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di Michaelssmile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stupido, inutile Lunedì. ***
Capitolo 2: *** Porca pu...zzola! ***
Capitolo 3: *** Chi l'avrebbe mai detto... ***
Capitolo 4: *** Gioco di sguardi ***
Capitolo 5: *** Pensiero fisso. ***
Capitolo 6: *** Dolce, indistruttibile chimica... ***
Capitolo 7: *** Disconnected ***
Capitolo 8: *** Oh my... BOOM. ***
Capitolo 9: *** I'm With You ***
Capitolo 10: *** TIVANOFAUVUF VEX ***
Capitolo 11: *** Willpower ***



Capitolo 1
*** Stupido, inutile Lunedì. ***





                                                                                          


                   
                                                                               1. Stupido, inutile Lunedì.



 
Strizzo gli occhi ripetutamente, cercando di coprirmi il viso con la mano dai raggi di sole provenienti dalla mia finestra, e mi chiedo, per l’ennesima volta, per quale assurdo motivo esista il lunedì mattina: perché deve esistere un giorno che non piace a nessuno? Qualche ora di sonno in più non mi sembra una richiesta così assurda.
Allungo il braccio verso il comodino e prendo il cellulare poggiatoci sopra; sbadiglio rumorosamente ancora un paio di volte, prima che lo schermo si illumini una volta per tutte, mostrandomi finalmente l’ora: le 7,30. Bene: non solo non ho alcuna voglia di fare qualcosa, ma ora devo anche darmi una mossa.
Faccio finta di non vedere i tre messaggi appena ricevuti, essendo già a conoscenza dei mittenti, e, dopo essermi messa l’anima in pace, decido finalmente di alzarmi.
Barcollo, ancora non completamente sveglia, mi gratto pigramente i capelli, e mi chiudo in bagno prima che qualcuno osi precedermi. Dopo aver svuotato la vescica, mi avvicino al lavandino e osservo la mia immagine riflessa nello specchio: con mia grande seccatura, noto di avere gli occhi come quelli di un panda - un po' per le occhiaie, un po' per il trucco rimasto da ieri - e i capelli completamente fuori controllo. Prendo due dischetti e dello struccante, iniziando a strofinare sulle palpebre, mentre sento mia madre al piano di sotto che prepara la colazione: in effetti, ora che ci penso, non mi dispiacerebbe mettere qualcosa sotto i denti.
Nonostante continui a strofinare per alcuni minuti, questo benedetto trucco sbavato non ne vuole proprio sapere di venire via. A mali estremi, estremi rimedi: apro l'acqua del lavandino, impugno di nuovo i dischetti e, con una forza degna di un wrestler, mi strucco come si vede. Mi verranno le guance rosse per la troppa irruenza, ma non mi importa: oggi non sono pronta psicologicamente per un ritardo a scuola. Una volta tornata di nuovo al naturale, mi sciacquo velocemente, do' una pettinata veloce ai capelli e corro in camera mia per vestirmi: non c'è niente di meglio che struccarsi energicamente la mattina per darsi una svegliata come si deve.
Afferro dei vesti dalla sedia sbadigliando e, nel momento in cui cerco di infilarmi disperatamente la felpa, sento mia madre urlare dal piano di sotto: «Skyler, il latte lo preferisci freddo o caldo?».
«Mamma, non faccio in tempo nemmeno a vestirmi! Fammi trovare un muffin all'ingresso come sempre, grazie!» urlo di rimando, sistemandomi i capelli al di fuori dell'indumento che ho appena indossato.
Non ce la farò.
Non ce la farò.
Controllo il cellulare... okay, ce la posso ancora fare. Tutto dipende se quel bradipo di mio fratello mi accompagna con la macchina. Provo ad infilarmi i jeans mentre corro in camera di Calum, e spalanco la porta senza nemmeno bussare. 
«Calum Thomas Hood, muovi quel culo! Mi serve un passaggio!» urlo, strappandogli la coperta di dosso.
Cerco di non assumere un'espressione di disgusto quando noto che è in boxer, e gli tiro i primi indumenti che mi trovo davanti.
«L'angioletto di famiglia se l'è presa comoda?» mi sfotte, afferrando i vestiti che gli ho lanciato addosso e indossandoli.  «Sinceramente, non vedo l'ora che inizi a frequentare il corso di guida».
«Se mamma mi desse il permesso, fidati: ora avrei persino la macchina» rispondo ammiccante, abbottonandomi i jeans.
Mio fratello mi rimprovera con lo sguardo ed io alzo le mani in segno di resa. So che ha ragione, visto che i nostri genitori si sono sempre fatti in quattro per non farci mancare nulla, ma alcune volte sento davvero il bisogno della mia indipendenza: non mi permettono di frequentare il corso di guida, non mi fanno stare a una festa oltre la mezzanotte, assumono sempre Calum per farmi da guardia del corpo. Va bene la famiglia protettiva, ma così sforiamo il ridicolo. In fondo, ho diciassette anni, e qui in Australia la patente si prende a sedici.
Esco dalla stanza di mio fratello per farlo vestire in pace, e ne approfitto per truccarmi, infilarmi le scarpe e leggere quei famosi tre messaggi lasciati a morire nel mio cellulare. Una volta essermi infilata le Converse, applico un sottile strato di matita nera nell'interno occhi e del mascara; dopodiché apro la casella dei messaggi, che ora sono diventati magicamente quattro, e subito leggo:
 

3 messaggi → Ash
1 messaggio → Mrs. McCall :
 
 
Leggo subito il buongiorno della mia migliore amica e lascio per ultimi quelli del mio ragazzo. Ashton Fletcher Irwin: migliore amico di Calum, insieme ad un altro ragazzo di nome Luke Hemmings, e mio fidanzato da oltre un anno e mezzo. Tutto iniziato “grazie” a mio fratello, che lo aveva aiutato a farsi avanti. All'inizio, nutrendo anch'io una piccola cotta nei suoi confronti, ero stata più che felice del nostro passo in avanti; ora, invece, sto seriamente pensando di non aver mai dovuto dire di sì. Passiamo praticamente ogni giorno a litigare, per un qualsiasi motivo, anche stupido. Stiamo prendendo le distanze da entrambi i fronti e credo di non poter nemmeno più sperare in una soluzione: ho iniziato a rinunciarci settimane fa. Sembriamo due marionette di una perfetta scenetta per bambini, sotto il comando della mia completa famiglia: mia madre è felice come una Pasqua da quando le abbiamo annunciato della nostra relazione, mio padre credo stia già organizzando il nostro matrimonio e mio fratello, avendomi affidata al suo migliore amico, non potrebbe essere più fiero di noi. Sono arrivata a pensare che, a questo punto, io e Ashton forse non stiamo più insieme per amore reciproco: bensì, per far contente altre persone.
Ieri pomeriggio abbiamo avuto la nostra ennesima litigata e, come sempre, lui è convinto che basti un semplice “scusa” accompagnato da un “buongiorno, cucciola mia” per sistemare le cose: la differenza? Questa volta non ho intenzione di cedere come una perfetta mollacciona.
La causa di questo distanziamento, secondo il mio modesto parere, è legata ad una persona ben specifica: la sua migliore amica Sarah - meglio conosciuta come “Miss Sembro-innocente-ma-sono-una-battona” - che, col pretesto di voler passare più tempo con il suo migliore amico prima che quest'ultimo si diplomi, gli sta appiccicata come una sanguisuga per tutto il giorno. Ho perso il conto di tutti gli appuntamenti rimandati, i passaggi magicamente dimenticati e le uscite sempre più brevi a causa di “contrattempi” che, casualmente, hanno sempre coinvolto anche la biondina in questione.
Ashton continua a sostenere che la mia gelosia sia del tutto insensata, sostenendo di amarmi come il giorno in cui mi ha chiesto di metterci insieme, ma, nonostante il mio continuo annuire e perdonare, sono sempre più convinta che, da un giorno all'altro, beccherò quei due in bagno a riprodursi. Ho sempre sopportato tutto perché, nonostante la sostanziale differenza da alcuni mesi fa, sento ancora un po' di fiducia nei confronti di Ashton, ma la presenza onnipotente di Sarah sta diventando sempre più pesante.
Decido di non rispondergli, e aspetto impazientemente l'arrivo di Calum, rigorosamente sotto le note di Halsey. «Everything is blue:
his pills, his hands, his jeans... » inizio a canticchiare, fin quando la figura di mio fratello sul ciglio della porta non mi fa sobbalzare sul posto.
«Mi scusi, Miss Halsey, ma la scuola ci aspetta» afferma sarcastico, mentre afferro la mia tracolla e lo raggiungo. Lungo le scale gli tiro un pugno leggero sul braccio, e ribatto: «Ma come siamo simpatici stamattina, eh, Thomas?»
«Almeno io ce l'ho un secondo nome, Miss Skyler Hood» riattacca, afferrando le chiavi dal mobile accanto all'ingresso e urlando un saluto ordinario ai nostri genitori.
«Touché» gli concedo, afferrando al volo il mio muffin e precipitandomi fuori. «Addio gente, ci si vede!».
Sia io che Calum ci avviamo a passo svelto verso la macchina e prego tutti i santi possibili di non arrivare in ritardo: questa ragazza non ha mai fatto tardi in quasi quattro anni di liceo e non voglio iniziare di certo proprio oggi. Mio fratello, invece, sembra la mia nemesi: va a scuola solo quando ha voglia, non studia mai, eppure, nonostante tutto, è stato sempre promosso e quest'anno, come se non bastasse, riceverà anche il diploma.
«Allora, come va con Ashton?» mi chiede all'improvviso Calum, continuando a tenere lo sguardo sulla strada.
Assumo un'espressione accigliata nel momento in cui finisce di parlare, e mi giro a guardarlo con un sopracciglio alzato: mio fratello non si è mai preoccupato più di tanto della relazione tra me e il suo migliore amico. Non perché non sia protettivo: semplicemente, ha sempre dato per scontato che vada tutto bene, vista la completa fiducia nei suoi confronti.
«Tutto bene» rispondo, leggermente a disagio, prima che mi si accenda una sorta di lampadina nel cervello. «Aspetta un attimo: ti ha chiesto qualcosa di me?»
Sarebbe tipico di Ashton spifferare tutto agli altri, ma non affrontare mai nulla con la diretta interessata. Il silenzio di Calum non fa altro che confermare la mia ipotesi e, ormai arrivata al limite della sopportazione, mi copro gli occhi con le mani. «Ti prego, dimmi che è uno scherzo».
«Sky, è solo preoccupato per te» risponde mio fratello, in tono protettivo.
Scuoto la testa, non sapendo davvero come reagire. Possibile che, a diciotto anni suonati, quel ragazzo continui ad essere così immaturo? Perché nascondersi dietro le gambe degli altri ed ottenere “informazioni”, piuttosto che affrontare la sottoscritta? Perché non dimostrarmi davvero di voler trovare una soluzione ai nostri problemi?
«Certo, perché, ovviamente, è sempre colpa mia se litighiamo o succede qualcosa» rispondo sarcastica, iniziando a mordicchiarmi una pellicina sul pollice.
«Non ho detto che ha ragione; mi ha solo chiesto cos- » ribatte Calum prontamente, cercando di risanare alla bomba che ha appena lanciato. Dopo questo episodio, sono quasi convinta che mio fratello non si azzarderà più a toccare l'argomento.
«Sai cosa?» lo interrompo, serrando la mascella. «Non lo voglio nemmeno sapere: me ne sbatto altamente di cosa pensa o di cosa ti chiede o dice, quindi evitiamo di ricadere di nuovo nell'argomento, se non ti dispiace».
Scendo dall'auto non appena si ferma nel parcheggio della nostra scuola e, proseguendo come una furia verso l'entrata, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di girarmi verso mio fratello: litigare con lui mi ha sempre fatto male, ma ora, diamine, sono stanca di essere considerata sempre la colpevole impazzita.
Proseguo spedita verso il mio armadietto, non molto lontano dall'entrata, e prendo subito i libri per le ore scolastiche; l'odio che ho provato nemmeno un'ora fa per il lunedì non è niente in confronto a quello che sto provando adesso. Ecco come rovinarmi la giornata: parlare incessantemente di Ashton e della nostra relazione che, poco a poco sta finendo, sempre di più nello scarico del cesso. So che le cose non vanno bene; sentire i pareri degli altri al riguardo è l'ultima cosa che mi serve al momento.
Mentre cerco in tutti i modi di non strappare il libro di fisica per la troppa rabbia, la campanella dell'inizio delle lezioni suona e io sono costretta a darmi una mossa; strano che Kayla non mi abbia ancora raggiunta, ci manca solo che non venga oggi. E per fortuna che non ho ancora incontrato né Ashton, né mio fratello o Luke: con l'istinto omicida che sto provando ora, sono più che convinta che non sarei cosciente delle mie azioni, se solo provassero ad accennare un saluto innocente.
Visto che la prima ora del lunedì l'ho sempre avuta in comune con Kayla, spero che sia già in classe e, con passo deciso, mi avvio verso l'aula di francese. Entro subito per non subire richiami, ma, più mi guardo in giro, e più posso constatare che, in realtà, la mia migliore amica non c'è: magnifico, giornata da sola in una classe di idioti pervertiti.
«Bonjour» esclama la professoressa, facendoci mettere sull'attenti.
«Bonjour prof. Joelle» rispondiamo noi in coro, giusto per farla contenta.
«Prima della lezione, volevo avvertirvi di una cosa: da oggi avrete un nuovo compagno di classe» ci informa, sorridendo, mentre le pettegole di classe iniziano a bisbigliare tra loro.
In effetti è abbastanza curioso: siamo già a Marzo, con quasi due mesi di scuola alle spalle. Mi guardo intorno anch'io, abbastanza spaesata, fin quando la professoressa non ci “illumina” con la risposta a tutte nostre domande silenziose. «So che è una cosa inusuale, ma ha appena cambiato scuola. È di un anno più grande rispetto a voi: dovrebbe frequentare l'ultimo anno, solo che non potrà affrontare l'esame di maturità, visto che è appena arrivato. Per questo motivo inizierà con voi questa nuova esperienza. Garçon Clifford, prego, entri pure».
Subito dopo, la porta è attraversata da un ragazzo molto particolare: è vestito tutto di nero, con degli occhi chiari abbastanza grandi, labbra altrettanto grandi e rosse, i capelli sono bianchi con una striscia nera spessa nel mezzo. Indossa una canotta nera con il logo dei Rolling Stones, una camicia rossa a quadri sopra, dei jeans neri né troppo attillati, né troppo larghi e degli anfibi normalissimi. Solo quando si posiziona davanti alla cattedra, mi rendo conto che assomiglia ad un perfetto punk, con l'unica differenza di non possedere nessun piercing, fatta eccezione per gli orecchini.
Sembra un cucciolo smarrito, a contrasto con la profonda determinazione nascosta sotto quelle iridi verde chiaro, e, nonostante non sia nemmeno il momento giusto per pensare a certe cose, devo ammettere che è proprio un bel ragazzo.
«Lui è Michael. Come vi ho già spiegato, ha appena cambiato scuola e sono più che sicura che qui si troverà benissimo. Michael, allora, hai qualcosa da dire?» lo incita la professoressa, prima che lui la guardi con un sopracciglio alzato.
«Immagino di no» aggiunge la prof, imbarazzata, e invitandolo a scegliersi un posto.
Senza spiccicare parola, si avvia verso un banco vuoto nell'angolo più lontano della classe, vicino la finestra, e si comporta come se tutti gli altri non esistessero. Riesco a capire quanto sia difficile il dover frequentare una nuova scuola, con nuove persone eccetera, però mi sarebbe piaciuto, quanto meno, sentirlo parlare. Non so nemmeno io per quale motivo ma, anche se solo per un attimo, il paragone tra lui e Ashton si fa spazio tra i miei pensieri, in maniera quasi insistente: il mio ragazzo avrebbe approfittato della presentazione per fare qualche battutina insulsa o per strappare un sorriso a tutti; lui, invece, è rimasto impassibile.
Senza farmi vedere dalla prof, ma soprattutto dal diretto interessato, lancio occhiate curiose al nuovo arrivato per osservarlo meglio e cercare di farmi un'idea: è seduto sulla sedia con una leggera gobba, con il cellulare nascosto nell'astuccio e i capelli tutti scompigliati. Mi sto seriamente chiedendo se si sia guardato allo specchio, prima di uscire di casa.
Non sembra pericoloso, affatto. Sembra solo... perso. Estremamente perso.
Mi accorgo di star rivolgendogli troppa attenzione solo quando alza lo sguardo verso di me e io sono costretta a girare di colpo la testa verso la professoressa: ho appena fatto la mia prima figura di merda con il nuovo arrivato, bene.
Per il resto della lezione non lo degno di uno sguardo, nonostante la voglia di farlo mi stia divorando lo stomaco, e cerco di seguire, anche se con scarsi risultati. Ho già visto dei punk prima, ma mai nessuno con quello sguardo così determinato, ma impaurito al tempo stesso. Per quei pochi istanti in cui sono riuscita a guardarlo, mi è quasi sembrato di vedere le sue iridi come divise in due.
Mentre penso distrattamente al nome delle tonalità di verde degli occhi di Michael, il suono della campanella si fa largo tra le mura, facendomi subito preparare per andarmene. Mi dirigo a passo svelto verso il mio armadietto. ma, a quanto pare, oggi deve essere la mia giornata no.
«Amore!» esclama Ashton con un sorriso, non appena mi vede arrivare.
Ha sempre avuto un sorriso bellissimo, e quello di adesso non è da meno: peccato che sia così arrabbiata da non riuscire a rimanere incantata. Preferisco non rispondere e, facendo finta che non esista, cosa molto difficile visto che ora si è avvicinato, rimetto a posto i libri.
«Sky, andiamo! Sei ancora arrabbiata per Sarah?» dice sbuffando, quasi fosse scocciato dall'argomento che lui stesso ha tirato in ballo.
«Io? Ma quando mai. Sai com'è: tra poco ti accompagna anche in bagno per mantenerti la carta, ma ormai è tutto fin troppo normale!» rispondo sarcastica, sbattendo con rabbia l'anta di metallo alla mia destra.
«Devo ripetertelo in giapponese che amo solo te?! Okay! 私はあなたのみを愛します» risponde ad alta voce, pronunciando alla perfezione una frase in giapponese. Peccato che io non sia mai andata in Giappone e non abbia la più pallida idea di cosa ha appena detto.
«Eh?» chiedo accigliata, sperando che non mi abbia insultata senza che io lo sappia.
«Mia sorella sta frequentando un corso... e comunque ho detto: amo solo te! Perché nella nostra lingua non sembra che tu lo capisca!» risponde, sempre sbuffando, e facendomi perdere ancora di più la pazienza.
Chiudo gli occhi, facendo un bel respiro, prima di poggiare una mano sul suo petto e affermare, con tono sempre più duro: «Senti: oggi è una giornata di merda e non ho la minima voglia di litigare con te. Se non riesci proprio a resistere senza trattare questo argomento, allora parlane con i tuoi compari o con chi vuoi tu. Io sono offline oggi, chiaro?! E, visto che ci sei, riferiscilo anche a mio fratello e a quell'altro!». Così concludendo, lo spingo leggermente all'indietro con la mano, e ritorno sui miei passi lungo il corridoio.
Prima la discussione con Calum, poi l'assenza di Kayla come supporto morale e, come ciliegina sulla torta, il confronto con Ashton:  non sono Wonder Woman, non posso affrontare tutto questo in meno di tre ore.
Sollevo lo sguardo qualche secondo dopo, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima rendermi conto di chi ho poco distante: ragazzo nuovo a ore due. È appoggiato di schiena alla fila di armadietti con una gamba piegata e indossa delle cuffiette nere; la musica rock-metal si sente persino da dove sono io, e aggiungerei che non avrebbe potuto scegliere genere musicale più adatto a lui. All'improvviso un pensiero, magari addirittura stupido, si materializza nel mio cervello: e se mi andassi a presentare? Non ci sarebbe nulla di male, anzi: riuscirei persino a mostrarmi educata. Anche se, riflettendoci meglio, è più facile  a dirsi che a farsi: dal primo momento in cui l'ho visto, ho capito immediatamente di trovarmi davanti ad un ragazzo capace di mettere in soggezione con un solo sguardo. E la sensazione di disagio che ne deriverebbe la sto provando in questo momento, alla sola ipotesi che possa guardarmi e io non sappia cosa dirgli effettivamente.
Smettendo di pensarci fin troppo, alla fine prendo un bel respiro e mi avvicino, ma, proprio mentre sto per sorridergli e presentarmi, un ragazzo di corsa mi sbatte vicino, facendomi cadere letteralmente per terra stile pera. Finisco con la faccia sul pavimento proprio davanti ai piedi di Michael, ma, al contrario di quello che potrebbe succedere in un perfetto film americano, nessuno si decide a darmi una mano. È come se fossi invisibile per tutti, molto strano dato che l'anno scorso io e Ashton siamo stati eletti “Principe & Principessa” del ballo studentesco. Neanche il ragazzo nuovo sembrerebbe interessato alla mia caduta di faccia: si limita a lanciarmi un occhiata impassibile, e ad andare a via come se nulla fosse.
Posso dichiarare ufficialmente che le giornata di oggi non potrebbe andare peggio di così.

 






 




SALVE A TUTTI!
Questa è la mia primissima storia e devo ammettere che sono un po' emozionata. Ho deciso di scriverla perché sento di dover rappresentare me stessa, e spero davvero che sia di vostro gradimeno :)
La trama sarà un po' diversa rispetto alle altre, e spero che questo sia un punto a mio favore.m M piacerebbe che mi faceste sapere cosa ne pensate :) grazie a tutti <3
Tanto love.

*La Ragazza Invisibile*

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Capitolo 2
*** Porca pu...zzola! ***



                                                          
                                                    2.Porca pu...zzola!



«Frena, frena, frena... Hai appena detto che è arrivato uno nuovo a scuola?! Proprio il giorno in cui non sono venuta?!» strilla Kayla dall'altra parte del telefono.
«Esatto, e sapessi che tipo strano... Comunque non potevi scegliere un altro giorno per non venire?! È stata una giornata di merda sotto tutti i punti di vista e mi serviva un aiuto psicologico!» mi lamento camminando avanti e indietro per la stanza.
«Bhe scusa se mi sono beccata l'influenza e... e... Ecciù!» starnutisce proprio vicino al suo cellulare, facendomi diventare sorda.
«Salute»
«Grazie» risponde soffiandosi il naso e con la classica voce da influenzata.
«Comunque... perché devono capitare tutte a me?!» urlo di nuovo camminando ancora più velocemente.
Nemmeno il tempo che la mia migliore amica possa rispondermi che subito mio fratello fa irruzione nella stanza, ci tengo a precisare: non ha nemmeno bussato.
«Papà dice di smetterla di camminare, crei una corrente d'aria» mi intima con quel suo classico tono arrogante che mi fa scoppiare le ovaie dal nervoso ogni santa volta.
«Sparisci lurido traditore!» rispondo lanciandogli la prima cosa che mi capita sotto mano ovvero il mio libro di chimica.
Con una mossa fulminea lo evita per un pelo ma il mio povero libro è ormai ai piedi della porta e tutto accartocciato su sé stesso: se ci trovo anche solo piega alle pagine giuro che lo ammazzo.
«Preferisco non commentare...»
«Non so che fare Kay...» le confesso buttandomi a peso morto sul letto.
«Te l'ho sempre detto: fai quello che ti dice il cuore» risponde comprensiva e con la classica voce premurosa.
Io e Kayla siamo amiche praticamente da tutta la vita e mi è sempre stata vicino in qualsiasi momento, per questo penso che sia l'unica persona che mi capisce in tutto e per tutto. Per questo motivo è anche l'unica a sapere della mia indecisione sulla relazione tra me e Ashton.. Lei è innamorata di Luke da più di 2 anni ormai ma, per quanto cerchi di farla confessare, non lo ammetterà mai. Peccato che le occhiate che gli lancia dicano il contrario. Tanto già so che si metteranno insieme prima o poi, sono due gocce d'acqua sotto tutti i punti di vista... o meglio: cambia solo il colore di capelli che nel caso della mia migliore amica è castano ramato.
«Sky scusa ma ora vado a prendere un'altra scatola di fazzolettini. Mi sento come se avessi una bolla di sapone nel naso... sensazione disgustosa, non puoi capire» si lamenta sul punto di starnutire di nuovo.
«Va bene, ci sentiamo stasera e rimettiti! Guai a te se ti alzi dal letto capito?!» le ordino scherzosamente per farle capire quanto sono preoccupata per lei.
«Ok Cielo, salutami Calum!» scherza prima di chiudere la telefonata.
Si certo, vai convinta che te lo saluto. Butto il cellulare in un punto indefinito del letto e soffoco un urlo isterico in mezzo al mio cuscino di Spongebob: non ho davvero idea su cosa fare con Ashton, non voglio farlo soffrire ma non posso nemmeno sopportare altro tempo con litigi continui... che qualcuno mi aiuti. Avrei una voglia incredibile di uscire da qui ma: 1) non so con chi e 2) se incontrassi il mio ragazzo per strada prenderei in considerazione l'idea di suicidarmi. Nemmeno il tempo di riflettere di nuovo che la porta cigola lentamente. Se è Calum lo ammazzo, se è mia madre cerco di essere felice e se è mio padre... un attimo, perché dovrebbe entrare mio padre?
«Non sono nelle condizioni psicologiche di rispondere a nessuno» liquido in fretta chiunque si sia permesso di avventurarsi fino alla mia porta.
«Nemmeno se ho due biglietti per il cinema?» mi chiede Calum, probabilmente con un sorriso.
«Mi devi 10 secondi della mia vita per aver sentito la tua voce... e passerò a ritirarli» rispondo immergendo, ancora di più, la faccia nel cuscino.
«Ti dirò... non ho nessuno con cui andare a vedere questo film... che poi è anche il tuo preferito...» cerca di persuadermi, sbattendo leggermente i biglietti sulla porta.
«Non oseresti»
«Oh si: The Amazing Spiderman 2: Il potere di Electro è davvero emozionante sai? In 3D poi!»
«Ti ho mai detto che ti amo?» dico in fretta e furia prendendo la mia roba e scappando di sotto.
So cosa state pensando: questa è bipolare. Vi rispondo che non è vero ma non so cosa avrei dato per andare a vedere quel maledetto film, è da quando ho visto per la prima volta il trailer su Mtv che non vedo l'ora di vederlo! Vogliamo poi parlare di quanto è bello Andrew Garfield? Certo: avrei preferito andarlo a vedere con Kayla ma lei odia quel genere di film! Diciamo che la rabbia verso mio fratello non è svanita, questa sua gentilezza la rende solo più repressa. Conoscendolo, sono sempre stata convinta che prima o poi avrebbe fatto qualcosa per farsi perdonare e in quest'occasione ha fatto proprio centro!
«Alt!» urlo all'improvviso sull'ultimo scalino delle scale.
Azione troppo fulminea secondo me... perché? Perché mio fratello avrà di sicuro perso 10 anni di vita.
«Cosa c'è?» mi chiede improvvisamente preoccupato.
«1) non pensare che la mia rabbia sia finita qui e 2) se incontriamo “casualmente” Ashton o dici anche solo una mezza parola su di lui, giuro che dico a mamma che ti masturbi con le foto di Selena Gomez!» lo minaccio puntandogli il dito contro.
«Io non ho mai...»
«A parte che non mi interessa minimamente se lo fai o meno, posso sempre metterle la pulce nell'orecchio e tu sai che la sua cocca ha sempre ragione» rispondo fiera sbattendo velocemente le ciglia con un visino d'angioletto.
Il miglior modo per convincere un fratello a fare quello che vuoi: ricattarlo con le cose più imbarazzanti che lo riguardano. Sinceramente non ho idea se lo faccia sul serio ma una piccola bugietta non fa male a nessuno no? Immagino però la scena nel caso fosse vero... bleah, che schifo!
Annuisce terrorizzato e finalmente usciamo di casa per andare a vedere il mio futuro marito, sono più che sicura che alla fine del film vorrò rivederlo come minimo 3 volte. Proprio mentre ci avventuriamo per le strade trafficate di Sidney, mi sorge una domanda. Anzi, diciamo che è più una curiosità.
«Calum... tu hai conosciuto il nuovo arrivato?» gli chiedo curiosa mentre lui continua a guardare la strada.
«Personalmente no. L'ho solo intravisto per il corridoio al cambio della terza ora. Anche se non l'ho conosciuto però non mi sembra un tipo molto raccomandabile» afferma grattandosi il mento.
«Come fai a dire che è un cattivo ragazzo se non ci hai mai parlato?» gli chiedo accigliata e iniziando a innervosirmi.
Odio il giudizio insulso degli altri senza un motivo preciso perché:
1) non si dovrebbe giudicare in nessun caso;
2) se una persona non la si conosce allora il giudizio è l'ultima cosa che bisognerebbe fare.
«Lo so e basta ok? Ti do un consiglio: stacci alla larga.» mi “ordina” mio fratello fermando la macchina nel parcheggio del cinema.
Come se io fossi come lui, non eviterò Michael solo perché all'apparenza sembra un cattivo ragazzo. Certo: non lo conosco nemmeno io, ma voglio dimostrare a tutti che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina, in fondo è arrivato solo oggi e un po' di timidezza è normale. Entriamo nella struttura e subito un mucchio di gente ci si para davanti mentre corre avanti a indietro per cercare la propria sala. Mi è sempre piaciuto venire qui: l'odore di popcorn che c'è mi fa subito venire un'acquolina in bocca, il chiacchiericcio delle persone in attesa di comprare qualcosa è piacevole e vedere un bel film su uno schermo enorme è davvero... magico. Andiamo subito a mostrare i biglietti e a prendere gli occhialini 3D e, mentre Calum decide di “esplorare” il cinema in cerca della nostra sala, io faccio la fila per prendere da mangiare. Non ho la più pallida idea del mio aspetto in questo momento e spero con tutta me stessa di non incontrare nessuno della mia scuola.
«Sarà un film stupendo ne sono sicura!»
Io questa voce la conosco... mi giro per un secondo alla mia sinistra e subito vedo Ashton a braccetto con quella pu...zzola di Sarah. E per fortuna che amava me eh? Non mi posso far vedere o si unirebbero di sicuro a me e a Calum e ora ho voglia di tutto tranne che di passare il pomeriggio insieme a quei due. Prima che mi vedano mi nascondo dietro un omone affianco a me, facendo finta, di niente ma un colpo di tosse profondo mi fa alzare lo sguardo: l'omone mi sta guardando minaccioso, bene. Sorrido falsamente chiedendo scusa e decido di “nascondermi” coprendomi mezza faccia con i capelli, se mi vedono mi chiudo in convento ho deciso. Continuo a guardarli di nascosto e sento salire sempre di più l'omicidio sentendo le loro rumorose risate mentre io sto cercando in tutti i modi di non farmi vedere... io e Ashton non abbiamo ancora chiarito ma non pensavo di certo che sarebbe cascato tra le braccia di Sarah. Più che arrabbiata mi sento... delusa.
«Signorina, cosa desidera?»
Mi giro verso la cassiera, capendo che è arrivato il mio turno, e subito compro i popcorn e le Pespi facendo più velocemente possibile; spero solo che non siano venuti a vedere The Amazing Spiderman 2: Il potere di Electro... se scopro che è così non sarò cosciente delle mie azioni perché quel cretino sa benissimo quanto amo quel film! Cerco di prendere tutto e, mettendomi gli occhialini in testa, mi dirigo subito verso il corridoio dove sono le sale cinematografiche. All'improvviso però, facendomi prendere un colpo, parte Hello Kitty dal mio cellulare e quasi tutto il cinema si gira nella mia direzione. Maledetta suoneria, ora di sicuro mi scoprono! Io una suoneria più normale non la potevo mettere vero?! Poso tutto a terra e, divincolandomi in tutte le pose possibili, cerco di prendere il telefono per far cessare la musica.
«Skyler ma ti vuoi muovere?! Il film sta per iniziare!» mi sgrida Calum non appena accetto la chiamata.
«Se sapessi qual è la sala!» risposto scocciata riprendendo di nuovo tutto in braccio e mantenendo in equilibrio il cellulare sulla spalla.
«Sala 4. Muoviti!»
Decido di correre leggermente verso la sala, perdendo qualche popcorn per strada, e appena la raggiungo tiro un sospiro di sollievo: 1) stanno ancora trasmettendo le pubblicità e 2) sono sicura di aver seminato i due “piccioncini”. Riconosco subito la testa di mio fratello e mi avvio per gli scalini sprofondando sulla poltrona una volta arrivata.
«Sembra che tu abbia visto un fantasma! Tutto bene?» mi chiede preoccupato Calum accarezzandomi una guancia.
«Certo, tutto benissimo» rispondo annuendo e infilandomi gli occhialini.
A parte che la prossima volta mi porterò dei baffi finti di riserva si, va tutto perfettamente bene.




                                                                                                       ******




«Non ci posso ancora credere che sei scoppiato a piangere! Non me lo sarei mai aspettato da te Cal!» esclamo sorpresa una volta entrati in macchina.
«Non è colpa mia! Gwen e Peter erano una bellissima coppia e Gwen non poteva morire! Non è giusto!» si difende mettendo in moto. «Anzi, è molto strano che tu non sia scoppiata in lacrime: di solito sei tu la mollacciona»
Io sarei di sicuro scoppiata a piangere... se non mi fossi preoccupata per tutto il tempo della presenza di Ashton e Sarah. Non sapevo se fossero venuti a vedere anche loro quel film ma non avevo comunque abbassato la guardia. Diciamo che le emozioni che avrei pensato di provare... non mi hanno minimamente sfiorata. Ma questa me la pagano eh, eccome se me la pagano! Rubarmi un intero film con Andrew Garfield per stare sull'attenti, ma come si fa?!
«Ehi!» protesto divertita tirandogli un piccolo schiaffetto sul braccio.
«Sono riuscito a farti sorridere! Evviva!» esulta come un bambino regalandomi un sorriso meraviglioso.
Non riesco a restare troppo tempo arrabbiata con lui, è pur sempre mio fratello. Il mio fratellone che mi ha sempre protetta e difeso da tutti, come faccio a resistere al suo faccino dolce? Mi abbandono ormai all'idea di non avercela più con lui e ci stringiamo forte la mano, un gesto che abbiamo sempre fatto da quando eravamo bambini. Mollata la presa, appoggio il braccio al finestrino e inizio a pensare fissando il paesaggio cittadino che mi passa davanti: possibile che Ashton sia così sereno dopo la nostra litigata? Perché non riesco più a immaginarmi un futuro con lui? Ma soprattutto... sono così facile da dimenticare? Sbuffo rassegnata e, cercando di non farmi vedere da Calum, mi asciugo una piccola lacrima ribelle che è appena uscita: io non piango mai davanti alla gente, tanto meno per colpa di quel coglione del mio ragazzo.
Arriviamo dopo non molto a casa e all'entrata sono subito “accolta” dal profumo buonissimo di pollo arrosto: ah, mia madre e la cucina sono praticamente due cose uniche. Dopo aver salutato i miei genitori, prendo subito Calum per una manica della giacca e lo trascino in camera mia.
«Senti, potresti farmi la giustifica per domani? Non ho aperto libro oggi» gli chiedo una volta dentro.
«Ma come?! Miss Ho Tutti 10 non ha studiato?!» mi provoca ridendo di gusto.
In effetti è una cosa abbastanza inusuale che io non faccia i compiti perché ho voti alti e, se non fosse per il fatto che sono un po' popolare, potrei tranquillamente essere considerata una secchiona in piena regola. Oggi purtroppo non sono stata proprio dell'umore di aprire nessun libro, nemmeno chimica che è diventata praticamente una mia carissima amica.
«Io almeno sono brava in qualcosa» rispondo sarcastica sedendomi accanto a lui sul letto.
«Fammi capire: tu pensi davvero che io sia un fallito? Tesoro mio conosci qualcuno che sa suonare il basso meglio di me?» chiede fiero di se stesso.
Pff, solo perché suona il basso da un po' pensa di essere il dio della musica. Vorrei tanto ricordargli che non è l'unico in tutto il mondo a saper suonare quello strumento ma già so che lo offenderei, per questo decido di starmene zitta.
«Oh certo, dio della musica» gli concedo sorridendo in modo sarcastico. «Ehi! Brutta impertinente!»
In un attimo ci sdraiamo entrambi sul letto e attacco subito a ridere come una matta, torturata dal solletico.: adoro giocare con mio fratello, mi fa tornare bambina. Continuiamo a ridere fin quando non ribalto la situazione e con una cuscinata vado in vantaggio io... ti voglio tanto bene fratellone.
«Va bene, va bene! Hai vinto!» cede asciugandosi le lacrime.
«Avevi dubbi?» rispondo fiera sedendomi di nuovo.
In risposta mi scompiglia i capelli ma, dopo un attimo di irritazione, scoppio a ridere di nuovo insieme a lui.
«Allora: me la fai questa giustifica?»
«Avevi dubbi?» mi copia con un sorriso divertito.
«Skyler, c'è una visita per te» mi avvisa mia madre entrando di colpo nella stanza.
Prima o poi dovrò spiegare a tutte queste persone il significato della parola “bussare”.
«Va bene...» rispondo abbastanza confusa.
Che ore saranno? Le 9? Chi mai si sognerebbe di venirmi a trovare alle 9 di sera? Io e mio fratello ci mettiamo di nuovo composti e, dopo qualche minuto, la testolina di Ashton fa capolino da dietro la porta. Vi prego no. Che cazzo è venuto a fare?!
«Bro!» esulta Calum alzandosi di colpo e tirandogli una pacca sulla spalla.
Fortunato lui che non deve subirsi un'ora di prediche. A volte vorrei davvero scambiare la mia vita con quella di mio fratello... Dopo i convenevoli entrambi si accorgono della mia presenza in questa stanza (che tra l'altro è anche camera mia) e subito ripiomba un imbarazzo terribile. So mettere così in soggezione le persone? L'incertezza e la tensione sul viso di Ashton sono così visibili che anche mia cugina di 2 anni potrebbe capire quanto di sta vergognando in questo momento. Bene, perché i miei occhi carichi di delusioni e rabbia aspettano solo di aggredirlo.
«Bhe... è meglio se vi lascio soli. Ci vediamo dopo» annuncia imbarazzato Calum lasciando in un attimo la stanza.
Maledetto traditore.
«Ciao... Senti già so cosa vuoi dirmi: sono uno stronzo e non sopporti la mia amicizia con Sarah. Sono qui però per dimostrarti che ti amo davvero, ho passato tutto il pomeriggio a pensarci e... Skyler ti prego perdonami. Io ti amo e tu lo sai meglio di chiunque altro» mi supplica cadendo in ginocchio di fronte a me e con gli occhi lucidi.
Non avevo mai notato quanto fosse bravo a mentire, se non sapessi che in realtà si è andato a divertire con quella tro...ttola ci sarei anche cascata. Sotto sotto però... siamo fidanzati da oltre 1 anno e mezzo e gli voglio bene nonostante la sua stupidità.
«Potevi usare una scusa migliore per convincermi. So benissimo che non sei stato solo questo pomeriggio.» rispondo a braccia incrociate mentre il suo viso si tinge immediatamente di bianco. «Come fai a...»
«Quelli sono per me?» chiedo subito indicando la scatoletta di cioccolatini che ha in mano da quando è entrato.
«Si... sono i tuoi preferiti e pensavo che mi avresti perdonato con questi...»
«Diciamo che sei sulla buona strada» rispondo un po' divertita ma allo stesso tempo afflitta.
Non riesco a stare per troppo tempo arrabbiata, non davanti a una scatola di cioccolatini alla nocciola, non davanti a quegli occhioni da cerbiatto. Forse sono solo io a essere troppo paranoica e dovrei cercare di fidarmi di più... una vocina nella mia testa continua a ripetermi di non cedere ma già so che ormai ho gettato la spugna, da cosa si capisce? Se fossi arrabbiata a quest'ora starei elaborando chissà quanti insulti possibili e immaginabili.
Alla mia risposta ricomincia a sorridere, visibilmente sollevato, e subito si avvicina per abbracciarmi. Sono una vera e propria polla, me ne rendo conto.
Lo stringo a me più forte che posso e subito dopo ci uniamo in un bacio che però sa tutto tranne che di amore, non è come uno di quelli che ci scambiavamo all'inizio della nostra storia. È solo un bacio amaro che però non ha niente di lontanamente paragonabile all'amore.
«Ti fermi a cena?» gli chiedo staccandomi leggermente e guardandolo negli occhi.
La verità? Spero proprio che dica di no. Non è per cattiveria ma non ho proprio voglia di sentire mio padre elogiare Ashton e programmare scherzosamente il nostro matrimonio. Piuttosto, scapperei dall'altare.
«Molto volentieri» risponde sorridente e lasciandomi un altro bacio a stampo.
Ecco qua.







SALVE A TUTTE! E rieccomi con il capitolo numero 2 :) personalmente penso che sia abbastanza carino anche se accadono un sacco di cose tutte insieme hahaha :) come vedete, purtroppo, non appare Michael :( non vi preoccupate: apparirà già dal prossimo capitolo promesso ;) a quanto pare Skyler ha un bel problemino sentimentale :/ sinceramente però vorrei stare al suo posto invece di non avercelo proprio un ragazzo hahaha. In questo capitolo ho voluto inoltre sottolineare l'amore fraterno tra Calum e Skyler e li trovo molto teneri :3 comunque: sono molto contenta che almeno qualcuno legga questa storia *-* davvero grazie <3 
Tanto Love.

* La Ragazza Invisibile*

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Capitolo 3
*** Chi l'avrebbe mai detto... ***





                                                                     
                                                    3.Chi l'avrebbe mai detto...



«Certo che Ashton è proprio uno stronzo» esclama Kayla infilando un libro nel suo armadietto.
«Kayla» la sgrido guardandola male.
«Che c'è? Non si può passare un pomeriggio in compagnia della “sua migliore amica” e poi venire a cena da te. Si sta comportando da stronzo e non capisco perché non lo lasci.» si difende chiudendo l'anta d'acciaio e iniziando a camminare al mio fianco.
La serata in compagnia del mio ragazzo è andata anche peggio di quanto immaginassi: i miei genitori non hanno fatto altro che elogiarlo per i suoi voti scolastici e la sua educazione, mio fratello invece si è limitato a un “Sono contento che sia tu il fidanzato di mia sorella”. Inutile dire che il sorriso finto che ho indossato per tutta la sera mi ha praticamente bloccato la faccia per quanto è durato. Loro a venerarlo e io a sperare che se andasse... sono confusa: non sarebbe dovuto capitare il contrario? Bhe, a quanto pare no.
Ora sto camminando per il corridoio insieme alla mia migliore amica, in attesa che suoni l'ultima ora di un noiosissimo martedì mattina. Kayla per fortuna si è leggermente rimessa e ora è pronta a sostenermi, meno male perché sennò sarei già stata ricoverata. Da come si è potuto capire, lei ha praticamente iniziato a prendere in antipatia Ashton dopo tutto quello che è successo ieri. Un po' mi sento in colpa: raccontandoglielo, non volevo di certo che iniziasse ad odiarlo.
«Parli del diavolo e spuntano le corna. Ci vediamo dopo che sennò rischio seriamente di picchiarlo davanti a tutti.» dice all'improvviso, vedendo la figura del mio ragazzo farsi sempre più vicina.
Annuisco dispiaciuta e, dopo un bacio sulla guancia, si allontana e tira una spallata a Ashton che in risposta la guarda confuso.
«Le ho fatto qualcosa?» mi chiede divertito.
«No... si è solo svegliata di malumore» rispondo con un sorriso forzato per poi ricevere un bacio a stampo.
Mentre ricevo anche il mio solito abbraccio mi cade improvvisamene lo sguardo dietro di lui: Michael cammina, come se fosse il solo umano presente in tutto l'istituto, spedito verso il teatro. Che diamine ci va a fare uno come lui a teatro? Maledetta curiosità che mi divora lo stomaco ogni volta che lo vedo! Indossa una canotta dei Metallica con dei jeans neri strappati sulle ginocchia (ne ho visti di simili indosso a Luke molte volte) e delle Vans nere. Fermi tutti. Michael con le Vans?! Mi si sta seriamente contorcendo lo stomaco e i miei piedi sono molto tentati di corrergli dietro per capire cosa va a fare in quella sala piena di posti a sedere e il palcoscenico...
Nello stesso momento in cui io e Ashton ci stacchiamo suona finalmente la campanella che annuncia la fine delle lezioni e tutti gli studenti si dirigono come animali impazziti verso la mensa, wow che felicità mangiare quel marmo eh?
«Andiamo?» mi chiede il mio ragazzo sorridente.
Ci metto qualche minuto ad elaborare la frase, visto che il pensiero di Michael è ancora presente nella mia mente, e scuoto la testa un po' frastornata.
«N-no. Cioè si! Ma...» rispondo incerta cercando in tutti i modi un aggancio. «Ho dimenticato un libro nell'aula di inglese! Lo prendo, lo metto a posto e vi raggiungo»
Spero solo che ci creda. Mi sta baciando la fronte e mi sorride alla fine. Bene, piano riuscito. Lo saluto con la mano, fingendo di dirigermi verso l'aula di inglese, fin quando non lo vedo scomparire lungo l'altro corridoio; scusa Ash ma è più forte di me. Cammino a passo svelto verso il teatro ma prima di aprire la porta sento una chitarra acustica all'interno... no, non può essere vero. Apro leggermente la porta, cercando di far meno rumore possibile, e subito mi appare Michael seduto sulle scalette del palco, intento a strimpellare una melodia. Per fortuna non mi ha ancora notata e per questo cerco di non farmi vedere, già so che scapperebbe subito se mi vedesse. Non avrei mai immaginato che un tipo così potesse suonare una canzone così dolce...
«For a while we pretended. That we never had to end it ...» canticchia con una voce calda e dolce.
Possibile che ora lo sento cantare ma non l'ho mai sentito parlare?
Visto che sembra molto concentrato, mi sistemo meglio in platea e resto ad ascoltarlo: la sua voce è troppo dolce, sembra un cucciolo impaurito. Riesco a intravedere nei suoi occhi chiari tutta la passione che ci sta mettendo in quei soli accordi... non ho mai visto niente di simile in tutta la mia vita. A un certo punto prende il quaderno accanto a lui e inizia a scrivere, forse una nuova strofa o forse solo una frase; non so cosa darei per leggere quante canzoni ha scritto su quei pezzi di carta. Non riesco a smettere di pensare a lui, per quanto sia fidanzata non ci riesco. Ha qualcosa di troppo enigmatico, ogni minuto che passa è come se scoprissi una cosa in più che lo riguarda e nel mio cervello una vocina continua a volere sempre più informazioni. So benissimo che se Ashton o Calum sapessero che sono qui sarebbero scioccati ma non mi importa, ora l'importante è lui.
«But we knew we'd have to say goodbye...» continua trovando le giuste intonazioni di voce.
E così è qui che viene alla fine delle lezioni... Chi l'avrebbe mai detto.
Senza rendermene conto all'improvviso inizio ad applaudire ma me ne pento subito dopo, appena mi vede sistema in fretta e furia tutta la roba e capisco di essere stata un'impicciona: avrebbe potuto tranquillamente continuare a suonare e a deliziarmi con la sua bellissima voce, invece per colpa mia ora ha interrotto tutto. A quanto pare non vuole far sapere il suo piccolo segreto in giro... il fatto che non lo dirò comunque mi sembra implicito.
«No! Scusa non avrei dovuto essere qui. Continua pure» dico subito, cercando di andarmene.
«N-no. È una perdita di tempo. Me ne vado io.» risponde non guardandomi neanche.
Finalmente ho sentito la sua voce! E che voce... Da un lato mi aspettavo che fosse così calda e profonda, è il classico timbro che avrei attribuito a uno come lui. Il suo ultimo gesto mi lascia perplessa: non mi ha guardata perché si vergogna? O forse semplicemente per noncuranza nei miei confronti? Sinceramente non riesco a capirlo... motivo per cui la mia curiosità verso di lui cresce ancora di più.
«Bhe... certo che ci metti proprio passione a cantare e suonare vero?» ricomincio la conversazione infilandomi le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
Lo ammetto: non ho nessun altro stupido o banale argomento di cui parlare. Il problema è che non so muovermi davanti a lui, è così riservato... Sembra quasi che viva in un mondo tutto suo. Un mondo in cui nessuno è accettato, figuriamoci la sottoscritta.
«Sei l'unica a saperlo oltre a mia madre, non voglio che si sappia quindi preferirei che questo “scoop” non finisse all'interfono con gli annunci del mattino.» risponde secco, rimettendosi in spalla lo zaino.
La chitarra a quanto pare non è nemmeno sua, deve essere uno degli strumenti usati per il corso di teatro.
«Cosa ti fa pensare che lo andrò a spifferare a tutta la scuola?» gli chiedo accigliata, forse non ha capito che non lo farei mai.
«La tua faccia è praticamente in tutta la bacheca all'entrata. Si capisce che sei popolare e a rigor di logica andrà così.» risponde scendendo le scalette su cui era seduto. «Tu sei la ragazza di Irwin vero?»
Annuisco imbarazzata, anche se non ho idea di come possa saperlo, e inizio a fissarmi i piedi. Perché l'argomento mi mette sempre così a disagio con me stessa?
«Meglio che vai dal tuo amorino allora. Ci si vede “Principessa”» conclude dirigendosi verso l'uscita e lasciandomi completamente scioccata.
Fino a qualche minuto fa era amichevole, persino simpatico, mentre ora? Tocca l'argomento popolarità (e di conseguenza anche Ashton) e cambia tutto di colpo. Gli dà forse fastidio il fatto che io e il mio ragazzo l'anno scorso siamo stati eletti “Principe & Principessa”? Nah, che mai potrebbe importargli? Per lui è già tanto che esisto. Nonostante mi abbia risposto anche abbastanza male, l'immancabile eccitazione che provo solo guardandolo continua a restarmi nello stomaco. Michael è come un individuo dalle mille personalità, con caratteristiche sempre da scoprire. Sono sempre stata molto curiosa ma allo stesso tempo molto determinata, diventargli amica diventerà il mio scopo proprio per scoprire a fondo ogni minima parte del suo carattere apparentemente strano. Al diavolo tutti quelli che lo considerano un cattivo ragazzo, una persona con una voce così bella non può far male nemmeno a una mosca e di questo ne sono convinta. E riuscirò a dimostrarlo.






«Eccomi qui. Scusate ma non riuscivo a trovare il libro» annuncio ai presenti con il mio vassoio pieno di vomito in mano.
Calum e Kayla subito si girano per sorridermi mentre Ashton è impegnato a ridere per una battuta idiota di Luke. Wow, che bella considerazione eh. Mi sto chiedendo se si sia almeno accorto della mia presenza... Mi sistemo tra la mia migliore amica e lui, per evitare possibili azzuffate tra i due, e solo ora Ashton sembra accorgersi di me.
«Oh ciao amore» mi saluta con minimalismo e la sua solita voce da folletto allegro.
Appunto. Preferisco rispondere con un sorrisino falso e guardo disgustata la strana poltiglia presente nel mio piatto, certe cose non si dovrebbero dare nemmeno ai carcerati.
«Prima o poi farò una raccolta di firme per darci del cibo commestibile» esclamo girando in continuazione la forchetta in quella specie di sostanza.
Chiamarlo cibo è esagerato, io quelle cose le considero semplicemente “sostanze” non perfettamente identificate. La cuoca in più non sembra nemmeno fregarsene, ma riesco a capirla: ha una paga così misera che è già tanto se non ha mandato a quel paese il preside.
«Che ne dici di proporre la cosa alla festa di Jake?» mi propone Kayla addentando un muffin ai mirtilli.
No, non illudetevi: lei i muffin se li porta, intelligentemente, da casa.
«Festa? Quale festa?» chiedo in risposta, smettendo di giocare con quella poltiglia.
Non sia mai che esca un mostro da lì dentro...
«Jake di 5°C ha organizzato una festa questo sabato e ha invitato un bel po' di gente. Ovviamente, essendo mia sorella, sei invitata anche tu» mi spiega Calum con una linguaccia divertita alla fine.
«Guarda che mi avrebbe invitata comunque: Jake è anche mio amico se permetti» gli ricordo giusto per mettere in chiaro che ormai conosco più gente io di lui.
«Rassegnati Cal, tua sorella non è più una bambina» esclama Luke tirandomi teneramente la guancia.
Finalmente qualcuno che l'ha capito! Kayla, non appena sente la sua voce, smette immediatamente di mangiare e diventa tutta rossa mentre cerca di nascondersi con i capelli. Che vi dicevo? Per quanto non lo voglia ammettere, lei è pazza di Luke.
«Oh guardate. Il nuovo arrivato ci ha degnati della sua presenza» si intromette Ashton cambiando improvvisamente discorso e fissando l'entrata. «Non mi piace per niente quel tipo.»
Mi giro anch'io e subito la figura di Michael mi appare davanti, con le cuffiette nelle orecchie e lo sguardo perso. Ho una voglia terribile di incitarlo a sedersi con noi ma già so che è un'ipotesi esclusa in partenza: a quanto pare nessuno in questo tavolo, a parte me, lo vede di buon occhio. Guardandosi intorno finalmente si accorge di me e subito gli rivolgo un sorriso gentile, mi sta simpatico quindi perché non salutarlo? La sua risposta però non è del tutto uguale alla mia, anzi: mi rivolge uno sguardo indifferente, senza nemmeno un accenno di sorriso o saluto e continua a guardarsi in giro. La cosa che mi fa accaldare di più però, oltre al fatto che è poco lontano da me, è il fatto che si sia soffermato a guardarmi un po' di più rispetto agli altri... no, di sicuro è stata solo la mia immaginazione.
Lo vedo dirigersi verso il bancone per prendere qualcosa ma non appena scorge quello che offre la scuola cambia idea, ora sta tornando sui suoi passi verso l'uscita. Io sinceramente avrei fatto lo stesso al posto suo.
«Skyler?» mi richiama Ashton passandomi una mano davanti agli occhi.
Mi risveglio subito sbattendo le palpebre più volte e subito mi rigiro, speriamo non abbiano notato che stavo guardando proprio lui...
«Sei rimasta incantata?» scherza Luke provocando una risata a tutti quanti.
«A quanto pare» scherzo anch'io tirando un sospiro di sollievo. «Comunque, ragazzi questa schifezza mi ha fatto venire il mal di stomaco. Io vado a casa ok?»
«Niente Mc Donald's quindi?!» mi chiede Kayla con una perfetta faccia da cucciola bastonata. «No Kay scusa...»
«Macché figurati! Anzi, pensa alla tua salute che è molto più importante di un cheeseburger» risponde con un sorriso e un abbraccio.
«Sky, sicura che va tutto bene?» mi chiede, con la sua solita voce premurosa, Calum.
Annuisco convinta e, dopo aver preso la mia roba, rivolgo un ultimo sorriso a tutti.
«Per qualsiasi cosa chiamaci!» rispondono in coro tutti e 4.
Mi allontano dalla mensa ma, al contrario di quello che ho detto ai miei amici, non ho nessuna intenzione di andare a casa. Molto probabilmente Michael a quest'ora starà in cortile, deduco, quindi è proprio lì che voglio dirigermi. Mi sento una piccola stalker ma non riesco a stare molto tempo senza di lui, in più mi ha guardata malissimo prima e devo assolutamente scoprire perché. Tante domande a cui devo rispondere quindi perché perdere tempo? Esco subito da scuola e mi guardo intorno per cercare quella testolina colorata ma sembra svanito nel nulla, non può essersene andato via così in fretta... Inizio a girare per il giardino fino a quando non arrivo in cortile: una distesa di erba e qualche alberello che potrebbe far invidia a un parco. Ho sempre amato venire qui. Un albero che nessuno usa mai per studiare, che sembra quasi asociale, è stato il “nostro” (mio e di Ashton finché non è entrata Sarah nella sua vita) nascondiglio segreto... È un albero che rimane sempre un po' più spoglio rispetto agli altri e a volte penso che rappresenti proprio me: un individuo immerso da amici ma che però si sento diverso.
Lancio un'ultima occhiata in giro ma ormai la speranza sta svanendo sempre di più, forse è già andato via perché non aveva nessuno con cui restare... Con un sospiro afflitto, mi avvio verso il mio albero e continuo ad avere lo sguardo basso: mi sento davvero in colpa per non aver invitato Michael a sedersi con noi ma non potevo rischiare di litigare con tutti... I miei amici possono sembrare buoni e cari ma non ho mai amato la loro superficialità nel giudicare, basta che vedono qualche atteggiamento più chiuso e subito pensano che quella persona sia asociale. Io non la penso così... perché una ragazza o un ragazzo deve sentirsi dire che è asociale solo perché è più timido? Non è giusto. In fondo al mio cuore io so che Michael non è così, sembra una cretinata perché non lo conosco nemmeno io ma quando l'ho sentito cantare mi sono venuti i brividi e non ho intenzione di lanciare giudizi inutili e frivoli solo perché non parla con nessuno.
Immersa ancora nei miei pensieri, tiro dei leggeri calci a una lattina vuota finché non va a sbattere contro una Vans di qualcuno. Chi oserebbe mai venire a sistemarsi proprio all'ombra di quest'albero? Lo odiano tutti. Alzo lentamente la testa fin quando non mi ritrovo Michael davanti, poggiato di schiena al tronco, con lo sguardo rivolto alla lattina e il vento che gli scompiglia i capelli già arruffati di loro. Devo ammetterlo: mi sta iniziando a mancare il fiato... Sembra un angelo, un angelo vestito di nero e con musica rock-metal nelle orecchie ma pur sempre un angelo. Tutto avrei detto tranne che sarebbe venuto proprio qui, ovviamente non può sapere cosa significa questo posto per me. Non appena mi nota, mantiene i suoi bellissimi occhi chiari incastrati ai miei per qualche minuto fin quando non si toglie una cuffietta.
«Possibile che ti ritrovo da tutte le parti?» sbuffa squadrandomi da capo a piedi.
Non ho idea di come possa rispondere ma non posso mostrarmi insicura davanti a lui, maledizione io non lo sono mai davanti alla gente! Perché con lui mi sento così?!
«Chi lo sa, magari è il destino che programma i nostri incontri» rispondo alzando le spalle.
Si gira a tutti gli effetti verso di me e ora non è più appoggiato di schiena ma solo con la spalla. Cazzo la sua figura mi mette ancora di più in soggezione...
«Stai flirtando con me?» mi chiede all'improvviso con un sorrisino strano mentre io sento le guance andare a fuoco.
«Ma certo che no! Non sono una di quelle che sbatte le ciglia solo per avere un po' d'attenzione. Sto solo...» rispondo cercando le parole giuste. «... Facendo amicizia con il nuovo arrivato»
«Fare amicizia» ripete con disprezzo, quasi stesse sputando quelle stesse parole. «Gli amici servono per prenderti per culo, per lasciarti nel momento nel bisogno e per pugnalarti alle spalle»
«Non quelli veri, quelli non ti abbandonano mai» rispondo sicura, ora per niente intimorita dai suoi pensieri.
Il fatto che la pensi così non mi sorprende più di tanto, più che stupore ora la curiosità si sta impossessando del mio stomaco di nuovo: curiosità dovuta al fatto che di sicuro ha avuto brutte esperienze con i suoi ex “amici” e sento di volerne sapere sempre di più sulla sua vita. So che sembro egoista e invadente ma non riesco a farne a meno di sapere di lui.
«A quanti anni ti hanno finito di raccontare le favole, Skyler?» mi chiede sarcastico tirando un calcio molto forte alla lattina, che finisce lontano rispetto a noi.
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra piene e apparentemente morbide allo stesso tempo, sembra 1000 volte più bello di quanto sia in realtà... Nessuno ha mai pronunciato “Skyler” così, nessuno sembra aver mai provato piacere nel pronunciare quel nome. Perché solo lui ci riesce?
«Non ho mai creduto alle favole... Mi ha sempre fatto schifo il lieto fine perché sapevo già da piccola che niente sarebbe mai andato come in quelle storie. Ora che ci penso... ero davvero noiosa da piccola» affermo poggiandomi di schiena al tronco con un sorriso.
Non ci posso credere, l'ho fatto ridere. Oh mio Dio reggetemi vi prego. Finito di ridere, riprende il suo zaino e fa per andarsene ma si gira e mi rivolge un'ultima occhiata.
«Non illuderti. Porto solo a brutte esperienze» mi consiglia prima che io lo fermi con un braccio.
Sento come una scarica di adrenalina solo toccandolo... che cazzo mi sta succedendo?!
«No, sei solo una sfida e io non rifiuto mai le sfide. Aprirò gli occhi anche a te, vedrai.» rispondo guardandolo negli occhi e sorridendogli di nuovo.
Mi guarda perplesso ma con una mini scossa si libera dalla mia presa e va verso l'uscita di scuola... Mai avrei immaginato che avrei detto o fatto queste cose...










SALVE A TUTTI! Eccomi qui con il capitolo n°3 e mi scuso se ci ho messo così tanto. Il fatto è che ho riflettuto molto sull'ultima parte e ci lavoro da 2 giorni hahahaha. Non so se si è capito ma questo capitolo dovrebbe essere la versione estesa e dettagliata dell'introduzione hahaha. Comunque penso che sia abbastanza carino e come promesso c'è anche il nostro Michael :) mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate :) A presto <3
Tanto Love.

*La Ragazza Invisibile*

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Capitolo 4
*** Gioco di sguardi ***











«Skyler?» mi richiama Kayla toccandomi il braccio. «Perché sei qui tutta sola?»
«Eh? Nono, niente. Avevo solo bisogno di un po' d'aria, tutto qui» la tranquillizzo con un sorriso non molto convinto.
Sono alla festa di Jake ma, per quanto tutti gli altri si divertano, io non ci riesco proprio. Nonostante siano passati un bel po' di giorni dalla mia ultima chiacchierata con Michael, quel timbro di voce caldo e profondo continua a rimanermi in testa. È più forte di me, quella melodia mi accompagna in ogni momento e la sua voce mi rimbomba nelle orecchie. Mi sono chiesta più volte se quella canzone sia dedicata a qualcuno in particolare... Dev'essere di sicuro una canzone d'amore, quelle note così delicate non possono far parte del rock-metal.
Per quasi tutta la settimana ho incrociato Michael per i corridoi e durante le ore di francese, a quanto pare abbiamo le lezioni in comune solo in quella materia, ma non ci siamo scambiati né sorrisi né parole. Solo sguardi: occhiate rapide ma intense che, puntualmente, mi hanno fatto mancare il respiro. La cosa che mi fa avvampare, solo se ci ripenso, è che... calcola solo me. Non lo dico con tono arrogante, ma ormai mi è diventato quasi evidente: si comporta come se fossi l'unica persona vivente in tutta la scuola. Non so se è una cosa positiva o no...
Sinceramente non avevo nemmeno voglia di venirci a questa festa, l'ho fatto solo per non far venire Calum da solo e per non far offendere Jake. So benissimo che la fonte dei miei pensieri non è qui, non ha confidenza con nessuno e ho dato per scontato sin dall'inizio che non ci sarebbe stato. Inutile dire che la cosa mi crea un profondo fastidio, questa io la chiamerei direttamente "discriminazione".
Ashton l'ho incrociato per poco appena arrivata ma, ovviamente, è scappato dalla "sua" Sarah. Come se me ne freghi qualcosa, io voglio solo vedere Michael per quello che mi riguarda. La nostra relazione mi sembra, sempre di più, una buffonata colossale: anche un bambino riuscirebbe a capire che non ci amiamo più. So solo che, se lo lasciassi, deluderei tutte le persone a cui voglio più bene e non voglio. Sinceramente preferirei nemmeno pensarci.
Una volta rimasta di nuovo da sola, faccio girare il mio succo all'ananas nel bicchiere e mi lascio andare a un sospiro rassegnato: quanto vorrei scegliere la cosa giusta da fare...
Con questo vestito mi sento anche più a disagio di quanto non mi senta già: un vestitino a balze con stampa a fiori rosa e un cerchietto in testa, utile a farmi sembrare ancora di più una bambina. Per fortuna che Calum mi ha concesso le ballerine o avrei fatto una protesta pur di non uscire di casa conciata in questo modo.
Dovrei essere una delle ragazze più popolari della scuola... eppure, ora più che mai, mi sento come se fossi in una bolla.
«Amore!»
Mi giro respirando profondamente e, con un sorriso finto che ormai mi accompagna ogni volta che parlo con Ashton, faccio la parte della fidanzatina perfetta.
«Dai vieni, ho una persona da farti conoscere» esclama facendomi segno di andare da lui.
So già che si offenderebbe se dicessi di no, quindi mi metto l'anima in pace e mi dirigo verso il salotto.
Stranamente noto che non è più in compagnia di Sarah, ora accanto a lui c'è solo un'altra ragazza che mi pare di aver visto alcune volte per i corridoi.
Mi avvicino perplessa a loro e, una volta lì davanti, rivolgo un sorriso a entrambi.
«Amore, ti voglio presentare Liz: ha appena proposto al corpo studentesco la formazione di una squadra di cheerleaders e voleva tanto conoscerti» spiega Ashton mettendomi un braccio intorno alle spalle.
«Piacere Skyler. Ho sentito molto parlare di te sai? La squadra di basket della scuola quest'anno ha bisogno di supporto e... che ne dici di far parte della squadra di cheeleaders?» mi propone allegra aspettandosi già una risposta affermativa.
Io? Cosa dovrei centrarci io con delle ragazze in pantaloncini che ballano davanti a una folla? Assolutamente nulla.
«Tu e Kayla avete fatto ginnastica artistica no? Pensavo che ti sarebbe piaciuto» aggiunge Ashton speranzoso.
Devo ammetterlo: è stato molto carino da parte del mio ragazzo offrirmi questa opportunità ma non posso di certo dare una risposta ora. Devo prima parlarne con K...
«Kayla ha già detto di si, nel caso te lo stessi chiedendo» mi legge nel pensiero Liz, con il suo solito sorriso contagioso.
Mi guardo un attimo in giro, presa dalla perplessità e mi lascio scappare un «Oh...» non troppo convinto. Perché la gente decide quello che devo fare? Per una volta, una sola volta non posso decidere io per me stessa?! Ho bisogno di tempo, devo temporeggiare... e subito.
«Ti farò sapere.» rispondo velocemente prima di scomparire tra la folla.
Ho fatto la figura della psicopatica ma ora non mi interessa minimamente, voglio solo andarmene a casa. Ne ho abbastanza di tutto: di questo vestito, di Ashton, di Liz, di Sarah, di tutto!
Mi dirigo a passo svelto all'uscita e, prima di ritrovarmi all'aria aperta, scolo tutto d'un fiato il mio succo. Sono un'ecologista convinta, io. Butto il bicchiere in un secchio ed esco alla velocità della luce. Aaah che bella l'aria fresca; meno male che mi sono portata il giacchetto, inizia a fare un po' freddo.
Mi guardo un po' in giro e, per fortuna, noto di essere sola: non ho per niente voglia di parlare con qualcuno, ne ho già abbastanza di tutti i presenti a questa festa.
Proprio quando prendo il cellulare per mandare un messaggio a Calum però, sento il rumore di una palla sbattuta per terra. Non che siano fatti miei, ma chi mai giocherebbe a quest'ora?
Continuo a guardarmi intorno finché non intravedo, dall'altra parte della strada, un ragazzo giocare a basket. Aguzzando ancora di più lo sguardo mi compare un sorriso spontaneo: quel ciuffo colorato può appartenere a una persona. E così abita qui... Per tutta la serata ho sperato di vederlo, anche uno sguardo veloce e insignificante ed ora eccolo qui, di fronte a me. Sento quasi il bisogno di parlarci...
«Posso fare un tiro?» chiedo attraversando la strada e ritrovandomi subito nel cortile di casa sua.
Michael mi vede, non appena sente la mia voce, e si lascia scappare un sorriso divertito. Questa sera indossa una canotta larga blu con dei pantaloncini neri; a giudicare dal sudore che gli cola dalla fronte, deve essere qui da un bel po'.
«Piccole stalker crescono eh?» chiede sarcastico tirando la palla verso il canestro, in un tiro quasi perfetto che però non dà il risultato sperato.
Poggio la tracolla per terra, alzo le spalle con innocenza e afferro subito la palla al posto suo, dopo di che faccio una piccola corsetta e tiro. Centro, yeah. «Ti ho, per caso, dato il permesso di tirare?»
Alzo di nuovo le spalle come se fosse tutto normale e lui si lascia andare a un risolino, non so se sia sarcastico o meno ma non mi importa: vedere quelle labbra piegarsi in un sorriso qualsiasi mi provoca un piacere immenso. La sua domanda, o meglio il suo "rimprovero", può sembrare dura ma ha un qualcosa che lascia capire del divertimento: può fingersi arrabbiato quanto vuole ma, con quel faccino da cucciolo dispettoso che si ritrova, non ci sembrerà mai.
«Non fare la ribelle Skyler, con quel vestito non ti riesce proprio» aggiunge alzando un sopracciglio e sollevando un angolo della bocca.
Ecco, ci mancava la seconda figura di merda della serata. Maledetto vestito a balze che mi fa sembrare una bambina di 5 anni!
Mentre io impreco mentalmente contro questo obbrobrio che sono stata costretta a indossare, Michael continua a tirare come se non ci fossi fin quando, forse notando la mia vergogna, mi ritrovo il suo sguardo addosso. Peccato che così mi vergogni anche di più.
«Ci... Non ci stai male, comunque» sussurra facendo palleggiare la palla e spostando lo sguardo per terra.
Fermi tutti, mi ha appena fatto un complimento. Michael Clifford, l' "asociale pericoloso" mi ha appena fatto un complimento. È una strana situazione: Ashton, le poche volte che mi ha detto qualcosa del genere, non mi ha mai fatta sentire così tanto... apprezzata. I suoi semplici "stai bene" o "sei bellissima" mi sono sempre sembrati complimenti fatti giusto per cortesia; Michael invece, anche solo abbozzando una sorta di frase carina, mi ha fatto venire i brividi. Mi sto convincendo sempre di più che questo ragazzo abbia qualcosa di tremendamente speciale...
Uffa: non posso nemmeno dire "anche tu", mi prenderebbe per pazza se dicessi una cosa del genere. Nessun essere umano sano di mente andrebbe mai a dire a un ragazzo in pantaloncini e canotta, sudato fradicio e con i capelli appiccicati alla fronte: "stai bene anche tu"! Anche se lui sta benissimo sul serio...
Per evitare altre figuracce tremende mi limito a sorridere e, istintivamente, gli rubo la palla per continuare a giocare.
«Ehi!» esclama divertito iniziando a marcarmi.
A quanto pare ho contribuito a interrompere l'imbarazzo del momento e meno male: non sarei riuscita a starci vicino sennò.
Iniziamo a giocare tra un risata e l'altra mentre sento sempre di più il cuore scoppiare: non so se sia per il magnifico suono della sua risata o perché mi sto divertendo come una bambina. Direi... entrambe le ipotesi. All'occhio di uno sconosciuto possiamo quasi sembrare amici di vecchia data e il solo pensiero mi fa sorridere di nuovo: io e Michael... amici? Sembra una cosa normale, andiamo: tutti sono capaci di fare amicizia, in un modo o nell'altro. Avere un amico è una cosa elementare, un'esperienza meravigliosa che prima o poi tutti vivono. Bhe per me, solo pensare una cosa del genere con quel ragazzo, risulta un'impresa titanica ma allo stesso tempo assolutamente meravigliosa.
Dopo aver segnato l'ennesimo "punto" riprendo la palla e la stringo al petto, come se fosse mia e la stia proteggendo; sembro una bambina a cui è stato appena rubato un giocattolo ma non mi importa, con Michael non mi sono mai preoccupata di risultare "diversa": forse perché anche lui viene considerato quello "strano".
«Ah ah, non fare la cattiva bambina. Dai, molla» mi intima posizionandosi davanti a me.
«No. Se la prendi poi mi batti!» alzo la voce stringendo ancora di più l'oggetto.
Passano pochi istanti prima che "testolina colorata" si decida a intervenire, cercando di fermarmi da dietro. Anche se sto ridendo come una pazza, le sue braccia mi avvolgono alla perfezione lasciandomi non indifferente: per questo motivo divento subito rossa, fortunatamente non può nemmeno vedermi in faccia. So che non lo sta facendo di proposito ma... lo ammetto: in questo suo "abbraccio" sto troppo bene. Nonostante il sudore, riesco persino a sentire il suo profumo... dolce, esattamente come lui. Dovrei sentirmi un po' in colpa, essendo fidanzata con Ashton ed essendo invece ora tra le braccia di Michael, ma in fondo non sto facendo niente di male: voglio solo dimostrare agli altri che è sbagliato giudicare una persona dalle apparenze e, per farlo, devo conquistarmi la fiducia di questo ragazzo.
Inizio a ridere, esattamente come prima, mentre lui si divincola dietro di me per cercare di rubarmi la palla; non ha ancora capito che sono ostinata e non gliela voglio dare.
Dopo qualche istante anche lui si unisce alle risate e sono quasi sicura di poter svenire da un momento all'altro: il suo respiro sulle spalle, la sua risata meravigliosa, quel ragazzo chiuso e isolato che però ora è qui con me... troppo per il mio povero cuore.
«Presa!» esulta afferrando finalmente la palla e tirandola subito verso il canestro.
Devo essersi lasciata troppo prendere dalle emozioni... Cavolo. Nonostante darei di tutto pur di continuare a giocare con lui, so che non posso assolutamente con il vestito che indosso: ci manca solo che finisca a gambe all'aria o che mi veda le mutande.
Lo lascio continuare a giocare mentre lo osservo poco più in là con le braccia incrociate al petto, so che posso sembrare strana ma questa domanda mi sorge spontanea: possibile che i suoi movimenti siano così precisi e diretti ma allo stesso tempo così pieni di grazia? Io a mala pena riesco a camminare per 10 metri senza inciampare.
Mentre mille domande continuano a venirmi in testa lui deve essersi accorto della mia mancanza nel gioco, infatti si gira verso di me e si passa la palla tra una mano e l'altra. Sembra nervoso... anche se non riesco a capirne il motivo: voglio che si apra con me, che si fidi di me. So anche che è troppo presto, visto che ci conosciamo da pochissimo, ma mi farebbe davvero piacere: potrei andare fiera del fatto che l'apparenza inganna e, per me, non è una cosa da poco.
«Senti un po'...» inizia passandosi ancora la palla e guardando il marciapiede «... non andrai a dire in giro che suono la chitarra dopo le lezioni vero?»
La sua voce è diventata di colpo più dolce, come se il fatto di essere scoperto lo spaventasse... una sola parola: tenerezza. Ho capito sin dal primo momento che fosse introverso e volesse stare sempre per conto suo ma mai, mai e sottolineo mai avrei immaginato questa scena: Michael di fronte a me, nel cortile di casa sua, mentre mi chiede di tapparmi la bocca.
Mi scappa un debole sorriso, dovuta alla troppa dolcezza presente in quel timbro di voce, e alzo la spalle innocentemente.
«Non lo avrei fatto comunque, capisco che è una cosa tua e non mi permetterei mai di spifferarla in giro. Non sarebbe giusto nei tuoi confronti» spiego mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Prima che possa sentire la sua risposta però, un "affascinante" Mina saiko, arigato, k-k-k-kawaii lo interrompe. Devo cambiare la suoneria al più presto, troppe figure di cacca.
A quanto pare il mio tentativo di trasmettergli fiducia, e non imbarazzo, è andato in tutt'altra direzione: tutta colpa di una maledetta suoneria. Lo si capisce perfettamente dal risolino che sta cercando di trattenere mentre non io mi divincolo per cercare di far smettere quell'aggeggio imbarazzante, è scientificamente provato che quando ti serve una cosa non la troverai per i prossimi 10 anni. Proprio quando riesco a prendere il cellulare in mano e solo lì lì per rispondere, il mittente mette all'improvviso giù. Questa non è sfortuna, nono: è semplicemente l'inverso di fortuna. Andando sulla casella dei messagi ne trovo 3 non letti, e tutti di Calum.

- Sky dove sei? è un'ora che ti cerco!

- Sky, se sei tornata a casa, potevi tranquillamente avertire!

- Skyler Hood, ti vuoi degnare almeno di rispondere?!

Già mi immagino mio fratello in preda al panico, non trovandomi tra la folla e da un lato mi sento in colpa: non avrei dovuto scappare così. Scrivo un semplice:

Cal, sto bene. Ho solo preso una boccata d'aria, ci vediamo alla macchina tra 5 minuti.

E premo il tasto invio per evitare che Calum si preoccupi di più, a volte dovrebbero farlo santo a quel ragazzo. Alzo lo sguardo verso Michael e lo vedo asciugarsi il sudore con un asciugamano che prima non avevo proprio notato, forse è tornato in casa a prenderlo.
«Il fratellone è preoccupato, eh?» mi chiede senza nemmeno guardarmi in faccia
Ma come diavolo ha fatto a capire che era Calum? Non ho detto il suo nome ad alta voce e non mi pare nemmeno di avergli fatto leggere i messaggi. Chiedergli spiegazioni però mi sembra un po' eccessivo, magari ha solo tirato a indovinare...
«Già, è sempre protettivo nei miei confronti perché sono la piccola di casa» rispondo lasciando perdere quei pensieri confusi «tu hai fratelli o sorelle?»
«Figlio unico.» ribatte secco, senza nemmeno un accenno di sorriso.
Per quanto, a volte, sia insopportabile Calum non oso nemmeno immaginare come sarebbe la mia vita senza di lui. Mi vengono i brividi solo al pensiero. Non ho mai invidiato i figli unici, per il semplice motivo che stare sempre da soli deve essere orribile. Mi quasi pento di avergli fatto quella domanda...
«Dai corri, finisce che chiama la polizia se non ti trova subito» aggiunge, passandosi l'asciugamano tra i capelli fradici.
Sono paralizzata, le mie gambe non sanno dove andare e non ho idea di cosa fare: restare altre 5 minuti, facendo però così preoccupare ancora di più Calum o andarmene subito, lasciando però così da solo Michael? Posso chiedere l'aiuto del pubblico?
«Bhe... si, forse è meglio... che vada» balbetto iniziando a camminare, non scollando nemmeno per un attimo lo sguardo da lui. Rischio di cadere per terra e fare la figura dell'idiota ma non riesco a non fissarlo, è come una calamita.
Alza la mano per salutarmi e subito si riconcentra sulla palla, facendo qualche altro tiro con l'asciugamano intorno alle spalle. Avrei voluto che mi riservasse un saluto più... speciale; pensandoci però, mi rendo conto che ho ottenuto già grandi risultati stasera.
Mi dirigo a passo svelto verso l'auto di Calum, parcheggiata nel vialetto di casa di Jake, e mi infilo il giacchetto per non morire congelata: la presenza di Michael mi ha fatto andare il corpo in fiamme, per questo quando ci siamo lasciati sono tornata nel mondo reale e quindi al freddo pungente di marzo.
Se ero partita con l'idea che mi sarei annoiata a morte queste sera, bhe ora mi sono proprio ricreduta.


 

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Capitolo 5
*** Pensiero fisso. ***






 

                                               5.Pensiero fisso. 

 
 
 
Cammino distrattamente lungo il marciapiede davanti la scuola ma non ho idea di cosa sto facendo. Una persona normale guarda dove va, no? Ecco, io non so dove mi stiano portando i miei piedi. La mia mente è offline da due giorni, precisamente da quando ho giocato a basket con Michael nel cortile di casa sua. è una cosa stranissima, vero? Vero? No, non lo è affatto visto che non riesco a smettere di pensare a lui. Qualsiasi cosa che vedo o sento, mi ricorda lui. E la cosa più irritante è che più mi dico:"Pensa ad Ashton, Sky" e più il mio ragazzo diventa l'ultimo pensiero! Ho provato anche a parlarne con Kayla, giuro che ci ho provato... peccato che lei abbia reagito iniziando a saltare dalla felicità, con la convinzione che la mia rottura con Ash sia imminente. La verità? Da un lato non vedo l'ora che succeda. 
La prima cosa che mi è venuta in mente questa mattina? Oggi è lunedì = ora di francese! Lo ammetto: se non avessi conosciuto Michael non mi sarebbe mai importato niente di quella materia. 
Con questo pensiero positivo in testa mi avvio più spensierata verso l'entrata: se un buon giorno si vede dal mattino, sono convinta che oggi succederà qualcosa di bello. 
Intravedo Ashton seduto sul muretto accanto a Sarah e un campanello d'allarme si fa largo nelle mie orecchie: non voglio rovinarmi questa bella giornata per colpa loro, non ci penso minimamente. Mi copro il viso con i capelli e passo inosservata in mezzo alla marea di studenti, non salutando nessuno per non dare nell'occhio; so già che se dicessi anche un solo "ciao" inizierebbero a urlare "Skyler!" e i due "piccioncini" mi vedrebbero = l'effetto contrario di quello che sto cercando di fare. 
Tiro un sospiro di sollievo solo quando entro finalmente nella struttura ma non perdo tempo e vado subito verso il mio armadietto; proprio mentre apro la serratura però, una risata inconfondibile mi fa gelare le ossa. Calum.
Giro lo sguardo accigliata e lo vedo dirigersi nella mia direzione accanto a Luke; devo nascondermi. Si fa sempre più vicino e le speranze di trovare un nascondiglio in tempo si affievoliscono sempre di più a ogni suo passo, poi guardo il mio armadietto aperto e mi viene un'idea: infilo la testa dentro di esso e spero con tutta me stessa che non mi noti. Andiamo, mio fratello è un idiota: non vede quello gli passa a due centimetri dalla faccia, come può essere possibile che riesca a vedere me che sono coperta dall'anta di metallo? 
Non appena lo sento passare davanti a me, per niente insospettito dall'idiota dentro l'armadietto, tiro un sospiro di sollievo e mi comporto come se non sia successo niente: per fortuna che non mi ha notata nessuno. Prendo i libri che mi servono per le ore successive e, una volta aver preso quello di francese, i pensieri mi riconducono subito a Michael... Possibile che sia così trepitante alla sola idea di rivederlo? Scuoto la testa sorridendo e, una volta aver chiuso di nuovo l'armadietto, mi incammino lungo il corridoio già gremito di studenti.
«Tra rose e fior, nasce l'amor! Michael e Skyler si vanno a sposar!» canticchia Kayla sistemandosi al mio fianco dopo un bacio sulla guancia.
«Ma smettila!» rispondo divertita tirandole un leggero pugno sul braccio. 
«Non è colpa mia se siete adorabili!» esclama con un faccino da cucciola mentre inizia a camminare all'indietro, fregandosene se si scontrerà con qualcuno.
è questa una delle cose che adoro di lei: non è una di quelle ragazze che bevono e fumano ma sa comunque come divertirsi e spassarsela. è sempre sé stessa, ha sempre la testa per aria e quel suo sorriso sincero non l'abbandona mai, magari fossi come lei...
«Attenta, Luke a ore 3» rispondo tenendo i libri al petto con entrambe le braccia.
In un attimo si gira di colpo, diventando improvvisamente impacciata, e va a sbattere contro un ragazzo del secondo anno. Si scusa subito con quest'ultimo e, dopo essere tornata di nuovo accanto a me, diventa rossa esattamente come i suoi capelli anche perché ormai tutti la stanno fissando come se fosse pazza; sto cercando seriamente di non scoppiare a ridere.
«Come non detto» dico scoppiando finalmente in una risata 
«Sky, lo sai benissimo che non puoi farmi certi scherzi! Pensa se ci fosse sul ser...» ribatte di fretta, quasi mangiandosi le parole da sola, fin quando non si blocca di colpo.
La guardo un po' accigliata e, dopo aver seguito il suo sguardo, capisco la sua perplessità: Michael, poco distante da noi, con le cuffie nelle orecchie e... i capelli biondi senza striscia nera?! Devo dire che non ci sta male, anzi ci sta così bene che sembra quasi il suo colore naturale. 
Sia io che Kayla giriamo contemporaneamente la testa verso destra ancora scioccate ma, non appena lui alza lo sguardo verso di noi, ci risvegliamo di colpo: sono imbambolata, vero? Ditemi di no, vi supplico. Punta subito lo sguardo su di me e mi fa un cenno con la testa come saluto, seguito da un debole sorriso; ha sorriso a me? Proprio a me? Mi giro per vedere se si stia riferendo a qualcun altro ma, non appena noto che non c'è nessuno dietro di me, mi rendo conto che quel saluto sia rivolto proprio alla sottoscritta. Kayla nel frattempo si è magicamente dissolta nell'aria, scommetto che se ne sia andata per costringermi ad andare da Michael... ci scommetterei la testa. 
Mettendomi l'anima in pace, e facendo un respiro profondo per farmi coraggio, mi avvio verso la direzione del "nuovo biondo" continuando a sorridere per trasmettergli fiducia: a quanto pare nemmeno lui ha dimenticato quello che è successo 2 giorni fa...
Sono sul punto di parlargli quando la figura di Ashton lo supera con una spallata e si posiziona tra me e Michael all'improvviso; il tutto avviene con una velocità tale da farmi rimanere quasi spaesata. Mi afferra per i fianchi e mi tira a sé fino a far scontrare le nostre labbra in un bacio a stampo... ma che ca...?!
«Amore mio! Non ti ho vista entrare, non starai per caso diventando invisibile?» scherza continuando a tenermi stretta a sé.
«Ehm...» balbetto ancora un po' frastornata, guardando oltre la sua spalla.
Michael è sparito. Ma porca pu...zzola! Non può più andare avanti così, sono stufa.
«Ora devo andare, Ash. Francese mi aspetta.» lo liquido staccandomi dalla sua presa e iniziando a correre verso l'aula.
Questa pagliacciata deve finire, e anche al più presto possibile. Supero tutti gli studenti con un'agilità che non sapevo nemmeno di avere e mi guardo in giro cercando di scorgere quella chioma bionda. "Deve essere già in classe, di sicuro" penso sistemandomi meglio la tracolla in spalla e continuando la mia corsa. Chimica, biologia, teatro... eccola! Mi fiondo subito all'interno dell'aula, facendo girare anche qualche mio compagno di classe, ma non mi importa e inizio a controllare se è già lì. Cerco di moderare il fiatone, dovuto alla mia maratona, ma non appena lo vedo vicino alla finestra mi rincuoro: ne è valsa la pena. Mi sistemo delle piccole pieghe presenti sui jeans e, dopo un respiro profondo, mi avvio verso di lui sotto lo sguardo scioccato di tutti. 
«Ehi.. lo saluto posando la tracolla a terra e sedendomi sul banco di fronte al suo.
Alza lo sguardo verso di me, in un'espressione indecifrabile, e questo mi fa sentire in colpa: non avrei dovuto fermarmi con Ashton prima...
«Terminata la slinguazzata del buongiorno?» chiede sarcastico sollevando un sopracciglio.
Come, scusa? Mi scappa un «Ehm...» molto incerto e, non sapendo nemmeno io che dire,  metto le mani nella tasche della felpa e mi appoggio al muro.
«Perché non sei rimasta con lui fino alla campanella?» mi chiede dopo qualche minuto, guardandomi di nuovo in faccia.
«Non volevo, non mi ha dato nemmeno il tempo di salutarti rispondo rivolgendogli un sorriso e allungando le gambe sul banco affianco al mio.
Al mio gesto inizia a ridacchiare e le mie guance, non che io lo voglia, diventano rosse: è così maledettamente bello quando ride, con questa nuova tinta poi... 
«Figa la tinta»  esclamo indicandogli i capelli.
Invece di un "grazie" si limita ad annuire leggermente e qualche minuto dopo ha di nuovo quegli aggeggini nelle orecchie; solo ascoltando la musica proveniente da esse mi viene un'idea... Tiro il lungo filo collegato al suo cellulare e gli rubo una cuffietta; in risposta mi guarda infastidito ma, dopo aver visto la mia faccia buffa, scuote la testa e riguarda il cellulare. 
«Oddio, non ci credo!» esclamo non appena riconosco la canzone «ascolti anche tu Avril Lavigne?!» 
«Evita di urlare, idiota!» mi rimprovera riprendendosi la cuffia mentre tutti i nostri compagni continuano a guardarci in modo strano.
Trovate tanto strano che io stia parlando con Michael? Mah. Inizio a ridacchiare, divertita dalla situazione che si è creata, e continuo a guardarlo da lontano: è incredibile come possa cambiare atteggiamento da un momento all'altro, un'attimo prima è simpatico e divertente... quello dopo è chiuso in sé stesso e allontana tutti. Deve essergli successo qualcosa di veramente brutto...
Mentre sto per chiedergli altro la campanella suona e, sentendo quel fastidioso rumore, ritorno in piedi per mettermi composta: se la prof mi avesse beccata avrebbe di sicuro iniziato a strillare peggio di una gallina. 
Riprendo la tracolla da terra e mi avvio verso il mio banco, sentendomi però come osservata: rigiro lo sguardo verso Michael e lo vedo squadrarmi senza nemmeno un po' di timidezza. Decisione sbagliata Skyler, molto sbagliata. Faccio finta di non accorgermene e, pregando di tornare al mio colorito normale, raggiungo subito il mio banco al centro dell'aula seguita a ruota dalla mia migliore amica. Chissà perché ha deciso di riapparire proprio ora... frase sarcastica, mi sembra ovvio. 
«Salve Miss Clifford, come va?» mi provoca con un sorrisetto strano. 
«Salve Miss Hemmings, io sto bene e lei?» le rispondo giocando al suo stesso gioco.
Se c'è una cosa che Kayla odia è usare le sue stesse battute contro di lei, per questo motivo mi guarda torva prima di poggiare lo zaino a terra e sedersi. Mi lascio andare a un risolino divertito per la sua reazione e mi sistemo anch'io, esattamente un secondo dopo però la professoressa entra nell'aula facendo rialzare tutti. Che razza di ingiustizia è mai questa?
Cercando di non far notare il mio fastidio, mi alzo anch'io e salutiamo, in francese naturalmente, questa donna di mezza età che oggi indossa un completo bianco con una stampa a fiori rossi: devo dire che spicca molto se la paragono agli altri insegnanti tutti tristi, vestiti di nero e dall'impressione che stiano per andare a un funerale ogni singolo giorno.
«Buonjour ragazzi, oggi ci eserciteremo sulla lettura e sulla pronuncia. Che senso ha studiare francese se poi non abbiamo una buona pronuncia? Aprite il libro a pagina 110, per favore» ci dice la prof mentre tutti ubbidiscono.
Fortunatamente ho sempre avuto un'ottima pronuncia in questa lingua apparentemente complicata, dall'inizio dell'anno sto anche cercando di esercitarmi per una perfetta 'r' moscia. Mi piace la scuola: mi piacciono le persone che ci sono, le materie che si studiano ma, più di tutto il resto, amo imparare cose nuove per arricchire la mia cultura. So che molti mi possono considerare una specie di nerd ma per me non è affatto un'offesa: ognuno fa quello a cui è portato di più o quello che ama di più fare, io sono portata per la scuola. 
Posiziono il libro di testo tra il banco mio e di Kayla, visto che la mia migliore amica l'ha dimenticato nell'armadietto, e do subito una prima occhiata alle frasi scritte alla pagina richiesta: a quanto pare è descritta una scenetta di una coppia. Sono carini per essere due francesi, devo ammetterlo. 
«Mmh... dunque, vediamo un po': Monsieur Clifford, visto che non abbiamo ancora avuto l'onore di sentire la sua pronuncia, lei farà Rodolphe.» ordina la professoressa mentre sento uno sbuffo nella direzione di Michael.
Senza farmi vedere, mi scappa un sorriso e pagherei oro pur di vedere la sua faccia in questo momento: sono più che sicura che la manderebbe a fanculo molto volentieri. 
«Justine invece la facciamo fare a... Hood! So che stai seguendo un corso di francese avanzato, perché non ci fai vedere i tuoi progressi?» mi chiede in una domanda che, a parer mio, assomiglia di più a un'affermazione.
Annuisco con un sorriso, abbastanza soddisfatta di essere stata scelta, ma resto un attimo in silenzio per far iniziare Michael. In tutto il dialogo, come ci sta spiegando ora la professoressa, la scena è ambientata a Parigi dove una coppia è impegnata a guardare la Senna sotto di loro. Sono così teneri...
«Justine...» inizia Michael, fandomi tornare all'ordine per proseguire il dialogo. «Dis-moi, Rodolphe» 
«Je voudrais te demander une chose important» continua con una pronuncia quasi perfetta. 
Sono non poco sorpresa dalla sua 'r' moscia, io ci sto lavorando da mesi eppure ancora non riesco a pronunciarla perfettamente... Devo farmi dire come ha fatto, assolutamente. Certo: capisco che sia un anno più grande e tutto il resto ma, messo in confronto a mio fratello, Michael gli fa davvero un baffo in questa materia. Ammetto che non ci voglia molto a superare mio fratello ma... Oh, andiamo: mi sto perdendo in ragionamenti idioti, mi devo concentrare.
«Bien sûr, dis-moi» rispondo dopo aver tossito leggermente, impegnandomi al massimo.
Non voglio fare la parte dell'ignorante in confronto a lui, sono una tipa molto competitiva. 
Nonostante tutto però, non appena sento un "Impressionante..." appena sussurrato dalla professoressa, mi sento magicamente fiera. La verità? Ok, l'idea che Michael possa superarmi in un certo senso mi urta... ma dall'altra parte mi fa anche piacere perché significa che i professori lo vedreanno di buon occhio. Sono un po' lunatica, lo ammetto. 
«Bien... Tu me fais confiance?» continua forse ignorando, o forse per non averlo proprio sentito, il sussurro della prof. 
«Tu es mon garçon, bien sûr je te fais confiance» rispondo lasciandomi comparire un sorriso spontaneo. 
Per chi non lo sapesse, il ragazzo ha appena chiesto alla sua fidanzata se si fida di lui. Perché ho sorriso spontaneamente? Per il semplice motivo che questa frase è la stessa che sto cercando di ottenere dall'attuale Rodolphe, ovvero Michael. Certo, non in un contesto amoroso... credo. Questo dialogo capita a fagiolo, non c'è che dire. 
«Justine, je t'aime...» pronuncia lievemente alzando per un attimo lo sguardo mentre in classe qualcuno inizia a ridacchiare.
Le mie guance si colorano subito di un rosso molto acceso e, purtroppo, Kayla sembra essere la prima a rendersene conto: per questo motivo mi tira una piccola gomitata per poi ridacchiare insieme agli altri. So che quella frase l'abbia detta solo perché scritta sul libro, che non si fosse rivolto alla sottoscritta bensì a Justine... ma cazzo, mi sono venuti i brividi. Devo essermi imbambolata, di sicuro. Altrimenti per quale motivo nella classe regna un silenzio così religioso? Scuoto per un secondo la testa, ancora piacevolmente scossa da quelle poche parole, ma fortunamente riesco a ritrovare il segno e continuare con un «Moi aussi!» forse un po' troppo enfatizzato... ops. 
Tra una risatina e l'altra dei nostri compagni, dopo un tempo che mi sembra passato troppo velocemente, finiamo il dialogo e la professoressa si congratula con noi più e più volte: che bella sensazione ricevere complimenti dalla propria prof, ti fanno sentire intelligente. 
Quasi non mi sembra vero di aver letto un dialogo simile proprio con Michael, mi sento ancora così imbarazzata... pensandoci però, mi rendo conto di quanto questo avvenimento sia insignificante: come può un dialogo in francese cambiare un rapporto? Addirittura far ottenere la fiducia di qualcuno? Semplicemente non può. 
Al suono della campanella tutti si preparano per la seconda ora mentre io prendo distrattamente i libri tra le braccia, è normale che mi senta un peso enorme sullo stomaco? Forse sì, considerando il fatto che devo ancora parlare con Ashton della nostra relazione. In più devo anche rintracciare Liz per darle una risposta riguardo alla proposta delle cheerleaders: Kayla ha già detto di sì, io non lo so ancora.
Dopo aver aspettato la mia migliore amica, rivolgo un'ultima occhiata a Michael ma, non incontrando il suo sguardo, esco anch'io dalla classe: chissà se anche lui ha provato le stesse mie emozioni durante il dialogo... Vorrei tanto saperlo, anche se so che è praticamente impossibile che lo venga a dire proprio a me.
Le ore successive sembrano non passare più, se consideriamo il fatto che, per la prima volta, non ho prestato per niente attenzione: ho passato la maggior parte del tempo a scrivere delle "M" su tutti i libri o i quaderni che mi ritrovassi davanti. Mi piaceva scrivere quella lettera in vari modi e con varie scritture: sul banco, in un corsivo perfetto; su un pezzo di carta, in uno stile più rockettaro; in mezzo al diario, con curve e spigoli somiglianti a quelli che facevo in seconda elementare per scrivere bene l'ultima lettera del nome di mio fratello. 
Utilizzando termini di mia madre, posso dire di essere stata "con la testa tra le nuvole" per quasi tutto il tempo ma, in tutta sincerità, ora non mi sento per niente in colpa per non essere stata attenta. 
Pochi minuti fa, utilizzando sempre la scusa del mal di stomaco, sono scappata da una possibile (quasi certa) chiacchierata con Ashton in mensa: ho già abbastanza pensieri, non voglio che ci si metta anche lui. Passo davanti al teatro, per dirigermi verso il cortile, ma all'improvviso qualcosa mi blocca: queste che sto sentendo sono note, note di chitarra. E io so benissimo chi possa essere a teatro a quest'ora. 
Con un sorriso istintivo apro leggermente la porta vetrata per poi ritrovarmi davanti a uno scenario abbastanza curioso: Michael è sulle scale del palco, la chitarra impugnata delicatamente, matita alla bocca e fogli svolazzanti tutt'intorno a lui. La cosa buffa, e da un lato strana, è che indossi una bandana per non farsi andare il ciuffo in faccia: ne ho viste di simili indosso a Ashton praticamente ogni giorno. La differenza? Se indosso al mio ragazzo io non ci abbia dato molta importanza, trascurando i primi tempi della nostra relazione, a Michael dona davvero tanto... Ma in fondo: c'è qualcosa che non gli stia bene indosso? 
Mi concentro di nuovo sulle sue azioni solo quando lo vedo sbuffare per poi cancellare fuoriosamente, con la gomma della matita, qualcosa sul foglio davanti a lui: che stia lavorando a un nuovo pezzo? 
Scendo le scale lentamente, sperando con tutta me stessa di non disturbarlo, e in pochi minuti mi ritrovo davanti a lui: fa così strano guardarlo dal basso, mi sento una sorta di bambina curiosa. 
«Che succede? Blocco dello scrittore?» lo prendo in giro, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Gira subito lo sguardo su di me ma, non appena mi vede, emette una sorta di ghigno: mi stava forse aspettando?
«Sai: mi stavo giusto chiedendo quando saresti spuntata di nuovo». afferma girandosi completamente verso di me, lasciando ciondolare leggermente la chitarra.
Giro lo sguardo verso il soffitto, in un'epressione divertita, e poi torno a guardare il foglio che ha davanti. «Altra canzone?»
«Davvero? Ma guarda: ho la chitarra per bellezza.» risponde sarcastico alzando un sopracciglio.
Se pensa che con la sua espressione provocatoria io me ne vada, bhe: non mi ha ancora inquadrata come si deve. Mi siedo anch'io accanto a lui prendendo il foglio e, dopo una letta veloce a quelle poche righe, devo riconoscere che è davvero bravo: io, personalmente, non riuscirei nemmeno nei miei sogni più selvaggi a scrivere cose simili. Anche se...
«Ehi, questa non è quella che ho ascoltato io...» esclamo rigirando i fogli.
«Tu... cosa?!» mi chiede scioccato con gli occhi spalancati.
Ci sono rimasta male, pensavo stesse suonando quelle note meravigliose che ho sentito la prima volta che l'ho "beccato"... 
«For a while we pretended, that we never had to end it... la stavi suonando la prima volta che ti ho trovato qui.» gli spiego poggiando la tracolla a terra. «era bellissima, un pezzo unico.» 
Sembra pensarci qualche minuto e, dopo aver assimilato le ultime cose che gli ho detto, annuisce leggermente. «L'ho finita un paio di sere fa.»
Ah. Se gli chiedessi il titolo, secondo voi me lo direbbe? Forse no... oh, al diavolo.
«Come 'intitola?» chiedo eccitata come una bambina.
Forse non ha ancora capito che, per quanto abbia cercato di nasconderlo anche a me stessa, quella melodia mi è rimasta in testa per oltre una settimana e che, ora che l'ha finita, non vedo l'ora di ascoltarla. 
«Wherever You Are.» risponde distaccato riprendendosi il foglio. «E no, non ho intenzione di fartela sentire.»
Mi ha per caso letto nel pensiero? Che cosa strana... 
Un faccino da cucciola arrabbiata si fa spazio sul mio viso e incrocio le braccia sotto il seno: mi ha appena rovinato i piani, cattivo. Dopo qualche minuto, dopo aver notato il mio strano silenzio improvviso, si gira di nuovo verso di me e inizia a ridacchiare per il mio faccino imbronciato. Sto seriamente cercando di rimanere ferma così ma, dentro di me, una vocina molto acuta non fa altro che ripetere:"L'ho fatto ridere! L'ho fatto ridere! Fatemi una statua! Cazzo, quanto sei bello quando ridi...". In questo momento mi sento molto una ragazzina alla prima cotta. Ma Michael non è una cotta, chiariamolo...
«Oh andiamo, dov'è finita la Skyler ribelle con un vestito a fiori rosa che ruba la palla da basket agli altri?» mi prende in giro, sistemandosi meglio la bandana.
Si è ricordato. Merda, si è ricordato anche il colore dei fiori del vestito... Devo. Stare. Calma. 
Per quanto voglia urlare dalla felicità, mi limito a tirargli un leggero pugno sul braccio mentre un sorriso mi scappa spontaneo: riecco il Michael simpatico. 
«Non bullizzarmi!» esclamo divertita faccendo il labbruccio.
Alla mia risposta mi regala, per così dire, la sua prima vera risata da quando lo conosco: fino ad ora si è sempre limitato a sorrisini sbilenchi, ghigni o risate trattenute; questa di ora, invece, è piena, aperta, di gusto. 
So che tecnicamente non dovrei dirlo, ma... resterei ore a guardarlo ridere, davvero.
 
 
 





SALVE A TUTTI! Sono ancora viva, con frande stupore di tutti hahaha.
A parte gli scherzi, volevo scusarmi con tutte voi lettrici per averci messo mesi, letteralmente, a scrivere questo capitolo. Non ho scusanti, lo so. Questo capitolo, in realtà, sarebbe dovuto finire in un altro modo e ho scritto e riscritto il finale mille volte hahaha :) Come avrete notato, c'è un dialogo in francese su cui mi ci sono scervellata: spero di non aver commesso errori nelle battute :)
Comunque: spero comunque che vi sia piaciuto e scusatemi ancora <3
Tanto love.

* La Ragazza Invisibile*

 

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Capitolo 6
*** Dolce, indistruttibile chimica... ***








 

                                                             6. Dolce, indistruttibile chimica... 







«Un legame covalente è...?»
«Dunque... è un legame dove due atomi condividono i neutroni in modo che ciascuno di essi completi l'ottetto del proprio livello elettronico più esterno.» esclama convinto, continuando a torturarsi le mani.
«No, Cal: i due atomi condividono gli elettroni. E-L-E-T-T-R-O-N-I. I neutroni e i protoni si trovano nel nucleo dell'atomo. Gli elettroni, invece, sono presenti nei livelli elettronici esterni.» lo correggo scocciata, continuando a mantenere il suo libro.
Siamo in cortile, seduti all'ombra di un albero da più di dieci minuti, a ripetere chimica per l'imminente interrogazione di mio fratello: è fin troppo a conoscenza della mia bravura in chimica, non per vantarmi, e per questo motivo è corso da me supplicante. In tutta onestà non mi dà per niente fastidio aiutarlo, mi sento utile. Le incomprensioni dovute ad Ashton sono passate in secondo luogo, ora voglio solo che Calum abbia un voto impeccabile alla sua interrogazione.
Kayla, Luke e il mio ragazzo ora dovrebbero essere da qualche parte per i corridoi ma sono stata più che felice di “averli abbandonarli” per aiutare mio fratello: anche se è da più di dieci minuti che ripeto le stesse cose, questo può essere ritenuto uno dei pochi momenti intimi tra me e Calum.
Mi sistemo meglio sull'erba, sentendo un improvviso crampo al fondoschiena, ma continuo a tenere il libro in mano affinché il cretino davanti a me impari qualcosa: voglio davvero che l'interrogazione gli vada bene, in fondo ha solo bisogno di applicarsi maggiormente. È per sempre un Hood, e gli Hood non sono di certo stupidi.
«Mi spieghi per quale assurdo motivo mi dovrebbe interessare una cosa del genere?» mi domanda, ormai stanco, poggiando la testa sulle ginocchia con fare esasperato.
«Metti caso che tra vent'anni ti ritroverai a fare il chimico o il biologo? Queste cose servono per lavori del genere.» affermo convinta, lasciando però trasparire un sorriso.
Sono perfettamente a conoscenza del fatto che uno come Calum non prenderà mai nemmeno in considerazione lavori simili, ma l'ho voluto semplicemente stuzzicare: mi ha servito la battuta su un piatto d'argento, in fondo.
«Farò vagamente finta di non aver minimamente sentito la tua insulsa risposta.» mi informa facendomi una linguaccia prima che io gli tiri un leggero pugno sul braccio. «Come vuole lei, mio lord.»
«Qualcuno è poco ossessionato da Reign, mi dicono.» ironizza, beccandosi di conseguenza un altro pugno da parte mia.
Sono leggermente fissata con quella serie TV, lo ammetto, ma chi non lo sarebbe? È una storia talmente romantica, così coinvolgente... Mi sto facendo filmini mentali su Bash, me ne rendo conto.
Controllo il cellulare per vedere che ore sono e, non appena vedo i numeri 10.24, mi sale un leggero senso di fastidio: voglio vedere Michael e, per riuscirci, sono costretta ad aspettare altre 3 ore. Che ingiustizia.
Non lo vedo da lunedì, l'ho incrociato solo per i corridoi ma non mi ha calcolata di striscio: sono più che sicura che non si sia avvicinato per via della costante, e fastidiosa, presenza di Ashton. Da quando, due giorni fa, si è intromesso tra una possibile chiacchierata tra me e il "nuovo biondo" mi è sempre stato appiccicato: mi segue ovunque, mi perseguita. Ieri, ad esempio, dopo nemmeno un'ora che ci eravamo salutati aveva deciso di chiamarmi per "sentire meno la mia mancanza": qualcuno potrebbe considerarlo un pensiero romantico, tecnicamente lo farei anch'io, ma avevo dovuto palesemente dirgli di riagganciare per poter studiare in pace.
Ne ho parlato con Kayla e mi ha dato la sua opinione, come sempre: pensa che Ashton abbia notato questo "interesse" di Michael nei miei confronti e che sia geloso. Alla sua risposta sono scoppiata a ridere: come può uno come Michael provare interesse verso una come me? Non per qualcosa, ma non ce lo vedo proprio.
Comunque provo questa frenesia per un motivo ben preciso: lunedì, qualche secondo prima di andarmene, Michael mi aveva chiesto se mi andava di fargli compagnia in teatro durante l'ora di pranzo del giorno dopo. Ho rischiato di avere un mancamento quando ho sentito quelle parole, nel vero senso della parola. Ma mi vorrei ancora sotterrare per la reazione che avevo avuto in quel momento:  gli avevo praticamente urlato in faccia di sì, con un'enfasi che non avevo usato nemmeno alla proposta di Ashton a mettermi con lui. In risposta Michael mi era scoppiato a ridere in faccia, troppo divertito dalla mia faccia da ebete in quel momento, e ci eravamo dati appuntamento per il giorno dopo. Purtroppo, come sempre, il mio ragazzo aveva deciso di invitarmi a casa sua proprio quel giorno e, per non offenderlo, non avevo potuto rifiutare.
Provo ancora una morsa allo stomaco se immagino la faccia delusa di Michael nel non avermi vista arrivare ma non potevo fare altro, Ashton ci teneva troppo e, per quanto la nostra relazione sia in crisi, rimane comunque il mio ragazzo.
Rigiro il cellulare tra le mani prima di rimetterlo in tasca e poggio la testa contro il tronco dell'albero: perché deve essere tutto così dannatamente difficile...?
Il vento leggermente caldo di fine Marzo mi accarezza la pelle mentre sento Calum sistemarsi nella mia stessa posizione, conosco mio fratello meglio di me e so per certo che c'è qualcosa che non va.
Lo capisco dai piccoli gesti: è uno di quei ragazzi che, quando fa una cosa, non ci pensa due volte, vive ogni attimo. Eppure, ora, sembra che la sua mente sia piena di pensieri troppo pesanti, profondi e insistenti per concentrarsi su altro.
Chiudo il libro, ormai stanca di dargli ripetizioni, e glielo infilo nello zaino in attesa che abbia qualcosa da ridire, magari sul ripetere di più o sul fatto che non debba toccare le sue cose.
Ma non fa niente, rimane immobile.
Altro segno della presenza di qualcosa di grande accanto a quel cervello apparentemente piccolo.
«A chi pensi?» ci chiediamo insieme, come se ci fossimo messi d'accordo.
Scoppiamo entrambi a ridere, non aspettandoci una simile telepatia, e subito dopo continuiamo a guardare il cielo.
Mi sembra di essere tornata a quand'ero piccola: durante le estati trascorse a correre sulle spiagge incontaminate di Newcastle, sdraiandomi sulla sabbia insieme a mio fratello e a ridere per le varie forme che le nuvole assumevano su quel cielo limpido sopra le nostre teste...
Libertà allo stato puro.
Per questo mi chiedo: come può quella bambina così libera essersi trasformata in una ragazza rinchiusa in gabbia?
Non me lo sono mai chiesto, in realtà: è accaduto gradualmente, senza darmi la possibilità di accorgermene.
Sento la pelle bruciarmi sotto lo sguardo insistente di qualcuno, mi giro e gli occhi scuri di Calum, identici ai miei, mi squadrano come in cerca di una risposta. Devo ammettere che mi sto sentendo a disagio...
«Cal, che succede?» gli chiedo, poggiando la testa sulle ginocchia.
Questo silenzio,  anche se all'inizio si è rivelato piacevole, ora mi sta soffocando.
«Ti capita mai di sentirti in trappola nei tuoi stessi sentimenti? Voglio dire... provi qualcosa che in realtà non vorresti, o non puoi permetterti di provare.» mi chiede stranito dalle sue stesse parole, come se volesse trovargli un senso parlandomene.
E per quanto la situazione possa sembrare del tutto assurda, da un lato mi do della stupida: non ho mai chiesto seriamente  a Calum della sua vita privata. Per quel poco che ne so, ama le belle ragazze ma non quelle facili: è particolarmente attratto dalla bellezza differente, anche un solo particolare potrebbe farlo stendere ai piedi della fortunata. In più, e di questo sono fiera di lui, in ogni relazione ci si impegna con tutto sé stesso: forse è per questo motivo che le sue relazioni sono sempre state a lungo termine.
«Chi è?» chiedo schietta, sapendo già dove andare a parare.
Sto andando sul sicuro: riconoscerei una bugia detta da mio fratello anche da chilometri di distanza.
Dopo qualche secondo di esitazione davanti a una domanda così inaspettata, ridacchia rivolgendomi un'occhiata e mi lascia intendere una cosa: preferirebbe non parlarne in questo momento. È incredibile la telepatia che si può avere tra fratelli, la nostra è di sicuro fuori dal comune: le bocche o la voce sembrano sparire quando si tratta di me e mio fratello, diventano magicamente elementi superflui.
Decido di non insistere più di tanto, sapendo già che me lo dirà di sicuro in futuro, e giro lo sguardo verso la struttura dietro di noi non appena sento il rumore fastidioso della campanella: addio pace.
Calum si alza in pochi secondi e, leggendomi di nuovo nel pensiero, mi porge le mani per aiutare ad alzarmi: avere un fratello grande e grosso come lui a volte risulta utile.
Una volta in piedi, con i rispettivi zaini in spalla, ci avviamo a passo lento verso la scuola. Ci accompagna un silenzio stramente piacevole, un po' come quello di qualche minuto fa, fino a quando dalla bocca di Calum non esca: «Qualsiasi cosa accadrà, Skyler, ricorda una cosa: tu sarai sempre la prima per me, okay? Qualsiasi cosa succeda.»
«Questa tizia ti ha proprio dato alla testa.» commento scioccata, facendolo scoppiare a ridere.
Seriamente: mio fratello mi ricorda sempre del bene che mi vuole, stessa cosa che faccio costantemente anch'io, ma non si è mai spinto così oltre. Non ho idea di cosa gli sia preso o per quale ragione abbia detto questa frase: so solo che la cosa mi stupisce e non poco.
Preferisco non aggiungere altro e, una volta di nuovo in corridoio, ci salutiamo per poi dirigerci ognuno nella propria classe; non prima però di avergli augurato un “buona fortuna, fratellone” per la sua interrogazione di chimica.
Nonostante le numerose riflessioni dell'intera mattinata, devo dire che in questo momento mi sento stranamente sollevata: la frase di Calum deve avermi messa proprio di buon umore.






                                                                                                                             *******


 

 
«Mi dispiace, non credo di farcela.»
«Perché no?» risponde sporgendo il labbro, mettendo ancora più in evidenza il piercing nero. «Passiamo un pomeriggio come abbiamo sempre fatto: pizza, film, caramelle e una partita a Mario Kart. È un sacco di tempo che non lo facciamo... »
«Lo so, Luke, e mi piacerebbe tantissimo ma oggi proprio non posso: devo ripassare francese per domani, ho paura che possa interrogarmi da un momento all'altro.» mi giustifico guardandolo con occhi dispiaciuti.
Mi trovo davanti al mio armadietto aperto, circondata da Kayla, Calum, Ashton e Luke, e quest'ultimo sta facendo di tutto per convincermi ad andare a casa sua per un pomeriggio tutti insieme.
Conoscendoci da un bel po', abbiamo sempre organizzato incontri simili a casa di ognuno di noi, senza mai rifiutare. È un modo per passare più tempo insieme anche dopo scuola, momenti indimenticabili che appartengono solo a noi.
Tecnicamente non avrei mai detto di no a uno di questi appuntamenti ma questa volta mi sento costretta a farlo: non voglio che la professoressa domani mi interroghi per poi scoprire che non ho aperto libro tutto il giorno, non è nel mio stile.
«Potresti evitare di fare la secchia per un solo giorno della tua vita?» si intromette Calum, scatenando la risata di tutti.
«Almeno io non porto debiti a casa, razza di troglodita.» rispondo acida, con una punta di divertimento nel tono della mia voce.
È diventato un classico, ormai: Calum mi provoca, io rispondo acidamente e lui ci rimane di stucco. Per tutte le volte che si verificano questi episodi, potrei tranquillamente avere il completo diritto ad affermare di esserne stufa.
E invece no.
Ashton è sul punto di aggiungere qualcosa, prima che una certa Sarah gli si pari davanti esclamando un: «Ash!» anche fin troppo acuto, per i miei gusti.
I due iniziano a conversare animatamente tra di loro mentre la sottoscritta, non potendo fare altro, inizia ad ascoltare Kayle e Luke, impegnati in un divertente scambio di opinioni sulla canzone "Centuries" dei Fall Out Boy: se la mia migliore amica facesse mai una figuraccia davanti al ragazzo che le piace... sarei la prima a ridere, di questo ne sono sicura.
Sposto per un paio di volte lo sguardo verso Ashton ma, tutte le volte, lui non si accorge nemmeno minimamente di me: troppo impegnato a ridere a una battuta, di sicuro squallida, di Sarah.
Mi sta risalendo il muffin che ho mangiato questa mattina prima di uscire di casa, ve lo assicuro.
«Oh, bhe: di che stavate parlando?» ci chiede all'improvviso quella sottospecie di oca, accorgendosi finalmente anche della nostra presenza.
"Della possibilità di farti finire 'accidentalmente' in televisione... magari a 1000 modi per morire." penso, iniziandomi a mordere un'unghia.
Sia io che gli altri rivolgiamo un'occhiata di fuoco ad Ash, una sorta di codice per spronarlo a rimanere zitto: peccato che il mio ragazzo non se ne sia minimamente accorto.
«Stavamo organizzando un pomeriggio a casa di Luke, per staccare un po' la spina.» inizia a spifferare, non creandosi alcun tipo di problema. «Solo che Skyler ha detto di non poter venire...»
Questa è in assoluto la goccia che fa traboccare il vaso: come diavolo si permette a spettegolare certe cose? Con Sarah, poi!
Giro il mio sguardo incredulo verso gli altri e posso notare in loro lo stesso shock della sottoscritta: quei pomeriggi sono sempre stati tra di noi, che diavolo c'entra ora lei?
Socchiudo le labbra, al culmine dello stupore e della delusione, fin quando un duro: «Ashton.» non viene pronunciato dalle labbra della mia migliore amica: lo sta per prendere a pugni, me lo sento.
«Oh, che peccato...» risponde Sarah, fingendosi realmente dispiaciuta, ignorando del tutto quell'avvertimento da parte di Kayla. «Bhe, io non ho molto da fare oggi: posso unirvi a voi, vero?»
Vorrei tanto urlarle un "No!" secco in faccia, con tanto di sputo, ma la voce mi muore in gola: se Ashton rispondesse di sì... no, non voglio nemmeno pensarci.
Calum rivolge uno sguardo durissimo al mio ragazzo, cercando in tutti i modi di lanciargli un messaggio, ma quest'ultimo sembra decisamente ostinato a voler far finta di non capire. Per questo motivo risponde con un allegro: «Certo! Non ci sono problemi: vero, ragazzi?» che subito mi fa crollare la terra sotto i piedi.
No... non può averlo detto sul serio...
Mi rigiro un'altra volta verso mio fratello, Kayla e Luke e cerco un po' di conforto in loro: cosa che però non riesco ad ottenere. Anzi, sono proprio loro ad infliggermi il colpo di grazia, annuendo leggermente alla domanda di Ashton.
Sarah, dopo aver emesso una sorta di squittio gioioso, si lancia tra le braccia del mio ragazzo, facendo sventolare i suoi lunghi capelli biondi.
Le gambe stanno iniziando a tremarmi, e vi assicuro che il freddo non c'entra niente: mi sento presa in giro, derisa, umiliata.
Ashton sa della rivalità tra me e la sua "migliore amica", sa della mia gelosia nei suoi confronti, sa il fastidio che mi provoca quando la vedo insieme a lui: perché diavolo ci tiene così tanto a vedermi sprofondare?
Indietreggio di un passo, sentendo sempre di più un coniato di vomito, e neanche lo «Skyler...» dolcemente sussurrato di Calum e Kayla mi ferma: voglio solo correre via.
Ashton mi rivolge un semplice sguardo confuso, direi che è abbastanza usuale in questi ultimi tempi: non riesce a capire, è troppo impegnato a concentrarsi sulla sua di vita.
E, a quanto pare, io non ci faccio nemmeno parte.
Un attimo dopo sto già correndo lungo il corridoio, allontanandomi sempre di più dal gruppo di ragazzi che in pochi minuti è riuscito a rompere tutte le mie barriere.
I piedi procedono automaticamente, uno davanti all'altro, aumentando sempre di più il ritmo fino a farmi rimanere senza fiato.
Strano, pensavo di averlo perso già tutto all'affermazione di Ashton.
Poggio la schiena contro il muro, improvvisamente stremata, per poi scivolare fino a terra; per fortuna che non c'è nessuno: tutti gli studenti dovrebbero essere a pranzo ora.
Ed è qui che scoppio a piangere.
Lacrime amare, composte al 99% da sentimenti e da un misero 1% d'acqua: lacrime trattenute per tanto, forse troppo, tempo e che ora non posso fare a meno di trattenere.
Non sto piangendo solo per l'accaduto di qualche minuto fa, piango perché sono stanca: stanca di dover fingere che vada tutto bene, di eseguire gli ordini, di fare sempre tutto quello che gli altri si aspettano da me, di preoccuparmi troppo dei giudizi degli altri.
Sono stanca di essere un uccellino intrappolato in una gabbia di aspettative altrui e giudizi... voglio semplicemente volare di nuovo.
Ripiego le ginocchia al petto, stringendole poi con le braccia, e continuo a piangere senza sosta: scommetto di essere completamente rossa, in uno stato a dir poco imbarazzante, ma non mi importa.
Mi sento minuscola in questo corridoio, una bambina troppo innocente in un posto troppo pericoloso.
Questo posto è il mondo, basato su una società troppo difficile per me e per il mio modo di essere.
Sto parlando come una depressa e, agli occhi di molti, risulterò ridicola.
Ma chi può sapere la nostra verità meglio di noi stessi? Nessuno.
Il fatto che io sia popolare, che abbia una vita apparentemente perfetta... non può competere con la libertà che vorrei avere, non può competere minimamente con chi vorrei davvero essere.
Mentre tutti questi pensieri tormentati non fanno altro che spremermi il cervello, non mi accorgo nemmeno di una presenza davanti a me.
Non voglio sapere chi sia, non posso farmi vedere in questo stato. Per alcuni minuti non avverto nessuno spostamento: solo le mie lacrime sembrano aver cessato di scendere, qualche singhiozzo ancora mi tortura la gola.
Sto per alzare la testa e guardare in faccia chi mi sia davanti, prima che quest'ultimo (o quest'ultima, personalmente non ne ho idea) si sieda accanto a me, poggiandosi di schiena al muro.
«Why the stars are lined up so perfectly, for everybody... but not for me? I wish it could be easy, but it never goes that way. It's never like the movies, it's never like they say...»
Mi giro non appena sento quelle parole, e rimango paralizzata alla vista di Michael affianco a me, intento a canticchiare Lucky One senza alcun timore di essere sentito da qualcuno. Perché è qui? Ma soprattutto: perché mi sta cantando queste parole così fottutamente vere?
«Now I can’t stop thinkin’ how this life could be. I can keep pretendin’, but honestly: does it really make a difference? Does it really ever change a thing?»
Non mi rivolge uno sguardo nemmeno per un secondo, rimane fisso a guardare la finestra davanti noi continuando a canticchiare.
Dopo aver tirato su col naso, le lacrime rischiano di nuovo di scendere ma non provo nessuna preoccupazione sul fatto che il ragazzo accanto a me possa vedermi: ho semplicemente bisogno di sfogarmi.
Ed è proprio qui che, senza nemmeno pensarci, mi stringo al suo petto senza nessun preavviso.
Sto bagnando la sua canotta, stranamente bianca, e mi sento subito in colpa: non avrei nemmeno dovuto provarci.
Eppure, per quanto possa sembrare incredibile anche alla sottoscritta, è proprio in questo momento che le sue braccia mi avvolgono.
Michael Clifford mi sta abbracciando. 











SALVE A TUTTI! 
Prima di tutto voglio auguravi una buona vigilia di Natale e buone feste in generale <3
Sono qui, stranamente in anticipo, con questo capitolo e devo dire di esserne abbastanza orgogliosa u.u
Ho scritto tutto sotto le note di Lucky One: una canzone che vi consiglio di ascoltare e che mi rappresenta al 100%. Ho voluto scrivere un capitolo basato interamente sui sentimenti della nostra Skyler: è comunque la nostra protagonista, no? 
Michael compare solo alla fine, sotto la veste di una sottospecie di "eroe", mentre Ashton diventa estremamente irritante: mi dispiace scrivere certe cose su di lui, in fondo lo adoro :(
Calum invece soffre di una specie di... "crisi amorosa" per qualcuna: chissà chi sarà ;) 
Comunque: speravo che un capitolo postato la vigilia potesse essere un ottimo regalo di Natale :) o almeno: questo è quello che speravo di ottenere hahahaha. 
Mi farebbe piacere sapere che ne pensate tramite una recensione, e ringrazio di cuore chiunque abbia messo la storia tra le storie preferite/seguite/ricordateCi si rivede dopo le feste, si spera.
Tanto Love.
*La Ragazza Invisibile*



 

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Capitolo 7
*** Disconnected ***


 






 

                                                                                      7. Disconnected








Rifiuto per l'ennesima volta la chiamata che sta facendo vibrare il mio cellulare, lasciandomi sfuggire uno sbuffo quasi impercettibile, e poggio di nuovo l'oggetto sulla sedia accanto a me: tra Luke, Calum, Kayla e Ashton non riesco a concentrarmi sul ragazzo non molto distante da me.
Riporto lo sguardo verso il palco e noto Michael tutto impegnato a scrivere su un pezzo di carta per poi cancellare il tutto, è quasi mezz'ora che sta facendo sempre le stesse cose.
Dopo avermi abbracciata per qualche secondo in corridoio, mi aveva condotta verso il teatro: aveva intuito il mio bisogno di cambiare aria e mi ha fatto piacere seguirlo lungo le scale per poi sedermi in tribuna ad ammirarlo suonare.
La mia presenza non sembra infastidirlo e ne sono entusiasta: divento raggiante anche solo se rimaniamo in silenzio, è più forte di me.
Ruoto leggermente la testa, dispiaciuta del fatto che non riesca a trarre frutto da quelle poche idee che ha in mente, e mi alzo per poi raggiungerlo: non ho mai scritto una canzone, sinceramente, ma forse posso essergli d'aiuto in qualche modo. 
Più mi avvicino e più sento le mani sudaticce, anche se non capisco a tutti gli effetti il motivo: so solo che questo ragazzo biondo non fa che mettermi in soggezione anche con un solo sguardo.
Per evitare figuracce, mi infilo le mani nelle tasche posteriori dei jeans e lancio uno sguardo ai fogli che ha davanti: sono mezzi stropicciati, con parecchie cancellature e segni di matita ancora non eliminati del tutto.
I suoi occhi verdi sono concentrati, in modo impressionante, davanti a lui e una mano è stretta a pugno, posizionata sotto il mento: ho una voglia pazzesca di accarezzargli la pelle... Sembra quella di un bambino.
Mi siedo davanti a lui, lasciando ciondolare una gamba, e gli sorrido dolcemente, sperando che mi noti: non appena alza lo sguardo, la sua espressione apparentemente dura sembra come addolcirsi.
Mi stanno salendo dei brividi incredibili lungo la spina dorsale.
«Come fai?» mi faccio sfuggire, rendendomene conto solo dopo.
Alza un sopracciglio, confuso, come a chiedermi "A fare cosa?" e gli sorrido di nuovo prima di continuare: «A scrivere canzoni: a me è sempre sembrata un'arte a dir poco impossibile.».
In tutta sincerità, vorrei anche chiedergli come fa a farmi questo effetto, ma non posso dirlo.
Alza entrambe le sopracciglia, in un momento di incertezza, ma poi alza semplicemente le spalle per poi rispondermi: «Non lo so, l'ho sempre fatto. Ormai mi viene spontaneo.».
Prima che io possa ribattere, solleva il plettro sopra le corde, in un apparente momento di ispirazione, ma alla fine sbuffa e torna nella posizione di prima: mi sta facendo una tenerezza assurda...
«Mi insegni?»
La mia domanda è risultata infantile persino alla sottoscritta, ma voglio davvero aiutarlo: scrivere una canzone insieme sarebbe un sogno...
Inizia a ridacchiare, forse divertito dalla mia costante insistenza, e alla fine posa di nuovo lo sguardo su di me.
«Non potrei nemmeno se volessi, Skyler. È una cosa che ti viene da dentro, non si può insegnare.»
Sporgo in fuori il labbro inferiore, in una sorta di espressione da cucciola, ma neanche questo sembra farlo cedere: sta cercando di fare l'osso duro, a quanto pare.
Non ho ancora dimenticato quello che è successo nemmeno una mezz'ora fa, ma sto cercando di non pensarci (come sempre): Michael mi ha già vista piangere una volta, non voglio che risucceda.
A quest'ora staranno già tutti a casa di Luke, a divertirsi, ma sto cercando di convincere me stessa: io sto benissimo qui con Michael, non sostituirei questi momenti con niente al mondo.
E allora perché sento ancora un peso enorme sullo stomaco?
Forse per l'indifferenza di Ashton nei miei confronti, o forse per la mancata lealtà di Luke, Kayla e Calum... Non lo so: riesco a capire solo che il “sentirsi invisibile”, soprattutto agli occhi delle persone più importanti della mia vita, è una sensazione orribile. Non la auguro a nessuno, poco ma sicuro.
Dovrei ringraziare Michael, per essere rimasto con me dopo la crisi di nervi, ma non l'ho ancora fatto: non ne conosco il motivo ma mi sentirei maledettamente a disagio a rivolgergli un semplice “grazie”.
Sono sempre stata convinta di una cosa: al mondo esistono persone che apprezzano le parole, altre no. E so, anche se lo conosco da poco meno di 2 settimane,  che Michael fa parte della seconda categoria.
Le parole vengono portate via dal vento, i gesti rimangono impressi nella memoria a vita. Tranne i testi delle canzoni: quelli sono l'eccezione che confermano la regola.
Ho lo sguardo fisso sul pavimento sotto di noi, sembrando quasi incantata, ma sto semplicemente affondando nei miei pensieri: cosa non molto positiva, dopo l'accaduto di poco fa. Forse è per questo motivo che il ragazzo di fronte a me mi guarda perplesso, mordendosi l'interno della guancia per dire qualcosa di giusto in questa circostanza: «Non posso insegnarti a scrivere una canzone perché... è complicato. La parole unite a una melodia formano una magia, e sai di cosa è fatta questa magia?».
Scuoto la testa lentamente, tornando a guardarlo, e alza leggermente l'angolo della bocca, come se lo stia spiegando a una bambina, prima di aggiungere: «Di esperienze, belle o brutte che siano, e di emozioni. La magia consiste nell'unire le parole a quello che stai provando o a quello che hai passato, come se volessi spiegarlo a qualcun altro».
Mi accorgo di star trattenendo il fiato non appena finisce di parlare e, nonostante siano parole, non si disperderanno nell'aria. Queste no.
«Hai presente quando hai tante cose dentro ma, quando cerchi di sfogarti con qualcuno, non ti escono le parole e alla frase “Dimmi come ti senti” riesci a rispondere con un confuso “Non lo so”? Ecco, io approfitto di quei momenti per scrivere» continua, dando voce a quelli che forse, ora, rappresentano i suoi pensieri. «Mi riesce più facile parlare attraverso la musica, perché non potrà mai giudicarti.»
All'apparenza sembriamo due persone provenienti da pianeti del tutto differenti ma, solo in questo preciso momento, mi sto rendendo davvero conto di quanto siamo simili: confusi, con un costante senso di solitudine addosso, incompresi e pieni di “come sempre” che cominciano a starci troppo stretti.
Vorrei riabbracciarlo di nuovo, diamine, lo vorrei stringere a me più forte che posso ma so di non poterlo fare: non siamo ancora in così completa confidenza.
Ricollegando l'intera spiegazione che mi ha appena concesso, i ragionamenti riguardo a lui iniziano a vorticarmi nel cervello: Wherever You Are è di sicuro una canzone d'amore, ma dedicata a chi? Ha vissuto sulla sua stessa pelle quello che mi ha appena detto? Ho così tante domande che, se le scrivessi su un quaderno, lo finirei un secondo scarso ma voglio tenermele: se gliele porgessi tutte ora, il mistero di Michael Clifford sarebbe svelato e, personalmente, è proprio questo che non voglio che accada.
Meglio godere lentamente piuttosto che vivere un solo momento di piacere.
L'ho appreso da Calum, da piccoli, quando trovammo per caso un piccolo fosso in una spiaggia isolata vicino Newcastle. Ci trovammo dentro delle uova di tartaruga, a decine, e andavamo a controllarle ogni giorno, sperando di poter assistere alla nascita di quei piccoli e teneri animaletti. Restavamo sempre a una distanza di circa un paio di metri, per paura di essere d'intralcio e scalpitavamo all'idea che quelle uova si potessero schiudere da un momento all'altro: io, soprattutto, non vedevo davvero l'ora. Mio fratello non aveva fatto altro che ripetermi, per tutto il tempo, che il piacere più grande si prova aspettando e lì per lì non riuscii proprio a capire quella frase: in fondo volevo solo vedere le tartarughe nascere, che me ne poteva importare dell'attesa? Eppure, col tempo, avevo iniziato a fare tesoro di quella sorta di “filosofia di vita” e ora sono, in un certo senso, grata a Calum per avermelo insegnato. 
Com'è finita la storia delle tartarughe? Finì che un bel giorno, l'ennesimo di ricognizione, trovammo solo i gusci delle uova e nessuna tartaruga. Ricordo che non rivolsi la parola a mio fratello per un'intera settimana, pensando fosse colpa sua, ma alla fine mia madre gli diede i soldi per portarmi al cinema a vedere Le Avventure di Sammy. Inutile dire che, davanti a quel cartone meraviglioso, mi dimenticai l'intero accaduto.
Ricordare una delle tante avventure vissute con Calum mi ha sempre strappato un sorriso, eppure ora sento solo un enorme peso allo stomaco: come ha potuto, il mio fratellone, mettersi contro la sua sorellina? Prima mi dice che sarò sempre la prima donna della sua vita, subito dopo fa coppia con il mio ragazzo e mi stende con una sola risposta affermativa.
Scuoto la testa leggermente, cercando per l'ennesima volta di non pensarci, e rivolgo di nuovo lo sguardo verso Michael: com'era da piccolo? Ha avuto una bella infanzia? Non so per quale motivo ma, immaginandomelo da piccolo, non posso fare a meno che pensare ad un bambino biondo, occhi verdi e vispi, labbra piene e un perenne sorriso biricchino sulle labbra. Ed è qui che giungo al responso finale: non mi dispiacerebbe per niente vedere qualche sua foto da piccolo. Io non sono cambiata molto: gli occhi grandi e neri sono sempre qui, così come i miei capelli castani e le mie guance morbide (secondo il parere di tutti).
In questo momento dovrei essere a casa, per ripassare francese, ma la sola idea di dovermi separare da Michael mi fa intristire subito: vorrei che venisse con me, ma quale essere umano sano di mente avrebbe mai il coraggio di chiedergli una cosa simile? Di certo non la sottoscritta.
Dopo un leggero sbuffo, stressato anche lui dal fatto di non riuscire a buttar giù nemmeno una riga, inizia a mettere a posto i fogli sparsi accanto noi: spero che riesca a trovare l'ispirazione, magari anche con me in teatro a fargli compagnia.
Lo aiuto a mettere a posto, recuperando gran parte della carta che c'è, ma, nel farlo, le nostre mani si toccano per qualche secondo: mi sembra una scena da film e, per quanto può sembrare assurdo, i brividi lungo la schiena non tardano ad arrivare.
Michael mi fa questo effetto e non so ancora il motivo.
Ritira subito la mano, come turbato, e stacca anche gli occhi da me per continuare a mettere a posto: dalla reazione che ha appena avuto, sto iniziando a pensare di avere la lebbra.
Mormoro un leggero “Scusa”, anche se non ho idea del perché io mi stia scusando, e lui si rilassa improvvisamente, regalandomi anche un sorrisino.
«Tranquilla, mi sono staccato per le tue mani estremamente fredde» risponde, indicandomi le mani con un cenno del mento.
Non lo avevo notato, in tutta sincerità, ma sono felice del fatto che non mi abbia risposto con monosillabi o altro: resterei a sentire la sua voce per ore.
Un sorriso spontaneo mi compare sul volto e, dopo essermi messa una ciocca di capelli dietro l'orecchio, inizio fischiettare un motivetto che mi è appena entrato nel cervello: non so da dove mi sia venuto ma devo dire che è piuttosto orecchiabile.
Torno a prendere la tracolla e il cellulare in tributa e, nel frattempo, Michael sembra incantato: chissà a che pensa. Smetto di fischiettare dopo alcuni minuti, ma la voce del ragazzo non molto distante da me mi fa sobbalzare: «No, aspetta: continua».
«Era orecchiabile, vero?» chiedo in risposta, felice del fatto che abbia attirato la sua attenzione.
Annuisce leggermente e, dopo aver memorizzato la melodia, inizia a battere il piede a terra a ritmo; che diavolo sta facendo?
Nemmeno un minuto dopo, riprende di nuovo la chitarra e butta qualche accordo sul mio stesso motivetto: oddio, forse gli ho appena dato l'ispirazione...
Nella mia testa, queste note me le sono solo immaginate: ora invece si stanno materializzando sulle corde della chitarra che Michael sta suonando e, incredibilmente, la canzoncina che ne sta venendo fuori non è niente male.
Senza nemmeno accorgermene, mi aggiungo con un “Oh” prolungato (abbinato, ovviamente, alle note) e devo dire che non stona per niente, anzi: sembra fatto apposta.
Non posso credere di aver appena suggerito la melodia a Michael, tenendo presente il fatto che fino a pochi minuti fa gli ho chiesto di insegnarmi a scrivere canzoni: mi sembra tutto così surreale.
È un motivetto che dura più o meno 10 secondi ma, cavolo, è davvero carino e anche lui sembra apprezzarlo: non fa che ripeterlo per svariate volte, forse per continuare a memorizzarlo o perfezionarlo con i giusti accordi.
«Sì, mi piace» esclama sorridendo, battendo il piede a tempo per assumere una sorta di percussione.
Il sorriso presente sul mio volto può essere perfettamente paragonabile a quello di un vincitore della lotteria: mi stanno iniziando a fare male i muscoli facciali ma non può importamene di meno. Se gli Imagine Dragons entrassero all'improvviso e iniziassero a cantare On Top Of The World  sarebbe davvero perfetto.
«Life's a tangled web...» sussurra leggermente un paio di volte, cercando di adattare la frase alla melodia.
Perché ho la sensazione che si stia riferendo alla chiacchierata profonda di poco fa?
 
 
 
 




                                                                                                                        *******
 
 





Io e Michael stiamo passeggiando per il corridoio della scuola, in direzione dell'uscita, ed entrambi non la smettiamo di sorridere: lui per la nuova canzone che scriverà e io per avergli dato l'ispirazione. Avete presente quella sensazione di potere assoluto che si prova solo dopo un progetto riuscito? Ecco, stessa situazione.
Se fossi da sola, in questo momento, non mi porrei nessun problema nel saltellare allegramente ma, per evitare figuracce con il ragazzo accanto a me, cerco di frenare l'impulso che mi fa formicolare le gambe: sono semplicemente troppo felice.
«Sai, tutto avrei pensato... Tranne che proprio tu decidessi di aiutarmi» afferma all'improvviso, sistemandosi meglio lo zaino in spalla.
Ed ecco che le mie guance iniziando a somigliare magicamente ad un pomodoro maturo: lo ha detto sorridendo o sbaglio?
«A volte, l'aiuto di cui abbiamo bisogno arriva proprio da chi meno ci si aspetta» rispondo gongolando leggermente sui piedi, cercando di sembrare spensierata.
Non potrei essere più felice, decisamente.
Continuiamo a camminare in silenzio e, una volta usciti da scuola, subito mi salta all'occhio una macchina rossa nel parcheggio deserto: non l'ho mai vista prima, a chi può appartenere? Assomiglia molto a una macchina d'epoca, cosa che mi fa sorridere: la vernice è rosso scuro (quasi bordeaux, oserei dire) ma presenta abbastanza graffi qua e là, la capote è leggermente piegata all'indietro e oserei aggiungere che, nel complesso,  sembra un'auto abbastanza utilizzata nel tempo.
«Oh, quel gioiellino è mio» esclama sorridendo Michael, avviandosi verso il veicolo in questione e facendomi segno di seguirlo.
Michael ha la patente? E da quando? Ma soprattutto: perché non ho mai visto questa macchina?
Lo raggiungo a passo incerto, soffermandomi ad osservare bene l'auto, e devo dire che non è niente male. Una cosa che mi salta subito all'occhio è la lunghezza: cavolo, per essere una decapottabile d'epoca, è lunga quanto un pick-up.
«Una Ford Mustang Cabrio del ‘66, 120 cc» afferma orgoglioso, guardando la macchina come la cosa più preziosa del mondo. «Era di mio nonno: l'ha conservata per quando mio padre avrebbe preso la patente e, in linea di successione, ora appartiene a me.»
Alzo le sopracciglia sorpresa, prima di affermare un altrettanto sorpreso - ma anche divertito - : «Wow, un vero cimelio di famiglia».
Il fatto che suo nonno e suo padre l'abbiano conservata per lui, è una cosa dolcissima: magari anch'io avessi un auto (e magari anche la patente)...
Annuisce sorridente alla mia affermazione e risponde quasi subito: «È vecchiotta, lo so, ma è come un privilegio guidarla, per me: nonostante risalga a quasi 50 anni fa, il motore è ancora in ottime condizioni».
Non avrei mai pensato di finire a parlare di macchine con lui, ma devo dire che non mi dispiace affatto: in fondo, da piccola mi divertivo a giocare con le macchinine elettrocomandate di Calum e i motori mi affascinano tutt'ora.
Chissà cosa si prova ad essere alla guida di un'auto come questa: ha quasi 50 anni di storia e chissà quante avventure deve aver vissuto con i suoi ex proprietari.
Nella mia mente, iniziano già a formarsi tante piccole scene dell'epoca: mi immagino (per quanto possa riuscirci) il padre di Michael seduto sul cofano, intento ad adocchiare qualche bella ragazza oppure mentre guida, con il vento contro il viso mentre i Pink Floyd o i Rolling Stones sollevano nell'aria tutta la loro meravigliosa musica.
Trovo l'intera situazione completamente affascinante. Anche se, uno come Michael, non ce lo vedo proprio a guidare questa Mustang: dal suo modo di vestire, lo vedrei di più in sella a una moto rampante, con musica rock a tutto volume e borchie dappertutto.
Io sono più una tipa da 500, a dirla tutta - anche se non mi dispiacerebbe per niente fare un giro in sella a una moto, alle spalle di un rockettaro dai capelli colorati -.
Ritorno alla realtà, dopo tutti i miei filmini mentali, solo quando il ragazzo accanto a me alza lo sguardo verso la sottoscritta: non voglio che pensi che, da come sto guardando la sua macchina, io pretenda un passaggio da lui. Mi farebbe piacere, ma non voglio risultare troppo invadente.
«Tu come torni a casa?» mi domanda all'improvviso, assottigliando gli occhi per un fioco raggio di sole che gli si è appena puntato contro.
Sembra illuminato da una luce divina, nonostante le poche nuvole presenti sulle nostre teste: diamine, i suoi occhi sono ancora più chiari e meravigliosi.
«Intendi ora? No perché, di solito, è Calum quello che mi riporta a casa. Ma oggi...» rispondo, abbassando lo sguardo verso il cemento sotto di me.
Non voglio ripensare a quello che è successo: rischierei di perdere il controllo ed è l'ultima cosa che voglio, davanti a Michael.
Tra di noi rimane un silenzio carico di tensione: non so se gli interessi davvero l'accaduto, visto che non mi ha ancora chiesto spiegazioni al riguardo, ma continua a rimanere zitto.
Si guarda intorno per qualche minuto, forse per temporeggiare, mentre le chiavi della macchina tintinnano leggermente nella sua mano. Non so davvero come muovermi, in questo momento.
Sembra incerto, sembra quasi che stia lottando contro sé stesso.
Una parte di me non fa altro che ripetermi di andare via, per mettere fine a questo silenzio così imbarazzante, ma sono completamente inchiodata a terra.
Alle mie orecchie non arriva nessuna domanda o suono da parte sua, vedo solo un leggero movimento del mento verso l'auto affianco a lui: vuole accompagnarmi? Davvero? Proprio me?
Schiudo le labbra, completamente senza parole, mentre mi rivolge un leggero sorriso: se non la finisce di sorridermi in questo modo, dovrà accompagnarmi direttamente all'ospedale, altro che a casa.
Sollevo entrambe le sopracciglia, lasciandogli intuire il mio stupore, e lui, in risposta, non fa altro che alzare le spalle innocentemente: lui, il ragazzo più tenebroso che abbia mai conosciuto, non può avermi davvero fatto capire di dover salire nella sua macchina.
Mi sento come se fossi sospesa nell'aria sopra a una voragine, sul punto di essere risucchiata nel vuoto da un momento all'altro.
Non ricevendo nessuna risposta da parte della sottoscritta, Michael si dirige verso la portiera, per poi sistemarsi al posto del guidatore, e gira la chiave, facendo rombare il motore in modo impressionante: non vuole demordere.
Scoppio in una risata di gusto, portandomi dietro anche lui, e alla fine corro verso la portiera del passeggero: quando mi ricapiterà un'occasione del genere?
«Ricambio il favore: tu mi hai aiutato con la canzone, io ti do un passaggio.» spiega con nonchalance, non appena mi siedo.
Inspiro a pieni polmoni e un sorriso a trentadue denti non può che comparirmi sul volto: nell'aria c'è il suo profumo, non faccio che inspirarne di continuo.
Direi che è un misto tra lavanda e muschio.
Le mie fragranze preferite.
 












SALVE A TUTTI!
O forse dovrei dire "buonasera" hahaha. Allora: non ci sentiamo da un bel po' di tempo e questo capitolo si è dimostrato un vero e proprio parto. Quello precedente è stato un vero e proprio salto nel vuoto e, per questo motivo, ci ho messo anni a scrivere questo.
Analizziamolo: Skyler e Michael passano più tempo insieme, si parla solo di loro, (personalmente, scriverei di loro dalla mattina alla sera *-*) e alla fine succede l'inpensabile. Lo avreste mai detto che Michael, proprio quel Michael tenebroso e, a detta di tutti, "pericoloso" avrebbe deciso di accompagnare la protagonista a casa?
Spero di non essere risultata troppo prevedibile o banale hahaha
Cosa ne pensate?
A me non dispiace per niente, stranamente, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :) 
Ringrazio, di nuovo, tutte le persone che hanno messo la storia tra le 
preferite/seguite/ricordate e vorrei ringraziare particolarmente la mia amica Ranyadel per tutto l'aiuto che mi da ogni giorno <3
Al prossimo capitolo! 

 

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Capitolo 8
*** Oh my... BOOM. ***


 






 

                                                            8. Oh my... BOOM.








«Skyler, ti prego! È una settimana che ci ignori! Che ignori me!»
«Non ho nulla da dirti» ribatto secca, sbattendo l'anta del mio armadietto, e non guardando nemmeno di striscio la ragazza affianco a me.
Da una settimana precisa non sto facendo altro che ignorare Kayla, Calum, Luke e Ashton. Una settimana in cui - tralasciando i momenti con Michael in pausa pranzo - mi sono sentita fuori dal mondo, completamente sola.  Non ho intenzione né di perdonarli né di rivolgere loro parola, cosa non molto facile ma comunque indispensabile per il mio animo instabile.
L'accaduto con Sarah non fa altro che impossessarmi il cervello e, per quanto possa sentire la mancanza dei miei migliori amici e di mio fratello, so già che mi farei del male da sola se li perdonassi: non sarei in grado di sopportare un'altra situazione scomoda, non ne avrei la forza.
Diventa sempre più difficile dover ignorare tutti e 4 - tenendo anche presente il fatto che Calum abiti sotto il mio stesso tetto - ma ci sto provando con tutte le mie forze e, fino ad ora, le cose sembrano stare al posto loro.
In questo piovoso mercoledì di Marzo sto contando tutte le volte che uno dei “colpevoli” abbia provato, almeno una volta, a rivolgermi la parola: in tutto, sono arrivata a 23 tentativi e non so davvero per quanto tempo potrò ancora resistere senza avere una crisi di nervi.
Ma c'è anche da notare l'altro lato della medaglia: se da un lato non ho più i miei migliori amici, posso andare fiera del fatto che il mio rapporto con Michael si sia rafforzato leggermente. Per fare un esempio banale, ora non mi rivolge più sguardi freddi e distaccati: quando ci incrociamo per i corridoi mi sorride quasi sempre e, un paio di volte, ho anche notato dei cenni di saluto. Può sembrare esagerato illudersi per cose del genere ma, per quello che mi riguarda, mi ha fatto dimenticare - anche se per pochi istanti - tutta la merda che non sta facendo altro che accumularsi intorno a me. E dovrei, come minimo, ringraziarlo. Mi ha anche inviato la richiesta d'amicizia su Facebook, cosa non da poco. Inutile dire che, dopo aver spulciato il suo intero profilo, sono rimasta parecchio delusa alla vista dei soli 320 amici - e non abbiamo nessun amico in comune, prova del fatto che non conosca nessuno della scuola, a parte me -. Non ha mica la lebbra, diamine.
 


Il tragitto verso casa prosegue tranquillo, per la maggior parte in silenzio: il solo fatto che Michael mi abbia offerto un passaggio mi fa sorridere come un'idiota. È questo il principale motivo per il quale non sto facendo altro che rivolgere la faccia verso il finestrino: se vedesse questo sorriso da ebete che ho stampato in faccia... bhe, mi prenderebbe, come minimo, per una maniaca.
Aveva ragione: il motore di questa macchina è in perfette condizioni, prendendo in considerazione il fatto che l'auto di Calum produca rumori a dir poco inquietanti - è sia praticamente nuova -. Michael ha alzato anche la capote, forse per paura di un possibile temporale autunnale, e mi sono appena resa conto di due cose: guida bene e, diamine, è tremendamente sexy mentre lo fa.
Le uniche cose che riesco a dire, senza balbettare, sono le indicazioni verso casa mia e non posso fare a meno di pensare al fatto che d'ora in poi saprà dove abito: e se succedesse come in “Diario di una nerd superstar.” e lo ritrovassi davanti la finestra di camera mia? Ripensandoci... sarebbe leggermente inquietante come cosa. Meglio continuare a guardare il finestrino.
Si è fermato, siamo arrivati... oh.
Mi giro, finalmente, verso di lui e lo vedo titubante tanto quanto me: dovrei invitarlo ad entrare? Dovrei salutarlo qui, magari con un bacio sulla guancia? Ho il terrore di sbagliare e non riesco nemmeno a muovermi.
Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cercando di temporeggiare, e lui sembra fare la stessa cosa: l'unica differenza sta nel fatto che lui sta tamburellando le dita sul volante.
Che imbarazzo, mamma mia.
Dopo qualche minuto di puro silenzio, mi slaccio la cintura di dosso e mi sforzo a parlare:«Bhe... Grazie del passaggio».
«Non c'è di che... tu mi hai aiutato con il “blocco dello scrittore”, era il minimo che potessi fare» risponde alzando le spalle, smettendo di tamburellare le dita sul volante.
Mi sembra fin troppo strano il parlare con lui così tranquillamente - forse perché non ci sono abituata - ma, devo aggiungere, non potrei esserne più felice.
Gli sorrido timidamente prima di aprire la portiera, nonostante voglia passare ancora del tempo con lui, ma sento un leggerissimo “Hey” prima che io possa uscire a tutti gli effetti dalla macchina.
Mi rigiro di nuovo verso di lui, sperando mi voglia salutare in qualche modo, e lo sento chiedermi:«Ti-Ti andrebbe di venire in teatro durante la pausa pranzo? Magari... Sì, bhe... magari potresti darmi una mano con la canzone. Non sei poi così male come pensavi».
Pensavo non me lo avrebbe mai chiesto e, sinceramente, ora sto facendo davvero fatica a respirare: Michael mi ha appena invitata a passare del tempo con lui... Dev'essere un sogno, mi sembra tutto troppo bello per essere vero.
Mi rendo conto di non avergli dato una risposta - e di star impalata a fissarlo, con le labbra socchiuse - solo quando alza le sopracciglia, in attesa di sapere se andrò da lui o no: ho appena fatto la figura dell'idiota ma non mi importa, non riesco a smettere di guardarlo.
Ed ecco il momento in cui la sottoscritta inizia a sorridere come una perfetta ebete.
Annuisco incantata, scatenando così un suo piccolo sorriso, e il mondo sembra essersi fermato: come diavolo riesce a far sparire tutto solo con un leggero movimento delle labbra?
 


Al ricordo di tutti quei momenti così speciali per me, sento le guance avvampare all'improvviso: non solo sono andata a “fargli visita” il giorno dopo, ma anche per tutto il resto della settimana, fino a ieri. La cosa più bella? Il fatto che, dopo un po', Michael si è talmente abituato alla mia presenza in teatro che sembra quasi che mi aspetti: il solo pensiero di poterlo deludere, non raggiungendolo durante la pausa pranzo, mi fa mordere il labbro per l'emozione. Il nostro rapporto si sta leggermente trasformando e io non potrei esserne più felice. Certo, vorrei poter condividere tutte queste novità con Kayla, ma cerco di non pensare a quanto in realtà mi manchi: in fondo, non si può avere sempre tutto nella vita.
Ho una voglia irrefrenabile di abbracciarla, dirle quanto le voglio bene e perdonarla ma non ce la faccio: non trovo la forza nel farlo.
«Siamo stati dei coglioni, lo so, ma non ce la faccio più a essere evitata dalla mia migliore amica! Perché non ne parliamo a pranzo tutti insieme? Scommetto che si potrebbe-»
«Buona giornata, Kayla» la interrompo, dandole completamente le spalle.
Mi avvio a passo veloce lungo il corridoio, cercando in tutti i modi di infilare i libri nella tracolla mentre cammino: se mi fermassi, sono più che sicura che potrei anche perdonarla su due piedi e non posso permettermi una tale debolezza. Devo essere forte, almeno per questa volta.
Come se non bastasse, quando rialzo lo sguardo noto Calum e Luke non molto distanti da me, poggiati contro gli armadietti: non appena mio fratello mi vede, cambia espressione e così anche il biondino accanto a lui.
Una vocina decisa nel mio cervello continua a ripetermi di non cedere e, per questo motivo, li supero a testa alta: l'ultima cosa che voglio è che capiscano quanto mi mancano.
Il miglior disprezzo è la noncuranza.

 
 
 
 




                                                                                        *******
 
 





Mi stringo leggermente la coda alta, per poi stringere i lacci sulle mie Nike bianche: ci manca solo che cada davanti a tutta la classe, durante una corsa. Educazione fisica è una delle materie in cui io e Kayla ci divertiamo (o meglio, divertivamo) di più: passavamo la maggior parte del tempo a correre e fangirlare sulle nostre serie tv preferite, non correndo il rischio di essere riprese da qualche professore, ridendo come delle idiote quando cercavamo di imitare delle frasi o delle azioni dei protagonisti.
Ora mi ritrovo seduta sulla panchina nello spogliatoio, intenta a finire di prepararmi per un'ora di esercizi e corse, sotto lo sguardo colpevole e triste della mia “migliore amica”: mi sono girata per un secondo e sono sicura che stia ancora lì a fissarmi con la coda dell'occhio.  
Sfortuna delle sfortune, questa è anche una delle poche lezioni che ho in comune con Sarah: sta parlando con le sue amichette adorate, mentre sorride e liscia la sua lunghissima coda bionda, cercando di sembrare timida. Considerando il fatto che non ho più parlato con i miei amici, Sarah può essere considerata l'ultima persona con cui ho spiccicato parola - non che a lei importi più di tanto -.
Le altre ragazze della mia classe non fanno altro che parlottare tra loro, allacciarsi le scarpe, sistemarsi la divisa verde e bianca della scuola e, quando mi alzo anch'io, la professoressa fa la sua entrata trionfale: «Ragazze, che ne dite di una bella amichevole a pallavolo tra di voi?».
Un coro di esulti riempie l'intero spogliatoio e, per evitare di dover scontrarmi con Kayla per uscire, mi avvio spedita verso la palestra: me la sono sempre cavata in questo sport, motivo per cui non vedo l'ora di iniziare a giocare.
«Hood e Enderson saranno i capitani delle due squadre. Robinson, perché non vai direttamente nella squadra di Hood?»
Non appena sento l'ultima frase, posso onestamente affermare di essere perseguitata da una nuvola nera della sfortuna: non bastava la “chiacchierata” per il corridoio, ora Kayla dovrà far parte anche della mia squadra. Nonostante tutto, la prima parte delle istruzioni della professoressa risulta molto più irritante: io e Sarah saremo i capitani delle due squadre, l'una contro l'altra. Sento il sangue scorrermi velocemente nelle vene, al solo pensiero di dover finalmente scontrarmi con la biondina, ma sto cercando di non pensare a cose troppo cattive: è solo un'amichevole, Ashton ora non c'entra assolutamente nulla.
Dallo sguardo e dal sorrisino che mi sta lanciando in questo momento, lei sembra di tutt'altro parere: ce l'ha con me, io ce l'ho con lei. È guerra aperta. Assottiglio gli occhi, cercando di intimorirla a mia volta ma fa semplicemente finta di non vedermi e si avvia verso le sue compagne di squadra (scelte, nel frattempo, sempre dalla professoressa). Riesco a percepire la rabbia di Kayla dal modo in cui la sta guardando, stringendo il pallone tra le mani così forte da poterlo quasi sgonfiare a mani nude; devo dire che, da un lato, mi fa quasi piacere: da quello che mi sembra di notare, i rapporti tra Kayla e Sarah, dopo il pomeriggio a casa di Luke, sono addirittura peggiorati e non posso che esserne soddisfatta.
Dopo aver dato alcune istruzioni basilari alle mie compagne di squadra, ognuna di noi si mette in posizione; siamo tutte pronte per iniziare ma, all'improvviso, delle note ci fanno girare verso gli spalti: Ashton, Luke e Calum sono seduti comodamente a guardarci, facendo riprodurre Make The Party Don't Stop da un amplificatore tra le mani di Luke e attaccato al cellulare di mio fratello. Non appena incrocio i loro sguardi, cerco di mantenere la mia impressione impassibile mentre loro mi regalano un sorriso di incoraggiamento: il loro comportamento, in altre circostanze, mi renderebbe onorata come non mai. E mentirei se dicessi di non essere almeno un po' contenta della loro presenza, in questo momento.
«Non dovreste essere in classe?» chiede Kayla ad alta voce, incuriosita quasi quanto me.
«Il professore è stato chiamato dal preside, non sapevamo che fare e ora siamo qui» spiega Luke, giocherellando con l'amplificatore. «In più, siamo più che entusiasti di fare il tifo per voi due!».
Non so se quel ‘voi due’ sia riferito a me e Kayla (o a lei e Sarah) ma, in questo momento, devo solo concentrarmi sul gioco: è l'unico modo per non farmi abbindolare da quei tre.
Per i successivi minuti, il gioco sembra procedere regolarmente: mi sono sempre trovata bene in difesa e, nonostante i numerosi tentativi di Sarah nel battermi, sono riuscita quasi sempre a non fargliela passare liscia.
Non questa volta.
Dopo l'ennesimo fischio da parte della professoressa, mi piego di nuovo sulle ginocchia per prepararmi ma un movimento dagli spalti mi distrae, facendomi girare verso le tribune: a parte Luke, Ashton e Calum, sembra non esserci nessuno... eppure sono sicura di aver visto qualcuno. Do' un'occhiata in giro, in cerca della fonte della mia distrazione, finché non noto un'ombra nell'angolo più remoto della palestra, vicino alla porta secondaria: non riesco a capire chi sia ma sono davvero curiosa di sapere di chi si tratti. È orario di lezione, chi mai oserebbe girare per i corridoi o venire in palestra, senza una spiegazione valida?
Socchiudo gli occhi, cercando di notare qualche particolare in più, ma, non appena intravedo delle ciocche bionde scuro, mi sento come se il cuore mi si fosse bloccato nel petto. Cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere anche lui in classe?
Il solo pensiero che, forse, sia venuto per vedermi giocare, mi fa comparire un sorriso da idiota sul volto: in un attimo, tutti i pensieri contorti e malinconici mi scompaiono dal cervello. Torno in posizione eretta subito, continuando a guardarlo dal basso e non riesco a smettere di sorridere: sono come ipnotizzata e la partita in corso diventa subito il mio ultimo pensiero. Voglio solo correre da lui, sapere perché è qui, chiudermi in teatro e continuare a scrivere la nostra canzone. ‘Nostra’ è una parola grossa, dal suo punto di vista (visto che non l'ha mai chiamata in questo modo), ma io la vedo così: solo io e lui ne siano a conoscenza, noi e nessun altro, e questo la rende di nostra assoluta proprietà.
Il cuore continua a battermi così forte nel petto che ora mi sembra di sentire solo quello: un continuo ‘tun tun’ martellante che sembra far scomparire ogni altro suono.
Non appena lo vedo sporgersi leggermente in avanti, mostrando finalmente il suo viso, noto il suo sguardo fisso su di me e un sorrisino divertito su quelle labbra così piene: se potessi, ora farei un applauso a Madre Natura per il capolavoro che ha creato e che ora mi sta sorridendo.
Dopo essersi morso il labbro, in un gesto assolutamente perfetto, alza il braccio per poi sventolare la mano nella mia direzione: sembra un bambino troppo timido, che cerca di nascondersi dietro alle gambe di sua madre, e io non riesco a fare altro che sorridergli come un idiota e continuare a guardarlo.
Resterei così per ore se solo sapessi il motivo per il quale è venuto: e se fosse venuto per me? Se fosse venuto per sostenermi da lontano? Non sono una ragazza dalle mille illusioni ma, allo stesso tempo, sono convinta che l'essere umano, di per sé, viva di illusioni continue: anche se sappiamo (o ci aspettiamo) che certe aspettative verranno distrutte, ognuno di noi non si fa nessun problema nel farsi illusioni di ogni genere.
E, per quanto non voglia, anche io mi sto riempiendo la testa di filmini mentali (forse futili, forse no) che però mi aiutano a distrarmi dall'intera situazione ricorrente che non mi fa affatto sorridere, e non potrei chiedere di meglio.
Torno con i piedi per terra solo quando sento un potente: «Skyler!» non molto lontano. Mi giro verso Kayla, sollevando un sopracciglio - non riuscendo proprio a capire il motivo di quell'urlo così agghiacciante - ma, non appena ritorno con lo sguardo di fronte a me, sento l'intera pelle del viso a contatto con una superficie dura, troppo dura.
La pelle mi va a fuoco, gli occhi mi si chiudono di scatto e cado di sedere per terra, sentendo dolore anche lì: sono appena stata presa in pieno dalla schiacciata più potente che io abbia mai sentito.
 In palestra si solleva un generale “Oh!” in seguito alla botta e, non appena la palla si stacca dalla mia faccia, a mala pena riesco a guardarmi intorno: ho il naso dolorante (forse, addirittura sanguinante), gli occhi appannati e sento un gran giramento di testa. Non ho idea di chi sia stato a compiere una schiacciata talmente potente ma, ora come ora, l'unica cosa a cui riesco a pensare è al mio povero viso che non fa altro che pulsare e bruciare.
In pochi attimi, tante teste sfocate si appostano in cerchio su di me, facendomi domande di ogni tipo ma che io riesco a mala pena a capire: riconosco solo gli occhi di Calum, le mani di Kayla intorno alle mie guance e i lontani ricci del mio ragazzo.
«Via, ragazzi! Datele un po' d'aria!» urla la professoressa, abbassandosi sulle ginocchia, per poi avvicinare le dita verso i miei occhi. «Skyler, quante dita sono queste?».
Socchiudo le palpebre, cercando di metterne a fuoco il numero, e sussurro un flebile: «Tre?» che sembra far sospirare ogni presente. Non sono sicura di aver indovinato ma non posso fare altro che concentrarmi sul dolore ancora costante del viso.
Mio fratello e la mia migliore amica continuano a pronunciare il mio nome, sempre più preoccupati, mentre i ricci di Ashton scompaiono dallo sfondo per lasciare spazio a un ciuffo biondo abbastanza alto.
Mi sento sollevare da terra da alcune braccia e, per fortuna, riesco almeno a reggermi in piedi: ragazzi, che botta...
«Robinson, non ti agitare: portatela in infermeria e spiegate tutto all'infermiera per del ghiaccio. Voi altre, tornate a giocare» esclama autorevole la professoressa, iniziando a gesticolare, per poi invitare me, Kayla, Calum e Luke ad uscire.
In effetti, non so cosa darei per un po' di ghiaccio da mettere sulla faccia ma, non appena sento Calum gridare alle mie spalle, sia io che Kayla ci giriamo nella su direzione.
«Si può sapere che ti prende?! Sei uscita di testa?! Potevi farla svenire!» continua ad urlare mio fratello, contro quella che mi sembra di riconoscere come Sarah.
Un attimo: è stata lei a indirizzarmi una schiacciata tanto forte?
«Non l'ho fatto di proposito! E poi, tanto per essere chiari, era lei quella con la testa tra le nuvole: avrebbe dovuto essere più concentrata» ribatte mortificata la biondina, indicandomi.
«Nemmeno un pallavolista professionista sarebbe rimasto illeso da una schiacciata simile! E poi, davvero? È tutta la partita che non fai altro che prenderla di mira! Qual è il tuo fottuto problema?!»
Non ho mai visto Calum così arrabbiato, nemmeno quando, a 10 anni, giocai con la sua chitarra senza permesso e gli rubbi una corda.
Da un lato, anche se suona strano da dire, sono contenta che il mio amato fratellone mi stia difendendo: la nostra lite della settimana scorsa è stata completamente accantonata, lasciando spazio all'amore fraterno nei miei confronti che ha sempre provato, fin da piccolo. Mi ritornano alla mente tanti bei momenti ma, purtroppo, un'affermazione di Ashton mi impedisce di pensare a cose piacevoli, riportandomi alla realtà in modo fin troppo secco: «Amico, calmati: non l'ha fatto di certo di proposito, è stato un incidente».
Sta prendendo le difese della sua migliore amica, invece che le mie... Sento la testa girarmi di nuovo ma, purtroppo, sono più che convinta che la pallonata non c'entri assolutamente niente ora: quella di essere presa in giro dal mio cosiddetto ragazzo, sta diventando un'abitudine un po' troppo pericolosa, per i miei gusti.
«Ashton, che cazzo stai dicendo? Le ha tirato una pallonata che avrebbe potuto mandarla all'ospedale e tu la stai difendendo?» si intromette Luke, forse per evitare che Calum gli possa saltare addosso dalla rabbia. «Ha colpito la tua ragazza, Ashton, vedi di non dimenticartene».
«Sto solo dicendo che non c'è bisogno di urlare così tanto: per fortuna, Skyler non ha ferite gravi. Poteva andare molto peggio di così ma, fortunatamente, non è successo» ribatte il riccio, cercando di arrampicarsi sugli specchi.
Fuori sto bene, ma dentro come sto?
Mi sento un enorme vuoto all'altezza del petto e, nonostante fossi già a conoscenza dell'amore ormai finito tra me e Ashton, fa comunque un male cane sentire certe cose: voglio solo andarmene e chiudere gli occhi.
«Quella vipera ti sta facendo il lavaggio del cervello» conclude in bellezza Kayla, portandomi finalmente fuori da quella palestra diventata, improvvisamente, troppo piccola.
Il tragitto verso l'infermeria prosegue tranquillo, nonostante le costanti preoccupazioni della ragazza accanto a me, e le sue battutine squallide per cercare di alleggerire la situazione: si sta comportando da vera amica, cosa che io, purtroppo, non sono riuscita a fare questa mattina. Avrei dovuto, quanto meno, ascoltarla mentre mi sono lasciata prendere dall'orgoglio: avrei una voglia matta di abbracciarla ma ormai siamo già arrivate davanti alla famosa porta bianca.
Taylah è l'infermiera più carina che io abbia conosciuto: è una donna sui 40 anni, non molto alta ma sempre allegra e sorridente. Riesce a riconoscere da lontano una bugia inventata da uno studente pur di tornare a casa ma, dopo un breve rimprovero, tiene il gioco e lascia correre: ecco uno dei motivi per cui l'intera scuola l'adora. Io, personalmente, non mi dimentico mai di portarle un dolcetto fatto in casa ogni ultimo giorno prima delle vacanze (qualsiasi esse siano).
Bussiamo piano alla porta prima che un “Avanti” leggermente acuto ci dia il permesso di entrare. L'infermeria, esattamente come ci si aspetterebbe, è interamente bianca ma, stranamente, nell'aria si può ben respirare un leggero profumo di limone: o meglio, è quello che riuscirei a sentire anch'io se non avessi il naso ancora dolorate. Spero vivamente che Sarah non mi abbia rotto il setto nasale.
«Sky! Kayla! Cos'è successo?» accorre Taylah, invitandoci a sederci.
La mia migliore amica mi fa adagiare lentamente sul letto mentre racconta in 5 minuti l'intero accaduto: Taylah, nel frattempo, ascolta con minuziosa attenzione fino a sospirare amaramente.
«Quella mezza barbie deve stare al posto suo, dovrebbe soprattutto togliere quelle luride mani da Ashton! Diamine, è il tuo ragazzo!» esclama l'infermiera, alzando le braccia in aria.
«Così sembrerebbe...» rispondo amareggiata, con una voce da cartone animato, dovuta al fatto che mi sto “massaggiando” il naso.
Dopo aver notato la mia voce così strana, Taylah sembra riconcentrarsi su di me e, dopo avermi fatto qualche domanda di routine, mi esamina l'intera faccia per bene. So di essere in buone mani e rivolgo un sorriso a Kayla per farla tranquillizzare: è più in ansia di me.
Il pensiero che Ashton si sia schierato dalla parte della sua “migliore amica” mi fa chiudere gli occhi dalla rabbia ma, non volendo compromettere la visita, li riapro quasi subito: tutta questa situazione sta diventando una vera e propria telenovela.
Anche se, solo in questo momento, mi sorgono varie domande a cui avrei dovuto pensare prima: che fine ha fatto Michael? È rimasto a guardare l'intera scena o ha preferito andarsene? Cosa starà pensando di me, dopo la mia tremenda presa di faccia?
Un sospiro afflitto mi scappa subito dalla bocca ma, non appena vedo il sorriso rassicurante di Taylah, cerco di ripensare alla mia salute.
«Il setto nasale sembra apposto, gli zigomi anche. Il dolore che provi è ancora legato alla botta ma, tranquilla, è assolutamente normale.  Ti consiglio di non muoverti molto in queste poche ore che mancano alla fine delle lezioni perché potrebbe girarti un po' la testa. Dirò ai professori la situazione e metti questo sul punto che ti fa male di più» mi spiega pazientemente, per poi consegnarmi un guanto di gomma pieno di ghiaccio.
La ringrazio più e più volte, ricevendo un occhiolino da parte sua, e lascia l'infermeria pochi minuti dopo, affermando un dispiaciuto: «I professori lasceranno anche Skyler qui ma, purtroppo, non credo che avranno così tanta comprensione anche nei confronti di Kayla o degli altri...».
E ha ragione, motivo per cui ho intenzione di tranquillizzare il più possibile l'intero gruppo: conoscendo le loro paranoie, sarebbero in grado persino di legarsi ai miei polsi pur di non lasciarmi da sola. E, se da un lato mi sento onorata di essere così amata, non posso fare a meno di preoccuparmi anch'io per loro.
Io e la mia migliore amica, una volta rimaste da sole, ci sorridiamo a vicenda e non serve nemmeno una parola: siamo entrambe consapevoli del fatto che è tutto come prima, se non pure meglio.
È questo che succede nelle vere amicizie: si litiga, ci si mantiene il muso ma non serve molto a risolvere tutto per poi essere più forti di prima. E amo Kayla proprio per questa nostra quasi routine.
«Mi sento ancora una patetica idiota al solo pensiero di aver preferito passare un pomeriggio con quella barbie deforme, piuttosto che con te» afferma all'improvviso, facendomi ridacchiare per l'ultimo nomignolo che ha usato. «In effetti... sì, sei stata un'idiota».
«Ma non potresti vivere senza di me» si atteggia, guardandomi con un sorriso beffardo.
Le scoppio a ridere in faccia, continuando a premermi il ghiaccio sul viso, ma le faccio segno di avvicinarsi per poi abbracciarla: non basterebbero tutte le parole del mondo per poter esprimere la completa mancanza che ho avuto di lei in questa settimana. Si precipita addosso a me in nemmeno mezzo secondo ma, nonostante la posizione leggermente scomoda, non posso fare altro che sorridere come una bambina. Ci stacchiamo solo qualche minuto dopo e, dopo essersi sistemata il top della divisa, continua la conversazione: «E comunque, tanto per la cronaca, dovresti ringraziarmi: se non avessimo litigato la settimana scorsa, non saresti corsa tra le braccia di Michael e ora non avreste avuto questa leggera spinta nel vostro rapporto».
«Come fai a sa-» inizio a chiedere prima di ritrovarmi davanti alla sua mano. «Nessuno. Ho un istinto infallibile, quello sì».
Dovrei svelarle il fatto della canzone? In fondo, non potrebbe che farle piacere (visto che è convinta che io e Michael ci sposeremo, un giorno) ma, dall'altro lato, non vorrei dimostrare di avere la bocca troppo larga: Kayla è la mia migliore amica, questo è vero, ma quella canzone è un segreto tra me e quel ragazzo così tenebroso. E deve rimanere una cosa legata solo a noi due.
Preferisco rimanere in silenzio, sperando di non avvampare proprio ora, ma degli improvvisi passi provenienti dalla porta ci fanno entrambe girare: sorrido non appena mio fratello mi si avvicina e Kayla fa la stessa cosa, non appena Luke varca la soglia. Mi sento stritolare da un paia di forti braccia e, non appena Calum si stacca, non fa altro che controllare ogni centimetro del mio viso ancora leggermente dolorante: nonostante sia più grande di me, rappresenterà sempre la tenerezza, sotto certi aspetti.
Ridacchio non appena incontro i suoi occhi terrorizzati e abbasso istintivamente le palpebre non appena sento le sue labbra sulla fronte.
«Mi farai prendere un infarto, prima o poi» sospira, scatenando la risatine di tutti i presenti nella stanza.
«Calum, sono stata un'egoista... Non puoi capire quanto mi disp-» inizio, prima che la voce di mio fratello mi interrompa: «Non devi scusarti di nulla, siamo stati noi i coglioni: passare un pomeriggio con Sarah solo per fare contento Ashton? Se questa non è stupidità, non ho decisamente  idea su cosa sia».
Scoppio a ridere per la seconda volta, sentendo un incurvamento delle labbra di Cal sulla fronte e, dopo esserci staccati, mi concentro anche su Luke: anche lui è uno dei migliori amici, non potrei andare da nessuna parte nemmeno senza di lui.
«Ci hai fatti morire di paura quando ti abbiamo vista per terra» esclama, non appena si scioglie dall'abbraccio. «E io ho rischiato di morire due volte, visto che tuo fratello, non appena ti ha vista cadere all'indietro, per poco non mi faceva rotolare sulle scale mentre correvamo da te»
Ridacchio al solo pensiero dell'intera scena e colpisco leggermente il braccio di Luke prima di rispondere: «Ti ho fatto fare attività fisica, dovresti ringraziarmi».
Non ho idea di dove sia finito Ashton ma, ora che sono circondata dai miei migliori amici, non ci faccio quasi caso: l'unica persona di cui voglio sapere qualcosa è Michael.
Passiamo una manciata di minuti a chiacchierare e scherzare fin quando, non appena do' un'occhiata all'orologio sulla parete, non costringo, letteralmente, tutti a tornare a lezione: non mancano dei capricci da parte di tutti e tre ma, nonostante tutto, sono io a uscirne vincitrice.
Ora sono da sola su questo lettino bianco, con del ghiaccio sulla faccia e con un sacco di domande e pensieri: chissà se anche gli altri hanno capito il vero motivo per cui non ho potuto evitare quella schiacciata... Non voglio passare per la impacciata della situazione ma, allo stesso tempo, non posso neanche sbandierare la presenza di Michael alla partita: in fondo, se si è nascosto in quell'angolo così buio e isolato, un motivo deve pur esserci.
Sospiro afflitta, spostando di poco il guanto, e sobbalzo non appena sento dei passi nella mia direzione: forse è solo Taylah che è tornata.
Scosto di nuovo il ghiaccio dal viso ma, non appena mi rimetto seduta, rimango letteralmente paralizzata: le labbra mi si schiudono in un gesto istintivo, le palpebre non si muovono più, il sangue inizia a scorrermi troppo velocemente nelle vene e la gola mi diventa secca all'improvviso.
Lui, invece, se ne sta lì: ha il capo leggermente chino, si tiene a una certa distanza, ha le mani nelle tasche di una felpa nera, una parte della sua frangia biondo scuro fa capolino dalla fessura del suo snapback posizionato al contrario e i suoi stivali non fanno che dondolarsi avanti e indietro.
È un miracolo della natura e, se già nella penombra mi ha fatta incantare, ora sono decisamente senza parole.
«Tutto okay?» chiede, quasi sussurra, incastonando gli occhi nei miei. «È sembrato un brutto colpo»
«Eh? Sì, è stato... un colpo colossale. Non immaginavo che Sarah possedesse una tale forza» sdrammatizzo, strappandogli un sorriso sincero.  «Ma l'infermiera ha detto che non ho niente di rotto quindi, nel complesso, ma la passo normalmente»
Oddio, quanto può essere bello quando sorride?
«Ehm... tu cosa ci facevi in tribuna? Cioè... era orario di lezione» chiedo curiosa, dando voce a una delle domande che mi ha più tartassata per tutto questo tempo.
Calum, Ashton e Luke si sono giustificati con la mancanza di un professore ma non mi risulta che anche Michael possa usufruire della stessa scusa. Tante vocine nella mia testa iniziano a farmi arrossire, affermando continui “è venuto per me!”, “è venuto a guardarmi giocare!”, “è venuto per fare il tifo per me!” ma sto cercando, in tutti i modi, di rimanere normale. Anche se c'è da dire: come si fa a rimanere normali davanti a così tanta perfezione?
In risposta, scuote leggermente le spalle e solo ora mi rendo conto di una cosa: non mi direbbe mai il vero motivo. È troppo chiuso in sé stesso per potermi rivelare questa semplice spiegazione ma va bene così: in fondo, anche se mi lascia nel mistero, è comunque venuto a controllare le mie condizioni di salute.
E non posso che esserne onorata.
Per questo motivo un sorriso spontaneo mi compare sul viso e, nemmeno qualche secondo dopo, anche gli angoli della sua bocca si alzano.

 











SALVE A TUTTI!
Sono tornata, dopo un lunghissimo periodo, con questo capitolo e, ci tengo a sottolinearlo: è il capitolo più lungo dell'intera storia, fino ad ora!
Spero che sia stato di vostro gradimento e vorrei scusarmi per la parte finale del capitolo: purtroppo, l'ho scritta di fretta e non ne sono molto orgogliosa... 
Spero di ricevere molte recensioni e vorrei ringraziare tutte quelle anime di buon cuore che hanno calcolato questa storia e l'hanno inserita nella preferite/seguite/ricordate :) 
Ci si vede al prossimo capitolo! 
Tanto Love. 

*La Ragazza Invisibile*

 

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Capitolo 9
*** I'm With You ***


 




 

                                                             9. I'm With You






 
« It's a damn cold night
Trying to figure out this life
Won't you take me by the hand?
Take me somewhere new
I don't know who you are...
but I'm, I'm with you. 
» 
 
 



Una cosa negativa dell'essere popolari a scuola? L'esser sempre sulla bocca di tutti. Per quanto la popolarità sia una cosa positiva, sotto certi punti di vista, l'essere sempre monitorati non è un bene, per niente. La mia scuola può essere paragonata ad un perfetto formicaio di informazioni: appena un popolare fa qualcosa di “diverso” (cerchia che può comprendere anche uno starnuto rumoroso durante un compito in classe o, nel mio caso, una schiacciata dritta in faccia), in meno di un secondo lo saprà l'intero istituto. Persino i bidelli e alcuni professori.
Questa mattina avrei dovuto aspettarmi i commenti da parte di ogni singolo studente riguardo alla mia terribile uscita di scena durante educazione fisica eppure, quando ho varcato l'entrata, sono comunque rimasta sorpresa dai centinaia di occhi puntati su di me: sono abituata alle occhiate e alle attenzioni ma, diamine, non così bruscamente.
E pensare che questa storia è andata avanti per ben due giorni di fila.
Per mia fortuna, uno strato di fondotinta è bastato a coprire la macchia violacea a forma di sfera che mi è rimasta su uno zigomo ma, a quanto pare, hanno tutti cercato di notare una minima impronta rimasta, forse per farmi una foto e postarla in qualche blog e annunciare lo “scandalo”. Non che me ne importi più di tanto ma, cavolo, non mi servono altre piantagrane al momento.
In fondo, però, cosa potevo aspettarmi? Come direbbe Tremotino di Once Upon A Time: la magia ha sempre un prezzo. Nel mio caso, è la popolarità ad avere un prezzo che consiste in occhiate continue e commenti dappertutto.
Ma non è forse quello che succede in tutte le scuole del mondo? Le classi sociali negli edifici scolastici non sono molto differenti da città a città: popolari, nerd e cattivi ragazzi. Nella mia? Popolari, normali, nerd e lui: l'emarginato. Il nome di Michael è diventato  famoso quasi quanto il mio ma, purtroppo, non in modo positivo: è considerato un mezzo drogato, altri pensano sia addirittura andato in galera, da cui è meglio stare lontano. E alla domanda: “Perché pensi tutte queste cose?” ricevo sempre la stessa risposta: “Non hai visto come va in giro? Capelli colorati, tutto vestito di nero, tatuaggi e piercing: è anche un mezzo asociale! Chiaro, no?”.
È così triste dover sentire certe scemenze ogni giorno eppure, per quanto voglia difendere il nuovo arrivato, sono consapevole che sarebbe una battaglia persa in partenza: mi metterei ogni singolo studente contro, compreso i miei amici (Kayla sarebbe l'unica a ballare la conga, nel caso io e Michael diventassimo anche solo veri e propri amici) e non sono sicura di poter ancora rinunciare a tutto. È vero: molte volte mi sento come un pesce fuor d'acqua, essendo giudicata da chiunque per ogni minima cosa, ma preferisco continuare ad essere così piuttosto che affrontare la solitudine. Non mi è mai piaciuto dover stare da sola, a causa delle terribili sensazioni che comporta: ti senti vuoto, completamente solo, isolato, inutile.
Non riesco a capire come Michael riesca a sopportare una situazione del genere ogni giorno eppure, per quanto cerchi di capire il suo effettivo stato d'animo, indossa una maschera impassibile in ogni momento: forse gli scivola davvero tutto addosso, forse ne ha passate così tante in passato che ora ne è diventato immune oppure, ipotesi ancora più probabile, fa solo finta di essere indifferente ma soffre senza far rumore. Non lo so ma, diamine, Dio solo sa quanto vorrei aiutarlo.
E invece sono qui, sul divano del mio salotto, immersa in una tuta di mio fratello, in compagnia di una vaschetta di gelato e quel figo assurdo di Colin O'Donoghue (alias Capitan Uncino in Once Upon A Time). È finita da poco la seconda stagione di Reign e la quinta di Teen Wolf ancora non è uscita: tanto vale fangirlare su un'altra serie tv.
Mi sento una completa asociale questo venerdì sera ma non ho voglia di fare nulla: in più, sono anche piuttosto irritabile.
Maledetto ciclo.
Un primo piano improvviso di Capitan Uncino mi fa bloccare il cucchiaio, pieno di gelato alla fragola, a mezz'aria e rimango trafitta da quegli occhi così maledettamente azzurri: non potevano scegliere attore più bello, poco ma sicuro.
«Quanto puoi essere figo...» sussurrò, mettendo lentamente in bocca il gelato.
Nello stesso istante in cui finisco la frase, mio fratello fa irruzione in salotto: «Lo so già, sorella. Ma grazie comunque di avermelo ricordato» con un sorriso beffardo.
Non riesco a staccare lo sguardo dalla tv e liquido quel fesso di Calum con un banale gesto della mano e un: «Zitto, bradipo: mio marito sta parlando».
Non che mio fratello sia brutto, per carità, ma ora ho altro a cui pensare. Il mio telefono squilla accanto a me e, sapendo già di chi si tratta, passo subito il dito sullo schermo per sbloccarlo e rispondere. I miei occhi, intanto, non riescono a staccarsi da quelli di Capitan Uncino.
«No ma ci rendiamo conto? Come si fa a essere così dannatamente fighi?!» esclama Kayla dall'altra parte del telefono, facendo riferimento al ragazzo moro in tv. «Io lo shippo con Emma, punto»
Io e la mia migliore amica abbiamo sempre condiviso un amore incondizionato verso le serie tv e, anche stavolta, commenteremo ogni singola puntata che vedremo di Once Upon A Time. Potendoci essere sempre una scelta per i nostri personaggi preferiti maschili, e avendo gusti leggermente differenti in fatto di uomini, mi è sempre piaciuto potermi confrontare con lei: in Reign, io sono fissata con Bash, lei con Francis; in Teen Wolf, io sbavo sempre dietro a Stiles, mentre lei muore ogni qualvolta la telecamera riprenda Scott (ovvero: sempre) e così via. Ora, invece, ci stiamo ritrovando entrambe con Capitan Uncino e, nonostante sia solo un personaggio inventato, devo ammettere di essere leggermente gelosa.
«Io lo shippo con me, mentre ci sposiamo davanti a La Foresta Incantata» rispondo, continuando a mangiare gelato.
Le nostre serate nerdy sono sempre così: telefonate, serie tv, gelato e pigiama. Tra poco i miei genitori usciranno per una cena con i colleghi di mio padre, mio fratello uscirà con Luke e qualcun'altro e io rimarrò da sola davanti alla televisione: potrei invitare la mia migliore amica qui ma, purtroppo, sono fin troppo a conoscenza dell'irritazione di sua madre quando si programma qualcosa del genere all'ultimo minuto.
Continuiamo a commentare ogni singola azione di ogni singolo personaggio della puntata e, non appena sentiamo le note della sigla finale, la conversazione si sposta su argomenti totalmente differenti: una cosa positiva di Kayla? Con lei potrò sempre parlare di ogni minima sciocchezza, senza preoccuparmi di essere un peso o di essere giudicata.
Siamo impegnate in una divertente analisi sull'abbigliamento della professoressa di arte, quando i miei genitori incombono in salotto, tutti perfettamente agghindati, e mi fanno segno di dover andare. Capendo di dover ricevere le solite raccomandazioni, do' la buonanotte alla mia migliore amica, e lascio che mi madre mi dia direttive riguardo al proseguimento di serata: «Allora, tesoro: torneremo verso mezzanotte; puoi prepararti quello che vuoi per cena e vedi di non invitare nessuno o di non rompere qualcosa. Calum dovrebbe uscire tra poco con Luke e Jake ma gli ho già detto di tenere il telefono a portata di mano, nel caso ti dovesse servire qualcosa».
Nascondo il mio profondo fastidio verso quel tono così autorevole, come sempre (nemmeno fossi una bambina, diamine) e, grazie al cielo, mio padre interrompe quel monologo interminabile con un “Cara, siamo già in ritardo” che mi fa venir voglia di correre ad abbracciarlo per avermi salvata. Cerco di trattenere il mio commento su quell'orribile vestito color fango che mia madre ha deciso di indossare per l'occasione e, giusto per non rovinare la serata a nessuno, mi lascio baciare la guancia e la testa da entrambi i miei genitori, prima che escano di casa e io torni con lo sguardo sulla tv.
Neanche dieci minuti dopo, mio fratello mi scompiglia i capelli da dietro, facendo uscire un sacco di capelli dalla crocchia che ho deciso di farmi un'oretta fa e facendomi sospirare: tra le raccomandazioni di mia madre, Uncino, mio fratello e i dolori del ciclo... Sto iniziando a pensare di non avere più ovaie, arrivata a questo punto.
«Non aprire la porta agli sconosciuti e non farti ingravidare da nessuno, compreso Uncino o come si chiami lui”: ci vediamo, sorella!» mi congeda, prendendomi deliberatamente in giro, prima di infilarsi la giacca e uscire.
Ricambio facendo svolazzare il dito medio, stile saluto innocente, e, non appena sento la porta chiudersi, mi alzo in piedi sul divano per poi iniziare a ballare in modo a dir poco imbarazzante: la sensazione che si prova quando si può fare quello che si vuole a casa propria, senza che nessuno ti impedisca qualcosa, è a dir poco impagabile.
Mi ributto a peso morto sul morbido tessuto sotto di me ma, dopo essermi guardata un po' in giro, decido di aver bisogno di cibo: in fondo, non è proprio il cibo a rendere felice una donna? Mi avvio verso la cucina con la vaschetta di gelato in mano, decisa a voler mettere sotto i denti qualcosa di salato, e, non appena metto apposto il cucchiaio, inizio a curiosare nel frigorifero: resto a fissarlo per minuti interi, non avendo fantasia su cosa potrei mangiare in questo momento, ma alla fine opto per un panino con la salsa al tartufo che tanto mi piace. Spalmo un abbondante strato di salsa su entrambe le fette di pane, sperando che riescano a placare la mia incredibile fame, e, non appena finisco, ne addento subito un pezzo: il sapore deciso del tartufo mi delizia l'intero palato e, fregandomene dell'alito che avrò non appena avrò finito, cerco qualche programma carino in tv. Faccio zapping per tutta la lista dei canali due volte, sbuffando, e sono quasi convinta di dovermi accontentare di un DVD, pur di non morire di noia.
Sono sul punto di appisolarmi, quando il campanello suona all'improvviso, facendomi perdere dieci anni di  vita: chi mai oserebbe venire a quest'ora? Sono quasi le undici, diamine.
Mi avvolgo un plaid intorno al corpo, essendo a conoscenza del vento gelido che tira all'esterno e, essendo convinta del fatto che mio fratello si sia dimenticato qualcosa, mi avvio seccata verso l'entrata. Prima di afferrare il pomello della porta, mi lasciò scappare un: «Calum, quante volte dovrò ancora ripeterti di non dimenticarti le chiavi?! C'è gente indisposta qui!» di cui mi pento subito, non appena noto la persona di fronte a me.
E non è affatto mio fratello.
Né sono i miei genitori.
Non è nemmeno Kayla.
È Michael.
Il respiro mi si mozza nel preciso istante in cui lo riconosco e sono convinta che la mia faccia abbia deciso di tingersi di varie tonalità: dal rosso per la vergogna, al bianco dalla sorpresa, al viola per l'imbarazzo e il panico più totale. Non posso vedermi ora, ma sono convinta di essere diventata una parente stretta di un catarifrangente o di un semaforo.
Ho una voglia pazzesca di chiudergli la porta in faccia e nascondermi nell'angolo più remoto e buio di tutta la casa e, ripensando alla mia completa sciatteria, sono sul punto di farlo davvero: allo stesso tempo, però, non riesco a comprendere il motivo per cui sia venuto. Non che mi dispiaccia (certo, avrei preferito che fosse venuto in un altro momento) ma proprio non mi arriva la motivazione di questa sua visita a sorpresa.
Non so se sia peggio la mia tuta, i miei capelli arruffati, la mia completa assenza di trucco, la macchia violacea scoperta sullo zigomo o il mio alito ma, ormai, arrivo alla conclusione che non avrebbe potuto beccarmi in condizioni peggiori:  lui, invece, indossa dei semplici jeans neri, una camicia di flanella a quadri rossi , una felpa e delle Converse completamente nere. Mai come in questo momento, mi sono sentita così impresentabile davanti a lui.
«Ehm... So che è tardi ma non riesco più a trovare il mio plettro: l'ho cercato da tutte le parti ma sembra scomparso nel nulla» spiega velocemente, cercando di non concentrarsi sul mio aspetto pietoso. «Non ho il tuo numero, su Facebook non eri connessa e non sapevo come contattarti: potresti controllare se lo hai preso tu per sbaglio?».
Mi ci vogliono alcuni minuti per assimilare tutte le cose che ha detto ma, non appena capisco la situazione, annuisco leggermente per poi fargli spazio: che brava padrona di casa sarei, se non lo facessi entrare? Non riesco ancora a capire tutta questa urgenza ma, ormai, non me ne preoccupo nemmeno più: tanto, qualsiasi cosa gli chieda, non mi risponderebbe comunque.
Entra in casa dopo qualche istante di esitazione e, non appena chiudo la porta dietro di lui, mi sembra un bambino spaventato: ha la testa incassata nelle spalle, l'aria spaesata e si guarda intorno come se non avesse mai visto un'abitazione in vita sua. Potrei giustificare questo suo comportamento se vivesse in condizioni povere ma, dopo essere stata davanti casa sua, alla festa di Jake, non mi sembra che viva in maniera poi così modesta o altro: da fuori, quella villetta mi è sembrata molto carina e anche abbastanza grande.
Cerco di tranquillizzarlo, utilizzando una delle tante frasi da chiché che si usa in situazioni del genere (“Fa come se fossi a casa tua”) e mi avvio in camera per cercare il suo plettro: mi sembra di ricordare che sia nero con il segno della pace, particolare che amo in tutti i sensi, ma non mi sembra di averlo messo tra le mie cose. Michael mi considera una stalker (come dargli torto?) ma non mi spingerei mai fino a questo punto. In più, mi sembra strano il fatto che si sia fatto mezz'ora di macchina alle undici di sera solo per un oggetto che, se fosse davvero in mezzo alle mie cose, gli avrei ridato di sicuro lunedì.  Mentre cerco nello zaino, non tralasciando nemmeno un centimetro, mi rendo effettivamente conto di quanto io abbia bisogno di un consiglio di Kayla: se solo non le avessi già dato la buonanotte, diamine.
Non trovando nulla nell'intero zaino, inizio a sfogliare i vari libri che ho utilizzato nei giorni scorsi prima di andare in teatro dal ragazzo che ora mi sta aspettando in salotto e, proprio mentre controllo tra le pagine del libro di letteratura inglese, sento dei passi sulla porta: non appena mi giro, mi si presenta davanti un Michael ancora più timido di quando l'ho lasciato al piano di sotto e, se solo potessi, mi scioglierei in un ‘Aw, i miei feels’ da perfetta fangirl quale sono. Peccato che non possa.
Si guarda intorno, incerto se farsi avanti o continuare ad aspettarmi sulla soglia, ma, non appena gli faccio segno di entrare, esamina ancora più attentamente l'intero l'ambiente: sembra non prestare molta attenzione alla grande libreria, ai peluche di quando ero piccola sul letto o alla marea di vestiti usati che ho lanciato sulla sedia, davanti alla scrivania. Al contrario, sembra piuttosto interessato alla marea di foto che coprono quasi l'intera parete vicino alla cabina armadio: sono, per la maggior parte, scatti con i miei amici, con mio fratello, qualcuno con Ashton e altri della vista sull'oceano che posso ammirare dalla casa dei miei nonni a Newcastle. Ho iniziato ad attaccarle alla parete all'inizio del liceo, desiderosa di conservare ogni istante in una fotografia e averlo sempre davanti agli occhi, prima che la situazione precipitasse per colpa di Sarah: ora, per quel che riesco a ricordare, l'ultima foto inserita risale al periodo di Natale.
Faccio finta di non notare lo strano interessamento di Michael verso tutti quei pezzi di carta e continuo nella mia insistente ricerca, continuando a non trovare quel dannato plettro, e iniziando ad innervosirmi: dovrà pur essere da qualche parte, cavolo.
«Non riesco a trovarlo. Senti, non è che magari è finito nella custodia della chitarra o in mezzo a tutte quelle scartof-» constato, fermandomi di colpo non appena riconosco il soggetto dell'unica fotografia a cui ora sta prestando attenzione il ragazzo accanto a me. Risale alle scorse vacanze estive, alla fine di dicembre, e ritrae una me sorridente a braccetto con un altrettanto Ashton sorridente: può essere considerata una foto a tradimento, visto che Kayla aveva deciso di scattarla mentre ridavamo per un gelato ormai sciolto tra le mani del mio ragazzo. Risale al periodo in cui tra me e Ash andava tutto alla grande, quando Sarah non si era ancora messa in mezzo, quando i più grandi (Calum e Ashton) non si dovevano preoccupare del loro ultimo anno, quando il gruppo era unito più che mai. All'inizio di questo anno scolastico, dal quel maledetto 28 gennaio dove la migliore amica del mio ragazzo ha deciso di acciuffarsi una delle persone a cui io tenga di più, quel pezzo di carta non ha fatto altro che farmi ricordare l'incredibile solitudine che mi fa compagnia in certi momenti: ogni volta che Calum deve prepararsi per il diploma, quando Ashton passa più tempo con Sarah che con me, quando Kayla non fa che lamentarsi del cattivo comportamento del mio ragazzo e così via. Persino Luke sembra allontanarsi sempre di più. Il gruppo indistruttibile che prima faceva invidia a mezza Sydney, ora sembra essere, sempre di più, un lontano ricordo. Ho riguardato talmente tante volte quella foto, cercando di intuire il frangente nel quale tutto ha iniziato a cadermi addosso, che ora mi sembra  di essere diventata magicamente apatica ogni volta che mi ricapita sotto agli occhi: è come se il cervello e il cuore si svuotassero improvvisamente di tutto, lasciando posto al niente più completo. Due organi vuoti, bui.
Michael, notando il mio improvviso mutismo, mi guarda: mi scruta con quei suoi grandi occhi verdi, cercando di capire il mio stato d'animo, per cercare di leggere le pagine ingiallite e consumate che mi porto dentro ma che nessuno è mai riuscito a decifrare. Io, nel frattempo, rivolgo l'attenzione verso le pantofole di Pikachu ai miei piedi. Mi sento profondamente giudicata dal suo sguardo ma, da quando lo conosco, sono a conoscenza del fatto che è meglio non fronteggiarlo: sarebbe una partita persa in partenza. Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, inghiottendo il polso nella lunga manica della maglia di Calum, mentre aspetto il solito ‘Mi dispiace’ o il classico ‘Si sistemerà tutto, vedrai’ che tutti mi rivolgono non appena ascoltano anche un solo minuscolo pezzo della storia: invece, continua a non arrivare nulla. Questo strano silenzio mi porta ad alzare lo sguardo sul ragazzo vestito di nero ma, non appena incrocio i suoi occhi, all'improvviso capisco che non dirà niente né ora, né in futuro, a proposito di Ashton o del mio gruppo ormai sfaldato: non perché non se ne importi, ma per rispetto verso di me. E forse è proprio per questo che Michael è cosi diverso da ogni altra persona tra le mie conoscenze: riesce a farmi sentire capita, pur non utilizzando una singola parola. È come se il suo silenzio sia una sorta di abbraccio del tutto astratto, dove riesce a stringermi con tutta la comprensione di questo mondo, senza risultare falso o stereotipato, e dove cerca di farmi sentire meglio: sembra quasi che mi stia trasmettendo, attraverso gli occhi, il significato di I'm With You, di Avril Lavigne. E la risposta affermativa a tutta questa mia gigantesca tesi arriva non appena noto gli angoli della sua bocca alzarsi, in un sorriso appena accennato ma comunque presente.
Non ho ancora un'idea precisa del rapporto tra me e Michael ma, cavolo, non potrebbe piacermi di più.
Sorrido anch'io leggermente, dimenticandomi completamente dell'obbrobrioso aspetto che ho, e tiro un sospiro di sollievo non appena si allontana da quella montagna di foto attaccate al muro: non voglio sporcare anche lui con tutti quei maledetti ricordi.
«Mi dispiace, ma qui non c'è il tuo plettro» esclamo, indicandogli tutti i libri e lo zaino sulla scrivania. «Sei sicuro di non averlo lasciato da qualche altra parte? Non so: magari  nell'armadietto o nella custodia della chitarra».
«No, non credo» risponde quasi subito, abbassando lo sguardo e infilandosi le mani in tasca. «Ma... grazie comunque per averci provato».
Un attimo: mi ha appena detto ‘grazie’? Sul serio? Schiudo le labbra, interdetta, e sto seriamente cercando di connettere il cervello con la bocca: sono piuttosto instabile psicologicamente, in questo istante, e non sareicompletamente cosciente nel caso facessi o dicessi qualcosa.
«Eh? Ma figurati! Ti pare? C
i mancherebbe altro: in fondo, non ho fatto nulla. Non che non ci abbia prestato la dovuta attenzione perché, insomma, ho cercato bene: ma questo non significa che non mi fidi di te, eh! Cioè... » esclamo a macchinetta, mangiandomi anche qualche parola, prima che mi renda davvero conto delle cavolate che stanno uscendo fuori controllo dalla mia bocca. «Ti andrebbe di restare un altro po'? In fondo, Calum e i miei genitori sono usciti e non ho molto da fare perché sono sola quindi... Oddio, perché suona così perverso? Voglio dire...».
Sono decisamente senza speranza.
Le mie guance diventano dello stesso colore di un pomodoro nell'esatto momento in cui accorgo della proposta che gli ho fatto e, dopo aver toccato il fondo della vergogna, mi copro la faccia con entrambe le mani, coperte dalle lunghe maniche della felpa di mio fratello: e poi ho anche il coraggio di chiedermi perché non siamo ancora diventati del tutto amici. Sono più che convinta che scapperà in questo preciso istante, terrorizzato da tutte le cazzate che ho detto senza volerlo, ma, non appena sento la sua risata cristallina, il respiro mi si mozza in gola: l'ho fatto ridere? Dopo tutto quello che gli ho detto, gli viene da ridere? Una vocina nel mio cervello non fa che ripetermi:“Certo che sta ridendo, idiota: fai così pietà che ride per non piangere” ma il suono di quella magnifica risata sembra inondare, non solo la stanza, ma anche l'intera casa: quanto può essere bello mentre ride? Scopro il viso per guardarlo e, non appena lo vedo asciugarsi una lacrima per lo sforzo, viene da ridere anche a me e: «Che fai? Ora sfotti?» dico, attirando di nuovo la sua attenzione.
«Sei incredibile» sussurra, volgendo gli occhi verso il suolo, ancora sorridendo.
Sento di poter morire in questo preciso istante.















SALVE A TUTTI!
Se siete arrivate fino a qui, vuol dire che avete letto tutte le cose senza senso che sono scritte in questo capitolo: è il frutto di una completa giornata passata a guardare Once Upon A Time, quindi non credo sia esattamente colpa mia hahahaha. Mi rendo conto del fatto che sia solo un capitolo di passaggio ma AMO I'm With You e, anche se né Michael e né Skyler si confessano le parole della canzone, pensavo fosse una cosa carina. 
Voglio spoilerarvi due cose, visto che mi sento particolarmente buona u.u:

1) Ricordatevi del particolare del plettro! Nel prossimo capitolo capirete perché;
2) Nel prossimo capitolo ci sarà una nuova arrivata! Sta a voi iniziare ad immaginare quale ruolo avrà.
Non ho anticipato praticamente nulla ma, leggendo il capitolo n°10 capirete ogni cosa u.u

Ringrazio, come sempre, tutte voi per aver messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e per le recensioni e spero di sapere cosa ne pensate anche di questo capitolo :)
Prima di andare, però, voglio dedicare un gigantesco SHUT OUTRanyadel! Non so cosa farei senza i tuoi consigli e non riesco a trovare le parole adatte per ringraziarti, pefezione <3
Tanto Love
*La Ragazza Invisibile*

 

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Capitolo 10
*** TIVANOFAUVUF VEX ***


 




 

                            10. TIVANOFAUVUF VEX







«TIVANOFAUVUF VEX!» mi urla Kayla alle spalle, facendomi perdere dieci anni di vita.
«Ma sei fuori di testa?!» alzo la voce, guardandola con un'espressione shockata. «Per poco non ci rimanevo secca!»
In risposta, la mia migliore amica scoppia a ridere mentre io scuoto la testa sorridendo e chiudo l'armadietto, rimasto aperto per colpa  dell'entrata in scena di questa pazzoide al mio fianco.
Da quando abbiamo visto una foto divertente su Tumblr, raffigurante un povero Tirannosauro Rex senza denti, con la scritta “TIVANOFAUVUF VEX” sotto, ormai ci salutiamo solo in questo modo: anche se, di certo, non è una giustificazione per lo spavento che mi ha appena fatto prendere. Se dovessi utilizzare una frase stile Luke, per questo nuovo inizio settimana, sceglierei di sicuro: “Ecco come si inizia col botto!”.
Avanziamo lungo il corridoio l'una accanto all'altra ma, a quanto pare, Kayla sembra proprio di buon umore stamattina, nonostante fuori piova ininterrottamente da ieri: «Non dirmi che non sei eccitata all'idea di vedere Michael a francese perché non ci crederei nemmeno se mi pagassi: scommetto che ti guarderà, ti sorriderà e... Oddio, non potrei shipparvi di più!».
Non le ho ancora raccontato nulla di tutto quello che è accaduto venerdì sera e credo proprio di aver fatto bene: se le dicessi ogni cosa in questo momento, durante la sua fase da fangirl cronica, ho paura che potrebbe addirittura svenire. Le dirò tutto, questo è sicuro, ma non ora. Anche se sono convinta del fatto che intuirà qualcosa da sola, dato il sorriso sornione che non ha fatto altro che adornarmi il volto per l'intero weekend.
Come risposta sollevo ancora di più gli angoli della bocca, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre proseguiamo per il corridoio. Sembra continuare tutto per il meglio, fin quando Kayla non si decide a sganciare la bomba per prima, chiedendomi: «Senti... Ashton lo hai più sentito?». Sapevo che prima o poi qualcuno me lo avrebbe chiesto, nonostante nessuno abbia neppure osato fare riferimenti all'intera faccenda fino ad ora, ma non so nemmeno io come rispondere: dovrei dire la verità, ovvero che la gravità del mio ragazzo è passata del tutto in secondo piano per via di Michael? Oppure dovrei forse scoppiare in lacrime e fingere di non poter vivere senza di lui? Non vado fiera del fatto che, in realtà, Ashton non sia più poi così importante ma non posso farci nulla: se dobbiamo guardare in faccia la realtà, è stato lui il primo a mettermi sempre di più sullo sfondo nel suo quadro di vita perfetto. I miei sentimenti, esattamente come le mie azioni, sono solo pure e semplici conseguenze di quello che lui ha fatto a me.
Eppure perché mi sento così in colpa?
Mi irrigidisco sul posto, socchiudendo le labbra, e sperando che il mio cervello riesca a decidersi sulla cosa giusta da dire: so di potermi fidare di Kayla ma, diamine, è una situazione troppo complessa. Se è complessa per me, non oso immaginare come possa risultare agli occhi di una qualsiasi altra persona.
Stringo con entrambe le braccia i libri che ho al petto, alzando le spalle, e alla fine decido che il silenzio è la soluzione ad ogni problema: si possono intuire molte cose dal silenzio, questo è vero, ma, in fondo, sono solo tante piccole tesi soggettive, impossibili da utilizzare per potersi basare su una completa autenticità e verità.
La mia migliore amica sembra recepire all'istante  il messaggio, motivo per cui decide di cambiare subito argomento: «Oh, in fondo non è il pensiero più importante ora. Piuttosto... C'è forse qualcosa che mi devi dire?». A volte, le persone che riescono a darti il maggior conforto o starti più vicine in una determinata situazione sono proprio quelle che riescono a raccogliere tutti i pensieri d'aiuto nei nostri confronti, nel silenzio: o almeno, io la penso così. Nonostante conosca questa ragazza da una vera e propria vita (suo fratello Patrick ha dieci anni e rappresenta, quasi alla perfezione, la quantità di tempo passato dal mio primo incontro con Kayla), non riuscirò mai ad abituarmi perfettamente alla sua scaltrezza sconfinata: ci rimango imbambolata ogni volta. Per questo motivo sgrano leggermente gli occhi, colorandomi ancora di più di rosso, e proseguendo per il corridoio a testa bassa. Avrei voluto raccontarle ogni cosa in un luogo leggermente più appartato, così che potesse sfogare la sua felicità senza attirare sguardi indiscreti, ma ora sono praticamente con le spalle al muro: so che non mi lascerà perdere fin quando non avrà scovato il motivo per la mia inusuale taciturnità.
«Allora c'è qualcosa!» esclama all'improvviso, indicandomi. «Sai meglio di me che, se non mi racconterai ogni singolo dettaglio all'istante, ti darò il tormento per giorni».
Oh, lo so fin troppo bene. Ne ho avuto un minuscolo assaggio quando mi sono fidanzata con Ash, dopo il nostro primo bacio nel mio giardino: Kayla era stata la seconda a saperlo (Calum il primo, visto che ci aveva spiato da dietro la finestra del salotto per tutto il tempo) e, non appena aveva scoperto di aver perso l'occasione di poter urlare  al mondo del fidanzamento, visto che mio fratello per poco non aveva fatto finire la notizia sui giornali locali, mi aveva tenuto il muso per i tre giorni successivi. Per farmi perdonare, ero stata praticamente costretta  a raccontarle ogni singolo dettaglio, compresi anche quelli completamente anatomici.
 



 
È ormai mezz'ora che io e Michael siamo seduti sul divano di casa mia, a una certa distanza l'uno dall'altra, mentre in TV trasmettono un documentario sui trichechi, decisamente poco divertente o interessante: i trichechi sono animali davvero immensi e piacevoli da guardare ma la voce di questo tizio è una sorta di cantilena, capace di far addormentare persino uno con l'insonnia.  Mi sto sentendo una vera e propria idiota, sprecando un'occasione meravigliosa con il ragazzo accanto a me, ma non sono riuscita a trovare nessun programma più interessante di questo. Il che è tutto dire. Michael sembra interessato quanto me, a giudicare dalla serie di sbadigli che sta cercando di nascondere, ma continua a rimanere zitto: credo lo faccia solo per trattenere la serie di insulti che gli stanno venendo in mente verso la sottoscritta, in questo momento. Mi piacerebbe molto tirare in ballo qualche argomento su cui parlare ma, purtroppo, non mi sta venendo nulla in mente: dovrò darmi una mossa se non voglio mandare all'aria questa serata.
Mi giro di fianco verso di lui, prendendolo alla sprovvista, sfoggiandogli un sorriso amichevole: scommetto che, con l'aspetto che ho adesso, assomiglio più a una maniaca terrificante piuttosto che a una ragazza che vuole fare conversazione.
«Allora...» inizio, sperando in qualche tipo di partecipazione da parte sua, che però tarda ad arrivare. «Come va la canzone?».
Le scorse volte che ci siamo visti a pranzo abbiamo aggiunto qualcosa e, con mia grandissima sorpresa, mi è risultato più facile del previsto; Michael ha ragione: bisogna solo esternare quello che si prova, metterlo per iscritto e adattarlo alla melodia.
Non mi risponde subito, rendendomi insicura sul fatto di essere davvero troppo rompiscatole, ma, invece, allunga la mano verso la tasca posteriore dei jeans. Si è avvicinato di un paio di centimetri per poter arrivarci e, nel preciso istante in cui ho visto la sua figura sporgersi di poco verso di me, sono fermamente convinta di aver sentito un ‘Boom!’ all'intero del corpo: devo solo capire se sia provenuto dalle ovaie o dal cuore. Dopo essere tornato seduto, apre un foglio bianco piegato in quattro e me lo porge; lo afferro subito, curiosa di sapere di cosa si tratti, prima che la scritta ‘DISCONNECTED’ in cima non mi faccia sorridere come una bambina.
«Come mai l'hai voluta chiamare ‘Disconnected’?» chiedo, rileggendo quelle poche righe che abbiamo scritto, sotto il pentagramma pieno di note.
«Ho buttato giù un possibile ritornello, a casa» spiega, cercando forse di troncare il discorso qui ma, non appena nota la mia espressione curiosa, sembra capire da solo che non mi accontenterò mai di una risposta del genere. «Ho solo pensato ai momenti in cui mi chiudo in teatro e a quanto mi senta, appunto, disconnesso dal resto del mondo».
Come avrei dovuto aspettarmi, ha utilizzato solo il singolare, ma va bene così: in fondo, ci sono stata anch'io in quel teatro con lui e, se avessi davvero dato fastidio, mi avrebbe già scacciata da parecchio tempo.
Riporto lo sguardo sul foglio tra le mie mani e cerco di immaginarmi la voce di Michael mentre pronuncia quelle parole ma, non appena arrivo al fatidico ritornello, rimango paralizzata.
«I like the summer rain, I like the sounds you make» leggo, senza preoccuparmi della melodia a cui pensato lui per questo pezzo, e tingendomi sempre più di rosso. «We put the world away, we get so disconnected».
Non appena finisco l'ultima frase riportata sul foglio, sono sicura di essere rossa come un vero e proprio semaforo. Il mio cervello non fa altro che urlare dalla gioia per il fatto che la canzone possa riferirsi a me, mentre l'altra sta cercando in tutti i modi di ragionare in modo più diplomatico. Che senso avrebbe dedicarla a me? Non so nemmeno se siamo veri e propri amici, accidenti.
«Magari lunedì potrei fartela sentire con la chitarra sotto, così poi possiamo continuarla» afferma, facendo un cenno al foglio.
Sento un sorriso enorme crescermi sul volto e, mentre gli restituisco il testo della canzone, riesco a trovare il coraggio per affermare un sincero “È meravigliosa”. E non riuscirei a trovare abbastanza parole per descrivere quello che mi sta succedendo nello stomaco, ora che Michael mi sta sorridendo di nuovo.
 
 



 
«Skyler?» mi riprende Kayla, schioccandomi le dita davanti agli occhi. «Dobbiamo andare in classe, è appena suonata la campanella».
«Quanto tempo abbiamo?» le chiedo svelta, facendo riferimento ai minuti che ci restano per l'intero racconto.
La mia migliore amica, capendomi al volo, da' un'occhiata veloce all'orologio prima di rispondere: «Cinque minuti al massimo». La prendo subito sotto-braccio, avviandomi verso la classe di francese, e cerco di raccontarle, tralasciando solo alcuni minuscoli dettagli (come il fatto che proprio quella sera abbia deciso di mangiare quella dannata crema al tartufo), tutto l'accaduto di pochi giorni fa. La sento emettere versi sorpresi ed eccitati, molto simili a quelli che emetto io davanti a Dylan O'Brien, già dal momento in cui pronuncio (anzi, sussurro) il nome di Michael: se continuiamo di questo passo, in classe ci arriverà svenuta. Non ho abbastanza tempo materiale per raccontarle anche della nostra canzone, quindi mi limito a dirle che abbiamo passato il resto della serata a guardare quel noioso documentario su Discovery Channel, fino al momento in cui avevo dato un'occhiata all'orologio e avevo constatato che i miei genitori sarebbero ritornati da lì a poco.
Siamo ormai arrivate ai nostri banchi nella classe di francese, quando mi ricordo di aver saltato un particolare: «Ah e, prima che se ne andasse, ci siamo finalmente scambiati anche i numeri». La mia migliore amica, in risposta, mi guarda con le labbra socchiuse, apparentemente shockata, prima di domandare: «I numeri di telefono?».
«No, Kayla, i numeri della lotteria» rispondo sarcastica, alzando le sopracciglia.
Ed è in questo preciso istante che nell'intera classe si sente un tonfo secco improvviso, dovuto ai pesanti libri che sono appena caduti sul banco dalle braccia della ragazza accanto a me. Tutti i nostri compagni si girano verso di noi, facendomi avvampare, mentre cerco in ogni modo di non guardare in faccia nessuno: perché Kayla deve sempre coinvolgermi nelle sue figure di merda? Quest'ultima, nel frattempo, sembra essere sprofondata nel mondo delle nuvole: ha la bocca spalancata, gli occhi scuri sgranati, puntati su di me e, ne sono sicura, sta seriamente cercando di trattenersi dall'urlare. Avrei voglia di dirle qualcosa per farla sbloccare ma abbiamo ancora gli sguardi di tutti puntati addosso e, finché non arriverà la professoressa, non posso far altro che sperare in qualche sua reazione leggermente più utile e, possibilmente, meno rumorosa.
«Signorina Robinson, se anche lei è shockata per la notizia dell'arrivo di un'altra nuova studentessa dopo due mesi di scuola, si fidi: lo sono tanto quanto lei» afferma la prof, facendo il suo ingresso in classe. «La lezione è ufficialmente cominciata quindi, Robinson e Hood, prendete posto, per favore».
Eseguo subito l'ordine, tirando la manica del cardigan grigio scuro di Kayla per far sedere anche lei, mentre in classe iniziano ad arieggiare bisbigli curiosi e risatine per la nostra figuraccia. Nell'esatto momento in cui apro il libro di francese alla pagina assegnata,  decisa a voler seguire la lezione senza altri avvenimenti del genere, sento il cellulare vibrare all'interno della tasca dei miei jeans: oggi non sembra proprio essere giornata. Cerco di non farmi vedere dalla professoressa, scivolando leggermente sulla sedia, prima di sbloccare lo schermo e leggere il messaggio:
 
Disconnected :
La tua amica sta bene? Mi sembra un po' stralunata.
 
Trattengo il respiro per qualche secondo, sentendo maggior calore sulle guance, mentre rileggo il messaggio per circa una ventina di volte consecutive: Michael mi ha appena scritto, devo stare calma. Se non mi trovassi in classe, in questo momento, starei letteralmente saltando ovunque, con tanti gridolini che mi escono involontariamente dalla bocca e altri sintomi da perfetta dodicenne esaltata, ma non posso sfogarmi ora: non davanti a una professoressa apparentemente mestruata, con una migliore amica ancora sotto shock e il mittente del messaggio a meno di tre metri da me. Sono molto indecisa se avvertire Kayla di quello che mi ha scritto Michael, date le sue attuali condizioni psicologiche, ma decido che, forse, è meglio aspettare l'intervallo, dove ci chiuderemo in bagno e ci sfogheremo insieme.
Mi giro lentamente verso il ragazzo biondo alla mia sinistra, prima notare il suo sguardo concentrato sul telefono all'interno dell'astuccio: sta davvero aspettando una mia risposta? Insomma, è la prima volta, da quando ci siamo scambiati i numeri venerdì sera, che mi ha inviato un messaggio e io non ho davvero idea su cosa rispondergli: dovrei fare la simpatica e magari prendere in giro la mia migliore amica scherzosamente? O dovrei semplicemente inviargli una mezza risata? Non posso di certo dirgli che è proprio lui il motivo per cui sia io che Kayla siamo nel mondo delle nuvole.
Lancio un veloce sguardo sulla figura della professoressa dietro la cattedra, assicurandomi che non mi presti attenzione, digitando la prima cosa che mi viene in mente:
 
Ha finito di vedere una stagione di una delle nostre serie tv preferite, è un po' scossa per quello :)
 
Semplice, coinciso, senza offese di nessun genere nei confronti di qualcuno: ci ho anche aggiunto uno smile alla fine, per completare l'opera. Pigio il tasto ‘Invia’ quasi subito, occupando la mente di pensieri tutt'altro che ottimistici: e se prende la mia migliore amica per una nerd? Insomma, io ci potrei anche essere considerata, ma Kayla è tutto tranne che una grande ragazza studiosa e diligente. Siamo due ragazze popolari con qualche divergenza ma rimaniamo comunque popolari, accidenti.
La lezione, ormai, mi sfugge completamente di mano e, mentre la professoressa blatera sull'importanza degli accenti ortografici, sento il telefono vibrarmi di nuovo. Non posso continuare a scivolare sulla sedia o Mrs. Joelle si accorgerà del fatto che sto deliberatamente messaggiando e  mi farà un cazziatone di mezz'ora: per questo motivo, con una mossa fulminea, nascondo il cellulare all'interno dell'astuccio, come ha fatto Michael. Sblocco subito lo schermo, decisamente più tranquilla di non essere scoperta, prima di leggere il contenuto del nuovo messaggio:
 
Disconnected :
‘The Walking Dead’?
 
Aggrotto le sopracciglia, riconoscendo il titolo della serie TV, solo per sentito nominare da mio fratello qualche volta, prima che il mio labbro inferiore sia catturato dai denti, in un inutile tentativo di nascondere il sorrisino che mi sta nascendo in viso: anche lui è un patito di serie TV? Gli lancio un'occhiata, incrociando il suo sguardo verso di me, scuotendo un paio di volte la testa. Intanto, il mio pollice sta già premendo la casella di un nuovo messaggio:
 
Ne abbiamo sentito parlare ma non lo abbiamo mai visto. Siamo più delle tipe da: ‘Teen Wolf’, ‘One Upon A Time’ e ‘The Vampire Diares’ :)
 
Attendo impaziente una risposta, mordicchiandomi un'unghia, prima di prestare qualche secondo di attenzione alla professoressa davanti a me e, per un miracolo del cielo, lei mi guarda nell'esatto momento in cui ho ormai smesso di controllare il cellulare: quando si dice avere un fondoschiena sfondato.
Sfoglio il libro sul banco alla pagina assegnata, continuando ad aspettare un altro messaggio, prima che la vibrazione del telefono non mi faccia prendere letteralmente un colpo: avrei dovuto mettere il silenzioso, dannazione. Solo alcuni ragazzi si girano nella mia direzione, incuriositi, ma Mrs. Joelle sembra non essersi minimamente accorta del rumore sordo che mi ha appena provocato delle piccole macchie di sudore sotto le ascelle.
Approfitto dai pochi istanti in cui scrive qualcosa alla lavagna per dare una veloce letta alla risposta ricevuta:
 
Disconnected :
Chissà perché... ma penso che non dipenda solo dalle trame.
 
Divento paonazza nello stesso istante in cui arrivo al vero significato della frase, non potendo però dargli torto: in tutte le mie serie TV preferite, gli attori, manco a farlo apposta, sono a dir poco magnifici. In Teen Wolf ogni singolo personaggio maschile ha un livello massimo di bellezza, sia esteriore che interiore: in cinque stagioni, non sono ancora riuscita a trovare un solo ‘bruttino’ in nessun episodio. È estremamente frustante per le mie ovaie, ogni volta. In Once Upon A Time, Capitan Uncino conta per dieci. In The Vampire Diares... inutile persino che io provi ad esprimermi.
Rifletto su quello che potrei dirgli, cercando le parole giuste per non fare una figuraccia qualunque, mentre rileggo decine e decine di volte il testo dell'ultimo messaggio che mi ha inviato: riesce ad intimidirmi anche solo grazie ad un semplice sms, incredibile.
 
Le trame sono stupende, i personaggi poi sono solo un extra ben gradito u.u
 
Sorrido al mio stesso messaggio, sperando che intuisca la mia ironia, mentre premo il tasto ‘Invia’. All'improvviso, la voce di Kayla, impegnata a pronunciare un comando in francese, mi riporta alla realtà ed è in questo preciso istante che capisco di dover ascoltare un minimo la lezione, prima che la professoressa si accorga davvero della mia completa distrazione: l'ultima cosa che mi serve è un'ora di detenzione prima di tornare a casa.
Leggo un paio di volte il titolo e il comando, prima di connettere davvero il cervello e svolgere l'esercizio che tra poco correggeremo ad alta voce: sono cose che ho già fatto durante il corso, non dovrebbe essere così difficile come sembra. Passo la matita sulla pagina quasi meccanicamente, fermandomi un secondo per ricordare le regole che ho appreso nel corso delle lezioni, finché, cogliendomi di sorpresa, il suono acuto e fastidioso della campanella si fa largo tra i muri dell'intera scuola, segno che la prima ora è appena terminata.
Ho passato talmente tanto tempo a pensare e messaggiare con Michael che non mi sono neanche accorta del tempo trascorso.
Chiudo il libro in contemporanea con i miei compagni di classe, mentre do una veloce occhiata al telefono, speranzosa in una risposta da parte dal mio principale pensiero in questo momento: nulla. Giro lo sguardo verso il suo posto ma non trovo nessuno, segno che si sia dileguato non appena ha sentito il primo segnale di fine tortura scolastica.
Eppure, nonostante io cerchi in tutti i modi di pensare a cose più importanti, non riesco davvero a capire il vero motivo per cui venerdì sera sia venuto a casa mia: insomma, la scusa del plettro perso chissà dove fa acqua da tutte le parti. Non sono per niente convinta e, testarda come sono, sono seriamente determinata ad andare fino in fondo alla faccenda.
Infilo velocemente tutto nella tracolla, lasciandola anche mezza aperta, mentre cerco l'attenzione di Kayla: «Mi serve il tuo aiuto, urgentemente».
«Va bene, a patto che tu non ci metta entrambe nei guai» risponde, confermandomi che sia tornata alla normalità.
Colta sul fatto, incasso la testa nelle spalle, mugugnando un ‘innocente’ “Ehm” che le fa alzare un sopracciglio.
«Oh, andiamo, ho perso il conto di tutte le volte in cui io ho parato il culo a te» esclamo, cingendole le spalle con un braccio, prima di tornare in corridoio e spiegarle per intero il mio piano.
 
 


 
 
                                                                                                           ******





 
«Questo è, di certo, il piano più stupido al quale io abbia mai partecipato».
«Perché non ti concentri sul compito che ti ho assegnato, piuttosto che borbottare e lamentarti?».
Roteo gli occhi, per l'ennesima volta, non appena finisco di parlare e continuo nella mia maledetta ricerca. Siamo negli spogliatoi maschili della palestra, durante un comune orario di lezioni a cui stiamo deliberatamente mancando, pur di cercare il maledetto plettro di Michael. Ho già analizzato entrambe i possibili risultati: o ho ragione io e il plettro si trova in uno di questi armadietti, o ha ragione Kayla e il rockettaro emarginato lo ha perso davvero. Nonostante il 50 e 50%, io sono più che sicura della mia convinzione: non sono nata ieri e, da perfetta Hood quale sono, per me esiste sempre una spiegazione approfondita di tutto.
Avremmo potuto controllare anche nell'altro armadietto di Michael, quello più comune nel corridoio principale, ma sarebbe stato decisamente troppo rischioso: avrebbe potuto vederci un bidello o, nel peggiore dei casi, proprio lo stesso Michael.  In più, sono estremamente convinta del fatto che il proprietario del plettro non sia poi così stupido, né così distratto: se il fatto dell'oggettino scomparso misteriosamente fosse davvero una palla, non credo che lo avrebbe nascosto in un luogo così dannatamente scoperto e ovvio.
Kayla, al contrario, è sembrata tutto tranne che convinta quando le ho spiegato, per filo e per segno, la logica del mio abile piano: è perennemente certa che io stia navigando troppo nei miei filmini mentali, continuando ad affermare che, in realtà, forse lo ha semplicemente perso davvero. Inoltre, è ormai un quarto d'ora che siamo qui, io impegnata nella ricerca dell'armadietto di Michael e lei accanto alla porta come palo, e non sta facendo altro che lamentarsi: “Che puzza!”, “Perché devo fare io il palo?”, “Ho un brutto presentimento”, “Stai facendo tanto casino per nulla!”, “Se ci fosse Luke, sarebbe tutto più semplice”, “Mio Dio, ma le docce i maschi non le usano?”, “Perché sono così stupida da aver accettato?”, “Hai fatto?”, “E se viene qualcuno?”, “Ricordati che mi devi un favore”, “Oddio, sta venendo qualcuno! Ah, no: è stato solo il vento” e tante, tante altre esclamazioni e domande che mi stanno facendo solo rendendo più ansiosa. Forse avrei fatto meglio ad agire da sola.
Non pensavo che nello spogliatoio dei maschi potessero esserci così tanti armadietti ma, cercando di usare il cervello, mi rendo conto che, con la cattiva reputazione di Michael in circolazione, è molto più probabile che si sia scelto un posto leggermente più distante rispetto a tutti gli altri piuttosto che uno centrale: per questo motivo mi dirigo verso gli armadietti negli gli angoli più esterni delle intere schiere. Tengo gli occhi ben aperti, cercando di non farmi scappare nulla, prima che intraveda un'anta leggermente più aperta rispetto alle altre, per via di un lembo di giacca che fuoriesce. Mi avvicino all'indumento, riconoscendo della pelle nera con qualche borchia, e sento un sorriso istintivo crescermi in viso: deve essere di Michael per forza. Lanciando una veloce occhiata a Kayla, per confermare che la sua attenzione sia rivolta verso i corridoi e non verso la sottoscritta, mi inebrio del fresco profumo di muschio proveniente da questa manica della giacca che ho davanti agli occhi e abbasso le palpebre all'istante: in questo porcile di spogliatoio, costituito da calzini non lavati da settimane, mutande utilizzate ovunque e scarpe da ginnastica dall'aspetto fin troppo simile a quello di tossine nucleari, questa è l'unica fragranza davvero piacevole.
E, ovviamente, appartiene a Michael.
Sfilo dai capelli l'unica forcina che oggi ho deciso di applicare; dopo di che, inizio ad armeggiare con il lucchetto dell'armadietto per aprirlo: è una tecnica che ho imparato da piccola, per via dei fin troppi film d'azione che mio padre era ostinato a guardare con me.
«Da quando in qua sei diventata una scassinatrice?» afferma Kayla, attirata dai leggeri tintinnii della forcina contro il metallo.
«Sono una Hood: noi Hood abbiamo sempre delle doti nascoste» rispondo convinta, spalancando l'anta dell'armadietto un secondo dopo.
La mia migliore amica riprende a guardare lungo il corridoio con le orecchie tese mentre io, dopo essermi rimessa la forcina tra i capelli, inizio a rovistare tra tutta la roba di Michael: la giacca di pelle, delle cuffiette, un paio di calzini apparentemente puliti, un porta chiavi dei Pokémon, degli anelli buttati qua e là - la Skyler interiore sta letteralmente fangirlando perché solo il Signore può sapere quanto siano dannatamente attraenti i ragazzi con degli anelli alle dita per la sottoscritta - delle scarpe un po' sgualcite da ginnastica e vari fogli accartocciati. Non vedo nessun plettro.
Sospiro un po' delusa, afferrando il portachiavi raffigurante uno dei miei cartoni animati preferiti per sapere quale Pokémon rappresenti, quando noto un oggettino piccolissimo fare capolino dalla fine dell'armadietto. Rimetto subito a posto il quadratino di ferro tra le mie dita, prima di infilare, letteralmente, la testa all'interno di questo stretto spazio che ho analizzato con tanta cura. Ma, nell'esatto momento in cui decido di far fuoriuscire la parte superiore del corpo, la larghezza delle mie spalle me lo impedisce; cerco di tirarmi all'indietro, grazie alla forza delle gambe, un paio di volte ma non ricevo altro che dolore.
«Ehm... Kayla?» echeggia la mia voce, per via del metallo da cui sono circondata.
«Hai finito? Tra poco le matricole avranno educazione fisica e non ci rimane molto tempo!» esclama stizzita, completamente ignara alla situazione che si è appena creata.
«Kayla, sono incastrata!»
Seguono un paio d'istanti silenziosi, prima che la mia migliore amica scoppi in una risata di gran gusto. «Solo tu puoi rimanere incastrata in un armadietto».
Sento le sue mani sui miei fianchi, e: «Ha ha ha, mi senti forse ridere?» commento sarcastica, prima di avvicinare i gomiti al petto per farmi più piccola. Un veloce “Uno, due... tre!” mi arriva alle orecchie, prima che senta maggiore forza tirarmi all'indietro dal bacino.
È questione di attimi prima che, sia io che Kayla, atterriamo al suolo di fondoschiena, una sopra l'altra. Una fitta incredibile di dolore, dovuta anche alla botta non ancora guarita della partita di pallavolo dell'altro giorno, mi attraversa l'intera spina dorsale e cerco di non prestare attenzione all'esclamazione omicida della ragazza accanto a me: «Non hai idea di quanti favori dovrai restituirmi dopo questa giornata».
«Io credo che, invece, da questo giorno mi dovrai idolatrare» rispondo subito, facendole inarcare il sopracciglio, prima di mostrarle il plettro ‘scomparso’, tra le mie dita. «Perché ho appena fatto bingo».
 
 
 


 
                                                                                                               ******
 
 





«Secondo me non significa nulla» esclama Kayla, non appena torniamo nel corridoio principale. «Magari lo ha lasciato lì, non ha controllato bene e si è convinto di averlo perso».
La campanella di fine seconda ora è appena suonata, facendo gremire i corridoi di tutti gli studenti e devo ammettere di essere davvero fortunata: con tutta questa gente in giro, sarà un gioco da ragazzi far finta di essere state davvero a lezione.
«Kayla, venerdì sera mi ha detto di aver controllato ovunque» la ammonisco, avvicinandomi al mio armadietto. «Possibile che non abbia ‘controllato’ nell'armadietto in palestra?».
Sono ancora leggermente confusa dal mio ritrovamento: se Michael non la perso davvero, per quale motivo allora è venuto a casa mia? Pensare che si sia avventurato fino alla mia porta solo per vedermi mi sembra fin troppo irreale ma, in fondo, quale altra spiegazione potrebbe esserci? A scuola ci sono due armadietti per ogni studente, uno in palestra e l'altro nei corridoi per i libri: se mi ha assicuro di aver cercato ovunque, com'è possibile che abbia tralasciato l'armadietto in palestra? Non è così stupido, di questo ne sono certa.
Per una delle poche volte in cui io e Kayla abbiamo opinioni diverse, i ruoli sembrano essersi invertiti: ora lei è quella diplomatica e dannatamente realista mentre io sono quella dalle mille illusioni. Il fatto che la mia migliore amica, invece di supportarmi nelle mie ipotesi così meravigliose, mi riporti così drasticamente sulla terra ferma mi fa sbuffare spazientita: non vuole farmi illudere, e di questo ne sono contenta, ma è comunque irritante il fatto che non mi stia sostenendo.
Proseguo lungo il corridoio spedita, concentrandomi sul perché Michael mi abbia deliberatamente mentito, prima che una gomitata mi riporti sulla terra ferma; mi giro verso Kayla con un sopracciglio alzato, prima che lei alzi un braccio per indicare qualcosa davanti a noi.
E, ora che seguo la direzione del suo dito, devo rettificare: per indicare qualcuno davanti a noi.
Poco distante da dove ci troviamo, una ragazza dai capelli lilla e vestita completamente di nero, poggiata di schiena alla schiera di armadietti, è impegnata in una conversazione, apparentemente molto divertente, con Michael.
Strizzo gli occhi per convincere me stessa di aver visto male ma, non appena riconosco il perfetto profilo del biondo, non posso fare altro che rimanere basita.
La ragazza dai lunghi capelli colorati sta continuando a parlare senza sosta mentre Michael, poggiato con una spalla agli armadietti e felice come un bambino, ha un sorrisetto stampato in faccia a dir poco meraviglioso, con gli occhi inchiodati in quelli di lei: è persino più perfetto del solito.
L'unica nota stonata? La sconosciuta così vicina a lui.
Un nodo mi sta aggrovigliando lo stomaco ogni secondo di più, mentre non trovo la forza nemmeno per sbattere le palpebre; Kayla, nel frattempo, è paralizzata quanto me: è leggermente più indietro, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati per la seconda volta questa mattina.
«Che avete da guardare?» alza la voce, all'improvviso minacciosa, la ragazza dai capelli lilla.
Sbatto le palpebre velocemente, andando nel panico al solo pensiero che si stia rivolgendo a me e Kayla ma tiro un sospiro di sollievo non appena noto il suo sguardo puntato verso un gruppo di ragazzi che, fino a qualche istante fa, stava bisbigliando proprio su Michael: questa ragazza così particolare e spuntata dal nulla, nonché anche quasi unica interlocutrice del biondo, deve aver stupito anche loro.
“Come vi capisco” penso, mentre sento le labbra seccarsi all'improvviso.
Mentre il gruppetto prosegue lentamente verso la mia direzione, superandomi subito dopo, i due punk della situazione si allontanano verso l'altro corridoio, dandoci le spalle.
Sento distrattamente la domanda di Kayla - E quella da dove diavolo è uscita? - prima che Michael posizioni un braccio intorno alle spalle della ragazza accanto a lui e lei gli cingi la vita, mozzandomi il respiro il gola.  
 
 
 









ANGOLO AUTRICE
Guardate un po' chi si rivede! Mi vergogno per questo ritardo, lo ammetto, ma questo capitolo è stata una vera e propria bomba. 
Vi avevo avvertite riguardo al plettro e al fatto che sarebbe subentrato qualcun altro u.u 
La ragazza? Posso solo dirvi che si chiama
Karmy (nome d'arte, duh), che rappresenta quasi alla perfezione una mia amica (che, tra l'altro, mi ha fatto venire in mente tutto questo) e che il suo prestavolto è, ovviamente... HALSEY! 
Tipo che propongo 'New Americana' come nuovo inno nazionale *-* 
Se cliccate sul nome 'Karmy', scritto poche righe fa, vi comparirà la foto esatta a cui mi sono ispirata u.u
Spero di avervi incuriosite, chi il capitolo vi sia piaciuto (ci sono così tanti momenti Skyel *-*)  e, preparatevi: il vero gioco inizia solo ora, babies. 
SHUTOUT per raeleen e Ranyadel, duh u.u
Grazie a chiunque ha recensito gli scorsi capitoli, chi ha aggiunto la storia tra preferite/seguite/ricordate e, con i Sum 41 nelle orecchie, vi saluto! 
Tanto Love
*La Ragazza Invisibile*

 
 
 

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Capitolo 11
*** Willpower ***


 





 

                                                                                        11. Willpower







Trovo che la forza di volontà sia un pregio molto raro di questi tempi, a causa del consumismo odierno e la mancanza di iniziativa generale. Per questo, ogni volta che devo o voglio fare qualcosa, cerco sempre di dare il massimo. Ed è anche il motivo per cui ho posizionato il cellulare sul comodino, dietro di me: non lo devo guardare e concentrarmi sui compiti che devo svolgere per domani. Una volta finito il mio dovere, forse, potrò riutilizzarlo.  Peccato che il piede non sia completamente d'accordo con me, impegnato a far tremare l'intero letto a causa di un tic ansioso che lo ha impossessato da un quarto d'ora a questa parte.
Non mi reputo esattamente ‘ossessionata’ dalla tecnologia, come la maggior parte di adolescenti nella mia scuola, ma mai come in questo momento sto odiando/amando il mio telefono. In circa ben tre occasioni, ho preso in considerazione l'idea di cancellare solo le applicazioni dei social e rimetterlo a posto, per poi continuare a studiare, ma sono tornata punto e accapo il minuto successivo: so bene che, se allungassi il braccio anche solo per buona fede, cadrei in tentazione e manderei a quel paese ogni singolo briciolo di dignità che mi è rimasta.

Rileggo per la quarta volta le stesse righe, constatando, di nuovo, di non aver capito nulla: l'argomento di letteratura inglese non è di per sé difficile, si tratta solo di uno sforzo di memoria. Peccato che il mio cervello abbia smesso di prendere perfino in considerazione la sola idea.
Mi sembra di sentire uno strano ticchettio, motivo per cui rivolgo lo sguardo un po' in giro: nulla. Continuo a sentirlo.
Mi ci vogliono alcuni istanti per rendermi conto della provenienza: la mia testolina. Ho così tante domande che mi ronzano che non mi stupirei affatto, se la mente mi si trasformasse magicamente in una pentola a pressione da un momento all'altro.
Stringo l'evidenziatore giallo tra le dita, rivolgendo lo sguardo sulle pagine completamente evidenziate sotto di me, prima di afferrare il cuscino a forma di emoji, quella con i cuoricini al posto degli occhi, e soffocare un urlo: mi sto sentendo una vera e propria depravata.
Un lieve campanellino mi arriva alle orecchie all'improvviso e, nel preciso istante in cui il cervello lo ricollega al tono delle notifiche del mio cellulare, non faccio in tempo nemmeno a girarmi che i libri sono già volati e atterrati sull'angolo più esterno del letto. Lascio cadere il cuscino dalle mani senza nemmeno accorgermene e, con un gesto fulmineo, afferro il telefono e lo sblocco: ho appena ricevuto un messaggio.
È Michael, deve esserlo. In fondo, oggi non mi ha raggiunta in teatro come d'abitudine, lasciandomi lì ad aspettare come una perfetta idiota: forse n'è ricordato solo ora e mi ha inviato un messaggio per chiedermi scusa; cerco di non prestare troppa attenzione ai miei pensieri, visto che sono ormai cinque minuti che non riesco ancora a premere la casella dei messaggi dall'emozione ma, dopo essermi leggermente ricomposta, finalmente mi decido.
 

Mrs. McCall :

Mrs. Stilinski, aka mia compagna di avventure, oggi vieni a danza, VERO?

 
Ho appena sentito un tonfo in lontananza: il libro, il quaderno e l'evidenziatore sono appena caduti a terra. In contemporanea, sento il sangue ribollirmi così tanto da volermi quasi strappare i capelli. Meno male che il mio cuscino preferito sia scivolato o, a quest'ora, lo avrei già aperto a metà dall'irritazione. Chiudo gli occhi, facendo respiri profondi, prima che le dita battano sullo schermo dell'apparecchio tra le mie mani, freneticamente.
 

Non sapevo nemmeno che oggi avessimo lezione: Taffy non era partita per l'Europa o chissà dove?

 
Mi lascio cadere di nuovo sul letto, questa volta sdraiata, mentre aspetto una risposta da Kayla. Sono più di due anni che io e la mia migliore amica frequentiamo un corso di danza moderna e, nonostante le difficoltà iniziali, ora siamo migliorate parecchio: tuttavia, non so precisamente quanto tempo fa, la nostra istruttrice ha vinto non ricordo quale cifra alla lotteria e ne ha approfittato per farsi un bel viaggetto col marito nelle capitali più belle di tutta Europa. Per questo motivo, sono appena scesa dalle nuvole.
Il campanellino si ripresenta quasi subito e io sblocco di nuovo il cellulare, sospirando.
 

Mrs. McCall :

Yep, ma è tornata sabato e ha postato l'avviso del rinizio su Facebook: non lo hai visto?

 
Abbasso le palpebre per metà, assumendo un'espressione a dir poco accigliata, prima di rispondere:
 

Mh, direi di no, visto che non posso più entrare su Facebook: darei di matto ancora più di ora, stalkerando Michael, ma, soprattutto, cercando per mari e monti anche quella pecora Dolly che gli è stata appiccicata stamattina come io davanti alla TV durante Teen Wolf.

 
Invio il messaggio chilometrico col fiatone, nemmeno mi fossi sfogata con lei verbalmente, prima di chiudere gli occhi: ora sono sicura di essere impazzita sul serio. Ma so anche che, se accedessi al social network incriminato, accadrebbe tutto quello che ho appena elencato a Kayla: per prima cosa, andrei subito a controllare l'ultimo accesso del biondo, fissando, successivamente, la chat senza un'apparente motivo; subito dopo cercherei tra i suoi pochi amici la cosiddetta ‘pecora Dolly sconosciuta’, nome del tutto insensato ma comunque efficace, e starei a spulciare ogni singolo particolare del suo profilo per scoprire di chi diavolo si tratta.
Non sono ancora sicura se la mia sia gelosia o invidia ma, in questo momento, voglio solo che Michael  si decida a impugnare quel maledetto telefono e mi invii un messaggio: uno qualsiasi, con un qualsiasi contenuto dentro, pur di vedere il nome del suo contatto sullo schermo.
Sto stringendo di nuovo il cuscino tra le braccia, quando il cellulare si illumina.
 

Mrs. McCall :

... Stavi aspettando un messaggio di Michael, vero? EVAPORO ALL'ISTANTE, DIMENTICATI DI ME.

 
Decido di non risponderle più, sotterrando il telefono sotto la massa infinita di peluche accanto a me, prima di allungarmi verso la fine del letto come una foca per recuperare i libri a terra. Allungo le braccia verso la moquette, restando spiaggiata sul letto, prima di sporgermi leggermente in avanti: risultato? La spinta è troppo forte, così le mie mani toccano il terreno troppo velocemente, le gambe si sollevano e, dopo una verticale durata appena cinque secondi, mi ritrovo a fare una capriola in avanti. Atterro di sedere per terra con un tonfo, soffocando un mezzo urlo di dolore; la porta, nel frattempo, si è spalancata all'improvviso.
«Sky, che è suc-» inizia Calum preoccupato, prima di squadrarmi dall'alto. Non finisce la frase che ha già alzato le spalle ed è tornato per la sua strada.
Ma che cazzo?
 
 



 
                                                                                                                 ******
 




Sistemo un lembo dell'asciugamano all'interno del borsone, cercando di chiudere questa maledetta cerniera, prima di stringermi l'elastico per capelli: mi sembra di aver preso tutto e, se mi do' una mossa, credo di riuscire ad arrivare in palestra per l'orario prestabilito. Lancio una veloce occhiata alla stanza, assicurandomi di non aver dimenticato nulla, prima di scendere al piano di sotto.
«Tesoro, stai uscendo?» mi chiede papà, sbucando dalla cucina con una tazza fumante dal forte profumo di limone.
Alzo la cerniera della felpa più che posso, cercando di mettermi il cappuccio nonostante la coda, prima di rispondere: «Sì, le lezioni di danza sono ricominciate».
Annuisce, prendendo un sorso di the, prima di continuare: «Ti serve un passaggio? Ti direi di fartelo dare da tuo fratello ma, sai, sono passato davanti alla sua porta e l'ho visto leggere qualcosa».
Guardo in faccia mio padre, accompagnando la sua espressione complice con la mia shockata all'inverosimile: mio fratello, il fannullone che  l'anno scorso ha tenuto imballato il libro di filosofia fino all'ultima settimana di scuola, sta studiando? Se non avessi paura di arrivare tardi, a quest'ora sarei già appostata fuori la sua stanza - stile paparazzo - a scattargli una foto di nascosto ma, visto che non si può ottenere tutto dalla vita, mi limito ad afferrare le chiavi di casa sul mobiletto accanto all'entrata.
«Tranquillo, l'autobus passa tra poco e l'abbonamento non mi è ancora scaduto» rispondo, aprendo la porta di casa. «E non illudiamoci: Calum starà solo leggendo Playboy o qualche altra rivista porno».
Esco prima di vedere l'espressione di mio padre e, infilando le mani nelle tasche della felpa, mi avvio verso la fermata dell'autobus. Camminare sotto la pioggia mi ha sempre rilassato moltissimo e, nonostante i miei amici mi abbiano persino dato della pazza in più di un'occasione, sono più che felice di dover fare un pezzetto di strada a piedi. Al mio arrivo in palestra i capelli saranno gonfi peggio della criniera di Simba, per via dell'umidità, ma non mi importa: l'ultima cosa che avrei dovuto fare sarebbe stata morire d'ansia dentro, con qualcuno accanto a me.
L'istinto di prendere il cellulare e controllare la casella dei messaggi è tanto forte da farmi formicolare le dita, motivo per cui accelero il passo e fisso le mattonelle sotto i miei piedi: sono ridicola, devo smetterla. Sento il cappuccio sempre più umido, alcune ciocche di capelli sono completamente fradice, ma non mi fermo; la fermata non è molto lontana. Appena arrivata, mi sistemo sotto il piccolo spazio coperto al lato del palo con gli orari e la mappa per le fermate, decisa ad aspettare pazientemente: forse, concentrandomi su altro, riuscirò a placare la forza con cui sto premendo le unghie sullo schermo del telefonino nella tasca.
Chi diavolo è quella ragazza?
Chissà cosa faremo oggi a lezione: forse Taffy ci racconterà del suo viaggio per la maggior parte del tempo.
Perché erano così vicini?
Non ho neppure finito di studiare storia: devo ricordarmi di controllare gli appunti, così mi sarà più facile.
Possibile che sia la sua ragazza e lui non me lo abbia detto?
Se dopo aver finito i compiti mi dovesse rimanere del tempo, credo proprio che inizierò a guardare una nuova serie TV.
Oggi non è venuto in teatro: sarà stato di sicuro con lei.
Magari, al ritorno, potrei chiedere a mio fratello di venirmi a prendere. Ed è in questo preciso istante che una macchina mi sfreccia davanti ad una velocità impressionante, prendendo in piena una grossa pozzanghera a pochi centimetri dalle mie Converse: l'onda che si è appena creata riesce a prendermi fino al bacino, mentre spalanco la bocca d'istinto e sollevo le braccia a mezz'aria. Sento i jeans appiccicati alla pelle, mi sale un brivido lungo la spina dorsale e il cappuccio mi scivola lentamente all'indietro: sto seriamente cercando di contenermi o sento di poter urlare parolacce ed insulti al vento per la rabbia.* Guardo in basso, rendendomi effettivamente conto di quanto io sia ancora più bagnata rispetto a prima: non riesco a trovare un solo centimetro di stoffa asciutto. Non so esattamente come abbia fatto a riconoscere il modello della macchina incriminata ma ora sono più che certa di esser stata ‘aggredita’ una maledetta Mini Cooper guidata da qualche imbecille. In altre circostanze mi toglierei le scarpe per far uscire tutta l'acqua all'interno ma, ora che è finalmente arrivato il mio autobus, posso solo cercare di ignorare le calze completamente fradice e salire. Prendo posto senza guardare in faccia nessuno, stringendomi la coda, prima di mandare davvero al diavolo tutto e guardare al di fuori del finestrino pieno di goccioline, attirate dalla forza di gravità.
 


 
 
                                                                                                                  ******
 


 
Spalanco la porta, attirando l'attenzione di tutte le ragazze all'interno della stanza, prima di ignorarle e farfugliare: «Taffy, scusa davvero:  l'autobus ha fatto ritardo, qualche imbecille mi ha fatto la doccia per una pozzanghera, la cerniera della felpa si era bloccata e- ».
«Skyler!» strilla la mia insegnante, correndo a stringermi in un abbraccio. Ricambio subito, tirando un sospiro di sollievo, prima di essere accolta anche da tutte le altre mie compagne di corso. La poca differenza d'età tra Taffy e le sue allieve è sempre stato un punto a nostro favore: ci giustifica quasi sempre per tutto, ci difende ed è seriamente raro che alzi la voce contro qualcuna di noi. Sto parlando di una ragazza venticinquenne dai capelli rossi naturali e gli occhi chiari, molto seria nel suo lavoro ma che non perde mai occasione per divertirsi; sono ancora convinta che, al momento di dover scegliere se iscriverci o no, la sua vitalità e la sua voglia di fare avessero seriamente influito sulla decisione mia e di Kayla. Quando poi ci annunciò la sua vincita alla lotteria, la sua felicità non ebbe eguali. Ricordo che bilanciammo quell'ultima lezione in modo che potessimo sia ballare che consigliarle i posti più belli da dover visitare a tutti i costi: molte delle mie compagne, provenienti da altre scuole, erano già state in Europa e non fecero altro che accavallarsi le une sulle altre per riuscire a dare il proprio consiglio a Taffy. Quest'ultima prese appunti tutto il tempo, promettendo che avrebbe inviato tutte le foto sul nostro gruppo di Facebook. Ne ho viste alcune - la torre di Pisa in Italia, il Big Ben a Londra e qualcun'altra - ma ammetto di essermi completamente dimenticata dell'argomento, a causa di tutto quello che è successo nel mentre.
Perdiamo buona parte della lezione con i racconti lunghi e dettagliati della nostra insegnante, ponendole domande un po' generali, prima di riprendere da dove avevamo lasciato prima che partisse: mi ci vuole un po' a riabituarmi, ma, dopo non molto, le gambe e le braccia sembrano prendere vita propria. Sento il cuore battere a tempo con il remix di Just Dance proveniente dalle enormi casse nere poco lontano dalla nostra postazione e, nella frazione di un attimo, il cervello sembra svuotarsi completamente: mi lascio trasportare completamente dalle note e dai passi, ignorando tutto quello che mi circonda, mentre le orecchie amplificano ancora di più il timbro deciso della musica che aleggia nella stanza. I passi della coreografia mi ritornano alla mente meccanicamente, facendomi sentire quasi sollevata da terra, mentre continuo a ballare. E smetto di pensare a tutto: alla ragazza misteriosa dai capelli rosa, a Michael, a Sarah, ad Ashton. Almeno finché finisce la canzone ed io riapro gli occhi, col fiatone e il sudore che mi cola lungo la fronte e le tempie.
La prima percezione che provo è la voglia di continuare a ballare, dovuta alle numerose scariche elettriche che mi stanno trapassando i muscoli delle gambe in questo preciso istante e che per poco non mi portano a premere ‘Replay’ sullo stereo e ricominciare. La seconda sensazione è quella della ‘solitudine’, dovuta alla mancanza delle altre ragazze al mio fianco, fatto di cui mi accorgo solo ora che ho rimesso aria nei polmoni. La terza, non appena lo sguardo viene attirato dal gruppo davanti a me - composto dalle mie compagne e Taffy - con gli occhi fuori dalle orbite nella mia direzione, è imbarazzo: perché stavo ballando solo io? Le altre sono tutte rimaste a guardare? Eppure mi è sembrato che avessimo iniziato insieme.
Sento le guance andare a fuoco, mentre punto gli occhi sul pavimento, ma tutto sembra fermarsi nell'esatto momento in cui sento delle mani battere lentamente, seguite, successivamente, da tante altre: stanno tutte applaudendo per me. Questa volta sono io quella che guarda il gruppo con gli occhi sgranati, non ancora consapevole del motivo per cui stiano ancora battendo le mani, sempre più forte. Lo scrosciare di questa standing ovation mi fa ridacchiare istintivamente, ma, giusto per evitare una sicura figuraccia futura, oso chiedere: «Perché mi avete fatta ballare da sola? E, soprattutto, a cosa è dovuta tutta questa orazione?».
«Io avevo chiesto solo metà della coreografia, Skyler» mi risponde Taffy, alzando un angolo della bocca e un sopracciglio.
È seria? Possibile che non mi sia nemmeno accorta di aver ballato per l'intera durata del remix? Per un solo momento, il pensiero che possa essersi arrabbiata mi sfiora il cervello, e vorrei tanto chiederle scusa. Poi, nella mia mente sembra essere iniziata la fase dell'autocommiserazione: Come ho potuto essere così idiota? Perché devo sempre strafare? Taffy se la prenderà tantissimo e mi caccerà, ormai ne sono sicura. Mi prenderei a schiaffi da sola, per far smettere alle rotelle che ho in testa di girare, se non fossi circondata da così tante persone. Non oso nemmeno immaginare la tonalità di rosso che le mie guance hanno assunto ma, circondata da improvvisi cori di adorazione nei miei confronti, credo che, per questa volta, sorvolerò l'argomento.
 
 



 
                                                                                                                     ******
 



 
Nell'esatto momento in cui esco dalla macchina di mio padre e resto sul marciapiede davanti casa, capisco che riprendere a studiare sarà la fatica più grande della mia vita: mi sembra di sentire dei lamenti fuoriuscire dalle gambe, ho freddo per via del sudore che mi si è asciugato addosso, sento di non avere la forza nemmeno per cambiarmi con il pigiama. L'unica visione che riesco ad immaginare rappresenta me - con la tuta che ho ancora addosso, la coda mezza sfatta, puzzolente  e a piedi nudi -, spiaggiata sul letto a faccia in giù mentre russo peggio di un trattore.
Il rumore della portiera sbattuta e del Tin Tin della macchina ormai chiusa dal piccolo telecomando tra le dita di mio padre, mi fa sussultare: possibile che mi sia addormentata qui, in piedi, per poco più di trenta secondi? Conoscendomi, forse ne sarei capace. Proseguo come un fantasma lungo il vialetto, decisa a voler entrare in casa e non salutare nessuno solo per risparmiare tempo, ma il mio caro papà ha ormai deciso che dovrò aspettare perché: «E quello cos'è?» domanda. Mi giro verso di lui, grugnendo perplessa, prima che mi indichi un piccolo sacchetto di carta marrone per terra, accanto ai miei piedi; mi sembra quasi di sentire un rumore agghiacciante - come un piccolo crack!, unito ad uno strap! - dalle gambe, nell'esatto momento in cui mi piego per prenderlo. Non c'è nessun biglietto, solo la parola ‘Skyler’ scritta in modo disordinato sopra.
Lo sollevo, scuotendolo leggermente fino ad avvertire uno strano rumore all'interno: ma cosa diavolo c'è dentro? Srotolo l'apertura leggermente umida per la pioggia che le è caduta vicino, dando un'occhiata all'interno, e quasi non riesco a crederci.
«Caramelle?» penso ad alta voce, sollevandone una manciata. La mano mi si riempie subito di zucchero, mentre riconosco ogni tipo di caramella presente, e sento il sopracciglio accigliarsi sempre di più. 
Mio padre si avvicina, afferrando un orsetto gommoso alla frutta e mettendoselo in bocca, prima di commentare: «Be', chiunque te le abbia portate fino a qua, sotto la pioggia, sa come conquistare una donna», aprire la porta di casa ed entrare.
Ed è proprio qui che ‘casca l'asino’: chi può mai avermele portate? Riguardo il mio nome scritto sulla carta, non riuscendo a collegare a nessuno questo stampatello maiuscolo così dannatamente comune, e mangio anch'io una caramella, grondante di curiosità: potrebbe avermele comprate mio fratello, anche se non mi sembra molto sensato il fatto che me le abbia lasciate sul portico, oppure Kayla. Ora che ci penso, però, la mia migliore amica è stata a danza fino a poco fa con la sottoscritta. Nella mia mente fa capolino l'idea che Michael, forse per farsi perdonare, si possa essere spinto fino a casa mia pur di farsi perdonare, ma riesco a rendermi conto da sola di quando questo pensiero sia insensato eppure pieno di aspettativa: motivo per cui accantono subito l'ipotesi, nonostante il leggero amaro in bocca che lotta con lo zucchero che sto masticando.
L'unica alternativa che mi rimane è Ashton: non lo sento più da un po', precisamente dalla pallonata in palestra dove ci ho quasi rimesso uno zigomo, e mi sembra tutto leggermente strano... perché avrebbe dovuto portarmi delle caramelle? Per farsi perdonare? Forse, conoscendolo. In effetti, dopo tutto quello che è successo, lui è l'unico a doversi davvero scusare per qualcosa.  
Gli ingranaggi del mio cervello stanno girando di nuovo troppo velocemente e, insieme al mio corpo martoriato dalla fatica e dal dolore, rischio seriamente di crollare sul tappetino davanti all'ingresso: ragion per cui decido di pensarci per bene domani, insieme all'aiuto della mia migliore amica e tanta buona volontà; cosa che, al momento, mi manca del tutto. 







*Episodio realmente accaduto alla sottoscritta.





ANGOLO AUTRICE
Chi non muore si rivede! Sono ancora qui! Chi mi credeva deceduta o altro? 
Oddio, dopo tutte le cose che stanno succedendo nel fandom delle Directioners, mi sto ritrovando davvero a pensare come  io possa essere ancora viva haha
Allora: vi è piaciuto il capitolo? Io non so cosa pensare, sinceramente: è solo un capitolo di passaggio. Ma attenzione! Il dettaglio importante sta proprio nel 'regalo' inaspettato: chi le avrà mandate? Che le scommesse abbiano inizio! 
Ringrazio, like always - see what I did here? *occhiata ammiccante* - tutte voi che leggete sileziosamente, recensite e aggiugete la mia storia!
E che si aprano le porte dell'Inferno per la nostra Skyler & Co.!
Tanto Love. 

*La Ragazza Invisibile*
 

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