Do you read me?

di venusmarion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inhumanity ***
Capitolo 2: *** Astronaut ***
Capitolo 3: *** Helium ***
Capitolo 4: *** I'll fight and defend ***
Capitolo 5: *** Genres ***
Capitolo 6: *** Masterpiece ***
Capitolo 7: *** Ninety-nine out of the hundreds ***
Capitolo 8: *** I'm not afraid ***
Capitolo 9: *** Achilles' heel / Heel of Achilles ***
Capitolo 10: *** Not about survival ***
Capitolo 11: *** Vulnera Sanentur ***
Capitolo 12: *** You call her princess ***
Capitolo 13: *** Spacewalker ***
Capitolo 14: *** Dreaming in silver and gold ***
Capitolo 15: *** You knew I had a girlfriend? ***
Capitolo 16: *** Restricted section ***
Capitolo 17: *** There's something else, there was a girl ***
Capitolo 18: *** Six word story ***
Capitolo 19: *** Liked it like hell (rumor has it) ***
Capitolo 20: *** He was amber (oudated) ***
Capitolo 21: *** Astral projection and mutual affection ***
Capitolo 22: *** #Parenting ***
Capitolo 23: *** Yu gonplei ste odon ***
Capitolo 24: *** 1984 ***
Capitolo 25: *** Brönte's Wuthering Heights ***
Capitolo 26: *** Mebi oso na hit choda op nodotaim ***
Capitolo 27: *** Ai hod yu in (whatever it means) ***
Capitolo 28: *** We bleed the same ***
Capitolo 29: *** (R)evolution ***



Capitolo 1
*** Inhumanity ***


#1 prompt: Disumanità. Una delle qualità caratteristiche dell'essere umano. (Ambrose Bierce - Dizionario del diavolo)
#2 prompt: Scrivere una drabble di minimo 250 parole senza mettere un punto.
words: 252

inHUMANITY

C’è sangue sul suo colletto inamidato, e non è suo, né il sangue, né il colletto, e un bambino gli bussa su un braccio, faccia d’angelo e occhi blu, fossette intorno alla bocca, quelle dei sorrisi belli, gli chiede com’è là fuori, perché il suo papà, là fuori, sta per andarci, è nel programma per l’esplorazione esterna e tra poco metterà piede nella foresta, respirerà aria vera, niente maschere da apocalisse, niente tenute stagne, c’è una cura, le radiazioni saranno granelli di sabbia tra i capelli, niente di più, e ce la farà, dice Bellamy al bambino, sarai fiero del tuo papà, cucciolo d’uomo, il blu degli occhi è quello del cielo, ma lui non lo sa, se tutto va bene, non lo saprà mai, ed è bene e sbagliato, bene e sbagliato, e non c’è modo per fermarlo, il bene sbagliato, quando un bambino, faccia d’angelo, ti volta le spalle, Bellamy Blake, e sullo zaino ha una targhetta, il suo nome  il nome di suo padre  il nome che hai strappato via dalla camicia inamidata, con il sangue sul colletto, il sangue nelle fibre, il sangue, il sangue, il sangue, Lovejoy, era il nome, e l’hai guardato negli occhi per dieci secondi, mentre gli stringevi una flebo alla gola, e pensavi “muori, muori, muori, muori”, e gli avevi già fracassato la testa, nella mente solo un rumore bianco, il sapore della sopravvivenza sulle gengive, i respiri radioattivi, e “ciao mister”, ti saluta il bambino, entrando in classe, e che uomo sei, ora che sei disumano.

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Capitolo 2
*** Astronaut ***


#1 prompt: Scrivere una drabble in cui le lettere con cui ogni verso inizia formino la parola Drabble.

#2 prompt: "I want you to remind me who I was / 'cause everyday I'm a little farther off" (Amanda Palmer, "Astronaut")

words: 119

 

.ASTRoNAUT

Distanza millimetrica, al punto che il naso formicola. Clarke chiude gli occhi, ma Bellamy è anche lì, dietro le palpebre. 

Radioattività e sangue, il colore della pelle. Regna il silenzio. Il calore. Non la gravità.

Alloro, sulla testa di Bellamy. Una corona imperiale. Foglie d'oro tra i capelli, immagina Clarke.

Bellamy respira con la labbra. Lei vuole aria.

Baciarlo è un flashback. Lo spazio, uno scorcio della Terra, un quarto di luna. Bellamy vestito da astronauta. 

Le stelle uccidono. Clarke spalanca gli occhi, aggrappandosi a un braccio destro.

E manca l'alloro, all'astronauta. Sulla Terra c’è solo sopravvivenza. Rimasugli di sensazioni, forse, schiacciati dalla devastazione, così pochi da poter essere raccolti nel palmo di una mano. Bellamy li tiene in pugno, quando Clarke richiude gli occhi.

 

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Capitolo 3
*** Helium ***


#1 prompt: Scrivere una drabble con prompt "tempo", in cui tale parola non compaia, costituita soltanto da discorsi diretti.

words: 81

 

HELiUM


 
«Funziona, Wick! Guarda come sale!»
«Ci hai messo davvero tanto.»
«A tirare fuori l’idea dell’elio? Ti farei notare che —»
«A tirare fuori un sorriso, Raven.»
«Tra un minuto lo tolgo, giuro. Lasciami godere il momento.»
«Sbrigati, che mi manca il tuo broncio.»
«Quanto sei idiota.»
«Oh, so che è questione di secondi…»
«Bene, non sorrido più. Contento?»
«Lo rifarai. Qualche altro gas nobile ti manderà su di giri.»
«Qualche problema?»
«Beh, sì. Io non sono un gas nobile. E poi è tremendo essere in competizione con un elemento chimico.»
«Ma di cosa stai parlando?»
«Dell’elio.»

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Capitolo 4
*** I'll fight and defend ***


#1 prompt: Rellamy get stuck on a train which is haunted
#2 prompt: Defend. Write a drabble of character A protecting B.
add: Shadowhunters!AU
words: 100

I'll FIGHT and DEFEND

Il Kuri sputò veleno dalle zanne, cercando di liberare due delle otto zampe dal tubo giallo al centro del vagone metro. Il treno ondeggiò sui binari, in piena velocità.

Bellamy chiamò per nome una spada angelica, accendendone l’elsa incandescente. «Anael

Anche Raven si armò. «Sanvi.» La lama nitida della spada che stringeva in pugno baluginò, richiamando l’attenzione del Kuri. Liberate le zampe, il demone balzò in avanti, molleggiando nel suo viscido corpo nero. Bellamy scavalcò Raven a spada sguainata, piazzandosi tra lei e il Kuri. «Ci penso io.»

«Sono più brava di te,» protestò Raven.

«Perciò meno sacrificabile,» disse Bellamy. «Resta dietro di me.»

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Capitolo 5
*** Genres ***


Genres

10 personaggi per 11 prompts


Ho preso la folle idea da Dorov, che si è cimentata in questa assurda sfida con coraggio!
Grazie per averlo fatto, ora ci provo anche io.
1. Fai un elenco di 10 personaggi
2. Scrivi drabble di venti parole o meno per ogni genere, usando i personaggi indicati dai numeri. Non leggere i generi prima di aver compiuto il passo 1.

Generi:
  • First time, 4 e 6
  • Angst, 4
  • AU, 6 e 7
  • Threesome, 1, 3 e 7
  • Hurt/comfort, 8 e 10
  • Crack, 1
  • Horror, 8
  • Baby, 2 e 10
  • Dark, 9 e 3 
  • Romance, 5 e 7
  • Death, 3 e 2
Personaggi: 1.Clarke; 2.Bellamy; 3.Raven; 4.Murphy; 5.Octavia; 6.Abby; 7.Lincoln; 8.Wick; 9Jasper; 10.Lexa
...game on!

 

Primo sguardo/First time (AbbyxMurphy) - 20 words

Sotto i capelli sporchi e un sorriso lacero, Abby vede solo un ragazzo. Ha sentito parlare di lui. John Murphy.

 

City of visions/Angst (Murphy) - 19 words

Nessuna terra promessa, fuori dal bunker del delirio. Solo visioni digitali. Se sono una speranza, John non vuole saperlo.

 

Tra professori/AU. (AbbyxLincoln) - 20 words

Le porte della sala grande sbattono, lasciandoli soli. Lincoln guarda il cappello a punta di Abby. «I tuoi Grifondoro,» dice.

 

Porte aperte/Threesome. (ClarkexRavenxLincoln) - 20 words

Clarke non dovrebbe essere lì. Da sopra la spalla di Lincoln, Raven le fa segno di entrare. «C’è posto.»

 

Battle cry/Hurt/Comfort (WickxLexa) - 20 words

«Pronto?» Le unghie di Lexa gli affondano nella spalla. Kyle Wick si asciuga una lacrima, prendendo un respiro. «Ci sono.»

 

Mont Weather/Crack (Clarke) - 20 words

Le urla sono infernali. Il ricordo di quei volti è dilaniante. Con le mani a tappare le orecchie, Clarke strepita.

 

Trattamenti obbligatori/Horror (Wick) - 20 words

Il suono stridulo della trivella. I singhiozzi rotti provenienti dal lettino. Kyle Wick strizza gli occhi, respirando sangue e midollo.

 

Guerra al parco giochi/Baby (BellamyxLexa) - 20 words

Sabbia negli occhi. La piccola Lexa si rimette in piedi. Il bambino, Bellamy, è più grande di lei, ma pagherà.

 

Nei tunnel nemici/Dark (JasperxRaven) - 20 words

Jasper trattiene il respiro, le mani tese in avanti. «Accendi la luce.» Raven ride, stringendo la torcia. «Paura del buio?» 

 

Ai hod yu in*/Romance (OctaviaxLincoln) - 20 words

Le labbra di Lincoln sono bollenti sulla fronte di Octavia. Un bacio le parla sulla pelle. «Ai hod yu in*.»

*Ti amo, in lingua grounder.

 

Una bugia/Death (RavenxBellamy) - 20 words

Bellamy si stringe la testa di Raven contro la pancia. «Andrà tutto bene.» Lei è scossa da un singulto. «Bugiardo.»
 


[N.d.A.: Follia conclusa. Ho usato i primi dieci personaggi che mi sono venuti in mente. Con il senno di poi, mi dispiace aver tagliato fuori Kane e Monty. Sarà per la prossima!]

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Capitolo 6
*** Masterpiece ***


#prompt: scrivere una drabble che abbia come fulcro un'opera d'arte NON letteraria (componimento musicale, dipinto, statua, architettura) sulla seguente citazione: Quanto è sublime quell'arte che è semplicemente vera? (Vincent van Gogh)

words: 136

MASTERPiECE

 

«Che cosa vedi?» Clarke parlò in fretta nella ricetrasmittente, battendo l’indice sul tavolo per riempire il silenzio che seguì alla sua domanda. Da quando Bellamy era infiltrato a Mont Weather, era i suoi occhi all’interno della roccaforte. Lo sentì sospirare dall’altra parte della comunicazione. «Quadri,» disse. «Tanti quadri.»

Clark aggrottò la fronte. «Come sono?» La voce le uscì sottile e remissiva, quella di una bambina dell’Ark che chiedeva che aspetto avesse la Terra. «Alcuni orribili,» disse Bellamy, il tono gracchiato dalla comunicazione, «altri sembrano fotografie.»

«Quanto è sublime quell’arte che è semplicemente vera,» mormorò Clarke. «E’ Vincent — »

«Van Gogh,» la anticipò Bellamy. «Ti piace sempre il gioco delle citazioni, eh?»

Clarke non rispose, ma si ritrovò a sorridere. Per qualche istante il silenzio. Poi la voce di Bellamy le fece formicolare le braccia. «Ti piacerebbero, Clarke.» Parlava dei quadri. «Dovresti vederli.»

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Capitolo 7
*** Ninety-nine out of the hundreds ***


#1 prompt: Scrivere una drabble di 100 parole esatte con prompt "novantanove"
#2 prompt: 
Scrivere una fanfiction dove non sia presente la vocale "u"

...okay, questo #2 è stato INSANE.

words: 100

NINETy-NINE oUT-OF ThE HUNDREDS

​Sarebbe rimasta sola. Avvicinando la lama del coltello sotto il naso di Bellamy, Clarke poteva vedere i respiri affievolirsi di attimo in attimo. Gli aloni di condensa si rimpicciolivano ad ogni presa d’aria, il loro diametro ristretto con il passare dei secondi. A voler sottolineare l’ovvio, anche il colore stava lasciando il viso di Bellamy. Da lì a momenti avrebbe smesso di respirare. Clarke evitò di strillare solo all’idea. Ma d’altronde cosa doveva aspettarsi? Novantotto dei cento erano morti. Erano rimasti solo lei e Bellamy. E lo avevano capito entrambi sin dall'inizio che alla fine sarebbero stati novantanove, i cadaveri.



[N.d.A.: se trovate una "u" che mi è sfuggita stanatela pure nelle recensioni... verrà eliminata! Ma concedetemi le due del titolo... XD]

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Capitolo 8
*** I'm not afraid ***


#1 prompt: Faceless and nameless
#2 prompt: Scrivere una drabble senza dialoghi

words: 138

 I'M NoT AFRaiD

Il segreto era ripeterselo all’infinito. Io non ho paura. Non ho paura. Non ho paura… Octavia serrò la mascella, intingendo due dita nella poltiglia che aveva preparato secondo le istruzioni di Indra. Pittura da combattimento, nera e fangosa. Chiuse gli occhi e disegnò il contorno di una palpebra, alla cieca. Non ho paura. Disegnò l’altro. Non ho paura. Li spalancò entrambi, mettendo a fuoco gli alberi davanti a lei. Non ho paura. La mistura di colore sull’occhio destro le colò in una sottile striatura lungo la guancia. Sembrava una lacrima scura. Ma non lo era. Piangere era da skikru. E Octavia non era più skikru. I trikru pronunciavano il suo nome in modo diverso: Okteivia. Ma lei ormai non aveva più nemmeno un nome. Era solo rabbia, e forza, e coraggio. E non aveva paura. Non poteva averla.

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Capitolo 9
*** Achilles' heel / Heel of Achilles ***


#1 prompt: Write a story, so that if it has its sentence order reversed, has a completely different meaning
#2 prompt: Tallone d'Achille
words: 146

 
Volevo ringrazire Ayumu_7 per il #1... era il livello di insanity che cercavo proprio in questo momento!
 

ACHILLEs' HeEL / HEeL Of ACHiLLES

L’aria era satura di chimiche letali. Respirare era impossibile. 
«Deve essere esploso il contenitore di idrazina.» Clarke sentiva la gola in fiamme. Ma sotto uno strato di sangue e fuliggine aveva un mezzo sorriso storto. 
«Raven e le sue intuizioni letali,» fece Bellamy, accartocciato su se stesso contro parte di quel che restava del muro di cinta. 
I detriti della navicella erano sparpagliati dappertutto, tra i fumi roventi della detonazione e le tende bruciate e abbandonate del campo. Bisognava alleggerire quell’atmosfera stantia di morte e devastazione. «Non morire,» disse Clarke in tono scherzoso. 
Il sorriso di Bellamy si fece spezzato. «Non posso.» 
«Certo, perché tu sei come il grande Achille. Riesci a muoverti, semidio?» Clarke tentò un sorriso. 
Un accesso di tosse gonfiò il collo di Bellamy, facendolo diventare paonazzo. «Achille non era del tutto immortale. Aveva un punto debole. Ce l'hanno tutti. Anche io.» 
«Sarebbe?» chiese Clarke. 
Il sorriso di Bellamy si fece malizioso. «E’ un segreto che conosci.»

«E’ un segreto che conosci.» Il sorriso di Bellamy si fece malizioso.
«Sarebbe?» chiese Clarke. 
«Achille non era del tutto immortale. Aveva un punto debole. Ce l'hanno tutti. Anche io.» Un accesso di tosse gonfiò il collo di Bellamy, facendolo diventare paonazzo.

Clarke tentò un sorriso. «Certo, perché tu sei come il grande Achille. Riesci a muoverti, semidio?»
«Non posso.» Il sorriso di Bellamy si fece spezzato.

«Non morire,» disse Clarke in tono scherzoso. 
Bisognava alleggerire quell’atmosfera stantia di morte e devastazione. I detriti della navicella erano sparpagliati dappertutto, tra i fumi roventi della detonazione e le tende bruciate e abbandonate del campo.
«Raven e le sue intuizioni letali,» fece Bellamy, accartocciato su se stesso contro parte di quel che restava del muro di cinta. Ma sotto uno strato di sangue e fuliggine, aveva un mezzo sorriso storto. 

Clarke sentiva la gola in fiamme. «Deve essere esploso il contenitore di idrazina.»
Respirare era impossibile. L’aria era satura di chimiche letali. 




[N.d.A: Una breve chiave di lettura per questa double drabble back and forth (ho appena coniato il termine, fatemi un applauso). Nella forth version (la prima) le "chimiche letali" iniziali sono prodotte dalle esalazioni dell'esplosione; nella back version (la seconda) stanno invece ad indicare la chemistry tra Bellamy e Clarke scaturita dallo scambio di battute precedenti (o successive? Mamma, che confusione...). Nella forth version, il senso della battuta finale di Bellamy è quello di rivelare come Clarke sia il suo tallone d'Achille; nella back version, la stessa battuta ha un significato molto meno importante (Bellamy e Clarke sono nel pieno di una conversazione che riguarda l'ossessione di Bellamy per la mitologia e la storia greco-romana quando la drabble inizia in medias res). Nella forth l'esplosione è appena avvenuta; nella back sono passati invece già diversi minuti dal disastro, e Bellamy e Clarke se la stanno prendendo comoda, restando a chiacchierare tra le macerie. Infine, la chicca che ho preferito (del tutto involontaria) è stata attribuire la stessa frase una volta a Clarke e l'altra a Bellamy. "Ma sotto uno strato di sangue e fuliggine, aveva un mezzo sorriso storto." Questa è la prova del nove Bellarke. Solo quando una frase funziona per tutti e due sai che è una vera otp.]

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Capitolo 10
*** Not about survival ***


#prompt: It’s the end of the world as we know it (the villain wins; zombie apocalypse!AU; any kind of terrible, world-ending scenario you can imagine)

ZombieApocalypse!AU

words: 806

NOt ABOUt SURVIVAL

L’odore di corpi in putrefazione saliva a zaffate dalla terra. Le urla sovrastavano il rumore delle lame, gli spari, a tratti persino le esplosioni delle bombe confezionate a mano negli ultimi avamposti rimasti del campo Arkadia.
Ad ogni respiro, Clarke mandava giù dosi massicce di idrazina. Ormai l’azoto stava soppiantando l’ossigeno, e se alla fine non fosse stato quello ad uccidere gli ultimi esseri umani rimasti ci avrebbero pensato gli zombie. Milioni di zombie. Quand’era che la situazione era sfuggita così tanto di mano all’umanità? Clarke non sapeva dare una risposta. Quando uno sparo le esplose davanti alla faccia, si ritrovò accovacciata a terra in una frazione di secondo. Una testa zombie spaccata a metà le atterrò a pochi centimetri di distanza dalle ginocchia.
Clarke era talmente esausta che non sprecò nemmeno energie per gridare. Si limitò ad alzare lo sguardo per capire se stava per fare la stessa fine della testa spaccata anche lei. Trovò una mano tesa, una pistola fumante e uno sguardo duro addosso. «Non c’è di che,» fece Bellamy. 

Era ancora arrabbiato, Clarke poteva capirlo dal tono di voce e dall'espressione corrucciata della fronte. Nell’ultimo periodo d’altronde loro due passavano il tempo libero a strillarsi addosso e ad incolparsi a vicenda per l’apocalisse, senza alcuna ragione. Quello però era l’ultimo giorno dell’umanità. Era questione di attimi. Forse minuti. Forse ore. Ma alla fine il morbo dei divora cervelli avrebbe preso tutti. Clarke lo sapeva. Nel migliore dei casi, lei e Bellamy sarebbero diventati un pasto caldo; nel peggiore, si sarebbero ritrovati a litigare per degli organi freschi nelle loro migliori sembianze zombie. In ogni caso, era finita. Consapevole di questo, Clarke afferrò la mano di Bellamy per tirarsi su da terra, e quando lui fece per ritrarsi lo trattenne. Lei doveva dire qualcosa. Voleva dire qualcosa. Qualcosa di umano. Qualcosa che avesse il retrogusto di una speranza. Invece chiese soltanto: «A.L.I.E.?»
Lo sguardo di Bellamy si fece granitico. «Ha chiuso le porte della Città della Luce. Chi è dentro è dentro, chi è fuori muore.»
«Octavia?»
Bellamy deglutì. «Secondo te?»
Octavia era fuori. Come lo era Raven, che per la precisione stava ad una cinquantina di metri di distanza a menare fendenti con un’accetta. E Clarke era sicura di aver visto anche Miller e Harper, lì nei paraggi. Si guardò lo stesso intorno alla ricerca dei volti degli amici, la disperazione ormai parte integrante di lei.
«Tua madre e Kane sono dentro,» disse Bellamy. Intendeva dentro la Città della Luce. La sua voce aveva ora un tono neutro, sconfitto. «Almeno sono —»

«Sono morti,» tagliò corto Clarke. «La Città della Luce non esiste.» Prese un sospiro, rinsaldando la presa sulla propria pistola. Sparò ad uno zombie in avvicinamento alle spalle di Bellamy. Uno zombie che indossava la divisa delle guardie dell’Arkadia. Clarke restò ad osservarlo agonizzare a terra per qualche secondo, prima di tornare a guardare Bellamy. «Non esiste più niente.»
«Io e te siamo ancora qui, a salvarci la vita a vicenda.» 
Clarke ricaricò la pistola con le ultime cartucce che aveva attaccate alla cintura dei pantaloni. «La sopravvivenza è un istinto difficile da sradicare.»
Bellamy le afferrò un polso, bloccandola. «Non è sopravvivenza.»
Clarke alzò gli occhi in quelli di lui. Erano scuri e vigili tra il sangue rappreso e il fango secco che gli ricoprivano il viso. E dicevano la verità. Non si trattava più di sopravvivenza. A.L.I.E. aveva vinto. Con un’arma biologica come il morbo zombie per attirare nella Città della Luce tutti gli ultimi scettici non aveva davvero mai corso il rischio di perdere, ma ormai non c'erano più dubbi. La Terra stava morendo un’altra volta, con l’umanità che entrava nel baratro dell’estinzione e tutto — quasi tutto — che smetteva di avere ogni importanza.
Qualcosa restava. Un sentimento calcareo, persistente all’apocalisse, al morbo zombie e ad ogni deriva digitale della Città della Luce. Un moto autentico, ultimo avamposto dell’umanità.
Clarke prese il viso di Bellamy tra la mani. Contro una guancia, gli schiacciò il profilo freddo della pistola carica con le ultime cartucce, contro l’altra cinque dita bollenti. Salì sulle punte dei piedi, per baciarlo. Sulle labbra spaccate, Bellamy aveva il sapore inebriante della terra dissodata, quell’umidità che suggeriva vita, o almeno la presenza di elementi chimici sufficienti per ricrearla. Clarke ci aggiunse del sale, quello di una singola lacrima che le scendeva lungo una guancia. Poi si staccò per prendere un respiro.

«Sono ancora arrabbiato con te,» mise in chiaro Bellamy. 
Clarke annuì. «Lo so.»
Un’orda di zombie li puntò, decisa ad accerchiarli. Con un solo sguardo d’intesa, loro due si posizionarono schiena contro schiena, pistole in pugno e gambe ben salde. «Ma ti dice bene. Al momento sono più arrabbiato con gli zombie,» fece Bellamy.
Clarke curvò il collo, preparando il primo degli ultimi spari. «Facciamogli vedere che un cervello è più utile averlo in testa che nello stomaco.»
«Al tuo segnale, principessa.»


 

 
[N.d.A.: Bene, questa è la mia previsione per come finirà davvero the 100 quando decideranno di chiudere la serie. A.L.I.E. sterminerà l'umanità! Sono solo indecisa sull'elemento zombie, ma ieri ho visto Pride+Prejudice+Zombies e appena ho trovato questo prompt AU non ho resistito XD ...e credo anche che se avremo mai un momento Bellarke CANON sarà endgame come questo qui. Cioè proprio tanto, tanto, tanto endgame. Ma tanto. Per quanto riguarda la fan art... beh, in questa flash fiction si parla di cuori e cervelli, come non trovarla appropriata?]

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Capitolo 11
*** Vulnera Sanentur ***


#1 prompt: A memory character A has with character B that they’ll never forget 

#2 prompt: Aerico. One of the characters nursing the other back to good health 

add: HarryPotter!AU

words: 573

VULNeRA SANENTuR

«Stai fermo,» disse Raven. Inchiodò Bellamy contro il pavimento, tenendogli una mano premuta contro la spalla; con l’altra strinse con più convinzione la bacchetta. Crine di unicorno e mogano, unica nel suo genere. «Vulnera Sanentur
Il corpo straziato di Bellamy inglobò l’incantesimo con un lieve spasmo. Le ferite della maledizione Sectumsempra lanciata da Charles Pike, ormai  dichiarato mangiamorte, erano numerose e profonde. «Quel pezzo di —» 
«Mi fa male tutto,» mugugnò Bellamy. Raven strinse i denti, osservandolo con fare clinico. Lei non era un granché con gli incantesimi guaritori, se la cavava decisamente meglio con i trucchi di trasfigurazione, ma le sembrava di essere riuscita a fermare il sangue fuoriuscente dai vari tagli. «Te la caverai,» sentenziò.
Bellamy, seppure a fatica, annuì. Poi mise su uno dei suoi sguardi torvi. «Non dovevi fermarti qui per me. I mangiamorte arriveranno a momenti —» 
«Non ti lascio morire per quattro squinternati con netti problemi di carenza d’affetto,» tagliò corto Raven. «Quando riesci ad alzarti, ce ne andiamo.»
Sentendosi sotto pressione, Bellamy cercò almeno di tirarsi su sui gomiti. Gli costò una smorfia di dolore e un piccolo gemito represso, ma riuscì a tirare fuori un mezzo sorriso per Raven. «Non dirmi che sto facendo l’esibizionista.»
Raven rispose al sorriso. Era quello che pensavano tutti i Corvonero come lei dei Grifondoro, in fondo: esibizionismo puro e stupidità latente. Ma Bellamy era qualcosa di più di quei difetti sommati. Era coraggioso. Era leale. Ed era suo amico. «Per la seconda volta da quando ti conosco, no, non stai facendo l’esibizionista,» gli disse.
Bellamy si accigliò, riuscendo a mettersi seduto. «La seconda volta? E la prima quale sarebbe?» 
Raven non dovette nemmeno starci a pensare. «Quando è morto Finn.» Rabbrividì pronunciando quel nome, e la sua presa sulla bacchetta si fece d’acciaio, le nocche cianotiche. Quegli attimi terribili erano sempre impressi nella sua mente, nonostante fossero passati due anni dalla morte del ragazzo.  Finn bersagliato dal fuoco incrociato dei mangiamorte. Finn esausto. Finn con gli occhi sgranati di fronte all’ultimo, letale attacco. Avada Kedavra. «Tutto il mondo mi stava crollando addosso,» continuò Raven, guardando Bellamy dritto negli occhi. «L’unica cosa che mi ha impedito di andare in pezzi è stata la tua presa salda.» Incrociò le braccia, toccandosi con le dita la pelle coperta di graffi e lividi a causa della battaglia in corso. Come Bellamy, non indossava la veste della sua casata, ma normali vestiti da adolescente. Si sentiva ormai troppo cresciuta per starsene dentro una divisa scolastica. «Mi hai afferrato qui,» disse, stringendosi le braccia tra i polpastrelli, «e non mi hai lasciata andare. Mentre Finn si accasciava a terra, io —» 
«Ti sei accasciata contro di me,» disse Bellamy. «Sì, me lo ricordo.» 
Raven sorrise di nuovo, ma stavolta su una guancia le scendeva una lacrima. «Allora non dirmi più che non devo fermarmi quando ti vedo morire dissanguato sul pavimento.» Alzandosi, si asciugò in fretta il viso e porse una mano a Bellamy. Lui si aggrappò, facendo del proprio meglio per mettersi in piedi. Quando fu certo di poter reggersi sulle gambe, un’esplosione poco lontana di vetri in frantumi gli fece stringere di colpo la bacchetta tra le dita insanguinate. Raven commentò la reazione con un battito di ciglia. «Ora non fare l’esibizionista.»
Bellamy inclinò la testa di lato, come a dire che non avrebbe garantito niente. Si mossero in direzione dei rumori della battaglia, pronti a scagliare nuovi incantesimi e a combattere per uscirne vivi.

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Capitolo 12
*** You call her princess ***


#1prompt: Child. Write the characters raising a child. 

#2prompt: Dinner. A drabble (main or AU) about the characters having dinner. 

add: OnceUponATime!AU

words: 313

YOU CaLL HER PRiNCeSs

Laelia infilò i piedi sotto le gambe, sollevandosi con i gomiti sopra il tavolo. «Voglio le patatine e la coca-cola e il frullato. E anche quelle cose di cioccolato —»
«I brownies,» disse Clarke. Fece una smorfia divertita, tenendo gli occhi incollati al menù di Granny’s. «Oppure vuoi essere coraggiosa ed assaggiare la torta di mele?»
L’espressione di Laelia si fece diffidente. «Sono avvelenate.» Si ritrasse dal tavolino, rannicchiandosi contro suo padre. Incrociando lo sguardo di Clarke dall’altra parte del tavolo, Bellamy si mise a ridere. Passò un braccio attorno alle piccole spalle di Laelia, scostandogli la frangetta troppo ricresciuta dalla fronte. «Sono avvelenate solo per le principesse, lo sai, sì?»
La bambina trasse un respiro di sollievo. «Io non sono una principessa.»
«Questa l’ho già sentita,» fece Clarke. Tolse di mezzo il menù, allungando le mani sul tavolo verso sua figlia. «Non ti va l’hamburger?»
Lealia fece una linguaccia disgustata. «Non mi piace.»
«Fai i capricci come una principessa,» disse Bellamy. «Stai alla larga dalla torta di mele.» Non riuscì a restare serio per tutta la frase e Clarke gli rise dietro. «La stiamo traumatizzando.»
Bellamy stritolò Laelia nel mezzo abbraccio in cui la teneva stretta. «No, è una principessa tutta d’un pezzo, non si fa mica impressionare.»
Scoppiando a ridere, Laelia picchiettò contro il petto del padre, per liberarsi da quell’ondata di affetto. Tra le grida divertite provocate dallo scontro, ci tenne a ribadire un concetto. «Non sono una principessa!»
«Allora la torta di mele la prendo io,» disse Clarke.
Laelia si irrigidì, smettendo la lotta amorevole contro Bellamy. Lui incrociò il suo piccolo sguardo verde. «Cosa?»
La bambina si curvò di lato per bisbigliare. «Non può mangiarle, papà.»
Bellamy bisbigliò di rimando. «Perché?»
Gli occhi verdi di Laelia si fecero d’un tratto più seri che mai. «Perché lei è davvero una principessa. Tu la chiami sempre così.»

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Capitolo 13
*** Spacewalker ***


#1prompt: Breathtaking reality.
#2 prompt: 
Scrivere una drabble in cui non si ripeta mai due volte la stessa parola (a parte le congiunzioni e gli articoli).


words: 77

SPaCEwALkER

L’assenza di gravità era così intensa da sgonfiare i polmoni. Raven si sentiva ancorata alla realtà soltanto per il cordone ombelicale gigante che usciva dalla muta spaziale - la teneva agganciata all’Ark, l’unico posto che aveva conosciuto i suoi passi, fino a quel momento. Non poteva tagliarlo. Ora stava lasciando impronte invisibili nello spazio, e tratteneva il respiro, incredula di fronte a tanta immensità; piccola, dispersa tra galassie e reazioni chimiche su cui annaspava in equilibrio il tutto. 

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Capitolo 14
*** Dreaming in silver and gold ***


#1prompt: Dream. Character A will have a dream about character B (or C, or D, or so on...)
#2prompt: "I found myself dreaming in silver and gold", Like I'm gonna lose you - Jasmine Thompson version
#3prompt: Sensation of loss.

words: 358

DREAMiNG iN 

SiLVER AnD GOLD

Il fumo bianco calava dall’alto, come se nuvole a bassa quota andassero a finire nella foresta, opacizzandola.
Lexa si osservò i piedi nudi, arric
ciando le dita contro il terriccio che le formicolava sotto le piante. Indossava un vestito d’oro e d’argento che le lasciava scoperte le caviglie, graffiate e livide. Qualche catena le aveva strattonato la pelle, martoriandola. Ma non c’era dolore.
Lexa sentiva solo una strana sensazione che le si arrampicava lungo la spina dorsale, però non faceva male. Si accorse che era panico solo quando alzando gli occhi vide Clarke. Wanheda. Avanzava nel fumo, con un sorriso di rammarico e uno sguardo dispiaciuto.
Lexa non si mosse; le labbra serrate, in una rigida espressione di difesa. 
Qualcosa nel viso di Clarke la distruggeva. Qualcosa la attraeva. Qualcosa la terrorizzava. Lexa abbassò di nuovo gli occhi a terra, cercando chiarezza nei colori nitidi del sottobosco, contro l’evanescenza tutt’intorno. 
«Heda.»
Non era la voce di Clarke. Clarke non la chiamava così. L’accento era trikru, il tono spezzato. Lexa sentì un sorriso affiorarle sulle labbra, mentre lacrime silenziose le sbiadivano il trucco da comandante. «Costia.» Pronunciare quel nome le incrinò la voce e le provocò una fitta al petto. Adesso faceva male. Non era più una sensazione. Era un dolore fisico.
Lexa alzò la testa, incontrando lo sguardo di Costia. Di Clarke non c’era più alcuna traccia. Di fronte alla heda solo una guerriera trikru, con i capelli intrecciati e le braccia stese lungo i fianchi. Un volto così familiare che Lexa si sentì cedere le gambe.
Di colpo realizzò che era un sogno, che Costia era morta, che la sua figura non era reale, e non erano reali i suoi passi lenti, il modo in cui si muovevano le sue anche, il rumore impercettibile dei piedi tra le foglie secche e i rami sparpagliati a terra. Eppure, in quel momento, con il fumo bianco che continuava ad avvolgere tutto, Lexa non desiderava altro che riaverla.
Costia la superò, passandole accanto per poi proseguire.
Lexa sentì un nodo in gola.
«Kamp raun hir.1» Si voltò appena, quanto bastava per incontrare il sorriso debole di Costia.
«No, heda. Stedaunon don gon we.2»

 

1 «Resta qui.»
2 «No, comandante. I morti sono morti.»
 

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Capitolo 15
*** You knew I had a girlfriend? ***


#1prompt: Break me. Write an angsty drabble about two characters.
#2prompt: Falling. Write two characters falling in love.

words: 249

 

YoU KNeW I HaD A 
GiRLFRiEND?

«Sapevi che avevo una ragazza?» Il tono duro di Bellamy colpì Clarke in pieno viso come la lama di piatto di un pugnale. «Gina. E’ saltata in aria mentre cercavo di venire a salvarti.»
«Bell, io —»
«Già, tu sei stata occupata a cambiare colore di capelli e segnare le cortecce degli alberi con le unghie. Non potevi immaginare che io mi fossi sforzato all’inverosimile per cercare di andare avanti e dimenticare quello che avevamo fatto.» Negli occhi scuri di Bellamy guizzò un accesso di rabbia. «Io e te, Clarke. Insieme. Ma tu hai pensato bene di avere la prerogativa del dramma, come se quella leva l’avessi tirata giù da sola.»
«Stavo solo cercando di non andare in mille pezzi!» sbottò Clarke. «Cosa vuoi che ti dica, che è stata una vigliaccata andarmene in quella maniera? E’ stata una vigliaccata! Avevo paura. Ero terrorizzata. Lo sono ancora, Bellamy. Lo sarò sempre.»
L’espressione di Bellamy si fece glaciale. «Pensa che io invece mi diverto così tanto ad uccidere persone a cui devo la vita.» 
«Non è colpa tua,» disse Clarke, «e non è colpa mia. Questo lo sai bene. Se fossi restata —»
«Ne saremmo usciti fuori insieme,» tagliò corto Bellamy. «Ti avevo detto che non saresti stata sola. Che sarei stato qui per te.»
«Lo so.» Clarke abbozzò un sorriso. «E’ stato questo a farmi più paura del resto.»
Bellamy si accigliò, confuso. «Da quando tu hai paura?»
Da quando tu dici “io e te”, pensò Clarke. Da quando dici “insieme”.
Invece disse: «Da quando abbiamo messo piede sulla Terra.»



[N.d.A.: ...perché avevano da dirsene ancora, nella 3x05. E secondo me, Clarke deve sapere di Gina. E deve sentirsi in colpa per il character invelopment di Bellamy. Like hell.]

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Capitolo 16
*** Restricted section ***


#1prompt: Forbidden. A drabble (main or AU) about two characters doing something they shouldn't be doing.
#2prompt: Morning. A drabble (main or AU) about two characters waking up.

add: HarryPotter!AU

words: 213

ReSTRiCTeD SeCTiON

Raven arricciò il naso, gli occhi ancora chiusi nel dormiveglia che piano piano si dipanava. L’odore che percepiva le risultava familiare, come di polvere, d’inchiostro… Strusciò la guancia contro un cuscino che le sembrò un po’ troppo scomodo. Lo tastò con le dita, per saggiarne la consistenza. Si accorse che era una spalla.
«Altri due minuti, Monty...»

Raven aprì gli occhi, mettendo a fuoco Kyle Wick. Se ne stava con la schiena poggiata contro uno degli scaffali della biblioteca, la testa penzoloni sul collo e le gambe stese lungo il pavimento. Raven si era addormentata rannicchiata conto di lui, la sciarpa Corvonero ancora avvolta intorno al collo, perché di notte il castello si riempiva di spifferi... Perché lei e Wick erano sgusciati dentro la biblioteca fuori orario. Ed erano sgusciati dentro il reparto proibito. E si erano addormentati.
Dopo ore ed ore di ricerche per conto di Monty su una strana magia chiamata horcrux, erano crollati.
«Wick, svegliati.» Raven scosse il corpo ancora addormentato del suo complice, tenendo la voce al minimo. Se fossero stati scoperti sarebbero stati tanti punti in meno a Corvonero, proprio quando Grifondoro li pedinava alle calcagna per la coppa delle case.
«Hey, cervellona.» Wick sollevò le palpebre, stiracchiandosi. Si sporse verso Raven, per stamparle un bacio sulle labbra. «Buongiorno.»

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Capitolo 17
*** There's something else, there was a girl ***


#1prompt: "You're hiding something from me."
#2prompt: "I made a mistake."
#3prompt: One character mistakenly believes s/he has killed someone.

words: 359

THERE's SOMETHiNG eLSe, THERE wAS a GiRL

Nel silenzio penetrante che era sceso tra loro, Bellamy sentiva solo i respiri di Clarke, nervosi e accelerati da un pianto trattenuto. Era seduta su quella sedia ormai da ore, a raccontare tutto ciò che le era successo da quando aveva lasciato Arkadia, ma nella brusca interruzione avvenuta di colpo Bellamy lesse subito qualcosa di sospetto. Inginocchiato di fronte a Clarke, allungò una mano verso di lei, per scioglierla con un contatto. Si ritrovò a stringere un polso sottile tra le dita. Il battito cardiaco di Clarke, preciso come un metronomo, scandiva il tempo. 
«C’è dell’altro?» Bellamy sentì la propria voce raschiare contro la gola, ma forse era solo la domanda a bruciare più del dovuto. Perché che ci fosse dell’altro lo capiva dal modo in cui Clarke evitava di alzare lo sguardo su di lui. Da come teneva gli occhi abbassati sulle loro mani, aggrappate ai reciproci avambracci, mentre scuoteva la testa.
«Clarke. Mi stai nascondendo qualcosa.»

Clarke prese un respiro profondo, che risuonò come un singhiozzo. «Ho fatto uno sbaglio.» Affondò tutte e dieci le dita sul polsino della giacca di Bellamy, tirandoselo un centimetro più vicino. «C’era una ragazza, una trikru… Niylah. Mi ha aiutata a restare nascosta dagli Azgeda. Credo —» Le mancò la voce. Bellamy la vide annaspare, come se stesse cercando di tornare in superficie da un giro fatto in acque troppo profonde, troppo buie.
«Credo sia morta per colpa mia,» finì Clarke. «Azgeda non risparmia i traditori.»

«E io non risparmio chi ti mette una taglia sulla testa,» disse Bellamy. Nonostante tutta la tensione, riuscì ad abbozzare un sorriso. «Niylah sta bene. L’ho conosciuta mentre ero sulle tue tracce. Ho ucciso gli Azgeda che stavano per tagliarle entrambe le braccia.»
Clarke non controllò più le lacrime. Si permise di piangere, mentre un sorriso spontaneo le illuminava di colpo la faccia contrita. Si tirò Bellamy più vicino, per posargli un bacio umido sul viso, nell’angolo morbido che stava tra le  labbra e il naso. Lui socchiuse gli occhi al contatto. Quando li riaprì, Clarke era di nuovo distante, ma sorrideva come una bambina, con i capelli biondi increspati dalla sopravvivenza e gli occhi verdi accesi di vita.





[N.d.A.: ...perché per questa scena della 3x05 ho una vera OSSESSIONE!]

 

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Capitolo 18
*** Six word story ***


#1prompt: scrivere una storia in sei parole (risale ai tempi di Hemingway, perciò meglio perpetrare la tradizione!)
 
[N.d.A.: Ho colto l'occasione di questa six words challenge per dare spazio a personaggi che spesso trascuro, nelle fic, ma che adoro. Perciò largo al momento di gloria di Abby, Jasper e Indra.]


SiX WORDs STORy


Abby
6 words


Scelto Clarke, il resto era niente.

 


Jasper
6 words

 

Non si conosceva più: era svanito.

 

Indra

6 words


Lealtà e cicatrici; il suo credo.

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Capitolo 19
*** Liked it like hell (rumor has it) ***


#1prompt: I borrowed his sweater.

add: Shadowhunters!AU (perché è il mio AU preferito, by the angel!)

words: 435


LIkED IT LIkE HeLL

(RuMOr hAS iT)

A quell’ora tarda della notte, l’Istituto era deserto. Bisognava avanzare tenendo la stregaluce stretta in pugno, perché era troppo buio per procedere a tastoni. Il silenzio permeava il corridoio, al punto che Clarke riusciva a sentire persino il suono attutito dei suoi piedi nudi sul pavimento.
Aveva fatto quel percorso scalza anche all’andata, perché era breve, e perché necessitava discrezione. C’era solo un angolo da svoltare, tra la sua stanza e quella di Bellamy. Girato quello, Clarke si sarebbe ritrovata al punto di partenza. E nessuno si è accorto di niente…

Non fece in tempo a pensarlo che arrivata lì dove il corridoio curvava si ritrovò a fare un balzo indietro. Le si parò davanti una ragazza vestita di nero. Non aveva alcuna stregaluce, perché sullo sterno una runa per la visione notturna bruciava di fresco. Clarke riconobbe il tratto di quel disegno prima ancora di alzare lo sguardo per incontrare quello della ragazza. «Octavia.»
Octavia la scrutò da capo a piedi. «Clarke. Che ci fai in giro a quest’ora?»
Clarke maneggiò un sorriso. Temette le fosse uscito un po’ impacciato, ma non se lo rimangiò. «Stavo… Mi era venuta fame. Sono scesa in cucina.»
Aggrottando la fronte con fare dubbioso, Octavia indicò alle proprie spalle. «Le scale sono di là.»
«Già, la stanchezza mi ha confuso,» ribatté Clarke. «Duri gli allenamenti di oggi con Indra, eh?»
Con l'aria di chi non sapesse di cosa diavolo si stesse parlando, Octavia annuì in maniera distratta. «Quindi vai in cucina?»
Clarke la superò, contenta di stare per uscire dall’impasse. «Vado in cucina.» 
«Con il maglione di mio fratello addosso?»
Panico. «Cosa?» Clarke si voltò di scatto, come se non avesse sentito bene. Incontrò l’indice puntato di Octavia.
«Quello è il maglione di Bellamy.»

Clarke si ispezionò. Avrebbe tanto voluto negare l’evidenza, ma tutti conoscevano l’ossessione di Bellamy per quel maglione grigio al punto da poterlo ricondurre a lui, figurarsi sua sorella. «Sì. L’ho… l’ho preso in prestito,» disse Clarke. Annuì e scosse la testa allo stesso tempo, a corto di scuse. «Mi piaceva davvero tanto. Da impazzire.»
Octavia nascose un sorriso, scrollando la testa. «I gusti sono gusti.» Si incamminò per il corridoio, verso la propria stanza. «Metterei una maglietta sotto, fossi in te. Il cashmere irrita la pelle.»
Clarke aprì la bocca per controbattere, ma Octavia era già sparita oltre il cono della stregaluce. Per quanto riguardava la maglietta, non era colpa sua se la stanza di Bellamy pullulava di vestiti lasciati in disordine. Sul momento le era stato impossibile recuperarla. E sì, ci stava pensando solo ora: avrebbe dato meno nell’occhio se fosse andata in giro nuda piuttosto che con il maglione di Bellamy Blake addosso.

 

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Capitolo 20
*** He was amber (oudated) ***


#1prompt: "I was you amber but now she is your shade of gold..." (Stone Cold, Demi Lovato)
#2prompt: Alone in a crowd

words: 410

 









 

He was AMBER
(oudated)

La folla era in tumulto. Centinaia di voci ribollivano in attesa della decisione finale della Heda; sguardi truci correvano da una parte all’altra della piazza, trepidanti. Skikru e trikru erano pronti ai blocchi di partenza. Una sola parola da parte di Lexa e quel posto sarebbe diventato un campo di battaglia. Questione di qualche secondo.
Bellamy era pronto. Stringeva il fucile così forte da sentire le dita intorpidite e teneva gli occhi incollati sul palchetto che accoglieva la postura rigida di Lexa. Un passo dietro la Heda, Clarke monitorava i suoi con sguardo granitico. 
I suoi, pensò Bellamy. Chi sono i suoi?
Chiunque Wanheda volesse sotto la sua protezione, Bellamy dubitava di essere nella lista. Clarke l’aveva appena degnato di uno sguardo quando l’aveva intravisto tra la folla. E Bellamy l’aveva capito da quell’occhiata di sufficienza: qualcosa tra loro si era rotto. In un momento disperato come quello, Clarke non cercava più conforto in un suo accenno del capo. Guardava Lexa, invece.
«Jus drein no jus daun,» disse la Heda. Significava pace.
La folla proruppe in grida. Se di protesta o di giubilo, Bellamy non riusciva a capirlo. Non gli interessava nemmeno. Stava ancora guardando Clarke, e il modo in cui guardava Lexa, e quello in cui non guardava lui. 
Per un momento le dita gli fremerono sul grilletto, un impulso irrazionale. Poi una stretta sul braccio lo fece rinvenire. Era Miller. «Clarke vuole vederti.» 
Bellamy si mise in spalla il fucile, stiracchiando le dita. «Te l’ha detto lei?»
Miller annuì. «Prima di salire lassù con Lexa. Ti avrei avvisato prima, ma —»
«Va bene,» tagliò corto Bellamy. Buttò fuori un bel respiro. Poi alzò di nuovo gli occhi sul palchetto, l’istante buono per intercettare un cenno del mento di Clarke.
Salutò Miller con una pacca amichevole e si diresse verso i dietro le quinte della piazza. La luce accecante del sole gli inondò la vista di giallo per una frazione di secondo. E fece una strana associazione di idee, a partire dal giallo.
Lui era stato un sasso d’ambra, per Clarke, ed ora Lexa giocava a fare il pezzo d’oro. A vederli così, sasso d’ambra e oro, chiunque avrebbe saputo cosa scegliere. Ma Clarke non era chiunque.
So che possiamo aggiustare le cose, gli aveva detto.
Bellamy ancora non capiva come avessero fatto a rompersi nel principio. Però era ambra. Aveva la resistenza di un fossile. E come un fossile con un insetto, conservava in sé una speranza immobile, bella da contemplare, preziosa da custodire. 

 


 

[N.d.A.: Non lo so, sto covando strani sentimenti per la relazione (inesistente) tra Bellamy e Lexa... Per il momento ne è uscito fuori questo. Una piccola annotazione. L'outdated del titolo è una delle traduzioni possibili del termine fossile; guarda caso significa anche datato (*LOOKING TO YOU, BELLAMY BLAKE*).]

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Capitolo 21
*** Astral projection and mutual affection ***


#1prompt: Use all of these words in your story: smug, substantial, meddle, slink, ethereal, artisanal, convolute // compiaciuto, fondamentale, immischiarsi, di soppiatto, evanescente, artigianale, contorto.
#2prompt: Write a story with this title: Astral Projection and Mutual Affection
#3prompt: Use this line of dialogue in your story: Mutual respect sends his regrets // Il rispetto reciproco manda i suoi saluti.

words: 241

 
[N.d.A.: Dite che sono tornata a prompt troppo folli? Cosa ve lo suggerisce, "artigianale" forse? XD]

ASTRaL PROjECTiON AnD MuTUAl AFFeCTiON

Clarke si intrufolò oltre la porta di soppiatto, richiudendosela in fretta alle spalle. Voltatasi verso l’interno della stanza, incontrò il sorriso compiaciuto di Bellamy. «Credevo di averti sentito dire a Lexa che era saggio non immischiarsi
Se ne stava dietro una scrivania di acciaio scuro, simile a un tavolo operatorio. Clarke con un brivido ripensò alle scrivanie di mogano di Mont Weather, legno di qualità artigianale di qualche secolo trascorso. Per lo meno dava a quegli ambienti una parvenza di umanità. L’acciaio gelido del tavolo su cui Bellamy stava poggiato invece dava solo scosse al cervello. Clarke ci posò sopra entrambi i palmi delle mani. «Bellamy. Non penso davvero tutto quello che dico a Lexa.»
Bellamy alzò un sopracciglio. «Credevo la rispettassi.»
«Credevo fosse chiaro che non sono intenzionata a lasciarti un’altra volta,» ribatté Clarke.
«E il rispetto reciproco manda i suoi saluti.» Il sorriso di Bellamy si fece più esplicito. Soddisfatto.
«E’ fondamentale che tu ora mi stia a sentire,» disse Clarke. «Il piano di Raven per debellare A.L.I.E. mi sembra troppo contorto
Bellamy si strinse nelle spalle. «Hai qualche altra idea?»
Sulle labbra Clarke mise su un sorriso evanescente. «Forse. Secondo Indra l’allineamento dei pianeti è dalla nostra.»
«L’allineamento dei pianeti?» fece Bellamy.
Clarke lo ammonì con un’occhiata seria. «Senti, è una situazione disperata. Accettiamo anche aiuto dalle influenze astrali, d’accordo?»

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Capitolo 22
*** #Parenting ***


TERNO! Tre prompt, tre fic, una tag. 

#PARENTING
 

#1. Imagine your OTP arguing over whose hair color they think their baby will get.
GENETICS ISSUES
( 72 words)
«Castano,» disse Bellamy.«Castano scuro. Lo dice la genetica.»
Clarke roteò gli occhi, accarezzandosi la pancia. «Ma se tu non capisci niente di genetica. Potrebbe anche averli biondi.»
«Il biondo è recessivo,» fece Bellamy. «E non puoi negarlo. L’ho chiesto a tua madre.»
«L’hai chiesto a mia madre?» Clarke si mise a ridere, incredula.
Bellamy abbozzò un sorriso. «Non mi lancio in una discussione di genetica con te senza prima un minimo di preparazione, Dottoressa Griffin.»

#2. After their first child, character A learns character B is actually pretty good at lullabies
LULLABY FOR A STORMY NIGHT
(261 words)
Laelia piangeva senza sosta da un’ora abbondante. Clarke  non sapeva più cosa fare per calmarla. La sua migliore arma di solito con le persone era la diplomazia, ma con una neonata di un mese e mezzo non funzionava granché. «Non so più come tenerla,» disse.
Bellamy mise a posto gli ultimi piatti appena lavati, e si asciugò le mani umide sui pantaloni. «Ci provo io.» Prese Laelia con un gigantesco sorriso stampato sulle labbra. «Hey, principessa.»
La bambina strepitò. 
«Forse sta male,» fece Clarke. «Non è normale che pianga in questo modo.»
Bellamy inclinò la testa verso quella della bambina. «No, vuole solo il papà.» Cominciò a cullarla, dondolandola nel proprio braccio. E poi fece una cosa che Clarke non gli aveva mai visto fare. Si mise a cantare. 

«Little child, be not afraid
The rain pounds harsh against the glass
Like an unwanted stranger
There is no danger

I am here tonight»

Lealia trattenne il respiro per un attimo. Osservò il viso di Bellamy come se non capisse da dove provenisse quel suono così rassicurante che era la sua voce. 

«For you know, once even I
Was a little child
And I was afraid
But a gentle someone always came
To dry all my tears
Trade sweet sleep the fears

And to give a kiss goodnight.»

Clarke si lasciò cadere su una sedia. «Chi lo sapeva che eri un cantante.» 
Distogliendo per un istante l’attenzione dalla ninnananna, Bellamy le strizzò un’occhio. «La cantavo ad Octavia.» 

Well, now I am grown
And these years have shown
Rain's a part of how life goes
But it's dark and it's late
So I'll hold you and wait
'til your frightened eyes do close1.
 

1. Lullaby for a stormy night, Vienna Teng


#3. Imagine your OTP comforting their child after their pet dies and making a little funeral fot it

ABOUT BATS' PARADISE & MAGIC CHAMOMILE
(284 words)

Clarke si strinse contro il fianco il corpicino esile di sua figlia. «Il Signor Otto adesso è in un posto migliore, tesoro.»
Laelia tirò su con il naso, soffocando un singhiozzo. Stava facendo del suo meglio per dimostrare che era grande e che piangere era da bambini, ma il Signor Otto era stato il pipistrello migliore del mondo e lei ne sentiva già la mancanza.
«Ecco fatto.» Bellamy si alzò da terra, spazzandosi via il fango dai pantaloni. «Clima da funerale,» disse, scrutando il cielo. Nell’aria si respirava ancora l’umidità del temporale della notte passata.
E a Laelia il commento venne su spontaneo. «Il Signor Otto amava la pioggia.» Scoppiò in lacrime all’ultima sillaba, staccandosi dall’abbraccio della madre per fiondarsi in quello del papà. Era con lui che aveva trovato il Signor Otto sotto la veranda. Ed era lui che gli aveva appena dato una degna sepoltura. «Papà!» strepitò Laelia.
Bellamy la strinse forte, posandole un bacio tra i capelli. «Va tutto bene. Ha ragione la mamma, lo sai? Il Signor Otto è in un gran bel posto.»
Tra i singhiozzi di Laelia, uscì distinta una sola parola. «Dove?»
«Nel paradiso dei pipistrelli,» intervenne Clarke. «Con i suoi amici pipistrelli.»
Lealia riemerse dall’abbraccio di Bellamy. «Ha i suoi amici?»  
I genitori la rassicurarono in coro. «Certo.»
«Starà benone» disse poi Bellamy. «Non essere triste per lui.»
Lealia si asciugò le lacrime con il dorso di una mano. «Non sono triste,» disse con un ultimo singhiozzo. Poi si indicò il petto, lì dove una morsa inedita le si stava spandendo. «Mi fa male qua.»
Clarke le tese una mano. «Vieni. So quello che ci vuole.»
«Una camomilla magica,» disse Laelia.
Con un piccolo sorriso, Clarke annuì, afferrando le dita di sua figlia. «Sì, tesoro. Una camomilla magica.»

 

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Capitolo 23
*** Yu gonplei ste odon ***


#1prompt: "...and I loved and I loved and I lost you", Hurts Like Hell by Fleurie
#SPOILER 3X07
words: 132


YU GONPLEi StE OdON

Lo stomaco le si contrasse nel giro di un respiro, e Clakre si sentì annaspare, in una vertigine che minacciò di farle perdere l’equilibrio. Era una sensazione familiare. La stessa che aveva provato abbracciando Finn l’ultima volta. Prima di ucciderlo. 
Ora sulle mani aveva il sangue nero di Lexa. Sotto i polpastrelli, i suoi ultimi respiri. Quel proiettile che era stato destinato a lei, stavaspegnendo la vita della Heda. Perché non bastava che questo: un soffio su una candela, buio.
E c’erano infinite promesse che Clarke poteva fare a se stessa in quel momento, ma solo una le nacque spontanea tra i pensieri e i singhiozzi. Non aspetterò mai più, si disse. Da oggi amerò senza paura.
Si curvò su Lexa, per posarle un bacio leggero sulle labbra. «Yu gonplei ste odon, Heda

  

[N.d.A.: Nonostante io sia una Bellarker accanita, come chi mi legge ben sa, nell'ultima puntata ho versato qualche lacrima per Lexa. Un personaggio coraggioso e complesso che è stato un piacere temere. Sono felice che Clexa sia stata Canon, anche se per poco. May we meet again, Lexa.] 

#bellarke #clexa #fandomsunite

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Capitolo 24
*** 1984 ***


#1prompt: Imagine your OTP in 1984 by George Orwell
words: 484
[N.d.A.: Ho fatto di meglio (o di peggio?): ho preso una delle mie scene preferite di 1984, tenuto i dialoghi originali (in rosso) e riadattato il contesto (in nero). La scena è a pp. 101-102 della versione e-book, consiglio di correre a ripassarla, per chi non l'avesse a mente - o addirittura non avesse mai letto 1984! Buona lettura!]
 

1984

«Eccoci qua.» La ragazza si infilò i pollici nei passanti dei pantaloni, accennando un sorriso. 
Bellamy non le era abbastanza vicino, eppure gli si contorceva lo stomaco alla sola idea di muovere passi verso di lei.
La ragazza parve leggergli nella mente e rimase dov’era, a debita distanza.  «Non ho aperto bocca lungo il sentiero, per paura di qualche microfono nascosto. Non credo che ce ne siano, ma non si può mai sapere. C’è sempre la possibilità che uno di quei porci riconosca la tua voce. Qui siamo al sicuro.»
Bellamy si guardò attorno, indietreggiando addirittura di un passo. «Siamo al sicuro?» Lo ripeté come se non sapesse di cosa stessero parlando. La prudenza non gli sembrava mai troppa, ma la ragazza lo tranquillizzò.
«Sì. Osserva gli alberi.» Erano betulle di una vecchia foresta, rinsecchite e morte dopo una potatura sbagliata, simili a dita scheletriche di una mano sepolta. «Piantarvi dei microfoni è impossibile. E poi, sono già stata qui.»
In qualche modo, questo convinse Bellamy a recuperare quel passo di distanza aggiunto poco prima, e poi un passo ancora, ed un altro. Finché la ragazza non gli fu a venti centimetri di distanza, i pollici ancora nei passanti dei pantaloni, il sorriso accennato sempre sulla bocca, come un invito muto, una sfida appena lanciata. Bellamy le afferrò l’avambraccio, come per capire se fosse vera. 
«Forse non ci crederai,» disse, «ma fino a questo momento non sapevo nemmeno di che colore fossero i tuoi occhi.» Li guardò con attenzione, scoprendoli verdi, di una tonalità torbida, incorniciati da ciglia bionde. «E tu, adesso che mi hai visto come sono veramente, riesci ancora a guardarmi?»
«Certo, che ci riesco.»
«Ho ventitré anni, una madre morta alle spalle, non sorrido mai, cinque pistole addosso in questo momento.»
La ragazza diede una scrollata di spalle. «Per me tutto questo non ha la benché minima importanza.»
Tolse i pollici dai passanti dei pantaloni e con un ultimo passo annientò la distanza restante, la stretta di Bellamy che già la tirava d’istinto in quella direzione. Lui sentì il nodo allo stomaco trasformarsi in pietra. La sensazione di stringerla tra le braccia gli provocò un vero e proprio dolore fisico, uno spasmo di tensione che si allentò soltanto percependo il corpo di lei adererire al proprio. Bellamy respirò l’odore dei suoi capelli biondi, pensando ancora di essere in balia di un’allucinazione. Ma quello era contatto umano. Vero contatto umano. Era reale. 
Senza allentare l’abbraccio, Bellamy cercò la bocca di lei per baciarla. Trovò sulle sue labbra un sapore metallico e amaro, ma lo gustò come miele.
La ragazza si scostò per riprendere fiato. «Abbiamo l’intero pomeriggio,» promise. «Non è un rifugio splendido? L’ho scoperto una volta che mi sono persa durante una gita sociale. Se dovesse arrivare qualcuno, lo sentiremmo a cento metri di distanza.»
Bellamy le scostò una ciocca di capelli dal viso. «Come ti chiami?» le chiese.
«Clarke. Il tuo nome invece lo conosco. Ti chiami Bellamy, Bellamy Blake.»

 

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Capitolo 25
*** Brönte's Wuthering Heights ***


[N.d.A.: Questa è per graciousghost. Chiamiamola tentativo numero 2. Non ho la più pallida idea di cosa sia, in realtà. Ma non ho resistito alla tentazione di provare. Rielaborazione e finale alternativo (nonché aperto) della mia scena preferita di Wuthering Heigths, pp. 69-70 della versione pdf. L'unica frase originale che ho tenuto è in grassetto.]

#1prompt: Imagine your otp in Brönte's Wuthering Heights.
words: 1.031

 

Brönte's
Wuthering Heights

Umido di pioggia e infangato fino ai denti, Bellamy se ne stava rannicchiato dietro le assi di legno vicino al camino acceso, come un cane rimasto senz’osso, con l’unica consolazione di avere un po’ di tepore mentre fuori, a Wuthering Heigths, imperversava la tempesta. 
Abigail, la domestica, era seduta al tavolo con il neonato Artorius Kane tra le braccia, e cercava di farlo addormentare alla melodia di una ninnananna, nonostante i tuoni le strappassero di tanto in tanto sussulti che non favorivano l’addormentarsi del bambino. Bellamy non era certo che lei si fosse accorta della sua presenza dietro le assi, ma su una cosa non aveva dubbi: la canzone che usciva dalle labbra di Abigail era la stessa con cui lei, anni prima, metteva sempre a letto lui e Clarke nella stanza di quercia, lì dove, con calligrafia infantile, i loro nomi erano incisi sul legno del davanzale.
Bellamy fu scosso da un brivido quando a fermare la ninnananna di Abigail fu proprio la voce di Clarke. «Abby?»
Con i nervi fin troppo scoperti per colpa del temporale, Abigail quasi balzò sulla sedia alla vista della ragazza. «Clarke! Mi hai spaventata a morte!»
Bellamy si rintanò il più possibile dietro le assi, intenzionato a non essere visto. Soffriva di sentimenti contrastanti nei confronti di Clarke, in quel momento, e il solo saperla in quella stanza lo turbava. Decise quindi di fingere di non trovarsi lì, ma non poté fare a meno di tendere l’orecchio. Sentì Clarke ridacchiare. «Non volevo spaventarti. E’ solo che non riesco a dormire, Abby.» La risata si trasformò in un sospiro. «Posso farti una confidenza?»
Abigail rise a sua volta. «Questo non promette bene.»
«Rispondi,» insistette Clarke.
Il camino mandò uno scoppiettio rumoroso. Bellamy trattenne il respiro, in attesa.
«Sentiamo,» disse Abigail.
Clarke rise di nuovo. Una risata piccola e nervosa, da far rizzare i peli sulle braccia più della tempesta su Wuthering Heights. «Finn mi ha chiesto di sposarlo.»
Bellamy si voltò verso le assi che lo tenevano nascosto, cercando uno spiraglio per sbirciare la scena. Trovò una piccola crepa nel legno di un paio di centimetri che faceva al caso suo, e strizzò un occhio per mettere meglio a fuoco. Seduta al tavolo davanti ad Abigail e al piccolo Kane, Clarke se ne stava nella sua camicia da notte preferita, i capelli biondi sciolti sulle spalle e il riflesso del fuoco sul viso. 
«Oddio,» disse Abigail. Posò il bambino nella cesta che aveva accanto e gli sistemò le coperte con apprensione, prima di tornare a piantare gli occhi su Clarke. «E tu cosa hai risposto?»
Clarke si strinse nelle spalle, l’espressione imbarazzata nascosta da un mezzo sorriso. «Che ci devo pensare. Ma sto considerando un sì.»
La prima reazione di Abby fu quella di una madre al colmo della felicità. Allungò le mani sul tavolo, per afferrare quelle di Clarke, e le strinse forte, con affetto. «Clarke.» Poi di colpo il volto della domestica si irrigidì, e la sua stretta si fece più lieve. «Ma sei innamorata di lui?»
Clarke inarcò un sopracciglio come se non capisse la domanda. «Certo. E’ tutto quello che hai da dire?»
Abigail non raccolse la provocazione, e insisté. «Cosa ami di lui?» 
Clarke ci pensò su un momento. «E’ di bell’aspetto.» Gli suonò terribile, e anche un po’ esagerato, perciò aggiunse subito: «E’ gentile. Rispettabile. E non —» Si bloccò, in cerca delle parole giuste. «Non credo sia in grado di provare sentimenti cattivi. Odio, rancore —»
«Tutti gli uomini sanno odiare,» ribatté Abigail.
«Ma Finn fa sembrare che non sia così.»
«Allora dov’è il problema?» Abigail ritrasse le mani da quelle di Clarke, adagiandosi sullo schienale della sedia. «Perché c’è un problema, non è così? Te lo leggo in faccia.»
Clarke abbassò lo sguardo sulle dita che teneva intrecciate sul tavolo. «Ho un brutto presentimento.» La sua voce si ridusse ad un sussurro. «E il mio cuore mi dice che sto sbagliando. Se solo Kane non avesse cominciato a trattare Bellamy come un reietto —»
Bellamy si irrigidì di colpo, sentendo il proprio nome. 
«— non mi sarei nemmeno sognata di prendere in considerazione una proposta che non fosse la sua. Ma schierandosi dalla parte di Mr. Pike, come ha fatto, ha bruciato ogni tipo di aspettativa, ed ora è contro di me, contro Kane, il mio tutore. E io non posso nemmeno dirgli quanto —» Clarke annaspò, fermandosi. Bellamy sentì una morsa al petto.
«Cosa?» incalzò Abigail.
«Quanto sia stupido da parte mia amarlo.»
Dimmelo, pensò Bellamy. Dimmelo appena mi vedi, Clarke. Dimmelo sempre. 
«Ogni suo passo falso,» riprese a dire Clarke, «è una mia storta. Ogni suo dolore, una mia fitta. Il mio amore per Finn è come una pioggia passeggera, Abby. Il vento la porta via in fretta e non ne lascia nemmeno il ricordo, o l’odore. Ma Bellamy —» 
Clarke prese fiato, mentre Bellamy, dal suo nascondiglio, lo trattenne.  
«Bellamy è come i temporali di Wuthering Heights, incessanti e inarrestabili, così solidi da tenere testa al vento, e alle stagioni, e al tempo che passa. E come questi temporali, Bellamy mi conosce, Abby. Mi conosce più di quanto io potrò mai conoscere me stessa. Di qualunque cosa siano fatte le anime, la mia e la sua sono identiche.»
«Allora perché sposare Finn?»
Clarke e Abigail sobbalzarono, volgendo le teste verso il camino.
Bellamy non si era nemmeno reso conto di aver parlato ad alta voce, ma non vide altra scelta che sporgersi dal suo nascondiglio di assi, e tirarsi su in piedi, per farsi avanti. I sentimenti che provava non lottavano più dentro di lui come cani da incontri clandestini, ma erano cheti, domati da una sorta di rassegnazione che gli infondeva coraggio nel cuore per dire quello che doveva. «Clarke —»

«Hai sentito tutto?» interruppe lei.
Bellamy annuì, facendosi avanti. «Pensi davvero quello che hai detto?»
Clarke non riuscì a trattenere una lacrima, e Bellamy si ritrovò ai suoi piedi ancora prima di pensare di muoversi. Lei gli afferrò un braccio, scossa dall’essersi appena rivelata, elettrizzata dall’improvvisa prospettiva di qualcosa di inaspettato.
«Facciamo quello che diavolo ci pare,» disse Bellamy. «Che Kane e Pike se la combattano da soli, la loro guerra per Wuthering Heights. Io e te, andiamo via.»

[N.d.A.II: Alcune piccole precisazioni. No, non è una drabble - come avete intuito - ma volevo pubblicarla lo stesso in questa raccolta, perché "ci sta". Abby nel contesto non è la madre di Clarke. Kane è il suo tutore legale, Finn è vivo e Bellamy... Bellamy è Bellamy. Ho voluto inserire il suo essersi schierato dalla parte di Pike in quella che ho inventato essere una contesa sulla proprietà di Wuthering Heights. E poi, ovviamente, ho cambiato il finale. Nella scena originale, la confessione di Cathy viene origliata solo per metà da Heathcliff che credendosi rifiutato scappa e sparisce per tre anni *SUL SERIO, HEATH? NON POTEVI RESTARE MEZZO MINUTO DI PIù A SENTIRE IL RESTO?* Non ho mai sopportato come Cathy e Heathcliff non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare i reciproci sentimenti l'uno per l'altra, perciò in questo the 100 remake Bellamy tira fuori le palle (in senso figurato) e apre la possibilità per un lieto fine. Se Clarke accetta, decidetelo voi. Il finale è aperto.]

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Capitolo 26
*** Mebi oso na hit choda op nodotaim ***


#1 prompt: "In solitude you found me, formless like a memory / In the prison of thought, I weld a past that promised the poignancy of pain / A purposed life, a prosaic myth, until you danced into my vision." (Rumi)

#2 prompt: Final breath.

#3 prompt: Stand down, drop these weapons now / We're walking in this lie, walking in this lie / You know I try, try to compromise / We're walking in this high, walking in this high (Cloud, Elias)

words: 312


SPOILER ALERT!
 
 

MEBi OSO NA HiT ChODA op NODOTAiM
may we meet again

La pioggia era sottile, una cascata di spilli d’argento nella terra fangosa del campo, e c’era improvviso silenzio, quello di un pubblico in attesa di sentire andare un ultimo respiro.
Gli uomini di Pike si disposero in cerchio, le armi puntate e le spalle rigide. Lincoln si lasciò posizionare al centro, senza una sola parola di protesta. L’aveva scelto lui. L’aveva sempre scelto lui.

Era come starsene ancora appollaiato su quell’albero appena fuori i confini del campo provvisorio dei cento, in solitudine, con un taccuino da riempire di figure, un’anima da preservare nel dolore, un credo a cui restare fedele. Poi un battito d’ali di farfalla, un colore spiazzante: Octavia. Era andata così. E ora il momento era una pallida replica di quello che era stato. Solitudine, dolore, Octavia.
Lincoln s
i inginocchiò, facendo quanta più forza possibile sulle gambe per scendere lentamente e non dar segno di cedimento. Non aveva più armi. Non aveva più battaglie. Ma voleva ancora la dignità.
Pike caricò la pistola. «Linton dei trikru, sei stato condannato a morte per alto tradimento. Qualche ultima parola?»
«Non per te.» Era solo un pensiero, ma Lincoln lo sentì comunque uscire dalle labbra serrate.
Si voltò per guardare gli alberi fuori da Arkadia, la sua terra che brillava d’argento e fango, il suo battito d’ali di farfalla. Octavia. 

Lei gli balenò nel campo visivo come un’apparizione, un miraggio di quella delirante città della luce di cui si parlava, una visione di pace. Lei, vestita da guerriera, ricoperta di ferite, con i capelli intrecciati di sporco e sangue, una visione di pace. La sua pace. 
Nel palato secco, Lincoln sentiva il retrogusto amaro della sconfitta e quello dolce della salvezza. Octavia. «Mebi oso na hit choda op nodotaim.»
Lo sparo squarcio l’aria. Un’ultima immagine, nitida fino a bruciare i pensieri: una farfalla dai colori elettrici. Poi più niente. Solo il nero pece della pittura di guerra trikru. 

[N.d.A.: Se ho pianto per Lexa, figuriamoci per Lincoln: ho inondato casa. Uno dei personaggi più belli mai creati. Un'esploratore di emozioni e sentieri, un sognatore e un baluardo di pace e speranza. Mebi oso na hit choda op nodotaim, Linkon kom trikru.]

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Capitolo 27
*** Ai hod yu in (whatever it means) ***


#prompt: Clarke tells Bellamy she love him but in trigedasleng and Bellamy doesn’t know what it means and is just generally confused.
words: 457

Ai HoD Yu iN
(whatever it means)


Bellamy roteò gli occhi, perché il piano faceva schifo. 
Clarke incrociò le braccia sotto il seno, unico tentativo di difesa che le venne spontaneo mentre un brivido le attraversava la schiena. Non faceva freddo, ma 
la prospettiva di quello che stava per succedere ghiacciava dall’interno, paralizzando le ossa. «Ripeti, Bell—»
«Spero tu stia scherzando.» Bellamy forzò una risata sarcastica anche se non c’era nulla di divertente in quella situazione. «Non irradierò un intero pianeta per —»
«Salvarci,» disse Clarke. «Salvare tutta l’umanità.» Prese un respiro profondo e lasciò andare le braccia lungo i fianchi. «E’ la nostra occasione, Bellamy. Lo sai. Distruggere il nucleo che tiene in vita A.L.I.E. è l’unica mossa che ci resta.»
Bellamy si morse un labbro a sangue, scuotendo la testa. «Potremmo morire tutti. Potremmo far estinguere l’intera razza umana.»
«Siamo nati nello spazio,» ribatté Clarke, «sopporteremo le radiazioni. E i trikru sono immuni quanto noi.» Mosse un passo verso Bellamy e gli afferrò un polso. Il battito cardiaco di lui le solleticò le dita. «Ora ripeti il piano.»
Bellamy roteò ancora gli occhi. «Prendo a martellate una bomba di isotopi radioattivi. Scappo e spero di non morire.»
Clarke sentì qualcosa collassare nel petto, all’altezza del cuore. Lei e Bellamy avevano rischiato la vita tante di quelle volte che aveva perso il conto degli addii che si erano detti nelle occasioni in cui pensavano che non si sarebbero più rivisti, ma per qualche ragione in quel momento c’era qualcosa di diverso. Un presentimento nero. Fissando Bellamy, Clarke aveva la certezza che quella sarebbe stata l’ultima volta che si scambiavano uno sguardo. L’ultima volta che gli occhi di Bellamy avevano il colore delle cortecce degli alberi, l’ultima volta il suo zigomo sanguinava, l’ultima volta che i capelli gli stavano appiccicati alla fronte. Clarke dovette frenare l’impulso di allungare una mano e scostarglieli dal viso, anche se l’istinto le diceva di memorizzare in fretta ogni millimetro della pelle di Bellamy.
«Che c’è?» chiese lui. «Perché mi guardi in quel modo?»
Clarke si sforzò di sorridere, ma fu più spontanea la lacrima che le scese giù lungo una guancia. «Ai hod yu in1
Bellamy aggrottò la fronte, accigliandosi. «Lo sai che faccio schifo con il trigedasleng. Che diavolo significa?» 

Clarke non rispose. Si sporse solo verso di lui per depositargli un piccolo bacio all’angolo della bocca. Poi fece per andarsene, ma Bellamy la afferrò per un braccio, trattenendola. Forse lui non conosceva alla perfezione il trigedasleng, ma conosceva a memoria il modo in cui funzionava la mente di Clarke, tanto da saperla interpretare senza margine di errore. Recuperò la distanza tra loro, tirandosela vicina, e le restituì il bacio — con più invadenza, più impeto, più viscere.
Ai hod yu in1, pensò. Qualunque cosa significasse.  




1 "Ti amo" in trigedasleng.

[N.d.A.: I'M A BELLARKE TRASH AND I REGRET NOTHING.]

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Capitolo 28
*** We bleed the same ***


 #prompt: "Does she know that we bleed the same? (…) Did she run away, did she run away? I don’t need to know. If she run away, if she run away come back home..."  (Where's my love - SYML)
words: 184

 

We Bleed The Same

Casa. La prima inspiegabile sensazione di Bellamy fu di essere tornato a casa. Come se una casa l’avesse mai avuta — l’Ark, la navicella, il campo… quelli erano solo posti in cui era stato. Niente di simile alla faccia di Clarke. Niente di paragonabile. 
Sotto lo sporco e tagli più o meno recenti, gli sembrava dimagrita. Forse era solo il modo in cui i capelli le ricadevano davanti alla faccia, come se avesse corso per chilometri e non avesse perso nemmeno il tempo di toglierseli dagli occhi. Aveva qualcosa di diverso — i vestiti, capì subito Bellamy. 
Al contatto visivo, Clarke annaspò. Sembrava in procinto di voler dire qualcosa, di piangere, gridare, lanciarsi in avanti per un abbraccio, voltarsi in fretta e scappare. Bellamy provò a dirgli con gli occhi che non serviva. Non voleva parole, non voleva contatto, non voleva vederla andare via di nuovo. Gli bastava quella sensazione che solo la sua presenza sapeva darle. Casa. E gli bastava leggere nell’espressione smarrita di Clarke lo stesso schiaffo all’anima, la stessa atroce consapevolezza.
Le ferite dell’uno erano le ferite dell’altro. Il sangue era lo stesso. 


 

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Capitolo 29
*** (R)evolution ***


#1prompt: Scrivere una drabble di genere storico con prompt “Rivoluzione".
#2prompt: TheMusketeersAU!

words: 801

(R)eVoLuTioN


Octavia piantò uno stivale sopra lo sgabello, e prese a tagliarsi il vestito all’altezza del ginocchio, lasciando scoperti i pantaloni e gli stivali infangati. Lanciò uno sguardo dietro il bancone della locanda, dove Jasper allineava bottiglie di alcool per trasformarle in bombe improvvisate. «Polvere da sparo?»
Jasper indicò verso l’ingresso, senza nemmeno distogliere la concentrazione dallo schieramento alcolico. «Chiedi al capo della rivoluzione.»
Octavia finì di strapparsi il vestito e poi puntò in direzione di suo fratello, che dall’ingresso sbirciava la strada. «Bell. La polvere da sparo?»
Bellamy distolse lo sguardo da fuori, puntandolo su sua sorella. «Miller l’ha sistemata di là. Non è prudente tenerla qui. Se dovessero attaccare —»
«Attaccheranno,» interruppe una voce femminile. Era Raven. Fece il suo ingresso a passo spedito, un moschetto in ciascuna mano, una spada sottile pendente lungo il fianco. «Ed è bene che la polvere da sparo sia di là. Non ho alcuna intenzione di saltare in aria.»
Dall’ingresso entrò Bryan, il cappello a tesa larga calato sulla testa, il mantello srotolato su una spalla. «Clarke dice di aspettare,» esordì. «Il Marchese potrebbe essere disposto ad accettare un compromesso —»
«Nessun compromesso,» tagliò corto Bellamy. «Tra quanto sono pronte quelle bombe, Jasper?»
Jasper mise su un mezzo sorriso. «Con l’aiuto di Raven, a breve.» Raven lo raggiunse senza farselo ripetere due volte.
«Facciamo saltare quelle palizzate,» riprese Bellamy, «ne ho abbastanza del Marchese e dei suoi.»
«E Clarke?» fece Octavia.
Bellamy serrò la mascella, prendendosi qualche secondo per pensare. «Vado a recuperarla.» Poi si rivolse a Jasper. «Ce l’hai o no queste bombe?»
«Ne ho tre.» Jasper si avvicinò con tre bottiglie sistemate tra le braccia come neonati addormentati. Con l’aiuto di Octavia, le sistemò addosso a Bellamy, legandogliele alla cintura. «Hai il moschetto carico?» chiese poi. Bellamy gli schioccò un’occhiata stizzita, come a dire “che domande”. Poi sfiorò la tempia di sua sorella con un bacio. «Le cose stanno per cambiare, O.» Passando attraverso l’ingresso, sfilò il cappello dalla testa di Bryan e se lo calò sui capelli.
Clarke non era lontana. L’incontro dell’ultimatum con il Marchese era stato fissato in un bordello poco lontano dalla locanda dei rivoluzionari, e Bellamy conosceva la strada. Nonostante Parigi fosse quasi deserta, a quell’ora del mattino, lui si tenne lo stesso raso alle mura degli edifici, sfruttando ogni centimetro d’ombra offerto dalla città. Una volta arrivato in vista del bordello si fermò al riparo del colonnato dall’altra parte della strada. Appena in tempo per vedere Clarke uscire con passo furioso, l’orlo del vestito infangato e il cappuccio tirato sui capelli biondi. Bellamy fece per uscire allo scoperto e andarle incontro ma una mano lo bloccò, stringendoli l’avambraccio. Bellamy stava già per mettere mano al moschetto ma riconobbe la voce di Kane. «Non è troppo tardi, Bellamy. Puoi ancora ripensarci.»
Bellamy si scrollò di dosso la presa di Kane. «Non ho intenzione di farlo. E neanche gli altri.»
«Gli altri,» ripeté Kane, «hanno bisogno solo di una tua parola. Ti seguiranno ciecamente, qualunque decisione tu prenderai. Qualunque scelta tu faccia.»
Bellamy si voltò per controllare che Clarke fosse ancora in vista. La vide in prossimità di svoltare l’angolo della strada. Lanciò un’ultima occhiata a Kane, prima di andare dietro di lei. «Scelgo la rivoluzione.»
Si lanciò di corsa in strada, arrotolandosi il mantello attorno ad un braccio per non ritrovarselo d’intralcio. Clarke lo sentì arrivare prima di ritrovarselo a fianco, perciò non sembrò sorpresa quando lui le parlò. «Ti ostini ancora con la diplomazia?»
«Il Marchese non sente ragioni,» disse Clarke. «Possiamo attaccare quando vuoi.»
Bellamy le prese una mano e la fermò in mezzo alla strada. Le mostrò le bombe artigianali di Jasper, appese alla cintura. Clarke restò sbalordita solo un istante, poi fece per prenderne una. Bellamy indietreggiò di un passo, impedendole di farlo. «Kane dice che dovrei ripensarci.» Aspettò che Clarke lo guardasse negli occhi, prima di proseguire. «Dice che dovrei dirvi di lasciar perdere.»
«E’ quello che vuoi?» chiese lei. «Lasciar perdere?»
Bellamy abbassò lo sguardo. La strada sotto i suoi piedi era ricoperta di polvere e macchiata di sangue. Posò una mano sullo stemma dei moschettieri, sistemato sul braccio. Per Kane quello che stava per fare avrebbe fatto di lui un disertore. Ma agli occhi di Bellamy non c’era modo migliore di onorare quel giglio se non combattendo per il senso di giustizia in cui credeva. Prese una bottiglia esplosiva e la porse a Clarke, rialzando lo sguardo su di lei. «Al mio segnale. Tu lancia dalla finestra, io penso all’ingresso.» 
Clarke prese la bomba senza obiezioni. Tornarono indietro verso il bordello a passo spedito, senza più curarsi di non dare nell’occhio. Che vedano, pensò Bellamy. Le cose devono cambiare.
E sarebbero cambiate solo con la rivoluzione. 
 

 

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