Avere il cuore lacerato a metà

di Mistyna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sette anni dopo - Il Cerchio si apre ***
Capitolo 2: *** Che sta succedendo? ***
Capitolo 3: *** Bugie e ancora bugie ***
Capitolo 4: *** Scoperte ***
Capitolo 5: *** L'ora più agognata ***
Capitolo 6: *** Una punizione peggiore della morte ***
Capitolo 7: *** L'amore di un parabatai ***
Capitolo 8: *** Kaelie ***
Capitolo 9: *** Ribellione ***
Capitolo 10: *** Come sorelle ***
Capitolo 11: *** Un segreto ben nascosto ***
Capitolo 12: *** Collasso ***
Capitolo 13: *** Magia del Sangue ***
Capitolo 14: *** Spyra ***
Capitolo 15: *** La Corte Unseelie ***
Capitolo 16: *** Aspettare dietro le quinte ***
Capitolo 17: *** Alicante ***
Capitolo 18: *** Quando i piani vanno storti ***
Capitolo 19: *** La Corte Seelie ***
Capitolo 20: *** Una fiamma incandescente ***
Capitolo 21: *** Un po' di pace ***
Capitolo 22: *** Laetitia - Il Cerchio si chiude ***



Capitolo 1
*** Sette anni dopo - Il Cerchio si apre ***


DISCLAIMER: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Cassandra Clare; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 
 
Nota dell'autrice: Questa fanfiction comincia sette anni dopo la conclusione di Città del Fuoco Celeste, pertanto contiene spoiler e riferimenti per tutti i libri fino a quel punto, comprese Le Origini, Le cronache di Magnus Bane e Le cronache dell'Accademia (tutte e 10).
Siccome ho letto i libri in inglese, questa fanfic è stata scritta originariamente in inglese, quindi se alcuni termini propri dei libri in italiano non sono corretti vi prego di farmelo sapere e li correggerò.
Sto pubblicando la fanfic in inglese su Fanfiction.net con il titolo "Torn Apart" (https://www.fanfiction.net/s/11741620/1/Torn-Apart) e gli aggiornamenti andranno di pari passo. La traduzione non è letterale per cui è probabile che ci siano delle differenze e delle aggiunte nella versione italiana.


"Sono passati sette anni, Jonathan."

La giovane donna era immobile sulla spiaggia del Lago Lyn, i capelli rossi ondeggiavano lentamente nel vento invernale. Indossava un cappotto pesante ma, nonostante la spessa sciarpa bianca, aveva le guance arrossate dal freddo.

"Sette anni dal giorno in cui ti ho incontrato per la prima volta... lo stesso giorno in cui ti ho perso." Clary sospirò guardando il lago, ricordando quel momento: quegli occhi verdi, finalmente liberi dal male, il modo in cui l'avevano guardata. E il modo in cui si erano chiusi per sempre.

"Mi spiace di essere venuta da sola quest'anno, so che in genere Jace è qui con me ma... " Si fermò guardando altrove, le mani serrate a pugno. Gli alberi erano spogli e carichi di neve, il silenzio così imponente che sembrava di essere in un'altra dimensione. Una morta. Quando Clary si girò di nuovo verso le acque del lago, aveva gli occhi pieni di lacrime. "Ricordi l'ultima volta che siamo venuti? Era tutto perfetto. A Will non era piaciuta molto la neve, ma volevo che lo conoscessi."

Clary si accucciò e raccolse un po' di neve con la mano guantata, lasciando che prendesse la forma delle sue dita. Poi la buttò via di scatto.

"Sono cambiate molte cose, Jonathan. Troppe cose. La mia vita è molto diversa ora." La sua voce era amara. "Non credo che Jace tornerà a trovarti. Non so nemmeno se io ritornerò. Perché vedi, è tutta colpa tua. Anche se sei morto da sette anni, la tua ombra incombe ancora su di noi e rovina la nostra vita. Anche ora riesce a distruggere tutto ciò a cui tengo."

Gli occhi verdi ricacciarono indietro le lacrime mentre lei guardava il lago con un'espressione disgustata. "Sai, per tutti questi anni, quando venivo qui a parlare con te, ho sempre sperato che la parte di te che era Jonathan, la parte a cui non era mai stato permesso di vivere, fosse in salvo in Paradiso. Lo spero ancora. Ma adesso tutto quello a cui riesco a pensare è Sebastian, il mostro che era, l'essere immondo che non voleva altro che vedere il mondo bruciare fino all'ultimo. E spero con tutto il mio cuore che Sebastian sia ora a marcire nella parte più profonda dell'Inferno. Che non possa mai trovare pace. Voglio che soffra per sempre, come sto soffrendo io. Come soffrirò per il resto della mia vita. Ti odio Sebastian. Che la tua anima sia dannata per l'eternità."

Clary si girò e cominciò a camminare senza mai guardarsi indietro. Se l'avesse fatto, sapeva che si sarebbe accasciata al suolo, piangendo come una bambina.

***

Quella mattina faceva freddo all'Istituto, ma Clary se ne accorse appena mentre si allenava. Sette anni di caccia ai demoni continua avevano fatto meraviglie per il suo fisico, donandole quell'agilità e fluida grazia per cui avrebbe ucciso a sedici anni. La spada, ormai un'estensione del suo braccio, saettava avanti e indietro alla velocità della luce, bloccando ogni tentativo di Simon di colpirla e contrattaccando. Riconobbe il momento in cui l'allenamento divenne serio dallo sguardo irritato del suo parabatai. Simon odiava perdere e a Clary piaceva allenarsi con lui proprio per quel motivo: gli altri prendevano l'allenamento seriamente ma erano sempre sufficientemente attenti a non farsi male, mentre Simon si gettava nella mischia come se fosse reale, con un vero demone davanti a lui. D'altra parte c'era un motivo se si allenavano sempre in tenuta da combattimento.

Forse Jace lo ha influenzato un po' troppo, pensò lei con un sorriso divertito, combattono con lo stesso spirito.

Clary si immobilizzò per un attimo ma si riprese in tempo per parare l'ultimo colpo di Simon. Sei un'idiota, Clary. Smettila di pensare a Jace, è il motivo per cui ti alleni così duramente.

"Non distrarti, sciocchina." Simon sorrise dietro la sua spada. "La prossima volta non intendo rallentare per non colpirti."

"Come se potessi!" Rispose lei sogghignando. "Continua a sognare, Amorino."

Simon si lanciò di nuovo in avanti e lei lo evitò ridacchiando, ma poi fu il turno di Simon di ridere quando le fece lo sgambetto abbassandosi improvvisamente, facendole perdere l'equilibrio e cadere lunga distesa per terra. Puntando la spada alla sua gola, sorrise sornione. "Dicevi, Fray?"

Lei sbuffò, accettando la sconfitta e sollevandosi a sedere. "Consideralo il regalo del giorno. E il mio cognome è Fairchild da anni, Simon."

"Sarai sempre Fray per me. E' il tuo nome e basta." Le fece l'occhiolino prima di sedersi accanto a lei, ansimando pesantemente. "E parlando di cognomi, la smetti di storpiare il mio? Le tue battute sul fatto che mi chiamo Lovelace fanno pena, Clary. Amorino? Sul serio? Non sono un angioletto dipinto."

Clary gli diede una manata sulla spalla ridendo. "Oh smettila, quell'aria indignata non ti si addice. E lo sai che adori quel nome, mio caro Lord Montgomery."

"Oh, Dio!" Simon strillò, arrossendo violentemente. "Non te lo dimenticherai mai, vero?"

"E come faccio? I miei poveri occhi innocenti..."

"E' colpa tua per non aver bussato alla porta quella volta. Non era previsto che mi vedessi con Isabelle in quel modo!"

Clary rise di nuovo e pensò per un attimo a quanto lei e Simon erano cambiati nel corso degli anni. Erano più forti naturalmente, ma i cambiamenti maggiori non erano fisici. Prima di essere risucchiati nel Mondo Invisibile, Simon non sarebbe mai riuscito a scherzare dopo essere stato sorpreso in posizioni così compromettenti con la sua ragazza. E probabilmente non avrebbe mai nemmeno pensato di poter avere una vera ragazza, qualcuno che lo capisse come Isabelle, qualcuno con cui condividere tutto. Avere a che fare con gli Shadowhunter, essere diventato prima un vampiro e poi un Cacciatore lui stesso lo aveva cambiato profondamente, facendo piazza pulita di tutte le sue insicurezze. Il ritorno di tutti i suoi ricordi il giorno dell'Ascensione aveva certamente contribuito e anche se la morte di George Lovelace era una ferita che probabilmente non avrebbe mai smesso di sanguinare, lo aveva modellato, gli aveva dato una nuova identità. Non era più un ragazzino, Clary lo sapeva. Era un uomo sicuro di sè, un coraggioso guerriero e il suo parabatai. E lei avrebbe sempre ringraziato il cielo per quello, perchè Simon era, come sempre, la sua roccia.

E Clary? Da ragazzina senza niente di speciale con la passione per il disegno, a parte fondamentale prima della Guerra Mortale e poi della Guerra Oscura. Che cambiamento. E ora era un membro del Consiglio, scelta dal Conclave di New York per rappresentarlo. Doveva ringraziare il suo talento con le rune, naturalmente: non contava nemmeno più le volte in cui, durante le sedute del Consiglio, le era apparsa in mente una runa per risolvere la disputa di cui stavano parlando. La vita era più semplice per gli Shadowhunter adesso e quasi quasi ci si aspettava che Clary inventasse una nuova runa ogni volta che c'era un problema. Inoltre stavano catalogando le nuove rune in un libro, in modo da poterle insegnare con più facilità: si, la vita era decisamente più facile per un Nephilim, ora. Forse fin troppo facile.

"Oggi eri distratta, Clary." La voce di Simon la riportò al presente. "Va tutto bene?"

Bene? No, non c'era niente che andasse bene. Niente sarebbe mai più andato bene.

Clary chiuse gli occhi, desiderando con tutto il cuore di poter parlare con Simon, di potergli dire tutto, ma sapeva che non avrebbe mai potuto. Prima che potesse rispondergli, la porta della palestra si aprì e le parole le si strozzarono in gola quando Jace entrò. Non era cambiato molto, era sempre bellissimo, forse addirittura più di prima ora che era più un uomo che un ragazzo. Emanava un'aura inconfondibile, una sensazione di potenza, di sicurezza e di forza, ma i suoi occhi erano vuoti e circondati da ombre scure che raccontavano di innumerevoli notti insonni a rigirarsi nel letto. Gli stessi occhi di Clary.

Simon guardò con ansia la sua parabatai ma lei era già scattata in piedi e guardava ovunque tranne che verso l'uomo biondo che si stava avvicinando lentamente.

"Ci vediamo domani, Si." Disse, la voce estremamente controllata. "Devo andare a Idris questo pomeriggio, per una seduta del Consiglio. Sarò di ritorno questa sera."

Simon annuì e lei si incamminò verso la porta, deglutendo e tenendo lo sguardo fisso a terra.

"Jace." Lo salutò freddamente, oltrepassandolo senza sollevare gli occhi.

"Clary." Lui rispose allo stesso modo, lo sguardo fisso sulla parte opposta della stanza.

Raggiungendo la porta, Clary lo sentì apostrofare Simon con voce metallica: "In piedi, Lovelace. E' ora di allenarsi."

Chiuse la porta sul sospiro rassegnato di Simon e corse via.

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Capitolo 2
*** Che sta succedendo? ***


"Simon sei sicuro che sia il momento giusto?" Chiese Isabelle, toccandosi nervosa i capelli.

Erano seduti sulle scale interne di un condominio assolutamente mondano, a qualche metro di distanza dalla porta dell'appartamento di Clary. Isabelle non aveva mai veramente approvato il fatto che lei avesse lasciato l'Istituto ma aveva immaginato che dopo tutto quello che era successo con Jace, le servisse un po' di tranquillità e che stargli lontano per qualche tempo fosse la cosa migliore. Clary non era ancora tornata a casa, e anche se le scale erano lungo il corridoio e i due Shadowhunter non riuscivano a vedere la sua porta, se Clary fosse salita con l'ascensore, l'avrebbero sentita.

"Dovremo farlo prima o poi. Non è che possiamo nascondere la cosa ancora per molto." Simon prese fra le sue la mano della sua ragazza e la strinse gentilmente. "Dobbiamo dirglielo e dobbiamo dirlo anche a Jace."

"E' solo che..." Isabelle si morse il labbro inferiore, un segno di incertezza estremamente inconsueto da parte sua. "Sai, per come sono messe le cose fra di loro... e con Will..."

Improvvisamente le si riempirono gli occhi di lacrime ma lei si affrettò a inghiottirle indietro.

"Ehi," Simon le accarezzò lentamente la guancia. "Non c'è niente di male a piangere, sai."

"Tu non piangi mai." Lo accusò lei.

"Clary piange abbastanza per entrambi." Sussurrò lui, la gola chiusa da un groppo famigliare. "Ho dovuto imparare a essere forte per lei. Ne ha bisogno."

Isabelle sospirò e gli appoggiò la testa sulla spalla. "Lo so. Mi spiace. Con Jace è diverso, a lui non piace piangere. Forse con Alec, ma con me mai. Si sfoga facendo qualcosa di fisico, non conto più le volte che si è allenato fin quasi a svenire da quando... è successo."

Rimasero in silenzio per un po', traendo conforto l'uno dall'altra, mentre Isabelle tracciava cerchi sottili sul dorso della mano di Simon.

"Pensi che guariranno mai?" Chiese poi. "Che torneranno mai insieme? Non hanno ancora rimosso le rune del matrimonio, forse c'è speranza."

Simon sospirò, baciandole la fronte. "Non lo so, Izzy. La malattia di Will è stata devastante per loro. Vedere il loro piccolo soffrire in quel modo... la sua morte li ha feriti in una maniera che non riesco nemmeno a immaginare. Clary mi diceva spesso che non riusciva nemmeno a guardare Jace perchè le ricordava troppo William. E poi lo sai che al momento stanno frequentando altre persone."

"Che stupidaggine," sbuffò lei. "Sappiamo entrambi che quelle fate sono solo dei rimpiazzi. E' successo troppo in fretta. Voglio dire, sono passati solo sei mesi da quando..." Isabelle si fermò. Proprio non riusciva a dire quelle parole, come se non pronunciarle potesse in qualche modo negare la morte di suo nipote.

"Forse. Sembra che Clary e Jiliel la stiano prendendo con calma, ma Alec mi ha detto che Jace e Kaelie fanno sul serio. Jace sta pensando di lasciare l'Istituto e andare a vivere con lei."

"Lui COSA?" Isabelle guardò Simon incredula, gli occhi pieni di rabbia. "E perchè non ne sapevo niente? Jace non ne ha fatto parola! E' un'idiozia! E' una cosa da pazzi! E'..:"

L'ascensore scelse quel momento per aprire la porta, scricchiolando ferocemente e zittendo la tirata di Isabelle.

"...perlopiù sui vampiri. In ogni caso, il mio rapporto per la Regina della Corte Seelie sull'incontro di oggi del Consiglio, sarà pronto per stanotte." Era la voce di Clary.

Isabelle e Simon si immobilizzarono per lo shock. Cosa diavolo stava succedendo?

***

Le fate erano esseri bellissimi, era impossibile negarlo, e Jiliel Whitewillow non faceva eccezione. Alto, biondo, con gli occhi azzurri come quelli di sua sorella Kaelie, aveva una figura elegante e lineamenti delicati. Nonostante il suo aspetto quasi femminile, era tonico e muscoloso e Clary sapeva che era un ottimo guerriero, abile quanto lei con la spada.

Se solo un viso angelico fosse sempre accompagnato da un'anima altrettanto meravigliosa... perchè Jiliel di sicuro non ne aveva una. Intelligente e astuto, come tutte le fate, aveva anche il vantaggio di avere sangue umano nelle vene, cosa gli permetteva di mentire a volontà e con gran piacere. Clary lo sapeva naturalmente, Jiliel non ne aveva mai fatto mistero, anzi in realtà si divertiva a tormentarla sottolineando che ogni volta che parlavano lui poteva dirle la verità, ma poteva anche mentirle, se ne aveva un beneficio.

"Sarà meglio che lo sia," Jiliel stava dicendo in quel momento, riferendosi al rapporto di Clary, "sai che non le piace aspettare."

"Ho mai deluso le aspettative?" Replicò Clary con un sorriso amaro, avvicinandosi al suo appartamento. Era stata una lunga giornata; prima l'allenamento e Jace. Soffriva ancora nel vederlo, era una pena che non diminuiva mai d'intensità. Poi l'incontro del Consiglio nel pomeriggio e ora doveva anche vedersela con il suo "ragazzo".

La fata la afferrò per un braccio all'improvviso, tirandola contro di lui. Nel giro di un attimo, Clary era nel cerchio delle sue braccia e due delle sue lunghe dita delicate le avevano afferrato il mento, sollevandole lo sguardo verso di lui.

"E continuerai a non farlo, dolcezza. Sei stata un'ottima fonte di informazioni negli ultimi mesi e se sai cosa è meglio per te, andrai avanti così."

"Lasciami," sibilò lei, spingendolo via. "Anche se siamo invisibili siamo sempre in un condominio mondano."

Aprì la porta del suo appartamento e gettò le chiavi sul tavolo in ingresso lasciando la porta aperta, ben sapendo che cercare di chiudere Jiliel fuori era inutile. La fata entrò come se quella fosse casa sua, le labbra sollevate in un sogghigno.

"Ma certo, capisco. E' molto meglio riservare il nostro lato più romantico all'interno della casa, dove nessuno può sentirti urlare." Le fece l'occhiolino, chiudendo la porta e sedendosi sul divano. "Ma prima raccontami della seduta del Consiglio. Sai che mi piace tenermi aggiornato."

"Non c'è molto da dire," replicò lei scrollando le spalle. "Abbiamo parlato principalmente degli attacchi dei vampiri di Londra, come ti dicevo in ascensore. Hanno cominciato a dare problemi ai licantropi, c'è stata qualche uccisione e il Conclave di Londra sta cercando di far rispettare la Legge. Stanno ancora cercando di capire se si tratta di qualche vampiro ribelle o se è un intero clan che si sta rivoltando contro il Conclave. I licantropi per ora non reagiscono e stanno lasciando che i Cacciatori facciano il loro lavoro ma non sappiamo per quanto tempo resisteranno prima di attaccare i vampiri a loro volta. Nel giro di breve tempo potremmo avere una guerra su larga scala fra i Nascosti e il Consiglio è preoccupato che il Mondo Invisibile venga esposto ai Mondani."

"Interessante." Commentò Jiliel, incrociando le gambe rilassato. "E cosa mi dici del compito che ti ha affidato la Regina? Come procede?"

Clary lo guardò, gli occhi socchiusi e pieni di disgusto. "Mi state chiedendo qualcosa che potrebbe necessitare di anni per realizzarsi. Le fate si sono schierate dalla parte sbagliata nella Guerra Oscura e ora ne stanno pagando il prezzo. Non posso spingere troppo tutto in una volta per far rientrare la tua razza nell'Alleanza, sarebbe sospetto. Per ora sii grato che sono riuscita a far tornare Helen Blackthorn a Los Angeles, interrompendo il suo esilio. Mi ci sono voluti tre mesi di chiacchiere continue, non è stato facile."

"Ma, vedi..." Jiliel si alzò, avvicinandosi a lei. I suoi movimenti erano fluidi e aggraziati, come quelli di una pantera che striscia verso la sua preda. "Alla Regina non interessa quanto sia difficile. Vogliamo tornare a far parte dell'Alleanza, vogliamo che il Conclave si fidi di nuovo di noi, che abbassi la guardia, che ci permetta di girare armati. E tu, Clary," l'afferrò all'improvviso, girandola e gettandola piegata sul tavolo della cucina, con un braccio torto dietro la schiena, "tu sei la prescelta per questo compito. Lo porterai a termine, anche se dovesse volerci il resto della tua vita. Siamo un popolo paziente, possiamo aspettare. Ma succederà, tesoro. Ci penserai tu."

"Levati di dosso." Clary sibilò cercando di alzarsi. Jiliel accentuò la presa sul suo braccio chinandosi in avanti per baciarle lentamente il collo esposto. "Levati di dosso immediatamente!"

"Oh, piccola, non fare la difficile. Come se fosse la prima volta che lo facciamo. Fattelo piacere cara, perchè non ti libererai di me fino al giorno della tua morte. Sai che non puoi ribellarti, vero? Se ti fa sentire meno in colpa, puoi sempre immaginare Jace a letto con mia sorella. Magari sta succedendo proprio in questo momento."

"Lasciami andare, razza di bastardo!" Clary tentò di nuovo di lottare, il cuore che le mancava un battito per le sue parole crudeli. Lo odiava. Lo odiava così tanto...

Jiliel sogghignò e la mano libera le afferrò la coscia, scivolando lentamente verso l'alto, ma la fata si fermò imprecando nel sentire il campanello dell'appartamento.

Clary trattenne il respiro per la sorpresa, ma si riprese immediatamente, affrettandosi a chiedere chi fosse alla porta prima che Jiliel potesse impedirglielo, cercando di tenere sotto controllo la voce. Vi prego, vi prego, un vicino, una consegna, qualunque cosa!

"Clary, siamo noi!" L'allegra voce di Isabelle filtrò attraverso la porta. "Possiamo entrare?"

Jiliel la lasciò andare tirandola in piedi, un luccichio pericoloso negli occhi. "Apri la porta cara," le sussurrò nell'orecchio, "e non preoccuparti per questa piccola interruzione... ti punirò più tardi."

Lei non rispose, non disse niente. Sapeva di non poter fare nulla. Sei mesi prima lo avrebbe ucciso per aver osato toccarla ma ora era intrappolata e non c'era nessuna via d'uscita. Jiliel aveva ragione, sarebbe stata sua prigioniera fino alla fine. L'unica sua speranza era che il suo ultimo giorno non fosse molto lontano perchè questa non era vita: questo era l'Inferno.

Passo dopo passo Clary andò alla porta, raddrizzando la schiena e forzando le labbra in un sorriso finto. Sorridi, Clary. Sorridi per loro. Sorridi e tienili al sicuro. Sorridi.

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Capitolo 3
*** Bugie e ancora bugie ***


Non ci volle molto perchè una vita di addestramento prendesse il sopravvento su Isabelle. La Shadowhunter scattò in piedi non appena la porta di Clary si chiuse e lei si avvicinò con in mano lo stilo, segnalando a Simon di rimanere in silenzio. Il ragazzo la guardò, la domanda palese negli occhi scuri, ma riconobbe immediatamente quello che stava facendo. Aveva già visto molti anni prima il quadrato che Isabelle stava tracciando sulla porta di Clary: era stata forse la prima "magia" a cui aveva assistito, Jace che lo disegnava sul retro di un paravento di palissandro così che potessero ascoltare mentre i lacchè di Valentine interrogavano Luke.

"Non può essere, non è possibile. Non Clary." Isabelle impallidiva di più per ogni secondo che ascoltavano Clary e Jiliel, ma quando la fata attaccò la loro amica, dovette impedire a Simon di precipitarsi nell'appartamento. Simon tremava, era furioso e incredulo, ma Isabelle sapeva che non era il caso di lasciarlo andare.

"Simon, Simon, fermati." Insistette, premendogli una mano sulla spalla. "Se si accorgono che li stavamo ascoltando, ci attaccheranno."

Lui si girò di scatto, gli occhi fiammeggianti. "Clary non ci farebbe mai del male!"

"Forse non volontariamente. Ma l'hai sentita, sta giocando alla spia al momento. E sembra che ci sia costretta o userebbe quella fata come sacco da boxe fino a domani. Non possiamo rischiare."

Lo lasciò andare prima di cancellare il quadrato dalla porta e poi si raddrizzò. "Ok, ora sorridi Simon. Sorridi fino a quando ti farà male la mascella e poi continua a sorridere."

Suonò il campanello.

Temeva che Jiliel tentasse di impedire a Clary di rispondere e quando sentì la sua voce sospirò di sollievo. Ora tutto stava a fingere che fossero appena arrivati e non avessero assistito a un tentativo di stupro; poteva solo sperare che Simon si sarebbe rivelato un buon attore.

"Ehi, Clary!" Sorrise quando la porta si aprì. "Eravamo nei paraggi e abbiamo pensato... oh, ciao Jiliel!" Aggiunse, come se si fosse appena accorta di lui. La fata li salutò con un sorriso amichevole sulle labbra e Isabelle si immaginò istantaneamente nell'atto di strangolarlo lentamente con la sua frusta. L'idea rese la sua presenza lievemente più sopportabile.

Simon sorrideva accanto a lei con le mani nelle tasche e Isabelle sospettava che le tenesse nascoste perchè erano chiuse a pugno in quel momento.

"So che è stata una lunga giornata, fra il Consiglio e tutto il resto, quindi ho pensato che magari ti sarebbe piaciuto mangiare fuori? Andiamo da Taki?" Simon le fece l'occhiolino. Ok, forse era un attore migliore di quanto Isabelle avesse immaginato.

"Perchè no!" Clary sorrise afferrando il cappotto e ringraziando il cielo che qualcuno fosse venuto a salvarla. Forse avevano solo rimandato il tutto, ma perlomeno ciò che Jiliel voleva farle non stava succedendo in quel momento.

"Jiliel, ti dispiace se ti rubiamo Clary stanotte? Sono stufo di stare a sentire le continue lamentele di Isabelle sul non aver più avuto una serata per sole donne da una vita." Simon roteò gli occhi con fare seccato proprio mentre Isabelle gli tirava un pugno sulla spalla.

"Ehi, io non mi lamento!"

"Oh si che lo fai. E sei molto rumorosa." Lo Shadowhunter sghignazzò.

Se Simon non avesse saputo dove guardare, non se ne sarebbe accorto: quel sottile assottigliarsi delle labbra che dimostrava come la fata fosse chiaramente furiosa. Tuttavia l'unico sentimento che affiorò nei suoi occhi fu la gelosia quando rispose. "Non so se sono a mio agio con l'idea che Clary sia all'Istituto insieme a Jace. So che è stupido, ma non voglio la mia stupenda ragazza troppo vicino a lui. Dite pure che sono pazzo d'amore e di gelosia." Strizzò l'occhio a Clary e lei rispose con una risatina.

Dio, che commedia, pensò Isabelle. Quattro persone che danzano le une attorno alle altre, dicendosi bugie su bugie e cercando di superare l'avversario.

"Non è a casa stanotte," rispose. "E' fuori con Alec, a caccia."

Beccati questo, fatina. Non esiste che ti lasci far del male a Clary stanotte. O mai più se avrò voce in capitolo.

"Vuoi andare, tesoro?" Chiese lui, l'implicazione molto chiara: stava sfidando Clary a scontentarlo.

"Oh, andiamo, Clary!" Isabelle sfoderò il suo sorriso più supplichevole. "Come ai vecchi tempi! Ci guardiamo un film, parliamo tutta la notte e ti posso raccontare tutta una serie di cose imbarazzanti su Simon!"

Clary soppesò velocemente le sue opzioni: doveva agire in maniera naturale, ma allo stesso tempo sapeva che l'avrebbe pagata cara al suo ritorno. "Non so, sono un po' stanca. E' stata una lunga giornata."

"Jiliel," Isabelle si girò verso la fata, "dì alla tua ragazza che è tutto a posto o la prossima volta invece di lamentarmi con Simon verrò direttamente da te!"

E di nuovo quell'assottigliarsi delle labbra. Ma questa volta Simon sapeva che la fata non aveva scelta; la richiesta di Isabelle era perfettamente ragionevole e non c'era un buon motivo per rifiutarla.

Come si aspettava, Jiliel si mise a ridere, divertito. "Beh d'accordo, vai pure Clary. Il cielo mi salvi dall'ira di Isabelle! Ci vediamo domani."

La raggiunse e le diede un bacio veloce prima di salutare tutti e andarsene, lasciandoli da soli.

 

***

Clary era rilassata per la prima volta da mesi. La cena era stata piacevole, chiacchiere senza fine su niente di importante ma la cosa migliore era sapere di non dover tornare da Jiliel. Sapeva che c'era qualcosa che non andava però: Isabelle e Simon non erano mai "nei paraggi", se volevano vederla, normalmente le telefonavano prima.

"Allora, che succede con Simon?" Chiese, una volta tornate all'Istituto. Erano nella stanza di Isabelle da sole perchè non appena erano rientrati, Isabelle aveva mandato Simon a passare la notte da Magnus.

"Cosa vuoi dire?" Chiese Izzy, sfilandosi l'abito per cambiarsi in qualcosa di più comodo.

"Beh, lo hai letteralmente sbattuto fuori dall'Istituto, dicendogli di passare la notte altrove. Perchè? Non poteva dormire nella sua stanza come al solito?"

"E venire a rovinare la mia notte per sole donne?" Isabelle rise. "Sai com'è fatto, non avrebbe mai resistito alla tentazione di passare la notte con te parlando di Guerre Stellari o roba simile. Sei tutta mia ora." Sorrise allegra.

"Oh, potente Shadowhunter, sono terrorizzata." Clary rise, sedendosi sul letto.

"Dovresti."

"Comunque, è strano che siate passati da casa mia. Non vivo così vicina all'Istituto e venite raramente fin là." Clary accavallò le gambe e guardò l'amica. "Allora, che succede? Sputa il rospo, Iz."

Isabelle esitò; era il momento perfetto per darle la notizia che lei e Simon avevano nascosto fino a quel momento, ma sapeva che non era possibile. Se l'avesse fatto, Clary le avrebbe chiesto perchè non gliel'avevano detto a cena, quando erano tutti insieme e Isabelle non poteva esattamente dirle che il loro umore era stato completamente rovinato dalla scena a cui avevano assistito.

"Non c'è nessun rospo da sputare." Scrollò le spalle. "Abbiamo semplicemente pensato che ti avrebbe fatto piacere uscire. E siccome sono molto più persuasiva di persona che al telefono e volevo passare del tempo con te, siamo passati direttamente."

Clary sorrise anche se sapeva che Isabelle stava mentendo. Dopo sette anni passati insieme, erano vicine come sorelle e lei conosceva ogni sua espressione, ogni movimento della ragazza dai capelli scuri. Il suo intero corpo stava gridando che c'era qualcosa che non andava, che il motivo per cui i suoi amici erano passati da casa sua era qualcosa che Isabelle non aveva intenzione di dirle.

"Izzy, guardami." Le chiese seriamente, smettendo di fingere di crederle. Perchè le stava mentendo? Non poteva aver niente a che fare con la Regina della Corte Seelie, giusto? "Mi stai facendo preoccupare. Va tutto bene? Tu e Simon state bene? Dimmi che succede, ti prego."

"Va tutto bene, Clary." Isabelle sospirò, sapendo che Clary non avrebbe lasciato cadere il discorso fino a quando non avesse ottenuto qualcosa. Pensò velocemente a qualche scusa e alla fine decise per una mezza verità: era sempre la bugia migliore. "Volevamo dirti qualcosa, si, ma io non ero sicura che fosse la cosa migliore. A cena, Simon ha aspettato che rompessi io il ghiaccio e visto che non l'ho fatto, non l'ha fatto nemmeno lui. Vuole che io sia a mio agio nel parlarti di questa cosa."

"Wow, sembra una cosa seria." Clary sollevò le sopracciglia. "E immagino che tu non ti senta ancora abbastanza a tuo agio?"

"Non proprio." Ammise Isabelle, sinceramente. Anche se Simon l'aveva convinta che era tempo di dirlo a Clary e Jace, lei non era sicura. Clary le prese una mano fra le sue e sorrise gentilmente. Voleva rassicurare Isabelle, dirle che poteva raccontarle qualunque cosa, che ci sarebbe sempre stata per lei, ma non poteva. Come poteva incoraggiare qualcuno a rivelare i suoi segreti se lei era la prima ad averne? Non poteva essere così ipocrita.

"Sarò qui quando lo sarai. Aspetterò che tu sia pronta." Le disse, stringendole la mano.

Izzy sorrise, anche se dentro stava soffrendo. Avrebbe voluto dire a Clary il vero motivo per cui non le raccontava niente, avrebbe voluto abbracciarla e supplicarla di dirle la verità: cosa stava succedendo? Perchè stava tradendo il Conclave? Doveva scoprire qualcosa, qualunque cosa che le desse un indizio sul perchè Clary fosse in guai così grossi, prima che la situazione diventasse troppo seria. Il Conclave non aveva pietà per i traditori. Che lei fosse o no un'eroina di guerra, le avrebbero tolto i Marchi se l'avessero scoperta.

"Allora," le disse, sedendosi comodamente sul letto con Clary, "parliamo di te e Jiliel invece che di me e Simon."

Clary si irrigidì leggermente e anche se cercò di mascherarlo, Isabelle se ne accorse lo stesso. "Cosa vuoi sapere?"

"Beh mi piacerebbe saperne di più su di lui." Izzy si stese su un fianco, guardandola. "Non ne parli mai, non so nemmeno come vi siete conosciuti! Tutto quello che so è che qualche mese fa hai fatto esplodere la bomba che lo frequentavi e non hai detto altro. E' interessante in realtà, è l'uomo del mistero."

"Oh. Beh, immagino che tu abbia ragione. Non ne ho mai parlato molto." Clary cercò di rilassarsi, pensando alla storiella che si era inventata nel corso dei mesi. "L'ho incontrato da Taki, il che non è certo una sorpresa considerando che sua sorella lavora lì."

Cercò di sorridere ma pensare a Kaelie la fece pensare a Jace automaticamente. Ricacciò indietro le lacrime che cominciavano a pungerle gli occhi e fece un respiro profondo. Dannazione Clary, da quando sei così piagnucolona? Riprenditi, non puoi piangere ogni volta che pensi a Jace.

"E' stato affascinante e dolce, mi ha offerto una cioccolata calda dicendo che gli sembrava che ne avessi bisogno. Ed è partito tutto da lì."

Isabelle non disse niente, guardando Clary con un'espressione neutra e Clary sospirò, mordendosi il labbro inferiore. "Senti Izzy,è per questo che non parlo mai di lui. Per me è difficile, ma so che lo è anche per te, dopotutto ero sposata con tuo fratello ed è normale che..."

"Tu lo ami?" Isabelle la interruppe, gli occhi scuri fissi in quelli verdi di Clary. Non riusciva più a sopportare tutte quelle bugie. Non voleva chiedere niente altro perchè era chiaro che Clary si era studiata bene la parte e lei non aveva bisogno di sentirla. Doveva però sapere fino a che punto Clary era disposta a spingersi, quanta della sua anima aveva venduto al nemico.

"No." Clary rispose dopo un lungo silenzio. "Non lo amo. Non credo di riuscire più ad amare, Izzy. Quella parte del mio cuore mi è stata strappata per sempre e non la riavrò mai più indietro." Fece un respiro profondo e poi espirò lentamente. Non era riuscita a mentire ancora. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere che si, amava Jiliel, che voleva un futuro con lui, ma non ce l'aveva fatta. La Regina della Corte Seelie le aveva tolto tutto il resto, ma non sarebbe riuscita anche a corrompere i suoi veri sentimenti.

"Quella parte del tuo cuore appartiene a Jace, vero?" Replicò Isabelle lentamente. Era sollevata che Clary non le avesse mentito, ma non era sufficiente. Ora voleva la verità, tutta la verità possibile. La verità su Jace.

Clary sorrise tristemente, permettendosi, solo per questa volta, di rinunciare ad ogni finzione. Non c'era pericolo nel farlo, non comprometteva la sua missione. Niente avrebbe potuto.

"Jace e io non possiamo più stare insieme. Quel futuro ci è stato portato via insieme a nostro figlio."

"Ma tu lo ami ancora. Perchè fai questo a te stessa, Clary? Perchè fai questo a lui?"

"Perchè è così che dev'essere. E' l'unico modo."

"Non capisco." Izzy cercò di insistere, realizzando che stava per arrivare a qualcosa. Che tutta quella follia riguardasse Jace? La Regina lo stava minacciando? "Perchè dev'essere così? Che cosa ti impedisce di tornare con lui?"

"William." Sussurrò Clary, così a bassa voce che Isabelle quasi non la sentì. Era vero allora? Clary non riusciva a tornare con Jace perchè la morte del loro bambino si frapponeva fra di loro? Forse Jace non era il motivo per cui lei spiava per conto delle fate. O forse Clary le stava mentendo ancora.

"Ma tu lo ami." Ripetè. Per qualche motivo aveva bisogno che Clary lo ammettesse, che le mostrasse che c'era ancora speranza.

Di nuovo, Clary sorrise, un sorriso così triste che le fece venire le lacrime agli occhi. Isabelle non aveva mai visto un sorriso così disperato, così vuoto, privo di vita, senza speranza.

"Si," Clary esalò, improvvisamente persa nel ricordo di una notte alla Città di Vetro, molti anni prima, quando Jace le aveva confessato il suo amore per la prima volta. "E' impossibile fingere. Io lo amo e lo amerò fino alla morte e, se c'è una vita dopo la morte, lo amerò anche allora."

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Capitolo 4
*** Scoperte ***


Nota dell'autrice: Per chi legge (e siete un po', nonostante le 0 recensioni finora), da ora in poi dovrei riuscire ad aggiornare lunedi, mercoledi e venerdi. Voglio finire prima che esca Lady Midnight!

Perchè non vai da Magnus stanotte? Puoi provare l'ebbrezza di una notte per soli uomini, spettegolare sui Nascosti e guardare qualche poliziesco. E se Alec si lamenta quando torna, digli che non ti volevo intorno stasera e intrattienilo con dell'altro gossip. Sono sicura che gli piacerà.

Isabelle e Simon avevano uno strano modo di comunicare a volte, messaggi criptici che nessuno avrebbe capito, talvolta nemmeno loro stessi. Ma quando lei l'aveva mandato via quella sera, Simon sapeva esattamente cosa voleva.

Bussando alla porta di Magnus, Simon ripensò a tutto quello che aveva sentito quella sera, cercando di non dimenticare nulla: Isabelle voleva che parlasse con Magnus e Alec, che spiegasse loro cosa era accaduto. Nonostante fosse il compagno di Alec, Magnus era ancora il Sommo Stregone di Brooklyn e probabilmente aveva accesso a più informazioni dei Cacciatori a proposito dei Nascosti; forse aveva sentito qualcosa su quello che stava combinando il Piccolo Popolo.

La porta si aprì e gli occhi felini di Magnus si spalancarono sorpresi. "Seamus? A cosa devo l'onore?"

Simon roteò gli occhi, guardando lo stregone. Indossava pantaloni comodi e una maglietta rossa e aveva una tazza di spaghetti cinesi in mano; a giudicare dal rumore della TV in sottofondo era chiaro che Magnus stava cenando.

"Di nuovo con la storia del nome Magnus? Non ti stanchi mai?"

"E' il mio piacere colpevole." Lo stregone ammiccò e si spostò in modo da far entrare Simon in casa. Lo Shadowhunter varcò la soglia, pensando a com'erano cambiate le cose nel corso degli anni. L'appartamento di Magnus era molto diverso ora, dalla prima volta in cui ci era entrato: era più colorato, i muri pieni di disegni infantili incorniciati e appesi, disegni che ritraevano spiagge, soli e Magnus e Alec per mano con un bambino dalla pelle blu.

"Ah giusto." Simon borbottò, ricordando improvvisamente perchè la casa fosse così silenziosa. "Max è partito ieri con Catarina, vero?"

Il silenzio non era l'unico indizio sull'assenza di Max Lightwood, il piccolo stregone che Alec e Magnus avevano adottato anni prima: l'appartamento era in ordine e non c'erano giochi sparsi ovunque mentre quando Max era a casa, il pavimento era un campo minato.

"Si, starà via per una settimana. Catarina impazzirà, ma è stata una sua idea dopotutto." Sorrise, ma i suoi occhi raccontavano qualcosa di diverso. Nonostante si fidasse profondamente della strega, a Magnus mancava suo figlio ed era preoccupato. "In ogni caso, ha chiamato un'ora fa e Max era tutto eccitato all'idea di essere a Disneyworld. Dovrà trascinarlo via urlante quando sarà ora di andare!"

Simon scoppiò a ridere, pensando con affetto al piccolo stregone e alla nota che gli avevano trovato addosso quando era stato abbandonato. "Chi potrebbe mai amarlo?" Diceva. Beh, qualcuno poteva: i suoi genitori, i suoi nonni, i suoi amici... era circondato dall'amore, la più pura, luminosa forma d'affetto e lo sarebbe sempre stato.

"Comunque," Magnus disse, mescolando i suoi spaghetti, "Alec non è a casa stasera. E' fuori con Jace."
"Lo so." Simon si girò verso di lui, passandosi una mano fra i capelli. "Sono venuto a parlare con te prima."

"Senza la dolce Isabelle?" Magnus si diresse verso il divano spegnendo la TV. "Se sei in cerca di consigli su come sfuggire al tuo prossimo matrimonio, hai bussato alla porta sbagliata. Non metterò i bastoni fra le ruote a Isabelle Lightwood aiutando il suo fidanzato a scappare."

Simon arrossì, a disagio. "Non ho intenzione di scappare! Ricorda che sono stato io a chiederglielo, non il contrario. E ricorda che Jace e Clary ancora non lo sanno, quindi acqua in bocca."

"A volte mi chiedo quando deciderete di dirglielo. State aspettando che la tua adorabile promessa sposa appaia con l'abito dorato da matrimonio?"

"Non è così facile." Simon si sedette accavallando le gambe. "Izzy non è a suo agio con l'idea di dirglielo per ora. Ha paura di ferirli, che un matrimonio adesso che loro stanno così male non farebbe altro che aumentare la loro sofferenza."

"O magari Clary sarebbe semplicemente felice che il suo parabatai abbia finalmente conquistato la sua bella e Jace che qualcuno sia disposto a sopportare sua sorella." Magnus commentò mangiando i suoi spaghetti, scuotendo la testa. "Comunque, che vuoi Simon? Stavo guardando la TV."

Simon inspirò profondamente. "E' successo qualcosa stanotte. Io ancora non riesco a crederci, ma Isabelle vuole che lo racconti a te e a Alec. Forse fra tutti e due riuscirete a capirci qualcosa perchè io non ci riesco."

Mentre parlava, Magnus rimase in silenzio, limitandosi ad ascoltare e quando lo Shadowhunter concluse, lo stregone accavallò le gambe e si strofinò il mento. "Riassumendo: una delle nostre eroine di guerra, praticamente la Shadowhunter più importante che esista al momento, sta facendo la spia per il Popolo Fatato, il quale sta probabilmente complottando una rivolta contro il Conclave per averlo punito dopo la guerra. Interessante."

"E immagino che fra i Nascosti non si sia sentito niente di tutto questo, vero?"

"Ne dubito fortemente." Magnus si appoggiò allo schienale del divano. "Le fate sono un popolo riservato. Se si stanno preparando per una guerra è improbabile che vadano in giro a raccontarlo, senza contare il fatto che è stato loro proibito di portare armi quando è stato firmato il trattato di pace. Ovviamente stanno facendo tutto in segreto."

"Il trattato di pace." Simon sospirò. "E' stato un grave errore, vero? Io non c'ero, ma da quello che ho sentito tutto quello che hanno fatto è stato schiacciare il Popolo Fatato e fargliela pagare."

"Nessuno mi ha ascoltato quando ho detto loro che una cosa del genere avrebbe portato solo altro dolore. I Nephilim non sono mai stati famosi per la loro clemenza, soprattutto nei riguardi dei Nascosti."

"Pensi di poter ottenere qualche informazione?" Simon chiese dopo un attimo di silenzio.

"Posso provarci, ma avere uno Shadowhunter come compagno mi ha tagliato un po' fuori dai pettegolezzi. Hanno tutti paura che corra da lui a raccontargli qualunque cosa."

"Dannazione." Simon sospirò, sprofondando la testa fra le mani. "Non capisco perchè Clary. Perchè scegliere lei e perchè lei non si ribella. Non ha senso!"

"La risposta è molto semplice." Magnus guardò lo Shadowhunter. "Devono avere qualcosa per ricattarla. Qualcosa che lei vuole. O forse, e più probabilmente, stanno minacciando qualcuno che lei ama."

Simon annuì. "E' quello che penso anche io. Clary sta tradendo il Conclave, le toglieranno i Marchi se lo scoprono. Non può essere la sua famiglia perchè Jocelyn e Luke sono a Idris e non credo che possano essere minacciati lì, ci sono troppi Nephilim. Quindi questo significa... che stanno minacciando noi."

"Quindi qualcuno di noi, o magari tutti quanti, ha sulla testa una condanna a morte da parte della Regina della Corte Seelie. Fantastico." Magnus scosse la testa. "Improvvisamente sono felice che Max non sia qui anche se voglio sperare che non si azzarderebbero a toccarlo. Deve esserci qualcosa di più però. Intendo, se abbiamo ragione, stanno minacciando quattro Cacciatori e il Sommo Stregone di Brooklyn. Devono avere un piano a prova di bomba per spaventare Clary al punto da farla spiare per loro."

"A dir la verità," Simon esitò, realizzando improvvisamente una cosa, "forse è più semplice di quando sembri. Jiliel è il contatto di Clary. E Kaelie è la sorella di Jiliel."

"E Kaelie al momento sta uscendo con Jace." Lo stregone completò il pensiero.

"Punta tutto a Jace, giusto? Quale modo migliore di minacciare Clary? Ha senso anche con la tempistica: Clary ha rotto con lui quasi sei mesi fa, poco dopo la morte di Will. E Jiliel ha detto che lei è la loro informatrice da qualche mese. Deve aver lasciato Jace per tenerlo lontano da lei, così che non scoprisse cosa stava facendo."

"E poi Kaelie è apparsa per prendersi cura del suo cuore infranto. E per pugnalarlo, se Clary dovesse ribellarsi." Magnus stava scuotendo la testa però. "Non ha comunque senso. Prima di tutto non potevano essere sicuri che Jace iniziasse a frequentarla. E secondo, stiamo parlando di Jace Herondale. Pensi davvero che una fata come Kaelie Whitewillow possa mai trovarsi nella posizione di fargli del male? Anche se cercasse di ucciderlo nel sonno? O che una fata qualunque potrebbe riuscirci? Jace è il miglior Cacciatore mai esistito, non è di certo un bambino che..."

Mentre Magnus continuava a parlare, Simon smise di ascoltare, la sua mente concentrata su un pensiero che continuava a eluderlo. Di cosa si trattava? Sapeva che era importante, se lo sentiva. Ce l'aveva sulla punta della lingua eppure non riusciva a focalizzarlo. Si concentrò sul momento in cui aveva sentito quell'improvvisa lampadina accendersi nel suo cervello e cercò di ricreare quel processo mentale: Magnus aveva detto che era improbabile che qualcuno minacciasse Jace perchè Jace...

"Oh mio Dio, Magnus..." Simon lo interruppe impallidendo improvvisamente, come se stesse per sentirsi male. Un bambino, aveva detto Magnus. Jace non era un bambino. Ma qualcun altro lo era. Qualcun altro era stato un bambino.

Lo stregone lo guardò inarcando le sopracciglia. "Beh ti ringrazio ma non sono un dio veramente..."

"Will. E' cominciato tutto con William!" Simon era quasi frenetico ora. "Non abbiamo mai scoperto che cosa lo affliggesse. Abbiamo provato di tutto, tu hai provato con la magia, abbiamo chiamato i Fratelli Silenti, Alec ha perfino chiesto a Lily e Maya e nè i vampiri, nè i licantropi sono riusciti a fare qualcosa. Non abbiamo mai trovato una cura per la sua malattia."

Magnus impallidì a sua volta, alzandosi in piedi di scatto. "Pensi che siano state le fate? Che in qualche modo loro..." Non aggiunse altro, girandosi e lanciandosi verso la sua biblioteca. "Aiutami. Quali erano i sintomi?"

"Febbre. Convulsioni. Vomito. Clary ha detto che è diventato sempre più debole fino a quando una convulsione non gli ha fermato il cuore." Simon cercò di parlare in maniera spassionata ma all'ultimo momento gli si ruppe la voce, come se fosse sul punto di piangere.

Magnus gli lanciò un'occhiata comprensiva, continuando a guardare i suoi libri. "Eccolo," disse, tirandone fuori uno. "Non ho mai pensato al Popolo Fatato, non ho mai pensato che... William non aveva nemmeno due anni!" Girava una pagina dietro l'altra, gli occhi che saettavano sulle parole. Poi si fermò e quando sollevò lo sguardo sembrava essere pronto a star male insieme a Simon.

"Veleno. Si è trattato di veleno." Sussurrò, porgendo il libro allo Shadowhunter.

"Kohl," lesse Simon, guardando la foto di una foglia piccola e marrone. "Rara pianta che cresce solo nel regno fatato. Viene usata per la preparazione del veleno Kohl. Il veleno deve essere iniettato sotto la pelle per avere effetto e tipicamente viene inoculato tramite una cerbottana. I sintomi si manifestano tre giorni dopo l'infezione e sono: febbre alta, vomito, convulsioni. Le convulsioni sono lo stadio finale e aumentano in durata e comparsa fino a quando il cuore smette di battere. L'unico antidoto consiste nella stessa pianta, bollita e filtrata e somministrata sotto forma di infuso. L'antidoto ha un effetto temporaneo e deve essere bevuto tutti i giorni per avere effetto. Nonostante questo non sia permanente, l'antidoto offre sollievo immediato dai sintomi, permettendo alla persona avvelenata di riprendere le forze. A oggi non si conosce nessun antidoto definitivo."

Sulla stanza scese il silenzio finchè Simon sussurrò, le mani tremanti e a malapena capaci di reggere il libro. "Hanno ucciso un bambino. Hanno ucciso un bambino innocente e indifeso."

"E poi hanno minacciato Clary di fare lo stesso con Jace. O con tutti noi, per quel che ne sappiamo."

"Clary ha lasciato Jace per proteggerlo." Realizzò Simon. "Se lui avesse mai scoperto il motivo della morte di Will, avrebbe cominciato una guerra, rendendo la missione della sua vita uccidere la Regina della Corte Seelie. Ed è per questo che ha lasciato l'Istituto, non voleva che noi sapessimo che la stavano ricattando per costringerla a spiare per l'assassina di suo figlio. Oh Dio, la mia Clary... dobbiamo dirlo a Jace, dobbiamo porre fine a tutto questo."

"Questa è una cattiva idea." Magnus si sedette lentamente. "Jace impazzirebbe, come hai detto. Non solo suo figlio è morto, ma sua moglie viene ricattata e, da quanto mi hai raccontato, violentata regolarmente da un fatato. Dobbiamo saperne di più prima di dirglielo. Dobbiamo scoprire i piani del Popolo Fatato, e come fermarli senza farci uccidere. Se stanno usando questo tipo di veleno, possono colpire ovunque, in qualunque momento uno di noi sia all'aperto, e non possiamo prevenirlo in alcun modo. L'unico luogo dove forse potremmo essere al sicuro è Idris, al momento. Ed è esattamente dove dirò a Catarina di portare mio figlio. Immediatamente. Se le fate hanno colpito Will, vuol dire che non si fermeranno veramente davanti a nulla."

Prese il telefono continuando però ad ascoltare Simon.

"E se raccontassimo la verità sulla morte di Will al Conclave? Era solo un bambino, ma era un Cacciatore ed è stato assassinato dal Popolo Fatato." Simon camminava avanti e indietro, aprendo e chiudendo i pugni. Era furioso.

"E' stato ucciso per mezzo di un veleno delle fate." Magnus lo corresse. "Non possiamo provare che siano stati i fatati a usarlo, potrebbero averlo venduto a qualcuno. Non possiamo accusarli senza accusare Clary di conseguenza, perchè è il suo coinvolgimento che porterebbe alla luce la verità. Ma lei morirebbe."

"Dannazione!" Gridò Simon, frustrato. "Deve esserci qualcosa che possiamo fare! Non posso lasciare che quello sporco... sudicio... non posso permettere che continui a farle del male!"

"Dille del matrimonio." Suggerì lo stregone. "Diglielo e poi falle chiedere aiuto da Isabelle, che le faccia pensare che ha bisogno di lei giorno e notte per preparare tutto. In questo modo forse possiamo limitare il tempo che passa con Jiliel, ma per lo spionaggio per ora non possiamo fare niente."

"Mi andrà bene tenerla lontano da quel fatato per ora. Non sopporto l'idea che la tocchi ancora. Lo ucciderò, lo giuro."
"Prendi il numeretto." Magnus rispose, scuro in volto. "Troverai la coda."

 

***

Faceva freddo quella notte, ma era dicembre quindi c'era da aspettarselo. La runa per scaldarsi arrivava solo fino a un certo punto ma mentre correva Jace si accorgeva a malapena dell'aria frizzante. La spada angelica splendeva nelle sue mani e la stregaluce di Alec illuminava la via, permettendo loro di seguire la scia di icore che stava lasciando il demone mutaforma che aveva appena svoltato l'angolo. La freccia di Alec gli spuntava ancora dalla gamba, rallentandolo al punto che Jace lo raggiunse facilmente, tagliandogli la gola con un gesto secco. Un secondo dopo nella stradina buia non erano rimasti altro che i due giovani, del demone non c'era più traccia.

"Perlomeno non siamo rimasti fuori per niente stanotte." Commentò Jace. "Fa dannatamente freddo e abbiamo girato per ore per trovare quel bastardo."

"Stai diventando una nonnina, Jace?" Alec sghignazzò, le sue mani ancora strette sull'arco. "Vuoi la borsa dell'acqua calda? O preferisci qualche coccola?"

Ah si, il nuovo Alec, pensò Jace, guardando il suo parabatai e sorridendo. Stare con Magnus così a lungo aveva portato alla luce una parte di Alec che in pochi avevano mai visto, il suo lato allegro, giocherellone. Alec scherzava ora, rideva, sorrideva... e l'ombra di quegli anni passati a negarsi la felicità che meritava e a credere di essere innamorato di Jace, ora erano nel passato. E poi c'era Max: essere genitore aveva cambiato suo fratello e per il meglio.

"Sapevo che avresti ceduto prima o poi. Chi può resistere a tutto questo, dopotutto?" Jace rise, indicandosi. "Scappiamo insieme per vivere il nostro amore proibito in un luogo dove nessuno potrà mai trovarci!"

"Sarà meglio che nessuno ci trovi perchè Magnus ti trasformerebbe in un attaccapanni per il resto della tua vita!"

"E Kaelie ti farebbe a brandelli con i denti."

Il sorriso di Alec svanì nel sentire menzionare la fata e lui guardò Jace, improvvisamente serio.

"Oh no, non di nuovo quella faccia." Si lamentò Jace, sollevando gli occhi al cielo. "Non avremo questa conversazione, Alec."

"Si invece. Me ne devi una dopo quella volta ad Alicante, a proposito di Magnus, ricordi?" Alec si allineò di fianco a Jace, i due invisibili Shadowhunter che scivolavano con grazia per la strada.

"Beh non ne ho bisogno. Sto benissimo."

"Ti prego." Alec sbuffò. "Puoi imbrogliare Isabelle ma non me. Ti conosco meglio di quanto ti conosca tu stesso a volte."

"Non è una di quelle volte, pare." La voce di Jace si stava raffreddando, ma Alec non aveva intenzione di mollare.
"Tu non la ami. Posso capire che sia una sorta di distrazione, dopo tutto quello che è successo, ma perchè stai pensando di trasferirti da lei?"

"Cosa ti fa credere che non la ami? E' una brava ragazza."

Alec gli lanciò un'occhiata che la diceva lunga e Jace alzò di nuovo gli occhi al cielo. "D'accordo, va bene, forse non la amo. Ma ho comunque bisogno di stare con lei." Fece una pausa mordendosi il labbro, come se avesse appena detto qualcosa che non aveva avuto intenzione di lasciarsi scappare. "E comunque, cosa dovrei fare? Ciondolare per il resto della mia vita?"

"Sai cosa dovresti fare, Jace." La voce di Alec era ferma, ma i suoi occhi erano gentili mentre guardavano il fratello.

Il viso di Jace si fece di pietra. "Non posso. E niente cambierà questa realtà."

"Sai, parlare con te e Clary è terribilmente frustrante." Alec alzò le braccia al cielo. "Siete entrambi decisi a soffrire per sempre."
"Lascia stare Clary." Jace afferrò il suo parabatai per il braccio, uno sguardo pericoloso negli occhi. "Ne ha passate abbastanza e questi non sono affari vostri, quindi lasciatela in pace. E anche me."

"Jace..."
"Vado a casa. Ciao Alec."

Si allontanò il più velocemente possibile, con un sapore amaro in bocca. Si, Alec aveva ragione, sapeva cosa doveva fare agli occhi dei suoi amici. E c'erano poche cose che volesse di più di riavere indietro Clary. Ma non poteva, non in questa vita. Erano entrambi condannati a soffrire, a essere puniti per aver anche solo cercato di essere felici. Era così che sarebbe andata e nessuno poteva farci niente.

L'Istituto era pieno di ricordi, pensò entrando. Non biasimava Clary per essersene andata e anche se le ragioni per cui lui stava considerando di lasciarlo erano diverse da quelle di lei, poteva ammettere che i ricordi ne costituivano una grossa parte. Ogni angolo, ogni corridoio gli faceva tornare in mente una vita che non gli apparteneva più. Nel suo cuore erano incisi ogni bacio, ogni risata. E William. I suoi primi passi, i suoi sorrisi, i suoi giochi sparsi dappertutto.

Jace respinse l'improvviso groppo in gola e si diresse verso la sua stanza ma accanto alla camera di Isabelle si fermò, sentendo un suono che pensava non avrebbe mai più udito: la voce di Clary, la sua risata. Era lì dentro con Izzy.

Il suo cuore mancò un battito e lui smise di muoversi come fosse rimasto incollato al pavimento: cosa ci faceva lì? A quell'ora? Perchè era lì?

Mentre le risate continuavano, si appiattì lungo il muro. Per l'Angelo, quanto gli era mancato quel suono. Quanto gli mancava lei. Chiuse gli occhi, fingendo di essere in un altro luogo, in un altro tempo e lasciò che la risata di Clary lo guidasse in un ricordo felice: improvvisamente fu proiettato all'ultima estate che avevano passato tutti insieme. Era di nuovo al parco, con la risata di William nelle orecchie mentre lui correva sull'erba sulle sue gambette, inseguendo Clary che stava fingendo di scappare da lui. Il piccolo era poi sollevato in aria fra le sue braccia mentre giocavano all'aeroplano. William rideva ancora aprendo le braccia nel vento, i riccioli biondi intorno al viso.

"Izzy, è ora di dormire, sai?" La voce di Clary interruppe la sua fantasia e Jace si asciugò in fretta la lacrima che gli scorreva lungo la guancia. "La mia vecchia stanza singola è ancora disponibile?"

 Il cuore di Jace mancò un altro battito e lui si incamminò velocemente verso la sua camera, attento a non farsi sentire. Clary avrebbe dormito lì, nell'Istituto. Non sarebbe andata a casa. Sarebbe stata lì, a solo qualche porta di distanza. Così vicina. Così dannatamente vicina.

Si chiuse in camera e si appoggiò alla porta, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi. Sentì la porta di Izzy aprirsi e chiudersi e poi i passi leggeri di Clary che si avvicinavano. Il battito del suo cuore accelerò fino al punto che pensò gli sarebbe esploso fuori dal petto e lui si morse le labbra fino a farle quasi sanguinare.

Non posso. Non posso. Non posso. Non posso.

Continuò a ripetersi quelle parole ancora e ancora, ma quando Clary passò la sua porta per dirigersi verso la sua stanza, la sua mente si svuotò e il puro istinto prese il sopravvento. Aprì la porta di scatto, afferrò Clary per il braccio e la tirò dentro. Prima che lei potesse dire una sola parola, chiuse la porta con un calcio, ce la gettò contro e la baciò, afferrandole le mani e bloccandogliele sopra la testa. Il suo corpo la schiacciò contro il battente, tenendola ferma, mentre le sue labbra le reclamavano la bocca con disperazione, brama, desiderio. Clary reagì immediatamente, prima riempiendolo di calci, poi cercando di liberarsi della sua stretta, ma quando sentì la lingua di lui sfiorarle le labbra, tutta la sua determinazione svanì all'improvviso e lei si ritrovò a rispondere al bacio con lo stesso fervore.

Jace le lasciò le mani e scese sul suo collo quasi divorandola, avvolgendo le braccia intorno alla vita di lei e schiacciandola contro di lui a tal punto che le sembrò di essere sul punto di fondersi con lui.

"Jace.. Jace ti prego..." sussurrò cercando di fermarlo, inconsapevole che le sue mani erano ora aggrappate alle spalle di lui e che lo stavano avvicinando a lei quanto più possibile.

"Mi manchi. Mi manchi così tanto." Gemette lui fra i baci, le mani che scivolavano sotto la maglietta, toccandole la pelle nuda della schiena. Lei rabbrividì e un gemito le sfuggì dalle labbra ma quando la maglietta cadde a terra e Jace le appoggiò le mani sul seno, le immagini di Jiliel che la spogliava, che le faceva del male, che la costringeva, presero il sopravvento e lei spinse via Jace con una negazione strozzata, le lacrime che le pungevano gli occhi.

Jace la guardò sorpreso ma quando vide la sua faccia, lo stupore cedette presto il posto alla preoccupazione.

"Clary?" Chiamò incerto.

"Non possiamo..." sussurrò lei, recuperando la maglietta e rimettendosela addosso, cercando di riprendere fiato. "Mi dispiace, mi manchi da morire, ma non possiamo."

Lui non disse niente per qualche momento poi le accarezzò i capelli, piegandosi in modo da appoggiare la fronte alla sua. "Mi sento morire Clary. Non so quanto ancora potrò andare avanti a vivere così."

"Dobbiamo farlo. Non abbiamo scelta." Lei aveva gli occhi chiusi, le lacrime che scendevano silenziose.

Jace sospirò, cercando di calmare il battito furioso del suo cuore e poi la abbracciò con forza, seppellendo la faccia fra i riccioli rossi. "Dimmi che mi ami, Clary. Dimmi che tutto questo ti sta uccidendo quanto sta uccidendo me. Ho bisogno di sentirti dire che mi ami."

"Ti amo più di quando si possa immaginare," singhiozzò lei fra le sue braccia, "non passa giorno senza che non ti pensi, senza che non ti desideri. Mi manchi così tanto Jace, mi manca tutto così tanto."

"Allora resta con me stanotte." Sussurrò lui fra i suoi capelli. "Non lo saprà nessuno. Jiliel non lo saprà, Kaelie non lo saprà, pensano tutti che sia fuori con Alec stanotte. Rimani Clary, ho bisogno di te."

Lei scosse la testa, ancora in preda ai singhiozzi. "Non possiamo Jace. Io non posso."

Lui la strinse più forte ma Clary si districò dalle sue braccia e si girò, le mani chiuse a pugno.

"Clary..."

"No , non capisci." Tremava ora. "Lo voglio, Dio sa che lo voglio... ma non riesco."

Qualcosa, nella quieta disperazione della sua voce gli fece aggrottare la fronte e poi i suoi occhi si spalancarono. Jace la fece voltare verso di lui, le mani sulle spalle.

"Ti ha fatto del male." Disse, la voce ferma ma bassa. "Ti ha fatto del male, vero?"

Quando lei non rispose, lui la attirò di nuovo nel suo abbraccio, stringendola disperato. "Per l'Angelo Clary, perchè non me l'hai detto? Da quanto tempo?"

"Fin dall'inizio." Rispose lei, sussurrando così piano che lui quasi non riuscì a sentirla.
"Lo ucciderò," giurò, "fosse l'ultima cosa che faccio, lo ucciderò."

Lei scosse la testa, nuove lacrime che le scivolavano lungo le guance. "Jace non puoi, sai che non puoi."
"Ma non posso lasciare che quel verme ti tocchi ancora, Clary..."

"Si, puoi." Lei sollevò lo sguardo e gli prese il viso fra le mani, guardandolo negli occhi. "Devi. Esattamente come io devo sopportare l'idea di te e Kaelie insieme, così devi fare tu. Sono forte, posso sopportarlo. Per tutto il tempo che sarà necessario."

Lui non disse niente per un lungo momento, come se stesse cercando le parole giuste, ma poi l'abbracciò di nuovo, bisognoso di sentirla contro di lui. "Troverò un modo. Ci sto lavorando. Te lo prometto, Clary, troverò un modo di uscire da questo incubo."

"Tienimi stretta," gli disse lei a bassa voce, "tienimi stretta, Jace. Tienimi vicina. Non credo di poter affrontare domani se non mi abbracci ora. Ti prego."

E lui lo fece. Lo fece tutta la notte, tenendosela vicino, accarezzandole i capelli, ascoltandola respirare insieme a lui. Nessuno dei due dormì quella notte. Domani l'incubo sarebbe iniziato di nuovo, più terribile che mai, ma stanotte ognuno di loro aveva l'altro. Anche se solo per qualche ora rubata.

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Capitolo 5
*** L'ora più agognata ***


Alec si chiuse silenziosamente la porta alle spalle, togliendosi la sciarpa e appendendola all'attaccapanni. Era triste e non sapeva cosa fare: era ovvio che Jace stava soffrendo e l'impossibilità di aiutare il suo fratello e parabatai gli spezzava il cuore.

Forse era solo troppo presto, ragionò. Poteva capire che, con la morte di Will così recente, Jace e Clary avessero bisogno di tempo per superare il dolore, ma non avrebbero dovuto farlo insieme? Non erano forse più forti insieme che separati? Sapeva che se qualcosa di così terribile fosse successo a Max, lui avrebbe avuto bisogno di Magnus giorno e notte perchè lui era la sua forza e il suo coraggio. Non sarebbe mai stato in grado di affrontare un trauma simile da solo. Eppure Jace e Clary sembravano determinati a rimanere separati, anche se era ovvio a chiunque avesse occhi per vedere che erano ancora innamorati l'uno dell'altra. Di tutte le coppie che conosceva, loro erano una delle poche che Alec era sicuro sarebbero rimaste insieme per tutta la vita. Era solo una pausa temporanea, si disse, avevano solo bisogno di tempo.

Lo Shadowhunter entrò in soggiorno ma si fermò sulla porta. Magnus era seduto sul divano ma pareva che avessero anche un ospite: Simon, il quale era seduto sul pavimento, la schiena appoggiata al muro. Aveva un libro aperto accanto alla gamba e quando sia lui sia Magnus si girarono a guardarlo, pallidi e seri, il suo cuore accelerò i battiti.

"Che succede?" Chiese, temendo la risposta. Era successo qualcosa a Max? Ma avrebbe dovuto essere al sicuro con Catarina!

"Problemi." Fu tutto quello che Magnus rispose, dicendogli con gli occhi di sedersi.

"Max sta bene? E Izzy?" Chiese ancora Alec, non vedendo altra ragione per la presenza di Simon.

Simon scosse la testa con un pallido sorriso. "Stanno bene. E' Izzy che mi ha mandato qui a parlare con te e con Magnus."
"Parlarci di cosa? Che succede?"

Qualunque cosa fosse, non potevano essere buone notizie e a giudicare dall'aspetto del suo compagno, che di solito era calmo e compassato, si trattata di sicuro di qualcosa di orrendo: l'ultima volta che Magnus era stato così pallido, stava morendo a Edom.

"Abbiamo scoperto perchè Clary ha rotto con Jace e non è il motivo che ha raccontato a tutti." Disse Magnus, senza inflessioni nella voce; era come se la sua mente fosse altrove e la sua bocca parlasse con il pilota automatico.
"Cosa vuoi dire?" Chiese Alec, sedendosi lentamente su una delle sedie del salotto. Aveva la sensazione che ne avrebbe avuto bisogno.

"Io e Izzy l'abbiamo sentita parlare con Jiliel stasera." Rispose Simon. "Non è il suo ragazzo, è il suo contatto con la Corte Seelie. Clary sta spiando per loro. La Regina della Corte Seelie la sta ricattando, minacciando di uccidere Jace, o forse tutti quanti noi. Con questo." Gli gettò il libro e Alec lo prese, aprendolo alla pagina che Simon stava guardando. Nel leggere la descrizione del veleno cominciò a sentirsi male, il ventre attorcigliato in una morsa dolorosa.

"Come..." cominciò a chiedere prima di capire. La verità lo colpì come un pugno nello stomaco. Guardò i due uomini, gli occhi spalancati e il libro gli sfuggì dalle mani.

"Non può essere." Sussurrò. "Vi prego, ditemi che non è quello che sto pensando. Ditemi che non hanno fatto una cosa simile."

Magnus lo guardò annuendo appena e Alec sprofondò la testa fra le mani, chiudendo gli occhi. "Bastardi. Come hanno potuto... ha sofferto così tanto, il dolore era così lacerante..." Sollevò la testa improvvisamente. "Jace lo sa? Sa cosa è successo? E cosa vuol dire che Clary sta spiando per le fate? E, per l'Angelo, dobbiamo portare Max in un posto sicuro..."

"Max sta bene, ho già parlato con Catarina." Magnus si strinse il naso fra le dita."Lo porterà ad Alicante e lo terrà nascosto là per un po'. Sa che non deve dire a nessuno dove sono."

Simon sospirò, appoggiandosi di nuovo al muro. "E pensiamo che Jace non ne sappia niente o sarebbe preda di una furia omicida. Lo conosci. Sapere che suo figlio è morto in quel modo lo farebbe impazzire."

"Per quanto riguarda Clary," aggiunse Magnus, "sta passando alla Regina della Corte Seelie le informazioni che riceve agli incontri del Consiglio. Non sappiamo da quanto tempo, ma è logico presupporre che vada avanti dalla morte di Will."

Alec si passò una mano fra i capelli cercando di concentrarsi, anche se continuava a vedere immagini del pallido visino di William nei suoi ultimi giorni. Il suo povero nipotino, assassinato a sangue freddo da quei traditori. Se Jace avesse deciso di ucciderli tutti, Alec sarebbe stato proprio lì al suo fianco.

 "Quindi le fate stanno progettando di infrangere il trattato e dichiarare guerra al Conclave. E se cerchiamo di avvertirli, Clary verrà esposta e uccisa."

"Si." Annuì Magnus.

Cadde il silenzio sulla stanza per qualche minuto, fino a quando Alec sollevò nuovamente gli occhi. "Dobbiamo dirlo a Jace."

"Alec..." Simon lo guardò allarmato.

"No, non capite." Alec li fissò entrambi. "Dobbiamo. Lo conosco e se mai scoprisse che gli abbiamo tenuto nascosta una cosa del genere, è finita. E Clary... deve essere informato. Deve sapere cosa sta passando."

"Alec sei sicuro che sia una buona idea?" Magnus sembrava preoccupato. "Jace potrebbe fare qualcosa di affrettato se gli diciamo tutto."

Lo Shadowhunter dagli occhi azzurri si alzò e cominciò a girare in circolo. "Saremo con lui, lo costringeremo a pensare. Jace ha una mente tattica, riusciremo a fare in modo che la usi. E poi troveremo un modo di uscire da questo disastro e farla pagare alla Regina per quello che ha fatto a William. Izzy lo sa?"

"Non di Will." Rispose Simon. "Io e Magnus lo abbiamo capito solo quando sono venuto qui."

"D'accordo. Allora lo faremo come prima cosa domani mattina. Prima è, meglio è."

Annuirono tutti, anche se Simon non sembrava convinto, ma Alec sapeva che era la cosa migliore. Jace doveva essere informato e doveva saperlo immediatamente. Non c'era solo Clary in ballo, anche lui era in pericolo, dopotutto stava uscendo con Kaelie che era la sorella di Jiliel e...

Alec si fermò, inalando bruscamente mentre diversi pezzi del puzzle andavano al loro posto. "Lo sa." Espirò con calma. "Jace sa già tutto."

"Cosa?" Esclamarono insieme Magnus e Simon.

"Pensateci." Alec parlava lentamente ora, come se stesse cercando di seguire i suoi pensieri e ricavarne un senso. "Esce con Kaelie che, guarda caso, è la sorella di Jiliel. E ha cominciato a frequentarla più o meno quando Clary ci ha detto di aver cominciato a vedere Jiliel."

Simon sollevò un sopracciglio. "E' una strana coincidenza, ma..."

"Non ha mai cercato di riprendersi Clary. Mai. Questo non è affatto da Jace, mi aspettavo che facesse una mossa verso di lei prima o poi, ma non l'ha mai fatto." Alec scosse la testa. "So che l'ama ancora, non riesce a nasconderlo. E tuttavia lascia che lei stia con Jiliel. Mi ha sempre detto che voleva rispettare la decisione di Clary ma ora penso che sapesse che lei non aveva scelta. Jace è un tipo geloso, non lascerebbe mai che un altro uomo tocchi sua moglie. E non hanno mai rimosso le rune del matrimonio! Sa tutto. Deve essere così."

"Allora perchè non fa niente?" Si chiese Simon.

"Sta facendo qualcosa." Rispose Magnus, cominciando a capire. "Esce con Kaelie. Clary è il contatto delle fate e Jace sta cercando di fare di Kaelie il suo informatore. Ecco perchè sta pensando di trasferirsi da lei: vuole farla innamorare in modo che lei lo aiuti a rovinare i piani della Regina e a salvare Clary."

"Come ho detto, Jace ha una mente tattica. Pensa in maniera strategica." Alec annuì, quasi sorridendo ora. "Ha un piano e lo sta mettendo in pratica."

"Perchè non ce l'ha detto allora?" Simon si alzò dal pavimento e stavolta sembrava furioso. "Avremmo potuto aiutarlo e magari sarei riuscito prima a separare Clary da quel mostro stupratore."

Alec si girò di scatto verso di lui. "Jiliel le sta facendo del male?"

Simon annuì. "Io e Izzy siamo arrivati all'appartamento di Clary proprio nel momento in cui stava per violentarla. E da quanto abbiamo sentito, l'ha già fatto prima."

"Quel bastardo!" Gridò Alec, il corpo che tremava dalla rabbia. "Lo ucciderò così tanto che ritornerà dai morti solo per morire di nuovo!"

"Te l'ho detto che avresti dovuto prendere il numeretto, Seamus." Magnus disse sottovoce.

 ***

 "Il sole sta sorgendo." Disse piano Clary, ancora fra le braccia di Jace. Aveva gli occhi chiusi, ma poteva sentire l'alba nell'aria. "Dovrei andare prima che si svegli Izzy."

"Rimani ancora qualche minuto." Le sussurrò lui fra i capelli. "E' ancora buio fuori. E dovremo andare comunque fra poco."

Lei annuì, accarezzandogli il braccio. "Sei pronto per oggi?"

Non era necessario ricordargli quale giorno fosse, sapeva che era scolpito nel cuore di Jace tanto quando era scolpito nel suo. Una volta al mese. Solo una volta al mese. E solo per un'ora. Era l'ora che più desideravano e allo stesso tempo quella che più temevano.

"No." La sua voce si spezzò ma la stretta su di lei si rafforzò. "Non sono mai pronto. Ogni volta non fa che uccidermi di più."

"E tuttavia non riesci a tirarti indietro. Lo so. Non ci riesco nemmeno io. Mi uccide, ma voglio andare lo stesso. Ne ho bisogno."

"Ci siamo quasi, Clary. Te lo giuro. Kaelie comincia ad ammorbidirsi e se riesco a trasferirmi da lei avrò più tempo per convincerla. Fidati di me."

Lei smise di accarezzarlo e sospirò. "Non voglio sapere niente Jace. Non voglio immaginarti con lei, non fa altro che spezzarmi di più il cuore."

Lui le appoggiò gentilmente la mano sul viso, facendole sollevare gli occhi. "Ancora non l'ho fatto, Clary. Non ho ancora dormito con lei."

"Non ancora." Ripetè lei e Jace annuì, il dolore chiaro nei suoi occhi.

"Si. Sai che lo farò se ci sarò costretto, se penserò che possa aiutarci. Non mi fermerò davanti a niente per avere successo. Anche se significa corrompere la mia anima oltre ogni redenzione. Ma Clary," le dita sulla sua guancia premettero leggermente, gli occhi di lui fissi nei suoi. "Ogni volta che sono con lei, ogni parola che le dico, qualunque cosa... non è per lei. Sono con te. E' a te che sto parlando. Ci sei tu nella mia anima, sei tu quella che amo. Sempre. E immaginarti davanti a me è l'unico modo in cui riesco a stare con lei."

Clary cercò di sorridere ma fallì, così chiuse semplicemente gli occhi e gli sfiorò le labbra con il fantasma di un bacio. Lui respirò sulle sue labbra, muovendosi contro la sua bocca dolce e lento, tenendola stretta.

"Verrà lei con noi, oggi." Jace sussurrò di nuovo. "Potrebbe essere un bene che ci veda in quella situazione. Che veda me così."

"Speriamo che abbia un cuore allora. A differenza della sua Regina." Clary sussurrò a sua volta. E poi nessuno dei due parlò più.

Lasciarono l'Istituto presto quella mattina, il sole era appena sorto, ma sapevano che avevano una lunga strada da percorrere: camminare fino al parco invece di guidare o prendere la metropolitana era parte di una specie di rito privato. Avevano entrambi bisogno di tempo per prepararsi, per rafforzare i loro cuori perchè non si spezzassero. Non parlarono mai, ma ogni tanto si tennero per mano, per trarre forza l'uno dall'altra. Quando raggiunsero Central Park inspirarono a fondo prima di dirigersi verso un cerchio particolare di alberi.

"Kaelie," Jace la chiamò sottovoce. "Siamo arrivati."

La fata dagli occhi blu comparve dal nulla, sorridendo allo Shadowhunter e non guardando mai Clary.

"Com'è andata stanotte?" Chiese, avvicinandosi a Jace.

"Tutto bene. Un paio di demoni hanno mangiato la polvere." Jace le rivolse un sogghigno ma poi tornò serio. "E' ora di andare?"

"Si." Annuì lei, guardandoli entrambi ora. Il suo viso non aveva espressione ma Clary pensò di scorgere un'ombra di pietà nel suo sguardo. Senza dire niente, Clary prese la mano di Jace in una delle sue e quella di Kaelie nell'altra. La fata chiuse il cerchio afferrando la mano di Jace e improvvisamente erano spariti.

Quando riaprirono gli occhi, erano alla Corte Seelie. Kaelie cominciò a camminare e loro la seguirono, i loro cuori che aumentavano i battiti con ogni passo, speranza e agonia che prendevano il sopravvento dentro di loro.

Infine la fata si fermò e segnalò loro di continuare fino a spuntare su una balconata. Sotto di loro c'era una stanza circolare dipinta in colori vivaci dove piccole fate alate stavano giocando, ridendo con le loro vocine sottili. E là sotto, a correre sulle sue gambette in mezzo al pavimento coperto di giocattoli, c'era un bambino che inseguiva le fate.

Gli occhi di Clary si riempirono di lacrime e lei afferrò la mano di Jace cercando di rimanere ferma sulle gambe.

Il bimbo aveva lunghi, morbidi riccioli biondi e sembrava felice, ridendo mentre correva.

La mano di Jace rafforzò la sua stretta e Clary seppe senza guardare che stava piangendo, come lei.

Guardò il bambino, mormorando dolcemente un'unica parola, ancora e ancora, come una preghiera.

William.

William.

William.

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Capitolo 6
*** Una punizione peggiore della morte ***


Tornare all'Istituto dopo aver visto William era sempre molto difficile per Jace. Nè lui nè Clary avevano il permesso di toccare il loro bambino o di parlargli, potevano solo spiarlo, guardarlo giocare, mangiare, dormire. E dopo quell'unica ora erano costretti ad andarsene, a tornare alle loro vite vuote, con il cuore nuovamente spezzato e destinati a soffrire da soli, perchè non potevano parlarne con nessuno. Le loro famiglie non potevano sapere e, mentre Clary poteva semplicemente tornare a casa e passare il resto della giornata a piangere da sola, Jace era costretto a tornare all'Istituto e fingere che fosse tutto a posto. Come in quel momento.

Inspirò a fondo nell'ascensore e quando ne uscì era preparato a essere il suo solito se stesso in modo che nessuno sospettasse nulla. Si diresse verso la sua stanza per cambiarsi prima di andare in palestra; aveva bisogno di allenarsi, di sfogarsi, di perdersi facendo qualcosa di fisico.

"Jace!" Una voce dietro di lui lo fermò e Jace aggrottò le sopracciglia vedendo Isabelle. "Dov'eri? Ti ho chiamato tutta la mattina!"

Ero a trovare mio figlio, che è prigioniero alla Corte Seelie. Scusa tanto se ho dimenticato di portarmi dietro il telefono, nella mia unica ora al mese di visita.

Jace soffocò la risposta istintiva e costrinse il viso in un'espressione neutrale. "Ero fuori e ho lasciato qui il telefono. Avevi bisogno di qualcosa?"

"Si." Annuì lei con forza. "Vieni con me, devo farti vedere una cosa."
"Non possiamo farlo più tardi? Volevo cambiarmi e andare ad allenarmi."

"No, non può aspettare. Vieni, è importante."

Jace scrollò le spalle e la seguì, cercando di apprezzare la distrazione. Non era la stessa cosa di allenarsi, ma forse sarebbe riuscito comunque ad alleviare il dolore concentrandosi su qualcos'altro. Si accorse che si stavano dirigendo verso la biblioteca e ne fu leggermente sorpreso: Isabelle non era mai stata un'amante dei libri, cosa doveva mostrargli proprio lì?

"Che succede?" Chiese alla fine, quando vide la piccola riunione attorno a uno dei tavoli: Alec era presente e anche Magnus e Simon.  Isabelle chiuse la porta a chiave dietro di lui e Jace notò che l'espressione della sorella era passata da amichevole a seria. Molto seria. Furiosa perfino.

"Jace, vieni qui." Alec lo chiamò, facendo un passo verso di lui.

"Cos'è, una specie di Intervento? Capisco che sia la moda del momento, ma non è che ne abbia bisogno." Cominciava a irritarsi.

"Abbiamo qualcosa di cui parlarti." Gli disse Isabelle, continuando a rimanere al suo fianco. Lui notò che era armata, aveva in mano la sua frusta e sembrava pronta a colpire.

Sollevò il sopracciglio, guardandosi intorno: Simon e Alec non sembravano armati, e Magnus era tranquillo come sempre, ma nell'aria c'era qualcosa di strano. Qualcosa non andava. "Pensavo che volessi mostrarmi qualcosa."

"Si beh, ho mentito." Rispose lei con calma, mettendogli una mano sulla schiena e spingendolo leggermente in avanti. "Andiamo."

Lui si fermò e si allontanò di un passo. "Non credo di voler stare a sentire niente di tutto questo."
"E' un peccato, perchè lo farai comunque." Gli disse Simon con un tono velenoso che sorprese Jace.
Si, c'era decisamente qualcosa che non andava.

"Sei arrabbiato, Lovelace?" Gli chiese per deriderlo. "Isabelle ti ha di nuovo battuto in allenamento?"

"Sei un idiota, Jace." Ora Simon si stava dirigendo verso di lui, così furioso da sembrare sul punto di uccidere. "Quando pensavi di dircelo? Quando pensavi di dircelo?"

"Dirvi cosa esattamente?" Chiese lui, mentre il battito del suo cuore subiva un'impennata. Non poteva essere. Non potevano averlo scoperto.

"Clary." Ringhiò Simon, fermandogli il cuore. "Sappiamo tutto. Sappiamo cosa sta facendo."

"E cosa sta facendo?" Chiese lui di nuovo, ritirandosi dietro mura emotive che aveva già collaudato diverse volte. Doveva fingere. Doveva negare.

"Jace." Alec gli si avvicinò. "Simon e Izzy l'hanno sentita parlare con Jiliel ieri sera."
"E io cosa c'entro?"
"Forse questo ti aiuterà a rinfrescarti la memoria." Disse Magnus, porgendogli il libro con la descrizione del veleno che aveva portato da casa sua. "E giusto perchè tu lo sappia, se cerchi di andartene, ti trasformerò in un rospo. Ho sempre voluto farlo prima o poi."

Jace conosceva quel libro: l'aveva trovato sei mesi prima, nella sua disperata ricerca di un modo per liberare William e vederlo di nuovo gli attorcigliò lo stomaco. Sapevano, sapevano davvero. Avevano sentito Clary e chissà come avevano capito tutto.

Quando non disse nulla, Alec gli mise una mano sulla spalla. "Jace, noi possiamo aiutarti. Sappiamo che Clary sta spiando per conto della Regina della Corte Seelie. Sappiamo che lei sta minacciando te o forse tutti quanti noi. Sappiamo che stai cercando di fare in modo che Kaelie ti aiuti. Parlaci Jace. Non devi fare tutto da solo."

Il libro cadde a terra e improvvisamente Jace si sentì mancare le forze. Non voleva altro che fidarsi dei suoi fratelli, permettere loro di aiutarlo, ma non poteva. "Qualunque cosa pensiate di sapere, non potete fare niente. Lasciate in pace me e Clary."

"Jace, dobbiamo porre fine a tutto questo." Isabelle non si mosse, ma la voce era più gentile ora. "E' pericoloso. Se il Conclave lo scopre, Clary potrebbe morire."

"Non lo sapranno, a meno che voi non andiate a dirglielo." Non riusciva a guardarli, teneva gli occhi fissi a terra.

"Non possiamo permettere che questa storia vada avanti." Gli disse Alec a bassa voce. "E' ovvio che le fate si stanno preparando per la guerra. Dobbiamo avvisare i Nephilim. Sai che siamo più che pronti ad affrontare qualunque minaccia alla nostra vita. Will..." gli si ruppe la voce per un secondo. "Lui era un bambino. Noi non siamo altrettanto indifesi, possiamo proteggerci."

Quando Jace non rispose, Simon gli si mise direttamente davanti. "Sai almeno cosa sta passando Clary ultimamente?"

"Si, Simon, lo so." Rispose lui, a denti stretti. Ma lo sapeva solo dalla notte precedente e riusciva a comprendere benissimo la rabbia di Simon.

"Davvero? Perchè non penso che tu lo capisca veramente. Quel bastardo la violenta. Da mesi. E dove sei stato tu in tutto questo tempo? Perchè non hai fatto niente? Perchè hai lasciato che tua moglie..."

"Non lo sapevo! Me l'ha detto solo ieri notte, dannazione!" Jace afferrò Simon per la maglietta, ringhiandogli in faccia e permettendo alla sua frustrazione e alla rabbia di affiorare. "Credi che se l'avessi saputo le avrei permesso di trasferirsi fuori di qui? Per essere a sua disposizione? E ora Clary vuole che non faccia nulla per aiutarla! Non posso fare niente per risparmiarle questa tortura!"

"Vai all'inferno, se non la aiuti tu, ci penserò io! Non permetterò che la mia parabatai venga ricattata e violentata mentre suo marito sta lì a guardare senza fare niente!"

"Parlane con qualcuno, cerca di avvicinarti a Clary o a Jiliel e ti ucciderò Simon." Jace era pallido come un fantasma ma la sua presa su Simon era saldissima.

"Jace sei impazzito?" Gridò Isabelle, afferrandogli il braccio e cercando di costringerlo a lasciare il suo fidanzato. "Perchè dovresti..."

"Perchè loro hanno mio figlio!" Gridò lui prima di riuscire a trattenersi.

Lo guardarono tutti con gli occhi spalancati e quando lui comprese il suo errore, lasciò Simon e si girò di spalle.

"Cosa?" Sussurrò Alec, facendo un passo verso di lui.

"William è vivo." Disse loro Jace, la voce priva di emozioni. Continuare con le menzogne era inutile ormai. "E' vivo ma è prigioniero alla Corte Seelie."

Isabelle si sedette, scioccata. "Ma... il funerale..."

"Ecco perchè io e Clary abbiamo insistito perchè il corpo non fosse cremato. Non c'era nessun corpo. Tutto quello che avete visto, era una bara vuota."

 

***

 

"Sta morendo, Jace , lo stiamo perdendo."

Clary piangeva, seduta accanto al bimbo addormentato. William era pallido, la testa riposava nel grembo di sua madre, i capelli biondi erano zuppi di sudore. "Non posso lasciare che accada. Andrò dalla Regina della Corte Seelie e le chiederò del messaggio che ci ha mandato."
"Sai che è una trappola." Jace era seduto sul pavimento, la schiena appoggiata al lettino di suo figlio, i cerchi neri sotto gli occhi che attestavano le lunghe notti insonni.

"Che scelta abbiamo? Nessuno sa cosa stia uccidendo Will. Non lascerò morire nostro figlio!"

Non c'era nulla che Jace potesse fare per farle cambiare idea, ma nel suo cuore nemmeno voleva farlo. Non voleva perdere il suo bambino.

E, ovviamente, si era trattato di una trappola. Con la Regina della Corte Seelie, c'era sempre un trucco.

"Jonathan Herondale e Clarissa Morgenstern." Li aveva salutati lei quando erano stati scortati davanti al suo trono.

"Mio figlio. Dimmi come salvarlo." Clary aveva detto con determinazione.

La Regina si era limitata a sorridere, aspettandosi la brusca richiesta. "Non potete salvarlo. Vostro figlio non è malato, è stato avvelenato."

C'era stato un momento di silenzio assoluto, poi Jace si era precipitato in avanti, pronto a colpire. La Regina lo aveva fermato sollevando una mano.

"Colpiscimi o uccidimi e non lascerete la Corte con l'antidoto. Non esiste una medicina, tranne quella che posso darvi io."

Jace si era bloccato, la sua spada angelica già fuori dal fodero. "C'è sempre un antidoto."

"Cosa vuoi da noi?" Aveva chiesto Clary, i pugni che tremavano dalla paura. La Regina non poteva mentire. Se diceva che non c'era un antidoto, era tutto perduto.

La fata li aveva guardati con odio. "Voi siete il motivo per cui la mia gente è caduta in disgrazia. Voi siete coloro che hanno ucciso Sebastian Morgenstern. Avete ucciso il mio amante. E ora la pagherete."

"Allora salva mio figlio e uccidi me." Le aveva risposto Clary, impavida. "Sono io ad aver ucciso Sebastian. Sono io quella che deve pagare per la sua morte."

"Non ho intenzione di uccidervi, Nephilim." La Regina li aveva guardati e aveva sorriso. "Morire è semplice. Morire è definitivo. Una volta morti, si è in pace. No. La vostra punizione sarà peggiore."

"Anche io posso minacciarti, mia signora." Aveva risposto Jace, avvicinandosi a lei di un passo. "Posso puntarti una spada alla gola prima che uno qualunque dei tuoi cavalieri riesca ad impedirmelo. E posso ucciderti, se non curi mio figlio."

"Allora uccidimi, Jonathan Herondale. Uccidimi e insieme a me uccidi tuo figlio perchè ti giuro che se io muoio, anche lui morirà. Voglio la mia vendetta e l'avrò, in un modo o nell'altro."

L'avrebbe fatto, si rese conto Jace impallidendo. Era veramente disposta a morire solo per saperli preda per sempre del dolore per la morte di William.

"Vi offro un accordo." Aveva detto la Regina. "Accettatelo e vostro figlio vivrà. Rifiutate e lo vedrete agonizzare." Quando non avevano risposto, lei aveva continuato. "L'antidoto al veleno Kohl deve essere assunto giornalmente e per tutta la vita, per tenere a bada il veleno. Se si prende l'antidoto, si è perfettamente sani. Se ci si ferma, si torna malati. Curerò il bambino se me lo consegnate. Reclamo il nipote di Sebastian Morgenstern. Vivrà qui con me da ora in poi. Mi apparterrà."

"No!" Aveva gridato Jace, sollevando nuovamente la spada. "Non ti darò mai mio figlio!"

"Allora continuerà a soffrire fino alla fine." Aveva risposto la Regina." Potete cercare una cura in tutto il mondo ma non la troverete mai. Gli stregoni non possono aiutarvi. I vostri Fratelli Silenti non possono fare niente. Io si. E non lo farò, se non mi consegnate il bambino."

"Ma..." Aveva cominciato debolmente Clary, ma la Regina l'aveva interrotta.

"Non ho terminato. Pretendo di tornare nell'Alleanza, pretendo di avere di nuovo un seggio nel Consiglio. Pretendo che tu interceda per me, Clarissa Morgenstern. Sarai i miei occhi e le mie orecchie e farai rapporto su ogni seduta del Consiglio e sui tuoi progressi. E mentre lavori per me, comando che tu e Jonathan Herondale siate separati."

"Cosa?" Aveva sussurrato Jace, impallidendo ancora di più.

"Non siete più marito e moglie. Ora appartenete a me e io voglio che soffriate. Non la stringerai mai più. Non sarai mai più in grado di amarla o di proteggerla. Voglio che vi vediate ogni giorno e che sappiate che non potrete mai più stare insieme. Sebastian la voleva ed è morto per questo. Ora, nessuno potrà mai più averla, per il resto delle vostre vite."

La Regina si era alzata in piedi e li aveva guardati, trionfante. "Queste sono le mie richieste, Cacciatori. Accoglietele e vostro figlio vivrà, sano, felice e amato. Rifiutate e lo vedrete soffrire finchè il veleno non avrà terminato il suo ciclo."

 

***

 

"Ci diede due dosi dell'antidoto, per provarci che avrebbe funzionato. Ci disse che Will sarebbe guarito per due giorni, e poi si sarebbe ammalato di nuovo. Ci disse che non avevamo molto tempo."

Jace era seduto ora, gli occhi fissi sul muro della biblioteca. La sua voce non aveva inflessione mentre raccontava loro quello che era successo.

"Aveva ragione naturalmente. Will migliorò per due giorni, poi peggiorò di nuovo. Cercai ovunque un antidoto ma tutti i libri continuavano a dire che il veleno Kohl non poteva essere curato permanentemente e che la pianta cresceva solo nel regno fatato. Alla fine non ci rimase altra scelta se non cedere alle richieste della Regina. Affiancò Jiliel a Clary e Kaelie a me, per assicurarsi che tenessimo fede alla nostra parte del patto: rimanere separati. Ci proibì di lasciare New York, disse che voleva che continuassimo a vederci, per soffrire di più. Permise a Clary di vivere fuori dall'Istituto, così non saremmo stati sotto lo stesso tetto di notte quando nè Jiliel nè Kaelie potevano controllarci. Sono stato costretto a vederla ogni giorno, a fingere freddezza con tutti voi, a resistere alla tentazione di toccarla, di stringerla... è stato infernale. E poi la Regina ci ha permesso di vedere William una volta al mese, per un'ora. Non saremmo stati in grado di toccarlo, di parlare con lui, lui non ci avrebbe nemmeno visto. Ma noi si, e avremmo saputo che stava bene. E, naturalmente, lo avremmo visto crescere, sapendo che non era più nostro, sapendo di non poterlo mai più stringere a noi. Questa è la nostra punizione per aver ucciso Sebastian: avere il cuore lacerato a metà. Siamo divisi e nostro figlio ci è stato strappato per sempre. Una punizione peggiore della morte."

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Capitolo 7
*** L'amore di un parabatai ***


"Tu, stupido idiota!" Isabelle si precipitò ad abbracciare Jace, sedendosi in braccio a lui e stringendogli la testa fra le mani. Aveva il volto striato di lacrime e Simon sapeva che più tardi si sarebbe risentita di aver pianto. "Perchè non ce l'hai detto? Perchè? Siamo la tua famiglia, Will è mio nipote! Avremmo potuto inventarci qualcosa, avremmo..."

Jace si liberò gentilmente dell'abbraccio di Izzy e si alzò in piedi, passandosi una mano fra i capelli. "Non potevate fare niente, Izzy. Pensi che non ci abbia provato? Da quando la Regina ha preso mio figlio, ho cercato ovunque una cura. Senza l'antidoto non posso riprendermi William, o morirà. E avevo paura per Max, non potevo rischiare la sua sicurezza."
"Ma perchè non ce l'hai detto? Perchè comportarti come se tu e Clary non vi sopportaste, anche qui all'Istituto?"

"Perchè," Jace distolse lo sguardo, "avevamo bisogno che credeste alla menzogna. Se Kaelie o Jiliel vi avessero mai interrogato... dovevate crederci, Iz. Non potevamo rischiare che la Regina sospettasse che non stavamo rispettando l'accordo. Ci ha uccisi mentirvi, ma non avevamo scelta. Dovevamo proteggere Will e sapevamo che se aveste capito la verità, vi avremmo messo in pericolo perchè avreste cercato in ogni modo di aiutarci."

"D'accordo." Disse Magnus, che sembrava l'unico ancora in grado di pensare. "La nostra teoria era giusta? Stai cercando di convincere Kaelie ad aiutarti? Pensavamo che vi frequentaste e che Jiliel vi avesse fatti incontrare di proposito ma sembra che il suo ruolo sia più quello di carceriere."

"Kaelie è una brava ragazza." Disse Jace, sorprendendoli tutti. "E' l'unica ad avere un'anima, cosa che manca completamente alla sua Regina. E' cominciata come pensate, ma più tempo passavo con lei più la comprendevo. Non approva quello che la Regina ha fatto a William, le dispiace per me. Sto lentamente cercando di portarla ad aiutarmi, ma ci vuole tempo."

"E presumo che nessuno di noi voglia sapere esattamente come stai cercando di convincerla? E Clary lo sa?" Chiese Isabelle, trattenendo il fiato.

Jace la guardò a lungo prima di abbassare infine lo sguardo. "No. No, non volete saperlo. E si, Clary lo sa. Non glielo avrei mai tenuto nascosto, non farei mai una cosa del genere senza il suo permesso."
"D'accordo." Annuì lei, senza aggiungere altro.

"Jace," chiese Alec sottovoce. "Quando è stata l'ultima volta che hai visto Will? Sta bene?"

Lui inspirò profondamente prima di rispondere, cercando di tenere salda la voce. "Oggi. L'abbiamo visto stamattina. E' cresciuto molto dall'ultima volta che l'avete visto... ha i capelli più lunghi. Rideva e inseguiva le fate. Sembrava felice, ma Kaelie mi ha detto che non ha mai detto una parola da quando lo abbiamo lasciato alla Corte. E' sano, ma non parla."

Alec sospirò e annuì. "C'è altro che non ci hai detto? Qualcosa che dovremmo sapere?"

"No." Jace scosse la testa. "Non c'è altro."
"Bene, perchè dobbiamo sapere ogni cosa per potervi aiutare." Alec cominciò a camminare in tondo, sfregandosi il mento. "Allora, abbiamo un veleno per cui non conosciamo la cura. Questo è il primo passo, dobbiamo trovarne una. Hai provato la biblioteca ad Alicante?"
Jace annuì. "Nulla."

"D'accordo, non mi aspettavo niente di diverso. Ci sono almeno altri tre posti in cui possiamo controllare: gli archivi dei Fratelli Silenti, la biblioteca del Praetor Lupus e quella del Labirinto a Spirale. E contatterò subito Lily e Maya."

"Alec, se cominciamo a cercare e fare domande, le fate capiranno che sappiamo tutto." Fece notare Isabelle.

"Dubito che troveremmo qualcosa in quegli archivi, comunque," disse Magnus. "Stiamo parlando del Popolo Fatato. Sono pieni di segreti e le poche informazioni che abbiamo, le abbiamo perchè sono state le fate stesse a farle trapelare. In realtà questa è una delle ragioni per cui sono ottimista: probabilmente non riusciamo a trovare niente nei nostri libri perchè sono scritti da umani. Non dicono tutto ciò che c'è da sapere sulle fate, cosa che rende prezioso l'aiuto di Kaelie. Scommetto che una cura esiste, ma noi semplicemente non la conosciamo."

"Kaelie non è la nostra unica possibilità. Ce n'è un'altra." Simon, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, sollevò lo sguardo. "La Corte Unseelie."

Isabelle scosse la testa. "Non si immischiano negli affari degli Shadowhunter. A dire la verità non si immischiano negli affari di nessuno. Se ne stanno per i fatti loro."

"Però forse potremmo convincerli ad aiutarci, se parlassimo con loro." Insistette Simon. "Possono anche essere isolati, ma devono aver sentito parlare della Guerra Oscura e devono essere a conoscenza del fatto che la loro intera razza è caduta in disgrazia a causa della sua partecipazione. E, secondo tutto quello che ho studiato, la Regina della Corte Seelie e il Re della Corte Unseelie non si parlano, si odiano addirittura."

"Se ti sbagli e si parlano, non faremo altro che peggiorare la situazione."

"Lo so, Izzy. Ma cos'altro ci rimane? Dobbiamo portare via William da lì il prima possibile perchè finchè lui non è in salvo non possiamo fare rapporto al Conclave su tutta questa faccenda. Il Popolo Fatato si sta preparando per la guerra ed è ovvio che stanno usando i rapporti di Clary per decidere come e quando colpire. E quando lo faranno, cosa pensi che succederà? Il Conclave risponderà, con tutto quello che ha. Se vinciamo, William muore perchè non abbiamo l'antidoto. Se perdiamo, moriremo tutti. Non possiamo aspettare."

"Simon ha ragione," annuì Magnus. "In più, bisogna considerare anche questo: le fate sono un popolo paziente, potrebbero anche decidere di non attaccare per molti anni, forse per tutta la vostra vita. Ma questo vorrebbe dire che William vivrebbe intrappolato laggiù per sempre. Non credo che nessuno di noi lo voglia."

Nessuno rispose e dopo un po' Simon chiese piano. "Dov'è Clary?"

"Credo sia a casa," rispose Jace. "Probabilmente piangerà tutto il giorno, dopo aver visto William stamattina. Spero solo che sia da sola."

"Vado da lei," decise Simon, "devo dirle che sappiamo tutto. Clary è l'unica a sapere cosa sta succedendo alle sedute del Consiglio e ci servono le sue informazioni per cercare di capire i piani della Regina."

"Sei sicuro che sia una buona idea, Simon?"

"Alec, ne ho abbastanza di segreti." Rispose lui. "Portano solo dolore. Non voglio più che si senta sola, deve sapere che può appoggiarsi a noi. Possiamo ancora fingere con Jiliel e Kaelie, ma non lascerò che Clary soffra in silenzio. E' la mia migliore amica, la mia parabatai. La proteggerò meglio che posso. Non è questo il motivo per cui insistevi per parlare con Jace?

Alec annuì e guardò Jace. "L'Istituto è sicuro contro le fate, non possono entrare e non possono spiarci qui. Lo useremo come quartier generale. Clary può aprire un Portale verso il nostro appartamento così nessuno vedrà me e Magnus venire qui più del normale. Sei d'accordo?"

Lui annuì e poi sulla sala calò il silenzio per qualche minuto, mentre tutti riflettevano su quanto avevano appreso. William era vivo. Quel piccolo bimbo che tutti avevano amato così tanto non era perso per sempre e loro avrebbero fatto tutto il possibile per riaverlo indietro.

"Ragazzi..." Jace disse alla fine, lo sguardo abbassato. "Grazie. Sono felice che sappiate quello che sta succedendo, sono felice che vogliate aiutarci. Morivo un po' ogni giorno nel mentirvi."

"Si, come ho detto, Jace," Simon aprì la porta della biblioteca, preparandosi ad andarsene, "sei un idiota. Che ti piaccia o no, siamo una famiglia e ci aiutiamo gli uni con gli altri. Vogliamo tutti riavere William e vogliamo prendere a calci nel sedere quella maledetta."

Jace sollevò un sopracciglio, ma Simon non aveva ancora finito. "E se ti stai chiedendo perchè mi sono auto incluso nella tua famiglia, beh, è perchè presto sposerò tua sorella. Sarà meglio che ti abitui all'idea perchè sarai il mio testimone. E giuro sull'Angelo che William ci porterà lo stilo per tracciare le rune. Fosse l'ultima cosa che faccio."

Aprì la porta e uscì, seguito dalle strilla indignate di Isabelle.

"Simon!"

 

***

 

Il primo istinto di Clary, nel sentire il campanello, fu di ignorarlo e rimanere sul divano, rannicchiata come una bambina. Ma quando sentì la voce di Simon che la pregava di farlo entrare, il suo corpo si mosse da solo e prima di sapere come, era alla porta e l'aveva aperta. Era un disastro e lo sapeva: il viso era pallido, striato di lacrime, i capelli erano arruffati e aveva addosso un'orribile tuta.

Simon entrò senza un commento, guardandosi intorno. "Sei da sola?" Chiese piano.

Quando lei annuì, lui la prese gentilmente fra le braccia, accarezzandole lentamente i capelli. "Mi dispiace Clary. Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da sola. Ma ora sono qui. Non sei più sola."

Lei lo guardò confusa ma Simon si limitò a sorridere, baciandole la fronte. "Vieni a sederti, abbiamo molte cose di cui parlare."

La guidò sul divano e la avvolse in una coperta prima di appoggiarsi allo schienale e farle posare la testa sulla sua spalla.

"Ora, non andare in panico, Fray. Ti prometto che non ce n'è ragione." Le baciò ancora la fronte prima di sussurrare "Sappiamo di William. Jace ce l'ha detto."

Il cuore di Clary mancò un battito e lei cominciò a tremare, tentando di continuare a respirare. Provò ad alzarsi ma Simon la tenne stretta contro di lui, sollevando una mano per accarezzarle la guancia. "Isabelle e io ti abbiamo sentita parlare con Jiliel ieri sera. Eravamo appena fuori dalla porta e abbiamo sentito tutto. Poi abbiamo rimesso insieme i pezzi del puzzle e stamattina Jace ha confermato tutto."

"Oddio..." sussurrò lei, sentendosi vuota. Sapevano. Sapevano che lei li stava tradendo tutti, sapevano che stava vendendo la sua anima e le loro vite al nemico. Sapevano che aveva mentito per mesi.

"Ti vogliamo bene, Clary." Continuò lui, la sua voce morbida e calda. "Questo non è cambiato, non può cambiare. Sei la mia migliore amica, il mio pilastro, la mia parabatai. Sono qui per te, sempre e per sempre."

Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, anche se pensava di averle già versate tutte per William. Era così stanca, così terribilmente esausta, stanca di vivere una menzogna, stanca di soffrire, di piangere, di avere il cuore spezzato ogni giorno. E così pianse. Singhiozzò e urlò e tremò, afferrando la maglietta di Simon e seppellendogli la testa nel petto. Pianse così tanto che alla fine non aveva più lacrime e non le rimase altro che continuare a singhiozzare fino ad avere la gola in fiamme, fino a quando la testa pulsò così tanto che riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.

Simon rimase in silenzio, abbracciandola e accarezzandole le braccia, la schiena, il volto, fino a quando le sue spalle smisero di tremare e il suo respiro regolare gli disse che si era addormentata fra le sue braccia. Povera Clary, aveva vissuto all'inferno per mesi. Non riusciva nemmeno a immaginare di essere separato da Izzy a quel modo, di vederla ma di non poterla stringere, di sapere che stava soffrendo ma non poter fare niente per aiutarla. Vedere una persona amata in preda al dolore era la cosa peggiore che si potesse immaginare e Clary aveva dovuto sopportare tutto da sola, sapendo di non poter dire niente a nessuno per non mettere in pericolo suo figlio. Quando le avevano portato via William doveva essere stato straziante. Lui non aveva ancora dei figli, ma amava quel bambino, i suoi brillanti occhi dorati, la sua dolce risata, i suoi capelli morbidi, il modo in cui si sentiva quando lo teneva in braccio. Ed era solo suo zio. L'amore che Clary e Jace provavano per lui era così assoluto che erano stati capaci di vendere le loro anime per proteggerlo. Ma non avrebbero più dovuto farlo. Presto avrebbero riavuto il loro William.

Sorrise gentile quando sentì Clary muoversi di nuovo e continuò ad accarezzarla fin quando lei non riaprì gli occhi, ancora oscurati dal dolore.

"Mi sono addormentata?" Chiese lei, la voce bassa e rauca.

"Solo per mezz'ora," rispose Simon, continuando a tenerla stretta. "Vuoi dormire ancora un po'?"

"No," lei scosse la testa ma non si mosse. "Voglio solo stare così. E' bellissimo."

"Allora non muoverti. Starò qui con te tutto il tempo che vuoi."

Il respiro di Clary ora era lento e regolare, il suo corpo rilassato mentre si concedeva per una volta di appoggiarsi ad una forza che non fosse la sua.

"Simon mi dispiace così tanto." Sussurrò dopo un po'. "Mi sento così male per averti mentito. Per aver mentito a tutti. Per aver fatto quello che ho fatto."

"Vorrei solo averlo saputo prima, Clary. Quello che è successo, quello che Jiliel ti ha fatto... vorrei averlo saputo." Il suo tono non conteneva alcun giudizio, solo calore e le fece tornare le lacrime agli occhi.

"Volevo dirtelo, così tante volte. Ma non potevo." Sollevò lo sguardo verso di lui, pallida e stanca. "Non puoi sapere come ci si sente, Simon, nel guardare il tuo bambino che si consuma. L'ho sentito muoversi dentro di me per nove mesi, poi è nato e ho pensato che il mondo non potesse essere più perfetto di così. Ogni volta che sorrideva, ogni volta che rideva, ogni volta che si addormentava fra le mie braccia, io mi sentivo completa. E poi l'ho visto soffrire, l'ho visto piangere e afferrarmi la mano, sperando che avrei mandato via il dolore. E non potevo, Simon, non potevo fare niente. Ogni volta che pensavo di raccontarti tutto, mi veniva in mente il suo viso sofferente e sapevo che avrei solo peggiorato le cose perchè non potevo aiutarlo in alcun modo."

"Lo so," sussurrò lui, "lo so. Ma ora è finita. Vi aiuteremo a riaverlo indietro, Clary. Te lo prometto, William sarà libero e sano e questo diventerà solo un incubo orribile."

"Non so come." Sospirò lei, chiudendo gli occhi.

"Magnus dice che secondo lui una cura esiste e che noi non la conosciamo perchè tutti i nostri libri sono scritti da umani. Sono d'accordo con lui. Ho suggerito di cercare aiuto presso la Corte Unseelie."

"Ma sono sempre fate, perchè dovrebbero aiutarci a sconfiggere altre fate?"

"Beh, devo ancora arrivare a quella parte del piano," le disse sorridendo, "ma i libri dicono che le due Corti non sono in buoni rapporti. Forse in qualche modo possiamo convincere il Re della Corte Unseelie."

Lei non rispose e Simon sospirò, guardandola. "Clary, dobbiamo scoprire quali sono i loro piani. Sappiamo che si stanno preparando alla guerra, ma quando colpiranno? E come?"

"Non lo so. Hanno cercato di farmi credere che rivolevano il loro posto nel Consiglio, ma ho sempre saputo che c'era di più. E sta succedendo qualcosa nel Mondo Invisibile: continuiamo a ricevere rapporti di combattimenti fra vampiri e licantropi, dappertutto. L'ultimo è arrivato a Londra ma è una cosa diffusa in tutto il mondo. All'inizio pensavamo che si trattasse della loro antica faida, ma i rapporti continuano ad arrivare. Siamo sul punto di una guerra ormai."

Simon annuì. "Caos, confusione. La distrazione perfetta, giusto? Se i Nephilim sono impegnati a rimettere i vampiri al loro posto, non noteranno le mosse del Popolo Fatato."

"E' quello che ho pensato anche io. Oppure i vampiri si sono alleati con loro, il che sarebbe anche peggio." Sospirò, abbassando lo sguardo. "Sono mesi che cerco di trovare un modo per avvisare il Conclave senza espormi, ma non sono riuscita a pensare a niente. Jiliel saprebbe subito che l'avvertimento è venuto da me."

"In qualche maniera ci riusciremo. Ma per ora voglio che tu venga via da qui. Torna all'Istituto Clary."

Clary sapeva perchè le stava chiedendo di tornare: se il giorno prima avevano sentito tutto, allora sapeva che Jiliel stava per violentarla quando avevano suonato il campanello. Ma non si poteva evitarlo. Clary si sciolse dall'abbraccio e scosse la testa. "Non posso, Simon."

Lui aggrottò la fronte. "Non ti lascerò qui da sola con Jiliel. Non gli permetterò di toccarti ancora."

"Devi. Non deve sospettare niente."

"E' fuori questione, Clary."

Lei sospirò e gli prese una mano fra le sue. "Simon, devi capire. E' questo il motivo per cui non volevo che nessuno lo sapesse. Non possiamo agire in maniera diversa dal normale, non possiamo cambiare le nostre abitudini o lui si accorgerà che c'è qualcosa che non va. Dobbiamo continuare a fingere: questo è il mio appartamento, voi tutti pensate che io viva qui per evitare Jace e che Jiliel sia il mio ragazzo."

Simon non disse nulla per un lungo momento, poi le strinse la mano. "Mi stai chiedendo di lasciare che lui ti faccia del male. Hai idea di come mi faccia sentire questo?"

"Lo so." Lei sorrise debolmente. "Ma posso sopportarlo.Posso sopportare qualunque cosa per riavere indietro William e Jace. Andrò fino all'Inferno se sarà necessario."

Lui sospirò., sapendo che non sarebbe riuscito a convincerla. Conosceva Clary da quando erano bambini e la sua cocciutaggine era sempre stata una grossa fetta del suo carattere. Nonostante gli si spezzasse il cuore, non poteva contraddirla; la strinse nuovamente a sè e la tenne vicina. "Allora ti aprirò la porta. E sarò al tuo fianco, passo dopo passo."

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Capitolo 8
*** Kaelie ***


Note dell'Autrice: non è mai stato spiegato quanti anni avesse Kaelie così ho deciso io la sua età, basandomi sul fatto che una ragazzina adolescente non sarebbe mai stata mandata a discutere gli accordi di pace dopo la Guerra Oscura. Il suo carattere non è mai stato dettagliato, quindi gliene ho creato uno io, per adattarla alla mia storia. Mi rendo conto che è diversa da come viene normalmente descritta nelle altre fanfiction, ma spero che l'apprezzerete comunque.

MattyScargold, non leggere di nuovo il capitolo a scuola :P
Per tutti gli altri, grazie mille per le recensioni, vi adoro!

 

***

Kaelie attendeva l'arrivo di Jace, seduta sul suo divano. Non accadeva spesso che lui decidesse di passare la notte nel suo appartamento ma, anche se di recente sembrava voler passare più tempo con lei, non aveva ancora cercato di attirarla nel suo letto. Forse era la sua ultima risorsa se niente altro avesse funzionato.

Kaelie non era nè stupida nè ingenua, sapeva benissimo cosa stava facendo Jace: voleva farla innamorare, così da poterle chiedere aiuto per riavere indietro suo figlio. Il problema era che ci stava riuscendo. Non nel farla innamorare, no, non era così stupida. Bastava un'occhiata per capire che per Jace Herondale non c'era e non ci sarebbe mai stata nessuna donna oltre Clarissa Morgenstern; aveva occhi solo per lei. E quando, la settimana precedente, Jace aveva suggerito che forse poteva trasferirsi nell'appartamento di Kaelie insieme a lei, la fata non gli aveva risposto, sapendo che era tutto parte del suo piano. Inizialmente si era infuriata, si. Aveva perfino pensato di acconsentire, solo per vedere quanto in là fosse disposto a spingersi Jace, ma sapeva già la risposta: lui avrebbe fatto tutto il necessario per salvare suo figlio. Si sarebbe trasferito da lei, l'avrebbe corteggiata, avrebbe dormito con lei e avrebbe finto di amarla. E non ne sarebbe venuto fuori niente di buono, se lei avesse deciso di stare al gioco.

Sospirò, sistemandosi meglio sul divano e si guardò intorno. L'appartamento di Kaelie rifletteva la frizzante personalità della fata: era dipinto in colori vivaci e i mobili erano insieme stravaganti e comodi. Non erano molte le fate che decidevano di vivere al di fuori della Corte, ma Kaelie adorava stare lì, amava la sensazione di essere indipendente. Soprattutto, di recente sentiva il bisogno di stare un po' da sola, lontana dalla Corte e da tutti i suoi problemi. Si stava forse estraniando dal suo stesso popolo?

Sorseggiò il bicchiere di vino che aveva in mano e cominciò a pensare. Erano successe così tante cose negli ultimi dieci anni e a volte non ricordava nemmeno come fosse la sua vita prima che Jace Herondale e i suoi fratelli vi facessero capolino. Quando era entrato da Taki per la prima volta si chiamava ancora Jace Wayland ovviamente, un bel ragazzo di quindici anni, già decisamente sicuro di sè, gli occhi dorati pieni di boria e superiorità. Lei era più vecchia di quasi un secolo, ma c'era qualcosa in lui che l'aveva immediatamente attirata, come nessun umano, e sicuramente nessun Cacciatore, aveva mai fatto.

Se ricordava bene, la prima volta che avevano parlato era andata malissimo; lui era molto egocentrico e dal momento che lei era una Nascosta l'aveva guardata dall'alto al basso, come se lei fosse un essere inferiore. Non era passato molto tempo però perchè la sua opinione cambiasse e in realtà era cambiata così tanto che un anno dopo era stata lei la prima a portarlo a casa con lei, e a non lasciarlo andare fino al mattino. La mattina successiva Jace aveva incespicato a lungo sulle parole, cercando il modo migliore di dirle che si era trattato solo dell'avventura di una notte (nonostante lei fosse stata la sua prima volta) e lei era quasi scoppiata a ridere, spiegandogli che non si aspettava affatto una relazione, non con qualcuno di così giovane. Una notte le andava bene. E, di quando in quando, passavano ancora la notte insieme, quando ne avevano voglia. Fino a quando era comparsa Clary.

 Quando Clarissa Morgenstern era entrata nella vita di Jace Wayland, era cambiato tutto. Lui non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e Kaelie si era resa conto che non ci sarebbero più state altre notti con lui. Si era detta che non aveva importanza, si era detta che lui era uno Shadowhunter e che lei poteva trovarsi qualcun altro. Si era detta che poteva andare avanti. E poi, quando era stata ridicolizzata e minacciata di fronte al Conclave, alla fine della Guerra Oscura, si era detta che disprezzava i Nephilim e non voleva mai più avere niente a che fare con loro. Incluso Jace.

Kaelie sospirò di nuovo, appoggiandosi all'indietro e domandandosi, non per la prima volta, perchè la Regina avesse deciso di schierarsi con Sebastian Morgenstern in una guerra contro gli Shadowhunter. Sapeva che dormivano insieme ma la Regina non aveva mai lasciato che i suoi sentimenti oscurassero il suo giudizio. E questo era il risultato: erano reietti, considerati con aperta ostilità e la loro Regina aveva deciso che valeva la pena rischiare la completa estinzione della sua razza per la sua faida personale con Clarissa Morgenstern e Jace. Kaelie non voleva pensare a cosa sarebbe successo quando il Conclave avesse scoperto che la Regina della Corte Seelie aveva sequestrato un piccolo Nephilim e l'aveva usato senza pietà per torturare i suoi genitori. Non voleva immaginarlo perchè conosceva già il risultato: guerra, una guerra senza fine. Una guerra che non potevano vincere, una guerra che non era nemmeno sicura di voler vincere. Odiava quello che era costretta a fare. La vendetta era una cosa, e le fate erano conosciute per la loro crudeltà, ma usare un bambino innocente era troppo per lei.

Forse ho passato troppo tempo con gli umani, si disse.O forse era colpa di uno Shadowhunter in particolare. Fin dal momento in cui Jace era tornato nella sua vita, lei non aveva mai smesso di mettere in discussione quello che stava facendo ed era una cosa nuova per lei. Non aveva detto una parola quando la Regina aveva cominciato a dormire con Sebastian Morgenstern. O quando aveva visto suo fratello combattere i Nephilim. Non aveva detto nulla quando la sua gente aveva aiutato a catturare e trasformare gli Shadowhunter nella Guerra Oscura. Era fedele alla sua Regina, fedele al Popolo Fatato.

Ma tutto questo era prima di William. Prima che si rendesse complice nel sottrarre un bambino ai suoi genitori. E tuttavia, avrebbe dovuto esserci abituata. Non era forse comune per le fate rubare un bimbo umano sano e sostituirlo con uno malato della loro razza? Non era forse necessario per rafforzare la razza dei Fatati? Nemmeno la Legge dell'Alleanza li condannava per questo. E tuttavia quello che stava succedendo non aveva minimamente a che fare con la tradizione di scambiare i bambini.

Il campanello interruppe i suoi pensieri e lei si alzò scuotendo la testa. Stava pensando troppo. Aveva un compito ed era quello di assicurarsi che Jace tenesse fede al patto con la Regina. Solo che era dannatamente difficile continuare ad agire come la sua carceriera, la faceva sentire sporca.

Aprendo la porta, vide esattamente quello che si aspettava: Jace sembrava a pezzi. Il viso era pallido, gli occhi arrossati, la sua figura priva di vita. Lo invitò a entrare dolcemente e lui si sedette sul divano senza una parola, lo sguardo basso. Non lo vedeva mai così quieto e distrutto, tranne quando tornava dalla visita mensile a William. Sedendosi al suo fianco gli porse un bicchiere di vino e aspettò che parlasse.

"Non sono nella mia forma migliore, mi dispiace." Mormorò lui alla fine, prendendole la mano. "Vederlo è difficile."

Lei annuì, accarezzandogli lentamente il braccio per confortarlo. "Forse dovresti smettere di andare. Ti fa solo del male." Eppure, non era quello che voleva la Regina? Farlo soffrire? Lei non avrebbe dovuto cercare di alleviare la sua pena.

Jace scosse la testa, chiudendo gli occhi, esausto. Era veramente stanco, la giornata gli aveva succhiato tutte le energie. Era pieno di speranza ora che la sua famiglia sapeva cosa stava succedendo, ma il suo cuore soffriva comunque. "Non posso, Kaelie. E' mio figlio, ho bisogno di vederlo, di sapere che sta bene."

"La Regina non gli farà del male, lo sai."

Lui sorrise amaramente, permettendo al dolore di affiorare nella sua voce. "La tua Regina gli ha già fatto del male e credo che sia perfettamente capace di rifarlo. Sta solo aspettando un'altra opportunità."

"Finchè tu e Clarissa tenete fede ai patti, non succederà niente al bambino. La Regina l'ha promesso."

"So che le sei fedele," Jace le sorrise, cercando di sembrare affezionato. "Ma ha avvelenato mio figlio. L'ha imprigionato. L'ha strappato a me e a sua madre e ora William non parla più. E' sotto shock, gli mancano i suoi genitori."

"Sai che non approvo le sue azioni." Gli rispose lei piano. "Ma è comunque la mia Regina. Non ho voce in capitolo."

"Sei una brava ragazza, Kaelie. Hai un cuore, qualcosa che a molti della tua gente manca completamente."

Ecco, era arrivato il momento. Kaelie si morse l'interno della guancia, prendendo una decisione. Stare al gioco cominciava a farla star male perchè sapeva che i suoi sorrisi erano finti, sapeva che quando le teneva la mano in realtà voleva sentire quella di sua moglie. Sapeva che ogni volta che l'aveva baciata, dall'inizio di quella terribile storia, era Clary che aveva in mente. Doveva porre fine a tutto questo immediatamente, prima di cominciare a odiarlo per il fatto che la stava ingannando così bene da farle quasi credere alla bugia.

"Un cuore che stai facendo del tuo meglio per ammaliare. Peccato che sia tutto finto." Gli disse alla fine, quasi sussurrando. In qualche modo trovò la forza di sorridergli quando lui si girò di scatto verso lei. "Dimentichi che sono molto più vecchia di quanto sembri, Jace. Non sono completamente stupida."

"Non ho mai pensato che lo fossi." Commentò lui, il cuore che gli mancava un battito. Non era stato abbastanza bravo, Kaelie aveva scoperto tutto. Era finita? Era quello il momento in cui Kaelie gli avrebbe riso in faccia dicendogli che aveva fatto tutto per niente? Era quello il momento in cui doveva compiere quell'ultimo passo, continuare a bluffare e portarla a letto per convincerla?

Ma Kaelie non rise di lui, nè lo canzonò. Si limitò a stringergli la mano e lo guardò piena di pietà. "So cosa stai facendo. Lo farei anche io, se fossi al tuo posto. Ma devi capire che non posso aiutarti come vorresti. Non posso portare via il bambino, sarebbe tradimento."

"E non servirebbe a nulla." Jace rispose lentamente, lasciando perdere ogni finzione. Quello era il giorno delle rivelazioni apparentemente, prima la sua famiglia, ora Kaelie. Lei sapeva tutto e se voleva guadagnarsi il suo aiuto, doveva essere sincero. Sembrava che per ora lei fosse disposta ad ascoltare, quindi lui doveva parlare. "Anche se riuscissi a far uscire William dalla Corte, morirebbe senza l'antidoto. Devo trovare una cura prima."

La pixie scosse la testa. "Che io sappia non ne esiste uno. L'unico è il tè che beve tutti i giorni e quella pianta non può crescere al di fuori del nostro regno."
Jace si morse il labbro, pensando in fretta. Poteva fidarsi di lei? Poteva arrischiarsi a dirle qualcosa che avrebbe potuto essere usato contro di lui, contro la sua famiglia? O magari lei stava solo fingendo per scoprire cosa stava tramando per poi dirlo alla Regina? Doveva muoversi con cautela.
"Non esiste antidoto che tu sappia." Disse alla fine. "Ma forse..." Lasciò che la frase rimanesse in sospeso, aspettando una risposta. Ora era lei ad avere la palla.

Kaelie non rispose e dopo qualche momento si alzò e andò a versarsi altro vino. Si girò in modo che lui non potesse vederla in faccia e appoggiò le mani al tavolo. Jace aspettò. Sapeva che lei stava pensando, considerando le sue opzioni, decidendo chi aveva veramente la sua fedeltà.

Era il punto di non ritorno e non poteva rischiare di forzare le cose, spaventato dal fatto che lei si sarebbe tirata indietro se ci avesse provato. I minuti passavano e lui non osava nemmeno muoversi, rimanendo a guardare la fata e sperando con tutte le sue forze che lei decidesse di aiutarlo. Se non l'avesse fatto e avesse raccontato ciò che lui aveva tentato di fare, era nei guai. Non aveva esposto nè Clary nè la sua famiglia però, quindi poteva sembrare che avesse fatto tutto da solo, che fosse lui l'unico a cercare di tirarsi fuori da quella dannata trappola. Il rischio era minimo e doveva correrlo.

Alla fine Kaelie sospirò e abbassò lo sguardo sul tavolo, dandogli ancora le spalle. "Il Popolo Fatato è molto antico, Jace. Eravamo qui molto prima che apparisse l'umanità e siamo rimasti, fra alti e bassi, durante tutte le ere dell'uomo. Siamo sopravvissuti a guerre, calamità e demoni. Eravamo rispettati e gli umani raccontavano fiabe su di noi ai loro figli, chiamandoci il Piccolo Popolo, temendo i nostri poteri ma felici della nostra esistenza perchè permettevamo loro di sognare mondi fantastici e grandi avventure."

Si girò verso di lui e i suoi occhi erano freddi e distanti. Il cuore di Jace si fermò mentre lei continuava. "Poi Jonathan Shadowhunter ha invocato Raziel e tutto è cambiato. Ha coniato il termine "Nascosti" per definire noi, i vampiri, i licantropi e gli stregoni e siamo diventati bersagli, prede da cacciare come i demoni, per conquistare ricchezze e trofei. Eppure siamo sopravvissuti ancora una volta. Niente è mai più stato come prima però, agli occhi dei Nephilim non eravamo degni di considerazione, ci pensavano esseri inferiori. Valentine Morgenstern ha spinto questa visione al limite estremo, voleva sterminare noi e chiunque non fosse un Nephilim o un umano. E poi suo figlio si è alleato con noi per obliterare quegli stessi Shadowhunter che ci avevano schernito per tutta la loro vita. Posso capire che la Regina abbia trovato la proposta attraente, era come tornare alla gloria del nostro passato."

Kaelie sorseggiò il vino e quando lo guardò di nuovo sembrava insicura, come se stesse combattendo contro se stessa. "Ora vuole un'altra guerra, principalmente per vendicare Sebastian Morgenstern ma anche per mostrare al mondo che non siamo paria, che siamo una forza da tenere in considerazione. Non accetterà mai di ritirarsi, è accecata dall'odio. Io, d'altra parte, non lo sono."

Mano a mano che parlava, il suo tono cambiava, da insicuro a fermo. Gli occhi erano più concentrati, la sua figura era dritta e piena d'orgoglio. "Non fraintendermi, non amo i Nephilim. La maggior parte di loro ci guarda ancora come se fossimo spazzatura, solo perchè hanno il sangue di Raziel nelle vene. Ma non voglio un'altra guerra: abbiamo perso molti guerrieri l'ultima volta, molti figli delle fate, e dobbiamo ancora riprenderci. Se combattiamo ora e perdiamo, la nostra razza potrebbe subire un colpo così devastante che ci vorrebbero secoli per risollevarci. Dubito che i Cacciatori sopporterebbero due ribellioni in meno di un decennio e non sono disposta a correre questo rischio. Quindi ti aiuterò."

Jace scattò in piedi, la bocca aperta per parlare, ma Kaelie lo fermò. "Ti aiuterò se mi prometti che non ci saranno conseguenze per il mio popolo, quando tutto questo sarà finito. Non voglio un altro umiliante trattato di pace dove il Popolo Fatato viene spogliato di ogni dignità. Voglio che torniamo nell'Alleanza, voglio che le restrizioni di questi ultimi sette anni siano sollevate. Voglio che le cose tornino com'erano prima della Guerra Oscura. Questo è il mio prezzo: aiutami a salvare la mia gente e io ti aiuterò a salvare tuo figlio."

Jace era tentato, così tentato di promettere tutto lì e subito, per avere il suo aiuto. Ma era una persona onesta e lei stava rischiando tutto, non poteva ingannarla. "Non sono il Console, Kaelie. Posso prometterti che farò del mio meglio, ma non posso assicurarti che sarà sufficiente. Non faccio nemmeno parte del Consiglio."

"Lo so." Sospirò lei. "Sei solo una voce nel Conclave, ma hai contatti importanti: tua moglie è nel Consiglio, Maryse Lightwood è il capo dell'Istituto di New York e Robert Lightwood è l'Inquisitore. Ti amano come un figlio e ti daranno ascolto. Lucian Graymark è tuo suocero e il rappresentante dei licantropi nel Consiglio. E Catarina Loss, la rappresentante degli stregoni, è amica di Magnus Bane con cui tu puoi parlare. Quindi l'unica cosa che posso fare, è sperare che sia sufficiente. Ma voglio la tua parola che farai tutto il possibile per risparmiare ulteriori umiliazioni al mio popolo."

Lui le si avvicinò lentamente e le mise le mani sulle spalle, guardandola negli occhi. Si vedeva che era spaventata, ma era anche determinata e lui l'ammirava per questo. Per quanto odiasse i Fatati per quello che gli avevano fatto, non era disposto a rinunciare alla sua unica possibilità di salvare suo figlio per vendicarsi di loro. "Giuro sull'Angelo che farò tutto il possibile per aiutare il Popolo Fatato. Giuro che sarò la loro voce nel Conclave, fino al momento in cui non ne avranno una loro all'interno del Consiglio. E giuro che ti proteggerò, Kaelie. Stai rischiando molto per il tuo popolo e per me, e non lo dimenticherò."

Lei annuì e si allontanò di un passo, lasciando che le mani di Jace gli ricadessero lungo i fianchi. Sapeva quello che aveva appena fatto: mettendo fine alla finzione, aveva appena rinunciato a lui per sempre, rinunciato a qualunque possibilità di un futuro insieme, vero o fasullo. Ma lui non era mai stato suo, ricordò a se stessa. E nessun uomo, nemmeno Jace Herondale, valeva la pena di rischiare il futuro dei Fatati.

"Non sono sicura che una cura per tuo figlio esista," gli disse," ma se esiste, la troverò. E se non ci riesco, mi assicurerò che a William non manchi mai l'antidoto, anche se non sarà più alla Corte. Dammi il tempo di fare qualche ricerca e quando avrò notizie te le comunicherò."

"Grazie, Kaelie." Jace diceva sul serio. Il suo voto era vero, ogni parola, e avrebbe fatto qualunque cosa per mantenere il suo giuramento. Ringraziò l'Angelo in silenzio perchè aveva messo Kaelie sulla sua strada, anche se l'aveva odiata con tutto il cuore quando era cominciato quell'incubo: la vedeva come qualcuno da schiacciare, qualcuno da ingannare per ottenere quello che voleva. Non avrebbe avuto alcun rimorso nel portarsela a letto, anche se gli avrebbe spezzato il cuore tradire Clary in quel modo. Invece, al posto di un crudele carceriere, aveva trovato un'alleata, una fata piena di fierezza, disposta a rischiare tutto per amore del suo popolo. Proprio come lui avrebbe fatto per William.

"Dovresti andare ora," sussurrò lei, gli occhi pieni di lacrime. Non sapeva nemmeno perchè stava piangendo. Non era innamorata di Jace. Non lo era.

Lui notò il suo sguardo e la sua espressione si addolcì. Kaelie lo vide sollevare una mano a toccarle la guancia, sfiorandola gentilmente e poi chiuse gli occhi mentre lui le dava quello che lei non avrebbe mai ammesso di volere, un'ultima volta prima che fosse tutto finito. Quando le labbra di Jace lasciarono le sue, dopo un bacio dolce e gentile, lui appoggiò la fronte alla sua, i suoi occhi dorati fissi in quelli blu di lei.

"Grazie." Le sussurrò sulle labbra, prima di lasciarla e andare verso la porta.

"Kaelie." La chiamò poi, la mano sulla maniglia. "Sai che tutto questo significa che dovremo rimuovere la Regina della Corte Seelie dal suo trono."
Sai che dovremo ucciderla, era il sottinteso. Perchè la Regina non avrebbe mai volontariamente rinunciato al suo regno. Lei lo guardò, le mani chiuse a pugni lungo i fianchi. Quando parlò non c'era incertezza nella sua voce, nessun dubbio.

"Lo so."

Jace annuì, la guardò un'ultima volta e poi si chiuse la porta alle spalle, uscendo. Kaelie si girò e afferrò il tavolo, graffiandone la superficie con le unghie. Era l'unica cosa che poteva sostenerla e non farla cadere piangente sul pavimento.

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Capitolo 9
*** Ribellione ***


Nota dell'Autrice: Questo capitolo ha contenuti un po' forti al suo interno. Da rating arancione. Siete avvisate! E ricordate che bisogna toccare il fondo prima di risalire...

 

***

 

"Dovresti andare." Sospirò Clary, guardando Simon con dispiacere. "E' quasi ora di cena."

Avevano passato insieme tutta la giornata e Clary era esausta: dopo avere tenuto sotto chiave le sue emozioni per sei mesi, era stato doloroso lasciarle finalmente trapelare. Ora si sentiva meglio: aveva pianto, aveva imprecato, aveva pianto ancora ma Simon, come sempre, aveva dimostrato di essere una solida roccia a cui aggrapparsi. Gli aveva raccontato tutto: lo strazio quando avevano dovuto portare William alla Corte mentre dormiva e poi lasciarlo lì e farsi buttare fuori dai cavalieri fatati come spazzatura. La vergogna nel sapere che ogni parola che diceva al Consiglio era perchè non aveva altra scelta. Il senso di colpa ogni volta che consegnava un rapporto a Jiliel, sapendo che stava tradendo la sua gente. Il terrore di dover vivere in quel modo per sempre. L'unica cosa di cui si era rifiutata di parlare era Jiliel e il modo in cui la trattava. Non voleva che Simon lo sapesse, non voleva che la compatisse. Aveva sempre pensato che il fatato fosse la punizione per il suo tradimento: meritava tutto quello che lui le faceva perchè stava vendendo i suoi amici, il suo mondo, le persone che le volevano bene e anche se non aveva veramente scelta, voleva comunque pagarne il prezzo.

"Sei sicura?" Le chiese dolcemente Simon. "Posso rimanere tutto il tempo che vuoi, Clary."

"Jiliel arriverà presto." L'espressione di Simon si raggelò e Clary gli prese la mano. "Per favore Simon, hai promesso. Per William. Ti prego."

"Non puoi dirgli che sei fuori con me? Con Izzy? Con qualcuno?"

"Sono già uscita ieri. E lui sa che non lascio mai l'appartamento il giorno della visita a William, è il motivo per cui viene qui: per gongolare."

"Razza di bastardo..." sibilò lui dalla frustrazione. "Non sono sicuro di poterlo fare, Fray. Lasciarti qui con lui."

Lei chiuse gli occhi, cercando di non cedere. Non voleva altro che lasciarsi proteggere da Simon, ma non poteva. "La cosa migliore che puoi fare ora, è aiutarci a trovare un modo per salvare William. E' tutto quello di cui mi importa. Mio figlio. Posso sopportare Jiliel, o di tornare a essere una mondana, posso perfino sopportare di morire o diventare una Dimenticata, dopo che il Conclave mi avrà tolto i Marchi... ma ho bisogno di sapere che Will è in salvo."

"Clary..." cominciò lui, ma lei gli mise un dito sulle labbra, gli occhi pieni di lacrime.

"Vai, prima che perda le forze e rovini tutto. Ti prego, vai."

Lui la abbracciò con forza, seppellendo il viso fra i suoi riccioli rossi. "Troveremo un modo, te lo prometto. Resisti solo un altro po', Clary. Troveremo un modo."

Lei annuì cercando di non piangere e quando Simon si alzò e oltrepassò la porta non si voltò mai verso la donna che si stava lasciando alle spalle. Non se ne sarebbe mai andato altrimenti.

 

***

Era passata mezz'ora da quando Simon se n'era andato quando Clary sentì la chiave girare nella toppa e Jiliel entrò con un gran sorriso. Clary si girò per prendere una birra dal frigo, soffocando l'istinto di sottrargli le chiavi di mano e sbatterlo fuori in corridoio.

"Allora, com'è andata la giornata, tesoro?" Chiese lui con un ghigno, prendendole la birra di mano e bevendone un sorso. Decisamente gli piacevano molto più le bevande mondane di ciò che bevevano le fate.

"La prossima domanda?" Replicò lei, girandosi e allontanandosi di qualche passo, tenendo il tavolo fra di loro.

"Siamo suscettibili, vero? Mi chiedo perchè." Ghignò di nuovo, mettendo la birra sul tavolo. "Vuoi che ti rallegri la giornata?"

"Oh, ti prego si." Rispose lei, con un'occhiata assassina. "Se cadi morto stecchito mi sentirò immediatamente meglio."

Jiliel rise e si girò, andando a sedersi sul divano. "Allora, come sta il marmocchio? Sempre insopportabile? Gli manca ancora la mamma?"

Lei si morse il labbro per non rispondergli, ma questo non fermò il fatato. "E come sta il tuo prezioso marito? Ho sentito che oggi siete stati scortati da mia sorella. Ti ha detto che sta progettando di trasferirsi da lei? Forse non eri così fantastica, se ti ha dimenticata tanto in fretta. O magari mia sorella è più brava a letto di quanto tu sia mai stata."

"Affascinante come sempre, Nascosto." Replicò lei, sapendo che Jiliel odiava quell'epiteto. "Ora, se hai finito di gongolare, quella è la porta."

"Oh, non così in fretta, Clary." Sibilò lui, gli occhi glaciali dopo il suo insulto. "Vieni qui."

"Non credo proprio." Gli rispose lei, altrettanto fredda.

"Vieni qui, subito."

"Vai all'inferno."

In men che non si dica lui era in piedi e si stava lanciando contro di lei, rovesciando il tavolo e attaccandola. Ma Clary era pronta. Non aveva mai osato combatterlo, sempre troppo spaventata per William per ribellarsi. Ma ora Simon sapeva. Tutti i suoi amici sapevano. Non era più sola. E anche se sapeva che era sbagliato, che era come dichiarare che qualcosa era cambiato, non riusciva più a rimanere passiva. Questa volta avrebbe reagito. Sentì il potere delle rune scorrerle nelle membra e la famigliare eccitazione per la battaglia la fece sorridere. Gli sferrò un pugno dritto in faccia, sentendosi immediatamente meglio e quando lui sollevò sorpreso lo sguardo, lei rise.

"Così vuoi giocare, piccola Nephilim?" Ringhiò lui, asciugandosi il sangue dal naso. "Divertiamoci un po' allora."

Combatterlo per la prima volta dopo tutti quei mesi era liberatorio: ad ogni pugno, ad ogni calcio, sentiva che una parte di lei sfuggiva all'inferno e tornava integra. Lei era Clary Herondale, una Shadowhunter, non un giocattolo con cui Jiliel poteva divertirsi per poi buttarlo via. Si perse in un turbinio di salti, calci e sudore, gioendo ogni volta che sentiva un grugnito di dolore dal suo avversario e quando finalmente riuscì a buttarlo a terra, la bottiglia di birra rotta pronta a tagliargli la gola, ansimò di soddisfazione, gli occhi pieni di vita per la prima volta da mesi.

"Allora combattere ti eccita, tesoro? Se l'avessi saputo te l'avrei lasciato fare più spesso." Jiliel respirò affannosamente sotto di lei Erano entrambi coperti di sangue, lividi e ferite, ma il fatato stava ridendo. "Coraggio, uccidimi. Tagliami la gola."

"Pensi che non lo farò?" Sorrise lei, il vetro che si avvicinava di un altro centimetro. La runa della forza le stava dando il potere di muovere i polsi, anche se Jiliel li stringeva fra le mani e cercava di allontanarli da lui.

"Oh, so che ti piacerebbe." Ghignò, guardandola dritta negli occhi. "E poi vorrei sapere come spiegherai alla Regina che hai ucciso il suo Cavaliere preferito."

"Ti sopravvaluti. Pensi davvero che le importerebbe? Domani avrà un nuovo Cavaliere e non si ricorderà nemmeno il tuo nome."

"Forse." Lui sorrise di nuovo, senza lasciare la presa sui polsi di Clary. "O forse sospenderà l'antidoto di tuo figlio e ti farà guardare mentre lui soffre per la tua ribellione."

Clary si irrigidì e il sangue le defluì dal viso mentre Jiliel rideva più forte. "Non avrei mai pensato di vedere questo giorno: Clarissa Morgenstern che si dimentica di suo figlio abbastanza a lungo da cercare di uccidermi. Ben fatto, figlia di Valentine."

Lei cercò di alzarsi ma Jiliel approfittò del momento per rotolare sul pavimento, portandola con lui. Clary lasciò andare la bottiglia e si ritrovò schiacciata per terra, con le mani sopra la testa.

"Una bella, piccola lotta, Clary." Sorrise lui, muovendosi in modo da sistemarsi fra le sue gambe e strusciando le anche sulle sue. Lei voltò la faccia, disgustata, percependo che era chiaramente eccitato. "E' stato piacevole vedere finalmente un po' di fuoco dentro di te. Ma, credimi, fai scorrere di nuovo il mio sangue e ti regalerò una scatola con dentro le piccole dita di tuo figlio."

"Non osare toccarlo, bastardo!" Si dimenò sotto di lui, ma Jiliel rafforzò la presa sui suoi polsi, quasi al punto di frantumarli.

"Alla Regina non importa che il marmocchio sia tutto intero, dolcezza... può usarlo lo stesso per ciò che le serve. E' solo necessario che sia vivo."

Gli occhi di Clary si spalancarono, il suo cuore mancò un battito. "Usarlo? Cosa... cosa sta facendo a mio figlio? Cosa vuole da lui?"

Jiliel rise, una risata fredda e cattiva, che le fece venire i brividi. "Ti piacerebbe saperlo, vero?"

Si sollevò di scatto, trascinandola in piedi. "Tu e io abbiamo una serata interessante davanti a noi. Nonostante abbia apprezzato il nostro piccolo combattimento, hai bisogno di una lezione sull'obbedienza, cara. E io sarò lieto di dartene una."

"Cosa sta facendo a mio figlio?" Gridò lei, tirandogli un altro pugno in faccia. Lui intercettò la sua mano e usò la sua velocità contro di lei, girandola fra le sue braccia e bloccandola con la schiena contro il suo petto, un braccio che le premeva sulla gola per soffocarla.

"Sentiti libera di immaginare, amore. Immagina il tuo bambino che piange, immaginalo ferito, da solo, magari chiuso in una stanza buia. Immaginalo spaventato, a invocare una madre che non può aiutarlo. Voglio che lo sogni tutte le notti, voglio che tu senta le sue grida disperate ogni minuto, sveglia o addormentata."

La trascinò in camera e la gettò sul letto. Lei tossì, cercando di riprendere a respirare, ma lui le era già addosso per legarle i polsi alla testiera del letto.

Clary lo guardò, più terrorizzata di quanto fosse mai stata, non per quello che Jiliel aveva intenzione di farle, ma per William. Stava soffrendo? Era impaurito? Era vero che la Regina lo stava usando per qualcosa? Ma che cosa?

"Sei fortunata che il tuo marmocchio sia il nipote di Sebastian Morgenstern." Sogghignò lui cominciando a svestirsi, una scintilla di pura malvagità negli occhi. "Se non fosse imparentato con lui, sarebbe già morto. Avresti mai pensato che avere il suo sangue nelle vene sarebbe stata la salvezza di tuo figlio? Divertente, vero?"

Con un movimento improvviso lacerò la maglietta di Clary, scoprendone la pallida pelle e poi le tolse i jeans, lasciandola solo con la biancheria.

"E' solo un bambino, lasciatelo in pace!" Gridò lei cercando di liberarsi disperatamente e con una forza tale che presto i polsi erano sanguinanti e pulsanti.

Jiliel si limitò a ridere, recuperando la sua cintura dai vestiti sul pavimento e guardandola, lussuria e crudeltà palesi nei suoi occhi. "E' quello che ricevi quando ti opponi alla Regina della Corte Seelie, mia cara. E ora, è tempo della tua piccola lezione. Ti prego, ti prego Clary, non imparare troppo in fretta... ho voglia di divertirmi."

 

***

 

Clary si svegliò il giorno dopo, nuda, sola e libera. Non c'era un centimetro della sua pelle che non fosse nero o blu, faceva perfino fatica a respirare. Sulla tenera pelle della sua spalla c'era ora una dolorosa cicatrice rossa, bruciata nella schiena come un marchio: una freccia elfica, il simbolo delle Fate inventato da lei per l'insegna del Conclave.

Clary rotolò sul letto e cadde sul pavimento, non aveva nemmeno le forze per tirarsi in piedi. Il suo stilo era nella borsa in ingresso e per raggiungerlo lei strisciò sul pavimento dalla camera da letto, stringendo i denti ogni volta che si muoveva, sentendo dolore ovunque. Il salotto era un disastro a causa della lotta della notte precedente, il tavolo era rovesciato e c'erano frammenti di vetro ovunque. Gemendo di dolore, Clary raggiunse lentamente l'entrata, lasciando dietro di sè una traccia insanguinata dove i vetri le graffiavano la pelle e quando raggiunse finalmente la sua borsa, si fermò un attimo per riprendere fiato prima di tracciarsi addosso iratze dopo iratze. Le mancavano le forze per applicare una runa di guarigione più potente, come quella che aveva fatto per Jace anni prima, una che facesse sparire anche il marchio sulla spalla. Non avrebbe sopportato di tenerlo, come una schiava.

Quando sentì di potersi perlomeno alzare in piedi senza cadere per terra, barcollò verso il bagno, aprendo l'acqua calda della doccia e appoggiandosi alle piastrelle ancora fredde, lasciando che le gocce le cadessero addosso fino a inzupparla completamente. Un singhiozzo traditore le sfuggì dalle labbra e improvvisamente cadde in ginocchio, l'acqua calda che le pioveva sulla schiena facendola sobbalzare dal dolore, mentre le immagini della notte precedente prendevano il sopravvento. Pianse e pianse, sfogando tutta la sofferenza, la rabbia, tutto, fino a essere troppo stanca per continuare. Quando si alzò, i suoi occhi erano vuoti, la mente silenziosa tranne che per un pensiero: doveva salvare William da qualunque cosa la Regina gli stesse facendo. E poi Clary avrebbe ucciso lei e Jiliel con le sue mani, strappando loro un arto alla volta finchè non avessero implorato pietà.

E quando lo faranno, mostrerò loro la stessa pietà che loro hanno avuto per la mia famiglia. Avevi ragione fratello, c'è una parte oscura in me, nascosta sotto il sangue angelico. Rimpiangeranno di aver mai incrociato la strada della figlia di Valentine. Lo giuro sull'Angelo, se ne pentiranno.

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Capitolo 10
*** Come sorelle ***


Il rumore era molto forte e non accennava a scemare, realizzò debolmente Clary, cercando di aprire gli occhi. Era quasi svenuta sul letto prima, il corpo ancora coperto di lividi; ci sarebbe voluta l'intera giornata e qualche iratze in più per rimettersi, anche se gli Shadowhunters guarivano in fretta. Concentrandosi sul rumore, finalmente riuscì a riconoscerlo come qualcuno che bussava ripetutamente alla porta, con una violenza tale che stava per buttarla giù. Era doloroso, ma Clary riuscì ad alzarsi e mettersi una vestaglia addosso prima di avviarsi lentamente verso l'ingresso: voleva essere sicura che il marchio sulla spalla fosse coperto.

"Clary!" Sentì gridare dal corridoio. Si morse un labbro, riflettendo se cosa fare ma poi sospirò e aprì la porta.

Isabelle era lì, la mano alzata per bussare ancora, ma quando la vide impallidì e la abbassò lentamente. "Per l'Angelo, Clary..."

Lei non rispose, limitandosi a girarsi e dirigersi verso il divano, dove si sedette cercando di non gemere dal dolore. Isabelle entrò, notando la distruzione presente nel salotto, il tavolo rovesciato, i frammenti di vetro ovunque.

"E' stato quel bastardo, vero?" Izzy si sedette vicino a lei, toccandole appena il viso gonfio prima di tirare fuori lo stilo per guarirla. "Vorrei che ci fosse qui Simon," borbottò, "le sue rune funzionano meglio delle mie su di te."

"Se non si fosse trattato di te, non avrei aperto." Sussurrò Clary, sentendo diminuire il dolore. "Non voglio che mi veda così."

"Avrebbe buttato giù la porta." Commentò Isabelle. "Quando non sei venuta all'Istituto stamattina, ci siamo preoccupati tutti ma ho convinto i ragazzi che sarebbe stato meglio se fossi venuta qui da sola. Se avessero trovato Jiliel qui con te, non credo che sarebbero stati in grado di trattenersi."

"E tu si?" Sospirò Clary, chiudendo gli occhi e appoggiandosi all'indietro sul divano.

"Sono brava a nascondere le emozioni, l'ho fatto per anni, ricordi? E so aspettare il momento giusto per colpire. Anche se," continuò, la rabbia che trapelava dalle sue parole," vorrei che il momento giusto fosse adesso. Cosa è successo?"

Clary non rispose per un lungo momento, poi aprì gli occhi, guardando la bella ragazza dai capelli neri. "Izzy, mi disp..."

"Non voglio sentire niente del genere." La interruppe lei, alzando la mano. "Non voglio sentire quanto ti dispiace. Non voglio sentirti dire che non avevi scelta."

La stava guardando con rabbia, il corpo rigido, le labbra serrate in una linea bianca. "C'è sempre una scelta, Clary. Saresti potuta venire da noi quando è successo e risparmiare a tutti, ma soprattutto a te stessa e Jace, sei mesi di agonia. Avremmo potuto aiutarvi! Avremmo potuto cercare prima una via d'uscita! E ora tu non saresti qui, nera e blu, picchiata e sanguinante, e William sarebbe già a casa, dove deve stare."

Clary abbassò gli occhi, le mancava la forza per arrabbiarsi. "Pensavamo..."

"Lo so cosa pensavate. Pensavate di non poterne uscire e che se non l'avessimo saputo saremmo stati al sicuro dalla Regina della Corte Seelie. Ma nessuno è al sicuro, Clary. Quando scoppierà la guerra, nessuno sarà al sicuro. Dobbiamo essere pronti e l'unica cosa che avete ottenuto tenendo il segreto, è stata di renderci ciechi e sordi e impreparati a questa guerra." Isabelle respirò profondamente, cercando di calmarsi. "Ora basta. Prenderò a calci te e Jace quando tutta questa storia sarà finita, ma ora devo sapere cosa è successo qui. Parla."

"Ho lottato. Voleva dormire con me e mi sono ribellata." Clary cominciò a spiegare, cercando di tenere la voce il più piatta possibile. Forse se avesse sputato fuori tutto in una volta, sarebbe stato più facile. "Non l'avevo mai fatto prima, ma sapere che non ero più sola mi ha dato la forza di provarci. Stavo per ucciderlo quando mi ha parlato di William e mi ha detto che se mi fossi ribellata non gli avrebbero più dato l'antidoto."

"Per l'Angelo, voglio ucciderlo così tanto." Sibilò Izzy, serrando i pugni.

"Poi mi ha legata al letto. E poi..."

"E poi è successo questo." Disse Isabelle, indicando il corpo di Clary, senza il bisogno di sentire ulteriori dettagli. Voleva abbracciare la sua amica, stringerla e farla sentire meglio, ma aveva paura di farle del male, peggiorare le sue condizioni.

"E' sempre molto violento, ma stanotte era furioso. Credo che il fatto di averlo picchiato, di averlo quasi ucciso, gli abbia fatto capire che l'unico motivo per cui è ancora vivo è William. Voleva punirmi. E' andato avanti tutta la notte, non si è mai fermato una volta e se non mi stava violentando, mi stava picchiando. Prima di andarsene ha detto che sarebbe tornato stasera e che sperava che avessi imparato la lezione. Oppure no, così avrebbe potuto darmene un'altra."

"E' un idiota." Isabelle deglutì nel sentire il tono quasi normale della voce di Clary, mentre raccontava di come era stata violentata e torturata. Era diventata la norma per lei ormai? Era andata avanti così a lungo da non ferirla più? Come avevano potuto essere così ciechi? Begli amici che erano. "Come pensava che potessi spiegarci le tue condizioni?"

"Pensava che sarei rimasta qui fino alla mia guarigione. Che è quello che avevo intenzione di fare, perchè era quello che avrei fatto quando non sapevate nulla."

"Per l'Angelo, questa situazione è un disastro." Izzy si alzò, passandosi una mano fra i capelli. "Ora so come si è sentito Simon quando è tornato a casa ieri e ha dovuto lasciarti qui. Quando saprà cosa è successo, impazzirà."

"Non puoi dirglielo!" Clary la guardò allarmata. "Ti prego, non devono saperlo. E' per questo che non volevo farmi vedere da nessuno."

"Eppure mi hai lasciata entrare." Notò Isabelle, socchiudendo gli occhi.

"Perchè so che non ti saresti arresa. Se non avessi aperto la porta, avresti chiamato tutti e sarebbe stato peggio." Clary sorrise, ma il suo era un sorriso triste. "E tu sei forte, tu capisci che devo fare tutto questo anche se mi ripugna."

"Ma non posso lasciar correre stavolta. Devono sapere cosa ti sta facendo quella bestia."

"Izzy," la pregò Clary. "Non posso permettere che Jace lo sappia. Ho già fatto l'errore di dirgli che Jiliel..." Deglutì. "E' già difficile a sufficienza per lui. Non voglio aggiungere altro. Non può proteggermi e questo lo ucciderebbe."

Isabelle rimase in silenzio per qualche minuto, i pugni che si serravano e si rilassavano, ma alla fine chinò la testa. "D'accordo. E' una tua scelta e la rispetterò. Ma questo non fa che aggiungersi al dolore che infliggerò a quel bastardo prima che muoia."

Clary sospirò di sollievo, anche se aveva il cuore pesante. Jiliel sarebbe tornato quella sera e lei non voleva fare altro che fuggire lontano, ma non poteva. Alzò di nuovo lo sguardo, raccogliendo ciò che restava del suo coraggio. "Iz, c'è dell'altro. Stanno facendo qualcosa a William."

La ragazza si girò bruscamente verso di lei. "Cosa?"

"Non lo so. Ma ieri Jiliel mi ha detto che la Regina sta usando William per fare qualcosa, e non credo stesse parlando del ricatto. Le serve per qualche motivo, ma non so il perchè. Ha detto che se William non fosse il nipote di Sebastian, sarebbe già morto... che avere il suo sangue lo ha salvato. Mi ha detto che soffre, che piange, che..." Clary si fermò respirando profondamente e cercando di non piangere. "Devo fermarla. Qualunque cosa gli stia facendo, devo fermarla, ma non so come! Forse Simon ha ragione, forse dovremmo andare alla Corte Unseelie e vedere se..."

"Clary," Izzy la interruppe, "Kaelie ha accettato di aiutarci."

La rossa si alzò improvvisamente, mordendosi il labbro per il dolore improvviso alle gambe. "Davvero?"

"Si." Isabelle annuì. "Ieri notte Jace è andato a parlarle ed è riuscito a convincerla."

Clary impallidì e si sedette di nuovo con lentezza, gli occhi svuotati da ogni emozione. "Questo significa che..."

"No." Isabelle si sedette accanto a lei. "No, non l'ha fatto. Ci ha detto che non è stato necessario. Kaelie si è accorta del suo tentativo di farla innamorare di lui e ha comunque accettato di aiutarci in cambio nel nostro aiuto nel Consiglio, così che le Fate non vengano punite quando tutto questo sarà finito."

"Che non vengano punite?" Gridò Clary, piena di rabbia. "Hanno torturato mio figlio! Mi hanno costretta a tradire il Conclave! Hanno..."

"Clary." Isabelle la prese per le spalle, facendo attenzione a non farle male. "Lo so. Nemmeno io sono d'accordo. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto di Kaelie, ancora di più adesso, dopo quello che mi hai detto. Pensiamo alla punizione dopo aver riavuto indietro William."

Clary deglutì e cercò di calmarsi, chiudendo gli occhi. "E' solo che... io voglio ucciderla, Izzy, voglio cancellare la Regina della Corte Seelie dalla faccia della terra... e questo mi spaventa. Non mi sono mai sentita così tanto la figlia di mio padre come adesso. Ho così tanto odio dentro di me che ho paura che mi consumi e non voglio che mio figlio abbia un mostro come madre."

"William ha un'eroina per madre." Isabelle le prese le mani fra le sue. Non stava sorridendo, era preoccupata e arrabbiata e le sue parole non donavano conforto, erano brusche ma vere, proprio come la stessa Isabelle. "Hai sopportato tutto questo da sola per mesi, Clary, facendo quello che pensavi fosse meglio per tuo figlio. Ti è permesso provare odio, rabbia e voler agire in base a questi sentimenti. In realtà, dovresti essere arrabbiata, o non ne uscirai, devi sfogarti se non vuoi rimanere schiacciata. Quindi, riprenditi e dirigi tutto quell'odio dove deve andare: a farla pagare a quella strega."

"Vorrei che fosse così semplice. A volte nemmeno mi riconosco. Mi guardo allo specchio e penso che non sarò mai quella di prima... una madre per mio figlio, una moglie per mio marito. Izzy, non riesco nemmeno a guardare Jace ora, ogni volta che ci provo sento le sue mani addosso. Mi sento così sporca, così indegna di essere amata di nuovo..."

"Ora non fare l'idiota." Isabelle la interruppe, stringendole la mano. "Sei stata violentata, Clary. Per mesi. Non eri consenziente, sei stata costretta. In realtà sono sorpresa che tu abbia permesso perfino a Simon di toccarti, se fosse successo a me credo che rifiuterei chiunque sia un maschio, inclusi i miei fratelli. Ma forse non vedi Simon come un maschio, dopotutto."
La guardò e ammiccò. E nonostante fosse stanca, ferita e sanguinante, Clary rise. "Beh, sono sicura che lui sia felice a sufficienza per il fatto che tu lo vedi come un uomo."

Isabelle sorrise e poi sospirò. Era il momento, giusto? Aprì la bocca e la richiuse ma quando notò che Clary la stava guardando con curiosità, deglutì e si buttò. "Immagino di si, visto che mi ha chiesto di sposarlo."

Clary spalancò gli occhi e trattenne il respiro per un secondo prima di scoppiare a ridere e gettarsi fra le braccia dell'altra ragazza. "Oh mio Dio, Izzy! Quando? Come? Oh, è fantastico!"

"Sei felice? Davvero?"

"Ma certo che si!" Clary rise ancora. "Perchè non dovrei? Per l'Angelo, questa è la notizia più bella di sempre! Avete già fissato una data? Vi sposerete ad Alicante? E l'anello? Dov'è l'anello? Sono sicura che ci sia un anello. Simon è nato Mondano e di sicuro ti ha preso un anello. Un anello di fidanzamento, non uno con le stemma della famiglia. O lo prenderò a calci."

Isabelle strinse l'amica e gli occhi le si riempirono improvvisamente di lacrime. Aveva così paura della reazione di Clary, ma vederla così piena di gioia era meraviglioso. Un terribile peso le si sollevò dal cuore e lei sorrise. "Si, c'è un anello ma visto che ancora non lo sapevi, l'ho lasciato all'Istituto. Te lo farò vedere più tardi, è bellissimo! Non abbiamo ancora fissato una data, ma vorremmo farlo il prossimo anno."

"Magnifico! Sarà la festa più bella della storia. Isabelle Lightwood si sposa, non riesco ancora a crederci!"

Izzy rise, scuotendo la testa. "Si, è strano vero? Ti ricordi di quando io e Simon ci siamo lasciati, quando lui era all'Accademia? Non avrei mai pensato che saremmo finiti così a quel tempo."

"Io l'ho sempre saputo." Rispose Clary con sicurezza. "Siete fatti l'uno per l'altra, dovevate semplicemente smettere di essere così cocciuti al riguardo."

"Ehi, è stata colpa sua!" Rise Isabelle. "Io ero perfino andata all'Accademia a dire a tutti che era il mio ragazzo. E poi lui è diventato paranoico e mi ha mollata."

"Beh, immagino che ora non voglia più mollarti... mai più." Clary si appoggiò al divano, sorridendo. "Oh, Izzy, mi sento meglio ora. Sembra che il mondo abbia ancora qualche bella sorpresa in serbo per me, dopotutto. Sapere che tu e Simon vi sposate mi fa felice, mi fa sentire in pace. Come un pezzo di un puzzle che finalmente trova il suo posto."

"Ero preoccupata che ti saresti intristita." Disse Isabelle, sospirando di sollievo. "Pensavo che forse ti avrebbe ricordato..."

"Me e Jace?" Chiese Clary. "Izzy, non potrei mai essere triste per le tue nozze. Sei come una sorella per me! E Simon? E' il mio migliore amico da sempre. Voi due insieme mi riempite di gioia."

"Sarai lì al mio fianco, vero?" Isabelle la guardò con un sorriso sulle labbra. "Sarai la mia damigella?"

Clary sentì nuove lacrime riempirle gli occhi mentre annuiva e abbracciava l'amica. "Ma certo. Ma certo che lo sarò."

 
***

 Le ci era voluta ogni goccia di volontà per lasciare Clary da sola quella sera. Isabelle si sentiva malissimo. La rossa aveva perfino rifiutato di andare da Magnus perchè potesse aiutarla a guarire più in fretta, dicendo che Jiliel se ne sarebbe accorto. Quel figlio di puttana, non vedeva l'ora di affrontarlo con la frusta in mano. Ma ora dovevano pensare a William e a quello che Jiliel aveva detto. Quindi la Regina aveva un altro motivo per cui aveva preso Will? Qualcosa legato al suo sangue? Eppure Sebastian e William non avevano niente in comune. Il sangue di Sebastian era demoniaco, quello di William era probabilmente molto più che angelico, considerando chi erano i suoi genitori. Quindi perchè il sangue avrebbe dovuto avere importanza? Ovviamente lei sapeva che la Regina dormiva con Sebastian prima che lui morisse, ma in qualche modo dubitava che volesse William solo perchè era il nipote di quel mostro. La Regina della Corte Seelie aveva dimostrato molte volte di non avere un cuore e affezionarsi a un bambino, volere un ricordo del suo amante morto, non era proprio nelle sue corde. Quindi doveva trattarsi di qualcos'altro, qualcosa collegato al fatto che William facesse parte della famiglia di Sebastian. Ma cosa? Isabelle era frustrata, sapere che stava succedendo qualcosa e non poterci fare niente, la faceva diventare matta. Ovviamente c'era la possibilità che Jiliel avesse mentito a Clary per farla soffrire, ma Clary le aveva detto che il fatato era arrabbiato in quel momento: quando si è furiosi si tende a sputare fuori la verità, non una qualche elaborata bugia.

"Dannazione." Sussurrò piano, respirando profondamente. Si fermò e aprì la porta di Taki, andando a sedersi a uno dei tavoli. Quel posto era pieno di ricordi, felici e infelici. I più preziosi riguardavano gli anni in cui era più giovane, ancora una bambina per il Conclave e la sua preoccupazione più grande era se avrebbe appiccato il fuoco alla cucina o no, tentando di fare da mangiare. Prima di incontrare Clary e Simon non avrebbe mai pensato che sarebbe rimasta coinvolta in qualcosa come la Guerra Mortale e la Guerra Oscura e tantomeno che vi avrebbe giocato una parte così importante. Aveva guadagnato molto, ma aveva anche perso molto, durante quelle guerre; le avevano dato Simon, ma le avevano portato via Max. Il suo fratellino, sarebbe stato adolescente ora, pensò Izzy, con dolce nostalgia. Il dolore era ancora lì e non sarebbe mai svanito perchè, nonostante tutti le dicessero il contrario, lei pensava ancora di essere responsabile per la sua morte. Se solo gli avesse creduto quando le aveva detto di aver visto qualcuno scalare le torri antidemoni...

Sebastian. Era tutta colpa di quel maledetto mostro. Lo odiava ancora, lo avrebbe sempre odiato, eppure doveva ammettere che era stato il mezzo attraverso il quale lei aveva riavuto Simon. Se Sebastian non avesse rapito Jace, Simon non avrebbe mai perso il Marchio di Caino e Asmodeus non sarebbe stato in grado di prendere la sua immortalità. Eppure, avendone la scelta, lei avrebbe cambiato qualcosa? Avrebbe cancellato l'esistenza di Sebastian per avere indietro Max, sapendo che così avrebbe perso Simon? Era sufficientemente onesta con se stessa da ammettere che probabilmente non si sarebbe mai impegnata con Simon se lui fosse rimasto un vampiro. Lei non era Alec. Il pensiero di invecchiare mentre Simon rimaneva per sempre un ragazzo di sedici anni era, e sarebbe sempre stato, insopportabile. Le lasciava un sapore amaro sulla lingua sapere che doveva a Sebastian l'amore della sua vita. E ora sembrava che dovesse ringraziarlo anche per la vita di suo nipote.

"Per essere morto da sette anni, hai di sicuro un effetto a lungo termine." Mormorò, chiudendo gli occhi.

"Cosa ti porto?" La voce famigliare la strappò ai suoi pensieri e Isabelle sollevò lo sguardo, guardando la cameriera bionda che stava aspettando. Non sapeva ancora se la odiava o no, dopo tutto quello che le avevano raccontato di lei, ma era disposta a dare alla fata il beneficio del dubbio, visto che aveva accettato di aiutarli. Per quanto riguardava il suo popolo, personalmente Izzy sarebbe stata felice di vedere l'intero Regno Fatato bruciato fino alle fondamenta, ma capiva l'amore della pixie per la sua gente. Anche lei amava i Nephilim.

E ora era tempo di mettere alla prova quella nuova alleanza: dovevano sapere cosa stava succedendo a William, e dovevano saperlo nel più breve tempo possibile.

Isabelle sorrise a Kaelie. "Parliamo un po'."

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Capitolo 11
*** Un segreto ben nascosto ***


La luna era alta nel cielo quella notte e Kaelie la guardò per un attimo, respirando profondamente e cercando di restare calma. Aveva tutti i motivi del mondo per avere paura però, dal momento che stava per andare alla Corte a spiare per i Nephilim.

Quello che le aveva raccontato Isabelle la preoccupava molto perchè non aveva la più pallida idea di cosa la Shadowhunter stesse dicendo, e non avrebbe dovuto essere così. Sapeva con certezza, una cosa che le aveva assicurato immediatamente, che William non era nè ferito nè sofferente. In realtà aveva un esercito di balie, piccole fate che lo intrattenevano durante il giorno e che si assicuravano che mangiasse, dormisse e si divertisse. E durante la notte non era mai da solo, diverse fate lucciole dormivano sul soffitto e accanto al suo letto; lui le adorava e loro lo tenevano d'occhio mentre dormiva.

Eppure le notizie che Isabelle le aveva portato venivano da Jiliel, e Kaelie conosceva suo fratello: gli piaceva mentire, ma voleva che le sue bugie fossero credibili, quindi le mescolava sempre con un po' di verità. E se Jiliel aveva mentito sui maltrattamenti a William, allora era possibile che la Regina della Corte Seelie lo stesse effettivamente usando per qualcosa. Il problema era che Kaelie non ne sapeva assolutamente nulla, mentre suo fratello si.

La domanda era: perchè? Come carceriera di Jace, lei avrebbe dovuto essere aggiornata su qualunque cosa riguardasse il bambino e sapere che invece non era così la spaventava: forse la sua missione di spia sarebbe finita ancora prima di cominciare, forse la Regina non si era mai fidata di lei o aveva sospettato che prima o poi l'avrebbe tradita.

Beh, devo farlo comunque. Spero solo di non infilarmi dritta in una trappola.

 
***

 
 
Camminare nella Corte di notte era come entrare in una favola: le luci era fioche, una brezza leggera faceva ondeggiare dolcemente le tende di farfalla e l'aria era piena di sussurri delicati, il suono delle fate addormentate. Kaelie aveva sempre adorato passeggiare nei corridoi quando c'era silenzio, quando non c'erano feste, la faceva sentire in pace, a casa. Ma quella notte era spaventata e i familiari passaggi sembravano pieni di ombre pronte a fermarla, afferrarla e gettarla per terra come la traditrice che era. Era davvero necessario farlo? Ne valeva la pena? Era davvero sicura che i Fatati non potessero vincere quella guerra? Dopotutto non sarebbero stati soli a combattere gli Shadowhunter e se Clarissa Morgenstern non era un'idiota, di sicuro l'aveva capito anche lei, dopo tutte le riunioni del Consiglio a cui aveva partecipato. Eppure il suo cuore non trovava pace al pensiero delle prossime battaglie. Sapeva che tutti continuavano a ripetere che il mondo era esistito prima dei Nephilim e avrebbe continuato ad esistere anche dopo che gli Shadowhunter fossero stati spazzati via, ma Kaelie non ne era così certa: fin dalla battaglia di sette anni prima, si erano diffuse molte storie sullo straordinario viaggio di Jace Herondale e dei suoi amici, storie del mondo di Edom e di come ora fosse sterile, morto, perduto. E anche storie sugli Shadowhunter estinti che una volta vi avevano vissuto, che una volta avevano combattuto contro quegli stessi demoni che volevano conquistare anche il loro mondo. Se Edom aveva subito una sorte così terribile perchè non c'erano più Nephilim a proteggerlo, chi poteva onestamente pensare che la stessa cosa non sarebbe accaduta anche alla Terra? Alla Regina della Corte Seelie sembrava non importare. Forse pensava che sarebbe stata morta da tempo prima che una cosa del genere avvenisse, ma era un sentimento così egoista che Kaelie sentiva montare la rabbia al solo pensiero. Condannare l'intero mondo solo perchè aveva perso un amante...

La fata smise di muoversi e si nascose fra le ombre del corridoio, appiattendosi il più possibile lungo il muro.

Jiliel. Suo fratello era lì. Ma Isabelle le aveva detto che sarebbe stato con Clary... era l'unica ragione per cui Kaelie aveva deciso di entrare alla Corte quella notte, non voleva suo fratello in giro mentre investigava. Eppure lui era lì. E aveva in braccio William, addormentato. Dove lo stava portando? Cosa stava succedendo?

Kaelie si sforzò di essere il più silenziosa possibile mentre guardava suo fratello allontanarsi, una mano sulla bocca per impedirsi di emettere alcun suono. Se l'avesse scoperta, lei si sarebbe dovuta inventare una bugia credibile per giustificare la sua presenza lì, sempre che il solo fatto di averlo visto con il bambino non fosse sufficiente a condannarla. Se era in missione per la Regina non avrebbe avuto alcun rimorso nell'ucciderla, sorella o no. Jiliel era così: senza pietà e fieramente leale alla Regina della Corte Seelie. E Kaelie non avrebbe avuto possibilità contro un guerriero come lui. Doveva essere molto silenziosa e molto attenta se non voleva essere scoperta.

Il Fatato camminava lungo il corridoio, stringendo con cautela il bimbo addormentato. Dopo un po' Kaelie riconobbe la strada che portava alle camere personali della Regina ma quando Jiliel entrò, lei sentì una porta aprirsi, una porta che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Lei era una delle dame ammesse all'interno, quindi sapeva com'erano fatte le stanze della Regina e non c'era una porta nella parete più lontana. Eppure, quando sbirciò dentro, ne vide una chiudersi lentamente, una porta perfettamente nascosta nel muro, come se ne facesse parte. Corse per bloccarla prima che si chiudesse e il battente si fermò senza alcun rumore. Così c'era un passaggio segreto, uno che lei non conosceva. Si, Jiliel sapeva qualcosa sulla Regina, qualcosa che coinvolgeva William, ora ne era sicura. Kaelie sentì suo fratello scendere alcuni gradini di pietra e i suoi passi svanirono in lontananza prima che lei riuscisse a trovare il coraggio sufficiente a seguirlo. Sinistra, destra, poi ancora sinistra, era in una parte della Corte che non aveva mai visitato. Il soffitto sembrava fatto di pietra e le pareti assomigliavano sempre di più a quelle di una caverna. Alla fine delle scale brillava una luce fioca e quando Kaelie raggiunse il fondo, si guardò intorno rimanendo nascosta.

Era una caverna di pietra, molto grossa, con diversi cristalli luminosi sulle pareti e sul soffitto che costituivano l'unica fonte luminosa: i loro colori regalavano alla stanza un luccichio debole ma prezioso, come se fosse immersa nell'arcobaleno. Kaelie si nascose in un punto buio al di sopra degli ultimi gradini e nell'angolo più lontano vide la Regina parlare con il suo Cavaliere, gli occhi pieni di rabbia.

"Ha fatto cosa?" Stava chiedendo, la voce fredda come le pareti di pietra.

"Le ho dato una lezione. Non oserà più attaccarmi." Jiliel si permise un ghigno. "Stanotte avevo intenzione di dargliene un'altra per assicurarmi che avesse capito qual è il suo posto, prima che mi richiamaste qui."

"Assicurati che tenga la testa abbassata," ordinò la Regina, "ma non ucciderla e non incapacitarla troppo a lungo. Ho bisogno del suo lavoro al Consiglio prima di consegnarla."

"Si, mia Regina. Penso di poter affermare che lei non ha la minima idea dei nostri piani: crede ancora che stiamo cercando di rientrare nelle grazie del Conclave e che lei è la persona che deve persuaderli." Jiliel si sistemò meglio William in braccio e proprio in quel momento il bambino aprì gli occhi e si guardò intorno. Kaelie notò il sollievo sulla faccia del fratello quando mise giù William e il piccolo cominciò ad aggirarsi nella caverna come se sapesse perfettamente dove si trovava.

"Bene." Stava dicendo intanto la Regina. "Se non sospetta niente, non li avvertirà. Ora dimmi: com'è andata con il clan di Buenos Aires?"

"C'è voluto un po' per convincerli." Rispose il guerriero alzando le spalle. "Non erano troppo felici di allearsi con noi ma quando ho menzionato la ricompensa, hanno improvvisamente cambiato idea."

"Ma certo," rise lei," devo ancora incontrare un vampiro che non voglia camminare nel sole di nuovo. Forse l'eccezione è il clan di New York, ma non oso chiederlo anche a loro, sono troppo vicini ai Nephilim."

"Il clan di Buenos Aires dovrebbe attaccare i licantropi fra qualche giorno."

"Perfetto." La Regina annuì. "I licantropi sono sempre stati gli alleati più vicini ai Nephilim, ancora di più ora che il loro rappresentante ne ha sposata una. Una volta che ci saremo sbarazzati di loro, gli Shadowhunter saranno da soli. Gli stregoni non interferiranno e i vampiri sono con noi. Ci stiamo avvicinando, mio Generale."

"Secondo i rapporti di Clary, i Nephilim non hanno ancora idea di cosa ci sia dietro gli attacchi dei vampiri. Continuano a credere che si tratti dell'antica faida con i licantropi. Non sapranno da che parte girarsi quando li colpiremo."

La Regina della Corte Seelie sorrise, un luccichio predatore nei suoi occhi. "Pazienza Jiliel, dobbiamo avere pazienza. Quando colpirò, sarò veloce e letale. Abbatterò Alicante e la brucerò fino alle fondamenta, costringerò i Nephilim a nascondersi come topi e mentre noi li combatteremo durante il giorno, i miei alleati li attaccheranno di notte. Gli Shadowhunter non avranno un'ora di riposo fino a quando l'ultimo di loro non sarà morto. Beh," concluse ridendo, "tutti tranne due."

"Si, presumo che quei due rimarranno vivi finchè i vampiri non avranno finito con loro. Non avrei mai immaginato che il sangue angelico potesse compiere un tale miracolo." Jiliel permise a un'ombra di dubbio di insinuarsi nella sua voce, ma sapeva che niente avrebbe influenzato la Regina. Ormai non le importava più di avere ragione o torto e la prospettiva di far torturare Clary e Jace per il resto della loro vita aveva troppa attrattiva perchè lei permettesse a un dubbio di fermarla.

"Deve essere per forza così." Come si aspettava la Regina lo guardò socchiudendo gli occhi, sfidandolo a contraddirla. "Sebastian ha detto che è stato Jace in persona a dire a Valentine di aver dato il suo sangue al vampiro. Prima di quell'evento, il Diurno era un normale vampiro e successivamente poteva camminare alla luce. Se non ti fidi della parola di Sebastian, allora devi fidarti delle cicatrici che tua sorella ha visto addosso al ragazzo. Venivano dal morso di un vampiro e lui è troppo forte per aver permesso a uno di loro di andargli così vicino. Si è lasciato mordere di proposito. E l'avrebbe fatto solo per qualcuno di cui si fidava. Il sangue angelico nelle sue vene deve essere ciò che ha trasformato quel ragazzo in un Diurno. Deve essere così."

Kaelie trattenne il respiro, sentendo il sangue defluire dal volto: ricordava quelle cicatrici, ricordava di averne parlato con Jiliel. Erano sul braccio e sul collo di Jace e lei aveva visto abbastanza morsi di vampiro nella sua vita da riconoscerne uno. Ora capiva perchè suo fratello era sembrato così interessato a quell'informazione e un gelido fremito le attraversò la spina dorsale. Era questo il motivo per cui i vampiri avevano accettato di aiutare il Popolo Fatato: la Regina aveva promesso loro Jace e Clary, i due Shadowhunter con un eccesso di sangue angelico nelle vene. Con loro, potevano trasformare tutti i vampiri in Diurni.

"Ho sempre avuto intenzione di chiedervi una cosa." Jiliel guardò la Regina con curiosità. "Il bambino fa parte dell'accordo? Dopotutto ha ancora più sangue angelico dei suoi genitori."

"No." La Regina della Corte Seelie fece un passo in avanti e prese in braccio William, sostenendolo con cura. Il bambino non cercò di ribellarsi, ma nemmeno abbracciò la fata. "Non lascerò che il nipote di Sebastian sia rinchiuso e trattato come una cavia da esperimenti per il resto della sua vita."

"Siete più che disposta a lasciare a quel destino sua sorella, però."

"E' stata Clarissa Morgenstern ad ucciderlo." Replicò lei, quasi sibilando. "Si merita questo e molto altro. Ma il bambino è innocente. Lo terrò con me. Presto mi chiamerà Madre, sarò l'unica famiglia che lui ricorderà. E comunque, ho bisogno di lui. Se Sebatian fosse vivo, le cose sarebbero diverse, ma ora William è la mia unica speranza. Ho bisogno che le voglia bene, che si prenda cura di lei, devo intrecciare così profondamente le loro vite che lui non esiterà mai ad aiutarla in qualunque modo le serva. Non lo lascerò mai andare. Vivrà e morirà come uno del Popolo Fatato."

Se Kaelie si era mai preoccupata per il futuro di William, ora tutti i suoi dubbi erano stati spazzati via. Conosceva quello sguardo negli occhi della Regina ed era chiaro che la donna era affezionata al bambino che teneva in braccio. In qualche modo William aveva conquistato il suo cuore di ghiaccio, aveva scavato una nicchia per sè al suo interno, e senza saperlo si era guadagnato la salvezza. Ora rimaneva solo un'ultima, importante domanda: perchè la Regina aveva bisogno di lui? A cosa poteva mai servirle un bambino Nephilim? E chi era "lei"?

La Regina si girò silenziosamente, tenendo William fra le braccia e il bambino si agitò allungando la mano come se volesse toccare qualcosa. Kaelie lo sentì ridere, uno dei pochi suoni che William emettesse da quando era stato rapito.

"Si, mio piccolo Principe. Andiamo da tua sorella." Disse la Regina, accarezzando i capelli di William.

Sorella? Ma che... Da dove si trovava, Kaelie non riusciva a vedere altro che la Regina, ora in piedi accanto a un altare di delicato marmo rosa sopra il quale era appoggiato un liscio cristallo bianco, dalla forma lunga, alta e ovale. Nonostante il cristallo fosse opaco, qualcosa era visibile al suo interno, qualcosa che Kaelie non riusciva a vedere chiaramente. La Regina appoggiò la mano del bambino sulla sua superficie e mormorò qualcosa che Kaelie non riuscì a sentire.

La mano di William cominciò a brillare di un luccichio morbido e dorato, una corda splendente che partiva dal suo polso e circondava gentilmente il cristallo, immergendolo nella sua luce. E quando la Regina si mosse di un passo, rendendo possibile a Kaelie guardare meglio, la fata smise di respirare per un secondo, gli occhi spalancati dalla sopresa.

Immobile e addormentata dentro il cristallo, circondata dalla luce dorata, giaceva una bimba di non più di sei mesi. Una bimba che lei conosceva. Kaelie ricordava quella fragile figura, ricordava i corti capelli scarlatti che incorniciavano i lineamenti infantili. E anche se gli occhi della bambina erano chiusi, lei sapeva che erano di un verde brillante, come l'erba in primavera.

Ma quella bambina avrebbe dovuto essere morta. Avrebbe dovuto essere morta da quasi sei anni. Eppure, anche dopo tutto quel tempo, Kaelie l'avrebbe riconosciuta ovunque. Dopotutto era stata presente alla sua nascita.

Il segreto più grande della Regina.

La Principessa della Corte Seelie.

La figlia di Sebastian Morgenstern.

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Capitolo 12
*** Collasso ***


L'Istituto non avrebbe mai cessato di riempire Clary di stupore, dandole sempre la stessa sensazione di magnificenza, potenza e potere. Ogni volta che lo vedeva, le prudevano le dita dalla voglia di disegnarlo e la cosa la stupì perchè erano secoli che non prendeva più in mano una matita.

Erano passati due giorni dalla sua ultima visita e gli ultimi lividi sul suo corpo erano svaniti quella mattina, dopo che Clary si era sentita abbastanza in forze da somministrare a se stessa una delle sue rune di guarigione più potenti. E che Jiliel fosse dannato per non essersi trattenuto nemmeno un po', sapendo che lei aveva a disposizione mezzi speciali per rimettersi. La notte precedente non era ritornato, come aveva detto che avrebbe fatto, ma di sicuro lei non si lamentava della sua assenza. Forse il Fatato pensava che così sarebbe stato più divertente, minacciare di ritornare e picchiarla di nuovo e poi lasciarla ad attendere tutta la notte, tesa e pronta a reagire al minimo rumore, chiedendosi se i passi nel corridoio fuori dalla sua porta, erano i suoi. Non aveva dormito molto e si sentiva leggermente intontita dalla mancanza di riposo e dall'energia che aveva richiesto applicare la runa che voleva, ma Clary era soddisfatta. Forse quando Jiliel l'aveva marchiata credeva che nemmeno le sue rune avrebbero potuto guarirla, ma si era sbagliato: sulla spalla di Clary non rimaneva nemmeno una cicatrice. E se la runa non avesse funzionato, lei era pronta a tagliarsi via la pelle pur di cancellare quel marchio infamante, anche al costo di tenere la cicatrice tutta la vita e di non poter mai più usare il braccio. Non avrebbe mai continuato a vivere marchiata come una proprietà del Popolo Fatato.

Inspirò a fondo e cercò di trovare il coraggio di varcare la soglia, sapendo che Jace e gli altri erano lì. Non c'era più bisogno di fingere, di mostrarsi fredda per ingannare la sua famiglia. Sorrise a quel pensiero: la sua famiglia. Le piaceva considerarli tutti parte del suo cuore, e sperava che il sentimento fosse ricambiato, anche dopo tutto quello che aveva fatto. Simon l'aveva perdonata e Isabelle era arrabbiata con lei, ma comunque dalla sua parte. Chissà cosa pensavano Magnus e Alec invece; dopo un inizio burrascoso, Clary era arrivata ad apprezzare il tranquillo Shadowhunter, la sua voce calma, i suoi profondi occhi azzurri che sembravano sempre guardarti dritto nell'anima e detestava pensare a quanto Alec potesse essere deluso nel sapere che lei e Jace li avevano ingannati tutti, che avevano mentito così a lungo.

Clary sospirò e fece il primo passo, chiudendo gli occhi. Le sembrava quasi di entrare per la prima volta, di scoprire nuovamente una nuova vita, come aveva fatto molti anni addietro. Prese l'ascensore e si diresse verso la palestra, ascoltando i suoi passi echeggiare nel corridoio, fino a quando si rese conto improvvisamente di non essere più sola.

Lo sentì dietro di lei, anche senza vederlo e smise di camminare sorridendo e appoggiandosi all'indietro. Lui era lì, il suo petto ad accogliere la sua schiena, le braccia che le si chiudevano attorno alle spalle, le mani che accarezzavano gentilmente le sue.

"Ero preoccupato." Sussurrò Jace, baciandole i capelli. "Stai bene?"

"Ora si." Rispose lei, la voce non più forte di un respiro. "Ma mi sei mancato."

Lui rafforzò la stretta. "Quando non sei arrivata ieri, mi sono quasi precipitato al tuo appartamento. Isabelle mi ha convinto a non farlo, ma quando è tornata si è rifiutata di dirmi cos'era successo."

"Jace, ti prego..." Lei provò a muoversi, ma lui la stringeva troppo forte.

"Dimmelo." Mormorò al suo orecchio, baciandolo lentamente. Le sue labbra erano calde, morbide e gentili e Clary sentì un brivido correrle giù per la schiena.

"Non chiedermi niente. Ti prego."

"Ti ha fatto di nuovo del male? Ti ha toccata di nuovo?" Ora le sue labbra correvano lungo la mascella, su e giù, baciandole leggermente la guancia e l'angolo della bocca.

"Non è il tuo fardello." Sussurrò lei, cercando di tenere la voce sotto controllo. "Non voglio che sopporti anche questo."

"Niente che ti riguardi sarà mai un fardello per me. Io sono qui per te, sarò sempre qui per te."

Clary deglutì, chiudendo gli occhi e mordendosi il labbro inferiore. Era così bello stare di nuovo fra le sue braccia, la riempiva di calma e sicurezza, come se niente potesse mai farle del male, se Jace era di guardia. Non voleva pensare a niente altro ora. Voleva respirarlo, sentirlo, inalarlo a fondo, sfiorargli il viso con le dita per imparare di nuovo ogni sua linea, ogni curva del suo corpo.

"Baciami." Sussurrò. "E' tutto quello che voglio. Baciami. Prendimi. Insegnami di nuovo che sono tua, che niente altro conta tranne noi."

Era una supplica disperata, ma lei ne aveva bisogno dopo ciò che era successo con Jiliel, dopo ciò che aveva subito. Doveva cancellare il suo tocco come nessuna doccia era in grado di fare, aveva bisogno che Jace la reclamasse così completamente da farle dimenticare anche il nome del Fatato. Dimenticare tutto, voleva dimenticare quegli orribili sei mesi, il ricatto, il fatto che la sua vita ora fosse un inferno, un inferno che attendeva solo che lei tornasse al suo appartamento per soffocarla nuovamente fra le fiamme. Così, quando Jace non fece niente altro che stringerla, insicuro su come agire, Clary si girò fra le sue braccia, chiuse le mani attorno al suo collo e lo tirò verso di sè. La sua bocca era bisognosa, pretendeva una risposta e lei spinse e tirò finchè Jace finalmente si mosse, sollevandola per la vita e continuando a baciarla, sempre più appassionatamente, echeggiando il bisogno che sentiva in Clary. Aprì con un calcio la porta di una delle camere da letto dell'Istituto e quando furono all'interno fu Clary a chiuderla prima di venire spinta contro la parete, ancora fra le braccia del marito.

Non parlarono, non dissero una sola parola mentre si svestivano in fretta, quasi strappando il tessuto e lasciando cadere tutto per terra. Ora Jace la stava baciando lungo il collo, e si stava inginocchiando di fronte a lei per permettere alle sue labbra di viaggiare ovunque, dalla mascella alle spalle, oltre la dolce curva del suo petto, fino allo stomaco e poi di nuovo in alto quando Clary gli prese il viso fra le mani per baciarlo profondamente e con decisione, desiderando solo di perdersi nel meraviglioso contatto delle loro labbra. Improvvisamente erano sul letto, le braccia di Jace circondavano la testa di Clary, le dita di lei gli affondavano nella schiena e le gambe erano intrecciate insieme mentre lei sollevava i fianchi per incontrarlo e lui continuava a baciarla ovunque senza tregua. Clary chiuse gli occhi inarcando la schiena, perdendosi nelle sensazioni, ma nel momento in cui gli occhi dorati di Jace sparirono dalla sua vita, arrivò l'oscurità.

Polsi pulsanti, sangue che cola.

Dita crudeli che le affondano nei fianchi.

Labbra dure e fredde che vagano sul suo corpo, mordendola senza pietà.

Le sue grida, così alte che alla fine non ha più voce.

Mani pesanti che la colpiscono, la schiaffeggiano, le tolgono il fiato.

Un corpo impietoso che la viola, ancora e ancora, finchè lei non ha più lacrime.

La cintura che la colpisce, ancora, ancora, ancora.

Coltelli incandescenti che le incidono nella pelle il marchio del suo aguzzino.

E poi da capo.

Tutta la notte.

Clary urlò in agonia, dimenticando chi era, dimenticando con chi era, dimenticando tutto tranne quel dolore accecante, il terrore e la rabbia. La mente completamente vuota, spinse via Jace violentemente, afferrò il pugnale nascosto negli stivali e si gettò in avanti per uccidere il suo nemico.

***

Jace non capiva cosa stesse succedendo. Il momento prima era con Clary, pronto a liberarsi degli ultimi indumenti che si frapponevano fra di loro, e quello successivo era sul pavimento, la punta aguzza di un coltello a qualche centimetro dalla sua faccia. Era chiaro che Clary non era in sè in quel momento, bastava guardarla: i suoi occhi erano vuoti, non lo stava realmente guardando, Jace non era nemmeno sicuro che lei sapesse dov'era. La mente lo riportò indietro nel tempo, a quando Lilith lo aveva posseduto. Anche lui aveva avuto quello sguardo? Così distante, chiuso, irraggiungibile? Spostando con forza il coltello, Jace rotolò di lato ma Clary lo aggredì di nuovo, pronta a colpirlo al petto questa volta. Durante gli anni le aveva insegnato bene, ora erano quasi pari in combattimento e questo rendeva le cose difficili perchè lui non voleva farle del male, mentre lei voleva decisamente ucciderlo.

"Clary!" Le gridò evitando un colpo. "Clary, fermati!"

Ma lo sguardo vuoto dei suoi occhi, gli disse che non lo aveva sentito. Era come se fosse sonnambula, una sonnambula molto veloce e letale. Non rimanendogli altra scelta, cominciò a combattere, cercando di prendere il coltello, ma Clary gli stava danzando intorno nella piccola stanza come se avesse le ali. Se avesse continuato così, prima o poi sarebbe riuscita a colpirlo, così Jace aprì la porta e corse in corridoio, cercando di ottenere più spazio per lottare.

"Ti ucciderò." Ringhiò lei, la voce così piena di odio da ghiacciargli il cuore. "Ti ucciderò, mostro!"

"Clary, svegliati!" Jace evitò un altro colpo e finalmente riuscì ad afferrarle i polsi, facendole lasciare il pugnale. Lei si agitò nella sua stretta, scalciandolo ancora e ancora, ma lui si limitò a sollevarla e gettarla di nuovo nella stanza, chiudendo la porta.

Precipitandosi verso il letto, vi inchiodò sua moglie, tenendole i polsi con forza sufficiente a farle male o lei si sarebbe liberata e l'avrebbe attaccato di nuovo. Era selvaggia fra le sue braccia, le pupille dilatate, un'orribile smorfia sul volto.

"Vuoi legarmi di nuovo?" Sibilò lei, guardandolo dritto negli occhi senza mostrare di riconoscerlo. "Ti ucciderò prima che tu possa marchiarmi di nuovo, sporco Nascosto!"

Jace sentì il cuore mancargli un battito quando capì che lei pensava di combattere Jiliel ma non ebbe il tempo di fare nulla perchè Clary lo scalciò con forza sufficiente a farlo cadere dal letto; anni di caccia l'avevano resa forte e fiera e anche nel suo stato ottenebrato era un'avversaria formidabile.

Jace afferrò il suo stilo, sfilandolo dai pantaloni sul pavimento alla velocità della luce e si gettò su Clary prima che lei potesse attaccarlo di nuovo, rovesciandola sullo stomaco e disegnando in fretta una runa nel centro della schiena, vicino al suo cuore.

"Mi dispiace, Clary." Le sussurrò completando la runa per farla cadere in un sonno profondo. Un attimo dopo il corpo teso di sua moglie si rilassò e lei chiuse gli occhi, crollando.

Jace la voltò gentilmente, guardando il suo volto, ora rilassato. La vestì lentamente, coprendola con una coperta prima di recuperare i suoi vestiti dal pavimento. Si fermò per un attimo ad accarezzare i morbidi riccioli rossi che amava tanto, poi si vestì e andò a cercare Magnus.

***

"Sta bene?" Chiese Alec in un sussurro, guardando il viso addormentato di Clary. Era pallida e immobile, il respiro lento e profondo. Magnus era seduto al suo fianco, uno sguardo concentrato negli occhi mentre le toccava gentilmente il polso. Erano tutti lì, in quella piccola stanza, a guardare Clary senza parlare. Non avevano potuto chiamare un Fratello Silente perchè le avrebbe letto la mente e scoperto tutto su William e la Corte Seelie, quindi dovevano affidarsi a Magnus anche se erano tutti sicuri delle sue abilità.

Quando lo stregone si alzò, lo guardarono tutti.

"E' esausta, ma sta bene. Probabilmente ha solo bisogno di dormire. L'attacco non avrà conseguenze."

"Ma cos'è stato?" Jace si sedette accanto a Clary, prendendo il posto di Magnus. "Improvvisamente ha perso il controllo, non mi riconosceva più. Era come se fosse sonnambula."

"Ha sopportato trauma dopo trauma in questi mesi, Jace. Prima o poi doveva pagarne il prezzo. Ha avuto un collasso."

Il biondo Shadowhunter si girò verso Isabelle. "Ti sei rifiutata di dirmi quello che è successo ieri ma prima Clary ha detto di essere stata legata e marchiata. Dimmi di cosa stava parlando, Izzy."

Isabelle impallidì e si morse l'interno della guancia, ma Jace non aveva la minima intenzione di cedere. "E' mia moglie, Izzy e mi ha appena attaccato. Voleva uccidermi, pensava che fossi lui. Tu mi dirai cosa è successo. Ora."

Simon annuì verso di lei, incitandola a parlare; voleva sapere cos'era successo tanto quanto Jace, si stava parlando della sua migliore amica.

"Quando ieri ha aperto la porta, era stata picchiata." Isabelle cedette finalmente. "Non c'era un centimetro del suo corpo senza lividi."

I ragazzi smisero di respirare per un attimo e improvvisamente la stanza si riempì di così tanta tensione che Isabelle voleva scattare fuori, la frusta in mano, e guidare la spedizione che avrebbe ucciso il Cavaliere Fatato.

"Mi ha detto di essersi ribellata, di aver lottato. Poi lui ha minacciato William e lei si è dovuta arrendere. E lui l'ha punita." Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. "Mi ha fatto promettere di non dirvelo, non voleva che lo sapesse nessuno. Ma non so niente di un marchio. Se è successa una cosa del genere, lei non me ne ha parlato."

"Deve averlo guarito." Mormorò Jace, accarezzando i capelli di Clary. "Cocciuta ragazzina, non mi avrebbe mai permesso di vedere una cosa del genere."

Non si era mai sentito così impotente, incapace di aiutarla in alcun modo; poteva uccidere Jiliel, ma poi? La Regina della Corte Seelie era più che capace di vendicarsi su Will e Clary non l'avrebbe mai voluto. Era disgustoso usare un figlio contro sua madre, distorcere in quel modo l'amore che sentiva per lui. Paragonato a lei, a Jace era andata bene: Kaelie non aveva mai cercato di usare il potere che le aveva dato la Regina. Potrebbe averlo costretto a fare qualunque cosa, ma aveva sempre avuto sufficiente pietà per lui da non tormentarlo.

Il telefono di Isabelle scelse quel momento per squillare e quando lei guardò lo schermo si girò e andò a rispondere in corridoio. Jace la seguì con lo sguardo, inarcando un sopracciglio ma la sua attenzione tornò immediatamente su Clary quando lei cominciò a muoversi nel letto.

"Jace?" Chiamò con un sussurro, aprendo e chiudendo gli occhi. Si sentiva esausta.

"Sono qui," le rispose piano, prendendole la mano. "Come ti senti?"

"Come se fossi andata a caccia di demoni per un'intera settimana senza dormire." Cercò di sorridere ma tutto quello che riuscì a fare fu curvare appena le labbra. "Cosa è successo?"

"Hai avuto una specie di collasso." Rispose Magnus quando Jace restò in silenzio. "Ma ora stai bene, hai solo bisogno di riposo."

"Posso avere un momento da solo con lei, per favore?" Chiese Jace senza guardare i suoi amici. "Penso che dobbiamo parlare."

I ragazzi annuirono e Magnus fu il primo a lasciare la stanza. Simon si chinò per baciare Clary sulla fronte, ma Alec non si mosse. Quando Jace si girò a guardarlo, vide qualcosa che compariva di rado negli occhi del suo parabatai, qualcosa che normalmente lui riservava per i suoi fratelli.

"Clary," disse Alec, guardandola dritto negli occhi. "So che non sta a me dirlo, ma lo farò lo stesso: non voglio che torni nel tuo appartamento. Non voglio che tu rimanga di nuovo da sola con lui. Penseremo a qualcosa, ma tu rimarrai qui, anche se dovessi legarti. Non ti permetterò di venire di nuovo picchiata fino a perdere la ragione."

"Alec..." Cominciò a protestare Clary, realizzando che Isabelle doveva aver detto loro cosa le era successo.

Lui la interruppe. "Ti conosco da quando avevi sedici anni, sei come una sorella per me. Sei parte della famiglia e io proteggo la mia famiglia, Clary. Non esiste che permetta a quella bestia di alzare di nuovo un dito su di te. Mai più."

Alec le rivolse un sorriso e poi uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Clary sospirò appoggiandosi al cuscino e chiudendo gli occhi. "Isabelle non ha mantenuto la sua promessa."

"Non avercela con lei." Le disse Jace, accarezzandole la mano. "Data la situazione, o parlava o le avrei cavato fuori le informazioni a forza."

"Mi dispiace." Sussurrò lei. "Non volevo che lo sapessi. E' già abbastanza dura per entrambi senza che io getti benzina sul fuoco."

"Dimmi cosa è successo, Clary, e stavolta voglio sapere tutto."

"Perchè?" Lei aprì gli occhi per guardarlo, il dolore palese nei suoi occhi verdi. "Non puoi annullare ciò che è successo e non voglio che tu ti senta..."

"Impotente? Frustrato? Disperato?" Jace le strinse la mano con rabbia. "Mi sento già così. Clary, hai parlato di venire legata e marchiata, come credi che dovrei sentirmi? Sei mia moglie e lui ti ha danneggiata a tal punto che non appena ti ho toccata hai cercato di uccidermi, pensando che fosse lui."

E non fu necessario dire altro. Una dopo l'altra tornarono a galla le immagini di quella notte tremenda e lei ricordò di come aveva attaccato il marito. La riempì l'orrore al pensiero di quello che avrebbe potuto fargli e Clary iniziò a tremare.

"Mi dispiace," mormorò, soffocando un singhiozzo. "Mi dispiace così tanto, Jace, pensavo davvero di poterlo fare, ne avevo così tanto bisogno..." Si sollevò a sedere nel letto e si gettò fra le braccia di Jace, nascondendo il viso nel suo petto. "Volevo dimenticare. Volevo ricordare cosa significasse essere tua, essere amata e protetta. Ma quando ho chiuso gli occhi, non sono riuscita a vedere altro che lui e..."

Jace la tenne stretta lasciandola parlare, lasciandola sfogare. E lei lo fece: sei mesi di sofferenza, di abusi, dolore, nostalgia e disperazione. Presto lo Shadowhunter si ritrovò a trattenere le lacrime, ascoltando quello che lei aveva dovuto sopportare, ma non disse niente, non la interruppe mai, non giurò mai di uccidere il Cavaliere Fatato, anche se gli ribolliva il sangue dalla rabbia: non era quello che serviva a Clary. Lei aveva bisogno di lui, di suo marito, del suo pilastro, dell'uomo di cui poteva fidarsi più di chiunque altro, l'unico che non l'avrebbe mai giudicata o abbandonata. E lui voleva essere quell'uomo, anche se ogni fibra del suo essere gli stava gridando di alzarsi, afferrare una spada angelica e occuparsi di Jiliel una volta per tutte.

Alla fine Clary smise di parlare ma lui non la lasciò andare, tenendola fra le braccia e tracciando cerchi leggeri sulla sua schiena, sussurrandole all'orecchio senza sosta tutto il suo amore. Un po' alla volta lei si rilassò contro di lui, il viso ancora sepolto nel suo petto, le spalle che lentamente smettevano di tremare.

"Clary, Alec ha ragione." Mormorò Jace, baciandole i capelli. "Non puoi tornare al tuo appartamento. Lo capisci vero?"

"Ma..."

"Possiamo dire che tua madre ti rivuole ad Alicante, per aiutarti a stare meglio. Dopotutto lo sta chiedendo da mesi e Jiliel lo sa. Andarci per qualche tempo potrebbe essere giustificato come un non voler sollevare sospetti. Puoi creare portali, quindi potremmo comunque vederci e i Fatati non sono più ammessi a Idris, quindi saresti in salvo. Ti prego, dimmi che ci penserai."

Clary rimase in silenzio per qualche minuto, poi lo lasciò andare lentamente, sollevando lo sguardo. I suoi lineamenti erano stanchi, i suoi occhi iniettati di sangue e le ci vollero diversi respiri profondi per parlare senza che le tremasse la voce.

"Jace, non posso andare ora. Prima devo scoprire se quello che Jiliel mi ha detto di William è vero."

Jace si irrigidì. "Cosa ti ha detto?"

"Mi ha detto che la Regina lo sta usando per qualcosa. Non lo ha preso solo per farci soffrire, lo ha preso perchè ne ha bisogno e devo scoprire perchè. Ecco perchè non posso andarmene."

Jace stava per rispondere quando qualcuno bussò alla porta e un momento dopo Isabelle entrò nella stanza, il telefono ancora fra le mani.

"Clary pensi di poterti alzare? Stai bene?" Le chiese, uno sguardo urgente negli occhi. Quando Clary annuì, Isabelle si girò verso Jace.

"Era Kaelie al telefono. Sta venendo qui, ha detto che deve parlarvi di Will. Ha scoperto cosa sta succedendo."

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Capitolo 13
*** Magia del Sangue ***


"Tu hai fatto cosa?" Gridò Alec, guardando attonito sua sorella.

"Ho fatto quel che dovevo. Hai sentito quello che ha detto Clary su Will, avevamo bisogno di informazioni e Kaelie era l'unica a poter indagare per noi."

Isabelle era in piedi, orgogliosa, la testa alta, sfidando tutti con lo sguardo. Si trovavano in biblioteca in attesa dell'arrivo di Kaelie e la stavano guardando tutti come se le fossero improvvisamente spuntate due teste.

"Non ne avevi il diritto Izzy." Jace era livido, i suoi occhi dorati pieni di rabbia. Era in piedi accanto a Clary che invece stava seduta, pallida e debole, cercando di recuperare un po' di energia. "Non le ho mai detto che voi sapevate, avresti potuto rovinare tutto!"

"Solo che non è andata così." Replicò lei, serrando i pugni. Sapeva che questo momento sarebbe arrivato fin dal momento in cui aveva parlato con la pixie, sapeva che la sua famiglia non avrebbe approvato. "Era sorpresa, ma se lo aspettava. Mi ha detto che sapeva che ci avresti raccontato tutto, dal momento che lei aveva accettato di aiutarci."

"Izzy, hai rischiato grosso stavolta." Mormorò Simon, scuotendo la testa. "Avresti potuto spaventarla, farla scappare. O farle cambiare idea."

Lei si girò per replicare, ma Clary li interruppe. "E' andata ormai," disse, guardandola. "E ora siamo pari Izzy, perchè dovrei veramente prenderti a calci per questo. Jace ha faticato molto per avere la sua fiducia e tu..."

"Sentite, Kaelie sembrava spaventata al telefono." La interruppe Isabelle. "Qualunque cosa abbia scoperto, vale il rischio di venire fin qui in pieno giorno. E sapete tutti che non avrei mai fatto una cosa del genere se non avessi avuto la sensazione che non c'era tempo da perdere. Quello che mi hai raccontato di Jiliel mi ha spaventata e io non mi spavento facilmente."

"Avrebbe potuto essere una menzogna." Le rispose Magnus, appoggiandosi allo schienale della sua sedia. "Qualcosa per tormentare Clary, perchè pensava che non sarebbe mai riuscita a verificare le sue parole."

Isabelle alzò gli occhi al cielo, sollevando in alto le mani ma prima che potesse replicare, il campanello dell'Istituto suonò. Jace uscì senza dire una parola per andare ad aprire e per qualche momento ci fu silenzio. Erano nervosi, spaventati da ciò che la fata avrebbe potuto dir loro: e se la Regina stava usando William per qualcosa di pericoloso, pronta a metterlo da parte quando non fosse più stato utile?

Simon raggiunse Isabelle e le passò una mano sulla schiena per confortarla. Lui più di chiunque riusciva a capire perchè aveva agito in quel modo: Izzy non avrebbe mai dimenticato che suo fratello era morto perchè lei non lo aveva ascoltato, perchè non aveva investigato quando Max le aveva detto che qualcuno stava scalando le torri di Alicante. Non avrebbe mai lasciato che succedesse qualcosa a William, non ora che sapeva che era vivo, non ora che poteva essere salvato. Will non sarebbe stato un altro Max.

***

Jace aprì la porta dopo aver corso fino al battente: qualunque cosa avesse portato lì Kaelie era talmente urgente da non poter aspettare quella sera, quando lui sarebbe potuto andare da lei senza destare sospetti. Il solo pensiero di William in pericolo era sufficiente a fargli correre un brivido lungo la schiena e quando vide l'espressione di Kaelie, la sua paura aumentò.

"Vieni." La invitò, chiudendo la porta alle loro spalle. Non era la prima volta che la fata visitava l'Istituto, ma le altre volte tutti pensavano che lei fosse la ragazza di Jace mentre in realtà stava solo eseguendo gli ordini della Regina e tenendolo d'occhio. Ora era tesa e anche se stava cercando di restare calma, era ovvio che non lo era. Improvvisamente si stava pentendo di essere andata fin lì: come le era venuto in mente? Perchè non aveva semplicemente chiamato Jace per chiedergli di andare a casa sua? La Pace Fredda non era sufficiente a dimostrare come gli Shadowhunters trattavano chiunque interferisse con i loro affari?

Jace la guardò, notando che Kaelie stava tremando e sollevò una mano per stringerle rassicurante il braccio. "Nessuno ti farà del male, te lo prometto. Sei sotto il mio giuramento di protezione e loro lo sanno, qui sei al sicuro. Qualunque cosa tu dica, qualunque cosa stia succedendo, questo non cambierà. Se avrai bisogno di un posto dove stare, se sei in pericolo, questa è casa tua Kaelie, te lo prometto."

"Mi odieranno tutti Jace, e avranno ragione. Sono stata complice in tutto quello che è successo."

"Ma ora ci stai aiutando." Jace le sollevò il mento con un dito e si fece guardare negli occhi. "Kaelie, io ti odiavo all'inizio, odiavo gli ordini che dovevi eseguire, odiavo che dovessi tenermi lontano da Clary e fare rapporto su ogni mia singola mossa. Ma poi ho cominciato a conoscerti meglio e sei molto migliore di quanto tu stessa non pensi: sei piena di compassione, hai un cuore che vuole giustizia, ami il tuo popolo. Stai facendo tutto questo per il Popolo Fatato, perchè si meritano molto di più di quello che sta capitando adesso. Non dimenticarlo. E non sottovalutarti, sei molto più coraggiosa di quello che credi. Io ti ammiro."

"Davvero?" Lei cercò di sorridere, ma il risultato non fu dei migliori. Jace annuì e lei sospirò. "Clary sta bene? Ieri notte ho sentito mio fratello dire alla Regina di averla punita perchè lei lo aveva attaccato. Lo conosco, è senza pietà e crudele. So cosa vuol dire "punizione" per lui."

Gli occhi di Jace si illuminarono minacciosamente per un secondo, ma lui rimase calmo. "Ora sta bene, è guarita. Ma non permetterò che accada di nuovo."

"E' mio fratello, Jace." Sussurrò lei, leggendo perfettamente fra le righe. "Aiutarti a salvare tuo figlio è una cosa, ma se si arriverà a quel punto io proteggerò Jiliel, non importa quello che ha fatto."

"Lo so." Fu tutto quello che lui rispose, ma fu sufficiente: per ora erano dalla stessa parte ma in futuro tutto poteva cambiare e anche se lei non avrebbe mai voluto combatterlo, non poteva permettergli di uccidere suo fratello, la sua famiglia.

"Andiamo." Gli disse, dopo un attimo di silenzio. "E se Magnus Bane non è qui, ti suggerisco di chiamarlo. Potrebbe aiutarmi a fare un po' di luce su quello che ho scoperto."

Presero l'ascensore e camminarono in silenzio verso la biblioteca. Passo dopo passo, Kaelie sollevò la testa, preparandosi mentalmente per le occhiate malevole dei Nephilim. Lo faccio per il mio popolo, continuava a ripetersi, lo faccio perchè una guerra in questo momento ci distruggerebbe. Lo faccio perchè quello che la Regina sta facendo è sbagliato. Lo faccio perchè...
Il rumore della porta della biblioteca la distrasse dai suoi pensieri e quando entrò, capì come si sentiva un prigioniero davanti alla giuria che l'avrebbe condannato: Clary era seduta, il giudice che non avrebbe mostrato pietà. Isabelle e Simon erano alla sua destra e Magnus e Alec alla sua sinistra. Tutti gli occhi erano puntati su Kaelie e nessuno di loro era amichevole.

La pixie respirò profondamente ed entrò, grata che Jace fosse ancora accanto a lei, invece di raggiungere i suoi amici.

"Non posso restare a lungo, quindi taglierò corto e supporrò che siate tutti aggiornati su quello che è successo." Non li salutò e loro non salutarono lei: questo non era un incontro sociale, era solo uno scambio di informazioni fra alleati temporanei. Mantenne la voce ferma; non avrebbe mai mostrato debolezza di fronte a tutti quegli Shadowhunter. "Prima di tutto, il bambino sta bene ed è in salute. Passa le giornate a giocare con i nostri piccoli e ci prendiamo cura di lui. L'ho visto io stessa."

Si fermò quando sentì uno sbuffo da Alec, ma se lo aspettava. Ovviamente William sarebbe stato molto meglio con la sua famiglia, era quello che pensavano tutti. Guardò Clary che era ancora seduta con un'espressione vuota negli occhi e decise di parlare con lei, ignorando gli altri; probabilmente era la scelta peggiore, ma lei era la madre dopotutto.

"Jiliel ti ha detto che tuo figlio viene maltrattato: ti assicuro che stava mentendo. Ma," sospirò, "la Regina lo sta usando per qualcosa. Questo è vero."

"Kaelie." Jace si mise davanti a lei. "Sta facendo del male a mio figlio?"

La pixie fece una pausa, insicura, e si girò verso Magnus. "Non lo so. Ma forse il tuo amico stregone può aiutarci a capirlo."

"Io?" Magnus sollevò un sopracciglio.

"Ho visto qualcosa ieri notte, qualcosa che non so spiegare: sembrava magia, forse tu puoi capirci qualcosa."

"Mhm." Magnus si avvicinò e prese la mano della fata, guidandola verso una sedia. Ignorò le occhiate sorprese dei suoi amici e si concentrò su Kaelie. "D'accordo. Spiega esattamente cosa è successo, il più dettagliatamente possibile."

"Aspetta." Clary parlò per la prima volta, alzandosi in piedi. Era pallida ma i suoi occhi verdi fiammeggiavano. "Jiliel ha parlato di sangue. Mi ha detto che William è vivo perchè è il nipote di Sebastian. La magia che hai visto era magia del sangue? Sta legando mio figlio a lei, come Sebastian ha fatto con Jace anni fa?"

Un profondo silenzio calò sulla stanza perchè ricordavano tutti cos'era successo e che c'era voluto un miracolo, una spada dal cielo, per liberare Jace quella volta. E Gloriosa non era più disponibile. Ma Kaelie scosse la testa anche se le restò quello sguardo disturbato negli occhi.

"Non che io sappia. E comunque non a lei." Sospirò e abbassò lo sguardo. Stava per tradire il segreto più importante della sua Regina e non riusciva a non sentirsi in colpa. "Non so da dove cominciare a essere sincera."

"Perchè non cominci dall'inizio?" Disse Magnus, prendendosi carico della conversazione. Probabilmente era la persona più adatta, era stato l'unico a parlare in favore del Popolo Fatato dopo la Guerra Oscura. Era furioso per quanto era successo a William, ma i suoi secoli di vita gli avevano insegnato che niente era mai solo bianco o solo nero.

Ci fu un lungo silenzio prima che Kaelie ricominciasse a parlare. "Quando la Guerra Oscura è finita, quando abbiamo discusso i termini della -pace-," il suo tono era monocorde ma il sarcasmo era percepibile, "sono venuta io in rappresentanza del Popolo Fatato, invece della Regina. Lo ricordate?"

Magnus annuì. "Mi sono sempre chiesto il motivo. Non avrei mai pensato a te come a un ambasciatore."

"Io sono una delle sue dame di compagnia, ma come nostra sovrana era suo dovere presentarsi di persona. Non lo ha fatto per un motivo molto specifico." Fece un respiro profondo, poi sussurrò." Non voleva essere vista, specialmente dagli Shadowhunter."

Kaelie si guardò in giro ma nessuno parlava, evidentemente non avevano capito. Si costrinse a dirlo ad alta voce. "Era incinta."

Chiuse gli occhi, nascondendo il viso fra le mani mentre attorno a lei esplodeva il caos.

"Che cosa?" Gridò Clary, gli occhi spalancati per lo shock. Isabelle e Alec si scambiarono un'occhiata e Simon afferrò Clary per un braccio: sembrava pronta ad assalire la fata.

"Era incinta." Ripetè Jace, la voce appena più forte di un sussurro. "E Sebastian era il padre."

"L'ha scoperto appena prima che lui morisse. Ancora non si vedeva nulla, ma non voleva correre il rischio. Sapeva cosa avrebbero fatto i Nephilim, se l'avessero saputo."

"Penso che sappiamo tutti cosa avrebbero fatto." Replicò Magnus sottovoce. "Hanno esiliato Helen Blackthorn solo perchè aveva sangue fatato nelle vene. Hanno rinunciato a Mark Blackthorn per lo stesso motivo. E ricordiamo tutti come hanno trattato Clary e Jace, a causa di Valentine. Non avrebbero mai permesso a un figlio di Sebastian di vivere."

"Una figlia." Mormorò Kaelie. "Era una bambina."

"Cosa importa che Sebastian abbia avuto una figlia?" Chiese Jace, visibilmente scosso. "Cosa c'entra questo con William?"

"Sangue." Rispose Clary, serrando la mascella. "Quindi Jiliel diceva la verità, si trattava di sangue. Mio figlio e quel piccolo mostro sono parenti."

"Non è un mostro." Kaelie sollevò la testa, scattando in piedi. "E' solo una bambina. E pensavamo tutti che fosse morta sei mesi dopo la sua nascita. Era una neonata."

"Nessun figlio di Sebastian potrebbe mai essere solo un neonato." Obiettò Clary, il volto di granito. "Non con il suo sangue nelle vene. E ti giuro, Kaelie, se la Regina sta usando quel sangue per far del male a mio figlio, io..."

"Non è così!" Gridò la fata, fulminandola con gli occhi. Magnus la prese per il braccio e la trattenne con gentilezza, mettendosi fra lei e Clary.

"Hai detto che credevi che la bambina fosse morta. Quindi non lo è? E perchè lo pensavi?"

"La Principessa era malata." Spiegò Kaelie. "Era sempre debole, aveva sempre la febbre. Non è mai stata in salute. E un giorno... non c'era più. La Regina ci ha detto che era morta e non ha mai più parlato di lei. Sapevamo tutti che amava profondamente la sua bambina e non le abbiamo mai chiesto niente."

"Amore?" Isabelle rise con amarezza. "Si deve avere un cuore per amare, pixie."

"E tu sai tutto della mia Regina, vero Nephilim?" Replicò Kaelie, velenosa. "Ero lì quando la Principessa è nata. Ero lì quando era malata. Ero lì quando la Regina ci ha detto che era morta. Ero lì tutto il tempo. Era una madre: amava e soffriva, come tutte le madri."

"Eppure non ha esitato a strapparmi via mio figlio." Ringhiò Clary. "Quindi ora piantala e dimmi cosa sta facendo a William."

Kaelie si girò nuovamente verso Magnus. Si era aspettata una reazione molto forte alla sua storia ma tutta quella aperta ostilità la stava veramente facendo pentire di aver parlato. "Ho seguito mio fratello ieri notte: stava portando il bambino in una parte della Corte che non avevo mai visto. La Regina li stava aspettando in una stanza ricavata dalla roccia, nascosta sotto la sua camera da letto e lì c'era un altare. Dentro un cristallo su quell'altare, chiusa come in una bara, c'era la Principessa. Era ancora come l'avevo vista come l'ultima volta e sembrava dormire."

"Siamo daccapo con Biancaneve." Borbottò Simon. "Ma non è un po' giovane per aspettare il bacio del vero amore?"

Nessuno rispose, forse Clary era l'unica ad aver colto il riferimento alla fiaba, ma tutta la sua attenzione era per la pixie.

"E poi è successo qualcosa e non so di cosa si tratti. La Regina ha messo la mano di William sul cristallo, ha sussurrato qualcosa e dal bambino si è sollevata una luce dorata che prima ha circondato l'altare e poi è stata risucchiata dentro il cristallo. L'ha fatto diverse volte e poi lo scintillio è scomparso. L'ultima cosa che ho visto prima di correre via, è stata la Principessa e anche lei stava brillando di quella luce dorata. E non ho idea di cosa significhi."

Calò il silenzio sulla biblioteca e Jace si diresse verso sua moglie, circondandole la vita con una mano e facendola appoggiare contro il suo petto; lei aveva bisogno di supporto e lui aveva bisogno di sentirla vicino, di nutrirsi della sua forza, come sempre.

"Magnus," sussurrò. "Cosa sta facendo a nostro figlio? William è in pericolo?"

Lo stregone non rispose, lasciando il fianco di Kaelie e cominciando a camminare avanti e indietro, perso nei suoi pensieri. Alec lo seguì con lo sguardo, suggerendo silenziosamente a tutti di rimanere in silenzio e lasciare riflettere Magnus. Gli occhi dello stregone erano chiusi, il volto abbassato mentre continuava a camminare, borbottando qualcosa che nessuno riusciva a capire.

"Ci hai detto che la bambina era sempre malata." Disse alla fine, ancora camminando. "Poi che pensavate che fosse morta. Eppure è congelata in quel cristallo, ancora della stessa età della sua "morte". La mia supposizione è che la Regina abbia effettuato un qualche tipo di incantesimo per tenerla in vita mentre cercava un modo di guarirla. E' quella la funzione del cristallo, la tiene in vita ma le impedisce di crescere allo stesso tempo, impedisce alla malattia di progredire. Se la bambina fosse morta, il rituale per riportarla in vita sarebbe molto diverso."

Non ci fu bisogno di specificare in che modo: tutti ricordavano la resurrezione di Sebastian.

"Ma questo non spiega la parte di William in tutto questo."

Magnus si girò verso Alec, annuendo. "Jiliel ha detto a Clary che era fortunata che suo figlio avesse il sangue di Sebastian nelle vene. Ma sappiamo tutti che Sebastian aveva subito degli esperimenti e che il suo sangue era demoniaco mentre quello di William è angelico. Estremamente angelico, considerati i suoi genitori. E quella bambina è sua cugina, fa parte della sua famiglia. Sono compatibili."

Clary digrignò i denti al pensiero, ma non commentò.

"Quindi, abbiamo una bambina molto malata e un bambino sano che le sta dando qualcosa. E quel bagliore dorato mi fa pensare a una cosa in particolare che William potrebbe darle."

"Il suo sangue." Mormorò Alec, impallidendo. "La Regina della Corte Seelie sta estraendo il sangue di William per curare sua figlia."

"Non estraendo." Magnus scosse la testa. "Se si trattasse di una cosa del genere, William sarebbe debole e malato, mentre Kaelie dice che è perfettamente in salute. La Regina sta usando la magia fatata per condividere il sangue di Will senza fargli del male. E sospetto che la ragione per cui lo sta facendo sia perchè il sangue della bambina è la causa della sua malattia."

"Il suo sangue?" Chiese Kaelie perplessa.

"Sebastian era uno Shadowhunter. Nonostante il suo sangue fosse corrotto, aveva comunque una componente angelica nel suo DNA. Deve aver trasmesso entrambe le parti a sua figlia. Dentro di lui il sangue demoniaco era dominante mentre nella bambina probabilmente non è così: quindi abbiamo sangue demoniaco, angelico e fatato. E' normale che ci sia un conflitto."

"Ecco perchè la Regina ha detto a Jiliel che se Sebastian fosse stato vivo le cose sarebbero state diverse." Disse Kaelie, annuendo in comprensione. "Sta cercando di rimpiazzare il sangue della Principessa. Con Sebastian avrebbe tentato di usare il sangue demoniaco, ma ora che lui non c'è più, la sua unica speranza è quello angelico."

"Si." Annuì Magnus." Se il sangue di William riesce a prendere il sopravvento su quello di Sebastian, la bambina avrà solo sangue angelico e fatato dentro di sè; non c'è conflitto fra loro, la bambina sarebbe una Shadowhunter a tutti gli effetti. E sarebbe sana."

"La Regina ha detto che voleva che William amasse sua figlia, che fosse pronto a fare qualunque cosa per lei. Ecco perchè vuole tenerlo con sè, così che sia sempre presente se la Principessa dovesse ammalarsi di nuovo. Gli sta facendo pensare che lei sia sua sorella e William ha riso quando l'ha vista. Voleva toccarla, sorrideva mentre trasferiva il suo sangue."

Kaelie nascose di nuovo il viso fra le mani e poi si passò le mani fra i capelli. Non aveva intenzione di dir loro che apparentemente la Regina si era affezionata a Will come ad un figlio, non dopo tutto quello che le avevano sputato addosso i Nephilim: i sentimenti della Regina appartenevano solo a lei.

"Sono legati?" Chiese Jace, la voce strettamente sotto controllo. "Come eravamo io e Sebastian?"

"No, non funziona così." Rispose Magnus e Jace esalò un sospiro di sollievo. "Se anche fosse, è la Principessa quella legata a William. E' lui che le sta dando il sangue, lei non gli sta dando nulla. E comunque sto facendo supposizioni, dovete ricordare che nessuno ha mai sperimentato su qualcuno come Valentine ha fatto con voi tre, Jace."

"Quindi la spiegazione potrebbe essere un'altra." Dichiarò Clary, serrando i pugni. "Non sappiamo quasi niente della magia dei Fatati, potrebbe essere qualunque cosa."

"Si." Concordò Magnus. "Ma penso che sia la conclusione più logica, quella che mette insieme quello che ha visto Kaelie e quello che ti ha detto Jiliel. L'unica cosa che non capisco è questa: il sangue di William non è puro. Ha ancora il veleno nelle vene ed è stata la Regina stessa ad avvelenarlo. Il suo piano deve essere sempre stato di usare Will per curare sua figlia, ma deve essere davvero disperata per dare alla bambina un sangue che la avvelenerà per il resto della sua vita."

"A meno che abbiamo ragione noi ed esista una cura definitiva." Disse Simon, grattandosi la testa. "E chi meglio della Regina potrebbe saperlo?" Si girò verso Kaelie facendo del suo meglio per ingentilire il suo sguardo. Probabilmente non avrebbe mai perdonato nè lei nè il suo popolo, ma stava cercando di aiutarli ed era andata da loro di sua volontà, sapendo che sarebbe stata insultata e trattata con sospetto. "Pensi di poter scoprire se esiste una cosa del genere?"

La pixie scosse la testa. "Forse potrei, se avessimo più tempo. Ma non ne abbiamo. E' l'altra cosa che sono venuta a dirvi: la Regina è quasi pronta ad attaccare. Non so quando o come, ma non ci vorrà molto ancora."

"E perchè?" Chiese Jace.

"Perchè l'ultimo clan di vampiri che ancora mancava, ha accettato di aiutarla ieri notte."

"I vampiri." Sussurrò Clary dopo un lungo minuto di silenzio. "Allora avevo ragione. Si sono alleati con il Popolo Fatato. Un'unione infernale."

"La Regina aveva bisogno di alleati, di qualcuno che l'aiutasse. Abbiamo perso molti dei nostri guerrieri nella Guerra Oscura." Continuò Kaelie con l'amaro in bocca: lo stava facendo, stava davvero tradendo la sua gente. "Il trattato di pace ci proibisce di avere un esercito, quindi abbiamo dovuto agire di nascosto e chiedere ad altri di aiutarci. Mi sono sempre chiesta cosa avesse offerto loro per convincerli e ieri notte l'ho scoperto: ha dato ai vampiri qualcosa che desideravano fin da quando è comparso il Diurno."

"Io?" Simon si additò, senza capire cosa c'entrava.

"Ha promesso a tutti i clan di vampiri che avrebbe dato loro Jace e Clary in modo che tutti quelli che lo desiderano, possano diventare Diurni."

Scoppiò di nuovo il caos e Jace tenne stretta Clary, lottando contro l'impulso di afferrare una spada angelica, e puntarla contro chiunque avesse osato cercare di strappargli sua moglie. Isabelle e Alec si erano frapposti fra loro e Kaelie come se fosse lei quella pronta a bere il loro sangue e Magnus e Simon erano sconvolti.

"Come..." cominciò a chiedere Simon, cercando di ricordare se avesse mai detto a qualcuno di aver morso Jace sulla nave di Valentine tutti quegli anni fa.

"E' stato Jace." Rispose Kaelie, stanca. "Ha detto a suo padre che aveva fatto bere il suo sangue al Diurno. E Valentine lo ha detto a Sebastian. La Regina ha solo messo insieme le cose, capendo che il sangue angelico era l'unica spiegazione."

"Così ora lo sanno?" Chiese Clary, i lineamenti tesi e rigidi. "Tutti i clan di vampiri sanno di Jace e me?"

Kaelie annuì e Clary chiuse gli occhi. "Non saremo mai più al sicuro. Nè noi, nè Will... anche se riusciamo a salvarlo, non ci lasceranno mai in pace. Ci daranno la caccia per il resto dei nostri giorni. Per l'Angelo..."

Jace le accarezzò la schiena cercando di confortarla ma dentro di sè stava scoppiando: era colpa sua. Se avesse tenuto chiusa la sua boccaccia con Valentine, niente di tutto questo sarebbe mai successo. Eppure non avrebbe mai immaginato le conseguenze, era solo un ragazzo di diciassette anni che cercava di dimostrare qualcosa a suo padre. Ma ho condannato la mia famiglia. Clary ha ragione, non saremo mai più al sicuro.

"Quali sono le condizioni?" Chiese Magnus, il primo a rimettersi dalle notizie. "Cosa devono fare i vampiri? Si limiteranno a combattere con le fate quando sarà ora?"

"Stanno attaccando i licantropi." Spiegò Kaelie. "La Regina sa che i licantropi probabilmente saranno alleati dei Nephilim quando scoppierà la guerra: il loro rappresentante era uno Shadowhunter che è ora sposato con una di loro e ha troppi legami con i Nephilim. Riuscirebbe a convincere i licantropi ad aiutare. Quindi il primo passo è di prevenirlo, uccidendone il più possibile prima della guerra. In realtà potremmo dire che la guerra è già scoppiata: semplicemente gli Shadowhunter non sono stati ancora attaccati."

"Dobbiamo trovare il modo di avvertire il Consiglio." Disse Alec, passandosi una mano fra i capelli. "Una guerra contro il Popolo Fatato di giorno e i vampiri di notte sarebbe un inferno, anche con i licantropi al nostro fianco e la runa dell'Alleanza."

Isabelle scosse la testa. "Se avvisiamo il Conclave..."

"Lo so, attaccheranno subito. E William è ancora là". Alec chiuse gli occhi, frustrato.

"Siamo tornati al punto di partenza." Commentò Simon. "Dobbiamo portare Will via da lì, ma prima ci serve l'antidoto. Se Kaelie pensa di non poterci aiutare allora dobbiamo trovare un altro modo."

"Stai pensando ancora alla Corte Unseelie, vero?" Chiese Isabelle, guardandolo.

"Hai un'idea migliore? Sono fate e odiano la Corte Seelie. E' la nostra migliore possibilità."

"Non accetteranno mai di incontrarci. Le conseguenze della Guerra Oscura hanno impattato anche su di loro e sono anche più isolati della Corte Seelie."

"La Corte Unseelie non è un bel posto." Disse Kaelie lentamente, respirando a fondo. Si voltò, dando la schiena a tutti e abbassò lo sguardo. "E' oscura e misteriosa e le Fate che ci vivono sono diverse da noi. Sono crudeli e brutali. Non è il tipo di persone con cui immischiarsi."

"Ma potrebbero avere le informazioni che cerchiamo. Potrebbero sapere come curare William." Insistette Simon. "Non c'è niente nei nostri libri che ci faccia supporre l'esistenza di una cura definitiva, ma se la Regina ama davvero sua figlia come dici tu, non le somministrerebbe mai del sangue avvelenato."

"Il Re della Corte Unseelie ha le stesse competenze della Regina." Ammise Kaelie. "Se lei è a conoscenza di un antidoto, allora lo è anche lui. E hai ragione, odia la nostra Regina. E' astuto e malvagio e non fa niente per niente. Ci sarà un prezzo da pagare e probabilmente non vi piacerà."

"C'è sempre un prezzo da pagare con i Fatati." Replicò Clary, facendo un passo in avanti. "Dicci come arrivare alla Corte."

"Non potete." Rispose lei, girandosi. Clary la stava guardando con odio malcelato ma lei sostenne il suo sguardo. "Nessuno può, a meno che una fata non sia con loro. La Corte Unseelie ama la sua riservatezza."

"Bene allora." Le disse Clary dopo un momento di silenzio. "Sappiamo quello che dobbiamo fare, giusto?"

Nessuno parlò mentre le due donne si guardavano in un silenzio teso. Poi Kaelie si avvicinò. "Vieni con me per qualche minuto. Devo parlarti da sola."

"Kaelie..:" Cercò di interromperle Jace, ma Clary sollevò una mano.

"D'accordo. Andiamo fuori." Non disse un'altra parola, guidando silenziosamente la fata fuori dalla biblioteca. Clary la seguì mentre Kaelie si dirigeva verso la palestra, sorridendo amaramente nel pensare al motivo per cui la fata sapeva muoversi all'interno dell'Istituto, a tutte le volte che era stata lì per tenere lontani lei e Jace. Sembrava che tutti si fidassero di lei ora, ma lei non aveva intenzione di lasciarsi ingannare: forse li stava aiutando, ma aveva i suoi scopi, le fate erano sempre così, e lei non aveva intenzione di dimenticarlo.

Entrando in palestra, Kaelie si guardò in giro e raggiunse la parete dove pendevano le armi. Ci pensò un attimo e poi afferrò una spada da addestramento; con un veloce movimento si girò e cercò di colpire Clary con tutta la sua forza. La reazione fu istintiva: Clary evitò il colpo così velocemente che i suoi movimenti erano visibili a malapena e in men che non si dica, la spada era volata via mentre la Shadowhunter inchiodava Kaelie sul pavimento.

"Cosa diavolo pensavi di fare?" Le urlò, tenendola giù.

La fata continuava a cercare di alzarsi, il sudore che le colava dalla fronte, le vene del collo ingrossate dallo sforzo, ma Clary non aveva intenzione di lasciarla andare. Alla fine Kaelie si arrese e guardò la Nephilim.

"Che cosa vedi, Clary?" Le chiese stancamente.

Clary la lasciò andare e si alzò, guardandola con sospetto. "Cosa intendi?"

"Ho cercato di attaccarti, ho usato tutta la mia forza e due secondi dopo ero per terra. Cosa ti dice questo?"

"Che non sei capace di combattere?" Le chiese, aggrottando le sopracciglia.

"Esattamente." Kaelie annuì e si sedette, incrociando le gambe sul pavimento. "Non sono un guerriero, Clary. Non lo sono mai stata. Sono una dama di corte, se proprio devi etichettarmi. Sono una cameriera. Io non combatto."

"E allora?"

"Sono diversa da te. Tu sei nata per questa vita, Clary. Ti sei allenata per essere un guerriero, pensi perfino come uno di loro. Io non ho quel tipo di coraggio, non l'ho mai avuto, e non saprei cosa fare in un campo di battaglia. Eppure sono qui." La guardò, serrando le labbra. "Sono qui, ad aspettare di venire uccisa."

"Quanto sei drammatica." Le rispose Clary, una punta di derisione nella voce.

"Quando la mia gente scoprirà quello che ho fatto, mi ucciderà. Basta un sospetto del mio tradimento e sono morta, senza alcuna possibilità di difendermi. Il mio stesso fratello mi taglierebbe allegramente la gola per punirmi. Quindi smetti di pensare che tutto questo sia facile per me, perchè io sono terrorizzata  sapendo che basta un passo falso per firmare la mia condanna a morte."

"Scusa tanto se non mi fai nemmeno un po' di pietà." Sputò fuori Clary con rabbia. "Tu sei una delle persone che mi hanno strappato mio figlio e mio marito, senza contare il fatto che volevi dormire con lui. Sei una dei cattivi, Kaelie, e fidati, non ho nessuna intenzione di dimenticarlo. Dici di essere cambiata? Può essere. Ma non ci crederò finchè non lo vedrò con i miei occhi, finchè William non sarà a casa sano e salvo."

Kaelie si alzò, incenerendola con gli occhi. "Se fossi una dei cattivi, non saremmo qui. Avrei costretto Jace a rimuovere le rune del matrimonio, lo avrei fatto trasferire da me e forse ora sarei incinta di suo figlio, per assicurarmi che non tornasse mai più da te. Se fossi una dei cattivi, ora sarei alla Corte, per dire alla Regina che tu e Jace non state tenendo fede ai patti; riderei ogni volta che mio fratello ti frusta, e fidati, so che lo fa."

Cercò di calmarsi facendo un respiro profondo. "Ma non lo sono. Sono qui perchè quello che sta facendo la Regina è sbagliato. Sono qui perchè amo la mia gente e questa guerra potrebbe essere la nostra rovina. Sono qui perchè non voglio che la mia casa diventi un'altra Edom, senza i Nephilim: non mi piace la tua razza, ma i demoni mi piacciono ancora meno. Sono qui perchè voglio ridarti William."

"Tu sei qui perchè sei innamorata di Jace e speri che lui ti perdoni." La accusò Clary, trattenendosi dallo schiaffeggiarla. Come osava cercare di ottenere la sua simpatia?

Kaelie rimase in silenzio per un attimo, sorpresa, poi annuì. "Mi piace Jace, è vero. Forse ne sono addirittura innamorata, abbiamo un passato in comune. Ma non sono stupida e so che non ci sarà mai un'altra donna per lui, nessuno tranne te. Non rovinerò la mia vita aspettando qualcuno che non mi vorrà mai. Voglio che sia felice, voglio che abbia di nuovo suo figlio e voglio impedire che passiate entrambi la vostra vita come cavie da laboratorio per i vampiri."

"Quanto sei nobile." Disse Clary, sarcastica.

"Vi mostrerò la strada per la Corte Unseelie." Kaelie sospirò, torcendosi nervosamente le mani. "Verrò con voi e chiederò un'udienza con il Re. C'è un protocollo da seguire in questi casi: io sono una fata e qualunque cosa lui pensi di me, è costretto a vedermi. Ma voglio che tu capisca che probabilmente non lascerò viva la Corte Unseelie. Ucciderci li diverte e dubito che sarò un'eccezione."

Ora era il turno di Clary di essere sorpresa. Nonostante odiasse la fata, non voleva vederla morta. "Ti stai infilando in una trappola solo per portarci fin là?"

"E non devi dirlo a Jace." Replicò lei con fermezza. "Ha giurato di proteggermi e non mi permetterebbe mai di venire con voi. Ma il Diurno ha ragione, il Re della Corte Unseelie potrebbe essere la chiave per salvare tuo figlio, quindi dobbiamo tentare: non c'è tempo di cercare altre soluzioni. Le Fate Unseelie non vi faranno del male: non hanno interesse a cominciare un conflitto con la tua gente, vi lasceranno andare."

Clary la guardò a lungo, i pugni serrati al suo fianco, scrutando ogni ombra e angolo del viso di Kaelie. "Forse è vero che sei cambiata. Forse vuoi davvero rimediare a quanto hai fatto. Non sono pronta a perdonare e dimenticare, probabilmente non lo sarò mai, ma ora capisco perchè Jace ha giurato di proteggerti e stare dalla parte del Popolo Fatato nel Consiglio."

"Voglio solo quel che è meglio per la mia gente. La Regina della Corte Seelie è stata una grande regnante in passato, ma da quando è comparso tuo fratello, le cose sono precipitate. Non voglio che soffriamo ancora per i suoi errori. I Fatati possono essere astuti e crudeli, ma non siamo diversi dagli altri Nascosti e non dovremmo essere trattati differentemente. Voglio solo che le cose tornino a com'erano prima che Sebastian Morgenstern rovinasse tutto."

Clary annuì. "D'accordo, dichiariamo una tregua per ora. Andremo avanti passo per passo. Prima di tutto, la Corte Unseelie: ci mostrerai la via, andremo insieme, prometteremo qualunque cosa voglia il Re per avere il suo aiuto e poi ci porterò via tutti con un Portale, in un batter d'occhio. Te inclusa."

Kaelie aprì la bocca per protestare, ma Clary la bloccò. "Te inclusa. Non ti lascerò lì a morire e nemmeno Jace. Non è così che facciamo. E ora che è tutto deciso, vediamo di muoverci e andare."

Le due donne si guardarono per un lungo minuto, poi Clary fece qualcosa che lasciò Kaelie sbalordita: le tese la mano. Quando la fata sollevò di nuovo lo sguardo, Clary la guardava con le sopracciglia aggrottate. "Beh?"

Kaelie annuì e strinse fermamente la mano della Shadowhunter, sigillando il loro patto. "Andiamo."

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Capitolo 14
*** Spyra ***


Nota dell'Autrice: Signore e signori, questo capitolo e il prossimo sono il motivo per cui questa fanfiction verrà conclusa prima dell'uscita della Signora della Mezzanotte. Sappiamo che Cassie ha intenzione di porre le fate in primo piano e introdurre la Corte Unseelie e ovviamente non ho la minima idea di come la descriverà. Siccome ho cercato in tutti i modi di rimanere fedele alla storia originale (nonostante qualche licenza poetica su cose che non erano state dettagliate), non ho intenzione di mangiarmi le mani leggendo il nuovo libro prima che la fanfic sia finita e scoprire che devo cambiare tutto! Sarei pazza abbastanza da provarci.
Per chi ha familiarità con D&D o con il concetto di Elfo Scuro, si, ho usato quella descrizione :)

***


"Non funzionerà, non in questo modo." Disse Magnus quando Kaelie annunciò la sua decisione di guidare Clary e Jace alla Corte Unseelie.

"Di che stai parlando?" Chiese Alec, girandosi verso il suo compagno. "Perchè non dovrebbe?"

"Prima di tutto metteremmo Kaelie in pericolo e non possiamo permettercelo. Se per caso qualcuno scoprisse che è venuta alla Corte Unseelie con noi, la sua copertura salterebbe, la Regina della Corte Seelie scoprirebbe che l'ha tradita, nasconderebbe William e sua figlia e non li troveremmo mai più."

"Ma perchè il Re della Corte Unseelie dovrebbe..." Cominciò Isabelle, ma Magnus la interruppe.

"La domanda è, perchè no? Probabilmente non avviserebbe la Regina della Corte Seelie che degli Shadowhunter stanno cercando di batterla in astuzia, ma una fata che tradisce la sua razza? Siamo su un altro livello e la cosa porterebbe il caos alla Corte Seelie. Alle fate piace scatenare conflitti e alle fate Unseelie ancora di più."

"Dovremo correre il rischio." Replicò Jace. "Kaelie è l'unica che possa guidarci alla Corte Unseelie."

"E già che ci siamo," Magnus lanciò a Jace un'occhiata significativa. "Non ci andrete tu e Clary. Ci andrò io."

"Che cosa?" Alec spalancò gli occhi.

"Non possiamo mandare Jace e Clary, sarebbe come sventolare una bandiera rossa che avvisi la Regina che stiamo cercando di trovare una via d'uscita. Se ci vado io desterò meno sospetti, posso addurre un paio di giustificazioni per la mia visita."

Jace e Clary si scambiarono un'occhiata allarmata. Lasciare andare Magnus forse sarebbe stato più sicuro per loro ma nessuno dei due era abituato ad aspettare senza fare niente. Inoltre si parlava del loro bambino, non potevano rimanere indietro e aspettarsi che qualcuno si mettesse in pericolo per loro.

"Magnus, non credo che..."

"Clary, non vi lascerò andare." Disse fermamente lo stregone. "Non sono sorvegliato quando voi e di sicuro un Nascosto che fa visita a un altro Nascosto è meno vistoso di un Nephilim che fa la stessa cosa. Inoltre ho un contatto là dentro."

Questo li zittì tutti e Magnus fu sommerso di occhiate stupite. Lo stregone sembrava turbato, come se stesse rievocando ricordi spiacevoli e i suoi occhi erano stranamente pieni di vergogna.

"C'è stato un periodo della mia vita in cui non ero esattamente... allegro. Ero stanco, triste e furioso." Scosse la testa e sollevò gli occhi al cielo. "Ero anche decisamente giovane e tendevo all'esagerazione. E' stato allora che ho conosciuto Spyra. Era un'anomalia nella sua razza, una fata Unseelie che voleva vedere il mondo. Le piaceva interferire con i mondani, giocare con le loro emozioni e lasciarsi alle spalle una scia di cuori infranti."

Guardò Alec prima di continuare. "Ha vissuto con me per un po', eravamo complici. E' stato un periodo strano... ero così arrabbiato che ho colto al volo l'occasione di sfogarmi in qualche modo: lo trovavo divertente. Non ne sono esattamente orgoglioso."

Nessuno replicò e Magnus andò avanti con un sospiro. "Il punto è che Spyra e io abbiamo fatto molte cose insieme e quando alla fine lei è stata richiamata alla Corte Unseelie, eravamo amici. Una specie. Una specie di amici malvagi e inquietanti. Mi ha dato qualcosa di suo prima di andare, un regalo d'addio e anche una prova che l'avevo davvero conosciuta, se avessi mai avuto bisogno di trovarla di nuovo."

"E se riesci a contattarla, credi che potrebbe garantirci un'udienza con il Re?" Chiese Clary cautamente. In quel modo Kaelie avrebbe potuto mostrar loro la strada e poi andarsene senza essere vista, mentre Magnus cercava la sua amica. E se lo stregone aveva sul serio un contatto all'interno della Corte, c'era la possibilità che il Re sarebbe stato più disposto a parlare con lui piuttosto che con lei e Jace.

"E' probabile." Magnus alzò le spalle. "L'ho vista per l'ultima volta più o meno duecento anni fa, ma sono abbastanza sicuro che si ricordi di me."

"Duecento anni fa?" Chiese Isabelle. "Sei sicuro che sia ancora viva?"

"Le fate vivono a lungo." Replicò Magnus, proprio mentre Kaelie stava per dire la stessa cosa. "E se fosse morta, il regalo che mi ha fatto si sarebbe decomposto. Quando a Simon è venuta questa idea l'altro giorno, sono andato a controllare: è ancora perfetto."

" E perchè non ci hai parlato prima di lei?" Chiese Alec, il volto privo di emozioni.

"Perchè non volevo ricordare e speravo che non sarebbe stato necessario." Gli occhi di Magnus erano tristi ora. "Alexander, ci sono molte cose di cui non sono orgoglioso, cose che rimpiango. Spyra è una di quelle cose. E' l'esempio perfetto di una fata Unseelie: intelligente, bellissima, malvagia, crudele. E quando eravamo insieme, la trovavo attraente esattamente perchè era così. Ero stanco di cercare di fare il bravo ragazzo."

La stanza si riempì di silenzio per qualche minuto mentre i due uomini si guardavano. Sapevano tutti che il passato di Magnus era un argomento delicato per Alec, una delle ragioni per cui si erano lasciati tanti anni prima. Alla fine Alec si limitò a sospirare, scuotendo la testa. "A volte mi chiedo quand'è che le tue passate esperienze smetteranno di essere un problema. Ma ora non abbiamo tempo per questo e in ogni caso non ho intenzione di rifare lo stesso errore che ho commesso anni fa. Il passato è passato, quello che conta è il presente, qui e ora. Ne parleremo più tardi."

Si fermò, ricordando solo in quel momento che non erano da soli e che fra di loro c'era una perfetta sconosciuta: non era l'ideale per una chiacchierata privata. Tornò professionale, avvicinandosi al suo compagno.

"Quindi il piano è di permettere a Kaelie di mostrarci la strada, mandarla via e andare a cercare questa Fata Unseelie?"

"Più o meno." Magnus annuì.

"Bene. Quando partiamo?"

"Partiamo?" Lo stregone sollevò il sopracciglio.

"Ma certo." Alec gli rivolse un sogghigno. "O pensavi che ti avrei lasciato andare da solo? Scordatelo."

Magnus cominciò a discutere ma Alec lo interruppe con un sorriso giocoso. "E poi voglio conoscere questa fantomatica fata. Chi lo sa, magari potrebbe illuminarmi su alcuni dettagli della tua vita da "cattivo". Potrebbe essere interessante."

Magnus aprì la bocca per replicare ma per una volta non ne uscì niente, mentre guardava stupito il suo compagno. Poi sorrise lentamente e ammiccò, gli occhi che trasmettevano un silenzioso messaggio d'amore e la promessa di momenti molto interessanti, dove avrebbe mostrato ad Alec tutto quello che voleva sul suo essere "cattivo"... una volta soli, più tardi.

Quando Alec colse le occhiate scioccate dei suoi amici, ebbe almeno la decenza di arrossire.

 
***

 
"Beh, non è proprio quello che mi aspettavo." Commentò Alec, una volta entrati nel bagno di un ristorante di alta classe. Era la sezione femminile, ma loro erano invisibili e comunque era vuoto.

Non era stato facile convincere tutti che Magnus era veramente la loro migliore possibilità per questa missione e siccome avevano dovuto aspettare la notte per partire, era stata una lunga giornata di discussioni. Jace era stato il peggiore, aveva resistito fino all'ultimo minuto, ma era comprensibile: era un uomo d'azione e parte della sua punizione era stata il dover rimanere in disparte e guardare Clary fare tutto il lavoro sporco da sola, incapace di alzare un dito per aiutarla o per proteggerla. Naturalmente ora che il segreto non era più tale, lui non vedeva l'ora di fare qualcosa, qualunque cosa che non fosse rimanere fermo ad aspettare notizie. Alla fine Clary gli aveva stretto la mano, dicendogli che se lei doveva rimanere indietro, aveva bisogno di lui al suo fianco o non avrebbe resistito. E tutti sapevano che Jace non avrebbe mai negato nulla a Clary, specialmente ora.

"So che è difficile crederlo, ma una volta questo era un luogo sacro per le fate Unseelie." Disse Kaelie, guardandosi intorno e riportando Alec al presente. Il bagno era pulito e profumava di vaniglia e gli specchi dalle elaborate cornici non riflettevano la loro immagine. "Venivano fuori nelle notti di luna nuova e danzavano attorno a una grande roccia che sorgeva proprio qui. Poi arrivarono i mondani e cominciarono a costruire qui attorno. La roccia non c'è più, ma la sua magia rimane, è ancorata a questo posto e durante la notte apre il passaggio per la Corte Seelie. Quando siete pronti, vi farò entrare."

Alec aggrottò la fronte. "Deve sempre avvenire tramite la magia? Credevo che la maggior parte del Popolo Fatato non fosse in grado di usarla."

"E' così." Kaelie annuì. "Ma il potere di andare e venire dalle Corti è nel nostro sangue, è parte dell'essere una fata. Tutti riusciamo a fare almeno quello, anche se non maneggiamo il resto della magia fatata. Entrare nella Corte Unseelie non è così naturale perchè io sono una Seelie, ma ci riesco comunque."

"Mi chiedevo..." Magnus le disse, picchiettandosi il mento con l'indice. "Non siete come due specie differenti all'interno della stessa razza? Spyra è l'unica fata Unseelie che abbia mai visto, ma fisicamente parlando siete molto diverse."

"Fammi indovinare, pelle blu scuro, capelli bianchi, occhi rossi?" Kaelie sorrise quando Magnus annuì. "C'è un motivo se i mondani hanno sempre chiamato noi le Fate della Luce e loro le Fate Oscure. Vivono sottoterra, la loro magia è basata principalmente su terra e fuoco mentre noi basiamo la nostra su aria e acqua. Il loro collegamento con la terra è il motivo per cui appaiono così scure e per cui escono così poco dalla loro Corte."

"Quindi dobbiamo aspettarci qualcosa di simile a una caverna?"

"Non lo so, è una parte del Regno Fatato che non ho mai visitato. So solo come si entra."

"Bene," disse Alec dopo un momento di silenzio. "Andiamo? E speriamo che non si tratti solo di una complicata trappola."

"Alec..." cominciò Magnus, ma lo Shadowhunter dagli occhi azzurri lo interruppe.

"Mi dispiace ma quanto sta accadendo è troppo importante per fidarci di chiunque." Si girò verso Kaelie, rigido. "Può anche essere che al momento tu ci stia aiutando, ma mi fiderò di te quando riavremo William, non prima. So cosa ti ha promesso Jace e onorerò la parola del mio parabatai sulla tua sicurezza, ma non ti conosco ancora abbastanza per fidarmi ciecamente di te."

Kaelie sospirò ma annuì. "Lo capisco, davvero. Nemmeno io mi fiderei di nessuno se fossi in voi. Ma non vi sto conducendo in una trappola e non sto cercando di ingannarvi, perchè proprio come voi anche io sto rischiando la vita. Se mio fratello o una qualunque fata scopre quello che sto facendo, sono morta."

"E' inutile continuare a parlarne." Si intromise Magnus, con un'aria decisa. "Trappola o no, andremo comunque. Non abbiamo scelta, non abbiamo più tempo." Si girò verso la pixie. "Portaci dentro e poi vattene. Ti ho resa invisibile in modo che nessuno possa riconoscerti ma vediamo di non mettere alla prova la mia magia questa volta. Quando avremo finito, ci penserò io a portarci via da lì."

Kaelie annuì e nessuno aggiunse l'ovvio: se non fossero tornati, Jace e gli altri dovevano immaginare che fossero prigionieri o, più probabilmente, morti.

 
***

Kaelie se n'era andata. Come da accordi, Magnus l'aveva mandata via non appena la fata li aveva portati nel Regno Fatato e ora lui e Alec erano da soli. Non erano in un bel posto: si trovavano in una caverna, scura e umida e così bassa che bastava alzare una mano per toccarne il soffitto. L'unica fonte luminosa era la stregaluce di Alec e i due procedevano con cautela, facendo attenzione a dove mettevano i piedi.

"Allora," chiese Alec a voce bassa. "Non mi hai mai detto cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto da farti fare amicizia con una fata Unseelie."

"Pensi davvero che sia il momento giusto, Alexander?" Magnus lo guardò ma lo Shadowhunter non si girò, tutti i sensi tesi a cogliere il minimo cambiamento attorno a loro.

"Almeno stavolta Alicante non ci sta crollando addosso e io non ti sto chiedendo perchè non mi hai richiamato." Rispose Alec, un'ombra di umorismo nella voce.

Magnus alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso. Amava quel lato del suo compagno, amava come era riuscito a far emergere il lato divertente della sua natura, negli anni che avevano passato insieme. Alec era quasi un'altra persona ora, e lui lo amava più che mai. Scrollò le spalle, ripensando a quegli anni oscuri, ma decise di spiegarsi: si trattava di Alec e gli avrebbe affidato la sua vita.

"Sono state molte cose, ma principalmente due eventi: la discussione sugli Accordi nel 1857 e il tuo antenato, Edmund Herondale."

"Sempre Herondale." Borbottò Alec, scuotendo la testa. "Non conoscevi anche un William Herondale?"

"William era il figlio di Edmund." Magnu annuì. "Suppongo che Jace abbia chiamato così suo figlio in suo onore, dopo aver parlato con Tessa riguardo alla sua famiglia, anni fa. Tu discendi da Cecily Herondale, la sorella di William, e Gabriel Lightwood."

"William era anche il secondo nome del padre di Jace, forse è un altro motivo per l'ha scelto. Comunque cosa è successo a Edmund Herondale per farti arrabbiare così tanto?"

"I Nephilim lo hanno buttato fuori quando si è innamorato di una ragazza mondana." Lo stregone smise di camminare, ricordando quel giorno orribile quando aveva avuto notizie di Edmund per l'ultima volta. "Ero all'Istituto quando gli hanno tolto i Marchi, ho sentito le sue urla, il suo dolore, la sua pena. Mi hanno detto che mi avrebbero ucciso se avessi cercato di aiutarlo."

Alec si girò verso di lui ma non disse niente.

"Non era un buon periodo per me: avevo appena incontrato Camille e l'avevo spinta fra le braccia di Ralf Scott e gli Shadowhunter avevano dimostrato ancora una volta in quale considerazione tenessero noi Nascosti. Ma quando ho sentito Edmund, quando non ho potuto aiutarlo in alcun modo, qualcosa dentro di me si è rotto. Ho cominciato a pensare che se i Nephilim, i nostri protettori, erano così senza cuore da punire un ragazzo solo perchè si era innamorato, allora non c'era speranza. Se rispettare le regole significava solo dolore e sofferenza, perchè sforzarsi? Non ero mai stato un bravo ragazzo, ma quella volta ho passato il segno e non mi sono mai guardato indietro fino a quando non è stato quasi troppo tardi."

Ci fu un lungo momento di silenzio ma poi Alec strinse il braccio di Magnus e annuì. "La Legge può essere dura, lo so. Ci sono dei motivi per il nostro modo di agire, ma questo non vuol dire che la cosa mi piaccia. Fra me e i miei fratelli, abbiamo di sicuro sfidato abbastanza regole da dimostrarlo. Cosa ti ha fatto cambiare idea?"

Magnus sorrise tristemente ma non riuscì a rispondere perchè la terra intorno a loro cominciò a tremare e le ombre sulle pareti della caverna iniziarono a danzare come impazzite, concentrandosi in un unico punto che crebbe gradualmente, diventando sempre più grande, fino ad assumere una forma umana.

Alec si piazzò davanti a Magnus, sfoderando la sua spada angelica e chiamandola per nome sottovoce. La lama risplendette nell'oscurità, più brillante di qualunque stregaluce e permise loro di guardare mentre l'ombra si staccava dalla parete, dirigendosi con calma verso di loro.

Era una donna, una bellissima fata con lineamenti spigolosi, occhi rossi e brillanti e una pelle così scura da sembrare nera. I capelli bianchi le incorniciavano il volto e sulle labbra aveva un sorrisetto ironico.

"Si, Magnus." Disse, sorridendo freddamente allo stregone. "Cosa ti ha fatto cambiare idea?"

Magnus sospirò e avanzò oltre Alec, uno sguardo rassegnato negli occhi. "Salve, Spyra. E' passato tanto tempo."

"E' vero." La fata sorrise di nuovo, e Alec sentì un brivido lungo la schiena. Quello non era affatto un sorriso amichevole. "Perchè non dici al tuo cucciolotto di abbassare il suo stuzzicadenti luminoso così da poterti salutare come si deve?"

Cucciolotto? Stuzzicadenti? Alec fece un passo in avanti, pronto a rispondere, ma la mano di Magnus sul braccio lo fermò. Ne avevano parlato in precedenza, sapevano che le fate Unseelie cercavano sempre di causare diverbi e avevano deciso di lasciar parlare Magnus. Alec era lì solo per la sua protezione.

"Lui non attaccherà a meno che qualcuno cerchi di farmi del male. Pensa a lui come alla mia guardia del corpo."

La fata inarcò il sopracciglio. "Le cose cambiano eh? Non potevi sopportare i Nephilim quando ci siamo conosciuti."

"Si, beh, sono passati duecento anni." Magnus scrollò le spalle e tirò fuori qualcosa dalla tasca. Era una foglia marrone, morta e secca, con una S bruciata nel mezzo. "Ricordi questa?"

Spyra alzò la mano per prendere la foglia e guardò divertita Alec che cercava di reprimere l'istinto di schiaffeggiarla via. "Il mio regalo. E' la cosa che mi ha guidata da te non appena sei entrato nella Corte Unseelie. Ho avvertito la sua presenza. Ci è voluto molto tempo prima che ti mancassi, stregone."

Con sorpresa di Alec, Magnus si mise a ridere. "Spyra fidati se ti dico che non mi sono mai veramente dimenticato di te. Ma sei una compagnia pericolosa e credo di aver esaurito tutte le mie possibilità malvagie in quei pochi anni con te."

"Che peccato." La fata avanzò, ondeggiando come un serpente e abbracciò il collo di Magnus, leccandosi le labbra. "Avevi così tanto potenziale..."

Era troppo, decisamente troppo. Alec si frappose fra di loro, separandoli. "Ehi, giù le mani dal mio uomo, fata."

Spyra spalancò gli occhi e poi scoppiò a ridere. "Oh, Magnus, sul serio? Un Nephilim? E' bravo a letto almeno? Deve esserlo o non ti abbasseresti a tanto."

"Basta così, Spyra." Lo stregone la interruppe prima che Alec potesse aggiungere altro, prima che agisse in base al luccichio pericoloso che aveva negli occhi. Doveva prendere il controllo prima che fosse troppo tardi. Puntò il dito verso la foglia che Spyra teneva in mano. "Ricordi perchè me l'hai data?"

"Si, si, lo ricordo." La fata stava ancora ridendo, ma era una risata crudele, sarcastica. "Mi hai salvato la vita, ti devo un favore, eccetera eccetera. E' per questo che sei venuto? Per riscuotere il tuo debito? E io che credevo di mancarti."

"Ho bisogno di parlare con il Re, Spyra." Disse Magnus, andando dritto al punto. "Ho bisogno di un'udienza e ho bisogno che mi ascolti. Puoi farlo avvenire?"

Questo fermò la fata. I suoi occhi rossi studiarono lo stregone prima e lo Shadowhunter poi. "Interessante. Affari dei Nascosti o dei Nephilim?"

"Entrambi in realtà. Abbiamo bisogno della saggezza del Re su una questione della massima importanza."

"Deve essere così, se sei abbastanza disperato da venire fin qui, dopo il trattato di pace." Non smise di studiarli, improvvisamente professionale, poi si girò verso Alec. "Cosa ti fa pensare che il Popolo Fatato ti aiuterà dopo il modo in cui ci avete trattati?"

"Si, lo so che nessuno è amico dei Nephilim ultimamente, non dopo l'ultima guerra." Replicò Magnus immediatamente. "La chiamano la Pace Fredda per un motivo."

"Beh, è stata tutta opera loro." Spyra alzò le spalle. "Nessuno li ha costretti a distruggerci. Non mi stupisce che il resto dei Nascosti non si fidi più di loro, alla fine agli Shadowhunter è sempre interessata più la vendetta del perdono, una cosa che il Mondo Invisibile non voleva ricordare."

"Io non c'entro niente, Spyra." Magnus alzò le mani. "Anzi, sono stato l'unico a chiedere pietà per voi, ma non mi hanno ascoltato. Sono un Nascosto, proprio come voi ed è per questo che sono qui."

"Con un cucciolo Nephilim al seguito." Notò lei.

"Non mi avrebbe lasciato venire da solo." Ammise Magnus. "Ma lo manderò via se è l'unico modo per avere un'udienza con il Re."

"Nemmeno per sogno!" Esplose Alec, incapace di rimanere zitto più a lungo. "Non ti lascio qui da solo, scordatelo."

"No, no, non preoccuparti, Cucciolotto." La fata sorrise, un luccichio malvagio negli occhi. "Sono sempre pronta a un po' di divertimento e un Nephilim che supplica il nostro Re sarà molto divertente."

"Non ho intenzione di supplicare nessuno." Rispose lui, serrando la mascella.

"Oh, lo farai, Cucciolotto..." Spyra sorrise di nuovo. "Mio fratello ti vorrà vedere strisciare per terra prima di ascoltare quello che hai da dire, e poi ti farà leccare i suoi stivali mentre pensa alle tue domande."

"Spyra." Disse Magnus, una silenziosa minaccia nella voce. "Non esagerare. In ogni caso sarò io a parlare, non lui. E da quando il Re della Corte Unseelie è tuo fratello?"

"Lo è sempre stato, Magnus, sei tu che non me lo hai mai chiesto." Spyra sogghignò e si girò, allontanandosi. "Venite dunque, non vedo l'ora di vedere cosa succederà."

 

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Capitolo 15
*** La Corte Unseelie ***


Spyra li stava guidando attraverso un labirinto di corridoi che aveva più svolte di quante Alec riuscisse a contarne. Dopo un po' ci rinunciò, realizzando che lo scopo della fata era proprio quello di confonderli e quando diede voce a questo sospetto, mantenendo il più neutrale possibile il tono delle sue parole, Spyra sogghignò verso di lui.

"Vedila in questo modo, Cucciolotto. O vi portavo attraverso la strada più lunga, o avrei dovuto bendarvi. Onestamente la benda è sempre una complicazione, poi vi devo guidare passo dopo passo, assicurarmi che non riusciate a vedere proprio niente... non mi interessa perdere tutto quel tempo. Quindi ho scelto il giro più lungo. Sei stanco di camminare?"

Alec non si scomodò a rispondere, decidendo di concentrarsi su ciò che lo circondava. Si stavano allontanando dalla parte cavernosa della Corte, per dirigersi verso qualcosa di più civilizzato: il pavimento ora era piastrellato, invece di nuda roccia, il soffitto era incastonato ovunque di fiammeggianti cristalli rossi, la loro unica fonte di luminosità. Sulle pareti c'erano ancora muschio e sporcizia e la luce cremisi non faceva altro che rendere l'atmosfera più deprimente.

"Stai usando un incantesimo di protezione," notò Magnus mentre camminavano. Aveva sempre saputo che Spyra poteva usare la magia ed era molto forte, era parte del suo fascino. "Riesco a sentire la magia. Cosa stai facendo?"

Spyra camminava velocemente, un'espressione concentrata negli occhi. "Anche se vi sto facendo percorrere una strada più complicata del normale, non voglio che vediate la Corte come realmente è, non ne avete bisogno; dubito che ritornerete, specialmente senza invito. Sempre che ve ne andiate vivi... anche se questo riguarda solo il nostro Cucciolotto."

"Mi stai minacciando?" Chiese Alec tranquillamente. La spada angelica era ancora fiammeggiante nella sua mano ed era pronto ad usarla.

Spyra fece un sorrisetto. "Ho un debito nei confronti di Magnus Bane: mi ha salvato la vita anni fa e gli ho dato quella foglia perchè potesse chiedermi un favore in cambio. Alle fate non piace avere debiti con nessuno. Ma tu per me non sei niente, Nephilim, e non garantirò per te con il Re. Se te ne andrai con la testa sulle spalle o no, dipende interamente da lui."

"Penso che scoprirai che sono molto affezionato alla mia testa. Puoi dire lo stesso del resto della sua razza, se dovessero attaccarmi?" La voce di Alec era ancora tranquilla, ma Magnus riconobbe le spacconeria di Jace nascosta fra le sue parole. Anche dopo tutti quegli anni, Alec teneva in alta considerazione il suo parabatai e cercava di assomigliargli, almeno in combattimento. Lo stregone si chiese per un attimo se Alec avrebbe mai capito di non aver bisogno di imitare nessuno per essere la meravigliosa persona che era.

"Oh, sei un tipo combattivo." Rise la fata. "Forse mi piaci un po' di più ora."

Si fermarono davanti a una porta, un enorme battente fatto di acciaio lucidato fino a brillare: era liscio e inciso di strani simboli che Alec non riconobbe. Spyra vi poggiò una mano sopra e poi si girò.

"Eccoci qui. Un consiglio, Magnus: tieni il tuo Cucciolotto al guinzaglio, a mio fratello non sono mai piaciuti gli Shadowhunter."

Spalancò i battenti facendo un passo indietro, entrando con sicurezza e Magnus capì il significato dell'avvertimento di Spyra non appena misero piede nella sala del trono; si affrettò ad afferrare il braccio di Alec, stringendolo quasi fino a fargli male e, guardandolo, si accorse che aveva fatto appena in tempo. Gli occhi di Alec erano spalancati per il disgusto e la rabbia, i muscoli tesi fino allo spasimo dalla necessità di buttarsi nella mischia e cominciare a uccidere.

"Cosa... cosa vuol dire questo? Come possono..." Sussurrò, prima che Magnus gli lanciasse un'occhiata di avvertimento.

"Non parlare. Non dire niente. Stanno solo aspettando che tu faccia un errore, non dar loro questa opportunità. Lascia parlare me."

La sala del trono della Corte Unseelie era orribile. Dalle pareti pendevano dei pannelli rosso sangue e gli onnipresenti cristalli sul soffitto contribuivano a immergere la stanza in una luce carminia bassa e soffusa. Era come se l'aria fosse pronta a prendere fuoco e mentre Magnus e Alec avanzavano verso il trono, lo stregone dovette ricordare a se stesso il compito che dovevano portare a termine; distruggere quel luogo non sarebbe servito a William.

Dal soffitto pendevano delle gabbie, gabbie circolari, basse e costruite in ferro; dentro quelle gabbie erano imprigionate delle fate Seelie, accucciate e piangenti, le loro grida di dolore echeggianti nella sala del trono. Uomini, donne, ma fortunatamente nessun bambino, continuavano a urlare mentre il ferro mordeva la loro carne senza pietà, bruciandola, marchiandola. Le fate Unseelie non sembravano nemmeno vedere i prigionieri mentre parlavano e ridevano fra loro, serviti di tutto punto da schiavi incatenati, anch'essi fate Seelie. Per quanto Alec non si fidasse di Kaelie, era lieto che lei non fosse lì a vedere come veniva torturata la sua gente.

Spyra camminò dritta verso il trono dove era seduto il Re: alto e oscuro, aveva lunghi capelli bianchi legati dietro la testa e i suoi occhi fiammeggianti non lasciarono mai i due ospiti per guardare la sorella che si avvicinava.

"Maestà," rise lei, fermandosi e inginocchiandosi davanti a lui, "ti porto un po' di divertimento, qualcosa con cui giocare in questa bella notte."

"Così pare," replicò il Re, spostando gli occhi sulla sorella, "e dove hai trovato i tuoi giocattoli, mia principessa?"

"Molto tempo fa, quando ho deciso di dare un'occhiata al mondo umano, ho incontrato questo stregone. Ci siamo divertiti un po' prima che mi richiamassi qui e gli ho dato un pegno perchè..." per la prima volta sembrò a disagio, "beh perchè mi ha salvato la vita. Ora è tornato a esigere il pagamento di quel debito, quindi non posso ucciderlo. Il Nephilim è il suo amante e ha deciso di venire con lui. Non mi assumo la responsabilità per la sua presenza qui, o per il suo benessere."

"Bene." Il Re della Corte Unseelie sollevò gli occhi e si leccò le labbra, gli occhi pieni di divertimento. "Quindi abbiamo qui Magnus Bane e il suo caro Alexander Lightwood. Che gentile da parte vostra venire a deliziarci con la vostra presenza."

"Sapete chi siamo." Disse Magnus, cercando di rimanere impassibile.

"Se desideri tenere il tuo popolo lontano dal mondo, devi sapere il più possibile riguardo a quel mondo, stregone." Sorrise loro e, proprio come con Spyra, Alec sentì le dita afferrare l'elsa della sua spada angelica, pronto a colpire. Questa creatura era pura malvagità, poteva quasi sentirne l'odore, ed era disgustoso.

"Sarei un Re molto scadente se non conoscessi i nomi delle persone facenti parte del famoso gruppo che ha salvato il nostro mondo da Sebastian Morgenstern." Continuò il Re. "E solo per questo motivo, e solo per questa volta, vi permetterò di andarvene con la vostra vita. Tu e il tuo Nephilim. Stanotte mi sento generoso."

"Grazie, Vostra Maestà." Magnus chinò la testa e Alec fu improvvisamente grato di aver deciso di lasciare parlare lui perchè non sarebbe mai riuscito a mostrare cortesia a quel mostro che si dichiarava Re. "Quindi posso immaginare che non foste d'accordo con il coinvolgimento della Regina della Corte Seelie con Sebastian Morgenstern?"

"Avete visto fate Unseelie combattere con quegli smidollati?" Chiese il Re con un sorriso divertito. "Non abbiamo avuto niente a che fare con quella guerra, eppure la nostra razza è stata condannata nella sua interezza per colpa di quella strega e del suo amante umano. Ho sentito che tu sei stato l'unico a parlare in favore del Popolo Fatato?"

"E' così, Vostra Maestà. Non è servito a molto, ma ci ho provato."

"Bene, cosa vuoi stregone? Abbiamo appena catturato delle nuove fate Seelie e non vedo l'ora di andare a far loro visita." Si leccò di nuovo le labbra e Alec seppe istantaneamente che moriva dalla voglia di torturare i suoi nuovi prigionieri.

Gli occhi di Magnus si illuminarono di rabbia, ma lui si affrettò a nasconderla. "Sono venuto in cerca della vostra saggezza, Maestà. E, nel richiedere umilmente una risposta alla mia domanda, vi offro anche l'opportunità di rovinare un piano accuratamente studiato dalla Regina della Corte Seelie."

Il Re rimase in silenzio qualche istante, poi alzò la mano e schioccò le dita; le fate Unseelie lasciarono immediatamente la sala del trono fino a quando rimasero solo i prigionieri nelle gabbie e Spyra, che si mise alla destra del trono.

"Per la mia protezione," fu tutto quello che disse il Re, indicando la sorella. Lei sogghignò e Magnus non dubitò che fosse pronta ad arrostirli se avessero fatto un movimento sbagliato.

"Ora che siamo soli, vediamo un po'." Il Re si appoggiò all'indietro sul trono, accavallando le gambe, rilassato. "Sono sempre pronto a divertirmi alle spalle della mia bella, luminosa cugina. Fatemi la vostra domanda e deciderò se vale la pena di rispondervi."

Ci siamo, pensò Magnus. Ora ci giochiamo tutto.

Respirò a fondo e chiese: "Esiste un modo di curare in maniera permanente una persona avvelenata con il Kohl? So che l'antidoto consiste nel bene il tè fatto con le foglie Kohl ogni giorno, ma desidero una cura definitiva."

"Interessante." Il Re unì le mani, appoggiandole sulle gambe e socchiudendo gli occhi. "Chi è la persona avvelenata?"

Avevano discusso a lungo a questo proposito prima di partire per la Corte Unseelie: sapevano che il Re avrebbe chiesto informazioni ma Clary non voleva raccontare i dettagli. Le fate Unseelie erano famose per il loro temperamento, però, e se Magnus voleva delle risposte non poteva permettersi di negare al Re qualunque cosa volesse sapere.

"La Regina della Corte Seelie ha rapito un piccolo Nephilim e lo ha avvelenato con il Kohl," rispose quindi, anche se riluttante. "Non possiamo salvarlo perchè l'unico antidoto che conosciamo cresce nel Regno Fatato e il bambino morirebbe senza."

"Un bambino Nephilim." Il Re ripetè pensieroso. "E perchè avrebbe dovuto rapirne uno e avvelenarlo?"

"Per ricattare i suoi genitori. Hanno scontentato la Regina e questa è la sua vendetta."

Spyra si chinò a sussurrare qualcosa all'orecchio del fratello, che inarcò un sopracciglio. "Ah, capisco dunque."

"Allora," il suo sguardo tornò su Magnus, "mia sorella ha portato alla mia attenzione che state probabilmente parlando del figlio degli Herondale. E' corretto? Ho sentito che era morto sei mesi fa, non aveva ancora due anni. Tuttavia la sua morte avrebbe potuto essere un inganno e il padre del bambino è il fratello del tuo cucciolo. E' così?"

"Si," rispose Magnus, sapendo che non aveva senso negare. "Sto parlando di William Herondale."

Un sorrisetto inclinò le labbra del Re. "E cosa faresti se potessi curare il bambino? Cosa succederebbe poi? Lo sto chiedendo a te, Nephilim."

Alec guardò Magnus e quando lo stregone annuì, si girò per rispondere al Re. "Prepareremmo una spedizione per salvare mio nipote, ci apriremmo la strada combattendo, se necessario."

"In puro stile Shadowhunter." La fata annuì. "E cosa succederebbe alla Regina?"

"Un processo probabilmente. Dovremo informare il Conclave per andare fin laggiù e questo significa che la storia diventerà pubblica. Vorranno punirla per quanto ha fatto."

Il Re sorrise di nuovo, guardando Alec. "I miei servigi, o in questo caso, la mia saggezza, non sono gratuiti. Sei disposto a pagare il mio prezzo? Potrebbe non piacerti quello che chiederò in cambio della tua risposta."

"Ditemi di cosa si tratta." Rispose fermamente il ragazzo dagli occhi azzurri, tentando di non sperare troppo in un miracolo. Poteva trattarsi solo di un sotterfugio per prendersi gioco di lui, ma se il Re parlava di un prezzo, forse conosceva davvero la risposta...

"Se vi aiuto, non ci sarà alcun processo. Non voglio che la Regina sia catturata, la voglio morta."

Il cuore di Alec cominciò a battere più forte: allora una cura esisteva! Cercò di mascherare la sua eccitazione e il suo viso rimase neutrale mentre rispondeva: "Probabilmente succederà comunque. Ha rapito uno di noi, il Conclave non avrà pietà."

"No, Cucciolotto." Alec cominciava a stancarsi di quell'appellativo. Era uno Shadowhunter, non un gatto! Il Re continuò, la voce glaciale ora. "Non voglio un processo e un'esecuzione. Voglio che muoia nella sua Corte, dove si sente al sicuro. Non mi importa chi la ucciderà, non mi importa in che modo morirà, ma voglio la sua testa. Magari letteralmente, mi piacerebbe appenderla sopra il mio trono, come trofeo."

Il Nephilim riflettè un secondo, mordendosi il labbro: nonostante anche lui volesse la morte della Regina, se l'era sempre immaginata come parte della giustizia del Conclave: un processo e poi la sentenza. Qui si stava parlando di omicidio, qualcosa a cui lui non era abituato. Ricordava la prima volta che l'aveva fatto, quando aveva ucciso Meliorn con il suo arco e ricordava come si era sentito, così freddo e distaccato. Non era un sentimento che volesse provare di nuovo, ma all'epoca l'aveva fatto per Magnus, perchè era in pericolo ed era stato il Cavaliere Fatato a rapirlo. Questa volta si trattava della vita di Will, il dolce, innocente William. Non poteva, nè avrebbe, esitato.

"D'accordo." Disse, annuendo. "non ci sarà nessun processo."

"Eccellente." Il Re battè le mani una volta, gli occhi che tradivano la sua eccitazione. "Vi farei seguire dalla mia cara sorella durante l'attacco per assicurarmi che manteniate il patto, ma se mi giuri sul tuo Angelo che ucciderete la Regina della Corte Seelie nella missione di salvataggio, non lo farò."

Alec inspirò a fondo. "Non ce ne sarà bisogno. Giuro sull'Angelo che la Regina morirà quando andremo a salvare William." Ci pensò un secondo e poi aggiunse. "Sempre che non riesca a sfuggirci in qualche modo, ma non lo ritengo probabile."

Spyra scoppiò a ridere e ammiccò verso di lui. "Penso che tu mi piaccia davvero ora, Cucciolotto. Non sono molti coloro che osano contrattare con il Re della Corte Unseelie."

"Non ho finito." Continuò il Re. "C'è un'altra condizione: voglio che il Conclave riconosca il nostro completo distacco dalla Corte Seelie. Saremo anche tutti esseri fatati, ma siamo due razze completamente diverse. Voglio che il Conclave ci tratti come entità separate, non come una singola nazione. Capisci, Nephilim?"

"Volete che il trattato di pace non si applichi a voi." Rispose Alec lentamente. "Rivolete il vostro esercito, volete tornare nell'Alleanza."

"Non mi interessa la vostra Alleanza, Shadowhunter." La fata rise. "E' più una questione di principio. Sono sicuro che vedi da solo cosa penso dei nostri cugini più chiari."

Indicò i prigionieri nelle gabbie e Alec digrignò i denti. "Non voglio che la mia gente sia associata a loro in nessun modo."

"Questo richiederà del lavoro all'interno del Conclave, non sarà una cosa immediata. Dovremo fare delle riunioni e voi dovrete mandare degli ambasciatori a negoziare con il Conclave."

"E lo farò. Quando succederà, voglio che tu e la tua famiglia sosteniate le mie richieste. Affare fatto?"

Alec annuì dopo un momento e quando lo fece, Magnus intervenne. "Abbiamo un accordo allora? Una cura definitiva per William in cambio delle vostre condizioni?"
Il Re annuì. "Sappiate solo che se non manterrete il giuramento, io non lo dimenticherò. Penserete di essere al sicuro, penserete di essere felici e sarà in quel momento che io colpirò per distruggere tutto ciò che amate."

"Ho giurato sull'Angelo." Rispose Alec senza alzare la voce, gli occhi azzurri fissi sulla fata. "E' il giuramento più sacro per uno Shadowhunter, quello che non infrangiamo mai. Non minacciatemi o farò un altro tipo di giuramento... e manterrò anche quello."

Non aggiunse niente altro ma il significato era chiaro: se il Re della Corte Unseelie avesse osato minacciare le persone che lui amava, Alec non si sarebbe fermato finchè non lo avesse ucciso.

"Vostra Maestà," disse Magnus, cercando di allentare la tensione: non era saggio minacciare il Re nella sua sala del trono. "Deduco quindi che esista una cura per il veleno Kohl?"

La fata lo guardò e sorrise lentamente, in maniera talmente orribile e crudele che Magnus faticò a mantenere il suo contegno. "No, non esiste. Non c'è modo di curare permanentemente quel tipo di veleno."

Fu come essere gettati improvvisamente nell'acqua gelida: Alec e Magnus si bloccarono, incapaci di respirare, di muoversi o parlare per un attimo. Il Re li guardò, ovviamente compiaciuto dalla loro reazione, poi aggiunse: "Ma non ve ne serve una. Il bambino non è avvelenato."

Di nuovo silenzio. Poi Magnus ripetè cautamente. "Dite che il bambino non è avvelenato, ma io stesso l'ho visto ammalato, con tutti i sintomi del veleno Kohl. Ed è stato mandato per lui un antidoto che l'ha fatto stare meglio per un paio di giorni."

"Oh, non dubito che il veleno gli sia stato iniettato. Ma quasi nessuno sa che il veleno Kohl non ha effetti permanenti sui bambini, fino alla pubertà. C'è qualcosa nella loro chimica che li porta a guarire: il veleno li fa ammalare per una ventina di giorni e i sintomi sono gli stessi, ma non li uccide. E poi il corpo guarisce."

"E l'antidoto?"

"Il tè ricavato dal Kohl aiuta a liberarsi più in fretta del veleno e annulla i sintomi, ma, antidoto o no, il bambino guarirà comunque da solo."

Calò un silenzio spesso e pesante sulla sala del trono e Spyra vide i due uomini impallidire davanti a lei: c'era qualcosa di glorioso nel guardare la consapevolezza raggiungere i loro occhi, quando le parole di suo fratello li convinsero.

"E' stato un trucco allora?" Sussurrò Alec, gli occhi spalancati. "E' stato tutto per niente? William non ha mai rischiato di morire?"

"Sembra di no." Replicò Magnus, stringendosi il naso fra le dita. "E tutto sommato ha senso, considerando che la Regina aveva bisogno di Will."

"Si." Mormorò Alec. "Si, non avrebbe voluto vederlo morto. Per l'Angelo, quando lo saprà Jace..."

"Ne parleremo più tardi." Magnus gli lanciò un'occhiata di avvertimento e si girò nuovamente verso il Re. "Vostra Maestà, presumo che la Regina fosse a conoscenza della limitazione del veleno?"

"Sono certo che lo fosse." Rispose lui. "Non mi aspetterei niente altro."

"Ma perchè il veleno non uccide i bambini?" Chiese Alec. "Come possiamo essere certi che William sarà in salvo se riusciamo a portarlo via dalla Corte Seelie?"

Il Re sbuffò. "Perchè un Mondano non beve dalla Coppa Mortale dopo i diciotto anni? O perchè due Shadowhunter non possono legarsi come parabatai, dopo quella data? Non sempre abbiamo una spiegazione, Nephilim. Sappiamo che il corpo di un bambino espellerà il veleno, ma non sappiamo il perchè. E tu puoi dubitare delle mie parole, ma ricorda che sono una fata. Non posso mentire."

"Questo è vero." Disse Magnus lentamente. Ovviamente c'era la possibilità che il Re fosse per metà umano come Kaelie, ma lo stregone sapeva che era improbabile: nessuno che non avesse il sangue più puro poteva diventare Re o Regina. Quindi era la verità, la minaccia alla vita di William era stata una finta, lui stava bene, era sano, pronto per essere salvato.

Magnus raddrizzò la schiena, notando che Alec faceva la stessa cosa: come sempre, erano sulla stessa lunghezza d'onda.

"Grazie, Vostra Maestà. Grazie per aver condiviso la vostra conoscenza con noi. Ora, con il vostro permesso, prenderemo congedo."

"Spyra vi condurrà all'esterno, non vi permetterò di aprire un Portale qui." Il Re li guardò pigramente, concentrandosi su Alec. "Non vedo l'ora di avere notizie della vostra missione di salvataggio, Nephilim. Non deludermi."

Alec sembrò sul punto di rispondere ma poi scelse di non dire nulla. Quando vide Magnus chinare la testa davanti al Re, fece lo stesso e poi seguì Spyra fuori dalla sala del trono. Non appena le porte di acciaio si chiusero alle loro spalle e lui non sentì più le grida delle fare imprigionate, esalò un silenzioso respiro di sollievo; era stato quasi impossibile mantenere il suo contegno quando tutto quello che voleva era distruggere quel posto e quelle maledette gabbie. Ogni secondo era stata una lotta per ricordare a se stesso che avevano bisogno del Re e della sua conoscenza, che William aveva bisogno che suo zio mantenesse la calma e portasse le notizie ai suoi genitori, ma era stata la cosa più difficile della sua vita. Lasciare che qualcuno soffrisse senza fare niente, assistere al loro dolore senza reagire, era qualcosa di così alieno alla sua natura che si sentiva fisicamente male.

"E' andata bene, vero?" Disse Spyra allegramente, guidandoli all'esterno. "Visto? Non c'è stato bisogno di strisciare, nè di leccargli gli stivali. Mio fratello aveva una buona giornata, Cucciolotto."

"Lo hai fatto apposta, vero?" Chiese lui, incapace di trattenersi ancora. Doveva saperlo. "L'incantesimo di protezione. Lo hai mantenuto perchè non vedessimo la Corte, ma lo hai lasciato svanire nella sala del trono. Volevi che vedessimo le gabbie. Volevi che io le vedessi."

Sulle labbra di Spyra comparve un sorriso freddo. "Mi piace quando usi il cervello, Cucciolotto. Certo che l'ho fatto apposta. Non è stato divertente?"

"Perchè lo avresti fatto?"

"A essere sincera, volevo vedere la tua reazione." Ridacchiò e fu orribile. "Cos'era più importante per te? La ricerca che ti aveva portato qui o i nostri piccoli ospiti nelle loro gabbie? Non mi hai delusa, ma sapevo che sarebbe andata così. Non è la prima volta che un Nephilim volta la testa dall'altra parte e finge di non vedere."
"Ma perchè?" Alec era pieno d'orrore e di vergogna, perchè era vero: lui aveva scelto William e non quei prigionieri, aveva scelto di non vedere. Li aveva lasciati lì a soffrire. "Perchè fare questo ad altre fate?"

"Sarebbe diverso se fossero vampiri? O licantropi?" Spyra alzò un sopracciglio, un sorriso beffardo sulle labbra.

"Non farebbe differenza nemmeno se fossero Ottenebrati!" Gridò, perdendo alla fine il controllo. "Che razza di... mostro, fa una cosa del genere a qualcun altro? Anche se è un nemico? Voi li torturate!"

"Alec..." Magnus cercò di fermarlo, ma Spyra si limitò a ridere.

"Oh, Cucciolotto, sei così divertente." Smise di camminare e confrontò direttamente lo Shadowhunter. "Noi siamo le fate Unseelie. Siamo collegate con la terra e il fuoco e siamo terra e fuoco: scorrono nelle nostre vene e ci rendono un popolo appassionato e duro, perfino crudele, se vuoi vederla così. Le fate Seelie sono deboli. Sono molli e pietose eppure sono riuscite a portare danno alla nostra intera razza. Noi non dimentichiamo, Cucciolotto. Non perdoniamo. Siamo un popolo antico e orgoglioso e ci occupiamo dei nostri traditori e delle nostre vergogne secondo i nostri costumi. Non ti va bene? Puoi girarti e andartene. O progetti forse di farci guerra? Temo che scopriresti che siamo difficili da uccidere."

Alec stava per attaccare. Avrebbe sollevato la sua spada angelica e l'avrebbe usata, per la prima volta, su qualcuno che non era un demone. Perchè questa persona, questa fata, non meritava di vivere, nè lo meritava il suo crudele Re. La sua mano corse all'elsa, ma improvvisamente Magnus era lì, in piedi fra lui e Spyra. Era lì e lo guardava dritto negli occhi, tenendo lo sguardo di Alec inchiodato su di lui. Era lì e mormorava i nomi di suo nipote e del loro bambino, supplicandolo di non reagire, non in quel momento.

"Allora, Cucciolotto? Desideri mettere alla prova la mia magia, qui e ora, o te ne andrai a casa da bravo bambino?" Gli occhi di Spyra fiammeggiavano, incitandolo alla lotta, quel sorriso beffardo ancora sul volto.

Alec fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. "Usciamo di qui. Adesso."

"Che delusione." Lei rise ancora e ricominciò a camminare, senza girarsi nemmeno una volta. Alec non sapeva se sentirsi sollevato che la fata non lo stesse provocando oltre, o offeso dal fatto che sembrava non importarle niente di avere uno Shadowhunter furioso alle spalle.

Presto furono di nuovo sotto la volta del cielo e Spyra si girò a guardarli. "E' stato un piacere vederti ancora Magnus, anche se sei così cambiato. Non ti consiglio di tornare però, il tuo biglietto è stato già usato."

Lo stregone annuì ma non sorrise. "Dubito che mi vedrai di nuovo."

"Per quanto riguarda te, Cucciolotto, un piccolo consiglio." La sua espressione divenne seria, così come la sua voce. "Fai un giro nella tua biblioteca e controlla la storia dei Nephilim: scoprirai che la tua gente ha commesso molte atrocità lungo i secoli. Quindi non pensare di essere così superiore a noi, perchè in realtà non lo sei affatto."

E poi, così com'era apparsa, svanì, un'ombra nella notte. Alec si guardò in giro notando che non erano lontani dall'Istituto e cominciò a camminare senza dire una parola.

"Un giorno," disse alla fine, guardando la luna nel cielo, proprio quando stavano per varcare la soglia dell'Istituto," quando tutto questo sarà finito, tornerò là, Magnus. Tornerò là, darò fuoco a quel posto fino a ridurlo in cenere e ucciderò il Re della Corte Unseelie e sua sorella."

Sentì una mano scivolare nella sua e chiuse gli occhi, permettendo al calore del suo compagno di riempirgli il cuore e prendere il posto dell'odio che lo colmava.

"Lo so," fu tutto quello che Magnus rispose, "mio Alec, lo so."

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Capitolo 16
*** Aspettare dietro le quinte ***


Nota dell'Autrice: ehm, sono le 21.30, ma è ancora venerdi... scusate, è stata una lunga, lunga giornata.
***

"Io divento matta." Mormorò Isabelle, schioccando la frusta verso il manichino di fronte a lei. La frusta si arrotolò attorno al suo collo e quando lei tirò bruscamente, la testa del manichino rotolò silenziosamente a terra.

"Izzy, ci servono quei manichini, sai." Le disse con calma Simon dietro di lei, sedendosi sul pavimento della palestra. Era passata un'ora da quando Kaelie era tornata indietro dicendo loro che Alec e Magnus erano nella Corte Unseelie e anche se al principio erano rimasti tutti insieme ad attendere notizie, con il passare del tempo il nervosismo aveva vinto e Isabelle aveva sentito il bisogno di liberarsi di un po' di tensione.

"Non so come tu faccia a restare così calmo." Lo accusò, schioccando nuovamente la frusta. "Mio fratello è in quell'inferno e tu sei rilassato!"

Simon sospirò alzandosi in piedi e quando Isabelle sentì le sue braccia intorno alla vita e il suo corpo curvarsi contro la sua schiena, si irrigidì.

"Non sono rilassato." Le sussurrò all'orecchio. "Ho paura, proprio come te. E sono nervoso e sto pensando a tutto quello che potrebbe andare male..." La strinse più forte quando sentì che lei voleva liberarsi dal suo abbraccio. "Ma Alec era la scelta migliore e lo sai. E' la persona più tranquilla che io conosca, sa mantenere il controllo e bisogna stare calmi quando si contratta con il Popolo Fatato. Magnus è con lui e non lascerà che accada niente a nessuno dei due. Te lo prometto."

"Sarei dovuta andare con lui." Mormorò lei appoggiando la testa contro la sua spalla. Smise di lottare e intrecciò le dita con le sue. "Non resisto a rimanere qui ad aspettare."

"Lo so." Le baciò la tempia e sospirò. "Aspettare è sempre la parte peggiore. Ma torneranno e avranno le risposte che ci servono. E allora andremo laggiù e ci riprenderemo William."

"Se solo potessimo saltare direttamente a quella parte..." Sorrise e chiuse gli occhi. "Non ho mai pensato che mi sarei sentita così, ma l'Istituto è vuoto da quando William se n'è andato."

"I bambini fanno questo effetto." Simon rise a bassa voce, appoggiando la testa sulle spalle di Isabelle. "Ti riempiono la vita di qualcosa che non sapevi nemmeno ti mancasse e poi ti fanno domandare come hai fatto a vivere fino a quel momento senza di loro."

Isabelle si immobilizzò e poi gli accarezzò le dita con le sue. "Sai... non ho mai pensato ai figli. Voglio dire, anche ora che l'Accademia ha riaperto e stiamo reclutando attivamente mondani da trasformare con la Coppa Mortale, siamo ancora a corto di Shadowhunter. Quindi ho sempre saputo che un giorno sarei diventata una madre, era quello che ci si aspettava da me. Ma non ci ho mai davvero pensato. E quando William è nato, mi sono chiesta se sarei stata in grado di occuparmi di lui e di amarlo come facevano Clary e Jace, di metterlo al centro del mio mondo. Poi quando se n'è andato..."

Si girò, sempre stringendogli le dita. "Ho giurato che non avrei mai avuto figli."

Sentì Simon irrigidirsi come una statua e sollevò il suo sguardo scuro verso di lui. "Era troppo doloroso. Pensare di dedicare la mia vita a qualcuno che poteva essermi portato via così facilmente... era intollerabile. Ho visto cos'ha fatto a mio fratello e a Clary, ho visto la loro forza vitale risucchiata via, i loro occhi diventare vuoti. E' stato orribile, mi ha ricordato quando abbiamo perso Max."

"Oh Izzy," Simon la prese gentilmente fra le braccia, incrociando le mani sulla sua schiena. "Avresti dovuto dirmelo."

"Non sapevo come." Sussurrò lei sul suo petto."Pensavo che non avresti capito, che ti saresti arrabbiato."

Lui le accarezzò i capelli, inalando il suo profumo. A volte si sentiva così privilegiato, sapendo che Isabelle si fidava di lui a sufficienza da permettergli di vederla nei suoi momenti di debolezza: era qualcosa che riservava solo per la sua famiglia mentre per il resto del mondo era l'invincibile Isabelle Lightwood, la fiera Shadowhunter dal cuore di acciaio e fuoco.

"Penso che sia naturale." Le rispose. "Quando perdiamo qualcuno, quando il nostro cuore si spezza, perdiamo anche una parte di noi stessi. E dopo, siamo così spaventati che non vogliamo mai più provare niente di simile."

La lasciò andare e le prese il volto fra le mani, guardando i suoi bellissimi occhi. "Ma la vita va avanti, sai? Ricordi quando abbiamo saputo di Tessa per la prima volta? Quando ci ha raccontato di Will Herondale e della sua vita con lui? Il suo cuore deve essersi spezzato quando lui è morto, eppure ora è con Jem, lo ama, vive insieme a lui. Un giorno perderà anche lui e di nuovo le si spezzerà il cuore, ma questo non l'ha fermata dal volerlo adesso." Rise piano, tracciandole le guance con le dita. "Hai mai sentito quel detto che dice: è meglio aver amato e aver perduto, che non aver mai amato? Credo che si riduca tutto a questo."

"Tutto qui?" Lei sorrise debolmente.

"Tutto qui." Confermò lui. Poi, come al solito, si perse nel suo sguardo, in quegli occhi brillanti come diamanti scuri, e la accarezzò mentre si chinava a baciarla dolcemente. Lei sospirò sulle sue labbra e allungò le braccia dietro il suo collo, tirandolo verso di sè finchè le mani di lui scivolarono lungo la curva della sua schiena e poi ancora più giù, fino ad arrivare a sollevarla, facendole incrociare le gambe intorno alla vita. Il bacio smise di essere tenero e qualche momento dopo Simon le lasciò le labbra, il respiro accelerato.

"La porta è chiusa, mia signora?"

"A chiave, Lord Montgomery." Lei sorrise.

"Bene."

 ***

 In biblioteca Clary era seduta, cercando senza successo di leggere un libro mentre Jace le stava accanto, accarezzandole assente la schiena e Kaelie era all'altro lato del tavolo, guardando ovunque tranne che dalla loro parte. Nonostante avesse sempre saputo che lei e Jace non sarebbero mai stati insieme, era doloroso guardarlo con Clary e assistere all'assoluta adorazione verso di lei nei suoi occhi. Anche ora che non stavano parlando o non si stavano guardando, sembrava che lui fosse incapace di smettere di toccarla o rimanerle vicino.

Clary sussultò all'improvviso, impallidendo istantaneamente: le stava squillando il telefono, vibrava nella tasca dei pantaloni. Sapeva chi era e sapeva che doveva rispondere. Come sempre.

Jace e Kaelie si immobilizzarono e Clary fece un respiro profondo prima di alzarsi e prendere il telefono in mano.

"Cosa." Disse freddamente, senza nemmeno salutare.

"Dove sei." Chiese Jiliel, altrettanto freddo.

"Sono all'Istituto."

"Torna indietro, adesso."

Le strinse il telefono fra le dita mentre si mordeva le labbra abbastanza da farle sanguinare. "Non posso, non stanotte."

"Non tirare troppo la corda, Clary. Non ti è bastata l'ultima lezione?" La sua voce era piena di minaccia, fredda come il ghiaccio.

"Ti ho detto che non posso. Mi hanno invitata a rimanere per la notte e non ho potuto rifiutare."

"E chi ti ha dato il permesso? Dovresti saperlo ormai, dolcezza: non hai la libertà di prendere decisioni come questa."

"Tua sorella." Clary giocò la sua carta, come avevano deciso in precedenza. Sapevano che sarebbe successa una cosa simile, ma Jace era stato irremovibile nel non permetterle di tornare al suo appartamento, anche a prezzo della loro copertura. Non avrebbe mai permesso a Jiliel di avvicinarsi di nuovo a lei, non dopo quello che le aveva fatto l'ultima volta.

Quando avevano raccontato a Kaelie quello che era successo, era stata lei a suggerire che la usassero come scusa per far rimanere Clary all'Istituto: dopotutto Kaelie aveva lo stesso potere di Jiliel per quel che riguardava Jace e Clary.

"E' li con te?" Chiese lui dopo un momento di silenzio. "Passamela."

La fata annuì, si girò e prese il telefono mentre Jace stringeva la mano di Clary fra le sue. Detestava quel che stava vedendo: Clary era sempre stata una donna forte, fin dalla prima volta che l'aveva conosciuta e si era ritrovata catapultata in un mondo di cui non conosceva nulla. Era coraggiosa, aveva una volontà di ferro, non esitava mai. Questa donna? Era così diversa. Dopo il collasso, tutta la sofferenza era venuta improvvisamente a galla, e l'aveva schiacciata con il suo peso: l'angoscia per aver perso il suo unico figlio, il dolore dell'essere strappata via da Jace, gli abusi di Jiliel, tutto questo l'aveva trasformata in qualcosa che lui non voleva accettare. Sobbalzava ad ogni rumore, si irrigidiva ogni volta che qualcuno la toccava e lui sentiva che voleva disperatamente tenergli la mano ma allo stesso tempo voleva allontanarsi e nascondersi da qualche parte. Jiliel l'aveva distrutta. Ci sarebbe voluto molto tempo prima che guarisse, lui non sapeva nemmeno se era possibile: sarebbe mai tornata quella di prima? Sarebbero stati di nuovo una famiglia o la loro unità era persa per sempre? Avrebbero salvato William solo per perdere Clary in cambio? E se non avesse mai superato quel che le aveva fatto Jiliel?

Jace odiava sentirsi impotente ma non poteva fare niente se non rimanere accanto a Clary e farla sentire amata e protetta. Prima dovevano salvare Will, così che perlomeno quel pezzo del suo cuore potesse trovare sollievo. E poi lui avrebbe fatto qualunque cosa, qualunque cosa per farla guarire.

"Si, sono stata io." Stava dicendo Kaelie, dando loro la schiena. Il suo tono di voce era diverso, freddo come quello del fratello, ma aveva le dita bianche da tanto stringeva il telefono. "Rimango qui per la notte anche io." Pausa. Un lungo momento di silenzio, poi le spalle di Kaelie si irrigidirono e la sua intera figura si immobilizzò. "Perchè ne ho voglia. Penso che sarà divertente dormire qui con Jace, con Clary solo a qualche porta di distanza. Beh, divertente per me."

Jace sentì Clary trattenere violentemente il respiro e tracciò cerchi rassicuranti sulla sua schiena con la mano libera. Sapeva ciò che Kaelie stava facendo, stava cercando di impersonare il perfetto aguzzino, come voleva la Regina. Ma vedeva anche quanto le stava costando, sembrava sull'orlo di sentirsi male.

"E comunque, so della tua piccola "lezione" dell'altra notte." Kaelie fece un respiro profondo e continuò. "No, non ha avuto bisogno di dirmelo, ce l'aveva scritto in faccia. Lo sguardo di paura nei suoi occhi era impagabile e so cosa significa. Riconosco la tua firma quando la vedo, fratello mio."

Jace avrebbe potuto scommettere che Jiliel stesse ridendo dall'altra parte. Il bastardo.

"Si, davvero. Ma forse è meglio se non lo fai di nuovo. Clary non è venuta qui ieri e i Lightwood hanno notato la sua assenza. Suppongo che le ci siano voluti un paio di giorni per recuperare da quello che le hai fatto e non è una cosa saggia. Che sarebbe successo se avessero convocato il Consiglio? Sai che la Regina non vuole che lei manchi agli incontri."

Parlarono qualche altro minuto prima che Kaelie riattaccasse con un sospiro. Poi si girò verso di loro. "Non può durare, lo sapete. Posso farvi guadagnare una notte, forse due, ma niente di più o Jiliel comincerà a fare domande."

"Clary non tornerà in quell'appartamento." Disse Jace, digrignando i denti.

"Lo farò, se servirà." La sua voce non era più forte di un sussurro, ma lo sguardo di Clary era risoluto.

"Ci inventeremo qualcosa." Kaelie agitò la mano prima che Jace potesse replicare. "Ma dovremo fare in fretta, prima che lui inizi a sospettare che c'è qualcosa che non va. Non abbiamo molto tempo."

"Tutto quello che mi importa è riuscire a salvare William." Clary cominciò a camminare in tondo, agitata. "Non mi importa quanto Jiliel mi picchierà, rivoglio mio figlio. Poi potremo avvisare il Conclave e mettere fine a questa guerra prima che inizi."

"A questo proposito dobbiamo studiare un piano." Jace si appoggiò al tavolo. "Non possiamo semplicemente rivelare tutto, o tu verrai punita, forse perfino uccisa."

"E' una cosa che ho accettato molto tempo fa, Jace." Clary sorrise, lo sguardo triste. "Potrebbero gettarmi nelle prigioni della Città Silente o potrebbero togliermi i Marchi e farmi tornare a essere una mondana. Se sopravvivo. A volte penso che forse sarebbe la cosa migliore per me... tornare indietro da dove sono partita."
"Non puoi parlare seriamente." Jace spalancò gli occhi. "Perderesti tutti, lo sai che è contro la Legge mantenere i contatti con uno Shadowhunter tornato mondano. Io ti seguirei con Will naturalmente, ma..."

"Assolutamente no!" Clary lo interruppe, scioccata. "Non pensarci nemmeno. Essere uno Shadowhunter è la tua vita, lo è sempre stato. E' quello che sei, Jace."

Lui sospirò, la raggiunse e le mise le mani sulle spalle. "Clary, non sei l'unica ad aver pensato a lungo alle conseguenze, l'ho fatto anche io. E ho sempre saputo che dovunque tu vada, io ti seguirò, che sia la prigione o la vita da mondano. Il Mondo Invisibile non mi interessa se tu non ne fai parte. Tu sei la mia vita, Clary. Tu e Will."
"Ma Izzy... Alec..."

"La mia famiglia mi mancherebbe, certo. E il mio parabatai. Ma tu sei l'unica cosa senza la quale non posso vivere, anche se significa rinunciare a tutto il resto."

Clary stava per rispondere quando Kaelie sbuffò dietro di loro. Era insieme un suono rassegnato e esasperato, tanto che si girarono entrambi verso di lei, sorpresi.

"Non sarà necessario niente di tutto questo. Sarò io a informare il Conclave, così Clary non verrà accusata di tradimento."

Un silenzio di tomba accolse la sua dichiarazione e lei si sarebbe messa a ridere se la situazione non fosse stata così seria. Kaelie incrociò le braccia sul petto e li guardò, scuotendo la testa. "Pensavate davvero che avrei lasciato che uno di voi fosse punito per qualcosa che era al di fuori del vostro controllo? Il momento in cui ho deciso di aiutarvi è stato anche quello in cui ho accettato che mi sarei consegnata al Conclave, a prescindere dal prezzo da pagare."

"Non sai cosa stai dicendo." Sussurrò Clary, improvvisamente pallida. "Io sono una Shadowhunter e sono quella che ha ucciso Sebastian anni fa, quindi probabilmente si limiteranno a togliermi i Marchi e farmi tornare mondana, ma tu? Una Nascosta che complotta contro di noi? E una fata, per giunta? Kaelie, ti uccideranno."

"Beh, non sembrava importarti molto qualche ora fa." Lei sorrise per togliere mordente alle sue parole, poi abbassò la testa. "Sentite, so cosa succederà. Ma la verità è che non sono stata in pace con me stessa da quando è cominciata tutta questa storia. Ho la possibilità di mettere le cose a posto, e ho intenzione di farlo."

"Ha ragione." Disse Jace, sorprendendole entrambe. "E' lei che dovrebbe dire al Conclave della guerra."

"Ma Jace!" Clary era stupefatta.

"Non sto dicendo di lasciarla morire, Clary." Kaelie lo guardò sollevando un sopracciglio e lui continuò. "Sentite, è il piano migliore. Kaelie può raccontare al Conclave del rapimento di Will e anche di come abbia lavorato con noi fin dal principio per cercare di salvarlo e scoprire i dettagli dell'attacco. Dopotutto è solo una dama di corte, non una spia, non sarà difficile persuaderli che le è ci è voluto tutto questo tempo per scoprire il complotto."

"E se decidessero di interrogarci con la Spada Mortale?" Chiese Clary, aggrottando la fronte.

"Non ce n'è motivo," rispose Jace, passandosi una mano fra i capelli. "Una fata rea confessa, una guerra, un rapimento... noi siamo le vittime Clary, non i colpevoli. Ci crederanno, probabilmente solo perchè siamo Shadowhunter e tutta questa storia è partita dai Fatati. E comunque ci libereremo di ogni prova."

Jace si girò verso Kaelie. "Sai dove sono tenuti i rapporti che Clary fa alla Regina?"

"Non ne sono sicura," scosse la testa lei. "Ma immagino nelle sue stanze. Non li terrebbe nella sala del trono, alla portata di tutti."

"Bene." Jane annuì e la sua voce assunse un tono che Clary conosceva molto bene: questo era Jace lo stratega, il Cacciatore che costruiva piani e pianificava tutto fino all'ultimo dettaglio. A volte lei lo paragonava a un generale, pronto a diramare gli ordini alle truppe e stare in prima linea per assicurarsi di guidare i suoi soldati alla vittoria. "Ho bisogno che disegni una mappa della Corte, per individuare il percorso più veloce per arrivare alle stanze della Regina e per capire dov'è quella porta segreta e come aprirla. Sono sicuro che è lì che si ritirerà quando attaccheremo perchè pensa che nessuno sappia della sua esistenza. Porterà con sè William, vorrà tenerlo accanto a sua figlia. Quando arriveremo lì, distruggeremo tutti i rapporti, in modo che nessuno possa collegare Clary a questa storia."

Kaelie impallidì e diede loro la schiena, stringendo i pugni così tanto da sentire le unghie affondarle nel palmo. "State contando sul fatto che nè mio fratello nè la Regina sopravvivano all'attacco. Loro potrebbero esporre Clary e sapete che lo faranno, se saranno catturati. Avete intenzione di ucciderli."

Ci fu un lungo momento di silenzio prima che la fredda voce di Clary lo riempisse. "La Regina ha rapito mio figlio e ci ha torturati. Jiliel... sai cosa mi ha fatto. Hai sempre saputo che saremmo arrivati a questo, Kaelie. Non c'è modo che tu non potessi immaginarlo."

"E' solo che..." la fata sospirò, il capo chino. Si, lo sapeva, avevano ragione. La morte della Regina era stata certa dal momento in cui Kaelie aveva deciso di aiutare Jace, perchè il Conclave l'avrebbe giustiziata; provava meno rimorso per lei, perchè erano state le azioni della Regina a indirizzarla verso quella strada e, quel che era peggio, stava trascinando con lei tutto il suo popolo. Ma suo fratello? Era crudele, era senza pietà, era malvagio e probabilmente l'avrebbe uccisa non appena avesse saputo del suo tradimento, ma era la sua famiglia. In qualche modo, in qualche recesso del suo cuore, lei aveva sperato che lui sarebbe semplicemente scomparso, che sarebbe andato a vivere altrove, magari in esilio, ma comunque vivo. Eppure sapeva che se qualcuno avesse fatto a lei quello che Jiliel aveva fatto a Clary, anche lei gli avrebbe dato la caccia senza pietà.

Jace non disse nulla, ma dentro di sè era preoccupato. Che sarebbe successo se Kaelie si fosse tirata indietro proprio ora? Non poteva permettere a Clary di consegnarsi al Conclave e affrontare le conseguenze di quel crudele ricatto. Eppure poteva capire l'esitazione di Kaelie: era così diverso da quando lui aveva quasi seguito Valentine a Renwick? I legami famigliari potevano offuscare il giudizio di chiunque, indebolire la volontà. E insistere ora avrebbe potuto significare farla scappare.

Il silenzio si prolungò mentre il tempo passava e la pixie non si mosse, non parlò, gli occhi fissi sul pavimento. Jace e Clary attesero vicini, usando ogni stilla del loro addestramento per non cedere al panico e alla fine Kaelie prese una penna e un foglio di carta dal tavolo senza dire una parola, cominciando a disegnare la mappa che volevano con linee corte e precise. Nessuno parlò finchè la porta si aprì di nuovo e Simon e Isabelle entrarono senza dire nulla, percependo l'atmosfera tesa.

Alla fine, proprio mentre Kaelie completava la mappa, i denti serrati così forte che la mascella urlava per lo sforzo, la porta della biblioteca si aprì ancora una volta e Magnus entrò con Alec.

Si girarono tutti, il volto illuminato dal sollievo, ma si fermarono nel vedere il luccichio furioso negli occhi di Alec.

"E' fatta," disse lo Shadowhunter. "E' ora di andare a riprenderci William."

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Capitolo 17
*** Alicante ***


Erano senza parole. Quando Alec e Magnus finirono di raccontare quanto era accaduto alla Corte Unseelie, nessuno osò nemmeno respirare per un minuto, assimilando le informazioni. Poi Jace si mosse, più veloce del vento, e sollevò Clary fra le braccia, stringendola così forte da farle trattenere il fiato. Le sue braccia si strinsero istantaneamente al suo collo, abbracciandolo forte e lei si schiacciò contro di lui, nascondendo il viso contro la sua spalla e tremando.

"Sta bene, oh Angelo, William non è malato..." Sussurrò Jace, i suoi occhi dorati scintillanti di sollievo e felicità, un sorriso incredulo sulle sue labbra. Era stato tutto un inganno, un trucco crudele ma in quel momento non aveva importanza. Tutto quello che importava era che il loro bambino non fosse in pericolo e che potessero tornare a essere una famiglia.

Rimasero abbracciati per chissà quanto, stretti l'uno all'altra, il sollievo che li assaliva a ondate fino al punto da togliere loro il fiato e far salire le lacrime agli occhi per l'improvvisa consapevolezza che l'incubo era quasi finito. Ci sarebbe stato tempo di gridare e piangere per l'ingiustizia di aver dovuto vivere quei mesi d'inferno, per lo strazio di aver lasciato il loro piccolo alle fate quando non sarebbe stato necessario. Ma l'avrebbero fatto dopo. Ora la loro mente era occupata da un unico pensiero.

"Andiamo a salvare nostro figlio," mormorò Clary alla fine, spostandosi in modo da poter guardare suo marito. Gli occhi brillavano di lacrime trattenute ma il suo sguardo era deciso. "Lo rivoglio, adesso."

Jace annuì e la rimise a terra, tenendole un braccio attorno alla vita.

"Non lo sapevo. Giuro che non lo sapevo." Stava dicendo Kaelie, pallida come un fantasma. Sembrava sul punto di piangere. "Forse Jiliel lo sapeva ma non io. Oddio, è così orribile..."

E non ne sai nemmeno la metà, pensò Alec, le labbra strette in una linea sottile. Nè lui nè Magnus avevano parlato dei prigionieri nelle gabbie ed erano decisi a non farlo con Kaelie nei paraggi.

"Non mi sarei mai aspettato che si trattasse di un trucco." Disse Simon, ancora stupefatto. Isabelle era al suo fianco e gli stava stritolando la mano fin dal momento in cui avevano appreso la notizia. "La Regina della Corte Seelie ha scommesso tutto sul fatto che Jace e Clary non avrebbero mai rischiato la vita di Will."

"E aveva ragione." Replicò tetra Isabelle. "Ma ha senso dal momento che sta usando il suo sangue per curare sua figlia. Se avessimo saputo tutto questo prima..." Era furibonda, sembrava pronta a uccidere. Tutti quei mesi di sofferenza per niente... la "morte" di Will non aveva influenzato solo i suoi parenti, ricordò Simon.

"Ora che si fa?" Chiese, facendo scivolare una mano sulla vita di Isabelle.

"Ora andiamo a Idris." Rispose Clary, guardandoli. "Ora andiamo a parlare con il Console e l'Inquisitore, e i miei genitori, e poi andiamo a riprenderci William."

"Ora?" Simon spalancò gli occhi. "Clary, è notte. Ci serve il permesso per aprire un portale per Alicante."

"E questo mi ha mai fermata prima?" Clary impugnò il suo stilo. "Non ho tempo, Simon. Dobbiamo agire il più in fretta possibile, prima che Jiliel cominci a sospettare qualcosa. Per ora Kaelie mi sta coprendo le spalle, ma non può durare."

"Ha ragione." Jace annuì. "Dobbiamo andare." Non aggiunse altro, ma non ne aveva bisogno. Come potevano aspettarsi che volessero perdere altro tempo? Gli sembrava di bruciare letteralmente dal bisogno di fare qualcosa subito. Will stava bene! Se Jace avesse potuto sopravvivere a un attacco alla Corte Seelie da solo, se ne sarebbe già andato per salvare suo figlio.

"Ma ci serve un piano!" Protestò Alec. "O sei disposto a raccontare tutto a nostro padre e lasciare che Clary venga imprigionata?"

"Non lo sarà." Rispose Kaelie a bassa voce. Stava ancora tremando, gli occhi blu pieni di dolore. Quanto era successo era crudele, troppo crudele; avvelenare un bambino era un atto di pura malvagità e lei non aveva mai approvato, ma ingannare i suoi genitori e tenerli lontani da lui con una menzogna? Distruggere la loro vita quando non c'era alcun reale rischio? Era disumano.

"Parlerò io con il vostro Console." Continuò, girandosi verso Alec. "Vi devo almeno questo."

"Ma..." ricominciò lui, prima che Jace lo fermasse.

"E' tutto a posto, Alec. Clary vi spiegherà tutto, ma nel frattempo vorrei che tu venissi con me per un attimo." Uscì dalla biblioteca e quando la porta si chiuse dietro al suo parabatai, si girò verso di lui. "Ora raccontami il resto della storia. So che hai tenuto qualcosa da parte."

"L'ho fatto." Alec annuì, la mascella bloccata dalla rabbia. "E sono lieto che tu non sia venuto perchè non saresti stato in grado di trattenerti dal fare una strage." Scosse la testa, disgustato. "Quel posto è orribile e le fate Unseelie sono dei sadici bastardi: tengono prigioniere le fate Seelie, le torturano e si godono le loro sofferenze. Non so come ho fatto a non imbracciare il mio arco e ucciderle tutte, non meritano altro. Ma lo farò. Un giorno lo farò. Quella è una razza di Nascosti di cui possiamo fare a meno."

Jace era senza parole, non aveva mai sentito il suo parabatai parlare così. Qualunque cosa avesse visto, era sufficientemente orrenda da guadagnarsi una furia distruttiva che Alec mostrava raramente.

"Sembra che non far venire Kaelie con voi sia stata una saggia decisione." Commentò cautamente e quando Alec annuì, chiese: "Allora cosa avete promesso al Re? Cosa vuole?"

"La testa della Regina della Corte Seelie." Replicò lo Shadowhunter senza battere ciglio. "Vuole che muoia durante l'attacco, non vuole che arrivi a un processo. E vuole che il Conclave riconosca che fate Seelie e Unseelie sono diverse l'una dall'altra e non dovrebbero essere soggette allo stesso trattamento."

"Per la prima parte, nessun problema." Jace socchiuse gli occhi. "Fra me e Clary dubito che quella strega ne uscirà viva. Non attacco mai volontariamente una donna, ma quello che ha fatto è imperdonabile e non ho intenzione di rischiare che la sentenza di un processo sia qualcosa di diverso dalla morte. Voglio che venga rimossa dalle nostre vite."

"E' quello che ho pensato anche io." Alec annuì, nonostante si sentisse ancora un po' a disagio all'idea.

"Per quanto riguarda la seconda parte, immagino che sia più semplice di me che cerco di persuadere il Conclave a rivedere gli accordi di pace." Jace sospirò. "Ma ho promesso a Kaelie che ci avrei provato e lo farò."

"Sei sicuro di voler raccontare tutto a Jia e a nostro padre? So che abbiamo bisogno del permesso del Conclave per attaccare la Corte Seelie, ma è rischioso."

Jace si passò una mano fra i capelli, ovviamente frustrato. "Fidati, se potessi eviterei di farlo. Ma anche se riuscissimo a salvare Will da soli, dovremmo comunque spiegare come mai è ancora vivo mentre tutti pensano che sia morto. E sarebbe peggio, perchè probabilmente ci interrogherebbero con la Spada Mortale. Se Kaelie parla di sua volontà, sarà più credibile e potremmo risparmiarci l'interrogatorio. E non permetterò che le accada niente. Ma Alec..." Jace lo guardò diretto negli occhi. Era doloroso, ma era una cosa che andava detta. "Se le cose vanno male, se prendono Clary e rimuovono i suoi Marchi, io andrò con lei. Prenderemo Will e scompariremo, lasciando per sempre il Mondo Invisibile."

Il suo parabatai si bloccò, il corpo rigido, i pugni serrati lungo i fianchi. Passò un momento molto teso prima che trovasse la forza di rispondere. "Vorrei poterti urlare addosso, darti dell'idiota e prenderti a pugni fino a farti ritrovare la ragione. Lo vorrei davvero. Ma non posso, perchè so che farei la stessa cosa per Magnus."

Mise una mano sulla spalla di Jace e strinse. "Quando abbiamo incontrato Clary, la odiavo. Ti faceva agire sconsideratamente, non eri più lo stesso, a malapena ti riconoscevo. Ma poi ho capito che lei ti rendeva una persona migliore, che ti faceva sentire in pace. E quando Sebastian ti ha legato a lui, mi mancava una parte di me, mi era stata strappata via dal cuore. Mi mancavi tu, il mio parabatai. Se ti perdo di nuovo, quel vuoto nel cuore sarà doloroso, ma lo sopporterò con gioia se vuol dire che sei felice. Tu devi stare dove la tua anima è in pace e quel posto è dovunque sia Clary."

Jace respirò a fondo e poi tirò Alec più vicino per abbracciarlo. Gli diede una pacca sulla schiena, tenendo suo fratello il più vicino possibile. "Grazie. Sapevo che avresti capito."

"Ho sempre saputp che quella ragazza non avrebbe portato altro che guai." Alec sorrise, scuotendo la testa. "Non dire niente a Izzy però. Potrebbe non essere necessario e sai come si sente al pensiero di perdere uno di noi. Abbiamo una battaglia da combattere e deve rimanere concentrata."

Jace annuì, il cuore improvvisamente più leggero. Si, avrebbe sofferto nel lasciarsi alle spalle il Mondo Invisibile. Non era solo il suo lavoro, era parte della sua anima, del suo sangue, del suo intero essere. Ma sapeva che Alec avrebbe capito perchè doveva farlo, perchè avrebbe sempre scelto Clary sopra qualunque altra cosa. Avere la benedizione del suo parabatai significava tutto per lui e anche se lo spaventava provare di nuovo quello spaventoso vuoto nel cuore, sapeva che non avrebbe mai realmente perso Alec o Isabelle. Erano la sua famiglia e lui era sicuro che nessuno dei due avrebbe mai esitato nell'ignorare le regole, se si trattava di lui. Ci sarebbero sempre stati, avrebbero sempre fatto parte della sua vita. Sarebbero sempre stati i suoi fratelli.

"Lightwood, tutti insieme," mormorò fra sè e sè, ricordando quel giorno, quando si era svegliato dopo che Gloriosa aveva bruciato il suo legame con Sebastian. Le lacrime di Izzy, la sua presa sulla sua mano. Si, sarebbero sempre stati insieme, nonostante tutto.

Sorrise ad Alec con amore, orgoglio e un senso di pace nel cuore. "Andiamo, prima che ci lascino qui."
Alec scoppiò a ridere e tornarono in biblioteca spalla contro spalla, insieme, come sarebbero sempre stati.

 
***

Alicante era silenziosa quella notte, mentre i sette si muovevano velocemente fra le vie per raggiungere la casa di Amatis dove Jocelyn e Luke si erano trasferiti. Finora nessuno li aveva visti ma per essere più sicuri, Isabelle era davanti a tutti, assicurandosi che i passaggi fossero sgombri prima di dare il via libera al resto dei compagni. Se fossero stati presi, sarebbero stati severamente rimproverati, ma Magnus e Kaelie erano Nascosti e si trovavano lì senza l'espressa approvazione del Conclave. Sarebbero stati imprigionati immediatamente.

La Città di Vetro era bellissima come sempre ma per la prima volta Clary non la stava guardando piena di meraviglia, la mente tesa a un solo scopo. Sarebbero potuti essere nel tugurio più brutto del mondo, per quel che gliene importava. Quando alla fine raggiunsero la casa dei suoi genitori, Clary tirò un sospiro di sollievo e indicò silenziosamente agli altri di aspettarla, mentre andava a bussare alla porta. Era stato un tocco leggero, fatto apposta per essere il più silenzioso possibile, ma lei sapeva che Luke l'avrebbe sentita. Clary attese, pregando che i suoi genitori avessero ricevuto il messaggio di fuoco che Magnus aveva mandato loro e quando la porta si aprì e lei venne trascinata dentro e stretta in un grande abbraccio, sorrise e chiuse gli occhi.

"Oh grazie all'Angelo." Mormorò nel petto di Luke, guardandosi intorno velocemente. Sua madre era lì, gli occhi pieni di preoccupazione e accanto a lei c'erano proprio le persone di cui Clary aveva bisogno, e la guardavano guardinghi: Robert e Maryse Lightwood e Jia Penhallow.

"Stai bene? Cosa vuol..." Cominciò Luke, ma Clary lo interruppe.

"Fra un momento. Luke, vai ad aprire la finestra sul retro. Non sono da sola."

"Clary, che..."

"La finestra, adesso!"

Lui socchiuse gli occhi sentendo l'urgenza nella sua voce e andò ad aprire la finestra, spostandosi di lato quando sei persone vestite di nero saltarono dentro in perfetto silenzio.

"Chiedo scusa per la segretezza," mormorò Jace rialzandosi e guardando direttamente il Console, "ma non potevamo rischiare di chiedere un permesso ufficiale."

"Quindi avete deciso di sgattaiolare dentro Idris e far chiamare me e l'Inquisitore dal rappresentante dei licantropi per "una questione della massima importanza"? Credo che il tuo messaggio dicesse proprio questo, Clarissa." Jia incrociò le braccia al petto e li guardò uno per uno. "E' una compagnia abbastanza impressionante." Notò, gli occhi che si fermavano oltraggiati su Kaelie. "E quanto critica è la situazione per farvi pensare di poter portare due Nascosti ad Alicante? Potrei, con molto sforzo, far finta di non vedere il Sommo Stregone di Brooklyn, ma avete portato anche una fata con voi!"

"Ti prego, possiamo spiegare." Disse Clary con un sospiro.

"Allora fatelo, e in fretta." Disse Maryse. "Ero qui a cena quando è arrivato il tuo messaggio e Jocelyn ha pensato che sarebbe stato meglio se fossi rimasta: quando si tratta di te, Clarissa, i miei ragazzi non sono mai molto lontani."

"E io vorrei sapere cosa è successo prima di trascinare quella fuorilegge alla Guardia." Disse Robert, facendo un passo avanti.

Kaelie si immobilizzò, ma Jace si mise davanti a lei, calmo. "Non farai niente del genere. Ascolta quello che abbiamo da dire e capirai perchè siamo stati costretti ad agire così. E' una cosa seria... papà."

Robert guardò Jace con sorpresa; questa forse era la terza o la quarta volta che Jace lo chiamava così, e l'ultima era stata al suo matrimonio con Clary. Non lo faceva mai, di solito lo chiamava per nome.

"Dimmi solo che stai bene, Clary. E' successo qualcosa?" Chiese Jocelyn, preoccupata.

"Sto bene." Clary annuì, cercando di sorridere a sua madre. "E starò meglio quando saprete tutta la storia. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Abbiamo bisogno dell'aiuto del Conclave."

"Perchè non vi sedete allora? Abbiamo abbastanza sedie e divani per tutti." Jocelyn prese la mano di sua figlia e la tirò gentilmente verso il tavolo. "So che non infrangeresti la Legge senza un motivo, ma spero che sia per una buona ragione, cara."

"Lo è." Annuì Clary, facendo un respiro profondo. Poi si girò verso il Console. "Jia, so che non dovremmo parlare delle sedute del Consiglio, ma ricordi tutti quei rapporti sui vampiri?

Lei socchiuse gli occhi e annuì. Clary si sentiva come una bambina, erano tutti seduti mentre gli "adulti" restavano in piedi a guardarli, come un plotone d'esecuzione.

"Abbiamo scoperto cosa sta succedendo e non si tratta di una faida. E' la guerra, Jia. I vampiri si sono alleati con le fate, e stanno per attaccarci."

Il Console impallidì, le braccia che ricadevano lungo i fianchi. "Di che cosa parli?"

"Lo spiegherò io, se me lo permettete." Kaelie fece un passo avanti, sotto gli occhi sospettosi degli Shadowhunter. "Sono stata io a scoprire questo piano e ad andare immediatamente a dirlo a Jace"

"E cosa hai a che fare tu con mio figlio?" Chiese Maryse, le labbra serrate. Era ovvio che era stata tenuta all'oscuro del rapporto fra Jace e la fata.

"E' più quel che ho a che fare con..." Kaelie sospirò, chiudendo gli occhi. "Suo figlio. William Herondale. E' vivo ed è alla Corte."

Un silenzio di tomba accolse quelle parole e Jace si portò al suo fianco con un passo. "Non era malato, sei mesi fa. Era stato avvelenato. E' stata la Regina della Corte Seelie ad avvelenarlo e poi ce lo ha portato via perchè l'unico antidoto era una pianta che cresce nel Regno Fatato."

Jocelyn spalancò gli occhi mentre il sangue defluiva dal suo volto. "Perchè avrebbe fatto una cosa del genere?"

"Per vendetta." Magnus avanzò, mettendosi di fronte al Console. "Vi avevo avvertiti anni fa, quando avete costretto il Popolo Fatato a firmare quel trattato di pace. Vi avevo detto quale sarebbe stato il risultato ed eccoci qui: la Regina della Corte Seelie ha rapito Will per far soffrire Clary e Jace per aver ucciso Sebastian, e poi li ha ricattati e costretti al silenzio minacciando la vita di William. Ora si è alleata con i vampiri ed è pronta a muovere guerra ai Nephilim. E tutto perchè avete preferito schiacciarli sotto il vostro tallone, invece di mostrare misericordia."

"Magnus..." Lo chiamò Alec, raggiungendolo. "Basta così. Ti prego."

Lo stregone fece un verso disgustato ma annuì e Kaelie riprese a parlare nel silenzio generale. Non era facile perchè doveva inventare una bugia decente, qualcosa a cui i Nephilim credessero senza fare domande, qualcosa che condannasse la sua razza e assolvesse la loro. Così, parlare del rapimento di William serviva a far loro credere che Jace e Clary non fossero che le vittime di una crudele vendetta, che non avessero idea della guerra che stava per scoppiare. Parlare dell'alleanza con i vampiri era necessario perchè pensassero di più alla guerra e di meno alla spedizione senza permesso alla Corte Unseelie, anche se quando Alec lo raccontò si guadagnò più di un'occhiata furiosa da parte dei suoi genitori. Alla fine convincere il Console e l'Inquisitore non fu così difficile, dal momento che nessuno dei due voleva realmente credere che due dei loro più famosi eroi di guerra potessero mai essere capaci di tradirli.

"Quindi abbiamo una guerra pronta a scoppiare," disse il Console, camminando inquieta, con gli occhi socchiusi e le dita che le accarezzavano il mento. "Ma perchè i vampiri dovrebbero allearsi con loro? Cosa ha offerto loro la Regina?"

"Ha offerto noi." Rispose Jace, le spalle irrigidite. Kaelie lo guardò sorpresa, non aveva avuto intenzione di rivelare quella parte del piano. "Ha scoperto il motivo per cui Simon è diventato un Diurno quando era un vampiro. La Regina ha offerto me e Clary perchè il nostro sangue ha il potere di trasformarli tutti."

"Che..." Jocelyn guardò sua figlia, impallidendo.

"E' il sangue di angelo che Valentine ci ha infuso." Continuò Jace. "E si, so che non ho mai fatto rapporto sul fatto di aver permesso a Simon di bere il mio sangue, ma stava morendo e non potevo permetterlo. Avrei continuato a mantenere il segreto se non ci fossimo trovati in questa crisi, non volevo rischiare che i vampiri lo scoprissero. Ma ora lo sanno."

Robert sembrava pronto a uccidere qualcuno mentre si avvicinava a Jace, mettendogli una mano sulla spalla. "Hai mantenuto un segreto molto pericoloso. Un segreto molto stupido. Sei sempre stato avventato ma come hai potuto..." Si fermò con uno sforzo, scuotendo la testa, ma Simon sapeva cosa stava per dire: come aveva potuto permettere a un Nascosto di toccarlo? Di morderlo? Come aveva potuto offrirsi volontario per mantenere in vita uno di loro?

Non c'era speranza, pensò tetro, la spaccatura fra Shadowhunter e Nascosti era troppo profonda per poter essere mai colmata... i Nephilim non avrebbero mai considerato nessuno al pari di loro. Vide che Jace stava per rispondere ma scosse la testa per impedirlo.

"Lascia perdere, non è importante ora." Disse quieto Simon, guardando dritto in faccia l'Inquisitore. "E comunque, ora sono uno Shadowhunter, giusto? Non è questo che importa? Che io non sia più uno sporco Nascosto, che vostra figlia stia per sposare un figlio di Raziel, invece che un Figlio della Notte? Che vergogna terribile se fossi ancora un vampiro. Ma non vedete? Non capite? E' questa la ragione per cui i vampiri si sono alleati con le fate: quanto a lungo potevano resistere sapendo che vengono considerati esseri inferiori? Quando a lungo si può vivere nella paura perchè la razza che dovrebbe proteggerli non fa altro che schiacciare un nemico già sconfitto, solo per provare che può? Sapete che stiamo vivendo qualcosa chiamata la Pace Fredda al momento? Il Mondo Invisibile ha paura dei Nephilim, ha paura di quello che faremo se si azzardano anche solo a respirare in una maniera che non ci piace, ma la paura non dura per sempre, Inquisitore. Presto o tardi viene rimpiazzata dalla rabbia e ora ci troviamo esattamente a quel punto. Sette anni fa, avete dimostrato al Mondo Invisibile che siete incapaci di perdonare, e questo è il risultato: il Mondo Invisibile sta cercando di decidere se gli Shadowhunter sono indispensabili alla sua sopravvivenza o no... e a quanto pare i vampiri hanno deciso che non lo siamo. Congratulazioni."

"Ti stai incamminando su un sentiero pericoloso, Simon Lovelace." Disse Jia a bassa voce, guardandolo. "Sei sicuro di voler insultare le decisioni del Conclave?"

"Io non sto insultando nessuno, mi limito a dire le cose come stanno. Avete schiacciato le fate e lo sapete. Volevate farlo. Volevate imporre un esempio, ma ora vi si è rivoltato contro. O avete intenzione di negarlo?"

"Jia, così non andiamo da nessuna parte." Clary si affiancò al suo parabatai. "Dobbiamo affrontare quello che sta succedendo: il Popolo Fatato ha mio figlio e presto scoppierà una guerra se non facciamo qualcosa per fermarla. I vampiri hanno attaccato i licantropi per assottigliare i ranghi dei nostri alleati, e sai che gli stregoni non interferiranno nel conflitto. Non si mette bene. Dobbiamo attaccare prima di loro, se impediamo che la cosa ci scoppi fra le mani, i vampiri si ritireranno, non oseranno combattere da soli. Fingeranno di non aver mai stretto un accordo con le fate. Ma dobbiamo fare qualcosa adesso, prima che tutto questo diventi ingestibile."

"Tu." Jia si girò verso Kaelie, dopo un lungo momento di silenzio. "Perchè venire ad avvisarci? Mi ricordo di te, sei la fata che ha rappresentato la Corte Seelie quando è finita la Guerra Oscura. Cosa speri di guadagnarci?"

La pixie sostenne con calma il suo sguardo. "Solo giustizia per il mio popolo. La Regina sta imponendo alle fate qualcosa che non meritano. Questa nuova battaglia nasce solo dal suo desiderio di vendetta per la morte di Sebastian Morgenstern, non ha niente a che vedere con il benessere del Popolo fatato. Finirà per distruggerci, ancora di più di quanto non fossimo alla fine della Guerra Oscura, e la mia gente non lo sa nemmeno! Ha armato i nostri soldati, ha fatto addestrare i nostri giovani ma lo ha fatto dicendo loro che non intendeva permettere al Conclave di lasciarci indifesi, soprattutto contro le fate Unseelie. Dubito che qualcuno sappia che presto darà l'ordine di attaccare i Nephilim, ha tenuto il segreto perchè non voleva rischiare che qualche informazione trapelasse. Sarà un massacro e non posso permetterlo!"

"E pensi di poterlo evitare venendo qui e avvisandoci?" Robert era incredulo. "Pensi che ci limiteremo a mandare un messaggio alla Regina, pretendendo che ci diano indietro William e dicendole di tornarsene nel suo buco? E' arrivata fino a questo punto, non accetterà una soluzione diplomatica. Sai che attaccheremo, pixie. E sai che la tua gente morirà."

"Ucciderli non è necessario!" Gridò Kaelie, stringendo i pugni. "Come vi ho detto, la maggior parte dei soldati sono giovani, fatati che erano solo dei bambini quando è scoppiata la Guerra Oscura. Non hanno esperienza. Se un numero sufficiente di Nephilim invade la Corte, riuscirete a disarmarli senza uccidere nessuno. Nel frattempo io guiderò Jace e gli altri dalla Regina: una volta catturata lei, l'esercito si arrenderà. Non ci sarà bisogno di un bagno di sangue. A meno che," il suo sguardo si fece di ghiaccio. "A meno che non siate voi a volerlo."

Seguì un altro lungo silenzio, poi la fata sospirò e guardò Jia, con una supplica negli occhi blu. Non voleva ridursi a pregarla, ma l'orgoglio non l'avrebbe aiutata in quel momento. "Console, lo so che non vi fidate di me, e dopo quello che la Regina ha fatto a William avete tutte le ragioni per disprezzarmi. Ma amo la mia gente e voglio quel che è meglio per loro: questa guerra e questa Regina non sono quello che ci serve, nè quello che ci meritiamo. Chiedo solo che mostriate quella misericordia che non avete potuto mostrarci sette anni fa. Evitate questa guerra, riconsiderate il trattato. Permettere al Popolo Fatato di ricostruire, di guadagnare di nuovo la vostra fiducia, sotto un nuovo sovrano, qualcuno che abbia a cuore i nostri interessi."

"E chi sarebbe questo nuovo sovrano? Tu?"

Kaelie spalancò gli occhi, sinceramente stupita. "Io? Cosa... no! Sono solo una dama di corte, sono una cameriera! Pensate che stia facendo questo perchè voglio diventare la Regina? Io non... non vorrei mai... no!"

"Perchè non ci preoccupiamo di tutto questo dopo che avremo risolto questa crisi?" Isabelle li interruppe, impaziente. "Stiamo perdendo tempo e non ne abbiamo. Se la Regina si accorge che Jace e Clary sono spariti, nasconderà William e attaccherà. Non mi interessa niente di questa guerra o di chi sarà la prossima Regina della Corte Seelie, questi sono affari del Conclave. Io voglio solo mio nipote a casa, sano e salvo."

Si girò verso i suoi genitori che rimanevano freddi e rigidi e i suoi occhi si ammorbidirono. "Stiamo parlando di vostro nipote, ed è rimasto prigioniero per sei mesi. E' ora di andarlo a riprendere, non credete?"

"Ma certo. Ma certo che si." Rispose dolcemente Jocelyn, prendendo la mano di Luke. "Non riesco ancora a crederci."

"Andrò alla Guardia," disse Jia scuotendo la testa. "Convocherò una riunione d'emergenza del Consiglio proprio ora, anche se nessuno sarà contento di essere buttato giù dal letto nel bel mezzo della notte. Clarissa, starà a te spiegare tutto quello che sta succedendo, e vedremo di ideare un piano che blocchi questa pazzia prima che inizi."

Clary annuì, ma quando Jia stava per andarsene, Robert le disse che sarebbe rimasto qualche altro minuto a parlare con i suoi figli. Non appena il Console si fu allontanato e lui fu certo che non poteva più sentirli, si rivolse al gruppo.

"Ora. La verità, per favore."

Nel silenzio sconvolto che seguì, Maryse si mise al suo fianco annuendo. "Ha ragione. C'è qualcosa che non ci avete detto e anche se siete riusciti a ingannare il Console, non potete fare lo stesso con noi. Vi conosciamo troppo bene."

Li guardarono ma quando Isabelle, Alec e Jace si limitarono a rimanere fermi, i volti più impassibili che potevano, Robert impallidì. "Siamo a questo punto? E' qualcosa di così pericoloso da non potercene parlare? Non lo sto chiedendo da Inquisitore, lo sto chiedendo come vostro padre. Vogliamo solo aiutarvi. Diteci cosa c'è che non va."

"Clary, Simon, vi prego." Aggiunse Luke, guardandoli. "Ha ragione lui. E una volta che il Console avrà avuto il tempo di pensarci, capirà che c'è di più in questa storia di quello che ci avete detto. La Regina della Corte Seelie ha avuto William con sè per sei mesi, vi aveva a sua disposizione. Volete davvero farci credere che si è accontentata di guardarvi soffrire? Non una fata, e di sicuro non lei."

Lanciò a Kaelie un'occhiata di scusa, ma lei distolse lo sguardo come il resto di loro.

"Vi prego, parlateci." Sussurrò Jocelyn. "Diteci tutto, così che possiamo aiutarvi quando Jia vorrà saperne di più. Se non vi confidate con noi, vi interrogherà con la Spada Mortale e qualunque cosa voi stiate nascondendo verrà fuori. Ti prego, Clary, parlaci. Ti prego, tesoro."

Ancora silenzio. Era così profondo che era come se urlasse con una voce tutta sua, mentre la tensione nella stanza cresceva quasi fino a scoppiare.

Poi Isabelle fece un passo avanti, le labbra serrate in una linea sottile. Andò da suo padre, gli prese la mano e la accarezzò con le dita, gentilmente, lentamente, qualcosa che Robert non ricordava lei avesse mai fatto, e comunque mai con lui.

"Papà, ricordi quando mi hai portata all'Accademia, anni fa? Quando hai parlato del Circolo agli studenti?" Attese che lui annuisse e proseguì. "Abbiamo parlato dopo, al termine della nostra visita, e tu mi hai detto qualcosa che non ho mai dimenticato: mi hai detto che amavi i tuoi figli incondizionatamente, che eravamo l'unica cosa di cui eri sempre stato sicuro. E poi mi hai detto che eri pronto a passare il resto della tua vita a dimostrarcelo, a dimostrarci che anche noi avremmo sempre potuto essere sicuri di te."

"Isabelle..."

"Questa è la tua possibilità. Eccoci qui. Sono disposta a fidarmi di te, a fidarmi di poter parlare con mio padre senza parlare anche con l'Inquisitore. Ti prego, dimmi che non tradirai la mia fiducia. Ti prego."

Robert guardò la mano di sua figlia, che ancora lo accarezzava lentamente, poi guardò Maryse di fianco a lui, così simile a sua figlia, così fiera e forte. Luke e Jocelyn erano in silenzio e lui sapeva che avevano già promesso nel loro cuore che non avrebbero mai tradito coloro che amavano. Toccava a lui e per una volta nella sua vita, doveva decidere da solo, accettando la possibilità di rovinare tutto con le persone che amava di più: i suoi figli.

"Lo prometto." Disse a sua figlia, guardandola dritto negli occhi, così che lei potesse vedere che non aveva nessuna esitazione. "Sono dalla tua parte, Isabelle. Puoi essere certa di me, figlia mia."

E quando finalmente seppe tutta la verità, quando i suoi ragazzi raccontarono tutto, quando Jocelyn pianse silenziosamente sulla spalla di Luke per tutto quello che era stato fatto a Clary, lui prese con gentilezza Isabelle fra le braccia, accarezzandole i lunghi capelli e sorridendo con gratitudine.

"Grazie, bambina." Sussurrò, stringendola a sè. "Non ti deluderò. Non ti deluderò mai."

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Capitolo 18
*** Quando i piani vanno storti ***


Nota dell'autrice: Scusate se non ho risposto alle recensioni, sono stati un paio di giorni molto intensi.
Con questo capitolo comincia la spirale che ci porterà alla fine della storia. Altri 4 capitoli ed è finita!

 ***

 Era quasi mezzogiorno quando Kaelie tornò a casa ed era esausta. Avevano passato la notte a fare piani e Jia l'aveva perfino chiamata davanti al Consiglio, a ripetere tutto quello che aveva detto di fronte a diversi Shadowhunter che non vedevano chiaramente l'ora di gettarla nelle prigioni della Città Silente e buttare via la chiave. A volte si chiedeva ancora se aveva scelto la parte giusta in questa guerra perchè era chiaro come il sole che i Nephilim non avevano nessuna intenzione di rivedere le loro decisioni in merito al Popolo Fatato: questa guerra era l'affronto finale per loro. Eppure, fra estinzione e punizione, lei avrebbe comunque scelto la punizione.

Sbadigliò, cercando le chiavi nella borsa e rispose al telefono non appena cominciò a squillare.

"Si, Jace, sono a casa." Trovate finalmente le chiavi, piegò la testa in modo da appoggiare il telefono alla spalla e aprire la porta. "Sto bene, ho solo bisogno di dormire."

L'appartamento era immerso nell'oscurità perchè le persiane erano chiuse, ma le andava bene così: non vedeva l'ora di raggiungere il letto. "No, sai perchè non potevo rimanere. Dopo stanotte l'ultima cosa che volevo era stare attorno ad altri Nephilim. Senza offesa, ma il vostro Console e l'Inquisitore non sono proprio le persone più accoglienti che abbia mai conosciuto." Ridacchiò alla sua risposta. "No, non voglio immaginare qualcuno di peggiore: stanotte è già stata difficile così."

Sospirò e sistemò la borsa sul tavolo in ingresso. "Jace, sono a casa. Cosa potrebbe succedermi? Voglio solo farmi una bella dormita prima di... beh lo sai. Riposa anche tu. Si, d'accordo. A dopo."

Riattaccò, scuotendo la testa. Presto sarebbe stato tutto finito, non potevano permettersi di aspettare ad attaccare o Jiliel avrebbe cominciato a sospettare che ci fosse qualcosa che non andava. Sapeva che sarebbe dovuta rimanere all'Istituto a riposare, ma sapeva anche che non ci sarebbe riuscita, non circondata da Shadowhunter: voleva solo un po' di tranquillità e di tempo per rilassarsi, chiudere gli occhi e non pensare.

Fra poco tutto sarebbe cambiato. Alcuni sarebbero morti, probabilmente cavalieri fatati, soldati... e suo fratello, e la sua Regina. Chiuse le mani a pugno sul tavolo e serrò gli occhi, cercando di non piangere; era troppo tardi. Giurò a se stessa che avrebbe fatto del suo meglio per salvare Jiliel, ma era sufficientemente onesta con se stessa da sapere di non avere possibilità contro Clary, Jace e la loro rabbia. L'avrebbero spazzata via come una bambola e avrebbero ucciso suo fratello senza battere ciglio.

"Oh, fratello mio," sussurrò nell'oscurità, "perchè sei stato così crudele con lei?"

Kaelie sospirò entrando in salotto e si immobilizzò sul posto; la stanza era scura, ma avrebbe riconosciuto quella sagoma ovunque. Mentre Jiliel si alzava dal divano senza dire una parola, Kaelie fece istintivamente un passo indietro.
"Cosa fai qui?"

Lui non le rispose ma con due rapidi passi fu davanti a lei, le prese il telefono dalle mani e lo gettò dietro di sè. Poi l'afferrò per il polso e la trascinò in cucina, gettandola su una delle sedie. Non appena fu seduta, una delle sue mani le premette sulla spalla, tenendola giù, mentre l'altra la prese per la gola.

"Allora, sorellina." Sussurrò nel buio, stringendo le dita. "Come mai hai incontrato il Console Nephilim? E l'Inquisitore?"

Pensa, pensa, pensa, pensa!!!

"Sono venuti all'Istituto ieri notte." Kaelie disse strozzata, afferrando la mano del fratello sulla sua gola.

"Oh?" Lui incurvò le labbra in un ghigno, nonostante lei non potesse vederlo. "Una visita di cortesia? Che gentile da parte loro."

"Mi stai facendo male... lasciami, per favore." Respirare cominciava a diventare difficile e le stavano comparendo dei puntini colorati davanti agli occhi.

"Cosa hai fatto, Kaelie?" Le chiese Jiliel, continuando a strangolarla. Lei non riusciva più nè a parlare nè a respirare. Scosse la testa, in preda al panico, cercando disperatamente di alzarsi da quella maledetta sedia, ma suo fratello la gettò sul pavimento freddo della cucina, lasciandola improvvisamente andare. Lei rimase lì, tossendo e respirando, le lacrime che scorrevano sulle guance mentre Jiliel accendeva la luce e tornava indietro, inginocchiandosi di fronte a lei.

"Non ho fatto niente, lo giuro." Provò a dire Kaelie, con una mano sulla gola dolorante. "Non so perchè fossero lì. Hanno parlato con i Lightwood e poi se ne sono andati!"

Improvvisamente venne rivoltata sullo stomaco, e la testa sbattè sul pavimento mentre suo fratello le bloccava le mani dietro la schiena. Kaelie urlò dal dolore.

"Non ti credo." Le disse lui, la voce calma come se stesse parlando del tempo. "E sai perchè? Perchè non sono stupido, sorella cara."

Si sistemò meglio sulla schiena di Kaelie, tenendola giù. "Allora vediamo, quando è iniziata? E' stato quando li hai portati a vedere il moccioso, qualche giorno fa? Hai avuto pietà di loro? O avevi pianificato tutto fin dal principio?"

"Non ho fatto niente!" Gridò lei, cercando di continuare a negare, urlando quando Jiliel le strinse i polsi, quasi spezzandoli.

"Invece si. Sapevo che saresti stata debole, avevi troppi trascorsi con Herondale. L'avevo detto alla Regina, ma lei non ha voluto ascoltarmi perchè ricordava il tuo odio dopo la conferenza di pace. Pensava che saresti stata perfetta, che avresti apprezzato di poterti vendicare."

"Jiliel..."

"Ma sai cosa?" Sibilò lui dietro di lei. "Ho cercato di fidarmi di te. Ho cercato di credere che stessi davvero maltrattando Herondale, che volessi torturarlo tanto quando stavo facendo io con Clary. Perchè sei una fata e loro sono Shadowhunter. Immagino di essermi sbagliato."

"Lasciami andare, dannazione!"

"Sei una terribile bugiarda, Kaelie." Disse Jiliel, piantando un ginocchio al centro della sua schiena, facendola annaspare. "Quando mi hai detto che saresti rimasta all'Istituto ieri notte, ho sospettato che ci fosse qualcosa che non andava. Prima di tutto mi avresti chiesto se Clary poteva rimanere perchè sai che sono responsabile di lei. E secondo, non sei il tipo da sventolare in giro le tue conquiste; se Clary era lì, avresti portato via Jace. Errore da dilettante, sorellina, quando cerchi di ingannare qualcuno non devi cambiare il tuo modo di comportarti."

"Volevo solo..." Non riuscì a finire la frase perchè Jiliel le prese il pollice sinistro e tirò bruscamente finchè lei avvertì un dolore lancinante e cominciò a urlare. Le aveva rotto il dito.

"Chiuderai il becco finchè non ti faccio una domanda, hai capito, Kaelie? Hai capito?" Gridò lui, piantandola di nuovo per terra e lei riuscì solo ad annuire, piangendo e gridando, spaventata a morte. "Cosa hai detto loro, sorellina? Sanno che stiamo per attaccare? Rispondimi."

"Non ho detto niente." Disse, il dolore che le offuscava la vista. "Non ho nemmeno parlato con loro!"

Un altro brusco strattone e l'indice si ruppe facendola contorcere dal dolore. "Risposta sbagliata. E se continui così, fra poco finirò le dita. Poi comincerò con le dita dei piedi, Kaelie. Poi le braccia. Poi le gambe. E poi ricomincerò da capo con le dita delle mani, ma stavolta userò un coltello e le taglierò via. Risparmiati il dolore."

"Uccidimi se pensi che sia una traditrice!" Riuscì a gridare lei, in mezzo ai singhiozzi. Faceva così male che non riusciva a fare a meno di piangere.

"Io non penso che tu sia una traditrice, sorellina. Io so che lo sei." Jiliel era di nuovo calmo e le aveva afferrato il medio, pronto a rompere anche quello. "Ho cercato di chiamare Clary ieri notte, sai per augurarle la buona notte alla mia maniera. Ma il suo telefono era spento e Clary sa che non deve tagliarmi fuori di proposito, ho chiarito molte volte che devo sempre essere in grado di raggiungerla. Allora ho provato a chiamare te, così che potessi dire a quella strega di accendere il telefono, ma sorpresa, anche il tuo telefono era spento. Allora sai cosa ho fatto? Sono andato all'Istituto. Ero pronto a giocare al fidanzato geloso che non voleva la sua ragazza vicino al suo ex-marito, ma non è venuto nessuno ad aprire la porta quando ho suonato. Quindi, vedi, il Console non era lì. Tu eri dal Console. Eri ad Alicante, è per quello che i telefoni non andavano, giusto? La tecnologia non funziona nella preziosa Città di Vetro."

Kaelie non rispose, sentendo il cuore mancarle un battito. Jiliel sapeva. Sapeva che aveva mentito ed era perfettamente in grado di collegare le cose. Era finita, stava per morire come la traditrice che era. Urlò ancora quando suo fratello le ruppe il medio ma era troppo debole per continuare a lottare.

"Sai, sono sorpreso, non avrei mai pensato che Clary avrebbe scelto i Nephilim rispetto alla salvezza di suo figlio. Sa di sicuro che il moccioso morirà se cercano di salvarlo, non avrà più accesso all'antidoto. O sperano di tenerlo in vita con la magia?"

Lei continuò a non dire niente, non sapendo se le stava dicendo la verità o se stava cercando di capire quanto ne sapeva lei sul veleno Kohl. Forse non aveva idea che non funzionasse su un bambino, ma non sarebbe stata lei a dirglielo se non lo sapeva.

"Cosa hai detto loro?" Chiese Jiliel, quando fu chiaro che Kaelie non avrebbe risposto. "Hai parlato del piano? Dei vampiri? Quanto ci hai traditi?"

"Non ti dirò niente." Sussurrò lei, continuando a piangere. "Uccidimi e basta perchè non ti dirò nemmeno un'altra parola."

"Oh lo farai, sorellina." Sogghignò dietro di lei, afferrandole la testa e sollevandola, facendole inarcare la schiena. "Mi dirai tutto quello che voglio sapere, anche cose che credevi di avere dimenticato. Non smetterai di parlare finchè non te lo dirò io. E poi morirai."

Un dolore lancinante le esplose nella testa quando lui gliela fracassò contro il pavimento. Kaelie chiuse gli occhi e lasciò che l'oscurità l'avvolgesse.

 
***

 
"Allora." Disse Jace, prendendo la mira e lanciando il coltello con precisione letale dall'altra parte della palestra. "Stai per sposare mia sorella, eh?"

Erano tutti lì, Izzy e Clary si stavano allenando fra di loro, Alec lavorava sul suo arco e Magnus era seduto per terra, con gli occhi chiusi. Era stata una lunga notte ma nessuno era sufficientemente rilassato da dormire, così stavano cercando di sfogarsi un po'.

Simon sbuffò accanto a Jace, prendendo anche lui un coltello. "Se questo è un qualche elaborato metodo per spaventarmi, risparmiatelo. Alec lo ha già fatto, quando ha saputo del matrimonio."

"Oh?" Gli occhi dorati di Jace si rivolsero al suo prossimo cognato. "Dannazione, mi ha battuto nel fare il fratello maggiore allora. Con cosa ti ha minacciato?"

"Ha detto che se non rendo Izzy immensamente felice, mi farà trasformare di nuovo in un topo da Magnus e poi mi darà da mangiare al Presidente Miao."

"Beh, è di sicuro una minaccia creativa." Jace fece un sorrisetto, lanciando un altro pugnale. "Suppongo di poter solo aggiungere che prima che Magnus ti trasformi ti farò fare il bagno nel tonno, così piacerai di più al suo gatto."

"E' disgustoso." Simon rabbrividì e fece finta di vomitare.

"Seriamente però, suppongo che dovrei ringraziarti per volerti prendere cura di mia sorella?" Gli occhi di Jace sorridevano. "O magari dovrei comprarti una bara? Izzy sa essere cattiva quando vuole, non ti ho detto molti anni fa che ti avrebbe calpestato senza colpo ferire?"

"Guarda che ti ho sentito!" Chiamò Isabelle, parando un colpo di Clary. Era concentrata sull'allenamento, ma i suoi occhi virarono sul fratello per un secondo.

"E quello è il mio parabatai e lo stai minacciando!" Rise Clary. "Devo venire a difendere il suo onore?"

"Come se potessi battermi, ragazzina." La sfidò Jace, con un sorrisetto.

"Oh, vedrai, Herondale." La rossa roteò la spada e marciò verso il marito mentre gli altri smettevano di allenarsi e li guardavano in silenzio. Guardare Jace e Clary che si sfidavano era una gioia per gli occhi: anni fa lei era stata inesperta, ma sotto il suo attento allenamento era diventata una macchina da guerra, letale quanto lui. Mentre lui poteva usare la sua forza contro di lei, Clary era più veloce e più piccola e poteva danzargli intorno all'infinito. E, a dire la verità, i loro allenamenti erano proprio questo, un'elegante, sinuosa danza che nessuno aveva avuto l'opportunità di vedere per troppo tempo. Quand'era stata l'ultima volta che la coppia si era permessa di essere così vicina? Perchè anche se si stavano scambiando colpi, anche ora che stavano sudando e cercando di battere l'altro, anche ora era palese a tutti l'indissolubile legame d'amore che li teneva uniti.

E' questo il motivo, pensò Simon, guardando la sua migliore amica combattere sul materasso blu. Perchè se si fossero permessi di essere così vicini anche solo una volta, avremmo visto tutti quanto si amavano ancora. E ci saremmo chiesti perchè rimanevano separati. Ma presto sarà finita e io sarò in grado di guardarli fare questo per molto tempo, dopo che avremo salvato Will.

Un battito di ciglia dopo, Jace era sulla schiena sul pavimento, le lunghe gambe allungate, l'arma per terra. Clary gli era seduta addosso, le gambe ai lati del suo stomaco, la spada puntata alla gola mentre gli occhi verdi rimanevano fissi in quelli dorati di lui. Lentamente, molto lentamente, Jace piegò le gambe fino a toccare la sua schiena e le sue mani risalirono fino ai fianchi di lei, mentre Clary lasciava cadere la spada da dita che ora stavano tremando. I suoi occhi non la abbandonarono mai mentre le sue mani le accarezzavano lentamente le cosce, avanti e indietro, tornando ai fianchi, poi salendo alla vita e alle braccia. Il suo tocco era più leggero di una piuma, come se stesse imparando di nuovo ogni curva del suo corpo e forse era proprio così.

Fidati di me, la stava supplicando silenziosamente. Lascia che ti mostri che non ti farò mai del male. Lascia che ti aiuti a guarire.

Era vagamente consapevole che la sua famiglia aveva smesso di respirare, e che il tipico "prendetevi una stanza" non sarebbe mai arrivato. Sapevano cosa stava facendo, capì, sapevano che non c'entrava niente il sesso; questo era semplicemente lui che mostrava tutta la sua adorazione per lei, lui che voleva che lei imparasse di nuovo di essere un essere umano, non un oggetto. Questo era per farle sapere che ogni volta che lei avesse detto no, lui si sarebbe fermato. Era per farle riprendere sicurezza, forza, volontà.

Lei non riusciva a muoversi, ghiacciata sopra di lui, tremante sotto le sue dita. Tenne gli occhi fissi nei suoi, cercando di respirare, cercando di non sottrarsi al suo tocco, cercando di dirsi che era al sicuro e che si trattava di Jace e che lui l'amava. Voleva accarezzarlo anche lei, voleva passare le dita sul suo petto, scivolare sui suoi lineamenti, sul collo, le spalle... ma nonostante ordinasse alle mani di muoversi, loro rimanevano lungo i fianchi, tremanti e incapaci di muoversi di un centimetro. Aprì la bocca cercando di spiegare, di borbottare una scusa, qualunque cosa, ma nessun suono uscì dalle sue labbra, niente tranne un respiro strangolato che fece mordere le labbra a Jace e smettere di toccarla, le mani che tornavano sul pavimento. Clary seguì il suo sguardo, aspettandosi di vedere il dolore del rifiuto, pietà o perfino rabbia.

"Va tutto bene." Lo sentì mormorare, l'espressione che trasmetteva così tanto amore e comprensione da farle venire le lacrime agli occhi. "E' tutto a posto. Tu dici no, io mi fermo. Ogni volta. Fino alla fine dei nostri giorni, se sarà necessario. Io ti amo, Clary. Non dovrai mai scusarti con me, o sentirti colpevole. Io ti amo. In questa vita e oltre, sempre e per sempre."

Il cuore cominciò a batterle così forte nel petto che il suo ruggito echeggiò fin dentro le sue orecchie assordandola, ma prima che potesse dire qualunque cosa, l'incantesimo venne rotto dallo squillo di un telefono.  Con un'imprecazione silenziosa, Alec rispose e Clary si alzò, improvvisamente imbarazzata da quello spettacolo pubblico, guardando lo Shadowhunter dagli occhi azzurri che stava parlando a bassa voce in un angolo.

"Era la mamma," disse, quando riagganciò, "Tutti i Nephilim sono stati avvisati di radunarsi a Idris, pronti ad attaccare. Il Consiglio ha dichiarato che non c'è tempo per radunare il Conclave, se Kaelie ha ragione e i vampiri sono in combutta con le Fate. Sono d'accordo che un attacco preventivo sia la cosa migliore, un colpo duro prima che la guerra ci esploda in faccia. E dal momento che la scomparsa di Clary e Jace solleverebbe sospetti, non intendono rimandare l'attacco: è previsto per domani, all'alba. Nostra madre ha chiesto che Kaelie stia con noi all'Istituto fino ad allora."

Simon sbuffò. "Non mi piacciono le fate, ma Kaelie ci ha aiutati e siamo a questo punto per merito suo. E loro non si fidano ancora di lei."

"Non posso biasimarli." Clary disse, scrollando le spalle. "E comunque se sta qui con noi, sarà più al sicuro. Non ero d'accordo che andasse a casa oggi."

"Era stanca." Replicò Jace, prendendo il telefono. "E francamente, dopo essere stata interrogata tutta la notte, la capisco. Non credo che i Nephilim siano fra le sue persone preferite al momento."

Fece il suo numero e attese, alzando un sopracciglio quando lei non rispose.

"Che strano." Borbottò.

"Forse sta dormendo?" Suggerì Alec.

"Forse." Concesse Jace. "Ma con quello che stiamo passando viene da tenersi il telefono vicino in ogni momento."

Provò di nuovo, lasciando che il telefono squillasse più a lungo questa volta, poi lo spense, infastidito. "Immagino di dove andare fin là a prenderla."

"Posso farti un Portale, se preferisci." Disse Magnus. "In questo modo nessuno vedrà nè te nè lei e tutti penseranno che sia ancora a casa."

"Pensi che sia sorvegliata?"

"No." Magnus scosse la testa. "Ma è appena tornata a casa dall'Istituto, non ha senso che tu vada a riprenderla, giusto?"

"Hai ragione, oh grande stregone." Scherzò Jace, con un sorriso. "Andiamo allora?"

Non ci volle molto perchè Magnus preparasse il Portale, ma fu Jace a passare per primo, seguito dallo stregone.

L'appartamento era scuro, le finestre chiuse, nessuna luce accesa. Lo Shadowhunter bisbigliò a Magnus di rimanere nel salotto mentre lui si avviava silenziosamente verso la camera da letto. Aprì la porta lentamente per non spaventare Kaelie ma quando vide che il letto era vuoto si fermò.

"Jace, torna qui." Chiamò Magnus e qualcosa nella sua voce gli disse di fare in fretta. Schizzò verso il salotto e seguì il dito puntato di Magnus fino a trovare il telefono di Kaelie dietro il divano, per terra. Era acceso, e si vedevano le due chiamate che aveva fatto.

"Non è qui." Disse, il cuore che accelerava i battiti. Cosa era successo? Senza una parola, i due uomini cominciarono a guardarsi intorno, senza trovare tracce di una lotta, nessun vetro rotto, nessun mobile spostato, ma si bloccarono non appena misero piede in cucina.

"Dannazione..." Si inginocchiarono sul pavimento, accanto a diverse macchie di sangue e Jace sbattè il pugno per terra dalla rabbia, tirandosi poi in piedi.

"L'hanno presa." Disse Magnus tetramente, toccando lievemente il sangue. I suoi occhi brillarono gialli prima che lui li chiudesse mormorando qualcosa e passando il dito nella macchia. "E' recente. Non più di due ore fa. Ed è stato un Fatato, lo sento ovunque."

"Jiliel ha scoperto tutto." Replicò Jace, serrando i denti. "E' l'unica spiegazione. Ha capito che Kaelie stava cercando di ingannarlo ieri notte e l'ha presa per scoprire cosa sta succedendo."

"E questo spiega perchè non ha cercato di ripulire il sangue." Magnus era d'accordo. "Perchè sapeva che sarei venuto qui e avrei capito comunque cosa era successo. Ma scommetto che non si aspettava che lo scoprissimo così presto."

Si alzò, guardando il biondo Shadowhunter. "Dobbiamo tornare all'Istituto e formulare un nuovo piano: questo cambia tutto."

Jace annuì, passandosi una mano fra i capelli. "Ho fallito. Avevo giurato di proteggerla e guarda cosa ho ottenuto. Quel sadico l'ha presa e ora probabilmente la sta torturando per scoprire quello che ha fatto per aiutarci."

Magnus sospirò e guardò le macchie di sangue. "Dobbiamo presumere che gli dirà tutto. Il veleno, la Principessa, quello che è successo ieri notte... tutto quanto. Kaelie non è stata addestrata come un guerriero, probabilmente c'è un limite a quello che può sopportare."

Jace dovette trattenersi dal tirare un pugno al muro a mani nude. "Hai ragione. E questo non fa che aggiungere più dolore a quello che gli infliggerò prima di ucciderlo. Kaelie è una brava ragazza, Magnus, non ha mai..."

"Lo so." Lo stregone mise una mano sulla spalla di Jace. "Dobbiamo dirlo immediatamente a Robert perchè puoi scommettere che non appena calerà il sole, le fate e i vampiri attaccheranno Alicante."

"Quelli sono affari del Conclave." Scattò Jace, gli occhi dorati pieni di furia. "Ora dobbiamo preoccuparci di William. Se Kaelie cede, sapranno tutto di noi. Dobbiamo andare a prendere Will adesso, prima che abbiano il tempo di nasconderlo, e dobbiamo prendere la Regina prima che scappi o avremo anche le fate Unseelie addosso."

Lo stregone si voltò lentamente verso Jace. "Attaccare adesso."

Jace annuì.

"Solo noi. Senza rinforzi."

"Tutti i rinforzi che potremo ottenere in trenta minuti."

"E' un suicidio, lo sai."

"E' ora o mai più, Magnus. Lo sai come lo so io."

Si, lo sapeva. Kaelie era stata presa. La Regina avrebbe presto saputo che stavano progettando di attaccare e avrebbe spostato William in modo da continuare a curare sua figlia. Forse lo stavano già facendo ora. Ma non si sarebbero mai aspettati che un piccolo gruppo di Shadowhunter rischiasse tutto in una missione di salvataggio, si sarebbero aspettati che ci volesse un po' di tempo per raggiungere il numero sufficiente ad attaccare.

E loro avevano Clary e i suoi Portali che potevano portarli direttamente nella Corte Seelie.

"Andiamo. Facciamolo."

I due uomini rientrarono nel Portale per tornare all'Istituto mentre Jace stringeva fra le mani il telefono di Kaelie. L'avrebbe riportata a casa sana e salva, giurò di nuovo. O l'avrebbe vendicata.

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Capitolo 19
*** La Corte Seelie ***


"Non mi sarei mai aspettata che saresti riuscita a convincere Jia." Disse Jocelyn, preparando la runa dell'Alleanza su Luke.

"Stiamo parlando di mio nipote," rispose Maryse, controllando il suo equipaggiamento. "Robert deve rimanere con Jia per coordinare il resto degli Shadowhunter, ma ho fatto notare al nostro amato Console che, con o senza il suo consenso, noi saremmo venuti lo stesso. Si tratta solo di due Nephilim e un licantropo, possono fare a meno di noi."

La palestra dell'Istituto di New York era un brulicare di attività mentre gli Shadowhunter si preparavano, armandosi fino ai denti. La richiesta d'aiuto di Jace a Idris era stata accettata in maniera sorprendentemente veloce, permettendo a Jocelyn, Maryse e Luke di arrivare immediatamente mentre il resto dei Nephilim si stava preparando il più rapidamente possibile per fare da rinforzo.

"D'accordo gente, il piano è semplice." Chiamò Jace dalla porta, facendo girare tutti verso di lui. "Clary ci può portare direttamente nella Corte Seelie, nella stanza dove tenevano Will. Non se lo aspetteranno, specialmente non così in fretta. Una volta lì, ci apriamo la strada attraverso tutto quello che ci rovesceranno addosso, salviamo Will e Kaelie e ce ne andiamo di corsa. Se gli Shadowhunter di Idris riescono ad arrivare, benissimo, ma dovranno entrare nel Regno Fatato da una delle entrate conosciute, quindi ci vorrà tempo prima che ci raggiungano. I nostri obiettivi sono Will e Kaelie. Tutto il resto può, e dovrà, aspettare."

"Un gioco da ragazzi." Borbottò Luke, infilandosi un pugnale nella cintura. "Ci sta solo aspettando l'intera Corte Seelie..."

"Hai paura?" Jocelyn sorrise a suo marito, la fiamma dei suoi capelli perfettamente allineata a quella dei suoi occhi. Era pronta alla lotta.

"Con te al mio fianco? Mai." Rise Luke, chinandosi a baciarla velocemente. "Ma è passato un po' di tempo dall'ultima volta che abbiamo combattuto insieme. E stavolta è qualcosa di grosso."

"Speriamo solo che i rinforzi arrivino in fretta. Avremo sul serio l'intera Corte Seelie addosso." Commentò Jocelyn, scuotendo la testa.

Qualche passo più in là, Clary stava controllando le sue armi e prendendo un paio di stilo aggiuntivi quando Jace la prese per il gomito, portandola lontano dagli altri.

"Ascoltami," le disse sottovoce. "Se abbiamo la fortuna dalla nostra parte e Will è nella stanza quando arriveremo con il Portale, voglio che tu lo prenda e torni ad Alicante immediatamente."

Clary si irrigidì e aprì la bocca per discutere, ma Jace non glielo permise. "E' ovvio che non possiamo portarlo con noi e lui ha bisogno di te. Non ti vede da mesi, non possiamo lasciare che mia madre o la tua lo portino via mentre noi restiamo indietro. Uno di noi deve andare con lui."

"E tu hai deciso che tocca a me." Disse Clary, la voce ghiacciata.

Jace annuì con la mascella serrata. "Pensaci un attimo, d'accordo? Dobbiamo anche salvare Kaelie e non sappiamo dove sia. Non sappiamo se... dannazione, Clary, ho bisogno di sapere che Will è in salvo con te. Ho bisogno di sapere che se non ce la facciamo, nostro figlio non crescerà senza sua madre. Tu puoi proteggerlo in modi che sono inaccessibili a Jocelyn o Maryse. Se non riusciamo a fermare questa guerra, se le fate attaccano Alicante, ho bisogno di sapere che tu sarai lì per salvare nostro figlio."

"Ma..."

Lui la prese per le spalle. "I vampiri, Clary. Sanno di noi, sanno di William. Se oggi non ne usciamo vivi..."

"Basta." Lei si liberò dalla sua stretta, gli occhi che urlavano in diniego. "Ce la faremo. Tutti e due. Andremo a casa con William e saremo al sicuro. Non puoi andare in battaglia pensando che falliremo."

"Non lo sto facendo!" Jace cercò di tenere la voce bassa. "Ma devo pianificare per il futuro, per ogni tipo di futuro. E Will ne ha uno solo se tu sei con lui, solo se lo tieni al sicuro."

"E che mi dici di oggi?" Chiese lei. "Se me ne vado, come verrete fuori da lì, quando troverete Kaelie? Che succederebbe se Magnus fosse ferito e non potesse aprire un Portale?"

"Lo terrò al sicuro. Mi incollerò al suo fianco se necessario. Ma Clary," Jace sollevò una mano, accarezzandole lentamente la guancia. "Promettimelo. Toglimi questo peso. Questo non riguarda il tuo essere debole o non abbastanza brava per combattere. Si tratta di William, di ridargli la sua famiglia."

Lei non disse niente per un minuto, poi si morse il labbro. "Voglio uccidere Jiliel. Ho bisogno di ucciderlo."

"Non sopravvivrà alla giornata, te lo prometto. Sarà lì per proteggere la Regina e lo ucciderò." Jace le prese la mani, sfiorandole le nocche. "Le tue mani sono le mie mani, ricordi?"

Si, lo ricordava. E ricordava quanto lui avesse voluto uccidere Sebastian, quanto ne avesse avuto bisogno, per quello che gli aveva fatto, proprio come lei con Jiliel. Eppure si era fatto da parte e aveva lasciato che fosse lei a colpirlo.

Clary respirò a fondo, stringendo la mano che la stava accarezzando. Lasciarlo là l'avrebbe uccisa, ma Jace aveva ragione: le sue rune erano uno strato aggiuntivo di protezione ed entrambi dovevano mettere il loro bambino al primo posto, prima di tutti, compresi loro stessi. William se lo meritava.

"Te lo prometto."

 ***

 William non c'era. La stanza circolare e colorata era vuota e dal momento che i suoi giochi erano ancora sparsi in giro, era probabile che Will fosse stato portato via in tutta fretta.

"Dannazione." Disse Clary piano, attivano la runa per rintracciarlo. "E' ancora qui, lo so. Che mi dici di Kaelie?"

Si girò verso Magnus che stava usando un fiocco per capelli per tracciare la fata con la magia. Lo stregone annuì. "Anche lei è ancora qui. Seguiremo i segnali e ci divideremo se vanno in direzioni diverse."

Il gruppo lasciò la stanza silenziosamente, le armi pronte, tutti i sensi concentrati nel cogliere il più piccolo rumore. Clary sapeva che avrebbe dovuto essere spaventata, ma non provava altro che eccitazione: finalmente, dopo tutti quei mesi, stava facendo qualcosa, non era più una vittima impotente. Aveva di nuovo speranza. E se avesse dovuto aprirsi la strada attraverso l'intera Corte Seelie per raggiungere suo figlio, peccato per le fate. Non si sarebbe lasciata fermare da niente e da nessuno.

La prima volta che incrociarono una fata, si trattava di una ragazzina che stava uscendo da quella che probabilmente era la sua stanza. Aveva capelli lunghi e fluenti e innocenti occhi scuri che si spalancarono in orrore alla vista del gruppo vestito di nero. Aprì la bocca per gridare, ma Simon era già là a zittirla, e spingerla oltre la porta da cui era uscita. Un rumore strangolato un attimo dopo disse loro che Simon si era occupato di lei e il suo quieto "dormirà per un po'" fece tirare a tutti un sospiro di sollievo.

La seconda fata era un soldato che si stava dirigendo in tutta fretta verso la sala del trono. Luke lo aggredì in un attimo, impedendogli di gridare o di lottare: era giovane, probabilmente intorno ai vent'anni e quando Luke lo trascinò in una stanza vuota, il gruppo lo seguì.

"Dov'è la pixie prigionera. Dov'è il bambino umano." Il licantropo ringhiò in faccia alla fata, ma il soldato tenne la bocca chiusa finchè Luke non gli premette il pugnale contro la gola. "Stai per diventare la prima vittima di questa guerra. Li troveremo ugualmente, ma se ci dici dove sono, almeno riuscirai a risparmiare qualche vita."

"Come se manteneste la parola." Il fatato sputò in faccia a Luke. "Uccidetemi se dovete. Come gli Shadowhunter hanno ucciso mio padre e i miei fratelli ad Alicante."

"Abbiamo perso tutti qualcuno nella Guerra Oscura, ragazzino. Anche mia sorella è morta. Vuoi che tutti i tuoi compagni incontrino lo stesso destino? Siamo venuti per Kaelie Whitewillow e William Herondale e se dovremo dar fuoco all'intera Corte per trovarli, lo faremo."

"Il Generale vi sta aspettando. Non lascerete mai vivi la Corte Seelie!"

A quelle parole, Luke girò il fatato sullo stomaco e lo colpì in testa con l'elsa del pugnale, lasciandolo incosciente. Poi si alzò e incontrò lo sguardo di Jocelyn.

"Cosa c'è?" Fece una smorfia. "Non ho intenzione di uccidere un ragazzo solo perchè è stato condizionato a odiarci. E non ci avrebbe detto nulla. Ma ora sappiamo che questa è una trappola, signori." Si girò verso Jace. "Quanto scommettiamo che Kaelie è nella sala del trono, con tutti i soldati che Jiliel è riuscito a radunare con un preavviso così breve? Una bella esca, malmenata e piangente, pronta per noi."

Jace annuì, girandosi verso Magnus. "Andremo direttamente lì perchè le stanze private della Regina sono dietro la sala del trono e scommetto che lei è là con Will e sua figlia. Dimmi se il tuo incantesimo ti manda in una diversa direzione. E preparati a tirare su uno scudo non appena raggiungeremo la sala del trono, ho la sensazione che saremo accolti da una pioggia di frecce."

Magnus annuì, gli occhi che brillavano. "Se è una trappola, non troveremo nessun altro sulla strada per la sala del trono. Jiliel non rischierà di farci uccidere i suoi soldati uno per uno nei corridoi, vorrà che siano tutti insieme, per sopraffarci con il numero."

"E questo è il motivo per cui dobbiamo prepararci a una massiccia battaglia quando ci arriveremo. Non sarà piacevole." Jace guardò il resto del gruppo ma non vide paura, solo determinazione. Erano pronti.

"Un gioco da ragazzi, Jacey." Magnus sogghignò, lasciando la stanza. "Magnus il Magnifico è qui, non dimenticarlo."

"Volete piantarla di chiacchierare?" Scattò Isabelle, innaturalmente tesa. "Sto cercando di rendermi conto se stiamo per imbatterci in un'imboscata o no."

"Calma." Mormorò Maryse, mettendo una mano sulla spalla della figlia, prima di rivolgersi al gruppo. "Siamo pronti?"

Ricominciarono a camminare, silenziosi come predatori e la predizione di Magnus si rivelò esatta quando non incontrarono più nemmeno una fata sulla strada per la sala del trono, dove entrambi i segnali di Kaelie e William puntavano. Le luci della Corte Seelie si abbassarono mentre avanzavano, al punto che dovettero tirare fuori le stregaluce per vedere dove stavano andando.

"Magnus," sussurrò Jace quando raggiunsero la tenda che li separava dalla sala del trono. "Sei la nostra prima linea di difesa. Stai pronto."

La risposta dello stregone fu una luce blu danzante sul suo palmo e Jace inspirò profondamente, guardando gli altri Shadowhunter. Quando Alec, con l'arco pronto in mano, annuì verso di lui, Jace si girò e il gruppo irruppe nella sala del trono come una unica, coordinata, unità, usando le stregaluce per controllare l'ambiente.

La videro immediatamente, ma il loro addestramento prese il sopravvento, impedendo a qualunque suono di lasciare le loro labbra: Kaelie era chiusa in una gabbia di ferro, che Alec immediatamente riconobbe come lo strumento di tortura usato nella Corte Unseelie. La fata era piegata su un fianco, le braccia chiuse intorno alla vita, gli occhi chiusi. I vestiti erano strappati, il corpo era coperto di sangue secco e lei stava tremando e gemendo piano, come se non avesse più la forza di urlare.

Una bella esca, malmenata e piangente, Jace ricordò a se stesso, cercando di resistere alla tentazione di correre da lei e portarla in salvo. Cosa le avevano fatto? Sembrava che non riuscisse nemmeno più a muoversi!

E poi, prima che chiunque di loro potesse fare qualcosa, la trappola scattò.

Una luce forte e improvvisa li accecò, una luce così intensa che dovettero chiudere gli occhi e girare la testa, momentaneamente disorientati.

"Magnus!" Gridò Alec, ma lo stregone era già in azione, avvolgendoli in uno scudo che li coprì proprio nel momento in cui le frecce cominciarono a piovere loro addosso. Non riuscì a bloccarle tutte però, e un improvviso grido di dolore da parte di Maryse e Jocelyn, disse loro che erano state colpite. Scoppiò l'inferno quando dozzine di guerrieri fatati calarono su di loro con un grido di guerra e le spade sguainate.

"Clary, va a liberare Kaelie, ora!" Gridò Jace parando e schivando, frapponendosi fra i guerrieri e sua moglie. Era come una diga che teneva a bada una tempesta, colpiva chiunque osasse cercare di oltrepassarlo. "Isabelle, Simon, con lei!"

Clary non sprecò un secondo e corse alla gabbia con il suo parabatai accanto a lei, che le proteggeva il fianco. Mentre si inginocchiava davanti alla fata prigioniera, sentì la frusta di Isabelle schioccare a destra e sinistra, tenendole tutti lontani. Il lucchetto della gabbia era rotto, per assicurarsi che non sarebbe stato facile aprirla, ma Clary tirò fuori lo stilo e si limitò a concentrarsi, lasciando che le sue dita volassero da sole a disegnare una runa che le parlava di libertà.

Non appena la gabbia si aprì, Clary estrasse Kaelie con cautela e si bloccò in preda all'orrore: la pixie era stata torturata. Le mani e i piedi erano rotti, la schiena arrossata e sanguinante come se fosse stata frustata, ma la lesione più terribile era allo stomaco: era la ferita di un pugnale e sanguinava ancora, indebolendo la pixie. Clary scambiò un'occhiata con Kaelie e glielo vide negli occhi: sapeva che stava per morire.

"Mi dispiace così tanto..." Sussurrò, abbracciando la fata, sapendo che non poteva fare niente per lei: le sue rune l'avrebbero uccisa e nel momento in cui Clary sollevò la faccia per chiamare Magnus, Kaelie scosse la testa. Aveva il respiro accelerato e corto ed era chiaramente in preda al dolore. Quando cercò di parlare, Clary si abbassò verso di lei, per capire cosa stava sussurrando.

"Non perdere tempo con me... il pugnale era avvelenato." Tossì sangue mentre Clary le premeva la mano sulla ferita il più forte possibile, per rallentare l'emorragia. "Non gli ho detto niente della Principessa... non sa che potete trovarli là sotto." Non c'erano dubbi su chi fosse il "lui" e anche sapendo quanto malvagio fosse Jiliel, il pensiero che avesse potuto torturare in quel modo la sua stessa sorella, ghiacciò il sangue di Clary nelle vene. "La Regina è là con William, lo porterà via. Mio fratello è con lei. Devi andare."

Clary impallidì, trattenendo il respiro. Se la Regina fosse riuscita a scomparire con sua figlia e William, non li avrebbero trovati mai più.

"Clary..." Kaelie spostò la mano rotta e la appoggiò sul braccio della Shadowhunter. "La Principessa... salvala. Ti prego, ti supplico..:"

L'espressione di Clary divenne di pietra, ma lei non rispose.

"Sto morendo, Clary..." Una lacrima scivolò sulla guancia di Kaelie. "Ti prego, lascia che me ne vada sapendo che il nostro erede è in salvo. Ti prego, abbi pietà."

La mente di Clary le stava gridando ogni genere di cosa, ma solo una trovò la strada per la sua voce e anche allora si trattò solo di uno strangolato sussurro. "E' la figlia di Sebastian."

E solo per quel motivo avrebbe dovuto essere dannata nel più oscuro degli inferni. Aveva sangue di demone in lei, era corrotta nel profondo. Doveva esserlo. Come poteva Kaelie pensare di lasciare libero quel genere di malvagità? Sebastian aveva quasi distrutto il mondo, sicuramente sua figlia non sarebbe stata da meno. E questa volta forse non sarebbero stati fortunati abbastanza da riuscire a fermarla.

"E' sangue del tuo sangue, è una bimba indifesa... proprio come William. Non ha scelto lei di venire al mondo, è innocente..."

Innocente? Clary voleva ridere. Nessuno nato da Sebastian avrebbe mai potuto essere innocente. E se si pensava che sua madre era la strega che le aveva portato via suo figlio... no, quella bambina era tutto tranne che innocente. Il male le scorreva nelle vene, era parte di lei.

Kaelie tossì ancora e chiuse gli occhi, incapace di vedere il rifiuto negli occhi di Clary. Le si spezzò il cuore nel sapere che la piccola, innocente neonata che aveva conosciuto sarebbe probabilmente rimasta a dormire nel cristallo fino alla fine dei tempi, senza mani conoscere l'amore, il calore, da sola nell'oscurità. Era intollerabile. Sentendo avvicinarsi la fine, cercò di trovare un po' di pace, pensare a ricordi felici, ricercando nel suo cuore qualcosa che potesse guidarla nei suoi ultimi momenti, ma tutto quello che riuscì a vedere fu un paio di occhi dorati, in un bellissimo volto. Incontrare Jace le aveva cambiato la vita e in fin dei conti aveva condotto alla sua morte, ma non riusciva a rimpiangere le sue azioni. Nemmeno una.

"Di a Jace che mi spiace." Sussurrò Kaelie. "Vorrei aver potuto fare di più..."

E poi, mentre Clary la sorreggeva, esalò un ultimo respiro prima di sfuggire finalmente al dolore.

Lacrime non volute riempirono gli occhi di Clary mentre lei accarezzava lentamente i capelli biondi della pixie. Poi la appoggiò gentilmente a terra e raggiunse Simon e Isabelle a combattere, gridando: "Jace! La Regina sta scappando! Dobbiamo andare, ora!"

La sala del trono era nel caos, piena di corpi, il pavimento scivoloso a causa del sangue. Un'occhiata veloce le disse che gli Shadowhunter resistevano ancora, anche se erano feriti, ma il potere delle rune, la magia di Magnus e la ferocia di Luke nella sua forma da licantropo, tenevano a bada i loro nemici e volgevano lentamente la battaglia a loro favore.

"Andate!" Gridò Alec, respingendo un soldato che lo aveva attaccato. "Qui ce la caveremo. Non lasciate che scappi!"

Jace si girò senza una parola, scambiando un'occhiata con il suo parabatai. Poi annuì e corse da Clary, colpendo con la spada chiunque gli si avvicinasse. Quando vide Kaelie si fermò improvvisamente, rabbia e angoscia saettanti nel suo sguardo dorato e le mani si chiusero in pugni dolorosi prima che lui scattasse verso le stanze della Regina, pronto a uccidere. Clary corse con lui e insieme si aprirono un passaggio insanguinato mentre Isabelle e Simon si assicuravano che nessuno li colpisse alle spalle.

Le stanze della Regina erano vuote e silenziose, ma loro non si fermarono a controllare se i documenti che avrebbero potuto condannare Clary erano lì: ci avrebbero pensato più tardi.

Si diressero immediatamente verso la parete in cui Kaelie aveva indicato la porta segreta e Clary non perse tempo a cercare il meccanismo che l'avrebbe sbloccata. Tracciò una runa e la porta si spalancò, aprendo un passaggio di gradini che scendevano. Quasi volando lungo le scale, l'unica luce derivante dalle loro spade luminose, non incespicarono mai, non rischiarono mai di cadere, aggraziati come solo un predatore poteva essere. E ora loro erano predatori, genitori determinati e pronti a fare qualunque cosa per riavere indietro il loro piccolo. E che Dio aiutasse chiunque si mettesse sul loro cammino.

 

***

Nota dell'autrice: si, l'ho fatto davvero. Ho ucciso Kaelie. Non odiatemi -.-

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Capitolo 20
*** Una fiamma incandescente ***


"Sei sicuro che non possano trovarci qui?" Chiese la Regina, guardando nervosa le scale che conducevano alle sue stanze. Era la prima volta che Jiliel vedeva la sua compostezza incrinarsi, ma poteva capire la sua ansia: c'era una guerra in atto al piano superiore e gli Shadowhunter non erano venuti per catturare, ma per uccidere. Digrignò i denti pensando che era tutta colpa di sua sorella: se lei non li avesse traditi, il piano della Regina avrebbe funzionato e in poco tempo il Mondo Invisibile si sarebbe liberato dai Nephilim. Ma lei aveva ceduto improvvisamente alla sua puerile infatuazione per Jace Herondale e si era schierata dalla sua parte. Jiliel sapeva che lei era la persona sbagliata per quel lavoro, l'aveva sempre saputo. Avrebbe solo voluto che la Regina lo avesse ascoltato, quando l'aveva avvertita. E il modo in cui Kaelie gli aveva sputato addosso quando l'aveva portata alla Corte, dopo averla catturata? La piccola strega gli aveva detto che non era mai stata d'accordo con il complotto contro Clary e la sua famiglia e che lui era un bastardo senza cuore per quel che le aveva fatto. Lo aveva rinnegato con un'imprecazione, quando lui l'aveva infine colpita con il pugnale. Lei aveva rinnegato lui! Oh, ma aveva pagato per quell'affronto. Aveva pagato per il suo tradimento con ogni osso rotto del suo corpo, con ogni sferzata della frusta. Avrebbe solo voluto avere più tempo per torturarla prima di dover smettere per preparare le difese per gli Shadowhunter che sarebbero di sicuro arrivati a cercare lei e il moccioso. Non sarebbero mai riusciti a salvare Kaelie, se ne era occupato lui personalmente quando l'aveva pugnalata. E per quanto riguardava William... Jiliel guardò il bambino seduto per terra con una palla luccicante in mano che lo teneva occupato. No, non avrebbero mai salvato nemmeno lui: se la Regina non fosse riuscita a scappare insieme al bambino, gli avrebbe spezzato quel piccolo collo con le sue mani.

"In fretta, mia Regina," osò sussurrare, "dobbiamo andare."

La Regina della Corte Seelie non si disturbò a rispondere, anche se normalmente avrebbe preteso la sua testa per quelle parole. Era occupata a tessere un complicato incantesimo volto a liberare sua figlia dalla sua prigione di cristallo, dal momento che non c'era possibilità di muoverla finchè vi era rinchiusa. Era una magia che aveva tentato una sola volta nella sua vita e richiedeva la sua completa attenzione; il cuore le si strinse al pensiero che forse il sangue di William non aveva completamente rimpiazzato quello della bambina, ma non c'era tempo per i dubbi ora. Se sua figlia non era guarita, l'avrebbe fatta dormire di nuovo una volta in salvo nelle profondità del Regno Fatato. Gli Shadowhunter non l'avrebbero uccisa come avevano ucciso suo padre, lei non l'avrebbe mai permesso.

L'incantesimo la stava prosciugando, richiedeva più energia di quanto ricordasse, ma non poteva fermarsi ora: percepiva che il cristallo si era già indebolito, era diventato più sottile, sull'orlo di sparire. E poi sentì dei passi veloci scendere le scale che conducevano alla camera segreta e sollevò la testa.

Impallidendo improvvisamente, interruppe l'incantesimo e prese William fra le braccia mentre Jiliel si piazzava di fronte a lei, la spada sguainata.

Jace e Clary esplosero dentro la stanza pronti a combattere e la Regina fece un passo indietro di fronte alla loro espressione assassina.

"William!" Gridò Clary vedendo suo figlio fra le braccia della Regina. Will era tranquillo, lo sguardo fisso sulla Principessa addormentata, ma quando sentì il suo nome si girò improvvisamente. Ancora nella ferma presa della Regina della Corte Seelie, allungò le piccole braccia verso sua madre, cercando di scendere a terra ma senza emettere un suono.

"Lascia mio figlio, adesso!" Ringhiò Jace, avanzando verso di lei mentre Jiliel si preparava a combatterli entrambi. "Lascialo!"

"Lo vuoi, Herondale? E' troppo ovvio se ti dico che dovrai prima passare sul mio cadavere?" Lo provocò il Fatato, senza nemmeno disturbarsi a chiedere come avessero trovato quel posto. Era chiaro che Kaelie era stata più intelligente di quanto lui pensasse ed era riuscita a scoprire che la Principessa era ancora viva. Lo irritava pensare che fosse riuscita a nasconderglielo mentre la stava torturando, dimostrava una volontà di ferro che non le avrebbe mai attribuito.

"In realtà è proprio la cosa giusta da dire." Il gelo nella voce di Clary fu l'unico avviso che gli diede prima di lanciarsi verso di lui. Fu difficile per lei mantenere la necessaria concentrazione quando tutto quello che voleva era abbandonare la spada e cavargli gli occhi a mani nude; ma Jiliel era un soldato esperto, un Generale e lei non poteva permettersi alcuna distrazione.

"Sai, credo che non ti ucciderò, Clary." Sorrise Jiliel, scambiando qualche colpo con lei per misurarne la forza. "Lascerò che i vampiri bevano il tuo sangue e poi ti terrò con me, nuda e in catene, in modo che tu possa essere il mio divertimento ogni volta che ne avrò voglia."

"Sei disgustoso." Lei digrignò i denti, fintando a destra per poi colpirlo a sinistra. La sua ricompensa fu il primo sangue, proprio nel braccio. "E non mi toccherai mai più, lo giuro."

"Oh ti toccherò invece." Jiliel le restituì il colpo, ferendola sulla coscia. "Ti toccherò e ti frusterò e ti marchierò. Ti spezzerò Clary, e tu mi supplicherai di ucciderti ma io non lo farò. Vivrai incatenata al mio letto, una schiava per il mio piacere e per il piacere di tutti quelli a cui ti venderò. Ti piacerebbe essere una puttana?"

Stava cercando di farle perdere il controllo e lei lo sapeva. Quante volte, durante il suo addestramento, Jace aveva fatto lo stesso? E quante volte lei aveva pagato per la sua rabbia? Ma ora si trattava di qualcosa di più grande di lei: doveva restare calma per William e per Jace, doveva sconfiggere Jiliel così che la Regina non avesse più difese.

Smise di ascoltare. Si concentrò sui suoi movimenti invece che sulla sua voce, cercando di leggere il suo corpo come le aveva insegnato Jace, di anticipare le sue mosse, colpendolo ancora e ancora finchè il pavimento non risultò scivoloso da tutto il sangue che perdeva dalle braccia e dal petto. Jiliel era un ottimo spadaccino però, non era il Generale dell'armata fatata solo di nome: ribattè colpo su colpo, usando i pugni e gettandola sul pavimento, cercando di usare la sua forza superiore per tenerla inchiodata giù. Ma Clary era veloce, più leggera di una piuma e non appena cadde a terra sforbiciò con le gambe per trascinarlo giù con lei. Era coperta di sangue, ferita al braccio e alle gambe, ma non perse tempo: lasciando la spada e afferrando un pugnale, gli rotolò addosso, mettendosi a cavalcioni del fatato e colpendolo con il gomito dritto in faccia. Jiliel urlò, accecato dal sangue e quel momento di distrazione fu sufficiente. Con un colpo violento e crudele Clary gli piantò il coltello nel petto, guardando i suoi occhi spalancarsi per lo stupore e il dolore.

"Questo è per me," gli sputò in faccia, "e per Jace."

Estraendo il coltello, lo seppellì ancora una volta nel suo stomaco, esattamente dove lui aveva colpito sua sorella. "E questo è per Kaelie. Muori, bastardo."

 
***

 
Mentre Clary e Jiliel combattevano, la Regina della Corte Seelie elevò attorno a sè uno scudo magico in modo che Jace non potesse toccarla e indietreggiò lentamente.

"Sapete che non lascerò mai che lo portiate via." Lo avvertì, spostandosi lontano dal combattimento. Era chiaro che Jace voleva aiutare sua moglie, ma allo stesso tempo non intendeva perdere di vista William: aveva paura che lei sarebbe scappata mentre lui era distratto.

"O lo lasci andare o ti ucciderò." Rispose lui, alzando la spada. "Sappiamo che il veleno era una menzogna, non hai alcun modo per reclamarlo. Kaelie ci ha detto di tua figlia e non ti lascerò sperimentare sul mio per svegliarla in modo che lei distrugga il mondo."

"Distruggere il mondo?" Lei rise incredula. "Pensi che fosse quello il mio scopo? Tutto quello che volevo era vendicarmi di voi due e guarire la mia bambina. Mi sarebbe piaciuto sterminare tutti i Nephilim, ma il mondo poteva benissimo rimanere dov'era."

"Che nobiltà da parte tua." Jace digrignò i denti. "Ora metti giù William. Sai bene che non lascerai viva la Corte."

"Forse dovresti andare a controllare che sia tua moglie a lasciare viva questo luogo." Rise lei e Jace si girò in tempo per vedere Clary a terra, che sforbiciava le gambe di Jiliel per farlo cadere a sua volta. Era insanguinata, ferita sul braccio e sulle gambe, ma Jiliel non era messo meglio, zoppicava e sanguinava copiosamente da una ferita al petto.

Fu una questione di secondi e prima che Jace potesse correre ad aiutare Clary, lei era già addosso al fatato, il suo pugnale conficcato fino all'elsa nel suo stomaco. Vedendo la luce lasciare gli occhi del suo Generale, la Regina indietreggiò, stringendo forte William al petto.

Clary si rialzò, i capelli rossi appiccicati al volto, coperta di sangue.

"Mio figlio." Sibilò. "Ridammi mio figlio o, per l'Angelo, ti ucciderò lì dove ti trovi."

Prima che la Regina potesse scuotere la testa, William cominciò ad agitarsi di nuovo fra le sue braccia, cercando di sfuggire alla sua stretta e scendere a terra. I suoi occhi dorati si sollevarono a guardare con un'espressione molto seria la Regina e, con un movimento improvviso, lui si chinò a morderle il braccio, affondando i dentini fino a quando lei lo lasciò andare, gridando.

E poi William corse sulle sue gambette, corse con un sorriso sul volto direttamente fra le braccia di sua madre che si era inginocchiata a terra, le braccia aperte per lui. Le saltò addosso, chiuse le braccine intorno al suo collo, e affondò il viso sulla sua spalla.

"Mamma." Bisbigliò e Clary chiuse gli occhi abbracciando suo figlio con un sospiro strangolato, le lacrime che le scorrevano copiose sulle guance. Così era questo il paradiso, avere di nuovo il suo piccolo fra le braccia sapendo che non l'aveva mai dimenticata, sapendo che lei non l'avrebbe lasciato andare mai più.

"Non muoverti." Sibilò Jace, puntando la spada alla gola della Regina. Gli occhi di lei erano pieni di dolore, ma non permise nemmeno a una lacrima di abbandonarli.

"Clary," chiamò lui, desiderando di poterli guardare, ma senza osare distogliere gli occhi dalla Regina. "Stai bene? E lui?"

"Stiamo bene." Clary si alzò con William fra le braccia, ancora fermamente ancorato al collo di sua madre. "William è illeso e io guarirò."

"Vattene." Le ordinò. "Porta William via da qui."

Nonostante volesse discutere, Clary non lo fece. Si morse il labbro inferiore, ricordando la sua promessa e afferrò il suo stilo, spostando William sul braccio sinistro. Non appena disegnò la runa del Portale però, sentì che c'era qualcosa che non andava, come una barriera; non poteva attraversarla e, guardando il volto trionfante della Regina, capì il motivo.

"Tu." Ringhiò. "Stai bloccando William. Lascialo andare!"

"Sono sorpresa che tu abbia dimenticato le regole, Clarissa." Anche con una spada puntata alla gola, la Regina rifiutava di perdere quello sguardo superiore negli occhi. "William ha vissuto qui per mesi, ha bevuto e mangiato il nostro cibo. Non può lasciare la Corte."

"Tu puoi permetterlo. Lascialo uscire!"

E la Regina della Corte Seelie rise. "Mai! Potete uccidermi, ma anche così non lo libererò. Solo la mia volontà può farlo e non lo farò! Volete vostro figlio? Allora preparatevi a vivere qui con lui, perchè non permetterò mai a William di andarsene!"

"Jace." Una voce calma chiamò da dietro di loro e quando Clary si voltò, vide Alec, l'arco pronto e puntato verso la Regina. Aveva una scia di sangue secco sulla tempia, ma per il resto sembrava illeso. "La sala del trono è sicura adesso e noi stiamo bene. Simon e Isabelle stanno cercando i rapporti di Clary per distruggerli."

Vide il corpo di Jiliel e William abbracciato a sua madre e sorrise. "Vedo buone notizie anche qui."

"Alec," replicò il suo parabatai, un luccichio ferreo negli occhi. "Sorvegliala e se si muove colpiscila. Non ucciderla però, mi serve viva ancora per un po'."

Con quelle parole, Jace abbassò la spada e indietreggiò di alcuni passi, senza mai abbandonare gli occhi della Regina. "Libera mio figlio. Permettigli di andarsene."

Quando lei non rispose, lui serrò i pugni e si girò, voltandosi verso l'altare dove dormiva la Principessa. Una profonda risoluzione emerse nel suo volto mentre lui vi si avvicinava alzando la spada, afferrandola per l'elsa con entrambe le mani e sospendendo la lama sopra la bambina addormentata.

"Liberalo." Ordinò nuovamente. La voce era calma, l'espressione letale. "O ucciderò tua figlia."

Un secondo di silenzio seguì quelle parole. Clary serrò la mascella ma non disse niente, stringendo William fra le braccia e accarezzandogli i capelli biondi.

La Regina impallidì e fece un passo verso Jace, ma una freccia conficcata davanti ai suoi piedi la fermò.

"Non lo farai mai." Disse, cercando di tenere a bada il panico nella sua voce.

"No?" La provocò lui, tenendo la spada puntata verso il cristallo. "Tu hai rapito mio figlio, torturato me e mia moglie, ucciso uno dei tuoi sudditi solo perchè aveva cercato di aiutarci... e hai usato William per guarire questo mostro. Se vuoi che viva, lascerai andare William ora."

"Un mostro?" Gridò lei oltraggiata. "Mia figlia non è un mostro, è solo una bambina malata. E se lascio che William se ne vada, morirà comunque. Non lo farò!"

"Ha il sangue di Sebastian nelle vene. Non le permetterò di svegliarsi e distruggere il mondo." Rispose Jace, abbassando la spada e lasciando che la punta toccasse il cristallo. "Se liberi William, le permetterò di continuare a dormire, e almeno sarà viva."

"Viva? Tu chiami questo essere viva?" Aprì le braccia, indicando la stanza segreta. "So che mi ucciderete, Shadowhunter. Senza sua madre a proteggerla, la mia bambina sarà lasciata qui al buio per tutta l'eternità, o fino a quando qualcuno frantumerà il cristallo e la ucciderà. No! Mai!"

"Allora guardala morire ora." E con quelle parole, Jace abbassò la spada, incidendo la protezione indebolita dall'incantesimo fino a quando la lama raggiunse la gola della bambina indifesa.

"No!" La Regina singhiozzò, cadendo improvvisamente a terra, gli occhi pieni di lacrime. "Non fare del male alla mia piccola... non farle del male..."

Jace si fermò, alzando lo sguardo. "Libera William. Ora."

Lei si coprì il volto con le mani e Clary si accorse immediatamente quando le cose cambiarono. La barriera era svanita.

"L'ha fatto." Sussurrò, il cuore che le balzava nel petto dal sollievo. "Will è libero."

E poi la Regina sollevò di nuovo lo sguardo, guardandoli con odio. "Avete avuto quello che volevate. Avete ucciso Sebastian, punito la mia gente, distrutto il mio esercito, massacrato il mio Generale, condannato mia figlia... ma non avrete anche la mia vita. Io sono la Regina della Corte Seelie e voi non mi toccherete!"

Cominciò a brillare così forte che furono tutti costretti a coprirsi gli occhi, ma era un fuoco interiore che non si espanse mai oltre la sua persona, come se lei stesse evocando tutto ciò che era, intessendolo nella luce. Fu un istante glorioso, mentre la forza vitale della fata bruciava sempre più brillante fino a diventare una fiamma incandescente. Poi, così com'era cominciata, finì. La luce si spense, il bagliore svanì... e la Regina cadde al suolo, morta.

Il suono di qualcosa che si frantumava echeggiò nella camera mentre gli Shadowhunter guardavano senza parole il cadavere della Regina della Corte Seelie e poi un altro suono si alzò tutto intorno.

Il pianto di un bambino.

William si girò fra le braccia di sua madre e si agitò per essere messo a terra. Clary lo lasciò andare, ancora stupefatta per quanto era accaduto e William corse verso l'altare dove la figlia di Sebastian stava piangendo, sveglia e libera dalla sua prigione di cristallo, le piccole braccia e le gambine che si agitavano.

Si alzò in punta di piedi e la indicò con il ditino.

"Sorella!" Gridò, cercando di raggiungerla. "Sorella!"

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Capitolo 21
*** Un po' di pace ***


Nota dell'autrice: ci siamo quasi, questo è il penultimo capitolo. E' corto ma se avessi incorporato anche l'ultimo ci sarebbero state troppe interruzioni e non mi piaceva il risultato finale. Resistete ancora un po', venerdi avrete la conclusione!

***


La Regina della Corte Seelie era morta. Il suo corpo giaceva sul pavimento della camera segreta, sempre bellissimo ma privo di quella scintilla di vita che l'aveva resa potente e spaventosa. Lei non c'era più.

E sua figlia era viva e piangente sull'altare dove aveva dormito così a lungo, protetta dal cristallo magico che sua madre aveva creato per tenerla al sicuro.

Clary fu la prima a reagire, andando da William per prenderlo in braccio. Il bambino stava facendo del suo meglio per raggiungere la bimba urlante e anche se permise a sua madre di sollevarlo, continuò a provare.

"Sorella! Sorella!" Continuava a chiamare, mentre Clary cercava di tenerlo lontano da lei. Ma non c'era modo di ragionare con William nè con l'evidente nota disperata nella sua voce. Non voleva lasciare lì la bambina.

Clary guardò impotente Jace che era sconvolto dal comportamento di suo figlio.

"Crede davvero che sia sua sorella," disse piano. "Credi che siano legati, nonostante quello che ha detto Magnus?"

"Non lo so." Clary sanguinava ancora per le ferite, ma era il cuore a farle più male: cosa era stato fatto al loro bambino? Se l'avessero separato dalla figlia di Sebastian, ci sarebbero state conseguenze? Non sapevano nulla della magia fatata dopotutto.

"Jace..." cominciò, ma suo marito annuì come se sapesse quello che stava pensando.

"Lo so... credimi, lo so. Non possiamo essere sicuri che non danneggeremo William se la lasciamo qui. O se la uccidiamo."

Eppure, non appena quelle parole gli uscirono di bocca, incrociò lo sguardo con Clary e riconobbe qualcosa che lo turbò e allo stesso tempo lo calmò: non avrebbero ucciso la bambina. Non potevano. Nonostante avessero paura di quello che sarebbe potuta diventare, nonostante l'odio verso Sebastian e la Regina della Corte Seelie, quella bambina era indifesa e nessuno dei due era il tipo di mostro che l'avrebbe uccisa a sangue freddo. C'era ancora umanità in loro, anche dopo tutto quello che avevano subito. O forse proprio a causa di tutto quello che avevano subito.

"La prenderò io." Si offrì Alec, l'arco fissato sulla schiena. "Tu e Clary andate via da qui."

Jace annuì, grato al suo parabatai e si avvicinò lentamente a sua moglie, mettendo via la spada.

"William?" Chiamò, quando gli fu accanto. Il piccolo si girò verso di lui e in quel momento fu come se quei mesi terribili non fossero mai accaduti: William lo guardò con i suoi bellissimi occhi dorati e sollevò le braccia.

"Papà!" Sorrise e si mosse per passare nell'abbraccio di Jace. Con un singhiozzo, Jace strinse forte suo figlio, affondando la mano nei suoi capelli biondi e inspirando il profumo che era tipico di William, senza riuscire a credere che l'incubo fosse veramente finito.

"Il mio bambino..:" bisbigliò, cercando di non piangere. Era perfetto. Era tutto perfetto. William lo abbracciò più forte possibile e poi lo guardò sorridendo, le piccole dita sulla guancia del padre.

"Papà." Ripetè, ridendo e abbracciandolo di nuovo. Poi si girò verso Clary, indicandola e sporgendosi di nuovo verso di lei.

"Mamma!" Non c'era fine alla sua risata mentre si muoveva fra di loro in continuazione, abbracciandoli e lasciandosi baciare, finchè finalmente si fermò fra le braccia di Clary mentre Jace li stringeva entrambi.

Poi William chiuse gli occhi, appoggiando la testa sulla spalla di Clary e sospirò di felicità.

"Mamma." Sussurrò, rilassandosi nel suo abbraccio. "Papà. Sorella."

Il piccolo William Herondale si addormentò per la prima volta da mesi sapendo che la sua famiglia era di nuovo al completo, fra le braccia di sua madre, con la mano di suo padre che gli accarezzava i capelli e la sua sorellina sana e salva fra le braccia di suo zio Alec.

 
***

 
"Ancora non riesco a credere che sia finita." Mormorò Clary qualche tempo dopo, sdraiata nel suo letto, all'Istituto. Era la stanza che lei e Jace avevano condiviso quando vivevano insieme e lei non ci era mai più entrata dopo il rapimento di William. Era pulita e in ordine, ogni cosa al suo posto, come se il tempo non fosse mai passato, e lei sapeva di dove ringraziare Simon e Isabelle per quello: avevano sempre sperato che lei e Jace riuscissero a sistemare le cose e avevano mantenuto quella stanza come un santuario. Trovarsi di nuovo lì era come andare indietro nel tempo, le trasmetteva un senso di pace che non provava da molti mesi.

Dopo qualche iratze, una doccia e un cambio di vestiti, Clary si sentiva come nuova, grazie alle sue rune avanzate; Jace era accanto a lei, sdraiato sul fianco e fra di loro c'era William che dormiva tranquillo. Il bambino si era svegliato brevemente al suo ritorno all'Istituto ed era stato coperto di baci e abbracci da tutti i membri della famiglia, prima di addormentarsi di nuovo fra le braccia di sua madre. Jocelyn, Luke, Maryse e Robert avevano preso delle stanze all'Istituto, e anche se Robert e Luke avrebbero dovuto fare avanti e indietro da Idris per gestire la situazione che si era venuta a creare, erano tutti decisi a rimanere all'Istituto il più a lungo possibile, per stare accanto al nipotino ritrovato.

"Nemmeno io." Rispose piano Jace, accarezzando i capelli di suo figlio. "E siamo dannatamente fortunati che Simon e Isabelle abbiano distrutto quei rapporti in tempo. Non avrei mai pensato che Jia sarebbe arrivata così presto, deve aver pagato uno stregone per trasportarli direttamente nella sala del trono."

"Ho sentito Magnus dirle che ci saremmo presi cura noi di Kaelie." Disse lei, guardandolo. "Mi dispiace che sia morta, Jace."

Lui sospirò, sollevando lo sguardo. "Vorrei aver potuto fare di più per lei. Non meritava di morire così, torturata, in preda al dolore. E' stata colpa mia, non sono riuscito a proteggerla come avevo promesso."

"E' stato Jiliel." Sottolineò Clary, scuotendo la testa. "E' stato lui a ucciderla. E' stato lui a torturarla. Tu hai fatto tutto quello che potevi."

"Eppure lei è morta perchè ha deciso di aiutarci. Ed è stata la sua famiglia a farle questo." Jace abbassò di nuovo lo sguardo, ma non prima che lei vedesse il dolore nei suoi occhi. Conosceva suo marito e sapeva che ci sarebbe voluto molto tempo prima che Jace riuscisse a perdonarsi questo fallimento, prima che riuscisse a liberarsi del senso di colpa. Quel sordo dolore nel petto era l'eredità di Jiliel per entrambi, ma lei giurò a se stessa che non avrebbe permesso al fatato di danneggiarli oltre. Prese la mano di Jace fra le sue sue, accarezzandogli le nocche.

"Clary, sono così stanco di famiglie che si uccidono fra di loro. Una famiglia dovrebbe avere a cuore i suoi membri."

"Dovrebbe..." mormorò lei, pensando al suo stesso fratello. "Ma sai, non sempre abbiamo la famiglia che ci meritiamo. E anche se non si può scegliere la propria famiglia di origine, possiamo decidere le persone che vogliamo nella nostra vita: Kaelie, alla fine, ha scelto noi. Ha scelto te. E' morta proteggendo la persona a cui teneva di più, facendo la cosa giusta."

Jace sospirò e le strinse la mano. "Sono così felice che sia finita. Sono felice che la mia famiglia sia di nuovo completa. Tu sei il mio cuore, Clary, tu e Will. La mia anima. E quando penso che vi ho quasi persi entrambi..."

La guardò di nuovo, poi spostò gli occhi su Will, come se non sopportasse di tenerli su di lei. "Stavo fingendo. Alla Corte Seelie."

Clary capì immediatamente di cosa stava parlando e gli accarezzò gentilmente il viso. "Jace, non potresti mai uccidere qualcuno che non può difendersi. Non è in te."

"Ho continuato a prendere tempo, sperando che la Regina lasciasse andare Will." Sussurrò lui, chiudendo gli occhi. "Ma sapevo che non avrei mai ucciso sua figlia. Era lì, a portata della mia spada, addormentata, indifesa. Clary, cosa sarebbe successo se la Regina l'avesse capito?"

"Non lo so." Lei sospirò, continuando ad accarezzarlo. "E non ci voglio pensare. Tutto quello a cui voglio pensare ora, è che siamo qui, in salvo, e William è con noi."

Jace annuì lentamente e poi si spinse con cautela in avanti, guardandola. "Per l'Angelo, sei così bella. Non lascerò che niente ci separi di nuovo, lo giuro."

Lei sorrise e appoggiò la fronte sulla sua. "Non ti libererai di me così facilmente, Jace Herondale. Te lo prometto."

"Si, ti prego." Bisbigliò lui. "Promettimelo, Clary."

Allungandosi oltre William, Jace la baciò, una carezza gentile delle labbra sulle sue, una pressione leggera che lei disse che era amata, adorata, protetta. Quando la guardò di nuovo, gli brillavano gli occhi. "E io ti prometto che non ti sentirai mai più persa. Non sarai mai da sola. Sarò al tuo fianco ogni volta che ne avrai bisogno, senza chiedere nè pretendere mai nulla. Se vuoi baciarmi, sarò lì. Se vuoi abbracciarmi, troverai le mie braccia sempre aperte. Se non vorrai mai più stare con me, mi limiterò a rimanerti accanto la notte e ringrazierò tutti gli Angeli del cielo che sei al mio fianco e che mi ami. Per sempre Clary. Sempre."

"Io vorrei..." Clary trattenne un singhiozzo, mordendosi il labbro inferiore. "Ho bisogno di stare di nuovo con te, Jace. Ho così tanto bisogno di te che mi fa male."

"Ehi." Le sollevò il mento con la mano, facendo in modo che lei lo guardasse. "Hai tutto il tempo del mondo Clary. Quando sarai pronta. E io ti aiuterò e sarò lì ad aspettarti."

"Si." Lei sorrise, appoggiando il viso sul suo palmo, su quella mano calda e forte che l'aveva sempre protetta. "So che ci sarai."

 
***

 
La luce del tardo pomeriggio splendeva attraverso le finestre, mostrando le prime avvisaglie del tramonto. Clary e Jace erano silenziosi da un po' e si limitavano a guardare il loro bambino dormire, godendo del semplice piacere di poterlo toccare, essere accanto a lui, qualcosa che era stato loro negato per troppo tempo. E quando finalmente William sbadigliò e aprì i suoi occhi dorati, Clary voleva piangere per la gioia di vedersi riconoscere da lui e sapere che finalmente poteva abbracciarlo quanto voleva.

"Mamma." Will sorrise, sedendosi e guardandosi intorno. "Papà!"

Si gettò fra le braccia di Jace e poi si guardò attorno, riconoscendo la stanza. "Casa! Will casa!"

"Si, amore." Rispose Clary, accarezzandogli i capelli. "Sei a casa."

"Will pappa." Disse lui, toccandosi il pancino.

Jace rise e lo abbracciò. "Beh, piccolo, andiamo a mangiare?"

"Si!" William si alzò in piedi, battendo le mani.

Jace lo prese fra le braccia e gli baciò la fronte prima di scendere dal letto. Clary aprì la porta, ma non appena lasciarono la camera da letto, il pianto di un bambino li fermò. Nessuno sapeva che la figlia di Sebastian si trovava lì, nessuno sapeva nemmeno della sua esistenza, a parte le famiglie di Clary e Jace. Alec l'aveva portata all'Istituto prima dell'arrivo di Jia e l'intenzione era di tenere la bambina lontano da tutti, almeno finchè non avessero capito esattamente se e come era legata a William.

Will si girò immediatamente verso il suono e puntò il ditino. "Papà, Will vole Sorella!"

"C'è lo zio Magnus con lei, piccolo." Cercò di dire Clary. "Will ha fame, giusto?"

"Mamma, Sorella tritte!" Ribattè Will, il faccino serio.

"Ha fame anche lei, amore." Provò di nuovo lei. Non voleva suo figlio vicino a quella bambina, non finchè non sapevano se era pericolosa o no. "Zio Magnus le darà la pappa."

William scosse la testa, testardo come solo un bambino poteva essere. "Sorella tritte. Will sa. Mamma, Sorella!"

Il bimbo puntò di nuovo il dito e Clary sospirò, sollevata perchè sembrava che Will stesse imparando velocemente di nuovo a parlare ora che era tornato a casa e irritata perchè usava quella capacità per vedere la figlia di Sebastian... ma non c'era modo di negargli niente quando la guardava con quegli occhioni.

"D'accordo, piccolo." Jace cercò di sorridere ma non riuscì a nascondere completamente la sua preoccupazione. "Andiamo da lei."

"Immagino che dovremo affrontare la situazione prima o poi." Borbottò Clary, aprendo la strada verso la stanza da cui provenivano i vagiti. Magnus era nella camera che suo figlio Max usava quando era all'Istituto e stava apparentemente cercando di dar da mangiare alla bambina che avevano portato con loro dalla Corte Seelie. Lei stava piangendo, la faccia rossa come i suoi capelli, gli occhi serrati e stringeva fra le manine la soffice coperta in cui era avvolta.

Non appena la vide, William pretese di essere messo a terra in modo da poter andare da lei e Magnus guardò Jace e Clary, sollevando un sopracciglio. "Siete sicuri?"

"Will non si lascia distrarre. Qualunque cosa la Regina abbia fatto, Will vuole quella bambina." Disse Jace, guardando suo figlio. "Sii... pronto a tutto."

Lo stregone annuì e poi si abbassò lentamente fino a terra, mostrando la bambina a Will. "Eccola qui, tesoro."

William sorrise e alzò la mano per accarezzare i capelli della bambina.

Nessuno si aspettava quello che successe dopo.

La bimba smise immediatamente di piangere, singhiozzò un paio di volte e si tranquillizzò. Sbadigliò, stiracchiandosi fra le braccia di Magnus e poi aprì gli occhi: erano di un verde profondo, un colore acceso e vibrante.

Clary trattenne il respiro, riconoscendoli immediatamente: quelli erano gli occhi di Sebastian. No, si corresse, quelli erano gli occhi di Jonathan, gli occhi del fratello dei suoi sogni, l'amabile, dolce fratello che lei non aveva mai conosciuto.

Ed erano fermi su William, lo guardavano con totale e completa adorazione.

"Ora Sorella pù tritte." Disse il bambino con ovvia soddisfazione. Nessuno osò contraddirlo.

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Capitolo 22
*** Laetitia - Il Cerchio si chiude ***


"Dobbiamo sapere, Magnus." Disse Jace una settimana dopo, dopo aver messo a letto William. Il piccolo aveva giocato tutto il pomeriggio con Simon e Isabelle, felice come non mai; dal momento in cui era tornato a casa, era stato sommerso da tanto di quell'amore che non smetteva mai di ridere e ogni suo piccolo sorriso guariva una ferita nel cuore dei suoi genitori.

Era straordinario quanto potesse cambiare in così poco tempo: non appena Jia aveva fatto ritorno ad Alicante, aveva fatto sapere al rappresentante dei Vampiri che ogni tentativo di colpire la famiglia Herondale sarebbe stato considerato una dichiarazione di guerra ai Nephilim e sarebbe stato trattato di conseguenza. Di fronte al probabile sterminio della loro intera specie, i Figli della Notte avevano saggiamente deciso di rinunciare ai loro sogni di tornare alla luce del sole ed erano stati ricompensati con il tacito perdono per aver anche solo pensato di allearsi con i Fatati contro gli Shadowhunter. Ovviamente i licantropi erano furibondi per gli attacchi ai loro branchi e quindi ora i vampiri non se la passavano troppo bene, ma finchè la vendetta non avesse superato il limite, i Nephilim erano decisi a non intervenire e lasciare che se la sbrigassero da soli.

Per la prima volta da mesi, Clary e Jace si sentivano al sicuro. Le fate erano ancora sconvolte per la perdita della loro Regina e stavano cercando di sopravvivere e scegliere un nuovo regnante fra i parenti della defunta. Stranamente l'emissario delle fate Seelie mandato al Conclave sembrava quasi sollevato che la vecchia Regina fosse morta.

"Non ci avrei mai creduto," aveva commentato Clary, di ritorno da una delle sedute del Consiglio, "ma credo che i fatati fossero stanchi di dover sopportare la Regina e il suo odio per gli Shadowhunter. Sembra che questo ambasciatore stia davvero cercando di lavorare con noi per stabilizzare il Regno Fatato, dice che è ora di ricostruire."

E Jace ne sapeva qualcosa perchè si stava mantenendo in contatto sia con l'ambasciatore sia con Jia, per assicurarsi che ai fatati fossero risparmiate ulteriori punizioni: lo doveva a Kaelie.

Quello che non piaceva a nessuno invece, era la comparsa a Idris di Spyra, la Principessa Unseelie. Era venuta per perorare la richiesta del fratello di separare formalmente la sua razza dalle fate Seelie e gli Herondale e i Lightwood erano costretti dalla promessa di Alec al Re della Corte Unseelie a sostenere le sue dichiarazioni davanti al Consiglio. Era una cosa che detestavano, ma lo stavano facendo comunque. Uno Shadowhunter onora sempre le sue promesse.

A parte le sedute del Consiglio però, Jace e Clary non andavano mai a Idris e non rimanevano mai per più tempo del necessario. Avevano faccende personali da sistemare a casa... come decidere cosa fare della figlia di Sebastian.

"Siete sicuri?" Chiese Magnus, guardando Jace. "Forse potremmo aspettare un altro po'."

"No." Clary era con loro, fuori dalla porta della camera dove dormivano William e la bambina. "William non vuole stare senza di lei. Piange se non sono insieme, e lei piange quando è da sola. Dobbiamo affrontare la possibilità che siano in qualche modo legati."

"E se lo fossero?" Chiese Alec, appoggiandosi al muro di fianco alla porta. Anche Isabelle e Simon erano lì e li guardavano preoccupati.

"Non lo so." Sospirò Jace. "Kaelie diceva che la bambina era sempre malata, che era debole, ma non ha mai nemmeno sternutito da quando è qui. E i suoi occhi sono verdi, non neri. Forse Will l'ha guarita davvero e questo li ha legati insieme."

Magnus scosse la testa, guardandolo. "Sono abbastanza sicuro che non sia accaduto. Deve esserci uno scambio per legare insieme due persone e non credo che la bambina abbia mai dato niente a Will. La Regina avrebbe dovuto infrangere il cristallo per somministrare a William il sangue della piccola e in quel caso non sarebbe stato sufficiente condividerlo con la magia. Avrebbe dovuto estrarlo da lei e questo avrebbe significato indebolirla: non avrebbe mai rischiato di farlo prima di essere sicura che lei fosse guarita."

Ci fu un momento di silenzio prima che Magnus riprendesse. "Onestamente penso che dovremmo considerare la possibilità che si vogliano bene come fratelli. Semplice amore, senza nessuna magia oscura coinvolta. Will è passato attraverso l'inferno negli ultimi mesi e gli è stato ripetuto fino alla nausea che la bambina è sua sorella. E lei lo riconosce perchè ha il suo sangue nelle vene."

Jace e Clary si scambiarono uno sguardo strano e Simon fischiò, annuendo. "Oh, ora capisco, Fray. Voi due vi state affezionando alla bambina, vero? E prima di innamorarvi definitivamente e perdutamente di lei, avete bisogno di sapere se è malvagia o no."

"Io non... lei non..." Tentò di rispondere Clary, ma poi ci rinunciò guardando il suo parabatai. "Sei frustrante, Simon."

"E' che ti conosco. A volte più di quanto tu non conosca te stessa."

"E' solo che..." Jace si passò nervoso la mano fra i capelli. "Stava piangendo prima. Piangeva e non si fermava. Poi Clary l'ha presa in braccio, lei l'ha guardata e mi ha afferrato un dito. Si è rilassata fra le braccia di Clary e si è addormentata stringendomi il dito. Non voleva lasciarmi, così ci siamo seduti e poi è arrivato William, mi si è arrampicato in braccio ed è rimasto lì con questo sorriso che..."

Guardò la sua famiglia e sospirò. "Dobbiamo sapere se sta bene, dobbiamo sapere che starà... bene. Che non si ammalerà o che non crescerà solo per diventare un mostro che saremo costretti a fermare. Capite?"

"Ti dirò una cosa, Jace." Disse Alec, le braccia incrociate davanti al petto. "Ti ricordi quando è morto Hodge? Gli hai chiesto perchè non ti avesse mai detto niente di Valentine e di quello che ti aveva fatto. Ricordi cosa ti ha risposto?"

Jace rimase in silenzio per un minuto prima di mormorare. "Ha detto che non sapeva con sicurezza chi io fossi. E che sperava che l'educazione contasse più del sangue."

"Se ami questa bambina, puoi fare la differenza." Continuò Alec, annuendo. "Anche se il sangue di Sebastian fosse ancora in lei, puoi aiutarla a ignorarlo. Sebastian è stato cresciuto nell'odio e nel rancore, questa bambina sarebbe protetta. Saprebbe cosa vuol dire amare."

"Oh fratello, hai un cuore così tenero." Sussurrò Isabelle, appoggiando la testa alla spalla di Alec. "Ma ha ragione lui. Odiavo Sebastian, lo sapete. Ha ucciso Max. Ma onestamente, guardo sua figlia e vedo solo una bambina. Non vedo niente di lui in lei. Lei sorride. Ride. E' innocente."

"E qualunque rituale facessi per assicurarmi che il sangue di demone sia svanito, le farebbe del male." Aggiunse Magnus. "Dovrei controllare se reagisce a qualcosa di demoniaco e non sarebbe facile per lei, soprattutto se è guarita davvero e il sangue angelico di William ha rimpiazzato il suo."

"E se..." Chiese Clary dopo un momento di silenzio. "E se fosse un errore? Se il sangue fosse più importante dell'educazione? Che succederà se quando cresce ci accorgiamo di aver fatto la scelta sbagliata?"

"Non puoi saperlo." Simon fece un passo avanti verso di lei. "Nessuno può. Il sangue non è l'unica cosa che ci fa diventare malvagi, sai. Pensi che Dart Fener abbia ceduto al Lato Oscuro della Forza perchè era scritto nel suo DNA? Ha!"

Clary lo colpì sulla spalla, cercando di non ridere. "Solo tu potevi tirare fuori un riferimento a Guerre Stellari proprio ora, Simon."

"Ehi, ma è vero!" Insistette lui. "E guarda cosa è successo. Ha ceduto al Lato Oscuro, ha fatto un sacco di cose orrende, ma alla fine ha ritrovato se stesso e ha salvato tutti."

"Nel suo essere un nerd, ha ragione, Clary." Isabelle non fingeva nemmeno di non stare ridendo. "Le cose succedono. La vita succede. Può andare bene e può andare male, ma alla fine non possiamo fare altro che il nostro meglio."

Clary stava per rispondere quando un improvviso grido di protesta si levò dalla porta dietro di lei e lei si precipitò dentro per controllare. Un secondo dopo, il pianto cessò e lei tornò fuori con un soffice fagottino fra le braccia. La bambina era sveglia, gli occhi verdi aperti e curiosi, un ciuccio in bocca che lei succhiava religiosamente. Una mano afferrò una ciocca dei capelli rossi di Clary e cominciò a girarla fra le dita, affascinata dalla trama.

"Will sta ancora dormendo. L'ho presa prima che lo svegliasse." Bisbigliò, tenendo la bambina con cura.

"Io dico di chiamarla Leila." Disse Simon all'improvviso, guardando la piccola avvolta nella sua copertina rosa. "Così ricorderà sempre che può essere un Jedi e non un Sith."

"Sul mio cadavere, Lovelace." Jace gli diede un buffetto sulla testa. "E comunque abbiamo già un nome per lei."

Calò il silenzio quando tutti capirono improvvisamente che la decisione era stata presa: dare alla bambina un nome significava che l'avrebbero tenuta, nel bene e nel male. Non l'avrebbero sottoposta a nessun esame, non le avrebbero fatto del male in quel modo. Tutto quello che potevano fare era amarla, renderla parte di una famiglia che l'avrebbe protetta e adorata tutta la sua vita. E, anche se sembrava strano, dato che era la figlia del loro peggior nemico, nel loro cuore loro sentivano che era la cosa giusta.

"Allora, come si chiama?" Chiese Isabelle, un sorriso sulle labbra.

"Il suo nome è Laetitia." Rispose dolcemente Clary.

"La traduzione latina di Gioia?" Alec sollevò un sopracciglio, guardandola. "Di sicuro sorride abbastanza da meritarsi quel nome."

"E' di buon augurio." Mormorò Jace, raggiungendo Clary e accarezzando la testa della piccola. "E' nata nel dolore, nell'odio e nella malattia. Ora vogliamo augurarle ogni gioia, vogliamo che si senta sempre amata, che sorrida sempre."

"E poi," sorrise orgogliosamente, "mi piace come suona con il mio cognome. Decisamente figo."

"Laetitia Herondale." Sorrise Clary, chinandosi per baciare la fronte della bambina. "Nostra figlia. Benvenuta a casa, tesoro."

 
***

 Si gelava quel giorno a Idris, ma il cielo era sereno. La neve copriva gli alberi, proprio come due settimane prima, quando Clary era stata al Lago Lyn per l'ultima volta. Eppure era cambiato tutto.

Clary portò il passeggino in cui Laetitia dormiva verso l'acqua e guardò suo marito e suo figlio giocare nella neve. William stava prendendo a palle di neve suo padre e Jace rideva nel fare da bersaglio.

"Ciao Jonathan." Chiamò dolcemente. "Immagino che non mi aspettassi così presto, vero? Dopotutto l'ultima volta che sono venuta qui, ti ho maledetto."

Sospirò e accarezzò gentilmente la guancia di sua figlia.

"Le cose sono cambiate. Ancora. E questa volta per il meglio. William è tornato e grazie all'Angelo sta bene. E' stato solo un inganno crudele, ma in qualche modo sono grata per questo, perchè almeno so che è sano. Parla di nuovo adesso e la mia gioia più grande è sentirlo chiamare me. Ogni volta che dice Mamma, non posso che sciogliermi. Ci può essere un bambino più dolce di così?"

Guardando l'acqua calma, continuò. "E' stata dura. Lo è ancora. Ma sto guarendo e posso ringraziare Jace per questo: è così paziente con me, così amorevole. A volte mi sento un'adolescente, con lui, a contare tutti i passi che facciamo insieme. E no, non intendo dirti a che punto siamo io e lui... andiamo, sarebbe disgustoso, fratello."

Sorrise, una luce segreta, felice, negli occhi. "Ma sta andando bene e andrà sempre meglio. Non lascerò che Jiliel mi porti via tutto questo, come ha cercato di fare. Non gli darò quel tipo di potere su di me. Quindi si, starò benissimo."

Sollevò gentilmente Laetitia dal passeggino e la bambina si svegliò lentamente, sbadigliando e stiracchiandosi. Guardandola, Clary sorrise ancora.

"Sono venuta oggi perchè voglio che tu incontri qualcuno di speciale. Non ne hai mai avuto l'occasione, ma credo che sia importante presentarvi: questa è tua figlia, Laetitia." La baciò e la tenne in braccio, sollevata vicino al suo viso. "La gente pensa che sia un'orfana che io e Jace abbiamo adottato dopo l'ultima battaglia con i Fatati e va bene così. Stiamo lavorando alla pace con loro, in modo che lei non debba mai soffrire come è successo a Helen e Mark Blackthorn. La crescerò come se fosse mia figlia e ti prometto che l'amerò come se l'avessi partorita io. Sarà protetta, adorata, ci prenderemo cura di lei. Proprio come sarebbe dovuto succedere a te, fratello. E un giorno, quando sarà grande abbastanza, Jace e io le diremo la verità e ci assicureremo che conosca il vero te, quello che non ha mai avuto la possibilità di esistere. Te lo prometto."

Clary abbracciò forte Laetitia e all'improvviso la bambina si girò, guardando il lago. Sorrise e allungò la manina, come se stesse afferrando qualcosa, proprio nel momento in cui una strana brezza tiepida accarezzava lei e Clary. Clary chiuse gli occhi, lasciando che il vento le passasse sulle guance e sollevò il viso verso il sole, mentre un sommesso "Grazie" le sussurrava all'orecchio, prima di venire portato via dalla brezza, in alto nel cielo, verso la luce.

William rise dietro di lei e Clary vide che lui e Jace si stavano avvicinando.

Baciò di nuovo sua figlia, la sistemò nel passeggino e si unì con lei al resto della sua famiglia per giocare nella neve.




FINE



***

Nota dell'Autrice: E questo è tutto, gente. Sto sorridendo così tanto al momento che mi fa male la mascella, sono così felice di avercela fatta!

Come avete visto non sono saltata avanti nel tempo per vedere cosa succederà a Will e Laetitia perchè non so come cresceranno. Ho lasciato quella porta aperta e condivido la speranza di Jace e Clary che Laetitia crescerà per diventare una giovane donna felice e amorevole perchè è stata cresciuta così, amata e protetta da sempre. E' come voglio immaginarla ed è il mio tributo a Jonathan Morgenstern e all'uomo che avrebbe potuto essere se fosse stato allevato con amore e non con odio.

Una spiegazione per il nome Laetitia. Perchè l'ho scelto? Volevo un nome che augurasse alla bambina buona fortuna per la sua vita e ci ho pensato a lungo. La scelta più ovvia era Hope che significa Speranza (ricordate che questa fanfic è stata scritta prima in inglese e solo dopo ho deciso di riscriverla in italiano e pubblicarla qui) ma non mi piaceva. Poi mi è venuto in mente Dawn, Alba, come inizio di un nuovo giorno, una nuova vita. E infine sono arrivata a Joy, Gioia e ho sentito che era il nome giusto. Ma non mi piaceva come suonava! Ho cercato nomi che significassero Gioia in lingue diverse e ho trovato Laetitia, il nome latino. Il nostro Letizia, per dire. Dal momento che per gli Shadowhunter il latino è una lingua studiata e conosciuta, ho pensato, perchè no? E mi piaceva come suonava. E così la bimba è diventata Laetitia :)

 Ho cominciato questa fanfiction un anno fa, quando uscivano le prime storie dell'Accademia, ma mi sono rifiutata di pubblicare i capitoli finchè non ho terminato l'intera storia, perchè mi conosco: sono passata attraverso periodi di tempo molto lunghi in cui non riuscivo a scrivere una riga perchè la vita di una moglie e madre di due bimbi piccoli non è facile ^^

E poi le storie dell'Accademia continuavano a uscire e io continuavo ad aggiungere dettagli presi da lì, come il mio nominare il piccolo Max Lightwood, o il cognome di Simon. Non so nemmeno quante volte ho corretto i capitoli, aggiungendo cose qui e là, cambiando le parole... è stato un lavoro infinito ma l'ho amato dall'inizio alla fine e sono felice della mia decisione di tenere in sospeso questa fanfiction fino a quando l'ho conclusa: in questo modo mi sono assicurata di aver detto tutto quello che intendevo dire e nel modo in cui volevo farlo. Ho cercato di darvi una storia il più perfetta possibile.

Non so se scriverò di nuovo qualcosa, come ho detto i miei personali Will e Laetitia mi tengono molto occupata, ma mai dire mai! Ho qualche idea, ma sarebbero comunque storie completamente AU, come la mia oneshot. In ogni caso, se pubblicassi di nuovo qualcosa, almeno saprete che ci arriverò in fondo perchè non mostrerò mai più un mio lavoro senza averlo prima terminato: ho imparato quella lezione con un altro paio di fanfic (in inglese e riguardanti un altro fandom), che non ho mai finito.

Cos'altro posso dire? Ho amato questa storia con tutto il mio cuore e anche sentire le vostre opinioni e fare questo viaggio insieme. Spero che la mia fantasia vi abbia tenuto un po' di compagnia in questo paio di mesi.

Grazie a tutti, dal profondo del mio cuore! E' stato un bellissimo viaggio :)

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