Attack on Insect

di Focanna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I. A normal life? ***
Capitolo 3: *** II. La verità nascosta. ***
Capitolo 4: *** III. Like two heroes. ***
Capitolo 5: *** IV. An inusual training. ***
Capitolo 6: *** V. Road to Los Angeles Parte I. ***
Capitolo 7: *** VI. Road to Los Angeles Parte II. ***
Capitolo 8: *** VII. HG-520. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***





9 . 10 . 2002
Donofalù, Gordon Street.

 
Uno dei vicoli più malridotti della città, un paese molto piccolo, con una popolazione di circa 7000 abitanti e famoso soprattutto per i suoi quartieri malfamati.  
Un luogo sconsigliato per viverci dunque, per abbandonare qualcuno. Non si direbbe sia la stessa idea di chi, due anni prima, abbandonò due bambine, le stesse bambine che adesso si ritrovavano da sole a combattere contro le deiezioni che tutti i giorni accadevano in quello stesso vicolo e riservava la vita.



 

Federica e Vittoria erano i loro nomi;
le due si erano ritrovate così, alle rispettive età di sei e quattro anni, tra le strade di Donofalù. Le loro rivali erano state la fame, la sete e soprattutto i malviventi che avevano cercato spesso di abusare e di approfittare dell’ingenuità delle due.
Federica, che era la più grande, aveva sempre cercato di difendere la sorella, seppur con i propri mezzi. Dopotutto che potevano fare due semplici ragazzine abbandonate al loro triste destino contro il mondo intero?  
Tuttavia fino ad oggi erano sempre riuscite a cavarsela in qualche modo, continuando a lottare contro quel mondo che sembrava tanto ostile nei loro confronti, governato da un Dio del quale a un certo punto iniziarono persino a dubitarne dell'esistenza. Poteva un individuo definito “Dio” lasciare due bambine alle ostilità di un mondo che tanto giusto ormai non sembrava? Costringerle a vagare, vestite di soli stracci, elemosinando un pezzo di pane o cercando persino un misero cartone con il quale coprirsi per superare la notte?
Nonostante tutto ciò le due non persero mai la speranza e l’aspettativa di un futuro migliore, un futuro che vedeva le due giovani sorelle finalmente felici di vivere la propria vita.
Ed infatti, un giorno non così troppo lontano alla loro felicità alla fine arrivò.
 
Era un giorno come gli altri per Federica e Vittoria, erano alla ricerca di cibo per pranzare, seppur non sapessero neppure che ore fossero avendo a disposizione solo la luce del sole come punto di riferimento. Rovistavano spesso tra l'immondizia del vicolo che ormai conoscevano come le loro tasche, ma succedeva anche che qualche volta qualcuno portasse loro del cibo, le avevano soprannominate "Le sorelle vagabonde", ma quella volta, dopo essere riuscite ad ottenere finalmente qualcosa da mangiare, la sfortuna sembrò ancora una volta dalla loro parte. Infatti, un gatto, a quanto pare anch’esso affamato, era riuscito a soffiare via dalle mani della sorellina minore quel poco di cibo che avevano rimediato.  
Vittoria, nel tentare di recuperare il suo pranzo notò tuttavia qualcosa di ancora più succulento.
 
“Hey Fede! Vieni a vedere, credo di aver trovato qualcosa!”
 
La più piccola, intenta nel tirar fuori quel che lontanamente sembrava essere del cibo, non si era però accorta dell'ombra che man mano si stava avvicinando verso di loro. Quella presenza si sovrapponeva alle sue spalle, o almeno non finché una mano non si posò proprio su di esse.
Vittoria si voltò quasi tremante verso la persona a cui apparteneva la mano e subito dopo verso la sorella, che avendo visto la scena era immediatamente accorsa in soccorso dell’altra, spintonando così l’uomo con tutte le sue forze.
 
"Chi diavolo sei?!
 
Disse Federica con aria minacciosa.
L'uomo abbassò il cappuccio e mostrando il volto sorrise.
Il suo aspetto lasciava intuire che non arrivasse per poco ai quaranta, aveva una barbetta incolta accompagnata da dei capelli tanto lunghi quanto trasandati ed indossava un camice bianco sotto il leggero mantello.  Inoltre aveva un qualcosa di curioso, forse perché non era di quelle parti?  
Tuttavia non sembrava incutere timore, ma non c'era comunque da fidarsi di un estraneo, l’esperienza le aveva portate a questo e di certo nessuno si sarebbe mai avvicinato a loro con l'intenzione di regalare qualche caramella.
L’uomo avvicinandosi sempre di più passo dopo passo iniziò poi a proferire parola.
 
“Salve, il mio nome è Rowen.
Che ne direste di venire via da questo posto insieme a me?
Da oggi potrei essere vostro padre. Non è una buona offerta la mia?
Guardate, ho persino delle caramelle!”
 
Le due bambine si fissarono dritte negli occhi per qualche breve istante.
Quel tizio voleva approfittarsi come tutti gli altri delle sorelle, o semplicemente aveva perso la ragione?
Dopo di ciò ebbe inizio un’aperta discussione, in cui la prima a proferire parola fu proprio Federica, seguita poi da Vittoria.
 
“Hey tu, chi ti credi di essere per venire qui e pensare che daremo ascolto a un tipo losco come te?! Non abbiamo bisogno di nessuno!
Non ne abbiamo mai avuto..”
 
“Nostro padre..? Avremo davvero un padre..? Una casa..?”
 
Dopotutto che altro avevano da perdere?
Federica, dopo un altro scambio di battute sembrò farsi convinta, sarebbe stata la buona volta di farla finita, qualunque fosse il significato di ciò.  
Rowen, che così aveva detto di chiamarsi, prese le due sotto braccio spingendole a seguirlo.
Egli era comunque uno di quegli uomini che facevano fatica a stare in silenzio per più di qualche secondo, ed infatti, poco dopo riprese subito a parlare.
 
"Allora? Come vi chiamate?"
 
Vittoria non sentiva una domanda simile da tanto, troppo tempo e non esitò a rispondere con entusiasmo.
 
"Vittoria!"
 
Federica invece un po' meno.
 
"Ha importanza?
..Bhè, mi chiamo Federica.”
 
Una volta giunti nel grande laboratorio dello scienziato Rowen, ciò che si era presentato ora davanti agli occhi di Federica e Vittoria era un’immensa stanza, piena di macchine destinate a vari scopi, grandi lampadari dotati di una luce accecante, tavoli e altre attrezzature varie. Inoltre era provvista di tutto il necessario per viverci. Si poteva ben notare che quella fosse la “casa” di uno scienziato. Del resto questi ultimi amavano vivere nel luogo dove lavoravano, gelosi delle loro creazioni e in un certo senso protettivi nei loro riguardi.  
Le due orfanelle, che ormai avevano trovato un posto dove stare, non facevano altro che guardarsi intorno, incuriosite da tutto ciò. In vari momenti furono tentate nel mettere le mani su di qualcosa, ma intimorite dalla possibile reazione che avrebbe avuto l’uomo su di loro decisero di trattenersi.  
Il prolungarsi di quell’imbarazzante silenzio ebbe poi fine e Rowen tornò a parlare.
 
“Per quanto ancora avete intenzione di tenervi quegli stracci addosso? Vi ho fatto prendere degli abiti nuovi dalla mia assistente, provateli.”
 
“Assistente?”
 
Controbattè Vittoria incuriosita.
Da uno degli angoli più bui di quella stanza uscì poi una donna dall’aspetto composto e delicato. Si presentava quest’ultima come una ragazza abbastanza giovane, anch’essa munita di un camice bianco sbottonato e con sotto una gonnella abbastanza corta. Il viso era piuttosto magrolino, le spalle erano appena sfiorate dalle punte dei suoi capelli castani, le labbra erano fini e gli occhi di un castano scuro.  Si poteva ben intuire che fosse lei l’assistente nominata poco prima. La donna infatti si era presentata con in mano due abiti, pronta a porgerli alle due bambine.

“Prego, questi sono i vostri vestiti.
Potete darvi una sistemata lì.
Il mio nome è Ludovica, sono l’assistente del Signor Rowen, sentitevi libere di chiedere di me in qualunque momento.”
 
Una volta ricevuti dei vestiti nuovi, le sorelle furono invitate dunque ad andare a provarli in una piccola stanza che aveva l'aria di essere un bagno, non che importasse di che genere fossero, l’importante per loro era levarsi una volta per tutte quegli stracci umidi e ormai ridotti a brandelli.
Qualche minuto dopo erano fuori di lì, con un aspetto decisamente migliore, gli abiti offerti dall'assistente non erano della misura giusta, soprattutto per la più piccola che sembrava nuotarvici dentro. A dirla tutta non sembravano neanche dei normali vestiti, infatti Federica adesso indossava una fascia bianca che copriva solamente il petto, dei pantaloni larghi color cachi sostenuti da diverse cinture con spazi appositi per contenere diversi oggetti e degli stivali in pelle nera, Vittoria invece indossava una canotta bianca, una camicia a scacchi rossa, un paio di jeans neri sorretti anch'essi da altre cinture, stavolta diverse da quelle della sorella, infatti gli spazi sembravano fatti per contenere proiettili e armi, alle mani teneva un paio di anfibi color porpora, di un numero troppo grande per lei, come il resto degli indumenti del resto.
Di certo questo non aveva lasciato Federica in silenzio, infatti aveva iniziato a porsi delle domande.
 
“Che diavolo di roba è?! Vuoi fare di noi degli spettacoli da baraccone?” Non ricevette comunque risposta. “Mi stai ascoltando?!”
 
L'uomo alzò gli occhi dal suo lavoro e si avvicinò alle due.
 
“D'accordo, è giusto che sia sincero con voi, non vi ho prese con me per un semplice sfizio o per un opera di bene, bensì perché c'è qualcosa che un giorno, presto o tardi dovrete fare, qualcosa che inseguo ormai da anni invano. Siete le uniche in grado di farlo, perciò vi chiedo di accogliere la mia, seppur strana e se così si può definire, stupida richiesta.”


 
Da quel giorno la vita delle due cambiò: Rowen, il fantomatico scienziato le allenò affinché potessero compiere ciò che da sempre aveva atteso.  
Di cosa si sarebbe trattato, e cosa aveva in serbo per le due bambine, quello che, a volte ingiusto, è il destino?


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Salve popolo!

Storia scritta a quattro mani da Federica e Vittoria in onore di un GDR di cui facciamo parte appunto.
L'idea nasce durante una giornata estiva (mezzo secolo fa (?)) in cui Vittoria racconta di come è riuscita ad eliminare un insetto tramite uno spray al ghiaccio, da lì, la mente contorta di Fede, che spesso interpreta un mago del ghiaccio, pensa ad una super eroina che sconfigge gli insetti con l'uso di semplici bombolette spray, Così, le due, anche se con intenti scherzosi, iniziano a pensare alla nascita di una ff che vede come protagonisti i membri del loro GDR.

Si spera dunque che tale storia riesca ad appassionarvi e incuriosirvi.
Lasciate una recensione critica e non per farci sapere cosa ne pensate, sarebbe utile e sarebbe doloroso per voi non farlo :^).
Minacce random a parte, alla prossima!

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Capitolo 2
*** I. A normal life? ***





Sono passati diversi anni ormai da quando le due orfanelle sono state adottate dallo scienziato Rowen e la sua assistente Ludovica. Le piccole, ormai non più tanto piccole, sono cresciute, frequentano la scuola, hanno dei nuovi amici e infine...



Vittoria, vuoi fare tardi già dal primo giorno?!”

La voce di Federica rieccheggiò nell'aria quella mattina, infatti stava fin da subito rimproverando sua sorella per il ritardo che le stava facendo fare al suo primo giorno dal rientro delle vacanze estive.

"Saremmo già arrivate se Rowen non avesse perso tutto quel tempo in bagno!"


Ribattè Vittoria svogliatamente seguendo di malavoglia la sorella.
Le due orfanelle erano davvero cresciute, del resto erano passati anni e il loro cambiamento fisico era ben evidente agli occhi di tutti. Federica si era fatta una ragazza alta circa 1,69 metri, snella e con dei lunghi capelli castano chiaro che le arrivavano oltre metà schiena.
Mentre la sorella minore, poco più bassa della maggiore, aveva dei capelli leggermente più corti e di un castano più scuro, del resto le due erano sorelle ed era normale che fossero simili tra di loro. Entrambe indossavano la divisa scolastica estiva della loro scuola, che prevedeva giacca e cravatta con la gonna per le ragazze e ovviamente i pantaloni per gli uomini.
Arrivarono a scuola proprio sul suonare della campanella di inizio lezioni, ma ad aspettarle sull’ingresso principale vi era Morgan, un coetaneo di Vittoria nonché suo compagno di classe. Un ragazzo dagli occhi castano scuro, così come i capelli, molto slanciato e all’apparenza atletico, ma con un aspetto molto misterioso.

“Buongiorno ragazze!”


Fu Vittoria la prima a rispondere, non lasciando trasparire il suo ben evidente sonno, seguita poi dalla sorella.

"'Giorno Mor..."

"Hey Morgan!"


La risposta del ragazzo non tardò ad arrivare, seguita immediatamente dalle frecciatine di Federica.

"Sei ancora nel mondo dei sogni? È meglio che andiamo in classe o sarà la Prof a svegliarti oggi!"

"Coraggio, va pure in classe con il tuo fidanzatino!”

Inutile dire che Vittoria non restò indifferente alle parole della sorella, infatti, infuriata, si diresse in fretta e furia verso la propria classe trascinando con se anche il povero malcapitato.
A quel punto Federica rimase sola, ma quel breve attimo di tranquillità apparente non durò così a lungo, difatti un urlo si estese per tutto l'edificio fino a raggiungere le sue orecchie.
La ragazza, riconoscendo la voce si sentì quasi rabbrividire e voltandosi le sue ipotesi vennero finalmente confermate. Un’altra ragazza le stava correndo incontro, quasi ad assalirla, che cosa poteva volere proprio da lei? E soprattutto, chi era?
Nonostante il rapido scatto, non fu difficile per Federica scansarsi ed evitare dunque la suddetta persona, ma questo provocò una non lieve caduta a terra da parte di quest’ultima. A seguire fu un profondo sospiro da parte della castana.

"Sono contenta anch’io di vederti Robby. Andiamo in classe o vuoi restare a terra a lucidare il pavimento?"

La persona che si trovava a terra con una faccia quasi maniacale si chiamava Roberta ed era un'amica e compagna di classe di Federica. Nonostante questa sua reazione assurda, ella era una ragazza molto buffa e carina, con dei capelli medio lunghi color biondo miele, occhi verdi e un seno che insomma dava abbastanza nell’occhio, ma soprattutto dolce e di buon cuore. Robby, che era il soprannome con il quale si faceva chiamare da tutti ormai, aveva una vera ossessione nei confronti di Federica, al punto che spesso e volentieri tentava di saltarle addosso, anche se la maggior parte delle volte andava a finire proprio come quanto successo poco prima..

“Si Fedeeee!!”


Disse la tenera ragazza.
Cinque ore dopo l'attenzione era tornata nuovamente su Morgan e Vittoria, che si trovavano ancora in classe a dialogare su come fossero andate le rispettive vacanze estive. Vittoria, detta più comunemente Canna ormai da tutti quanti, compresa sua sorella maggiore, era incerta sulla risposta da dare all’amico. Le sue vacanze estive non si potevano definire proprio delle vere vacanze, ma erano piuttosto dei duri giorni di allenamento a cui Rowen aveva sottoposto lei e la sorella. Dunque come poteva raccontare qualcosa del genere al ragazzo? Avrebbe sicuramente destato qualche sospetto e soprattutto non poche curiosità alle quali sarebbero seguite inevitabilmente delle domande, e se c'era qualcosa che dava abbastanza fastidio alla ragazza erano di certo quest'ultime. Ragion per cui, rigettò la domanda su Morgan, chiedendogli per l’appunto che cosa invece lui avesse fatto. Tuttavia anche lui fu piuttosto evasivo, rispondendo semplicemente e accennando ad un viaggio fatto all'estero non entrando nello specifico. Questo provocò diversi sospetti nella ragazza dato che il compagno, ogni qualvolta gli venisse posta una domanda riguardante la sua vita al di fuori dell'ambito scolastico, cercava in qualsiasi modo di rigirare il tutto in modo da non dover dire molto. Così tra i due nasceva sempre uno strano dialogo, rigirarsi le frittate a vicenda, era questa la loro comunicazione quando si parlava di fatti privati. Poi, per un motivo o per un altro era facile cambiare discorso, proprio come adesso: Vittoria si ricordò di colpo di aver promesso alla sorella che si sarebbero viste all'ultimo cambio dell'ora. Seguita dall'amico quindi si recò nel corridoio, dove ad attenderla di fronte alla propria classe c'erano Federica e Robby.


"Ce ne avete messo di tempo!"

“Scusami, ci siamo persi in chiacchere!”

Immediatamente dopo, si sentì nuovamente una voce gridare qualcosa lungo il corridoio; che fosse un altro pazzo era ben evidente, ma di chi si trattava stavolta? Fede iniziò a credere che qualche divinità le stesse tendendo qualche scherzo ridicolo.
Le due sorelle non avevano neanche fatto in tempo a voltarsi che si sentirono sovrastare da un peso non indifferente alle spalle.

"OHOH!

Vedo che siete cresciute ulteriormente mie fragoline!"

Era ben evidente che stavolta si trattasse di un ragazzo ed il suo nome era Nino. Anch'egli aveva occhi e capelli castani, si trattava di un ragazzo estremamente vivace, che adorava fare nuove amicizie. Tuttavia, nonostante queste buone qualità, un particolare lo contraddistingueva da tutti i comuni ragazzi della sua età: era un dannato pervertito. Amava ogni sorta di ragazza e non riusciva a non provarci con loro. Federica e Vittoria non erano certo l’eccezione che conferma la regola.
Le due infatti, evidentemente infastidite dal gesto “affettuoso” di quest’ultimo, non tardarono ad inveire all'unisono contro Nino.


"COME CAZZO TI PERMETTI?!" Era stata Fede a parlare, ma anche Canna non si risparmiò: "Toglimi quelle mani di dosso o ti giuro che il mio pugno sarà l'ultima cosa che vedrai."

Ma la reazione più violenta fu quella di Roberta, che non appena notò ciò che il ragazzo aveva appena fatto alla sua amata Fede fece nascere una violenta rissa e la vittima in questione fu solamente il povero ragazzo, ci avrebbe pensato due volte la prossima volta. Una situazione piuttosto imbarazzante vista dall'esterno, soprattutto per Morgan che, con una risatina piuttosto tirata, si congedò senza tante spiegazioni salutando di sfuggita Vittoria. Quest’ultima, notando il suo distacco improvviso, lo richiamò cercando di invitarlo a rimanere in loro compagnia, ma a trattenere lei fu proprio la sorella, che la costrinse, afferrandola per un lembo della manica, a seguirla in biblioteca dove avrebbe dovuto recuperare il libro di scienze che aveva dimenticato durante un’ora di ripasso.

“Vittoria vieni con me, ho dimenticato un libro in biblioteca.
Hey Robby, ci sentiamo più tardi, cià!”

“Certamente!”

La bionda rispose cordialmente alla cara amica, che la guardò sorpresa nel vederle tra le mani una grande padella ed una mazza da baseball, nel mentre cercava di finire il lavoro che aveva iniziato poco prima con Nino. Il ragazzo infatti si trovava a terra disteso dolorante e quasi privo di sensi. Che cosa ne sarebbe stato di lui?
Nel frattempo Federica e Vittoria si erano dirette in biblioteca, una stanza ne troppo grande e ne troppo piccola nonostante l'istituto poco rinomato che frequentavano. Al suo interno vi erano molti libri come ben si può immaginare, di ogni genere, dal più classico al più impegnativo e tutti ricoperti di polvere per quel poco che venivano utilizzati. Il resto dell'ambiente era occupato da diversi tavoli e sedie, qualche finestra e un paio di estintori in caso d’incendio.
Ci vollero non pochi minuti per trovare quel libro, e ad ogni secondo passato la minore non faceva altro che chiedersi se a qualcuno ogni tanto non veniva l'idea di dare una pulita in giro, insomma, c'erano ragnatele e ammassi di polvere ovunque, non si sarebbe sorpresa se un ragno gigante fosse sbucato da chissà dove rivendicando il luogo come proprio.

"Bene, l'ho trovato!
Le bidelle devono averlo scambiato per uno dei tanti libri e rimesso dentro insieme agli altri. Sono davvero delle idiote vero?”
Disse ancora una volta senza avere nessuna risposta.
"HEY, TI SEI ADDORMENTATA O COSA!?"


"Fede? Credi alla scaramanzia? Credo di aver offeso qualche divinità degli insetti..."

La ragazza interpellata rimase perplessa alla domanda, la sorella stava iniziando a dare di matto?

"Ma che stai... COSA CAZZO?! HO LE ALLUCINAZIONI O..."

"Non credo, abbiamo degli ospiti indesiderati."

Che cosa poteva aver sconvolto le due ragazze fino a quel punto?
Formiche, ragni, vespe, cimici, insetti ovunque e di ogni genere; dinnanzi alle sorelle si innalzò una sorta di sciame di artropodi provenire da sotto la porta dell'uscita d'emergenza verso la loro direzione, altri insetti stavano entrando dalla finestra, ma com'era possibile? Da dove diamine potevano provenire tante creature tutte in una volta?
Le due, incredule ma soprattutto disgustate, cercarono dapprima di bloccare le entrate e di calpestare quante più bestiacce possibili, difatti pensarono bene di chiudere tutte le finestre affinché le uniche entrate fossero le fessure della porta.
Una volta tornata l'una al fianco dell'altra, ripresero a schiacciarne quanti più potevano, ma di certo non era facile evitare morsi di zanzare o vespe, quest'ultime per loro fortuna erano in numero maggiormente ridotto rispetto alle altre.

"Cristo! Queste scarpe le ho comprate una settimana fa!" Si lamentò Vittoria.

"Sta zitta! Magari se indossassi la divisa scolastica come gli altri ragazzi non accadrebbero queste cose!"

"Siccome accadono cose simili tutti i giorni! Comunque... Credo di avere un'idea..."

"Il solo fatto che hai pensato a qualcosa mi spaventa.. ma sempre meglio che essere divorate vive da degli esseri immondi come questi!"

Vittoria si spostò poi di scatto in uno degli angoli della stanza per poi mettersi a urlare.
 

●  ●  ●      


"AHAHAH! CONGELATE COME JACK CON IL TITANIC BRUTTE MERDE!"

 

"VITTORIA, SEMBRI UN'INDEMONIATA."
 

●  ●  ●


La più giovane delle sorelle aveva avuto la brillante, se così di può definire, idea di afferrare uno degli estintori nell'aula per eliminare una volta per tutte gli insetti che le stavano attaccando, andando poi a prenderne uno anche per la sorella.
Le orfanelle si erano messe quindi a spruzzare schiuma ovunque per la stanza, arrivando a non vederci quasi più da quanta di quella sostanza c'era in giro. In più stavano sul serio iniziando a delirare, iniziando da Federica che se la stava prendendo anche con la scuola.

 

"Ed io che volevo solo recuperare il mio fottuto libro di scienze! Che scuola di merda è se ci devono piombare addosso anche gli insetti?!"

"Diavolo, continuano ad arrivare!"

"Non ti preoccupare, fino a che avremo i nostri estint-
Ah..."

La più grande non fece in tempo a terminare la frase che dal suo estintore non iniziò ad uscire più niente, se non un paio di CLICK e CLACK. Pochi secondi dopo accadde lo stesso anche a Vittoria.
Ora le opzioni erano due: Afferrare un altro paio di quegli aggeggi o scappare? O perché non fare entrambe le cose?
Le due si diressero quindi verso il corridoio, prendendo nella corsa altri due estintori essendo quelli nella biblioteca terminati, raggiunsero dunque le uscite d'emergenza più vicine sotto gli occhi dapprima curiosi, poi terrorizzati di metà istituto, per loro fortuna non incrociarono i loro conoscenti, ed in pochi minuti si ritrovarono fuori dal cancello con uno sciame di insetti alle loro calcagna. Ogni tanto una delle due si voltava per seminare un po’ di schiuma verso gli inseguitori, e ne approfittava anche per vedere la distanza raggiunta tra di loro, così, dopo diversi isolati, si ritrovarono davanti alla loro casa con ancora qualche vespa e cimice all’inseguimento.
Fu una corsa da olimpiadi la loro, un paio di metri ancora e avrebbero raggiunto la salvezza più assoluta, e difatti non se lo fecero ripetere due volte, chiavi alle mani si fiondarono all'interno dell'edificio per poi sbattere la porta con più enfasi possibile. Avevano lasciato i loro zaini a scuola e al loro posto avevano due estintori, ma che importava? Erano salve.
Le due sorelle rimasero quasi incollate alla porta con il fiatone e lo sguardo paralizzato nel vuoto, per poi calare lentamente a terra.

“E’ successo davvero..?”
Disse Vittoria rivolgendosi alla maggiore praticamente incredula.

“Che cosa? Che degli insetti posseduti ci abbiano quasi divorate o che siamo ancora vive? Perché io non ci sto capendo davvero più niente.”

Le ragazze erano tornate a casa da pochi attimi, ma ad accoglierle era già arrivato Rowen, attirato dal tremendo frastuono provocato dalle due.

“Si può sapere che vi è successo? Sembrate due sacchi della spazzatura, avete fatto di nuovo a botte con qualcuno o siete semplicemente tornate alle vecchie usanze?”

Vittoria non riuscì a trattenersi nel vedere il proprio padre adottivo, al punto che cercò di raccontargli per intero la sua versione dei fatti, o almeno a parole sue...

“Eravamo a scuola ed erano giganti! Poi ci hanno attaccate e allora noi abbiamo spruzzato il coso e loro puff!!”


“Un vero discorso da premio nobel.
Lascia parlare me, idiota.”


A fermare il presunto racconto di Vittoria fu proprio la sorella, la quale stava man mano recuperando il senso della ragione, incominciando dunque a spiegare la situazione come si deve. Dopotutto ormai erano con Rowen, che altro poteva succedere di così sconvolgente?

“Siamo state sorprese da uno sciame di insetti, proprio nella stanza della biblioteca, ma la cosa più strana, è che sembrava quasi che avessero aspettato il momento in cui eravamo sole per attaccare.”

Questa volta, ad intervenire fu Ludovica, l’assistente di Rowen, la quale entrò in scena come suo solito da quasi nel nulla, per poi affiancarsi allo Scienziato e poggiare una mano sopra la sua spalla.

“Dottore... deve dirglielo, è arrivato il momento..”

Lo sguardo della donna rivolto verso il proprio superiore sembrava piuttosto serio, quasi triste e amareggiato per quella situazione, ma adesso toccava proprio a Rowen chiarire le parole della sua assistente, a che cosa si riferiva?

“Hai ragione. E’ arrivato il momento che vi racconti la verità.
Sedetevi, sarà una storia lunga...”

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Capitolo 3
*** II. La verità nascosta. ***





È arrivato il momento che vi racconti la verità.”

Bè, di certo una verità doveva esserci sicuramente, le due infatti quel giorno erano state attaccate da uno sciame di insetti, e gli insetti in genere non si preoccupano di sterminare la popolazione a gruppi di sei, fatto sta che erano riuscite a tornare a casa ed a scampare quasi da morte certa non sapendo neppure come. Una volta lì si erano ritrovate Rowen e Ludovica allarmati, ma nel loro sguardo si poteva scorgere che qualcosa non andava e che stavano nascondendo loro qualcosa. Di che cosa poteva trattarsi? Era insolito vedere nei due uno sguardo così serio e colmo di rimorso, quasi come se in tutti questi anni avessero tenuto le due in una campana di vetro tenendole all'oscuro di un segreto che non sarebbe dovuto arrivare mai alle loro orecchie.

“Sedetevi, vi devo parlare.”

Ripetè ancora una volta Rowen. Egli voleva levarsi questo peso di dosso una volta per tutte e sembrava essere arrivato finalmente il momento. Dopo aver preso un bicchiere d'acqua si mise a sedere anche lui iniziando a far roteare il contenuto all'interno del contenitore in vetro per poi rivolgergli uno sguardo più che accigliato. Ludovica, che si trovava a pochi passi dal suo superiore, si avvicinò, per poi tirare fuori una dalle sedie dal tavolo e sedersi anche lei proprio accanto all'uomo. Il suo era sopratutto un modo per incoraggiare Rowen ad andare avanti nel suo discorso.

"Coraggio, ci sono io con te."

Disse la donna afferrando con fermezza il polso dello scienziato, in modo da riuscire a fermare il liquido contenuto nel bicchiere. Dopo il gesto da parte della sua assistente Rowen non potè che tranquillizzarsi, tirando dunque un sospiro di sollievo.

“Hey, da quando siete così seri? Mettete quasi paura!”

"Credo che per vedere certe cose di solito la gente paghi al cinema... Cosa dovete dirci?"

A parlare stavolta erano state prima Federica seguita immediatamente dopo dalla sorella. Il lungo andare di quel momento aveva creato un grande disagio nell’aria, al punto che le due ragazze, non ricevendo alcuna risposta rimasero infine in silenzio, ad aspettare che i loro presunti genitori prendessero una decisione. Alla fine Rowen si decise a parlare e con uno sguardo rivolto quasi verso il vuoto iniziò quella che sembrava essere una lunga storia.

“Tutto iniziò parecchi anni fa, quando ancora studiavo all’università, ebbene lì conobbi un ragazzo che come me era molto portato per la scienza. Eravamo acerrimi rivali, se così si può dire, anche se entrambi provavamo una profonda stima l'uno nei confronti dell'altro, riuscivamo sempre a stupirci a vicenda. Purtroppo questo rapporto non durò per sempre, difatti arrivati all'esame finale, quello che ci avrebbe permesso di ottenere una laurea e un futuro garantito nel laboratorio nazionale della genetica universale dell'essere vivente, successe qualcosa che Luca, colui di cui vi sto parlando, non riuscì mai a perdonarmi. Quel giorno Luca passò l'esame senza alcuna difficoltà e con il massimo dei punteggi, come previsto, io invece lo superai con un punteggio pari alla media. Vi starete chiedendo allora perché tanta ostilità nei miei confronti immagino: essendo stato sempre una persona molto pigra, non ho mai provato un particolare interesse per il laboratorio nazionale o la laurea, un pezzo di carta non mi avrebbe certo aiutato ad acquisire le nozioni necessarie, tutto ciò che desideravo era apprendere! Esperimentare e mettere a confronto le mie idee! Tuttavia Luca pensò a quel gesto come un segno di pietà nei suoi confronti, come ad umiliarlo, credeva che avessi preso quel punteggio per fargli credere di essere il migliore, ciò che invece voleva era solo un confronto con me, colui che non era mai riuscito a superare. Da quel momento giurò che me l'avrebbe fatta pagare, che avrebbe mostrato a tutti chi era il migliore, così iniziò a sviluppare meglio le sue conoscenze verso il mondo degli insetti, le creature che da sempre lo avevano affascinato, iniziando ad applicare teorie sulla mutazione genetica e su di una possibile fusione tra umano e insetto. In seguito a ciò gli esperimenti divennero sempre più frequenti e più folli, arrivando ad utilizzare anche cavie umane, tra le quali molte morirono. Tuttavia, seppur pochi, ci furono dei sopravvissuti che tutt'ora sono presenti in quello che lui definisce il suo "esercito". Ognuno di essi è caratterizzato da una diversa abilità, ma non sono ancora a conoscenza dei loro nomi o di altri particolari, posso solo dirvi che si tratta di esseri veramente temibili. Nonostante tutto... se ben ricordo, uno dei suoi più grandi obiettivi era creare l’essere perfetto, una creatura vivente quasi imbattibile. Non so se ancora tutt’oggi ha questo desiderio, ma visto come si stanno svolgendo i fatti è molto probabile. Poco tempo dopo, comunque, scoprii che Luca era a conoscenza del fatto che avevo preso con me due orfane. Non so in che modo ne sia venuto a sapere ma ciò mi ha sempre preoccupato non poco, difatti da allora pensò bene che mi avrebbe ferito maggiormente facendovi del male, così i suoi attacchi iniziarono ad essere rivolti verso di voi. Fino ad adesso vi ho sempre difeso e tenuto all'oscuro da ogni cosa, ma oggi... Potete immaginare. Perciò... Ho bisogno di voi, come una volta vi ho detto, c'è un motivo se vi ho prese con me, eccovelo esposto, dovete riuscire in ciò che io ho fallito, dovete far ragionare Luca... con la forza. Ho già preparato per voi delle uniformi speciali insieme a delle armi molto particolari che saranno in grado di farvi fronteggiare il nemico. Basterà chiedere tutto a Ludovica e vi fornirà il resto delle informazioni necessarie riguardo al vostro equipaggiamento. Confido in voi. Ovviamente non mi aspetto subito una risposta immediata, vi darò del tempo per pensare sul da farsi, spero che non mi odierete per questo.”

Era stato un discorso senza fine il suo e quando l'uomo alzò lo sguardo per cercare di scorgere la minima reazione negli occhi delle figlie, però, rimase come pietrificato. Ovviamente entrambe non avevano preso la cosa nel migliore dei modi, anzi, nell'esatto opposto, questa volta il concetto di “Famiglia” stava per vacillare più del solito. Federica, sentitasi tradita e presa dalla furia del momento, si alzò immediatamente dal proprio posto, e in tanta foga, la sedia si ribaltò andando a finire sul freddo pavimento provocando un tonfo che come non mai sembrò un gran frastuono, subito dopo, ancora la maggiore sbattè con forte violenza il palmo della mano destra sulla superficie del tavolo, quasi come a sfogarsi, proferendo infine parola.

“Ma come hai potuto?! Ci siamo fidate di te... Credevamo fossi diverso! Ci hai prese in giro fin dall’inizio e per tutto questo tempo! Tsk, avrei dovuto immaginarlo quando ci hai chiesto di venire via con te che eri come tutti gli altri... un altro di quegli stronzi che... Diavolo! Io non.. TU NON SEI NOSTRO PADRE!”

Aveva dato sfogo a tutta la sua rabbia, ripetendo una parola dietro l'altra, gettata fuori con il disprezzo di chi si sente tradito dalla persona su cui poteva fare più affidamento. Come darle torto dopotutto? Una rivelazione del genere non avrebbe certo lasciato indifferente nessuno, non dopo tutti questi anni.

“Federica! Io e Rowen vi abbiamo comunque cresciute, un minimo di gratitudine quanto meno!”

A parlare, dando sfogo anche lei ai suoi reali sentimenti, quelli che aveva sempre tenuto dentro di sé , era stata Ludovica, questa volta insolitamente in difesa dello Scienziato.

“Anche tu Ludovica.. io ti ho sempre considerata come una madre... ANCHE TU CI HAI PRESE IN GIRO!”

A questo punto la donna non riuscì più a controbattere lasciandosi trafiggere da tutte le urla della figlia, poteva ancora chiamarla in questo modo? Era giusto? Lo sguardo cadde sulla minore, che fino a quel momento era stata in silenzio ad osservare un punto indefinito, come indifferente a ciò che le stava accadendo intorno, come se non le riguardasse. Poi si alzò, sempre silenziosamente e rivolse ai due adulti uno sguardo colmo di delusione e disprezzo, delusa da colui che tanto ammirava, a cui tanto si affidava, un disprezzo per le bugie celate dietro anni di convivenza, bugie di quelle stesse persone che avevano fatto promesse, sì... Avevano detto una vita felice, migliore. Dov'era questa vita migliore in quello che aveva appena sentito uscire dalla bocca del “padre”? Rivolse un'ultima occhiata ai due, incamminandosi verso l'uscita. Si fermò solo un secondo, il tempo per poter dire qualcosa anche lei.

“Quanto siete stati stupidi... Come credevate l’avremmo presa? -Oh! Guarda! Salveremo il mondo! Che cazzo di figata, saremo Goku e Vegeta!!- Bè, avete addestrato le scimmie sbagliate.”

Poi si avviò all'uscita, il tempo di sentire le ultime parole del padre e uscì, sbattendosi la porta alle spalle.

“Vittoria...”

Federica una volta rimasta sola non sapeva che altro dire o fare, del resto in una situazione del genere che altro fare se non seguire l'esempio della sorella e allontanarsi il prima possibile? Ragion per cui, la castana si diresse verso la porta e notando a distanza seduta in un vicolo la minore delle due, decise dunque di prendere la direzione opposta rispetto alla sua, abbandonando la propria abitazione e prendendo a calci tutto ciò che le si parava davanti. Nel grande e ormai solitario laboratorio erano rimasti proprio Rowen e la sua assistente Ludovica, se lo sarebbero dovuti aspettare, prendere la situazione con calma, dir loro tutto in un momento migliore o magari proprio all'inizio, quando era cominciato tutto, quando...

“Ho fallito, ancora una volta. D'altronde dovevo aspettarmelo... La mia vita è piena di questo no? Fallimenti. E ancora una volta ho mandato tutto a rotoli, dovrei ritirarmi, ho fatto più danni io che tutto il resto del mondo, dovrei solo...”

“Non dirlo neanche! Vado a cercarle, sono sicura che non si sono allontanate poi molto.”

“No, non andare, me lo merito ma... Non lasciarmi anche tu.”

Era ormai sera e le due non erano ancora tornate, il sole aveva lasciato il posto alla luna e qualche stella cominciava ad apparire qua e la nel cielo che iniziava a perdere il suo celeste. Vittoria era lì, a guardare quel cielo pieno di solitudine, scacciando qualche gatto in cerca d'attenzioni, bè, di solito odiava i gatti e quello non era di certo il momento per dispensare carezze in giro. Così, alla volta di un altro decise di alzarsi e andare da tutt'altra parte.

“Ammassi di pelo, che diavolo volete se il vostro unico scopo nella vita è riempire di peluria la gente a cui vi avvicinate?”

Mimando un calcio ad uno dei tanti s'incamminò nuovamente per le vie della città, che iniziava a perdere la sua attività data la ormai tarda ora. Camminò a lungo, senza meta, senza neanche sapere dove stesse andando, ma fu così anche per la sorella maggiore dato che dopo aver passato diversi isolati le due si incontrarono.

“Hey, non sei ancora tornata a casa? Si è fatto tardi, almeno tu dovresti rientrare.”

Disse Federica. Dopotutto era normale fosse preoccupata per la sorella minore, ciò che provava lei corrispondeva esattamente a quello che provava l’altra. Erano state prese in giro e chi meglio dell’altra poteva mettersi nei suoi panni?

“Scusa “Mammina”, potrei dirti la stessa cosa di te.”

Questa fu la risposta, diventava così quando era nervosa, intrattabile e da prendere a schiaffi per quell'ironia pungente, ma d'altronde era proprio quella a distinguerla dalle altre persone. Le due si scambiarono uno sguardo, quello della maggiore pieno di fastidio, l'altro colmo di indifferenza. Ma non si accorsero di chi stava arrivando dal buio della strada, né del rumore di quei tacchi a spillo che riecheggiavano nel silenzio passo dopo passo, fu quando aprì bocca che finalmente la notarono.

“Vi ho colte in una situazione sconveniente... Com'è che si dice? Problemi di famiglia? Oh, scusate. La vostra non è una vera famiglia, dopotutto siete semplicemente due stupide orfanelle.”

Nel voltarsi la videro, nonostante l'oscurità del vicolo la luna schiariva quanto bastava per poterne vedere la figura. Una donna dai capelli biondi e lunghi che le coprivano la fronte in una linea perfetta, le labbra tinte da un rosso acceso non di certo naturale ed un vestito dal color vermiglio a metà coscia che ricopriva la snella figura andando a chiudersi in uno spacco che lasciava intravedere il fianco. Un abito tanto attillato da non lasciare nulla all'immaginazione e dei tacchi del medesimo colore che le davano lo slancio necessario per nascondere la bassa altezza.

“È la giornata delle visite indesiderate a quanto pare, e adesso chi diavolo è questa?!”

Aveva urlato Vittoria alla sorella, quasi come se lei potesse saperlo, e difatti la risposta fu ben prevedibile.

“Perché lo vieni a chiedere a me?! Ce l'hai davanti, chiedilo a lei!”

“Vedo che siete rimaste alle origini anche in quanto a mentalità... Mi presenterò per non sentirvi ancora blaterare. Il mio nome è Gloria, vi basti sapere questo, sappiate però che presto ci rincontreremo mie care orfanelle.”

Detto ciò si voltò senza neanche lasciar loro il tempo per controbattere, ma nel farlo una cosa non passò inosservata agli occhi delle due, una cosa che le lasciò a dir poco incredule: dalla sua schiena un paio d'ali quasi trasparenti fuoriuscivano, ali fragili e ramate, ma grandi abbastanza da permettere il volo, ali da zanzara che utilizzò per tornare da dove era venuta, nell'oscurità. Prima di spiccare il volo voltò il viso per guardare negli occhi le ragazze, fece un lieve sorriso a dir poco inquietante e sparì assieme al blu dei suoi occhi. Una scena davvero breve e ambigua agli occhi delle due sorelle, che erano rimaste entrambe incredule, come paralizzate a sudare freddo e a fissare il cielo insieme a quella stramba donna insetto volare via lontana. Ali di zanzara? Davvero? Che stramberia era mai quella? Era questo che stavano pensando sia Federica che Vittoria, un pensiero che entrambe decisero di non condividere con l’altra.

“Credo che... Sia meglio tornare a casa.. ho visto abbastanza insetti per oggi.”

“Lo credo anch'io, non voglio avere altri incontri del terzo tipo...”

Le due decisero dunque di prendere la decisione più consona per quel momento, Rowen le aveva sfruttate per tutto questo tempo, è vero, ma solamente grazie a lui avrebbero ottenuto la salvezza; adesso spettava proprio a loro usufruire del padre. Nel frattempo, in un altro angolo della città, Gloria, la donna misteriosa, fece introduzione in uno dei palazzi più alti del borgo, tramite una delle finestre dell’edificio grazie alle sue ali, che ritirò non appena ebbe messo piede sul suolo. Il luogo in questione si trovava proprio all’ultimo piano di un immenso grattacielo, che raggiungeva fino agli ottanta piani. L'ultimo si presentava come una sorta di laboratorio sperimentale, pieno di strane attrezzature, tubi, vetrine, cavie umane dagli sguardi sofferenti su piattaforme in metallo e diverse teche al cui interno vi erano qualsiasi specie di insetto esistente al mondo, esso si affacciava sulla città tramite una grande parete in vetro sfilettato riflettente che permetteva di vedere all'esterno senza la preoccupazione di sguardi indiscreti, qual'ora potessero essercene. La presenza della donna fu facilmente percepita a causa di quel fastidioso rumore di tacchi che spezzavano il silenzio che fino a quel momento c'era stato, il primo a notarla fu proprio il proprietario di quell’imponente struttura, egli fu il primo anche a parlare.

“Allora, Gloria? Come ti sono sembrate?”

La voce arrivò da uno degli angoli più bui della stanza, lì dove la luce artificiale non poteva arrivare.

“Due semplici, rozze e sporche orfanelle di strada, nulla di più. Non credo possano rappresentare una vera minaccia, non mi sembrava nemmeno che fossero a conoscenza del nostro operato.”

“Lo sospettavo, quello smidollato di Rowen non credo ne abbia avuto il coraggio. Ah! Le sue stesse “figlie” gli si rivolteranno contro quando scopriranno che il loro paparino le ha solamente sfruttate! Il mondo gli cadrà addosso e sarà in quel momento che entreremo in azione, gli farò provare quella sofferenza, quella pena e quel senso di inutilità che lui stesso ha fatto provare a me.”

L’uomo, dopo essersi alzato dalla poltrona su cui poco prima era seduto, si voltò a guardare uno dei pochi quadri della stanza, esso incorniciava proprio la laurea che anni prima si era ritrovato tra le mani senza il minimo sforzo, e forse era proprio quello il motivo del vetro pieno di crepe. Rimase fermo lì, mentre fuori nel frattempo aveva iniziato a piovere insistentemente, una fitta pioggia seguita da dei tuoni che illuminavano completamente e più del dovuto l’intera stanza, facendo trasparire il volto del presunto uomo sorridente e dallo sguardo diabolico che si accese alle parole della donna, la quale proferì nuovamente parola.

“Avrà quello che si merita, le due ragazze saranno le prime ad essere colpite.”

“Papà, posso fare a pezzetti una delle due?”

“Certo Antony, potrai prendere la testa della minore.”

Nella stanza era presente a quanto pare anche una terza persona, un bambino all’incirca di dieci, undici anni all’apparenza, seduto su di un'altra grande poltrona con tra le mani una sorta di peluche con tante ricuciture e modifiche da far quasi paura. Inoltre aveva utilizzato la parola “papà”, di chi si trattava? Quali erano le vere intenzioni di questi individui? La battaglia per Federica e Vittoria doveva ancora avere inizio.

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Capitolo 4
*** III. Like two heroes. ***





Credo che... Sia meglio tornare a casa.. ho visto abbastanza insetti per oggi.”

“Lo credo anch'io, non voglio avere altri incontri del terzo tipo...”

E con queste parole le due ragazze avevano intrapreso la via di casa, dove ad attenderle c’erano ancora Rowen e Ludovica. Una volta dentro Federica e Vittoria raggiunsero i due adulti che dopo ore di ansia e preoccupazione furono lieti di poterle rivedere. Il primo a riabbracciarle fu proprio Rowen, che non si aspettava di certo il loro ritorno, Ludovica al contrario fece notare il pericolo che avevano corso.


“Scusatemi.. sono stato un pessimo padre. Avrei dovuto raccontarvi la verità fin dall’inizio, sono un codardo.”


“Dove siete state fino ad ora?! Eravamo in pensiero!”

Le due sorelle senza troppa esitazione scansarono via l’uomo, la situazione non era ancora risolta, non sarebbero certo potute bastare così poche ore per far cambiare loro idea.


“Non è per questo motivo che siamo tornate.”

Disse Federica, lasciando poi la parola alla minore.

“Abbiamo incontrato uno di quegli esseri di cui ci hai parlato, quindi piuttosto di lasciarci uccidere, preferiamo collaborare.”

Era stata questa la decisione che le sorelle avevano preso, non che avessero altra scelta. Rowen comprendendo i suoi errori, non le biasimò, anzi, si scusò ancora una volta per le sue azioni sconsiderate, che avevano messo a repentaglio l’incolumità delle due. Dopo di che, portandosi uno dei suoi amati lecca lecca alla bocca, decise di tornare ad essere lo scienziato, in qualche modo idiota, che era sempre stato per esporre il suo piano. Dunque, accompagnato dalla sua assistente scortò le ragazze presso il laboratorio sotterraneo che era possibile raggiungere solamente grazie ad un ascensore. Appena entrati dentro quest’ultimo una musica si estese in tutto l’elevatore, una canzoncina davvero ambigua che solo un tipo come Rowen avrebbe potuto apprezzare, al punto che iniziò addirittura a ballare con passo alla Elvis. La reazione delle presenti fu disastrosa. Ludovica abituata a questo genere di prestazioni poggiò la mano destra sulla fronte, mormorando qualcosa del tipo “Che cosa ho fatto per meritarmi questo.” Mentre Federica e Vittoria allibite cercarono una qualunque via di fuga da quella tortura per gli occhi e per le orecchie. Finalmente raggiunto l’ultimo piano, le porte si aprirono e di fronte ai presenti si parò il grande laboratorio, pieno di tutte le attrezzature dell’uomo. Il primo a uscire fu lo scienziato, che si avvicinò al tavolo in alluminio in uno degli angoli della stanza, su cui vi erano quelli che sembravano essere diversi progetti.

“Ludo, prendi le loro divise. Aspettavo da anni il momento giusto per dirlo!”

Disse l’uomo emozionato come una ragazzina, per poi tornare a ciò che stava facendo. Nel frattempo, Federica e Vittoria si guardarono intorno come ogni volta che entravano la dentro, decidendo poi di dare un occhiata ai fogli sul tavolo. Essi si presentavano come dei fogli di un particolare spessore di colore blu con scritte bianche, che rappresentavano ognuno un diverso lavoro: uno di loro riguardava il genere di divisa, un altro le varie tipologie di armi, mentre l’ultimo un approfondito studio sulle creature del rivale, che era tuttavia incompleto. Questo fece incuriosire le due, al punto che la minore fece notare questo particolare.

“Ho già visto questi vestiti, sono quelli che abbiamo provato quando eravamo ancora piccole.”

“Esatto, con la differenza che ora siete pronte per usarle.”

Un attimo dopo tornò Ludovica con in mano gli indumenti richiesti in precedenza, porgendoli poi alle ragazze e spiegando loro quale corrispondeva a chi. Le sorelle, afferrati gli abiti, si rinchiusero come la prima volta nella piccola stanza, per poi uscire dopo qualche minuto con questi addosso. Federica, proprio come la scorsa volta si era ritrovata quella strana, se così poteva essere chiamata, divisa. Essa era composta da una fascia bianca che andava a ricoprire il petto della ragazza, dei pantaloni larghi quanto spaziosi di colore cachi, che servivano per contenere diversi oggetti e numerose cinture alla vita, le quali erano tenute in modo abbastanza largo. Ai piedi portava degli stivali in pelle stile militare, aveva anche un piccolo polsino bianco con rappresentata la lettera F al braccio destro; ma la cosa che dava ancora più nell’occhio, erano gli oggetti che la maggiore si trascinava dietro. Infatti, appese alle cinture e nelle tasche erano presenti bombolette di spray al ghiaccio e delle ricariche, ma era presente anche una catena in acciaio appesa alla vita della ragazza, quest’ultima poteva essere sganciata ed utilizzata come arma. La sorella, invece, indossava ancora la canotta provata anni prima, e la medesima camicia a scacchi a maniche lunghe, con la differenza che adesso il tessuto era di pile, quindi più pesante e la ragazza ne fu abbastanza lieta. Alle gambe portava gli stessi jeans skinny neri e ai piedi i suoi stivali color bordeaux. Inoltre, laddove vi erano semplici cinture adesso si trovavano numerosi proiettili i quali sembravano avere diverse funzioni; ai fianchi si era ritrovata due pistole, Beretta 92 da come aveva letto, e sui pantaloni diverse fondine contenenti coltelli di ogni genere. Nelle tasche rimovibili attaccate alle cinture invece trovò diversi accessori, come rampini, altri proiettili e qualsiasi cosa potesse servirle in futuro. Dei particolari così evidenti che diedero dunque all’occhio, facendo si che Vittoria delineò la cosa.

“Sembrano essere diverse dall’ultima volta.”

“Infatti sono state apportate qualche modifiche, come potete notare negli spazi che erano vuoti, adesso ci sono delle bombolette spray in quella di Federica, mentre in quella Vittoria ci sono diverse munizioni.”

“Non credi che siano un po’ troppo leggere?”

“Ha ragione, secondo quale criterio le hai scelte? Nascondono qualche trucco?”

Fece notare stavolta la maggiore, la quale venne assecondata immediatamente dopo dalla sorella.

“Mh? Di che parlate? Io le ho scelte in base a come vi sarebbero state. Insomma, guardatevi, siete uno schianto!”

Le due ragazze presero la cosa come uno scherzo, infatti iniziarono a ridere, una risata così contagiosa che spinse anche l’uomo a fare lo stesso, anche senza sapere quale fosse il motivo. Solamente che, Rowen sembrava piuttosto serio al riguardo, facendo preoccupare seriamente le sorelle. Non si trattava affatto di uno scherzo, l'uomo era più che serio a riguardo, una cosa che non lasciò di certo indifferente la maggiore.

“Mi stai dicendo che io sono l'unica cogliona ad andare in giro mezza nuda mentre Vittoria ha un fottutissimo pile?! VUOI FARCI AMMAZZARE?”

“Io non mi lamento mica, sono piuttosto comoda... Bel lavoro per un uomo di mezza età!”

Al contrario Vittoria sembrava piuttosto a suo agio in quelle vesti, aveva uno stile quasi normale a parte le armi che si portava dietro. E’ vero, le armi. Questa cosa strava frullando da un po’ nella testa della più grande delle due, oltre ad avere dei vestiti più scoperti, anche le sue armi erano un po’ insolite, a che cosa poteva servirle dello spray al ghiaccio? Non avrebbero recato gravi danni nemmeno ad un bambino. Ragion per cui, iniziò a dubitare della serietà dell’uomo che le aveva condotte lì, decidendosi infine a porre quella domanda.

“Accidenti.. siete due casi disperati voi due. Comunque, che cosa dovrei farmene di preciso di questi spray al ghiaccio?”

“Oh! Aspettavo il momento in cui me lo avresti chiesto! Vedi, c’è un preciso motivo se ho scelto il ghiaccio, le tecnologie di Luca impiantate nelle sue cavie sono sensibili a quest’ultimo; quindi non riescono più a controllare gli arti impiantati, questo comporta la dislocazione di essi, gli arti perdono la loro funzionalità andando ad intaccare il sistema nervoso a cui sono collegati. Tuttavia può accadere che a volte gli arti dislocati si separino semplicemente dal corpo, senza danneggiare quindi il sistema nervoso, ed per questo che a quel punto l’assistenza di Vittoria sarà necessaria. L’una compenserà le carenze dell’altra. Inoltre cercherò di aiutarvi elaborando ogni volta qualche nuovo potenziamento. Sapete, presto tornerà in città anche mio nipote Matteo, ci sarà di aiuto anche lui.”

Tutti i dubbi di Federica erano stati con grande precisione colmati in pochi attimi, Rowen aveva dimostrato ancora una volta le sue doti da scienziato, però come faceva a sapere tutte quelle cose riguardo le creature di Luca? Era sempre così, svelato un mistero se ne parava subito dopo un altro, la situazione sarebbe mai stata davvero chiara? C’erano così tanti segreti e ancora molte cose da imparare, come l’uso di quelle armi, dopotutto entrambe le sorelle non avevano mai ricorso ad alcun oggetto simile. Si trattava quindi di un’esperienza nuova, la quale era inevitabile affrontare. Tutto ciò portò dunque alla nascita di una nuova domanda, questa volta da parte di Vittoria.

“Come pensi che riesca ad utilizzare... Queste? Credo non sia semplice come su Call of Duty, o mi sbaglio?”

“Avrete entrambe qualcuno pronto a colmare le vostre lacune, come ho già detto Matteo sarà felice di aiutarvi. Vittoria, tu ti allenerai al poligono, ho già pensato a tutto io.”

La risposta di Rowen fu nuovamente rapida, ma le domande non erano ancora finite, era ancora una volta il turno di Federica.

“E’ da prima che nomini questo Matteo, non sapevo avessi un nipote e soprattutto, in tutto questo tempo non lo abbiamo mai visto, chi sarebbe?”

“Vedo che oggi siete molto curiose.. bè, credo di dovervi tutte queste spiegazioni. Matteo è il figlio di mio fratello e prima che mi facciate un’altra domanda, mio fratello è morto molti anni fa in seguito ad un incidente, dunque sono io a prendermi cura di suo figlio, anche se in realtà vive da solo. Ha qualche anno in più rispetto a voi e frequenta l’università, il ragazzo punta a raggiungere il suo caro zietto, ghehe.”

A quanto pare le due ragazze avrebbero potuto contare sull'aiuto di una terza persona, chissà come si sarebbe rivelato e soprattutto quando avrebbe fatto la sua apparizione. Le spiegazioni non erano ancora finite però, Rowen aveva infatti esposto ciò che riguardava le loro divise, le armi e alcuni particolari sui loro nemici, ma anche Ludovica aveva qualcosa da dire. L’attenzione passò dunque alla donna, che in tutto questo tempo era rimasta seduta ad uno dei computer presenti nella stanza, intenta a lavorare su preziose ricerche. Difatti le richiamò invitandole a guardare qualcosa sullo schermo.

“Ora che Rowen vi ha detto tutto, è arrivato il mio turno di spiegarvi quale sarà il nostro obiettivo principale: rintracciare e distruggere la base operativa di Luca, anche se dubitiamo che si fermi così facilmente, dobbiamo prenderlo, farlo ragionare, e se necessario... Ucciderlo. Sarà inutile eliminare i suoi soldati, riesce a rimetterli in sesto con una facilità snervante, dopo tutto sono le sue creature. Però hanno comunque degli svantaggi, i loro organi vitali sono sempre gli stessi, non potrebbe sostituirli con nient'altro ed è per questo che per farli fuori bisogna colpire loro. I nemici sono a conoscenza del nostro laboratorio e della nostra posizione, sanno ciò che stiamo cercando di fare, o almeno lo immaginano, possono quindi attaccarci quando vogliono al contrario nostro. Per questo dobbiamo sbrigarci, trovare il loro laboratorio, la base dalla quale operano. Abbiamo tentato in qualsiasi modo, dai conti bancari al pedinamento, ma Luca riesce sempre ad insabbiare tutto, ha numerosi contatti in città, è questo il potere dei soldi, può contare su molta gente, dagli spazzini fino al Sindaco e questo ci rende il tutto ancora più complesso. Questo che vedete sul monitor è un localizzatore, purtroppo sarete le prime ad essere colpite, dovrete essere pronte per allora, durante il combattimento dovete mettere questo sul vostro nemico, dopo di che esso si impianterà nel suo corpo e ci permetterà di scoprire la loro base. Questo dovrebbe essere tutto.”

Le due ragazze rimasero per un attimo perplesse a fissare Ludovica, la quale dava per scontato che il suo discorso contorto fosse alla portata di chiunque, sia Federica che Vittoria non lasciarono tuttavia intendere niente di tutto ciò, scuotendo semplicemente la testa in cenno di approvazione e socchiudendo gli occhi.

“Ammirevole.”

“Perché invece non ci siamo semplicemente trasferiti?”

Dissero prima la minore seguita immediatamente dopo dalla maggiore. La risposta di Ludovica non tardò ad arrivare.

“Come vi ho già spiegato Luca dispone di numerosi contatti, per non parlare della sua schiera di insetti, possiede un vasto campo di informazioni e ci rintraccerebbe in un batter d’occhio.”

“D'accordo capo.”

“Ragazze, se non avete domande raggiungetemi.”

Una voce dall'altro capo della stanza le richiamò, chiaramente il padre, al che le due lo raggiunsero più per non sorbirsi altri discorsi kilometrici che per altro. Una volta di fianco all'uomo lo videro intento nel cercare qualcosa, probabilmente i due cartoncini rigidi che tirò fuori da una grossa pila di fogli e attrezzi poco dopo, da ciò che c’era inciso doveva trattarsi di due biglietti da visita.

“Cos'è, ci hai prenotato due visite dal dentista?”

“No Vittoria, ma prima o poi vi toccherà anche quello comunque. Vi sono riportati i rispettivi indirizzi e numeri telefonici dei luoghi in cui vi allenerete. Ecco prendete.”

Così dicendo consegnò i biglietti alle due; per la maggiore si trattava semplicemente del numero di Matteo, il nipote, seguito da un indirizzo, mentre per la minore un vero e proprio biglietto da visita che riportava il logo dell'insegna di un Poligono in periferia, sul retro vi era il numero di quello che doveva essere il proprietario.

“Non dovreste avere problemi a trovarlo, inizierete da domani, per gli orari vi metterete d'accordo con Matteo e Michael, il proprietario. Buon lavoro!”

Le congedò così, invitandole poi a uscire rimanendo da solo con la sua fidata assistente.

“E così da domani inizierà un altro duro allenamento, bè, almeno potrò provare il poligono, mi hanno sempre detto che è uno spasso tirare a bersaglio!”

“Tsk, perchè io devo vedermi con il nipote di Rowen, per giunta da sola? Di sicuro sarà uno stramboide proprio come lo zio.. E dovrò contattarlo proprio io! Che cosa dovrei dirgli? “Hey, sono la figlia adottiva di Rowen, ha detto mi avresti insegnato a diventare come Arrow!”

Iniziarono a dialogare Vittoria e poi Federica, dopo aver ormai abbandonato il laboratorio sotterraneo ed essersi entrambe dirette nella loro camera da letto.

“Quindi io diventerei come Black Widow?!”

“Stavo solo scherzando Vittò! E in questo caso il mio paragone non avrebbe senso!”

“Allora sai chi potresti essere?”

“Hm? Chi?”

“Una di quelle vecchiette che si portano dietro lo spray al peperoncino!”

“Dopo questa posso strappare il tuo odioso poster di Iron Man senza sentirmi troppo in colpa.”

“NO. SCHERZAVO. DIVENTERAI SPIDERMAN.”

“In realtà, io vorrei solo essere una ragazza normale. La nostra intera esistenza non è mai stata di certo ordinaria, abbiamo vissuto parte della nostra infanzia in vicoli malfamati, siamo state adottate da uno scienziato pazzo e ancora oggi, non riusciamo a vivere una vita del tutto serena. Voglio dire, saremo all’altezza di questo incarico?”

“Bè, di certo non possiamo dire di essere simpatiche a Miss Fortuna, ma abbiamo comunque evitato il peggio, insomma, guardaci, abbiamo un tetto, del cibo, un... Padre. Diavolo, possiamo dire di avere una famiglia, apparteniamo a qualcosa, siamo parte di qualcosa... Sai, la frase di Fury "un uomo può fare tutto se sa di essere parte di un progetto più grande." Qualunque cosa possa venirne fuori non mi lamenterò mai, sarà un volere di qualche tipo lì sopra, preferisco pensarla così.”

“Vittoria.. tu.. Sei decisamente troppo fissata con quei film della Marvel.”


Le due continuarono a conversare per diversi minuti, quasi ore, finché non finirono per addormentarsi sfinite e con ancora i vestiti addosso, era stata una giornata faticosa per entrambe. Nel frattempo, in un altra locazione più lontana, Luca e i suoi suobordinati stavano preparando il piano con il quale avrebbero fermato le due figlie adottive di Rowen. Le pedine utilizzate stavolta erano ancora sconosciute, ma non sarebbe mancato ancora molto per la loro comparsa.

“Maria, Martina, presto toccherà anche a voi entrare in scena, non deludetemi.”

 

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Capitolo 5
*** IV. An inusual training. ***


N.d.A.: Capitolo speciale, più lungo del solito, buona lettura!


 

Era passata una notte da quando Rowen e Ludovica avevano illustrato tutto ciò che c'era da sapere sul nemico e ciò che le avrebbe dovute attendere molto presto. Con l'arrivo della mattina e dopo una lunga dormita, le due giovani ragazze avevano avuto modo di chiarirsi le idee e di accettare, anche se non avevano molta scelta, il da farsi.

“Come sempre in ritardo voi due!”

Fu Nino a parlare, rivolgendosi proprio alle sorelle, che quella mattina avevano infatti fatto fatica ad alzarsi dal letto, avevano passato una notte in agitazione tra pensieri e strani sogni, se non incubi.

“Ah, sei tu Nino, al contrario tu sei stranamente in orario.”

Fece notare Federica, mentre Vittoria era ancora intenta a sbadigliare. Il ragazzo dopodiché afferrò la maggiore per un braccio, trascinandola poi verso la propria classe e lasciando così la minore all’ingresso, la quale non potè fare altro che dirigersi anche lei verso la propria aula con ancora la mente un po’ annebbiata per il sonno.

“C-CHE DIAMINE FAI IDIOTA?! LA MIA CLASSE NON E' QUESTA!”

Nonostante queste parole Nino sembrava non voler lasciare la presa, il tutto fino a quando lungo il corridoio i due non incrociano Robby, la quale con un cenno di mano ed un sorriso salutò l’amica, per poi intravedere quello che stava accadendo in realtà. Nino stava infatti tenendo per il braccio Federica, una cosa inammissibile per la bionda, la quale si credeva l’unica in grado poter godere di un simile onore.

“Nino! Come diamine ti permetti?! Levale quelle zampacce di dosso!”

“ROBBY NON E’ COM-“

Senza nemmeno poter finire di parlare il ragazzo fu assalito da Roberta, che come al solito non si risparmiò, dando calci e pugni a non finire. Nel frattempo Federica aveva approfittato di quella situazione per allontanarsi silenziosamente, non era il caso di intromettersi in quelle “faccende”, inoltre stava facendo tardi a lezione.

“..I soliti pazzi.”

Alcune ore dopo, invece..

“Vittoria, vieni a fare il numero 327 alla lavag-”

La voce della donna fu interrotta dalla campanella, la stessa campanella che salvò Vittoria da un'insufficienza sicura e che segnò la fine delle lezioni. Al che la ragazza guardò la professoressa con uno sguardo di sfida mentre prendeva in spalla la cartella dirigendosi fuori al fianco di Morgan. Ad attenderla c'erano Federica e Robby, che come loro erano appena uscite di classe.

“Perché non torniamo a casa tutti insieme?”

Propose Roberta con il suo solito sorriso, ma il primo a tirarsene fuori fu Morgan seguito poi da Federica che si era premurata di strozzare la sorella allungando un braccio intorno al suo collo.


“Io... Ho un impegno, scusate.”

“Anche noi, dobbiamo fare delle commissioni prima di tornare a casa e... Siamo già in ritardo, scusa!”

“Oh.. capisco.. Bè sarà per la prossima volta!”

In realtà le due sorelle dovevano iniziare il famoso allenamento di cui la sera prima Rowen aveva parlato, non potevano certo dilungarsi in chiacchiere, ragion per cui in tutta fretta salutarono i loro amici, per poi allontanarsi senza destare troppi sospetti. Robby ovviamente non ne rimase molto soddisfatta, ma non se la prese troppo, rientrava nel suo carattere essere apprensiva con tutti. Nel frattempo il ragazzo salutò le tre ragazze, per poi allontanarsi come suo solito seguito subito dopo dalle sorelle. Federica e Vittoria si erano ritrovate ora per le strade del paese a passeggiare, tirando fuori dalle loro tasche quei biglietti da visita che Rowen aveva dato loro.


“E io dovrei arrivare fino in periferia? Ogni giorno?!”

Si lamentò Vittoria, ma anche Federica aveva i suoi grattacapi da risolvere.

“Senti, prendi un taxi, io chiamo questo Matteo.”

Così dicendo la più grande prese il cellulare tra le mani riportando il numero inciso sul biglietto, mentre Vittoria si preoccupava di fermare un taxi che la portasse fino al Poligono. Le strade delle due sorelle si separarono quindi, da qui in avanti ognuna si sarebbe dovuta allenare in base alle direttive che avrebbero ricevuto. Si trattava della prima volta in cui venivano separate, erano sempre state abituate a dipendere l'una dall'altra e viceversa, la vita le aveva costrette a farlo, erano arrivate ad un punto in cui non riuscivano a fare qualcosa senza chiedere il parere dell'altra. Questo le avrebbe rese più indipendenti, sarebbe stato di certo un punto di svolta per entrambe. Alla fine Vittoria riuscì ad attirare l'attenzione di uno dei mezzi, salendovi poi a bordo, mentre Federica stava componendo il numero di Matteo. Le due si guardarono dritte negli occhi per un breve attimo, un po' come un segno di incoraggiamento l'uno per l'altra, finché l'auto sparì in mezzo alle strade della città per dirigersi verso l'indirizzo indicato dalla ragazza.

“Ok, è arrivato il mio turno!”


Si ripetè Federica, rimasta ormai sola ad attendere in linea che il presunto Matteo rispondesse al telefono. Ed ecco che quell’interminabile ripetersi di “bip” ebbe poi fine, rompendosi nella risposta di un ragazzo, il quale disse semplicemente “Pronto?”.

“Salve, il mio nome è Federica.. non so se Rowen ti ha parlato di me e di mia sorella.. comunque mi ha detto che avrei dovuto rivolgermi a te da oggi!”


Dopo pochi secondi di riflessioni il ragazzo sembrò risponderle e riconoscerla in qualche modo, a quanto pare era davvero al corrente della situazione, ma che cosa avrebbe potuto fare per poter aiutare la castana a migliorarsi? Fu a quel punto che senza aggiungere altro invitò la ragazza a raggiungerlo nell’indirizzo riportato sul biglietto da visita in modo da poterne parlare meglio.

“Hm, ho capito. Arrivo subito.”

Detto ciò Federica chiuse la telefonata, incamminandosi a quel recapito non troppo lontano da dove già si trovava. Man mano che si avvicinava si poteva ben notare il cambiamento di quartiere, sembrava essere un posto più tranquillo rispetto a dove vivevano lei e la sua famiglia. Le case erano tutte molto piccole, l’una affiancata all’altra e dotate di un piccolo giardino con un cancello all’ingresso. All’apparenza, un posto gradevole ma forse noioso. Ed ecco che pochi minuti dopo la ragazza si ritrovò davanti alla porta d’ingresso del famoso Matteo, si guardò intorno per un breve istante e deglutendo si fece forza nel bussare. Tuttavia nessuno sembrava trovarsi in casa, possibile che avesse sbagliato il numero civico? La castana diede ancora una volta un’occhiata al numero riportato di fianco, ma era proprio quello che le era stato comunicato. Ragion per cui, credendo che magari il ragazzo non avesse sentito, bussò ancora una volta, ancora e ancora mettendoci sempre più forza, fino a quando la porta non si aprì.

“Ah scusa, stav-“

Il ragazzo non riuscì nemmeno a terminare la frase che un pugnò gli arrivò dritto verso il viso, Federica non aveva fatto in tempo a fermarsi dal bussare un’ennesima volta. Nonostante ciò, Matteo sembrò essere in grado di portare rapidamente la mano destra davanti al volto, riuscendo così ad evitare il peggio. Una vera prontezza di riflessi la sua, che dimostrò alla castana un assaggio delle sue abilità, delle quali quest’ultima dubitava.

“..Sono.. mortificata.”

“Figurati, tu devi essere Federica, giusto?

“Esatto, tu sei il nipote di Rowen, Matteo?”

I due dopo aver fatto le dovute presentazioni si fissarono per un breve attimo, agli occhi della ragazza, colui che le si parava davanti sembrava essere un comune universitario, dall’altezza piuttosto elevata, capelli corti castani e occhi del medesimo colore.

“Perché non entri? Rowen mi ha spiegato la situazione, o almeno a modo suo.. Hai portato con te tutto l’occorrente?”

“Hm, si, ho tutto nello zaino.”

Federica rispose con riluttanza, aveva davanti a se ancora uno sconosciuto, per di più si era ritrovata da sola con un ragazzo, il nipote di Rowen come se non bastasse.. Non poteva assolutamente abbassare la guardia. Senza perdere altro tempo la ragazza appoggiò lo zaino sul tavolo al centro del salotto, tirando fuori il suo equipaggiamento, ovvero la catena in acciaio e due bombolette spray.

“Quindi tu, mi insegnerai ad usarle?”

“Il piano è quello. Certo, non potrai definirti una combattente esperta fin dal primo allenamento, ma grazie al tempo riuscirai a maturare e il tutto ti verrà sempre più naturale. Io ti insegnerò solamente le basi, il resto sta a te. Allora, che dici, iniziamo?”

Nel frattempo, diverse miglia più in là, Vittoria aveva raggiunto la sua meta, difatti dopo aver pagato il tassista con una cifra improponibile si era ritrovata di fronte ad un edificio abbastanza isolato la cui insegna recitava “Shoot so cal”, doveva essere il poligono di cui Rowen le aveva parlato, adesso non restava che entrare e chiedere del proprietario come indicatole, un certo Michael, da ciò che aveva capito si trattava di un uomo che dava abbastanza nell'occhio, non avrebbe fatto fatica a trovarlo ma preferì chiedere di lui a chi di competenza.

“Si sta allenando presso una delle stanze di prova, lo può attendere qua, arriverà a minuti.”


Così dopo aver atteso molto più che diversi minuti e dopo aver quasi imparato a memoria persino la pianta dell'edificio, finalmente dei passi abbastanza pesanti si sentirono nel corridoio vicino. Vittoria si mise quasi a pregare che si trattasse del famoso Michael tanto atteso e quando l'uomo svoltato l'angolo le si parò davanti, ne fu anche convinta, come spiegato dal padre era un tipo che dava abbastanza nell'occhio infatti. Come poteva passare inosservato uno stangone dai capelli rossi e dai baffi del medesimo colore, che inoltre scendevano sino al mento come a contornare le labbra? Direttamente dal North Dakota, si ritrovò a pensare la ragazza ironicamente.

“E così tu sei la ragazzina che deve imparare a sparare? Il tuo vecchio ti ha ben raccomandata, spero non sarà una perdita di tempo.”

“Oh sì, il piacere è tutto mio, signore.”

“Vedo che il sarcasmo non ti manca, mi chiamo Michael se proprio tenevi a saperlo, da ciò che mi è stato detto tu sei Vittoria. Adesso che abbiamo fatto le presentazioni vuoi gentilmente seguirmi per iniziare?”

“D'accordo... Ho portato le armi che mi ha dato Rowen, se può interessarti.”

“Ah, quelle? Le puoi benissimo gettare via, non ti serviranno.”

Detto ciò l'uomo si diresse nuovamente verso il corridoio seguito stavolta da Vittoria, di certo i modi della ragazza non erano i migliori, ma quel tipo iniziava sul serio a darle sui nervi, che diavolo significava che poteva gettare via le armi? La stava prendendo in giro o cosa? Immersa nei suoi pensieri non si accorse che Michael si era fermato, così fu quasi inevitabile finirgli addosso provocando un sonoro sbuffo da parte di quest'ultimo. Si trovavano di fronte ad una porta in ferro, o almeno così sembrò alla ragazza, su cui vi era una targhetta con su scritto “27 B”, dopo averla aperta potè ben notare diverse corsie di tiro e che al fondo di ognuna vi era una sagoma in cartone rigido che doveva avere le sembianze di un uomo, proprio come aveva visto nei film vi erano anche le postazioni per il tiratore, queste erano delimitate da delle pareti che le separavano l'una dall'altra, inoltre le pareti della stanza erano insonorizzate e ad ogni postazione corrispondeva un paio di cuffie che servivano probabilmente per proteggere l'udito dal forte rumore dello sparo.

“Inizierai da qui.”

“No aspetta, devi fare così, prova a mettere più forza.
 NO! Non così forte! Quel vaso era di mio zio!”

“Vuoi deciderti una buona volta?! Cristo, è difficile maneggiare questa cosa.”

Federica e Matteo avevano iniziato ad allenarsi ormai da un’ora inoltrata, la ragazza sembrava avere dei problemi nell'uso del suo armamentario, ma del resto sarebbe stato strano il contrario. Usare quella catena non sembrava facile come le aveva spiegato il ragazzo, ci voleva una certa destrezza di movimento, un buon gioco di polso e una certa forza dato che la catena era in acciaio. La castana doveva allenare sia la resistenza che la massa se voleva riuscire quanto meno a fare un movimento che non comprendesse colpire se stessa o i mobili di Matteo. Le due bombolette spray invece non risultavano troppo difficili da maneggiare, l'unico inghippo era riuscire ad usare entrambe le mani in modo ambidestro. Una cosa che poteva essere superata attraverso l'abitudine nell'utilizzo.

“Per oggi può bastare.. o dovrò chiedere un mutuo per sistemare tutto questo disastro.”


“Hey, sei tu che mi hai detto che potevo allenarmi qui dentro!”

“Per lo meno ora sappiamo come organizzarci per la prossima volta. Libererò una stanza in modo che sia più idonea ad un allenamento.”

“Sai, non sei così male dopotutto, mi ero fatta un'idea sbagliata su di te.”

“Ahah, e che idea ti eri fatta allora?”

Federica ci ripensò un attimo fissando il vuoto, non poteva certo dirgli che si era immaginata un rammollito maniaco che le sarebbe rimasto appiccicato ventiquattro ore su ventiquattro.

“Credo sia meglio lasciar perdere! Piuttosto.. sicuro che vada bene lasciare tutto così, non vuoi una mano..?”


Il ragazzo si guardò intorno, la casa sembrava come se un ladro l’avesse scassinata da cima a fondo e non avesse trovato ciò che cercava. Per non parlare delle tende che avevano cambiato colore a causa dello spray al ghiaccio, gli oggetti in vetro distrutti dai colpi di catena.. Insomma, un vero macello.
 
“Ma si, torna pure a casa, Rowen vorrà sapere com’è andato l’allenamento, inoltre anche tua sorella dovrebbe finire a momenti, no?”

“Già.. mia sorella, chissà come se la starà cavando.”

 

. . .


“Fanculo, si è inceppata!”

“Non hai più proiettili idiota! Otto colpi di seguito e l'unica cosa che hai colpito è stata la sagoma dell'altra corsia!”


Anche Vittoria aveva cominciato con il piede storto, difatti dopo aver ricevuto la sua Kimber 1911 non aveva ascoltato una sola parola detta da Michael, questo aveva avuto le sue conseguenze, ad esempio ignorare i discorsi sul rinculo le aveva quasi causato una frattura della mascella, dopo quell'episodio avrebbe quindi dovuto prestare maggior attenzione all'uomo, cosa che non fece minimamente. Dopo il primo colpo e dopo aver afferrato saldamente il calcio della pistola aveva cominciato a premere il grilletto ripetutamente, senza prendere un minimo di mira e senza distendere neanche bene le braccia, sparava e basta, finché per sollievo dell'altro non finì il caricatore.

“Dove diavolo hai la testa?!”

“Oh, scusi padrone!”


“Dammi quella pistola e ascoltami bene.”

Così, dopo essersi assicurato l'attenzione della ragazza, aveva ricominciato a spiegare tutto da capo ignorando quel sarcasmo che aveva iniziato a dargli sui nervi, stavolta arrivando alla fine senza alcuna interruzione. Una volta restituita l'arma alla ragazza le aveva chiesto di mettere in pratica tutto ciò spiegato, dalle cose basilari alle più complicate, dandole infine un altro caricatore per riprovare, con più calma, a tirare i colpi al bersaglio. Certo, inizialmente aveva dovuto aggiustarle più volte la postura, ma alla fine era riuscita almeno a colpire il bersaglio e non aveva urlato di gioia come facevano la maggior parte dei novellini ad ogni tiro andato a segno; c'era stato solo un momento in cui aveva afferrato l'arma come aveva visto nei film guadagnandosi un rimprovero da parte dell'uomo.

“Bene, possiamo terminare qui, ho uno di quei figli di papà che mi aspetta in un'altra stanza, non ho voglia di sentirlo blaterare per tutto il tempo.”

“Immagino quelli siano i peggiori, comunque grazie e scusami se ti ho dato sui nervi, tutta questa storia mi ha innervosito parecchio. Ci si vede domani Boss!”

“Boss?” Quel soprannome aveva causato una risata a Michael che dopo essersi ricomposto si decise a salutarla. “Sai, mi piaci ragazza, non sei una rammollita come mi aspettavo! La pistola tienila, troverai le munizioni lì in fondo, a domani!”

Dopo averle dato una pacca sulla spalla uscì lasciandola sola, doveva aver scelto quella stanza proprio per le poche persone che la utilizzavano, pensò lei prendendo i caricatori e avviandosi verso l'uscita.
A quanto pare entrambe le sorelle erano sulla via del ritorno anche se ognuna per conto loro. Federica tuttavia man mano che proseguiva avvertiva una strana sensazione, dovuto forse al suo sesto senso. Infatti a suo parere c'era qualcosa, o forse meglio qualcuno che la stava osservando e seguendo da quando era uscita di casa. La ragazza continuò a camminare aumentando il passo, fino a che non vide in lontananza un vicolo, al quale avrebbe svoltato per poi girarsi immediatamente e scoprire chi fosse a pedinarla, o almeno questo era il piano. In quell’esatto momento il suo battito cardiaco stava andando ad una velocità eccessiva, era agitata e in ansia, fece come previsto schiacciandosi al muro una volta voltato l'angolo ma tutto ciò che vide fu il niente, era stato solo frutto della sua immaginazione forse, fece per riprendere a camminare ma qualcosa la colse di sorpresa.


“Buh!”

Fu una voce alle spalle della castana a pronunciare quella parola, ma Federica non riuscì a fare in tempo a voltarsi per scoprire chi fosse che ricevette un sonoro calcio in faccia, cadendo malamente al centro della strada principale.

“Finalmente ti sei accorta della mia presenza, credevo mi avresti scortata dal tuo paparino.”

“Dannazione, come ha fatto a trovarmi così alla svelta?” Era questo quello a cui stava pensando Federica stringendo i denti per la rabbia per quel calcio subito. Nel frattempo qualche goccia di sangue le stava scendendo giù dal naso macchiandole oltre che al viso anche i vestiti. La ragazza non si fece tuttavia intimorire e senza perdere altro tempo cercò di reagire portando la mano verso la catena per poter contrattaccare e renderle il favore.

“Che maleducata! Quegli stupidi dei tuoi genitori non ti hanno insegnato la buona educazione? Non ci siamo ancora presentate! Il mio nome è Maria ed ovviamente il piacere è solo tuo.”

Le disse quasi ridendo, impedendole di poter sfilare via la catena in acciaio schiacciandole con forza la mano con il peso del piede.

“A te non hanno mai detto di metterti a dieta? Sei piuttosto pesante per essere una ragazzina.”

Infatti quella che aveva davanti a se Federica era una ragazza all’apparenza più piccola di lei, all’incirca di quattordici/quindici anni, dotata tuttavia di un’anomala forza per essere una semplice ragazzina. Il suo nome era Maria e aveva capelli di media lunghezza di colore castano e occhi verdi, dotati di una perfidia visibile a chilometri di distanza ma che venivano parzialmente coperti da una lunga frangia. Oltre a questo anche il suo abbigliamento era insolito, il suo aspetto ricordava quello di un’ape. Intorno al collo e ai polsi aveva per l’appunto una sorta di collare peloso, dalla testa spuntavano due piccole antenne e alle spalle due ali per poter volare. Indossava poi una t-shirt abbastanza corta di colore rosso e dai bordi gialli, che permetteva di poterle vedere l’ombelico, mentre sotto dei comuni jeans blu chiari fino al di sotto delle ginocchia. Inoltre c’era un particolare che dava molto nell’occhio, ovvero una strana cicatrice lungo lo stomaco. Magari la scelta di quello stile di abbigliamento serviva soprattutto per metterla in risalto, chissà.

“Sai, in questo preciso momento immagino che mia sorella abbia già raggiunto la tua, credo che stia soffrendo parecchio, è molto sadica Martina..”

Nel sentire quella notizia Federica balzò per un breve istante per la rabbia, lanciando un’occhiataccia contro Maria. Oltre che lei anche Vittoria era stata presa di mira, doveva assolutamente fare qualcosa, da sole non ce l’avrebbero mai potuta fare, questo lo sapevano bene entrambe. Dopotutto era il loro primo giorno di allenamento, non avrebbero potuto raggiungere dei risultati così immediati.

“Non mi piace quello sguardo, forse non sai che mi basta un semplice cenno da parte delle mie antenne per richiamare l’attenzione di mia sorella e far uccidere quell’insulsa mocciosa.”

Nel dire ciò la scagnozza di Luca, come ormai ben notato, diede ancora una volta un calcio a Federica, questa volta con l’intenzione di farle abbassare la cresta, dopo di che, chinandosi leggermente e avvicinandosi al suo volto, appoggiò la mano sul suo viso, facendo emergere dall’unghia di una delle sue dita un’affilata lama. Una goccia di sangue sgorgò dalla guancia della castana, che con ripudio continuava a fissare Maria, cercando di escogitare un piano per scampare da quella situazione.

“Forse non hai capit-”

“No, sei tu a non aver capito!”


Questa volta fu Federica ad interrompere la donna, che accovacciando le ginocchia diede lo slancio necessario alle gambe per poter colpire Maria allo stomaco e potersi liberare da quella presa.

“Mia sorella non è certo il tipo da farsi battere da dei moscerini come voi!”

Nell’affermare ciò la castana portò rapidamente la mano lungo la catena che si trovava intorno alla propria vita, slegandola e afferrandola saldamente con entrambe le mani, questa volta con tutta l’intenzione di passare al contrattacco.

“Come diavolo ti sei permessa, ti farò così male da farti pregare di morire!”

A lamentarsi era stata invece Maria, la quale non sembrava affatto contenta per quel calcio nello stomaco, proprio nel punto in cui si trovava quella vistosa cicatrice. Federica tuttavia ignorò quegli avvertimenti, iniziando a far roteare la catena di fianco a se in un giro continuo, per poi cercare di colpire la ragazza. La cosa come da previsione non diede i risultati sperati, infatti non riusciva in alcun modo a tenere il passo con il nemico, che al contrario sembrava schivare ogni suo attacco senza alcuna difficoltà. Fino a quando Maria, stanca di ciò decise di iniziare a fare sul serio, plasmando dal proprio polso una lama che scagliò in direzione dell’avversaria. Una mossa inaspettata, che lasciò la castana piuttosto basita e incapace di schivare quell’attacco. Infatti la ragazza venne colpita ancora una volta, causando un taglio lungo la spalla, ma non era ancora finita; la donna insetto sfruttò le sue ali per creare uno spostamento d’aria e farle perdere l’equilibrio, concludendo infine con l’ennesimo calcio, stavolta più forte dei precedenti. Federica ancora una volta venne scaraventata lontano, era ricoperta di graffi, i suoi vestiti avevano iniziato a macchiarsi di sangue a causa della ferita alla spalla e di tutti quei colpi in faccia, era ridotta davvero male, al punto che faceva fatica addirittura a rialzarsi.

“Merda, qui si sta mettendo davvero male.”

Fu in quel momento che si sentì un rombo estendersi per tutta la strada, qualcosa si stava avvicinando, fu tutta questione di un secondo: quel qualcosa l'aveva afferrata e caricata in moto con se. Un misterioso individuo a bordo di una MV Agusta F4 CC colore nero aveva fatto la sua comparsa. Si, ma quali erano le sue intenzioni? Poteva essere considerato un alleato od un nemico?

“Dannazione, e adesso tu chi cazzo sei?! Mettimi giù o giuro che ti ammazzo! Devo tornare a spaccare la faccia a quella stronza!”

“E’ così che ringrazi tutti quelli che ti salvano la vita?”

Federica si guardò un attimo alle spalle, Maria era stata in pochi attimi seminata, probabilmente anche lei non si era ben resa conto della situazione. Subito dopo la castana si voltò, questa volta in direzione di colui che la stava trasportando e con lo scopo di riuscire ad identificarlo. Tuttavia l’individuo indossava un casco dalla visiera oscurata, era impossibile riuscire a capire di chi si trattasse.

“Quindi? Vuoi dirmi chi diavolo sei?”

“Non temere, sono un amico di Rowen, il mio nome è Enrico, ti sto portando a casa.”


In quello stesso momento Vittoria, appena uscita dal Poligono e dopo aver ricaricato la pistola per ogni evenienza, tentava di chiamare un taxi che la riportasse a casa e tra un'imprecazione e l'altra non si accorse della figura che si muoveva silenziosamente sopra le sue spalle, o almeno non finché si voltò. Ci mise poco a capire in che situazione si trovasse, giusto il tempo per dare all'essere il vantaggio di colpirla, vantaggio che non si fece scappare, difatti ne approfittò per tirarle un calcio sulla mano facendole volare il cellulare che poco dopo rovinò sull'asfalto a diversi metri più in là. La ragazza portò istintivamente la mano alla pistola regalatale poco prima da Michael, per poi puntarla con decisione contro quello che ormai poteva chiamare nemico.

“Chi... Cosa diavolo sei?!”


“Siamo nervosette oggi, mai pensato ad un calmante? O punti un'arma contro chiunque incontri?”

“Solo contro esseri mal formi che si divertono a dare calci in giro, hai presente?”

Colei che aveva davanti infatti non era una normale ragazza, non con quelle ali dietro la schiena e non con quelle antenne in testa, proprio come detto da Maria, la sorella, Martina, aveva fatto la sua apparizione, vestita allo stesso modo e con gli stessi particolari, se non per il taglio di capelli diverso dall'altra, questa aveva una riga al centro e ciò fece notare a Vittoria dei segni che partendo dalle strane antenne si estendevano verso la fronte stavolta scoperta. Dopo l'ultima frase la ragazza tolse la sicura, come ad aggiungere una forma di minaccia iniziando poi a indietreggiare.

“Sporca presuntuosa, se non fosse per quella staresti già piangendo e implorando pietà!”


“E così hai paura di una pistola? I miei complimenti all'orda di insetti senza macchia e senza paura!”

“Sai chi altro sta vomitando preghiere di pietà insieme a litri di sangue? Com'è che si chiama... Ah, Federica, la tua sorellona!”

“Come se si facesse mettere sotto da un incrocio tra api Maia!”

“Eppure io la sento, sta strisciando sull'asfalto macchiandolo del suo sporco sangue, come si starà sentendo? Senza poter fare nulla, inerme di fronte alla propria morte...”

“Sta zitta!”

Così dicendo si decise a premere quel grilletto, ma qualcosa andò storto, perché a seguito di quell'azione fuoriuscì il caricatore dal calcio della pistola che finì dritto a terra. Martina non si fece scappare questa opportunità, al contrario l'accolse e trattenendo una risata le volò contrò per poi sferrarle una forte ginocchiata sul viso. Quest'ultima provocò la rottura del naso alla ragazza che adesso si trovava a terra e stava maledicendo Rowen e quelle stupide pistole, giusto il tempo per tirarsi su che quella sorta di mostro le era di nuovo addosso.

“Sai per cosa sono famosa? Per far soffrire le mie vittime nel modo peggiore possibile, credo che sperimenterò un po' con te, che dici?”

Mentre pronunciava quelle parole le stava avvicinando una mano al viso, allo stesso tempo una lama iniziava a uscire dal suo indice, dito che si mosse come a percorrere il profilo della giovane, quasi come se dovesse scegliere dove sfregiarla prima, e forse era proprio quella la domanda che in realtà le aveva posto. Intuito ciò, Vittoria, cercò di riflettere su come evitare alla meno peggio quella situazione, si trovava in netto svantaggio, sul pavimento con un ginocchio della rivale a tenerla ferma, non riusciva a trovare una via d'uscita e questo le provocò una grossa incisione sul braccio sinistro, incisione che continuava ad andare sempre più in profondità. Fu un lampo di genio a fermare quella tortura, difatti all'ennesima goccia di sangue che le raggiunse le labbra sputò letteralmente in faccia a Martina, che indignata ritirò la mano per pulirsi alla bell'e meglio, dandole il tempo di prendere uno dei coltelli che si era portata dietro per poi spingerla via con un rapido calcio all'addome.

“Inutile orfanella!”

L'insetto ci mise poco a riprendere il volo e, proprio come aveva fatto Maria, far fuoriuscire una lama dal polso, non si faceva di certo intimorire da uno stupido coltello tenuto in mano da una mocciosetta come quella, infatti con un altro calcio verso la mano della ragazza quest'ultimo cadde a terra facendo la stessa fine del cellulare di poco prima, poi, tirando fuori dal polso sinistro un'altra lama decise di finirla lì. Ci sarebbe voluto davvero poco date la velocità e la capacità di volo che possedeva, un altro calcio sullo stomaco che la fece rovinare a terra, sullo stesso asfalto che iniziava a macchiarsi di sangue, la mano che la sollevava per il collo quasi a strozzarla mentre lei si dimenava in qualsiasi modo, sferrando calci di ogni genere, salì di quota per poi mollarla e lasciarla crollare nuovamente sul pavimento. A quel punto le volò contro proprio mentre stava per alzarsi sfregiandole il viso con un profondo taglio sullo zigomo destro, un altro calcio poi la fece finire proprio tra le auto del parcheggio, che fosse sul serio la fine? Fu questo ciò che pensava Vittoria mentre un uomo si dirigeva dal retro verso il proprio Pick-up, e proprio quando Martina si stava avvicinando per un'altra serie di attacchi, lo stesso Pick-up si fermò davanti alla ragazza che era riuscita ad alzarsi aggrappandosi ad una delle auto che aveva vicino.

“Sali o resti qui a morire?!”

Non se lo fece ripetere due volte, malgrado non riuscisse neanche più a capire a chi appartenesse quella voce, quasi si fiondò su quel furgoncino, al diavolo a chi appartenesse, poteva andare peggio di così? E poi quell'auto aveva un buono odore. Svenne così, con quel pensiero, senza neanche accorgersene.


Diversi minuti dopo, nella base di Luca…


“Come avete fatto a farvele scappare da sotto il naso?! Stiamo parlando di due stupide mocciose!”

A parlare era stata la stessa persona che aveva mandato all’attacco Maria e Martina, rimproverando le due per il loro lavoro poco efficiente.


“Hanno avuto solo fortuna!”

“E’ LA SECONDA VOLTA CHE HANNO FORTUNA.”

Controbattè l’uomo visibilmente irritato.

“Sono state salvate da dei tipi con dei veicoli! La prossima volta noi---”

“Fate silenzio! Non voglio sentire altro! Se qualcuno di voi mi delude un'altra volta... Sarete le prime di cui mi sbarazzerò.”

E con queste parole Luca si dileguò, lasciando il silenzio nella stanza.

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Capitolo 6
*** V. Road to Los Angeles Parte I. ***





F
ederica e Vittoria erano riuscite a scampare da quasi morte certa, questo solamente grazie all'aiuto di due persone quasi ancora sconosciute per entrambe. Infatti i due, con grande tempismo erano riusciti a metterle in salvo proprio poco prima di subire l'ultimo attacco che sarebbe stato fatale per entrambe e adesso le stavano riportando a casa, dove molto probabilmente le sorprese non erano ancora finite.

“Manca ancora molto?”

“Hey, sei tu che dovresti dirmelo, è casa tua quella in cui stiamo andando.”

“Quindi è vero che conosci Rowen… ti ringrazio per prima, senza di te probabilmente sarei morta.”

“Finalmente delle parole di ringraziamento, credevo sapessi solo lanciare minacce di morte.”

A parlare era stata prima Federica seguita immediatamente dopo da Enrico, il misterioso ragazzo a bordo di una MV Agusta F4 CC colore nero che era riuscito a salvarla. La castana al solo ripensarci aveva capito che contro quei mostri non potevano nulla, o almeno per il momento. La cosa le stava dando davvero sui nervi, essere stata ridotta in quel modo così facilmente da una ragazzina ancor più piccola di lei. La ragazza non potè fare altro che sfogare la propria rabbia stringendo i pugni e mordendosi le labbra in segno di frustrazione, mentre nel frattempo i due si stavano avvicinando presso il laboratorio di Rowen, seguiti solamente da quell’assordante rombo di moto. Nella stessa direzione, nel frattempo, si stava dirigendo un pick-up, uno di quelli che solitamente non si vedono in città, e alla guida di questo, un tipo altrettanto stravagante si muoveva velocemente tra le vie del luogo. Si trattava di Michael, l'uomo che aveva salvato Vittoria poco prima che svenisse, difatti adesso era priva di sensi sul sedile di fianco al suo; ci volle poco comunque affinché si svegliasse e il continuo spintonare di Michael l'aiutò più del dovuto.

“Brutta testa di cazzo! Perché non torni al tuo fottuto alveare insetto di merda!?”

In molti lo avrebbero definito un brusco risveglio, ma si poteva accettare in una situazione simile... Soprattutto perché dopo essersi resa conto di non essere più in quel maledetto parcheggio si tranquillizzò parecchio, ma le domande ritornarono subito dopo.

“Dove diavolo sono?!”

“Fai sempre così appena sveglia? Sei sull'auto di qualcuno che ti ha salvato il culo! E DIMMI DOVE ABITI.”

“Non la lavi da quanto... Anni? Aspetta... PERCHÉ PERDO SANGUE? DOVEVI GIRARE A DESTRA.”

La ragazza si ritrovò a pensare se stare in auto con un ubriaco alla guida fosse lo stesso... Quelle curve avrebbero fatto venire il mal d'auto al miglior guidatore di sempre.

“Eppure prima di addormentarti a sbavare sul sedile avevi detto che c'era un buon odore, cos'è ci hai ripensato durante il tuo coma?”

Così l'aveva zittita, una semplice frase che fece venire comunque un sorriso sarcastico ad entrambi, poi le aveva ricordato ciò che era accaduto poco prima e tramite varie indicazioni erano riusciti ad arrivare finalmente lì dove li stavano attendendo tutti con una certa preoccupazione. I primi ad arrivare furono proprio Federica ed Enrico e appena fermatasi la moto, la ragazza scese immediatamente dal mezzo, seppur quasi zoppicante, per poi bussare alla porta d'ingresso. Nel frattempo colui che l'aveva condotta lì stava sistemando la sua preziosa moto adeguatamente, per poi alzarsi anche lui dalla sella rigorosamente in pelle. In pochi attimi ad aprire la porta si precipitò Ludovica, seguita poco dopo da Rowen, che era stato attirato da quel trambusto.

“Che cosa diamine ti è successo? Sei ridotta peggio della scorsa volta!”

Era stata Ludovica a rivolgersi a Federica, per poi afferrare la ragazza sottobraccio in modo da poterla mantenere in piedi.

“Sei stata attaccata dagli insetti di Luca, non è vero?”

A differenza della sua assistente, Rowen sembrava essere piuttosto scombussolato, come disorientato, non sapeva come reagire o semplicemente che dire, si sentiva spaesato, al punto che iniziò a dire cose all'apparenza senza alcun senso.

“Oh Gesù! Sei ferita! Hai bisogno di budino! Sisisisisi, di budino!”

Per un breve istante i tre presenti rimasero di sasso, era Federica quella ferita o aveva Rowen qualcosa che non andava?

“Ma che budino! Ha bisogno di cure, citrullo!”

Esclamò Ludovica, mentre stava ancora sorreggendo la castana.

“Oh.. hai ragione! Avanti, siediti pure qui!”

Nel dire ciò lo scienziato spalancò la porta del bagno, indicando il WC. Andava davvero tutto bene? Quale persona sana di mente si sarebbe comportata in quel modo ridicolo in un momento del genere? Ancora una volta Federica iniziò a dubitare della sanità mentale del proprio padre. Allo stesso tempo anche Enrico sembrava piuttosto turbato da quella situazione insolita, non era certo il solito Rowen che lui stesso aveva conosciuto, o almeno fino a quel momento. Proprio mentre la ragazza stava per dire qualcosa, Ludo stupì tutti colpendo il suo superiore al volto con un sonoro schiaffo, così forte da far girare la testa allo stesso Rowen e da lasciargli l'impronta delle dita sulla guancia destra.

“Vuoi riprenderti o hai intenzione di fare il pagliaccio ancora per molto?”

“Hai ragione Ludo.. mi dispiace. Enrico, ti ringrazio per averla salvata appena in tempo, ti devo molto.”

Non appena interpellato il ragazzo si sfilò via il casco, per poi rassicurare lo scienziato con un cenno ed un occhiolino. Nel fare ciò potè far notare finalmente il suo volto, aveva occhi castani, così come i capelli non troppo corti, si presentava come un normale ventenne dalla statura media, a occhio e croce la ragazza poteva dire fosse alto circa 1,75 o giù di lì. Una volta conosciuto il vero volto dell'uomo che l'aveva salvata, un nuovo dubbio si portò alla mente della ragazza, dubbio che a quanto pare si manifestò sulla faccia di tutti i presenti, fino a quando Ludo non delineò la cosa.

“Ma… Vittoria?”

A quel punto si fecero largo diversi pensieri nella mente di Federica, ricordi su ciò che le aveva detto quella sorta di ape durante l'attacco.

“Lei... Lei aveva detto che sua sorella l'avrebbe torturata e... Uccisa...”

Il silenzio calò nella stanza, un silenziò che fu rotto da una sonora serie di colpi alla porta; fu istintivo per Rowen correre ad aprire ma ciò che si trovò davanti non fu esattamente quello che aveva immaginato: al contrario delle aspettative la ragazza che era appena arrivata era ridotta peggio della sorella maggiore, si sorreggeva a stento aiutata da Michael che, appena aperta la porta e ancor prima di salutare, l'accompagnò fino ad una sedia dove potesse sedersi.

“Abbiamo pensato al peggio!”

Esclamò Ludovica mentre Rowen entrava nuovamente nel panico, difatti era rimasto di fronte alla porta ancora aperta a rimuginare sul da farsi, fu comunque una questione di secondi prima che ricominciasse a dare di matto facendo sorgere qualche dubbio sulla sua sanità mentale anche ai nuovi arrivati.

“Altro budino! Dobbiamo bloccare il sangue!”

Questo portò ad un altro schiaffo da parte della donna che spazientita si preoccupò di dare delle cure alle due ragazze; entrambe avevano perso molto sangue, dovevano sbrigarsi, l'adrenalina aveva fatto sparire il dolore, ma svanita quella esso sarebbe riaffiorato ancor peggio di prima portandole forse allo svenimento. Fu per questo che lo scienziato, una volta tornato in sé e dopo essersi scusato con i presenti, chiese ai due uomini di aiutarlo nel portare Federica e Vittoria nella loro camera e alla sua assistente di prendere i giusti attrezzi in laboratorio, lo avrebbero atteso fuori una volta terminata la medicazione.

“Perché non hai voluto che le portassimo all'ospedale?!”

“Cosa avresti detto, che sono cadute dalle scale?”

“Hai ragione, pensa a loro noi ti aspettiamo di sotto.”

Dopodiché, a seguito di questo breve dialogo con Ludovica, l'uomo si chiuse la porta alle spalle per prendersi cura delle due ragazze come meglio poteva; oltre che scienziato, a volte sapeva improvvisarsi anche medico, o almeno ci provava. Dovette passare circa un'ora prima che uscisse dalla stanza e raggiungesse gli ospiti al piano inferiore, le sorelle stavano adesso dormendo, avevano passato una dura giornata e ciò che importava era che fossero salve.

“Stanno dormendo?”

“Si, pare stiano dormendo profondamente.”

Ad iniziare quel dialogo era stato proprio Rowen, era arrivato il momento di parlare di questioni serie, budino a parte. L'uomo, dopo aver assunto un atteggiamento più composto e dopo aver fatto controllare alla sua assistente se le due figlie si trovassero realmente nel mondo dei sogni, riprese a parlare, era stata messa a repentaglio nuovamente la sicurezza delle due sorelle e questa volta avevano rischiato addirittura di rimetterci la pelle, sarebbe stato il caso di iniziare a prendere delle giuste decisioni.

“Molto bene. Prima di tutto, Enrico, Michael, vi ringrazio dal profondo del cuore. Senza di voi non so se Federica e Vittoria sarebbero qui adesso, con quelle due facce da ebeti a dormire.. Mi sono reso conto che questa non è una missione adatta a due ragazzine, ma ho fiducia nelle loro capacità e so che potranno rendermi fiero più di quanto non lo sia già adesso, vi chiedo solamente di continuare ad assisterle, anche se ciò mette a repentaglio anche le vostre di vite.”

Sotto gli occhi di Rowen si trovavano ancora Enrico e Michael, l’energumeno dai capelli e la barba rossa non che insegnante di tiro di Vittoria. I due osservarono a lungo lo sguardo serio dell’uomo, per poi scoppiare in una fragorosa risata.

“Vuoi scherzare, Rowen? Viviamo in questo schifo ormai da anni, non ci tireremo indietro certo adesso che l’intera città è nella merda. Insegnerò a quella pisciasotto a spaccare il culo a quei cosi, stanne certo.”

“Bè, aiutare una fanciulla è quello che fa di un uomo un vero uomo! Soccorrerò la mia donzella ogni volta che sarà in pericolo!”

A quest'ultima frase da parte di Enrico lo scienziato capì che erano tutti molto stanchi quel giorno e che sarebbe stato meglio tornare a casa... Evitando di dare altri aggettivi possessivi alla figlia magari. Così si alzò e li condusse alla porta scusandosi ancora, si soffermarono solo un attimo per dare a Michael il tempo di restituire la pistola gettata a casaccio da Vittoria durante lo scontro, giusto il tempo per permettere a Ludovica di togliersi un dubbio.

“Di un po’ Rowen, dove hai conosciuto... loro due?”

“Hm? Intendi Enrico e Michael? Bè, è una storia insolita quanto comune, te la racconto poi, ti dico solo che eravamo a Los Angeles.”

“Los Angeles!”

Nell’udire quelle parole Ludovica si illuminò di colpo, gridando il nome che poco prima era stato nominato.

“..Si, Los Angeles.. hai presente? Hollywood, Malibu, la città degli angeli insomma!”

“Idiota, non intendevo dire quello. Ho pensato ad una cosa, vieni dentro, ti spiego.”

Alle parole della sua assistente Rowen si incuriosì e la seguì, attendendo che gli spiegasse ciò che aveva in mente.

“Ti ricordi di avermi raccontato di un certo Emanuele una volta? Quella sorta di medico che frequentava la tua stessa facoltà ma era stato espulso per possesso illegale di sostanze stupefacenti.”

“Si, ricordo, a mensa cercava sempre di rimpiattarmi qualcosa..”

“Tempo fa aveva scritto alla tua email, credevo non fosse nulla di importante e per questo non ti ho avvisato, ma ci fa sapere che si è trasferito a Los Angeles, dove c’è un centro che gli permette di svolgere quello che non gli era permesso di fare qui.. hai capito, no? Incuriosita da ciò ho svolto delle ricerche e ho scoperto che ha sviluppato delle nuove sostanze in grado di alleviare il dolore; una volta assorbita dal corpo, permette di sfruttare un’elevata percentuale delle proprie capacità sia mentali che fisiche. Anche se si tratta di una droga e avrà sicuramente degli effetti collaterali.. ma sarà anche un modo per tenerle nascoste al nemico e terminare l’allenamento senza ulteriori interferenze. In questo caso però dovrebbero partire anche Matteo e Michael.”

Rowen ascoltò con attenzione le parole della sua assistente, che a quanto pare aveva avuto una buona idea, almeno dal suo punto di vista. Ma adesso spettava al suo superiore dare la sua opinione in merito.

“L’idea di allontanarsi per un certo periodo non è così male, tuttavia per quanto riguarda la questione di Emanuele vorrei prima informarmi meglio su queste droghe, in particolare sui loro effetti collaterali. Soprattutto questa volta non vorrei commettere lo stesso errore e costringerle a fare qualcosa contro il loro volere, sarà solo una loro decisione se intraprendere questo viaggio o meno; perciò chiederemo un loro parere non appena si sveglieranno.”

A seguito di questo breve dialogo i due rimasero a riflettere a lungo sul da farsi e senza neppure cenare si diressero ognuno verso le rispettive camere da letto per poter dormire. Il mattino seguente giunse in fretta e come da accordi Rowen e Ludovica si presentarono in camera delle due sorelle, le quali si erano da poco svegliate e riuscivano a stento a camminare.

“Già sveglie?”

“Mi sembra evidente.. quando ho provato a girarmi nel letto ho sentito una fitta che neanche con cento coltelli piantati addosso...”

Rispose Federica alla donna, che si era già premurosamente munita di acqua ossigenata e garze pulite per poter cambiare le fasciature che erano state apposte la sera prima.

“Ieri sera, dopo che vi siete addormentate, io e Rowen abbiamo parlato di qualcosa che vi riguarda, abbiamo pensato sia meglio chiedere il vostro parere per non ricadere in errori passati, ma credo comunque vi piacerà.”

Così tra le imprecazioni della minore a causa del dolore, la donna iniziò a spiegare tutto ciò di cui avevano parlato la sera prima; come previsto entrambe furono ben liete di conoscere la meta del viaggio, un po' meno del soggetto che avrebbero dovuto incontrare, da ciò che avevano sentito la loro immagine di lui era alquanto oscena, ma avrebbero avuto a fianco i loro allenatori che avrebbero fatto da supervisori, quindi non ci sarebbe stato da preoccuparsi.

“LOS ANGELES? Sul serio? Dimmi che non sto sognando, tirami uno schiaffo, qualco- Ahia! Che ti prende?!”

“Hai detto tu di tirarti uno schiaffo... Comunque come idea non sembra male, anche se mi piacerebbe avere qualche notizia in più su di queste droghe. Voglio dire, ne abbiamo realmente bisogno? Non è che diventeremo più sballate di due tossico-dipendenti?”

Queste furono le risposte delle due sorelle, Vittoria si era lasciata prendere dall'emozione, Federica invece aveva pensato alla cosa più razionalmente facendo anche le giuste domande alle quali Rowen cercò di dare risposta.

“Ho i miei dubbi anch'io su questo, ma non ho molte informazioni al riguardo, sarà lui una volta lì a parlarvene, a quel punto potrete decidere voi stesse. Quindi è deciso?”

“Diavolo sì! Quando si parte?!”

Quest'ultima frase fu detta all'unisono da entrambe che iniziarono già a immaginare al meglio il loro viaggio.

“Partiamo per Los Angeles!”

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Capitolo 7
*** VI. Road to Los Angeles Parte II. ***





Partiamo per Los Angeles!”

Fu con queste parole che le due ragazze si prepararono a partire verso la città degli angeli. La mattina seguente, le due sorelle, accompagnate da Matteo e Michael si erano ritrovate così all’aereoporto; solamente con un piccolo inconveniente.

“IO NON CI SALGO!”

“COME CAVOLO PENSI DI VENIRE ALLORA? CON IL MONOPATTINO?”

Infatti la maggiore aveva il terrore degli aerei, anche se non ci era mai salita. Proprio per questo motivo era iniziato un piccolo battibecco tra lei e la più piccola; anche perché stavano quasi per perdere il volo. Nonostante questo Federica sembrava insistere, non lasciando altra scelta al rosso che non quella di farle perdere i sensi tramite un colpo ben assestato sulla nuca, provocando uno sguardo di stupore tra tutti i presenti.

“Bhè, che avete da guardare?”

“Non potevamo semplicemente darle un sonnifero o tranquillizzarla..?”

Domandò Matteo quasi impaurito per quello che era appena successo. Dopo questo breve inconveniente, passate all’incirca nove ore di volo; Federica, Vittoria, Matteo e Michael si ritrovarono a Los Angeles. La maggiore sembrava essersi appena ripresa, giusto in tempo per scendere dall’aereo con le proprie forze.

“D-Dove ci troviamo..? Che giorno è? E perché mi fa male la testa..?”

Domandò Federica ancora scombussolata e rivolgendosi alla sorella, la quale volse gli occhi al cielo fischiettando per poi guardare Michael.

“Tu ne sai qualcosa, Michael?”

“Finitela di blaterare! Dobbiamo trovare un taxi.”

Finalmente fu il turno di Matteo, il quale con grande prontezza si era già procurato una vettura, che li avrebbe portati all’hotel in cui avevano prenotato. Secondo quanto riferito da Rowen, l’albergo in questione si chiamava Four Seasons e si trovava a Beverly Hills ed era uno dei più famosi della città. Le due si erano ritrovate davanti ad universo completamente differente da quello che conoscevano. Sin da subito si poteva notare un traffico terribile, dei palazzi altissimi e delle luci al dir poco accecanti. Ovviamente non potevano mancare le palme, un simbolo caratteristico della California.

“Altro che Donofalù!”

“Io mi trasferisco qui!”

A parlare erano state prima Federica e poi Vittoria, la quale era con la faccia spalmata sul finestrino ad ammirare ogni cosa come una bambina in una gelateria. Quest’ultima si meravigliò del fatto che Matteo e Michael non fossero altrettanto colpiti, tanto da porre loro la domanda.

“Ma voi non dite nulla?! Avete visto che roba?”

“Non è certo la prima volta che vengo qui, ma non ho mai alloggiato in un albergo simile. Stavolta Rowen si è dato proprio da fare!”

“Chi? Quella vecchia volpe? Come minimo avrà hackerato il conto di Enrico un’altra volta.”

“Lo aveva già fatto..?”

Rispose prima Matteo, seguito immediatamente dopo dal rosso, che dopo aver ricevuto quella domanda tossì sviando il discorso.

“Sembra che siamo arrivati, scendete!”

I quattro, non appena scesi si ritrovarono ai piedi dell’imponente struttura che li avrebbe ospitati. Così, trascinando con se i propri bagagli, Federica si fece avanti, ma a quanto pare qualcuno la fermò.

“Well give me your bags, I'll take care of them.”

“Ahm.. cosa? Cioè.. What?”

“Give me.. your bags, I'll take care of them.”

“Bags? Oh, yes. Of course.. Great Los Angeles!”

Alla ragazza si era avvicinato un fattorino, il quale giustamente stava cercando di compiere le proprie mansioni. La castana però aveva solo un piccolo problema: era dannatamente scarsa nella lingua inglese e conosceva semplicemente le parole base. Fu per questo motivo che ad intervenire in suo soccorso fu proprio Matteo, che accortosi delle difficoltà linguistiche, accorse in suo aiuto.

“Oh I'm sorry, she doesn’t speak English well. These are our luggage, thank you.”

A differenza di Federica, Matteo sembrava cavarsela piuttosto bene, al punto che si fece assegnare il numero delle camere che erano state riservate appositamente per loro. Inoltre si occupò di altre faccende, come le colazioni e il resto. I quattro si diressero dunque presso le loro stanze, le quali sembravano trovarsi tra i piani più alti ed erano l’una accanto all’altra. Inoltre la Receptionist aveva informato loro che l’albergo poteva offrire altri vari confort, i quali sarebbero stati resi disponibili solamente tramite l’utilizzo delle carte magnetiche delle stanze. Confort che molto probabilmente non avrebbero mai usato visti i vari impegni che avevano in programma.

“Questa è la vostra carta, cercate di non perderla mi raccomando.”

“Tranquillo, non vedi che siamo due ragazze responsabili?”

Detto questo i due annuirono anche se non molto convinti, entrando poi nella loro stanza. Le due sorelle seguirono dunque il loro esempio, o almeno ci provarono, dato che la maggiore una volta fatta strisciare la carta magnetica attraverso l’apposito interruttore, vide apparire una luce rossa seguita da un sonoro beep. La ragazza non si scoraggiò e riprovò ancora una volta, ma il risultato sembrava essere ogni volta lo stesso.

“Che diamine ha sto affare?!”

“Non sai aprire neanche una porta! Fa provare me!”

La minore provò quindi anche lei, ma l’esito fu il medesimo, fino a quando non posò lo sguardo sul numero inciso sulla carta: 117B. Subito dopo diede un’occhiata alla porta, che riportava il numero 119B. Ed ecco svelato il mistero; le due sorelle si guardarono negli occhi per qualche istante, per poi pronunciare le stesse parole.

“Nessuno dovrà mai saperlo.”

Per poi dirigersi finalmente nella camera corretta, che proprio come lasciava supporre era più che lussuosa. Entrando si poteva notare uno spazioso soggiorno, con un grande divano beige in pelle, due poltrone del medesimo colore di fronte ad esso e tra questi un piccolo tavolinetto basso in vetro. Nell’altra stanza erano invece presenti due letti singoli a una piazza e mezzo, con due piccoli comodini e delle Abat-jour sopra di essi e un grande armadio. Era presente un’ultima stanza, ovvero quella del bagno, dove si trovava una vasca da bagno grande almeno tre volte quella di casa loro, con un sistema in grado di cambiare il colore della luce; il lavandino con lo specchio e i sanitari. Al di fuori si trovava invece un balcone, che faceva da tramite per le due stanze. Le sorelle, sbalordite iniziarono a curiosare, cosa che durò molto poco vista la stanchezza dovuta al viaggio, anche se Federica aveva già dormito la maggior parte del tempo a causa di Michael... La mattina seguente, le due si sentirono bussare ripetutamente alla porta, cosa che ignorarono beatamente, continuando così a dormire. Pochi attimi dopo tornò il silenzio, il quale durò molto poco visto quello che accadde in seguito. Difatti quel rumore tornò ancora più forte di prima, costringendo Vittoria ad alzarsi per andare a vedere di chi si potesse trattare.

“Mh… Sto arrivando, un attimo.”

Non appena aperta la porta lo spettacolo che vide non fu dei migliori, infatti davanti a lei si trovavano Michael e Matteo in compagnia della cameriera con il carrello in mano.

“Mia nonna con la vestaglia è più attraente di te.”

Disse il rosso rivolgendosi alla ragazza, che giustamente si era appena svegliata e non aveva un aspetto dei migliori. Nel frattempo Matteo si fece strada nella stanza, raggiungendo la camera da letto dove si trovava Federica ancora nel mondo dei sogni.

“Per quanto ancora hai intenzione di dormire? Oggi dobbiamo cercare Emanuele, te lo sei dimenticata?”

La castana mugugnò, senza dare troppa importanza a quelle parole, o meglio ancora, non era stata in grado di connettere ancora il cervello. Il ragazzo fu così costretto a spintonarla, fino a che non si fosse svegliata. Federica aprì finalmente gli occhi e vedendo per primo Matteo a bordo letto, non potè che pensare al peggio, iniziando così a urlare.

“CHE CAZZ- COSA CI FAI NELLA MIA STANZA? DANNATO MANIACO, LEVATI DI CULO!”

Nel dire ciò la ragazza tirò un paio di calci al malcapitato, che stava solamente cercando di svegliarla, invitandola a darsi una calmata per non far riaprire le ferite. Tutto ciò sotto gli occhi della cameriera, che abbandonò lì il carrello allontanandosi silenziosamente sotto gli occhi di Michael.

“Vi sembra di essere in gita? Vi state divertendo? Magari volete anche un cappuccino con una brioches?”

“Oh bhè… non sarebbe male!”

Rispose la minore all’uomo, ricevendo un’occhiataccia minacciosa da parte di quest’ultimo. A intervenire fu Federica, che volle capire che cosa stava realmente accadendo e come mai si erano infiltrati nella loro stanza.

“Sono le 7.00 del mattino.. mi spiegate perché cavolo siete qua? Bussare faceva schifo?”

“Infatti ho aperto io, Sherlock Holmes! Anche se resta il fatto che siate venuti qua senza un buon motivo.”

“Si da il caso che la cameriera era venuta a portarvi la colazione e non ricevendo alcuna risposta sia venuta a bussare alla nostra stanza essendo noi i vostri accompagnatori, Watson.”

Replicò Matteo ancora dolorante per le botte subite.

“Vi aspettiamo nella hall, datevi una mossa e non perdiamo altro tempo.”

Poco tempo dopo anche le due sorelle erano finalmente pronte e avevano raggiunto gli altri al piano terra. Tuttavia, mentre si stavano dirigendo verso l’uscita, l’attenzione della minore venne colpita da qualcosa, o meglio ancora da qualcuno. Fatto sta che si separò dal gruppo per andare dietro a quest’ultimo; si trattava proprio di Jeremy Renner, l’attore che la ragazza idolatrava subito dopo Robert Downey Jr.

“Jeremy, wait! Oh, shit!”

L’uomo si voltò giusto in tempo per vedere la ragazza trascinata via dalla sorella, il tempo per poter dire la sua anche lui.

“One moment, wait.”

Jeremy afferrò l’agenda che si trovava all’interno della sua giacca, scrivendo una piccola dedica alla ragazza.

“Here you are, goodbye!”

“Vuoi darti una mossa? Non siamo qui per giocare!”

Sgridò Federica alla propria sorella, la quale era così presa nel ringraziare l’attore che non considerò nemmeno le sue parole. La ragazza, che aveva perso la pazienza, si decise a tirarla via da lì per raggiungere di nuovo gli altri, i quali erano già a bordo di un taxi ad aspettarle ormai spazientiti. La destinazione era Main Street, era lì che abitava Emanuele, l’uomo che aveva frequentato la stessa università di Rowen. Erano quasi arrivati quando Matteo notò qualcosa negli sguardi di entrambe, queste infatti sembravano quasi su un altro pianeta e non sembravano stare molto bene.

“Hey... Ragazze è tutto apposto?”

“Mi... Mi gira un po' la testa...”

A seguito di questa risposta da parte della più grande il ragazzo si preoccupò di far fermare il taxi, seppur mancassero davvero pochi metri all'arrivo; una volta scesi cercò di farle sedere da qualche parte per riprendersi e fu allora che Michael, osservando la sua “protetta” si accorse che qualcosa non andava.

“Merda, ma stai sanguinando! Anche tu! Cercate di bloccare l'emorragia, tu vai a cercare aiuto.”

“Aiuto? E le lascio qui da sole? Rowen mi ha detto di prendermi cura di loro!”

“Lo ha detto anche a me, quindi muovi quel culo e cerca un taxi!”

Questo breve battibecco tra i due mise ancora più in agitazione le ragazze, infatti queste svennero sotto gli occhi di entrambi. Fortuna volle che proprio da quella strada abbastanza isolata stesse passando un uomo, esso accortosi della situazione si precipitò in loro aiuto lasciando a terra quella che probabilmente era la spesa appena fatta.

“Venite con me! So come aiutarle, sbrigatevi!”

I due tutori nell’udire le parole di quell’uomo non poterono che fidarsi per il momento, non avevano altra scelta. Così, nel giro di pochi minuti si ritrovarono tutti e quattro nell’abitazione dell’individuo che era venuto in loro soccorso.

“Poggiatele qui, ho sviluppato giusto un nuovo farmaco che permette di far passare ogni dolore.”

“Che diavolo vuoi dare loro? Non puoi semplicemente ripulire e richiudere le ferite?”

“Giusto. Vedo che hai gli arnesi adatti per farlo.”

Risposero prima Michael e poi Matteo, che a quanto pare erano evidentemente preoccupati per l’incolumità delle due sorelle. Infatti se fosse successo loro qualcosa molto probabilmente Rowen non li avrebbe mai perdonati per la loro incuranza.

“Ok ok! Era solo un modo per far sentire loro meno dolore anzi che usare ago e filo!”

“Tu attieniti a quello che abbiamo detto se non vuoi che sia io a cucire la tua bocca.”

“G—Già!”

Dissero ancora una volta prima il rosso e poi il ragazzo, anche se quest’ultimo non molto convinto dalle parole dell’altro.

“Accidenti, ci tenete davvero molto a queste due ragazzine. In ogni caso lasciate fare a me, non userò nessun farmaco su di loro, ma voi aspettate nella stanza accanto che abbia finito.”

I due per stavolta si attenerono alle direttive del misterioso individuo, fino a quando quest’ultimo, una volta terminata la medicazione non li raggiunse.

“A quanto pare siete entrambi italiani, cosa vi porta nella città degli angeli? Un matrimonio gay?”

Questa volta fu Michael a trattenere Matteo dall’assalire quell’uomo, rispondendo dunque alla domanda che gli era stata appena posta.

“Stiamo cercando una persona, da quello che ci hanno riferito abita qui a Main St.”

“Hm? Che persona? Magari vi posso aiutare, sono anni che vivo qui!”

“Il suo nome è Emanuele, sappiamo solamente che fino ai tempi dell’università viveva a Donofalù, dopo di che si è trasferito qui a Los Angeles portando avanti i suoi affari.”

“E ditemi.. una volta trovato che intenzioni avete?”

“Vogliamo semplicemente parlargli riguardo alle due ragazze che hai appena curato, non ce ne andremo fino a che non saremo riusciti a incontrarlo, altrimenti Rowen...”

Rispose questa volta Matteo, suscitando nell’uomo un certo interesse per il nome che era appena stato pronunciato.

“Università? Donofalù? ROWEN! MA CERTO!”

“Che hai da urlare? Lo conosci?”

Chiese Michael. L’uomo iniziò a correre verso l’altro lato della casa, per poi tornare con qualcosa in mano, si trattava del diploma che attestava la sua laurea in genetica umana.

“Quell’Emanuele sono io! Di che ha bisogno Rowi?”

Gli occhi di Michael e di Matteo si spalancarono, l’avevano davvero trovato?

 

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Capitolo 8
*** VII. HG-520. ***





M
ichael e Matteo avevano finalmente trovato la persona per la quale erano andate a Los Angeles, il suo nome era Emanuele, un presunto compagno di studi di Rowen. Questa volta la missione delle due ragazze era quella di rintracciare tale persona per poter avere maggiori informazioni sulle sue ricerche riguardo un certo farmaco e, nel caso si fosse rivelato utile, averne qualche dose da parte di quest’ultimo. Peccato solo che adesso Federica e Vittoria si trovavano distese su di un letto, svenute a causa dell'ennesima riapertura delle loro ferite.

“Quell’Emanuele sono io! Di che ha bisogno Rowi?”

“Tu saresti Emanuele?”


“Ci prendi per il culo?!”

Chiese prima Matteo, seguito poi da Michael. Entrambi erano giustamente diffidenti, dopotutto Los Angeles era una città così grande, come potevano aver trovato così in fretta la persona che stavano cercando? Nonostante tutto ciò, i dubbi cessarono immediatamente quando Emanuele avvicinò ancora una volta a loro il diploma che attestava la laurea all’Università di Donofalù, insomma, chi altri in tutto Los Angeles avrebbe potuto averlo?

“Accidenti, come siete diffidenti.”

Dopo aver detto ciò Emanuele si avvicinò all’orecchio di Matteo, per incentivare le sue affermazioni, per poi bisbigliargli qualcosa, probabilmente riferito proprio a Rowen. Nell’udire quelle parole il ragazzo non potè che riconoscere qualcosa a lui familiare, infatti sgranò gli occhi, per poi tornare composto.

“Si tratta senza alcun dubbio di lui…”

“Non voglio neanche sapere che ti ha detto. In ogni caso, la nostra missione è completata, ora dobbiamo solo aspettare che le due principesse sul pisello si sveglino e chiasso finito.”

“Principesse sul pisello a chi?”

“Che mal di testa.. dove cazzo ci troviamo? Questo posto puzza e fa schifo.”

Risposero prima Vittoria e poi Federica all’affermazione di Michael, che le aveva per l’appunto interpellate un attimo prima. Adesso all’appello non mancava più nessuno. Non appena entrate nella stanza, le due sorelle si erano ritrovate in un ampio spazio che comprendeva sia cucina che sala da pranzo e soggiorno, era arredata piuttosto malamente con mobili per la maggior parte rovinati, su di essi inoltre vi erano farmaci di ogni tipo, siringhe ancora impacchettate e non. Il commento della maggiore era infatti dovuto a questo, ma anche all'aria che si respirava lì dentro, si poteva notare, nella parete opposta a loro, una finestra ben chiusa, oltre a quella non vi erano altre prese d'aria e questo era la causa dell'aria irrespirabile lì dentro. Insieme a quel disordine le due avevano inoltre notato una porta malridotta che doveva sicuramente portare al bagno, ma malgrado i loro bisogni decisero che tenevano di più alla loro igiene. Emanuele, nonostante fosse evidente quanto l'appartamento fosse malmesso, si offese ugualmente tanto da rispondere alla più grande.

“Alla faccia delle damigelle in pericolo...”

“E questo tizio chi diavolo è?”


“Qualcuno ci vuole degnare di una risposta?”

Federica e Vittoria avevano risposto a tono, per poi voltarsi in direzione dei loro tutori, nella speranza che finalmente le considerassero per sapere che era successo e perché ora si trovassero lì. Finalmente a dar loro una risposta fu Matteo, seppur vagamente.

“Avete presente quell'uomo di cui vi aveva parlato Rowen?”

“Siamo venute qui per lui, certo che lo abbiamo presente, genio.”

“Si ma se non ricordo male entrare in casa di un drogato qualsiasi non rientrava nelle cose da fare, sbaglio?”

Avevano ancora una volta risposto prima la maggiore e poi la minore, con la differenza che quest’ultima si era poi avvicinata ad Emanuele, poggiandogli una mano sulla spalla e sussurrando:
“A proposito… hai qualcosa anche per me?”

Michael che si trovava a pochi passi aveva sentito tutto, lanciando un'occhiataccia che al suo posto avrebbe impietrito chiunque. Vittoria che si era accorta della sua espressione aveva compreso di aver in qualche modo esagerato, cercando quindi di rimediare.

“Ok… forse è meglio di no…”

Sotto gli sguardi incuriositi di tutti era poi tornata al fianco della sorella.

“Come stavo dicendo… L’uomo che avete davanti è la persona di cui Rowen e Ludovica vi hanno parlato, Emanuele.”

Matteo si era fermato solo per poter vedere le ragazze annuire, una volta fatto riprese il suo discorso.

“Siete svenute lungo la strada e lui vi ha aiutate, non so come avremmo fatto senza il suo aiuto. Adesso che lo abbiamo incontrato non resta che chiedere spiegazioni su quanto ha detto Ludovica riguardo quel farmaco di cui vi ha accennato prima della partenza, poi sarete voi a decidere cosa fare.”

Le due annuirono nuovamente, volgendo poi lo sguardo verso lo scienziato.

“Credo tu abbia capito di cosa stiamo parlando, puoi aiutarci e spiegarci cosa riguarda?”

L'uomo in questione quasi contento della domanda di Federica corse nella stanza dove aveva ricucito entrambe, ne uscì poco dopo con diverse provette, capsule e fogli pieni di calcoli e scritte che poggiò sul tavolo a fianco. Poi invitò tutti a sedersi attorno a quest'ultimo per cominciare a esporre le sue ricerche.

“Quelle che vedete sono il frutto di anni di ricerche, tutto nacque quando frequentavo ancora l’università di Donofalù assieme a Rowen. A quei tempi ero un ragazzo molto solitario e trovavo conforto solamente attraverso l’uso di droghe. Così ho pensato: perché non crearle io stesso e far provare a tutti lo stesso piacere? Da allora iniziai i miei studi e sviluppai quelle che vedete oggi. Purtroppo però ben presto fui scoperto dalla polizia e costretto quindi ad abbandonare il mio paese, ecco perché oggi mi trovo qui a Los Angeles, dove tutto è possibile.”

“Aspetta aspetta aspetta. Perché ci stai raccontando la storia della tua vita? Che cosa c’entra con noi?”

Disse Vittoria, interrompendo l’uomo che stava continuando il suo racconto.

“Infatti, se mi lasciassi finire… Ehm-ehm, stavo dicendo, una volta arrivato qui pensai bene di farne una professione, iniziai anche ad ampliare la mia attività visto le varie richieste da parte dei miei clienti; uno di questi rivelatosi un criminale mi chiese se potevo sviluppare qualcosa di utile per delle ferite da armi da fuoco ad esempio. Così espansi le mie ricerche anche verso il campo medico.”

Concluse Emanuele indicando il frutto del suo lungo lavoro.

“Bene, direi che è proprio per questo motivo che siamo venuti. Ragazze, avete delle domande in merito?”

Domandò Matteo alle due ragazze, le quali avevano senz’altro mille dubbi a riguardo, dopotutto dovevano decidere se assumere queste sostanze o meno.

“Bè, direi di si, e molte anche. Ad esempio… vediamo, quali sono i pro nell’utilizzo di questo farmaco?”

“Ottima domanda. Tanto per iniziare l’assunzione dell’HG-520 aumenta in modo straordinario la prontezza di riflessi, annienta la percezione del dolore e potenzia incredibilmente la capacità rigenerativa delle piastrine. Donando inoltre alla mente di chi lo assume un incredibile senso di onnipotenza.”

La domanda di Federica ebbe prontamente risposta da parte dell’ideatore della suddetta sostanza, una così rapida risposta che diede vita ad una nuova domanda, questa volta da parte di Vittoria.

“Sembra essere una figata, però… tutto ciò che è figo ha sempre dei risvolti negativi. In questo caso quali sono?”

“Di solito preferisco non rivelare gli effetti collaterali, la gente ha sempre il timore delle conseguenze… Ma visto che me lo avete chiesto… L’HG-520 ha una durata, che equivale a due ore, terminato questo lasso di tempo hanno inizio gli effetti collaterali. Il principale di questi è la percezione immediata del dolore fino a quel momento accumulato, che può portare alla perdita dei sensi. Ma vi è un rischio ancora più grande: l’assunzione di una dose eccessiva può portare ad un arresto cardiaco immediato. Tutto qui, o almeno fino ad adesso sono stati riscontrati solo questi… magari tra un paio d’anni se ne scopriranno degli altri.”

“T-Tutto qui? Ah, serio? Sembra agile, al massimo possiamo solo morire, giusto, Vittò?”

“Scherzi? Sarà una passeggiata camminare tra questo e l’altro mondo!”

Le due si voltarono poi all’unisono verso il loro interlocutore con espressione di incredulità.

“CI PRENDI IN GIRO?! CHI E’ IL COGLIONE CHE PRENDEREBBE MAI QUESTA ROBA?!”

“Voi? E poi tranquille, i miei topi da cavia sono ancora vivi, o almeno quasi tutti.”

“E questo ci dovrebbe tranquillizzare?! Voi che ne pensate, Michael, Matteo?”

Esclamò Vittoria puntando poi lo sguardo in direzione dei due supervisori, che fino ad ora erano rimasti in silenzio per ascoltare attentamente i pro e i contro del farmaco.

“Fate come preferite, se volete fare la stessa fine dei topi non è affar mio, non voglio avervi sulla coscienza.”

“Ah. Certo che ci tieni molto a me.”

Ribattè Vittoria all’affermazione di Michael, il quale volse lo sguardo altrove. Adesso era il turno di Matteo di dare una risposta, che si era voltato in direzione della sua allieva, con la quale aveva passato senz’altro più tempo rispetto alla minore.

“Se devo essere sincero, questa cosa del farmaco non mi convince molto, insomma, per me sei ancora la mia allieva, ho ancora tante cose da insegnarti e non voglio vedere il tuo nome su una lapide accanto a quello di tua sorella.”

“Oh, che cosa carina, magari adesso ti dichiarerai a me e ci sposeremo? MA VAI AL DIAVOLO, NON DARMI GIA’ PER MORTA.”

Rispose sarcasticamente Federica all’altro. Nel frattempo Vittoria sembrava essersi isolata dal restante gruppo per mettersi d’accordo con Emanuele sulle dosi da somministrarle.

“No raga, ma tranquilli, se mi cercate io sto prendendo il farmaco eh.”

“MA CHE CAZ- ASPETTA COGLIONA, PRIMA DOBBIAMO PARLARNE INSIEME.”

Peccato solo che la minore stesse cercando di ingoiare la pasticca che si trovava già all’interno della sua bocca.

“GUARDA CHE STAVO SCHERZANDO, NON L’HO MANDATA MICA GIU’!”

“Suvvia ragazze, non litigate!”

Emanuele scherzosamente diede una pacca sulla schiena di Vittoria, che involontariamente mandò giù la capsula. La castana iniziò subito a tossire, sotto lo sguardo allarmato di tutti i presenti, soprattutto del responsabile che si allontanò con passo lento.

“ODDIO, CHE CAZZO FAI?! SPUTA QUELLA ROBA!”

“NON VOLEVO FARLO PER DAV-“

La ragazza non riuscì a dare una risposta alla sorella che cadde a terra a peso morto. In seguito a ciò Michael si alzò di scatto, lasciando cadere alle sue spalle la sedia su cui era seduto poco prima, avvicinandosi per poi chinarsi verso Vittoria e scuoterla. Quest’ultima tuttavia era come incosciente, con lo sguardo vitreo.

“CHE CAZZO LE HAI FATTO PRENDERE?! SCIENZIATO UN PAR DI PALLE!”

Il rosso sembrava essere più agitato del solito, alzandosi da terra per afferrare il colletto della camicia di Emanuele, il quale riuscì in qualche modo a scivolare via dalla presa, iniziando poi a correre intorno al tavolino. Tuttavia per Michael non sembrava essere un grande problema dato che non esitò a spostare via anche questo, arrivando stavolta a prendere l’uomo per il collo. Fu in quel momento che intervenne Matteo, che cercò di calmare il compagno e di farlo ragionare. Nello stesso istante un colpo di tosse destò tutti, la ragazza si era ripresa con grande sorpresa da parte dei presenti. Quest’ultimi infatti si erano voltati nella sua direzione, come se avessero visto un fantasma.

“Vittoria, sei viva…?”

Chiese Federica alla sorella, che si stava ora rialzando da terra barcollando qua e la. Nel frattempo Michael lasciò andare la presa su di Emanuele, che una volta libero si risistemò il colletto della camicia e proferì parola.

“Visto? Tutto apposto, proprio come dicevo.”

“Tutto apposto un corno! Vittoria, come ti senti? Il farmaco sta facendo effetto?”

La domanda posta da Federica non ebbe tuttavia una rapida risposta, difatti Vittoria sembrava essere ancora intontita dato che si soffermò a guardarla per un paio di secondi, per poi annuire semplicemente con la testa.

“Fantastico, adesso mia sorella è un handicappata.”

Evidenziò la maggiore, che aveva già dato per scontato l’insanità dell’altra. Quest’ultima sembrò riflettere un po’ su queste parole, per poi darle una risposta in qualche modo sensata.

“Sto bene, stranamente. Anzi, mi sembra di non sentire più lo stesso dolore di prima, come se le mie ferite si stessero rimarginando.”

“FUNZIONA! Ah, ehm, voglio dire, cioè, certo che funziona!”

Esclamò Emanuele come se fosse stupito del risultato ottenuto.

“Davvero stai bene? Ti senti in qualche modo diversa?”

“Mi sento bene, ho solo una leggera emicrania. Dovresti prenderlo anche tu.”

“Chissà perché ma la cosa non mi convince più di tanto… però visto che l’hai presa tu e sei ancora viva, farò un tentativo.”

Così dicendo Federica afferrò l’HG-520, per poi mandarlo giù e ripetere la stessa cosa accaduta poco prima con Vittoria. Una volta risvegliatasi sembrò avvertire gli stessi sintomi della sorella, fu a quel punto che Emanuele prese parola.

“Bè, adesso è meglio che vi sediate e stiate per un po’ tranquille, essendo la prima volta che assumete l’HG-520 vi darà indubbiamente fastidio, si tratta solo di una sorta di forma di rigetto del vostro organismo, ma vedrete che la prossima volta sarà già meglio, fino a quando non proverete più nulla.”

Entrambe erano per l’appunto impallidite, provocando una certa ansia e agitazione nei confronti dei loro accompagnatori, che quel giorno non avevano fatto che preoccuparsi per le due. Inoltre queste avevano iniziato a sudare e a sentire una certa nausea ed il pensiero che si sarebbero sentite ancora peggio non le allettava per niente, al punto che decisero di tornare all’albergo dove alloggiavano per poter riposare adeguatamente.

“Credo possa bastare per oggi, torniamocene in hotel.”

“Hai ragione, inizio ad essere stanco anche io. Emanuele, ci potresti lasciare qualche altro farmaco nel caso dovessimo averne bisogno? Inoltre, potresti togliermi una curiosità? Sai, anche io frequento la stessa Università che avete fatto tu e lo zio Rowen, che cosa hai messo all’interno di questa pillola?”

Dissero prima Michael e poi Matteo per potersi congedare. La risposta di Emanuele a quella domanda non tardò ad arrivare, mentre stava provvedendo a dare loro ciò che avevano richiesto.

“Hmm, fammici pensare un attimo. Allora, direi che è composto da un diverso quantitativo di nootropics, ognuno di essi ha una propria funzione e unita al CPH4 sintetico aumenta le capacità di recupero e annienta il dolore come vi ho detto.”

“Che cos’è il CPH4 sintetico? E i nootropics?”

“Solamente un enzima prodotto dalle madri in gravidanza per mettere in moto lo sviluppo del feto, mentre i nootropics derivano da alcune parti di piante o alimenti, che lavorano aumentando il rilascio di agenti neurochimici, migliorando l'apporto di ossigeno al cervello o stimolando la crescita nervosa.”

“Che cazzo hai detto?”

“Torniamo in albergo, devo vomitare.”

La rivelazione da parte dell’uomo aveva lasciato tutti i presenti di stucco, senza contare Federica e Vittoria, che avevano ingerito un intruglio simile e che adesso se ne pentivano amaramente.

“Micheal, Matteo, da domani inizieremo gli allenamenti, voglio smaltire questa merda.”

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