L'Oscuro Signore si racconta

di Undead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Divertimenti alternativi ***
Capitolo 3: *** Una strana scoperta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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È una notte buia e tempestosa. Una di quelle notti che spaventano tutti i bambini, tutti tranne uno.
Il piccolo Tom ha sempre adorato la pioggia, il freddo, i tuoni e soprattutto il buio.
Tom non ha una famiglia, ha una cameretta che condivide con bambini sempre diversi che puntualmente, in queste nottate, si rifugiano nella sala d’ingresso con gli adulti che gestiscono l’intera struttura.
Tom in queste notti si ritrova tutto solo ed è finalmente libero di esplorare senza l’intromissione di nessuno il luogo in cui è costretto a vivere, vuole scoprire tutti i segreti che, è certo, esso nasconde. È un bambino davvero precoce per la sua età, non crede a tutte le storielle che gli vengono raccontate, non crede che una qualche famiglia un giorno verrà a prenderlo.
 
Lui se la sa cavare da solo, non ha bisogno di nessuno e vuole andarsene da lì, sa che un giorno riuscirà a trovare il modo di andare via e poter essere completamente se stesso, senza sentirsi giudicato o deriso.
 
Gli piace quando gli altri bambini hanno paura di lui, a volte anche gli adulti ne hanno.
Tom è in grado di fare cose che loro non riescono a spiegarsi e in realtà non riesce a farlo nemmeno lui, ma si sente forte e vuole far sapere al mondo che lui è capace di fare queste cose, non le vuole tenere nascoste, vuole che tutti lo temano.
Vuole diventare famoso, essere conosciuto da tutti per le cose straordinarie che sa fare ed è convinto che ancora non sia a conoscenza di tutto ciò di cui è capace, in fin dei conti ha solo 10 anni e più passa il tempo più scopre nuovi talenti, si sente più forte e sicuro di sé.
 
La cosa che sa per certa è che odia tutte le persone che ha conosciuto fin ora, nessuno lo capisce e ormai si è convinto che mai nessuno potrà farlo.
Su questo però potrebbe sbagliarsi in fondo conosce solo una piccolissima parte del mondo e nulla al di fuori di quelle quattro mura.
Magari disperso da qualche parte c’è esattamente qualcuno come lui, che sta pensando esattamente le stesse cose, qualcuno che può fare quello che sa fare lui. Anche se così fosse Tom è sicuro che nessuno potrebbe mai essere più in gamba di lui. È innegabile però che gli piacerebbe conoscerlo, chissà magari potrebbe avere un amico per una volta, non che questo gli interessi molto, in fondo è sempre stato da solo, forse non saprebbe neanche cosa farsene di un amico.
 
 
È dalla nascita che mi trovo imprigionato in questo posto, un orfanotrofio dove nessuno mi capisce, mi sento isolato in mezzo a centinaia di bambini che si alternano e che le educatrici, o meglio coloro che si fingono di essere nostri familiari, spacciano per miei fratelli.
Io non ho nulla da condividere con loro, sono un branco di marmocchi che appena inizia il divertimento se ne vanno urlando e piangendo.
Mi chiamano mostro e mi dicono che sono cattivo, strano, anormale.
Qualche tempo fa quasi ci credevo, pensavo di avere qualcosa che non andava, ma adesso ho capito che sono loro a essere in errore. Sono invidiosi di me, vorrebbero essere forti e coraggiosi come me. Io sono il migliore e loro sono tutti delle nullità che rincorrono le coppiette che vengono a scegliere un figlio, vogliono essere scelti. Io non voglio che nessuno mi adotti, mi troverei incarcerato nuovamente in un posto che devo imparare a conoscere da capo, dove non ho più i miei privilegi che ho conquistato.
Certo voglio andarmene da questo posto ma voglio andarmene per stare da solo ed essere libero, non per intrufolarmi in una stupida famigliola.
Per questo quando ci sono le giornate di visita do il meglio di me stesso e combino più casino possibile, quando noto che mi stanno guardando faccio cadere dal tavolo i giochi con cui qualcuno sta giocando, faccio rovesciare le sedie e faccio volare in aria le costruzioni comandandole come se fossi un direttore d’orchestra. Grazie a queste mie doti vedo il panico dilagare sulle facce di tutti e ben presto scappano via, nessuno di loro mi ha mai parlato ed io sono felice così. 

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Capitolo 2
*** Divertimenti alternativi ***


Le giornate nell’orfanotrofio sono tutte uguali, spesso sono messo in punizione perché cerco di divertirmi in un modo che non è apprezzato da nessuno.
Nelle belle giornate ci portano fuori e mi sono rotto di stare sempre sotto un alberello che sembra non crescere mai, quando ero più piccolo ricordo che mi ci arrampicavo sempre e passavo le giornate lassù, lontano da tutti. Ormai non mi reggerebbe più io sono cresciuto e lui no. Penso che sia una pianta strana, un po’ come me, d’altronde ho sentito le educatrici che parlavano e dicevano che era spuntato all’improvviso il giorno dopo il mio arrivo.
La storia di come sono arrivato non la conosco, sono curioso di saperla. Io non appartengo a questo posto e mai ci apparterrò, non sarà mai la mia casa.
Sempre origliando le conversazioni dei grandi ho scoperto che mia madre è morta dandomi alla luce; proprio sotto questo tetto e sotto gli occhi allibiti di colei che oggi è la direttrice. Al tempo si è chiesta cosa l’avesse uccisa. Racconta a tutti che non è stata una morte normale, probabilmente nemmeno lei lo era tanto. Problemi mentali, dice. Pensa che fosse pazza e non si stupisce che io sia così strano, devo aver ereditato la pazzia da lei a detta sua.
Ogni volta che arriva una nuova educatrice, mi chiedo perché sempre donne, le avvisa di stare attente quando si trovano me nei paraggi, dice che sono pericoloso, dice che devono tenermi sotto controllo perché più di una volta ho ferito qualche bambino ma non devono sgridarmi troppo perché in fondo non è tutta colpa mia, non ci arrivo, sono malato.
Certo possono pensarla come vogliono ma io sono sanissimo, non ho nulla che non va. Ho smesso da tempo di preoccuparmi delle loro paranoie, mi dicono che non è bello far star male qualcuno, spaventarlo o ferirlo. Beh, per me non è vero. Io mi diverto un mondo, mi sento potente, ho il controllo su quello che accade intorno a me. Sento una gioia immensa invadermi tutte le volte che, con le mie doti speciali, ferisco un mio compagno e poi ovviamente mi tengo un souvenir; qualcosa di suo per ricordare ogni mia vittima.
Gli oggetti sono importanti per me, hanno tutti un preciso significato, ricordano un momento della mia vita. Alcuni sono davvero felici, e sono sempre attentati ai quali è seguita una punizione nei miei confronti. In queste ore, che ai più sembrano interminabili, mi faccio tornare alla mente il motivo per il quale sono rinchiuso in quella stanza e il mio cuore si rilassa, rivedo le espressioni terrorizzate di quei marmocchi che trovandosi di fronte alla mia collera e alla mia sete di divertimento non riescono a fermarmi, finiscono quindi feriti, il sangue esce dai loro corpi. Io non li colpisco, fisso semplicemente il punto prescelto e desidero che un pugnale penetri nella loro carne e, dal nulla, fuoriesce una vampata di sangue, seguita da urla di dolore; è musica per le mie orecchie.
Non sono sempre riuscito a procurare queste ferite, solo dai sette anni ho scoperto questa mia capacità, con il tempo sono riuscito a controllarla meglio e non ho mai smesso di usarla. Prima però non è che ero estraneo alle torture, mi divertivo con gli animali, per lo più lucertole o uccelli che incontravo nel giardino. Nelle giornate in cui mi sentivo gentile, mettevo le lucertole in un vasetto e le portavo nella mia camera, le liberavo poi nel letto dei miei compagni; così quando si mettevano sotto le coperte sentivano qualcosa camminargli addosso e iniziavano ad urlare svegliando tutti quanti. Purtroppo non mi era riconosciuto il merito di questo.
Adesso che ho nove anni, e anzi tra poche settimane ne compirò dieci, gli animali, da qualche tempo, non li libero più ma li guardo morire lentamente, mi godo tutta la loro sofferenza. Mi diverto a vedere come tentano di scappare, la loro speranza di essere liberi quando fingo di lasciarli andare per poi catturarli nuovamente qualche istante dopo togliendogli nuovamente l’aria. Non uso più solo le lucertole per questo tipo di giochi, anche se, rimangono le mie preferite.
 
Purtroppo per me non tutte le giornate sono belle e, molto spesso, d’inverno siamo costretti a stare dentro all’orfanotrofio, mi annoia spaventare i bambini dopo un po’. È tanto che non arriva qualcuno di nuovo e ormai siamo rimasti in pochi, io sono il più grande e conosco abbastanza bene questo posto, anche se non sono ancora riuscito a scoprire tutti i segreti che nasconde e c’è una stanza che ha sempre attirato la mia attenzione. Per mia sfortuna in questi anni non ho mai avuto la possibilità di oltrepassarne la soglia, è sempre sorvegliata e chiusa con un enorme lucchetto, oltre ad essere ben nascosta nella profonda cantina, dove ovviamente ci è proibito andare. Queste regole per me però non hanno nessuna importanza, non le ho mai seguite e anzi ogni cosa proibita mi ha sempre attirato, facendomi passare dei guai dai quali però ho sempre ricavato grandissime soddisfazioni.
Oggi sembra il giorno giusto, è arrivata una nuova bambina e tutti quanti sono impegnati con lei. Mi hanno già presentato e ne approfitto per dileguarmi, scendo in cantina e con mia somma gioia mi accorgo che i miei pensieri si sono rivelati esatti: non c’è nessuno a controllare la porta, forzare il lucchetto e un gioco da ragazzi.
Mi avvicino piano, senza fare rumore, guardo intensamente la serratura e quella si apre… mi basta allungare il braccio e spingere la porta per poter finalmente esplorare quella parte dell’orfanotrofio che deve contenere sicuramente un enorme segreto, in caso contrario non si sarebbero mai presi la briga di tenerla così tanto sotto controllo.
L’eccitazione è altissima, allungo il braccio e spingo.
La porta si apre. Quello che vedo mi lascia senza fiato.
Potevo aspettarmi tutto ma non questo, è una cosa meravigliosa.
Voglio saperne di più, devo assolutamente scoprire cosa posso ricavare da questa situazione e sono sicuro di poter ottenere molte cose.
Attraverso la soglia e… 

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Capitolo 3
*** Una strana scoperta ***


Attraverso la soglia e… mi trovo ai margini di un bosco.
Non mi riesco a spiegare come sia possibile, pensavo che i miei occhi mi avessero ingannato o che fosse un enorme quadro molto realistico, invece mi trovo veramente di fronte un bosco.
Mi domando cosa fare, non sono sicuro di avere altre occasioni per tornare qua, d’altro canto non voglio che scoprano che sono a conoscenza di questo segreto, non prima che sia riuscito a esplorarlo tutto quanto e sembra davvero grande.

Ho deciso. Torno con gli altri, faccio come se nulla fosse; stanotte torno qua, non credo che sia sorvegliato anche di notte. In caso mi sbagliassi e ci fosse qualcuno mi fingerò sonnambulo.
 
 
Sono nella mia camera, la mia mente sta viaggiando come non mai. Le ore passano. Sento le porte chiudersi, i rumori diradarsi sempre di più.
Ecco finalmente il silenzio, tendo le orecchie ma sono certo che tutti siano nelle loro stanze.
Mi alzo e con passo felpato procedo senza esitazioni verso la cantina, qui il buio è ancora più intenso ma non posso rischiare di accendere una candela; procedo a tentoni verso la porta che so esattamente dove si trova.
Ci sono di fronte, se ci fosse qualcuno di guardia non starebbe al buio, però non mi fido completamente, così allungo le braccia in avanti e procedo lentamente, pochi istanti dopo le mie dita toccano qualcosa di duro e freddo.
La porta.
So di essere completamente solo quindi accendo una candela, apro la serratura e oltrepasso di nuovo la soglia, il bosco è lì pronto ad accogliermi una strana energia mi attira al suo interno, sento che quel posto mi appartiene.
Supero i primi alberi e procedo verso il centro, intorno a me sembra esserci solo vegetazione, un’infinità di alberi diversi tra loro si susseguono tutt’intorno. C’è una leggera brezza che muove le foglie, il loro fruscio è un perfetto sottofondo per una bella dormita.
Peccato che non ho tempo di dormire, devo restare lucido e imprimere nella mente la strada che sto percorrendo. Sento che mi ci vorrà del tempo per scoprire cosa nasconde questo bosco e cosa ci fa dietro ad una porta, ho la strana sensazione che abbia a che fare con me; scommetto che è comparso lo stesso giorno del mio arrivo.
Perdendomi nei miei pensieri e nelle mie congetture non mi accorgo del tempo che passa, vedo i primi deboli raggi di sole spuntare fra i rami e capisco che è tempo di rientrare, percorro la strada a ritroso, spengo la candela e accosto la porta. Non voglio chiuderla so che tra qualche ora, al massimo, qualcuno scenderà e trovandola aperta, si precipiterà dalla direttrice, io mi assicurerò di essere a portata d’orecchio nella speranza di captare informazioni utili al riguardo.  
 
 
Le sveglia suona e tutti quanti ci ritroviamo a fare colazione, come è mia consuetudine afferro un piatto con poche pietanze e me ne vado a consumarle da solo.
Di solito torno nella mia camera ma oggi, mi apposto nell’armadio appena fuori l’ufficio della direttrice sperando che presto arrivi qualcuno per discutere con lei della mia nuova scoperta.
Non devo attendere molto, nemmeno avevo terminato di mangiare quando una delle educatrici (quella alla quale toccava la guardia della porta) si precipita correndo nel corridoio ed inizia a bussare intensamente alla porta dell’ufficio, vedendo la scena dalla fessura dell’anta dell’armadio devo dire che la trovavo particolarmente esilarante, d'altronde sembrava proprio spaventata e sconvolta.
Pochi istanti dopo la porta dell’ufficio si apre e ne fuoriesce una, particolarmente, alterata signora (la direttrice). La collera le si leggeva negli occhi, ma una volta incrociato lo sguardo con quello della sua dipendete capì che qualcosa non andava e la domanda le sorse spontanea: “Cos’ha combinato questa volta?”
Era ovvio che si riferisse a me, non posso negare che le scenate delle istruttrici prima di una bella punizione erano molto simili a quella appena avvenuta.
Con grande stupore della direttrice però, la giovane sembrava non capire e in preda all’ansia e l’agitazione si mise a parlare senza fare nemmeno una pausa, l’unico risultato fu quello di risultare incomprensibile. Dopo qualche secondo e svariati respiri profondi, finalmente, riuscì a spiegarsi: “Signora direttrice, la porta giù in cantina è aperta, qualcuno potrebbe essere precipitato”
 
Precipitato, come è possibile precipitare in bosco? Sono sicuro che loro e anche tutti gli altri bambini dell’orfanotrofio di perderebbero nella vastità di quel posto. Forse per questo sorvegliano l’entrata.
Però non capisco… cosa significa ‘qualcuno potrebbe essere precipitato’?
 
Mi risveglio dai miei pensieri e torno cosciente della conversazione che sta avvenendo, a pochi passi da me, tra le due donne; la direttrice sta chiedendo spiegazioni e a quanto pare ha dato l’allarme a tutte le istruttrici. Si sento rumori di corsa e tantissime urla, tra le altre cose riesco a distinguere qualcuno dire: “Portiamo tutti i bambini nelle loro camere, lì possiamo tenerli sotto controllo”, e ancora: “Voi venite con me! Andiamo a vedere se si vede qualcosa, prendete qualcosa per fare luce. Tu avvisa la polizia e dì che potrebbe servire un ambulanza.”
“Sì, signora subito!”.
Qualcuno, appena il gruppo con la direttrice al comando si fu avviato e il frastuono ormai era solo un ricordo, con un tono molto grave si trovò a dire: “Come se servisse un medico, se davvero qualcuno è precipitato, purtroppo, per lui non c’è più nulla da fare. È troppo profondo.”
 
Profondo? Ma sono tutte impazzite! È un bosco!
Perplesso per la stupidità che ogni giorno dimostrano le persone con le quali sono costretto a condividere un tetto metto in moto il cervello e, dimostrandomi ancora una volta superiore a loro, valuto tutte le mie opzioni.
Decido che la cosa migliore in quel momento sia fingere di non sapere nulla e velocemente raggiungo la mia camera, appena prima che un’istitutrice aprisse la porta per controllare se stavo bene, trovandomi sul letto con il mio piatto semi vuoto non si fece domande e uscì chiudendosi, a chiave, la porta alle spalle.
Devo ammettere che non l’avevo previsto, non avevo considerato l’ipotesi che chiudessero a chiave le porte. Per me però non era un problema al momento giusto sarei uscito e con le miei doti innate avrei scoperto di più su quella storia.
Ora devo solo aspettare che arrivi la polizia, così potrò origliare le informazioni che si scambieranno con la direttrice e le “testimoni” di questa strana storia.

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