ti sta facendo quella
bestia."
"Izzy,"
la
pregò Clary. "Non posso permettere che Jace lo sappia. Ho
già fatto
l'errore di dirgli che Jiliel..." Deglutì. "E'
già difficile a
sufficienza per lui. Non voglio aggiungere altro. Non può
proteggermi e questo
lo ucciderebbe."
Isabelle
rimase in
silenzio per qualche minuto, i pugni che si serravano e si rilassavano,
ma alla
fine chinò la testa. "D'accordo. E' una tua scelta e la
rispetterò. Ma
questo non fa che aggiungersi al dolore che infliggerò a
quel bastardo prima
che muoia."
Clary
sospirò di
sollievo, anche se aveva il cuore pesante. Jiliel sarebbe tornato
quella sera e
lei non voleva fare altro che fuggire lontano, ma non poteva.
Alzò di nuovo lo
sguardo, raccogliendo ciò che restava del suo coraggio. "Iz,
c'è dell'altro. Stanno facendo qualcosa a William."
La ragazza
si girò bruscamente verso
di lei.
"Cosa?"
"Non
lo so. Ma ieri
Jiliel mi ha detto che la Regina sta usando William per fare qualcosa,
e non
credo stesse parlando del ricatto. Le serve per qualche motivo, ma non
so il
perchè. Ha detto che se William non fosse il nipote di
Sebastian, sarebbe già
morto... che avere il suo sangue lo ha salvato. Mi ha detto che soffre,
che
piange, che..." Clary si fermò respirando profondamente e
cercando di non
piangere. "Devo fermarla. Qualunque cosa gli stia facendo, devo
fermarla,
ma non so come! Forse Simon ha ragione, forse dovremmo andare alla
Corte
Unseelie e vedere se..."
"Clary,"
Izzy
la interruppe, "Kaelie ha accettato di aiutarci."
La
rossa si alzò
improvvisamente, mordendosi il labbro per il dolore improvviso alle
gambe. "Davvero?"
"Si."
Isabelle
annuì. "Ieri notte Jace è andato a parlarle ed
è riuscito a
convincerla."
Clary
impallidì e si
sedette di nuovo con lentezza, gli occhi svuotati da ogni emozione. "Questo
significa che..."
"No."
Isabelle
si sedette accanto a lei. "No, non l'ha fatto. Ci ha detto che non
è stato
necessario. Kaelie si è accorta del suo tentativo di farla
innamorare di lui e
ha comunque accettato di aiutarci in cambio nel nostro aiuto nel
Consiglio,
così che le Fate non vengano punite quando tutto questo
sarà finito."
"Che
non vengano
punite?" Gridò Clary, piena di rabbia. "Hanno torturato mio
figlio!
Mi hanno costretta a tradire il Conclave! Hanno..."
"Clary."
Isabelle la prese per le spalle, facendo attenzione a non farle
male. "Lo so.
Nemmeno io sono d'accordo. Ma
abbiamo bisogno dell'aiuto
di Kaelie, ancora di più adesso, dopo quello che mi hai
detto. Pensiamo alla
punizione dopo aver riavuto
indietro
William."
Clary
deglutì e cercò di
calmarsi, chiudendo gli occhi. "E' solo che... io voglio ucciderla,
Izzy,
voglio cancellare la Regina della Corte Seelie dalla faccia della
terra... e
questo mi spaventa. Non mi sono mai sentita così tanto la
figlia di mio padre
come adesso. Ho così tanto odio dentro di me che ho paura
che mi consumi e non
voglio che mio figlio abbia un mostro come madre."
"William
ha un'eroina
per madre." Isabelle le prese le mani fra le sue. Non stava sorridendo,
era
preoccupata e arrabbiata e le sue parole non donavano conforto, erano
brusche
ma vere, proprio come la stessa Isabelle. "Hai sopportato tutto questo
da
sola per mesi, Clary, facendo quello che pensavi fosse meglio per tuo
figlio.
Ti è permesso provare odio, rabbia e voler agire in base a
questi sentimenti.
In realtà, dovresti
essere
arrabbiata, o non ne uscirai, devi sfogarti se non vuoi rimanere
schiacciata.
Quindi, riprenditi e dirigi tutto quell'odio dove deve andare: a farla
pagare a
quella strega."
"Vorrei
che fosse
così semplice. A volte nemmeno mi riconosco. Mi guardo allo
specchio e penso
che non sarò mai quella di prima... una madre per mio
figlio, una moglie per
mio marito. Izzy, non riesco nemmeno a guardare Jace ora, ogni volta
che ci
provo sento le sue mani addosso. Mi
sento così sporca, così indegna di essere amata
di nuovo..."
"Ora
non fare
l'idiota." Isabelle la interruppe, stringendole la mano. "Sei
stata violentata, Clary. Per mesi. Non
eri consenziente, sei stata costretta. In realtà sono
sorpresa
che tu abbia permesso perfino a Simon di toccarti, se fosse successo a
me credo
che rifiuterei chiunque sia un maschio, inclusi i miei fratelli. Ma
forse non
vedi Simon come un maschio, dopotutto."
La guardò e ammiccò.
E nonostante
fosse stanca, ferita e sanguinante, Clary rise. "Beh, sono sicura che
lui
sia felice a sufficienza per il fatto che tu
lo vedi come un uomo."
Isabelle
sorrise e poi
sospirò. Era il momento, giusto? Aprì la bocca e
la richiuse ma quando notò che
Clary la stava guardando con curiosità, deglutì e
si buttò. "Immagino di
si, visto che mi ha chiesto di sposarlo."
Clary
spalancò gli occhi
e trattenne il respiro per un secondo prima di scoppiare a ridere e
gettarsi
fra le braccia dell'altra ragazza. "Oh mio
Dio, Izzy!
Quando? Come? Oh, è fantastico!"
"Sei
felice? Davvero?"
"Ma certo
che si!" Clary rise ancora. "Perchè
non dovrei?
Per l'Angelo, questa è la notizia più bella di
sempre! Avete
già fissato una data? Vi sposerete ad Alicante? E l'anello?
Dov'è l'anello? Sono
sicura che ci sia
un anello. Simon è nato Mondano e di
sicuro ti ha preso un anello. Un anello di fidanzamento, non
uno con le
stemma della famiglia. O lo
prenderò a calci."
Isabelle
strinse l'amica
e gli occhi le si riempirono improvvisamente di lacrime. Aveva
così paura della
reazione di Clary, ma vederla così piena di gioia era
meraviglioso. Un
terribile peso le si sollevò dal cuore e lei sorrise. "Si,
c'è un anello
ma visto che ancora non lo sapevi, l'ho lasciato all'Istituto. Te lo
farò
vedere più tardi, è bellissimo! Non abbiamo
ancora fissato una data, ma
vorremmo farlo il prossimo anno."
"Magnifico!
Sarà la festa
più bella della storia.
Isabelle Lightwood si sposa, non riesco ancora a crederci!"
Izzy
rise, scuotendo la
testa. "Si, è strano vero? Ti ricordi di quando io e Simon
ci siamo
lasciati, quando lui era all'Accademia? Non avrei mai pensato che
saremmo
finiti così a quel tempo."
"Io l'ho
sempre saputo." Rispose Clary con
sicurezza. "Siete
fatti l'uno per l'altra, dovevate semplicemente smettere di essere
così
cocciuti al riguardo."
"Ehi,
è stata colpa
sua!" Rise Isabelle. "Io ero perfino andata all'Accademia a dire a
tutti che era il mio ragazzo. E poi lui è diventato
paranoico e mi ha
mollata."
"Beh,
immagino che
ora non voglia più mollarti... mai più." Clary si
appoggiò al divano,
sorridendo. "Oh, Izzy, mi sento meglio ora. Sembra che il mondo abbia
ancora qualche bella sorpresa in serbo per me, dopotutto. Sapere che tu
e Simon
vi sposate mi fa felice, mi fa sentire in pace. Come un pezzo di un
puzzle che
finalmente trova il suo posto."
"Ero
preoccupata
che ti saresti intristita." Disse Isabelle, sospirando di sollievo.
"Pensavo che forse ti avrebbe ricordato..."
"Me e
Jace?" Chiese Clary. "Izzy,
non potrei
mai essere triste per le tue nozze. Sei come
una sorella per
me! E Simon? E'
il mio migliore amico da sempre. Voi due insieme mi riempite di gioia."
"Sarai
lì al mio
fianco, vero?" Isabelle la guardò con un sorriso sulle
labbra. "Sarai
la mia damigella?"
Clary
sentì nuove
lacrime riempirle gli occhi mentre annuiva e abbracciava l'amica. "Ma
certo. Ma certo che lo sarò."
***
Le
ci era voluta ogni
goccia di volontà per lasciare Clary da sola quella sera.
Isabelle si sentiva
malissimo. La rossa aveva perfino rifiutato di andare da Magnus
perchè potesse
aiutarla a guarire più in fretta, dicendo che Jiliel se ne
sarebbe accorto.
Quel figlio di puttana, non vedeva l'ora di affrontarlo con la frusta
in mano.
Ma ora dovevano pensare a William e a quello che Jiliel aveva detto.
Quindi la
Regina aveva un altro motivo per cui aveva preso Will? Qualcosa legato
al suo
sangue? Eppure Sebastian e William non avevano niente in comune. Il
sangue di
Sebastian era demoniaco, quello di William era probabilmente molto
più che
angelico, considerando chi erano i suoi genitori. Quindi
perchè il sangue
avrebbe dovuto avere importanza? Ovviamente lei sapeva che la Regina
dormiva
con Sebastian prima che lui morisse, ma in qualche modo dubitava che
volesse
William solo perchè era il nipote di quel mostro. La Regina
della Corte Seelie
aveva dimostrato molte volte di non avere un cuore e affezionarsi a un
bambino,
volere un ricordo del suo amante morto, non era proprio nelle sue
corde. Quindi
doveva trattarsi di qualcos'altro, qualcosa collegato al fatto che
William
facesse parte della famiglia di Sebastian. Ma cosa?
Isabelle era frustrata, sapere che stava succedendo qualcosa
e non poterci fare niente, la faceva diventare matta. Ovviamente c'era
la
possibilità che Jiliel avesse mentito a Clary per farla
soffrire, ma Clary le
aveva detto che il fatato era arrabbiato in quel momento: quando si
è furiosi si
tende a sputare fuori la verità, non una qualche elaborata
bugia.
"Dannazione."
Sussurrò piano,
respirando
profondamente. Si
fermò e aprì la porta di Taki, andando a sedersi
a uno dei
tavoli. Quel posto era pieno di ricordi, felici e infelici. I
più preziosi
riguardavano gli anni in cui era più giovane, ancora una
bambina per il
Conclave e la sua preoccupazione più grande era se avrebbe
appiccato il fuoco
alla cucina o no, tentando di fare da mangiare. Prima di incontrare
Clary e
Simon non avrebbe mai pensato che sarebbe rimasta coinvolta in qualcosa
come la
Guerra Mortale e la Guerra Oscura e tantomeno che vi avrebbe giocato
una parte
così importante. Aveva guadagnato molto, ma aveva anche
perso molto, durante
quelle guerre; le avevano dato Simon, ma le avevano portato via Max. Il
suo
fratellino, sarebbe stato adolescente ora, pensò Izzy, con
dolce nostalgia. Il
dolore era ancora lì e non sarebbe mai svanito
perchè, nonostante tutti le dicessero
il contrario, lei pensava ancora di essere responsabile per la sua
morte. Se
solo gli avesse creduto quando le aveva detto di aver visto qualcuno
scalare le
torri antidemoni...
Sebastian.
Era tutta
colpa di quel maledetto mostro. Lo odiava ancora, lo avrebbe sempre
odiato,
eppure doveva ammettere che era stato il mezzo attraverso il quale lei
aveva
riavuto Simon. Se Sebastian non avesse rapito Jace, Simon non avrebbe
mai perso
il Marchio di Caino e Asmodeus non sarebbe stato in grado di prendere
la sua
immortalità. Eppure, avendone la scelta, lei avrebbe
cambiato qualcosa? Avrebbe
cancellato l'esistenza di Sebastian per avere indietro Max, sapendo che
così
avrebbe perso Simon? Era sufficientemente onesta con se stessa da
ammettere che
probabilmente non si sarebbe mai impegnata con Simon se lui fosse
rimasto un
vampiro. Lei non era Alec. Il pensiero di invecchiare mentre Simon
rimaneva per
sempre un ragazzo di sedici anni era, e sarebbe sempre stato,
insopportabile.
Le lasciava un sapore amaro sulla lingua sapere che doveva a Sebastian
l'amore
della sua vita. E ora sembrava che dovesse ringraziarlo anche per la
vita di
suo nipote.
"Per
essere morto
da sette anni, hai di sicuro un effetto a lungo termine." Mormorò,
chiudendo gli occhi.
"Cosa
ti
porto?" La voce famigliare la strappò ai suoi pensieri e
Isabelle sollevò
lo sguardo, guardando la cameriera bionda che stava aspettando. Non
sapeva
ancora se la odiava o no, dopo tutto quello che le avevano raccontato
di lei,
ma era disposta a dare alla fata il beneficio del dubbio, visto che
aveva
accettato di aiutarli. Per quanto riguardava il suo popolo,
personalmente Izzy
sarebbe stata felice di vedere l'intero Regno Fatato bruciato fino alle
fondamenta, ma capiva l'amore della pixie per la sua gente. Anche lei
amava i
Nephilim.
E
ora era tempo di
mettere alla prova quella nuova alleanza: dovevano sapere cosa stava
succedendo
a William, e dovevano saperlo nel più breve tempo possibile.
Isabelle
sorrise a Kaelie. "Parliamo un
po'."
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Capitolo 11 *** Un segreto ben nascosto ***
La
luna era alta nel
cielo quella notte e Kaelie la guardò per un attimo,
respirando profondamente e
cercando di restare calma. Aveva tutti i motivi del mondo per avere
paura però,
dal momento che stava per andare alla Corte a spiare per i Nephilim.
Quello
che le aveva raccontato
Isabelle la preoccupava molto perchè non aveva la
più pallida idea di cosa la
Shadowhunter stesse dicendo, e non avrebbe dovuto essere
così. Sapeva con
certezza, una cosa che le aveva assicurato immediatamente, che William
non era
nè ferito nè sofferente. In realtà
aveva un esercito di balie, piccole fate che
lo intrattenevano durante il giorno e che si assicuravano che
mangiasse,
dormisse e si divertisse. E durante la notte non era mai da solo,
diverse fate
lucciole dormivano sul soffitto e accanto al suo letto; lui le adorava
e loro
lo tenevano d'occhio mentre dormiva.
Eppure
le notizie che
Isabelle le aveva portato venivano da Jiliel, e Kaelie conosceva suo
fratello:
gli piaceva mentire, ma voleva che le sue bugie fossero credibili,
quindi le
mescolava sempre con un po' di verità. E se Jiliel aveva
mentito sui
maltrattamenti a William, allora era possibile che la Regina della
Corte Seelie
lo stesse effettivamente usando per qualcosa. Il problema era che
Kaelie non ne
sapeva assolutamente nulla, mentre suo fratello si.
La
domanda era: perchè?
Come carceriera di Jace, lei
avrebbe
dovuto essere aggiornata su qualunque cosa riguardasse il bambino e
sapere che
invece non era così la spaventava: forse la sua missione di
spia sarebbe finita
ancora prima di cominciare, forse la Regina non si era mai fidata di
lei o
aveva sospettato che prima o poi l'avrebbe tradita.
Beh, devo
farlo
comunque. Spero solo di non infilarmi dritta in una trappola.
***
Camminare
nella Corte di notte era come entrare in una favola: le
luci era fioche, una brezza leggera faceva ondeggiare dolcemente le
tende di
farfalla e l'aria era piena di sussurri delicati, il suono delle fate
addormentate. Kaelie aveva sempre adorato passeggiare nei corridoi
quando c'era
silenzio, quando non c'erano feste, la faceva sentire in pace, a casa.
Ma
quella notte era spaventata e i familiari passaggi sembravano pieni di
ombre
pronte a fermarla, afferrarla e gettarla per terra come la traditrice
che era. Era
davvero necessario farlo?
Ne valeva la pena? Era
davvero sicura che i
Fatati non potessero vincere quella guerra? Dopotutto non sarebbero
stati soli
a combattere gli Shadowhunter e se Clarissa Morgenstern non era
un'idiota, di
sicuro l'aveva capito anche lei, dopo tutte le riunioni del Consiglio a
cui
aveva partecipato. Eppure il suo cuore non trovava pace al pensiero
delle
prossime battaglie. Sapeva che tutti continuavano a ripetere che il
mondo era
esistito prima dei Nephilim e avrebbe continuato ad esistere anche dopo
che gli
Shadowhunter fossero stati spazzati via, ma Kaelie non ne era
così certa: fin
dalla battaglia di sette anni prima, si erano diffuse molte storie
sullo
straordinario viaggio di Jace Herondale e dei suoi amici, storie del
mondo di
Edom e di come ora fosse sterile, morto, perduto. E anche storie sugli
Shadowhunter estinti che una volta vi avevano vissuto, che una volta
avevano
combattuto contro quegli stessi demoni che volevano conquistare anche
il loro
mondo. Se Edom aveva subito una sorte così terribile
perchè non c'erano più
Nephilim a proteggerlo, chi poteva onestamente pensare che la stessa
cosa non
sarebbe accaduta anche alla Terra? Alla Regina della Corte Seelie
sembrava non
importare. Forse pensava che sarebbe stata morta da tempo prima che una
cosa
del genere avvenisse, ma era un sentimento così egoista che
Kaelie sentiva
montare la rabbia al solo pensiero. Condannare l'intero mondo solo
perchè aveva
perso un amante...
La
fata smise di
muoversi e si nascose fra le ombre del corridoio, appiattendosi il
più possibile
lungo il muro.
Jiliel. Suo
fratello era lì. Ma
Isabelle le aveva
detto che sarebbe stato con Clary... era l'unica ragione per cui Kaelie
aveva
deciso di entrare alla Corte quella notte, non voleva suo fratello in
giro mentre
investigava. Eppure lui
era lì. E aveva in
braccio
William, addormentato. Dove
lo stava portando? Cosa stava succedendo?
Kaelie
si sforzò di
essere il più silenziosa possibile mentre guardava suo
fratello allontanarsi, una
mano sulla bocca per impedirsi di emettere alcun suono. Se l'avesse
scoperta,
lei si sarebbe dovuta inventare una bugia credibile per giustificare la
sua
presenza lì, sempre che il solo fatto di averlo visto con il
bambino non fosse
sufficiente a condannarla. Se era in missione per la Regina non avrebbe
avuto
alcun rimorso nell'ucciderla, sorella o no. Jiliel era così:
senza pietà e
fieramente leale alla Regina della Corte Seelie. E Kaelie non avrebbe
avuto
possibilità contro un guerriero come lui. Doveva essere
molto silenziosa e
molto attenta se non voleva essere scoperta.
Il
Fatato camminava
lungo il corridoio, stringendo con cautela il bimbo addormentato. Dopo
un po'
Kaelie riconobbe la strada che portava alle camere personali della
Regina ma
quando Jiliel entrò, lei sentì una porta aprirsi,
una porta che non avrebbe
dovuto trovarsi lì. Lei era una delle dame ammesse
all'interno, quindi sapeva
com'erano fatte le stanze della Regina e non c'era una porta nella
parete più
lontana. Eppure, quando sbirciò dentro, ne vide una
chiudersi lentamente, una
porta perfettamente nascosta nel muro, come se ne facesse parte. Corse
per
bloccarla prima che si chiudesse e il battente si fermò
senza alcun rumore.
Così c'era un passaggio segreto, uno che lei non conosceva.
Si, Jiliel sapeva
qualcosa sulla Regina, qualcosa che coinvolgeva William, ora ne era
sicura.
Kaelie sentì suo fratello scendere alcuni gradini di pietra
e i suoi passi
svanirono in lontananza prima che lei riuscisse a trovare il coraggio
sufficiente a seguirlo. Sinistra, destra, poi ancora sinistra, era in
una parte
della Corte che non aveva mai visitato. Il soffitto sembrava fatto di
pietra e
le pareti assomigliavano sempre di più a quelle di una
caverna. Alla fine delle
scale brillava una luce fioca e quando Kaelie raggiunse il fondo, si
guardò
intorno rimanendo nascosta.
Era
una caverna di
pietra, molto grossa, con diversi cristalli luminosi sulle pareti e sul
soffitto che costituivano l'unica fonte luminosa: i loro colori
regalavano alla
stanza un luccichio debole ma prezioso, come se fosse immersa
nell'arcobaleno.
Kaelie si nascose in un punto buio al di sopra degli ultimi gradini e
nell'angolo più lontano vide la Regina parlare con il suo
Cavaliere, gli occhi
pieni di rabbia.
"Ha
fatto
cosa?" Stava chiedendo, la voce fredda come le pareti di pietra.
"Le
ho dato una
lezione. Non
oserà più
attaccarmi." Jiliel si
permise un ghigno. "Stanotte
avevo intenzione di dargliene un'altra per
assicurarmi che avesse capito qual è il suo posto, prima che
mi richiamaste
qui."
"Assicurati
che
tenga la testa abbassata," ordinò la Regina, "ma non
ucciderla e non incapacitarla
troppo a lungo. Ho bisogno del suo lavoro al Consiglio prima di
consegnarla."
"Si,
mia Regina.
Penso di poter affermare che lei non ha la minima idea dei nostri
piani: crede
ancora che stiamo cercando di rientrare nelle grazie del Conclave e che
lei è
la persona che deve persuaderli." Jiliel si sistemò meglio
William in
braccio e proprio in quel momento il bambino aprì gli occhi
e si guardò
intorno. Kaelie notò il sollievo sulla faccia del fratello
quando mise giù
William e il piccolo cominciò ad aggirarsi nella caverna
come se sapesse
perfettamente dove si trovava.
"Bene."
Stava dicendo intanto la Regina. "Se
non sospetta
niente, non li avvertirà. Ora dimmi: com'è andata
con il clan di Buenos
Aires?"
"C'è
voluto un po'
per convincerli." Rispose il guerriero alzando le spalle. "Non erano
troppo felici di allearsi con noi ma quando ho menzionato la
ricompensa, hanno
improvvisamente cambiato idea."
"Ma
certo,"
rise lei," devo ancora incontrare un vampiro che non voglia camminare
nel
sole di nuovo. Forse l'eccezione è il clan di New York, ma
non oso chiederlo
anche a loro, sono troppo vicini ai Nephilim."
"Il
clan di Buenos
Aires dovrebbe attaccare i licantropi fra qualche giorno."
"Perfetto."
La
Regina annuì. "I licantropi sono sempre stati gli alleati
più vicini ai
Nephilim, ancora di più ora che il loro rappresentante ne ha
sposata una. Una
volta che ci saremo sbarazzati di loro, gli Shadowhunter saranno da
soli. Gli
stregoni non interferiranno e i vampiri sono con noi. Ci stiamo
avvicinando,
mio Generale."
"Secondo
i rapporti
di Clary, i Nephilim non hanno ancora idea di cosa ci sia dietro gli
attacchi
dei vampiri. Continuano a credere che si tratti dell'antica faida con i
licantropi. Non sapranno da che parte girarsi quando li colpiremo."
La
Regina della Corte
Seelie sorrise, un luccichio predatore nei suoi occhi. "Pazienza
Jiliel,
dobbiamo avere pazienza. Quando colpirò, sarò
veloce e letale. Abbatterò
Alicante e la brucerò fino alle fondamenta,
costringerò i Nephilim a
nascondersi come topi e mentre noi li combatteremo durante il giorno, i
miei
alleati li attaccheranno di notte. Gli Shadowhunter non avranno un'ora
di
riposo fino a quando l'ultimo di loro non sarà morto. Beh,"
concluse
ridendo, "tutti tranne due."
"Si,
presumo che
quei due rimarranno vivi finchè i vampiri non avranno finito
con loro. Non
avrei mai immaginato che il sangue angelico potesse compiere un tale
miracolo." Jiliel permise a un'ombra di dubbio di insinuarsi nella sua
voce, ma sapeva che niente avrebbe influenzato la Regina. Ormai non le
importava più di avere ragione o torto e la prospettiva di
far torturare Clary
e Jace per il resto della loro vita aveva troppa attrattiva
perchè lei
permettesse a un dubbio di fermarla.
"Deve
essere per
forza così." Come si aspettava la Regina lo
guardò socchiudendo gli occhi,
sfidandolo a contraddirla. "Sebastian ha detto che è stato
Jace in persona
a dire a Valentine di aver dato il suo sangue al vampiro. Prima di
quell'evento, il Diurno era un normale vampiro e successivamente poteva
camminare alla luce. Se non ti fidi della parola di Sebastian, allora
devi fidarti
delle cicatrici che tua sorella ha visto addosso al ragazzo. Venivano
dal morso
di un vampiro e lui è troppo forte per aver permesso a uno
di loro di andargli
così vicino. Si è
lasciato mordere di
proposito. E l'avrebbe fatto solo per qualcuno di cui si
fidava. Il sangue
angelico nelle sue vene deve essere ciò che ha trasformato
quel ragazzo in un
Diurno. Deve essere così."
Kaelie
trattenne il
respiro, sentendo il sangue defluire dal volto: ricordava quelle
cicatrici, ricordava
di averne parlato con Jiliel. Erano sul braccio e sul collo di Jace e
lei aveva
visto abbastanza morsi di vampiro nella sua vita da riconoscerne uno.
Ora
capiva perchè suo fratello era sembrato così
interessato a quell'informazione e
un gelido fremito le attraversò la spina dorsale. Era questo
il motivo per cui
i vampiri avevano accettato di aiutare il Popolo Fatato: la Regina
aveva
promesso loro Jace e Clary, i due Shadowhunter con un eccesso di sangue
angelico nelle vene. Con loro, potevano trasformare tutti i vampiri in
Diurni.
"Ho
sempre avuto
intenzione di chiedervi una cosa." Jiliel guardò la Regina
con curiosità.
"Il bambino fa parte dell'accordo? Dopotutto ha ancora più
sangue angelico
dei suoi genitori."
"No."
La
Regina della Corte Seelie fece un passo in avanti e prese in braccio
William,
sostenendolo con cura. Il bambino non cercò di ribellarsi,
ma nemmeno abbracciò
la fata. "Non lascerò che il nipote di Sebastian sia
rinchiuso e trattato
come una cavia da esperimenti per il resto della sua vita."
"Siete
più che
disposta a lasciare a quel destino sua sorella, però."
"E'
stata Clarissa
Morgenstern ad ucciderlo." Replicò
lei, quasi sibilando. "Si
merita questo e molto altro. Ma il bambino è innocente. Lo
terrò con me. Presto
mi chiamerà
Madre, sarò l'unica famiglia che lui ricorderà. E
comunque, ho bisogno di lui.
Se Sebatian fosse vivo, le cose sarebbero diverse, ma ora William
è la mia
unica speranza. Ho bisogno che le voglia bene, che si prenda cura di
lei, devo
intrecciare così profondamente le loro vite che lui non
esiterà mai ad aiutarla
in qualunque modo le serva. Non lo lascerò mai andare.
Vivrà e morirà come uno
del Popolo Fatato."
Se
Kaelie si era mai
preoccupata per il futuro di William, ora tutti i suoi dubbi erano
stati
spazzati via. Conosceva quello sguardo negli occhi della Regina ed era
chiaro
che la donna era affezionata al bambino che teneva in braccio. In
qualche modo
William aveva conquistato il suo cuore di ghiaccio, aveva scavato una
nicchia per
sè al suo interno, e senza saperlo si era guadagnato la
salvezza. Ora rimaneva
solo un'ultima, importante domanda: perchè la Regina aveva
bisogno di lui? A
cosa poteva mai servirle un bambino Nephilim? E chi era "lei"?
La
Regina si girò
silenziosamente, tenendo William fra le braccia e il bambino si
agitò
allungando la mano come se volesse toccare qualcosa. Kaelie lo
sentì ridere,
uno dei pochi suoni che William emettesse da quando era stato rapito.
"Si, mio
piccolo Principe. Andiamo
da tua
sorella." Disse la Regina, accarezzando i capelli di William.
Sorella? Ma
che...
Da
dove si trovava, Kaelie
non riusciva a vedere altro che la Regina, ora in piedi accanto a un
altare di
delicato marmo rosa sopra il quale era appoggiato un liscio cristallo
bianco,
dalla forma lunga, alta e ovale. Nonostante il cristallo fosse opaco,
qualcosa
era visibile al suo interno, qualcosa che Kaelie non riusciva a vedere
chiaramente. La Regina appoggiò la mano del bambino sulla
sua superficie e
mormorò qualcosa che Kaelie non riuscì a sentire.
La
mano di William
cominciò a brillare di un luccichio morbido e dorato, una
corda splendente che
partiva dal suo polso e circondava gentilmente il cristallo,
immergendolo nella
sua luce. E quando la Regina si mosse di un passo, rendendo possibile a
Kaelie
guardare meglio, la fata smise di respirare per un secondo, gli occhi
spalancati dalla sopresa.
Immobile
e addormentata
dentro il cristallo, circondata dalla luce dorata, giaceva una bimba di
non più
di sei mesi. Una bimba che lei conosceva. Kaelie
ricordava quella
fragile figura, ricordava i corti capelli scarlatti che incorniciavano
i
lineamenti infantili. E anche se gli occhi della bambina erano chiusi,
lei
sapeva che erano di un verde brillante, come l'erba in primavera.
Ma
quella bambina
avrebbe dovuto essere morta. Avrebbe dovuto essere morta da quasi sei
anni.
Eppure, anche dopo tutto quel tempo, Kaelie l'avrebbe riconosciuta
ovunque.
Dopotutto era stata presente alla sua nascita.
Il
segreto più grande
della Regina.
La
Principessa della
Corte Seelie.
La
figlia di Sebastian
Morgenstern.
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Capitolo 12 *** Collasso ***
L'Istituto
non avrebbe
mai cessato di riempire Clary di stupore, dandole sempre la stessa
sensazione
di magnificenza, potenza e potere. Ogni volta che lo vedeva, le
prudevano le
dita dalla voglia di disegnarlo e la cosa la stupì
perchè erano secoli che non
prendeva più in mano una matita.
Erano
passati due giorni
dalla sua ultima visita e gli ultimi lividi sul suo corpo erano svaniti
quella
mattina, dopo che Clary si era sentita abbastanza in forze da
somministrare a
se stessa una delle sue rune di guarigione più potenti. E
che Jiliel fosse
dannato per non essersi trattenuto nemmeno un po', sapendo che lei
aveva a
disposizione mezzi speciali per rimettersi. La notte precedente non era
ritornato, come aveva detto che avrebbe fatto, ma di sicuro lei non si
lamentava della sua assenza. Forse il Fatato pensava che
così sarebbe stato più
divertente, minacciare di ritornare e picchiarla di nuovo e poi
lasciarla ad
attendere tutta la notte, tesa e pronta a reagire al minimo rumore,
chiedendosi
se i passi nel corridoio fuori dalla sua porta, erano i suoi. Non aveva
dormito
molto e si sentiva leggermente intontita dalla mancanza di riposo e
dall'energia che aveva richiesto applicare la runa che voleva, ma Clary
era soddisfatta.
Forse quando Jiliel l'aveva marchiata credeva che nemmeno le sue rune
avrebbero
potuto guarirla, ma si era sbagliato: sulla spalla di Clary non
rimaneva
nemmeno una cicatrice. E se la runa non avesse funzionato, lei era
pronta a
tagliarsi via la pelle pur di cancellare quel marchio infamante, anche
al costo
di tenere la cicatrice tutta la vita e di non poter mai più
usare il braccio.
Non avrebbe mai continuato a vivere marchiata come una
proprietà del Popolo
Fatato.
Inspirò
a fondo e cercò
di trovare il coraggio di varcare la soglia, sapendo che Jace e gli
altri erano
lì. Non c'era più bisogno di fingere, di
mostrarsi fredda per ingannare la sua
famiglia. Sorrise a quel pensiero: la sua famiglia. Le piaceva
considerarli
tutti parte del suo cuore, e sperava che il sentimento fosse
ricambiato, anche
dopo tutto quello che aveva fatto. Simon l'aveva perdonata e Isabelle
era
arrabbiata con lei, ma comunque dalla sua parte. Chissà cosa
pensavano Magnus e
Alec invece; dopo un inizio burrascoso, Clary era arrivata ad
apprezzare il
tranquillo Shadowhunter, la sua voce calma, i suoi profondi occhi
azzurri che
sembravano sempre guardarti dritto nell'anima e detestava pensare a
quanto Alec
potesse essere deluso nel sapere che lei e Jace li avevano ingannati
tutti, che
avevano mentito così a lungo.
Clary
sospirò e fece il
primo passo, chiudendo gli occhi. Le sembrava quasi di entrare per la
prima
volta, di scoprire nuovamente una nuova vita, come aveva fatto molti
anni
addietro. Prese l'ascensore e si diresse verso la palestra, ascoltando
i suoi
passi echeggiare nel corridoio, fino a quando si rese conto
improvvisamente di
non essere più sola.
Lo
sentì dietro di lei,
anche senza vederlo e smise di camminare sorridendo e appoggiandosi
all'indietro. Lui era lì, il suo petto ad accogliere la sua
schiena, le braccia
che le si chiudevano attorno alle spalle, le mani che accarezzavano
gentilmente
le sue.
"Ero
preoccupato." Sussurrò Jace,
baciandole
i capelli. "Stai bene?"
"Ora si."
Rispose lei, la voce non
più forte
di un respiro. "Ma mi sei mancato."
Lui
rafforzò la stretta.
"Quando non sei arrivata ieri, mi sono quasi precipitato al tuo
appartamento.
Isabelle mi ha convinto a non farlo, ma quando è tornata si
è rifiutata di
dirmi cos'era successo."
"Jace,
ti
prego..." Lei provò a muoversi, ma lui la stringeva troppo
forte.
"Dimmelo."
Mormorò al suo orecchio,
baciandolo lentamente. Le
sue labbra erano calde, morbide e gentili e Clary sentì un
brivido correrle giù per la schiena.
"Non
chiedermi niente. Ti prego."
"Ti
ha fatto di
nuovo del male? Ti ha toccata di nuovo?" Ora le sue labbra correvano
lungo
la mascella, su e giù, baciandole leggermente la guancia e
l'angolo della
bocca.
"Non
è il tuo
fardello." Sussurrò lei, cercando di tenere la voce sotto
controllo.
"Non voglio che sopporti anche questo."
"Niente
che ti
riguardi sarà mai un fardello per me. Io sono qui per te,
sarò sempre qui per
te."
Clary
deglutì, chiudendo
gli occhi e mordendosi il labbro inferiore. Era così bello
stare di nuovo fra
le sue braccia, la riempiva di calma e sicurezza, come se niente
potesse mai
farle del male, se Jace era di guardia. Non voleva pensare a niente
altro ora.
Voleva respirarlo, sentirlo, inalarlo a fondo, sfiorargli il viso con
le dita
per imparare di nuovo ogni sua linea, ogni curva del suo corpo.
"Baciami."
Sussurrò. "E'
tutto quello
che voglio. Baciami.
Prendimi. Insegnami
di nuovo che
sono tua, che niente altro conta tranne noi."
Era
una supplica
disperata, ma lei ne aveva bisogno dopo ciò che era successo
con Jiliel, dopo
ciò che aveva subito. Doveva cancellare il suo tocco come
nessuna doccia era in
grado di fare, aveva bisogno che Jace la reclamasse così
completamente da farle
dimenticare anche il nome del Fatato. Dimenticare tutto, voleva
dimenticare
quegli orribili sei mesi, il ricatto, il fatto che la sua vita ora
fosse un
inferno, un inferno che attendeva solo che lei tornasse al suo
appartamento per
soffocarla nuovamente fra le fiamme. Così, quando Jace non
fece niente altro
che stringerla, insicuro su come agire, Clary si girò fra le
sue braccia,
chiuse le mani attorno al suo collo e lo tirò verso di
sè. La sua bocca era
bisognosa, pretendeva una risposta e lei spinse e tirò
finchè Jace finalmente
si mosse, sollevandola per la vita e continuando a baciarla, sempre
più
appassionatamente, echeggiando il bisogno che sentiva in Clary.
Aprì con un
calcio la porta di una delle camere da letto dell'Istituto e quando
furono
all'interno fu Clary a chiuderla prima di venire spinta contro la
parete,
ancora fra le braccia del marito.
Non
parlarono, non
dissero una sola parola mentre si svestivano in fretta, quasi
strappando il
tessuto e lasciando cadere tutto per terra. Ora Jace la stava baciando
lungo il
collo, e si stava inginocchiando di fronte a lei per permettere alle
sue labbra
di viaggiare ovunque, dalla mascella alle spalle, oltre la dolce curva
del suo
petto, fino allo stomaco e poi di nuovo in alto quando Clary gli prese
il viso
fra le mani per baciarlo profondamente e con decisione, desiderando
solo di
perdersi nel meraviglioso contatto delle loro labbra. Improvvisamente
erano sul
letto, le braccia di Jace circondavano la testa di Clary, le dita di
lei gli
affondavano nella schiena e le gambe erano intrecciate insieme mentre
lei
sollevava i fianchi per incontrarlo e lui continuava a baciarla ovunque
senza
tregua. Clary chiuse gli occhi inarcando la schiena, perdendosi nelle
sensazioni, ma nel momento in cui gli occhi dorati di Jace sparirono
dalla sua
vita, arrivò l'oscurità.
Polsi
pulsanti, sangue che cola.
Dita
crudeli che le affondano nei fianchi.
Labbra dure
e fredde che
vagano sul suo corpo, mordendola senza pietà.
Le
sue grida, così alte che alla fine non ha più
voce.
Mani
pesanti che la colpiscono, la schiaffeggiano, le tolgono il
fiato.
Un
corpo impietoso che la viola, ancora e ancora, finchè lei
non
ha più lacrime.
La
cintura che la colpisce, ancora, ancora, ancora.
Coltelli
incandescenti che le incidono nella pelle il marchio del
suo aguzzino.
E
poi da capo.
Tutta
la notte.
Clary
urlò in agonia,
dimenticando chi era, dimenticando con chi era, dimenticando tutto
tranne quel
dolore accecante, il terrore e la rabbia. La mente completamente vuota,
spinse
via Jace violentemente, afferrò il pugnale nascosto negli
stivali e si gettò in
avanti per uccidere il suo nemico.
***
Jace
non capiva cosa
stesse succedendo. Il momento prima era con Clary, pronto a liberarsi
degli
ultimi indumenti che si frapponevano fra di loro, e quello successivo
era sul
pavimento, la punta aguzza di un coltello a qualche centimetro dalla
sua
faccia. Era chiaro che Clary non era in sè in quel momento,
bastava guardarla:
i suoi occhi erano vuoti, non lo stava realmente guardando, Jace non
era
nemmeno sicuro che lei sapesse dov'era. La mente lo riportò
indietro nel tempo,
a quando Lilith lo aveva posseduto. Anche lui aveva avuto quello
sguardo? Così
distante, chiuso, irraggiungibile? Spostando con forza il coltello,
Jace rotolò
di lato ma Clary lo aggredì di nuovo, pronta a colpirlo al
petto questa volta.
Durante gli anni le aveva insegnato bene, ora erano quasi pari in
combattimento
e questo rendeva le cose difficili perchè lui non voleva
farle del male, mentre
lei voleva decisamente ucciderlo.
"Clary!" Le gridò evitando un colpo.
"Clary,
fermati!"
Ma
lo sguardo vuoto dei
suoi occhi, gli disse che non lo aveva sentito. Era come se fosse
sonnambula,
una sonnambula molto veloce e letale. Non rimanendogli altra scelta,
cominciò a
combattere, cercando di prendere il coltello, ma Clary gli stava
danzando
intorno nella piccola stanza come se avesse le ali. Se avesse
continuato così,
prima o poi sarebbe riuscita a colpirlo, così Jace
aprì la porta e corse in
corridoio, cercando di ottenere più spazio per lottare.
"Ti
ucciderò."
Ringhiò lei, la voce così piena di odio da
ghiacciargli il cuore. "Ti
ucciderò, mostro!"
"Clary,
svegliati!" Jace evitò un altro colpo e finalmente
riuscì ad afferrarle i
polsi, facendole lasciare il pugnale. Lei si agitò nella sua
stretta,
scalciandolo ancora e ancora, ma lui si limitò a sollevarla
e gettarla di nuovo
nella stanza, chiudendo la porta.
Precipitandosi
verso il
letto, vi inchiodò sua moglie, tenendole i polsi con forza
sufficiente a farle
male o lei si sarebbe liberata e l'avrebbe attaccato di nuovo. Era
selvaggia
fra le sue braccia, le pupille dilatate, un'orribile smorfia sul volto.
"Vuoi
legarmi di
nuovo?" Sibilò lei, guardandolo dritto negli occhi senza
mostrare di
riconoscerlo. "Ti ucciderò prima che tu possa marchiarmi di
nuovo, sporco
Nascosto!"
Jace
sentì il cuore
mancargli un battito quando capì che lei pensava di
combattere Jiliel ma non
ebbe il tempo di fare nulla perchè Clary lo
scalciò con forza sufficiente a
farlo cadere dal letto; anni di caccia l'avevano resa forte e fiera e
anche nel
suo stato ottenebrato era un'avversaria formidabile.
Jace
afferrò il suo
stilo, sfilandolo dai pantaloni sul pavimento alla velocità
della luce e si
gettò su Clary prima che lei potesse attaccarlo di nuovo,
rovesciandola sullo
stomaco e disegnando in fretta una runa nel centro della schiena,
vicino al suo
cuore.
"Mi
dispiace,
Clary." Le sussurrò completando la runa per farla cadere in
un sonno
profondo. Un attimo dopo il corpo teso di sua moglie si
rilassò e lei chiuse
gli occhi, crollando.
Jace
la voltò
gentilmente, guardando il suo volto, ora rilassato. La vestì
lentamente,
coprendola con una coperta prima di recuperare i suoi vestiti dal
pavimento. Si
fermò per un attimo ad accarezzare i morbidi riccioli rossi
che amava tanto,
poi si vestì e andò a cercare Magnus.
***
"Sta
bene?"
Chiese Alec in un sussurro, guardando il viso addormentato di Clary.
Era
pallida e immobile, il respiro lento e profondo. Magnus era seduto al
suo
fianco, uno sguardo concentrato negli occhi mentre le toccava
gentilmente il
polso. Erano tutti lì, in quella piccola stanza, a guardare
Clary senza
parlare. Non avevano potuto chiamare un Fratello Silente
perchè le avrebbe
letto la mente e scoperto tutto su William e la Corte Seelie, quindi
dovevano
affidarsi a Magnus anche se erano tutti sicuri delle sue
abilità.
Quando
lo stregone si
alzò, lo guardarono tutti.
"E'
esausta, ma sta
bene. Probabilmente ha solo bisogno di dormire. L'attacco non
avrà
conseguenze."
"Ma
cos'è
stato?" Jace si sedette accanto a Clary, prendendo il posto di Magnus.
"Improvvisamente ha perso il controllo, non mi riconosceva
più. Era come
se fosse sonnambula."
"Ha
sopportato
trauma dopo trauma in questi mesi, Jace. Prima o poi doveva pagarne il
prezzo.
Ha avuto un collasso."
Il
biondo Shadowhunter
si girò verso Isabelle. "Ti sei rifiutata di dirmi quello
che è successo
ieri ma prima Clary ha detto di essere stata legata e marchiata. Dimmi
di cosa
stava parlando, Izzy."
Isabelle
impallidì e si
morse l'interno della guancia, ma Jace non aveva la minima intenzione
di
cedere. "E' mia moglie, Izzy e mi ha appena attaccato. Voleva
uccidermi,
pensava che fossi lui. Tu mi
dirai cosa è successo.
Ora."
Simon
annuì verso di
lei, incitandola a parlare; voleva sapere cos'era successo tanto quanto
Jace,
si stava parlando della sua migliore amica.
"Quando
ieri ha
aperto la porta, era stata picchiata." Isabelle cedette finalmente.
"Non c'era un centimetro del suo corpo senza lividi."
I
ragazzi smisero di
respirare per un attimo e improvvisamente la stanza si
riempì di così tanta
tensione che Isabelle voleva scattare fuori, la frusta in mano, e
guidare la
spedizione che avrebbe ucciso il Cavaliere Fatato.
"Mi
ha detto di
essersi ribellata, di aver lottato. Poi lui ha minacciato William e lei
si è
dovuta arrendere. E lui l'ha punita." Fece un respiro profondo,
cercando
di calmarsi. "Mi ha fatto promettere di non dirvelo, non voleva che lo
sapesse nessuno. Ma non so niente di un marchio. Se è
successa una cosa del
genere, lei non me ne ha parlato."
"Deve
averlo
guarito." Mormorò Jace, accarezzando i capelli di Clary.
"Cocciuta ragazzina,
non mi avrebbe mai permesso di vedere una cosa del genere."
Non
si era mai sentito
così impotente, incapace di aiutarla in alcun modo; poteva
uccidere Jiliel, ma
poi? La Regina della Corte Seelie era più che capace di
vendicarsi su Will e
Clary non l'avrebbe mai voluto. Era disgustoso usare un figlio contro
sua
madre, distorcere in quel modo l'amore che sentiva per lui. Paragonato
a lei, a
Jace era andata bene: Kaelie non aveva mai cercato di usare il potere
che le
aveva dato la Regina. Potrebbe averlo costretto a fare qualunque cosa,
ma aveva
sempre avuto sufficiente pietà per lui da non tormentarlo.
Il
telefono di Isabelle
scelse quel momento per squillare e quando lei guardò lo
schermo si girò e andò
a rispondere in corridoio. Jace la seguì con lo sguardo,
inarcando un
sopracciglio ma la sua attenzione tornò immediatamente su
Clary quando lei
cominciò a muoversi nel letto.
"Jace?"
Chiamò
con un sussurro, aprendo e chiudendo gli occhi. Si
sentiva esausta.
"Sono
qui," le
rispose piano, prendendole la mano. "Come ti senti?"
"Come
se fossi
andata a caccia di demoni per un'intera settimana senza dormire."
Cercò di
sorridere ma tutto quello che riuscì a fare fu curvare
appena le labbra.
"Cosa è successo?"
"Hai
avuto una
specie di collasso." Rispose Magnus quando Jace restò in
silenzio.
"Ma ora stai bene, hai solo bisogno di riposo."
"Posso
avere un
momento da solo con lei, per favore?" Chiese Jace senza guardare i suoi
amici. "Penso che dobbiamo parlare."
I
ragazzi annuirono e
Magnus fu il primo a lasciare la stanza. Simon si chinò per
baciare Clary sulla
fronte, ma Alec non si mosse. Quando Jace si girò a
guardarlo, vide qualcosa
che compariva di rado negli occhi del suo parabatai,
qualcosa che normalmente lui riservava per i suoi fratelli.
"Clary,"
disse
Alec, guardandola dritto negli occhi. "So che non sta a me dirlo, ma lo
farò lo stesso: non voglio che torni nel tuo appartamento.
Non voglio che tu
rimanga di nuovo da sola con lui. Penseremo a qualcosa, ma tu rimarrai
qui,
anche se dovessi legarti. Non ti permetterò di venire di
nuovo picchiata fino a
perdere la ragione."
"Alec..."
Cominciò a protestare Clary, realizzando che Isabelle doveva
aver detto loro
cosa le era successo.
Lui
la interruppe. "Ti
conosco da quando avevi sedici anni, sei come una sorella per me. Sei
parte
della famiglia e io proteggo la mia famiglia, Clary. Non esiste che
permetta a
quella bestia di alzare di nuovo un dito su di te. Mai più."
Alec
le rivolse un
sorriso e poi uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle
spalle.
Clary
sospirò
appoggiandosi al cuscino e chiudendo gli occhi. "Isabelle non ha
mantenuto
la sua promessa."
"Non
avercela con lei." Le disse Jace,
accarezzandole la mano. "Data
la situazione, o parlava o le avrei cavato fuori le
informazioni a forza."
"Mi
dispiace." Sussurrò lei. "Non
volevo che lo
sapessi. E' già abbastanza dura per entrambi senza che io
getti benzina sul
fuoco."
"Dimmi
cosa è
successo, Clary, e stavolta voglio sapere tutto."
"Perchè?"
Lei
aprì gli occhi per guardarlo, il dolore palese nei suoi
occhi verdi. "Non
puoi annullare ciò che è successo e non voglio
che tu ti senta..."
"Impotente?
Frustrato? Disperato?" Jace le
strinse la mano con rabbia. "Mi
sento già così. Clary, hai parlato di venire
legata e
marchiata, come credi che dovrei sentirmi? Sei mia moglie e lui ti ha
danneggiata a tal punto che non appena ti ho toccata hai cercato di
uccidermi,
pensando che fosse lui."
E
non fu necessario dire
altro. Una dopo l'altra tornarono a galla le immagini di quella notte
tremenda
e lei ricordò di come aveva attaccato il marito. La
riempì l'orrore al pensiero
di quello che avrebbe potuto fargli e Clary iniziò a tremare.
"Mi
dispiace,"
mormorò, soffocando un singhiozzo. "Mi dispiace
così tanto, Jace, pensavo
davvero di poterlo fare, ne avevo così tanto bisogno..." Si
sollevò a
sedere nel letto e si gettò fra le braccia di Jace,
nascondendo il viso nel suo
petto. "Volevo dimenticare. Volevo ricordare cosa significasse essere
tua,
essere amata e protetta. Ma quando ho chiuso gli occhi, non sono
riuscita a
vedere altro che lui e..."
Jace
la tenne stretta
lasciandola parlare, lasciandola sfogare. E lei lo fece: sei mesi di
sofferenza, di abusi, dolore, nostalgia e disperazione. Presto lo
Shadowhunter
si ritrovò a trattenere le lacrime, ascoltando quello che
lei aveva dovuto
sopportare, ma non disse niente, non la interruppe mai, non
giurò mai di
uccidere il Cavaliere Fatato, anche se gli ribolliva il sangue dalla
rabbia:
non era quello che serviva a Clary. Lei aveva bisogno di lui, di suo
marito,
del suo pilastro, dell'uomo di cui poteva fidarsi più di
chiunque altro,
l'unico che non l'avrebbe mai giudicata o abbandonata. E lui voleva
essere
quell'uomo, anche se ogni fibra del suo essere gli stava gridando di
alzarsi,
afferrare una spada angelica e occuparsi di Jiliel una volta per tutte.
Alla
fine Clary smise di
parlare ma lui non la lasciò andare, tenendola fra le
braccia e tracciando
cerchi leggeri sulla sua schiena, sussurrandole all'orecchio senza
sosta tutto
il suo amore. Un po' alla volta lei si rilassò contro di
lui, il viso ancora
sepolto nel suo petto, le spalle che lentamente smettevano di tremare.
"Clary,
Alec ha ragione." Mormorò
Jace,
baciandole i capelli. "Non
puoi tornare al tuo appartamento. Lo capisci vero?"
"Ma..."
"Possiamo
dire che
tua madre ti rivuole ad Alicante, per aiutarti a stare meglio.
Dopotutto lo sta
chiedendo da mesi e Jiliel lo sa. Andarci per qualche tempo potrebbe
essere
giustificato come un non voler sollevare sospetti. Puoi creare portali,
quindi
potremmo comunque vederci e i Fatati non sono più ammessi a
Idris, quindi
saresti in salvo. Ti prego, dimmi che ci penserai."
Clary
rimase in silenzio
per qualche minuto, poi lo lasciò andare lentamente,
sollevando lo sguardo. I
suoi lineamenti erano stanchi, i suoi occhi iniettati di sangue e le ci
vollero
diversi respiri profondi per parlare senza che le tremasse la voce.
"Jace,
non posso
andare ora. Prima devo scoprire se quello che Jiliel mi ha detto di
William è
vero."
Jace si
irrigidì. "Cosa ti ha detto?"
"Mi
ha detto che la Regina lo sta usando per qualcosa. Non lo
ha preso solo per farci soffrire, lo ha preso perchè ne ha
bisogno e devo
scoprire perchè. Ecco perchè non posso andarmene."
Jace
stava per
rispondere quando qualcuno bussò alla porta e un momento
dopo Isabelle entrò
nella stanza, il telefono ancora fra le mani.
"Clary
pensi di
poterti alzare? Stai bene?"
Le chiese, uno sguardo
urgente negli occhi. Quando Clary annuì, Isabelle si
girò verso Jace.
"Era Kaelie
al telefono. Sta
venendo qui, ha detto che deve parlarvi di Will. Ha scoperto
cosa sta succedendo."
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Capitolo 13 *** Magia del Sangue ***
"Tu
hai fatto cosa?" Gridò
Alec, guardando attonito sua sorella.
"Ho
fatto quel che dovevo. Hai
sentito quello che ha detto Clary su Will, avevamo bisogno di
informazioni e
Kaelie era l'unica a poter indagare per noi."
Isabelle
era in piedi, orgogliosa,
la testa alta, sfidando tutti con lo sguardo. Si trovavano in
biblioteca in
attesa dell'arrivo di Kaelie e la stavano guardando tutti come se le
fossero
improvvisamente spuntate due teste.
"Non
ne avevi il diritto
Izzy." Jace era livido, i suoi occhi dorati pieni di rabbia. Era in
piedi
accanto a Clary che invece stava seduta, pallida e debole, cercando di
recuperare un po' di energia. "Non le ho mai detto che voi sapevate,
avresti potuto rovinare tutto!"
"Solo
che non è andata
così." Replicò lei, serrando i pugni. Sapeva che
questo momento sarebbe
arrivato fin dal momento in cui aveva parlato con la pixie, sapeva che
la sua
famiglia non avrebbe approvato. "Era sorpresa, ma se lo aspettava. Mi
ha
detto che sapeva che ci avresti raccontato tutto, dal momento che lei
aveva
accettato di aiutarci."
"Izzy,
hai rischiato grosso
stavolta." Mormorò Simon, scuotendo la testa. "Avresti
potuto
spaventarla, farla scappare. O farle cambiare idea."
Lei
si girò per replicare, ma Clary
li interruppe. "E' andata ormai," disse, guardandola. "E ora
siamo pari Izzy, perchè dovrei veramente prenderti a calci
per questo. Jace ha
faticato molto per avere la sua fiducia e tu..."
"Sentite,
Kaelie sembrava
spaventata al telefono." La interruppe Isabelle. "Qualunque cosa
abbia scoperto, vale il rischio di venire fin qui in pieno giorno. E
sapete
tutti che non avrei mai fatto una cosa del genere se non avessi avuto
la
sensazione che non c'era tempo da perdere. Quello che mi hai raccontato
di
Jiliel mi ha spaventata e io non mi spavento facilmente."
"Avrebbe
potuto essere una
menzogna." Le rispose Magnus, appoggiandosi allo schienale della sua
sedia. "Qualcosa per tormentare Clary, perchè pensava che
non sarebbe mai
riuscita a verificare le sue parole."
Isabelle
alzò gli occhi al cielo,
sollevando in alto le mani ma prima che potesse replicare, il
campanello
dell'Istituto suonò. Jace uscì senza dire una
parola per andare ad aprire e per
qualche momento ci fu silenzio. Erano nervosi, spaventati da
ciò che la fata
avrebbe potuto dir loro: e se la Regina stava usando William per
qualcosa di
pericoloso, pronta a metterlo da parte quando non fosse più
stato utile?
Simon
raggiunse Isabelle e le passò
una mano sulla schiena per confortarla. Lui più di chiunque
riusciva a capire
perchè aveva agito in quel modo: Izzy non avrebbe mai
dimenticato che suo
fratello era morto perchè lei non lo aveva ascoltato,
perchè non aveva
investigato quando Max le aveva detto che qualcuno stava scalando le
torri di
Alicante. Non avrebbe mai lasciato che succedesse qualcosa a William,
non ora
che sapeva che era vivo, non ora che poteva essere salvato. Will non
sarebbe
stato un altro Max.
***
Jace
aprì la porta dopo aver corso
fino al battente: qualunque cosa avesse portato lì Kaelie
era talmente urgente
da non poter aspettare quella sera, quando lui sarebbe potuto andare da
lei
senza destare sospetti. Il solo pensiero di William in pericolo era
sufficiente
a fargli correre un brivido lungo la schiena e quando vide
l'espressione di
Kaelie, la sua paura aumentò.
"Vieni." La
invitò, chiudendo la
porta alle loro spalle. Non
era la prima volta che la fata
visitava l'Istituto, ma le altre volte tutti pensavano che lei fosse la
ragazza
di Jace mentre in realtà stava solo eseguendo gli ordini
della Regina e
tenendolo d'occhio. Ora era tesa e anche se stava cercando di restare
calma,
era ovvio che non lo era. Improvvisamente si stava pentendo di essere
andata
fin lì: come le era venuto in mente? Perchè non
aveva semplicemente chiamato
Jace per chiedergli di andare a casa sua? La Pace Fredda non era
sufficiente a
dimostrare come gli Shadowhunters trattavano chiunque interferisse con
i loro
affari?
Jace
la guardò, notando che Kaelie
stava tremando e sollevò una mano per stringerle
rassicurante il braccio.
"Nessuno ti farà del male, te lo prometto. Sei sotto il mio
giuramento di
protezione e loro lo sanno, qui sei al sicuro. Qualunque cosa tu dica,
qualunque cosa stia succedendo, questo non cambierà. Se
avrai bisogno di un
posto dove stare, se sei in pericolo, questa è casa tua
Kaelie, te lo prometto."
"Mi
odieranno tutti Jace, e
avranno ragione. Sono stata complice in tutto quello che è
successo."
"Ma
ora ci stai aiutando."
Jace le sollevò il mento con un dito e si fece guardare
negli occhi. "Kaelie,
io ti odiavo all'inizio, odiavo gli ordini che dovevi eseguire, odiavo
che
dovessi tenermi lontano da Clary e fare rapporto su ogni mia singola
mossa. Ma
poi ho cominciato a conoscerti meglio e sei molto migliore di quanto tu
stessa
non pensi: sei piena di compassione, hai un cuore che vuole giustizia,
ami il
tuo popolo. Stai facendo tutto questo per il Popolo Fatato,
perchè si meritano
molto di più di quello che sta capitando adesso. Non
dimenticarlo. E non
sottovalutarti, sei molto più coraggiosa di quello che
credi. Io ti
ammiro."
"Davvero?"
Lei cercò di
sorridere, ma il risultato non fu dei migliori. Jace
annuì e
lei sospirò. "Clary sta bene? Ieri
notte ho sentito mio fratello dire alla Regina di averla punita
perchè lei lo
aveva attaccato. Lo conosco, è senza pietà e
crudele. So cosa vuol dire
"punizione" per lui."
Gli
occhi di Jace si illuminarono
minacciosamente per un secondo, ma lui rimase calmo. "Ora sta bene,
è
guarita. Ma non permetterò che accada di nuovo."
"E'
mio fratello, Jace."
Sussurrò lei, leggendo perfettamente fra le righe. "Aiutarti
a salvare tuo
figlio è una cosa, ma se si arriverà a quel punto
io proteggerò Jiliel, non
importa quello che ha fatto."
"Lo
so." Fu tutto quello
che lui rispose, ma fu sufficiente: per ora erano dalla stessa parte ma
in
futuro tutto poteva cambiare e anche se lei non avrebbe mai voluto
combatterlo,
non poteva permettergli di uccidere suo fratello, la sua famiglia.
"Andiamo."
Gli disse, dopo un attimo di
silenzio. "E
se Magnus Bane non è qui, ti
suggerisco di chiamarlo. Potrebbe aiutarmi a fare un po' di luce su
quello che
ho scoperto."
Presero
l'ascensore e camminarono in
silenzio verso la biblioteca. Passo dopo passo, Kaelie
sollevò la testa,
preparandosi mentalmente per le occhiate malevole dei Nephilim. Lo faccio per il mio popolo, continuava
a ripetersi, lo faccio perchè una
guerra
in questo momento ci distruggerebbe. Lo faccio perchè quello
che la Regina sta
facendo è sbagliato. Lo faccio perchè...
Il rumore della porta della biblioteca la distrasse dai suoi
pensieri e
quando entrò, capì come si sentiva un prigioniero
davanti alla giuria che
l'avrebbe condannato: Clary era seduta, il giudice che non avrebbe
mostrato
pietà. Isabelle e Simon erano alla sua destra e Magnus e
Alec alla sua
sinistra. Tutti gli occhi erano puntati su Kaelie e nessuno di loro era
amichevole.
La
pixie respirò profondamente ed entrò,
grata che Jace fosse ancora accanto a lei, invece di raggiungere i suoi
amici.
"Non
posso restare a lungo,
quindi taglierò corto e supporrò che siate tutti
aggiornati su quello che è
successo." Non li salutò e loro non salutarono lei: questo
non era un
incontro sociale, era solo uno scambio di informazioni fra alleati
temporanei.
Mantenne la voce ferma; non avrebbe mai mostrato debolezza di fronte a
tutti
quegli Shadowhunter. "Prima di tutto, il bambino sta bene ed
è in salute.
Passa le giornate a giocare con i nostri piccoli e ci prendiamo cura di
lui.
L'ho visto io stessa."
Si
fermò quando sentì uno sbuffo da
Alec, ma se lo aspettava. Ovviamente William sarebbe stato molto meglio
con la
sua famiglia, era quello che pensavano tutti. Guardò Clary
che era ancora
seduta con un'espressione vuota negli occhi e decise di parlare con
lei,
ignorando gli altri; probabilmente era la scelta peggiore, ma lei era
la madre
dopotutto.
"Jiliel
ti ha detto che tuo
figlio viene maltrattato: ti assicuro che stava mentendo. Ma,"
sospirò,
"la Regina lo sta usando per qualcosa. Questo è vero."
"Kaelie."
Jace si mise davanti a lei. "Sta
facendo del male a mio
figlio?"
La
pixie fece una pausa, insicura, e
si girò verso Magnus. "Non lo so. Ma forse il tuo amico
stregone può
aiutarci a capirlo."
"Io?"
Magnus sollevò un
sopracciglio.
"Ho
visto qualcosa ieri notte,
qualcosa che non so spiegare: sembrava magia, forse tu puoi capirci
qualcosa."
"Mhm."
Magnus si avvicinò
e prese la mano della fata, guidandola verso una sedia.
Ignorò le occhiate
sorprese dei suoi amici e si concentrò su Kaelie.
"D'accordo. Spiega
esattamente cosa è successo, il più
dettagliatamente possibile."
"Aspetta."
Clary parlò per la prima
volta, alzandosi in piedi.
Era
pallida ma i suoi occhi verdi
fiammeggiavano. "Jiliel ha parlato di sangue. Mi ha detto che William
è
vivo perchè è il nipote di Sebastian. La magia
che hai visto era magia del
sangue? Sta legando mio figlio a lei, come Sebastian ha fatto con Jace
anni
fa?"
Un
profondo silenzio calò sulla
stanza perchè ricordavano tutti cos'era successo e che c'era
voluto un
miracolo, una spada dal cielo, per liberare Jace quella volta. E
Gloriosa non
era più disponibile. Ma Kaelie scosse la testa anche se le
restò quello sguardo
disturbato negli occhi.
"Non che io
sappia. E
comunque non a lei." Sospirò e abbassò lo
sguardo. Stava per tradire il
segreto più importante della sua Regina e non riusciva a non
sentirsi in colpa.
"Non so da dove cominciare a essere sincera."
"Perchè
non cominci
dall'inizio?" Disse Magnus, prendendosi carico della conversazione.
Probabilmente era la persona più adatta, era stato l'unico a
parlare in favore
del Popolo Fatato dopo la Guerra Oscura. Era furioso per quanto era
successo a
William, ma i suoi secoli di vita gli avevano insegnato che niente era
mai solo
bianco o solo nero.
Ci
fu un lungo silenzio prima che
Kaelie ricominciasse a parlare. "Quando la Guerra Oscura è
finita, quando
abbiamo discusso i termini della -pace-," il suo tono era monocorde ma
il
sarcasmo era percepibile, "sono venuta io in rappresentanza del Popolo
Fatato, invece della Regina. Lo ricordate?"
Magnus
annuì. "Mi sono sempre
chiesto il motivo. Non
avrei mai pensato a te come a un
ambasciatore."
"Io
sono una delle sue dame di
compagnia, ma come nostra sovrana era suo dovere presentarsi di
persona. Non lo
ha fatto per un motivo molto specifico." Fece un respiro profondo, poi
sussurrò." Non voleva essere vista, specialmente dagli
Shadowhunter."
Kaelie
si guardò in giro ma nessuno
parlava, evidentemente non avevano capito. Si
costrinse
a dirlo ad alta voce. "Era incinta."
Chiuse
gli occhi, nascondendo il
viso fra le mani mentre attorno a lei esplodeva il caos.
"Che cosa?"
Gridò Clary, gli occhi
spalancati per lo shock. Isabelle
e Alec si scambiarono
un'occhiata e Simon afferrò Clary per un braccio: sembrava
pronta ad assalire
la fata.
"Era
incinta." Ripetè
Jace, la voce appena più forte di un sussurro. "E Sebastian
era il
padre."
"L'ha
scoperto appena prima che
lui morisse. Ancora non si vedeva nulla, ma non voleva correre il
rischio.
Sapeva cosa avrebbero fatto i Nephilim, se l'avessero saputo."
"Penso
che sappiamo tutti cosa
avrebbero fatto." Replicò
Magnus sottovoce. "Hanno
esiliato Helen
Blackthorn solo perchè aveva sangue fatato nelle vene. Hanno
rinunciato a Mark Blackthorn per lo stesso motivo. E ricordiamo tutti
come
hanno trattato Clary e Jace, a causa di Valentine. Non
avrebbero mai permesso a un
figlio di Sebastian di vivere."
"Una
figlia." Mormorò Kaelie. "Era
una bambina."
"Cosa
importa che Sebastian
abbia avuto una figlia?" Chiese
Jace, visibilmente scosso. "Cosa c'entra
questo con William?"
"Sangue."
Rispose Clary,
serrando la mascella. "Quindi Jiliel diceva la verità, si
trattava di
sangue. Mio figlio e quel piccolo mostro sono parenti."
"Non
è un mostro." Kaelie
sollevò la testa, scattando in piedi. "E' solo una bambina.
E pensavamo
tutti che fosse morta sei mesi dopo la sua nascita. Era una neonata."
"Nessun
figlio di Sebastian
potrebbe mai essere solo un neonato." Obiettò
Clary, il volto di granito. "Non con il suo sangue nelle vene. E
ti giuro, Kaelie, se la Regina sta
usando quel sangue per far del male a mio figlio, io..."
"Non
è così!" Gridò la
fata, fulminandola con gli occhi. Magnus la prese per il braccio e la
trattenne
con gentilezza, mettendosi fra lei e Clary.
"Hai
detto che credevi che la
bambina fosse morta. Quindi non
lo è? E perchè
lo pensavi?"
"La
Principessa era malata." Spiegò
Kaelie. "Era
sempre debole, aveva
sempre la febbre. Non
è mai stata in salute. E
un giorno... non c'era più. La
Regina ci ha detto che era morta e non ha mai più parlato di
lei. Sapevamo
tutti che amava profondamente la sua bambina e non le abbiamo mai
chiesto
niente."
"Amore?"
Isabelle rise con amarezza. "Si
deve avere un cuore per
amare, pixie."
"E
tu sai tutto della mia
Regina, vero Nephilim?" Replicò
Kaelie, velenosa. "Ero
lì quando la
Principessa è nata. Ero
lì quando era malata. Ero lì quando la Regina ci
ha detto che era morta. Ero lì
tutto il tempo. Era una madre: amava e soffriva, come tutte le madri."
"Eppure
non ha esitato a
strapparmi via mio figlio." Ringhiò
Clary. "Quindi ora piantala
e dimmi cosa
sta facendo a William."
Kaelie
si girò nuovamente verso
Magnus. Si era aspettata una reazione molto forte alla sua storia ma
tutta
quella aperta ostilità la stava veramente facendo pentire di
aver parlato.
"Ho seguito mio fratello ieri notte: stava portando il bambino in una
parte
della Corte che non avevo mai visto. La Regina li stava aspettando in
una
stanza ricavata dalla roccia, nascosta sotto la sua camera da letto e
lì c'era
un altare. Dentro un cristallo su quell'altare, chiusa come in una
bara, c'era
la Principessa. Era ancora come l'avevo vista come l'ultima volta e
sembrava
dormire."
"Siamo
daccapo con Biancaneve."
Borbottò Simon. "Ma
non è un po' giovane per
aspettare il bacio del vero amore?"
Nessuno
rispose, forse Clary era
l'unica ad aver colto il riferimento alla fiaba, ma tutta la sua
attenzione era
per la pixie.
"E
poi è successo qualcosa e
non so di cosa si tratti. La Regina ha messo la mano di William sul
cristallo,
ha sussurrato qualcosa e dal bambino si è sollevata una luce
dorata che prima ha
circondato l'altare e poi è stata risucchiata dentro il
cristallo. L'ha fatto diverse
volte e poi lo scintillio è scomparso. L'ultima cosa che ho
visto prima di
correre via, è stata la Principessa e anche lei stava
brillando di quella luce
dorata. E non ho idea di cosa significhi."
Calò
il silenzio sulla biblioteca e
Jace si diresse verso sua moglie, circondandole la vita con una mano e
facendola appoggiare contro il suo petto; lei aveva bisogno di supporto
e lui
aveva bisogno di sentirla vicino, di nutrirsi della sua forza, come
sempre.
"Magnus,"
sussurrò. "Cosa sta
facendo a nostro figlio? William
è in pericolo?"
Lo
stregone non rispose, lasciando
il fianco di Kaelie e cominciando a camminare avanti e indietro, perso
nei suoi
pensieri. Alec lo seguì con lo sguardo, suggerendo
silenziosamente a tutti di
rimanere in silenzio e lasciare riflettere Magnus. Gli occhi dello
stregone
erano chiusi, il volto abbassato mentre continuava a camminare,
borbottando
qualcosa che nessuno riusciva a capire.
"Ci
hai detto che la bambina
era sempre malata." Disse alla fine, ancora camminando. "Poi che
pensavate che fosse morta. Eppure è congelata in quel
cristallo, ancora della
stessa età della sua "morte". La mia supposizione
è che la Regina abbia
effettuato un qualche tipo di incantesimo per tenerla in vita mentre
cercava un
modo di guarirla. E' quella la funzione del cristallo, la tiene in vita
ma le
impedisce di crescere allo stesso tempo, impedisce alla malattia di
progredire.
Se la bambina fosse morta, il rituale per riportarla in vita sarebbe
molto
diverso."
Non
ci fu bisogno di specificare in
che modo: tutti ricordavano la resurrezione di Sebastian.
"Ma
questo non spiega la parte
di William in tutto questo."
Magnus
si girò verso Alec, annuendo.
"Jiliel ha detto a Clary che era fortunata che suo figlio avesse il
sangue
di Sebastian nelle vene. Ma sappiamo tutti che Sebastian aveva subito
degli
esperimenti e che il suo sangue era demoniaco mentre quello di William
è
angelico. Estremamente angelico, considerati i suoi genitori. E quella
bambina
è sua cugina, fa parte della sua famiglia. Sono compatibili."
Clary
digrignò i denti al pensiero,
ma non commentò.
"Quindi,
abbiamo una bambina
molto malata e un bambino sano che le sta dando qualcosa. E quel
bagliore
dorato mi fa pensare a una cosa in particolare che William potrebbe
darle."
"Il suo
sangue." Mormorò Alec,
impallidendo. "La
Regina della Corte Seelie
sta estraendo il sangue di William per curare sua figlia."
"Non
estraendo." Magnus scosse la testa. "Se
si trattasse di una cosa
del genere, William sarebbe debole e malato, mentre Kaelie dice che
è
perfettamente in salute. La Regina sta usando la magia fatata per
condividere
il sangue di Will senza fargli del male. E sospetto che la ragione per
cui lo
sta facendo sia perchè il sangue della bambina è
la causa della sua
malattia."
"Il
suo sangue?" Chiese
Kaelie perplessa.
"Sebastian
era uno
Shadowhunter. Nonostante il suo sangue fosse corrotto, aveva comunque
una
componente angelica nel suo DNA. Deve aver trasmesso entrambe le parti
a sua
figlia. Dentro di lui il sangue demoniaco era dominante mentre nella
bambina
probabilmente non è così: quindi abbiamo sangue
demoniaco, angelico e fatato.
E' normale che ci sia un conflitto."
"Ecco
perchè la Regina ha detto
a Jiliel che se Sebastian fosse stato vivo le cose sarebbero state
diverse." Disse Kaelie, annuendo in comprensione. "Sta cercando di
rimpiazzare il sangue della Principessa. Con Sebastian avrebbe tentato
di usare
il sangue demoniaco, ma ora che lui non c'è più,
la sua unica speranza è quello
angelico."
"Si."
Annuì Magnus."
Se il sangue di William riesce a prendere il sopravvento su quello di
Sebastian,
la bambina avrà solo sangue angelico e fatato dentro di
sè; non c'è conflitto
fra loro, la bambina sarebbe una Shadowhunter a tutti gli effetti. E
sarebbe
sana."
"La
Regina ha detto che voleva
che William amasse sua figlia, che fosse pronto a fare qualunque cosa
per lei.
Ecco perchè vuole tenerlo con sè, così
che sia sempre presente se la
Principessa dovesse ammalarsi di nuovo. Gli sta facendo pensare che lei
sia sua
sorella e William ha riso quando l'ha vista. Voleva toccarla, sorrideva
mentre
trasferiva il suo sangue."
Kaelie
nascose di nuovo il viso fra
le mani e poi si passò le mani fra i capelli. Non aveva
intenzione di dir loro
che apparentemente la Regina si era affezionata a Will come ad un
figlio, non
dopo tutto quello che le avevano sputato addosso i Nephilim: i
sentimenti della
Regina appartenevano solo a lei.
"Sono
legati?" Chiese Jace,
la voce strettamente sotto controllo. "Come eravamo io e Sebastian?"
"No,
non funziona così."
Rispose Magnus e Jace esalò un sospiro di sollievo. "Se
anche fosse, è la
Principessa quella legata a William. E' lui che le sta dando il sangue,
lei non
gli sta dando nulla. E comunque sto facendo supposizioni, dovete
ricordare che
nessuno ha mai sperimentato su qualcuno come Valentine ha fatto con voi
tre,
Jace."
"Quindi
la spiegazione potrebbe
essere un'altra." Dichiarò Clary, serrando i pugni. "Non
sappiamo
quasi niente della magia dei Fatati, potrebbe essere qualunque cosa."
"Si."
Concordò Magnus.
"Ma penso che sia la conclusione più logica, quella che
mette insieme
quello che ha visto Kaelie e quello che ti ha detto Jiliel. L'unica
cosa che
non capisco è questa: il sangue di William non è
puro. Ha ancora il veleno
nelle vene ed è stata la Regina stessa ad avvelenarlo. Il
suo piano deve essere
sempre stato di usare Will per curare sua figlia, ma deve essere
davvero
disperata per dare alla bambina un sangue che la avvelenerà
per il resto della
sua vita."
"A
meno che abbiamo ragione noi
ed esista una cura definitiva." Disse Simon, grattandosi la testa. "E
chi meglio della Regina potrebbe saperlo?" Si girò verso
Kaelie facendo
del suo meglio per ingentilire il suo sguardo. Probabilmente non
avrebbe mai
perdonato nè lei nè il suo popolo, ma stava
cercando di aiutarli ed era andata
da loro di sua volontà, sapendo che sarebbe stata insultata
e trattata con
sospetto. "Pensi di poter scoprire se esiste una cosa del genere?"
La
pixie scosse la testa.
"Forse potrei, se avessimo più tempo. Ma non ne abbiamo. E'
l'altra cosa
che sono venuta a dirvi: la Regina è quasi pronta ad
attaccare. Non so quando o
come, ma non ci vorrà molto ancora."
"E
perchè?" Chiese Jace.
"Perchè
l'ultimo clan di
vampiri che ancora mancava, ha accettato di aiutarla ieri notte."
"I
vampiri." Sussurrò Clary dopo un
lungo minuto di silenzio. "Allora
avevo ragione. Si sono alleati con il Popolo Fatato. Un'unione
infernale."
"La
Regina aveva bisogno di
alleati, di qualcuno che l'aiutasse. Abbiamo perso molti dei nostri
guerrieri
nella Guerra Oscura." Continuò Kaelie con l'amaro in bocca:
lo stava
facendo, stava davvero tradendo la sua gente. "Il trattato di pace ci
proibisce di avere un esercito, quindi abbiamo dovuto agire di nascosto
e
chiedere ad altri di aiutarci. Mi sono sempre chiesta cosa avesse
offerto loro
per convincerli e ieri notte l'ho scoperto: ha dato ai vampiri qualcosa
che
desideravano fin da quando è comparso il Diurno."
"Io?"
Simon si additò,
senza capire cosa c'entrava.
"Ha
promesso a tutti i clan di
vampiri che avrebbe dato loro Jace e Clary in modo che tutti quelli che
lo
desiderano, possano diventare Diurni."
Scoppiò
di nuovo il caos e Jace
tenne stretta Clary, lottando contro l'impulso di afferrare una spada
angelica,
e puntarla contro chiunque avesse osato cercare di strappargli sua
moglie.
Isabelle e Alec si erano frapposti fra loro e Kaelie come se fosse lei
quella
pronta a bere il loro sangue e Magnus e Simon erano sconvolti.
"Come..."
cominciò a
chiedere Simon, cercando di ricordare se avesse mai detto a qualcuno di
aver
morso Jace sulla nave di Valentine tutti quegli anni fa.
"E' stato
Jace." Rispose
Kaelie, stanca. "Ha detto a suo padre che aveva fatto bere il suo
sangue
al Diurno. E Valentine lo ha detto a Sebastian. La Regina ha solo messo
insieme
le cose, capendo che il sangue angelico era l'unica spiegazione."
"Così
ora lo sanno?" Chiese Clary, i
lineamenti tesi e rigidi.
"Tutti
i clan di vampiri sanno
di Jace e me?"
Kaelie
annuì e Clary chiuse gli
occhi. "Non saremo mai più al sicuro. Nè noi,
nè Will... anche se
riusciamo a salvarlo, non ci lasceranno mai in pace. Ci daranno la
caccia per
il resto dei nostri giorni. Per l'Angelo..."
Jace
le accarezzò la schiena cercando
di confortarla ma dentro di sè stava scoppiando: era colpa
sua. Se avesse
tenuto chiusa la sua boccaccia con Valentine, niente di tutto questo
sarebbe
mai successo. Eppure non avrebbe mai immaginato le conseguenze, era
solo un
ragazzo di diciassette anni che cercava di dimostrare qualcosa a suo
padre. Ma ho condannato la mia famiglia.
Clary ha
ragione, non saremo mai più al sicuro.
"Quali
sono le
condizioni?" Chiese Magnus, il primo a rimettersi dalle notizie.
"Cosa devono fare i vampiri? Si limiteranno a combattere con le fate
quando sarà ora?"
"Stanno
attaccando i licantropi."
Spiegò Kaelie. "La
Regina sa che i licantropi
probabilmente saranno alleati dei Nephilim quando scoppierà
la guerra: il loro
rappresentante era uno Shadowhunter che è ora sposato con
una di loro e ha
troppi legami con i Nephilim. Riuscirebbe a convincere i licantropi ad
aiutare.
Quindi il primo passo è di prevenirlo, uccidendone il
più possibile prima della
guerra. In realtà potremmo dire che la guerra è
già scoppiata: semplicemente
gli Shadowhunter non sono stati ancora attaccati."
"Dobbiamo
trovare il modo di
avvertire il Consiglio." Disse Alec, passandosi una mano fra i capelli.
"Una guerra contro il Popolo Fatato di giorno e i vampiri di notte
sarebbe
un inferno, anche con i licantropi al nostro fianco e la runa
dell'Alleanza."
Isabelle
scosse la testa. "Se avvisiamo il
Conclave..."
"Lo so,
attaccheranno subito. E William
è ancora là". Alec
chiuse gli occhi, frustrato.
"Siamo
tornati al punto di
partenza." Commentò
Simon. "Dobbiamo portare
Will via da lì,
ma prima ci serve l'antidoto. Se
Kaelie pensa di non poterci aiutare allora dobbiamo trovare un altro
modo."
"Stai
pensando ancora alla
Corte Unseelie, vero?" Chiese
Isabelle, guardandolo.
"Hai un'idea migliore? Sono
fate e odiano la Corte Seelie. E' la nostra migliore
possibilità."
"Non
accetteranno mai di
incontrarci. Le conseguenze della Guerra Oscura hanno impattato anche
su di
loro e sono anche più isolati della Corte Seelie."
"La
Corte Unseelie non è un bel
posto." Disse Kaelie lentamente, respirando a fondo. Si
voltò, dando la
schiena a tutti e abbassò lo sguardo. "E' oscura e
misteriosa e le Fate
che ci vivono sono diverse da noi. Sono crudeli e brutali. Non
è il tipo di
persone con cui immischiarsi."
"Ma
potrebbero avere le
informazioni che cerchiamo. Potrebbero sapere come curare William."
Insistette Simon. "Non c'è niente nei nostri libri che ci
faccia supporre
l'esistenza di una cura definitiva, ma se la Regina ama davvero sua
figlia come
dici tu, non le somministrerebbe mai del sangue avvelenato."
"Il
Re della Corte Unseelie ha
le stesse competenze della Regina." Ammise Kaelie. "Se lei è
a
conoscenza di un antidoto, allora lo è anche lui. E hai
ragione, odia la nostra
Regina. E' astuto e malvagio e non fa niente per niente. Ci
sarà un prezzo da
pagare e probabilmente non vi piacerà."
"C'è
sempre un prezzo da pagare
con i Fatati." Replicò Clary, facendo un passo in avanti.
"Dicci come
arrivare alla Corte."
"Non
potete." Rispose lei, girandosi. Clary
la stava guardando con odio
malcelato ma lei sostenne il suo sguardo. "Nessuno può, a
meno che una
fata non sia con loro. La Corte Unseelie ama la sua riservatezza."
"Bene
allora." Le disse Clary dopo un momento
di silenzio. "Sappiamo
quello che dobbiamo
fare, giusto?"
Nessuno
parlò mentre le due donne si
guardavano in un silenzio teso. Poi Kaelie
si avvicinò. "Vieni con
me per qualche
minuto. Devo parlarti da sola."
"Kaelie..:"
Cercò di
interromperle Jace, ma Clary sollevò una mano.
"D'accordo. Andiamo
fuori." Non disse un'altra parola, guidando silenziosamente la fata
fuori
dalla biblioteca. Clary la seguì mentre Kaelie si dirigeva
verso la palestra,
sorridendo amaramente nel pensare al motivo per cui la fata sapeva
muoversi
all'interno dell'Istituto, a tutte le volte che era stata lì
per tenere lontani
lei e Jace. Sembrava che tutti si fidassero di lei ora, ma lei non
aveva
intenzione di lasciarsi ingannare: forse li stava aiutando, ma aveva i
suoi
scopi, le fate erano sempre così, e lei non aveva intenzione
di dimenticarlo.
Entrando
in palestra, Kaelie si
guardò in giro e raggiunse la parete dove pendevano le armi.
Ci pensò un attimo
e poi afferrò una spada da addestramento; con un veloce
movimento si girò e
cercò di colpire Clary con tutta la sua forza. La reazione
fu istintiva: Clary
evitò il colpo così velocemente che i suoi
movimenti erano visibili a malapena
e in men che non si dica, la spada era volata via mentre la
Shadowhunter
inchiodava Kaelie sul pavimento.
"Cosa
diavolo pensavi di
fare?" Le urlò, tenendola giù.
La
fata continuava a cercare di
alzarsi, il sudore che le colava dalla fronte, le vene del collo
ingrossate
dallo sforzo, ma Clary non aveva intenzione di lasciarla
andare. Alla fine
Kaelie si arrese e guardò la Nephilim.
"Che
cosa vedi, Clary?" Le
chiese stancamente.
Clary
la lasciò andare e si alzò,
guardandola con sospetto. "Cosa intendi?"
"Ho
cercato di attaccarti, ho
usato tutta la mia forza e due secondi dopo ero per terra. Cosa ti dice
questo?"
"Che
non sei capace di
combattere?" Le chiese, aggrottando le sopracciglia.
"Esattamente."
Kaelie
annuì e si sedette, incrociando le gambe sul
pavimento. "Non
sono un guerriero, Clary. Non lo sono mai stata. Sono
una dama di corte, se proprio devi etichettarmi. Sono una
cameriera. Io non combatto."
"E allora?"
"Sono
diversa da te. Tu sei
nata per questa vita, Clary. Ti sei allenata per essere un guerriero,
pensi
perfino come uno di loro. Io non ho quel tipo di coraggio, non l'ho mai
avuto,
e non saprei cosa fare in un campo di battaglia. Eppure sono qui." La
guardò, serrando le labbra. "Sono qui, ad aspettare di
venire
uccisa."
"Quanto
sei drammatica."
Le rispose Clary, una punta di derisione nella voce.
"Quando
la mia gente scoprirà
quello che ho fatto, mi ucciderà. Basta un sospetto del mio
tradimento e sono
morta, senza alcuna possibilità di difendermi. Il mio stesso
fratello mi
taglierebbe allegramente la gola per punirmi. Quindi smetti di pensare
che
tutto questo sia facile per me, perchè io sono terrorizzata sapendo che basta un passo
falso per firmare
la mia condanna a morte."
"Scusa
tanto se non mi fai
nemmeno un po' di pietà." Sputò fuori Clary con
rabbia. "Tu sei una
delle persone che mi hanno strappato mio figlio e mio marito, senza
contare il
fatto che volevi dormire con lui. Sei una dei cattivi, Kaelie, e
fidati, non ho
nessuna intenzione di
dimenticarlo. Dici di
essere cambiata? Può essere. Ma
non ci crederò finchè non lo vedrò con
i miei occhi, finchè William non sarà a
casa sano e salvo."
Kaelie
si alzò, incenerendola con gli
occhi. "Se fossi una dei cattivi, non saremmo qui. Avrei costretto Jace
a
rimuovere le rune del matrimonio, lo avrei fatto trasferire da me e
forse ora
sarei incinta di suo figlio, per assicurarmi che non tornasse mai
più da te. Se
fossi una dei cattivi, ora sarei alla Corte, per dire alla Regina che
tu e Jace
non state tenendo fede ai patti; riderei ogni volta che mio fratello ti
frusta,
e fidati, so che lo fa."
Cercò
di calmarsi facendo un respiro
profondo. "Ma non lo sono. Sono qui perchè quello che sta
facendo la
Regina è sbagliato. Sono
qui perchè
amo la mia gente e questa guerra potrebbe essere la nostra rovina. Sono
qui
perchè non voglio che la mia casa diventi un'altra Edom,
senza i Nephilim: non
mi piace la tua razza, ma i demoni mi piacciono ancora meno. Sono qui
perchè
voglio ridarti William."
"Tu
sei qui perchè sei
innamorata di Jace e speri che lui ti perdoni." La accusò
Clary,
trattenendosi dallo schiaffeggiarla. Come osava cercare di ottenere la
sua
simpatia?
Kaelie
rimase in silenzio per un
attimo, sorpresa, poi annuì. "Mi piace Jace, è
vero. Forse ne sono
addirittura innamorata, abbiamo un passato in comune. Ma non sono
stupida e so
che non ci sarà mai un'altra donna per lui, nessuno tranne
te. Non rovinerò la
mia vita aspettando qualcuno che non mi vorrà mai. Voglio
che sia felice,
voglio che abbia di nuovo suo figlio e voglio impedire che passiate
entrambi la
vostra vita come cavie da laboratorio per i vampiri."
"Quanto
sei nobile." Disse
Clary, sarcastica.
"Vi
mostrerò la strada per la
Corte Unseelie." Kaelie sospirò, torcendosi nervosamente le
mani.
"Verrò con voi e chiederò un'udienza con il Re.
C'è un protocollo da
seguire in questi casi: io sono una fata e qualunque cosa lui pensi di
me, è
costretto a vedermi. Ma voglio che tu capisca che probabilmente non
lascerò
viva la Corte Unseelie. Ucciderci li diverte e dubito che
sarò
un'eccezione."
Ora
era il turno di Clary di essere
sorpresa. Nonostante odiasse la fata, non voleva vederla morta. "Ti
stai
infilando in una trappola solo per portarci fin là?"
"E
non devi dirlo a Jace."
Replicò lei con fermezza. "Ha giurato di proteggermi e non
mi permetterebbe
mai di venire con voi. Ma il Diurno ha ragione, il Re della Corte
Unseelie
potrebbe essere la chiave per salvare tuo figlio, quindi dobbiamo
tentare: non
c'è tempo di cercare altre soluzioni. Le Fate Unseelie non
vi faranno del male:
non hanno interesse a cominciare un conflitto con la tua gente, vi
lasceranno
andare."
Clary
la guardò a lungo, i pugni
serrati al suo fianco, scrutando ogni ombra e angolo del viso di
Kaelie.
"Forse è vero che sei cambiata. Forse vuoi davvero rimediare
a quanto hai
fatto. Non sono pronta a perdonare e dimenticare, probabilmente non lo
sarò
mai, ma ora capisco perchè Jace ha giurato di proteggerti e
stare dalla parte
del Popolo Fatato nel Consiglio."
"Voglio
solo quel che è meglio
per la mia gente. La Regina della Corte Seelie è stata una
grande regnante in
passato, ma da quando è comparso tuo fratello, le cose sono
precipitate. Non
voglio che soffriamo ancora per i suoi errori. I Fatati possono essere
astuti e
crudeli, ma non siamo diversi dagli altri Nascosti e non dovremmo
essere
trattati differentemente. Voglio solo che le cose tornino a com'erano
prima che
Sebastian Morgenstern rovinasse tutto."
Clary
annuì. "D'accordo,
dichiariamo una tregua per ora. Andremo avanti passo per passo. Prima
di tutto,
la Corte Unseelie: ci mostrerai la via, andremo insieme, prometteremo
qualunque
cosa voglia il Re per avere il suo aiuto e poi ci porterò
via tutti con un Portale,
in un batter d'occhio. Te inclusa."
Kaelie
aprì la bocca per protestare,
ma Clary la bloccò. "Te inclusa. Non ti
lascerò lì a
morire e nemmeno Jace. Non è così che facciamo. E
ora che è tutto deciso, vediamo di
muoverci e andare."
Le
due donne si guardarono per un
lungo minuto, poi Clary fece qualcosa che lasciò Kaelie
sbalordita: le tese la
mano. Quando la fata sollevò di nuovo lo sguardo, Clary la
guardava con le
sopracciglia aggrottate. "Beh?"
Kaelie
annuì e strinse fermamente la
mano della Shadowhunter, sigillando il loro patto. "Andiamo."
|
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Capitolo 14 *** Spyra ***
Nota
dell'Autrice:
Signore e signori, questo capitolo e il prossimo sono il motivo
per cui questa fanfiction verrà conclusa prima dell'uscita
della Signora della
Mezzanotte. Sappiamo che Cassie ha intenzione di porre le fate in primo
piano e
introdurre la Corte Unseelie e ovviamente non ho la minima idea di come
la
descriverà. Siccome ho cercato in tutti i modi di rimanere
fedele alla storia
originale (nonostante qualche licenza poetica su cose che non erano
state
dettagliate), non ho intenzione di mangiarmi le mani leggendo il nuovo
libro prima
che la fanfic sia finita e scoprire che devo cambiare tutto! Sarei
pazza
abbastanza da provarci.
Per
chi ha familiarità con D&D o con il concetto di Elfo
Scuro, si, ho usato quella descrizione :)
***
"Non
funzionerà, non in questo modo." Disse Magnus
quando Kaelie annunciò la sua decisione di guidare Clary e
Jace alla Corte
Unseelie.
"Di
che stai parlando?" Chiese Alec, girandosi verso il suo
compagno. "Perchè non dovrebbe?"
"Prima
di tutto metteremmo Kaelie in pericolo e non possiamo
permettercelo. Se per caso qualcuno scoprisse che è venuta
alla Corte Unseelie
con noi, la sua copertura salterebbe, la Regina della Corte Seelie
scoprirebbe
che l'ha tradita, nasconderebbe William e sua figlia e non li
troveremmo mai
più."
"Ma
perchè il Re della Corte Unseelie dovrebbe..."
Cominciò Isabelle, ma Magnus la interruppe.
"La
domanda è, perchè no? Probabilmente non
avviserebbe la
Regina della Corte Seelie che degli Shadowhunter stanno cercando di
batterla in
astuzia, ma una fata che tradisce la sua razza? Siamo su un altro
livello e la
cosa porterebbe il caos alla Corte Seelie. Alle fate piace scatenare
conflitti
e alle fate Unseelie ancora di più."
"Dovremo
correre il rischio." Replicò Jace. "Kaelie
è l'unica che possa guidarci alla Corte Unseelie."
"E
già che ci siamo," Magnus lanciò a Jace
un'occhiata significativa.
"Non ci andrete tu e Clary. Ci andrò io."
"Che
cosa?" Alec spalancò gli occhi.
"Non
possiamo mandare Jace e Clary, sarebbe come sventolare
una bandiera rossa che avvisi la Regina che stiamo cercando di trovare
una via
d'uscita. Se ci vado io desterò meno sospetti, posso addurre
un paio di giustificazioni
per la mia visita."
Jace
e Clary si scambiarono un'occhiata allarmata. Lasciare andare
Magnus forse sarebbe stato più sicuro per loro ma nessuno
dei due era abituato
ad aspettare senza fare niente. Inoltre si parlava del loro bambino,
non potevano
rimanere indietro e aspettarsi che qualcuno si mettesse in pericolo per
loro.
"Magnus,
non credo che..."
"Clary,
non vi lascerò andare." Disse fermamente lo
stregone. "Non sono sorvegliato quando voi e di sicuro un Nascosto che
fa
visita a un altro Nascosto è meno vistoso di un Nephilim che
fa la stessa cosa.
Inoltre ho un contatto là dentro."
Questo
li zittì tutti e Magnus fu sommerso di occhiate stupite. Lo
stregone sembrava turbato, come se stesse rievocando ricordi spiacevoli
e i
suoi occhi erano stranamente pieni di vergogna.
"C'è
stato un periodo della mia vita in cui non ero
esattamente... allegro. Ero stanco, triste e furioso." Scosse la testa
e
sollevò gli occhi al cielo. "Ero anche decisamente giovane e
tendevo
all'esagerazione. E' stato allora che ho conosciuto Spyra. Era
un'anomalia nella
sua razza, una fata Unseelie che voleva vedere il mondo. Le piaceva
interferire
con i mondani, giocare con le loro emozioni e lasciarsi alle spalle una
scia di
cuori infranti."
Guardò
Alec prima di continuare. "Ha vissuto con me per un
po', eravamo complici. E' stato un periodo strano... ero
così arrabbiato che ho
colto al volo l'occasione di sfogarmi in qualche modo: lo trovavo
divertente.
Non ne sono esattamente orgoglioso."
Nessuno
replicò e Magnus andò avanti con un sospiro. "Il
punto è che Spyra e io abbiamo fatto molte cose insieme e
quando alla fine lei
è stata richiamata alla Corte Unseelie, eravamo amici. Una
specie. Una specie
di amici malvagi e inquietanti. Mi ha dato qualcosa di suo prima di
andare, un
regalo d'addio e anche una prova che l'avevo davvero conosciuta, se
avessi mai
avuto bisogno di trovarla di nuovo."
"E
se riesci a contattarla, credi che potrebbe garantirci
un'udienza con il Re?" Chiese Clary cautamente. In quel modo Kaelie
avrebbe potuto mostrar loro la strada e poi andarsene senza essere
vista,
mentre Magnus cercava la sua amica. E se lo stregone aveva sul serio un
contatto all'interno della Corte, c'era la possibilità che
il Re sarebbe stato
più disposto a parlare con lui piuttosto che con lei e Jace.
"E'
probabile." Magnus alzò le spalle. "L'ho vista
per l'ultima volta più o meno duecento anni fa, ma sono
abbastanza sicuro che
si ricordi di me."
"Duecento
anni fa?" Chiese Isabelle. "Sei sicuro
che sia ancora viva?"
"Le
fate vivono a lungo." Replicò Magnus, proprio mentre
Kaelie stava per dire la stessa cosa. "E se fosse morta, il regalo che
mi
ha fatto si sarebbe decomposto. Quando a Simon è venuta
questa idea l'altro
giorno, sono andato a controllare: è ancora perfetto."
"
E perchè non ci hai parlato prima di lei?" Chiese
Alec, il volto privo di emozioni.
"Perchè
non volevo ricordare e speravo che non sarebbe stato
necessario." Gli occhi di Magnus erano tristi ora. "Alexander, ci
sono molte cose di cui non sono orgoglioso, cose che rimpiango. Spyra
è una di
quelle cose. E' l'esempio perfetto di una fata Unseelie: intelligente,
bellissima, malvagia, crudele. E quando eravamo insieme, la trovavo
attraente
esattamente perchè era così. Ero stanco di
cercare di fare il bravo
ragazzo."
La
stanza si riempì di silenzio per qualche minuto mentre i due
uomini si guardavano. Sapevano tutti che il passato di Magnus era un
argomento
delicato per Alec, una delle ragioni per cui si erano lasciati tanti
anni
prima. Alla fine Alec si limitò a sospirare, scuotendo la
testa. "A volte
mi chiedo quand'è che le tue passate esperienze smetteranno
di essere un
problema. Ma ora non abbiamo tempo per questo e in ogni caso non ho
intenzione
di rifare lo stesso errore che ho commesso anni fa. Il passato
è passato,
quello che conta è il presente, qui e ora. Ne parleremo
più tardi."
Si
fermò, ricordando solo in quel momento che non erano da soli
e
che fra di loro c'era una perfetta sconosciuta: non era l'ideale per
una
chiacchierata privata. Tornò professionale, avvicinandosi al
suo compagno.
"Quindi
il piano è di permettere a Kaelie di mostrarci la
strada, mandarla via e andare a cercare questa Fata Unseelie?"
"Più
o meno." Magnus annuì.
"Bene.
Quando partiamo?"
"Partiamo?"
Lo stregone sollevò il sopracciglio.
"Ma
certo." Alec gli rivolse un sogghigno. "O
pensavi che ti avrei lasciato andare da solo? Scordatelo."
Magnus
cominciò a discutere ma Alec lo interruppe con un sorriso
giocoso. "E poi voglio conoscere questa fantomatica fata. Chi lo sa,
magari potrebbe illuminarmi su alcuni dettagli della tua vita da
"cattivo". Potrebbe essere interessante."
Magnus
aprì la bocca per replicare ma per una volta non ne
uscì
niente, mentre guardava stupito il suo compagno. Poi sorrise lentamente
e
ammiccò, gli occhi che trasmettevano un silenzioso messaggio
d'amore e la
promessa di momenti molto
interessanti, dove avrebbe mostrato ad Alec tutto quello che voleva sul
suo
essere "cattivo"... una volta soli, più tardi.
Quando
Alec colse le occhiate scioccate dei suoi amici, ebbe
almeno la decenza di arrossire.
***
"Beh,
non è proprio quello che mi aspettavo." Commentò
Alec, una volta entrati nel bagno di un ristorante di alta classe. Era
la
sezione femminile, ma loro erano invisibili e comunque era vuoto.
Non
era stato facile convincere tutti che Magnus era veramente la
loro migliore possibilità per questa missione e siccome
avevano dovuto
aspettare la notte per partire, era stata una lunga giornata di
discussioni.
Jace era stato il peggiore, aveva resistito fino all'ultimo minuto, ma
era
comprensibile: era un uomo d'azione e parte della sua punizione
era stata il dover rimanere in disparte e guardare Clary
fare tutto il lavoro sporco da sola, incapace di alzare un dito per
aiutarla o
per proteggerla. Naturalmente ora che il segreto non era più
tale, lui non
vedeva l'ora di fare qualcosa, qualunque cosa che non fosse rimanere
fermo ad
aspettare notizie. Alla fine Clary gli aveva stretto la mano,
dicendogli che se
lei doveva rimanere indietro, aveva bisogno di lui al suo fianco o non
avrebbe
resistito. E tutti sapevano che Jace non avrebbe mai negato nulla a
Clary,
specialmente ora.
"So
che è difficile crederlo, ma una volta questo era un
luogo sacro per le fate Unseelie." Disse Kaelie, guardandosi intorno e
riportando Alec al presente. Il bagno era pulito e profumava di
vaniglia e gli
specchi dalle elaborate cornici non riflettevano la loro immagine.
"Venivano fuori nelle notti di luna nuova e danzavano attorno a una
grande
roccia che sorgeva proprio qui. Poi arrivarono i mondani e cominciarono
a
costruire qui attorno. La roccia non c'è più, ma
la sua magia rimane, è
ancorata a questo posto e durante la notte apre il passaggio per la
Corte
Seelie. Quando siete pronti, vi farò entrare."
Alec
aggrottò la fronte. "Deve sempre avvenire tramite la
magia? Credevo che la maggior parte del Popolo Fatato non fosse in
grado di
usarla."
"E'
così." Kaelie annuì. "Ma il potere di andare e
venire dalle Corti è nel nostro sangue, è parte
dell'essere una fata. Tutti
riusciamo a fare almeno quello, anche se non maneggiamo il resto della
magia
fatata. Entrare nella Corte Unseelie non è così
naturale perchè io sono una
Seelie, ma ci riesco comunque."
"Mi
chiedevo..." Magnus le disse, picchiettandosi il
mento con l'indice. "Non siete come due specie differenti all'interno
della stessa razza? Spyra è l'unica fata Unseelie che abbia
mai visto, ma
fisicamente parlando siete molto diverse."
"Fammi
indovinare, pelle blu scuro, capelli bianchi, occhi
rossi?" Kaelie sorrise quando Magnus annuì. "C'è
un motivo se i
mondani hanno sempre chiamato noi le Fate della Luce e loro le Fate
Oscure.
Vivono sottoterra, la loro magia è basata principalmente su
terra e fuoco
mentre noi basiamo la nostra su aria e acqua. Il loro collegamento con
la terra
è il motivo per cui appaiono così scure e per cui
escono così poco dalla loro
Corte."
"Quindi
dobbiamo aspettarci qualcosa di simile a una
caverna?"
"Non
lo so, è una parte del Regno Fatato che non ho mai
visitato. So solo come si entra."
"Bene,"
disse Alec dopo un momento di silenzio.
"Andiamo? E speriamo che non si tratti solo di una complicata
trappola."
"Alec..."
cominciò Magnus, ma lo Shadowhunter dagli
occhi azzurri lo interruppe.
"Mi
dispiace ma quanto sta accadendo è troppo importante per
fidarci di chiunque." Si girò verso Kaelie, rigido.
"Può anche essere
che al momento tu ci stia aiutando, ma mi fiderò di te
quando riavremo William,
non prima. So cosa ti ha promesso Jace e onorerò la parola
del mio parabatai sulla tua
sicurezza, ma non ti
conosco ancora abbastanza per fidarmi ciecamente di te."
Kaelie
sospirò ma annuì. "Lo capisco, davvero. Nemmeno
io mi
fiderei di nessuno se fossi in voi. Ma non vi sto conducendo in una
trappola e
non sto cercando di ingannarvi, perchè proprio come voi
anche io sto rischiando
la vita. Se mio fratello o una qualunque fata scopre quello che sto
facendo,
sono morta."
"E'
inutile continuare a parlarne." Si intromise Magnus,
con un'aria decisa. "Trappola o no, andremo comunque. Non abbiamo
scelta,
non abbiamo più tempo." Si girò verso la pixie.
"Portaci dentro e poi
vattene. Ti ho resa invisibile in modo che nessuno possa riconoscerti
ma
vediamo di non mettere alla prova la mia magia questa volta. Quando
avremo
finito, ci penserò io a portarci via da lì."
Kaelie
annuì e nessuno aggiunse l'ovvio: se non fossero tornati,
Jace e gli altri dovevano immaginare che fossero prigionieri o,
più
probabilmente, morti.
***
Kaelie
se n'era andata. Come da accordi, Magnus l'aveva mandata
via non appena la fata li aveva portati nel Regno Fatato e ora lui e
Alec erano
da soli. Non erano in un bel posto: si trovavano in una caverna, scura
e umida
e così bassa che bastava alzare una mano per toccarne il
soffitto. L'unica
fonte luminosa era la stregaluce di Alec e i due procedevano con
cautela,
facendo attenzione a dove mettevano i piedi.
"Allora,"
chiese Alec a voce bassa. "Non mi hai mai
detto cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto da farti fare
amicizia con una fata
Unseelie."
"Pensi
davvero che sia il momento giusto, Alexander?"
Magnus lo guardò ma lo Shadowhunter non si girò,
tutti i sensi tesi a cogliere
il minimo cambiamento attorno a loro.
"Almeno
stavolta Alicante non ci sta crollando addosso e io
non ti sto chiedendo perchè non mi hai richiamato." Rispose
Alec, un'ombra
di umorismo nella voce.
Magnus
alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso. Amava quel
lato del suo compagno, amava come era riuscito a far emergere il lato
divertente della sua natura, negli anni che avevano passato insieme.
Alec era
quasi un'altra persona ora, e lui lo amava più che mai.
Scrollò le spalle,
ripensando a quegli anni oscuri, ma decise di spiegarsi: si trattava di
Alec e
gli avrebbe affidato la sua vita.
"Sono
state molte cose, ma principalmente due eventi: la
discussione sugli Accordi nel 1857 e il tuo antenato, Edmund Herondale."
"Sempre
Herondale." Borbottò Alec, scuotendo la testa. "Non
conoscevi anche un William Herondale?"
"William
era il figlio di Edmund." Magnu annuì.
"Suppongo che Jace abbia chiamato così suo figlio in suo
onore, dopo aver
parlato con Tessa riguardo alla sua famiglia, anni fa. Tu discendi da
Cecily
Herondale, la sorella di William, e Gabriel Lightwood."
"William
era anche il secondo nome del padre di Jace, forse è
un altro motivo per l'ha scelto. Comunque cosa è successo a
Edmund Herondale
per farti arrabbiare così tanto?"
"I
Nephilim lo hanno buttato fuori quando si è innamorato di
una ragazza mondana." Lo stregone smise di camminare, ricordando quel
giorno orribile quando aveva avuto notizie di Edmund per l'ultima
volta.
"Ero all'Istituto quando gli hanno tolto i Marchi, ho sentito le sue
urla,
il suo dolore, la sua pena. Mi hanno detto che mi avrebbero ucciso se
avessi
cercato di aiutarlo."
Alec
si girò verso di lui ma non disse niente.
"Non
era un buon periodo per me: avevo appena incontrato
Camille e l'avevo spinta fra le braccia di Ralf Scott e gli
Shadowhunter avevano
dimostrato ancora una volta in quale considerazione tenessero noi
Nascosti. Ma
quando ho sentito Edmund, quando non ho potuto aiutarlo in alcun modo,
qualcosa
dentro di me si è rotto. Ho cominciato a pensare che se i
Nephilim, i nostri
protettori, erano così senza cuore da punire un ragazzo solo
perchè si era
innamorato, allora non c'era speranza. Se rispettare le regole
significava solo
dolore e sofferenza, perchè sforzarsi? Non ero mai stato un
bravo ragazzo, ma
quella volta ho passato il segno e non mi sono mai guardato indietro
fino a
quando non è stato quasi troppo tardi."
Ci
fu un lungo momento di silenzio ma poi Alec strinse il braccio
di Magnus e annuì. "La Legge può essere dura, lo
so. Ci sono dei motivi
per il nostro modo di agire, ma questo non vuol dire che la cosa mi
piaccia.
Fra me e i miei fratelli, abbiamo di sicuro sfidato abbastanza regole
da dimostrarlo.
Cosa ti ha fatto cambiare idea?"
Magnus
sorrise tristemente ma non riuscì a rispondere
perchè la
terra intorno a loro cominciò a tremare e le ombre sulle
pareti della caverna
iniziarono a danzare come impazzite, concentrandosi in un unico punto
che
crebbe gradualmente, diventando sempre più grande, fino ad
assumere una forma
umana.
Alec
si piazzò davanti a Magnus, sfoderando la sua spada angelica
e chiamandola per nome sottovoce. La lama risplendette
nell'oscurità, più
brillante di qualunque stregaluce e permise loro di guardare mentre
l'ombra si
staccava dalla parete, dirigendosi con calma verso di loro.
Era
una donna, una bellissima fata con lineamenti spigolosi, occhi
rossi e brillanti e una pelle così scura da sembrare nera. I
capelli bianchi le
incorniciavano il volto e sulle labbra aveva un sorrisetto ironico.
"Si,
Magnus." Disse, sorridendo freddamente allo stregone.
"Cosa ti ha fatto cambiare idea?"
Magnus
sospirò e avanzò oltre Alec, uno sguardo
rassegnato negli
occhi. "Salve, Spyra. E' passato tanto tempo."
"E'
vero." La fata sorrise di nuovo, e Alec sentì un
brivido lungo la schiena. Quello non era affatto un sorriso amichevole.
"Perchè non dici al tuo cucciolotto di abbassare il suo
stuzzicadenti
luminoso così da poterti salutare come si deve?"
Cucciolotto?
Stuzzicadenti?
Alec fece un passo in avanti, pronto a rispondere, ma la mano di
Magnus sul braccio lo fermò. Ne avevano parlato in
precedenza, sapevano che le
fate Unseelie cercavano sempre di causare diverbi e avevano deciso di
lasciar
parlare Magnus. Alec era lì solo per la sua protezione.
"Lui
non attaccherà a meno che qualcuno cerchi di farmi del
male. Pensa a lui come alla mia guardia del corpo."
La
fata inarcò il sopracciglio. "Le cose cambiano eh? Non
potevi sopportare i Nephilim quando ci siamo conosciuti."
"Si,
beh, sono passati duecento anni." Magnus scrollò le
spalle e tirò fuori qualcosa dalla tasca. Era una foglia
marrone, morta e
secca, con una S bruciata nel mezzo. "Ricordi questa?"
Spyra
alzò la mano per prendere la foglia e guardò
divertita Alec
che cercava di reprimere l'istinto di schiaffeggiarla via. "Il mio
regalo.
E' la cosa che mi ha guidata da te non appena sei entrato nella Corte
Unseelie.
Ho avvertito la sua presenza. Ci è voluto molto tempo prima
che ti mancassi,
stregone."
Con
sorpresa di Alec, Magnus si mise a ridere. "Spyra fidati
se ti dico che non mi sono mai veramente dimenticato di te. Ma sei una
compagnia pericolosa e credo di aver esaurito tutte le mie
possibilità malvagie
in quei pochi anni con te."
"Che
peccato." La fata avanzò, ondeggiando come un
serpente e abbracciò il collo di Magnus, leccandosi le
labbra. "Avevi così
tanto potenziale..."
Era
troppo, decisamente troppo. Alec si frappose fra di loro,
separandoli. "Ehi, giù le mani dal mio uomo, fata."
Spyra
spalancò gli occhi e poi scoppiò a ridere. "Oh,
Magnus,
sul serio? Un Nephilim? E' bravo a letto almeno? Deve esserlo o non ti
abbasseresti a tanto."
"Basta
così, Spyra." Lo stregone la interruppe prima che
Alec potesse aggiungere altro, prima che agisse in base al luccichio
pericoloso
che aveva negli occhi. Doveva prendere il controllo prima che fosse
troppo
tardi. Puntò il dito verso la foglia che Spyra teneva in
mano. "Ricordi
perchè me l'hai data?"
"Si,
si, lo ricordo." La fata stava ancora ridendo, ma
era una risata crudele, sarcastica. "Mi hai salvato la vita, ti devo un
favore, eccetera eccetera. E' per questo che sei venuto? Per riscuotere
il tuo
debito? E io che credevo di mancarti."
"Ho
bisogno di parlare con il Re, Spyra." Disse Magnus,
andando dritto al punto. "Ho bisogno di un'udienza e ho bisogno che mi
ascolti. Puoi farlo avvenire?"
Questo
fermò la fata. I suoi occhi rossi studiarono lo stregone
prima e lo Shadowhunter poi. "Interessante. Affari dei Nascosti o dei
Nephilim?"
"Entrambi
in realtà. Abbiamo bisogno della saggezza del Re su
una questione della massima importanza."
"Deve
essere così, se sei abbastanza disperato da venire fin
qui, dopo il trattato di pace." Non smise di studiarli, improvvisamente
professionale, poi si girò verso Alec. "Cosa ti fa pensare
che il Popolo
Fatato ti aiuterà dopo il modo in cui ci avete trattati?"
"Si,
lo so che nessuno è amico dei Nephilim ultimamente, non
dopo l'ultima guerra." Replicò Magnus immediatamente. "La
chiamano la
Pace Fredda per un motivo."
"Beh,
è stata tutta opera loro." Spyra alzò le spalle.
"Nessuno li ha costretti a distruggerci. Non mi stupisce che il resto
dei
Nascosti non si fidi più di loro, alla fine agli
Shadowhunter è sempre
interessata più la vendetta del perdono, una cosa che il
Mondo Invisibile non
voleva ricordare."
"Io
non c'entro niente, Spyra." Magnus alzò le mani.
"Anzi, sono stato l'unico a chiedere pietà per voi, ma non
mi hanno
ascoltato. Sono un Nascosto, proprio come voi ed è per
questo che sono
qui."
"Con
un cucciolo Nephilim al seguito." Notò lei.
"Non
mi avrebbe lasciato venire da solo." Ammise Magnus.
"Ma lo manderò via se è l'unico modo per avere
un'udienza con il Re."
"Nemmeno
per sogno!" Esplose Alec, incapace di rimanere
zitto più a lungo. "Non ti lascio qui da solo, scordatelo."
"No,
no, non preoccuparti, Cucciolotto." La fata
sorrise, un luccichio malvagio negli occhi. "Sono sempre pronta a un
po'
di divertimento e un Nephilim che supplica il nostro Re sarà
molto divertente."
"Non
ho intenzione di supplicare nessuno." Rispose lui,
serrando la mascella.
"Oh,
lo farai, Cucciolotto..." Spyra sorrise di nuovo.
"Mio fratello ti vorrà vedere strisciare per terra prima di
ascoltare
quello che hai da dire, e poi ti farà leccare i suoi stivali
mentre pensa alle
tue domande."
"Spyra."
Disse Magnus, una silenziosa minaccia nella
voce. "Non esagerare. In ogni caso sarò io a parlare, non
lui. E da quando
il Re della Corte Unseelie è tuo fratello?"
"Lo
è sempre stato, Magnus, sei tu che non me lo hai mai
chiesto." Spyra sogghignò e si girò,
allontanandosi. "Venite dunque, non
vedo l'ora di vedere cosa succederà."
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Capitolo 15 *** La Corte Unseelie ***
Spyra
li stava guidando
attraverso un labirinto di corridoi che aveva più svolte di
quante Alec
riuscisse a contarne. Dopo un po' ci rinunciò, realizzando
che lo scopo della
fata era proprio quello di confonderli e quando diede voce a questo
sospetto,
mantenendo il più neutrale possibile il tono delle sue
parole, Spyra sogghignò
verso di lui.
"Vedila
in questo
modo, Cucciolotto. O vi portavo attraverso la strada più
lunga, o avrei dovuto
bendarvi. Onestamente la benda è sempre una complicazione,
poi vi devo guidare
passo dopo passo, assicurarmi che non riusciate a vedere proprio
niente... non
mi interessa perdere tutto quel tempo. Quindi ho scelto il giro
più lungo. Sei
stanco di camminare?"
Alec
non si scomodò a
rispondere, decidendo di concentrarsi su ciò che lo
circondava. Si stavano
allontanando dalla parte cavernosa della Corte, per dirigersi verso
qualcosa di
più civilizzato: il pavimento ora era piastrellato, invece
di nuda roccia, il
soffitto era incastonato ovunque di fiammeggianti cristalli rossi, la
loro
unica fonte di luminosità. Sulle pareti c'erano ancora
muschio e sporcizia e la
luce cremisi non faceva altro che rendere l'atmosfera più
deprimente.
"Stai
usando un
incantesimo di protezione," notò Magnus mentre camminavano.
Aveva sempre
saputo che Spyra poteva usare la magia ed era molto forte, era parte
del suo
fascino. "Riesco a sentire la magia. Cosa stai facendo?"
Spyra
camminava
velocemente, un'espressione concentrata negli occhi. "Anche se vi sto
facendo percorrere una strada più complicata del normale,
non voglio che
vediate la Corte come realmente è, non ne avete bisogno;
dubito che ritornerete,
specialmente senza invito. Sempre che ve ne andiate vivi... anche se
questo
riguarda solo il nostro Cucciolotto."
"Mi
stai
minacciando?" Chiese Alec tranquillamente. La spada angelica era ancora
fiammeggiante nella sua mano ed era pronto ad usarla.
Spyra
fece un
sorrisetto. "Ho un debito nei confronti di Magnus Bane: mi ha salvato
la
vita anni fa e gli ho dato quella foglia perchè potesse
chiedermi un favore in
cambio. Alle fate non piace avere debiti con nessuno. Ma tu per me non
sei niente,
Nephilim, e non garantirò per te con il Re. Se te ne andrai
con la testa sulle
spalle o no, dipende interamente da lui."
"Penso
che scoprirai
che sono molto affezionato alla mia testa. Puoi dire lo stesso del
resto della
sua razza, se dovessero attaccarmi?" La voce di Alec era ancora
tranquilla, ma Magnus riconobbe le spacconeria di Jace nascosta fra le
sue
parole. Anche dopo tutti quegli anni, Alec teneva in alta
considerazione il suo
parabatai e cercava di
assomigliargli,
almeno in combattimento. Lo stregone si chiese per un attimo se Alec
avrebbe
mai capito di non aver bisogno di imitare nessuno per essere la
meravigliosa
persona che era.
"Oh,
sei un tipo combattivo."
Rise la fata. "Forse mi piaci un po' di più ora."
Si
fermarono davanti a
una porta, un enorme battente fatto di acciaio lucidato fino a
brillare: era
liscio e inciso di strani simboli che Alec non riconobbe. Spyra vi
poggiò una
mano sopra e poi si girò.
"Eccoci
qui. Un
consiglio, Magnus: tieni il tuo Cucciolotto al guinzaglio, a mio
fratello non
sono mai piaciuti gli Shadowhunter."
Spalancò
i battenti facendo
un passo indietro, entrando con sicurezza e Magnus capì il
significato
dell'avvertimento di Spyra non appena misero piede nella sala del
trono; si
affrettò ad afferrare il braccio di Alec, stringendolo quasi
fino a fargli male
e, guardandolo, si accorse che aveva fatto appena in tempo. Gli occhi
di Alec
erano spalancati per il disgusto e la rabbia, i muscoli tesi fino allo
spasimo
dalla necessità di buttarsi nella mischia e cominciare a
uccidere.
"Cosa...
cosa vuol
dire questo? Come possono..." Sussurrò, prima che Magnus gli
lanciasse
un'occhiata di avvertimento.
"Non
parlare. Non
dire niente. Stanno solo aspettando che tu faccia un errore, non dar
loro
questa opportunità. Lascia parlare me."
La
sala del trono della
Corte Unseelie era orribile. Dalle pareti pendevano dei pannelli rosso
sangue e
gli onnipresenti cristalli sul soffitto contribuivano a immergere la
stanza in
una luce carminia bassa e soffusa. Era come se l'aria fosse pronta a
prendere
fuoco e mentre Magnus e Alec avanzavano verso il trono, lo stregone
dovette
ricordare a se stesso il compito che dovevano portare a termine;
distruggere
quel luogo non sarebbe servito a William.
Dal
soffitto pendevano
delle gabbie, gabbie circolari, basse e costruite in ferro; dentro
quelle
gabbie erano imprigionate delle fate Seelie, accucciate e piangenti, le
loro
grida di dolore echeggianti nella sala del trono. Uomini, donne, ma
fortunatamente nessun bambino, continuavano a urlare mentre il ferro
mordeva la
loro carne senza pietà, bruciandola, marchiandola. Le fate
Unseelie non
sembravano nemmeno vedere i prigionieri mentre parlavano e ridevano fra
loro,
serviti di tutto punto da schiavi incatenati, anch'essi fate Seelie.
Per quanto
Alec non si fidasse di Kaelie, era lieto che lei non fosse
lì a vedere come
veniva torturata la sua gente.
Spyra
camminò dritta
verso il trono dove era seduto il Re: alto e oscuro, aveva lunghi
capelli
bianchi legati dietro la testa e i suoi occhi fiammeggianti non
lasciarono mai
i due ospiti per guardare la sorella che si avvicinava.
"Maestà,"
rise
lei, fermandosi e inginocchiandosi davanti a lui, "ti porto un po' di
divertimento, qualcosa con cui giocare in questa bella notte."
"Così
pare,"
replicò il Re, spostando gli occhi sulla sorella, "e dove
hai trovato i
tuoi giocattoli, mia principessa?"
"Molto
tempo fa,
quando ho deciso di dare un'occhiata al mondo umano, ho incontrato
questo stregone.
Ci siamo divertiti un po' prima che mi richiamassi qui e gli ho dato un
pegno perchè..."
per la prima volta sembrò a disagio, "beh perchè
mi ha salvato la vita.
Ora è tornato a esigere il pagamento di quel debito, quindi
non posso
ucciderlo. Il Nephilim è il suo amante e ha deciso di venire
con lui. Non mi
assumo la responsabilità per la sua presenza qui, o per il
suo benessere."
"Bene."
Il Re
della Corte Unseelie sollevò gli occhi e si leccò
le labbra, gli occhi pieni di
divertimento. "Quindi abbiamo qui Magnus Bane e il suo caro Alexander
Lightwood. Che gentile da parte vostra venire a deliziarci con la
vostra
presenza."
"Sapete
chi
siamo." Disse Magnus, cercando di rimanere impassibile.
"Se
desideri tenere
il tuo popolo lontano dal mondo, devi sapere il più
possibile riguardo a quel
mondo, stregone." Sorrise loro e, proprio come con Spyra, Alec
sentì le
dita afferrare l'elsa della sua spada angelica, pronto a colpire.
Questa creatura
era pura malvagità, poteva quasi sentirne l'odore, ed era
disgustoso.
"Sarei
un Re molto
scadente se non conoscessi i nomi delle persone facenti parte del
famoso gruppo
che ha salvato il nostro mondo da Sebastian Morgenstern."
Continuò il Re.
"E solo per questo motivo, e solo per questa volta, vi
permetterò di
andarvene con la vostra vita. Tu e il tuo Nephilim. Stanotte mi sento
generoso."
"Grazie,
Vostra
Maestà." Magnus chinò la testa e Alec fu
improvvisamente grato di aver
deciso di lasciare parlare lui perchè non sarebbe mai
riuscito a mostrare
cortesia a quel mostro che si dichiarava Re. "Quindi posso immaginare
che
non foste d'accordo con il coinvolgimento della Regina della Corte
Seelie con
Sebastian Morgenstern?"
"Avete
visto fate
Unseelie combattere con quegli smidollati?" Chiese il Re con un sorriso
divertito. "Non abbiamo avuto niente a che fare con quella guerra,
eppure
la nostra razza è stata condannata nella sua interezza per
colpa di quella
strega e del suo amante umano. Ho sentito che tu sei stato l'unico a
parlare in
favore del Popolo Fatato?"
"E'
così, Vostra
Maestà. Non è servito a molto, ma ci ho provato."
"Bene,
cosa vuoi
stregone? Abbiamo appena catturato delle nuove fate Seelie e non vedo
l'ora di
andare a far loro visita." Si leccò di nuovo le labbra e
Alec seppe
istantaneamente che moriva dalla voglia di torturare i suoi nuovi
prigionieri.
Gli
occhi di Magnus si
illuminarono di rabbia, ma lui si affrettò a nasconderla.
"Sono venuto in cerca
della vostra saggezza, Maestà. E, nel richiedere umilmente
una risposta alla
mia domanda, vi offro anche l'opportunità di rovinare un
piano accuratamente
studiato dalla Regina della Corte Seelie."
Il
Re rimase in silenzio
qualche istante, poi alzò la mano e schioccò le
dita; le fate Unseelie lasciarono
immediatamente la sala del trono fino a quando rimasero solo i
prigionieri
nelle gabbie e Spyra, che si mise alla destra del trono.
"Per
la mia
protezione," fu tutto quello che disse il Re, indicando la sorella. Lei
sogghignò e Magnus non dubitò che fosse pronta ad
arrostirli se avessero fatto
un movimento sbagliato.
"Ora
che siamo
soli, vediamo un po'." Il Re si appoggiò all'indietro sul
trono,
accavallando le gambe, rilassato. "Sono sempre pronto a divertirmi alle
spalle della mia bella, luminosa cugina. Fatemi la vostra domanda e
deciderò se
vale la pena di rispondervi."
Ci
siamo,
pensò Magnus. Ora ci
giochiamo tutto.
Respirò
a fondo e
chiese: "Esiste un modo di curare in maniera permanente una persona
avvelenata con il Kohl? So che l'antidoto consiste nel bene il
tè fatto con le
foglie Kohl ogni giorno, ma desidero una cura definitiva."
"Interessante."
Il Re unì le mani, appoggiandole sulle gambe e socchiudendo
gli occhi.
"Chi è la persona avvelenata?"
Avevano
discusso a lungo
a questo proposito prima di partire per la Corte Unseelie: sapevano che
il Re
avrebbe chiesto informazioni ma Clary non voleva raccontare i dettagli.
Le fate
Unseelie erano famose per il loro temperamento, però, e se
Magnus voleva delle
risposte non poteva permettersi di negare al Re qualunque cosa volesse
sapere.
"La
Regina della
Corte Seelie ha rapito un piccolo Nephilim e lo ha avvelenato con il
Kohl," rispose quindi, anche se riluttante. "Non possiamo salvarlo
perchè l'unico antidoto che conosciamo cresce nel Regno
Fatato e il bambino
morirebbe senza."
"Un
bambino
Nephilim." Il Re ripetè pensieroso. "E perchè
avrebbe dovuto rapirne
uno e avvelenarlo?"
"Per
ricattare i
suoi genitori. Hanno scontentato la Regina e questa è la sua
vendetta."
Spyra
si chinò a
sussurrare qualcosa all'orecchio del fratello, che inarcò un
sopracciglio.
"Ah, capisco dunque."
"Allora,"
il
suo sguardo tornò su Magnus, "mia sorella ha portato alla
mia attenzione
che state probabilmente parlando del figlio degli Herondale. E'
corretto? Ho
sentito che era morto sei mesi fa, non aveva ancora due anni. Tuttavia
la sua
morte avrebbe potuto essere un inganno e il padre del bambino
è il fratello del
tuo cucciolo. E' così?"
"Si,"
rispose
Magnus, sapendo che non aveva senso negare. "Sto parlando di William
Herondale."
Un
sorrisetto inclinò le
labbra del Re. "E cosa faresti se potessi curare il bambino? Cosa
succederebbe poi? Lo sto chiedendo a te, Nephilim."
Alec
guardò Magnus e quando
lo stregone annuì, si girò per rispondere al Re.
"Prepareremmo una
spedizione per salvare mio nipote, ci apriremmo la strada combattendo,
se
necessario."
"In
puro stile
Shadowhunter." La fata annuì. "E cosa succederebbe alla
Regina?"
"Un
processo probabilmente.
Dovremo informare il Conclave per andare fin laggiù e questo
significa che la
storia diventerà pubblica. Vorranno punirla per quanto ha
fatto."
Il
Re sorrise di nuovo,
guardando Alec. "I miei servigi, o in questo caso, la mia saggezza, non
sono
gratuiti. Sei disposto a pagare il mio prezzo? Potrebbe non piacerti
quello che
chiederò in cambio della tua risposta."
"Ditemi
di cosa si
tratta." Rispose fermamente il ragazzo dagli occhi azzurri, tentando di
non sperare troppo in un miracolo. Poteva trattarsi solo di un
sotterfugio per
prendersi gioco di lui, ma se il Re parlava di un prezzo, forse
conosceva davvero la risposta...
"Se
vi aiuto, non
ci sarà alcun processo. Non voglio che la Regina sia
catturata, la voglio
morta."
Il
cuore di Alec cominciò
a battere più forte: allora una cura esisteva!
Cercò di mascherare la sua eccitazione e il suo viso rimase
neutrale mentre
rispondeva: "Probabilmente succederà comunque. Ha rapito uno
di noi, il
Conclave non avrà pietà."
"No,
Cucciolotto." Alec cominciava a stancarsi di quell'appellativo. Era uno
Shadowhunter, non un gatto! Il Re continuò, la voce glaciale
ora. "Non
voglio un processo e un'esecuzione. Voglio che muoia nella sua Corte,
dove si
sente al sicuro. Non mi importa chi la ucciderà, non mi
importa in che modo
morirà, ma voglio la sua testa. Magari letteralmente, mi
piacerebbe appenderla
sopra il mio trono, come trofeo."
Il
Nephilim riflettè un
secondo, mordendosi il labbro: nonostante anche lui volesse la morte
della
Regina, se l'era sempre immaginata come parte della giustizia del
Conclave: un
processo e poi la sentenza. Qui si stava parlando di omicidio, qualcosa
a cui
lui non era abituato. Ricordava la prima volta che l'aveva fatto,
quando aveva
ucciso Meliorn con il suo arco e ricordava come si era sentito,
così freddo e
distaccato. Non era un sentimento che volesse provare di nuovo, ma
all'epoca
l'aveva fatto per Magnus, perchè era in pericolo ed era
stato il Cavaliere
Fatato a rapirlo. Questa volta si trattava della vita di Will, il
dolce,
innocente William. Non poteva, nè avrebbe, esitato.
"D'accordo."
Disse, annuendo. "non ci sarà nessun processo."
"Eccellente."
Il Re battè le mani una volta, gli occhi che tradivano la
sua eccitazione.
"Vi farei seguire dalla mia cara sorella durante l'attacco per
assicurarmi
che manteniate il patto, ma se mi giuri sul tuo Angelo che ucciderete
la Regina
della Corte Seelie nella missione di salvataggio, non lo
farò."
Alec
inspirò a fondo.
"Non ce ne sarà bisogno. Giuro sull'Angelo che la Regina
morirà quando
andremo a salvare William." Ci pensò un secondo e poi
aggiunse.
"Sempre che non riesca a sfuggirci in qualche modo, ma non lo ritengo
probabile."
Spyra
scoppiò a ridere e
ammiccò verso di lui. "Penso che tu mi piaccia davvero ora,
Cucciolotto.
Non sono molti coloro che osano contrattare con il Re della Corte
Unseelie."
"Non
ho
finito." Continuò il Re. "C'è un'altra
condizione: voglio che il
Conclave riconosca il nostro completo distacco dalla Corte Seelie.
Saremo anche
tutti esseri fatati, ma siamo due razze completamente diverse. Voglio
che il
Conclave ci tratti come entità separate, non come una
singola nazione. Capisci,
Nephilim?"
"Volete
che il
trattato di pace non si applichi a voi." Rispose Alec lentamente.
"Rivolete il vostro esercito, volete tornare nell'Alleanza."
"Non
mi interessa
la vostra Alleanza, Shadowhunter." La fata rise. "E' più una
questione di principio. Sono sicuro che vedi da solo cosa penso dei
nostri
cugini più chiari."
Indicò
i prigionieri
nelle gabbie e Alec digrignò i denti. "Non voglio che la mia
gente sia
associata a loro in nessun modo."
"Questo
richiederà del
lavoro all'interno del Conclave, non sarà una cosa
immediata. Dovremo fare
delle riunioni e voi dovrete mandare degli ambasciatori a negoziare con
il
Conclave."
"E
lo farò. Quando succederà,
voglio che tu e la tua famiglia sosteniate le mie richieste. Affare
fatto?"
Alec
annuì dopo un
momento e quando lo fece, Magnus intervenne. "Abbiamo un accordo
allora?
Una cura definitiva per William in cambio delle vostre condizioni?"
Il Re annuì. "Sappiate solo che se non manterrete il
giuramento, io non lo
dimenticherò. Penserete di essere al sicuro, penserete di
essere felici e sarà
in quel momento che io colpirò per distruggere tutto
ciò che amate."
"Ho
giurato
sull'Angelo." Rispose Alec senza alzare la voce, gli occhi azzurri
fissi
sulla fata. "E' il giuramento più sacro per uno
Shadowhunter, quello che
non infrangiamo mai. Non minacciatemi o farò un altro tipo
di giuramento... e
manterrò anche quello."
Non
aggiunse niente
altro ma il significato era chiaro: se il Re della Corte Unseelie
avesse osato
minacciare le persone che lui amava, Alec non si sarebbe fermato
finchè non lo
avesse ucciso.
"Vostra
Maestà," disse Magnus, cercando di allentare la tensione:
non era saggio
minacciare il Re nella sua sala del trono. "Deduco quindi che esista
una
cura per il veleno Kohl?"
La
fata lo guardò e
sorrise lentamente, in maniera talmente orribile e crudele che Magnus
faticò a
mantenere il suo contegno. "No, non esiste. Non c'è modo di
curare
permanentemente quel tipo di veleno."
Fu
come essere gettati
improvvisamente nell'acqua gelida: Alec e Magnus si bloccarono,
incapaci di
respirare, di muoversi o parlare per un attimo. Il Re li
guardò, ovviamente
compiaciuto dalla loro reazione, poi aggiunse: "Ma non ve ne serve una.
Il
bambino non è avvelenato."
Di
nuovo silenzio. Poi
Magnus ripetè cautamente. "Dite che il bambino non
è avvelenato, ma io
stesso l'ho visto ammalato, con tutti i sintomi del veleno Kohl. Ed
è stato
mandato per lui un antidoto che l'ha fatto stare meglio per un paio di
giorni."
"Oh,
non dubito che
il veleno gli sia stato iniettato. Ma quasi nessuno sa che il veleno
Kohl non
ha effetti permanenti sui bambini, fino alla pubertà.
C'è qualcosa nella loro
chimica che li porta a guarire: il veleno li fa ammalare per una
ventina di
giorni e i sintomi sono gli stessi, ma non li uccide. E poi il corpo
guarisce."
"E
l'antidoto?"
"Il
tè ricavato dal
Kohl aiuta a liberarsi più in fretta del veleno e annulla i
sintomi, ma,
antidoto o no, il bambino guarirà comunque da solo."
Calò
un silenzio spesso
e pesante sulla sala del trono e Spyra vide i due uomini impallidire
davanti a
lei: c'era qualcosa di glorioso nel guardare la consapevolezza
raggiungere i
loro occhi, quando le parole di suo fratello li convinsero.
"E'
stato un trucco
allora?" Sussurrò Alec, gli occhi spalancati. "E' stato
tutto per
niente? William non ha mai rischiato di morire?"
"Sembra
di
no." Replicò Magnus, stringendosi il naso fra le dita. "E
tutto
sommato ha senso, considerando che la Regina aveva bisogno di Will."
"Si."
Mormorò
Alec. "Si, non avrebbe voluto vederlo morto. Per l'Angelo, quando lo
saprà
Jace..."
"Ne
parleremo più
tardi." Magnus gli lanciò un'occhiata di avvertimento e si
girò nuovamente
verso il Re. "Vostra Maestà, presumo che la Regina fosse a
conoscenza
della limitazione del veleno?"
"Sono
certo che lo
fosse." Rispose lui. "Non mi aspetterei niente altro."
"Ma
perchè il
veleno non uccide i bambini?" Chiese Alec. "Come possiamo essere
certi che William sarà in salvo se riusciamo a portarlo via
dalla Corte
Seelie?"
Il
Re sbuffò.
"Perchè un Mondano non beve dalla Coppa Mortale dopo i
diciotto anni? O
perchè due Shadowhunter non possono legarsi come parabatai, dopo quella data? Non sempre
abbiamo una spiegazione,
Nephilim. Sappiamo che il corpo di un bambino espellerà il
veleno, ma non
sappiamo il perchè. E tu
puoi
dubitare delle mie parole, ma ricorda che sono una fata. Non posso
mentire."
"Questo
è
vero." Disse Magnus lentamente. Ovviamente c'era la
possibilità che il Re
fosse per metà umano come Kaelie, ma lo stregone sapeva che
era improbabile:
nessuno che non avesse il sangue più puro poteva diventare
Re o Regina. Quindi
era la verità, la minaccia alla vita di William era stata
una finta, lui stava
bene, era sano, pronto per essere salvato.
Magnus
raddrizzò la
schiena, notando che Alec faceva la stessa cosa: come sempre, erano
sulla
stessa lunghezza d'onda.
"Grazie,
Vostra
Maestà. Grazie per aver condiviso la vostra conoscenza con
noi. Ora, con il
vostro permesso, prenderemo congedo."
"Spyra
vi condurrà
all'esterno, non vi permetterò di aprire un Portale qui." Il
Re li guardò
pigramente, concentrandosi su Alec. "Non vedo l'ora di avere notizie
della
vostra missione di salvataggio, Nephilim. Non deludermi."
Alec
sembrò sul punto di
rispondere ma poi scelse di non dire nulla. Quando vide Magnus chinare
la testa
davanti al Re, fece lo stesso e poi seguì Spyra fuori dalla
sala del trono. Non
appena le porte di acciaio si chiusero alle loro spalle e lui non
sentì più le
grida delle fare imprigionate, esalò un silenzioso respiro
di sollievo; era
stato quasi impossibile mantenere il suo contegno quando tutto quello
che voleva
era distruggere quel posto e quelle maledette gabbie. Ogni secondo era
stata
una lotta per ricordare a se stesso che avevano bisogno del Re e della
sua conoscenza,
che William aveva bisogno che suo zio mantenesse la calma e portasse le
notizie
ai suoi genitori, ma era stata la cosa più difficile della
sua vita. Lasciare
che qualcuno soffrisse senza fare niente, assistere al loro dolore
senza
reagire, era qualcosa di così alieno alla sua natura che si
sentiva fisicamente
male.
"E'
andata bene,
vero?" Disse Spyra allegramente, guidandoli all'esterno. "Visto? Non
c'è stato bisogno di strisciare, nè di leccargli
gli stivali. Mio fratello
aveva una buona giornata, Cucciolotto."
"Lo
hai fatto
apposta, vero?" Chiese lui, incapace di trattenersi ancora. Doveva
saperlo. "L'incantesimo di protezione. Lo hai mantenuto
perchè non
vedessimo la Corte, ma lo hai lasciato svanire nella sala del trono.
Volevi che
vedessimo le gabbie. Volevi che io
le
vedessi."
Sulle
labbra di Spyra
comparve un sorriso freddo. "Mi piace quando usi il cervello,
Cucciolotto.
Certo che l'ho fatto apposta. Non è stato divertente?"
"Perchè
lo avresti
fatto?"
"A
essere sincera,
volevo vedere la tua reazione." Ridacchiò e fu orribile.
"Cos'era più
importante per te? La ricerca che ti aveva portato qui o i nostri
piccoli
ospiti nelle loro gabbie? Non mi hai delusa, ma sapevo che sarebbe
andata così.
Non è la prima volta che un Nephilim volta la testa
dall'altra parte e finge di
non vedere."
"Ma perchè?" Alec era pieno d'orrore e di vergogna,
perchè era vero:
lui aveva scelto William e non quei
prigionieri, aveva scelto di non
vedere. Li aveva lasciati lì a soffrire. "Perchè
fare questo ad altre
fate?"
"Sarebbe
diverso se
fossero vampiri? O licantropi?" Spyra alzò un sopracciglio,
un sorriso
beffardo sulle labbra.
"Non
farebbe
differenza nemmeno se fossero Ottenebrati!" Gridò, perdendo
alla fine il
controllo. "Che razza di... mostro, fa una cosa del genere a qualcun
altro? Anche se è un nemico? Voi li torturate!"
"Alec..."
Magnus cercò di fermarlo, ma Spyra si limitò a
ridere.
"Oh,
Cucciolotto,
sei così divertente." Smise di camminare e
confrontò direttamente lo
Shadowhunter. "Noi siamo le fate Unseelie. Siamo collegate con la terra
e
il fuoco e siamo terra e fuoco:
scorrono
nelle nostre vene e ci rendono un popolo appassionato e duro, perfino
crudele,
se vuoi vederla così. Le fate Seelie sono deboli. Sono molli
e pietose eppure
sono riuscite a portare danno alla nostra intera razza. Noi non
dimentichiamo,
Cucciolotto. Non perdoniamo. Siamo un popolo antico e orgoglioso e ci
occupiamo
dei nostri traditori e delle nostre vergogne secondo i nostri costumi.
Non ti
va bene? Puoi girarti e andartene. O progetti forse di farci guerra?
Temo che
scopriresti che siamo difficili da uccidere."
Alec
stava per
attaccare. Avrebbe sollevato la sua spada angelica e l'avrebbe usata,
per la
prima volta, su qualcuno che non era un demone. Perchè
questa persona, questa
fata, non meritava di vivere, nè lo meritava il suo crudele
Re. La sua mano
corse all'elsa, ma improvvisamente Magnus era lì, in piedi
fra lui e Spyra. Era
lì e lo guardava dritto negli occhi, tenendo lo sguardo di
Alec inchiodato su
di lui. Era lì e mormorava i nomi di suo nipote e del loro
bambino,
supplicandolo di non reagire, non in quel momento.
"Allora,
Cucciolotto? Desideri mettere alla prova la mia magia, qui e ora, o te
ne
andrai a casa da bravo bambino?" Gli occhi di Spyra fiammeggiavano,
incitandolo alla lotta, quel sorriso beffardo ancora sul volto.
Alec
fece un respiro
profondo e chiuse gli occhi. "Usciamo di qui. Adesso."
"Che
delusione." Lei rise ancora e ricominciò a camminare, senza
girarsi
nemmeno una volta. Alec non sapeva se sentirsi sollevato che la fata
non lo
stesse provocando oltre, o offeso dal fatto che sembrava non importarle
niente
di avere uno Shadowhunter furioso alle spalle.
Presto
furono di nuovo
sotto la volta del cielo e Spyra si girò a guardarli. "E'
stato un piacere
vederti ancora Magnus, anche se sei così cambiato. Non ti
consiglio di tornare
però, il tuo biglietto è stato già
usato."
Lo
stregone annuì ma non
sorrise. "Dubito che mi vedrai di nuovo."
"Per
quanto
riguarda te, Cucciolotto, un piccolo consiglio." La sua espressione
divenne seria, così come la sua voce. "Fai un giro nella tua
biblioteca e
controlla la storia dei Nephilim: scoprirai che la tua gente ha
commesso molte
atrocità lungo i secoli. Quindi non pensare di essere
così superiore a noi,
perchè in realtà non lo sei affatto."
E
poi, così com'era
apparsa, svanì, un'ombra nella notte. Alec si
guardò in giro notando che non
erano lontani dall'Istituto e cominciò a camminare senza
dire una parola.
"Un
giorno,"
disse alla fine, guardando la luna nel cielo, proprio quando stavano
per
varcare la soglia dell'Istituto," quando tutto questo sarà
finito, tornerò
là, Magnus. Tornerò là,
darò fuoco a quel posto fino a ridurlo in cenere e
ucciderò il Re della Corte Unseelie e sua sorella."
Sentì
una mano scivolare
nella sua e chiuse gli occhi, permettendo al calore del suo compagno di
riempirgli il cuore e prendere il posto dell'odio che lo colmava.
"Lo
so," fu
tutto quello che Magnus rispose, "mio Alec, lo so."
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Capitolo 16 *** Aspettare dietro le quinte ***
Nota
dell'Autrice:
ehm, sono le 21.30, ma è ancora venerdi... scusate,
è stata una
lunga, lunga giornata.
***
"Io divento matta." Mormorò Isabelle, schioccando la frusta
verso il
manichino di fronte a lei. La frusta si arrotolò attorno al
suo collo e quando
lei tirò bruscamente, la testa del manichino
rotolò silenziosamente a terra.
"Izzy,
ci servono
quei manichini, sai." Le disse con calma Simon dietro di lei, sedendosi
sul pavimento della palestra. Era passata un'ora da quando Kaelie era
tornata
indietro dicendo loro che Alec e Magnus erano nella Corte Unseelie e
anche se
al principio erano rimasti tutti insieme ad attendere notizie, con il
passare
del tempo il nervosismo aveva vinto e Isabelle aveva sentito il bisogno
di
liberarsi di un po' di tensione.
"Non
so come tu
faccia a restare così calmo." Lo accusò,
schioccando nuovamente la frusta.
"Mio fratello è in quell'inferno e tu sei rilassato!"
Simon
sospirò alzandosi
in piedi e quando Isabelle sentì le sue braccia intorno alla
vita e il suo
corpo curvarsi contro la sua schiena, si irrigidì.
"Non
sono
rilassato." Le sussurrò all'orecchio. "Ho paura, proprio
come te. E
sono nervoso e sto pensando a tutto quello che potrebbe andare male..."
La
strinse più forte quando sentì che lei voleva
liberarsi dal suo abbraccio.
"Ma Alec era la scelta migliore e lo sai. E' la persona più
tranquilla che
io conosca, sa mantenere il controllo e bisogna stare calmi quando si
contratta
con il Popolo Fatato. Magnus è con lui e non
lascerà che accada niente a
nessuno dei due. Te lo prometto."
"Sarei
dovuta
andare con lui." Mormorò lei appoggiando la testa contro la
sua spalla.
Smise di lottare e intrecciò le dita con le sue. "Non
resisto a rimanere
qui ad aspettare."
"Lo
so." Le
baciò la tempia e sospirò. "Aspettare
è sempre la parte peggiore. Ma
torneranno e avranno le risposte che ci servono. E allora andremo
laggiù e ci
riprenderemo William."
"Se
solo potessimo
saltare direttamente a quella parte..." Sorrise e chiuse gli occhi.
"Non
ho mai pensato che mi sarei sentita così, ma l'Istituto
è vuoto da quando
William se n'è andato."
"I
bambini fanno
questo effetto." Simon rise a bassa voce, appoggiando la testa sulle
spalle di Isabelle. "Ti riempiono la vita di qualcosa che non sapevi
nemmeno ti mancasse e poi ti fanno domandare come hai fatto a vivere
fino a
quel momento senza di loro."
Isabelle
si immobilizzò
e poi gli accarezzò le dita con le sue. "Sai... non ho mai
pensato ai
figli. Voglio dire, anche ora che l'Accademia ha riaperto e stiamo
reclutando
attivamente mondani da trasformare con la Coppa Mortale, siamo ancora a
corto
di Shadowhunter. Quindi ho sempre saputo che un giorno sarei diventata
una
madre, era quello che ci si aspettava da me. Ma non ci ho mai davvero pensato. E quando William
è
nato, mi sono chiesta se sarei stata in grado di occuparmi di lui e di
amarlo
come facevano Clary e Jace, di metterlo al centro del mio mondo. Poi
quando se
n'è andato..."
Si
girò, sempre
stringendogli le dita. "Ho giurato che non avrei mai avuto figli."
Sentì
Simon irrigidirsi
come una statua e sollevò il suo sguardo scuro verso di lui.
"Era troppo
doloroso. Pensare di dedicare la mia vita a qualcuno che poteva essermi
portato
via così facilmente... era intollerabile. Ho visto cos'ha
fatto a mio fratello
e a Clary, ho visto la loro forza vitale risucchiata via, i loro occhi
diventare vuoti. E' stato orribile, mi ha ricordato quando abbiamo
perso
Max."
"Oh
Izzy,"
Simon la prese gentilmente fra le braccia, incrociando le mani sulla
sua
schiena. "Avresti dovuto dirmelo."
"Non
sapevo come."
Sussurrò lei sul suo petto."Pensavo che non avresti capito,
che ti saresti
arrabbiato."
Lui
le accarezzò i
capelli, inalando il suo profumo. A volte si sentiva così
privilegiato, sapendo
che Isabelle si fidava di lui a sufficienza da permettergli di vederla
nei suoi
momenti di debolezza: era qualcosa che riservava solo per la sua
famiglia
mentre per il resto del mondo era l'invincibile Isabelle Lightwood, la
fiera
Shadowhunter dal cuore di acciaio e fuoco.
"Penso
che sia
naturale." Le rispose. "Quando perdiamo qualcuno, quando il nostro
cuore si spezza, perdiamo anche una parte di noi stessi. E dopo, siamo
così
spaventati che non vogliamo mai più provare niente di
simile."
La
lasciò andare e le
prese il volto fra le mani, guardando i suoi bellissimi occhi. "Ma la
vita
va avanti, sai? Ricordi quando abbiamo saputo di Tessa per la prima
volta?
Quando ci ha raccontato di Will Herondale e della sua vita con lui? Il
suo
cuore deve essersi spezzato quando lui è morto, eppure ora
è con Jem, lo ama,
vive insieme a lui. Un giorno perderà anche lui e di nuovo
le si spezzerà il
cuore, ma questo non l'ha fermata dal volerlo adesso."
Rise piano, tracciandole le guance con le dita.
"Hai mai sentito quel detto che dice: è meglio aver amato e
aver perduto,
che non aver mai amato? Credo che si riduca tutto a questo."
"Tutto
qui?"
Lei sorrise debolmente.
"Tutto
qui."
Confermò lui. Poi, come al solito, si perse nel suo sguardo,
in quegli occhi
brillanti come diamanti scuri, e la accarezzò mentre si
chinava a baciarla
dolcemente. Lei sospirò sulle sue labbra e
allungò le braccia dietro il suo
collo, tirandolo verso di sè finchè le mani di
lui scivolarono lungo la curva
della sua schiena e poi ancora più giù, fino ad
arrivare a sollevarla,
facendole incrociare le gambe intorno alla vita. Il bacio smise di
essere
tenero e qualche momento dopo Simon le lasciò le labbra, il
respiro accelerato.
"La
porta è chiusa,
mia signora?"
"A
chiave, Lord
Montgomery." Lei sorrise.
"Bene."
***
In
biblioteca Clary era
seduta, cercando senza successo di leggere un libro mentre Jace le
stava
accanto, accarezzandole assente la schiena e Kaelie era all'altro lato
del
tavolo, guardando ovunque tranne che dalla loro parte. Nonostante
avesse sempre
saputo che lei e Jace non sarebbero mai stati insieme, era doloroso
guardarlo
con Clary e assistere all'assoluta adorazione verso di lei nei suoi
occhi.
Anche ora che non stavano parlando o non si stavano guardando, sembrava
che lui
fosse incapace di smettere di toccarla o rimanerle vicino.
Clary
sussultò
all'improvviso, impallidendo istantaneamente: le stava squillando il
telefono,
vibrava nella tasca dei pantaloni. Sapeva chi era e sapeva che doveva
rispondere. Come sempre.
Jace
e Kaelie si
immobilizzarono e Clary fece un respiro profondo prima di alzarsi e
prendere il
telefono in mano.
"Cosa."
Disse
freddamente, senza nemmeno salutare.
"Dove
sei."
Chiese Jiliel, altrettanto freddo.
"Sono
all'Istituto."
"Torna
indietro, adesso."
Le
strinse il telefono
fra le dita mentre si mordeva le labbra abbastanza da farle sanguinare.
"Non posso, non stanotte."
"Non
tirare troppo la
corda, Clary. Non ti è bastata l'ultima lezione?" La sua
voce era piena di
minaccia, fredda come il ghiaccio.
"Ti
ho detto che
non posso. Mi hanno invitata a rimanere per la notte e non ho potuto
rifiutare."
"E
chi ti ha dato
il permesso? Dovresti saperlo ormai, dolcezza: non hai la
libertà di prendere
decisioni come questa."
"Tua
sorella."
Clary giocò la sua carta, come avevano deciso in precedenza.
Sapevano che
sarebbe successa una cosa simile, ma Jace era stato irremovibile nel
non permetterle
di tornare al suo appartamento, anche a prezzo della loro copertura.
Non
avrebbe mai permesso a Jiliel di avvicinarsi di nuovo a lei, non dopo
quello
che le aveva fatto l'ultima volta.
Quando
avevano
raccontato a Kaelie quello che era successo, era stata lei a suggerire
che la
usassero come scusa per far rimanere Clary all'Istituto: dopotutto
Kaelie aveva
lo stesso potere di Jiliel per quel che riguardava Jace e Clary.
"E'
li con
te?" Chiese lui dopo un momento di silenzio. "Passamela."
La
fata annuì, si girò e
prese il telefono mentre Jace stringeva la mano di Clary fra le sue.
Detestava
quel che stava vedendo: Clary era sempre stata una donna forte, fin
dalla prima
volta che l'aveva conosciuta e si era ritrovata catapultata in un mondo
di cui
non conosceva nulla. Era coraggiosa, aveva una volontà di
ferro, non esitava
mai. Questa donna? Era così diversa. Dopo il collasso, tutta
la sofferenza era
venuta improvvisamente a galla, e l'aveva schiacciata con il suo peso:
l'angoscia
per aver perso il suo unico figlio, il dolore dell'essere strappata via
da
Jace, gli abusi di Jiliel, tutto questo l'aveva trasformata in qualcosa
che lui
non voleva accettare. Sobbalzava ad ogni rumore, si irrigidiva ogni
volta che
qualcuno la toccava e lui sentiva che voleva disperatamente tenergli la
mano ma
allo stesso tempo voleva allontanarsi e nascondersi da qualche parte.
Jiliel
l'aveva distrutta. Ci sarebbe voluto molto tempo prima che guarisse,
lui non
sapeva nemmeno se era possibile: sarebbe mai tornata quella di prima?
Sarebbero
stati di nuovo una famiglia o la loro unità era persa per
sempre? Avrebbero
salvato William solo per perdere Clary in cambio? E se non avesse mai
superato
quel che le aveva fatto Jiliel?
Jace
odiava sentirsi
impotente ma non poteva fare niente se non rimanere accanto a Clary e
farla
sentire amata e protetta. Prima dovevano salvare Will, così
che perlomeno quel
pezzo del suo cuore potesse trovare sollievo. E poi lui avrebbe fatto
qualunque
cosa, qualunque cosa per farla
guarire.
"Si,
sono stata
io." Stava dicendo Kaelie, dando loro la schiena. Il suo tono di voce
era
diverso, freddo come quello del fratello, ma aveva le dita bianche da
tanto
stringeva il telefono. "Rimango qui per la notte anche io." Pausa. Un
lungo momento di silenzio, poi le spalle di Kaelie si irrigidirono e la
sua
intera figura si immobilizzò. "Perchè ne ho
voglia. Penso che sarà
divertente dormire qui con Jace, con Clary solo a qualche porta di
distanza.
Beh, divertente per me."
Jace
sentì Clary
trattenere violentemente il respiro e tracciò cerchi
rassicuranti sulla sua
schiena con la mano libera. Sapeva ciò che Kaelie stava
facendo, stava cercando
di impersonare il perfetto aguzzino, come voleva la Regina. Ma vedeva
anche
quanto le stava costando, sembrava sull'orlo di sentirsi male.
"E
comunque, so
della tua piccola "lezione" dell'altra notte." Kaelie fece un
respiro profondo e continuò. "No, non ha avuto bisogno di
dirmelo, ce
l'aveva scritto in faccia. Lo sguardo di paura nei suoi occhi era
impagabile e
so cosa significa. Riconosco la tua firma quando la vedo, fratello mio."
Jace
avrebbe potuto
scommettere che Jiliel stesse ridendo dall'altra parte. Il bastardo.
"Si,
davvero. Ma
forse è meglio se non lo fai di nuovo. Clary non
è venuta qui ieri e i
Lightwood hanno notato la sua assenza. Suppongo che le ci siano voluti
un paio di
giorni per recuperare da quello che le hai fatto e non è una
cosa saggia. Che
sarebbe successo se avessero convocato il Consiglio? Sai che la Regina
non
vuole che lei manchi agli incontri."
Parlarono
qualche altro
minuto prima che Kaelie riattaccasse con un sospiro. Poi si
girò verso di loro.
"Non può durare, lo sapete. Posso farvi guadagnare una
notte, forse due,
ma niente di più o Jiliel comincerà a fare
domande."
"Clary
non tornerà
in quell'appartamento." Disse Jace, digrignando i denti.
"Lo
farò, se servirà."
La sua voce non era più forte di un sussurro, ma lo sguardo
di Clary era
risoluto.
"Ci
inventeremo
qualcosa." Kaelie agitò la mano prima che Jace potesse
replicare. "Ma
dovremo fare in fretta, prima che lui inizi a sospettare che
c'è qualcosa che
non va. Non abbiamo molto tempo."
"Tutto
quello che
mi importa è riuscire a salvare William." Clary
cominciò a camminare in
tondo, agitata. "Non mi importa quanto Jiliel mi picchierà,
rivoglio mio
figlio. Poi potremo avvisare il Conclave e mettere fine a questa guerra
prima
che inizi."
"A
questo proposito
dobbiamo studiare un piano." Jace si appoggiò al tavolo.
"Non
possiamo semplicemente rivelare tutto, o tu verrai punita, forse
perfino
uccisa."
"E'
una cosa che ho
accettato molto tempo fa, Jace." Clary sorrise, lo sguardo triste.
"Potrebbero
gettarmi nelle prigioni della Città Silente o potrebbero
togliermi i Marchi e
farmi tornare a essere una mondana. Se sopravvivo. A volte penso che
forse
sarebbe la cosa migliore per me... tornare indietro da dove sono
partita."
"Non puoi parlare seriamente." Jace spalancò gli occhi.
"Perderesti tutti, lo sai che è contro la Legge mantenere i
contatti con
uno Shadowhunter tornato mondano. Io ti seguirei con Will naturalmente,
ma..."
"Assolutamente
no!" Clary lo interruppe, scioccata. "Non pensarci nemmeno. Essere
uno Shadowhunter è la tua vita, lo è sempre
stato. E' quello che sei, Jace."
Lui
sospirò, la
raggiunse e le mise le mani sulle spalle. "Clary, non sei l'unica ad
aver
pensato a lungo alle conseguenze, l'ho fatto anche io. E ho sempre
saputo che
dovunque tu vada, io ti seguirò, che sia la prigione o la
vita da mondano. Il
Mondo Invisibile non mi interessa se tu non ne fai parte. Tu sei la mia vita, Clary. Tu e Will."
"Ma Izzy... Alec..."
"La
mia famiglia mi
mancherebbe, certo. E il mio parabatai.
Ma tu sei l'unica cosa senza la quale non posso vivere, anche se
significa
rinunciare a tutto il resto."
Clary
stava per
rispondere quando Kaelie sbuffò dietro di loro. Era insieme
un suono rassegnato
e esasperato, tanto che si girarono entrambi verso di lei, sorpresi.
"Non
sarà
necessario niente di tutto questo. Sarò io a informare il
Conclave, così Clary
non verrà accusata di tradimento."
Un
silenzio di tomba
accolse la sua dichiarazione e lei si sarebbe messa a ridere se la
situazione
non fosse stata così seria. Kaelie incrociò le
braccia sul petto e li guardò,
scuotendo la testa. "Pensavate davvero che avrei lasciato che uno di
voi
fosse punito per qualcosa che era al di fuori del vostro controllo? Il
momento
in cui ho deciso di aiutarvi è stato anche quello in cui ho
accettato che mi
sarei consegnata al Conclave, a prescindere dal prezzo da pagare."
"Non
sai cosa stai
dicendo." Sussurrò Clary, improvvisamente pallida. "Io sono
una
Shadowhunter e sono quella che ha ucciso Sebastian anni fa, quindi
probabilmente
si limiteranno a togliermi i Marchi e farmi tornare mondana, ma tu? Una
Nascosta che complotta contro di noi? E una fata, per giunta? Kaelie,
ti
uccideranno."
"Beh,
non sembrava
importarti molto qualche ora fa." Lei sorrise per togliere mordente
alle
sue parole, poi abbassò la testa. "Sentite, so cosa
succederà. Ma la
verità è che non sono stata in pace con me stessa
da quando è cominciata tutta
questa storia. Ho la possibilità di mettere le cose a posto,
e ho intenzione di
farlo."
"Ha
ragione."
Disse Jace, sorprendendole entrambe. "E' lei che dovrebbe dire al
Conclave
della guerra."
"Ma
Jace!"
Clary era stupefatta.
"Non
sto dicendo di
lasciarla morire, Clary." Kaelie lo guardò sollevando un
sopracciglio e
lui continuò. "Sentite, è il piano migliore.
Kaelie può raccontare al
Conclave del rapimento di Will e anche di come abbia lavorato con noi
fin dal
principio per cercare di salvarlo e scoprire i dettagli dell'attacco.
Dopotutto
è solo una dama di corte, non una spia, non sarà
difficile persuaderli che le è
ci è voluto tutto questo tempo per scoprire il complotto."
"E
se decidessero
di interrogarci con la Spada Mortale?" Chiese Clary, aggrottando la
fronte.
"Non
ce n'è
motivo," rispose Jace, passandosi una mano fra i capelli. "Una fata
rea confessa, una guerra, un rapimento... noi siamo le vittime Clary,
non i
colpevoli. Ci crederanno, probabilmente solo perchè siamo
Shadowhunter e tutta questa
storia è partita dai Fatati. E comunque ci libereremo di
ogni prova."
Jace
si girò verso
Kaelie. "Sai dove sono tenuti i rapporti che Clary fa alla Regina?"
"Non
ne sono
sicura," scosse la testa lei. "Ma immagino nelle sue stanze. Non li
terrebbe nella sala del trono, alla portata di tutti."
"Bene."
Jane
annuì e la sua voce assunse un tono che Clary conosceva
molto bene: questo era
Jace lo stratega, il Cacciatore che costruiva piani e pianificava tutto
fino
all'ultimo dettaglio. A volte lei lo paragonava a un generale, pronto a
diramare gli ordini alle truppe e stare in prima linea per assicurarsi
di
guidare i suoi soldati alla vittoria. "Ho bisogno che disegni una mappa
della Corte, per individuare il percorso più veloce per
arrivare alle stanze
della Regina e per capire dov'è quella porta segreta e come
aprirla. Sono
sicuro che è lì che si ritirerà quando
attaccheremo perchè pensa che nessuno
sappia della sua esistenza. Porterà con sè
William, vorrà tenerlo accanto a sua
figlia. Quando arriveremo lì, distruggeremo tutti i
rapporti, in modo che
nessuno possa collegare Clary a questa storia."
Kaelie
impallidì e diede
loro la schiena, stringendo i pugni così tanto da sentire le
unghie affondarle
nel palmo. "State contando sul fatto che nè mio fratello
nè la Regina
sopravvivano all'attacco. Loro potrebbero esporre Clary e sapete che lo
faranno, se saranno catturati. Avete intenzione di ucciderli."
Ci
fu un lungo momento
di silenzio prima che la fredda voce di Clary lo riempisse. "La Regina
ha
rapito mio figlio e ci ha torturati. Jiliel... sai cosa mi ha fatto.
Hai sempre
saputo che saremmo arrivati a questo, Kaelie. Non c'è modo
che tu non potessi
immaginarlo."
"E'
solo
che..." la fata sospirò, il capo chino. Si, lo sapeva,
avevano ragione. La
morte della Regina era stata certa dal momento in cui Kaelie aveva
deciso di
aiutare Jace, perchè il Conclave l'avrebbe giustiziata;
provava meno rimorso
per lei, perchè erano state le azioni della Regina a
indirizzarla verso quella
strada e, quel che era peggio, stava trascinando con lei tutto il suo
popolo.
Ma suo fratello? Era crudele, era senza pietà, era malvagio
e probabilmente
l'avrebbe uccisa non appena avesse saputo del suo tradimento, ma era la
sua famiglia. In qualche modo, in
qualche
recesso del suo cuore, lei aveva sperato che lui sarebbe semplicemente
scomparso, che sarebbe andato a vivere altrove, magari in esilio, ma
comunque
vivo. Eppure sapeva che se qualcuno avesse fatto a lei quello che
Jiliel aveva
fatto a Clary, anche lei gli avrebbe dato la caccia senza
pietà.
Jace
non disse nulla, ma
dentro di sè era preoccupato. Che sarebbe successo se Kaelie
si fosse tirata
indietro proprio ora? Non poteva permettere a Clary di consegnarsi al
Conclave
e affrontare le conseguenze di quel crudele ricatto. Eppure poteva
capire
l'esitazione di Kaelie: era così diverso da quando lui aveva
quasi seguito
Valentine a Renwick? I legami famigliari potevano offuscare il giudizio
di
chiunque, indebolire la volontà. E insistere ora avrebbe
potuto significare
farla scappare.
Il
silenzio si prolungò
mentre il tempo passava e la pixie non si mosse, non parlò,
gli occhi fissi sul
pavimento. Jace e Clary attesero vicini, usando ogni stilla del loro
addestramento per non cedere al panico e alla fine Kaelie prese una
penna e un
foglio di carta dal tavolo senza dire una parola, cominciando a
disegnare la
mappa che volevano con linee corte e precise. Nessuno parlò
finchè la porta si
aprì di nuovo e Simon e Isabelle entrarono senza dire nulla,
percependo
l'atmosfera tesa.
Alla
fine, proprio
mentre Kaelie completava la mappa, i denti serrati così
forte che la mascella
urlava per lo sforzo, la porta della biblioteca si aprì
ancora una volta e
Magnus entrò con Alec.
Si
girarono tutti, il volto
illuminato dal sollievo, ma si fermarono nel vedere il luccichio
furioso negli
occhi di Alec.
"E'
fatta,"
disse lo Shadowhunter. "E' ora di andare a riprenderci William."
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Capitolo 17 *** Alicante ***
Erano
senza parole.
Quando Alec e Magnus finirono di raccontare quanto era accaduto alla
Corte
Unseelie, nessuno osò nemmeno respirare per un minuto,
assimilando le
informazioni. Poi Jace si mosse, più veloce del vento, e
sollevò Clary fra le
braccia, stringendola così forte da farle trattenere il
fiato. Le sue braccia
si strinsero istantaneamente al suo collo, abbracciandolo forte e lei
si
schiacciò contro di lui, nascondendo il viso contro la sua
spalla e tremando.
"Sta
bene, oh
Angelo, William non è malato..." Sussurrò Jace, i
suoi occhi dorati
scintillanti di sollievo e felicità, un sorriso incredulo
sulle sue labbra. Era
stato tutto un inganno, un trucco crudele ma in quel momento non aveva
importanza. Tutto quello che importava era che il loro bambino non
fosse in
pericolo e che potessero tornare a essere una famiglia.
Rimasero
abbracciati per
chissà quanto, stretti l'uno all'altra, il sollievo che li
assaliva a ondate
fino al punto da togliere loro il fiato e far salire le lacrime agli
occhi per
l'improvvisa consapevolezza che l'incubo era quasi finito. Ci sarebbe
stato
tempo di gridare e piangere per l'ingiustizia di aver dovuto vivere
quei mesi
d'inferno, per lo strazio di aver lasciato il loro piccolo alle fate
quando non
sarebbe stato necessario. Ma l'avrebbero fatto dopo. Ora la loro mente
era
occupata da un unico pensiero.
"Andiamo
a salvare
nostro figlio," mormorò Clary alla fine, spostandosi in modo
da poter
guardare suo marito. Gli occhi brillavano di lacrime trattenute ma il
suo
sguardo era deciso. "Lo rivoglio, adesso."
Jace
annuì e la rimise a
terra, tenendole un braccio attorno alla vita.
"Non
lo sapevo.
Giuro che non lo sapevo." Stava dicendo Kaelie, pallida come un
fantasma.
Sembrava sul punto di piangere. "Forse Jiliel lo sapeva ma non io.
Oddio,
è così orribile..."
E
non ne sai nemmeno la metà,
pensò Alec, le labbra strette in una linea
sottile. Nè lui nè Magnus avevano parlato dei
prigionieri nelle gabbie ed erano
decisi a non farlo con Kaelie nei paraggi.
"Non
mi sarei mai
aspettato che si trattasse di un trucco." Disse Simon, ancora
stupefatto.
Isabelle era al suo fianco e gli stava stritolando la mano fin dal
momento in
cui avevano appreso la notizia. "La Regina della Corte Seelie ha
scommesso
tutto sul fatto che Jace e Clary non avrebbero mai rischiato la vita di
Will."
"E aveva
ragione." Replicò tetra Isabelle. "Ma ha senso dal
momento che sta usando il suo sangue per curare sua figlia. Se avessimo
saputo
tutto questo prima..." Era furibonda, sembrava pronta a uccidere. Tutti
quei mesi di sofferenza per niente... la "morte" di Will non aveva
influenzato solo i suoi parenti, ricordò Simon.
"Ora
che si
fa?" Chiese, facendo scivolare una mano sulla vita di Isabelle.
"Ora
andiamo a
Idris." Rispose Clary, guardandoli. "Ora andiamo a parlare con il
Console e l'Inquisitore, e i miei genitori, e poi andiamo a riprenderci
William."
"Ora?"
Simon
spalancò gli occhi. "Clary, è notte. Ci serve il
permesso per aprire un
portale per Alicante."
"E
questo mi ha mai
fermata prima?" Clary impugnò il suo stilo. "Non ho tempo,
Simon.
Dobbiamo agire il più in fretta possibile, prima che Jiliel
cominci a
sospettare qualcosa. Per ora Kaelie mi sta coprendo le spalle, ma non
può
durare."
"Ha
ragione."
Jace annuì. "Dobbiamo andare." Non aggiunse altro, ma non ne
aveva
bisogno. Come potevano aspettarsi che volessero perdere altro tempo?
Gli
sembrava di bruciare letteralmente dal bisogno di fare qualcosa
subito. Will stava bene! Se Jace avesse potuto
sopravvivere a un attacco alla Corte Seelie da solo, se ne sarebbe
già andato
per salvare suo figlio.
"Ma
ci serve un piano!"
Protestò Alec. "O sei disposto a raccontare tutto a nostro
padre e
lasciare che Clary venga imprigionata?"
"Non
lo sarà."
Rispose Kaelie a bassa voce. Stava ancora tremando, gli occhi blu pieni
di
dolore. Quanto era successo era crudele, troppo crudele; avvelenare un
bambino
era un atto di pura malvagità e lei non aveva mai approvato,
ma ingannare i
suoi genitori e tenerli lontani da lui con una menzogna? Distruggere la
loro
vita quando non c'era alcun reale rischio? Era disumano.
"Parlerò
io con il
vostro Console." Continuò, girandosi verso Alec. "Vi devo
almeno
questo."
"Ma..."
ricominciò lui, prima che Jace lo fermasse.
"E'
tutto a posto,
Alec. Clary vi spiegherà tutto, ma nel frattempo vorrei che
tu venissi con me
per un attimo." Uscì dalla biblioteca e quando la porta si
chiuse dietro
al suo parabatai, si
girò verso di
lui. "Ora raccontami il resto della storia. So che hai tenuto qualcosa
da
parte."
"L'ho
fatto."
Alec annuì, la mascella bloccata dalla rabbia. "E sono lieto
che tu non
sia venuto perchè non saresti stato in grado di trattenerti
dal fare una
strage." Scosse la testa, disgustato. "Quel posto è orribile
e le
fate Unseelie sono dei sadici bastardi: tengono prigioniere le fate
Seelie, le
torturano e si godono le loro sofferenze. Non so come ho fatto a non
imbracciare il mio arco e ucciderle tutte, non meritano altro. Ma lo
farò. Un
giorno lo farò. Quella è una razza di Nascosti di
cui possiamo fare a
meno."
Jace
era senza parole,
non aveva mai sentito il suo parabatai
parlare così. Qualunque cosa avesse visto, era
sufficientemente orrenda da
guadagnarsi una furia distruttiva che Alec mostrava raramente.
"Sembra
che non far
venire Kaelie con voi sia stata una saggia decisione."
Commentò cautamente
e quando Alec annuì, chiese: "Allora cosa avete promesso al
Re? Cosa
vuole?"
"La
testa della
Regina della Corte Seelie." Replicò lo Shadowhunter senza
battere ciglio.
"Vuole che muoia durante l'attacco, non vuole che arrivi a un processo.
E
vuole che il Conclave riconosca che fate Seelie e Unseelie sono diverse
l'una
dall'altra e non dovrebbero essere soggette allo stesso trattamento."
"Per la
prima parte, nessun problema." Jace socchiuse gli occhi. "Fra
me e Clary dubito che quella strega ne uscirà viva. Non
attacco mai
volontariamente una donna, ma quello che ha fatto è
imperdonabile e non ho
intenzione di rischiare che la sentenza di un processo sia qualcosa di
diverso
dalla morte. Voglio che venga rimossa dalle nostre vite."
"E'
quello che ho
pensato anche io." Alec annuì, nonostante si sentisse ancora
un po' a
disagio all'idea.
"Per
quanto
riguarda la seconda parte, immagino che sia più semplice di
me che cerco di
persuadere il Conclave a rivedere gli accordi di pace." Jace
sospirò.
"Ma ho promesso a Kaelie che ci avrei provato e lo farò."
"Sei
sicuro di
voler raccontare tutto a Jia e a nostro padre? So che abbiamo bisogno
del
permesso del Conclave per attaccare la Corte Seelie, ma è
rischioso."
Jace
si passò una mano
fra i capelli, ovviamente frustrato. "Fidati, se potessi eviterei di
farlo. Ma anche se riuscissimo a salvare Will da soli, dovremmo
comunque
spiegare come mai è ancora vivo mentre tutti pensano che sia
morto. E sarebbe
peggio, perchè probabilmente ci interrogherebbero con la
Spada Mortale. Se
Kaelie parla di sua volontà, sarà più
credibile e potremmo risparmiarci
l'interrogatorio. E non permetterò che le accada niente. Ma
Alec..." Jace
lo guardò diretto negli occhi. Era doloroso, ma era una cosa
che andava detta.
"Se le cose vanno male, se prendono Clary e rimuovono i suoi Marchi, io
andrò con lei. Prenderemo Will e scompariremo, lasciando per
sempre il Mondo
Invisibile."
Il
suo parabatai si bloccò,
il corpo rigido, i
pugni serrati lungo i fianchi. Passò un momento molto teso
prima che trovasse
la forza di rispondere. "Vorrei poterti urlare addosso, darti
dell'idiota
e prenderti a pugni fino a farti ritrovare la ragione. Lo vorrei
davvero. Ma
non posso, perchè so che farei la stessa cosa per Magnus."
Mise
una mano sulla
spalla di Jace e strinse. "Quando abbiamo incontrato Clary, la odiavo.
Ti
faceva agire sconsideratamente, non eri più lo stesso, a
malapena ti
riconoscevo. Ma poi ho capito che lei ti rendeva una persona migliore,
che ti
faceva sentire in pace. E quando Sebastian ti ha legato a lui, mi
mancava una
parte di me, mi era stata strappata via dal cuore. Mi mancavi tu, il
mio parabatai. Se ti perdo di
nuovo, quel
vuoto nel cuore sarà doloroso, ma lo sopporterò
con gioia se vuol dire che sei
felice. Tu devi stare dove la tua anima è in pace e quel
posto è dovunque sia
Clary."
Jace
respirò a fondo e
poi tirò Alec più vicino per abbracciarlo. Gli
diede una pacca sulla schiena,
tenendo suo fratello il più vicino possibile. "Grazie.
Sapevo che avresti
capito."
"Ho
sempre saputp
che quella ragazza non avrebbe portato altro che guai." Alec sorrise,
scuotendo la testa. "Non dire niente a Izzy però. Potrebbe
non essere
necessario e sai come si sente al pensiero di perdere uno di noi.
Abbiamo una
battaglia da combattere e deve rimanere concentrata."
Jace
annuì, il cuore
improvvisamente più leggero. Si, avrebbe sofferto nel
lasciarsi alle spalle il
Mondo Invisibile. Non era solo il suo lavoro, era parte della sua
anima, del suo
sangue, del suo intero essere. Ma sapeva che Alec avrebbe capito
perchè doveva
farlo, perchè avrebbe sempre scelto Clary sopra qualunque
altra cosa. Avere la
benedizione del suo parabatai
significava tutto per lui e anche se lo spaventava provare di nuovo
quello
spaventoso vuoto nel cuore, sapeva che non avrebbe mai realmente perso
Alec o
Isabelle. Erano la sua famiglia e lui era sicuro che nessuno dei due
avrebbe
mai esitato nell'ignorare le regole, se si trattava di lui. Ci
sarebbero sempre
stati, avrebbero sempre fatto parte della sua vita. Sarebbero sempre
stati i
suoi fratelli.
"Lightwood,
tutti
insieme," mormorò fra sè e sè,
ricordando quel giorno, quando si era
svegliato dopo che Gloriosa aveva bruciato il suo legame con Sebastian.
Le
lacrime di Izzy, la sua presa sulla sua mano. Si, sarebbero sempre
stati
insieme, nonostante tutto.
Sorrise
ad Alec con
amore, orgoglio e un senso di pace nel cuore. "Andiamo, prima che ci
lascino qui."
Alec scoppiò a ridere e tornarono in biblioteca spalla
contro spalla, insieme,
come sarebbero sempre stati.
***
Alicante
era silenziosa
quella notte, mentre i sette si muovevano velocemente fra le vie per
raggiungere la casa di Amatis dove Jocelyn e Luke si erano trasferiti.
Finora
nessuno li aveva visti ma per essere più sicuri, Isabelle
era davanti a tutti,
assicurandosi che i passaggi fossero sgombri prima di dare il via
libera al
resto dei compagni. Se fossero stati presi, sarebbero stati severamente
rimproverati, ma Magnus e Kaelie erano Nascosti e si trovavano
lì senza
l'espressa approvazione del Conclave. Sarebbero stati imprigionati
immediatamente.
La
Città di Vetro era
bellissima come sempre ma per la prima volta Clary non la stava
guardando piena
di meraviglia, la mente tesa a un solo scopo. Sarebbero potuti essere
nel
tugurio più brutto del mondo, per quel che gliene importava.
Quando alla fine
raggiunsero la casa dei suoi genitori, Clary tirò un sospiro
di sollievo e
indicò silenziosamente agli altri di aspettarla, mentre
andava a bussare alla
porta. Era stato un tocco leggero, fatto apposta per essere il
più silenzioso
possibile, ma lei sapeva che Luke l'avrebbe sentita. Clary attese,
pregando che
i suoi genitori avessero ricevuto il messaggio di fuoco che Magnus
aveva
mandato loro e quando la porta si aprì e lei venne
trascinata dentro e stretta
in un grande abbraccio, sorrise e chiuse gli occhi.
"Oh
grazie
all'Angelo." Mormorò nel petto di Luke, guardandosi intorno
velocemente.
Sua madre era lì, gli occhi pieni di preoccupazione e
accanto a lei c'erano
proprio le persone di cui Clary aveva bisogno, e la guardavano
guardinghi:
Robert e Maryse Lightwood e Jia Penhallow.
"Stai
bene? Cosa
vuol..." Cominciò Luke, ma Clary lo interruppe.
"Fra
un momento.
Luke, vai ad aprire la finestra sul retro. Non sono da sola."
"Clary,
che..."
"La
finestra,
adesso!"
Lui
socchiuse gli occhi
sentendo l'urgenza nella sua voce e andò ad aprire la
finestra, spostandosi di
lato quando sei persone vestite di nero saltarono dentro in perfetto
silenzio.
"Chiedo
scusa per
la segretezza," mormorò Jace rialzandosi e guardando
direttamente il
Console, "ma non potevamo rischiare di chiedere un permesso
ufficiale."
"Quindi
avete
deciso di sgattaiolare dentro Idris e far chiamare me e l'Inquisitore
dal
rappresentante dei licantropi per "una questione della massima
importanza"? Credo che il tuo messaggio dicesse proprio questo,
Clarissa." Jia incrociò le braccia al petto e li
guardò uno per uno.
"E' una compagnia abbastanza impressionante." Notò, gli
occhi che si
fermavano oltraggiati su Kaelie. "E quanto critica è la
situazione per
farvi pensare di poter portare due Nascosti ad Alicante? Potrei, con
molto
sforzo, far finta di non vedere il Sommo Stregone di Brooklyn, ma avete
portato
anche una fata con voi!"
"Ti
prego, possiamo
spiegare." Disse Clary con un sospiro.
"Allora
fatelo, e
in fretta." Disse Maryse. "Ero qui a cena quando è arrivato
il tuo
messaggio e Jocelyn ha pensato che sarebbe stato meglio se fossi
rimasta:
quando si tratta di te, Clarissa, i miei ragazzi non sono mai molto
lontani."
"E
io vorrei sapere
cosa è successo prima di trascinare quella fuorilegge alla
Guardia." Disse
Robert, facendo un passo avanti.
Kaelie
si immobilizzò,
ma Jace si mise davanti a lei, calmo. "Non farai niente del genere.
Ascolta quello che abbiamo da dire e capirai perchè siamo
stati costretti ad
agire così. E' una cosa seria... papà."
Robert
guardò Jace con
sorpresa; questa forse era la terza o la quarta volta che Jace lo
chiamava
così, e l'ultima era stata al suo matrimonio con Clary. Non
lo faceva mai, di
solito lo chiamava per nome.
"Dimmi
solo che
stai bene, Clary. E' successo qualcosa?" Chiese Jocelyn, preoccupata.
"Sto
bene."
Clary annuì, cercando di sorridere a sua madre. "E
starò meglio quando
saprete tutta la storia. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Abbiamo
bisogno dell'aiuto
del Conclave."
"Perchè
non vi
sedete allora? Abbiamo abbastanza sedie e divani per tutti." Jocelyn
prese
la mano di sua figlia e la tirò gentilmente verso il tavolo.
"So che non
infrangeresti la Legge senza un motivo, ma spero che sia per una buona
ragione,
cara."
"Lo
è." Annuì
Clary, facendo un respiro profondo. Poi si girò verso il
Console. "Jia, so
che non dovremmo parlare delle sedute del Consiglio, ma ricordi tutti
quei
rapporti sui vampiri?
Lei
socchiuse gli occhi
e annuì. Clary si sentiva come una bambina, erano tutti
seduti mentre gli
"adulti" restavano in piedi a guardarli, come un plotone
d'esecuzione.
"Abbiamo
scoperto
cosa sta succedendo e non si tratta di una faida. E' la guerra, Jia. I
vampiri
si sono alleati con le fate, e stanno per attaccarci."
Il
Console impallidì, le
braccia che ricadevano lungo i fianchi. "Di che cosa parli?"
"Lo
spiegherò io, se me lo permettete." Kaelie fece un passo
avanti,
sotto gli occhi sospettosi degli Shadowhunter. "Sono stata io a
scoprire
questo piano e ad andare immediatamente a dirlo a Jace"
"E
cosa hai a che
fare tu con mio figlio?" Chiese Maryse, le labbra serrate. Era ovvio
che
era stata tenuta all'oscuro del rapporto fra Jace e la fata.
"E'
più quel che ho
a che fare con..." Kaelie sospirò, chiudendo gli occhi. "Suo figlio. William Herondale. E' vivo
ed è alla Corte."
Un
silenzio di tomba accolse
quelle parole e Jace si portò al suo fianco con un passo.
"Non era malato,
sei mesi fa. Era stato avvelenato. E' stata la Regina della Corte
Seelie ad
avvelenarlo e poi ce lo ha portato via perchè l'unico
antidoto era una pianta
che cresce nel Regno Fatato."
Jocelyn
spalancò gli
occhi mentre il sangue defluiva dal suo volto. "Perchè
avrebbe fatto una
cosa del genere?"
"Per
vendetta." Magnus avanzò, mettendosi di fronte al Console.
"Vi avevo
avvertiti anni fa, quando avete costretto il Popolo Fatato a firmare
quel
trattato di pace. Vi avevo detto quale sarebbe stato il risultato ed
eccoci qui:
la Regina della Corte Seelie ha rapito Will per far soffrire Clary e
Jace per
aver ucciso Sebastian, e poi li ha ricattati e costretti al silenzio
minacciando la vita di William. Ora si è alleata con i
vampiri ed è pronta a
muovere guerra ai Nephilim. E tutto perchè avete preferito
schiacciarli sotto
il vostro tallone, invece di mostrare misericordia."
"Magnus..."
Lo
chiamò Alec, raggiungendolo. "Basta così. Ti
prego."
Lo
stregone fece un
verso disgustato ma annuì e Kaelie riprese a parlare nel
silenzio generale. Non
era facile perchè doveva inventare una bugia decente,
qualcosa a cui i Nephilim
credessero senza fare domande, qualcosa che condannasse la sua razza e
assolvesse la loro. Così, parlare del rapimento di William
serviva a far loro
credere che Jace e Clary non fossero che le vittime di una crudele
vendetta,
che non avessero idea della guerra che stava per scoppiare. Parlare
dell'alleanza con i vampiri era necessario perchè pensassero
di più alla guerra
e di meno alla spedizione senza permesso alla Corte Unseelie, anche se
quando
Alec lo raccontò si guadagnò più di
un'occhiata furiosa da parte dei suoi
genitori. Alla fine convincere il Console e l'Inquisitore non fu
così
difficile, dal momento che nessuno dei due voleva realmente credere che
due dei
loro più famosi eroi di guerra potessero mai essere capaci
di tradirli.
"Quindi
abbiamo una
guerra pronta a scoppiare," disse il Console, camminando inquieta, con
gli
occhi socchiusi e le dita che le accarezzavano il mento. "Ma
perchè i
vampiri dovrebbero allearsi con loro? Cosa ha offerto loro la Regina?"
"Ha
offerto
noi." Rispose Jace, le spalle irrigidite. Kaelie lo guardò
sorpresa, non
aveva avuto intenzione di rivelare quella parte del piano. "Ha scoperto
il
motivo per cui Simon è diventato un Diurno quando era un
vampiro. La Regina ha
offerto me e Clary perchè il nostro sangue ha il potere di
trasformarli
tutti."
"Che..."
Jocelyn guardò sua figlia, impallidendo.
"E'
il sangue di
angelo che Valentine ci ha infuso." Continuò Jace. "E si, so
che non
ho mai fatto rapporto sul fatto di aver permesso a Simon di bere il mio
sangue,
ma stava morendo e non potevo permetterlo. Avrei continuato a mantenere
il
segreto se non ci fossimo trovati in questa crisi, non volevo rischiare
che i
vampiri lo scoprissero. Ma ora lo sanno."
Robert
sembrava pronto a
uccidere qualcuno mentre si avvicinava a Jace, mettendogli una mano
sulla
spalla. "Hai mantenuto un segreto molto pericoloso. Un segreto molto
stupido. Sei sempre stato avventato ma come hai potuto..." Si
fermò con
uno sforzo, scuotendo la testa, ma Simon sapeva cosa stava per dire:
come aveva
potuto permettere a un Nascosto di toccarlo? Di morderlo? Come aveva
potuto
offrirsi volontario per mantenere in vita uno di loro?
Non
c'era speranza,
pensò tetro, la spaccatura fra Shadowhunter e Nascosti era
troppo profonda per
poter essere mai colmata... i Nephilim non avrebbero mai considerato
nessuno al
pari di loro. Vide che Jace stava per rispondere ma scosse la testa per
impedirlo.
"Lascia
perdere, non è importante ora." Disse quieto Simon,
guardando
dritto in faccia l'Inquisitore. "E comunque, ora sono uno Shadowhunter,
giusto? Non è questo che importa? Che io non sia
più uno sporco Nascosto, che
vostra figlia stia per sposare un figlio di Raziel, invece che un
Figlio della
Notte? Che vergogna terribile se fossi ancora un vampiro. Ma non
vedete? Non
capite? E' questa la ragione per cui i vampiri si sono alleati con le
fate:
quanto a lungo potevano resistere sapendo che vengono considerati
esseri
inferiori? Quando a lungo si può vivere nella paura
perchè la razza che
dovrebbe proteggerli non fa altro che schiacciare un nemico
già sconfitto, solo
per provare che può? Sapete che stiamo vivendo qualcosa
chiamata la Pace Fredda
al momento? Il Mondo Invisibile ha paura dei Nephilim, ha paura di
quello che
faremo se si azzardano anche solo a respirare in una maniera che non ci
piace,
ma la paura non dura per sempre, Inquisitore. Presto o tardi viene
rimpiazzata
dalla rabbia e ora ci troviamo esattamente a quel punto. Sette anni fa,
avete
dimostrato al Mondo Invisibile che siete incapaci di perdonare, e
questo è il
risultato: il Mondo Invisibile sta cercando di decidere se gli
Shadowhunter
sono indispensabili alla sua sopravvivenza o no... e a quanto pare i
vampiri
hanno deciso che non lo siamo. Congratulazioni."
"Ti
stai
incamminando su un sentiero pericoloso, Simon Lovelace." Disse Jia a
bassa
voce, guardandolo. "Sei sicuro di voler insultare le decisioni del
Conclave?"
"Io
non sto
insultando nessuno, mi limito a dire le cose come stanno. Avete
schiacciato le
fate e lo sapete. Volevate farlo.
Volevate imporre un esempio, ma ora vi si è rivoltato
contro. O avete
intenzione di negarlo?"
"Jia,
così non
andiamo da nessuna parte." Clary si affiancò al suo parabatai. "Dobbiamo affrontare quello
che sta succedendo: il
Popolo Fatato ha mio figlio e presto scoppierà una guerra se
non facciamo
qualcosa per fermarla. I vampiri hanno attaccato i licantropi per
assottigliare
i ranghi dei nostri alleati, e sai che gli stregoni non interferiranno
nel
conflitto. Non si mette bene. Dobbiamo attaccare prima di loro, se
impediamo
che la cosa ci scoppi fra le mani, i vampiri si ritireranno, non
oseranno
combattere da soli. Fingeranno di non aver mai stretto un accordo con
le fate.
Ma dobbiamo fare qualcosa adesso, prima che tutto questo diventi
ingestibile."
"Tu."
Jia si
girò verso Kaelie, dopo un lungo momento di silenzio.
"Perchè venire ad
avvisarci? Mi ricordo di te, sei la fata che ha rappresentato la Corte
Seelie
quando è finita la Guerra Oscura. Cosa speri di guadagnarci?"
La
pixie sostenne con
calma il suo sguardo. "Solo giustizia per il mio popolo. La Regina sta
imponendo
alle fate qualcosa che non meritano. Questa nuova battaglia nasce solo
dal suo
desiderio di vendetta per la morte di Sebastian Morgenstern, non ha
niente a
che vedere con il benessere del Popolo fatato. Finirà per
distruggerci, ancora
di più di quanto non fossimo alla fine della Guerra Oscura,
e la mia gente non
lo sa nemmeno! Ha armato i nostri soldati, ha fatto addestrare i nostri
giovani
ma lo ha fatto dicendo loro che non intendeva permettere al Conclave di
lasciarci indifesi, soprattutto contro le fate Unseelie. Dubito che
qualcuno
sappia che presto darà l'ordine di attaccare i Nephilim, ha
tenuto il segreto
perchè non voleva rischiare che qualche informazione
trapelasse. Sarà un
massacro e non posso permetterlo!"
"E
pensi di poterlo
evitare venendo qui e avvisandoci?" Robert era incredulo. "Pensi che
ci limiteremo a mandare un messaggio alla Regina, pretendendo che ci
diano
indietro William e dicendole di tornarsene nel suo buco? E' arrivata
fino a
questo punto, non accetterà una soluzione diplomatica. Sai
che attaccheremo,
pixie. E sai che la tua gente morirà."
"Ucciderli
non è
necessario!" Gridò Kaelie, stringendo i pugni. "Come vi ho
detto, la
maggior parte dei soldati sono giovani, fatati che erano solo dei
bambini
quando è scoppiata la Guerra Oscura. Non hanno esperienza.
Se un numero
sufficiente di Nephilim invade la Corte, riuscirete a disarmarli senza
uccidere
nessuno. Nel frattempo io guiderò Jace e gli altri dalla
Regina: una volta
catturata lei, l'esercito si arrenderà. Non ci
sarà bisogno di un bagno di
sangue. A meno che," il suo sguardo si fece di ghiaccio. "A meno che
non siate voi a volerlo."
Seguì
un altro lungo
silenzio, poi la fata sospirò e guardò Jia, con
una supplica negli occhi blu.
Non voleva ridursi a pregarla, ma l'orgoglio non l'avrebbe aiutata in
quel
momento. "Console, lo so che non vi fidate di me, e dopo quello che la
Regina
ha fatto a William avete tutte le ragioni per disprezzarmi. Ma amo la
mia gente
e voglio quel che è meglio per loro: questa guerra e questa
Regina non sono
quello che ci serve, nè quello che ci meritiamo. Chiedo solo
che mostriate
quella misericordia che non avete potuto mostrarci sette anni fa.
Evitate
questa guerra, riconsiderate il trattato. Permettere al Popolo Fatato
di
ricostruire, di guadagnare di nuovo la vostra fiducia, sotto un nuovo
sovrano,
qualcuno che abbia a cuore i nostri interessi."
"E
chi sarebbe
questo nuovo sovrano? Tu?"
Kaelie
spalancò gli
occhi, sinceramente stupita. "Io? Cosa... no! Sono solo una dama di
corte,
sono una cameriera! Pensate che stia facendo questo perchè
voglio diventare la
Regina? Io non... non vorrei mai... no!"
"Perchè
non ci
preoccupiamo di tutto questo dopo che avremo risolto questa crisi?"
Isabelle li interruppe, impaziente. "Stiamo perdendo tempo e non ne
abbiamo. Se la Regina si accorge che Jace e Clary sono spariti,
nasconderà
William e attaccherà. Non mi interessa niente di questa
guerra o di chi sarà la
prossima Regina della Corte Seelie, questi sono affari del Conclave. Io
voglio
solo mio nipote a casa, sano e salvo."
Si
girò verso i suoi
genitori che rimanevano freddi e rigidi e i suoi occhi si
ammorbidirono.
"Stiamo parlando di vostro nipote, ed è rimasto prigioniero
per sei mesi.
E' ora di andarlo a riprendere, non credete?"
"Ma
certo. Ma certo
che si." Rispose dolcemente Jocelyn, prendendo la mano di Luke. "Non
riesco ancora a crederci."
"Andrò
alla
Guardia," disse Jia scuotendo la testa. "Convocherò una
riunione
d'emergenza del Consiglio proprio ora, anche se nessuno sarà
contento di essere
buttato giù dal letto nel bel mezzo della notte. Clarissa,
starà a te spiegare tutto
quello che sta succedendo, e vedremo di ideare un piano che blocchi
questa pazzia
prima che inizi."
Clary
annuì, ma quando
Jia stava per andarsene, Robert le disse che sarebbe rimasto qualche
altro
minuto a parlare con i suoi figli. Non appena il Console si fu
allontanato e
lui fu certo che non poteva più sentirli, si rivolse al
gruppo.
"Ora.
La verità,
per favore."
Nel
silenzio sconvolto
che seguì, Maryse si mise al suo fianco annuendo. "Ha
ragione. C'è
qualcosa che non ci avete detto e anche se siete riusciti a ingannare
il
Console, non potete fare lo stesso con noi. Vi conosciamo troppo bene."
Li
guardarono ma quando
Isabelle, Alec e Jace si limitarono a rimanere fermi, i volti
più impassibili
che potevano, Robert impallidì. "Siamo a questo punto? E'
qualcosa di così
pericoloso da non potercene parlare? Non lo sto chiedendo da
Inquisitore, lo
sto chiedendo come vostro padre. Vogliamo solo aiutarvi. Diteci cosa
c'è che
non va."
"Clary,
Simon, vi
prego." Aggiunse Luke, guardandoli. "Ha ragione lui. E una volta che
il Console avrà avuto il tempo di pensarci,
capirà che c'è di più in questa
storia di quello che ci avete detto. La Regina della Corte Seelie ha
avuto
William con sè per sei mesi, vi aveva a sua disposizione.
Volete davvero farci
credere che si è accontentata di guardarvi soffrire? Non una
fata, e di sicuro
non lei."
Lanciò
a Kaelie
un'occhiata di scusa, ma lei distolse lo sguardo come il resto di loro.
"Vi
prego,
parlateci." Sussurrò Jocelyn. "Diteci tutto, così
che possiamo
aiutarvi quando Jia vorrà saperne di più. Se non
vi confidate con noi, vi
interrogherà con la Spada Mortale e qualunque cosa voi
stiate nascondendo verrà
fuori. Ti prego, Clary, parlaci. Ti prego, tesoro."
Ancora
silenzio. Era
così profondo che era come se urlasse con una voce tutta
sua, mentre la
tensione nella stanza cresceva quasi fino a scoppiare.
Poi
Isabelle fece un
passo avanti, le labbra serrate in una linea sottile. Andò
da suo padre, gli
prese la mano e la accarezzò con le dita, gentilmente,
lentamente, qualcosa che
Robert non ricordava lei avesse mai fatto, e comunque mai con lui.
"Papà,
ricordi
quando mi hai portata all'Accademia, anni fa? Quando hai parlato del
Circolo
agli studenti?" Attese che lui annuisse e proseguì. "Abbiamo
parlato
dopo, al termine della nostra visita, e tu mi hai detto qualcosa che
non ho mai
dimenticato: mi hai detto che amavi i tuoi figli incondizionatamente,
che
eravamo l'unica cosa di cui eri sempre stato sicuro. E poi mi hai detto
che eri
pronto a passare il resto della tua vita a dimostrarcelo, a dimostrarci
che
anche noi avremmo sempre potuto essere sicuri di te."
"Isabelle..."
"Questa
è la tua
possibilità. Eccoci qui. Sono disposta a fidarmi di te, a
fidarmi di poter
parlare con mio padre senza parlare anche con l'Inquisitore. Ti prego,
dimmi
che non tradirai la mia fiducia. Ti prego."
Robert
guardò la mano di
sua figlia, che ancora lo accarezzava lentamente, poi guardò
Maryse di fianco a
lui, così simile a sua figlia, così fiera e
forte. Luke e Jocelyn erano in
silenzio e lui sapeva che avevano già promesso nel loro
cuore che non avrebbero
mai tradito coloro che amavano. Toccava a lui e per una volta nella sua
vita,
doveva decidere da solo, accettando la possibilità di
rovinare tutto con le
persone che amava di più: i suoi figli.
"Lo
prometto."
Disse a sua figlia, guardandola dritto negli occhi, così che
lei potesse vedere
che non aveva nessuna esitazione. "Sono dalla tua parte, Isabelle. Puoi
essere certa di me, figlia mia."
E
quando finalmente
seppe tutta la verità, quando i suoi ragazzi raccontarono
tutto, quando Jocelyn
pianse silenziosamente sulla spalla di Luke per tutto quello che era
stato
fatto a Clary, lui prese con gentilezza Isabelle fra le braccia,
accarezzandole
i lunghi capelli e sorridendo con gratitudine.
"Grazie,
bambina." Sussurrò, stringendola a sè. "Non ti
deluderò. Non ti
deluderò mai."
|
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Capitolo 18 *** Quando i piani vanno storti ***
Nota
dell'autrice:
Scusate se non ho risposto alle recensioni, sono stati un paio di
giorni molto intensi.
Con questo capitolo comincia la spirale che ci porterà alla
fine della storia. Altri
4 capitoli ed è finita!
***
Era
quasi mezzogiorno
quando Kaelie tornò a casa ed era esausta. Avevano passato
la notte a fare
piani e Jia l'aveva perfino chiamata davanti al Consiglio, a ripetere
tutto
quello che aveva detto di fronte a diversi Shadowhunter che non
vedevano chiaramente
l'ora di gettarla nelle prigioni della Città Silente e
buttare via la chiave. A
volte si chiedeva ancora se aveva scelto la parte giusta in questa
guerra
perchè era chiaro come il sole che i Nephilim non avevano
nessuna intenzione di
rivedere le loro decisioni in merito al Popolo Fatato: questa guerra
era
l'affronto finale per loro. Eppure, fra estinzione e punizione, lei
avrebbe
comunque scelto la punizione.
Sbadigliò,
cercando le
chiavi nella borsa e rispose al telefono non appena cominciò
a squillare.
"Si,
Jace, sono a
casa." Trovate finalmente le chiavi, piegò la testa in modo
da appoggiare
il telefono alla spalla e aprire la porta. "Sto bene, ho solo bisogno
di
dormire."
L'appartamento
era
immerso nell'oscurità perchè le persiane erano
chiuse, ma le andava bene così:
non vedeva l'ora di raggiungere il letto. "No, sai perchè
non potevo
rimanere. Dopo stanotte l'ultima cosa che volevo era stare attorno ad
altri
Nephilim. Senza offesa, ma il vostro Console e l'Inquisitore non sono
proprio
le persone più accoglienti che abbia mai conosciuto."
Ridacchiò alla sua
risposta. "No, non voglio immaginare qualcuno di peggiore: stanotte
è già
stata difficile così."
Sospirò
e sistemò la
borsa sul tavolo in ingresso. "Jace, sono
a casa. Cosa potrebbe succedermi? Voglio solo farmi una bella
dormita prima
di... beh lo sai. Riposa anche tu. Si, d'accordo. A dopo."
Riattaccò,
scuotendo la
testa. Presto sarebbe stato tutto finito, non potevano permettersi di
aspettare
ad attaccare o Jiliel avrebbe cominciato a sospettare che ci fosse
qualcosa che
non andava. Sapeva che sarebbe dovuta rimanere all'Istituto a riposare,
ma
sapeva anche che non ci sarebbe riuscita, non circondata da
Shadowhunter: voleva
solo un po' di tranquillità e di tempo per rilassarsi,
chiudere gli occhi e non pensare.
Fra
poco tutto sarebbe
cambiato. Alcuni sarebbero morti, probabilmente cavalieri fatati,
soldati... e
suo fratello, e la sua Regina. Chiuse le mani a pugno sul tavolo e
serrò gli
occhi, cercando di non piangere; era troppo tardi. Giurò a
se stessa che
avrebbe fatto del suo meglio per salvare Jiliel, ma era
sufficientemente onesta
con se stessa da sapere di non avere possibilità contro
Clary, Jace e la loro
rabbia. L'avrebbero spazzata via come una bambola e avrebbero ucciso
suo
fratello senza battere ciglio.
"Oh,
fratello
mio," sussurrò nell'oscurità, "perchè
sei stato così crudele con
lei?"
Kaelie
sospirò entrando
in salotto e si immobilizzò sul posto; la stanza era scura,
ma avrebbe riconosciuto
quella sagoma ovunque. Mentre Jiliel si alzava dal divano senza dire
una
parola, Kaelie fece istintivamente un passo indietro.
"Cosa fai qui?"
Lui
non le rispose ma
con due rapidi passi fu davanti a lei, le prese il telefono dalle mani
e lo
gettò dietro di sè. Poi l'afferrò per
il polso e la trascinò in cucina,
gettandola su una delle sedie. Non appena fu seduta, una delle sue mani
le
premette sulla spalla, tenendola giù, mentre l'altra la
prese per la gola.
"Allora,
sorellina." Sussurrò nel buio, stringendo le dita. "Come mai
hai
incontrato il Console Nephilim? E l'Inquisitore?"
Pensa,
pensa, pensa, pensa!!!
"Sono
venuti
all'Istituto ieri notte." Kaelie disse strozzata, afferrando la mano
del
fratello sulla sua gola.
"Oh?"
Lui
incurvò le labbra in un ghigno, nonostante lei non potesse
vederlo. "Una
visita di cortesia? Che gentile da parte loro."
"Mi
stai facendo
male... lasciami, per favore." Respirare cominciava a diventare
difficile
e le stavano comparendo dei puntini colorati davanti agli occhi.
"Cosa
hai fatto,
Kaelie?" Le chiese Jiliel, continuando a strangolarla. Lei non riusciva
più nè a parlare nè a respirare.
Scosse la testa, in preda al panico, cercando
disperatamente di alzarsi da quella maledetta sedia, ma suo fratello la
gettò
sul pavimento freddo della cucina, lasciandola improvvisamente andare.
Lei
rimase lì, tossendo e respirando, le lacrime che scorrevano
sulle guance mentre
Jiliel accendeva la luce e tornava indietro, inginocchiandosi di fronte
a lei.
"Non
ho fatto
niente, lo giuro." Provò a dire Kaelie, con una mano sulla
gola dolorante.
"Non so perchè fossero lì. Hanno parlato con i
Lightwood e poi se ne sono
andati!"
Improvvisamente
venne
rivoltata sullo stomaco, e la testa sbattè sul pavimento
mentre suo fratello le
bloccava le mani dietro la schiena. Kaelie urlò dal dolore.
"Non
ti
credo." Le disse lui, la voce calma come se stesse parlando del tempo.
"E sai perchè? Perchè non sono stupido, sorella
cara."
Si
sistemò meglio sulla
schiena di Kaelie, tenendola giù. "Allora vediamo, quando
è iniziata? E'
stato quando li hai portati a vedere il moccioso, qualche giorno fa?
Hai avuto
pietà di loro? O avevi pianificato tutto fin dal principio?"
"Non
ho fatto
niente!" Gridò lei, cercando di continuare a negare, urlando
quando Jiliel
le strinse i polsi, quasi spezzandoli.
"Invece
si. Sapevo
che saresti stata debole, avevi troppi trascorsi con Herondale. L'avevo
detto
alla Regina, ma lei non ha voluto ascoltarmi perchè
ricordava il tuo odio dopo
la conferenza di pace. Pensava che
saresti stata perfetta, che avresti apprezzato di poterti vendicare."
"Jiliel..."
"Ma
sai cosa?"
Sibilò lui dietro di lei. "Ho cercato di fidarmi di te. Ho
cercato di
credere che stessi davvero maltrattando Herondale, che volessi
torturarlo tanto
quando stavo facendo io con Clary. Perchè sei una fata e
loro sono Shadowhunter.
Immagino di essermi sbagliato."
"Lasciami
andare,
dannazione!"
"Sei
una terribile
bugiarda, Kaelie." Disse Jiliel, piantando un ginocchio al centro della
sua schiena, facendola annaspare. "Quando mi hai detto che saresti
rimasta
all'Istituto ieri notte, ho sospettato che ci fosse qualcosa che non
andava.
Prima di tutto mi avresti chiesto se Clary poteva rimanere
perchè sai che sono
responsabile di lei. E secondo, non sei il tipo da sventolare in giro
le tue
conquiste; se Clary era lì, avresti portato via Jace. Errore
da dilettante,
sorellina, quando cerchi di ingannare qualcuno non devi cambiare il tuo
modo di
comportarti."
"Volevo
solo..." Non riuscì a finire la frase perchè
Jiliel le prese il pollice
sinistro e tirò bruscamente finchè lei
avvertì un dolore lancinante e cominciò
a urlare. Le aveva rotto il dito.
"Chiuderai
il becco
finchè non ti faccio una domanda, hai capito, Kaelie? Hai
capito?" Gridò
lui, piantandola di nuovo per terra e lei riuscì solo ad
annuire, piangendo e
gridando, spaventata a morte. "Cosa hai detto loro, sorellina? Sanno
che
stiamo per attaccare? Rispondimi."
"Non
ho detto
niente." Disse, il dolore che le offuscava la vista. "Non ho nemmeno
parlato con loro!"
Un
altro brusco
strattone e l'indice si ruppe facendola contorcere dal dolore.
"Risposta
sbagliata. E se continui così, fra poco finirò le
dita. Poi comincerò con le
dita dei piedi, Kaelie. Poi le braccia. Poi le gambe. E poi
ricomincerò da capo
con le dita delle mani, ma stavolta userò un coltello e le
taglierò via.
Risparmiati il dolore."
"Uccidimi
se pensi
che sia una traditrice!" Riuscì a gridare lei, in mezzo ai
singhiozzi.
Faceva così male che non riusciva a fare a meno di piangere.
"Io
non penso che tu sia una
traditrice,
sorellina. Io so che lo sei."
Jiliel era di nuovo calmo e le aveva afferrato il medio, pronto a
rompere anche
quello. "Ho cercato di chiamare Clary ieri notte, sai per augurarle la
buona notte alla mia maniera. Ma il suo telefono era spento e Clary sa
che non
deve tagliarmi fuori di proposito, ho chiarito molte volte che devo
sempre
essere in grado di raggiungerla. Allora ho provato a chiamare te,
così che
potessi dire a quella strega di accendere il telefono, ma sorpresa,
anche il
tuo telefono era spento. Allora sai cosa ho fatto? Sono andato
all'Istituto.
Ero pronto a giocare al fidanzato geloso che non voleva la sua ragazza
vicino
al suo ex-marito, ma non è venuto nessuno ad aprire la porta
quando ho suonato.
Quindi, vedi, il Console non era lì. Tu eri dal Console. Eri
ad Alicante, è per
quello che i telefoni non andavano, giusto? La tecnologia non funziona
nella
preziosa Città di Vetro."
Kaelie
non rispose,
sentendo il cuore mancarle un battito. Jiliel sapeva. Sapeva che aveva
mentito
ed era perfettamente in grado di collegare le cose. Era finita, stava
per
morire come la traditrice che era. Urlò ancora quando suo
fratello le ruppe il
medio ma era troppo debole per continuare a lottare.
"Sai,
sono sorpreso,
non avrei mai pensato che Clary avrebbe scelto i Nephilim rispetto alla
salvezza di suo figlio. Sa di sicuro che il moccioso morirà
se cercano di
salvarlo, non avrà più accesso all'antidoto. O
sperano di tenerlo in vita con
la magia?"
Lei
continuò a non dire
niente, non sapendo se le stava dicendo la verità o se stava
cercando di capire
quanto ne sapeva lei sul veleno Kohl. Forse non aveva idea che non
funzionasse
su un bambino, ma non sarebbe stata lei a dirglielo se non lo sapeva.
"Cosa
hai detto
loro?" Chiese Jiliel, quando fu chiaro che Kaelie non avrebbe risposto.
"Hai parlato del piano? Dei vampiri? Quanto ci hai traditi?"
"Non
ti dirò
niente." Sussurrò lei, continuando a piangere. "Uccidimi e
basta
perchè non ti dirò nemmeno un'altra parola."
"Oh
lo farai,
sorellina." Sogghignò dietro di lei, afferrandole la testa e
sollevandola,
facendole inarcare la schiena. "Mi dirai tutto quello che voglio
sapere,
anche cose che credevi di avere dimenticato. Non smetterai di parlare
finchè
non te lo dirò io. E poi morirai."
Un
dolore lancinante le
esplose nella testa quando lui gliela fracassò contro il
pavimento. Kaelie
chiuse gli occhi e lasciò che l'oscurità
l'avvolgesse.
***
"Allora."
Disse Jace, prendendo la mira e lanciando il coltello con precisione
letale
dall'altra parte della palestra. "Stai per sposare mia sorella, eh?"
Erano
tutti lì, Izzy e
Clary si stavano allenando fra di loro, Alec lavorava sul suo arco e
Magnus era
seduto per terra, con gli occhi chiusi. Era stata una lunga notte ma
nessuno
era sufficientemente rilassato da dormire, così stavano
cercando di sfogarsi un
po'.
Simon
sbuffò accanto a
Jace, prendendo anche lui un coltello. "Se questo è un
qualche elaborato
metodo per spaventarmi, risparmiatelo. Alec lo ha già fatto,
quando ha saputo
del matrimonio."
"Oh?"
Gli
occhi dorati di Jace si rivolsero al suo prossimo cognato. "Dannazione,
mi
ha battuto nel fare il fratello maggiore allora. Con cosa ti ha
minacciato?"
"Ha
detto che se
non rendo Izzy immensamente felice, mi farà trasformare di
nuovo in un topo da
Magnus e poi mi darà da mangiare al Presidente Miao."
"Beh,
è di sicuro
una minaccia creativa." Jace fece un sorrisetto, lanciando un altro
pugnale. "Suppongo di poter solo aggiungere che prima che Magnus ti
trasformi ti farò fare il bagno nel tonno, così
piacerai di più al suo
gatto."
"E'
disgustoso." Simon rabbrividì e fece finta di vomitare.
"Seriamente
però,
suppongo che dovrei ringraziarti per volerti prendere cura di mia
sorella?" Gli occhi di Jace sorridevano. "O magari dovrei comprarti
una bara? Izzy sa essere cattiva quando vuole, non ti ho detto molti
anni fa
che ti avrebbe calpestato senza colpo ferire?"
"Guarda
che ti ho
sentito!" Chiamò Isabelle, parando un colpo di Clary. Era
concentrata
sull'allenamento, ma i suoi occhi virarono sul fratello per un secondo.
"E
quello è il mio parabatai
e lo stai minacciando!"
Rise Clary. "Devo venire a difendere il suo onore?"
"Come
se potessi
battermi, ragazzina." La
sfidò
Jace, con un sorrisetto.
"Oh,
vedrai,
Herondale." La rossa roteò la spada e marciò
verso il marito mentre gli
altri smettevano di allenarsi e li guardavano in silenzio. Guardare
Jace e
Clary che si sfidavano era una gioia per gli occhi: anni fa lei era
stata
inesperta, ma sotto il suo attento allenamento era diventata una
macchina da
guerra, letale quanto lui. Mentre lui poteva usare la sua forza contro
di lei,
Clary era più veloce e più piccola e poteva
danzargli intorno all'infinito. E,
a dire la verità, i loro allenamenti erano proprio questo,
un'elegante, sinuosa
danza che nessuno aveva avuto l'opportunità di vedere per
troppo tempo.
Quand'era stata l'ultima volta che la coppia si era permessa di essere
così
vicina? Perchè anche se si stavano scambiando colpi, anche
ora che stavano
sudando e cercando di battere l'altro, anche ora era palese a tutti
l'indissolubile legame d'amore che li teneva uniti.
E'
questo il motivo,
pensò Simon, guardando la sua migliore amica combattere sul
materasso blu. Perchè se si
fossero
permessi di essere così vicini anche solo una volta, avremmo
visto tutti quanto
si amavano ancora. E ci saremmo chiesti perchè rimanevano
separati. Ma presto
sarà finita e io sarò in grado di guardarli fare
questo per molto tempo, dopo
che avremo salvato Will.
Un
battito di ciglia dopo,
Jace era sulla schiena sul pavimento, le lunghe gambe allungate, l'arma
per
terra. Clary gli era seduta addosso, le gambe ai lati del suo stomaco,
la spada
puntata alla gola mentre gli occhi verdi rimanevano fissi in quelli
dorati di
lui. Lentamente, molto lentamente, Jace piegò le gambe fino
a toccare la sua
schiena e le sue mani risalirono fino ai fianchi di lei, mentre Clary
lasciava
cadere la spada da dita che ora stavano tremando. I suoi occhi non la
abbandonarono mai mentre le sue mani le accarezzavano lentamente le
cosce,
avanti e indietro, tornando ai fianchi, poi salendo alla vita e alle
braccia.
Il suo tocco era più leggero di una piuma, come se stesse
imparando di nuovo
ogni curva del suo corpo e forse era proprio così.
Fidati
di me,
la stava supplicando silenziosamente. Lascia
che ti mostri che non ti farò mai del male. Lascia che ti
aiuti
a guarire.
Era
vagamente
consapevole che la sua famiglia aveva smesso di respirare, e che il
tipico
"prendetevi una stanza" non sarebbe mai arrivato. Sapevano cosa stava
facendo, capì, sapevano che non c'entrava niente il sesso;
questo era
semplicemente lui che mostrava tutta la sua adorazione per lei, lui che
voleva
che lei imparasse di nuovo di essere un essere umano, non un oggetto.
Questo
era per farle sapere che ogni volta che lei avesse detto no, lui si
sarebbe
fermato. Era per farle riprendere sicurezza, forza, volontà.
Lei
non riusciva a
muoversi, ghiacciata sopra di lui, tremante sotto le sue dita. Tenne
gli occhi
fissi nei suoi, cercando di respirare, cercando di non sottrarsi al suo
tocco,
cercando di dirsi che era al sicuro e che si trattava di Jace e che lui
l'amava.
Voleva accarezzarlo anche lei, voleva passare le dita sul suo petto,
scivolare
sui suoi lineamenti, sul collo, le spalle... ma nonostante ordinasse
alle mani
di muoversi, loro rimanevano lungo i fianchi, tremanti e incapaci di
muoversi
di un centimetro. Aprì la bocca cercando di spiegare, di
borbottare una scusa,
qualunque cosa, ma nessun suono uscì dalle sue labbra,
niente tranne un respiro
strangolato che fece mordere le labbra a Jace e smettere di toccarla,
le mani
che tornavano sul pavimento. Clary seguì il suo sguardo,
aspettandosi di vedere
il dolore del rifiuto, pietà o perfino rabbia.
"Va
tutto
bene." Lo sentì mormorare, l'espressione che trasmetteva
così tanto amore
e comprensione da farle venire le lacrime agli occhi. "E' tutto a
posto.
Tu dici no, io mi fermo. Ogni volta. Fino alla fine dei nostri giorni,
se sarà
necessario. Io ti amo, Clary. Non dovrai mai scusarti con me, o
sentirti
colpevole. Io ti amo. In questa vita e oltre, sempre e per sempre."
Il
cuore cominciò a
batterle così forte nel petto che il suo ruggito
echeggiò fin dentro le sue
orecchie assordandola, ma prima che potesse dire qualunque cosa,
l'incantesimo
venne rotto dallo squillo di un telefono.
Con un'imprecazione silenziosa, Alec rispose e Clary si
alzò, improvvisamente
imbarazzata da quello spettacolo pubblico, guardando lo Shadowhunter
dagli
occhi azzurri che stava parlando a bassa voce in un angolo.
"Era
la
mamma," disse, quando riagganciò, "Tutti i Nephilim sono
stati
avvisati di radunarsi a Idris, pronti ad attaccare. Il Consiglio ha
dichiarato
che non c'è tempo per radunare il Conclave, se Kaelie ha
ragione e i vampiri
sono in combutta con le Fate. Sono d'accordo che un attacco preventivo
sia la
cosa migliore, un colpo duro prima che la guerra ci esploda in faccia.
E dal
momento che la scomparsa di Clary e Jace solleverebbe sospetti, non
intendono
rimandare l'attacco: è previsto per domani, all'alba. Nostra
madre ha chiesto
che Kaelie stia con noi all'Istituto fino ad allora."
Simon
sbuffò. "Non mi piacciono le fate, ma Kaelie ci ha
aiutati e siamo a
questo punto per merito suo. E loro non si fidano ancora di lei."
"Non
posso
biasimarli." Clary disse, scrollando le spalle. "E comunque se sta
qui con noi, sarà più al sicuro. Non ero
d'accordo che andasse a casa
oggi."
"Era
stanca."
Replicò Jace, prendendo il telefono. "E francamente, dopo
essere stata
interrogata tutta la notte, la capisco. Non credo che i Nephilim siano
fra le
sue persone preferite al momento."
Fece
il suo numero e
attese, alzando un sopracciglio quando lei non rispose.
"Che
strano."
Borbottò.
"Forse
sta
dormendo?" Suggerì Alec.
"Forse."
Concesse Jace. "Ma con quello che stiamo passando viene
da tenersi il telefono vicino in ogni momento."
Provò
di nuovo,
lasciando che il telefono squillasse più a lungo questa
volta, poi lo spense,
infastidito. "Immagino di dove andare fin là a prenderla."
"Posso
farti un
Portale, se preferisci." Disse Magnus. "In questo modo nessuno
vedrà
nè te nè lei e tutti penseranno che sia ancora a
casa."
"Pensi
che sia
sorvegliata?"
"No."
Magnus
scosse la testa. "Ma è appena tornata a casa dall'Istituto,
non ha senso
che tu vada a riprenderla, giusto?"
"Hai
ragione, oh
grande stregone." Scherzò Jace, con un sorriso. "Andiamo
allora?"
Non
ci volle molto
perchè Magnus preparasse il Portale, ma fu Jace a passare
per primo, seguito
dallo stregone.
L'appartamento
era
scuro, le finestre chiuse, nessuna luce accesa. Lo Shadowhunter
bisbigliò a
Magnus di rimanere nel salotto mentre lui si avviava silenziosamente
verso la
camera da letto. Aprì la porta lentamente per non spaventare
Kaelie ma quando
vide che il letto era vuoto si fermò.
"Jace,
torna
qui." Chiamò Magnus e qualcosa nella sua voce gli disse di
fare in fretta.
Schizzò verso il salotto e seguì il dito puntato
di Magnus fino a trovare il
telefono di Kaelie dietro il divano, per terra. Era acceso, e si
vedevano le
due chiamate che aveva fatto.
"Non
è qui."
Disse, il cuore che accelerava i battiti. Cosa era successo? Senza una
parola,
i due uomini cominciarono a guardarsi intorno, senza trovare tracce di
una
lotta, nessun vetro rotto, nessun mobile spostato, ma si bloccarono non
appena
misero piede in cucina.
"Dannazione..."
Si inginocchiarono sul pavimento, accanto a diverse macchie di sangue e
Jace
sbattè il pugno per terra dalla rabbia, tirandosi poi in
piedi.
"L'hanno
presa." Disse Magnus tetramente, toccando lievemente il
sangue. I suoi occhi brillarono gialli prima che lui li chiudesse
mormorando
qualcosa e passando il dito nella macchia. "E' recente. Non
più di due ore
fa. Ed è stato un Fatato, lo sento ovunque."
"Jiliel
ha scoperto
tutto." Replicò Jace, serrando i denti. "E' l'unica
spiegazione. Ha
capito che Kaelie stava cercando di ingannarlo ieri notte e l'ha presa
per
scoprire cosa sta succedendo."
"E
questo spiega
perchè non ha cercato di ripulire il sangue." Magnus era
d'accordo.
"Perchè sapeva che sarei venuto qui e avrei capito comunque
cosa era
successo. Ma scommetto che non si aspettava che lo scoprissimo
così
presto."
Si
alzò, guardando il
biondo Shadowhunter. "Dobbiamo tornare all'Istituto e formulare un
nuovo
piano: questo cambia tutto."
Jace
annuì, passandosi
una mano fra i capelli. "Ho fallito. Avevo giurato di proteggerla e
guarda
cosa ho ottenuto. Quel sadico l'ha presa e ora probabilmente la sta
torturando
per scoprire quello che ha fatto per aiutarci."
Magnus
sospirò e guardò
le macchie di sangue. "Dobbiamo presumere che gli dirà
tutto. Il veleno,
la Principessa, quello che è successo ieri notte... tutto
quanto. Kaelie non è
stata addestrata come un guerriero, probabilmente c'è un
limite a quello che
può sopportare."
Jace
dovette trattenersi
dal tirare un pugno al muro a mani nude. "Hai ragione. E questo non fa
che
aggiungere più dolore a quello che gli infliggerò
prima di ucciderlo. Kaelie è
una brava ragazza, Magnus, non ha mai..."
"Lo
so." Lo
stregone mise una mano sulla spalla di Jace. "Dobbiamo dirlo
immediatamente a Robert perchè puoi scommettere che non
appena calerà il sole,
le fate e i vampiri attaccheranno Alicante."
"Quelli
sono affari
del Conclave." Scattò Jace, gli occhi dorati pieni di furia.
"Ora
dobbiamo preoccuparci di William. Se Kaelie cede, sapranno tutto di
noi.
Dobbiamo andare a prendere Will adesso, prima che abbiano il tempo di
nasconderlo, e dobbiamo prendere la Regina prima che scappi o avremo
anche le
fate Unseelie addosso."
Lo
stregone si voltò lentamente
verso Jace. "Attaccare adesso."
Jace
annuì.
"Solo
noi. Senza
rinforzi."
"Tutti
i rinforzi
che potremo ottenere in trenta minuti."
"E'
un suicidio, lo
sai."
"E'
ora o mai più,
Magnus. Lo sai come lo so io."
Si,
lo sapeva. Kaelie
era stata presa. La Regina avrebbe presto saputo che stavano
progettando di
attaccare e avrebbe spostato William in modo da continuare a curare sua
figlia.
Forse lo stavano già facendo ora. Ma non si sarebbero mai
aspettati che un
piccolo gruppo di Shadowhunter rischiasse tutto in una missione di
salvataggio,
si sarebbero aspettati che ci volesse un po' di tempo per raggiungere
il numero
sufficiente ad attaccare.
E
loro avevano Clary e i
suoi Portali che potevano portarli direttamente nella Corte Seelie.
"Andiamo.
Facciamolo."
I
due uomini rientrarono
nel Portale per tornare all'Istituto mentre Jace stringeva fra le mani
il
telefono di Kaelie. L'avrebbe riportata a casa sana e salva,
giurò di nuovo. O
l'avrebbe vendicata.
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Capitolo 19 *** La Corte Seelie ***
"Non
mi sarei mai
aspettata che saresti riuscita a convincere Jia." Disse Jocelyn,
preparando la runa dell'Alleanza su Luke.
"Stiamo
parlando di
mio nipote," rispose Maryse, controllando il suo equipaggiamento.
"Robert deve rimanere con Jia per coordinare il resto degli
Shadowhunter,
ma ho fatto notare al nostro amato Console che, con o senza il suo
consenso,
noi saremmo venuti lo stesso. Si tratta solo di due Nephilim e un
licantropo,
possono fare a meno di noi."
La
palestra
dell'Istituto di New York era un brulicare di attività
mentre gli Shadowhunter
si preparavano, armandosi fino ai denti. La richiesta d'aiuto di Jace a
Idris
era stata accettata in maniera sorprendentemente veloce, permettendo a
Jocelyn,
Maryse e Luke di arrivare immediatamente mentre il resto dei Nephilim
si stava
preparando il più rapidamente possibile per fare da rinforzo.
"D'accordo
gente,
il piano è semplice." Chiamò Jace dalla porta,
facendo girare tutti verso
di lui. "Clary ci può portare direttamente nella Corte
Seelie, nella stanza
dove tenevano Will. Non se lo aspetteranno, specialmente non
così in fretta.
Una volta lì, ci apriamo la strada attraverso tutto quello
che ci rovesceranno
addosso, salviamo Will e Kaelie e ce ne andiamo di corsa. Se gli
Shadowhunter
di Idris riescono ad arrivare, benissimo, ma dovranno entrare nel Regno
Fatato
da una delle entrate conosciute, quindi ci vorrà tempo prima
che ci
raggiungano. I nostri obiettivi sono Will e Kaelie. Tutto il resto
può, e
dovrà, aspettare."
"Un
gioco da
ragazzi." Borbottò Luke, infilandosi un pugnale nella
cintura. "Ci
sta solo aspettando l'intera Corte Seelie..."
"Hai
paura?"
Jocelyn sorrise a suo marito, la fiamma dei suoi capelli perfettamente
allineata a quella dei suoi occhi. Era pronta alla lotta.
"Con
te al mio
fianco? Mai." Rise Luke, chinandosi a baciarla velocemente. "Ma
è
passato un po' di tempo dall'ultima volta che abbiamo combattuto
insieme. E
stavolta è qualcosa di grosso."
"Speriamo
solo che
i rinforzi arrivino in fretta. Avremo sul serio l'intera Corte Seelie
addosso."
Commentò Jocelyn, scuotendo la testa.
Qualche
passo più in là,
Clary stava controllando le sue armi e prendendo un paio di stilo
aggiuntivi
quando Jace la prese per il gomito, portandola lontano dagli altri.
"Ascoltami,"
le disse sottovoce. "Se abbiamo la fortuna dalla nostra parte e Will
è
nella stanza quando arriveremo con il Portale, voglio che tu lo prenda
e torni
ad Alicante immediatamente."
Clary
si irrigidì e aprì
la bocca per discutere, ma Jace non glielo permise. "E' ovvio che non
possiamo portarlo con noi e lui ha bisogno di te. Non ti vede da mesi,
non
possiamo lasciare che mia madre o la tua lo portino via mentre noi
restiamo
indietro. Uno di noi deve andare con lui."
"E
tu hai deciso
che tocca a me." Disse Clary, la voce ghiacciata.
Jace
annuì con la
mascella serrata. "Pensaci un attimo, d'accordo? Dobbiamo anche salvare
Kaelie e non sappiamo dove sia. Non sappiamo se... dannazione, Clary,
ho
bisogno di sapere che Will è in salvo con te. Ho bisogno di
sapere che se non
ce la facciamo, nostro figlio non crescerà senza sua madre.
Tu puoi proteggerlo
in modi che sono inaccessibili a Jocelyn o Maryse. Se non riusciamo a
fermare
questa guerra, se le fate attaccano Alicante, ho bisogno di sapere che
tu sarai
lì per salvare nostro figlio."
"Ma..."
Lui
la prese per le
spalle. "I vampiri, Clary. Sanno di noi, sanno di William. Se oggi non
ne
usciamo vivi..."
"Basta."
Lei
si liberò dalla sua stretta, gli occhi che urlavano in
diniego. "Ce la
faremo. Tutti e due. Andremo a casa con William e saremo al sicuro. Non
puoi
andare in battaglia pensando che falliremo."
"Non lo sto
facendo!" Jace cercò di tenere la voce bassa.
"Ma
devo pianificare per il futuro, per ogni tipo di futuro. E Will ne ha
uno solo
se tu sei con lui, solo se lo tieni al sicuro."
"E
che mi dici di
oggi?" Chiese lei. "Se me ne vado, come verrete fuori da lì,
quando
troverete Kaelie? Che succederebbe se Magnus fosse ferito e non potesse
aprire
un Portale?"
"Lo
terrò al
sicuro. Mi incollerò al suo fianco se necessario. Ma Clary,"
Jace sollevò
una mano, accarezzandole lentamente la guancia. "Promettimelo. Toglimi
questo peso. Questo non riguarda il tuo essere debole o non abbastanza
brava
per combattere. Si tratta di William, di ridargli la sua famiglia."
Lei
non disse niente per
un minuto, poi si morse il labbro. "Voglio uccidere Jiliel. Ho bisogno di ucciderlo."
"Non
sopravvivrà
alla giornata, te lo prometto. Sarà lì per
proteggere la Regina e lo ucciderò."
Jace le prese la mani, sfiorandole le nocche. "Le tue mani sono le mie
mani, ricordi?"
Si,
lo ricordava. E
ricordava quanto lui avesse voluto uccidere Sebastian, quanto ne avesse
avuto bisogno, per quello che gli
aveva fatto,
proprio come lei con Jiliel. Eppure si era fatto da parte e aveva
lasciato che
fosse lei a colpirlo.
Clary
respirò a fondo,
stringendo la mano che la stava accarezzando. Lasciarlo là
l'avrebbe uccisa, ma
Jace aveva ragione: le sue rune erano uno strato aggiuntivo di
protezione ed
entrambi dovevano mettere il loro bambino al primo posto, prima di
tutti,
compresi loro stessi. William se lo meritava.
"Te
lo
prometto."
***
William
non c'era. La
stanza circolare e colorata era vuota e dal momento che i suoi giochi
erano
ancora sparsi in giro, era probabile che Will fosse stato portato via
in tutta
fretta.
"Dannazione."
Disse Clary piano, attivano la runa per rintracciarlo. "E' ancora qui,
lo
so. Che mi dici di Kaelie?"
Si
girò verso Magnus che
stava usando un fiocco per capelli per tracciare la fata con la magia.
Lo
stregone annuì. "Anche lei è ancora qui.
Seguiremo i segnali e ci
divideremo se vanno in direzioni diverse."
Il
gruppo lasciò la
stanza silenziosamente, le armi pronte, tutti i sensi concentrati nel
cogliere
il più piccolo rumore. Clary sapeva che avrebbe dovuto
essere spaventata, ma
non provava altro che eccitazione: finalmente, dopo tutti quei mesi,
stava
facendo qualcosa, non era più una vittima impotente. Aveva
di nuovo speranza. E
se avesse dovuto aprirsi la strada attraverso l'intera Corte Seelie per
raggiungere suo figlio, peccato per le fate. Non si sarebbe lasciata
fermare da
niente e da nessuno.
La
prima volta che
incrociarono una fata, si trattava di una ragazzina che stava uscendo
da quella
che probabilmente era la sua stanza. Aveva capelli lunghi e fluenti e
innocenti
occhi scuri che si spalancarono in orrore alla vista del gruppo vestito
di
nero. Aprì la bocca per gridare, ma Simon era già
là a zittirla, e spingerla
oltre la porta da cui era uscita. Un rumore strangolato un attimo dopo
disse
loro che Simon si era occupato di lei e il suo quieto
"dormirà per un
po'" fece tirare a tutti un sospiro di sollievo.
La
seconda fata era un
soldato che si stava dirigendo in tutta fretta verso la sala del trono.
Luke lo
aggredì in un attimo, impedendogli di gridare o di lottare:
era giovane,
probabilmente intorno ai vent'anni e quando Luke lo trascinò
in una stanza
vuota, il gruppo lo seguì.
"Dov'è
la pixie
prigionera. Dov'è il bambino umano." Il licantropo
ringhiò in faccia alla
fata, ma il soldato tenne la bocca chiusa finchè Luke non
gli premette il pugnale
contro la gola. "Stai per diventare la prima vittima di questa guerra.
Li
troveremo ugualmente, ma se ci dici dove sono, almeno riuscirai a
risparmiare
qualche vita."
"Come
se manteneste
la parola." Il fatato sputò in faccia a Luke. "Uccidetemi se
dovete.
Come gli Shadowhunter hanno ucciso mio padre e i miei fratelli ad
Alicante."
"Abbiamo
perso
tutti qualcuno nella Guerra Oscura, ragazzino. Anche mia sorella
è morta. Vuoi
che tutti i tuoi compagni incontrino lo stesso destino? Siamo venuti
per Kaelie
Whitewillow e William Herondale e se dovremo dar fuoco all'intera Corte
per
trovarli, lo faremo."
"Il
Generale vi sta
aspettando. Non lascerete mai vivi la Corte Seelie!"
A
quelle parole, Luke
girò il fatato sullo stomaco e lo colpì in testa
con l'elsa del pugnale,
lasciandolo incosciente. Poi si alzò e incontrò
lo sguardo di Jocelyn.
"Cosa
c'è?"
Fece una smorfia. "Non ho intenzione di uccidere un ragazzo solo
perchè è
stato condizionato a odiarci. E non ci avrebbe detto nulla. Ma ora
sappiamo che
questa è una trappola, signori." Si girò verso
Jace. "Quanto
scommettiamo che Kaelie è nella sala del trono, con tutti i
soldati che Jiliel
è riuscito a radunare con un preavviso così
breve? Una bella esca, malmenata e
piangente, pronta per noi."
Jace
annuì, girandosi
verso Magnus. "Andremo direttamente lì perchè le
stanze private della
Regina sono dietro la sala del trono e scommetto che lei è
là con Will e sua
figlia. Dimmi se il tuo incantesimo ti manda in una diversa direzione.
E
preparati a tirare su uno scudo non appena raggiungeremo la sala del
trono, ho
la sensazione che saremo accolti da una pioggia di frecce."
Magnus
annuì, gli occhi
che brillavano. "Se è una trappola, non troveremo nessun
altro sulla
strada per la sala del trono. Jiliel non rischierà di farci
uccidere i suoi
soldati uno per uno nei corridoi, vorrà che siano tutti
insieme, per
sopraffarci con il numero."
"E
questo è il
motivo per cui dobbiamo prepararci a una massiccia battaglia quando ci
arriveremo. Non sarà piacevole." Jace guardò il
resto del gruppo ma non
vide paura, solo determinazione. Erano pronti.
"Un
gioco da
ragazzi, Jacey." Magnus sogghignò, lasciando la stanza.
"Magnus il
Magnifico è qui, non dimenticarlo."
"Volete
piantarla
di chiacchierare?" Scattò Isabelle, innaturalmente tesa.
"Sto
cercando di rendermi conto se stiamo per imbatterci in un'imboscata o
no."
"Calma."
Mormorò Maryse, mettendo una mano sulla spalla
della figlia,
prima di rivolgersi al gruppo. "Siamo pronti?"
Ricominciarono
a
camminare, silenziosi come predatori e la predizione di Magnus si
rivelò esatta
quando non incontrarono più nemmeno una fata sulla strada
per la sala del
trono, dove entrambi i segnali di Kaelie e William puntavano. Le luci
della
Corte Seelie si abbassarono mentre avanzavano, al punto che dovettero
tirare
fuori le stregaluce per vedere dove stavano andando.
"Magnus,"
sussurrò Jace quando raggiunsero la tenda che li separava
dalla sala del trono.
"Sei la nostra prima linea di difesa. Stai pronto."
La
risposta dello
stregone fu una luce blu danzante sul suo palmo e Jace
inspirò profondamente,
guardando gli altri Shadowhunter. Quando Alec, con l'arco pronto in
mano, annuì
verso di lui, Jace si girò e il gruppo irruppe nella sala
del trono come una
unica, coordinata, unità, usando le stregaluce per
controllare l'ambiente.
La
videro
immediatamente, ma il loro addestramento prese il sopravvento,
impedendo a
qualunque suono di lasciare le loro labbra: Kaelie era chiusa in una
gabbia di
ferro, che Alec immediatamente riconobbe come lo strumento di tortura
usato
nella Corte Unseelie. La fata era piegata su un fianco, le braccia
chiuse
intorno alla vita, gli occhi chiusi. I vestiti erano strappati, il
corpo era
coperto di sangue secco e lei stava tremando e gemendo piano, come se
non
avesse più la forza di urlare.
Una
bella esca, malmenata e piangente,
Jace ricordò a se
stesso, cercando di resistere alla tentazione di correre da lei e
portarla in
salvo. Cosa le avevano fatto? Sembrava che non riuscisse nemmeno
più a
muoversi!
E
poi, prima che
chiunque di loro potesse fare qualcosa, la trappola scattò.
Una
luce forte e
improvvisa li accecò, una luce così intensa che
dovettero chiudere gli occhi e
girare la testa, momentaneamente disorientati.
"Magnus!"
Gridò Alec, ma lo stregone era già in azione,
avvolgendoli in uno scudo che li
coprì proprio nel momento in cui le frecce cominciarono a
piovere loro addosso.
Non riuscì a bloccarle tutte però, e un
improvviso grido di dolore da parte di
Maryse e Jocelyn, disse loro che erano state colpite.
Scoppiò l'inferno quando
dozzine di guerrieri fatati calarono su di loro con un grido di guerra
e le
spade sguainate.
"Clary,
va a
liberare Kaelie, ora!" Gridò Jace parando e schivando,
frapponendosi fra i
guerrieri e sua moglie. Era come una diga che teneva a bada una
tempesta, colpiva
chiunque osasse cercare di oltrepassarlo. "Isabelle, Simon, con lei!"
Clary
non sprecò un
secondo e corse alla gabbia con il suo parabatai
accanto a lei, che le proteggeva il fianco. Mentre si inginocchiava
davanti
alla fata prigioniera, sentì la frusta di Isabelle
schioccare a destra e
sinistra, tenendole tutti lontani. Il lucchetto della gabbia era rotto,
per
assicurarsi che non sarebbe stato facile aprirla, ma Clary
tirò fuori lo stilo
e si limitò a concentrarsi, lasciando che le sue dita
volassero da sole a
disegnare una runa che le parlava di libertà.
Non
appena la gabbia si
aprì, Clary estrasse Kaelie con cautela e si
bloccò in preda all'orrore: la
pixie era stata torturata. Le mani e i piedi erano rotti, la schiena
arrossata
e sanguinante come se fosse stata frustata, ma la lesione
più terribile era
allo stomaco: era la ferita di un pugnale e sanguinava ancora,
indebolendo la
pixie. Clary scambiò un'occhiata con Kaelie e glielo vide
negli occhi: sapeva
che stava per morire.
"Mi
dispiace così
tanto..." Sussurrò, abbracciando la fata, sapendo che non
poteva fare
niente per lei: le sue rune l'avrebbero uccisa e nel momento in cui
Clary
sollevò la faccia per chiamare Magnus, Kaelie scosse la
testa. Aveva il respiro
accelerato e corto ed era chiaramente in preda al dolore. Quando
cercò di
parlare, Clary si abbassò verso di lei, per capire cosa
stava sussurrando.
"Non
perdere tempo
con me... il pugnale era avvelenato." Tossì sangue mentre
Clary le premeva
la mano sulla ferita il più forte possibile, per rallentare
l'emorragia.
"Non gli ho detto niente della Principessa... non sa che potete
trovarli
là sotto." Non c'erano dubbi su chi fosse il "lui" e anche
sapendo quanto malvagio fosse Jiliel, il pensiero che avesse potuto
torturare
in quel modo la sua stessa sorella, ghiacciò il sangue di
Clary nelle vene.
"La Regina è là con William, lo
porterà via. Mio fratello è con lei. Devi
andare."
Clary
impallidì,
trattenendo il respiro. Se la Regina fosse riuscita a scomparire con
sua figlia
e William, non li avrebbero trovati mai più.
"Clary..."
Kaelie spostò la mano rotta e la appoggiò sul
braccio della Shadowhunter.
"La Principessa... salvala. Ti prego, ti supplico..:"
L'espressione
di Clary
divenne di pietra, ma lei non rispose.
"Sto
morendo,
Clary..." Una lacrima scivolò sulla guancia di Kaelie. "Ti
prego,
lascia che me ne vada sapendo che il nostro erede è in
salvo. Ti prego, abbi
pietà."
La
mente di Clary le
stava gridando ogni genere di cosa, ma solo una trovò la
strada per la sua voce
e anche allora si trattò solo di uno strangolato sussurro.
"E' la figlia
di Sebastian."
E
solo per quel motivo
avrebbe dovuto essere dannata nel più oscuro degli inferni.
Aveva sangue di
demone in lei, era corrotta nel profondo. Doveva
esserlo. Come poteva Kaelie pensare di lasciare libero quel genere di
malvagità? Sebastian aveva quasi distrutto il mondo,
sicuramente sua figlia non
sarebbe stata da meno. E questa volta forse non sarebbero stati
fortunati
abbastanza da riuscire a fermarla.
"E'
sangue del tuo
sangue, è una bimba indifesa... proprio come William. Non ha
scelto lei di
venire al mondo, è innocente..."
Innocente?
Clary voleva
ridere. Nessuno nato da Sebastian avrebbe mai potuto essere innocente.
E se si
pensava che sua madre era la strega che le aveva portato via suo
figlio... no,
quella bambina era tutto tranne che innocente. Il male le scorreva
nelle vene,
era parte di lei.
Kaelie
tossì ancora e
chiuse gli occhi, incapace di vedere il rifiuto negli occhi di Clary.
Le si
spezzò il cuore nel sapere che la piccola, innocente neonata
che aveva
conosciuto sarebbe probabilmente rimasta a dormire nel cristallo fino
alla fine
dei tempi, senza mani conoscere l'amore, il calore, da sola
nell'oscurità. Era
intollerabile. Sentendo avvicinarsi la fine, cercò di
trovare un po' di pace,
pensare a ricordi felici, ricercando nel suo cuore qualcosa che potesse
guidarla nei suoi ultimi momenti, ma tutto quello che riuscì
a vedere fu un
paio di occhi dorati, in un bellissimo volto. Incontrare Jace le aveva
cambiato
la vita e in fin dei conti aveva condotto alla sua morte, ma non
riusciva a
rimpiangere le sue azioni. Nemmeno una.
"Di
a Jace che mi
spiace." Sussurrò Kaelie. "Vorrei aver potuto fare di
più..."
E
poi, mentre Clary la
sorreggeva, esalò un ultimo respiro prima di sfuggire
finalmente al dolore.
Lacrime
non volute
riempirono gli occhi di Clary mentre lei accarezzava lentamente i
capelli
biondi della pixie. Poi la appoggiò gentilmente a terra e
raggiunse Simon e
Isabelle a combattere, gridando: "Jace! La Regina sta scappando!
Dobbiamo
andare, ora!"
La
sala del trono era
nel caos, piena di corpi, il pavimento scivoloso a causa del sangue.
Un'occhiata veloce le disse che gli Shadowhunter resistevano ancora,
anche se
erano feriti, ma il potere delle rune, la magia di Magnus e la ferocia
di Luke
nella sua forma da licantropo, tenevano a bada i loro nemici e
volgevano
lentamente la battaglia a loro favore.
"Andate!"
Gridò Alec, respingendo un soldato che lo aveva attaccato.
"Qui ce la
caveremo. Non lasciate che scappi!"
Jace
si girò senza una
parola, scambiando un'occhiata con il suo parabatai.
Poi annuì e corse da Clary, colpendo con la spada chiunque
gli si avvicinasse.
Quando vide Kaelie si fermò improvvisamente, rabbia e
angoscia saettanti nel
suo sguardo dorato e le mani si chiusero in pugni dolorosi prima che
lui
scattasse verso le stanze della Regina, pronto a uccidere. Clary corse
con lui
e insieme si aprirono un passaggio insanguinato mentre Isabelle e Simon
si
assicuravano che nessuno li colpisse alle spalle.
Le
stanze della Regina
erano vuote e silenziose, ma loro non si fermarono a controllare se i
documenti
che avrebbero potuto condannare Clary erano lì: ci avrebbero
pensato più tardi.
Si
diressero
immediatamente verso la parete in cui Kaelie aveva indicato la porta
segreta e
Clary non perse tempo a cercare il meccanismo che l'avrebbe sbloccata.
Tracciò
una runa e la porta si spalancò, aprendo un passaggio di
gradini che
scendevano. Quasi volando lungo le scale, l'unica luce derivante dalle
loro
spade luminose, non incespicarono mai, non rischiarono mai di cadere,
aggraziati come solo un predatore poteva essere. E ora loro erano
predatori,
genitori determinati e pronti a fare qualunque cosa per riavere
indietro il loro
piccolo. E che Dio aiutasse chiunque si mettesse sul loro cammino.
***
Nota
dell'autrice:
si, l'ho fatto davvero.
Ho ucciso Kaelie. Non odiatemi -.-
|
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Capitolo 20 *** Una fiamma incandescente ***
"Sei
sicuro che non possano
trovarci qui?" Chiese la Regina, guardando nervosa le scale che
conducevano alle sue stanze. Era la prima volta che Jiliel vedeva la
sua
compostezza incrinarsi, ma poteva capire la sua ansia: c'era una guerra
in atto
al piano superiore e gli Shadowhunter non erano venuti per catturare,
ma per
uccidere. Digrignò i denti pensando che era tutta colpa di
sua sorella: se lei
non li avesse traditi, il piano della Regina avrebbe funzionato e in
poco tempo
il Mondo Invisibile si sarebbe liberato dai Nephilim. Ma lei aveva
ceduto
improvvisamente alla sua puerile infatuazione per Jace Herondale e si
era
schierata dalla sua parte. Jiliel sapeva che lei era la persona
sbagliata per
quel lavoro, l'aveva sempre saputo. Avrebbe solo voluto che la Regina
lo avesse
ascoltato, quando l'aveva avvertita. E il modo in cui Kaelie gli aveva
sputato
addosso quando l'aveva portata alla Corte, dopo averla catturata? La
piccola
strega gli aveva detto che non era mai stata d'accordo con il complotto
contro Clary
e la sua famiglia e che lui era un bastardo senza cuore per quel che le
aveva
fatto. Lo aveva rinnegato con un'imprecazione, quando lui l'aveva
infine
colpita con il pugnale. Lei aveva
rinnegato lui! Oh, ma aveva pagato
per quell'affronto. Aveva pagato per il suo tradimento con ogni osso
rotto del
suo corpo, con ogni sferzata della frusta. Avrebbe solo voluto avere
più tempo
per torturarla prima di dover smettere per preparare le difese per gli
Shadowhunter che sarebbero di sicuro arrivati a cercare lei e il
moccioso. Non
sarebbero mai riusciti a salvare Kaelie, se ne era occupato lui
personalmente
quando l'aveva pugnalata. E per quanto riguardava William... Jiliel
guardò il
bambino seduto per terra con una palla luccicante in mano che lo teneva
occupato.
No, non avrebbero mai salvato nemmeno lui: se la Regina non fosse
riuscita a
scappare insieme al bambino, gli avrebbe spezzato quel piccolo collo
con le sue
mani.
"In
fretta, mia Regina,"
osò sussurrare, "dobbiamo andare."
La
Regina della Corte Seelie non si
disturbò a rispondere, anche se normalmente avrebbe preteso
la sua testa per
quelle parole. Era occupata a tessere un complicato incantesimo volto a
liberare sua figlia dalla sua prigione di cristallo, dal momento che
non c'era
possibilità di muoverla finchè vi era rinchiusa.
Era una magia che aveva
tentato una sola volta nella sua vita e richiedeva la sua completa
attenzione;
il cuore le si strinse al pensiero che forse il sangue di William non
aveva
completamente rimpiazzato quello della bambina, ma non c'era tempo per
i dubbi
ora. Se sua figlia non era guarita, l'avrebbe fatta dormire di nuovo
una volta
in salvo nelle profondità del Regno Fatato. Gli Shadowhunter
non l'avrebbero
uccisa come avevano ucciso suo padre, lei non l'avrebbe mai permesso.
L'incantesimo
la stava prosciugando,
richiedeva più energia di quanto ricordasse, ma non poteva
fermarsi ora:
percepiva che il cristallo si era già indebolito, era
diventato più sottile,
sull'orlo di sparire. E poi sentì dei passi veloci scendere
le scale che
conducevano alla camera segreta e sollevò la testa.
Impallidendo
improvvisamente,
interruppe l'incantesimo e prese William fra le braccia mentre Jiliel
si
piazzava di fronte a lei, la spada sguainata.
Jace
e Clary esplosero dentro la
stanza pronti a combattere e la Regina fece un passo indietro di fronte
alla
loro espressione assassina.
"William!"
Gridò Clary
vedendo suo figlio fra le braccia della Regina. Will era tranquillo, lo
sguardo
fisso sulla Principessa addormentata, ma quando sentì il suo
nome si girò
improvvisamente. Ancora nella ferma presa della Regina della Corte
Seelie,
allungò le piccole braccia verso sua madre, cercando di
scendere a terra ma
senza emettere un suono.
"Lascia
mio figlio,
adesso!" Ringhiò Jace, avanzando verso di lei mentre Jiliel
si preparava a
combatterli entrambi. "Lascialo!"
"Lo
vuoi, Herondale? E' troppo
ovvio se ti dico che dovrai prima passare sul mio cadavere?" Lo
provocò il
Fatato, senza nemmeno disturbarsi a chiedere come avessero trovato quel
posto.
Era chiaro che Kaelie era stata più intelligente di quanto
lui pensasse ed era
riuscita a scoprire che la Principessa era ancora viva. Lo irritava
pensare che
fosse riuscita a nasconderglielo mentre la stava torturando, dimostrava
una
volontà di ferro che non le avrebbe mai attribuito.
"In
realtà è proprio la cosa
giusta da dire." Il gelo nella voce di Clary fu l'unico avviso che gli
diede prima di lanciarsi verso di lui. Fu difficile per lei mantenere
la
necessaria concentrazione quando tutto quello che voleva era
abbandonare la
spada e cavargli gli occhi a mani nude; ma Jiliel era un soldato
esperto, un
Generale e lei non poteva permettersi alcuna distrazione.
"Sai,
credo che non ti
ucciderò, Clary." Sorrise Jiliel, scambiando qualche colpo
con lei per
misurarne la forza. "Lascerò che i vampiri bevano il tuo
sangue e poi ti
terrò con me, nuda e in catene, in modo che tu possa essere
il mio divertimento
ogni volta che ne avrò voglia."
"Sei
disgustoso." Lei
digrignò i denti, fintando a destra per poi colpirlo a
sinistra. La sua
ricompensa fu il primo sangue, proprio nel braccio. "E non mi toccherai
mai più, lo giuro."
"Oh
ti toccherò invece."
Jiliel le restituì il colpo, ferendola sulla coscia. "Ti
toccherò e ti
frusterò e ti marchierò. Ti spezzerò
Clary, e tu mi supplicherai di ucciderti
ma io non lo farò. Vivrai incatenata al mio letto, una
schiava per il mio
piacere e per il piacere di tutti quelli a cui ti venderò.
Ti piacerebbe essere
una puttana?"
Stava
cercando di farle perdere il
controllo e lei lo sapeva. Quante volte, durante il suo addestramento,
Jace
aveva fatto lo stesso? E quante volte lei aveva pagato per la sua
rabbia? Ma
ora si trattava di qualcosa di più grande di lei: doveva
restare calma per
William e per Jace, doveva sconfiggere Jiliel così che la
Regina non avesse più
difese.
Smise
di ascoltare. Si concentrò sui
suoi movimenti invece che sulla sua voce, cercando di leggere il suo
corpo come
le aveva insegnato Jace, di anticipare le sue mosse, colpendolo ancora
e ancora
finchè il pavimento non risultò scivoloso da
tutto il sangue che perdeva dalle
braccia e dal petto. Jiliel era un ottimo spadaccino però,
non era il Generale
dell'armata fatata solo di nome: ribattè colpo su colpo,
usando i pugni e
gettandola sul pavimento, cercando di usare la sua forza superiore per
tenerla
inchiodata giù. Ma Clary era veloce, più leggera
di una piuma e non appena
cadde a terra sforbiciò con le gambe per trascinarlo
giù con lei. Era coperta
di sangue, ferita al braccio e alle gambe, ma non perse tempo:
lasciando la
spada e afferrando un pugnale, gli rotolò addosso,
mettendosi a cavalcioni del
fatato e colpendolo con il gomito dritto in faccia. Jiliel
urlò, accecato dal
sangue e quel momento di distrazione fu sufficiente. Con un colpo
violento e
crudele Clary gli piantò il coltello nel petto, guardando i
suoi occhi
spalancarsi per lo stupore e il dolore.
"Questo
è per me," gli
sputò in faccia, "e per Jace."
Estraendo
il coltello, lo seppellì
ancora una volta nel suo stomaco, esattamente dove lui aveva colpito
sua
sorella. "E questo è per Kaelie. Muori, bastardo."
***
Mentre
Clary e Jiliel combattevano,
la Regina della Corte Seelie elevò attorno a sè
uno scudo magico in modo che
Jace non potesse toccarla e indietreggiò lentamente.
"Sapete
che non lascerò mai che
lo portiate via." Lo avvertì, spostandosi lontano dal
combattimento. Era
chiaro che Jace voleva aiutare sua moglie, ma allo stesso tempo non
intendeva
perdere di vista William: aveva paura che lei sarebbe scappata mentre
lui era
distratto.
"O
lo lasci andare o ti ucciderò."
Rispose lui, alzando la spada. "Sappiamo che il veleno era una
menzogna,
non hai alcun modo per reclamarlo. Kaelie ci ha detto di tua figlia e
non ti
lascerò sperimentare sul mio per svegliarla in modo che lei
distrugga il
mondo."
"Distruggere
il mondo?"
Lei rise incredula. "Pensi che fosse quello il mio scopo? Tutto quello
che
volevo era vendicarmi di voi due e guarire la mia bambina. Mi sarebbe
piaciuto
sterminare tutti i Nephilim, ma il mondo poteva benissimo rimanere
dov'era."
"Che
nobiltà da parte tua." Jace digrignò i
denti. "Ora metti
giù William. Sai bene che non lascerai viva la Corte."
"Forse
dovresti andare a
controllare che sia tua moglie a lasciare viva questo luogo." Rise lei
e
Jace si girò in tempo per vedere Clary a terra, che
sforbiciava le gambe di
Jiliel per farlo cadere a sua volta. Era insanguinata, ferita sul
braccio e
sulle gambe, ma Jiliel non era messo meglio, zoppicava e sanguinava
copiosamente da una ferita al petto.
Fu
una questione di secondi e prima
che Jace potesse correre ad aiutare Clary, lei era già
addosso al fatato, il
suo pugnale conficcato fino all'elsa nel suo stomaco. Vedendo la luce
lasciare
gli occhi del suo Generale, la Regina indietreggiò,
stringendo forte William al
petto.
Clary
si rialzò, i capelli rossi appiccicati
al volto, coperta di sangue.
"Mio
figlio." Sibilò.
"Ridammi mio figlio o, per l'Angelo, ti ucciderò
lì dove ti trovi."
Prima
che la Regina potesse scuotere
la testa, William cominciò ad agitarsi di nuovo fra le sue
braccia, cercando di
sfuggire alla sua stretta e scendere a terra. I suoi occhi dorati si
sollevarono a guardare con un'espressione molto seria la Regina e, con
un
movimento improvviso, lui si chinò a morderle il braccio,
affondando i dentini
fino a quando lei lo lasciò andare, gridando.
E
poi William corse sulle sue
gambette, corse con un sorriso sul volto direttamente fra le braccia di
sua
madre che si era inginocchiata a terra, le braccia aperte per lui. Le
saltò
addosso, chiuse le braccine intorno al suo collo, e affondò
il viso sulla sua
spalla.
"Mamma."
Bisbigliò e Clary
chiuse gli occhi abbracciando suo figlio con un sospiro strangolato, le
lacrime
che le scorrevano copiose sulle guance. Così era questo il
paradiso, avere di
nuovo il suo piccolo fra le braccia sapendo che non l'aveva mai
dimenticata,
sapendo che lei non l'avrebbe lasciato andare mai più.
"Non
muoverti." Sibilò
Jace, puntando la spada alla gola della Regina. Gli occhi di lei erano
pieni di
dolore, ma non permise nemmeno a una lacrima di abbandonarli.
"Clary,"
chiamò lui,
desiderando di poterli guardare, ma senza osare distogliere gli occhi
dalla
Regina. "Stai bene? E lui?"
"Stiamo
bene." Clary si alzò con William fra le braccia,
ancora fermamente
ancorato al collo di sua madre. "William è illeso e io
guarirò."
"Vattene."
Le ordinò.
"Porta William via da qui."
Nonostante
volesse discutere, Clary
non lo fece. Si morse il labbro inferiore, ricordando la sua promessa e
afferrò
il suo stilo, spostando William sul braccio sinistro. Non appena
disegnò la
runa del Portale però, sentì che c'era qualcosa
che non andava, come una
barriera; non poteva attraversarla e, guardando il volto trionfante
della
Regina, capì il motivo.
"Tu."
Ringhiò. "Stai
bloccando William. Lascialo andare!"
"Sono
sorpresa che tu abbia
dimenticato le regole, Clarissa." Anche con una spada puntata alla
gola,
la Regina rifiutava di perdere quello sguardo superiore negli occhi.
"William ha vissuto qui per mesi, ha bevuto e mangiato il nostro cibo.
Non
può lasciare la Corte."
"Tu puoi
permetterlo. Lascialo uscire!"
E
la Regina della Corte Seelie rise.
"Mai! Potete uccidermi, ma anche così non lo
libererò. Solo la mia volontà
può farlo e non lo farò! Volete vostro figlio?
Allora preparatevi a vivere qui
con lui, perchè non permetterò mai a William di
andarsene!"
"Jace."
Una voce calma
chiamò da dietro di loro e quando Clary si voltò,
vide Alec, l'arco pronto e
puntato verso la Regina. Aveva una scia di sangue secco sulla tempia,
ma per il
resto sembrava illeso. "La sala del trono è sicura adesso e
noi stiamo
bene. Simon e Isabelle stanno cercando i rapporti di Clary per
distruggerli."
Vide
il corpo di Jiliel e William
abbracciato a sua madre e sorrise. "Vedo buone notizie anche qui."
"Alec,"
replicò il suo parabatai,
un luccichio ferreo negli
occhi. "Sorvegliala e se si muove colpiscila. Non ucciderla
però, mi serve
viva ancora per un po'."
Con
quelle parole, Jace abbassò la
spada e indietreggiò di alcuni passi, senza mai abbandonare
gli occhi della
Regina. "Libera mio figlio. Permettigli di andarsene."
Quando
lei non rispose, lui serrò i
pugni e si girò, voltandosi verso l'altare dove dormiva la
Principessa. Una
profonda risoluzione emerse nel suo volto mentre lui vi si avvicinava
alzando
la spada, afferrandola per l'elsa con entrambe le mani e sospendendo la
lama sopra
la bambina addormentata.
"Liberalo."
Ordinò
nuovamente. La voce era calma, l'espressione letale. "O
ucciderò tua
figlia."
Un
secondo di silenzio seguì quelle
parole. Clary serrò la mascella ma non disse niente,
stringendo William fra le
braccia e accarezzandogli i capelli biondi.
La
Regina impallidì e fece un passo
verso Jace, ma una freccia conficcata davanti ai suoi piedi la
fermò.
"Non
lo farai mai." Disse,
cercando di tenere a bada il panico nella sua voce.
"No?"
La provocò lui,
tenendo la spada puntata verso il cristallo. "Tu hai rapito mio figlio,
torturato me e mia moglie, ucciso uno dei tuoi sudditi solo
perchè aveva
cercato di aiutarci... e hai usato William per guarire questo mostro.
Se vuoi
che viva, lascerai andare William ora."
"Un
mostro?" Gridò lei
oltraggiata. "Mia figlia non è un mostro, è solo
una bambina malata. E se
lascio che William se ne vada, morirà comunque. Non lo
farò!"
"Ha
il sangue di Sebastian
nelle vene. Non le permetterò di svegliarsi e distruggere il
mondo."
Rispose Jace, abbassando la spada e lasciando che la punta toccasse il
cristallo. "Se liberi William, le permetterò di continuare a
dormire, e
almeno sarà viva."
"Viva?
Tu chiami questo essere
viva?" Aprì le braccia, indicando la stanza segreta. "So che
mi
ucciderete, Shadowhunter. Senza sua madre a proteggerla, la mia bambina
sarà
lasciata qui al buio per tutta l'eternità, o fino a quando
qualcuno frantumerà
il cristallo e la ucciderà. No! Mai!"
"Allora
guardala morire
ora." E con quelle parole, Jace abbassò la spada, incidendo
la protezione
indebolita dall'incantesimo fino a quando la lama raggiunse la gola
della
bambina indifesa.
"No!"
La Regina
singhiozzò, cadendo improvvisamente a terra, gli occhi pieni
di lacrime.
"Non fare del male alla mia piccola... non farle del male..."
Jace
si fermò, alzando lo sguardo.
"Libera William. Ora."
Lei
si coprì il volto con le mani e
Clary si accorse immediatamente quando le cose cambiarono. La barriera
era
svanita.
"L'ha
fatto." Sussurrò, il
cuore che le balzava nel petto dal sollievo. "Will è libero."
E
poi la Regina sollevò di nuovo lo
sguardo, guardandoli con odio. "Avete avuto quello che volevate. Avete
ucciso Sebastian, punito la mia gente, distrutto il mio esercito,
massacrato il
mio Generale, condannato mia figlia... ma non avrete anche la mia vita.
Io sono
la Regina della Corte Seelie e voi non mi toccherete!"
Cominciò
a brillare così forte che
furono tutti costretti a coprirsi gli occhi, ma era un fuoco interiore
che non
si espanse mai oltre la sua persona, come se lei stesse evocando tutto
ciò che
era, intessendolo nella luce. Fu un istante glorioso, mentre la
forza
vitale della fata bruciava sempre più brillante fino a
diventare una fiamma
incandescente. Poi, così com'era cominciata,
finì. La luce si spense, il bagliore
svanì... e la Regina cadde al suolo, morta.
Il
suono di qualcosa che si
frantumava echeggiò nella camera mentre gli Shadowhunter
guardavano senza
parole il cadavere della Regina della Corte Seelie e poi un altro suono
si alzò
tutto intorno.
Il
pianto di un bambino.
William
si girò fra le braccia di
sua madre e si agitò per essere messo a terra. Clary lo
lasciò andare, ancora
stupefatta per quanto era accaduto e William corse verso l'altare dove
la
figlia di Sebastian stava piangendo, sveglia e libera dalla sua
prigione di
cristallo, le piccole braccia e le gambine che si agitavano.
Si
alzò in punta di piedi e la
indicò con il ditino.
"Sorella!"
Gridò, cercando
di raggiungerla. "Sorella!"
|
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Capitolo 21 *** Un po' di pace ***
Nota
dell'autrice:
ci
siamo quasi, questo è il penultimo capitolo. E' corto ma se
avessi incorporato
anche l'ultimo ci sarebbero state troppe interruzioni e non mi piaceva
il
risultato finale. Resistete ancora un po', venerdi avrete la
conclusione!
***
La
Regina della Corte Seelie era
morta. Il suo corpo giaceva sul pavimento della camera segreta, sempre
bellissimo ma privo di quella scintilla di vita che l'aveva resa
potente e
spaventosa. Lei non c'era più.
E
sua figlia era viva e piangente
sull'altare dove aveva dormito così a lungo, protetta dal
cristallo magico che
sua madre aveva creato per tenerla al sicuro.
Clary
fu la prima a reagire, andando
da William per prenderlo in braccio. Il bambino stava facendo del suo
meglio
per raggiungere la bimba urlante e anche se permise a sua madre di
sollevarlo,
continuò a provare.
"Sorella!
Sorella!"
Continuava a chiamare, mentre Clary cercava di tenerlo lontano da lei.
Ma non
c'era modo di ragionare con William nè con l'evidente nota
disperata nella sua
voce. Non voleva lasciare lì la bambina.
Clary
guardò impotente Jace che era
sconvolto dal comportamento di suo figlio.
"Crede
davvero che sia sua
sorella," disse piano. "Credi che siano legati, nonostante quello che
ha detto Magnus?"
"Non
lo so." Clary
sanguinava ancora per le ferite, ma era il cuore a farle più
male: cosa era
stato fatto al loro bambino? Se l'avessero separato dalla figlia di
Sebastian,
ci sarebbero state conseguenze? Non sapevano nulla della magia fatata
dopotutto.
"Jace..."
cominciò, ma suo
marito annuì come se sapesse quello che stava pensando.
"Lo
so... credimi, lo so. Non
possiamo essere sicuri che non danneggeremo William se la lasciamo qui.
O se la
uccidiamo."
Eppure,
non appena quelle parole gli
uscirono di bocca, incrociò lo sguardo con Clary e riconobbe
qualcosa che lo
turbò e allo stesso tempo lo calmò: non avrebbero
ucciso la bambina. Non
potevano. Nonostante avessero paura di quello che sarebbe potuta
diventare,
nonostante l'odio verso Sebastian e la Regina della Corte Seelie,
quella
bambina era indifesa e nessuno dei due era il tipo di mostro che
l'avrebbe
uccisa a sangue freddo. C'era ancora umanità in loro, anche
dopo tutto quello
che avevano subito. O forse proprio a
causa di tutto quello che avevano subito.
"La
prenderò io." Si offrì
Alec, l'arco fissato sulla schiena. "Tu e Clary andate via da qui."
Jace
annuì, grato al suo parabatai
e si avvicinò lentamente a sua
moglie, mettendo via la spada.
"William?"
Chiamò, quando
gli fu accanto. Il piccolo si girò verso di lui e in quel
momento fu come se
quei mesi terribili non fossero mai accaduti: William lo
guardò con i suoi
bellissimi occhi dorati e sollevò le braccia.
"Papà!"
Sorrise e si mosse
per passare nell'abbraccio di Jace. Con un singhiozzo, Jace strinse
forte suo
figlio, affondando la mano nei suoi capelli biondi e inspirando il
profumo che
era tipico di William, senza riuscire a credere che l'incubo fosse
veramente
finito.
"Il
mio bambino..:"
bisbigliò, cercando di non piangere. Era perfetto. Era tutto
perfetto. William
lo abbracciò più forte possibile e poi lo
guardò sorridendo, le piccole dita
sulla guancia del padre.
"Papà."
Ripetè, ridendo e
abbracciandolo di nuovo. Poi si girò verso Clary,
indicandola e sporgendosi di
nuovo verso di lei.
"Mamma!"
Non c'era fine alla sua risata mentre si muoveva fra di loro
in continuazione, abbracciandoli e lasciandosi baciare,
finchè finalmente si
fermò fra le braccia di Clary mentre Jace li stringeva
entrambi.
Poi
William chiuse gli occhi,
appoggiando la testa sulla spalla di Clary e sospirò di
felicità.
"Mamma."
Sussurrò,
rilassandosi nel suo abbraccio. "Papà. Sorella."
Il
piccolo William Herondale si
addormentò per la prima volta da mesi sapendo che la sua
famiglia era di nuovo
al completo, fra le braccia di sua madre, con la mano di suo padre che
gli
accarezzava i capelli e la sua sorellina sana e salva fra le braccia di
suo zio
Alec.
***
"Ancora
non riesco a credere
che sia finita." Mormorò Clary qualche tempo dopo, sdraiata
nel suo letto,
all'Istituto. Era la stanza che lei e Jace avevano condiviso quando
vivevano
insieme e lei non ci era mai più entrata dopo il rapimento
di William. Era
pulita e in ordine, ogni cosa al suo posto, come se il tempo non fosse
mai
passato, e lei sapeva di dove ringraziare Simon e Isabelle per quello:
avevano
sempre sperato che lei e Jace riuscissero a sistemare le cose e avevano
mantenuto quella stanza come un santuario. Trovarsi di nuovo
lì era come andare
indietro nel tempo, le trasmetteva un senso di pace che non provava da
molti
mesi.
Dopo
qualche iratze, una doccia e un
cambio di vestiti, Clary si sentiva come
nuova, grazie alle sue rune avanzate; Jace era accanto a lei, sdraiato
sul
fianco e fra di loro c'era William che dormiva tranquillo. Il bambino
si era
svegliato brevemente al suo ritorno all'Istituto ed era stato coperto
di baci e
abbracci da tutti i membri della famiglia, prima di addormentarsi di
nuovo fra
le braccia di sua madre. Jocelyn, Luke, Maryse e Robert avevano preso
delle
stanze all'Istituto, e anche se Robert e Luke avrebbero dovuto fare
avanti e
indietro da Idris per gestire la situazione che si era venuta a creare,
erano
tutti decisi a rimanere all'Istituto il più a lungo
possibile, per stare
accanto al nipotino ritrovato.
"Nemmeno
io." Rispose
piano Jace, accarezzando i capelli di suo figlio. "E siamo dannatamente
fortunati che Simon e Isabelle abbiano distrutto quei rapporti in
tempo. Non
avrei mai pensato che Jia sarebbe arrivata così presto, deve
aver pagato uno
stregone per trasportarli direttamente nella sala del trono."
"Ho
sentito Magnus dirle che ci
saremmo presi cura noi di Kaelie." Disse lei, guardandolo. "Mi
dispiace che sia morta, Jace."
Lui
sospirò, sollevando lo sguardo.
"Vorrei aver potuto fare di più per lei. Non meritava di
morire così,
torturata, in preda al dolore. E' stata colpa mia, non sono riuscito a
proteggerla come avevo promesso."
"E'
stato Jiliel."
Sottolineò Clary, scuotendo la testa. "E' stato
lui a ucciderla. E' stato lui a torturarla. Tu hai fatto tutto quello
che
potevi."
"Eppure
lei è morta perchè ha
deciso di aiutarci. Ed è stata la sua famiglia a farle
questo." Jace
abbassò di nuovo lo sguardo, ma non prima che lei vedesse il
dolore nei suoi
occhi. Conosceva suo marito e sapeva che ci sarebbe voluto molto tempo
prima
che Jace riuscisse a perdonarsi questo fallimento, prima che riuscisse
a
liberarsi del senso di colpa. Quel sordo dolore nel petto era
l'eredità di
Jiliel per entrambi, ma lei giurò a se stessa che non
avrebbe permesso al
fatato di danneggiarli oltre. Prese la mano di Jace fra le sue sue,
accarezzandogli le nocche.
"Clary,
sono così stanco di
famiglie che si uccidono fra di loro. Una famiglia dovrebbe avere a
cuore i
suoi membri."
"Dovrebbe..."
mormorò lei,
pensando al suo stesso fratello. "Ma sai, non sempre abbiamo la
famiglia
che ci meritiamo. E anche se non si può scegliere la propria
famiglia di
origine, possiamo decidere le persone che vogliamo nella nostra vita:
Kaelie,
alla fine, ha scelto noi. Ha scelto te. E' morta proteggendo la persona
a cui
teneva di più, facendo la cosa giusta."
Jace
sospirò e le strinse la mano.
"Sono così felice che sia finita. Sono felice che la mia
famiglia sia di
nuovo completa. Tu sei il mio cuore, Clary, tu e Will. La mia anima. E
quando
penso che vi ho quasi persi entrambi..."
La
guardò di nuovo, poi spostò gli
occhi su Will, come se non sopportasse di tenerli su di lei. "Stavo
fingendo. Alla Corte Seelie."
Clary
capì immediatamente di cosa
stava parlando e gli accarezzò gentilmente il viso. "Jace,
non potresti
mai uccidere qualcuno che non può difendersi. Non
è in te."
"Ho
continuato a prendere
tempo, sperando che la Regina lasciasse andare Will."
Sussurrò lui,
chiudendo gli occhi. "Ma sapevo che non avrei mai ucciso sua figlia.
Era
lì, a portata della mia spada, addormentata, indifesa.
Clary, cosa sarebbe
successo se la Regina l'avesse capito?"
"Non
lo so." Lei sospirò,
continuando ad accarezzarlo. "E non ci voglio pensare. Tutto quello a
cui
voglio pensare ora, è che siamo qui, in salvo, e William
è con noi."
Jace
annuì lentamente e poi si
spinse con cautela in avanti, guardandola. "Per l'Angelo, sei
così bella.
Non lascerò che niente ci separi di nuovo, lo giuro."
Lei
sorrise e appoggiò la fronte
sulla sua. "Non ti libererai di me così facilmente, Jace
Herondale. Te lo
prometto."
"Si,
ti prego." Bisbigliò
lui. "Promettimelo, Clary."
Allungandosi
oltre William, Jace la
baciò, una carezza gentile delle labbra sulle sue, una
pressione leggera che
lei disse che era amata, adorata, protetta. Quando la guardò
di nuovo, gli
brillavano gli occhi. "E io ti prometto che non ti sentirai mai
più persa.
Non sarai mai da sola. Sarò al tuo fianco ogni volta che ne
avrai bisogno,
senza chiedere nè pretendere mai nulla. Se vuoi baciarmi,
sarò lì. Se vuoi
abbracciarmi, troverai le mie braccia sempre aperte. Se non vorrai mai
più stare
con me, mi limiterò a rimanerti accanto la notte e
ringrazierò tutti gli Angeli
del cielo che sei al mio fianco e che mi ami. Per sempre Clary. Sempre."
"Io
vorrei..." Clary
trattenne un singhiozzo, mordendosi il labbro inferiore. "Ho bisogno di
stare di nuovo con te, Jace. Ho così tanto bisogno di te che
mi fa male."
"Ehi."
Le sollevò il mento
con la mano, facendo in modo che lei lo guardasse. "Hai tutto il tempo
del
mondo Clary. Quando sarai pronta. E io ti aiuterò e
sarò lì ad aspettarti."
"Si."
Lei sorrise,
appoggiando il viso sul suo palmo, su quella mano calda e forte che
l'aveva
sempre protetta. "So che ci sarai."
***
La
luce del tardo pomeriggio
splendeva attraverso le finestre, mostrando le prime avvisaglie del
tramonto.
Clary e Jace erano silenziosi da un po' e si limitavano a guardare il
loro
bambino dormire, godendo del semplice piacere di poterlo toccare,
essere
accanto a lui, qualcosa che era stato loro negato per troppo tempo. E
quando
finalmente William sbadigliò e aprì i suoi occhi
dorati, Clary voleva piangere
per la gioia di vedersi riconoscere da lui e sapere che finalmente
poteva
abbracciarlo quanto voleva.
"Mamma."
Will sorrise,
sedendosi e guardandosi intorno. "Papà!"
Si
gettò fra le braccia di Jace e
poi si guardò attorno, riconoscendo la stanza. "Casa! Will
casa!"
"Si,
amore." Rispose
Clary, accarezzandogli i capelli. "Sei a casa."
"Will
pappa." Disse lui,
toccandosi il pancino.
Jace
rise e lo abbracciò. "Beh,
piccolo, andiamo a mangiare?"
"Si!"
William si alzò in
piedi, battendo le mani.
Jace
lo prese fra le braccia e gli
baciò la fronte prima di scendere dal letto. Clary
aprì la porta, ma non appena
lasciarono la camera da letto, il pianto di un bambino li
fermò. Nessuno sapeva
che la figlia di Sebastian si trovava lì, nessuno sapeva
nemmeno della sua
esistenza, a parte le famiglie di Clary e Jace. Alec l'aveva portata
all'Istituto prima dell'arrivo di Jia e l'intenzione era di tenere la
bambina
lontano da tutti, almeno finchè non avessero capito
esattamente se e come era
legata a William.
Will
si girò immediatamente verso il
suono e puntò il ditino. "Papà, Will vole
Sorella!"
"C'è
lo zio Magnus con lei,
piccolo." Cercò di dire Clary. "Will ha fame, giusto?"
"Mamma,
Sorella tritte!"
Ribattè Will, il faccino serio.
"Ha
fame anche lei,
amore." Provò di nuovo lei. Non voleva suo figlio vicino a
quella bambina,
non finchè non sapevano se era pericolosa o no. "Zio Magnus
le darà la
pappa."
William
scosse la testa, testardo
come solo un bambino poteva essere. "Sorella tritte. Will sa. Mamma,
Sorella!"
Il
bimbo puntò di nuovo il dito e
Clary sospirò, sollevata perchè sembrava che Will
stesse imparando velocemente di
nuovo a parlare ora che era tornato a casa e irritata perchè
usava quella
capacità per vedere la figlia di Sebastian... ma non c'era
modo di negargli
niente quando la guardava con quegli occhioni.
"D'accordo,
piccolo." Jace
cercò di sorridere ma non riuscì a nascondere
completamente la sua
preoccupazione. "Andiamo da lei."
"Immagino
che dovremo
affrontare la situazione prima o poi." Borbottò Clary,
aprendo la strada verso
la stanza da cui provenivano i vagiti. Magnus era nella camera che suo
figlio
Max usava quando era all'Istituto e stava apparentemente cercando di
dar da
mangiare alla bambina che avevano portato con loro dalla Corte Seelie.
Lei
stava piangendo, la faccia rossa come i suoi capelli, gli occhi serrati
e
stringeva fra le manine la soffice coperta in cui era avvolta.
Non
appena la vide, William pretese
di essere messo a terra in modo da poter andare da lei e Magnus
guardò Jace e
Clary, sollevando un sopracciglio. "Siete sicuri?"
"Will
non si lascia distrarre.
Qualunque cosa la Regina abbia fatto, Will vuole quella bambina." Disse
Jace,
guardando suo figlio. "Sii... pronto a tutto."
Lo
stregone annuì e poi si abbassò
lentamente fino a terra, mostrando la bambina a Will. "Eccola qui,
tesoro."
William
sorrise e alzò la mano per
accarezzare i capelli della bambina.
Nessuno
si aspettava quello che
successe dopo.
La
bimba smise immediatamente di
piangere, singhiozzò un paio di volte e si
tranquillizzò. Sbadigliò,
stiracchiandosi fra le braccia di Magnus e poi aprì gli
occhi: erano di un
verde profondo, un colore acceso e vibrante.
Clary
trattenne il respiro,
riconoscendoli immediatamente: quelli erano gli occhi di Sebastian. No,
si
corresse, quelli erano gli occhi di Jonathan,
gli occhi del fratello dei suoi sogni, l'amabile, dolce fratello che
lei non
aveva mai conosciuto.
Ed
erano fermi su William, lo
guardavano con totale e completa adorazione.
"Ora
Sorella pù tritte."
Disse il bambino con ovvia soddisfazione. Nessuno osò
contraddirlo.
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Capitolo 22 *** Laetitia - Il Cerchio si chiude ***
"Dobbiamo
sapere, Magnus."
Disse Jace una settimana dopo, dopo aver messo a letto William. Il
piccolo aveva
giocato tutto il pomeriggio con Simon e Isabelle, felice come non mai;
dal
momento in cui era tornato a casa, era stato sommerso da tanto di
quell'amore
che non smetteva mai di ridere e ogni suo piccolo sorriso guariva una
ferita
nel cuore dei suoi genitori.
Era
straordinario quanto potesse cambiare
in così poco tempo: non appena Jia aveva fatto ritorno ad
Alicante, aveva fatto
sapere al rappresentante dei Vampiri che ogni tentativo di colpire la
famiglia
Herondale sarebbe stato considerato una dichiarazione di guerra ai
Nephilim e
sarebbe stato trattato di conseguenza. Di fronte al probabile sterminio
della
loro intera specie, i Figli della Notte avevano saggiamente deciso di
rinunciare ai loro sogni di tornare alla luce del sole ed erano stati
ricompensati con il tacito perdono per aver anche solo pensato di
allearsi con
i Fatati contro gli Shadowhunter. Ovviamente i licantropi erano
furibondi per gli
attacchi ai loro branchi e quindi ora i vampiri non se la passavano
troppo
bene, ma finchè la vendetta non avesse superato il limite, i
Nephilim erano
decisi a non intervenire e lasciare che se la sbrigassero da soli.
Per
la prima volta da mesi, Clary e
Jace si sentivano al sicuro. Le fate erano ancora sconvolte per la
perdita
della loro Regina e stavano cercando di sopravvivere e scegliere un
nuovo
regnante fra i parenti della defunta. Stranamente l'emissario delle
fate Seelie
mandato al Conclave sembrava quasi sollevato che la vecchia Regina
fosse morta.
"Non
ci avrei mai
creduto," aveva commentato Clary, di ritorno da una delle sedute del
Consiglio, "ma credo che i fatati fossero stanchi di dover sopportare
la
Regina e il suo odio per gli Shadowhunter. Sembra che questo
ambasciatore stia
davvero cercando di lavorare con noi per stabilizzare il Regno Fatato,
dice che
è ora di ricostruire."
E
Jace ne sapeva qualcosa perchè si
stava mantenendo in contatto sia con l'ambasciatore sia con Jia, per
assicurarsi che ai fatati fossero risparmiate ulteriori punizioni: lo
doveva a
Kaelie.
Quello
che non piaceva a nessuno
invece, era la comparsa a Idris di Spyra, la Principessa Unseelie. Era
venuta
per perorare la richiesta del fratello di separare formalmente la sua
razza
dalle fate Seelie e gli Herondale e i Lightwood erano costretti dalla
promessa
di Alec al Re della Corte Unseelie a sostenere le sue dichiarazioni
davanti al
Consiglio. Era una cosa che detestavano, ma lo stavano facendo
comunque. Uno
Shadowhunter onora sempre le sue promesse.
A
parte le sedute del Consiglio
però, Jace e Clary non andavano mai a Idris e non rimanevano
mai per più tempo
del necessario. Avevano faccende personali da sistemare a casa... come
decidere
cosa fare della figlia di Sebastian.
"Siete
sicuri?" Chiese
Magnus, guardando Jace. "Forse potremmo aspettare un altro po'."
"No."
Clary era con loro,
fuori dalla porta della camera dove dormivano William e la bambina.
"William non vuole stare senza di lei. Piange se non sono insieme, e
lei
piange quando è da sola. Dobbiamo affrontare la
possibilità che siano in
qualche modo legati."
"E
se lo fossero?" Chiese
Alec, appoggiandosi al muro di fianco alla porta. Anche Isabelle e
Simon erano
lì e li guardavano preoccupati.
"Non
lo so." Sospirò Jace.
"Kaelie diceva che la bambina era sempre malata, che era debole, ma non
ha
mai nemmeno sternutito da quando è qui. E i suoi occhi sono
verdi, non neri.
Forse Will l'ha guarita davvero e questo li ha legati insieme."
Magnus
scosse la testa, guardandolo.
"Sono abbastanza sicuro che non sia accaduto. Deve esserci uno scambio
per
legare insieme due persone e non credo che la bambina abbia mai dato
niente a
Will. La Regina avrebbe dovuto infrangere il cristallo per
somministrare a
William il sangue della piccola e in quel caso non sarebbe stato
sufficiente
condividerlo con la magia. Avrebbe dovuto estrarlo da lei e questo
avrebbe
significato indebolirla: non avrebbe mai rischiato di farlo prima di
essere
sicura che lei fosse guarita."
Ci
fu un momento di silenzio prima
che Magnus riprendesse. "Onestamente penso che dovremmo considerare la
possibilità che si vogliano bene come fratelli. Semplice
amore, senza nessuna
magia oscura coinvolta. Will è passato attraverso l'inferno
negli ultimi mesi e
gli è stato ripetuto fino alla nausea che la bambina
è sua sorella. E lei lo
riconosce perchè ha il suo sangue nelle vene."
Jace
e Clary si scambiarono uno sguardo
strano e Simon fischiò, annuendo. "Oh, ora capisco, Fray.
Voi due vi state
affezionando alla bambina, vero? E prima di innamorarvi definitivamente
e perdutamente
di lei, avete bisogno di sapere se è malvagia o no."
"Io
non... lei non..."
Tentò di rispondere Clary, ma poi ci rinunciò
guardando il suo parabatai. "Sei
frustrante,
Simon."
"E'
che ti conosco. A volte più
di quanto tu non conosca te stessa."
"E'
solo che..." Jace si
passò nervoso la mano fra i capelli. "Stava piangendo prima.
Piangeva e
non si fermava. Poi Clary l'ha presa in braccio, lei l'ha guardata e mi
ha
afferrato un dito. Si è rilassata fra le braccia di Clary e
si è addormentata
stringendomi il dito. Non voleva lasciarmi, così ci siamo
seduti e poi è
arrivato William, mi si è arrampicato in braccio ed
è rimasto lì con questo
sorriso che..."
Guardò
la sua famiglia e sospirò.
"Dobbiamo sapere se sta bene, dobbiamo sapere che starà...
bene. Che non
si ammalerà o che non crescerà solo per diventare
un mostro che saremo
costretti a fermare. Capite?"
"Ti
dirò una cosa, Jace."
Disse Alec, le braccia incrociate davanti al petto. "Ti ricordi quando
è
morto Hodge? Gli hai chiesto perchè non ti avesse mai detto
niente di Valentine
e di quello che ti aveva fatto. Ricordi cosa ti ha risposto?"
Jace
rimase in silenzio per un
minuto prima di mormorare. "Ha detto che non sapeva con sicurezza chi
io
fossi. E che sperava che l'educazione contasse più del
sangue."
"Se
ami questa bambina, puoi
fare la differenza." Continuò Alec, annuendo. "Anche se il
sangue di
Sebastian fosse ancora in lei, puoi aiutarla a ignorarlo. Sebastian
è stato
cresciuto nell'odio e nel rancore, questa bambina sarebbe protetta.
Saprebbe
cosa vuol dire amare."
"Oh
fratello, hai un cuore così
tenero." Sussurrò Isabelle, appoggiando la testa alla spalla
di Alec.
"Ma ha ragione lui. Odiavo Sebastian, lo sapete. Ha ucciso Max. Ma
onestamente, guardo sua figlia e vedo solo una bambina. Non vedo niente
di lui
in lei. Lei sorride. Ride. E' innocente."
"E
qualunque rituale facessi
per assicurarmi che il sangue di demone sia svanito, le farebbe del
male."
Aggiunse Magnus. "Dovrei controllare se reagisce a qualcosa di
demoniaco e
non sarebbe facile per lei, soprattutto se è guarita davvero
e il sangue
angelico di William ha rimpiazzato il suo."
"E
se..." Chiese Clary
dopo un momento di silenzio. "E se fosse un errore? Se il sangue fosse
più
importante dell'educazione? Che succederà se quando cresce
ci accorgiamo di
aver fatto la scelta sbagliata?"
"Non
puoi saperlo." Simon
fece un passo avanti verso di lei. "Nessuno può. Il sangue
non è l'unica
cosa che ci fa diventare malvagi, sai. Pensi che Dart Fener abbia
ceduto al
Lato Oscuro della Forza perchè era scritto nel suo DNA? Ha!"
Clary
lo colpì sulla spalla,
cercando di non ridere. "Solo tu potevi tirare fuori un riferimento a
Guerre Stellari proprio ora, Simon."
"Ehi,
ma è vero!"
Insistette lui. "E guarda cosa è successo. Ha ceduto al Lato
Oscuro, ha
fatto un sacco di cose orrende, ma alla fine ha ritrovato se stesso e
ha
salvato tutti."
"Nel
suo essere un nerd, ha
ragione, Clary." Isabelle non fingeva nemmeno di non stare ridendo.
"Le cose succedono. La vita succede. Può andare bene e
può andare male, ma
alla fine non possiamo fare altro che il nostro meglio."
Clary
stava per rispondere quando un
improvviso grido di protesta si levò dalla porta dietro di
lei e lei si
precipitò dentro per controllare. Un secondo dopo, il pianto
cessò e lei tornò
fuori con un soffice fagottino fra le braccia. La bambina era sveglia,
gli
occhi verdi aperti e curiosi, un ciuccio in bocca che lei succhiava
religiosamente. Una mano afferrò una ciocca dei capelli
rossi di Clary e
cominciò a girarla fra le dita, affascinata dalla trama.
"Will
sta ancora dormendo. L'ho
presa prima che lo svegliasse." Bisbigliò, tenendo la
bambina con cura.
"Io
dico di chiamarla
Leila." Disse Simon all'improvviso, guardando la piccola avvolta nella
sua
copertina rosa. "Così ricorderà sempre che
può essere un Jedi e non un
Sith."
"Sul
mio cadavere,
Lovelace." Jace gli diede un buffetto sulla testa. "E comunque
abbiamo già un nome per lei."
Calò
il silenzio quando tutti
capirono improvvisamente che la decisione era stata presa: dare alla
bambina un
nome significava che l'avrebbero tenuta, nel bene e nel male. Non
l'avrebbero
sottoposta a nessun esame, non le avrebbero fatto del male in quel
modo. Tutto
quello che potevano fare era amarla, renderla parte di una famiglia che
l'avrebbe protetta e adorata tutta la sua vita. E, anche se sembrava
strano,
dato che era la figlia del loro peggior nemico, nel loro cuore loro
sentivano
che era la cosa giusta.
"Allora,
come si chiama?"
Chiese Isabelle, un sorriso sulle labbra.
"Il
suo nome è Laetitia."
Rispose dolcemente Clary.
"La
traduzione latina di
Gioia?" Alec sollevò un sopracciglio, guardandola. "Di
sicuro sorride
abbastanza da meritarsi quel nome."
"E'
di buon augurio." Mormorò
Jace, raggiungendo Clary e accarezzando la testa della piccola. "E'
nata
nel dolore, nell'odio e nella malattia. Ora vogliamo augurarle ogni
gioia,
vogliamo che si senta sempre amata, che sorrida sempre."
"E
poi," sorrise
orgogliosamente, "mi piace come suona con il mio cognome. Decisamente
figo."
"Laetitia
Herondale."
Sorrise Clary, chinandosi per baciare la fronte della bambina. "Nostra
figlia. Benvenuta a casa, tesoro."
***
Si
gelava quel giorno a Idris, ma il
cielo era sereno. La neve copriva gli alberi, proprio come due
settimane prima,
quando Clary era stata al Lago Lyn per l'ultima volta. Eppure era
cambiato
tutto.
Clary
portò il passeggino in cui
Laetitia dormiva verso l'acqua e guardò suo marito e suo
figlio giocare nella
neve. William stava prendendo a palle di neve suo padre e Jace rideva
nel fare
da bersaglio.
"Ciao
Jonathan." Chiamò
dolcemente. "Immagino che non mi aspettassi così presto,
vero? Dopotutto
l'ultima volta che sono venuta qui, ti ho maledetto."
Sospirò
e accarezzò gentilmente la
guancia di sua figlia.
"Le
cose sono cambiate. Ancora.
E questa volta per il meglio. William è tornato e grazie
all'Angelo sta bene.
E' stato solo un inganno crudele, ma in qualche modo sono grata per
questo,
perchè almeno so che è sano. Parla di nuovo
adesso e la mia gioia più grande è
sentirlo chiamare me. Ogni volta che dice Mamma, non posso che
sciogliermi. Ci
può essere un bambino più dolce di
così?"
Guardando
l'acqua calma, continuò.
"E' stata dura. Lo è ancora. Ma sto guarendo e posso
ringraziare Jace per
questo: è così paziente con me, così
amorevole. A volte mi sento
un'adolescente, con lui, a contare tutti i passi che facciamo insieme.
E no,
non intendo dirti a che punto siamo io e lui... andiamo, sarebbe
disgustoso,
fratello."
Sorrise,
una luce segreta, felice,
negli occhi. "Ma sta andando bene e andrà sempre meglio. Non
lascerò che
Jiliel mi porti via tutto questo, come ha cercato di fare. Non gli
darò quel
tipo di potere su di me. Quindi si, starò benissimo."
Sollevò
gentilmente Laetitia dal
passeggino e la bambina si svegliò lentamente, sbadigliando
e stiracchiandosi.
Guardandola, Clary sorrise ancora.
"Sono
venuta oggi perchè voglio
che tu incontri qualcuno di speciale. Non ne hai mai avuto l'occasione,
ma credo
che sia importante presentarvi: questa è tua figlia,
Laetitia." La baciò e
la tenne in braccio, sollevata vicino al suo viso. "La gente pensa che
sia
un'orfana che io e Jace abbiamo adottato dopo l'ultima battaglia con i
Fatati e
va bene così. Stiamo lavorando alla pace con loro, in modo
che lei non debba
mai soffrire come è successo a Helen e Mark Blackthorn. La
crescerò come se
fosse mia figlia e ti prometto che l'amerò come se l'avessi
partorita io. Sarà
protetta, adorata, ci prenderemo cura di lei. Proprio come sarebbe
dovuto
succedere a te, fratello. E un giorno, quando sarà grande
abbastanza, Jace e io
le diremo la verità e ci assicureremo che conosca il vero
te, quello che non ha
mai avuto la possibilità di esistere. Te lo prometto."
Clary
abbracciò forte Laetitia e
all'improvviso la bambina si girò, guardando il lago.
Sorrise e allungò la manina,
come se stesse afferrando qualcosa, proprio nel momento in cui una
strana
brezza tiepida accarezzava lei e Clary. Clary chiuse gli occhi,
lasciando che
il vento le passasse sulle guance e sollevò il viso verso il
sole, mentre un
sommesso "Grazie" le sussurrava all'orecchio, prima di venire portato
via dalla brezza, in alto nel cielo, verso la luce.
William
rise dietro di lei e Clary
vide che lui e Jace si stavano avvicinando.
Baciò
di nuovo sua figlia, la
sistemò nel passeggino e si unì con lei al resto
della sua famiglia per giocare
nella neve.
FINE
***
Nota
dell'Autrice:
E
questo è tutto, gente. Sto sorridendo così tanto
al momento che mi fa male la
mascella, sono così felice di avercela fatta!
Come
avete visto non sono saltata
avanti nel tempo per vedere cosa succederà a Will e Laetitia
perchè non so come
cresceranno. Ho lasciato quella porta aperta e condivido la speranza di
Jace e
Clary che Laetitia crescerà per diventare una giovane donna
felice e amorevole
perchè è stata cresciuta così, amata e
protetta da sempre. E' come voglio
immaginarla ed è il mio tributo a Jonathan Morgenstern e
all'uomo che avrebbe
potuto essere se fosse stato allevato con amore e non con odio.
Una
spiegazione per il nome
Laetitia. Perchè l'ho scelto? Volevo un nome che augurasse
alla bambina buona
fortuna per la sua vita e ci ho pensato a lungo. La scelta
più ovvia era Hope
che significa Speranza (ricordate che questa fanfic è stata
scritta prima in
inglese e solo dopo ho deciso di riscriverla in italiano e pubblicarla
qui) ma
non mi piaceva. Poi mi è venuto in mente Dawn, Alba, come
inizio di un nuovo
giorno, una nuova vita. E infine sono arrivata a Joy, Gioia e ho
sentito che
era il nome giusto. Ma non mi piaceva come suonava! Ho cercato nomi che
significassero Gioia in lingue diverse e ho trovato Laetitia, il nome
latino.
Il nostro Letizia, per dire. Dal momento che per gli Shadowhunter il
latino è
una lingua studiata e conosciuta, ho pensato, perchè no? E
mi piaceva come
suonava. E così la bimba è diventata Laetitia :)
Ho
cominciato questa fanfiction un
anno fa, quando uscivano le prime storie dell'Accademia, ma mi sono
rifiutata
di pubblicare i capitoli finchè non ho terminato l'intera
storia, perchè mi
conosco: sono passata attraverso periodi di tempo molto lunghi in cui
non
riuscivo a scrivere una riga perchè la vita di una moglie e
madre di due bimbi
piccoli non è facile ^^
E
poi le storie dell'Accademia
continuavano a uscire e io continuavo ad aggiungere dettagli presi da
lì, come il
mio nominare il piccolo Max Lightwood, o il cognome di Simon. Non so
nemmeno
quante volte ho corretto i capitoli, aggiungendo cose qui e
là, cambiando le
parole... è stato un lavoro infinito ma l'ho amato
dall'inizio alla fine e sono
felice della mia decisione di tenere in sospeso questa fanfiction fino
a quando
l'ho conclusa: in questo modo mi sono assicurata di aver detto tutto
quello che
intendevo dire e nel modo in cui volevo farlo. Ho cercato di darvi una
storia
il più perfetta possibile.
Non
so se scriverò di nuovo
qualcosa, come ho detto i miei personali Will e Laetitia mi tengono
molto
occupata, ma mai dire mai! Ho qualche idea, ma sarebbero comunque
storie
completamente AU, come la mia oneshot. In ogni caso, se pubblicassi di
nuovo
qualcosa, almeno saprete che ci arriverò in fondo
perchè non mostrerò mai più
un mio lavoro senza averlo prima terminato: ho imparato quella lezione
con un
altro paio di fanfic (in inglese e riguardanti un altro fandom), che
non ho mai
finito.
Cos'altro
posso dire? Ho amato
questa storia con tutto il mio cuore e anche sentire le vostre opinioni
e fare
questo viaggio insieme. Spero che la mia fantasia vi abbia tenuto un
po' di
compagnia in questo paio di mesi.
Grazie
a tutti, dal profondo del mio
cuore! E' stato un bellissimo viaggio :)
|
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