punto e a capo

di Staffi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un natale da ricordare ***
Capitolo 2: *** i vorrei, non vorrei, ma se vuoi... ***



Capitolo 1
*** un natale da ricordare ***


Un’atmosfera natalizia degna di questo nome. L’albero scintillante a fare luce nella sala da pranzo in penombra. Candele rosse sul tavolo imbandito illuminavano il classico pollo alle prugne cucinato da Renzo, che, da quando era tornata Carmen, di sicuro con quel piatto aveva qualcosa da farsi perdonare. Tutti erano come risucchiati dal vortice del Natale. Anche Livietta, che per quei giorni di regali da comprare e passeggiate per le vie strepitosamente addobbate di Torino, aveva sotterrato lascia di guerra e quasi dimenticato di essere stata “deportata “ in quella gelida città. Tutti, tutti tranne Camilla che ,assorta nei suoi pensieri, quasi non aveva toccato cibo. Anche l’arrosto di Andreina era passato inosservato alla sua rinomata golosità. Da quando era stata chiusa in quell’ armadio col commissario, non faceva altro che pensare a quelle labbra in fiamme, che scendevano voraci sul suo collo e a lei che chinandolo ne facilitava la discesa. Pensava a quei corpi perfettamente aderenti l’uno all’altro e a quelle mani che, purtroppo o per fortuna, erano legate dietro la schiena, o avrebbero fatto follie tra gli abiti ormai cascati, dalle grucce ai loro piedi ,dal troppo movimento. Soprattutto pensava a quanto poco le importasse e quanto invece la eccitasse ,in quel momento privo di razionalità , il possibile arrivo di suo marito. Essere scoperti da Renzo era l’ultimo dei loro pensieri. C’erano loro. E nient’altro. Era sbagliato. Era tutto sbagliato e lei lo sapeva. Aveva scelto di non sceglierlo, ma la coscienza la tradiva ogni notte, facendola spogliare da due mani che non erano quelle di suo marito, facendo perlustrare il suo corpo da due occhi, limpidi acque marine. Sognava di fare l’amore con lui ogni volta che metteva la testa sul cuscino, in un modo che non le era familiare, ma la mandava su di giri come non si ricordava fosse mai successo con Renzo. Quel che è peggio è che non solo la notte non le portava consiglio, ma come quella sera a cena, ultimamente le capitava spesso d’immaginare di abbandonarsi fra le sue braccia anche di giorno. Proprio lei reduce da un tradimento e da tutto ciò che esso comporta, si stava immaginando a letto con un altro. E non uno qualsiasi, proprio QUELL’ALTRO. Si detestava per questo, ma era tutto così vivo, così vero, da prescindere dalla sua volontà. Tra un pensiero e l’altro, i regali da scartare non si contavano più . Come al solito Andreina aveva esagerato con quelli sua nipote, che dopo quella sera aveva un guardaroba completamente nuovo. “Mamma, io dovrei andare. Mi ha appena scritto Greg, è qui sotto. Ricordi che stasera vado con lui alla Rotonda? “ “si, la mamma se lo ricorda. Ma tu ti ricordi anche che io vi accompagno e aspetto lì fuori finché non esci?” Rispose Renzo . “Si. E come faccio a dimenticarlo.” Ribattè lei con tono seccato. “E dai renzo, lasciamoli andare per una sera!” Disse Camilla ,implorando l’architetto di sentire ragione. “ Non ci pensare nemmeno. Ci vediamo domattina.” “Se mi aspettate scendo anche io con voi. Abbiamo organizzato con il gruppo di pianoforte di mangiare una fetta di panettone insieme per augurarci buon natale. Anzi anche il mio cavaliere è già di sotto che mi aspetta.” Disse Andreina dandosi un ultimo sguardo allo specchietto della cipria. Pochi minuti di via vai per casa, tra scarpe da cambiare e giacche da indossare, poi, il silenzio. “siamo rimasti io e te, Potty.” Prese in braccio il suo più stretto confidente e accarezzandogli un orecchio continuò “Lo so, ti sei accorto che ultimamente sono più distratta e sbadata del solito. Non so nemmeno io cosa mi stia succedendo, ma è meglio che io rimanga lontana dal nostro vicino, troppo vicino. Almeno per un po’. È vero che mi mancano i vermouth insieme, le fughe in commissariato.. “ Un abbaio secco e potente. Era solo un cane, ma era sempre stato la vera voce della sua coscienza. “Si, certo che avrei voglia di vederlo. Ma con che faccia? Ho sognato cose impronunciabile sul suo conto! In ogni sogno eravamo sempre nudi e sudati marci! No. Non ci vado da lui. Anzi adesso prendiamo tutti un po’ d’aria, tanto lui è a casa con Tommy e non c’è alcun rischio che io lo incontri.” Il cortile era tutto illuminato, anche in portineria si respirava aria natalizia. Potty correva da una parte all’altra del giardino annusando ogni angolo disponibile, mentre Camilla pazzeggiava nervosamente, cercando di non pensare. “Camilla!” Una voce familiare sbucò dalle sue spalle. Fece un balzo. Il cuore le era finito in gola dallo spavento. “Gaetano! Ma sei matto? Mi hai fatto morire d’infarto! “ Lui, completamente sudato, stava tornando da una corretta serale. Alla vista di lui bagnato dal sudore, Camilla deglutì. “Scusa, non volevo spaventarti. Ma che è ci fai qui? Non si festeggia stasera ?” “Si, cioè, no.… “ sospirò “ allora, abbiamo cenato e poi livietta è uscita con greg, renzo li ha accompagnati e aspetterà li fino alla fine della festa e mia madre è uscita con il gruppo di pianoforte. Ma tu? Non dovresti essere con Tommy?” “ Cambio di programma. Sarà con me a capodanno, perché Eva deve partire subito dopo natale. Ma dai visto che siamo soli tutti e due vieni su a prendere un vermouth!” Disse lui, poggiandole una mano sulla spalla. Al contatto con quella mano calda e forte il blackout dei suoi pensieri fu immediato. “ No. Non posso.” Disse subito lei tagliando a corto il discorso. “ E dai prof! Vorrai mica lasciarmi solo il giorno di natale? E poi volevo farti vedere gli addobbi che ho messo in giro per casa. È il primo natale di tommy e soprattutto è la prima volta che ho un motivo per festeggiare. Deve essere il natale più bello che mio figlio abbia mai avuto” “ e va bene. Andiamo potty! “ Le decorazioni partivano dalla porta di casa, sulla quale il vischio scendeva delicato. Entrarono e una miriade di luci rallegravano l’ambiente. Un albero di natale pieno di regali ancora da scartare, un po’ troppo pieno di palline, forse, ma in fondo bisognava apprezzare l’impegno . Era diventato un papà invidiabile. Il cambiamento da latin Lover a padre di famiglia era stato rapido ed ineccepibile e questo era un altro punto a suo favore. Camilla si sedette sul divano, mentre Gaetano, dopo aver tolto la felpa , era intento a preparare i due drink. “È parecchio che non ci vediamo?” Esordì il commissario per rompere il silenzio. “Si. Lo so” Il suo imbarazzo era palese e lui sapeva a benissimo il perché. Il turbinio di passione che li aveva travolti in quell ’ armadio era apparso chiaro anche a lui. Lei sentiva nei suoi confronti la sua stessa attrazione. Come il polo positivo è attratto da quello negativo. Ma voleva sentirlo dire da lei. Voleva vedere il desiderio crescere nei suoi occhi, sulle sue labbra, nelle sue mani. “Cosa c’è che non va? “ disse col suo solito ghigno. “Sembri nervosa, imbarazzata. “ Si spostò dal divano per sedersi pochi centimetri più avanti, a toccare le sue ginocchia. Poi riprese: “ per caso sono io la causa di questo imbarazzo, o meglio, è per quello che è successo qualche pomeriggio fa? Infondo non abbiamo avuto modo di confrontarci, di parlarci. Anche perché sei sparita” Camilla non aveva ascoltato mezza parola. La sua vicinanza era troppo pericolosa. Alternava lo sguardo tra i pettorali e gli addominali del commissario, disegnati dal sudore sotto la t-shirt bagnata e appiccicata al suo corpo. Si sentiva bollente e di nuovo quei pensieri le passavano davanti come un film proibito ai minori. Doveva uscire dal quella stanza quanto prima e andare quanto più lontano fosse possibile dalla sua più tremenda e meravigliosa tentazione. Si alzò di scatto. “È tardi devo andare. Potty! Potty andiamo a casa!” “scappa,scappa..” Una prova di quel che sospettava l’aveva appena avuta. Non voleva forzare la mano e da vero cavaliere, precedendola, la accompagnò e le aprì la porta lasciandole la vista del suo fondoschiena talmente sodo da attirare morsi. Gaetano, si fermò di colpo sulla porta .Lei quasi gli finiva addosso. Indietreggiò. “Oh, Guarda – continuò indicando sopra le loro teste- vischio” Disse lui avvicinandosi pericolosamente . Era talmente tanto vicino da provocarle vertigini. “Sai cosa si fa sotto il vischio, professoressa? “ Un attimo di silenzio durato un’eternità. Era spiazzata da quegli occhi così magnetici da pietrificarla davanti alla porta. “ Si” Un sibilo uscì dalla sua bocca che quasi non si sentì neanche lei. “Non ho sentito” Replicò il commissario sbalordito. “ Si che lo so.” Fu un attimo. Gli buttò le braccia al collo, incollando le labbra alle sue in un bacio impetuoso, vorace, che quasi sembrava volerlo mangiare. Chiuse la porta alle sue spalle con un piede, per evitare di perdere anche un solo secondo di quel bacio desiderato da troppo tempo. Il commissario incredulo approfittò di quell’attimo per riprendere fiato. La guardò. Lo sguardo interrogativo aveva mille domande, ma lei lo zittì prima ancora che parlasse. “Non dire una parola, o mi fermo qui!” Riprese a baciarlo spingendolo fino in camera. Da quel momento ogni barlume di razionalità era sparito nel vortice della passione. Governati dal solo istinto. era un continuo cercarsi e trovarsi fra quelle lenzuola ormai completamente disfatte. Le mani perlustravano ogni centimetro dei loro corpi, fino ad allora solo immaginati e bramati fortemente da entrambi. Finalmente tutti quegli anni di attese e di rinunce, costate non poco, avevano trovato la loro dimensione. Poi, la quiete dopo la tempesta. Baci lenti e delicati si appoggiavano sulle sue spalle nude, accarezzati dai ricci scompigliati dalla troppa foga. Il viso della donna era disteso, rilassato, soddisfatto. Aveva desiderato da troppo tempo quel momento. Si lasciò cullare dal profumo delle braccia possenti del commissario. Sapeva che quel natale l’avrebbe ricordato per tutta la vita, perché proprio quel giorno, senza rendersene conto erano divenuti amanti .

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Capitolo 2
*** i vorrei, non vorrei, ma se vuoi... ***


Occhi chiusi. Respiro lento, profondo. Il meritato riposo per aver corso dietro quella donna per 8 lunghissimi anni. Quanta rinunce per sentire quella pelle chiara e delicata sotto le mani, per vedere il sorriso brillare in quelle due nocciole, sapendo di esserne la ragione. Quanta pazienza per possedere quelle labbra. Le stesse labbra che ,in quel momento di pura follia , l’avevano fatto prigioniero in casa sua, costringendolo a liberare i più bassi istinti e più alti sentimenti. Forse l’unica costrizione accettata con una resa completa di se stesso, nelle mani della donna più intelligente, intrigante e sexy che avesse mai visto. Non era una bellezza esplosiva, di quelle che per strada ti giri a guardare. Era molto, molto di più. Una volta entrato nella sua vita, uscirne era impossibile. Una magnifica agonia durata troppi anni che, bacio dopo bacio, era stata lentamente sotterrata nei meandri delle lenzuola di raso blu. Aveva sperato in quel momento , forse, da poco dopo il loro primo incontro. O giù di lì. Ma finalmente era sua. Lei lo aveva scelto liberamente, come se fosse la cosa più normale del mondo. Allungò il braccio poco più in là del suo petto ancora nudo. Voleva assicurarsi che il più bello dei risvegli fosse al suo fianco. Il materasso freddo e vuoto. Solo il suo foulard era rimasto sul cuscino, lanciato senza guardare per la troppa foga e dimenticato lì per la fretta di fuggire via dalla sua stessa volontà. La guerra tra mente e cuore della sua prof, era appena ricominciata. Una a resa temporanea lunga qualche ora appena, per poi tornare nella trincea dei sensi di colpa per essere una donna impegnata. Occhi aperti. Il laser della sveglia puntava sul soffitto. Era appena scoccata la mezzanotte. Prese il cellulare poggiato sul comodino, ma nessun messaggio era in memoria. Fu lui il primo a scrivere. Facendo le scale di corsa, seguita da potty che a stento riusciva a starle dietro, non si accorse nemmeno della vibrazione nella sua tasca. Arrivata alla porta tirò un sospirò a pieni polmoni. Appoggiando la schiena alla porta di casa, portò le mani al volto. Ancora sapevano di lui e , nonostante un attimo prima fosse logorata dal senso di colpa, quel profumo fece da calmante. Per liberarsene, almeno temporaneamente, fece scorrere le mani sui capelli. Era ora di rientrare. La porta si aprì prima ancora che potesse tirare fuori le chiavi incastrate nella tasca dei jeans. Rimasero a guardarsi un ‘istante. Quello sguardo lei lo conosceva perfettamente e gli occhi da cui proveniva conoscevano perfettamente lei, meglio di chiunque altro al mondo. “passeggiata notturna ?” “mamma! Mi hai spaventata! ero in cortile con potty” Disse cercando di evitare ogni contatto visivo. Non aveva mai saputo mentire a sua madre. “ strano, perché io sono arrivata da poco e sotto non c’era proprio nessuno. Sarà l’età che avanza. Buona notte, tesoro” Lei rispose Andreina, con aria sarcastica , dirigendosi verso camera sua. Lei fece lo stesso. Tappa in bagno e poi di filato a letto. Non aveva fatto una doccia molto lunga per paura che la meraviglia appena successa col commissario scivolasse via insieme alla schiuma, senza rendesi conto che certe cose non rimangono sulla pelle, ma nella pelle. Sullo schermo del telefono, abbandonato sul comodino, una luce blu lampeggiava ad intermittenza. Non era sicura di volerlo leggere, non serviva una veggente per indovinare il mittente di quel messaggio. Come volevasi dimostrare, l’ sms proveniva da una sola scala più in là. “scattata la mezzanotte sei fuggita via. Come da copione, Cenerentola. Domani guarderò bene se nelle scale hai perso la scarpetta, perché se così fosse ti cercherei per tutto il regno per sentire un ~e vissero felici e contenti ~ . Sogni D’oro “ Occhi sognanti. Aveva letto e riletto quelle parole mille volte, prima di accorgersi che stava fantasticando sulle parole del suo amante. Lei. Proprio lei, leale e coerente, legata a principi morali solidi. Lei che aveva patito le pene dell’inferno tornata da Barcellona. Proprio lei che non avrebbe augurato quel dolore al suo peggior nemico, l’aveva appena combinato a suo marito violando la prima regola di un matrimonio. Giurata e spergiurava a se stessa che quella sarebbe stata la prima ed ultima volta. Non avrebbe permesso all’istinto di sopraffare la ragione. Per nessun motivo al mondo avrebbe minato il patto di solidarietà amorosa Le chiavi di Renzo giravano nella toppa . Si raggomitolò sotto le coperte, sentendo il cuore accelerare ad ogni passo che avvicinavano il marito al suo lato del letto. Chiuse gli occhi, sperando che l’architetto avesse sonno. Almeno lui. Lo sentì infilarsi rapidamente nel letto. L’aveva scampata, almeno per quella notte. La luce del mattino filtrava dalle serrande. Non era riuscita a chiudere occhio. Si alzò dal letto e prese a vestirsi con gli abiti che la notte precedente aveva appoggiato sulla sedia. All’appello mancava solo il suo foulard, regalato le da Renzo quello stesso natale. Doveva recuperarlo e nonostante volesse star lontano da quel vicino, troppo vicino, dovette Concordare con Gaetano di vedersi. Rigorosamente in un luogo pubblico, pieno di gente e che non la mettesse in condizione di mettere a dura prova la sua forza di volontà. Solo un ora più tardi era davanti alla porta del commissariato il luogo stabilito. Essendo di casa, non si fece annunciare. Si assicurò che il vicequestore fosse libero e dopo aver bussato, entrò insieme al suo imbarazzo. Il suo foulard le saltò immediatamente all’occhio, dato che proprio lui lo stava indossando, comodamente seduto sulla sua poltrona. “Buongiorno Cenerentola! Dormito bene?” Si alzò dalla sedia e molto lentamente si appoggiò alla scrivania, proprio davanti a lei. Il suo volto sfoggiava il più bello dei sorrisi che gli avesse mai visto indossare. “ Diciamo di sì, ma non ne voglio parlare adesso. Non è il luogo, ne il momento adatto. Mi dai la mia sciarpa?” Dille lei allungando il braccio. “ Non così in fretta, mia cara. Non te la meriti, sai. “ Tolse la sciarpa dal collo e sventolandola cominciò a girare intorno. “ Dai, Gaetano, dammi la sciarpa. Hai voglia di giocare, stamattina? “ I muscoli sfuggirono al suo controllo e un sorriso, che sembrava lo specchio di quello del vicequestore si lasciò andare sul suo viso. Lui Non parlava, faceva solo segno di no con la testa continuando la circumnavigazione del suo corpo, senza mai abbassare lo sguardo. “E dai, per favore “ Si fermò di scatto, davanti a lei. La prof di qualche tempo prima avrebbe cercato un escamotage per sfuggire a quella situazione. Ma lei no. Ferma, immobile reggeva il suo sguardo. “ La vuoi?” Lei si limitò ad annuire con un cenno del capo. “Voglio qualcosa in cambio” Non poteva essere più vicino di così. “Gaetano non possiamo. Anzi, non posso. Perciò allontanati!” “ E va bene, come vuoi. Ecco la tua sciarpa.” Mentre recuperava la sciarpa, le venne naturale pensare a quanto presto si fosse arreso. Forse sarebbe stato meglio dimenticare quella notte, per salvaguardare l’amicizia che li legava da tanti anni e il suo matrimonio ancora con i cocci da rimettere a posto. “ Ci vediamo” Proprio mentre gli voltata le spalle, la prese un braccio la voltò e le rubò un bacio, che senza nemmeno accorgersene anche lei stava ricambiando. Aveva detto bene. Non poteva, perché se fosse dipeso dalla sua volontà l’epilogo di quel bacio sarebbe stato un altro. “Ci vediamo stasera. Avrai una cena di natale con i colleghi. Ti porto in un posto speciale.” Le

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