Goodbye, Hello di winnie343 (/viewuser.php?uid=83114)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I- Un altro nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** II - Nick e Nora ***
Capitolo 3: *** III - Il non appuntamento ***
Capitolo 4: *** IV - In altre parole ***
Capitolo 5: *** V - La Prima ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Spalla a spalla, guancia a guancia ***
Capitolo 7: *** VII - La bella e la bestia? ***
Capitolo 1 *** I- Un altro nuovo inizio ***
Capitolo
I
Un
altro nuovo inizio
Dopo
ciò che le era capitato negli ultimi due anni, aveva imparato
la lezione. La rinuncia alla NYADA, la veloce ascesa a Broadway, la
disastrosa esperienza televisiva le avevano lasciato i segni, ma le
avevano anche insegnato che bruciare le tappe non porta più
velocemente al raggiungimento del proprio sogno, ma solo a
precipitare più rapidamente.
Ho
deciso di prendermi il tempo giusto per ogni passo.
Aveva
scelto di ricominciare da dove aveva interrotto: la NYADA. Aveva
pregato, scongiurato Madame Tibidaux e alla fine era stata riammessa.
Le
era costata fatica rinunciare allo spettacolo di Broadway. Per un po’
l’idea di calcare nuovamente quel palcoscenico l’aveva
accarezzata: sarebbe stato un sogno recitare nuovamente in un
musical.
Con
Jesse St. James.
Aveva
scelto la NYADA, la strada più difficile.
Ho
rinunciato a Broadway … a Jesse.
Sapeva
che se solo avesse voluto lo avrebbe avuto. Un passo di danza a due,
solo loro due. Il bacio che si erano scambiati l’ultima volta e
la canzone che avevano cantato ne erano la prova.
Un
bel duetto. Un ottimo bacio.
Da
quando Finn era morto, Rachel si era sentita persa e sola, con il
cuore talmente vuoto da essere difficile da riempire con qualcosa di
banale.
Finn
il mio primo grande amore.
Una
lacrima le solcò il viso e lei la lasciò scivolare.
Aveva sempre pensato, durante tutta la loro storia, anche nei momenti
di difficoltà o di separazione, che un giorno, dopo aver
raggiunto il meritato successo, sarebbe tornata a Lima da lui.
Ma
Finn è morto.
E
lei era diventata una vedova senza matrimonio. Con il palmo della
mano tolse delicatamente la lacrima dalla sua guancia.
Aveva
ripensato a tutti i ragazzi con cui era stata.
Puck,
solo per dimostrare che anche il brutto anatroccolo può
frequentare il figo della scuola.
Un
fallimento. Niente li accomunava, troppo selvaggio, troppo egoista e
con poche aspirazioni per renderla felice.
Jesse
e il suo fascino, il suo talento e la sensazione di sentirsi una diva
senza avere il palco sotto i piedi.
Si
era divertita con lui e si era sentita amata, ma tutto era stato una
finzione, un illusione e una vera umiliazione perché
quell’egocentrico aveva iniziato una storia con lei solo perché
era stata Shelby a volerlo.
Finn,
casa. Nulla da aggiungere.
Amore
amore amore. Il quarterback della scuola era stato il suo grande
amore, ma Lima era troppo piccola per contenere la loro storia e New
York era troppo grande. E così era finita.
Poi
Brody, l’ipocrita, il falso.
Stando
con lui aveva avuto l’illusione di poter diventare quella che
non era mai stata: una donna sensuale e sexy, capace di conquistare
il ragazzo dei desideri. Alla fine si era scottata, perchè
Brody l’aveva tradita con mille altre donne. Per soldi, non per
amore, certo.
Ma
quale è la differenza? Un tradimento è sempre un
tradimento.
Tra
lei e Puck non aveva funzionato perché entrambi erano
innamorati di altre persone, mentre con Jesse le bugie del ragazzo le
avevano sottratto tutto il sentimento, ma essere traditi per soldi
non era accettabile, soprattutto per una ragazza piena di orgoglio
come lei.
E
infine Sam, la sua ventata di freschezza.
La
loro breve relazione le aveva ridato serenità e tranquillità.
Una sorta di ritorno a casa, ma Sam non era Finn e lei non poteva
accontentarsi della sua controfigura. Perché l’affetto
non può riempire il vuoto lasciato dall’amore. E così
anche con Sam era finita, senza sceneggiate ne tradimenti.
La
felicità, quella con la F maiuscola l’aveva avuta in
premio con il suo Finn, quella che ogni giorno che ti svegli è
un giorno speciale. Quella in cui se chiudi gli occhi non desideri
altro, perché hai già tutto ciò di cui hai
bisogno. Quella in cui se pensi di dover morire subito non ti importa
perché sai che lo farai tra le braccia del tuo amore.
Eppure.
Con
Jesse sono stata felice, anche se è durato lo spazio di un
secondo.
Cantare
con Jesse la rendeva felice. Sentirlo cantare la rendeva felice.
Un’altra lacrima le solcò il viso. Era la voce di Finn
che le sussurrava all’orecchio. Non riusciva però a
riconoscere la canzone che le stava cantando. Con il palmo della mano
scacciò anche la seconda lacrima, questa volta con un po’
più di rabbia.
E’
il mio nuovo inizio. La mia rentrée e non voglio essere
triste. Addio Finn, Au revoire Jesse. A mai rivederci Brody. Andate
in pace Puck, Sam e tutti voi con i quali non ho mai avuto una
storia.
Alzò
lo sguardo verso la porta di ingresso della NYADA. Si era svegliata
presto quella mattina, o forse non era andata neanche a dormire, era
talmente stanca da non ricordare.
Eppure
l’adrenalina che le scorreva in tutto il corpo le davano il
giusto senso di euforia, necessario per affrontare la difficile
giornata che l’aspettava: un nuovo inizio, in un posto in cui
se ne era andata sbattendo la porta.
Per
questo sono qui, per ricominciare. Benvenuta nuova vita.
Si
alzò dalla panchina sulla quale era ormai seduta da ore e poi
si sedette di nuovo. Era ancora presto per entrare. I primi studenti
stavano varcando le soglie di quella scuola, ma lei non voleva essere
tra i primi. Tutti troppo giovani ed agitati per non dare l’idea
di vivere quell’esperienza con paura e terrore.
Lei
era più brava, più matura, aveva esperienza e doveva
dimostrare di sapersi controllare. Per questo si sedette nuovamente e
riprese a volteggiare tra i suoi pensieri.
Aveva
fatto bene a rinunciare allo spettacolo, glielo aveva detto anche il
professor Shuster, ma rivederlo, così cambiato – più
maturo, più rilassato e sereno – ma sempre così
uguale a se stesso – pieno di talento e di sicurezza nelle
proprie capacità – le aveva lasciato un senso di
inquietudine addosso.
I
pochi minuti passati con Jesse le avevano fatto dimenticare Sam e le
avevano dato l’idea di avere una prospettiva. Qualcosa a cui
aveva rinunciato con la morte di Finn e che le era sembrata
nuovamente accessibile con un semplice bacio sfiorato: la felicità,
quella con la F maiuscola. Eppure lo aveva lasciato andare e lui non
aveva insistito per convincerla ad accettare l’offerta di
Broadway.
Ho
detto au revoire Jesse St. James.
Ancora
una volta, Rachel e Jesse avevano preso strade diverse. Una ruga le
si formò sulla fronte. Era il destino che aveva stabilito che
loro due non dovevano stare insieme. Non poteva essere altrimenti.
Come il destino aveva deciso per lei e Finn,
Era
evidente che il suo percorso doveva essere solitario. La fama e il
successo doveva raggiungerli con le sole sue forze. Non c’era
altro da dire.
Sospirò,
lasciandosi scivolare sulla panchina. In fondo Jesse St. James non
era la soluzione ai suoi problemi. Probabilmente i suoi sentimenti e
le sue illusioni erano semplicemente dettate dal ricordo che aveva di
lui e del tempo speso insieme a lui.
Tempo
passato tra Jesse e Finn.
Bel
tempo. Desiderata, amata, ammirata.
Probabilmente, il suo desiderio di pensare a Jesse era
legato alla sua voglia di ricordare Finn.
Si
ricompose, e poi concluse che in fondo, la verità era che lei
doveva andare avanti, senza più guardarsi indietro.
Si
alzò nuovamente e questa volta cominciò a camminare
verso la porta d’ingresso della NYADA. Il suo obiettivo era
risalire la china: laurearsi, diventare un’attrice di Broadway
e vincere uno o più Tony Awards e tutto questo lo doveva fare
da sola.
Ciao
a tutti. Mi è capitato di scrivere delle storie su Glee, o
meglio su Rachel e Jesse e visto il modo in cui si è conclusa
la serie non potevo non scrivere questa terza storia.
So
che se Cory Monteith fosse vivo il finale sarebbe stato completamente
differente e che Rachel sarebbe tornata da Finn, ma purtroppo così
non è stato e secondo me quello scelto da Ryan Murphy e’
stata forse la scelta più sensata. In fondo Rachel e Jesse
hanno sempre avuto una certa alchimia.
Anyway.
La storia racconta il modo in cui i due si ritrovano e si innamorano
a New York. Ci saranno altri personaggi (gli immancabili Kurt, Blaine
e Santana; Cassandra e Brody e altri), ma i protagonisti sono Rachel
e Jesse, no doubts … e in un certo senso anche il ricordo di
Finn … non è che un grande amore può dileguarsi
come neve al sole .
Ultima
cosa. Il titolo della storia “Goodbye, Hello” richiama la
canzone dei Beatles (che anche il Glee cantò nella prima
serie), ma con le parole invertite: l’arrivederci è per
Finn, il ciao è ovviamente per Jesse (doppio riferimento alla
canzone di Lionel Richie).
Enjoy.
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Capitolo 2 *** II - Nick e Nora ***
Capitolo II
Nick e Nora
Prima che iniziate a leggere il
capitolo una precisazione. Al suo interno c’è un
riferimento alla Serie Tv The Good Wife e ad un
evento che accade durante la quinta stagione. Non so in Italia a che
punto è la programmazione e visto che non voglio rovinare la
festa (per modo di dire) a nessuno lascio un avviso a non leggere se
non volete scoprire qualcosa di cui magari vi pentirete.
E’ un incubo. Come quelli che
si vivono dopo aver visto un film horror. Si. Un incubo.
Rachel ne aveva visti tanti di film
horror. Suo padre, uno dei due, ne era un grande appassionato e
benchè lei fosse troppo giovane per vederli, nessuno si curò
mai di impedirglielo. Esperienze per nuovi ruoli teatrali. Ecco la
motivazione con la quale Hiram la portava al cinema.
Quanti incubi. Oggi ne sto vivendo
un altro. Troppi film horror, papi.
Lei, sempre lei. Cassandra July. Il suo
incubo alla NYADA. Era convinta che dopo la festa in suo onore per il
ruolo di Funny Girl tutto fosse sistemato, ma si sbagliava. Una
settimana di NYADA e le sue gambe erano ormai tronchi di legno. Ma
non l’avevano cacciata? Non potevano cacciarla? E invece era
sempre lì ad urlarle la sua mediocrità.
Kurt la guardava, impotente,
preoccupato, anche un po’ schifato. Anche lui, forse, si stava
convincendo di quanto Rachel non fosse capace di ballare?
Quanto posso resistere prima di
crollare al suolo?
Rachel ballava da più di un’ora.
Solo lei ballava costantemente. Gli altri si riposavano, ballavano e
si riposavano. Lei ballava e basta. Mai una pausa, ma uno stop. Così
da una settimana.
Quanto posso resistere prima di
morire?
Posso morire ballando?
Tutti i suoi compagni uscirono
silenziosi dall’aula, mentre lei si accasciò, neanche
tanto elegantemente, al pavimento. Kurt cercò di soccorrerla,
ma Cassandra fu più veloce a raggiungerla. Non per aiutarla.
Certo. No.
No. Muovi la testa Rachel. No.
La voce di Rachel era un sussurro.
Troppo stanca per aggiungere altro. Se avesse potuto ne avrebbe avute
tante di cose da dire, ma non aveva abbastanza fiato e allora chiese
solo:
Perché?
Perché avevi un’occasione
e l’hai buttata via.
Ho sbagliato e sono qui per
rimediare.
Non è lecito rimediare a
Broadway. Non è etico e non è morale. Io sono qui per
fartelo capire. Se sbagli una volta, Berry, sbagli per sempre.
Nessuna seconda chance. Nessuna occasione.
Madame Tibidaux me l’ha
data.
Sarò io a rimediare.
Cassandra si alzò, facendola
cadere a terra e mentre Kurt corse a soccorrerla, con noncuranza le
diede il colpo di grazia, anche se Rachel ancora non lo sapeva.
Lezioni di sostegno? Altro ballo,
altro inferno.
Kurt la aiutò ad alzarsi e le
fece compagnia fino al pomeriggio. Avrebbe dovuto frequentare altri
corsi, ma un amico non abbandona mai la nave quando sta affondando.
Rachel rimase taciturna per tutto il tempo. Non disse nulla, neanche
grazie. Era troppo presa da se e dai suoi problemi per curarsi delle
rinunce del suo amico. Continuava a domandarsi se quell’inferno
sarebbe finito. Cassandra era spietata e crudele, eppure una volta
era stata gentile.
Una svista.
Continuava a domandarsi se il fatto di
aver rinunciato a Funny Girl potesse essere considerato un crimine
contro l’umanità, senza possibilità di perdono.
Sia clemente, vostro onore.
Rachel aveva visto troppi Legal Drama.
Si immaginò difesa da Alicia Florrick, la good wife tutta di
un pezzo, spietata, ma con eleganza. Anche se avrebbe preferito avere
al suo fianco Will Gardner, spietato ed elegante anche lui, ma molto
più sexy.
Ma Will è morto. Anche Finn.
L’ennesima lacrima solitaria
solcò il suo viso e Kurt, fraintendendo, cercò di
consolarla. Rachel preferì non dire nulla piuttosto che
mentire o dire la verità.
A volte piango per Finn. Per la sua
assenza.
Quando arrivò l’ora delle
ripetizioni, Rachel abbracciò Kurt come se stesse andando al
patibolo e quello fosse l’ultimo saluto.
Regina del dramma.
Kurt ricambiò, ormai abituato e
assuefatto ai suoi drammi.
Rachel entrò e il mondo le
crollò addosso.
Brody no. Tutti, ma non lui. Non
posso sopportare anche questo.
Quel sorriso che l’aveva fatta
innamorare, ora la infastidì. Perché Brody era lì
e perché incrociava ancora una volta la sua strada?
Perché sei qui? Tu non sei
più uno studente.
Sono il tuo insegnante di
sostegno.
Come è possibile?
Sono l’assistente di
Cassandra
E la tua carriera a Broadway?
In continua ascesa. Ma non ci si
vivi solo con quella.
Mi sembra che già prima
avessi trovato un altro modo di sostentarti.
Ho smesso. Per te.
Rachel fuggì via.
Tutto posso sopportare, ma non lui.
Non le sue ipocrisie.
Ma dovette farlo. Nei giorni successivi
fu obbligata a tornare sui suoi passi. Niente ripetizioni, niente
possibilità di non essere bocciata, niente NYADA. Su quello
Cassandra fu molto chiara e la Tibidaux fu irremovibile. Suo il
progetto di sostegno, suo il rifiuto di fare eccezioni.
Tutti, ma non Brody.
Provò a chiedere di cambiare
insegnante, ma anche quello le fu negato. Se avesse raccontato la
storia del gigolò, forse.
Ma chi mi crederebbe?
Finn era morto. Altra lacrima, altro
palmo di mano a scacciarla via. E Santana era lesbica e nessuno le
avrebbe creduto. Non perché fosse lesbica, però.
E’ la parola di Brody contro
la sua. Chi le crederebbe?
E così, dopo cinque giorni di
tira e molla, fu costretta a tornare in quell’aula. Entrò
decisa, con un discorso ben in mente. Lo ripeté a memoria:
Sono qui perché obbligata
da Cassandra.
Miss July, per te.
Miss July … sei il mio
insegnante e questo lo accetto, ma non accetterò altro da te.
Balleremo e basta. Niente parole, niente chiarimenti, niente di
niente.
Come vuoi.
Ma così non fu. Brody,
approfittando della sua posizione, con la scusa del ballo, cominciò
una corte serrata, fatta di gesti, di sfioramenti, di ammiccamenti,
di strette fuori luogo e fuori tempo e Rachel scappò. E poi
tornò. E poi scappò, in un infinito tira e molla, pieno
di silenzi e di sguardi inappropriati e invadenti.
Voglio la NYADA.
Quando Kurt le aveva chiesto cosa
intendesse fare, quella era stata la sua risposta. Non aveva altra
scelta. Non poteva certo appoggiare l’idea di Santana. Il
pestaggio, anche se giustificato, era perseguibile per legge.
Lei voleva la NYADA e per potersi
laureare era obbligatorio superare il corso della July e quindi
doveva sopportare l’intero pacchetto, comprese le angherie di
Cassandra e le avances di Brody.
Ma certi giorni sono più
difficili di altri e un un giorno piovoso, in cui l’umore della
brunetta era già provato dalla malinconia, l’insistenza
di Brody le fece perdere la pazienza. Senza scappare e senza versare
alcuna lacrima lo affrontò:
Perché continui a
molestarmi?
Molestarti?
Mi metti sempre le mani addosso.
Ti sto insegnando a ballare e il
ballo a due è fatto di tocchi e strette.
Si, ma le tue sono spesso fuori
luogo.
Come puoi giudicare tu? Non sai
ballare.
So ballare.
Cassandra dice di no.
Lo dice per punirmi. Io so ballare
e so che il tuo non è ballare.
Ti sto cercando di insegnare un
passo a due. Balla con me Rachel – nella sua voce una supplica
– ballavamo così bene insieme.
Abbiamo avuto sempre ritmi e tempi
diversi.
Eravamo perfetti. Potremmo esserlo
ancora.
Mi hai tradito.
Mai.
Ipocrita.
Rachel prese la sue cose e se ne andò.
Non fuggì, ma se ne andò. Non tornò a casa,
però. Se ci fosse stato ancora Finn sarebbe tornata da lui: a
CASA; ma Finn era morto e questa volta le lacrime le lasciò
andare, tanto si confondevano con la pioggia.
Passò davanti ad un cinema
d’Essai. In programmazione davano L’Uomo Ombra, il
bellissimo film del 1934, con Myrna Loy e William Powell, non quello
orribile con Alec Baldwin. Entrò senza pensarci molto:
adorava Nick e Nora Charles, il loro umorismo e i loro battibecchi.
Aveva sempre avuto una passione per quei film, così lontani,
così patinati, così eterni e così simili al suo
vero io, antico e fuori tempo.
Si sedette e sognò: di essere
Nora e di avere qualcuno che la amasse come Nick. Sognò
perfino di avere un cane, anche se lei odiava i cani. Fino a quando
non si accorse che il suo vicino di poltrona si stava masturbando
accanto a lei.
Possibile che non si riesca a vedere
neanche un film in pace?
Fuggì via, ma inciampò
sui piedi di qualcuno. Dalla sala giunse un esortazione al silenzio
che sembrò una minaccia. Il proprietario dei piedi la aiutò
ad alzarsi, spostandola sulla poltrona accanto alla sua e nel buio il
sussurro della voce che Rachel sentì non la tradì
Jesse.
Sorrise, sentendosi a casa.
Eccoci qui, con il nuovo capitolo in
cui alla fine arriva Jesse. E dove potevano incontrarsi i due se non
in un cinema dove proiettavano un film “antico” e demodè?
I due personaggi di questo film, Nick e Nora Charles, mi sono tornati
alla mente vedendo Jesse e Rachel nell’ultimo episodio, perché,
come i nostri protagonisti spesso hanno dei dialoghi abbastanza
surreali e pieni di nonsense (un po’ come Groucho Marx ).
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Capitolo 3 *** III - Il non appuntamento ***
Capitolo
III
Il non
appuntamento
Rachel
piange. Solitaria, sul palco dove i suoi sogni si sono appena
infranti, piange disperata.
E’
solo una gara di Glee Club: questo lo sa.
Sono
solo le provinciali, eppure lei piange come se avesse perso l’ambito
Tony Award o la sua stessa vita.
Piange,
come se non avesse più un futuro o qualcuno da cui tornare.
Piange,
come se il suo amore fosse stato devastato e calpestato.
E’
sempre stata melodrammatica, certo, ma tutti gli adolescenti lo sono.
La
loro vita dipende dai loro successi e per lei avere successo
significa vincere gare di canto corale.
Jesse
la osserva da dietro le quinte.
Ha
in mano il primo premio.
E’
lui che ha vinto.
La
sua interpretazione di Bohemian Rapsody non ha avuto rivali.
Si
Rachel è stata brava. E’ sempre brava, ma non così
brava da batterlo.
E’
lui che ha vinto.
Eppure
la sua è la faccia di chi è stato sconfitto.
Dalla
vita? E’ ancora troppo giovane per pensarlo seriamente.
Troppo
melodramma. E’ sempre stato questo il suo problema.
Eppure
non si sente quello che ha vinto.
Ogni
singola lacrima che vede scendere dagli occhi di cerbiatto di quella
ragazza è uno stiletto che raggiunge dritto il suo cuore.
Possibile
che ci si possa innamorare di qualcuno senza neanche rendersene
conto? In così poco tempo?
Vorrebbe
andare da lei, abbracciarla e consolarla, ma è troppo
orgoglioso o troppo spaventato per farlo e così resta
nascosto, impotente, a guardarla.
Potrebbe
rimanere così, in eterno, ad osservare il suo usignolo, ma
quando Rachel, voltandosi, lo vede, dopo avergli regalato lo sguardo
più triste che abbia mai visto, fugge via, portandosi dietro
il suo cuore.
Quando
le luci si accesero nella sala, Jesse e Rachel si scambiarono uno
sguardo e il ragazzo comprese il messaggio:
Non
chiedermi nulla.
Jesse
non voleva che fuggisse. L’aveva vista fuggire una volta e gli
era bastato.
Voleva
indietro il suo cuore, o comunque lo voleva nuovamente accanto a se,
perciò non le chiese dei suoi problemi, ma del film.
Uscirono
dal cinema parlando di Nick e Nora e di quanto li adorassero. Così
si ritrovarono sotto la pioggia, protetti solo dall’ombrello
del ragazzo. Fu inevitabile a quel punto dover parlare d’altro:
Jesse
volontariamente evitò di chiederle di cenare insieme. Non
voleva spaventarla. Non voleva farla fuggire. Ma Rachel non aveva
nessuna intenzione di fuggire, almeno non quella sera.
Trovare
Jesse in quel cinema era stato un po’ come tornare a casa e lei
aveva bisogno di sentirsi a casa, perciò accettò il suo
non invito e lo seguì in un locale nascosto in mezzo ai mille
grattacieli di New York.
Entrarono
e Rachel scoprì che quello era uno dei posti di Jesse. Dal
modo in cui lo accolsero e dalle attenzioni che gli riservarono. In
particolare una biondina, che appena lo vide corse ad abbracciarlo.
Perché
tutta questa confidenza?
Jesse
ordinò per entrambi qualcosa da mangiare, leggendo nel
pensiero di Rachel. Non sbagliò nulla e la sensazione di
sentirsi a casa aumentò.
Chi
è quella biondina?
Una
delle cameriere.
Ti
guarda come se non esistesse nessun altro in questo locale.
Sono
bello e impossibile, questo lo sai.
Jesse
sorrise e Rachel si ricordò quale fosse l’arma segreta
del ragazzo.
Rachel
abbozzò un sorriso, non voleva sembrare gelosa.
Veramente
è lei che mi ha illuso.
Ti
ha detto di amarti e invece non era vero?
Mi
ha giurato che non si sarebbe mai innamorata di me e invece l’ha
fatto.
E
questo è un problema?
Si
se il tuo cuore se l’è portato via un’altra.
Non
arrossire Rachel, non arrossire.
Rachel
avrebbe voluto sapere se avesse provato qualcosa per quella ragazza.
E
per me? Hai mai provato qualcosa?
Ma
non lo fece e si limitò a sorseggiare il suo analcolico.
Jesse
fu invitato dai suonatori di musica jazz che stavano sul palco ad
unirsi a loro, ma declinò l’invito, giustificandosi con
la stanchezza.
Chiese
uno dei suonatori, quello con il cappello e con la cicatrice sulla
guancia. Jesse con il sorriso più bello che potesse mostrare
indicò la brunetta seduta di fronte a lui ed i musicisti,
tutti, nessuno escluso, la guardarono poco convinti. Nessuno però
poteva dire di no a Jesse St. James e così Rachel si unì
ai jazzisti e cantò.
Cantò
così bene – Ella,
Josephine, Edith e ovviamente Barbra
- che non la lasciarono più scendere dal palco e la ragazza
si sentì ancora di più a casa. Sicura, rilassata,
convincente. Così convincente da conquistare tutti, barista
compreso. E quando scese, finalmente, da lassù, un “ohh”
di delusione l’accompagnò fino al tavolo.
Chiunque,
al posto del suo accompagnatore, avrebbe protestato per essere stato
trascurato così, ma Jesse le sorrise facendole i complimenti.
Avrebbe ascoltato la voce di quell’usignolo per giornate
intere, come se quella fosse l’acqua e lui il viandante che
attraversa il deserto.
Scusami.
Non
devi scusarti per il tuo dono.
Ti
ho trascurato.
Mi
hai catturato. La tua voce è come il canto delle sirene.
La
prossima volta canteremo insieme.
Questo
è un buon segno.
Quale?
Pensare
che ci sarà una prossima volta.
Rachel
sorrise, senza dire nulla. Una delle cose che più le piacevano
di Jesse era il modo in cui riusciva ogni volta a far brillare la sua
stella.
Vieni
spesso qui?
A
volte.
E
canti sempre con loro?
A
volte capita, ma dubito che accadrà ancora.
Perché?
Non
posso reggere il confronto con una diva.
Domani
sera canterai?
Domani
no … forse dopodomani.
Entrambi
sorrisero e fu lì in quel preciso istante, in cui Rachel aveva
abbassato tutte le sue difese, che Jesse le porse la domanda.
Perché
ogni volta mi tradisci?
Non
stavo piangendo, era la pioggia che bagnava il mio viso.
Ti
crederò, anche se non è vero.
Jesse
non voleva che fuggisse. La sua compagnia lo faceva stare bene e
rinunciò a chiedere ancora. Il destino per l’ennesima
volta li aveva fatti incontrare. In fondo sapeva perché stava
piangendo, era sempre stato quello il motivo delle sue lacrime.
Una
delle coriste dei Vocal Adrenaline lo raggiunge, invitandolo ad
unirsi ai festeggiamenti.
Jesse
si guarda intorno, poi guarda il premio e poi decide che vuole avere
qualcos’altro a cui aggrapparsi.
Così
consegna il premio alla ragazza e corre via.
Sa
cosa vuole e sa che non sarà facile ottenerlo, ma lui è
Jesse St. James e non può fallire.
La
raggiunge, quasi, manca poco.
Ma
prima che possa toccarla, lei sparisce.
Tra
le braccia di Finn Hudson.
Il
suo futuro.
E
lui è già passato.
Erano
le stesse lacrime che le aveva visto versare al funerale, nascosto
fra mille altri sconosciuti. Aveva pensato in quel momento che le
lacrime silenziose non si addicevano alla diva che era in lei.
Sono
le lacrime dell’amore.
Le
più difficili da sopportare e tollerare.
Quel
giorno, come quelli precedenti, l’aveva lasciata andare,
convinto di poter vivere senza un cuore. Ma non poteva permettere a
Rachel di vivere senza il suo. Era troppo bello per rinunciarvi. E
così era tornato ancora una volta da lei.
Finn
è il tuo passato. Io sarò il tuo futuro.
Rimasero
in silenzio a guardarsi ancora per un po’, Rachel a domandarsi
a cosa stesse pensando Jesse, Jesse a chiedersi quanto lei avrebbe
resistito prima di fuggire via.
Non
te ne andare. Non portare via il mio cuore. Resta qui. Consentimi di
ritrovare il tuo.
Ma
nessuno era in grado di impedire a Jesse St. James di fare quello che
si metteva in testa di fare. Pagò il conto, salutò i
musicisti e la biondina distrattamente ed aiutò Rachel ad
indossare il cappotto.
La
ragazza sorrise a tutti i musicisti che ricambiarono e poi sorrise
anche alla biondina che la fulminò.
Aveva
smesso di piovere e così passeggiarono.
Non
si dissero nulla: passeggiarono l’uno al fianco dell’altra,
senza mai guardarsi, ma guardando verso la stessa direzione.
Quando
arrivarono di fronte alla porta dell’appartamento che Rachel
divideva con Kurt e Blaine, Jesse le fece un’altra domanda a
bruciapelo:
Sono
anni che qualcuno non mi chiama più così. Solo tu e
Finn lo avete fatto.
Non
piangere Rachel, non piangere o sarai costretta a fuggire per sempre.
Una
lacrima le solcò la guancia e la mano di Jesse la raccolse con
delicatezza e la allontanò. Non le chiese nulla. Solo un bacio
sulla guancia tradita. Con delicatezza, con calore, con sensibilità.
Jesse
sorrise fingendo di crederle.
Forse
verrai. Voglio credere che verrai.
Sarebbe
fantastico poterti credere. Ma non importa. Non fuggirai più.
Se lo farai io ti ritroverò.
Jesse
le accarezzò la guancia con la mano, dolcemente, come un tempo
era solito fare.
Si
piegò verso di lei e le sfiorò le labbra con
gentilezza. Attese poi che Rachel aprisse la porta e sparisse dietro
di essa. Sospirò, pensando che quella che l’attendeva
era forse la sua più grande impresa. Come Parsifal alla
ricerca del Santo Gral, il cuore di Rachel era il premio più
ambito.
Ne
vale la pena.
Aveva
bisogno di riavere il suo cuore accanto a se. E solo avendo accanto
Rachel poteva sperare di riaverlo.
Eccoci
qui con un nuovo capitolo. I primi sono più facili …
ehm … allora … come avete letto ho deciso di introdurre
dei Flashback e saranno caratterizzati dal corsivo con verbi al tempo
presente (lo so lo so un controsenso). Mi piaceva l’idea di
raccontare degli ipotetici missing moments prevalentemente con Finn …
il cui ricordo aleggia sempre ingombrante tra Rachel e Jesse …
e non può essere diversamente .. o almeno io immagino così.
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Capitolo 4 *** IV - In altre parole ***
Capitolo
III
In
Altre Parole
Fly
me to the moon Let me play among the stars Let me see what
spring is like On Jupiter and Mars
Il
rendimento di Rachel continuava a scendere. La NYADA si stava
trasformando nel suo inferno e tutti quei pessimi risultati stavano
minando la sua fede incrollabile.
Il
problema non era solo Cassandra July. Sembrava che tutti gli
insegnati si fossero coalizzati per farla sembrare mediocre. Quello
di musica, il professor Chomsky, durante la prima lezione le aveva
chiesto quale strumento suonasse:
La
mia voce
E
poi?
Nessun
altro.
Io
sono una cantante!
Non
le era stato possibile replicare oltre. Fine della discussione, lui
era il capo in quell’aula. Lei era quella che doveva eseguire
quanto richiesto.
Poi
era toccato all’insegnate di recitazione che le aveva imposto
un corso di dizione e alla fine si era ritrovata oberata di attività
e con il morale a terra.
Ogni
giorno a pranzo tormentava Kurt con i suoi problemi e il ragazzo,
pazientemente l’ascoltava, perché sapeva di essere
l’unico scoglio a cui appoggiarsi nel suo mare in tempesta.
Morirò
prima di laurearmi. Sono sempre stanca, non riesco ad ottenere i
risultati che mi ero prefissata.
Consumi
troppe energie per il ballo. Concentrati sulle altre lezioni e
lascia perdere miss July.
Kurt
la faceva facile. Era Cassandra che non lasciava in pace lei.
Se
avesse potuto avrebbe evitato le umiliazioni del corso e le avances
del recupero, ma entrambe la seguivano ovunque andasse. Anche a
pranzo: uscendo nei giardini, un giorno, aveva visto Cassandra e
Brody pornograficamente abbracciati ed era fuggita da quella vista
così inadeguata.
Io
ci provo Kurt, ma sono troppo stanca per riuscire a brillare tutto
il giorno.
Se
continui così, Rachel, ti spegnerai prima di accenderti.
Manda a quel paese miss July.
Se
lo faccio verrò bocciata e Madame Tibidaux mi caccerà.
Se
non lo fai morirà la tua autostima e addio Broadway.
E
comunque non c’è solo lei. C’è canto,
recitazione, le materie letterarie. Sembra che tutta la NYADA si sia
coalizzata contro di me.
Non
pensi di esagerare? – Kurt alzò un sopracciglio.
Lo
sai che il professor Chomsky mi ha chiesto di imparare a suonare uno
strumento prima della fine del semestre?
Lo
ha chiesto anche a me l’anno scorso.
E
tu cosa hai fatto?
Ho
imparato a suonare il triangolo. Ho superato il corso con il massimo
dei voti.
Rachel
se ne andò indignata: veramente il triangolo poteva
considerarsi uno strumento musicale?
Suonatori
di sassofono di tutto il mondo, indignatevi!
Il
primo passo era affrontare miss July. Provò ad entrare nella
sala ballo con le idee chiare e scappò con quelle confuse.
Oggi
non ce la posso fare e la mia autostima non lo sopporta.
Saltò
la lezione di Cassandra, inventando un malessere. Fuggendo incrociò
Brody, ma non riuscì ad evitarlo.
Perché
non sei a lezione?
Sto
poco bene.
Ti
accompagno in infermeria?
Con
te non andrei da nessuna parte.
Una
volta lo facevi. Mi seguivi anche nel letto.
Si
ma non sapevo che era così affollato.
Ho
occupato i letti delle altre, il mio nessuno lo ha sfatto a parte
te.
Addio
Brody.
Arrivederci
mia piccola Rachel.
Gli
avrebbe voluto urlare che lei non era mai stata la sua “piccola”
Rachel, ma le mancava l’aria e così corse a procurarsi
un po’ di ossigeno.
Si
ritrovò a passeggiare per le strade di New York. Chiamò
Kurt, ma il suo migliore amico era a lezione. Provò con
Blaine, stessa musica. Mandò un messaggio a Santana che non
rispose e a Brittany che le rispose con delle formule matematiche.
Scorse la rubrica in cerca di qualcuno da poter assillare con i suoi
problemi e sotto la J trovò la sua vittima. Se fosse venuta
prima la lettera K sarebbe stata Kitty, ma c’era prima la J.
Bella
scusa Berry. Raccontalo a qualcun altro.
Così
mandò un messaggio a Jesse, chiedendogli se avesse da fare.
Lui rispose “vieni ad incontrarmi”, mandandole un
indirizzo.
Rachel
percorse molte strade per ritrovarsi alla fine di fronte al locale in
cui era stata poche sere prima con Jesse. Entrò e tutto le
sembrò come lo aveva lasciato.
I
musicisti Jazz stavano suonando un motivetto anni cinquanta e Rachel
riconobbe, senza bisogno di guardare, la calda voce di Jesse intonare
le parole di Fly Me to the Moon.
Sorrise:
adorava quella canzone, le parole e la melodia, soprattutto
nell’interpretazione di Frank Sinatra, ma sentirla cantare da
Jesse la rese indimenticabile.
Si
sedette in uno dei tavoli vicino al palco e quando Jesse si accorse
di lei, lo vide illuminarsi come se la stesse aspettando da una vita.
La invitò a salire, ma lei rifiutò.
Voglio
sentirti cantare in pace, senza essere disturbata dalla mia voce.
Quando
terminarono di andare sulla luna, Rachel chiese di poter assistere ad
un altro viaggio e i musicisti la accontentarono, iniziando a suonare
Hello Dolly e mandandola in paradiso.
Jesse
cantò e lei si fece avvolgere da quella voce sensuale. Non
resistette oltre. Salì sul palco e cantò con lui.
Per
ore.
But
not for me. Dream on little Dream. Feelin’ good. Isn’t it
romantic. Check to Check. Let's Call the Whole Thing Off.
Cantarono.
Per
ore.
E
risero. Per ore.
Poche
pause, giusto per prendere fiato, bere e mangiare il minimo
indispensabile.
I
musicisti faticarono a stare al loro passo, ma lo fecero. Troppo
bello lo spettacolo delle loro voci che si univano e si separavano in
perfetta armonia.
Alla
fine, poco prima dell’apertura serale, il proprietario disse
“basta”.
O
mi firmate un contratto per le prossime 200 serate o è meglio
che lasciate perdere. Andrei incontro a troppe lamentele se vi
esibiste solo questa sera.
Non
puoi permetterti i nostri ingaggi.
Ma
se nessuno vi conosce! Siete bravi, St. James, questo non lo nego,
ma siete ancora sconosciuti.
Da
qui alle prossime 200 serate, saremo famosi e allora non potresti
più permetterti la nostra presenza.
Allora
è meglio che smettiate. Non voglio raggiungere il successo
per poi perderlo in pochi istanti.
E
così la loro carriera di performer di musica jazz anni
cinquanta finì prima di cominciare. Ottennero in cambio, però,
una cena pagata, il ringraziamento sentito dei musicisti e la
promessa di tornare ad allietarli nei giorni cupi.
Rachel
mangiò come se avesse digiunato da una settimana e Jesse si
accontentò di guardarla. Nulla gli era sembrato così
bello dello spettacolo della sua bocca che addentava una patatina
fritta e così le lasciò mangiare anche la sua parte,
giusto per non perdersi quella vista deliziosa.
La
cameriera bionda continua ad essere innamorata di te. Ci sta
fissando da più di mezz’ora.
Continuerà
ad esserlo ancora per un bel po’.
E’
l’effetto che fai alle donne?
Ma
non a te.
Eppure
sei tu quella brava a spezzare i cuori.
Jesse
non disse nulla, limitandosi a sorridere. Un pensiero affiorò
alla sua mente.
Oggi
non avevi lezioni alla NYADA?
Le
ho evitate. Stavo pensando di lasciar perdere. Forse è
veramente tempo sprecato. Magari accetto l’offerta di questa
sera.
Tu
sei destinata a Broadway, non ad un locale dimenticato dal mondo.
Come
fai ad esserne così sicuro?
Come
fai a non esserlo tu?
Jesse
la osservò meglio e comprese.
Il
tuo ego ha preso una vacanza da te? Chi l’ha obbligato ad
abbandonarti?
Cassandra
July. L’insegnante del corso di ballo. Dice che sono negata e
che non potrò mai ballare a Broadway. Sono una fallita.
Jesse
le si avvicinò, cingendole le spalle con il braccio. I brividi
avvolsero il corpo della ragazza, assieme al calore. Rachel si
accoccolò in quell’abbraccio, sentendosi improvvisamente
stanca.
Rach,
tu sei destinata a calcare i palcoscenici di Broadway e nessuna
Cassandra, come diavolo si chiama, può dirti il contrario.
Come
fai a dirlo? Come puoi esserne così sicuro?
Perché
conosco il tuo talento.
Ma
non conosci Cassandra.
Non
devo conoscerla per sapere che si sbaglia. E’ una persona,
Rach e come tutte le persone può sbagliarsi.
Anche
tu puoi sbagliarti.
L’ho
fatto solo una volta.
Quando
ti ho lasciato.
Poi
c’è il professor Chomsky con quella sua richiesta
assurda di imparare a suonare uno strumento musicale in un semestre.
Sono spacciata. Il triangolo è già stato utilizzato da
Kurt.
Puoi
sempre provare con le maracas – Jesse rise
Non
prendermi in giro. In un modo o nell’altro verrò
bocciata.
Non
verrai bocciata. Non dopo che io ti avrò aiutato.
In
che modo?
Non
potrai non imparare a suonare il pianoforte con un insegnante bravo
come me.
Veramente
faresti questo? Jesse immagino che tu abbia già tante cose da
fare.
Un
milione, ma nessuna con te. Devo rimediare.
Jesse
annuì e il suo sguardo riempì il cuore di Rachel,
allontanando le sue paure. Non era necessario che lei credesse nelle
sue possibilità. Lo avrebbe fatto Jesse per lei. Sorrise e, in
pace con se stessa, si accoccolò nuovamente sulla sua spalla.
Se
continuo a restarti così vicino, impazzirò mia piccola
Berry. Di desiderio.
I
due ragazzi camminarono per le strade di New York, senza porre
attenzione alla direzione che prendevano le loro gambe. Era da molto
tempo che Rachel non si sentiva così leggera. Serena. Quasi
felice.
E’
la presenza di Jesse. E’ Jesse?
Alla
fine, malvolentieri, Jesse la riportò a casa: il giorno dopo
la ragazza aveva lezione e doveva arrivarci con il pieno delle sue
forze e al meglio del suo aspetto.
Ancora
una volta, di fronte alla porta dell’appartamento si chinò
su di lei per offrirle un altro bacio.
Improvvisamente
la paura si impadronì di lei.
Non
posso. Non ci riesco.
Si
scostò, impedendo alle sue labbra di farsi toccare da quelle
del ragazzo.
Jesse
la guardò sorpreso e Rachel si sentì persa. Avrebbe
voluto riavvolgere il nastro per tornare a pochi istanti prima. La
paura affiorò nuovamente.
Non
paura di averlo, ma di perderlo.
Con
me.
Le
diede un bacio sulla guancia e se ne andò senza aggiungere
altro. Non avrebbe potuto. Se lo avesse fatto avrebbe rischiato di
rovinare tutto.
Se
le dico quanto la desidero fuggirebbe da me.
Rachel
entrò in casa ed incontrò lo sguardo di Kurt, Blaine e
Santana. Era il tipico sguardo indagatore, cospiratore.
La
moretta cercò di infilarsi nella sua camera. Impossibile.
Brittany le bloccò il passaggio.
Perché
non hai frequentato i corsi alla NYADA, oggi?
Perché
volevi che ti accompagnassi in giro per New York?
Perché
sei tornata a quest’ora tarda?
Perché
non butti quelle orribili scarpe?
Avrebbe
volentieri risposto all’ultima domanda di Santana, pur di non
rispondere alle altre tre, ma sarebbe stato come confessare un
delitto non commesso.
Oggi
non mi andava di farmi urlare dietro da miss July. Visto che era una
bella giornata ho pensato che vi avrebbe fatto piacere fare una
passeggiata per la città. Sono tornata a quest’ora
perché non mi sono resa conto del tempo che passava.
Dove
sei stata?
In
giro.
In
giro dove?
In
giro.
Perché
tutti questi misteri, Rachel?
Perché
tutte queste domande, Kurt?
Brittany,
noncurante di ciò che le girava intorno, si avvicinò a
Rachel e cominciò ad annusarla. Sorrise, poi si sedette
accanto a Santana.
Tutti
si voltarono a guardare la biondina, basiti.
Ma
come fai a sapere queste cose di me?
Kurt
si avvicinò a Rachel e cominciò ad annusarla a sua
volta.
Santana
le fece la domanda a bruciapelo. Non aveva mai amato i lunghi giri di
parole e aveva compreso che la vita andava vissuta senza perdere
tempo in chiacchiere.
Di
tutto. Di fallire. Di innamorarmi ancora. Di dimenticare Finn. Di
crescere. Ho lasciato Lima e le paure mi hanno ritrovato.
Rachel
lo abbracciò, ma non aggiunse altro. Non sapeva cosa
raccontare loro, perché non riusciva a vedere oltre la nebbia.
I suoi amici si accontentarono del suo sorriso. Avrebbero atteso un
giorno migliore per sapere di Jesse.
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Capitolo 5 *** V - La Prima ***
Capitolo V
La
Prima
“E
allora scappa, corri più che puoi, prendi il primo treno e
cambia la tua identità e solo allora forse - dico forse -
sarai al sicuro da me.”
Dal
film La Lunga Estate Calda
Nelle
due settimane successive Rachel Berry visse tre versioni della sua
vita.
Nella
prima interpretava la studentessa universitaria, divisa tra lezioni,
ripetizioni, corse, ritardi e fughe. Il suo ruolo prevedeva
sentimenti come la paura, il panico, la sensazione di essere una
nullità e la stanchezza cronica.
Nella
seconda era la Rachel di Kurt, Blaine e degli amici del McKinley.
Meno melodrammatica del solito, ma sempre piena di sogni, di drammi e
di entusiasmo. In quel ruolo i sentimenti a cui doveva dare spazio
erano sicurezza nei propri mezzi, convinzione, ottimismo e attenzione
per tutto ciò che riguardava i suoi amici.
Infine
c’era la Rachel di Jesse. La ragazza convinta del proprio
talento, ma bisognosa di aiuto. Quello era il ruolo più
semplice da interpretare, perché più in linea con il
suo umore.
Ritornando
a New York e alla NYADA aveva avuto la convinzione che la sua stella
avrebbe ripreso a brillare, ma così non era stato. Aveva
bisogno che qualcuno credesse in lei.
Nessuno
più di Jesse ha creduto in me.
Il
professor Shuester aveva sempre creduto in lei, ma lui era a Lima a
vivere un’altra vita e lei non poteva aspettare. La sua correva
e lei doveva raggiungerla.
Mi
sono fermata già troppo tempo.
Jesse
le aveva ritagliato uno spazio nella sua vita, fatto di incontri
clandestini nel locale jazz, di lezioni di piano e di sorrisi e
complicità. Era facile passare il tempo con lui.
Rende
tutto così leggero.
Così
facile che Rachel si lasciò andare e smise di recitare,
riappropriandosi della serenità.
Un
giorno, però, accadde qualcosa che la spaventò.
In
un tramonto favoloso, in cui Jesse, dopo ore di piano, l’aveva
spinta ad uscire dal jazz, dicendole semplicemente:
Si
era ritrovata a passeggiare con lui e un gruppetto di scoiattoli a
Battery Park. Osservando il sole rossastro dalla banchina, Jesse le
aveva sussurrato:
Ed
il cielo si era fatto buio. Il terrore che qualcuno fosse felice
grazie a lei la terrorizzò.
Poi
il giorno della prima arrivò e tutto divenne più
complicato.
Rachel
osservava la sua figura riflessa nello specchio. Indossava un abito
semplice, un tubino nero, non troppo scollato, ma elegante. I capelli
legati in uno chignon, le scarpe con il tacco ed un sorriso stampato
sul viso. Mancava un’ora alla prima dello spettacolo a cui
avrebbe potuto partecipare se solo avesse voluto.
Era
la prima di Jesse e lei era emozionata come se fosse stata la sua.
Perché?
Continuava
a guardarsi allo specchio e a sorridere, emozionata e felice.
Perché?
Perché sono così felice?
Il
sorriso le morì improvvisamente sul volto e una lacrima le
solcò la guancia.
Come
puoi pensare di essere così felice?
Si
sedette sul bordo del letto e cominciò a fissare un punto
lontano nel tempo. Un ricordo si aggrappò al suo collo e le
lacrime si moltiplicarono. Le scacciò furiosamente. Troppo
tardi per salvare il trucco.
Quando
Kurt entrò nella stanza si trovò di fronte la brutta
copia del Joker e un fiume di lacrime incontrollabili per la quali
costruire una diga.
Rachel,
cosa hai?
Niente.
Ora passa.
Il
ragazzo corse ad abbracciarla, cercando di non farsi sporcare la
splendida camicia bianca di seta che faticosamente aveva salvato
dalle grinfie di Blaine.
Kurt
tornò ad abbracciarla, questa volta fregandosene della
camicia. La abbracciò forte per cercare di contenere tutta
quella paura e per cercare di tirare via un po’ di quel dolore.
E’
così difficile tornare a vivere quando si era certi di aver
perso tutto.
Forse
è arrivato il momento di raccontare.
Ho
rivisto Jesse a Lima, prima delle provinciali. Abbiamo cantato. Ci
siamo baciati. Mi ha dato appuntamento a New York.
E
vi siete incontrati nuovamente – Kurt sospirò –
per questo ci ha invitato alla prima del suo spettacolo.
Era
inevitabile, non pensi? Due talenti verso l’ascesa devono per
forza prima o poi incontrarsi.
Immagino
di sì. Cosa ti spaventa?
Vederlo
… sul palco di Broadway.
Perché?
E’
troppo. Non ce la faccio, Kurt.
Ma
perché?
Non
posso venire.
Sai
che ci rimarrà male, vero?
Lo
so, ma rimarrebbe ancora più male se non mi vedesse
sorridere.
Cosa
devo dirgli.
Che
ho la febbre.
Sai
che non lo farò.
Allora
sarai costretto a dirgli la verità.
Che
non sono ancora pronta ad andare avanti.
Kurt
sospirò. La baciò sulla guancia e poi la salutò.
L’aspettava una serata difficile, ma non aveva altra scelta. A
volte essere amici significava anche fare cose non gradite.
Rachel
tornò a pensare a quel ricordo lontano.
Il
bacio di Finn le era costato la vittoria alle Nazionali. Il mancato
successo non l’aveva ferita come lo sguardo di Jesse.
Chi
è la traditrice? Non io. Amavo Finn.
Non sono
affari tuoi
Sapere se
vuoi stare con Finn piuttosto che con me non sono affari miei? –
il ragazzo alza un sopracciglio
No, non lo
sono – la sicurezza con cui Jesse continua a parlare la urta –
dopo tutto quello che mi hai fatto non lo sono.
Pensavo che
quello che è successo l’anno scorso tra di noi fosse
ormai acqua passata.
Acqua
passata? Il fatto che non abbia smesso di parlarti e sia stata
gentile con te non vuol dire che è tutto dimenticato.
E’
per questo che hai deciso di stare con Finn? – gli occhi di
Jesse sono fermi.
Ti dai
troppo credito – la sua arroganza la sta urtando – non
sei al centro dei miei pensieri, non più
Lo sono mai
stato? – Jesse sorride sarcasticamente.
Che cosa
vuoi dire?
La tua
ossessione per quell’idiota ci ha accompagnato in tutta la
nostra storia.
Ossessione?
Io non sono ossessionata da Finn.
Si che lo
sei. Pensi che stare con il quarterback della squadra di football
possa darti prestigio? Pensi che se stai con lui la gente ti noterà
di più?
Sei
ridicolo. A me piace Finn, veramente e non perché è il
quarterback, ma perché è un ragazzo dolce, protettivo,
è un leader e non mi ha mai ferito.
Veramente?
– sul volto di Jesse il sorriso si allarga – quando ti
ha lasciato per fare nuove esperienze con Santana e Brittany non ti
ha ferito? E quando ti ha mollato perché non gradiva che ti
fossi vendicata di lui non ti ha ferito? E quando è tornato
con Quinn …
Ora basta!
– Rachel risponde nervosamente – quello che lui ha fatto
non è minimamente paragonabile a quello che hai fatto tu. Mi
hai mentito per tutto il tempo in cui siamo stati insieme. Dicevi di
volermi bene e invece stavi con me perché te lo aveva chiesto
Shelby. Mi hai illuso e poi mi hai pugnalato alle spalle.
Ti ho
chiesto più volte scusa per quello che ho fatto.
E pensi che
sia sufficiente? Mi hai spezzato il cuore Jesse.
Sono stato
– il ragazzo si passa una mano tra i capelli, nervosamente - …
stupido, certo, ma le persone possono sbagliare … a volte
capita. Ero confuso sui miei sentimenti ... per te. Ho commesso un
errore Rachel, non mi perdonerai mai per questo?
Tutta la
nostra storia era una menzogna. E’ questo che non ti perdonerò
mai
Non tutto
era una bugia – Jesse accorcia la distanza che li separa –
i miei sentimenti per te non lo erano
Stavi
recitando – Rachel lo guarda con astio.
No –
Jesse l’afferra per le braccia – affatto. Quando ti
stringevo a me, dicendoti che mi piacevi, non ti stavo mentendo.
Volevi solo
divertirti un po’ con la stupida e ingenua Rachel. – la
ragazza lo allontana.
D’accordo
– Jesse scrolla le spalle – Se è Finn che vuoi,
bene
E’
Finn che voglio – gli occhi della ragazza sono duri.
Un
singhiozzo. E un altro, ancora un altro. Quando conobbe Jesse, quando
lo sentì cantare, se ne innamorò. Ora lo sapeva.
Ci
si può innamorare di due ragazzi. Lo so. Ora lo so.
Era
stato il suo comportamento a farla disamorare. Certo. Anche lei si
era impegnata a rovinare tutto, non con intenzione, ma con
superficialità.
Eravamo
tutti superficiali. Come tutti gli adolescenti.
Le
sue scuse, il suo pentimento non erano stati sufficienti. Alla fine
aveva scelto Finn ed era andata avanti. Non poteva tornare indietro,
non più. Finn non avrebbe avuto un’altra possibilità
per riconquistarla e lei non poteva tradirlo.
Non
voglio essere io la traditrice.
***
Poteva
sentire gli applausi dal suo camerino. Era quello che aveva sempre
desiderato. Una prima serata sensazionale. Eppure la persona che
avrebbe voluto vedere non si era presentata, lasciando il vuoto di
una poltrona e dentro di sé.
Non
si può più tornare indietro?
Jesse
sospirò, guardandosi allo specchio. I suoi capelli ribelli se
ne erano andati insieme alla sua arroganza e al suo egocentrismo.
Forse
quello no.
Sorrise.
A volte sentiva così tanta nostalgia per quel Jesse, così
spensierato e sicuro delle proprie possibilità. Ora il mondo
gli sembrava così complicato a volte da non riuscire ad
affrontarlo.
E’
la maturità.
Era
Rachel. Era tutta colpa di Rachel. La sua svolta era avvenuta non con
il crescere ma con il conoscere quella moretta e così si era
ritrovato, suo malgrado, a maturare.
Se
ne era innamorato involontariamente. I suoi occhi neri, il suo
sorriso, la sua voce da usignolo e le sue manie da diva: tutto di lei
l’aveva rapito.
E
così era passato dall’essere il bello e impossibile
della situazione all’idiota di turno.
Se
solo se ne fosse accorto prima, non l’avrebbe persa.
Un
vero stupido. Non c’è che dire.
D’accordo
– Jesse scuote le spalle – Se è Finn che vuoi,
bene.
E’
Finn che voglio – gli occhi della ragazza sono fermi.
Ma devi
dirmelo, guardandomi negli occhi – il ragazzo la afferra
nuovamente, senza permetterle di fuggire – dimmi che ami Finn.
Dimmi che lui è il ragazzo ideale per te. Che riuscirà
a supportarti sempre, che crederà in te in ogni caso. Che
saprà condividere con te i tuoi sogni e saprà
rassicurarti quando avrai paura.
E’
Finn che amo. Te l’ho già detto!
Non era mai
dipeso da lui. L’avrebbe persa comunque, perché Rachel
apparteneva a Finn.
Bussarono e
Jesse, controvoglia, andò a raccogliere gli applausi e le
lodi. Sorrise con il suo miglior sorriso e ringraziò tutti per
i complimenti, fingendosi modesto e sorpreso.
Quando si trovò
di fronte Kurt e Blaine sorrise ancora di più.
Complimenti.
Sei stato bravissimo. Questo è l’inizio di una
carriera.
Grazie Blaine.
E tu cosa ne pensi, Kurt?
Rachel non
c’è.
Ho visto.
Ha detto che
aveva la febbre.
So che non è
vero.
Non era
pronta. Ma so per certo che un giorno lo sarà.
Jesse annuì,
non domandando altro. Era tutto quello di cui aveva bisogno. Che il
miglior amico della ragazza che gli aveva cambiato la vita gli
dicesse che un giorno qualcosa sarebbe accaduto.
Jesse si
abbassa e catturandole le labbra la coinvolge in un bacio deciso e
carico di sentimento.
Solitamente
i loro baci erano sempre stati lenti e lunghi, gesti in cui entrambi
avevano potuto assaporare il gusto di sentire l’altro. Questo è
dirompente e disperato e Rachel sente i sentimenti di Jesse.
Se quello
con Finn è stato il superman dei baci, questo è come il
vento caldo che ti assale durante i pomeriggi estivi, facendoti
sudare e boccheggiare privandoti dell’aria.
E’ un
vento caldo che non da scampo e che non permette alcun refrigerio.
Sa di maturità e dimostra quanto Jesse sia più adulto
di Finn.
Una volta
separati, le torna alla mente un film che avevano visto insieme una
sera a casa sua: La Lunga Estate Calda. Osservando il ragazzo che ha
di fronte pensa al caldo, agli incendi indomabili e alla bellezza dei
due protagonisti di quella pellicola degli anni cinquanta.
Le vengono
in mente Paul Newman e Joanne Woodward, belli, innamorati, famosi,
sposati. E se per lei fosse scritto un destino simile con Jesse?
Scrolla furiosamente la testa per cacciare quella stupida idea.
Io amo Finn
– guarda il ragazzo in maniera decisa e senza il minimo
tentennamento
Se è
questo quello che vuoi – Jesse le sorride e avvicinandosi a
lei le sussurra nell’orecchio – ripetilo tutti i giorni
Berry … giusto per convincerti.
Rachel si
addormentò guardando un vecchio film alla televisione. Paul
Newman e Joanne Woodward, così belli, giovani e innamorati.
Nulla di più piacevole con cui cullarsi.
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Capitolo 6 *** Capitolo VI - Spalla a spalla, guancia a guancia ***
Capitolo
VI
Spalla
a spalla, guancia a guancia
Heaven,
I'm in Heaven and my heart beats so that I can hardly speak and
I seem to find the happiness I seek when we're out together
dancing Cheek to Cheek.
Si
svegliò dopo un paio di ore che il film era finito e non
riuscì più ad addormentarsi.
Sentì
Kurt e Blaine rincasare verso le due, ma non uscì per chiedere
come era andata e quando il suo amico la chiamò, non rispose.
I
pensieri non la lasciarono in pace per tutte le ore notturne.
Uscire
con Jesse è tradire Finn. Pensare a Jesse è tradire
Finn. Gioire per il successo di Jesse è tradire Finn.
Non
aveva alcun dubbio che fosse stato strepitoso, era inevitabile che il
successo prima o poi lo incontrasse, ma lei non era destinata ad
incontrarlo. E se per un errato calcolo ciò fosse accaduto,
avrebbe dovuto evitarlo.
Questo
è quello che farò. Mi impegnerò ad evitare di
incontrare Jesse St. James.
La
mattina arrivò troppo tardi e Rachel la accolse di cattivo
umore. Quando bussarono alla porta attese invano che uno dei suoi
coinquilini andasse ad aprire, ma quando bussarono ancora comprese
che avrebbe dovuto farlo lei.
Quando
si trovò di fronte il volto sorridente di Jesse, l’istinto
fu quello di chiudere la porta.
Evitare
di incontrare Jesse.
Ma
non riuscì ad essere così veloce. Il ragazzo bloccò
la porta e le porse un sacchetto profumato.
- La
tua colazione.
- Non
c’era bisogno.
- Kurt
mi ha detto che stavi male.
- E’
vero … molto male.
- Sono
venuto a soccorrerti.
- Avrai
un milione di cose da fare ora che sei diventato famoso.
- E’
ancora troppo presto per firmare autografi. Ho pensato allora di
venire a salvarti.
- Salvarmi?
Da cosa?
- Da
te.
Rachel
sorrise involontariamente. Quanto bene la conosceva Jesse? E quanto
aveva intuito e compreso del dramma che stava vivendo? Dal modo in
cui la stava squadrando, forse tutto.
Jesse
le preparò il latte e le apparecchiò la tavola. Si
muoveva come se fosse stato già mille volte lì e Rachel
si abituò immediatamente a quella intimità.
E’
così facile abituarsi a te.
Gli
chiese dello spettacolo. Volle sapere tutto, emozioni, applausi,
interpretazioni. Sviscerò l’argomento in lungo e in
largo e quando fu soddisfatta delle risposte sorrise affermando:
- Avrei
dovuto esserci.
- Avresti
assistito ad un grande spettacolo.
- Non
potevo.
- Non
volevi.
- Stavo
male.
- E
ora?
- Sto
bene.
Jesse
si sedette accanto a lei e dopo averle accarezzato la guancia, con
entrambe le mani le afferrò il viso e la baciò,
ricevendo in cambio stupore. Rachel si scostò e fuggì
nella sua stanza.
Non
sono una traditrice.
- Non
posso.
- Non
vuoi.
- Vorrei,
ma non posso.
- Dovresti.
Non
chiuse a chiave e Jesse entrò. Non ascoltò la sua
supplica e afferrandole nuovamente il volto tra le sue mani, la
baciò, ricevendo in cambio passione e calore.
Incoraggiato,
la adagiò sul letto, raggiungendola. Le labbra di Rachel
sapevano di pesca e la sua pelle di mandorle: un elisir inebriante.
Jesse la assaporò voracemente, pensando di non aver mai
mangiato nulla di più delizioso. Rachel lo lasciò fare,
troppo debole per opporre resistenza.
E’
la stanchezza per non aver dormito.
Jesse
si staccò da lei con il dubbio che forse stava correndo
troppo.
Rachel
lo seguì e lo catturò.
E’
colpa delle tue labbra, non sono io che vorrei.
Le
labbra di Jesse sapevano di cedro e lei adorava quel sapore, così
rinfrescante e amaro. Lo strinse a se, assettata.
Jesse
si convinse di non aver sbagliato e ricominciò a baciarle la
pelle, seguendo il corso delle spalle. Quando si rese conto che la
pelle scoperta era troppo poca per saziarsi, le sfilò la
maglietta.
Ma
poi qualcosa cambiò. Lui cambiò.
Si
scostò da lei, confuso e imbarazzato.
Non
così, non dopo quello che ho letto.
- Scusami.
- Perché
ti scusi?
- Io.
.. devo andare.
- Perché?
Jesse
non aggiunse altro. Sorrise. Le diede un bacio sulla guancia e se ne
andò, lasciando Rachel senza parole.
Perché?
Poi
guardandosi allo specchio comprese. Il nome inciso sulla sua pelle:
era quello che aveva fatto scappare Jesse.
***
“Finn”.
Quattro
lettere che lo avevano perseguitato per anni. Era convinto di aver
superato il problema, ma si era sbagliato. Non era della reazione di
Rachel che si doveva preoccupare, ma della sua.
Lo
sai quanto era importante per lei.
Saperlo
andava bene. Non poteva certo pensare di cancellarlo dai suoi
pensieri. Leggerlo, però, faceva un altro effetto. L’idea
di dover convivere con quel nome e di doverlo vedere in un momento
così intimo non poteva sopportarla.
Era
troppo anche per i suoi sentimenti.
Non
posso.
Girò
per le strade di New York in cerca di un motivo per continuare a
sperare e si ritrovò nel tardo pomeriggio a festeggiare senza
averne voglia il successo dello spettacolo con il resto della
compagnia.
La
sua capacità di annuire pur non ascoltando neanche una parola
avrebbe potuto fruttargli un Tony Award. Nessuno di accorse di quanto
fosse distratto e disperato.
Ma
io si. Io lo so quanto sono disperato e disilluso.
- Ehi
St. James!
- Che
cosa vuoi Hudson?
- Come
avrai capito, Rachel ha scelto me. Me! Perciò lasciala in pace
e sparisci.
- Pensi
veramente di riuscire a renderla felice?
- Certo.
Io la amo e non le farò mancare nulla.
- Lei
ha bisogno di volare, Finn e tu non sei in grado di fornirle le ali
che le servono.
- E
tu pensi di avere questa capacità? – il sorriso del
ragazzo diventa spavaldo.
- Io
posso aiutarla a diventare la diva che merita di essere. Tu non hai
la benchè minima attitudine e non comprendi fino in fondo
quanto immenso sia il suo talento.
- Ma
conosco lei e so quello di cui ha bisogno.
- Veramente
?– questa volta è Jesse a sorridere
- Si
… veramente! Lei ha bisogno di un posto a cui tornare. Non ha
bisogno di altro. Lei ce la farà da sola a trovare le sue ali
per raggiungere la vetta, ma quando l’avrà raggiunta le
servirà un posto dove tornare e quel posto sarò io.
Allora
Jesse la trovò la cosa più ridicola che avesse mai
sentito. Pensò a quanto stupido fosse Finn e a quanto potesse
essere inadeguato per un gioiello prezioso come il talento di Rachel.
Ma evidentemente si sbagliava. Rachel sapeva esattamente quale strada
percorrere per raggiungere il successo. Era inevitabile l’incontro
con la vetta più alta, era solo una questione di tempo. Quello
che non aveva era un luogo dove tornare.
Ce
l’ha un luogo. Il Glee Club. Lima.
In
ogni caso non sarebbe mai potuto essere lui il luogo a cui tornare,
perché quel posto sarebbe appartenuto sempre a Finn, vivo o
morto che fosse.
Se
l’è tatuato perfino sulla sua pelle.
La
frustrazione prese il sopravvento e Jesse, consapevolmente, decise di
rovinare tutto.
Se
deve essere melodramma, che lo sia fino in fondo.
Si
guardò intorno e trovò la ragazza che avrebbe
utilizzato per perdere Rachel. Era una biondina.
Mai
con le more.
Aveva
un ruolo minore nel musical, ma era bella abbastanza e soprattutto
era innamorata di lui.
Le
si avvicinò sussurrandole parole carine all’orecchio.
Quando voleva sapeva conquistare in meno di cinque minuti.
La
ragazza lo seguì nel retro, e dopo essere entrati nel bagno
delle donne gli si offrì. Jesse, senza baciarla sulle labbra,
la catturò.
Non
voglio confondere il sapore di pesca.
Cominciò
a spogliarla, mentre lei si avvinghiò a lui. Ma prima che si
slacciasse i pantaloni, qualcuno li interruppe.
- Sei
un idiota St. James.
Jesse
si voltò ad osservare la ragazza latina che, uscita da uno dei
bagni, aveva cominciato a lavarsi le mani guardandoli attraverso lo
specchio.
La
biondina si accoccolò a Jesse, fingendo vergogna, ma il
ragazzo non se ne curò, troppo preso a collocare quel volto
nei suoi ricordi.
Santana!
Come ho fatto a dimenticarmi di lei.
Era
la sostituta della protagonista. Questo se lo ricordava. Eppure non
era mai riuscito a riconoscerla fino a quella sera.
Ma
possibile che tu sia così maledettamente preso da te stesso?
La
verità era che era arrivata dopo il giorno di pioggia e da
allora tutti i suoi pensieri erano stati per Rachel.
Stupido.
Maledetto stupido.
Ora
che era sulla strada per perdere Rachel si malediva per ciò
che aveva fatto.
Santana,
dopo essersi asciugata le mani, lo afferrò per la camicia,
strappandolo alla biondina.
- Vieni
via con me.
Jesse
non oppose alcuna resistenza. In fondo non era pronto a perdere
Rachel. Perciò la seguì.
Uscirono
per le strade di New York e passeggiarono, senza una meta precisa,
almeno questo era quello che pensò Jesse.
- Mi
dici perché sei così stupido?
- Cosa?
- Stupido.
Hai Rachel e ti butti via con quella.
- Io
non ho Rachel.
Nessuno
può avere Rachel. Solo Finn, ma lui è morto
Santana
alzandosi il colletto del cappotto, sospirò. Si bloccò
e voltandosi verso di lui gli afferrò il volto con le sue
unghie laccate:
- Ecco
perché mi piacciono le donne. Voi uomini siete troppo stupidi
per essere amati. Tu sei l’unico che può avere una
possibilità con Rachel.
- Lei
ama Finn.
- Finn
è morto. – un tremore nella sua voce, ma solo quello,
niente lacrime.
- Si,
ma lei lo ama ancora.
- Lei
lo amerà sempre. E’ il destino di tutti quelli morti:
essere amati nonostante i difetti e i dolori che ci hanno dato. Se
riesci ad accettare questo, riuscirai ad avere anche lei.
- Non
so se riesco ad accettarlo.
- In
questo io non posso aiutarti. Ma prima di saperlo evita di scoparti
la prima incontrata. Potresti non avere più la possibilità
di decidere.
Santana
gli diede un buffetto sulla guancia. Jesse abbassò la testa,
sorridendo e la ragazza pensò per un istante che per lui
avrebbe potuto fare un’eccezione.
- Io
sono arrivata St. James.
- Abiti
qui?
- Abitiamo
qui … io e mia moglie.
Jesse
sorrise nuovamente e la lasciò andare. Lasciò andare
anche l’idea di giocarsi Rachel ai dadi e decise di rimandare
ogni decisione al giorno dopo.
In
fondo domani è un altro giorno.
Ma
quella decisione lo aspettava davanti la porta del suo appartamento.
Aveva la forma di una Rachel vestita con una gonna troppo corta per
non cadere in tentazione e di un cappotto che non aiutava a
comportarsi bene. L’eccitazione di Jesse aumentò.
Questa
sera finirà male. Finirò male.
- Ciao
Jesse.
- Ciao
Rach.
- Mi
fai entrare?
- Vuoi
veramente?
- E
tu?
Il
ragazzo aprì la porta e Rachel si sentì a casa. Tutto
in quell’appartamento la conquistò. I colori, gli spazi,
il disordine. Ogni angolo colorato o nascosto le parlava di Jesse e
così si sedette sul divano e si lasciò avvolgere dal
suo odore.
Jesse
le offrì un tè ed attese che qualcosa accadesse. Era
troppo perso negli occhi e nei capelli della ragazza per opporre
qualsiasi resistenza.
- So
perché sei andato via. E’ il tatuaggio. Il nome di Finn
sulla mia spalla.
- Pensavo
di essermelo lasciato alle spalle, non di trovarmelo nuovamente sulle
tue.
- Quando
l’ho fatto ho pensato che sarebbe stato carino averlo sempre al
mio fianco, discretamente.
- Comprendo
le tue motivazioni.
- Ma
sei arrabbiato.
- Non
sono arrabbiato. Sono scoraggiato.
- Qualcosa
riesce a scoraggiarti? – Rachel sorrise.
- Oltre
a te?
- Jess
io – la ragazza tornò seria – non posso negare di
amarlo e ogni volta che sono con te mi sembra di tradirlo.
- E’
per questo che non sei venuta alla prima?
- Troppa
intimità. Troppa gioia.
Ho
capito che se fossi venuta alla prima mi sarei perdutamente
innamorata del tuo talento. Di te.
- Non
pensi di meritarla?
- Non
con te.
- E
con qualcun altro si? Magari con il tuo amico … Sam.
- Con
qualcun altro sarebbe facile. Non è te.
- Quale
è la differenza?
- Finn
aveva paura di te. Non di Sam, né di qualunque altro. Solo di
te.
Ecco
la differenza.
Jesse
sorrise.
- Allora
non è così grave.
- Riuscirai
a sopportare il suo nome?
- A
patto che un giorno in qualche centimetro del tuo corpo ci sia anche
il mio.
Jesse
si sedette sul divano e Rachel si accoccolò sulla sua spalla e
gli chiese di accendere la tv. Su un canale davano un vecchio film
con Rita Hayworth e Fred Astaire
Una
volta ho letto un’intervista di Fred Astaire in cui affermava
che la partner migliore con cui avesse mai ballato era stata Rita
Hayworth.
Veramente?
Già.
Incredibile, vero? Tutti pensano che fosse Ginger Roger.
Vuoi
dire che tu sarai la mia Rita Hayworth? – Rachel sorrise
L’importante
è non fare la sua fine
Jesse
non rispose. Si rilassò sul divano e invitò Rachel a
fare altrettanto. La ragazza, dopo poco, si addormentò.
Il
ragazzo soffrì le pene dell’inferno per tutta la notte,
inebriato dal profumo di mandorle ed eccitato dal contatto con la sua
pelle, ma la lasciò dormire.
Era
troppo presto per provare ad amarla seriamente.
Dopo secoli
… e sono veramente secoli .. finalmente sono riuscita a
postare un nuovo aggiornamento. Scusate … ho avuto molti
problemi e poche possibilità di scrivere. Speriamo che sia
finita. Spero anche che il nuovo aggiornamento possa dare
soddisfazione sufficiente a chi non si è rassegnato a leggere
questa storia. Un abbraccio a tutti.
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Capitolo 7 *** VII - La bella e la bestia? ***
Capitolo
VII
La
bella e la bestia?
“Ma
non capisci? È arrivata, è la ragazza che stavamo
aspettando! È venuta a spezzare l'incantesimo!
“
Erano
passati giorni da quando gli aveva fatto quella confessione e il
risultato era stato che Jesse era sparito. Solo qualche sporadico sms
per dirle che era o troppo impegnato o troppo stanco per incontrarla.
Ho
sbagliato tutto. Sbaglio sempre tutto.
I
continui rimproveri di Cassandra e di Brody non la aiutavano a
recuperare la sua autostima e l’assenza di Jesse la sprofondava
all’inferno. Per quanto Kurt le dicesse continuamente quanto
fosse brava, Rachel aveva capito che il suo amico aveva imparato a
recitare.
Restano
solo pochi mesi. Devo evitare di morire ancora per pochi mesi e poi
l’incubo finirà.
Miss
July con il bastone la fece cadere. Poi la bloccò a terra e la
sovrastò con le sue gambe chilometriche.
Tutti
si diressero verso la porta, ma a Rachel fu impedito di alzarsi.
Tu
resti qui. A fare lezione. Con Brody.
Io
non ballerò più con Brody.
Lo
farai. Alla rappresentazione di fine anno.
Ma
se dice che sono incapace di ballare.
Per
questo ballerai. Tutti ti vedranno. Rideranno e Madame Tibidaux ti
caccerà.
Rachel,
per la prima volta, la guardò con rabbia e Cassandra sorrise.
Rachel
si irrigidì. Cosa voleva da lui? Che domanda stupida. Sapeva
cosa voleva da lui. Quello che lei ancora non era riuscita a dargli.
Una passione a cui appoggiarsi e un corpo a cui fare ritorno.
Lei
non può farlo. Non glielo permetterò.
Schwimmer
guardati. E guarda me.
Jesse
mi ama.
Io
non voglio che mi ami. Voglio che faccia sesso con me. Ed io ottengo
sempre quello che voglio.
Cassandra
uscì, lasciando il campo a Brody. Ancora lui.
Non
posso credere che un tempo adoravo stare con lui.
Cassandra
ti ha informato dell’esibizione di fine anno, immagino.
Lasciami
andare.
Dobbiamo
impegnarci ad ottenere un ottimo risultato, altrimenti sarai fuori
dalla NYADA.
Non
è un problema tuo.
Rachel,
se tu sei fuori dalla NYADA, io non avrò più occasione
di vederti. Di farti cambiare idea. Di farti capire quanto mi ami.
Io
sono innamorata di un altro, non di te.
Quel
tizio della festa? – Brody sorrise – avanti, Rachel era
evidente che facevi la gatta morta con lui per ingelosire me.
Io
non ho bisogno di fingere.
E
da quando ne sei innamorata?
Il
ragazzo sfoggiò sicurezza e spavalderia. Senza quel Finn tra i
piedi non aveva alcun dubbio di ottenere Rachel prima o poi, bastava
farle capire quanto era stata stupida a credere a quell’idiota.
Rachel
sospirò. Avrebbe dovuto correre da Jesse. Non ascoltare Brody.
L’unica cosa che aveva imparato da lui era che a volte non ci
si poteva fidare.
Pensi
di poterti fidare di Jesse? E’ il primo che ti ha pugnalato.
Cominciò
a dubitare. Jesse le aveva chiesto mille volte scusa. Le aveva
ripetuto più e più volte quanto lei fosse importante.
Le aveva detto che incontrarla lo aveva reso migliore e che non aveva
mai provato sentimenti così forti per nessun’altra. Che
il successo era nulla senza di lei.
Tutti
mentono a volte. A quante altre ha detto le stesse cose?
Una
domanda che avrebbe dovuto porgli, forse. Lei aveva avuto poche
storie, pochissime. Non aveva alcun dubbio che Jesse ne avesse avute
molte di più. Cominciò a domandarsi che cosa ci
trovasse in lei. E perché era sparito dopo che gli aveva
confessato i suoi sentimenti? Ancora una volta il suo era stato un
esercizio di stile? Aveva voluto vedere quanto tempo gli occorreva
per sedurre nuovamente la piccola Berry?
Come
posso pensare di competere con Cassandra?
La
July era una donna e lei a malapena era diventata più adulta.
Improvvisamente si sentì ancora quella ragazzina con i
ridicoli maglioni che Jesse aveva detto di amare.
Era
una menzogna! No! Era vero.
Rachel
respirò profondamente e sorrise. Improvvisamente tutta
l’autostima che aveva perso era tornata a soccorrerla.
Non
devo dubitare di Jesse. Lui è il mio primo fan.
Rachel
riacquistò la sua postura da diva e con tono fermo rispose a
Brody:
Prese
la sua borsa ed uscì dalla sala prove. Non voleva più
ballare con Brody e avrebbe ottenuto la NYADA contro tutti. Lei era
Rachel Berry, la regina degli assolo.
Tornò
a casa, salutò i suoi coinquilini, entrò in camera,
indossò la sua biancheria più sensuale, si vestì
elegantemente e chiamò un taxi. Destinazione Broadway.
Arrivata
a teatro, fece chiamare Santana. Come sostituta aveva diritto a far
entrare qualcuno gratis allo spettacolo. L’amica non le chiese
nulla. La ringraziò per non aver indossato le solite orrende
scarpe e la spedì dietro le quinte.
Rachel,
respirando aria di Broadway e commuovendosi al pensiero del suo
debutto in Funny Girl, osservò Jesse muoversi sul palco.
Una
delizia per gli occhi e per le orecchie.
Aveva
sempre saputo che era bravo.
Chi
dimenticherà mai la sua Bohemian Rapsody.
Ma
non immaginava che fosse diventato così bravo. Ad un certo
punto si emozionò talmente tanto che Santana dovette regalarle
un’intera confezione di fazzoletti, rubati dal camerino della
protagonista (che per inciso non reggeva il confronto con Jesse e
neanche con lei).
E’
fatta. Mi sono innamorata perdutamente di Jesse St. James.
Quando
lo spettacolo finì, Rachel indugiò prima di correre da
lui. Non voleva che lui fraintendesse le sue lacrime. Si ritrovò
ad osservare Cassandra che lo avvicinò. Non era sola. L’uomo
che la accompagnava salutò Jesse e la introdusse:
Rimasero
presto da soli, l’amico di Cassandra trascinato via da un
cellulare e da molti altri impegni. Rachel non riuscì a
muoversi, intrappolata nei suoi piedi di argilla e così ciò
che le rimase da fare fu origliare.
Ma
forse vuoi metterlo alla prova. Che assurdità!
Cassandra
lo avvolse nel suo charme.
Sei
veramente bravo. Hai una bella voce, un grande talento e una faccia
d’angelo. Un ottimo mix per Broadway. Ti manca solo una donna
all’altezza delle tue promesse.
Ce
l’ho già una donna.
Ho
detto una donna, non una ragazzina.
Rachel
è una donna.
Che
non ha ancora saputo placare i bollori del suo ragazzo, a quanto
pare.
Il
corpo di Jesse, senza il permesso del suo proprietario, fremette al
contatto con le dite affusolate di Cassandra. Era una bomba pronta ad
esplodere. Aspettando Rachel aveva accumulato talmente tanta energia
che se qualcuno avesse acceso la miccia, avrebbe raso al suolo anche
Broadway. La donna lo circumnavigò con il suo passo danzante,
avvolgendolo con la sua sensualità, ma Jesse non mosse alcun
muscolo in risposta.
Ho
aspettato troppo Rachel per buttare tutto al vento per una favolosa
bionda dalle gambe chilometriche.
Cassandra
accusò il colpo con dignità. Sorrise di un sorriso che
avrebbe fatto innamorare chiunque.
Se
il mio cuore fosse in mano mia invece che in quelle di Rachel io lo
avrei fatto.
La
donna scomparve, portandosi dietro tutta la sensualità e
lasciando Rachel in difficoltà. Jesse la vide, nascosta tra
mille cavi. Sorrise, ricordandola anni prima sul palco del liceo
Carmel, con indosso quell’orrendo vestito a quadri, mentre
stringeva la borsa urlando di possedere un fischietto antistupro.
Quanti
melodrammi, piccola Rachel.
Si
avvicinò e, come allora, sorridendo la strinse a se,
avvolgendola in un abbraccio divertito:
Hai
ancora il tuo fischietto antistupro dentro la borsetta?
Ora
ho una bomboletta spray.
Cosa
hai visto?
Tutto.
Lo spettacolo. Il tuo talento. Cassandra.
Mi
dispiace. Non ho potuto impedirlo.
Cosa?
Le avances di Cassandra?
No.
Il mio talento.
Rachel
sorrise e quando Jesse si avvicinò per baciarla, non gli
lasciò l’iniziativa ma lo anticipò, stingendosi a
lui. Lo sentì fremere e ripensò alle parole di
Cassandra.
Dovremo
farlo.
Cosa?
– Jesse trasecolò, letteralmente
Un
tempo mi hai promesso romanticismo … anzi … no …
epico romanticismo. Allora non ti ho permesso di mantenere la tua
promessa. Ora mi sembra arrivato il momento.
E’
per Cassandra?
E’
per me.
Jesse
la guardò negli occhi e capì che era vero. La prese per
mano e la portò in un magazzino. Rachel avrebbe voluto
chiedergli se quella era veramente la sua idea di romanticismo.
Forse
un po’ squallido. Di certo poco confortevole.
Ma
prima che parlasse, Jesse aprì un’altra porta e il mondo
del teatro le si illuminò davanti agli occhi. Gli oggetti di
scena intorno a loro erano collocati nei posti giusti, pronti a
ricreare una stanza da fiaba. Almeno per i suoi sogni da bambina.
Cats, Il Fantasma dell’Opera, Il mago di Oz, Hair: anche il più
piccolo oggetto le parlava dei suoi sogni. Jesse prese una coperta da
uno degli armadi e la posò al centro della stanza. Poi prese
quattro candelabri e dopo averli accessi li pose agli angoli della
coperta. Infine si voltò verso Rachel con il sorriso più
bello che lei avesse mai visto:
Jesse
la condusse al centro del loro regno e la invitò a sedersi.
Lei, invece, delicatamente lo spinse a terra e poi, interpretando il
ruolo della diva sensuale, cominciò a volteggiargli intorno,
togliendosi il vestito. Jesse la bloccò e seriamente le
sussurrò “sii te stessa, non hai bisogno di altro”
e così Rachel abbandonò i panni della femme fatale e
inginocchiandosi, si tolse la biancheria costosa, lasciando solo se
stessa di fronte ai suoi occhi. Jesse rimase ad osservarla in
silenzio per un po’, un bel po’. Per molto tempo aveva
sognato di vivere quel momento e per quanto la sua fantasia fosse
stata sempre molto galoppante, non avrebbe mai sperato di ritrovarsi
ad ammirare uno spettacolo così bello. Chiuse gli occhi,
cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio. Aveva avuto
molte donne, forse anche troppe per la sua giovane età, ma per
la prima volta nella sua vita si sentiva vergine ed inesperto.
Non
si dissero altro, non ne avevano bisogno. Quello era il loro palco,
il loro personale spettacolo per il quale non era stato stampato
nessun invito. Non erano necessarie prove, la prima fu perfetta,
entusiasmante, romantica ed epica quanto basta a soddisfare le
aspettative di entrambi.
Eccolo.
Il nuovo capitolo. Finalmente. Non aggiungo altro. Solo un grazie a
tutti coloro che continuano a pazientare e a leggere appena lo
consento loro.
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