un amore senza fine...

di I aint bothered
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I ***
Capitolo 2: *** capitolo II ***
Capitolo 3: *** capitolo III ***
Capitolo 4: *** capitolo IV ***
Capitolo 5: *** capitolo V ***
Capitolo 6: *** :( ***
Capitolo 7: *** capitolo VI ***
Capitolo 8: *** i'm back! ***
Capitolo 9: *** capitolo VII ***



Capitolo 1
*** capitolo I ***


Antefatto. 

Mi chiamo Grace Biel. Sono nata nel 1921 e rinata  nel 1939. Sono una vampira. Per molti decenni ho vissuto nutrendomi solo di sangue umano, ma da circa qualche mese ho conosciuto una famiglia della mia specie un pò, come dire? Bizzarra : i Cullen. Ora il dottore, Carlisle, insieme al resto della sua famiglia mi sta aiutando a diventare come loro, vegetariana….. 

Primo capitolo.

   << Sbrigati Grace. È tardi. Dobbiamo andare a scuola. >> mi fece notare Alice svolazzando qua e là nella stanza raccogliendo i libri per le lezioni di quella mattina.
In casa Cullen erano tutti pronti e perfetti per andare chi a scuola, chi a lavoro. Mancavo solo io all’appello. Come al solito ero rimasta tutta la notte al computer a scrivere le mie storie dell’orrore prese dalla mia esperienza personale, e avevo perso totalmente la cognizione del tempo. Agli umani piaceva molto leggerle, ma ovviamente non gli davano molta importanza perché non credevano alle fantastiche storie sui vampiri.
Sciocchi ingenui.
Chiuso il computer, già pronta come ogni volta, andai direttamente da Renesmee che era tenuta in braccio da Esme. Le baciai la fronte e mi lanciai dalla portafinestra per raggiungere gli altri, che erano già partiti. Era un rituale che si ripeteva quasi tutte le mattine. Anche questa mattina mi avevano lasciata a piedi. Grazie fratellini.
Strada facendo incrociai Jacob e Seth che continuavano a rimanere nella zona di casa nostra. Non avevano ancora risolto il problema dell’alfa con Sam. Leah probabilmente dormiva ancora. Doveva aver fatto la nottata, mentre scrivevo quella notte, infatti, ogni tanto la sentivo ululare.
Mi fermai di scatto e li salutai con una carezza sulla nuca. Entrambi scodinzolarono come risposta al mio saluto. Dopo avergli sorriso affettuosamente come una sorella mi rituffai nella mia corsa contro il tempo.
In meno di due minuti mi ero già avvicinata alla macchina così tanto che riuscivo a vedere la Volvo grigio metallizzata di Edward che correva sull’asfalto a tutta velocità.
Si accorsero di me, ma proseguirono lo stesso senza aspettarmi. Da una parte mi piaceva questo ‘gioco’, da vampira modello quale ero, adoravo letteralmente le sfide. E questa era un’evidente sfida che mi lanciavano i miei fratelli. Come potevo rifiutarla?
Correvamo di pari passo: io a piedi e loro in macchina. Mi rivolsi ad Emmett come se fosse proprio accanto a me. Sapevo che mi avrebbe sentita. Mi piaceva stuzzicarlo, lui era senza dubbio il più competitivo della famiglia e non sopportava essere superato nella forza o nella velocità – per questo ce l’aveva spesso con Edward, perché era il più veloce in assoluto di tutti noi.
   << Scommettiamo che arrivo prima io? >> gli strizzai l’occhio e accelerai improvvisamente, lasciandomi alle spalle l’espressione divertita ed eccitata di mio fratello, che uscì dalla macchina con un movimento così veloce che, se anche ci fossero stati umani da quelle parti, sicuramente non avrebbero potuto vederlo. Come immaginavo aveva accolto in pieno la mia provocazione ed ora sfrecciava concentrato al mio fianco.
Stavamo quasi arrivando a scuola e io ero ancora leggermente in vantaggio. Poco prima del negozio dei Newton, però, avremmo dovuto fermarci per salire in macchina: ovviamente non potevano vederci arrivare a piedi, né tanto meno a quella velocità.
Così appena prima del traguardo, gli concessi di vincere. Tanto valeva farlo felice, se no chi avrebbe sopportato il suo musone per chissà quanto tempo?
   << Campione del mondo! Indovinate chi ha vinto? >> domandò altezzoso al resto dei fratelli mentre entravamo in macchina. Con mio enorme piacere, tutti quanti reggevano il mio gioco: Alice aveva previsto tutto ed Edward mi aveva letto nel pensiero ed entrambi avevano avvertito gli altri dell’accaduto. Per tutto il resto del viaggio tutti, compresa Rosalie, lasciammo Emmett convinto di essere il vero vincitore. Lui essendo un vero bambinone se la bevve alla grande. Arrivati a scuola incontrammo Jessica e Mike che parlavano delle previsioni metereologiche della settimana: inutilmente visto che si sapeva che come al solito ci sarebbe stata pioggia, pioggia e ancora pioggia. Poco male, almeno io, Alice, Rose ed Esme saremmo potute andare tranquillamente a fare shopping. Ma per loro il problema era ben diverso dal nostro: loro stavano organizzando una gita vicino a La Push e il bel tempo era necessario affinché la loro escursione potesse essere confermata.
Oramai non ci invitavano neanche più, non perché non gradissero la nostra compagnia, ma perché sapevano già che la nostra risposta sarebbe stata comunque ‘no’, come ogni volta, d’altronde. Per i Cullen il motivo della risposta negativa era evidente: il compromesso raggiunto con la tribù dei Quileute quando il capo era il nonno di Jake; per Bella la motivazione vera e propria era l’assenza di Jacob all’interno di quel branco, che non gli dava più nessun motivo per andare da loro. Io. Beh, io non sono neanche da prendere in considerazione dopo quella volta che stava finendo male con Jared e Quil. Fortuna che c’erano Emmett e Jasper nei paragi, che sono venuti a separarci. Jasper, ovviamente, ci mise anche del suo placando i nostri animi.
Edward e Bella continuavano a parlare della loro piccola creatura. Mentre Alice mi continuava a ripetere che aveva forse intravisto una sorpresa per me. Ma mi ripeteva anche di non esserne completamente sicura a causa della vicinanza di Jake e Nessie che le offuscavano la vista.
Una volta che poteva esserci una bella sorpresa per me, alla fine si rivela non essere neanche sicura.
Fantastico.
Quel giorno a scuola tirava un’aria diversa, di novità. Tutti dicevano che in quei giorni sarebbe arrivato un nuovo studente nella nostra scuola. Non posso nascondere che ero veramente curiosa. Sarebbe stata una ragazza? O un ragazzo? Saremmo diventati amici, o no? Le mie domande banali furono cancellate subito da Edward che mi aveva letto nel pensiero.
   << Non ti preoccupare Grace. Chi mai potrebbe  trovarti antipatica? >> mi disse. Gli sorrisi fraternamente e lo baciai sulla guancia abbracciandolo all’altezza della vita. Conoscevo la famiglia Cullen da soli pochi mesi, ma erano già tutti molto affettuosi con me.
La giornata scolastica fu come al solito monotona e stancante, anche se io non potevo definirmi propriamente stanca. A casa tornammo tutti insieme con la macchina di mio fratello Edward e appena arrivati trovammo Esme e Nessie pronte ad aspettarci. Ci avevano sicuramente sentite arrivare già da prima che la nostra macchina entrasse nel vialetto. La piccola si dimenava tra le braccia della nonna per venirci incontro. Bella corse subito a prenderla, e la bimba passò dalle mani di una a quelle dell’altra in un trentesimo di secondo. In quel periodo non c’era molto da fare, a parte i compiti per il giorno dopo. Io e Bella eravamo comunque le uniche a doverli fare di volta in volta. I miei fratelli infatti oramai non ne facevano più: dopo più di dieci volte che ripetevano il liceo conoscevano a memoria le cose. Inoltre Edward ed Alice erano avvantaggiati, come sempre. Uffa. Però devo ammettere che ci aiutavano sempre.
Quando finimmo di fare i compiti, Bella si dedicò totalmente a suo marito e a sua figlia, mentre io mi concentrai sulle mie storie da scrivere per i miei fan.
Poco prima di sera arrivarono Jacob e Seth, che si fiondarono subito in cucina per svuotare il frigorifero. Arrivavano quasi sempre morti di fame. Almeno avevamo una scusa per usare il frigo, anche se i loro pasti ci costavano un occhio della testa; non mangiavano come persone normali : con il pasto di uno dei due in una casa normale avrebbero mangiato almeno cinque persone. Ad Esme, ovviamente la cosa faceva molto piacere, e anzi non perdeva occasione per offrirgli altro cibo.
Quella notte non la trascorsi come la precedente. Io e la mia famiglia guardammo la televisione tutto il tempo, alternando i canali di Sky con qualche vecchio film messo su DVD, come ad esempio Colazione da Tiffany o Via col  vento.  Inoltre sembrava che la piccola Renesmee non volesse proprio addormentarsi: fummo costretti a fare a turno per tutta la nottata per cercare di farla dormire. Rimasero con noi anche Seth e Leah, ma loro riuscirono a riposare indisturbati. Certe volte avrei voluto dormire, come se ne avessi avuto veramente bisogno, anche se naturalmente non era così. Io non potevo essere stanca, non più. Forse era una delle poche cose che rimpiangevo della mia vita da umana: mi piaceva molto sognare infatti, e quando Renesmee mi mostrava i suoi pensieri a modo suo ero ben felice di stare a guardarli. Per me era come un tuffo nel passato che mi permetteva di tornare a sognare.

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Capitolo 2
*** capitolo II ***


 

 

Secondo capitolo.

 

Alice finalmente era riuscita a capire di cosa si trattava la sorpresa a cui lei si riferiva da ormai una settimana circa. Ora aveva tutto chiaro davanti agli occhi perché avevamo allontanato Jacob e Nessie per un pò da lei.

Un ragazzo.

La mia sorpresa non era altro che un ragazzo.

Lo stesso di cui parlavano alcuni giorni prima a scuola. E così era un maschio, ormai era assicurato. Ed inoltre evidentemente avrebbe avuto a che fare proprio con me. Ma in che modo, mi chiedevo?

Quella mattina mi sentivo elettrizzata al massimo. Avevo paura di affrontare quella nuova giornata scolastica ricca di novità.

Fu la prima volta dal 1939 che, non so perché, ma ebbi la sensazione come di arrossire al solo pensiero e di sentirmi ribollire il sangue nelle vene, cosa assolutamente impossibile, naturalmente.

Era da quattro giorni che non andavo a caccia, ed era arrivato il momento di farlo.

Avrei dovuto sapermi mantenere concentrata per poter controllare la sete. Dovevo tenere sempre a mente che non ero ancora abituata a controllarmi completamente con gli umani. Proprio per questo dovevo essere sempre ben nutrita per non rischiare e cercare di alleviare la sofferenza.

Fu proprio per questo che decisi di rinviare l’incontro al giorno dopo per poter andare a caccia, e con mio grande sollievo Carlisle condivise la mia proposta: in fondo perdere un giorno di scuola era di gran lunga meno grave di una vita spezzata.

Alice non era d’accordo con noi, lei aveva visto tutto, ed era sicura che avrei saputo controllarmi. Ma, ahimè, io non mi fidavo così tanto dei miei sensi ancora influenzabili.

Alla fine cedette anche lei, stranamente.

Dopo che tutti furono andati via, feci mangiare la piccola Renesmee e aiutai Esme ad innaffiare le piante nel balcone della sua camera non-da-letto.

Quando fui libera dagli impegni casalinghi mi inoltrai nella foresta per dedicarmi alla mia caccia.

Ero da sola, grazie al cielo.

Esme aveva insistito per accompagnarmi, ma io la convinsi che era meglio che andassi per conto mio; anche perché avevo le mie cose a cui pensare e non le avrei prestato attenzione. E poi non si poteva lasciare la bambina sola a casa, no?

Per fortuna l’ultima scusa la convinse definitivamente a lasciarmi andare.

Meglio per Jacob se in quel momento non si era fatto vivo.

Nel bosco percepivo molti odori. Alcuni gradevoli, altri meno – come ad esempio quello dei miei amici licantropi. Sentivo i profumi dei vari animali, la terra bagnata e ogni tanto sentivo anche l’odore di Seth e Leah.

La mia attenzione fu catturata dalla dolce fragranza di un cervo, maschio, all’interno del suo numeroso branco.

Era molto stuzzicante.

Io mi libravo leggera tra gli alberi, ma l’odore si percepiva forte in qualsiasi direzione andassi. Decisi che in quel momento mi potevo accontentare anche di un semplice cervo, anche se io continuavo sempre a preferire gli orsi. Mi diressi ad est, dove il profumo era più forte.

Doveva essere da quelle parti, infatti con la mia vista superacuta intravidi il branco da lontano.

Mi appostai sopra un albero, lì vicino. Vedevo cose che l’occhio umano non avrebbe mai potuto vedere: il sangue che scorreva nelle vene pulsanti del collo.

Mirai con estrema facilità e precisione, lì dove il sangue si faceva più invitante e mi lanciai con uno scatto repentino sulla mia vittima.

Infilzai i miei denti affilati e succhiai finché mi fu possibile, poi non ancora totalmente soddisfatta, abbandonata la mia preda esanime, mi concentrai in un’altra ricerca.

Questa volta trovai quello che volevo: mi ero allontanata abbastanza per poter trovare quello che stavo realmente cercando.

L’orso era davanti a me e mi fronteggiava coraggioso. Non poteva sapere, poverino, quello gli sarebbe accaduto.

Il combattimento ebbe inizio quando lo decisi io.

Mi lanciai improvvisamente su di lui, ma riuscì a difendersi colpendomi sul bacino con una zampa e facendomi cadere per terra.

Questo non avrebbe dovuto farlo.

Non ne rimasi ferita grazie alla mia pelle di marmo, ma non potevo comunque sopportare l’umiliazione. In questo forse ero molto simile ad Emmett, d’altronde anche lui preferiva gli orsi.

Il duello continuò e lui fino alla fine riuscì a tenermi testa.

Era proprio tosto.

E questo mi piaceva.

Faceva di lui un ‘’degno avversario’’.

Una caccia troppo facile era anche noiosa.

Dopo quasi cinque minuti di “lotta” riuscii ad atterrarlo e afferrarlo dal collo. Come era stato con il cervo di poco prima, addentai il collo del grosso grizzly infuriato, il primo ad avermi messa in difficoltà.

Aveva un profumo troppo invitante.

Non riuscivo a sollevare la bocca.

Avevo voglia di succhiare in eterno, anche perché il sapore e l’odore del sangue durante la caccia mi liberavano la mente dai pensieri. Mi distraeva completamente, e in quel momento ne sentivo il bisogno.

Purtroppo per lui, però, ero più forte io.

Poteva consolarlo il fatto di essere morto con onore, lottando con tutte le forze fino alla fine.

Per me era stato diverso: io mi ero letteralmente guadagnata il mio cibo.

Dopo quasi un’ora che ero fuori per mangiare, decisi che potevo tornare indietro veramente soddisfatta della mia caccia.

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Capitolo 3
*** capitolo III ***


 

 

Terzo capitolo.

 

 

Prima o poi avrei dovuto affrontarlo, no?

Tanto valeva togliersi il pensiero, tanto cacciare avevo cacciato, e per il resto era tutto okay, o almeno credo.

Il giorno dopo, come deciso, dovevo affrontare la situazione. La nottata era stata un vero incubo: tutto il tempo senza fare nulla. Guardavo il soffitto seduta a terra e pensavo.

Pensavo alla mattina seguente. A quello che sarebbe potuto succedere, a quello che avrei potuto fare.

Secondo Alice e Rose stavo affrontando la cosa in maniera troppo esagerata e mi stavo bagnando prima del dovuto.

In effetti forse era così. Era solo una stupidaggine alla quale stavo dando troppa importanza. Il problema di fondo era un altro però: non riuscivo a convincermene io.

Era una cosa nuova per me, e mi spaventava. Soprattutto stando a quello che mi aveva detto Alice di aver visto: io e lui insieme. Insieme.

Si potrebbe pensare “cosa c’è di male?” , e lo condividerei anch’io qualora si trattasse di esseri della stessa specie. Di ogni tipo.

Non si trattava, però, del mio caso. Io ero una vampira, tra l’altro non da molto vegetariana e quindi ancora molto pericolosa. E lui un fragile e delicato umano.

Come potevo non essere sconvolta? Come mi chiedevo?

Quella mattina non furono loro a lasciarmi a piedi. Lo decisi io stessa.

Avrei cercato di scaricare tutta l’ansia accumulata in quegli ultimi giorni con una bella corsa.

Andavo più veloce che mai.

Avrei voluto rallentare, perché andando troppo veloce sarei arrivata prima e la corsa sarebbe durata pochissimo e non avrei avuto il tempo per rilassarmi abbastanza.

Ma non ci riuscivo.  

L’unica cosa che riuscivo a fare era muovere le gambe in maniera velocissima, e non si trattava nemmeno di un movimento volontario: era meccanico, automatico.

Come unica opzione avevo quella di deviare un pò la strada per cercare di allungare il tragitto, ma arrivai presto comunque. Purtroppo.

Sentii subito il nuovo compagno quando arrivò, poco dopo di me. Aveva un profumo diverso da quello degli altri, decisamente più gradevole.

La tensione che ero riuscita a liquidare correndo a perdifiato – se solo l’avessi avuto – ritornò improvvisamente quando lo trovai con lo sguardo.

Non poteva essere. Era troppo per i miei limiti.

Era bellissimo.

Come il suo profumo che sapeva di the bianco.

Un corpo perfetto, alto e snello. Un viso bruno faceva da cornice ad un’espressione dolce e delicata. I capelli neri, un po’ mossi, gli cadevano morbidi sugli occhi azzurro mare.

La sua carnagione abbronzata lo faceva sembrare fratello di Jake, con la differenza che lui non era sicuramente indiano.

Inaspettatamente mi accorsi che mi stava guardando. E se non avevo visto male… Mi stava sorridendo? Per forza, dovevo avere una faccia da stupida. Cercai di distogliere subito lo sguardo, non mi andava di mantenere quell’espressione inebetita.

Mi si avvicinarono Alice e Edward, entrambi con un messaggio di conforto.

  << Tranquilla Grace, starete bene insieme. >> mi assicurò l’una, peggiorando ulteriormente la situazione dentro di me.

  << Già gli piaci sorellina! Non puoi immaginare cosa abbia pensato di te. >> mi disse l’altro.

  << Ah. >> fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare.

Che cosa poteva aver pensato? “Che faccia da idiota che ha quella!”. Ecco cosa.

Wow.

Niente male come inizio.

Mio fratello, avendomi letto nel pensiero – che brutta abitudine – ricominciò a tranquillizzarmi: << Non è proprio questo quello che ha pensato. In realtà, ehm… già ti trova… come dire? Bellissima. Anzi stupenda, per usare il suo stesso termine >>

  << Ma… Ma davvero? >> domandai incredula, ma con un tono sarcastico.

  << Adora le tue lentiggini e i tuoi boccoli rossi, per non parlare degli occhi dorati, quelli proprio… >>

  << Okay! Basta così. Hai già detto abbastanza. >> risi imbarazzata, ma dentro di me governava una sensazione lusinghiera.

Bene, se non altro buona parte delle mie preoccupazioni erano infondate; Alice aveva avuto ragione – di nuovo – e… 1 a 0 per lei.

Per ora.

Quasi mi ero dimenticata di essere a scuola. Ero completamente immersa nei miei pensieri.

Adesso la prima parte della missione era finita e devo dire che tutto sommato era andata bene, a parte quel piccolo inconveniente letteralmente da dimenticare. Tuttavia era normale per me. Era normale che io facessi brutte figure, soprattutto in momenti importanti – come questo, appunto.

Se mai avessi dovuto fare qualche provino e avessero dovuto chiedermi: << Talento naturale? >> la risposta sarebbe stata:         << Fare pessime figure. >>

Dovevo tornare alla realtà: le lezioni erano ufficialmente iniziate pure quella mattina.

Jasper, Rose, Emmett e io avevamo la stessa lezione alla prima ora: inglese. Mentre Bella ed Edward andavano alla famosa lezione di biologia. Alice, invece, a lezione di ginnastica: prove per il ballo di Natale.

Il professore parlava, e io ascoltavo due parole sì e dieci no. Entrati nell’aula successiva, io e i miei fratelli ci guardammo: il profumo era intenso, inconfondibile. Come lo era prima quello di Bella. Lui  si voltò per caso e i nostri sguardi si incrociarono.

Improvvisamente lo sconosciuto mi fece segno di avvicinarmi.

Cosa dovevo fare? Accettare o rifiutare?

La mia espressione doveva essere molto eloquente, perché tutti e tre i miei fratelli mi guardarono con uno sguardo di incoraggiamento.

Alla fine intervenne Jasper, che mi mise l’umore a posto.

  << Grazie Jazz, ci voleva proprio. >> gli sorrisi riconoscente e anche sollevata, come se avessi bevuto dopo ore e ore di astinenza.

Quando c’era Jasper con me, io affrontavo le cose in maniera diversa da come le avrei potute affrontare se non ci fosse stato.

Sotto questo punto di vista gli sono stata sempre debitrice. E lui lo sapeva.

Decisi di sedermi accanto a lui, ma più mi avvicinavo più me ne pentivo. Certo però non potevo tirarmi indietro. Che figura ci avrei fatto? Sicuramente non  bella. E per quel giorno ne avevo fatte abbastanza.

Era inimmaginabile quanto fossero belli i suoi occhi da vicino: sembravano pezzi di mare rubati all’oceano nei quali ci si poteva tuffare senza paura di farsi male, perché profondissimi. Ma la cosa incredibile era che non solo erano di una bellezza inaudita, ma anche di un’infinita espressività.

Pur non essendo Edward, infatti, avrei potuto dire esattamente di che umore fosse.

In quel momento era sicuramente emozionato, imbarazzato e incredulo. Il motivo? Ero sicuramente io, stando a quello che mi aveva detto mio fratello.

Avevo accettato di avvicinarmi a lui, ma non volevo essere io a fare la prima mossa, quindi, dopo essermi seduta, rimasi in silenzio ad aspettare.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                           §*§*§*RINGRAZIAMENTI*§*§*§

 

Prima di chiudere volevo ringraziare cullengirl, Laura_Black, e fracullen per aver recensito i primi due capitoli della mia storia.

Inoltre volevo ringraziare anche aras95, bella95 digghi e Laura_Black per avere messo la fic tra i preferiti.

E ovviamente un enorme grazie va anche a tutti quelli che hanno semplicemente perso parte del loro preziosissimo tempo per leggere.

 

Grazie mille a tutti!!

 

Prongsina..

PS: un bacio alla mia Ciocianna Munafoica!! 

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Capitolo 4
*** capitolo IV ***


Allora signori e signore, siccome per motivi tecnici ci ho messo semplicemente una vita ad aggiornare, ho deciso che ne pubblicherò due in una volta. Spero che vi piacciano… :)

 

Buona lettura…

 

Prongsina….

 

 

Quarto capitolo:

 

   << Ciao, sono Mirko, quello nuovo. Tu chi sei? >> una voce calda e sensuale mi accarezzò l’orecchio.

   << Parli con me? >> chiesi super imbarazzata. Essere una vampira era conveniente in casi come questo, perché non avrei potuto diventare rossa. Fortunatamente! Altrimenti avrei fatto concorrenza a un peperone.

Quando mi voltai mi accorsi che lui mi stava fissando, chissà da quanto tempo. Con la coda dell’occhio mi resi anche conto che mi stava porgendo una mano. Feci finta di non accorgermene. Non ero ancora “attrezzata” per spingermi così oltre.

   << Mi chiamo Grace e … non sono nuova. >> azzardai, cercando di essere spiritosa.

Probabilmente ci riuscii, perché alla mia battuta seguì una sua risata.

Forse forzata.

Forse no.

Aveva uno sguardo così tenerone che mi veniva voglia di strapazzarlo di coccole.

Ma ovviamente non potevo farlo.

Nonostante ciò ero molto tesa e concentrata. Temevo che lui potesse accorgersi del mio strano atteggiamento. Come avrei potuto giustificarlo?

Ricominciò a parlarmi, ma, onestamente, non ero molto attenta a quello che mi diceva.

   << Nell’altra scuola siamo rimasti indietro col programma. Potresti prestarmi i tuoi appunti? >>

   << Certo Mike… >>

   << Mirko. >>

   << Come? >>

   << Mirko, mi chiamo Mirko, non Mike, Grace. >>

   << Sì, giusto, Mirko. >> risi forzatamente e terribilmente invasa dalla vergogna.

Lui si era ricordato subito il mio nome e io no.

In più me lo aveva fatto notare rimarcando il mio nome, facendomelo pesare un po’.

Uffa.

   << Potresti anche aiutarmi tu, no? Così recupero prima e te li restituisco prima. >> sorrise affettuosamente.

Come potevo dire di no ad un viso così dolce?

- Edward so che mi stai ascoltando. Non osare ricattarmi con questa frase. –

   << Va – va bene, quando vuoi tu. >> ricambiai il sorriso cercando di essere al suo pari, ma nonostante il mio fascino da vampira, mi sembrò impossibile.

   << Puoi venire oggi pomeriggio a casa mia, sempre se ti va. >>

Cosa? A casa sua?

Assolutamente no.

Già era difficile trattenersi solo con lui, figurarsi con tutta l’allegra famigliola.

   << Preferirei che ci vedessimo in biblioteca. Molti dei miei appunti inoltre sono già lì, e… >> che scusa banale.

   << Okay, come preferisci, allora a oggi pomeriggio, in biblioteca – all’apertura – mi raccomando! >> si alzò e andò via, palesemente entusiasta, senza lasciare spazio a eventuali ripensamenti.

La lezione era finita. E per fortuna anche l’intera giornata scolastica.

Mi avvicinai ai miei fratelli per informarli del mio impegno pomeridiano.

   << Sappiamo già tutto. >> dissero tutti e sei all’unisono.

Mi voltai verso Alice ed Edward, stavolta con sguardo riconoscente. Un po’ mi vergognavo a raccontare la nostra conversazione.

Soprattutto quel piccolo particolare che conoscevamo solo io ed Eddy.

Mi avvicinai a Jasper per ringraziarlo del suo intervanto costante. L’avevo sentito avvicinarsi durante la lezione, e ovviamente mi fu molto d’aiuto.

Tornammo a casa e stavolta Carlisle era già lì.

Parlammo tutto il tempo del mio appuntamento.

Appuntamento. Appuntamento. Continuavo a ripetermi la stessa parola nella testa, e ogni volta mi faceva sempre più impressione.

   << Potresti cambiare parola, Grace? Sei noiosa e anche un po’ snervante. >> mi “rimproverò” Edward.

   << E a te chi ti dice di leggermi la mente? Ben ti sta. >> gli feci la linguaccia e scappai.

Edward, come mi aspettavo, mi rincorse per tutta la foresta.

Correvamo velocissimi.

Come due saette.

Nonostante lui fosse più veloce di me, riuscii a tenergli testa per un po’ utilizzando la mia agilità, cambiando spesso e improvvisamente direzione.

Cercavo naturalmente di agire d’istinto per non permettergli di conoscere tramite i miei pensieri la mia nuova meta.

Mi distrassi per appena un secondo e lui riuscì a recuperarmi.

Mi si buttò di sopra e “lottammo” per un po’. Io mi divertivo un mondo a giocare al combattimento con Edward, Emmett e Jasper. Soprattutto con Em.

Rotolavamo sull’erba come dei cuccioli di orso.

Ora ero in vantaggio io.

Ora lui.

Ora io.

Ora lui.

   << Okay. Mi arrendo! Mi arrendo! >> esclamai con una fragorosa risata. La mia eco continuò a risuonare per qualche secondo tra gli alberi.

Con le mie orecchie riuscii ad udirla mentre si allontanava, fino a scomparire.

   << Chi è il più forte? >> mi ripeteva Edward mentre tornavamo a casa.

   << Tu, fratellino. Tu ovviamente. >>

una volta arrivati trovammo Jacob che giocava con Nessie.

   << Buon pomeriggio ragazzi. >> ci salutò, << spero che vi siate divertiti… >>

   << Sì, eccome! Ci siamo divertiti da morire! >> risposi io e automaticamente gli diedi un pugno sul braccio destro.

   << Mi fa piacere per voi. Sapete, io stavo dormendo, ma sono stato svegliato da dei rumori fortissimi. Come dei tuoni, a ciel sereno però. >> ci guardò con fare accusatorio, poi vedendo che non avevamo afferrato il suo messaggio, continuò << insomma, fate più piano la prossima volta. >> e allargò le braccia stufo.

   << Oh, scusaci Jake. Non sapevamo che stessi dormendo. >> disse Edward mortificato.

   << Colpa mia. >> confessai alzando una mano e abbassando la testa.

Jacob ci scusò, infondo non era veramente arrabbiato per come voleva dimostrare. Subito dopo i ragazzi si misero alla TV per guardare la partita di Baseball.

Esme e Carlisle stavano cucinando il pranzo a Jacob, Seth e Leah.

Bella, Alice e Rose stavano giocando con Nessie.

Io ero al computer per scrivere le mie storie.

Guardai l’orologio in basso al monitor.

Erano le 16:40. Io e Mirko ci saremmo visti in biblioteca alle 17:00, perché prima di quell’ora era ancora chiusa.

Mi alzai dalla scrivania e andai da Jazz. Dovevo chiedergli un favore.

   << Jasper scusa, dovrei parlare con te. >>

Lui si voltò verso di me e mi interrogò con lo sguardo. Poi si alzò e mi seguì in garage.

   << Dimmi Grace. Che succede? >>

   << Nulla di particolare, Jazz. >> gli mentii, << ho solo bisogno del tuo aiuto. >> stavolta fui più sincera.

   << Cosa posso fare per te? >> mi chiese preoccupato.

   << Vorrei che venissi con me all’appuntamento. >> non persi tempo con giri di parole.

   << Cosa? E perché? >>

   << Molto sinceramente, Jasper, io non mi fido a stare da sola con lui. Non ancora. >>

   << E io che dovrei fare? >>

   << Quello che hai sempre fatto per me senza che te lo chiedessi. Stavolta però sono costretta a farlo, sono io a chiedertelo. Ti prego. Ti prego. Ti prego. >> lo implorai.

   << Ma come faccio? Lui si chiederà perché sono con voi, no? Lui vuole stare solo con te. >>

   << Lo so, lo so. Infatti tu non starai con noi. Non esattamente, almeno. Per favore Jasper non si tratta di una situazione normale. Noi siamo diversi. Io sono diversa, e lui potrebbe essere in pericolo con me. Non voglio essere tragica, ma è una questione di vita o di morte. >> cominciai ad essere più specifica, più chiara.

   << Ti giuro che non riesco a starti dietro. Cosa dovrei fare allora? Dove starò? >>

   << Starai a qualche scrivania di distanza, farai finta di studiare o di leggere e controllerai le mie emozioni. Okay? Tutto chiaro? >>

   << Sì, tutto chiaro. >>

   << Allora? Affare fatto? >>

   << Affare fatto. >>

 

 

 

 

_______________O°°*°°O__________________O°°*°°O___________

 

 

 

Grazie mille a tutti quelli che stanno seguendo la storia e che stanno lasciando recensioni!!!

Siete la mia forza!!

Vi voglio bene a tutti!! :)  :)  :)  

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Capitolo 5
*** capitolo V ***


Et voilà! Come promesso ecco a voi il 5 capitolo della mia bellissima (si fa per dire) FF!!

 

Buona lettura!

 

Prongsina…

 

 

Quinto capitolo:

 

L’ora “X” era quasi arrivata.

Erano le 16:55 e io e Jasper partimmo alla volta della nostra meta. Più mia che sua, veramente.

Partimmo insieme, ma poi lo superai per l’eccitazione.

Mio fratello mi lasciò fare.

Dopo pochi minuti, quando arrivammo, lui era già lì che mi aspettava. Jasper mi fece l’occhiolino come segnale d’incoraggiamento ed entrò con disinvoltura in biblioteca.

Io e Mirko ci salutammo cordialmente, ma badai a non farmi baciare la guancia. La nostra differenza termica era troppo evidente e sicuramente l’avrebbe notata.

Da casa avevo portato dei guanti, cosicché non potesse sospettare niente a causa della mia pelle superfredda a contatto con la sua. Un bacio lo potevo evitare, ma una stretta di mano no.

Entrammo subito perché lui aveva freddo e io… e io finsi di sentirne come lui. In effetti era una brutta giornata e sicuramente se non fossi stata quello che ero avrei sentito molto freddo. Non potevo percepire le sensazioni come le percepivo da umana, ma sentivo l’aria frizzante che mi accarezzava il viso.

Cominciammo subito a studiare. Senza perder tempo. Vedere Jazz, sempre, in lontananza mi faceva stare più tranquilla: il piano stava funzionando alla grande. Lo sapevo che mi sarebbe stato indispensabile! Non voglio pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato lui con noi.

Dopo la mia “lezione” mi invitò a fare una passeggiata con lui, per prendere un gelato. Cercai di giustificarmi con la scusa di una dieta rigidissima che stavo seguendo, ma lui non volle sentire ragioni.

Mi disse che ero abbastanza magra da potermelo permettere, e anzi mi trovava piuttosto pallida e secondo lui un pò di zucchero mi avrebbe fatto sicuramente bene.

A questo punto non sapevo che fare. Le possibilità erano due: o gli dicevo la verità riguardo la mia particolarità, rischiando che lui cominciasse inutilmente a scappare a gambe levate, oppure facevo un piccolo sacrificio per una volta e andavo a mangiare quel maledetto gelato con lui.

Optai per la seconda.

Era di gran lunga la decisione più saggia, anche se la più scomoda.

Certo, dirgli una volta per tutte la verità sarebbe stato più semplice, anche perché mi avrebbe evitato un sacco di disagi successivi, ma non sarebbe stata la scelta più giusta. Anche perché non potevo conoscere la sua reazione. Chi mi assicurava che l’avrebbe presa bene come Bella, o se, al contrario, per la paura lo avrebbe sbandierato ai quattro venti? Per ora era meglio non rischiare. D’altronde lo conoscevo appena, poi più in là se ne sarebbe parlato.

   << Va bene, andiamo. >> improvvisai un sorriso timido. Avevo formulato tutti i miei pensieri in una frazione di secondo, così lui non notò la mia pausa, per fortuna.

   << Oh, ti sei decisa. Menomale! >> lui era assolutamente più sincero di me.

   << Vado un attimo al bagno, ti spiace? >> gli domandai, sforzandomi di essere il più credibile possibile.

   << Certo. Va’ pure. Io ti aspetto fuori. >> speravo che lo dicesse. Non volevo che mi vedesse parlare con Jasper. Ancora non si era accorto di lui e in quel modo avrei solo attirato la sua attenzione su di lui. E ciò significava che il piano saltava completamente.

Mirko si diresse verso la porta d’entrata della biblioteca e non appena fui del tutto sicura che lui non potesse vedermi andai subito da mio fratello.

   << Jasper, mi vuole portare al bar a prendere un gelato, io avevo detto di no, ma lui ha insistito e non ho potuto più rifiutare. Cosa faccio? >>

   << Beh, vai no? Perché cosa vorresti fare? >>

   << Non lo so. tu ci seguirai, vero? Ho paura a stare da sola con lui, lo sai. >>

   << Come vengo? Una cosa è in biblioteca, un’altra è al bar. Due coincidenze in una volta mi sembrano difficili nel calcolo delle probabilità. Abbi fiducia in te stessa e andrà tutto bene, vedrai. Piuttosto, non ti ha detto niente di me? >>

   << No, credo proprio che non ti abbia visto, quindi potresti pure venire con noi… >> lo implorai con lo sguardo.

   << Vediamo… >>

   << Ricordati che lo saprò… >> e mi toccai prima la punta del naso e poi le orecchie con un dito, << Ti racconto meglio dopo, comunque. Ora devo andare. Gli ho detto che dovevo andare in bagno. >> gli baciai la guancia e scappai.

   << Non riuscivo a trovare il sapone per lavarmi le mani, scusami se ti ho fatto aspettare molto. >> mi giustificai mentre uscivo e mi richiudevo la porta alle spalle.

Mi sorrise e mi strinse alla vita con un braccio.

Io ebbi un fremito di terrore, che lui interpretò come un brivido di freddo. Mi diede il suo cappotto da mettere sulle spalle. Il suo profumo mi invase tutta in un secondo. Dovevo fare come mi aveva detto Jasper: dovevo stare calma e dovevo avere fiducia in me stessa, e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Cercai di essere più sciolta possibile così da non permettere che si accorgesse della mia super forza. Mi lasciai guidare delicatamente dal suo braccio che mi avvolgeva la vita.

Dopo pochi passi mi voltai verso la biblioteca sicura che Jasper mi potesse vedere, e gli lanciai uno sguardo pieno di significati: paura, ansia, preghiera, ecc…

La cosa era più pericolosa di quanto mi aspettassi.

 

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Capitolo 6
*** :( ***


Raga che delusione…

Pensavo che potesse piacere, ed invece non è stato così… a questo punto non so davvero se continuare o no… tanto per chi? Nessuno la gradisce…  sigh...

Non c’è cosa peggiore per una che scrive: vedere che i lettori non gradiscono ciò che si è scritto con tanto impegno ed entusiasmo. Come nel mio caso.

Probabilmente pubblicherò gli altri capitoli che ho già scritto (tanto sono 2) e poi basta, non scriverò più nulla. Mi limiterò ad essere una semplice lettrice.

Se ci fosse anche una sola persona a cui piace e che vorrebbe che la continuassi, io sarei ben contenta di farlo.

 

 

Buona giornata a tutti…

 

 

Con tanta, tanta, tanta, tanta, tristezza…

 

Prongsina…

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Capitolo 7
*** capitolo VI ***


Sesto capitolo:

 

   << Non sto scherzando Jazz. Te ne sarò infinitamente grata. >> ringraziai il mio salvatore per aver evitato per l’ennesima volta che accadesse una catastrofe.

   << Ma non ho fatto niente stavolta, Grace. >>

   << Su, andiamo. Non essere modesto. >> sbuffò e gettò la spugna.

Competere nelle discussioni con me era come quando lo si faceva con Alice: era praticamente inutile.

Quando arrivammo, la nostra casa mi sembrò stranamente più accogliente del solito.

Com’era quel vecchio detto? Ah, sì. “Casa, dolce casa.”

Mai un’affermazione fu più azzeccata.

Mentre ero con Mirko, per la prima volta, non vedevo l’ora di tornare a casa. Mi sentivo così in imbarazzo che sentivo il bisogno di un posto confortevole, che mi facesse sentire a mio agio. E quale posto era migliore di casa mia?

Cercai di scrollarmi quelle strane sensazioni di dosso come se cercassi di liberarmi da una morsa d’acciaio. Mi resi conto che forse l’unico modo per evadere da quegli stati d’animo era scrivere un altro episodio della mia vita, e pubblicarlo per i miei ingenui ammiratori.

In quel momento pensare che avrei potuto fare fuori tutti i lettori del mondo in un solo paio di secondi mi fece sentire invincibile.

Come se ce ne fosse stato bisogno. Certo che ero invincibile rispetto a loro. Al solo pensiero potevo sentire il sapore del loro sangue sulla lingua e i loro profumi risalirmi, su, per le narici.

Erano sapori e odori buoni quasi come quelli di Mirko…

Il pensiero si stava facendo insopportabile, insostenibile.

Alice mi fece tornare alla realtà.

   << Tutto bene? >> mi chiese.

   << Sì, tutto okay. Stavo solo riflettendo. >>

   << Lo so. >> si intromise Edward. << Non devi pensare queste cose. Sei vegetariana da ancora troppo poco tempo per poterlo fare. Cerca di non pensarci più su. >>

   << D’accordo… >> bisbigliai fra le labbra.

   << Tuo fratello ha ragione. Non occorre pensare a queste cose per un motivo così banale. >> sentenziò con voce saggia Carlisle.

Io chinai il capo, mortificata per ciò che avevo pensato. Mi sentivo umiliata e in colpa, ma non capivo che cosa avessi mai fatto di così grave. Erano solo dei pensieri.

Tutto qua.

Cosa c’era di male?

Nel pronunciare queste parole nella mia mente, mi resi conto che mi sbagliavo. La mia famiglia aveva ragione.

Quelli non erano dei semplici pensieri. Per me che ero da così poco tempo vegetariana, potevano essere una fonte di distrazione o, per meglio dire, di tentazione.

I miei sensi erano ancora troppo influenzabili e le tentazioni andavano tenute lontane.

Io che chiedevo a Jasper di controllarmi, non appena lui abbassava la guardia io ne approfittavo per auto-stuzzicarmi? Non era assolutamente un atteggiamento maturo.

Improvvisamente mi ritrovai a ripensare a Mirko, il che proprio in quel momento non era consigliabile.

Dato che Renesmee dormiva, decisi che mi sarei davvero dedicata alla scrittura. Stavolta, però, concentrandomi sulle storie e non sui lettori…

“Mi ricordo perfettamente quella nottata.

Erano le 3:15 am del giorno 18 Ottobre 1939.

Mia madre stava in un istituto a causa di una strana malattia molto comune a quel tempo. Era nota come “tubercolosi”.

Stavo tornando a casa, a piedi, dopo averle portato da mangiare; era uno di quegli istituti economici dove non portavano cibo, e dove ti offrivano solo un letto per dormire e le cure necessarie. Le strade non erano molto illuminate, anzi erano quasi completamente buie.

Era da qualche minuto che sentivo strani rumori intorno a me. Continuavo a camminare guardandomi inutilmente le spalle, ignara di quello che mi capitava intorno.

Ogni tanto sentivo venire dal buio che mi circondava risate alquanto inquietanti. Sembravano appartenere a due persone diverse.

Dopo aver guardato bene dietro di me, accelerai il passo: volevo arrivare a casa il prima possibile.

Improvvisamente un urlo squarciò l’atmosfera, contemporaneamente un fulmine spaccò a metà il cielo nero come la pece.

Cominciò a piovere, ed io, invece di accelerare verso casa, andai in cerca della persona che in quel momento stava agonizzando.

Cominciai a correre. Il lamento veniva da una traversa che ormai mi era vicina. Quando mi inoltrai nella stradina, mi resi conto che si trattava di un vicolo cieco.

Era lì.

La persona che stavo cercando, la persona che aveva bisogno di aiuto era proprio lì.

Ora che ero più vicina mi resi conto di quanto stesse soffrendo. Da quella distanza riuscii anche a capire chi fosse: era una ragazza alta, bionda, chiara di carnagione, di giovane età, forse mia coetanea.

Indossava al collo una catenina con un ciondolo che portava una breve scritta.

Sembrava un nome. Mi avvicinai e lessi “Marlene”.

   << Marlene, che ti è successo? Sta tranquilla, sono qui per aiutarti… >> tentai di tranquillizzarla.

Cercai di vedere se attorno al suo corpo vi erano armi come un coltello, o vetri o un bastone: non trovai niente.

Ritornai vicino a lei per calmarla.

Si contorceva come se fosse in preda a delle convulsioni, e continuava a gridare a squarciagola.

   << Aiuto! >> gridai, << Aiuto! >>

   << Non serve che tu gridi. Non può fare niente nessuno. Tra poco sarà come me. >> la risata di poco prima riecheggiò nella notte.

   << Cosa vorrebbe dire? Signore dobbiamo aiutarla! Portiamola via, c’è un ospedale qui vicino… >>.

   << Non è necessario. >> mi rispose dall’oscurità l’altra voce.

A questo punto fui sicura che fossero due persone diverse: un uomo e una donna, più esattamente.

   << La guardi! Rischia di morire! >> insistetti, indicandola.

   << Non morirà. Ho detto che a breve diventerà come noi. >>

tornò a dire la prima voce, quella maschile.

Improvvisamente capii cosa volessero dire i due tizi misteriosi.  Con un gesto automatico mi voltai verso Marlene, che ancora si dimenava per il dolore.

Le spostai la mano dalla gamba, cosa che non avevo pensato di fare prima. Rimasi a bocca aperta, sbalordita.

Adesso capivo i discorsi ambigui di quei due signori.

Non potevo credere ai miei occhi: erano davvero morsi quelli che vedevo?

Avevo letto qualcosa a riguardo, ma non lo credevo possibile, fino ad allora, almeno.

Volevo scappare.

I muscoli non rispondevano a miei comandi.

Con mia enorme sorpresa i due signori se ne erano improvvisamente andati.

Approfittai della situazione e cominciai a correre. Piangevo per la ragazza che non avevo potuto aiutare, e piangevo per me, per la mia famiglia, per mia madre che stava morendo e che aveva solo me ad accudirla. Avevo paura che mi potesse succedere qualcosa.

Mentre correvo più veloce che potevo, i due soggetti di prima mi piombarono improvvisamente addosso facendomi cadere a terra.

Cercai di rialzarmi subito.

Non appena fui in piedi mi resi conto che loro mi guardavano poco distanti da me. Mi sembrò di vederli conversare muovendo le labbra impercettibilmente, ma non ne fui sicura. La pioggia non mi permetteva di vedere bene. Ripresi allora la mia corsa contro la morte. Fu allora che capii che i miei “avversari” mi lasciavano correre per qualche metro solo per il piacere sadico di darmi l’illusione di una possibile via di scampo, di una salvezza.

Non sapevo allora se correre o fermarmi, tanto per non dargli la soddisfazione di prendersi gioco di me.

Comunque fosse, i due mi raggiunsero in meno di un secondo. Io ricaddi per terra. Mi sentivo una stupida: non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi. Scivolavo sulla strada bagnata.

Questa volta non mi diedero scampo. Ricordo solo che vidi per la prima volta i loro pallidi volti sul mio corpo, poi… il vuoto, buio.

L’unica cosa che mi rimase impressa nella mente di ciò che accadde dopo fu il bruciore che mi invase tutta.

Gridavo.

Gridavo e mi contorcevo per il dolore.

   << Spegnetele! Spegnete le fiamme! >> continuavo ad urlare.

E loro? Ridevano compiaciuti del loro operato.

Intanto le fiamme si facevano più vive, come i loro occhi rosso porpora, e io mi sentivo mancare il respiro.

Il cuore batteva all’impazzata. TUM TUM.

Mi guardavo le mani e le vedevo bruciare. Volevo solo morire, qualsiasi cosa era più sopportabile di quel dolore. TUM TUM.

Vedevo la strada ricoperta dalle fiamme e nel silenzio della notte sentivo solo le mie urla e quelle di Marlene, sempre più in lontananza. TUM TUM.

La pioggia, che avrebbe dovuto regalarmi sensazioni di sollievo, invece non fece altro che accrescere la mia sofferenza. Le gocce al contatto con la mia pelle mi sembravano lingue di fuoco ardenti.

Il mio cuore continuò ad accelerare, finché non si fermò definitivamente. TUM.

Mi ci volle un po’ prima di capire che il fuoco che vedevo intorno a me in realtà non c’era, ma che era tutto merito dei miei nuovi occhi.

Mi ci volle un po’ prima di capire che oramai non esisteva più la Grace di una volta; e anche se continuavo a contorcermi e a urlare per il dolore sapevo che oramai era nata un’altra me: Grace la vampira.''

 

                           ***Oo°°oOo°°oOo°°oOo°°oOo°°oO***

 

Lo so, avete ragione ragazzi... scusate il ritardo è che non ho avuto molto tempo per ricopiare il capitolo. Spero comunque che vi piaccia, così mi perdonerete...

Passiamo a una cosa importante… i ringraziamenti.

Mi spettano di dovere.

Un infinito “grazie” a S1lv1a, BellaCullen88, Edward_cullen e Laura_Black per aver recensito gli ultimi chappy.

Un altro “grazie” va a tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti, ovvero:

1 - aras95

2 - bella95
3 - debblovers

4 - giulietta93
5 - Laura_Black

6 - lidiacullen
7 - _VampirE_CulleN_

 

Un altro “grazie” va a quelli che l’hanno aggiunta tra le storie seguite: saskia79 e _VampirE_CulleN_.

Un ultimo grazie generale a tutti quelli che hanno semplicemente letto! Un bacioooooo! :*

 

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Capitolo 8
*** i'm back! ***


ragazzi... sono resuscitata! :) scusate, ho avuto un inferno, ma non mi sono dimenticata di voi! ora pubblico un altro capitolooooooo! che ovviamente spero vi piaccia! :) fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 9
*** capitolo VII ***


Continuammo a “frequentarci” per un po’ di tempo, ed io mi sentivo in qualche modo affezionata a lui.

E, anzi, addirittura non sentivo neanche più il bisogno di avere sempre Jasper con me quando ero con lui.

Un giorno, dopo che avevamo finito di studiare per le lezioni del giorno seguente, ci trovammo a parlare del più e del meno.

Non so esattamente cosa mi spinse a pensare che quello potesse essere il momento giusto per approfondire l’argomento “me”.

  << Facciamo un gioco? >> gli chiesi riprendendomi da una risata.

  << Spara pure, sentiamo… >>

  << Se dovessi paragonarmi ad una creatura mitologica, quale sceglieresti a rappresentarmi? >> gli domandai, fingendo interesse innocente.

  << Beh, non saprei. Considerando che sei davvero bellissima… forse a una Sirena. Sì, credo proprio che tu potresti essere una Sirena. E tu? >>

  << Io? A te? Non saprei proprio… >>

  << Dai prova! Concentrati un po’! >> mi esortò entusiasta del mio stupido gioco.

  << Vediamo… Fammi pensare… Alla vittima della Sirena? >> dissi sorridendo, ma seria. Se avesse saputo la verità sul mio conto sicuramente

avrebbe afferrato il doppio senso.

  << Davvero simpatica, Grace. Credo di aver colto la battuta. >>

Ovvio che non era così. Lui non sapeva nulla su di me.

Non ancora.

  << Davvero? Ottimo segno. Vuol dire che mi è riuscita. >> affermai nervosamente.

  << Speravo che non fosse così palese la cotta che mi sono preso per te. Ma evidentemente non è così. >> confidò timidamente,

grattandosi dietro la nuca.

Feci finta di non sentire.

  << Sai Mirko, sento di potermi fidare di te… >>  cominciai con un’esplosione di coraggio.

  << Certo che puoi. >> mi assicurò lui, con un improvviso cambio d’espressione.

  << Vorrei confidarti un mio grandissimo, enorme segreto. Ma ho paura. >>

  << Non temere, non sarai criticata. Non da me, promesso! >>

  << Non ho paura di essere criticata, temo una tua possibile reazione negativa. >>

  << Posso credere che sia così grave? >>

  << Sai non è stato un caso che io ti abbia chiesto di fare quel gioco insensato. >>

  << Non dirmi che sei veramente una Sirena! >> mi schernì lui.

  << Non proprio… >> ammisi imbarazzatissima.

  << Che vuol dire “Non proprio”? non sarai mica una creatura mitologica sul serio?! >>

  << Veramente sì… >> tossii tra le labbra.

  << Come? Non ho capito. Potresti essere più chiara? >>

  << Veramente sì. >> affermai, stavolta più decisa.

  << S-sì? Sì che lo sei? O sì che lo ripeti? >> le parole gli uscirono dalla bocca tremando.

  << Sì che lo sono. >> dissi a testa bassa.

  << E cosa saresti esattamente? >> mi domandò ancora più sconvolto di prima.

  << Un Vampiro. >> dissi secca e sicura di me.

Forse.

Pensai che se avessi dimostrato sicurezza lui si sarebbe fidato e si sarebbe sentito a sua volta sicuro al mio fianco.

Ma mi fu abbastanza evidente che mi sbagliavo.

  << Un Vam-vampiro? >>

  << Già. Ma non sono pericolosa! >> cercai di rimediare, la sua espressione me la diceva lunga, << non ti farei del male. Mai.

Per nessun motivo al mondo. >>

improvvisamente Mirko sbiancò in viso, quasi quanto me, e cadde a terra privo di sensi.

  << Oh mio Dio! Carlisle, Esme! Vi prego, venite. È svenuto… >>

in un attimo i miei genitori furono accanto a me nella stanza.

Eravamo a casa mia, infatti.

Era da un paio di giorni che veniva qui. Da quando, dopo la prima volta, si era trovato bene con noi. Soprattutto per gli

squisiti pranzetti di mia madre.

  << Come svenuto? >> domandò apprensiva Esme.

  << Sì… beh! Colpa mia. Gli ho rivelato quello che sono e… “boom”, è caduto a terra. >> raccontai l’accaduto rivolgendomi soprattutto

a Carlisle, grattandomi la nuca, mortificata.

  << Okay, non ti preoccupare. Adesso ascoltami, va’ nella stanza di Alice o di Rose e prendi una delle loro boccette di profumo più

forte e portala qui. >> mi ordinò mio padre.

Corsi al piano di sopra senza perdere tempo, e dopo soltanto un paio di secondi ero nuovamente accanto a mio padre col profumo

stretto nella mano destra.

Gliela porsi un po’ esitante.

Avevo paura della reazione che avrebbe potuto avere Mirko una volta ripresosi dallo svenimento.

Dopo pochi minuti ecco che cominciò a riprendersi.

Cercai di prepararmi mentalmente un discorso per finire di spiegargli le situazione, senza che rischiasse divenire un’altra volta.

Quando tornò completamente in sensi, si ricordava tutto quello che gli avevo detto prima che lui svenisse… fortunatamente. Credo.

Fu proprio in quel momento che mi resi conto che tutto sarebbe cambiato radicalmente.

Mi pentii subito di quello che avevo fatto.

Istintivamente mi morsi la lingua, come a volerla punire per aver parlato troppo, ma ormai era troppo tardi.

Il terrore che provava glielo si leggeva in faccia, ed inoltre io riuscivo a sentire il battito accelerato del suo cuore.

Mi guardava con fare interrogatorio, ma nella sua espressione l’ansia e l’angoscia primeggiavano tra tutte le emozioni.

Avrei voluto fare qualcosa, dire qualcosa per tranquillizzarlo, ma non sapevo cosa fare, come comportarmi.

Avevo paura di spaventarlo più di quanto già non fosse.

Alla fine mi presi di coraggio e azzardai: << Se fossi stata pericolosa ti avrei ucciso da tempo ormai. Ho avuto tante di quelle occasioni,

che nemmeno ti puoi immaginare. Ma come puoi vedere non è successo, sei ancora vivo, perché non ho voluto, non potuto.

Io non sono un mostro e non ho intenzione assolutamente di diventarlo.

So che non mi crederai, ora come ora, ma quando sarai più lucido, prova a riflettere su quello che ti ho detto. >>  conclusi il mio monologo

con un tono drammatico e solenne.

Mi parve di essere stata abbastanza convincente, poi chissà.

Ora tutto dipendeva da lui.

Se non altro mi aveva ascoltata, o almeno, così sembrava.

Improvvisamente si alzò di scatto, barcollò un momento e corse in garage.

Presa la sua auto, mise in moto e accelerò di scatto con una sgommata.

Non occorreva il mio udito sopraffino per rendermi conto che la sua era stata una fuga vera e propria.

 

 

 

 

 

Grazie mille a tutti quelli che mi hanno aspettata e sono stati pazienti con me!

Spero di non avervi delusi con questo capitolo nuovo!

Ci vediamo presto col capitolo 8!

un bacione....

 

Prongsina

 

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