Goodbye, Hello

di winnie343
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I- Un altro nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** II - Nick e Nora ***
Capitolo 3: *** III - Il non appuntamento ***
Capitolo 4: *** IV - In altre parole ***
Capitolo 5: *** V - La Prima ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Spalla a spalla, guancia a guancia ***
Capitolo 7: *** VII - La bella e la bestia? ***



Capitolo 1
*** I- Un altro nuovo inizio ***


Capitolo I

Un altro nuovo inizio







Dopo ciò che le era capitato negli ultimi due anni, aveva imparato la lezione. La rinuncia alla NYADA, la veloce ascesa a Broadway, la disastrosa esperienza televisiva le avevano lasciato i segni, ma le avevano anche insegnato che bruciare le tappe non porta più velocemente al raggiungimento del proprio sogno, ma solo a precipitare più rapidamente.

Ho deciso di prendermi il tempo giusto per ogni passo.

Aveva scelto di ricominciare da dove aveva interrotto: la NYADA. Aveva pregato, scongiurato Madame Tibidaux e alla fine era stata riammessa.

Le era costata fatica rinunciare allo spettacolo di Broadway. Per un po’ l’idea di calcare nuovamente quel palcoscenico l’aveva accarezzata: sarebbe stato un sogno recitare nuovamente in un musical.

Con Jesse St. James.

Aveva scelto la NYADA, la strada più difficile.

Ho rinunciato a Broadway … a Jesse.

Sapeva che se solo avesse voluto lo avrebbe avuto. Un passo di danza a due, solo loro due. Il bacio che si erano scambiati l’ultima volta e la canzone che avevano cantato ne erano la prova.

Un bel duetto. Un ottimo bacio.

Da quando Finn era morto, Rachel si era sentita persa e sola, con il cuore talmente vuoto da essere difficile da riempire con qualcosa di banale.

Finn il mio primo grande amore.

Una lacrima le solcò il viso e lei la lasciò scivolare. Aveva sempre pensato, durante tutta la loro storia, anche nei momenti di difficoltà o di separazione, che un giorno, dopo aver raggiunto il meritato successo, sarebbe tornata a Lima da lui.

Ma Finn è morto.

E lei era diventata una vedova senza matrimonio. Con il palmo della mano tolse delicatamente la lacrima dalla sua guancia.

Aveva ripensato a tutti i ragazzi con cui era stata.

Puck, solo per dimostrare che anche il brutto anatroccolo può frequentare il figo della scuola.

Un fallimento. Niente li accomunava, troppo selvaggio, troppo egoista e con poche aspirazioni per renderla felice.

Jesse e il suo fascino, il suo talento e la sensazione di sentirsi una diva senza avere il palco sotto i piedi.

Si era divertita con lui e si era sentita amata, ma tutto era stato una finzione, un illusione e una vera umiliazione perché quell’egocentrico aveva iniziato una storia con lei solo perché era stata Shelby a volerlo.

Finn, casa. Nulla da aggiungere.

Amore amore amore. Il quarterback della scuola era stato il suo grande amore, ma Lima era troppo piccola per contenere la loro storia e New York era troppo grande. E così era finita.

Poi Brody, l’ipocrita, il falso.

Stando con lui aveva avuto l’illusione di poter diventare quella che non era mai stata: una donna sensuale e sexy, capace di conquistare il ragazzo dei desideri. Alla fine si era scottata, perchè Brody l’aveva tradita con mille altre donne. Per soldi, non per amore, certo.

Ma quale è la differenza? Un tradimento è sempre un tradimento.

Tra lei e Puck non aveva funzionato perché entrambi erano innamorati di altre persone, mentre con Jesse le bugie del ragazzo le avevano sottratto tutto il sentimento, ma essere traditi per soldi non era accettabile, soprattutto per una ragazza piena di orgoglio come lei.

E infine Sam, la sua ventata di freschezza.

La loro breve relazione le aveva ridato serenità e tranquillità. Una sorta di ritorno a casa, ma Sam non era Finn e lei non poteva accontentarsi della sua controfigura. Perché l’affetto non può riempire il vuoto lasciato dall’amore. E così anche con Sam era finita, senza sceneggiate ne tradimenti.

La felicità, quella con la F maiuscola l’aveva avuta in premio con il suo Finn, quella che ogni giorno che ti svegli è un giorno speciale. Quella in cui se chiudi gli occhi non desideri altro, perché hai già tutto ciò di cui hai bisogno. Quella in cui se pensi di dover morire subito non ti importa perché sai che lo farai tra le braccia del tuo amore.

Eppure.

Con Jesse sono stata felice, anche se è durato lo spazio di un secondo.

Cantare con Jesse la rendeva felice. Sentirlo cantare la rendeva felice. Un’altra lacrima le solcò il viso. Era la voce di Finn che le sussurrava all’orecchio. Non riusciva però a riconoscere la canzone che le stava cantando. Con il palmo della mano scacciò anche la seconda lacrima, questa volta con un po’ più di rabbia.

E’ il mio nuovo inizio. La mia rentrée e non voglio essere triste. Addio Finn, Au revoire Jesse. A mai rivederci Brody. Andate in pace Puck, Sam e tutti voi con i quali non ho mai avuto una storia.

Alzò lo sguardo verso la porta di ingresso della NYADA. Si era svegliata presto quella mattina, o forse non era andata neanche a dormire, era talmente stanca da non ricordare.

Eppure l’adrenalina che le scorreva in tutto il corpo le davano il giusto senso di euforia, necessario per affrontare la difficile giornata che l’aspettava: un nuovo inizio, in un posto in cui se ne era andata sbattendo la porta.

Per questo sono qui, per ricominciare. Benvenuta nuova vita.

Si alzò dalla panchina sulla quale era ormai seduta da ore e poi si sedette di nuovo. Era ancora presto per entrare. I primi studenti stavano varcando le soglie di quella scuola, ma lei non voleva essere tra i primi. Tutti troppo giovani ed agitati per non dare l’idea di vivere quell’esperienza con paura e terrore.

Lei era più brava, più matura, aveva esperienza e doveva dimostrare di sapersi controllare. Per questo si sedette nuovamente e riprese a volteggiare tra i suoi pensieri.

Aveva fatto bene a rinunciare allo spettacolo, glielo aveva detto anche il professor Shuster, ma rivederlo, così cambiato – più maturo, più rilassato e sereno – ma sempre così uguale a se stesso – pieno di talento e di sicurezza nelle proprie capacità – le aveva lasciato un senso di inquietudine addosso.

I pochi minuti passati con Jesse le avevano fatto dimenticare Sam e le avevano dato l’idea di avere una prospettiva. Qualcosa a cui aveva rinunciato con la morte di Finn e che le era sembrata nuovamente accessibile con un semplice bacio sfiorato: la felicità, quella con la F maiuscola. Eppure lo aveva lasciato andare e lui non aveva insistito per convincerla ad accettare l’offerta di Broadway.

Ho detto au revoire Jesse St. James.

Ancora una volta, Rachel e Jesse avevano preso strade diverse. Una ruga le si formò sulla fronte. Era il destino che aveva stabilito che loro due non dovevano stare insieme. Non poteva essere altrimenti. Come il destino aveva deciso per lei e Finn,

Era evidente che il suo percorso doveva essere solitario. La fama e il successo doveva raggiungerli con le sole sue forze. Non c’era altro da dire.

Sospirò, lasciandosi scivolare sulla panchina. In fondo Jesse St. James non era la soluzione ai suoi problemi. Probabilmente i suoi sentimenti e le sue illusioni erano semplicemente dettate dal ricordo che aveva di lui e del tempo speso insieme a lui.

Tempo passato tra Jesse e Finn.

Bel tempo. Desiderata, amata, ammirata.

Probabilmente, il suo desiderio di pensare a Jesse era legato alla sua voglia di ricordare Finn.

Si ricompose, e poi concluse che in fondo, la verità era che lei doveva andare avanti, senza più guardarsi indietro.

Si alzò nuovamente e questa volta cominciò a camminare verso la porta d’ingresso della NYADA. Il suo obiettivo era risalire la china: laurearsi, diventare un’attrice di Broadway e vincere uno o più Tony Awards e tutto questo lo doveva fare da sola.







Ciao a tutti. Mi è capitato di scrivere delle storie su Glee, o meglio su Rachel e Jesse e visto il modo in cui si è conclusa la serie non potevo non scrivere questa terza storia.

So che se Cory Monteith fosse vivo il finale sarebbe stato completamente differente e che Rachel sarebbe tornata da Finn, ma purtroppo così non è stato e secondo me quello scelto da Ryan Murphy e’ stata forse la scelta più sensata. In fondo Rachel e Jesse hanno sempre avuto una certa alchimia.

Anyway. La storia racconta il modo in cui i due si ritrovano e si innamorano a New York. Ci saranno altri personaggi (gli immancabili Kurt, Blaine e Santana; Cassandra e Brody e altri), ma i protagonisti sono Rachel e Jesse, no doubts … e in un certo senso anche il ricordo di Finn … non è che un grande amore può dileguarsi come neve al sole .

Ultima cosa. Il titolo della storia “Goodbye, Hello” richiama la canzone dei Beatles (che anche il Glee cantò nella prima serie), ma con le parole invertite: l’arrivederci è per Finn, il ciao è ovviamente per Jesse (doppio riferimento alla canzone di Lionel Richie).

Enjoy.

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Capitolo 2
*** II - Nick e Nora ***


Capitolo II

Nick e Nora



Prima che iniziate a leggere il capitolo una precisazione. Al suo interno c’è un riferimento alla Serie Tv The Good Wife e ad un evento che accade durante la quinta stagione. Non so in Italia a che punto è la programmazione e visto che non voglio rovinare la festa (per modo di dire) a nessuno lascio un avviso a non leggere se non volete scoprire qualcosa di cui magari vi pentirete.




E’ un incubo. Come quelli che si vivono dopo aver visto un film horror. Si. Un incubo.

Rachel ne aveva visti tanti di film horror. Suo padre, uno dei due, ne era un grande appassionato e benchè lei fosse troppo giovane per vederli, nessuno si curò mai di impedirglielo. Esperienze per nuovi ruoli teatrali. Ecco la motivazione con la quale Hiram la portava al cinema.

Quanti incubi. Oggi ne sto vivendo un altro. Troppi film horror, papi.

  • Allora Schwimmer!! Questo anno sabbatico ti ha appesantito le gambe oltre che il fondo schiena??

Lei, sempre lei. Cassandra July. Il suo incubo alla NYADA. Era convinta che dopo la festa in suo onore per il ruolo di Funny Girl tutto fosse sistemato, ma si sbagliava. Una settimana di NYADA e le sue gambe erano ormai tronchi di legno. Ma non l’avevano cacciata? Non potevano cacciarla? E invece era sempre lì ad urlarle la sua mediocrità.

Kurt la guardava, impotente, preoccupato, anche un po’ schifato. Anche lui, forse, si stava convincendo di quanto Rachel non fosse capace di ballare?

Quanto posso resistere prima di crollare al suolo?

  • Se ti fermi Schwimmer giuro che ti boccerò seduta stante. Balla! Balla! Balla! Hai bisogno di ballare per recuperare tutto il tempo perduto.

Rachel ballava da più di un’ora. Solo lei ballava costantemente. Gli altri si riposavano, ballavano e si riposavano. Lei ballava e basta. Mai una pausa, ma uno stop. Così da una settimana.

Quanto posso resistere prima di morire?

  • L’ho sempre sostenuto! Tu sei negata per il ballo! NEGATA!!!

Posso morire ballando?

  • Stop! Basta! Per l’amor del cielo Schwimmer! Smettila di mostrare a tutti questo spettacolo pietoso. La lezione è finita.

Tutti i suoi compagni uscirono silenziosi dall’aula, mentre lei si accasciò, neanche tanto elegantemente, al pavimento. Kurt cercò di soccorrerla, ma Cassandra fu più veloce a raggiungerla. Non per aiutarla. Certo. No.

  • Allora, Berry, pentita di essere tornata?

No. Muovi la testa Rachel. No.

  • Arriverà il giorno che te ne pentirai. E sarò io a farlo arrivare.

  • Perché?

La voce di Rachel era un sussurro. Troppo stanca per aggiungere altro. Se avesse potuto ne avrebbe avute tante di cose da dire, ma non aveva abbastanza fiato e allora chiese solo:

  • Perché?

  • Perché avevi un’occasione e l’hai buttata via.

  • Ho sbagliato e sono qui per rimediare.

  • Non è lecito rimediare a Broadway. Non è etico e non è morale. Io sono qui per fartelo capire. Se sbagli una volta, Berry, sbagli per sempre. Nessuna seconda chance. Nessuna occasione.

  • Madame Tibidaux me l’ha data.

  • Sarò io a rimediare.

Cassandra si alzò, facendola cadere a terra e mentre Kurt corse a soccorrerla, con noncuranza le diede il colpo di grazia, anche se Rachel ancora non lo sapeva.

  • Oggi pomeriggio comincerai le tue lezioni di sostegno. Vengono date a tutti quegli studenti che sono carenti in qualcosa. Tu sei carente nel ballo, ma dubito che un miracolo possa accadere. Però questo è ciò che vuole la scuola. Offrire una possibilità.

Lezioni di sostegno? Altro ballo, altro inferno.

Kurt la aiutò ad alzarsi e le fece compagnia fino al pomeriggio. Avrebbe dovuto frequentare altri corsi, ma un amico non abbandona mai la nave quando sta affondando. Rachel rimase taciturna per tutto il tempo. Non disse nulla, neanche grazie. Era troppo presa da se e dai suoi problemi per curarsi delle rinunce del suo amico. Continuava a domandarsi se quell’inferno sarebbe finito. Cassandra era spietata e crudele, eppure una volta era stata gentile.

Una svista.

Continuava a domandarsi se il fatto di aver rinunciato a Funny Girl potesse essere considerato un crimine contro l’umanità, senza possibilità di perdono.

Sia clemente, vostro onore.

Rachel aveva visto troppi Legal Drama. Si immaginò difesa da Alicia Florrick, la good wife tutta di un pezzo, spietata, ma con eleganza. Anche se avrebbe preferito avere al suo fianco Will Gardner, spietato ed elegante anche lui, ma molto più sexy.

Ma Will è morto. Anche Finn.

L’ennesima lacrima solitaria solcò il suo viso e Kurt, fraintendendo, cercò di consolarla. Rachel preferì non dire nulla piuttosto che mentire o dire la verità.

A volte piango per Finn. Per la sua assenza.

Quando arrivò l’ora delle ripetizioni, Rachel abbracciò Kurt come se stesse andando al patibolo e quello fosse l’ultimo saluto.

Regina del dramma.

Kurt ricambiò, ormai abituato e assuefatto ai suoi drammi.

Rachel entrò e il mondo le crollò addosso.

Brody no. Tutti, ma non lui. Non posso sopportare anche questo.

  • Ciao Rachel.

Quel sorriso che l’aveva fatta innamorare, ora la infastidì. Perché Brody era lì e perché incrociava ancora una volta la sua strada?

  • Perché sei qui? Tu non sei più uno studente.

  • Sono il tuo insegnante di sostegno.

  • Come è possibile?

  • Sono l’assistente di Cassandra

  • E la tua carriera a Broadway?

  • In continua ascesa. Ma non ci si vivi solo con quella.

  • Mi sembra che già prima avessi trovato un altro modo di sostentarti.

  • Ho smesso. Per te.

Rachel fuggì via.

Tutto posso sopportare, ma non lui. Non le sue ipocrisie.

Ma dovette farlo. Nei giorni successivi fu obbligata a tornare sui suoi passi. Niente ripetizioni, niente possibilità di non essere bocciata, niente NYADA. Su quello Cassandra fu molto chiara e la Tibidaux fu irremovibile. Suo il progetto di sostegno, suo il rifiuto di fare eccezioni.

Tutti, ma non Brody.

Provò a chiedere di cambiare insegnante, ma anche quello le fu negato. Se avesse raccontato la storia del gigolò, forse.

Ma chi mi crederebbe?

Finn era morto. Altra lacrima, altro palmo di mano a scacciarla via. E Santana era lesbica e nessuno le avrebbe creduto. Non perché fosse lesbica, però.

E’ la parola di Brody contro la sua. Chi le crederebbe?

E così, dopo cinque giorni di tira e molla, fu costretta a tornare in quell’aula. Entrò decisa, con un discorso ben in mente. Lo ripeté a memoria:

  • Sono qui perché obbligata da Cassandra.

  • Miss July, per te.

  • Miss July … sei il mio insegnante e questo lo accetto, ma non accetterò altro da te. Balleremo e basta. Niente parole, niente chiarimenti, niente di niente.

  • Come vuoi.

Ma così non fu. Brody, approfittando della sua posizione, con la scusa del ballo, cominciò una corte serrata, fatta di gesti, di sfioramenti, di ammiccamenti, di strette fuori luogo e fuori tempo e Rachel scappò. E poi tornò. E poi scappò, in un infinito tira e molla, pieno di silenzi e di sguardi inappropriati e invadenti.

Voglio la NYADA.

Quando Kurt le aveva chiesto cosa intendesse fare, quella era stata la sua risposta. Non aveva altra scelta. Non poteva certo appoggiare l’idea di Santana. Il pestaggio, anche se giustificato, era perseguibile per legge.

Lei voleva la NYADA e per potersi laureare era obbligatorio superare il corso della July e quindi doveva sopportare l’intero pacchetto, comprese le angherie di Cassandra e le avances di Brody.

Ma certi giorni sono più difficili di altri e un un giorno piovoso, in cui l’umore della brunetta era già provato dalla malinconia, l’insistenza di Brody le fece perdere la pazienza. Senza scappare e senza versare alcuna lacrima lo affrontò:

  • Perché continui a molestarmi?

  • Molestarti?

  • Mi metti sempre le mani addosso.

  • Ti sto insegnando a ballare e il ballo a due è fatto di tocchi e strette.

  • Si, ma le tue sono spesso fuori luogo.

  • Come puoi giudicare tu? Non sai ballare.

  • So ballare.

  • Cassandra dice di no.

  • Lo dice per punirmi. Io so ballare e so che il tuo non è ballare.

  • Ti sto cercando di insegnare un passo a due. Balla con me Rachel – nella sua voce una supplica – ballavamo così bene insieme.

  • Abbiamo avuto sempre ritmi e tempi diversi.

  • Eravamo perfetti. Potremmo esserlo ancora.

  • Mi hai tradito.

  • Mai.

  • Ipocrita.

Rachel prese la sue cose e se ne andò. Non fuggì, ma se ne andò. Non tornò a casa, però. Se ci fosse stato ancora Finn sarebbe tornata da lui: a CASA; ma Finn era morto e questa volta le lacrime le lasciò andare, tanto si confondevano con la pioggia.

Passò davanti ad un cinema d’Essai. In programmazione davano L’Uomo Ombra, il bellissimo film del 1934, con Myrna Loy e William Powell, non quello orribile con Alec Baldwin. Entrò senza pensarci molto: adorava Nick e Nora Charles, il loro umorismo e i loro battibecchi. Aveva sempre avuto una passione per quei film, così lontani, così patinati, così eterni e così simili al suo vero io, antico e fuori tempo.

Si sedette e sognò: di essere Nora e di avere qualcuno che la amasse come Nick. Sognò perfino di avere un cane, anche se lei odiava i cani. Fino a quando non si accorse che il suo vicino di poltrona si stava masturbando accanto a lei.

Possibile che non si riesca a vedere neanche un film in pace?

Fuggì via, ma inciampò sui piedi di qualcuno. Dalla sala giunse un esortazione al silenzio che sembrò una minaccia. Il proprietario dei piedi la aiutò ad alzarsi, spostandola sulla poltrona accanto alla sua e nel buio il sussurro della voce che Rachel sentì non la tradì

  • Ti fai sempre riconoscere Berry.

Jesse.

Sorrise, sentendosi a casa.




Eccoci qui, con il nuovo capitolo in cui alla fine arriva Jesse. E dove potevano incontrarsi i due se non in un cinema dove proiettavano un film “antico” e demodè? I due personaggi di questo film, Nick e Nora Charles, mi sono tornati alla mente vedendo Jesse e Rachel nell’ultimo episodio, perché, come i nostri protagonisti spesso hanno dei dialoghi abbastanza surreali e pieni di nonsense (un po’ come Groucho Marx ).


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Capitolo 3
*** III - Il non appuntamento ***


Capitolo III

Il non appuntamento



Rachel piange. Solitaria, sul palco dove i suoi sogni si sono appena infranti, piange disperata.

E’ solo una gara di Glee Club: questo lo sa.

Sono solo le provinciali, eppure lei piange come se avesse perso l’ambito Tony Award o la sua stessa vita.

Piange, come se non avesse più un futuro o qualcuno da cui tornare.

Piange, come se il suo amore fosse stato devastato e calpestato.

E’ sempre stata melodrammatica, certo, ma tutti gli adolescenti lo sono.

La loro vita dipende dai loro successi e per lei avere successo significa vincere gare di canto corale.

Jesse la osserva da dietro le quinte.

Ha in mano il primo premio.

E’ lui che ha vinto.

La sua interpretazione di Bohemian Rapsody non ha avuto rivali.

Si Rachel è stata brava. E’ sempre brava, ma non così brava da batterlo.

E’ lui che ha vinto.

Eppure la sua è la faccia di chi è stato sconfitto.

Dalla vita? E’ ancora troppo giovane per pensarlo seriamente.

Troppo melodramma. E’ sempre stato questo il suo problema.

Eppure non si sente quello che ha vinto.

Ogni singola lacrima che vede scendere dagli occhi di cerbiatto di quella ragazza è uno stiletto che raggiunge dritto il suo cuore.

Possibile che ci si possa innamorare di qualcuno senza neanche rendersene conto? In così poco tempo?

Vorrebbe andare da lei, abbracciarla e consolarla, ma è troppo orgoglioso o troppo spaventato per farlo e così resta nascosto, impotente, a guardarla.

Potrebbe rimanere così, in eterno, ad osservare il suo usignolo, ma quando Rachel, voltandosi, lo vede, dopo avergli regalato lo sguardo più triste che abbia mai visto, fugge via, portandosi dietro il suo cuore.






Quando le luci si accesero nella sala, Jesse e Rachel si scambiarono uno sguardo e il ragazzo comprese il messaggio:

Non chiedermi nulla.

Jesse non voleva che fuggisse. L’aveva vista fuggire una volta e gli era bastato.

Voleva indietro il suo cuore, o comunque lo voleva nuovamente accanto a se, perciò non le chiese dei suoi problemi, ma del film.

Uscirono dal cinema parlando di Nick e Nora e di quanto li adorassero. Così si ritrovarono sotto la pioggia, protetti solo dall’ombrello del ragazzo. Fu inevitabile a quel punto dover parlare d’altro:


  • Ora cosa fai? Hai in programma qualcosa?

  • No, e tu?

  • No. Oggi non ho impegni. Ti va di accompagnarmi a mangiare qualcosa?


Jesse volontariamente evitò di chiederle di cenare insieme. Non voleva spaventarla. Non voleva farla fuggire. Ma Rachel non aveva nessuna intenzione di fuggire, almeno non quella sera.

Trovare Jesse in quel cinema era stato un po’ come tornare a casa e lei aveva bisogno di sentirsi a casa, perciò accettò il suo non invito e lo seguì in un locale nascosto in mezzo ai mille grattacieli di New York.

Entrarono e Rachel scoprì che quello era uno dei posti di Jesse. Dal modo in cui lo accolsero e dalle attenzioni che gli riservarono. In particolare una biondina, che appena lo vide corse ad abbracciarlo.

Perché tutta questa confidenza?

Jesse ordinò per entrambi qualcosa da mangiare, leggendo nel pensiero di Rachel. Non sbagliò nulla e la sensazione di sentirsi a casa aumentò.


  • Chi è quella biondina?

  • Una delle cameriere.

  • Ti guarda come se non esistesse nessun altro in questo locale.

  • Sono bello e impossibile, questo lo sai.

Jesse sorrise e Rachel si ricordò quale fosse l’arma segreta del ragazzo.

  • E’ una di quelle che hai illuso?

Rachel abbozzò un sorriso, non voleva sembrare gelosa.

  • Veramente è lei che mi ha illuso.

  • Ti ha detto di amarti e invece non era vero?

  • Mi ha giurato che non si sarebbe mai innamorata di me e invece l’ha fatto.

  • E questo è un problema?

Si se il tuo cuore se l’è portato via un’altra.

  • Per lei lo è, visto che io non sono interessato a lei.

  • Ma ci sei andato a letto.

Non arrossire Rachel, non arrossire.

  • A volte è capitato.


Rachel avrebbe voluto sapere se avesse provato qualcosa per quella ragazza.

E per me? Hai mai provato qualcosa?

Ma non lo fece e si limitò a sorseggiare il suo analcolico.

Jesse fu invitato dai suonatori di musica jazz che stavano sul palco ad unirsi a loro, ma declinò l’invito, giustificandosi con la stanchezza.


  • Chiedete a Rachel di unirsi a voi. Non vi pentirete.

  • Chi è Rachel?


Chiese uno dei suonatori, quello con il cappello e con la cicatrice sulla guancia. Jesse con il sorriso più bello che potesse mostrare indicò la brunetta seduta di fronte a lui ed i musicisti, tutti, nessuno escluso, la guardarono poco convinti. Nessuno però poteva dire di no a Jesse St. James e così Rachel si unì ai jazzisti e cantò.

Cantò così bene – Ella, Josephine, Edith e ovviamente Barbra - che non la lasciarono più scendere dal palco e la ragazza si sentì ancora di più a casa. Sicura, rilassata, convincente. Così convincente da conquistare tutti, barista compreso. E quando scese, finalmente, da lassù, un “ohh” di delusione l’accompagnò fino al tavolo.

Chiunque, al posto del suo accompagnatore, avrebbe protestato per essere stato trascurato così, ma Jesse le sorrise facendole i complimenti. Avrebbe ascoltato la voce di quell’usignolo per giornate intere, come se quella fosse l’acqua e lui il viandante che attraversa il deserto.


  • Scusami.

  • Non devi scusarti per il tuo dono.

  • Ti ho trascurato.

  • Mi hai catturato. La tua voce è come il canto delle sirene.

  • La prossima volta canteremo insieme.

  • Questo è un buon segno.

  • Quale?

  • Pensare che ci sarà una prossima volta.


Rachel sorrise, senza dire nulla. Una delle cose che più le piacevano di Jesse era il modo in cui riusciva ogni volta a far brillare la sua stella.


  • Vieni spesso qui?

  • A volte.

  • E canti sempre con loro?

  • A volte capita, ma dubito che accadrà ancora.

  • Perché?

  • Non posso reggere il confronto con una diva.

  • Domani sera canterai?

  • Domani no … forse dopodomani.


Entrambi sorrisero e fu lì in quel preciso istante, in cui Rachel aveva abbassato tutte le sue difese, che Jesse le porse la domanda.


  • Perché quando sei entrata nel cinema questo pomeriggio piangevi?


Perché ogni volta mi tradisci?

  • Non stavo piangendo, era la pioggia che bagnava il mio viso.

  • Ti crederò, anche se non è vero.


Jesse non voleva che fuggisse. La sua compagnia lo faceva stare bene e rinunciò a chiedere ancora. Il destino per l’ennesima volta li aveva fatti incontrare. In fondo sapeva perché stava piangendo, era sempre stato quello il motivo delle sue lacrime.




Una delle coriste dei Vocal Adrenaline lo raggiunge, invitandolo ad unirsi ai festeggiamenti.

Jesse si guarda intorno, poi guarda il premio e poi decide che vuole avere qualcos’altro a cui aggrapparsi.

Così consegna il premio alla ragazza e corre via.

Sa cosa vuole e sa che non sarà facile ottenerlo, ma lui è Jesse St. James e non può fallire.

La raggiunge, quasi, manca poco.

Ma prima che possa toccarla, lei sparisce.

Tra le braccia di Finn Hudson.

Il suo futuro.

E lui è già passato.




Erano le stesse lacrime che le aveva visto versare al funerale, nascosto fra mille altri sconosciuti. Aveva pensato in quel momento che le lacrime silenziose non si addicevano alla diva che era in lei.

Sono le lacrime dell’amore. Le più difficili da sopportare e tollerare.

Quel giorno, come quelli precedenti, l’aveva lasciata andare, convinto di poter vivere senza un cuore. Ma non poteva permettere a Rachel di vivere senza il suo. Era troppo bello per rinunciarvi. E così era tornato ancora una volta da lei.

Finn è il tuo passato. Io sarò il tuo futuro.

Rimasero in silenzio a guardarsi ancora per un po’, Rachel a domandarsi a cosa stesse pensando Jesse, Jesse a chiedersi quanto lei avrebbe resistito prima di fuggire via.

Non te ne andare. Non portare via il mio cuore. Resta qui. Consentimi di ritrovare il tuo.


  • Forse è arrivato il momento che io ritorni a casa. Domani ho lezione e devo svegliarmi presto.

  • Ti accompagno.

  • Non c’è bisogno.


Ma nessuno era in grado di impedire a Jesse St. James di fare quello che si metteva in testa di fare. Pagò il conto, salutò i musicisti e la biondina distrattamente ed aiutò Rachel ad indossare il cappotto.

La ragazza sorrise a tutti i musicisti che ricambiarono e poi sorrise anche alla biondina che la fulminò.

Aveva smesso di piovere e così passeggiarono.

Non si dissero nulla: passeggiarono l’uno al fianco dell’altra, senza mai guardarsi, ma guardando verso la stessa direzione.

Quando arrivarono di fronte alla porta dell’appartamento che Rachel divideva con Kurt e Blaine, Jesse le fece un’altra domanda a bruciapelo:


  • Sei sicura di stare bene Rach?

Sono anni che qualcuno non mi chiama più così. Solo tu e Finn lo avete fatto.

  • Si.

Non piangere Rachel, non piangere o sarai costretta a fuggire per sempre.


Una lacrima le solcò la guancia e la mano di Jesse la raccolse con delicatezza e la allontanò. Non le chiese nulla. Solo un bacio sulla guancia tradita. Con delicatezza, con calore, con sensibilità.


  • Tra un paio di settimane c’è la prima. Vorrei che tu venissi a vedermi. Verrai?

  • Si


Jesse sorrise fingendo di crederle.

Forse verrai. Voglio credere che verrai.


  • Ti farò avere tre inviti, così potrai farti accompagnare da Kurt e Blaine.

  • Sarebbe fantastico.


Sarebbe fantastico poterti credere. Ma non importa. Non fuggirai più. Se lo farai io ti ritroverò.

Jesse le accarezzò la guancia con la mano, dolcemente, come un tempo era solito fare.

Si piegò verso di lei e le sfiorò le labbra con gentilezza. Attese poi che Rachel aprisse la porta e sparisse dietro di essa. Sospirò, pensando che quella che l’attendeva era forse la sua più grande impresa. Come Parsifal alla ricerca del Santo Gral, il cuore di Rachel era il premio più ambito.

Ne vale la pena.

Aveva bisogno di riavere il suo cuore accanto a se. E solo avendo accanto Rachel poteva sperare di riaverlo.




Eccoci qui con un nuovo capitolo. I primi sono più facili … ehm … allora … come avete letto ho deciso di introdurre dei Flashback e saranno caratterizzati dal corsivo con verbi al tempo presente (lo so lo so un controsenso). Mi piaceva l’idea di raccontare degli ipotetici missing moments prevalentemente con Finn … il cui ricordo aleggia sempre ingombrante tra Rachel e Jesse … e non può essere diversamente .. o almeno io immagino così.

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Capitolo 4
*** IV - In altre parole ***


Capitolo III

In Altre Parole


Fly me to the moon
Let me play among the stars
Let me see what spring is like
On Jupiter and Mars



Il rendimento di Rachel continuava a scendere. La NYADA si stava trasformando nel suo inferno e tutti quei pessimi risultati stavano minando la sua fede incrollabile.

Il problema non era solo Cassandra July. Sembrava che tutti gli insegnati si fossero coalizzati per farla sembrare mediocre. Quello di musica, il professor Chomsky, durante la prima lezione le aveva chiesto quale strumento suonasse:

  • La mia voce

  • E poi?

  • Nessun altro.

Io sono una cantante!

  • Se non vuole essere bocciata le consiglio di imparare a suonare uno strumento entro la fine del semestre.

  • Ma è impossibile!

  • E’ impossibile che lei in queste condizioni possa avere il ben che minimo successo.

Non le era stato possibile replicare oltre. Fine della discussione, lui era il capo in quell’aula. Lei era quella che doveva eseguire quanto richiesto.

Poi era toccato all’insegnate di recitazione che le aveva imposto un corso di dizione e alla fine si era ritrovata oberata di attività e con il morale a terra.

Ogni giorno a pranzo tormentava Kurt con i suoi problemi e il ragazzo, pazientemente l’ascoltava, perché sapeva di essere l’unico scoglio a cui appoggiarsi nel suo mare in tempesta.

  • Morirò prima di laurearmi. Sono sempre stanca, non riesco ad ottenere i risultati che mi ero prefissata.

  • Consumi troppe energie per il ballo. Concentrati sulle altre lezioni e lascia perdere miss July.

Kurt la faceva facile. Era Cassandra che non lasciava in pace lei.

Se avesse potuto avrebbe evitato le umiliazioni del corso e le avances del recupero, ma entrambe la seguivano ovunque andasse. Anche a pranzo: uscendo nei giardini, un giorno, aveva visto Cassandra e Brody pornograficamente abbracciati ed era fuggita da quella vista così inadeguata.

  • Io ci provo Kurt, ma sono troppo stanca per riuscire a brillare tutto il giorno.

  • Se continui così, Rachel, ti spegnerai prima di accenderti. Manda a quel paese miss July.

  • Se lo faccio verrò bocciata e Madame Tibidaux mi caccerà.

  • Se non lo fai morirà la tua autostima e addio Broadway.

  • E comunque non c’è solo lei. C’è canto, recitazione, le materie letterarie. Sembra che tutta la NYADA si sia coalizzata contro di me.

  • Non pensi di esagerare? – Kurt alzò un sopracciglio.

  • Lo sai che il professor Chomsky mi ha chiesto di imparare a suonare uno strumento prima della fine del semestre?

  • Lo ha chiesto anche a me l’anno scorso.

  • E tu cosa hai fatto?

  • Ho imparato a suonare il triangolo. Ho superato il corso con il massimo dei voti.

Rachel se ne andò indignata: veramente il triangolo poteva considerarsi uno strumento musicale?

Suonatori di sassofono di tutto il mondo, indignatevi!

Il primo passo era affrontare miss July. Provò ad entrare nella sala ballo con le idee chiare e scappò con quelle confuse.

Oggi non ce la posso fare e la mia autostima non lo sopporta.

Saltò la lezione di Cassandra, inventando un malessere. Fuggendo incrociò Brody, ma non riuscì ad evitarlo.

  • Perché non sei a lezione?

  • Sto poco bene.

  • Ti accompagno in infermeria?

  • Con te non andrei da nessuna parte.

  • Una volta lo facevi. Mi seguivi anche nel letto.

  • Si ma non sapevo che era così affollato.

  • Ho occupato i letti delle altre, il mio nessuno lo ha sfatto a parte te.

  • Addio Brody.

  • Arrivederci mia piccola Rachel.

Gli avrebbe voluto urlare che lei non era mai stata la sua “piccola” Rachel, ma le mancava l’aria e così corse a procurarsi un po’ di ossigeno.

Si ritrovò a passeggiare per le strade di New York. Chiamò Kurt, ma il suo migliore amico era a lezione. Provò con Blaine, stessa musica. Mandò un messaggio a Santana che non rispose e a Brittany che le rispose con delle formule matematiche. Scorse la rubrica in cerca di qualcuno da poter assillare con i suoi problemi e sotto la J trovò la sua vittima. Se fosse venuta prima la lettera K sarebbe stata Kitty, ma c’era prima la J.

Bella scusa Berry. Raccontalo a qualcun altro.

Così mandò un messaggio a Jesse, chiedendogli se avesse da fare. Lui rispose “vieni ad incontrarmi”, mandandole un indirizzo.

Rachel percorse molte strade per ritrovarsi alla fine di fronte al locale in cui era stata poche sere prima con Jesse. Entrò e tutto le sembrò come lo aveva lasciato.

I musicisti Jazz stavano suonando un motivetto anni cinquanta e Rachel riconobbe, senza bisogno di guardare, la calda voce di Jesse intonare le parole di Fly Me to the Moon.

Sorrise: adorava quella canzone, le parole e la melodia, soprattutto nell’interpretazione di Frank Sinatra, ma sentirla cantare da Jesse la rese indimenticabile.

Si sedette in uno dei tavoli vicino al palco e quando Jesse si accorse di lei, lo vide illuminarsi come se la stesse aspettando da una vita. La invitò a salire, ma lei rifiutò.

Voglio sentirti cantare in pace, senza essere disturbata dalla mia voce.

Quando terminarono di andare sulla luna, Rachel chiese di poter assistere ad un altro viaggio e i musicisti la accontentarono, iniziando a suonare Hello Dolly e mandandola in paradiso.

Jesse cantò e lei si fece avvolgere da quella voce sensuale. Non resistette oltre. Salì sul palco e cantò con lui.

Per ore.

But not for me. Dream on little Dream. Feelin’ good. Isn’t it romantic. Check to Check. Let's Call the Whole Thing Off.

Cantarono. Per ore.

E risero. Per ore.

Poche pause, giusto per prendere fiato, bere e mangiare il minimo indispensabile.

I musicisti faticarono a stare al loro passo, ma lo fecero. Troppo bello lo spettacolo delle loro voci che si univano e si separavano in perfetta armonia.

Alla fine, poco prima dell’apertura serale, il proprietario disse “basta”.

  • O mi firmate un contratto per le prossime 200 serate o è meglio che lasciate perdere. Andrei incontro a troppe lamentele se vi esibiste solo questa sera.

  • Non puoi permetterti i nostri ingaggi.

  • Ma se nessuno vi conosce! Siete bravi, St. James, questo non lo nego, ma siete ancora sconosciuti.

  • Da qui alle prossime 200 serate, saremo famosi e allora non potresti più permetterti la nostra presenza.

  • Allora è meglio che smettiate. Non voglio raggiungere il successo per poi perderlo in pochi istanti.

E così la loro carriera di performer di musica jazz anni cinquanta finì prima di cominciare. Ottennero in cambio, però, una cena pagata, il ringraziamento sentito dei musicisti e la promessa di tornare ad allietarli nei giorni cupi.

Rachel mangiò come se avesse digiunato da una settimana e Jesse si accontentò di guardarla. Nulla gli era sembrato così bello dello spettacolo della sua bocca che addentava una patatina fritta e così le lasciò mangiare anche la sua parte, giusto per non perdersi quella vista deliziosa.

  • La cameriera bionda continua ad essere innamorata di te. Ci sta fissando da più di mezz’ora.

  • Continuerà ad esserlo ancora per un bel po’.

  • E’ l’effetto che fai alle donne?

Ma non a te.

  • Forse.

  • La tua fama di “heartbreaker” è dunque rimasta intatta.

Eppure sei tu quella brava a spezzare i cuori.

Jesse non disse nulla, limitandosi a sorridere. Un pensiero affiorò alla sua mente.

  • Oggi non avevi lezioni alla NYADA?

  • Le ho evitate. Stavo pensando di lasciar perdere. Forse è veramente tempo sprecato. Magari accetto l’offerta di questa sera.

  • Tu sei destinata a Broadway, non ad un locale dimenticato dal mondo.

  • Come fai ad esserne così sicuro?

  • Come fai a non esserlo tu?

Jesse la osservò meglio e comprese.

  • Il tuo ego ha preso una vacanza da te? Chi l’ha obbligato ad abbandonarti?

  • Cassandra July. L’insegnante del corso di ballo. Dice che sono negata e che non potrò mai ballare a Broadway. Sono una fallita.

Jesse le si avvicinò, cingendole le spalle con il braccio. I brividi avvolsero il corpo della ragazza, assieme al calore. Rachel si accoccolò in quell’abbraccio, sentendosi improvvisamente stanca.

  • Rach, tu sei destinata a calcare i palcoscenici di Broadway e nessuna Cassandra, come diavolo si chiama, può dirti il contrario.

  • Come fai a dirlo? Come puoi esserne così sicuro?

  • Perché conosco il tuo talento.

  • Ma non conosci Cassandra.

  • Non devo conoscerla per sapere che si sbaglia. E’ una persona, Rach e come tutte le persone può sbagliarsi.

  • Anche tu puoi sbagliarti.

  • L’ho fatto solo una volta.

Quando ti ho lasciato.

  • Poi c’è il professor Chomsky con quella sua richiesta assurda di imparare a suonare uno strumento musicale in un semestre. Sono spacciata. Il triangolo è già stato utilizzato da Kurt.

  • Puoi sempre provare con le maracas – Jesse rise

  • Non prendermi in giro. In un modo o nell’altro verrò bocciata.

  • Non verrai bocciata. Non dopo che io ti avrò aiutato.

  • In che modo?

  • Non potrai non imparare a suonare il pianoforte con un insegnante bravo come me.

  • Veramente faresti questo? Jesse immagino che tu abbia già tante cose da fare.

Un milione, ma nessuna con te. Devo rimediare.

Jesse annuì e il suo sguardo riempì il cuore di Rachel, allontanando le sue paure. Non era necessario che lei credesse nelle sue possibilità. Lo avrebbe fatto Jesse per lei. Sorrise e, in pace con se stessa, si accoccolò nuovamente sulla sua spalla.

Se continuo a restarti così vicino, impazzirò mia piccola Berry. Di desiderio.

  • Che ne dici? Usciamo a prenderci un po’ di luna?

  • Volentieri.

I due ragazzi camminarono per le strade di New York, senza porre attenzione alla direzione che prendevano le loro gambe. Era da molto tempo che Rachel non si sentiva così leggera. Serena. Quasi felice.

E’ la presenza di Jesse. E’ Jesse?

Alla fine, malvolentieri, Jesse la riportò a casa: il giorno dopo la ragazza aveva lezione e doveva arrivarci con il pieno delle sue forze e al meglio del suo aspetto.

Ancora una volta, di fronte alla porta dell’appartamento si chinò su di lei per offrirle un altro bacio.

Improvvisamente la paura si impadronì di lei.

Non posso. Non ci riesco.

Si scostò, impedendo alle sue labbra di farsi toccare da quelle del ragazzo.

Jesse la guardò sorpreso e Rachel si sentì persa. Avrebbe voluto riavvolgere il nastro per tornare a pochi istanti prima. La paura affiorò nuovamente.

Non paura di averlo, ma di perderlo.

  • Jess … io …

  • E’ tutto a posto Rachel. Va tutto bene. Vai a dormire e convinci te stessa che presto sarai a Broadway.

Con me.

Le diede un bacio sulla guancia e se ne andò senza aggiungere altro. Non avrebbe potuto. Se lo avesse fatto avrebbe rischiato di rovinare tutto.

Se le dico quanto la desidero fuggirebbe da me.

Rachel entrò in casa ed incontrò lo sguardo di Kurt, Blaine e Santana. Era il tipico sguardo indagatore, cospiratore.

La moretta cercò di infilarsi nella sua camera. Impossibile. Brittany le bloccò il passaggio.

  • Perché non hai frequentato i corsi alla NYADA, oggi?

  • Perché volevi che ti accompagnassi in giro per New York?

  • Perché sei tornata a quest’ora tarda?

  • Perché non butti quelle orribili scarpe?

Avrebbe volentieri risposto all’ultima domanda di Santana, pur di non rispondere alle altre tre, ma sarebbe stato come confessare un delitto non commesso.

  • Oggi non mi andava di farmi urlare dietro da miss July. Visto che era una bella giornata ho pensato che vi avrebbe fatto piacere fare una passeggiata per la città. Sono tornata a quest’ora perché non mi sono resa conto del tempo che passava.

  • Dove sei stata?

  • In giro.

  • In giro dove?

  • In giro.

  • Perché tutti questi misteri, Rachel?

  • Perché tutte queste domande, Kurt?

Brittany, noncurante di ciò che le girava intorno, si avvicinò a Rachel e cominciò ad annusarla. Sorrise, poi si sedette accanto a Santana.

  • Hai cantato. Tutto il giorno. Insieme a Jesse St. James.

Tutti si voltarono a guardare la biondina, basiti.

  • Ma come?

Ma come fai a sapere queste cose di me?

  • Sei senza voce. Odori di lui.

Kurt si avvicinò a Rachel e cominciò ad annusarla a sua volta.

  • E’ vero. Riconoscerei il suo odore ovunque. Miscuglio di profumo costoso e odore di sandalo. Da quanto lo frequenti?

  • Io … non lo frequento …

  • Ma eri con lui.

  • Di cosa hai paura?

Santana le fece la domanda a bruciapelo. Non aveva mai amato i lunghi giri di parole e aveva compreso che la vita andava vissuta senza perdere tempo in chiacchiere.

  • Di nulla.

Di tutto. Di fallire. Di innamorarmi ancora. Di dimenticare Finn. Di crescere. Ho lasciato Lima e le paure mi hanno ritrovato.

  • Non sei più la piccola ragazza ebrea sola contro il mondo.

  • Lo so Kurt. Ora ho voi. Non sono sola.

  • Non dimenticartelo.

Rachel lo abbracciò, ma non aggiunse altro. Non sapeva cosa raccontare loro, perché non riusciva a vedere oltre la nebbia. I suoi amici si accontentarono del suo sorriso. Avrebbero atteso un giorno migliore per sapere di Jesse.

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Capitolo 5
*** V - La Prima ***


Capitolo V

La Prima



E allora scappa, corri più che puoi, prendi il primo treno e cambia la tua identità e solo allora forse - dico forse - sarai al sicuro da me.”


Dal film La Lunga Estate Calda



Nelle due settimane successive Rachel Berry visse tre versioni della sua vita.

Nella prima interpretava la studentessa universitaria, divisa tra lezioni, ripetizioni, corse, ritardi e fughe. Il suo ruolo prevedeva sentimenti come la paura, il panico, la sensazione di essere una nullità e la stanchezza cronica.

Nella seconda era la Rachel di Kurt, Blaine e degli amici del McKinley. Meno melodrammatica del solito, ma sempre piena di sogni, di drammi e di entusiasmo. In quel ruolo i sentimenti a cui doveva dare spazio erano sicurezza nei propri mezzi, convinzione, ottimismo e attenzione per tutto ciò che riguardava i suoi amici.

Infine c’era la Rachel di Jesse. La ragazza convinta del proprio talento, ma bisognosa di aiuto. Quello era il ruolo più semplice da interpretare, perché più in linea con il suo umore.

Ritornando a New York e alla NYADA aveva avuto la convinzione che la sua stella avrebbe ripreso a brillare, ma così non era stato. Aveva bisogno che qualcuno credesse in lei.

Nessuno più di Jesse ha creduto in me.

Il professor Shuester aveva sempre creduto in lei, ma lui era a Lima a vivere un’altra vita e lei non poteva aspettare. La sua correva e lei doveva raggiungerla.

Mi sono fermata già troppo tempo.

Jesse le aveva ritagliato uno spazio nella sua vita, fatto di incontri clandestini nel locale jazz, di lezioni di piano e di sorrisi e complicità. Era facile passare il tempo con lui.

Rende tutto così leggero.

Così facile che Rachel si lasciò andare e smise di recitare, riappropriandosi della serenità.

Un giorno, però, accadde qualcosa che la spaventò.

In un tramonto favoloso, in cui Jesse, dopo ore di piano, l’aveva spinta ad uscire dal jazz, dicendole semplicemente:


  • Mi piacerebbe vedere che effetto fa questo tramonto su Miss Liberty.


Si era ritrovata a passeggiare con lui e un gruppetto di scoiattoli a Battery Park. Osservando il sole rossastro dalla banchina, Jesse le aveva sussurrato:


  • Sono felice che tu sia qui con me.


Ed il cielo si era fatto buio. Il terrore che qualcuno fosse felice grazie a lei la terrorizzò.

Poi il giorno della prima arrivò e tutto divenne più complicato.

Rachel osservava la sua figura riflessa nello specchio. Indossava un abito semplice, un tubino nero, non troppo scollato, ma elegante. I capelli legati in uno chignon, le scarpe con il tacco ed un sorriso stampato sul viso. Mancava un’ora alla prima dello spettacolo a cui avrebbe potuto partecipare se solo avesse voluto.

Era la prima di Jesse e lei era emozionata come se fosse stata la sua.

Perché?

Continuava a guardarsi allo specchio e a sorridere, emozionata e felice.

Perché? Perché sono così felice?

Il sorriso le morì improvvisamente sul volto e una lacrima le solcò la guancia.

Come puoi pensare di essere così felice?

Si sedette sul bordo del letto e cominciò a fissare un punto lontano nel tempo. Un ricordo si aggrappò al suo collo e le lacrime si moltiplicarono. Le scacciò furiosamente. Troppo tardi per salvare il trucco.

Quando Kurt entrò nella stanza si trovò di fronte la brutta copia del Joker e un fiume di lacrime incontrollabili per la quali costruire una diga.


  • Rachel, cosa hai?

  • Niente. Ora passa.


Il ragazzo corse ad abbracciarla, cercando di non farsi sporcare la splendida camicia bianca di seta che faticosamente aveva salvato dalle grinfie di Blaine.


  • Perché piangi?

  • Non lo so.

  • Devi saperlo.

  • Perché?

  • E’ per la NYADA? Per la July? … per Brody? E’ per Jesse … per Finn … Hai paura?

  • Da morire …


Kurt tornò ad abbracciarla, questa volta fregandosene della camicia. La abbracciò forte per cercare di contenere tutta quella paura e per cercare di tirare via un po’ di quel dolore.

E’ così difficile tornare a vivere quando si era certi di aver perso tutto.


  • Forse è arrivato il momento di raccontare.

  • Ho rivisto Jesse a Lima, prima delle provinciali. Abbiamo cantato. Ci siamo baciati. Mi ha dato appuntamento a New York.

  • E vi siete incontrati nuovamente – Kurt sospirò – per questo ci ha invitato alla prima del suo spettacolo.

  • Era inevitabile, non pensi? Due talenti verso l’ascesa devono per forza prima o poi incontrarsi.

  • Immagino di sì. Cosa ti spaventa?

  • Vederlo … sul palco di Broadway.

  • Perché?

  • E’ troppo. Non ce la faccio, Kurt.

  • Ma perché?

  • Non posso venire.

  • Sai che ci rimarrà male, vero?

  • Lo so, ma rimarrebbe ancora più male se non mi vedesse sorridere.

  • Cosa devo dirgli.

  • Che ho la febbre.

  • Sai che non lo farò.

  • Allora sarai costretto a dirgli la verità.


Che non sono ancora pronta ad andare avanti.

Kurt sospirò. La baciò sulla guancia e poi la salutò. L’aspettava una serata difficile, ma non aveva altra scelta. A volte essere amici significava anche fare cose non gradite.

Rachel tornò a pensare a quel ricordo lontano.

Il bacio di Finn le era costato la vittoria alle Nazionali. Il mancato successo non l’aveva ferita come lo sguardo di Jesse.

Chi è la traditrice? Non io. Amavo Finn.




  • Non sono affari tuoi

  • Sapere se vuoi stare con Finn piuttosto che con me non sono affari miei? – il ragazzo alza un sopracciglio

  • No, non lo sono – la sicurezza con cui Jesse continua a parlare la urta – dopo tutto quello che mi hai fatto non lo sono.

  • Pensavo che quello che è successo l’anno scorso tra di noi fosse ormai acqua passata.

  • Acqua passata? Il fatto che non abbia smesso di parlarti e sia stata gentile con te non vuol dire che è tutto dimenticato.

  • E’ per questo che hai deciso di stare con Finn? – gli occhi di Jesse sono fermi.

  • Ti dai troppo credito – la sua arroganza la sta urtando – non sei al centro dei miei pensieri, non più

  • Lo sono mai stato? – Jesse sorride sarcasticamente.

  • Che cosa vuoi dire?

  • La tua ossessione per quell’idiota ci ha accompagnato in tutta la nostra storia.

  • Ossessione? Io non sono ossessionata da Finn.

  • Si che lo sei. Pensi che stare con il quarterback della squadra di football possa darti prestigio? Pensi che se stai con lui la gente ti noterà di più?

  • Sei ridicolo. A me piace Finn, veramente e non perché è il quarterback, ma perché è un ragazzo dolce, protettivo, è un leader e non mi ha mai ferito.

  • Veramente? – sul volto di Jesse il sorriso si allarga – quando ti ha lasciato per fare nuove esperienze con Santana e Brittany non ti ha ferito? E quando ti ha mollato perché non gradiva che ti fossi vendicata di lui non ti ha ferito? E quando è tornato con Quinn …

  • Ora basta! – Rachel risponde nervosamente – quello che lui ha fatto non è minimamente paragonabile a quello che hai fatto tu. Mi hai mentito per tutto il tempo in cui siamo stati insieme. Dicevi di volermi bene e invece stavi con me perché te lo aveva chiesto Shelby. Mi hai illuso e poi mi hai pugnalato alle spalle.

  • Ti ho chiesto più volte scusa per quello che ho fatto.

  • E pensi che sia sufficiente? Mi hai spezzato il cuore Jesse.

  • Sono stato – il ragazzo si passa una mano tra i capelli, nervosamente - … stupido, certo, ma le persone possono sbagliare … a volte capita. Ero confuso sui miei sentimenti ... per te. Ho commesso un errore Rachel, non mi perdonerai mai per questo?

  • Tutta la nostra storia era una menzogna. E’ questo che non ti perdonerò mai

  • Non tutto era una bugia – Jesse accorcia la distanza che li separa – i miei sentimenti per te non lo erano

  • Stavi recitando – Rachel lo guarda con astio.

  • No – Jesse l’afferra per le braccia – affatto. Quando ti stringevo a me, dicendoti che mi piacevi, non ti stavo mentendo.

  • Volevi solo divertirti un po’ con la stupida e ingenua Rachel. – la ragazza lo allontana.

  • D’accordo – Jesse scrolla le spalle – Se è Finn che vuoi, bene

  • E’ Finn che voglio – gli occhi della ragazza sono duri.





Un singhiozzo. E un altro, ancora un altro. Quando conobbe Jesse, quando lo sentì cantare, se ne innamorò. Ora lo sapeva.

Ci si può innamorare di due ragazzi. Lo so. Ora lo so.

Era stato il suo comportamento a farla disamorare. Certo. Anche lei si era impegnata a rovinare tutto, non con intenzione, ma con superficialità.

Eravamo tutti superficiali. Come tutti gli adolescenti.

Le sue scuse, il suo pentimento non erano stati sufficienti. Alla fine aveva scelto Finn ed era andata avanti. Non poteva tornare indietro, non più. Finn non avrebbe avuto un’altra possibilità per riconquistarla e lei non poteva tradirlo.

Non voglio essere io la traditrice.




***



Poteva sentire gli applausi dal suo camerino. Era quello che aveva sempre desiderato. Una prima serata sensazionale. Eppure la persona che avrebbe voluto vedere non si era presentata, lasciando il vuoto di una poltrona e dentro di sé.

Non si può più tornare indietro?

Jesse sospirò, guardandosi allo specchio. I suoi capelli ribelli se ne erano andati insieme alla sua arroganza e al suo egocentrismo.

Forse quello no.

Sorrise. A volte sentiva così tanta nostalgia per quel Jesse, così spensierato e sicuro delle proprie possibilità. Ora il mondo gli sembrava così complicato a volte da non riuscire ad affrontarlo.

E’ la maturità.

Era Rachel. Era tutta colpa di Rachel. La sua svolta era avvenuta non con il crescere ma con il conoscere quella moretta e così si era ritrovato, suo malgrado, a maturare.

Se ne era innamorato involontariamente. I suoi occhi neri, il suo sorriso, la sua voce da usignolo e le sue manie da diva: tutto di lei l’aveva rapito.

E così era passato dall’essere il bello e impossibile della situazione all’idiota di turno.

Se solo se ne fosse accorto prima, non l’avrebbe persa.

Un vero stupido. Non c’è che dire.



  • D’accordo – Jesse scuote le spalle – Se è Finn che vuoi, bene.

  • E’ Finn che voglio – gli occhi della ragazza sono fermi.

  • Ma devi dirmelo, guardandomi negli occhi – il ragazzo la afferra nuovamente, senza permetterle di fuggire – dimmi che ami Finn. Dimmi che lui è il ragazzo ideale per te. Che riuscirà a supportarti sempre, che crederà in te in ogni caso. Che saprà condividere con te i tuoi sogni e saprà rassicurarti quando avrai paura.

  • E’ Finn che amo. Te l’ho già detto!



Non era mai dipeso da lui. L’avrebbe persa comunque, perché Rachel apparteneva a Finn.

Bussarono e Jesse, controvoglia, andò a raccogliere gli applausi e le lodi. Sorrise con il suo miglior sorriso e ringraziò tutti per i complimenti, fingendosi modesto e sorpreso.

Quando si trovò di fronte Kurt e Blaine sorrise ancora di più.

  • Complimenti. Sei stato bravissimo. Questo è l’inizio di una carriera.

  • Grazie Blaine. E tu cosa ne pensi, Kurt?

  • Rachel non c’è.

  • Ho visto.

  • Ha detto che aveva la febbre.

  • So che non è vero.

  • Non era pronta. Ma so per certo che un giorno lo sarà.

Jesse annuì, non domandando altro. Era tutto quello di cui aveva bisogno. Che il miglior amico della ragazza che gli aveva cambiato la vita gli dicesse che un giorno qualcosa sarebbe accaduto.



  • Dimmi che nessuno all’infuori di lui, ti farà mai battere il cuore e dimmi che non provi nulla … per questo

Jesse si abbassa e catturandole le labbra la coinvolge in un bacio deciso e carico di sentimento.

Solitamente i loro baci erano sempre stati lenti e lunghi, gesti in cui entrambi avevano potuto assaporare il gusto di sentire l’altro. Questo è dirompente e disperato e Rachel sente i sentimenti di Jesse.

Se quello con Finn è stato il superman dei baci, questo è come il vento caldo che ti assale durante i pomeriggi estivi, facendoti sudare e boccheggiare privandoti dell’aria.

E’ un vento caldo che non da scampo e che non permette alcun refrigerio. Sa di maturità e dimostra quanto Jesse sia più adulto di Finn.

Una volta separati, le torna alla mente un film che avevano visto insieme una sera a casa sua: La Lunga Estate Calda. Osservando il ragazzo che ha di fronte pensa al caldo, agli incendi indomabili e alla bellezza dei due protagonisti di quella pellicola degli anni cinquanta.

Le vengono in mente Paul Newman e Joanne Woodward, belli, innamorati, famosi, sposati. E se per lei fosse scritto un destino simile con Jesse? Scrolla furiosamente la testa per cacciare quella stupida idea.

  • Io amo Finn – guarda il ragazzo in maniera decisa e senza il minimo tentennamento

  • Se è questo quello che vuoi – Jesse le sorride e avvicinandosi a lei le sussurra nell’orecchio – ripetilo tutti i giorni Berry … giusto per convincerti.



Rachel si addormentò guardando un vecchio film alla televisione. Paul Newman e Joanne Woodward, così belli, giovani e innamorati. Nulla di più piacevole con cui cullarsi.









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Capitolo 6
*** Capitolo VI - Spalla a spalla, guancia a guancia ***


Capitolo VI

Spalla a spalla, guancia a guancia



Heaven, I'm in Heaven
and my heart beats so that I can hardly speak
and I seem to find the happiness I seek
when we're out together dancing Cheek to Cheek.




Si svegliò dopo un paio di ore che il film era finito e non riuscì più ad addormentarsi.

Sentì Kurt e Blaine rincasare verso le due, ma non uscì per chiedere come era andata e quando il suo amico la chiamò, non rispose.

I pensieri non la lasciarono in pace per tutte le ore notturne.

Uscire con Jesse è tradire Finn. Pensare a Jesse è tradire Finn. Gioire per il successo di Jesse è tradire Finn.

Non aveva alcun dubbio che fosse stato strepitoso, era inevitabile che il successo prima o poi lo incontrasse, ma lei non era destinata ad incontrarlo. E se per un errato calcolo ciò fosse accaduto, avrebbe dovuto evitarlo.

Questo è quello che farò. Mi impegnerò ad evitare di incontrare Jesse St. James.

La mattina arrivò troppo tardi e Rachel la accolse di cattivo umore. Quando bussarono alla porta attese invano che uno dei suoi coinquilini andasse ad aprire, ma quando bussarono ancora comprese che avrebbe dovuto farlo lei.

Quando si trovò di fronte il volto sorridente di Jesse, l’istinto fu quello di chiudere la porta.

Evitare di incontrare Jesse.

Ma non riuscì ad essere così veloce. Il ragazzo bloccò la porta e le porse un sacchetto profumato.


- La tua colazione.

- Non c’era bisogno.

- Kurt mi ha detto che stavi male.

- E’ vero … molto male.

- Sono venuto a soccorrerti.

- Avrai un milione di cose da fare ora che sei diventato famoso.

- E’ ancora troppo presto per firmare autografi. Ho pensato allora di venire a salvarti.

- Salvarmi? Da cosa?

- Da te.


Rachel sorrise involontariamente. Quanto bene la conosceva Jesse? E quanto aveva intuito e compreso del dramma che stava vivendo? Dal modo in cui la stava squadrando, forse tutto.

Jesse le preparò il latte e le apparecchiò la tavola. Si muoveva come se fosse stato già mille volte lì e Rachel si abituò immediatamente a quella intimità.

E’ così facile abituarsi a te.

Gli chiese dello spettacolo. Volle sapere tutto, emozioni, applausi, interpretazioni. Sviscerò l’argomento in lungo e in largo e quando fu soddisfatta delle risposte sorrise affermando:


- Avrei dovuto esserci.

- Avresti assistito ad un grande spettacolo.

- Non potevo.

- Non volevi.

- Stavo male.

- E ora?

- Sto bene.


Jesse si sedette accanto a lei e dopo averle accarezzato la guancia, con entrambe le mani le afferrò il viso e la baciò, ricevendo in cambio stupore. Rachel si scostò e fuggì nella sua stanza.

Non sono una traditrice.


- Non posso.

- Non vuoi.

- Vorrei, ma non posso.

- Dovresti.


Non chiuse a chiave e Jesse entrò. Non ascoltò la sua supplica e afferrandole nuovamente il volto tra le sue mani, la baciò, ricevendo in cambio passione e calore.

Incoraggiato, la adagiò sul letto, raggiungendola. Le labbra di Rachel sapevano di pesca e la sua pelle di mandorle: un elisir inebriante. Jesse la assaporò voracemente, pensando di non aver mai mangiato nulla di più delizioso. Rachel lo lasciò fare, troppo debole per opporre resistenza.

E’ la stanchezza per non aver dormito.

Jesse si staccò da lei con il dubbio che forse stava correndo troppo.

Rachel lo seguì e lo catturò.

E’ colpa delle tue labbra, non sono io che vorrei.

Le labbra di Jesse sapevano di cedro e lei adorava quel sapore, così rinfrescante e amaro. Lo strinse a se, assettata.

Jesse si convinse di non aver sbagliato e ricominciò a baciarle la pelle, seguendo il corso delle spalle. Quando si rese conto che la pelle scoperta era troppo poca per saziarsi, le sfilò la maglietta.

Ma poi qualcosa cambiò. Lui cambiò.

Si scostò da lei, confuso e imbarazzato.


Non così, non dopo quello che ho letto.


- Scusami.

- Perché ti scusi?

- Io. .. devo andare.

- Perché?


Jesse non aggiunse altro. Sorrise. Le diede un bacio sulla guancia e se ne andò, lasciando Rachel senza parole.

Perché?

Poi guardandosi allo specchio comprese. Il nome inciso sulla sua pelle: era quello che aveva fatto scappare Jesse.



***



Finn”.

Quattro lettere che lo avevano perseguitato per anni. Era convinto di aver superato il problema, ma si era sbagliato. Non era della reazione di Rachel che si doveva preoccupare, ma della sua.

Lo sai quanto era importante per lei.

Saperlo andava bene. Non poteva certo pensare di cancellarlo dai suoi pensieri. Leggerlo, però, faceva un altro effetto. L’idea di dover convivere con quel nome e di doverlo vedere in un momento così intimo non poteva sopportarla.

Era troppo anche per i suoi sentimenti.

Non posso.

Girò per le strade di New York in cerca di un motivo per continuare a sperare e si ritrovò nel tardo pomeriggio a festeggiare senza averne voglia il successo dello spettacolo con il resto della compagnia.

La sua capacità di annuire pur non ascoltando neanche una parola avrebbe potuto fruttargli un Tony Award. Nessuno di accorse di quanto fosse distratto e disperato.

Ma io si. Io lo so quanto sono disperato e disilluso.



- Ehi St. James!

- Che cosa vuoi Hudson?

- Come avrai capito, Rachel ha scelto me. Me! Perciò lasciala in pace e sparisci.

- Pensi veramente di riuscire a renderla felice?

- Certo. Io la amo e non le farò mancare nulla.

- Lei ha bisogno di volare, Finn e tu non sei in grado di fornirle le ali che le servono.

- E tu pensi di avere questa capacità? – il sorriso del ragazzo diventa spavaldo.

- Io posso aiutarla a diventare la diva che merita di essere. Tu non hai la benchè minima attitudine e non comprendi fino in fondo quanto immenso sia il suo talento.

- Ma conosco lei e so quello di cui ha bisogno.

- Veramente ?– questa volta è Jesse a sorridere

- Si … veramente! Lei ha bisogno di un posto a cui tornare. Non ha bisogno di altro. Lei ce la farà da sola a trovare le sue ali per raggiungere la vetta, ma quando l’avrà raggiunta le servirà un posto dove tornare e quel posto sarò io.



Allora Jesse la trovò la cosa più ridicola che avesse mai sentito. Pensò a quanto stupido fosse Finn e a quanto potesse essere inadeguato per un gioiello prezioso come il talento di Rachel. Ma evidentemente si sbagliava. Rachel sapeva esattamente quale strada percorrere per raggiungere il successo. Era inevitabile l’incontro con la vetta più alta, era solo una questione di tempo. Quello che non aveva era un luogo dove tornare.

Ce l’ha un luogo. Il Glee Club. Lima.

In ogni caso non sarebbe mai potuto essere lui il luogo a cui tornare, perché quel posto sarebbe appartenuto sempre a Finn, vivo o morto che fosse.

Se l’è tatuato perfino sulla sua pelle.

La frustrazione prese il sopravvento e Jesse, consapevolmente, decise di rovinare tutto.

Se deve essere melodramma, che lo sia fino in fondo.

Si guardò intorno e trovò la ragazza che avrebbe utilizzato per perdere Rachel. Era una biondina.

Mai con le more.

Aveva un ruolo minore nel musical, ma era bella abbastanza e soprattutto era innamorata di lui.

Le si avvicinò sussurrandole parole carine all’orecchio. Quando voleva sapeva conquistare in meno di cinque minuti.

La ragazza lo seguì nel retro, e dopo essere entrati nel bagno delle donne gli si offrì. Jesse, senza baciarla sulle labbra, la catturò.

Non voglio confondere il sapore di pesca.

Cominciò a spogliarla, mentre lei si avvinghiò a lui. Ma prima che si slacciasse i pantaloni, qualcuno li interruppe.


- Sei un idiota St. James.


Jesse si voltò ad osservare la ragazza latina che, uscita da uno dei bagni, aveva cominciato a lavarsi le mani guardandoli attraverso lo specchio.

La biondina si accoccolò a Jesse, fingendo vergogna, ma il ragazzo non se ne curò, troppo preso a collocare quel volto nei suoi ricordi.

Santana! Come ho fatto a dimenticarmi di lei.

Era la sostituta della protagonista. Questo se lo ricordava. Eppure non era mai riuscito a riconoscerla fino a quella sera.

Ma possibile che tu sia così maledettamente preso da te stesso?

La verità era che era arrivata dopo il giorno di pioggia e da allora tutti i suoi pensieri erano stati per Rachel.

Stupido. Maledetto stupido.

Ora che era sulla strada per perdere Rachel si malediva per ciò che aveva fatto.

Santana, dopo essersi asciugata le mani, lo afferrò per la camicia, strappandolo alla biondina.


- Vieni via con me.


Jesse non oppose alcuna resistenza. In fondo non era pronto a perdere Rachel. Perciò la seguì.

Uscirono per le strade di New York e passeggiarono, senza una meta precisa, almeno questo era quello che pensò Jesse.

- Mi dici perché sei così stupido?

- Cosa?

- Stupido. Hai Rachel e ti butti via con quella.

- Io non ho Rachel.

Nessuno può avere Rachel. Solo Finn, ma lui è morto

Santana alzandosi il colletto del cappotto, sospirò. Si bloccò e voltandosi verso di lui gli afferrò il volto con le sue unghie laccate:


- Ecco perché mi piacciono le donne. Voi uomini siete troppo stupidi per essere amati. Tu sei l’unico che può avere una possibilità con Rachel.

- Lei ama Finn.

- Finn è morto. – un tremore nella sua voce, ma solo quello, niente lacrime.

- Si, ma lei lo ama ancora.

- Lei lo amerà sempre. E’ il destino di tutti quelli morti: essere amati nonostante i difetti e i dolori che ci hanno dato. Se riesci ad accettare questo, riuscirai ad avere anche lei.

- Non so se riesco ad accettarlo.

- In questo io non posso aiutarti. Ma prima di saperlo evita di scoparti la prima incontrata. Potresti non avere più la possibilità di decidere.


Santana gli diede un buffetto sulla guancia. Jesse abbassò la testa, sorridendo e la ragazza pensò per un istante che per lui avrebbe potuto fare un’eccezione.


- Io sono arrivata St. James.

- Abiti qui?

- Abitiamo qui … io e mia moglie.


Jesse sorrise nuovamente e la lasciò andare. Lasciò andare anche l’idea di giocarsi Rachel ai dadi e decise di rimandare ogni decisione al giorno dopo.

In fondo domani è un altro giorno.

Ma quella decisione lo aspettava davanti la porta del suo appartamento. Aveva la forma di una Rachel vestita con una gonna troppo corta per non cadere in tentazione e di un cappotto che non aiutava a comportarsi bene. L’eccitazione di Jesse aumentò.

Questa sera finirà male. Finirò male.


- Ciao Jesse.

- Ciao Rach.

- Mi fai entrare?

- Vuoi veramente?

- E tu?


Il ragazzo aprì la porta e Rachel si sentì a casa. Tutto in quell’appartamento la conquistò. I colori, gli spazi, il disordine. Ogni angolo colorato o nascosto le parlava di Jesse e così si sedette sul divano e si lasciò avvolgere dal suo odore.

Jesse le offrì un tè ed attese che qualcosa accadesse. Era troppo perso negli occhi e nei capelli della ragazza per opporre qualsiasi resistenza.


- So perché sei andato via. E’ il tatuaggio. Il nome di Finn sulla mia spalla.

- Pensavo di essermelo lasciato alle spalle, non di trovarmelo nuovamente sulle tue.

- Quando l’ho fatto ho pensato che sarebbe stato carino averlo sempre al mio fianco, discretamente.

- Comprendo le tue motivazioni.

- Ma sei arrabbiato.

- Non sono arrabbiato. Sono scoraggiato.

- Qualcosa riesce a scoraggiarti? – Rachel sorrise.

- Oltre a te?

- Jess io – la ragazza tornò seria – non posso negare di amarlo e ogni volta che sono con te mi sembra di tradirlo.

- E’ per questo che non sei venuta alla prima?

- Troppa intimità. Troppa gioia.

Ho capito che se fossi venuta alla prima mi sarei perdutamente innamorata del tuo talento. Di te.

- Non pensi di meritarla?

- Non con te.

- E con qualcun altro si? Magari con il tuo amico … Sam.

- Con qualcun altro sarebbe facile. Non è te.

- Quale è la differenza?

- Finn aveva paura di te. Non di Sam, né di qualunque altro. Solo di te.

Ecco la differenza.


Jesse sorrise.


- Allora non è così grave.

- Riuscirai a sopportare il suo nome?

- A patto che un giorno in qualche centimetro del tuo corpo ci sia anche il mio.


Jesse si sedette sul divano e Rachel si accoccolò sulla sua spalla e gli chiese di accendere la tv. Su un canale davano un vecchio film con Rita Hayworth e Fred Astaire


  • Una volta ho letto un’intervista di Fred Astaire in cui affermava che la partner migliore con cui avesse mai ballato era stata Rita Hayworth.

  • Veramente?

  • Già. Incredibile, vero? Tutti pensano che fosse Ginger Roger.

  • Vuoi dire che tu sarai la mia Rita Hayworth? – Rachel sorrise

L’importante è non fare la sua fine


Jesse non rispose. Si rilassò sul divano e invitò Rachel a fare altrettanto. La ragazza, dopo poco, si addormentò.

Il ragazzo soffrì le pene dell’inferno per tutta la notte, inebriato dal profumo di mandorle ed eccitato dal contatto con la sua pelle, ma la lasciò dormire.

Era troppo presto per provare ad amarla seriamente.






Dopo secoli … e sono veramente secoli .. finalmente sono riuscita a postare un nuovo aggiornamento. Scusate … ho avuto molti problemi e poche possibilità di scrivere. Speriamo che sia finita. Spero anche che il nuovo aggiornamento possa dare soddisfazione sufficiente a chi non si è rassegnato a leggere questa storia. Un abbraccio a tutti.

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Capitolo 7
*** VII - La bella e la bestia? ***


Capitolo VII

La bella e la bestia?



Ma non capisci? È arrivata, è la ragazza che stavamo aspettando! È venuta a spezzare l'incantesimo! 











Erano passati giorni da quando gli aveva fatto quella confessione e il risultato era stato che Jesse era sparito. Solo qualche sporadico sms per dirle che era o troppo impegnato o troppo stanco per incontrarla.

Ho sbagliato tutto. Sbaglio sempre tutto.

I continui rimproveri di Cassandra e di Brody non la aiutavano a recuperare la sua autostima e l’assenza di Jesse la sprofondava all’inferno. Per quanto Kurt le dicesse continuamente quanto fosse brava, Rachel aveva capito che il suo amico aveva imparato a recitare.

  • Hey Schwimmer smettila di dormire in piedi!

  • Non sto dormendo!

  • Di certo non stai ballando.

Restano solo pochi mesi. Devo evitare di morire ancora per pochi mesi e poi l’incubo finirà.

  • Balli da fare schifo. Ti muovi da fare schifo. Hai un naso da fare schifo. E non hai neanche l’altezza per contrastarmi.

  • Ma ho il talento per andare avanti.

Miss July con il bastone la fece cadere. Poi la bloccò a terra e la sovrastò con le sue gambe chilometriche.

  • Quello non serve quando si è stupidi come te. Fuori! La lezione è finita.

Tutti si diressero verso la porta, ma a Rachel fu impedito di alzarsi.

  • Tu resti qui. A fare lezione. Con Brody.

  • Io non ballerò più con Brody.

  • Lo farai. Alla rappresentazione di fine anno.

  • Ma se dice che sono incapace di ballare.

  • Per questo ballerai. Tutti ti vedranno. Rideranno e Madame Tibidaux ti caccerà.

Rachel, per la prima volta, la guardò con rabbia e Cassandra sorrise.

  • Non importa se mi odi.

  • Io ballerò e lei si sbaglierà.

  • Tu ballerai da sola ed io con il tuo ragazzo … Jesse, giusto?

  • Cosa?

Rachel si irrigidì. Cosa voleva da lui? Che domanda stupida. Sapeva cosa voleva da lui. Quello che lei ancora non era riuscita a dargli. Una passione a cui appoggiarsi e un corpo a cui fare ritorno.

  • Lei non può farlo. Non glielo permetterò.

  • Schwimmer guardati. E guarda me.

  • Jesse mi ama.

  • Io non voglio che mi ami. Voglio che faccia sesso con me. Ed io ottengo sempre quello che voglio.

Cassandra uscì, lasciando il campo a Brody. Ancora lui.

Non posso credere che un tempo adoravo stare con lui.

  • Cassandra ti ha informato dell’esibizione di fine anno, immagino.

  • Lasciami andare.

  • Dobbiamo impegnarci ad ottenere un ottimo risultato, altrimenti sarai fuori dalla NYADA.

  • Non è un problema tuo.

  • Rachel, se tu sei fuori dalla NYADA, io non avrò più occasione di vederti. Di farti cambiare idea. Di farti capire quanto mi ami.

  • Io sono innamorata di un altro, non di te.

  • Quel tizio della festa? – Brody sorrise – avanti, Rachel era evidente che facevi la gatta morta con lui per ingelosire me.

  • Io non ho bisogno di fingere.

  • E da quando ne sei innamorata?

Il ragazzo sfoggiò sicurezza e spavalderia. Senza quel Finn tra i piedi non aveva alcun dubbio di ottenere Rachel prima o poi, bastava farle capire quanto era stata stupida a credere a quell’idiota.

  • Quella che sei ora, in parte lo devi a me. Io ti ho spinto a diventare donna.

Rachel sospirò. Avrebbe dovuto correre da Jesse. Non ascoltare Brody. L’unica cosa che aveva imparato da lui era che a volte non ci si poteva fidare.

Pensi di poterti fidare di Jesse? E’ il primo che ti ha pugnalato.

Cominciò a dubitare. Jesse le aveva chiesto mille volte scusa. Le aveva ripetuto più e più volte quanto lei fosse importante. Le aveva detto che incontrarla lo aveva reso migliore e che non aveva mai provato sentimenti così forti per nessun’altra. Che il successo era nulla senza di lei.

Tutti mentono a volte. A quante altre ha detto le stesse cose?

Una domanda che avrebbe dovuto porgli, forse. Lei aveva avuto poche storie, pochissime. Non aveva alcun dubbio che Jesse ne avesse avute molte di più. Cominciò a domandarsi che cosa ci trovasse in lei. E perché era sparito dopo che gli aveva confessato i suoi sentimenti? Ancora una volta il suo era stato un esercizio di stile? Aveva voluto vedere quanto tempo gli occorreva per sedurre nuovamente la piccola Berry?

Come posso pensare di competere con Cassandra?

La July era una donna e lei a malapena era diventata più adulta. Improvvisamente si sentì ancora quella ragazzina con i ridicoli maglioni che Jesse aveva detto di amare.

Era una menzogna! No! Era vero.

Rachel respirò profondamente e sorrise. Improvvisamente tutta l’autostima che aveva perso era tornata a soccorrerla.

Non devo dubitare di Jesse. Lui è il mio primo fan.

Rachel riacquistò la sua postura da diva e con tono fermo rispose a Brody:

  • Sono innamorata di Jesse da prima di te. Tu mi volevi più donna, a lui sono sempre andata bene così.

Prese la sua borsa ed uscì dalla sala prove. Non voleva più ballare con Brody e avrebbe ottenuto la NYADA contro tutti. Lei era Rachel Berry, la regina degli assolo.

Tornò a casa, salutò i suoi coinquilini, entrò in camera, indossò la sua biancheria più sensuale, si vestì elegantemente e chiamò un taxi. Destinazione Broadway.

Arrivata a teatro, fece chiamare Santana. Come sostituta aveva diritto a far entrare qualcuno gratis allo spettacolo. L’amica non le chiese nulla. La ringraziò per non aver indossato le solite orrende scarpe e la spedì dietro le quinte.

Rachel, respirando aria di Broadway e commuovendosi al pensiero del suo debutto in Funny Girl, osservò Jesse muoversi sul palco.

Una delizia per gli occhi e per le orecchie.

Aveva sempre saputo che era bravo.

Chi dimenticherà mai la sua Bohemian Rapsody.

Ma non immaginava che fosse diventato così bravo. Ad un certo punto si emozionò talmente tanto che Santana dovette regalarle un’intera confezione di fazzoletti, rubati dal camerino della protagonista (che per inciso non reggeva il confronto con Jesse e neanche con lei).

E’ fatta. Mi sono innamorata perdutamente di Jesse St. James.

Quando lo spettacolo finì, Rachel indugiò prima di correre da lui. Non voleva che lui fraintendesse le sue lacrime. Si ritrovò ad osservare Cassandra che lo avvicinò. Non era sola. L’uomo che la accompagnava salutò Jesse e la introdusse:

  • Lei è una mia cara amica, Cassandra July.

  • Io e Jesse ci conosciamo già: abbiamo un’amica in comune.

Rimasero presto da soli, l’amico di Cassandra trascinato via da un cellulare e da molti altri impegni. Rachel non riuscì a muoversi, intrappolata nei suoi piedi di argilla e così ciò che le rimase da fare fu origliare.

Ma forse vuoi metterlo alla prova. Che assurdità!

Cassandra lo avvolse nel suo charme.

  • Sei veramente bravo. Hai una bella voce, un grande talento e una faccia d’angelo. Un ottimo mix per Broadway. Ti manca solo una donna all’altezza delle tue promesse.

  • Ce l’ho già una donna.

  • Ho detto una donna, non una ragazzina.

  • Rachel è una donna.

  • Che non ha ancora saputo placare i bollori del suo ragazzo, a quanto pare.

Il corpo di Jesse, senza il permesso del suo proprietario, fremette al contatto con le dite affusolate di Cassandra. Era una bomba pronta ad esplodere. Aspettando Rachel aveva accumulato talmente tanta energia che se qualcuno avesse acceso la miccia, avrebbe raso al suolo anche Broadway. La donna lo circumnavigò con il suo passo danzante, avvolgendolo con la sua sensualità, ma Jesse non mosse alcun muscolo in risposta.

Ho aspettato troppo Rachel per buttare tutto al vento per una favolosa bionda dalle gambe chilometriche.

Cassandra accusò il colpo con dignità. Sorrise di un sorriso che avrebbe fatto innamorare chiunque.

Se il mio cuore fosse in mano mia invece che in quelle di Rachel io lo avrei fatto.

  • Come vuoi. E’ un peccato, però – Cassandra sfiorò le sue labbra con un bacio – saresti stato un bel passo di danza.

La donna scomparve, portandosi dietro tutta la sensualità e lasciando Rachel in difficoltà. Jesse la vide, nascosta tra mille cavi. Sorrise, ricordandola anni prima sul palco del liceo Carmel, con indosso quell’orrendo vestito a quadri, mentre stringeva la borsa urlando di possedere un fischietto antistupro.

Quanti melodrammi, piccola Rachel.

Si avvicinò e, come allora, sorridendo la strinse a se, avvolgendola in un abbraccio divertito:

  • Hai ancora il tuo fischietto antistupro dentro la borsetta?

  • Ora ho una bomboletta spray.

  • Cosa hai visto?

  • Tutto. Lo spettacolo. Il tuo talento. Cassandra.

  • Mi dispiace. Non ho potuto impedirlo.

  • Cosa? Le avances di Cassandra?

  • No. Il mio talento.

Rachel sorrise e quando Jesse si avvicinò per baciarla, non gli lasciò l’iniziativa ma lo anticipò, stingendosi a lui. Lo sentì fremere e ripensò alle parole di Cassandra.

  • Dovremo farlo.

  • Cosa? – Jesse trasecolò, letteralmente

  • Un tempo mi hai promesso romanticismo … anzi … no … epico romanticismo. Allora non ti ho permesso di mantenere la tua promessa. Ora mi sembra arrivato il momento.

  • E’ per Cassandra?

  • E’ per me.

Jesse la guardò negli occhi e capì che era vero. La prese per mano e la portò in un magazzino. Rachel avrebbe voluto chiedergli se quella era veramente la sua idea di romanticismo.

Forse un po’ squallido. Di certo poco confortevole.

Ma prima che parlasse, Jesse aprì un’altra porta e il mondo del teatro le si illuminò davanti agli occhi. Gli oggetti di scena intorno a loro erano collocati nei posti giusti, pronti a ricreare una stanza da fiaba. Almeno per i suoi sogni da bambina. Cats, Il Fantasma dell’Opera, Il mago di Oz, Hair: anche il più piccolo oggetto le parlava dei suoi sogni. Jesse prese una coperta da uno degli armadi e la posò al centro della stanza. Poi prese quattro candelabri e dopo averli accessi li pose agli angoli della coperta. Infine si voltò verso Rachel con il sorriso più bello che lei avesse mai visto:

  • E’ il massimo che posso offrirti. Sei libera di rifiutare.

  • Scherzi! – la ragazza rispose con entusiasmo – sdraiarmi accanto a te con attorno i candelabri della Bella e la Bestia? E’ favoloso.

Jesse la condusse al centro del loro regno e la invitò a sedersi. Lei, invece, delicatamente lo spinse a terra e poi, interpretando il ruolo della diva sensuale, cominciò a volteggiargli intorno, togliendosi il vestito. Jesse la bloccò e seriamente le sussurrò “sii te stessa, non hai bisogno di altro” e così Rachel abbandonò i panni della femme fatale e inginocchiandosi, si tolse la biancheria costosa, lasciando solo se stessa di fronte ai suoi occhi. Jesse rimase ad osservarla in silenzio per un po’, un bel po’. Per molto tempo aveva sognato di vivere quel momento e per quanto la sua fantasia fosse stata sempre molto galoppante, non avrebbe mai sperato di ritrovarsi ad ammirare uno spettacolo così bello. Chiuse gli occhi, cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio. Aveva avuto molte donne, forse anche troppe per la sua giovane età, ma per la prima volta nella sua vita si sentiva vergine ed inesperto.

  • Va tutto bene? - Rachel domandò ansiosa.

  • Scusami – Jesse le sorrise – mi ero perso nell’ammirare lo splendido spettacolo.

Non si dissero altro, non ne avevano bisogno. Quello era il loro palco, il loro personale spettacolo per il quale non era stato stampato nessun invito. Non erano necessarie prove, la prima fu perfetta, entusiasmante, romantica ed epica quanto basta a soddisfare le aspettative di entrambi.





Eccolo. Il nuovo capitolo. Finalmente. Non aggiungo altro. Solo un grazie a tutti coloro che continuano a pazientare e a leggere appena lo consento loro.

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