The Mighty Will Fall

di ItsDesdemona
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: la caduta di James Potter ***
Capitolo 2: *** Il Mago Senza Testa ***
Capitolo 3: *** Sul Pesce e Streghe Assassine ***



Capitolo 1
*** Prologo: la caduta di James Potter ***


The Mighty Will Fall
Prologo: La caduta di James Potter

 
I potenti cadranno.
I forti si spezzeranno.
I coraggiosi si spaventeranno.
Gli orgogliosi moriranno.
 
~Sconosciuto
 
Prologo: La Caduta di James Potter
 
La pioggia batteva insistente contro ciò che era rimasto del vecchio tetto del castello. Alcuni pezzi di esso erano saltati via e le voragini aperte permettevano alla pioggia di cadere sul viso fradicio di sudore di James. Antico di migliaia di anni, ed il castello non era mai stato preso dal suo re, fino ad ora. Era rimasto forte e solido, un porto sicuro per le genti di Camelot, ed ora sembrava crollare addosso a lui.
 
“James Potter,” Sogghignò l’uomo incappucciato. “Il nobile e coraggioso, Re James,” Fece qualche passo più vicino ed afferrò la mascella di James, strattonandogli il viso verso l’alto così che fosse forzato a guardare dentro quegli occhi scuri pieni di avidità e odio. James non fece alcun movimento per combatterlo. Aveva accettato il suo destino. “È caduto.” Rise, spingendolo da parte e camminando verso la tavola rotonda. Sembrava ironico ora, di un tipo di ironia crudele. Un tavolo che significava riunire tutti i regni insieme, per simboleggiare che tutti coloro che si sedevano intorno a esso avevano lo stesso peso davanti agli occhi della legge, ora restava testimone dei crudeli tentativi di rigettare e disfare tutto il lavoro che James e i suoi cavalieri avevano fatto per rendere Camelot un posto migliore e più giusto. “Ed ora, lo stesso farà Camelot.” .
 
“Ti sbagli.” Disse fermamente James, spingendo indietro le spalle ed alzando la testa.
 
“Davvero?” Chiese l’uomo piano.
 
“Camelot non cadrà mai per quelli come te. È forte e le persone-“
 
“Le persone ti odiano.” L’affermazione venne puntualizzata da un suono metallico quando l’uomo sbattè violentemente giù dal tavolo un elmetto. “Ti odiano e a loro piacerebbe vederti morto. Vogliono vedere la tua testa su una picca per tutto quello che hai fatto!” Urlò.
 
“Questo non è vero.” Sussurrò James, senza sapere se stava dicendo o meno la verità. “Non può essere vero.”
 
“Non può?” Chiese l’uomo con una risata, apparendo più calmo ora che James sembrava insicuro. “Dove sono allora i tuoi amici, sire? Dove sono i tuoi cavalieri? Quello stupido servo che ti trascini sempre dietro? Dove sono?”
 
“Dove dovrebbero essere,” rispose James, la voce che tremava leggermente. “Al sicuro oltre la tua portata.” Non aveva mai voluto voltarsi e correre di più di quanto lo voleva adesso;  ma aveva un dovere verso il suo regno, e non importava cosa pensassero di lui, doveva proteggerli. Doveva proteggere la sua famiglia, i suoi amici ed il suo popolo.
 
“Certo,” Lo prese in giro l’uomo. “Dove dovrebbero essere.”
 
“Io sono qui, hai ciò che volevi.” Urlò James, facendo un piccolo passo in avanti. “Ora lascia stare le persone.”
 
“Oh, James, quanto sei giovane e ingenuo.” Ci fu un’altra risata da far accapponare la pelle. “Non è mai stato quello il mio piano.” Seguì un momento di assoluto silenzio dove James fu in grado di assorbire cosa intendesse l’uomo. I suoi occhi color nocciola lampeggiarono di rabbia, ma le sue grida vennero sommerse da una lingua che non aveva mai imparato.
 
E con un bagliore di luce, James Potter cadde a terra.






Ciao a tutti! La presente storia è una traduzione, per chi volesse leggere l'originale la può trovare qui: https://www.fanfiction.net/s/11419898/1/The-Mighty-Will-Fall , oppure qui http://thejilyship.tumblr.com/ (account Tumblr dell'autrice). 
Spero che questo prologo vi abbia incuriositi come ha fatto con me! Ci vediamo al prossimo capitolo ;)

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Capitolo 2
*** Il Mago Senza Testa ***


Il mago senza testa

Nessun giovane uomo, non importa quanto eccezionale, può conoscere il suo destino. Non può intravedere il suo ruolo nella grande storia che deve svolgersi. Come tutti, deve vivere e imparare.
 
~Il Grande Drago
(Merlin S1 E1)
 
Il mago senza testa
 
Remus Lupin era un mago.
 
Un mago. Uno stregone. Avrebbe potuto benissimo essere un nemico capo della guerra per l’affetto che avrebbe ricevuto se qualcuno l’avesse scoperto. Era nato con la magia in un periodo in cui la magia era proibita, punibile con la morte. Anche soltanto il sussurro di un vicino seccato sarebbe stato abbastanza in quel periodo per essere chiamati a rispondere ad un interrogatorio, e se una delle guardie del re ti sospettava di stregoneria, saresti stato fortunato a tenerti la testa abbastanza a lungo da vederli sollevare l’ascia che te l’avrebbe troncata dal corpo.
 
Dopo un incidente che coinvolgeva un fienile in fiamme e una mandria di mucche miracolosamente illese, sua madre capì di non avere scelta se non mandarlo dall’unica persona di cui si fidava per aiutarla a tenere in vita suo figlio; un uomo di nome Albus Silente. Albus praticava la magia prima che il re la proibisse, così la madre di Remus ritenne che Silente avrebbe potuto aiutarlo ad apprendere come controllare i suoi poteri. Anche se l’uomo viveva esattamente sotto il naso del re come medico di corte, pensò che suo figlio sarebbe stato più al sicuro con Silente, imparando a controllare la propria magia, che in casa ad Ealdor dove tutti avrebbero potenzialmente potuto vedere succedere qualcosa di inspiegabile. Poiché la prossima volta che fosse accaduto un miracolo, non avrebbero pensato a ringraziare gli Dei, ma avrebbero puntato il dito contro il ragazzo ossuto che sembrava sempre essere nelle vicinanze quando accadevano tali miracoli.
 
E questo era il motivo per il quale Remus aveva raccolto le sue cose in una sacca di tela e aveva camminato per tre giorni da Ealdor, fino a Camelot. Sua madre gli aveva offerto un cavallo, ma lui non aveva voluto rendere le cose ancora più difficili per lei, come aveva fatto per i precedenti diciassette anni.
 
Era stato un viaggio lungo e faticoso, attraverso miglia e miglia di fitti alberi e sentieri oscuri. Aveva incontrato solo una dozzina di uomini nel suo percorso, tutti contadini che tornavano a casa da Camelot o Diagon Isle, le due grandi città nel raggio di una camminata dai terreni coltivati che Remus sapeva si distendevano appena oltre il centro della foresta. Ealdor era prevalentemente una grande fattoria, e un piccolo lago. La maggior parte del terreno che non era città, o una foresta, consisteva di fattorie. I contadini furono gentili, e condivisero i loro avanzi con Remus, dandogli indicazioni o informandolo quando avrebbe dovuto cambiare il suo percorso per arrivare a destinazione prima di quanto pianificato.
 
Alla fine, il sentiero su cui aveva camminato diventò un’ampia strada, e dove prima le persone erano state poche e lontane, ora ce ne erano troppe e non vi era quasi spazio per i gomiti. Piccole abitazioni adornavano i lati della strada che era ancora protetta da una copertura di fitti alberi, ma quando la foresta scomparve, Remus dovette trattenere il fiato.
 
Anche con la larga cancellata avvolta intorno a Camelot, Remus poteva già vedere una larga porzione della città. Camelot per la maggior parte giaceva su una altura, con il castello sulla cima, che copriva da solo una buona maggioranza della collina, ma i manieri dei lord e delle lady facevano del loro meglio per decorare la restante parte, così che solo una piccola porzione dell’attuale collina era visibile del tutto. C’erano poche piccole macchie di colori brillanti che Remus ipotizzò essere giardini, ma per la maggior parte, l’intera altura era coperta da costruzioni in pietra.
 
Remus passò attraverso la grata aperta della città e fece un respiro profondo, lasciando che l’aria aspra riempisse i suoi polmoni, provando con tutto se stesso a non farsi mancare la dolce, fresca aria del suo paese natale. Era questa la sua casa ora. Avrebbe imparato ad amare le strade affollate ed il rumore che sembrava diffondersi assolutamente da ogni dove.
 
Riaggiustò i lacci della sua sacca e poi fece un altro passo avanti, pronto a trovare Silente e farsi un sonnellino nei suoi appartamenti.
 
Ovviamente, non essendo mai stato prima a Camelot, Remus non aveva idea di dove fosse Albus. A casa, ciò non era sembrato un problema, non poteva immaginare potesse essere così difficile trovare qualcuno, ma aveva molto sottovalutato la vastità del regno. Il castello stesso, chiamato Hogwarts, era la più grande costruzione su cui Remus avesse mai poggiato lo sguardo. Parte di esso era più alta delle montagne che Remus poteva veder spuntare all’orizzonte non molto lontano dietro il castello. Le montagne lavoravano con le nuvole per creare l’illusione che le torri del castello stessero fluttuando dentro e fuori dal cielo. Aveva alcune delle più larghe e splendide finestre con vetrate composte da scaglie colorate, nicchie e torri che sembravano spuntare fuori da posti che sembravano dal punto di vista architettonico pericolanti, ma tuttavia resisteva, vecchio di migliaia di anni. Un monumento che avrebbe fatto pensare due volte chiunque avesse avuto l’intenzione di testare la forza del suo regno.
 
Il resto della città sembrava dispersa intorno ad esso, con le case più nobili localizzate più vicine alle mura del castello, e le abitazioni più rustiche ai confini della città. Un grande lago si trovava alla base del lato destro del castello e un fiume serpeggiava per la città, collegando il lago all’oceano, che rimaneva a mezza giornata a piedi sulla sinistra del castello.
 
Tra tutti i negozi che separavano le case dei nobili dai popolani, dalle case, e dalle fattorie, Remus era sicuro che ci sarebbero voluti giorni per trovare Silente.
 
Anche se era il medico di corte, e sicuramente la maggior parte delle persone doveva conoscerlo.
 
Remus si guardò intorno, individuò una ragazza con i capelli rossi che sembrava della sua età e camminò verso di lei.
 
“Scusami,” disse Remus, torcendosi le dita nervosamente. “Non è che sapresti dove posso trovare il medico di corte?”
 
“Silente?” Chiese la ragazza, sorridendogli gentilmente. Il cuore di Remus fece un salto per la sua risposta immediata sull’uomo che stava cercando. “Sono sicura che in questo orario dovrebbe essere su al castello. Hai guardato là?”
 
“No, non h-“
 
“Speravi camminasse nei dintorni? Si, beh lo posso capire, anche se normalmente lui non cura proprio tutti. Immagini avere un solo medico per l’intera città? Dovresti provare Madama Chips.” Poi la ragazza strinse gli occhi, alzò una delle sue piccole mani e la appoggiò sulla sua fronte. “Sembri un po’ pallido, ma non sei caldo. Anche se potrebbero solo essere le mie mani, sono stata fuori al sole tutto il giorno correndo per delle commissioni. Ti senti come se avessi la febbre?”
 
“No, mi hai frainteso”. Rispose Remus velocemente. “Non sono malato.”
 
“Oh.” Fece la ragazza, le labbra leggermente schiuse. “Ovviamente no.” Disse rapida, strofinandosi le mani sulla gonna e apparendo tristemente imbarazzata.
 
Remus rise, sentendosi adesso un po’ più tranquillo. “Sono appena arrivato a Camelot e dovrei andare a stare da Silente. Però non so dove vive.”
 
“Oh!” Disse ancora lei, rispondendo al sorriso. “Dunque, sono diretta ora al castello. Ho ancora una commissione da fare, ma se non vai di fretta sarò ben felice di portartici.”
 
“Sarebbe davvero utile. Il mio nome è Remus.” Disse, offrendo la mano.
 
“Lily.” Rispose lei, specchiando il suo gesto. “E sono terribilmente dispiaciuta di aver detto che sembri malato.”
 
“Non preoccuparti per quello. Non posso sembrare così in forma. È stata una lunga camminata da casa mia a qui.”
 
“Dov’è casa tua?”
 
“Ealdor.” Rispose Remus, al che Lily inclinò la testa di lato. “È un villaggio davvero davvero piccolo appena fuori dai confini di Camelot. Probabilmente non ne hai mai sentito parlare.”
 
“Non penso.” Assentì lei. Si avvicinarono ad un carretto riempito con un abbondanza di vestiti colorati e Lily si congedò da Remus. Tornò un momento più tardi con una seta blu chiaro drappeggiata intorno ad un braccio. Remus esaminò il suo vestito attuale, che era semplice e un po’ troppo largo per lei, e stava per chiedere riguardo la seta quando lei domandò, “Perchè hai lasciato casa tua?”
 
“Eh… Dunque-“
 
“Sono maleducata vero? Tutte queste domande, scusa. Sono solo curiosa.”
 
“Non c’è problema.” La rassicurò Remus, nonostante lo stessero rendendo un po’ nervoso. Aveva anche avuto tre giorni per prepararsi a questo, e la storia che lui e sua madre avevano architettato era molto semplice. “Sono venuto qua perchè Silente è un amico di mia madre e lei vorrebbe una vita differente per me.” Lily annuì, i suoi occhi che vagavano per la strada. Avevano raggiunto il castello pochi momenti prima e ora stavano entrando nel cortile. “Pensava che Camelot offrisse le migliori possibilità.”
“Oh signore.” Disse Lily piano. Remus si voltò verso di lei, confuso. Non pensava di aver detto qualcosa che meritasse quella risposta. Lily comunque non lo stava guardando, i suoi occhi erano fissati su qualcosa dall’altra parte della strada. “Non di nuovo.” Lui seguì il suo sguardo sulla folla di persone radunata attorno ad una piattaforma in legno rialzata. Un giovane uomo era stato trascinato sulla piattaforma da due guardie in intimidatori elmetti di metallo e con divise rosse con sopra lo stemma dei Potter.
 
“Che succede?” chiese Remus.
 
“Un’esecuzione.” Lei scosse la testa. “Benvenuto a Camelot.” Disse secca.
 
“Cosa ha fatto?” domandò lui.
 
“Sembra che sia stato accusato di stregoneria. Ha quella benda rossa avvolta intorno al collo.” Rispose Lily. Prima che potesse dire altro, una voce risuonò da sopra di loro.
 
“Mie buone genti di Camelot,” La folla che si era radunata di fronte a Remus e Lily fece velocemente silenzio, e adesso stavano tutti guardando in alto verso la balconata del castello dove si era affacciato Re Charles.
 
Quella era la prima volta in assoluto che Remus vedeva Re Charles. Aveva sentito un’infinità di storie su quell’uomo, la maggior parte di esse che lo ritraevano in una luce negativa, ma non lo aveva mai visto prima. Era alto e magro con dei corti capelli grigi. Era più vecchio di quanto Remus aveva pensato e non sembrava l’uomo così crudele che le persone dicevano fosse. Sembrava paterno, gentile ed educato. Fece quasi ricredere Remus sulla sua opinione che aveva dell’uomo.
 
Ma poi parlò.
 
“Quest’uomo davanti a voi,” Disse il Re, rivolgendosi agli astanti. “È stato scoperto colpevole di stregoneria, ed essendo la stregoneria uno dei più grandi crimini che si possano commettere, c’è una sola punizione che mi sembra adatta dare. Condanno quest’uomo a morte, per decapitazione.”
 
“Che?” Disse Remus un po’ più forte di quanto volesse. Si guardò intorno, ma nessuno sembrava per niente sorpreso dalla sentenza del Re. Apparivano tutti funerei, ma nessuno sembrava pensare che questo fosse sbagliato. Remus riportò lo sguardo sul ragazzo, che adesso stava singhiozzando e pregando per la sua vita, non poteva avere più di diciassette anni. “Non può farlo.” Disse Remus, guardando Lily. Lei si morse un labbro ma non disse niente.
 
La mano del re si abbassò e con questa, l’ascia dell’esecutore. Ci fu un collettivo trattenimento del respiro, poi tornarono a guardare in alto verso il loro re.
 
“Ci siamo liberati di un altro diavolo. Possiamo tutti dormire sonni più tranquilli ora.” Il discorso del re continuò per un altro po’, ma Remus aveva smesso di ascoltare. Il suo sangue si era congelato e stava tremando leggermente. Non riusciva a decidere se era più arrabbiato o terrificato. Il re non aveva menzionato nessun crimine, tranne quello di avere della magia, cosa aveva fatto quell’uomo per meritarsi la morte? E perchè la madre di Remus l’aveva mandato lì se era questo quello che accadeva agli stregoni. Lui era uno stregone, lui aveva della magia, e non poteva sempre controllarla. Sarebbe andato incontro allo stesso destino dell’uomo sulla piattaforma?
 
Sapeva che le guardie erano conosciute perchè decapitavano le persone in nome del re, ma Remus aveva immaginato che questi uomini fossero crudeli ed assetati di potere, e che fosse questo che li faceva agire in modo così spregevole con le persone comuni. Ma questo era stato un ordine del re, non un qualche uomo che agiva nel nome del re.
 
Era anche sembrato così calmo. Come se condannare un uomo alla morte fosse solo una delle parti della sua giornata.
 
“Remus?” Disse Lily, afferrandogli gentilmente il braccio. “Sei sicuro di non essere malato?”
 
“Hanno appena ucciso quell’uomo.” Rispose Remus. Lo sguardo di Lily si ammorbidì.
 
“Era la tua prima esecuzione? Sono orribili vero?” Disse lei, riavviandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio. “Ma devono essere prese misure drastiche. La magia è pericolosa.”
 
“Questo non vuol dire che quel ragazzo doveva morire. Era solo un bambino.” Lily si schiarì la voce e si guardò oltre la spalla.
 
“Il re sta solo facendo ciò che ritiene giusto.”
 
Remus non disse niente, ma seguì Lily lontano dalla folla.
 
“Bene, eccoci qua.” Commentò Lily dopo pochi minuti. “La stanza di Silente è proprio in cima a queste scale. Indicò le scale davanti a cui si erano appena fermati. Remus aveva a malapena notato che erano entrati nel castello. “È stato bello conoscerti, Remus.”
 
“Anche tu.” Rispose Remus.
 
“Sono sicura che ti vedrò in giro.”
 
“Certo.” Lei si voltò e cominciò a camminare lungo il corridoio, poi si girò per fronteggiarlo ancora una volta.
 
“Oh e Remus, non preoccuparti per cosa è successo prima. Non capita spesso. Mi dispiace se ti ho fatto pensare che è così.”
 
“Va bene.” Disse Remus. Poi lei se ne andò. Remus si voltò verso le scale ed iniziò a salirle. Non capiva come qualcuno potesse essere così sprezzante riguardo la morte di un uomo. Lily aveva liquidato la questione come se non fosse stato niente. Non aveva avuto una reazione di nessuno tipo mentre guardava l’esecuzione.
 
Quando arrivò in cima alle scale, incontrò una porta di legno molto sottile. Era leggermente aperta e potè sentire canticchiare da dentro la stanza. Bussò piano, ma non ci fu risposta, così aprì la porta un po’ di più ed infilò la testa all’interno.
 
“Albus Silente?” chiamò.
 
“Sì, sì entra pure.” Rispose una voce. “Sarò fuori in un momento.”
 
Remus spinse la porta aprendola e venne immediatamente colpito da un forte odore. La stanza odorava di ogni erba che lui avesse mai annusato, rosmarino, basilico, menta, camomilla, tutte mescolate insieme. E poi cioccolato.
 
“Come posso aiutarti’” Chiese Albus, uscendo fuori da dietro una parete di mensole. Era anziano. Estremamente anziano. Camminava leggermente incurvato e aveva una barba che scendeva verso il basso fino quasi alle ginocchia. Stava osservando Remus da dietro un paio di occhiali a mezzaluna posati a metà del suo naso.
 
“Il mio nome è Remus Lupin,” Rispose, mettendogli la sacca di fronte e frugando nel contenuto. “Mia madre ti ha scritto questa nota.” Disse, estraendo dalla borsa un piccolo pezzo di pergamena accartocciato e porgendolo all’uomo anziano. Questi lo aprì e scorse la pagina.
 
“Ma certo!” Disse dopo un momento. “Non so perchè il tuo nome non ha fatto suonare alcun campanello. Dev’essere la mia età. Dovrò iniziare a mettere un po’ di rosmarino nel mio the suppongo.” Remus non sapeva di cosa stesse parlando, ma annuì educatamente. Albus gli sorrise. “Ho pulito la stanza sul retro per te, puoi mettere lì le tue cose. Non è molto temo, ma suppongo che andrà bene.”
 
Si voltò per indicare la porta in fondo alla stanza e quando alzò la mano, la manica del suo mantello colpì il tavolo e lo sbandamento fece cadere un secchio appoggiato sul bordo. Prima che il contenuto del secchio potesse uscire, il secchio potesse colpire il pavimento, si congelò a mezz’aria. Remus afferrò rapidamente il secchio e lo ripose sul tavolo.
 
“Sei stato tu?” Chiese Silente, fissando Remus con stupore.
 
“Non volevo.” Rispose Remus veloce, fissando lo spazio nel pavimento tra i suoi piedi. “Mi dispiace. Capita a volte. Mia madre mi ha detto che tu potevi-“
 
“Che vuol dire che capita a volte? Hai detto un incantesimo? Come hai fatto?”
 
“Non so come ho fatto. Non conosco alcuna formula. Capita e basta.”
 
“Straordinario.” Remus alzò lo sguardo sorpreso. Sua madre non aveva mai parlato male di lui per la sua magia, ma non era mai sembrata colpita. Silente era raggiante. “Anche se sarebbe meglio non farlo vedere a nessun’altro. Ho paura che non condividerebbero il mio stupore.”
 
Remus annuì. “Ho visto l’esecuzione poco fa.” Il sorrise di Silente svanì e strinse le sue mani insieme.
 
“Tragico.” Disse lugubre. “Il povero ragazzo non era nemmeno uno stregone. Ho paura che Charles sia così accecato dalla sua paura che il suo giudizio quando il crimine è la magia non possa più essere degno di fiducia.”
 
“Anche se fosse stato uno stregone…” Disse Remus, guardando l’uomo anziano attraverso le ciglia.
 
“Oh, certamente.” Rispose lui. “Lo so. Sarebbe comunque stato assurdo. Charles teme la magia, è per questo che fa ciò. Pensa di star proteggendo le persone, lo pensa davvero. Questo non lo rende comunque corretto.” Remus annuì ancora. “Ora, va a mettere via le tue cose. Ho una commissione per te se non ti dispiace.”
 
“Per niente.” Rispose Remus, anche se le sue gambe dolevano e i suoi occhi bruciavano. Non aveva dormito bene da quando aveva lasciato casa. Entrò nella stanza sul retro e appoggiò la sacca sul letto, senza lasciarsi cullare troppo a lungo dal pensiero di quando questo sembrasse confortevole. Non era molto, ma era carina. C’era un cassettone, alcune mensole, un letto e un comodino. C’era anche una finestra con vista sull’intero villaggio che circondava il castello.
 
“Normalmente lo faccio io,” Disse Silente, richiamando Remus nella stanza principale. “Ma sto andando in là con gli anni, e sarebbe molto più facile per te farlo. Ti farà bene comunque, per iniziare ad imparare le strade qua intorno.” Prese due fiale di liquido colorato. “Questa,” Disse, sollevando quella blu. “È per Sir Elphias Doge. È un mio caro vecchio amico, ma i suoi anni come cavaliere lo hanno reso quasi completamente cieco e sordo. Troppi colpi alla testa direi.” Remus ridacchiò calorosamente. “E questa,” Sollevò la fiala viola. “È per Musidora.” Le porse entrambe a Remus, gli dette delle semplici istruzioni su dove trovare i due pazienti e poi lo spedì per la sua strada.
 
Sir Elphias aveva anche lui una stanza nel castello, quindi non fu molto difficile da trovare. L’incontro di Remus con lui fu per la maggior parte Elphias che urlava, strizzava gli occhi e afferrava l’aria.
 
Musidora comunque viveva nel centro della città, per cui Remus dovette dare un’altra occhiata a Camelot. Sorpassò Lily nel cortile, dove la piattaforma era già stata smontata e non c’era più evidenza a suggerire che poco prima vi si fosse tenuta un’esecuzione. Si salutarono con la mano, ma lei sembrava di fretta e Remus si domandò cosa facesse esattamente, visto che ciò la faceva andare così tanto fuori e dentro il castello e le faceva comprare della seta.
 
Finalmente raggiunse la casa di Musidora, che era stranamente annidata tra una taverna e una bottega di un fabbro. Sembrava che qualcuno stesse spingendo un lato del tetto della casa contro il terreno. Di fronte all’unica finestra della casa c’era un recinto per maiali, con all’interno tre maiali, tutti molto grassi, che sguazzavano un po’ di fango. Remus bussò alla porta e si aprì immediatamente.
 
“Silente?” Chiese la donna. Appena vide che Remus non era Silente, chiuse di schianto la porta.
 
“Aspetta!” Chiamò Remus. “Mi ha mandato Silente! Ho la tua medicina!” La porta si aprì di nuovo e la donna piazzò le mani sui fianchi.
 
“Beh non c’è bisogno di dirlo a tutta Camelot, no?”
 
“No signora. Mi dispiace.” Le dette la sua fiala e poi la porta gli venne nuovamente sbattuta in faccia. “Questo era maleducato.” Borbottò, scuotendo la testa.
 
Era a metà strada attraverso il cortile quando venne quasi sbattuto a terra.
 
“Scusami.” Mormorò un ragazzo, trascinandosi nella direzione opposta. “Non volevo correrti addosso.” Il ragazzo sembrava di pochi anni più giovane di Remus, e stava portando una grande ruota di legno che era metà la sua taglia, dipinta come per sembrare un bersaglio.
 
“Tutto apposto.” Disse Remus. “Hai bisogno di aiuto con questo? Dove stai cercando di portarlo?”
 
“Smetteresti di correre addosso alle persone, cialtrone?” Ci fu un sibilo tagliente ed il ragazzo cadde a terra quando un pugnale contattò la superficie che stava portando.
 
“Scusi signore.” Disse il ragazzo, solo leggermente più forte di come erano state le sue scuse a Remus.
 
La testa di Remus si voltò verso la direzione da cui era provenuto il pugnale. “Cosa stai pensando di fare?” Urlò, anche se ancora non sapeva contro chi stava urlando. “Avresti potuto uccidere qualcuno.” Sentì ridere e vide un gruppo di tre uomini, tutti che indossavano vesti da cavaliere, e immaginò correttamente che fosse stato uno di loro a lanciare il pugnale.
 
“Continua a tenere addosso la gonna,” Lo sfidò quello in mezzo al gruppo. “Non ho mai mancato il mio bersaglio.”
 
“Beh, apprezzerei se tu non rischiassi la mia vita la prossima volta che vorrai esibirti.”
 
“Te l’ho detto, non manco mai il mio bersaglio.” Aveva dei capelli neri e un sorriso leggermente sbilenco. “Alzati, Betram.”
 
“Si, signore.” Il ragazzo si alzò e tenne il bersaglio alto così che gli coprisse il volto.
 
“Betram?”
 
“Si, signore?” Domandò, facendo capolino dalla cima del bersaglio.
 
“Corri!”
 
“Si, signore!” Strillò. Poi si mise a correre, meglio che poteva mentre portava quel bersaglio davanti al viso.
 
I cavalieri lanciarono altri pugnali a volare a mezz’aria, tutti colpirono il bersaglio e fecero inciampare Betram, finchè finalmente non cadde di nuovo a terra. Il bersaglio volò via dalle sue mani e atterrò vicino ai piedi di Remus. I cavalieri ruggirono dalle risate.
 
“Penso sia abbastanza.” Disse Remus, camminando verso il bersaglio per evitare che Betram lo raccogliesse. Non sapeva da dove veniva fuori tutto quel coraggio, ma sapeva che non poteva solamente rimanere li a guardare quel ragazzo mentre veniva bullizzato.
 
“Si?” Chiese il cavaliere. “E chi sei tu per dire ciò?”
 
“Il mio nome è Remus. Non ho nessuna autorità per dire-“
 
“Esatto, non ne hai. Quindi forse dovresti imparare-“
 
“Stavo parlando.” Disse Remus ad alta voce. Il cavaliere sembrò stupefatto. Infatti, l’intero cortile si era fatto silenzioso e stava ascoltando rapito lo scambio. Remus fece un respiro profondo, ma per una volta, l’attenzione degli altri non calmò il suo desiderio di parlare. “Non ho nessuna autorità per dirti cosa puoi e cosa non puoi. Ma io, al contrario tuo, ho una decenza. Essere un cavaliere non riguarda nobiltà ed onore? Cosa c’è di onorevole nel bullizzare un bambino che è la metà di te?”
 
“Non lo stavo bullizzando.” Disse il cavaliere rapido. “Stavo solamente-“
 
“Umiliandolo per impressionare i tuoi amici? Per fargli fare una risata?” Chiese Remus. “Non mi importa come lo chiami. Deve finire. Gli devi delle scuse.”
 
“Non puoi parlargli così.” Disse uno degli altri cavalieri, toccando la spada e avvicinandosi.
 
Stai camminando su una pericolosa linea sottile.” Aggiunse in accordo il cavaliere con i capelli scuri. “Sai chi sono io?”
 
“Suppongo di poter aggiungere l’arroganza alla lista dei tratti del tuo carattere. No, non so chi sei.” I cavalieri stranamente risero per questo.
 
“Il mio nome è James.” Disse, facendo qualche altro piccolo passo verso Remus e un veloce inchino.  Nonostante ciò, Remus ebbe la sensazione che fosse più per esibizione che come segno di rispetto e fece ghiacciare il sangue di Remus per la seconda volta da quanto era entrato a Camelot. “James Potter. E tu mio caro amico, hai bisogno di imparare come trattare i membri della famiglia reale.” James fece un sorrisetto e poi un cenno a delle guardie. Per un breve momento, Remus pensò che James lo avrebbe fatto uccidere lì nel mezzo al cortile. Pensò a sua madre, e a cosa avrebbe fatto quando una lettera sulla morte di Remus l’avrebbe finalmente raggiunta. “Gettatelo in una cella.” Disse invece James, e poi venne trascinato via verso il castello.
 
oOoOo
 
James stava fingendo al momento. Mentre rideva insieme ai suoi cavalieri su quello che quel ragazzo di nome Remus gli aveva detto. I cavalieri pensavano effettivamente che fosse divertente, da morire dal ridere addirittura, che qualcuno avesse osato parlare a James Potter come Remus aveva fatto. James comunque, non pensava che fosse divertente. Non lo trovava divertente per niente.
 
Betram era un ragazzino strano, ed era abbastanza inutile come servo per l’allenamento, ma era un tipo a posto. Era gentile e aveva buone maniere, non parlava mai male di James e sembrava sempre relativamente felice di vederlo, non importava cosa James dicesse o gli facesse. Forse James si era approfittato di ciò per farsi due risate. Forse era andato un po’ troppo oltre.
 
Non stava bulleggiando Betram. Non si stava comportando in modo crudele intenzionalmente. Era andato un po’ troppo oltre, ma non era stato crudele.
 
Pensò che forse Remus non era andato totalmente oltre la linea richiamandolo. Non che potesse fare qualcosa per la situazione di Remus. Remus non era di nessuno stato elevato per quanto ne sapeva James, e non gli era consentito parlare a James come aveva fatto. A nessuno tranne il padre di James era consentito parlargli in quella maniera, ed anche il re difficilmente trovava necessario correggere il comportamento di James.
 
Il che era abbastanza a sfavore di Remus, che stava solo provando a difendere Betram.
 
James provo a scrollarsi di dosso tutti i pensieri su Remus mentre camminava verso la sua stanza per cambiarsi per la cena. Appena raggiunse la porta colse un lampo di rosso nella sua visione periferica e si voltò per vedere una delle donne di servizio camminare lungo il corridoio con le braccia piene di bucato.
 
Era una ragazza pallida, vestita in abiti semplici un po’ troppo larghi per la sua figura esile. Aveva dei capelli rossi scuro tenuti lontani dal volto con un nastro, ma piccole ciocche erano sfuggite durante il giorno ed ora scivolavano avanti e indietro intorno al suo viso mentre camminava. Forse comunque il suo tratto più straordinario erano i grandi, luminosi occhi verdi.
 
La mano di James scivolò dalla maniglia della porta subito dopo averla vista, facendogli perdere l’equilibrio e sbattere la testa contro la porta. Si raddrizzò velocemente, si riscosse, e poi annuì alla ragazza. Lei fece un cenno di rimando, un tenue rossore le salì alle guance mentre provava meglio che poteva a non ridere. Poi se ne andò, leggermente più veloce di prima, giù per il corridoio.
 
James si maledì mentalmente per essersi comportato così da idiota. Poi si maledì mentalmente di nuovo per essersi preoccupato di come si era comportato di fronte a una semplice ragazza serva. Sebbene fosse una serva veramente bellissima, era lo stesso una serva. Lei era al di sotto di lui, ed era inutile avere questa fastidiosa attrazione per lei. Inoltre, non era che la ragazza avesse mai mostrato alcun interesse verso di lui. Comunque, questo probabilmente era perche lei sapeva che non avrebbe mai potuto esserci qualcosa tra di loro. Non poteva essere perche non era interessata a James. James era il prossimo nella linea per il trono, lui era il più grande guerriero di Camelot; faceva svenire tutte le ragazze. Perche lei avrebbe dovuto essere un’eccez-
 
“Sua altezza?” James venne distolto dalle sue meditazioni dal suo servo. “Vuoi che ti aiuti con la tua cotta di maglia?”
 
“Um…Sì. Certo, Benji. Mi serviranno anche i miei vestiti per la cena.” Benji in realtà non era il suo servo, ma un rimpiazzo temporaneo per il suo servo che aveva rassegnato le dimissioni dalla sua posizione per prendersi cura del suo unico figlio dopo che la moglie era morta di febbre.  James non era affezionato a Benji come lo era stato per il suo vecchio servo. Ma Benji era gentile, e adatto per una risata, quindi James era gentile in risposta.
 
“Certamente, sir.”
 
oOoOo
 
“Il ragazzo è stato completamente inappropriato, a gridarti addosso come se ne avesse avuto il diritto.” Esclamò Amos Diggory più tardi quella notte nella sala delle armi. I cavalieri dovevano ancora esaurire l’argomento e ciò cominciava a dare sui nervi a James. Durante tutta la cena, avevano riraccontato la storia a tutti i cavalieri e avevano fatto cambiare idea a James sul cenare con loro al posto che con suo padre e le guardie del re. Amos ridacchiò mentre ispezionava la lama della sua spada, “Anche se è sembrato abbastanza scioccato dopo aver scoperto chi eri, no?”
 
“Sfortunatamente, la sua ignoranza non lo giustifica.” Rispose James, per quella che pensava fosse la dodicesima volta. Non sembrava importare quanto insistentemente stesse provando a cambiare argomento, il soggetto della conversazione girava sempre intorno a Remus. Si sedette in una delle panche e si massaggiò le tempie con le punte delle dita.
 
Eravamo un po’ duri con Betram. Il ragazzo pensava solamente di essere d’aiuto.” Disse Amos, afferrando i suoi stivali ed riponendoli insieme alla spada sul fondo della parete con il resto delle sue cose.
 
“Io non c’ero,” Questo venne da Frank Paciock e James dovette voltare la testa per vederlo. Frank era più grande di James di cinque anni, e circa quindici centimetri più alto. James lo rispettava molto, e aveva apprezzato il fatto che Frank non aveva trovato necessario insistere sull’argomento fino a quel momento. “Ma direi che ci vuole un uomo piuttosto coraggioso per opporsi a tre cavalieri nell’interesse di una persona che nemmeno conosce.”
 
“Si, si,” Borbottò James, torcendo la sua cintura di pelle una volta di troppo e facendo strappare leggermente e schiarire di colore il materiale. La gettò a terra e si alzò. “Avete ragione entrambi. Remus ha della stoffa da vero eroe. Parlerò con mio padre più tardi per ridurre la sua sentenza e giudicarlo campione del reame o qualcosa del genere.” Roteò gli occhi ed estrasse i guanti dalle tasche, per poi lanciarli contro il muro. Caddero a terra e Benji corse a raccoglierli. James, che si era già piegato per raccoglierli da solo, digrignò i denti.
 
“Tre cavalieri, James.” Disse Arden Weasley, appena entrò nella stanza. Lanciò la spada ad uno degli altri servi che si aggiravano intorno e continuò rivolto alla stanza, “Tu, Amos ed io. La maggior parte degli altri cavalieri non ci dice quando ci stiamo comportando da coglioni. Dovresti fare molto più che abbreviare la sentenza.”
 
“Che stai dicendo, Arden? Vuoi che lo faccia cavaliere?”
 
“Ha fegato. È tutto quello che sto dicendo.” Rispose Arden, inclinando la testa di lato e sorridendo.
 
James sopirò. Si stava sentendo di nuovo impulsivo e non veniva mai niente di buono dal suo essere impulsivo. “Bene.” Si alzò.
 
“Dove stai andando?” Chiamò Amos dietro di lui.
 
“Le celle.”
 
“Ora?” Domandò Frank, correndo per raggiungere James, mentre Arden e Amos facevano lo stesso. “Starà dormendo probabilmente.”
 
“Non sta dormendo.” Disse Arden. “Hai mai provato a dormire nelle celle? È maledettamente scomodo.”
 
“Come lo sai?” Chiese Amos, rivolgendo uno sguardo divertito al suo compagno di armi.
 
“Sono stato… scortato fuori da una taverna qualche mese fa. Non ne ero esattamente felice quindi ho colpito una delle guardie in faccia. Pensava che mi avrebbe insegnato una lezione.”
 
“Sei un idiota.” Disse Frank, scuotendo la testa.
 
“Seriamente James, perchè lo hai fatto diventare cavaliere?” Rise Amos.
 
“Sono bravo con la spada, se vuoi ti do una lezione.”
 
“Perchè mi state seguendo?” Domandò James, stranamente infastidito dalla loro presenza.
 
Arden alzò le spalle. “Sembra più divertente che andarsene a letto.” Frank e Amos annuirono.
 
Quando raggiunsero le celle, le guardie sembrarono molto più che sorprese di vedere James, poiché raramente rientrava nei suoi affari scendere giù in quella parte del castello, ma gli porsero le chiavi senza domande.
 
“Remus,” Chiamò James quando raggiunsero la cella corretta. Il ragazzo si alzò, apparendo un po’ sorpreso e poi, quando vide chi era, si rabbuiò. James era stupefatto da questo ragazzo. Non mostrava paura, o rimorso, sembrava solamente arrabbiato. Aveva capelli color sabbia e profondi occhi verde foresta  che erano stretti a fessura. La sua mascella era chiusa e affilata. Non poteva essere più grande di James, ed era chiaro che non doveva mai aver fatto molto lavoro manuale, ma c’era qualcosa di lui che lo faceva sembrare intimidatorio e James non avrebbe saputo dire cosa.
 
“Sei venuto giù per-“
 
“Intendo fermarti dal dire qualsiasi cosa tu stessi per dire.” Disse James, alzando la mano per aria per mostrare a Remus di rimanere in silenzio. “Eri oltre la linea quest’oggi. Non è quello il modo di parlare ad un cavaliere, addirittura se è il figlio de re. Comunque,” Fece una pausa per assorbire la reazione di Remus, che fu quasi inesistente. “Temo che anche noi fossimo oltre la linea. Figlio del re o no, non ho il diritto di trattare i miei sottoposti come ho fatto e voglio che tu sappia che mi sono scusato con Betram, così come hanno fatto Arden e Amos.” I rispettivi cavalieri annuirono.
 
Remus non sembrava impressionato o contento di aver avuto una certo impatto su di loro. Rimase in piedi nella cella, i pugni chiusi ai lati e guardò James fisso negli occhi, la sua faccia priva di emozione. James oscillò il suo peso da un piede all’altro ed incrociò le braccia sul petto. “Voglio inoltre che tu sappia che ti ammiriamo per il tuo coraggio e non penso ci sia qualcosa per cui tu debba essere punito. Come ho detto, ero oltre la linea e qualcuno doveva dirmelo.”
 
“Seriamente?” Disse Remus, dopo un momento di pausa. “È tutto?”
 
“Beh,” Rispose James, stringendo i pugni. “Ti sto anche rilasciando.”
 
“Capisci che-“ Remus smise di parlare e strinse gli occhi. “Non importa. Non sono troppo desideroso di passare qui la notte. Grazie per la tua misericordia, sua altezza reale.”
 
James afferrò la sua cintura ed estrasse le chiavi; trovò quella corretta ed aprì la cella di Remus. “Prego.” Disse impacciato, un po’ insicuro su come dovesse reagire a ciò. Sentì Arden ridacchiare dietro di sé e volle colpirlo nell’intestino, ma si trattenne.
 
Remus lo superò e di avviò verso l’uscita. “Potresti essere un po’ più riconoscente.” Gli urlò dietro James, pentendosi della sua decisione quasi istantaneamente.
 
Remus smise di camminare e, senza voltarsi disse, “Sei tu quello che mi ha rinchiuso in primo luogo, perchè dovrei essere riconoscente?” Poi se ne andò rapidamente.
 
“Tutto battibecchi, fuoco e collera questo qui.” Sospirò Amos, grattandosi dietro il collo. James aveva il vago sospetto di non essere l’unico a trovare Remus intimidatorio.
 
“Ovvio che è sconvolto!” Disse Arden, non condividendo le sensazioni di James e Amos. “È stato rinchiuso in una cella tutto il pomeriggio. Tornerà nei paraggi.”
 
“Perchè ti piace così tanto?” Chiese Amos. “Non è così affezionato a te lui.”
 
“Eh. Nemmeno io mi sarei troppo affezionato se fossi in lui.” Arden scrollò le spalle. Arden Weasley era un uomo estremamente naturale, sempre pronto ad una risata a sue spese. James invidiava il suo atteggiamento spensierato a volte. “Ti senti meglio ora, James?”
 
“Sì.” Mentì James. “Ora andiamo a dormire. Alleniamo le reclute domattina.”
 
“Ma certo, sua altezza reale.” Arden fece un sorrisetto, sprofondando in un inchino. “Dormire. Questo significa non andare alla taverna Frank, hai sentito?” Frank sorrise, ma non disse niente. Si avviarono tutti fuori dai sotterranei.
 
“Non imbrogli nessuno, Arden.” Disse Amos. “Non che tu ci stessi provando.”
 
“Non so di cosa stai parlando.” Rispose Arden.
 
“Sai,” sospirò James. “Non sei così bravo con la spada.” Poi se ne andò, lasciando un cavaliere insultato con il sorrisetto che ancora doveva svanire completamente e gli altri due a ridere. Normalmente, ciò avrebbe fatto sentire James abbastanza bene, ma non quella notte.
 
Una volta fuori dai sotterranei, iniziò a correre. Remus non poteva essere andato troppo lontano e per qualche ragione, James voleva davvero parlare con lui.
 
Stava per girare a destra, verso il villaggio, quando udì dei passi arrivare da sinistra. Quasi sicuramente era Remus.
 
“Oi!” Chiamò James. “Re- Tu lì, fermati un minuto!” Remus si voltò ed ebbe nel vedere James la stessa reazione che aveva avuto nella cella.
 
“Che c’è adesso? I miei ringraziamenti non erano abbastanza sinceri? Stai per ributtarmi nella-“
 
“La smetteresti?” Chiese James, fermandosi prima di raggiungere Remus. “Mi dispiace davvero di averti rinchiuso nei sotterranei. È solo che non potevo lasciarti andare via dopo avermi parlato in quel modo. C’erano troppe persone intorno.”
 
“Non sei molto bravo nello scusarti.” Sospirò Remus, voltandosi. James lo raggiunse e lo afferrò per una spalla.
 
“Non sono ancora completamente convinto di doverti delle scuse.” Mentì. Remus roteò gli occhi. “Almeno non a te. Ho già ammesso di aver sbagliato per guanto riguarda Betram.”
 
“Allora cosa stai facendo ora?” James alzò le spalle.
 
“Temo che tu ti sia fatto un’impressione sbagliata di me.” Disse, provando a mettere in parole ciò che sentiva. “Non è mia abitudine terrorizzare i servi. Davvero, non lo è.”
 
“Quindi oggi era solo una brutta giornata?”
 
“Era solo un po’ di divertimento.” Disse James. “Doveva essere una risata.”
 
“Non per il ragazzo.” Rispose Remus.
 
“Vedi,” Disse James. “È questo che mi infastidisce. Non lo conosci nemmeno questo ragazzo, tuttavia continui a difenderlo a prescindere dalle conseguenze personali. Perchè?”
 
“Come ho detto prima, sono una persona per bene. O almeno provo ad esserlo.”
 
“È più di questo.” Disse James. Non sapeva perchè stava tollerando la sua maleducazione. Era stato educato a credere che le persone dovessero parargli in un certo modo. Dovevano comportarsi in una certa maniera intorno a lui. Remus stava facendo il completo opposto di ciò che dovevano fare le persone quando si rivolgevano a James, e per qualche ragione, a James questo andava bene. Certo, i cavalieri scherzavano con lui, ma c’era sempre una linea che non andava mai attraversata. A Remus o non importava della linea, oppure non ne conosceva l’esistenza. “Dove stavi andando comunque? Il villaggio è nell’altra direzione.”
 
“Lo so.” Sospirò Remus, stropicciandosi gli occhi. James notò che era esausto. “Ma vivo con il medico di corte, quindi non sto andando al villaggio.”
 
“Da quando? Conosco Silente da quando sono piccolo, non ha nessuna famiglia.”
 
“Da stamattina.” Rispose Remus. “ Lui è un amico di mia madre.”
 
“Quindi è per questo che non mi conoscevi? Non sei di qui vicino?”
 
“No, non lo sono. Vengo da Ealdor. Ora, sir, se non ti dispiace, ho avuto veramente una lunga, esaustiva giornata e mi piacerebbe davvero dormire un po’.”
 
“Si, certamente.” Disse James, quasi soddisfatto per come alla fine stava andando l’incontro. “Immagino che ti vedrò qua intorno, allora.” Non sapeva perchè avrebbe rivisto Remus in giro, ma per qualche ragione sapeva che sarebbe successo.
 
“Presumo di sì.” Rispose Remus. Rivolse a James uno sguardo confuso e poi se ne andò.
 
“Chi era quello James?” La protetta del re apparve accanto a James, facendolo leggermente sussultare. “Scusa, non volevo spaventarti.”
 
“Non l’hai fatto.” Disse veloce James, ma provò al suo meglio a non suonare sulla difensiva.
 
“Certo che no. Come avrei potuto?” Ghignò Bellatrix. Bellatrix Black era la protetta del re. La sua famiglia era morta cinque o sei anni prima e lei aveva vissuto con James e suo padre da allora. C’era stato un periodo in cui le persone a corte, ed anche il re stesso, si erano aspettati di vederli sposarsi quando avrebbero raggiunto l’età, ma come avrebbero potuto? Negli anni spesi insieme, lei era diventata come una sorella per lui, e lui un fratello per lei. Erano molto vicini ed andavano molto d’accordo. Lei era bellissima ovviamente, i suoi capelli lunghi e spessi le incorniciavano i capelli come una nuvola, arricciandosi intorno e cascando in boccoli, e i suoi profondi occhi marroni erano sempre caldi e accoglienti. Ma era come una parte della famiglia. “Ora, chi era il ragazzo con cui stavi parlando?”
 
La sua serva sostava dietro di lei, la stessa ragazza davanti a cui James si era reso ridicolo poco prima quel giorno, e tentò il suo meglio per non soffermarvi lo sguardo, altrimenti Bella se ne sarebbe accorta. Riusciva ad accorgersi di tutto. Nonostante ciò provò una veloce occhiata, la luce delle torce balzava sui suoi capelli in un modo che li faceva apparire come se stessero brillando, e i suoi occhi scintillavano e James pensò di non aver mai visto nessuna di più bella. Si schiarì la voce e tornò a guardare Bella.
 
“Il suo nome è Remus. È uno nuovo di qui. Vive con Silente. A quanto pare viene da Ealdor.”
 
“Dove si trova?”
 
“Non ne ho la minima idea.”
 
“Affascinante.” Rispose Bella lentamente. James lanciò un’altra occhiata veloce alla serva di Bella, che ricordò a Bella la sua presenza. “Oh, Lily!” Si voltò e le prese la mano. “Non intendevo tenerti fino a così tardi, puoi andare a casa per oggi.”
 
“Ne sei sicura, mia lady?” Lily parlò con una certa eleganza che James non si era aspettato e si accorse che quella era la prima volta che sentiva la sua voce.
 
“Penso di potercela fare ad andare a letto da sola stanotte.” Sorrise Bella.
“Allora immagino che ci vedremo domattina, sua grazia.” Lily fece un inchino sia a Bella che a James e poi lasciò il corridoio.
 
Quando James di voltò nuovamente verso Bella, dopo aver inconsapevolmente guardato Lily andarsene, Bella stava sorridendo. “È proprio una cosetta carina, vero?”
 
“Cosa?” Chiese James, provando e fallendo a suonare indifferente. “Non ho mai davvero visto, suppongo- Voglio dire ha un particolare colore dei capelli.”
 
“Cosa c’è con te e i popolani oggi, James?” Domandò Bella, ancora sorridendo.
 
“Non ho la più pallida idea di che cosa tu stia parlando.” James fece un respiro profondo e le augurò la buonanotte prima di imboccare la sua strada fuori dal corridoio. 






Secondo capitolo! Spero che la storia cominci ad affascinarvi... Ci sono tanti nuovi personaggi in arrivo! Non siate timidi, lasciate qualche recensione, ho bisogno di sapere il vostro parere :) Al prossimo!

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Capitolo 3
*** Sul Pesce e Streghe Assassine ***


Sul Pesce e Streghe Assassine

Tutti soccomberanno al potere dell’amore.
~Sconosciuto
 
Sul Pesce e Streghe Assassine
 
Lily rimase a letto un momento più a lungo di quanto avrebbe dovuto, e fissò il soffitto. Aveva davanti a sé una giornata veramente lunga, e avrebbe potuto essere di almeno due ore più corta se sua sorella non avesse insistito nel comportarsi come… beh, sua sorella. Petunia Evans avrebbe potuto facilmente concludere le commissioni che servivano a suo padre in giornata, anche se Lily in realtà riteneva che avrebbero dovuto essere portate a termine da Petunia. Sarebbe stato molto più facile per sua sorella uscire più tardi durante il giorno ed acquistare le cose che servivano a loro padre per la casa ed il lavoro, ma Petunia riteneva se stessa al di sopra di certe cose. Così toccava a Lily svegliarsi prima del normale, prima di dover salire al castello, e recarsi giù al mercato prima che il sole avesse anche solo iniziato a sorgere dalle montagne.
 
Petunia Evans era di due anni più grande di Lily e, nell’opinione della sua sorella più piccola, una ragazza davvero stupida. Impiegava la maggior parte del suo tempo camminando per le strade con le amiche, aspettando che arrivassero degli spasimanti a corteggiarla, o almeno questo era ciò che sembrava alla sua sorella minore. Petunia non aveva un lavoro e raramente faceva qualcosa per aiutare in casa. Suo padre diceva che ciò accadeva perchè Petunia era delicata, ma Lily sapeva che il vero motivo per il quale Petunia stava fuori di casa così spesso era perchè non voleva vedere Lily. Le due ragazze non andavano molto d’accordo da quando erano bambine. L’ultimo ricordo piacevole che Lily aveva di Petunia era quando sua madre era ancora con loro.
 
Suo padre aveva provato a parlare con Petunia la sera prima, chiedendole di andare al mercato per lui, ma lei gli aveva spiegato, in un ridicolo accento con cui parlavano tipicamente i nobili, che semplicemente non aveva tempo per correre al mercato. Aveva una colazione con Yvonne e due gentiluomini di Wolfpine, una città vicina conosciuta per la sua prosperità. Spiegò che non poteva disdire, perchè la zia di Yvonne aveva desiderato l’incontro delle ragazze con questi uomini per molto tempo.
 
“Inoltre, papà,” Continuò Petunia, appoggiando una piccola mano pulita sulla spalla del padre. “Non vorrai farmi andare tutta sola al mercato ora, no? Non sono molto pratica quando si tratta di maneggiare del denaro e quegli uomini saranno in grado di dirtelo. Si farebbero gioco di me.” Lily voleva tirare qualcosa di davvero pesante contro la testa della sorella, ma si trattenne e optò per immaginarsi seduta sulla riva del fiume. Pretese di non sentire suo padre che ingoiava le scuse ridicole di sua sorella, e di star catturando tartarughe e cogliendo fiori come faceva da bambina.
 
E ora, Lily era in piedi prima di dover andare a lavoro, a fare ciò che suo padre aveva bisogno fosse fatto. Peraltro, non molte persone erano sveglie così presto e ciò rendeva le commissioni un po’ più difficili. Lily dovette svegliare un uomo al molo e chiedergli se il carico di ferro fosse già arrivato, poi dovette svegliare due ragazzi così che portassero il ferro al negozio di suo padre per lei. Furono estremamente seccati, ma si rallegrarono un po’ quando Lily dette ad ognuno una moneta d’argento per averli scomodati.
 
Quando tutto ciò fu finalmente finito, il sole stava appena cominciando a sbucare da dietro le montagne, così Lily si avviò verso il castello, senza aver mangiato niente per colazione e con il bordo del vestito ancora bagnato dopo che era stata giù al molo.
 
“Non so perchè non l’ha potuto fare lei.” Borbottò a sé stessa, mentre si affrettava per il corridoio diretta alle camere di Lady Bellatrix. Non aveva nemmeno avuto l’occasione di legarsi i capelli quella mattina, ed era piuttosto difficile legare un nastro mentre si muoveva veloce così come stava facendo. “Mi farà fare tardi uno di questi giorni, e poi cosa farà? Non saremo in grado di permetterci la nostra casa e sarà disp- Oof!-“
 
Lo sproloquio di Lily venne interrotto quando voltò l’angolo e si scontrò con il Principe James. Senza realizzare chi fosse, Lily sibilò rabbiosa. “Perchè non guardi dove vai?” Chiese, tirandosi i capelli dietro le orecchie, prima di raccoglierli ancora per provare di nuovo a legarli.
 
“Sono terribilmente dispiaciuto.” Rispose James velocemente, allungando una mano e posandola sul braccio di Lily. “Non ti ho fatto del male, vero?” Lily alzò lo sguardo ed arrossì. Ovviamente aveva sbattuto contro James. I capelli le ricaddero in onde dietro la schiena quando le sue mani corsero ai fianchi ed afferrarono il vestito. Il suo inchino fu goffo.
 
“Mi dispiace, sir.” Mormorò, tentando di eliminare il suo accento. Stava ancora parlando come se fosse giù al mercato. “Non ho realizzato che eri tu. Avrei dovuto guardare-“
 
“È colpa mia.” Disse James rapido, senza lasciarla continuare con le sue scuse. Lily strinse le labbra ed esaminò l’uomo davanti a sé. Questa era la terza volta in due giorni che lo vedeva, che gli era vicina. Normalmente, non lo vedeva quasi per niente. Solo quando andava nella stanza di Bella per una visita, o se Bella si faceva accompagnare da Lily a cena.
 
“Va bene, ma non ti avrei dovuto parlare in quel modo.” Rispose, sempre arrossendo. “ È stato inappropriato.” Non che tutto quell’incontro non fosse inappropriato, ma questo non poteva dirlo. Doveva trattenere la lingua ed essere gradevole. Due cose che a Lily Evans non piacevano particolarmente.
 
“Insensato.” Disse James. Poi rise un po’ e guardò in basso. “A quanto pare ho bisogno di persone che mi gridano addosso un po’ più spesso.” Lily gli rivolse un’occhiata veloce, leggermente confusa riguardo cosa stesse parlando, ma poi si ricordò che Bella poteva svegliarsi in ogni momento.
 
“Vado allora.” Rispose, superandolo e rivolgendogli un altro inchino. “Buona mattinata, sua altezza.”
 
“Anche a te, Lily.”
 
Lily interruppe la camminata e si voltò per guardarlo, ma se ne era già andato per il corridoio. Come sapeva il suo nome? Non era la sua serva, ed era quasi sicura che quella fosse stata l’unica conversazione che avevano mai avuto. Era un pensiero strano, che il Principe sapesse chi era lei. Poi si ricordò della notte precedente, di come lui aveva continuato a lanciarle sguardi così spesso, che Lily aveva immaginato fossero perchè non la voleva lì, ad origliare una conversazione privata, ma dopo lo scambio di quel giorno, forse c’era una ragione differente se lui continuava a guardarla. Si riscosse da quei pensieri e di affrettò verso la camera di Bella.
“Oh, eccoti qua.” Esclamò Bella quando Lily aprì la porta qualche momento più tardi. Era ancora seduta sul letto, sebbene molto sveglia. Lily sapeva che aveva aspettato il suo arrivo. “Stavo cominciando a preoccuparmi.”
 
“Mi dispiace molto, Lady Bellatrix.” Sospirò Lily. “Mi sono imbattuta nel principe pochi momenti fa.”
 
“Bene, allora sono io che dovrei essere dispiaciuta, no?” Rise e Lily sorrise con calore. Il rapporto che c’era tra Bella e James era molto più come quello tra una sorella e un fratello. Scherzavano e si infastidivano a vicenda, ma tutti sapevano che tenevano molto uno all’altra. “ È così un idiota arrogante; un amabile idiota arrogante, ma comunque un idiota arrogante.”Lily tirò indietro le coperte di Bella, poi fece un passo indietro così che Bella potesse uscire dal letto. “Cosa voleva da te poi? Sembra che stia annaspando senza un servo permanente per sé.”
 
“Non voleva niente. Volevo dire che mi sono scontrata con lui. Stavo girando un angolo e abbiamo sbattuto uno nell’altra.”     
 
“Oh cara! Stai bene?”
 
“Sto bene. Nessun ferito.”
 
“Menomale.” Svolazzò verso il suo armadio e passò le dita sui tessuti. “Perchè non scegli i miei vestiti oggi, Lily. Hai un così buon gusto coi colori.”
 
“Grazie, mia lady. Ne sarei felice.”
 
“Voglio qualcosa di impressionante però. Devo andare ad una cavalcata con il re più tardi.”
 
“Ma certo, mia lady.”
 
“Lily?”
 
“Si?”
 
“Perchè puzzi di pesce?” Lily si morse un labbro e maledì ancora una volta sua sorella.
 
oOoOo
 
Era l’una passata e Lily non aveva ancora mangiato niente. Non sono era affamata, ma stava anche provando a curarsi il mal di testa e a coprire il brontolio del suo stomaco ogni volta che Bella era nei paraggi. Era sgattaiolata nella cucina dopo aver preparato Bella per la cavalcata con il re, ma la cuoca l’aveva scoperta e buttata fuori. Tutto ciò che era stata in grado di procurarsi era una mela raggrinzita, e solo perchè qualcuno gliel’aveva lanciata dietro dopo che la cuoca le aveva urlato di andarsene. Era un po’ molliccia e finì col darla da mangiare ad uno dei cavalli delle guardie. Ed anche il cavallo non sembrò troppo soddisfatto.
 
Aveva forse un’ora o due prima che Bella tornasse dalla cavalcata quindi andò fuori nel cortile, sperando di comprare un po’ di pane o della frutta, ma invece incontrò Remus, il ragazzo strano che si era trasferito in città il giorno prima. Non sapeva cosa pensare di lui ancora. L’aveva visto opporsi al principe, anche se non sapeva decidersi se ciò lo rendeva coraggioso o stupido. Decise che lo rendeva un po’ di entrambe. Curiosa di sapere come fosse capace di camminare libero nel cortile dopo lo spettacolo di ieri, decise di avvicinarsi e parlargli.
 
“Ciao, Remus.” Disse allegramente, camminandogli vicino. Lui sussultò lievemente, la sua testa scattò intorno per vedere chi fosse. Questa era un’altra cosa strana di lui. Era un tipo piuttosto nervoso, soprattutto per qualcuno che aveva avuto il coraggio di opporsi a tre cavalieri senza nemmeno possedere una spada di alcun tipo. Si rilassò quando la vide comunque e la salutò con un sorriso appena accennato. Lily non sapeva dire se lui fosse più contento o più deluso di vederla, ma decise di non chiedere. Non le capitava spesso di parlare con persone della sua età. Eccetto Bella, in realtà non riusciva a parlare molto con nessuno, e non era selettiva riguardo potenziali amici. Anche se questo potenziale amico era già riuscito a far arrabbiare il principe in meno di un giorno…
 
“Lily! Ciao. Cosa ci fai qua?” Chiese lui, gli occhi rossi ed esausti. Stava quasi per fare un commento su quanto non stesse facendo molto per convincerla che non era malato, ma ci pensò meglio e decise invece di rispondere semplicemente alla sua domanda.
 
“Al castello dici?” Lui annuì. “Beh, sono la serva personale di Lady Bellatrix.” Sobbalzò appena le parole lasciarono la sua bocca e scosse la testa, il che gliela fece pulsare dolorosamente. Chiuse gli occhi per un momento prima di continuare, “Ho provato a farlo suonare impressionate infilandoci ‘personale’ dentro. Sono solo una serva comunque.”
 
“Suonava impressionante.” Disse Remus con un sorrisetto che sembrava un po’ più sincero del primo. “E devi stare al castello tutto il giorno, il che deve essere piacevole.”
 
“Si.” Sospirò Lily, spostando delle ciocche di capelli di nuovo dietro l’orecchio. Poteva sentire il suo stomaco brontolare e augurò a sua sorella l’inferno per la centesima volta quella mattina. Sperò che Remus non potesse sentirlo. “Posso vedere tutte le belle cose della vita che non avrò mai. È grandioso.”
 
“Immagino che tu possa vederla così.” Disse Remus, infilandosi le mani nelle tasche e guardando in basso. “Io tuttavia ho scelto di no.” Lily stava iniziando a pensare che Remus fosse una di quelle persone da bicchiere mezzo pieno. Se voleva essere sua amica, doveva iniziare a smetterla con le sue osservazioni pessimiste.
 
Non stava facendo davvero una buona impressione su quel ragazzo.
 
“Oh, lavori anche tu nel castello?”
 
“Dunque, sto facendo l’assistente di Silente fino a quando non riesco a trovare un lavoro pagato.”
 
“È divertente. Ti insegnerà a fare il medico?” Remus rise.
 
“Dubito che ne sarei capace.” Ok, forse non era il tipo di persona da bicchiere mezzo pieno. Lily di solito si vantava di essere in grado di leggere le persone, ma Remus non era molto il libro aperto che di solito erano le persone intorno a lei. Forse il suo mal di testa la stava confondendo.  O forse era la mancanza di cibo.
 
“Perchè no?”  Chiese Lily, intravedendo un carrello di noci affumicate. Si forzò a guardare Remus. “Sei intorno ad un grande medico tutto il giorno, hai tutti i libri intorno a te. Se tu lo volessi, potresti imparare.”
 
“Suppongo di si.” Guardò in basso verso il terreno e calciò con un piede un sasso.
 
“Oh non fare il timido adesso.” Disse Lily, dimenticandosi la fame avendo trovato un modo per portarlo verso l’argomento che l’aveva spinta nella sua direzione in primo luogo. “Ho visto cosa hai fatto ieri.” Remus alzò lo sguardo su di lei.
 
“Cosa?”
 
“Ti ho visto opporti al Principe James. Non solo al Principe James, ma anche agli altri due cavalieri. È stato molto impressionante.”
 
“Oh, quello.” Remus corrugò la faccia e strinse insieme le labbra. “Sai che mi ha sbattuto in una cella per quello.”
 
“Beh, sono sorpresa che sia tutto quello che ha fatto. In effetti, ero molto più che un po’ sorpresa di vederti  già camminare in giro. Come hai fatto a tirartene fuori? Il Re ha imprigionato persone per molto meno.”
 
“Questo è incoraggiante.” Mormorò Remus a bassa voce. Poi afferrò e tirò una ciocca dei suoi capelli. “Questa è la parte più strana infatti, no?” Guardò verso di lei e scosse la testa. “Il principe è sceso nei sotterranei qualche ora dopo e si è scusato. Non lo conosco molto bene, ma da ciò che ho visto ieri, questo sembra estremamente al di fuori del suo carattere.”
 
“Beh, la tua offesa non era così grave. E hai fatto qualcosa di veramente nob- Aspetta, che? Si è scusato?” Remus annuì. “James Potter è venuto giù e si è scusato con te?” Le parole “idiota arrogante” risuonavano nella sua testa da quella mattina. “Davvero?”
 
“Si. E ha portato tre dei suoi cavalieri, ed anche loro si sono scusati e poi mi hanno lasciato andare.” Questo spiazzò Lily. Una cosa era scusarsi con lei mentre erano da soli dopo che gli era sbattuto addosso, ma un’altra totalmente diversa era scusarsi con qualcuno che l’aveva pubblicamente richiamato dalle sue azioni sbagliate. E si era scusato niente meno che con un pubblico.
 
“Non lo capisco.” Disse Lily. “Non riesco a credere che abbia ammesso di aver sbagliato. E di fronte ad alcuni dei suoi cavalieri. Oh, avrei voluto vederlo.”
 
“Il fatto che tu sia così sorpresa mi fa preoccupare sullo stato del nostro regno.”
 
“Shh.” Disse Lily, guardandosi dietro una spalla. “Vuoi finire di nuovo nei sotterranei?”
 
“Non verrò gettato nei sotterranei per aver detto… aspetta, no vero?”
 
“Non lo so, ma non puoi camminare in giro insultando la famiglia reale così.”
 
“Giusto. Bene, dovrei tornare da Silente. Ci vediamo in giro.”
 
“Sono sicura di si. Buona giornata.”
 
“Anche a te.” Rispose lui.
 
Lily lo guardò andarsene, ma non sprecò molto tempo ad affrettarsi verso il carrello delle noci e comprarne una piccola busta. Mentre camminava verso la sartoria, dove aveva da ordinare tre abiti da sera e un altro che Bella le aveva chiesto di rammendare, riflettè sull’incontro precedente con Remus.
 
Sembrava turbato dalla sua apatia decise dopo aver raggiunto il secondo piano e finito metà delle noci. Aveva fatto dei commenti strani all’esecuzione che lo avevano rabbuiato e poi aveva parlato dell’abuso di potere del re solamente con avvertimento nella voce. Lui era nuovo nella città, fresco da un grazioso paese agricolo immaginò, e non era abituato ai metodi del reame. Anche se ciò non rendeva giusti i metodi del reame, pensò Lily. Sapeva che non era giusto decapitare qualcuno senza evidenze concrete, e che il re non avrebbe dovuto gettare persone in prigione in modo poco serio come faceva, ma a lei serviva il suo lavoro e aveva visto persone andarsene per molto meno di un insulto alla famiglia reale. La sua famiglia non poteva permettersi che Lily avesse certi pensieri, quindi non ci pensava mai.
 
Lily si promise che avrebbe trovato un modo per spiegare tutto ciò a Remus e poi, dopo aver raggiunto la sartoria, spinse la porta aprendola e cominciò di nuovo a lavorare. “Buon pomeriggio, Madama McClan.”
 
“Buon pomeriggio, Lily. Hai parlato con Bella riguardo il procurarmi un po’ più di mani qui?”
 
“Glielo chiederò appena sarà tornata dalla sua cavalcata.” Rispose Lily, appoggiando le sue noci su un lungo tavolo di pino coperto di satin, seta, pizzo, velluto e cotone. Madama McClan sedeva a capo tavola, un abito da sera blu drappeggiato sul suo grembo mentre lavorava per cucire centinaia di perline sul colletto. “Bella sarà soddisfatta con quel vestito.”
 
“Questo non è per Bella.” Disse Madama McClan, agitando con fare esperto l’ago attraverso il tessuto delicato. Accennò verso la sua sinistra e Lily seguì il movimento. “Quello di Bella è qui.”
 
Lily si avvicinò al vestito e fece scorrere una mano sulle maniche di pizzo. “È adorabile.” Sussurrò.
 
“Mettilo.” Disse Madama McClan, facendo un nodo nel suo filo e tagliandolo in due. Incastrò l’ago in un nastro del tessuto infilato nella scollatura e fissò Lily.
 
“Perchè dovrei metterlo?” Chiese Lily, presa alla sprovvista.
 
“Perchè tu e Bella siete finalmente, fortunatamente, della stessa taglia.” Disse la sarta sbrigativamente. “E perchè Bella non ha mai il tempo di venire e provare i suoi vestiti e poi si lamenta con me quando non le stanno. Basta fare domande e indossa quel vestito.” Poi Lily venne spintonata dietro un paravento di carta fine.
“Puzzo di pesce.” Avvertì Lily, sgusciando fuori dal suo vestito. Non aveva notato che lei e Bella avevano la stessa taglia, ma forse era perchè non aveva mai saputo di che taglia fosse. Tutti i suoi vestiti erano troppo grandi perche li prendeva dal cesto che Madama McClan teneva nella stanza per le serve che entravano al castello senza niente di adatto da mettere.
 
“Non mi importa di cosa puzzi. Spruzzerò del profumo sul vestito se lo fai puzzare. Solo muoviti. Ho un’altra dozzina di vestiti da finire in giornata.”
 
La seta era come acqua, scivolava giù in onde e sembrava una pozza sul pavimento una volta che l’ebbe passato sopra la testa. Le maniche erano leggere e areate sulle sue braccia, niente a che fare con il ruvido cotone di cui erano fatti i suoi vestiti. Uscì fuori da dietro al paravento e spinse i capelli dietro le orecchie.
 
“Mettiti qui.” Madama McClan indicò un piccolo sgabello nell’angolo della stanza e poi iniziò ad estrarre degli spilli da una striscia di tessuto e si affrettò verso Lily. Per un momento Lily temette di essere bucata, ma le mani di Madama McClan sapevano cosa stavano facendo, anche se sembrava che lei non le stesse controllando. Avvicinò del tessuto, lo avvolse, lo strinse. Lily osservava, pensando alle proprie dita goffe ed alla quantità di tempo che avrebbe impiegato lei per fare qualcosa del genere. In effetti, c’era un motivo per il quale Madama McClan era la più richiesta delle sarte a Camelot e Lily era una serva.
 
Ci fu un improvviso colpo alla porta e Madama McClan lasciò andare un sospiro, mentre uno spillo le sfuggiva dalle labbra. Soffiò e si piegò per raccoglierlo. “Avanti.” Chiamò, ancora inginocchiata sul pavimento alla ricerca dello spillo di metallo.
 
“Sono venuto a ritirare il mio- Lily?” Lily alzò lo sguardo e rimase attonita nel vedere, per la seconda volta quel giorno, James Potter. “Cosa fai qui?” Si guardò intorno, controllando di essere entrato nella stanza giusta. A causa del tavolo, non poteva vedere Madama McClan accucciata a terra, che ancora cercava lo spillo.
 
“Beh- Io- Umm-“ Lily scosse la testa e si maledisse. Lui doveva pensare che lei stesse giocando con i vestiti di Bella, che era sgattaiolata via per provarli e fingere di appartenere alla famiglia reale. “Non è-“
 
“Cosa ti serve, Sir?” Madama McClan si rialzò, piazzando lo spillo al suo posto. James sembrava essere in mancanza di parole e stazionava sulla porta con la bocca leggermente aperta. “Sir?” Ripetè lei. Lily si sentì arrossire e abbassò lo sguardo sul pavimento. E se lui l’avesse detto a Bella? Lily sapeva che non stava facendo niente di male, ma questo non significava che a Bella andasse bene che Lily indossasse i suoi vestiti.
 
“Io-“ Lui si schiarì la gola e passò una mano tra i capelli. “Sono venuto per prendere i miei vestiti.”
 
“Ma certo.” Madama McClan si affrettò verso una stanza più piccola sul retro della sartoria ed iniziò a frugare tra le montagne di ordini. Lily rimase in piedi sullo sgabello a disagio, James sulla soglia.
 
“Abbiamo la stessa taglia.” Disse lei d’impulso, insicura su quando avesse dato alla sua bocca il permesso di lasciare uscire fuori delle parole, soprattutto quelle che non avevano alcun senso. Vide la fronte di James corrugarsi in confusione. Fede un respiro profondo e si forzò a spiegare. “Io e Bella abbiamo la stessa taglia. Lei pensa che le prove siano noiose quindi Madama McClan mi ha chiesto di farlo per lei.” E poi, visto che se ne era dimenticata, “Sua altezza.” Il suo inchino fu impacciato, impossibilitato come era a muoversi per paura di venire bucata o di perdere l’equilibro e cadere dallo sgabello.
 
“Ah.” James annuì, sorridendo. “Bene, non lascerei Bella vedertelo addosso. Non lo indosserebbe mai,” Lily guardò in basso, arrossendo ancora di più. Non c’era niente come una buona parlantina per farti cadere qualche gradino più in basso- “Sapendo che non può sperare di sembrare bella come la sei tu con quello addosso.”
 
La bocca di Lily si aprì, ma qualsiasi risposta potesse aver avuto le morì nella gola. Per fortuna, Madama McClan uscì dalla stanza sul retro con un mantello rosso scuro ed un vestito da sera. “Ecco i tuoi vestiti, mio signore.”
 
“Grazie mille Madama. Vi auguro una buona giornata, signore.” Prima di voltarsi per andarsene, fece un occhiolino a Lily.
 
oOoOo
 
Sirius Black non era ciò che uno avrebbe potuto chiamare un brav’uomo. Anche se, parlando seriamente, nemmeno era un uomo esattamente cattivo. Passava la maggior parte del suo tempo in taverne, fregando ad uomini dalla morale discutibile stipendi guadagnati duramente per poi spenderli in bevute e donne. A dire la verità, Sirius Black spesso non doveva spendere nessuna delle monete guadagnate in modo sporco in donne. Di solito erano loro a gettarsi su di lui perchè Sirius Black era quel tipo d’uomo.
 
Aveva una linea della mascella decisa, un naso lungo e sottile, un sorriso malizioso che faceva tremare le ginocchia, misteriosi occhi grigi che sembravano sempre guardarti dentro e lunghi capelli scompigliati che amava lasciare a coprirgli metà volto. In breve, era un uomo estremamente attraente.
 
Al momento comunque, Sirius Black era un uomo estremamente ubriaco. Dopo aver speso metà del pomeriggio imbrogliando uomini in combattimenti con la spada e gare di tiro con l’arco, si era guadagnato un bel po’ di monete. Più del solito comunque, e ciò significava che probabilmente il giorno dopo sarebbe dovuto partire. Né all’uomo che aveva battuto avrebbe fatto piacere vederlo in giro molto a lungo, né agli altri avrebbe fatto piacere essere sconfitti più di una volta da lui. In più, una volta che tutti si fossero accorti che non potevano batterlo, non avrebbe più guadagnato del denaro. Ogni tanto, uno o due tra loro sarebbe stato presuntuoso o ubriaco abbastanza da chiedere una rivincita, che Sirius avrebbe sempre accettato, e poi avrebbero perso molti più soldi e si sarebbero arrabbiati. Era un circolo vizioso. Avrebbe potuto uscire e cercarsi un vero lavoro, ma si piaceva più come nomade e non trovava interesse nello stabilirsi in un posto.
 
Quindi sì, se ne sarebbe dovuto andare il giorno dopo. Si sarebbe procurato un cavallo (non suo ovviamente, non poteva affatto permettersi un cavallo) ed avrebbe cavalcato fino ad un’altra città.
 
“Signor Black?” La proprietaria dietro il bancone abbassò la testa fino a che non fu vicina alla sua. Aveva capelli castano scuro come gli occhi. Se fosse stata qualche anno più giovane, Sirius l’avrebbe definita bellissima. “Tutto bene?” Doveva averglielo chiesto perche Sirius non si era propriamente  mosso in quasi un’ora. La sua testa era appoggiata sul braccio  steso mollemente sul bancone e i piedi erano sollevati sullo sgabello vuoto vicino al suo. C’era un’unica candela accesa nella stanza, poiché Sirius e la barista erano gli ultimi due rimasti nella taverna. Se ne erano andati tutti quasi un’ora prima.
 
“Che domanda, m’signora.” Rispose Sirius. Si lasciò sfuggire uno sbadiglio e si alzò, stirandosi i muscoli, ma mantenendo lo sguardo fisso sulla candela ondeggiante. “Ma ne ho anche io una per te. C’è qualcuno di noi che starà bene?”
 
“Scusami?” Chiese la donna radunando alcune tazze vuote in fondo al bancone e depositandole nel lavandino. “Direi di sì. E poi, non sono io quella ubriaca all’inverosimile, grazie mille.”
 
“Alla fine intendo,” Disse lui, impastando leggermente le parole. Si avvicinò per toccare la fiamma con le dita, ma la barista si sporse e sottrasse la candela alla sua presa. Gli occhi di lui scattarono via dalla fiamma e trovarono il suo viso. Era stanca e sfinita e Sirius si sentì in colpa per averla intrattenuta fino a tardi, ma ancora non abbastanza in colpa per andarsene di già. “Moriremo tutti,” Disse, guardandola dritta negli occhi. “Quindi c’è qualcuno di noi che starà davvero bene?”
 
“Se siamo onesti e sinceri,” Rispose lei con uno sguardo tagliente verso l’uomo ubriaco che le stava davanti. “Dio ci lascerà andare in paradiso, figliolo. Se siamo buoni, dobbiamo andare in paradiso.” Sirius rimase in silenzio per un momento, mentre ci pensava. Poi sospirò e portò una mano al petto.
 
“Quindi sono dannato allora?” Chiese, più curioso che altro. “Non sono stato onesto o sincero un giorno nella mia vita. Non buono nel modo più definitivo.”
 
“Dio può perdonare tutti.” Disse lei, prendendogli il boccale vuoto e riempiendoglielo. “Se chiedi, può perdonarti.”
 
“Non ho chiesto di riempierlo ancora.” Rispose Sirius, afferrando comunque il boccale. Prese un sorso lungo e lento lasciando che il liquido caldo facesse la sua magia nel suo corpo. Sentì le dita dei piedi e i polpastrelli formicolare e la sua testa stava nuotando in una nebbia nuvolosa che si inspessiva di più ad ogni sorso.
 
“Questo lo offre la casa.” Disse lei, prendendo uno straccio e passandolo sul bancone. “Mi hai fatto dispiacere per te ora, povero ubriaco pazzo.”
 
“Come ti chiami?” Chiese Sirius. Poi aggiunse con più sincerità che potè, “Sono stato in molte taverne, ma penso che tu sia una delle bariste più carine che abbia mai conosciuto. Dandomi boccali gratis ed il resto.”
 
“Ti ringrazierei gentilmente se tu non fossi così ubriaco ragazzo.” Sorrise. “Il mio nome è Emmaline, ed il tuo?”
 
“È Sirius.” Rispose, scacciandolo con la mano come se fosse una distrazione. “Emmaline… è un nome insolito.” La barista annuì. “Anche molto carino.” Lei arrossì. Arrossivano sempre. “Hai un altro nome Emmaline?”
 
“Vance. È Emmaline Vance.”
 
“Come pensavo.”
 
“Cosa intendi con questo?”
 
“Hai una cugina a Lorkeep, no? Doe- Intendo Dorcas Meadowes.”
 
“Come conosci Dory?”
 
“L’ho incontrata a Lorkeep.”
 
“Come sapevi di me allora?” Emmaline aveva appoggiato le mani sui fianchi. “Lei non va a raccontare di me agli stranieri. Non sono il tipo di cui ci si vanta in giro, lavorando in una taverna ed il resto. Il mestiere non guadagna molto rispetto nella famiglia.”
 
“Dovrebbe. Comunque, conosco la tua famiglia.” Disse Sirius con un altro sbadiglio. “Io sono un Black.”
 
“Giusto,” Lei appoggiò lo straccio e lo guardò scetticamente, le mani che tornavano sui fianchi. “Lo sei davvero? Voglio dire, ci assomigli, ma i Black non frequentano taverne come queste normalmente. Pensano di essere superiori della maggior parte della gente che viene qui.”
 
“E i Vance no?” Chiese lui, alzando un sopracciglio insinuante e abbozzando un sorriso. Emmaline alzò le spalle, evitando ora il contatto visivo.
 
“Io e la mia famiglia abbiamo avuto le nostre incomprensioni, ed ora sono qui. Penso che ti dica tutto quello che c’è da sapere.”
 
Sirius annuì fiaccamente. “È giusto. Anche io non sono il tipico Black, no? Mi piace pensarmi come ad una persona decente.”
 
“Ti ho visto imbrogliare più di una dozzina di uomini oggi. E non mi hai detto cinque minuti fa che non sei mai stato onesto e sincero un giorno nella tua vita?”
 
“L’ho fatto.” Fece un sorrisetto. “Penso tu abbia ragione. Non sono una persona decente. Ma non ho imbrogliato quegli uomini, quelli erano scommesse corrette.”
 
“Sapevi che avresti vinto.” Disse Emmaline.
 
“Non sapevo che avrei vinto. Anche se, lo supponevo.” Concesse lui.
 
“Quindi sei un tipico Black allora?” Chiese lei, la testa inclinata su un lato. Lui chiuse gli occhi per un momento e quello fu l’unico che gli ci volle per vedere i lampi di facce arrabbiate, sentire le grida che lo avevano inseguito fuori di casa. Non era più nella taverna, ma piegato su una pozza di sangue a tenersi una mano zuppa, nella vana speranza di poter ritirare tutto, di poter mettere fino a quell’incubo-
 
Emmaline tossì e quando riaprì gli occhi, era ancora nella taverna. Le sue nocche erano bianche per aver stretto il boccale e lo spinse attraverso il bancone, non sentendo più il bisogno di bere.
 
“A quanto pare.” Disse amaramente. “Sono più bello però.” Emmaline fece schioccare la lingua.
 
“Non ne sono sicura.”
 
“Andiamo, Emma. Almeno concedimi questo.” Le sue labbra si arricciarono agli angoli e sospirò.
 
“Non sei per niente male per un uomo dannato, va bene così?”
 
“Andrà bene, Emma.” Sirius sogghignò. “Presumo che dovrò andare bene.”
 
oOoOo
 
“Mettiti qualcosa di carino ed incontriamoci nella Sala Grande.”
 
Remus non aveva niente di buono da mettersi, ma quelle erano state le istruzioni che Silente gli aveva dato. Mettersi qualcosa di carino. Le parole si ripetevano nella sua testa ancora e ancora mentre esaminava il letto dove aveva disposto le sue tre magliette, due paia di pantaloni e l’unico paio di scarpe. Immaginò che la sua maglietta bianca e i pantaloni neri fossero i suoi vestiti più carini. E se avesse indossato la sciarpa rossa avrebbe coperto le macchie nel colletto. Poi si sarebbe pettinato i capelli da una parte e avrebbe sperato di sembrare adatto abbastanza per qualsiasi cosa Silente volesse che lui facesse.
 
Dopo essersi vestito ed averlo colto uno sguardo del suo riflesso in una delle finestre scure nella strada per la Sala Grande, Remus decise che una volta trovato lavoro avrebbe investito in abiti appropriati.
 
Quando raggiunse la Sala Grande, Silente era già lì, in piedi da un lato con una donna anziana che Remus doveva ancora conoscere. Silente notò il suo arrivo ed agitò una mano nella sua direzione. Inconsciamente, Remus alzò una mano per appiattirsi i capelli già sistemati prima di avvicinarsi al Medico.
 
“E questo è il ragazzo di cui ti stavo raccontando Minerva.” Disse, sorridendo apertamente a Remus. “Sua madre era una mia buona vecchia amica, ti ricordi Hope Howell. Questo è suo figlio, Remus Lupin.”
 
“Si ma certo.” Disse la donna chiamata Minerva con un sorriso sulle labbra sottili. “Tua madre era una donna davvero gentile. Minerva McGranitt.”
 
“La è ancora.” Rispose Remus, offrendo una mano alla dona, che annuì con approvazione e la strinse. “Piacere di conoscerti, Minerva.”
 
“Anche tu, Remus.” Disse la donna. Poi si voltò verso Silente. “Sono estremamente eccitata per lo spettacolo.” Esclamò indicando con la testa verso le grandi porte di quercia che accedevano alla Sala Grande. “Dicono che sia una delle più grandi cantanti in tutta l’Inghilterra.”
 
“Si. E spero di trovare del budino. I cuochi del castello fanno un budino fantastico.” Remus sorrise e Minerva, chiaramente abituata alle stranezze si Silente, annuì secca.
 
“Sono sicura che il budino sarà sublime.” Disse.
 
Qualche momento dopo, le porte si aprirono e loro tre, insieme a un’altra dozzina di persone che stavano aspettando, entrarono nella sala. Il soffitto o non c’era, oppure era di vetro, ma Remus non seppe dirlo. C’erano enormi candelieri appesi sopra ognuno dei quattro lunghi tavoli che correvano verticalmente attraverso la stanza. Sull’altro lato della sala, c’era una piattaforma rialzata con un lungo tavolo, disposto nella direzione opposta agli altri quattro, ed in tale tavolo vi erano maestose sedie al posto delle panche, e solo sul lato più lontano. Remus immaginò che fosse dove sedeva la famiglia Reale, e seguì Silente verso un lato del secondo tavolo.
 
“Remus?” Chiamò una voce da dietro di lui.
 
“Ciao.” Rispose, voltandosi per salutare Lily. Non era ancora sicuro su cosa pensare riguardo quella ragazza. Era di gran lunga la serva più amichevole che aveva incontrato in tutto il castello, ma era ancora sconvolto dalla sua reazione all’esecuzione del giorno prima e dal modo in cui generalmente si riferiva al Regno.
 
“Non sei emozionato? La tua prima cena regale!” Disse lei, sorridendo luminosa. “Mi ricordo la mia prima cena. Ovviamente, ho speso la maggior parte della serata a sentirmi in colpa perchè la mia famiglia non era potuta venire con me e non avevano potuto mangiare niente di tutto quel cibo. Non avevo niente di cui preoccuparmi comunque, dopo andai dalla cuoca e mi dette qualcosa da portare loro a casa.”
 
“Molto gentile da parte sua.”
 
“L’ho pensato anche io. Anche se, ti avverto, non andrei nelle cucine a meno che non ti sia stato esplicitamente detto di farlo. È un po’ selettiva a volte. Per la maggior parte del tempo urla e lancia cose alle persone.”
 
“Qualsiasi cosa serva a far andare le cose tranquillamente immagino.”
 
“Immagino.” Spinse la mascella in fuori ed arricciò le labbra. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
 
“Cosa? No. Perchè dovresti pensarlo?” Chiese lui, sperando che non insistesse sull’argomento. Non gli piaceva mentire, ma non voleva discuterne ulteriormente. Non voleva nemmeno turbare l’unica potenziale amica che aveva lì.
 
“Beh, avevo la sensazione che non ti piacesse parlare molto quando sei arrivato qui, ma… ti stai comportando freddamente con me.”
 
“Non intendevo farlo.” Rispose Remus veloce e quasi onestamente.
 
“Non mentire.” Disse Lily. “Che c’è?” Remus sospirò e si guardò intorno. Erano ancora in piedi mentre intorno stavano tutti prendendo posto. Se non si fossero seduti velocemente, sarebbero rimasti in piedi.
 
“Non è il momento.” Rispose. “E non è niente.”
 
“Ne parleremo dopo.” Disse Lily, sfilando un nastro dai capelli e lasciandoli ricadere sulla schiena. “Sì?”
 
“Sì, va bene.” Acconsentì lui. Lily fece qualche passo verso una panca. “Aspetta, Lily?”
 
“Sì?”
 
“Sto bene? Voglio dire,” Si morse un labbro ed abbassò lo sguardo. “Sono vestito in modo appropriato.” Lily ridacchiò.
 
“Remus, stai bene. Io puzzo ancora di pesce per essere stata al mercato stamani. Almeno i tuoi vestiti sono puliti. E ti sei pettinato i capelli. Io non lo faccio da una settimana.” Ravviò qualche ciocca dietro le orecchie per sottolineare il concetto. Remus annuì.
 
“Grazie.”
 
“Prego.” Rispose lei. “Ora, andiamo. Non vogliamo rimanere senza posto.” Lo prese per il polso e lo trascinò in cima al tavolo.
 
Non furono gli ultimi a prendere posto, anche se ci arrivarono vicini. Dopo che si furono seduti (quasi direttamente di fronte al tavolo della famiglia reale per la soddisfazione di Lily) il re, il principe e Lady Bellatrix entrarono nella stanza. Tutti si alzarono finchè non raggiunsero le loro sedie e si sedettero. Poi, una volta che tutti ebbero ripreso posto, il re di alzò e salutò tutti. Remus ebbe una sensazione molto diversa mentre lo ascoltava parlare adesso rispetto al giorno prima nel cortile. Era come se il re fosse una persona completamente diversa. Prima di tutto stava sorridendo, il che lo faceva sembrare molto più gentile.
 
“Buona sera, mie buone genti. Vorrei dare a tutti voi il benvenuto alla modesta cena di stasera. Non solo mangeremo il miglior cibo che Camelot ha da offrire, cibo che mio figlio a catturato di prima mano,” Annuì nella direzione di James ed il principe alzò una mano quando la sala applaudì a dimostrare l’apprezzamento. “Ma avremo il piacere di gustarci l’eccezionale talentuosa voce del meglio d’Inghilterra; Lady Celestina Warbeck!” Indicò il fondo della sala dove furono aperte le porte per rivelare una giovane donna attraente vestita in abiti maestosi ed eleganti gioielli.
 
La stanza eruppe in un applauso e Celestina si inchinò e ridacchiò felice. “Grazie.” Tubò. “Grazie molte a tutti voi. È il mio piacere più grande esibirmi per voi tutta la sera.”
 
“È fantastica.” Sussurrò Lily piano nell’orecchio di Remus. “È venuta l’anno scorso per il compleanno di Bellatrix, ed ero sbalordita.”
 
“Qual è l’occasione questa volta?” Chiese Remus, non avendo sentito di alcun compleanno regale.
 
“Oh non c’era un’occasione vera questa volta, il re ha sentito che sarebbe passata per Camelot e le ha chiesto di cantare.”
 
“Facci sentire una canzone o due prima della nostra cena.” Disse il re, il suo sorriso brillante e aperto. Celestina incontrò il suo sguardo di delizia ed annuì in accordo. “Quando sei pronta, mia lady.” Il re le rivolse un piccolo inchino e poi sedette, lasciandole il palco.
 
Ci fu un momento di silenziosa anticipazione mentre Celestina piegava la testa. Improvvisamente la stanza si riempì con una morbida voce melodica. Le note uscivano lunghe, piene e lente. Il tono si alzava e si abbassava in un modo ipnotico, affascinante che lasciò l’intera stanza immediatamente accattivata dalla bellissima musica.
 
Remus si sentiva completamente appagato ascoltando la donna cantare. Non aveva mai sentito nessuno cantare così bene. C’era sono una ragazza nel paese a casa sua che poteva cantare abbastanza bene, ma non aveva niente di Celestina. Celestina era magnifica e la sua voce, ancora di più. Si sentiva riscaldato e confortevole ed era solo lontanamente cosciente del fatto che stava lentamente dondolando a ritmo della canzone.
 
Venne riscosso dal suo stato di trance quando sentì la testa di Lily cadere sulla sua spalla. Guardò in basso e vide che si era addormentata. Remus si chiese per un momento come chiunque potesse addormentarsi durante uno spettacolo così maestoso, ma poi si accorse che anche lui si sentiva un po’ stanco. Guardò intorno alla sala e notò che Lily non era l’unica ad essersi arresa al sonno. Guardò alla sua destra e vide Silente e Minerva dormire uno addosso all’altro. Dall’altra parte della stanza, la coppia di guardie che controllava la porta si era addormentata contro il muro. Remus lasciò vagare lo sguardo su e giù per i quattro tavoli prima di giungere alla conclusione che non c’era nessuno, eccetto Celestina, ad essere ancora sveglio.
 
Con la sensazione positiva completamente sparita, Remus scattò dalla sua postazione, facendo cadere la testa di Lily sul tavolo. Guardò verso la cantante e vide che era concentrata interamente sul principe, era come se lei e James fossero gli unici nella stanza. Lei non si era accorta che Remus era ancora sveglio, ma non sembrava affatto sorpresa che tutti intorno a lei si fossero addormentati. Remus si avvicinò e si coprì le orecchie più velocemente che potè. Appena non riuscì più a sentire la canzone che Celestina stava cantando, la sua testa tornò nuovamente normale.
 
“Cosa stai facendo?” Urlò Remus. Celestina comunque lo ignorò, o forse non lo sentì, e continuò a camminare verso il principe dormiente completamente indifeso. Non lasciò mai gli occhi da lui mentre afferrava dal suo abito e poi estraeva un pugnale lungo e sottile. Celestina tese indietro il braccio, la sua canzone addormentante che ancora riempiva la stanza, e Remus seppe cosa stava per accadere. Capì che l’intero spettacolo era stato allestito per ferire il principe e che se non avesse fatto niente, il principe James sarebbe morto nel sonno. Lei tese il braccio, e Remus seppe cosa stava per succede prima che la sua mente afferrasse completamente le azioni della cantante, e ancora più importante, seppe cosa lui stava per fare prima di iniziare anche solo a muoversi.
 
Il braccio di Celestina iniziò a lanciarsi in avanti e tutto intorno a Remus iniziò a muoversi al rallentatore. Poteva sentire la magia dentro di sé, scorrere attraverso tutto il suo corpo. La nota che Celestina stava cantando si abbassò di tono, il suo lancio che avrebbe sicuramente ucciso James si fermò quasi completamente. Remus si sollevò ed avanzò verso il tavolo reale, camminando ad una normale andatura attraverso la massa di persone dormienti. Raggiunse il Principe lo afferrò sotto le braccia, spostandolo dalla sedia sul pavimento. Appena James fu fuori pericolo, Remus smise di usare la magia, anche se non avrebbe saputo dire come, ed il pugnale volò dalla mano di Celestina, sibilò nell’aria e si conficcò in cima alla sedia dove era stata la testa di James fino a pochi secondi fa.
 
Celestina urlò oltraggiata facendo svegliare tutti con un sussulto.
 
“Ma che-“ James si trascinò su dal terreno, fino a una posizione seduta, e guardandosi intorno i suoi occhi si fermarono su Remus. Prima che chiunque potesse realizzare cosa fosse accaduto, una dozzina di cavalieri si alzò dai tavoli ed estrassero le loro spade. Remus alzò le mani per indicare che non voleva ferire nessuno. “Cosa pensavi di fare?” Chiese. Poi la sua testa si voltò, guardando Celestina, che lo stava fissando minacciosamente. “Perchè mi hai buttato giù dalla sedia?” Chiese ancora, girandosi verso Remus.
 
Il re aveva continuato a guardarsi intorno mentre suo figlio stava provando a capire come era finito sul pavimento ai piedi di Remus. Vide quella donna rabbiosa davanti a sé, il pugnale nella sedia di suo figlio ed il ragazzo dal viso arrossato in piedi vicino a James e sembrò capire da solo la situazione.
 
“Hai salvato la vita di mio figlio.” Disse piano, guardando Remus in un modo con cui non era mai stato guardato prima. La gratitudine che si riversava dagli occhi del re fu abbastanza per far arrossire le orecchie a Remus, ma il re non disse altro, continuò a guardare Remus, aspettando che parlasse.
 
Remus si chinò per aiutare James a rialzarsi. “Beh, dormivano tutti.” Rispose rapido Remus pensando che, forse, il re aveva visto qualcosa o solamente sapeva che Remus aveva utilizzato la magia. “Mi dispiace di averti spinto, ma non sapevo cos’altro fare.” James lasciò andare una risata asciutta e prese la sua mano, lasciando che Remus lo rialzasse da terra.
 
“Beh, sono felice che tu l’abbia fatto.” Rispose lui, fissando cautamente il pugnale.
 
“Guardie!” Chiamo Re Charles. Le guardie che sostavano alla fine dei tavoli ed alle porte avanzarono. “Arrestate questa donna.”
 
“Sei stato fortunato!” Gridò Celestina. “Sei stato molto fortunato!” Strillò ancora frustrata. “Doveva morire! Non te lo meriti! Hai portato via mio figlio e poi dai una festa! Tu godi della morte di un uomo innocente! Ti porterò via tuo figlio, fosse l’ultima cosa che faccio! Lo porterò via da te!” Alzò le braccia e battè insieme le mani sopra la testa e scomparve prima che le guardie potessero catturarla con un forte ‘crack’.
 
“Una strega!” Urlò il re inutilmente, totalmente esterrefatto. “Era una strega!”
 
“Certo che lo era papà. Perchè pensi ci fossimo tutti addormentati?” Disse James. Remus rise, ma provò a camuffarlo con un colpo di tosse. James ghignò verso di lui.
 
“Qual è il tuo nome ragazzo?”
 
“Lui è Remus.” Disse James, dando una pacca sulla schiena di Remus. “Ci siamo conosciuti ieri. È nuovo di Camelot.”
 
“Esatto. Sono arrivato ieri mattina.” Aggiunse Remus. Poi offrì la mano al Re. “Sono Remus Lupin, sua maestà.” Il re fissò la sua mano per un momento e poi fissò Remus che questa volta sentì le guance andare a fuoco, e velocemente riportò la mano al lato. Con l’angolo dell’occhio vide James fargli un sorrisetto.
 
“Devi essere premiato, Remus.” Esclamò il re. Prima che Remus potesse ribattere, quello si voltò verso James e chiese, “Hai ancora bisogno di un nuovo servo, si?”
 
Il sorriso abbandonò il viso di James. “Si, ma padre-“
 
“Remus, sarai il servo di James. Il reame ti deve un grande debito, ragazzo.” Remus e James fissarono il re con espressioni stupefatte. Il re non prestò loro nessuna attenzione comunque perchè stava annuendo agli applausi della sala.





Secondo capitolo, ed è arrivato Sirius Black! Nonostante molti continuino a leggere la storia non sono ancora state fatte recensioni, ma vi prego ho bisogno del vostro parereeeee! Ed ho anche bisogno di sapere se la storia vi sta prendendo, cosa ne pensate dei personaggi, di Camelot, di quello che succederà! Sono fiduciosa, al prossimo capitolo :*

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