Alla ricerca della verità

di Rima_Brandon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Decisiome repentina ***
Capitolo 3: *** Partenza immediata ***
Capitolo 4: *** Il viaggio di andata ***
Capitolo 5: *** Casa Brandon ***
Capitolo 6: *** Mille domande ***
Capitolo 7: *** Manny ***
Capitolo 8: *** La camera ***
Capitolo 9: *** Dichiarazione ***
Capitolo 10: *** L'addio ***
Capitolo 11: *** Depressione ***
Capitolo 12: *** Casa! ***
Capitolo 13: *** Di nuovo insieme... ***
Capitolo 14: *** Il mio migliore amico! ***
Capitolo 15: *** Di nuovo tutti insieme... ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Le domande erano molte ad affollarmi la testa. Perché ora? Perché volevo partire subito senza dire niente a nessuno? Com’era mia nipote? Sapeva che un tempo aveva avuto una zia, ma che soprattutto era stata rinchiusa in un manicomio? Non riuscivo a rispondermi. Il video che mi aveva fatto vedere Bella mi aveva sconvolta. In una parte di quel pianeta viveva una mia discendente, una mia parente stretta. Avevo l’impulso di correre via da quella stanzetta illuminata solo da un televisore. Maledetto James! Se non fosse tornato e non mi avesse visto, in quel momento non sarei stata lì con 1000 dubbi per la testa. Avevo bisogno di alcune risposte e le volevo subito, non potevo aspettare oltre… sarei partita il prima possibile verso quel pezzo di famiglia che ancora mi rimaneva.

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Capitolo 2
*** Decisiome repentina ***


Decisione repentina L’unica frase che mi turbinava nella testa era questa: “Io, Mary Alice Brandon Cullen, riuscirò prima o poi a ricostruire tutto quello che mi è successo, a costo della mia stessa vita”. La pensavo ormai da 3-4 ore e stavo ripassando in consegna tutte le possibilità che avevo. Naturalmente sarei partita. Quella cassetta mi aveva dato abbastanza informazioni e alcune le avevo trovate in giro per internet. Dovevo rimettere a posto dei tasselli fondamentali per la mia esistenza. Avevo una famiglia da qualche parte, sapevo perché non ricordavo nulla della mia vita umana, ma non sapevo le cose più importanti.

Non conoscevo la mia famiglia, o almeno quella piccola parte che ne era rimasta. Mia sorella Cynthia e mia nipote, della quale ancora non conoscevo il nome, e soprattutto non conoscevo colui che mi aveva creato, colui che mi aveva donato l’immortalità e la felicità. Certo, non ero stupida, sapevo che era morto per salvare me, ma sentivo che se fossi andata a fondo sarei riuscita a scoprire qualcosa di più su di lui. Glielo dovevo, almeno questo piccolo gesto.

Sedevo con la testa fra le mani sul candido divano di Esme. Jasper non provava più a chiedermi cosa avessi o perché non parlassi, si accontentava di stare seduto vicino a me e di tenermi la mano. Il mio dolce Jasper. Trovarlo era stata la mia salvezza, la mia gioia. Lo amavo sopra ogni cosa e se ero ancora lì, in quella casa, era perché dovevo decidere se farlo venire con me in quella strana avventura o lasciarlo in disparte. Però, più passava il tempo e più mi rendevo conto che era una situazione mia e che lui non ci sarebbe dovuto essere. Era una cosa che dovevo affrontare da sola, senza nessuno che potesse frenarmi o aiutarmi. In quel momento una visione mi prese nel bel mezzo delle mie riflessioni. Ero io su un treno, solo io. Capii subito quello che voleva dire.

Alzai la testa e mi girai verso la mia metà. La vista mi piacque molto, il mio Jazz era lì che mi guardava e mi sorrideva dolcemente. Un sorriso si allargò sul mio viso.

Era l’ora di dirglielo. Dovevamo parlare di quella decisione e quello era il momento più opportuno. In casa non c’era nessuno, ognuno aveva da fare a modo suo e noi avevamo abbastanza tempo per discutere.

Lo guardai negli occhi, poi la dolcezza che emanavano mi costrinse a fissare un punto lontano dietro la sua spalla, mi sentivo male al solo pensiero di dovergli dire che ci saremmo divisi, anche se per un periodo di tempo davvero minimo.

-Amore, mi vuoi dire cosa c’è?- me lo chiese con un tono talmente dolce, che mi presero i brividi lungo la schiena.
Aveva perlustrato fino a quel momento tra i miei sentimenti, lo sapevo. Cercai di nuovo il contatto visivo ma era troppo. Guardarlo negli occhi e chiedergli di lasciarmi andare sola, sulla mia strada, sarebbe risultato come un’addio, e non era sicuramente quello che volevo.

-Jasper-iniziai a farfugliare a bassa voce -devo scoprire delle cose sulla mia vita passata, quella umana. E devo partire verso casa, la mia vera casa- alzai lo sguardo preoccupata, ma lui era impassibile.

-certo capisco benissimo, quando partiamo?- disse con una certa euforia nella voce. Ecco ora dovevo anche smontargli il divertimento. Sospirai e abbassai lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.

Poi sentii una leggera pressione sotto il mento. Mi teneva stretta e mi guardava negli occhi, probabilmente ora aveva capito, perché nei suoi occhi rifletteva una scintilla particolare, tristezza o addirittura dolore.

-ho capito male, vero? Non dobbiamo partire insieme, parti solo tu, non è così?- mi soffiò sul viso quelle ultime conclusioni.

- si Jazz, mi dispiace, ma è un viaggio che devo fare da sola. Ti amo, lo sai bene, ma stavolta non mi puoi aiutare. Ti prometto che come arrivo mi faccio sentire e poi mi potrai raggiungere, dopo un po’ di tempo si intende.- ero decisa, ma la mia voce era flebile come un soffio.

-Certo, ti capisco. Aspetterò, se è questo quello che vuoi. Aspetterò tue notizie e ti lascerò un mese o anche due se vorrai. Ma non chiedermi di più. Potrei morire senza te. Ti amo Mary Alice Brandon Cullen e non ti lascerei per nulla al mondo.-

-Ti amo Jasper Whitlock Hale e non ti lascerò, qualsiasi cosa succeda-

Ci baciammo. Un bacio all’inizio dolce, sensuale, poi passionale e bramoso.

Jasper mi prese in braccio e mi portò in camera da letto, mi appoggiò con cautela sopra il nostro letto e si distese vicino a me. Riniziammo a baciarci con più foga cercando ognuna il corpo dell’altro. Non badammo molto ai vestiti che caddero a brandelli sul pavimento. La passione era tanta e travolgente. Ci unimmo come fosse stata la prima volta, le due metà perfette di un intero. Ci amavamo e nulla contava di più, quello sarebbe stato il nostro saluto, la nostra ultima notte prima della separazione.

Sarei partita alla prime luci dell’alba, senza salutare nessuno, Jasper avrebbe spiegato tutto ed ero sicura che avrebbero capito. Poi smisi di pensare, ero sua e lo sarei stata per sempre….come lui era mio. Toccammo l’apice del piacere insieme solo ore più avanti e restammo lì, abbracciati nel nostro letto. Mi appoggiai contro il suo petto marmoreo e disegnavo con la mano destra i contorni dei sui addominali scolpiti. Lui giocava con i miei capelli girandoseli e rigirandoseli tra le dita. Questi erano i momenti che più preferivo con Jasper, dove la dolcezza regnava sovrana.

Alzai di poco la testa e guardai a fuori dalla nostra enorme vetrata per capire che ore erano. Il sole non era alto, ma era il momento per preparami e partire. Mi riappoggiai sul suo petto e sospirai.

-E’ già ora?-chiese evidentemente sperando in una risposta negativa.

-Si è ora di partire- mi alzai e lo baciai, appassionatamente.

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Capitolo 3
*** Partenza immediata ***


Ci baciammo per molto tempo. Poi mi staccai e mi avvicinai al suo orecchio.

-Lo sai che starei ore qui con te, ma mi devo preparare altrimenti non posso partire- gli mordicchiai il lobo dell’orecchio e lo sentii gemere, sapevo bene i suoi punti deboli.

Mi strinse forte contro di lui e mi sussurrò con voce calda -Non mi tentare Alice. E’ già abbastanza difficile così- poi iniziò a baciarmi dietro l’orecchio, scendendo sempre di più. Sul collo, sotto al mento, sulla giugulare, la clavicola. Lo bloccai e lo baciai.

Poi mi staccai velocemente con la paura di non riuscire a fermarmi mentre lui mi guardava soddisfatto. Gli piaceva farmi sentire inerte sotto le sue mani.

-Ok, forse è meglio che mi vesta e prepari la valigia.-

Corsi dentro il mio armadio, se così si poteva definire una stanza di 2 metri per 2 tutta piena di vestiti.

Pensai a come mi sarei potuta vestire. Come sarebbe stato il tempo a Biloxi? Mi bloccai un attimo ed ebbi una visione, le persone andavano tutte con maglie molto leggere ed alcune, le più coraggiose, facevano il bagno al mare, anche se il tempo era nuvoloso.

Finita la visione optai per un paio di jeans pieni di paillettes dietro al sedere che formavano la scritta “sexy”, una maglia argentata con disegnate due ali dietro la schiena e le mie converse argentate.

Uscii dall’armadio e vidi Jasper ancora sul letto che mi guardava. Non si era vestito, era rimasto immobile aspettando me. Mi vide e accennò un sorriso, un sorriso troppo carico di dolore per poterlo confondere. Mi fiondai vicino a lui e lo presi per le guance per guardarlo bene negli occhi. Era doloroso vederlo così, ma non potevo farci niente, anche io soffrivo all’idea di lasciarlo ma non potevo fare altrimenti.

-Jazz, ti prego, non mi fare così. Sai anche meglio di me che non ti vorrei lasciare, ma non posso non sapere. Ne ho bisogno.- poi mi appoggiai con la fronte contro la sua -ti prego, dimmi che mi capisci- sentii la mia voce sofferente.

Mi alzò il mento e mi baciò leggermente sulle labbra, -Si, ti capisco, ora vai, devi finire a preparare la valigia, io ti preparo la borsa- detto questo si alzò e si iniziò a vestire.

Mi fiondai nuovamente dentro l’armadio e iniziai a buttare a casaccio i vestiti dentro la valigia stando attenta a malapena agli abbinamenti, una cosa non da me. Poi andai in bagno e presi tutti gli altri occorrenti per potermi lavare. Sentivo che mi mancava qualcosa, ma cosa?? Pensai attentamente e subito mi ricordai. “merda i biglietti” sussurrai e corsi giù per le scale verso il computer dove trovai Jasper.

-Li ho già ordinati io i biglietti, se aspettavo che lo facessi tu non saresti partita più- mi guardò e mi sorrise. Il mio Jazz.

Andai di sopra e presi la valigia appena preparata per poi riscendere di nuovo sotto. Se fossi stata umana a quel punto avrei perso almeno 10 Kg a fare tutti quei giri per casa.

Appena scesi Jasper mi aspettava lì, con la mia borsa in una mano e il mio biglietto nell’altra. Mi tenne aperta la porta e poi uscì dietro di me. Salimmo sulla mia porsche. Mi sarebbe mancata, ma tanto a Biloxi non l’avrei usata, se il piano che avevo progettato funzionava una macchina non mi sarebbe servita a niente.

Il tragitto per la stazione durò troppo poco, nella macchina non volò una parola ma non sarebbe servito. Io e Jasper ci capivamo ormai troppo alla perfezione, le parole erano superflue.

Arrivammo appena in tempo per poter veder arrivare il treno che ci avrebbe separato. Mi accompagnò fino alla carrozza portandomi la valigia da vero gentiluomo, anche se non sarebbe servito data la mia forza.

Arrivati sotto la porta mi prese e mi strinse forte al suo petto marmoreo. Non riuscivo a muovermi, ero paralizzata senza alcun motivo apparente, infondo lo avrei rivisto dopo un mesetto.

Ero immobile con le braccia lungo i fianchi mentre lui mi abbracciava. Poi mi prese in braccio, come fossi una bambina, e in effetti data la mia statura poteva sembrare, per potermi guardare negli occhi. Quei contatti per noi erano importantissimi, meglio di 1000 parole, meglio di tutto.

-Alice, ti amo- e mi baciò delicatamente.

-Ci vedremo presto, non essere triste, io sarò qui ad aspettarti. Ora va e scopri tutto per poter tornare da me-

Mi posò a terra, lo riguardai e provai a parlare, la mia gola era secca.

-Jasper, io… Devo andare.- e corsi dentro il mio scomparto.

Le porte si chiusero e io mi affacciai al finestrino mettendo la testa fuori. Lui era ancora lì, immobile come una statua ma con un’espressione che mi fece stringere il cuore.

Il treno si iniziò a muovere e non mi trattenni, dovevo farlo, lo amavo e dovevo essere sicura che lo sapesse bene anche se glielo avevo ripetuto miliardi di volte.

-Jasper ti amo!!!!- gridai con tutto il fiato che avevo in gola.

Un sorriso malinconico ma pieno d’amore si dipinse sul suo volto.

Restai così a guardarlo mentre si allontanava da me. Tornai con la testa dentro solo quando diventò un puntino indistinto.

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Capitolo 4
*** Il viaggio di andata ***


Lungo il viaggio ero a corto di idee di cosa fare per ammazzare il tempo. Ero sola dentro una cabina enorme, senza la compagnia di nessuno. Sbuffai in preda allo sconforto, non avevo desiderato mai la compagnia o almeno la vicinanza di un umano come in quel momento.

Guardai fuori dal finestrino ma il panorama era scarso. Gli oggetti passavano lenti, per me, e la noia andava accrescendo sempre di più.

Poi, mentre guardavo il soffitto della carrozza in preda ad un ansia assurda, una visione prese spazio fra i miei pensieri.

Era Jasper, stava scrivendo qualcosa, ma cosa?

Finito di scrivere vidi la sua scrittura nitida “Guarda dentro la tua borsa” e la visione finì così.

Mi ripresi e scoppiai a ridere, così senza motivo apparente, per quella strana situazione. Sapeva giocare troppo bene con le mie visioni e mi divertiva molto il modo in cui aveva scelto di comunicare con me.

Mi alzai e presi la borsa appoggiata nello scomparto sopra la mia testa. Cercai curiosa tra le mille cose che c’erano dentro trovando una lettera chiusa in fretta e quindi mezza scollata. Sopra c’era scritto “ Per il mio amore”.

Stavo ancora sorridendo quando la aprii e iniziai a leggere.

“Sappiamo entrambi che non sono un mago nel parlare o esprimere i miei sentimenti, ma ci voglio provare.
Ti amo e lo sai già, dato che te lo ripeto ogni giorno fino allo stremo, ma non ti ho mai ringraziata veramente Alice.
Tu mi hai salvato, mi hai portato sulla retta via, su una strada, si piena di fatiche, ma anche di tante gioie.
Mi hai regalato una famiglia nuova e soprattutto mi sei stata accanto.
Sei la cosa più bella che avrei potuto desiderare e che desidero tutt’ora.
Lo so, può sembrare esagerato scriverti una lettera solo perché parti per un mese, ma avevo bisogno di confessarti queste cose che di persona non sarei riuscito a dirti.
Bene, stai per finire di prendere tutto e io finisco qui la mia lettera e ti vado a ordinare i biglietti (brutta svampita).
Ciao e non commettere sciocchezze.
Ti amo.
Tuo, per l’eternità.
Jasper”


La lettera era corta e scritta di fretta ma non era quello l’importante. Jasper mi aveva scritto delle cose bellissime che non sarebbe mai riuscito a dirmi di persona, ne ero convinta anche io.

Per dirmi ti amo la prima volta ci aveva impiegato un tempo esagerato. Il sorriso, già stampato sul mio viso, si allargò a quel ricordo.

Guardai fuori dal finestrino e iniziai a pensare a tutti i momenti bellissimi passati assieme.

Non so quanto tempo passai a fantasticare e a ricordare, mi accorsi di essere ancora su un treno diretto verso la mia casa solo quando sentii la voce metallica gracchiare nell’interfono, “stazione di biloxi, siamo arrivati alla stazione di biolxi centrale”. Era giunto il mio momento. La mia ricerca stava per portare ad una verità ancora nascosta che speravo di riuscire a scoprire. Ero alla ricerca della verità.

Scesi dal treno portandomi dietro la mia enorme valigia e la mia borsa, che misi a tracolla. Il tempo come avevo previsto era nuvoloso anche se la temperatura non era bassa.

Molti uomini si offrirono di aiutarmi con la valigia, alcuni si offrirono per altri aiuti, ma io molto gentilmente rifiutai ogni cortesia.

Fuori dalla stazione 2 taxi gialli, mezzi arrugginiti, aspettavano qualche passeggero bisognoso, mentre gli autisti parlavano e bevevano della birra di seconda scelta seduti su una panchina lì vicino.

La stazione non distava molto dal centro della città e non mi servivano mezzi di trasporto. In più avrei dato un’occhiata alla città.

Vagai per svariate ore per quella cittadina che mi ricordava molto Port Angeles cercando negozi e luoghi che mi sarebbero potuti piacere. La scelta non era varia, ma due negozi attirarono la mia attenzione, un negozio di vestiti, naturalmente, e una gioielleria.

Chiesi l’ora ad un signore, che mi rispose molto gentilmente, e decisi che era ora di andare.

Solo a quel punto, ferma in mezzo ad una piazzetta, mi resi conto di non conoscere la mia vecchia casa. Iniziai a imprecare mentalmente verso la mia sbadataggine e decisi di chiedere informazioni a qualche persona del posto, sperando di avere fortuna.

L’unica anima che vagava ancora per la città a quell’ora era un signore anziano che sedeva calmo su una panchina rivolta verso il mare. Mi avvicinai cauta e presi forza.

-Mi scusi signore, mi dispiace importunarla ma ho bisogno di un’informazione- la mia voce aveva un tono molto innocente.

Il signore si girò lentamente e mi guardò strabuzzando gli occhi, poi quando si ricompose rispose.

-Certo signorina, mi dica pure, come posso aiutarla?-

-Bè… volevo chiederle se lei conosce la casa della famiglia Brandon.-

Spalancò gli occhi e scoppiò in una risata fragorosa come ad una battuta che non potevo comprendere.

-Certo signorina…credo che qui a chiunque avesse chiesto le avrebbe potuto rispondere. La famiglia Brandon è la più antica della città e vive in una villa. Credo che da qui si possa vedere.-

poi si rigirò verso il mare e scrutò verso una scogliera

-Si, eccola lì. Vede quella costa rocciosa? Bene, quella casa sopra alla vetta è la villa Brandon.-

Guardai verso il punto che mi indicava e vidi una casa splendida che svettava su quell’altura.

Conversai per un altro po’ di tempo con il signore poi mi congedai.

Chiamai un taxi e mi feci accompagnare verso la casa. Non avevo bisogno di un mezzo di trasporto, ma se ci fosse stato qualcuno fuori all’entrata sarebbe stato meglio farsi vedere come una qualsiasi persona normale.

Il viaggio durò pochi minuti nei quali potei ripassare il mio piano per entrare in quella casa.

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Capitolo 5
*** Casa Brandon ***


Arrivammo in cima alla scogliera, ritrovandoci davanti a una villa enorme.

Il tassista non mi chiese neanche di pagarlo rimanendo senza parole davanti ad un mio sorriso.

Quando si fu allontanato abbastanza scoppiai a ridere per quella buffa situazione. Poi tornai alla realtà e mi girai verso la casa.

Era di 5 piani ed era tutta rivestita di marmo rosa scolpito. L’entrata era molto elaborata, con una tettoia prima della porta, sempre in marmo, con delle colonne a sorreggerla, scolpite anche esse, con dell’edera rampicante che saliva a spirale.

La villa poteva essere benissimo di fine ‘700 o inizio ‘800. Ero convintissima che se l’avesse vista Esme se ne sarebbe innamorata subito e avrebbe cercato di fare dei progetti simili.

Vicino alla casa, sul lato sinistro, c’era un piccolo sentiero di pietre che portava verso il retro della casa. Da quel posto la vista era stupenda, si vedeva tutta biloxi e una gran parte dell’oceano.

Le gambe erano molli e la mia forza era ridotta a zero.

Perché tutta quell’insicurezza? Ora che ero arrivata davanti alla mia vecchia casa, non avevo il coraggio di bussare. Che cosa ridicola. Dovevo farlo! Feci un po’ di passi in avanti fino ad arrivare davanti al portone di legno e presi coraggio.

Inspirai più aria possibile e usai l’enorme battente per avvisare qualcuno del mio arrivo.

Aspettai ansiosa davanti quell’unica barriera che mi divideva dalla mia vera famiglia. Dopo poco sentii una voce femminile gridare “Sto arrivando, un attimo di pazienza” da dentro la casa.

Ero agitatissima, mi stavo torturando le mani e non riuscivo a stare ferma, spostavo il peso da una gamba all’altra aritmicamente.

Poi la porta si aprì.

Davanti a me comparve una signora molto anziana, i capelli neri corvini andavano ormai tendendo ad un grigio argentato. Era minuta e abbastanza magra, ma quello che mi colpì di più furono gli occhi.

Erano azzurrissimi, ma non erano così per natura, ci erano diventati col tempo. La signora che mi trovavo davanti era cieca, non poteva vedere come ero e questa era una mano in più.

-Chi sei?, scusa ma sto aspettando il mio maggiordomo…-

poi abbassò un po’ la voce, inconsapevole delle mie doti, e concluse la frase rimasta in sospeso. “ che se non arriva licenzierò in tronco”.

Solo allora mi resi conto di avere davanti a me la padrona di casa, non una domestica. Doveva essere per forza mia sorella, doveva essere Cynthia. La sorpresa mi bloccò le parole in gola.

-Allora, chi sei? Guarda che chiamo la polizia se non mi rispondi!- iniziava ad agitarsi, sicuramente sentiva la mia presenza e la capivo se si stava spaventando.

Non tutti i giorni capita di ricevere un visitatore che non parla.

Cercai di riprendere fiato ma mi uscì un sussurro.

-Salve, scusi la mia maleducazione. Stavo cercando la signora Cynthia Brandon, è lei per caso?-

La donna rimase perplessa per un istante, poi scoppiò in una risata senza allegria.

-Bè mia cara, sei arrivata troppo tardi. Mia madre è morta un mese fa. Cosa ti serviva?-

Di nuovo la sorpresa mi bloccò. Mia sorella era morta e quella che avevo davanti era mia nipote.

Lo shock mi paralizzava. Mia nipote, di cui non sapevo assolutamente nulla era più vecchia di me e aveva all’incirca una cinquantina d’anni. Che sciocca che ero stata, se avessi fato un po’ di calcoli mi sarei accorta che i conti tornavano.

-Ehi cara, che succede? Mi vuoi dire di cosa dovevi parlare a mia madre?-

Inspirai un’altra volta cercando di assimilare quella notizia poi parlai.

-Mi scusi, è solo che non credevo fosse già… bè si… morta.-

cercai le parole adatte, dovevo andare avanti, era solo una scoperta in più, un altro tassello che finiva al suo posto, nulla di più.

-Comunque, la signora mi aveva offerto un lavoro, tanto tempo fa, ed ero venuta a chiedere se potevo accettare la sua proposta-

-Guarda, signorina…. Ehm…. Scusami cara, non mi hai detto come ti chiami- disse con un sorriso dolce sul viso.

-Alice, Alice Cullen- non dovevo mentire, lì nessuno sapeva chi fossi.

-Ecco, Alice, piacere io sono Meggie, ma mi puoi chiamare Meg. Penso che questo sia il tuo giorno fortunato. Ieri ho licenziato una domestica e c’è un posto vagante. Naturalmente devo essere sicura che sei affidabile e dovrai fare un colloquio con un mio maggiordomo. Però mi sei già simpatica, un punto in più- mi strizzò l’occhio complice, poi tese un orecchio verso l’interno della casa.

Anche io avevo sentito un po’ prima di lei qualcuno avvicinarsi, ma non credevo riuscisse a sentire le cose così nitidamente.Poi mi sorrise.

-Vieni cara, entra dentro, sta arrivando Manny, dovrai parlare con lui per il lavoro.- si girò ed entrò dentro con passo sicuro fino al centro di un ingresso enorme e circolare.

Era cieca, ma si sapeva muovere con una maestria tale da non far notare il suo handicap.

-Manny, Manny- la sua voce stridula si diffuse per tutta la casa.

-Arrivo signora- rispose una voce profonda, dolce come il miele, da una stanza laterale.

Pochi secondi dopo si presentò davanti a noi un ragazzo bellissimo.

Non mi fu difficile riconoscerlo a prima vista, era un vampiro.

Naturalmente diverso da me, lui aveva gli occhi di un rosso acceso ipnotizzanti. Per il resto era uguale a chiunque altro fosse stato della nostra specie. La pelle diafana era risaltata da un vestito elegante che metteva in mostra la muscolatura affusolata. Era alto, 1, 90 all’incirca con i capelli neri come la pece gellati all’insù. Era molto bello.

-Bene- disse Meg interrompendo la mia analisi -Manny, questa è la signorina Alice Cullen, le dovresti fare un colloquio per il posto di Jessica. Ma mi sembra una brava ragazza. Ora andate e fatemi sapere più tardi- detto ciò iniziò a camminare verso le scale, dove con un po’ di tentativi riuscì ad afferrare il corrimano in legno e a salire le scale.

Rimanemmo lì così per alcuni minuti a studiarci e a fissarci, poi lui iniziò a camminare verso di me per entrare nella stanza dietro le mie spalle.

-Seguimi- mi disse con una voce suadente tenendomi aperta la porta della stanza, da vero gentiluomo.

Camminai verso la stanza e quando gli passai vicino mi sussurrò vicino all’orecchio.

-Bentornata signorina Mary Alice Brandon-

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Capitolo 6
*** Mille domande ***


Un brivido, o meglio una scarica elettrica, mi percorse la schiena a quelle parole. Mi girai di scatto per poterlo guardare in faccia.

Lui era lì, immobile a guardarmi con una strana scintilla negli occhi. Era calmo e trapelava felicità da tutti i pori. Chi diavolo era quel vampiro??? Mi avviai verso il divanetto davanti a me e mi sedetti, in pochi secondi mi fu di fronte.

Le domande che già avevo per la testa si moltiplicarono. Ora volevo sapere chi era lui, come faceva a conoscere il mio nome, perché era lì a guardarmi come fossi la cosa più bella al mondo.

Speravo in qualche sua reazione al mio disagio, ma lui si limitava a guardarmi con quegli occhi rossi, pieni di eccitazione.

Era possibile che quell’uomo davanti a me avesse gli stessi poteri di Edward?

Rimanemmo così per dieci secondi buoni. Poi lui si appoggiò contro lo schienale della poltrona dove era seduto. Si schiarì la voce e parlò.

-Salve signorina Mary, riesco a capire il suo turbamento, non si preoccupi tutte le domande che le affollano la testa avranno la giusta risposta.-

Le sue parole sembravano soppesate con cura e scelte alla perfezione. Era molto diplomatico nell’esprimersi, ma avevo sempre odiato le persone che davano del lei. Era tutto più semplice e confidenziale col tu.

-Senti… Manny giusto? ….Dammi del tu per piacere o chiamami Alice … e poi … si vorrei farti alcune domande se non ti spiace- la mia voce era un sussurro rispetto alla sua che era forte e sicura.

-Certo Mary, ti dispiace se ti chiamo così? Sono sempre stato abituato a chiamarti in questo modo e capirai che è abbastanza difficile cambiare abitudini dopo cinquant’anni-

Restai sbalordita e perplessa. Sembrava che quel vampiro si divertisse a spiazzarmi e a farmi venire in mente 1000 altre domande!

-Co-Cosa?? Cinquant’anni? … Chi sei tu?-

Fece una risatina sommessa tappandosi la bocca con una mano, almeno lui si stava divertendo.

-Prima di darti tutte le risposte che vuoi che immagino siano tante, posso fartene una io?-

Annuii.

-I tuoi poteri di veggente sono rimasti? … cioè …quando eri umana avevi dei poteri, ma ora li hai ancora?-

Nuovamente un brivido mi percorse la schiena, mi sentivo a disagio in quella situazione, sapeva troppe cose sul mio conto mentre io non sapevo nulla sul suo.

Non ero sicura di riuscire a dare una risposta precisa a voce, quindi mi limitai semplicemente ad annuire come poco prima.

Sul suo viso si dipinsero molte emozioni, di cui riconobbi subito lo stupore, l’incredulità, poi la gioia e l’ammirazione. Con Jasper avevo imparato a decifrare le espressioni del volto.

-E’ affascinante- dichiarò infine <-E’ un talento davvero affascinante, anche se mi sembra strano che tu non mi abbia visto nella tua vita. Era un evento futuro- e si fece pensieroso.

Mi schiarii la voce e poi spiegai

-Non posso vedere con chiarezza gli eventi che ancora non sono stati scelti ufficialmente, ma in effetti è strano, lasciami un secondo-

Mi concentrai e ebbi una visione.

C’ero io davanti ad una porta, poi qualcuno vicino a me, mi giro e gli chiedo qualcosa, mi pare di capire che gli ho chiesto “E’ la mia?” ma davanti a me c’è qualcuno.

I suoi contorni sono sfocati, non lo riesco a vedere, è come un buco. Poi la visione finisce.

Capii subito quello chi era quella sagoma, era Manny, ma perché non riuscivo a vederlo? Perché non risultava nelle mie visioni?

Rimisi a fuoco la situazione e mi concentrai su di lui, la sua faccia era una maschera di sbalordimento.

-Non capisco- dissi infine -Non ti riesco a vedere, c’è come un buco…. Ma perché???-

Una scintilla gli passò negli occhi, lui aveva capito, probabilmente.

-Credo sia colpa mia- disse come per scusarsi -credo sia colpa del mio potere … sai, riesco ad annullare i poteri delle persone intorno a me e io sono il primo ad essere immune ai poteri degli altri. E’ molto utile in battaglia, ma ora mi dispiace che tu non sappia nulla. Immagino che avrai molte domande che ti frullano per la testa-

Ora ero a mio agio in quella stanza, non mi sentivo più in imbarazzo davanti a quel vampiro.

-Si solo qualche miliardo- risposi con un sorriso.

Anche lui sorrise di rimando, era ipnotizzante per quanto era bello, il bianco del sorriso staccava dallo scuro dei capelli e della carnagione un po’ più scura del normale e un po’ più rosea. Per rimanere in una casa con tanti umani doveva nutrirsi spesso.

-Bene- disse lui spezzando così quell’elettricità che vagava per la stanza -Ora sono tutto tuo- e sorrise malizioso -Puoi chiedermi tutto quello che ti passa per la mente, ti prometto che risponderò come meglio posso- e si appoggiò con il mento sulle mani appoggiandosi sulle ginocchia, in attesa dei miei dubbi.

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Capitolo 7
*** Manny ***


Bene, era arrivato il mio momento, stavo per sapere qualcosa in più su di lui, ma sicuramente qualcosa di più su di me!

Finalmente alcuni tasselli sarebbero andati al loro posto.

-bene, ehm ….- da dove potevo iniziare? Quale domanda porre per prima? Sospirai. Era uguale no?! Tanto avrebbe risposto a tutto.

-come facevi a sapere il mio nome? … Il mio… vero ….nome, intendo-

-bè diciamo che non so solo il tuo nome come avrai visto, so praticamente tutto di te, so quando e dove sei nata, so dove hai vissuto prima di diventare quello che sei ora, e so anche dove sei stata fino ad ora, come hai trascorso la tua vita, la nuova identità che ti sei costruita, come hai scelto di vivere. A proposito, è curiosa la dieta che seguite, vorrei provare a cacciare come voi, è veramente interessante- e si perse così nell’immaginazione.

Come poteva sapere tutte quelle cose?

-se sai tutte queste cose- iniziai a dire e lui tornò con i piedi per terra -perché non ti sei mai fatto vedere? Perché non mi hai dato qualche segno?- un pizzico di rammarico prendeva posto nella mia voce.

-bè- disse crucciandosi e fissando fuori da una finestra -come potevo scegliere io per te? Perché dovevo interferire con la tua vita? E se a te non importava il tuo passato? Perche avrei dovuto distruggere la tua serenità con la tua nuova famiglia, con il tuo nuovo amore? Non potevo. Tu probabilmente non capisci come mi possa sentire io. Come ho scoperto che stavi decidendo di venire qui, a capire, sono stato l’uomo più felice di questo mondo. Ma fino a quando tu non avevi deciso, bè, io sono stato come morto per questi ultimi cinquant’anni. Aspettavo te, attendendo la tua venuta, con la speranza che un giorno avresti deciso di scoprire le tue origini. Ma un dubbio attanagliava la mia mente, e se tu non avessi mai avuto il desiderio di ritrovare la tua vecchia famiglia? Se non fossi mai arrivata? Io sarei comunque stato qui ad aspettarti.-

la sua voce andava affievolendosi ad ogni parola pronunciata, fino a diventare un sussurro perfino per il mio udito sovrasviluppato.

Tornò a guardarmi e un sorriso comparve su quel viso splendido.

-però ora sei qui, e non vorrai certo sentire tutti i miei dubbi, io sono qui apposta per te. Sono qui per rispondere alle tue domande. Quindi continuiamo.-

Quelle parole mi erano entrate dentro velocemente, non capivo perché aspettasse me, ma ora capivo come potesse essersi sentito per tutto quel tempo. Era rimasto solo, aspettando me.

Abbassai gli occhi sulle mie mani intrecciate che erano posate sulle mie ginocchia. Quel vampiro aveva sofferto per me.

-perché l’hai fatto Manny? Perché mi hai aspettata? Chi sei?- e alzai gli occhi, lui mi stava fissando, i suoi occhi erano carichi di dolcezza.

Non staccò gli occhi dai miei, imprigionandomi in quello sguardo.

-vuoi sapere perché l’ho fatto? Vuoi sapere chi sono? Bè io te lo dico, non ho problemi, ma il discorso sarà piuttosto complicato e lungo Mary. Io sono Manny Lucas Stewart, sono nato nel 1899 qui a Biloxi. E ho solo 3 anni più di te.- disse con un sorrisino, poi tornò serio

-Ho vissuto fino ai 15 anni con i miei genitori. Poi sono morti, più che altro si sono suicidati. Mio padre si è tagliato la gola e mia madre vedendo il suo corpo si è impiccata in bagno-

Nei suoi occhi una profonda tristezza regnava sovrana, avevo l’impulso di andargli vicino e abbracciarlo. Ma non volevo farlo fermare.

-Io naturalmente ero troppo piccolo e spaventato per capirci qualcosa, ricordo solo che mi misi in bagno, vicino al corpo di mia madre, e restai lì per un giorno intero. Poi arrivò lui..-

Il suo tono era cambiato, ora ne parlava con rispetto, quasi venerazione, come noi parlavamo di Carlisle.

-…era passato di lì per andare a lavorare e aveva sentito un grande odore di sangue e un piccolo cuore battere. Come avrai capito lui era come noi, un vampiro, ma era diverso. Beveva sangue animale, proprio come te.-

Il sorriso di prima ricomparve sul suo viso e io ricambiai

-era abituato a gestire i suoi impulsi animali che lo spingevano a uccidere gli umani, anche perché con il lavoro che faceva non poteva permettersi di fare sciocchezze. Entrò dentro casa e mi vide lì accasciato per terra, tremante e affamato. Mi prese in braccio e mi sussurrò qualcosa all’orecchio, qualcosa tipo “andrà tutto bene”, ma non lo ricordo chiaramente. Tutto era confuso, tutto era buio. Mi svegliai dentro una stanza tutta bianca, sopra un letto morbido. E c’era lui. Mi guardava e mi sorrideva gentilmente. Anche se ero piccolo mi disse che cos’era, mi rassicurò di non avere paura, lui non mi avrebbe fatto male, mi sarebbe stato accanto per sempre, fino a quando avessi voluto. Mi trattò come un figlio. Un anno dopo, all’incirca, mi portò con se a lavoro e mi fece entrare a far parte degli infermieri del manicomio.-

Si bloccò, guardandomi di sottecchi, analizzando tutte le mie reazioni. Ero diventata fin troppo brava a gestirmi, con Jasper era necessario, non volevo farlo stare male e quindi ero diventata un’esperta a nascondere le mie emozioni.

Vedendo che non facevo un piega continuò il suo racconto.

-mio padre mi insegnò tutto quello che dovevo fare, avevo sedici anni ma ero un ragazzo sveglio e attento a tutto, riuscivo a far ragionare le persone lì dentro, riuscivo a bloccare le voglie dei ricoverati di uccidersi o di farsi del male. Non puoi immaginare che persone c’erano, e io ero sempre lì a calmarle. Da qui credo venga il mio potere, anche se non ne sono sicuro. Poi era un mattino di invero, io avevo 19 anni quando arrivò una ragazzina. Era molto carina, dai capelli neri, corti e disordinati, era minuta e gracile, ma sembrava apparentemente normale, non aveva nulla di sospettabile.-

Quelle parole furono difficili da digerire, stava parlando di me.

-mio padre prese tutti i dati che servivano per l’ospedale. Eri tu Mary. Scoprii con mia grande sorpresa che avevi già 16 anni, sembravi molto più piccola. Mio padre ti prese molto a cuore. E mi mise a farti la guardia davanti alla porta, dovevo assicurarmi che tu stessi bene. Le tue visioni ti portavano via molta forza e in più, tutte le volte che qualcuno si accorgeva che avevi fatto “quella cosa “, come la chiamavi tu, c’erano continue ripercussioni e stavi le ore a piangere con mio padre. Si innamorò presto di te. Ma la sua felicità era destinata a non durare. Infatti pochi mesi dopo il tuo diciassettesimo compleanno, ci furono dei problemi con un certo James-

Ricordare il suo nome mi faceva ancora venire la pelle d’oca

-lui era un segugio e ti voleva a tutti i costi. Litigarono come due pazzi e James minacciò mio padre e gli disse che sarebbe tornato presto. Papà era andato in una confusione totale, e la sera stessa mi venne vicino e mi chiese “Manny, sto per chiederti un favore grandissimo, un favore che puoi benissimo non accettare vista la mostruosità della cosa. Vorrei che tu proteggessi Mary Alice. Ma da solo non ce la faresti, hai bisogno di qualcosa in più, qualcosa che solo io posso darti”. La paura era tanta Mary, ma l’affetto che provavo per lui era illimitato. Accettai la sua proposta e per tre giorni bruciai. Quando mi svegliai tutto mi era più chiaro. Vicino a me, su un lettino c’eri tu, in piena trasformazione. Mio padre singhiozzava vicino al tuo letto. Quando capì che mi ero svegliato mi disse di aver cura di te. E se ne andò. Non tornò più. Tu quando ti svegliasti non ricordavi nulla e fuggisti via, ricca della tua nuova forza e giovinezza. Ti ho seguita per questi cinquant’anni mantenendo la mia promessa. E ora siamo qui a parlare. Comunque possiamo anche dire che io…. Vivo per te!-

E scoppiò a ridere.

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Capitolo 8
*** La camera ***


Il suo racconto era finito giusto in tempo. Infatti, con tempismo perfetto entrò nella stanza mia nipote.

Era veramente bella anche se non era più una ragazza, da giovane doveva essere simile a me.

Sentendo ridere Manny sul suo volto si aprì un ampio sorriso.

-sono felice. Finalmente sento ridere Manny!!! Grazie Alice, credo che se tu non fossi mai arrivata non avrei mai avuto questo piacere.-

Mi girai verso Manny che fece spallucce.

Aveva ragione, non potevo capire quello che aveva potuto provare in quegli anni di solitudine.

Guardai nuovamente Meg.

-bè il piacere è tutto mio e in più da oggi in poi avrà il piacere di sentirlo ridere molte volte immagino- dissi felice di quella risposta.

Non credevo che sarebbe stato tanto facile entrare in quel posto e la mia testolina aveva già architettato mille altri modi per riuscirci.

-bene, quindi Manny ti ha dato il lavoro!!- disse entusiasta di quella situazione.

-si signora- rispose Manny -la signorina… Alice ha buone referenze e dovrebbe essere un’ottima domestica-

-certo che lo sarà!!!- disse quasi indignata della risposta del domestico -e’ un’ottima ragazza e sarà perfetta. Quindi, ora Manny fa il gentiluomo e accompagna Alice di sopra e affidale una stanza. In fondo… anche lei avrà bisogno di dormire no?!-

Io e Manny ci riguardammo e per poco non scoppiammo a ridere. Non poteva sapere quanto si stava sbagliando su quella cosa!

-cosa c’è? Ho detto qualcosa di buffo?- la sua aria confusa era davvero comica.

-no, no signora non ha detto nulla di buffo. Comunque sopra ci sono solo due stanze… le do quella della signorina?-

-no, Manny, preparale quella degli ospiti, andrà più che bene. Quella della signorina dovrà rimanere chiusa, se non ti spiace. Ci tengo molto.-

-certo, certo signora- si affrettò a dire.

Ero confusa, quale stanza poteva essere così importante da non poter essere aperta?

Guardai Manny e lui mi mimò un “dopo ti spiego” con le labbra. Annuii.

-bene, ora portala sopra. Ci vediamo questa sera a cena, o meglio… ci sentiamo!- scoppiò a ridere poi girò sui tacchi e se ne andò senza aspettare risposta.

Meg era una persona molto strana ma briosa e piena di vita. Mi piaceva.

-bene andiamo- sussurrò Manny e mi prese per mano.

Quel tocco così delicato mi riportò alla mente Jasper.

Era da quella mattina che non lo vedevo e non ci parlavo ma non stavo così male come credevo.

Era tutto merito di Manny, sapeva come farmi dimenticare del resto e mi sentivo bene.

Mi portò veloce su per le scale e mi ritrovai davanti ad un enorme corridoio pieno di stanze. Ce n’erano almeno 20! E tutte erano piene?! Quanta gente viveva lì dentro?!

Si arrestò davanti ad una porta, più vecchia e lavorata delle altre che erano state ristrutturate. Doveva avere all’incirca un secolo.

-cosa ci facciamo davanti a questa porta? Di chi è? Di Meg?- chiesi

-no, non è di Meg questa stanza, è la tua… o meglio, era la tua!-

-e’ la mia?-

Lo stavo fissando.

Questa scena l’avevo già vista quella mattina quando non potevo avevo avuto la visione. Era strano viverla e poterla vedere chiaramente.

-si Alice. Però è chiusa a chiave, naturalmente io ce l’ho, ma ora non posso farti entrare, se vuoi questa notte quando tutti dormiranno potrò aprirla.-

A quel punto, se fossi stata in grado di piangere, i miei occhi si sarebbero colmati di lacrime.

-si Manny, grazie, stai facendo davvero tanto per me. Se non ti avessi trovato non so se sarebbe stato tutto così facile …-

Stavo per continuare a ringraziarlo quando lui distolse lo sguardo e si fece triste

-… Manny, cosa c’è? Che ho detto?-

-niente Mary, è solo che sto pensando che forse ho sbagliato a farti scoprire tutto così in fretta. Non che non sia felice che tu ora stia cercando di capire e che ti senta felice, però … se affretto tanto le cose, tu andrai via da qui prima.-

poi mi riguardò, come quella mattina cambiò espressione e si stampò un sorriso sul viso

-ma non ti preoccupare, come sempre sono problemi che non riguardano te.-

Quel ragazzo era molto solo e turbato ma cercava comunque di non farmi pesare la situazione.

Improvvisamente sentii il bisogno di abbracciarlo, e non mi trattenni. Mi buttai fra le sue braccia e lo strinsi forte.

Dopo un attimo di sconcerto, sentii le sue braccia avvolgermi e la sua testa poggiata sui i miei capelli.

Dovevo sembrare, come sempre poi del resto, una bambina.

Restammo così svariati secondi poi mi tirai indietro.

Finalmente il suo viso brillava di felicità, non c’era più quella maschera a nasconderlo.

-così sei molto più carino, devi essere rilassato e felice più spesso!- dissi e gli feci la linguaccia.

Mi sorrise e senza parlare mi riprese per mano portandomi alla mia stanza.

Il pomeriggio passò molto velocemente.

Io stetti tutto il tempo in camera mia dove avevo disfatto le valigie e sistemato le mie cose. Mi stupii di vedere i miei abiti non abbinati correttamente. Al più presto sarei andata in centro a comprarne di nuovi.

In più sentii particolarmente forte il desiderio di avere Jasper lì con me in quel momento.

Lontana da Manny il dolore della solitudine tornava forte e prepotente in me.

A cena, parlammo del più e del meno e notai che Meg era molto più strana di quello che credevo. Aveva insistito per “guardare” un film e Manny aveva dovuto commentarglielo per tutto il tempo.

Era stato divertente sentire i commenti di Manny e le lamentele di Meg perché secondo lei i protagonisti facevano cose completamente diverse.

La notte scese velocemente e verso le due di notte sentii bussare alla porta. Many mi aspettava lì davanti appoggiato allo stipite.

Come aprii scoppiò a ridere.

-Mary, non stiamo andando a rapinare una banca! Non serviva che ti vestivi tutta di nero come Diabolik!- disse tra una risata e l’altra.

Misi un finto broncio e gli risposi come le bambine quando si mettono con il muso per qualcosa che non gli va bene - a parte che è da Eva Kant e poi… era bello!!!- dissi facendogli nuovamente la linguaccia.

Rise di nuovo, poi spazientita lo presi per mano e lo strascinai davanti alla porta.

Infilò una chiave molto vecchia nella toppa e girò piano, cercando di non fare rumore.

-ti aspetto qui fuori, mettici tutto il tempo che vuoi-

Varcai la soglia e mi bloccai. Avevo avuto alcuni ricordi di quella stanza, molto sfocati e incerti ma non gli avevo mai dato peso. Non credevo fossero dei miei ricordi da umana.

La stanza era tutta rosa con al centro un enorme letto a baldacchino.

Vicino alla finestra c’era un lavatoio tutto lavorato e intarsiato e la moquette era anch’essa rosa.

Sulla parete in fondo c’era una porta. Mi avvicinai e l’aprii.

Era una cabina armadio molto grande dove c’erano moltissimi vestiti. In un ricordo avevo visto una donna vestirmi, probabilmente mia madre. Ecco da chi avevo ripreso quella passione.

Tutto era uguale….tranne… appesa ad una parete tra dei quadri c’era come una bacheca piena di ritagli di giornale.

Mi avvicinai e iniziai a leggere alcuni articoli. Uno in particolare era molto dettagliato e attirò la mia attenzione, i titoli dicevano così: “Scompare la figlia del signor Brandon” e iniziai a leggere:

“oggi 23 aprile 1901 è scomparsa dal manicomio di Biloxi la prima figlia del signor Brandon. Tutta la città è in subbuglio, girano voci di corridoio che la signorina Mary Alice Brandon sia stata rapita da uno dei dottori del manicomio. Infatti, oltre a lei sono scomparsi il dottor Jason Stewart e suo figlio Manny Stewart. Si sospetta un rapimento per ricatto. La polizia sta investigando in tutte le aree vicine. Per ora non si è trovato nulla”

L’articolo finiva così, con il nome del giornalista.

Non lessi nient’altro, era abbastanza. E uscii dalla stanza.

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Capitolo 9
*** Dichiarazione ***


Nelle due settimane successive al mio arrivo tornai la Alice che ero a Forks.

Se ero tornata briosa e piena di vita (e anche un po’ fuori di testa in effetti) lo dovevo tutto a Manny.

Infatti se lui non fosse stato lì con me e non mi avesse assecondato nelle mie follie ci avrei messo molto più tempo a tornare quella di sempre.

Nella prima settimana avevo urgentemente bisogno di vestiti nuovi, visto che i miei erano tutti spaiati, e mi accompagnò in centro dove c’era un negozio molto carino.

Comprammo talmente tanti vestiti che per tutto il viaggio di ritorno mi prese in giro sul fatto che se li avessimo donati in beneficenza avremmo potuto vestire un intero continente.

Poi però mi si fece riaccompagnare di nuovo a scegliere i suoi di vestiti.

In più riuscii a conoscere meglio mia nipote.

All’inizio quando pensavo che fosse un po’ pazza mi sbagliavo … era completamente fuori di testa!

Era molto esuberante ed attiva certo, ma così era troppo anche per un vampiro che avevo una super-vista.

Voleva fare tutto e in continuazione.

Non ero abituata a tutto quello ma ben presto mi abituai ai suoi ritmi frenetici.

In più Manny mi fece scoprire il giardino dietro la casa.

Il viottolo di pietre portava ad un posto meraviglioso pieno di fiori e piante di ogni tipo.

Mi spiegò che era una passione di famiglia, mia madre iniziò a coltivare delle rose selvatiche, mia sorella piantò delle piante qua e la, mentre Meg fece mettere i fiori più esotici e belli che io avessi mai visto.

Diciamo che era una tradizione di famiglia.

La cosa più bella di quel posto era il fatto che il giardino cadeva a strapiombo sul mare e Meg aveva fatto costruire a Manny un arco con delle rose rampicanti e sotto di esso c’era una panchina da cui si vedeva il mare.

Da lì nacque la nostra routine, infatti tutti i giorni al tramonto e all’alba io e Manny sedevamo lì a guardare il solo sorgere e poi guardare l’acqua scurirsi dipingendosi di colori stupendi.

Era la mia oasi felice, dove Manny completava tanti spazi vuoti. Ma alcuni persistevano in me.

Inutile dire che Jasper mi mancasse da morire.

Tutti i giorni su quella panchina pensavo a come poteva essere se al posto del mio amico ci fosse stato il mio amore.

I giorni passavano e il vuoto aumentava sempre di più… tutti i giorni speravo che la fine di quel mese arrivasse presto per poterlo chiamare ma quando ero con Manny speravo che quel giorno fosse il più lontano possibile.

Ero sicura che Jasper non avrebbe mai tollerato quella situazione, soprattutto, conoscendolo, non avrebbe sopportato tutta quella vicinanza e intimità che c’era tra me e Manny.

Lo conoscevo troppo bene e più di una volta era stato geloso dei ragazzi.

Manny e io eravamo diventati una cosa e una persona sola e stare sola con lui era diventata ormai un’abitudine.

Un giorno mi si avvicinò piano, con l’aria di qualcuno che stesse per commettere la cosa più bella ma allo stesso tempo più sbagliata di questo mondo, e mi prese per mano.

Quei gesti erano ormai diventati un’abitudine, ci prendevamo per mano, ci abbracciavamo, ci consolavamo, non volevano dire niente di più.

Era tardo pomeriggio e mi portò piano verso il giardino, ma non era ancora l’ora del tramonto.

-manny cosa fai? Non è ancora ora del tramonto, dai vieni che devo sistemare la casa e tu mi devi aiutare- dissi e provai a tirarlo verso l’ingresso, ma lui era irremovibile, mi teneva stretta la mano e mi fissava.

-si lo so che non è il tramonto Mary, ma ti devo parlare di una cosa molto importante per me, e non posso aspettare oltre- la sua voce tradiva una certa emozione.

Gli sorrisi complice, finalmente si era deciso a dirmi quello che lo turbava!

Infatti in quelle settimane era stato molto strano, e quando provavo a chiedergli cosa fosse successo la risposta era sempre la stessa “ti prometto che te lo dirò Mary, ma ora non è il momento” ma finalmente si sentiva pronto a dirmi quella cosa.

Ero su di giri, con il fatto che con lui non potevo prevedere il futuro dovevo aspettare che lui si decidesse a fare o a dire tutto, era snervante ma non mi interessava più di tanto.

Mi portò fino alla nostra panchina e mi fece sedere, quando si fu accomodato anche lui mi prese le mani e se le portò sulle gambe.

Era in difficoltà, lo vedevo, giocava distratto con le mie mani, cercando evidentemente le parole giuste per dirmi quel suo tormento. Non poteva essere tanto grave come cosa.

Per fargli coraggio gli alzai il viso e gli sorrisi.

Lui mi guardò negli occhi, mi prese la mano da sotto il suo mento e se la portò sulla guancia dove la teneva ferma con la sua, chiuse gli occhi e poi sospirò.

-mary, davvero, lo so che probabilmente ti sto facendo innervosire, ma è difficile spiegarti quello che devo dire. E vorrei trovare le parole giuste anche se non credo ci siano- aprì gli occhi e mi inchiodò con il suo sguardo rosso fuoco intriso di mille significati, ma di cui non riuscivo a leggerne neanche uno.

Riportò le mani sopra le sue gambe, le guardò un attimo e poi tornò a guardarmi

-allora, in queste due settimane sono stato benissimo con te, anzi non potrei dire come mi sono sentito ed ora ti devo dire la verità. Quando quel giorno ti dissi che io vivevo per te … bè non stavo scherzando. Mary se io ho resistito tutto questo tempo è stato solo perché tu esistevi, solo perché sapevo che in qualche parte in questo insignificante mondo c’era qualcosa per cui valeva vivere e questo qualcosa sei tu! Mary io ti amo!- a quella parole si bloccò.

Non riuscivo più a respirare, riuscivo solamente a guardarlo negli occhi e a rimanere immobile.

Se un vampiro poteva svenire a quel punto sarei già caduta nel buio totale e forse mi avrebbe salvata, ma così non fu e lui continuò ignorando la mia espressione sbigottita e confusa.

-lo so che ti può sembrare strano ma … Ti amo Mary, amo tutto di te! Ti amo quando mi guardi e mi rendi felice, ti amo quando mi stringi forte a te, ti amo quando mi fissi negli occhi, ti amo quando mi prendi per mano, ti amo quando mi accarezzi la guancia, ti amo quando mi trattieni se mi allontano, ti amo quando mi fai ridere. Ti amo … sempre … ogni momento per l’eternità!-

e poi fece quello che non mi sarei mai aspettata …



Giada's Space
Ciao a tutti/e wow non mi ero accorta che avevo 6 preferiti che stupida
*si da gli schiaffi sulla testa*
comunque sono felice che c'è anche una sadica che recensisce!!! grazie davvero! e grazie anche a chi legge naturalmente senza dire nulla^^
hale1843 : Ciao!!! grazie per le recensioni non ti puoi immaginare il piacere che mi hanno fatto!^^ cmq...non ti preoccupare...io sono per la coppia Alice-Jasper...ti posso rassicurare solo così! un bacione *3* spero alla prossima^^

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Capitolo 10
*** L'addio ***


E poi fece quello che non mi sarei mai aspettata…

Sciolse le mie mani dalle sue, mi prese il viso avvicinandolo al suo e mi baciò.

In un primo momento non capii neanche dove mi trovavo, poi, però, mi resi conto di quello che stava succedendo.

Manny mi stava baciando, un lieve, dolce ma passionale bacio.

Sentivo il suo desiderio, sentivo il suo amore, ma non potevo ricambiare, io non ero innamorata di lui, io amavo Jasper.

Cercai di allontanarlo frapponendo tra i nostri corpi le mie mani e cercai di spingerlo via.

Non seppi mai se scambiò quel gesto per passione, visto che non avevo più forza nelle braccia, o lo fece perché non voleva che quel momento, così magico per lui e così tragico per me, finisse ma mi strinse forte a se.

Il suo bacio divenne più forte e prepotente, sentivo il suo desiderio di avermi con se, ma io non potevo.

Ma allora perché non riuscivo ad allontanarlo? Perché nelle mie braccia non fluiva la solita forza? La risposta era una, non volevo ferire Manny, il mio amico.

Improvvisamente ebbi una visione, c’ero io oscurata e avvolta da una patina nebbiosa e vicino, o attaccato a me un buco nero che sicuramente stava a significare Manny.

Ma un altro dettaglio mi colpì forte, sullo sfondo c’era lui.

Jasper.

Stava guardando la scena, era rimasto impalato lì a fissare me tra le braccia di Manny immobile e “consenziente” per i suoi canoni.

Poi correva via.

Quando finì la visione capii subito quello che stava succedendo, era una visione di quel momento o almeno di qualche istante dopo.

Aprii gli occhi di scattò e concentrai tutta la forza della mia disperazione sulle braccia e spinsi via Manny da me.

Girai lo sguardo giusto in tempo per vedere una folata di capelli biondi andare via dal mio ex paradiso personale.

Scattai in piedi e corsi verso Jasper.

Lo raggiunsi davanti la casa e lo afferrai per un braccio, non riuscivo ancora a parlare.

Stava succedendo tutto troppo in fretta!

Si bloccò di scatto ma non si girò verso di me.

Singhiozzando lo abbracciai da dietro.

-J…J…Jasper io ….mi dispiace….non …- la mia voce era un sussurro ma cercavo comunque di dire frasi sensate -… io … non…- ma mi interruppe.

-tu cosa Alice?! Tu cosa?!- la sua voce era glaciale, non lo avevo mai sentito così, ero terrorizzata -cosa mi vorresti dire?! Che non volevi baciare quel tipo?! O che non volevi essere scoperta?!- l’ultima frase la disse quasi gridando.

I miei singhiozzi ormai mi facevano sussultare tutta, ma cercai di parlare lo stesso -n-no-non es-essere catt-cattivo con m-m-me!!- e affondai il viso sulla sua schiena singhiozzando come un’ossessa.

Si girò e mi abbracciò.

-ok, ok Alice ora calma- la sua voce ora si era ammorbidita, si era calmato, o almeno ci stava provando.

-non fare così, mi dispiace- disse mentre mi accarezzava piano la testa -ok Alice, ora sei più calma?- chiese quando vide che i singhiozzi erano passati.

-si-

-bene, ora ti dico quello che penso e che ho pensato. Ora tu calmati e lascia parlare me ok?-

Annuii

-ok. Ho sbagliato ad urlarti contro in quel modo e ho sbagliato a prendermela così con te, non è colpa tua, è colpa mia-

Alzai lo sguardo, stava fissando il mare, la luce del tramonto ne risaltava i capelli e gli occhi, era una meraviglia.

-ho sbagliato a comportarmi così, sono imperdonabile, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato eppure non sono riuscito ad essere calmo come volevo. Tu hai fatto una scelta Alice, hai scelto lui e ti capisco. Lui ti può dare qualcosa che io non posso, ti può dare la tua vita passata e ti può dare la tua vita futura. Quindi non ti preoccupare perché siamo ancora in tempo per rincominciare a ridere, siamo ancora in tempo per scrollarci tutto e vivere… il dolore sai è normale se le storie poi finiscono ma fra prendere e lasciare non si deve mai aspettare…siamo fatti per sbagliare e poi tornare indietro e poi desiderare sempre quello che sta dietro al vetro … ma continua a cercare il tuo ago nella sabbia … parole, rumori e giorni…attese, speranze e sogni … lontani, vicini, chi lo sa. Ora io ti lascio Alice e spero che vivrai bene e anche meglio di come stavi con me. Spero che riuscirà a darti ciò che io non sono stato in grado, probabilmente lui sarà migliore di me. Lo spero. Ti meriti tutta la felicità di questo mondo Alice. Addio piccola- mi accarezzò e salì sulla Aston Martin di Edward, sgommando sul viottolo.

Restai immobile guardare quella macchina andare lontana.

Mi sentivo vuota, un guscio vuoto, svuotato di tutte le emozioni, dell’anima, di tutto.

Su quell’auto stava andando via il mio grande amore, la mia vita, il mio futuro, la mia anima, la mia unica e sola ragione di vita.

E io ero lì immobile e incapace di fare nulla.

Ero patetica… e stupida… e incosciente… e mille altri aggettivi per aver permesso che se ne andasse via in quel modo senza cercare di fargli capire, senza cercare di tenermelo stretto.

Abbassai la testa sotto il peso di tutto, l’aria era improvvisamente diventata pesante e cercava di schiacciarmi, di soffocarmi.

Poi sentii una mano sulla spalla.



Giada's Space
Ehm...salve...vi voglio solo rassicurare perchè immagino che in questo momento state lanciando fiamme dagli occhi (e vi capisco) però vi posso dire solo una cosa... Sono per la coppia Alice/Jasper...non voglio che su questo ci siano dei fraintendimenti...detto questo...bè al prossimo capitolo...i commenti sono ben accetti eh! non mi offendo! XD

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Capitolo 11
*** Depressione ***


Quel tocco amico in quel momento non mi era di alcun conforto, era inutile cercare di addolcirmi la pillola.

Jasper mi aveva lasciata!

-scusa Mary, so che sono l’ultima persona che vorresti sentire in questo momento ma… volevo dirti che mi dispiace, non è stato giusto decidere al posto tuo. Sono orribile lo so- il suo tono mortificato mi distruggeva ancora di più.

Mi alzai lentamente e lo abbracciai.

Lì tra le sue braccia mi sentivo me stessa, sentivo che quello era il mio posto.

Quella situazione era così giusta ma alla stesso tempo così sbagliata!

Iniziai a singhiozzare come poco prima, ora riuscivo di nuovo a sentirmi infelice.

Jasper mi aveva lasciata e l’avevo fatto soffrire terribilmente e Manny, la mia ancora di salvezza, soffriva perché io soffrivo e perché lo stavo ferendo anche in quel momento così abbracciata a lui.

Ero un mostro, un piccolo ed orribile mostro.

Avevo rovinato due persone e io anche se soffrivo ero sicura che non fosse abbastanza.

Manny iniziò ad accarezzarmi dolcemente la testa

-su, su Mary non fare così calmati, è colpa mia non tua- quei gesti, quelle parole, troppo simili, troppo dolorose per me.

Tutti e due cercavano di allontanare da me quel momento e tutti e due soffrivano.

Perché? Che razza di giustizia era mai quella?

Mi aggrappai al maglioncino rosso di Manny e singhiozzai più di prima.

Ora non mi toccava neanche più, forse per paura che potessi scoppiare da un momento all’altro.

La sera era scesa sulla casa e stranamente nessuno era venuto a chiamarci, ma era un particolare insignificante.

Cosa importava in quel momento di salvare le apparenze? Perché continuare a fingere quando nulla era davvero importante?!

Di punto in bianco Manny mi prese sotto le ginocchia e iniziò a correre lontano da casa Brandon.

Io stavo rannicchiata contro il suo petto ad occhi chiusi, l’unica cosa che sentivo era il vento che mi accarezzava il corpo.

Non capii bene quanto tempo corremmo, mi resi conto solo di quando fummo arrivati.

Tutto taceva intorno, ma non mi muovevo, era troppo comodo e bello stare lì, il mio paradiso.

-mary, scendi, mattiamoci un attimo qui- mi alitò sul collo il mio amico.

Controvoglia scesi da quelle possenti braccia e mi accorsi di dov’eravamo.

Giorni prima mentre facevamo la nostra solita passeggiata nel giardino avevo visto in lontananza sulla spiaggia, in un piccolo golfo, uno scoglio che formava una specie di panchina e da quel punto si vedeva un panorama bellissimo.

Infatti in quel momento stavo ammirando l’oceano di notte, era una visione davvero incantevole e come a strapiombo più in alto si vedevano le luci della città sulla sinistra, mentre sulla destra c’era, ancora più in alto, villa Brandon tutta illuminata.

Mi girai e lo vidi seduto sulla “panchina” e batteva vicino a lui con la mano facendomi segno di andare.

Camminai lentamente e con un saltellino mi trovai vicino a lui.

Mi circondò le spalle col braccio destro e sospirò.

-cosa c’è Mary? Non sei felice qui vero?-

-v-veramente- e mi schiarii la voce, era tantissimo tempo che non parlavo -io sto molto bene qui…è solo che…- non terminai la frase, era ovvio ciò che volevo dire.

-solo che non c’è lui… non è così?-

Annuii.

-capisco, ti capisco perfettamente. So cosa vuol dire stare lontani dalla persona che si ama anche solo per un piccolo periodo di tempo.-

Lo guardai negli occhi e mi spaventai.

Quanta sofferenza stavano sopportando? Era uno sguardo vago e in qualche modo vuoto.

Gli strinsi la mano e lui si girò verso di me facendomi un sorriso che però si spense ancora prima di arrivare agli occhi.

-manny… io sto bene qui con te, però ho una parte che mi manca. Tu in queste poche settimane che che siamo stati insieme mi hai riempito di emozioni bellissime, mi hai fatta sentire bene e in alcuni momenti ho dimenticato addirittura Jasper pensando di rimanere qui. Ma ogni volta che vai via, che ti allontani sento che una parte di me non è lì. Jasper non è lì.-

Mi fissò evidentemente pensando a qualcosa.

-ma… ed è solo un’ipotesi ovviamente … se io rimanessi con te sempre … tu non sentiresti la sua …- gli misi un dito sulle labbra e scossi piano la testa.

-no. Non sarebbe la stessa cosa e credo che tu lo sappia bene. Io ho bisogno di lui e non posso cercare di escluderlo dalla mia vita se penso che non posso vivere senza di lui. Devo provare, poi se non vorrà avermi accanto mi metterò il cuore in pace, ma fino ad allora …-

Abbassò gli occhi, poi mi abbracciò stretta a lui e mi sussurrò caldo all’orecchio.

-ok Mary, non ti posso dire che sono contento perché non ti voglio mentire, ma se è questo quello che vuoi lo devi fare. E anche se mi costa dirtelo io sono dalla tua parte, ovunque e con chiunque tu sarai felice io lo sarò. E ora c’è solo una cosa da fare, perseverare. Non smettere mai di correre verso il traguardo, non smettere mai di essere te stessa, lotta sempre per ciò che desideri, vivi per la tua vita … ama chi ti ama … sogna sempre mete impossibili, regalati ogni attimo, ogni istante di questa vita eterna ma in tutto questo immenso vivere non dimenticare il bene che ti voglio…-

E poi corremmo verso casa Brandon per salutare e andare verso la mia casa, ormai, la mia vera casa.



Giada's Space
Eccomi! Bè che dire...Alice si vuole riprendere ciò che è suo (anche io lo farei per Jasper :Q__) quindi si dovrà dare da fare...che dire...al prossimo capitolo!^^
Grazie hale1843 che continui a recensire...non immagini quanto mi fa piacere!
Enche le persone che leggono se vogliono lasciare un commentino anche negativo...bè mi fa piacere anche quello! (un pò meno se sono negativi XD ma li accetto^^)

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Capitolo 12
*** Casa! ***


Prima di tutto mi scuso per il capitolo precedente...ora i dialoghi si leggono^^ Vi lascio al capitolo :)



Il treno era partito ormai da una mezz’ora buona e iniziavo ormai a vedere dei paesaggi che riconoscevo.

Il viaggio sembrava più corto rispetto a quello dell’andata, in parte perché ero meno nervosa (anche se non di molto) e in parte perché avevo compagnia.

Manny non aveva aperto bocca molto spesso, ma anche se lo avesse fatto sicuramente non l’avrei sentito.

Si era proposto per accompagnarmi così in caso ci fosse stato bisogno d’aiuto lui mi avrebbe dato una mano prendendosi la colpa dell’accaduto.

Dopo un po’ che avevo provato a parlargli ottenendo solo silenzio, avevo deciso di vedere dove sarebbe stato Jasper.

All’inizio l’avevo visto dirigersi verso Maria, poi verso il clan di Denali, addirittura andare verso l’Italia, poi però aveva deciso di andare a portare l’Aston Martin ad Edward e quindi di parlarci per spiegare la situazione.

Se eravamo fortunati saremmo arrivati giusto in tempo per vederlo parlare con il mio fratello preferito.

Avevo anche provato a vedere più volte come sarebbe andato l’esito della nostra chiacchierata, ma ovviamente c’era un enorme buco nero provocato da Manny.

Arrivammo dopo non so quanto a Port Angeles.

Non mi ero mai resa conto di quanto mi mancassero quei posti così familiari.

Corremmo il più velocemente possibile verso casa Cullen, talmente veloce che arrivammo in 10 minuti scarsi davanti all’entrata al limitare della foresta.

Tutto sembrava accendersi di colori bellissimi.

La casa era di un bianco che avevo dimenticato, il bosco intorno era di un verde brillante e la luce … bè la luce era scarsa come sempre.

Era strano sentirsi a casa dopo tanto tempo, o forse sentirsi di nuovo parte di una famiglia che non fossimo solo io e Manny.

I primi che vidi furono Esme e Carlisle, stavano seduti sugli scalini del portico e mi guardavano stupiti, come se fossi un’apparizione.

Gli feci un cenno con la mano e poi scattai verso il garage.

Mentre passavo avevo incontrato Emmett e Rosalie, e stranamente Emmett era triste o giù di corda, li salutai con un cenno del capo e continuai la mia ricerca, avrei chiesto dopo i motivi che rendevano tanto malinconico il mio fratello-orso.

Quando fummo nei pressi del garage riuscii a sentire delle voci provenire dall’interno.

Uno era Edward, uno Jasper e poi … una voce femminile, ma che non avevo mai sentito … chi diavolo …

Entrai velocemente nella stanza e li guardai, cercando il volto della ragazza, se fosse stata la nuova ragazza di Jasper l’avrei uccisa!!!

La trovai e …

restai impalata e a bocca aperta a fissarla.

Era alta, mora con gli occhi rossi, ed era sicuramente una neonata.

Le parole uscirono flebili e confuse dalla mia bocca.

- B-B-Bella sei tu???-

La neo-vampira mi guardò e sembrò stesse per piangere quando mi buttò le braccia al collo.

-oh Alice, Alice!!! Sei qui, sapevo che non saresti rimasta con le mani in mano, sapevo che non ci avresti lasciati così!-

La allontanai e la guardai, dalla testa ai piedi e poi…

-Bella, ma che cavolo! Manco un mesetto e mi ti vesti come capita?! Sei proprio incorreggibile!!!- e scossi la testa.

Lei mi si buttò di nuovo addosso ridendo.

Poco dopo sentii una voce familiare richiamarci all’ordine.

-Bella, forse è meglio che lasciamo parlare un attimo Alice e Jasper, credo che avranno molto da dirsi. Ah, comunque piacere Edward-

E porse la mano verso Manny, di cui io mi ero completamente dimenticata.

Lui gliela strinse facendo un sorriso un po’ forzato

-piacere Manny-

Io fissavo Jasper, che fissava Manny, che a sua volta fissava me.

Non so quando se ne andarono Bella e Edward, ma so che stetti per molto tempo incatenata in quel circolo vizioso di sguardi.

Fui io la prima a parlare.

-Jasper, dobbiamo parlare- la mia voce aveva assunto un’impronta di autorevolezza e di sicurezza.

Mi guardò come se mi avesse visto per la prima volta, poi mi passò davanti e uscì dal garage.

Lo seguimmo a ruota fino a quando non raggiunse il limitare della foresta e si bloccò, era diventato una statua, non respirava e guardava dentro la foresta come se stesse cercando qualcosa in particolare.

Lo presi per il braccio destro e lo costrinsi a voltarsi, come poco prima non guardò me ma bensì il mio amico.

A quel punto spazientita gli abbassai il mento per farmi guardare, era irritante come situazione!

-senti non so cosa tu voglia fare, ma io non mi arrenderò certo davanti a questa stupida incomprensione, siamo sposati e intendo mantenere fede in tutte e per tutto al mio voto, hai capito Jasper Whitlock Hale?!-

Lo guardai fiera negli occhi, doveva per forza capire che non mentivo!

In un attimo, senza nemmeno il tempo di capirci qualcosa, mi ritrovai fra le sue braccia.

Mi teneva stretta contro il suo possente torace e mi cullava avanti e indietro come una bambina che ha fatto la cosa più adorabile al mondo.

Non ero molto conscia di quello che stava accadendo, perché aveva reagito in quel modo? Cosa diavolo…. ?! dietro di me il silenzio, Manny aveva smesso addirittura di respirare!

Poi si allontanò da me senza staccare gli occhi, era arrivato il mio turno.



Giada's Space
Eccomi qui...torno a scusarmi per l'inconveniente del capitolo precedente e spero sinceramente che questo chappy vi sia piaciuto almeno un pò^^
hale1843: Grazie per aver commentato!^^ Come hai visto Alice è tornata a rivendicare il suo diritto su Jasper (e chi non lo farebbe??? :Q__) comunque grazie per la pazienza di aver lasciato nuovamente un commentuccio che mi fa sempre piacere^^

Per tutti quelli che leggono...mi lasciate un commentino please? Solo per capire se sta venendo fori una schifezza e per capire quello che pensate...un bacione a tutti!

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Capitolo 13
*** Di nuovo insieme... ***


-jasper, non so come tu abbia potuto pensare che ti stessi tradendo. E’ vero, in una situazione come quella tutti avrebbero frainteso, ma tu … tu hai un potere Jasper! Perché non l’hai usato prima di andare via in quel modo, perché non hai sentito…- ma mi bloccò.

-alice, è stato questo il problema, io non ti sentivo. Come potevo sapere cosa stavi provando?! Io non sentivo te e non sentivo lui, in un attimo ho pensato che probabilmente una passione tanto forte poteva portare a quelle anomalie, e tantissime altre cose. Capiscimi, non potevo sapere!- nel suo tono c’era una tona stonata, una nota che suonava di rammarico.

-ehm Ehm- Manny si schiarì la voce per prendere parola -quello credo sia stato per colpa mia, per colpa del mio potere. Riesco a bloccare i pensieri degli altri e credo di aver circondato anche Mary in quel momento, quindi mi prendo la responsabilità- sembrava sicuro di se e anche un po’ arrogante, ma io avevo capito benissimo come era fatto, lui nascondeva tutti i suoi sentimenti dietro a quella maschera di finto orgoglio e superiorità.

Il vero Manny non era così, il vero Manny era una persona stupenda.

Jasper di tutta risposta strinse i pugni contro il corpo e digrignò i denti -certo che è stata colpa tua, è stata tutta colpa tua!- vedere Jasper perdere le staffe in quel modo era strano, lui che era sempre controllato…

L’unica cosa da fare era cercare di fargli capire quello che ero venuta a dirgli, senza far scattare una lite tra quei due.

Ero davvero preoccupata, se si fossero scontrati, chiunque avesse perso sarei stata io quella che avrebbe sofferto di più, e non l’avrei permesso!

-senti Jasper, mi vuoi far parlare oppure ti devo legare e imbavagliare su una sedia?!-

Al suo sorriso e al suo sguardo malizioso sbuffai, non era il momento per ricordare certe cose!

-senti, sono qui per farti un discorso serio, voglio dirti perché sono tornata e voglio, anzi pretendo, che tu mi ascolti!... bene, in queste settimane a Biloxi mi sei mancato tantissimo, ma non tanto quanto mi aspettavo grazie a Manny- sui suoi occhi scese un’ombra di tristezza e quindi mi affrettai a proseguire il mio ragionamento -però ho capito che ho davvero bisogno di te davvero, ho capito che ho bisogno di sentirti qui, nelle mani, nella mia testa, nei miei muscoli, perché l’emozione più intensa per me sei tu e sicuramente non posso non combattere per questo. Senza Manny non avrei resistito per più di due giorni, ma con lui tutto è stato più semplice. Ogni volta che ero con lui, mi sentivo bene, in pace, ma tutte le volte che mi lasciava sola tornavi tu e ti ritrovavo in ogni gesto, in ogni sorriso, in ogni pagina che parlasse di amore e condivisione. E non potevo rimanere lì quando la mia vita era qui. Jasper ora non so cosa mi dirai, ma se la tua risposta sarà un rifiuto non fa niente, aspetterò o me ne farò una ragione, ti prego pensaci.- finito il discorso abbassai gli occhi e fissai i miei piedi.

Dopo pochi istanti di esitazione mi sentii avvolgere da quell’abbraccio che conoscevo troppo bene, da quel caldo abbraccio che mi aveva riscaldato tante notti di gelo.

Stare lì così con lui era tutto ciò che potevo desiderare e che avrei desiderato per l’eternità.

Sapere di essere amata era la cosa più bella e unica!

Poi sentii il suo fiato sul collo e un brivido mi percorse la schiena.

Jasper era lì. Jasper mi stava abbracciando. Jasper mi amava!

Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e mi sussurrò quella frase, la NOSTRA frase, quella che ci aveva accompagnato in molte notti di passioni, in molti momenti di intimità, la frase che mi aveva detto per dichiararsi.

-my only dream, my only desire … you… my only love!- e mi baciò delicatamente sul collo.

L’elettricità era presente e tangibile nell’aria.

Mi staccai da lui confusa -jasper ma…cosa…- mi posò un dito sulle labbra e mi spiegò.

-ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!-

In quegli ultimi giorni quindi eravamo stati entrambi a pensare di poterci riabbracciare e di poter stare ancora insieme come una volta.

Quella consapevolezza mi fece sentire la persona più felice sulla faccia della terra.

Cosa altro potevo chiedere in più oltre a quello che avevo in quel momento?

Avevo una casa, una famiglia, un marito che mi amava tanto quanto lo amavo io, una migliore amica con cui sarei potuta stare per l’eternità….

Ecco, ora avevo capito cosa avrei potuto chiedere.

Mi staccai dal mio amore e a testa bassa mi girai nel senso opposto.

L’unica cosa che in quel momento avrei voluto, ma non potevo avere, era davanti agli occhi…

Il mio migliore amico!



Giada Space

Allora...ora...scusate innanzitutto il ritardo con cui ho postato ma non ho avuto tempo T.T
Ringrazio tutte le persone che hanno sprecato parte del loro tempo a leggere questa mia pazzia e ringrazio soprattutto le slendide persone che hanno commentato...
Grazie...al prossimo capitolo


Le recensioni sono sempre gradite^^

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Capitolo 14
*** Il mio migliore amico! ***


Manny era fermo, immobile davanti ai miei occhi, era una statua di marmo e aveva la testa girata verso l’interno del bosco per evitare di vedere la scena che, immaginavo, poteva essere più dolorosa per lui. Me e Jasper felici insieme.

Feci un passo nella sua direzione ma lui velocemente fece un passo indietro, aveva lo sguardo fisso sugli alberi, ma non sembrava stesse guardando nulla, forse il vuoto, forse troppi ricordi.

Allungai una mano verso di lui e quando stavo per toccarlo con un gesto velocissimo mi allontanò la mano.

Quando riabbassò il braccio la sua mano era chiusa a pugno, le sue nocche già bianche erano diventate quasi livide.

Da dietro sentivo lo sguardo di Jasper perforarmi la schiena, doveva capire che in quel momento stavo soffrendo per Manny e quindi era triste e preoccupato per me. Lo conoscevo.

Abbassai gli occhi per prendere coraggio, in fondo quello era sempre stato il mio obbiettivo, non era colpa mia se lui stava così male, non poteva pretendere niente da me!

E con quella piccola bugia nel cuore rialzai gli occhi e lo fissai.

Bene, ero più che determinata a dirgliene quattro, non poteva farmi stare così male solo perché lui mi amava!

Provai ad aprir bocca una volta, ma non ce la feci, il fiato mi rimase bloccato in gola, provai una seconda volta ma stavolta Manny fu più veloce di me e iniziò a parlare.

-sai forse sto sbagliando tutto. Tu non hai colpa, sono io lo sciocco che sta complicando tutto, perché l’amore è un sentimento che nasce dal cuore. Non è colpa tua se non è nato per me…ma se non mi vuoi far soffrire, ti prego, fa l’indifferente ed aiutami ad ignorarti…- finita quella frase mi guardò dritto negli occhi.

Nei suoi potevo vedere solo dolore e quella vista mi fece perdere tutta la mia determinazione. Mannaggia a Manny!

I miei occhi iniziarono a formicolare e li sentivo sempre più strani.

-manny…- sussurrai e strinsi i pugni cercando di trattenere i singhiozzi ormai prossimi.

Era stupefacente come in così poco tempo mi ero riuscita ad affezionare a quell’uomo.

Chiusi gli occhi stringendoli il più possibile, non che mi fosse servito a molto visto che dai miei occhi non poteva scendere nessuna lacrima ma almeno riuscivo a reprimere meglio la mia tristezza.

Proprio in quel momento sentii due braccia stringermi forte e mi ritrovai appoggiata al petto del mio migliore amico.

Subito mi strinsi contro di lui singhiozzando come un’ossessa e stringendo le sue spalle forti a cui arrivavo appena.

Sentii Jasper allontanarsi per lasciarci un attimo di intimità.

Lui non parlava, restava soltanto così abbracciato a me aspettando che mi fossi calmata.

Quando finalmente riuscii a riprendere padronanza del mio corpo mi allontanai leggermente da lui per poterlo guardare negli occhi.

Ora non sembravano più quelli che avevo visto pochi attimi prima perchè, anche se tristi, mi sorridevano.

-manny, mi dispiace per quello che ti sto facendo passare, e mi dispiacerebbe continuare ad essere presente nei tuoi pensieri perché so che io non ti potrò mai dare quello che tu vuoi…- dissi questa frase tutta d’un fiato ed ero convinta che le parole che gli avevo detto anche se si sarebbero andate a conficcare come degli spilli nel suo cuore erano necessarie.

Lui non si scompose di un minimo, l’unica cosa che fece fu sospirare e abbassare la testa scuotendola.

-no, no Mary ti prego, non mi dire queste cose. So benissimo che tu non potrai mai essere mia perché sei solo di Jasper ormai, ma non dire mai che ti dispiace essere nei miei pensieri perché sono i pensieri più belli che ho! E non ti preoccupare perché se ritornerai alla mente quando non sarò qui basterà pensare che non ci sei, che sto soffrendo inutilmente, perché so, io so che non tornerai…- e mi sorrise dolcemente.

Era inutile tutto con Manny sembrava diventare facile, non mi rendevo conto che se fossi tornata nei suoi pensieri gli avrei fatto solo male e che sarebbe stato quasi insopportabile per lui pensare che io non c’ero.

In quel momento riuscivo solo a vedere l’amore che lui provava per me e le pene che aveva deciso di accettare.

Lo riabbracciai stringendolo forte.

Lui si appoggiò con la guancia sui miei capelli.

-mary mi raccomando, sii felice… anche se lontano, perché i tuoi sorrisi diventano i battiti del mio cuore- e mi baciò la testa.

Restammo così a lungo sperando di ritardare il fatidico momento consapevoli che nulla sarebbe arrivato a cambiare la situazione.

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Capitolo 15
*** Di nuovo tutti insieme... ***


Il nostro abbraccio fu interrotto da uno schiarirsi di gola, mi allontanai da Manny e girai stancamente la testa, dietro di me Emmett mi guardava sorridente mentre era abbracciato a Rose che a sua volta teneva la mano a Jasper. Sospirai e mi rivolsi a Manny.
-allora cosa hai intenzione di fare ora? Tornerai alla villa?- chiesi a voce bassa per farmi sentire solo da lui, quel momento doveva rimare solo nostro. E lui probabilmente capì perché abbassò la voce.
-probabilmente si, mi sono affezionato a Meg è davvero una signora strana e allegra, mi ricorda te a volte!- e sorrise magari ripensando a qualche episodio di mia nipote.
-allora rimarrai con lei, mi fa piacere saperti in un posto preciso, magari un giorno ti passerò a trovare…-
Di colpo il suo sguardo non fu più quello dolce e comprensivo del mio Manny ma era duro come la pietra.
-non lo dire Mary- la sua voce era talmente bassa che mi presero come dei brividi.
-manny ma cosa…- ero davvero confusa
-mary ti prego dimmi tutto quello che vuoi, che mi odi, che non ne vuoi più sapere di me… ma ti prego, non dire che tornerai, perché lo so che non lo farai sul serio e soffrirò inutilmente nella speranza di vederti ancora entrare da quella porta.-
-manny, ma io voglio ancora entrare da quella porta, voglio ancora vederti…-
-si ma non vuoi vedermi come vorrei io, ti prego Mary non rendere tutto così difficile-
-ma perché deve andare così? Non è colpa mia Manny! Come non è colpa tua, ma io non ti posso amare a comando!-
-hai ragione- la sua espressione mutò nuovamente diventando una maschera di sofferenza -hai perfettamente ragione, l’amore è un sentimento che nasce dal cuore. Non è colpa tua se non è nato per me. Ma se non mi vuoi far soffrire ti prego fa l’indifferente ed aiutami ad ignorarti- quelle parole mi colpirono in pieno come lame incandescenti.
Non potevo vederlo così, lui si stava arrendendo ad una vita di sofferenza. Non poteva continuare a pensare a me in eterno, io avevo una tranquillità e anche lui doveva crearsela.
Gli presi una mano tra le mie e lo guardai dritto negli occhi.
-manny a volte quando la porta della felicità si chiude, un’altra si apre, ma noi continuiamo a guardare la porta chiusa e non diamo importanza a quella appena aperta. E tu mi devi promettere che non lo farai. Promettimi che andrai avanti, che ti innamorerai ancora!-
-e a quale scopo Mary? Per poter soffrire ancora come ora?- iniziò a scuotere la testa. Non potevo accettare quella risposta!
-ricorda. Rifiutarsi di amare per paura di soffrire, è come rifiutarsi di vivere per paura di morire!-
A quel punto una consapevolezza prese spazio nei suoi occhi che si allargarono.
-hai ragione Mary probabilmente sto sbagliando tutto fin dall’inizio. Non mi devo arrendere, prima o poi anche io troverò la persona giusta per me e spero che quel giorno arrivi presto.- e alzo di poco la testa -ok ora credo che tutti stiano aspettando ansiosi il tuo ritorno- e così dicendo fece un gesto verso il gruppetto alle nostre spalle. Quando mi girai il gruppo era davvero al completo, stavano tutti lì ad attendere rispettosi del momento.
-si, forse è ora. Manny ti voglio bene!-
Allungai le braccia verso di lui e ci abbracciammo, volevo davvero bene a quel vampiro. Poi mi sussurrò dolcemente all’orecchio.
-mary sii felice…è l’unica cosa che ti chiedo-
Ci staccammo e lo guardai negli occhi
-anche tu Manny, è l’unica cosa che posso chiederti-
E così dicendo mi prese una mano e me la baciò per poi salutare con una mano la mia famiglia ed andarsene. Restai così a guardarlo allontanarsi da me e tornare alla sua vita. Mi sentii cingere le spalle e senza voltarmi seppi già di chi si trattava.
-ti mancherà vero?- Jasper mi infondeva una calma innaturale per quel momento.
-si mi mancherà tantissimo- e così dicendo mi girai verso la mia famiglia -ma non posso farci nulla, non avrei mai abbandonato te o gli altri per lui. Il mio posto è qui vicino a voi e nulla potrà mai farmi cambiare idea- Lo abbracciai sorridente e saltellando tornai alla mia famiglia.
Tutti mi chiesero come era andata, cosa avevo scoperto, tutti attenti a non fare domande su Manny o su come avevo passato quel tempo senza Jasper. Solo Emmett, il solito senza tatto, se ne uscì con una frase tipo, -si ma almeno mentre tu cercavi storie su storie io mi sono dovuto sorbire Jasper e tutta la sua mega “depressione-perché-Alice-non-mi-vuole-più-e-io-me-ne-vado-via”- e con questa frase si beccò uno schiaffo da Rosalie.
Io d’altro canto scoppiai a ridere. Poi camminando ripensai a quello che avevo visto venendo qui, ovvero un Emmett tutt’altro che felice e sorridente come ora. Quindi mi girai verso Jasper.
-a proposito che è successo ad Emmett che prima stava così triste e depresso?-
Tutti scoppiarono a ridere, perfino Carlisle ed Esme. Jasper sogghignava con una mano davanti alla bocca. Solo Emmett sembrava indignato da quelle prese in giro e Rosalie sorrideva scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo.
-sai- disse Rose guardando il marito con uno sguardo di scherno e allo stesso tempo pieno d’amore -il grande e forte Emmett dopo aver visto un suo capello sul suo cappotto aveva paura di rimanere calvo e così abbiamo dovuto consolarlo per giorni e giorni!- E così dicendo scoppiammo a ridere tutti insieme seguite dopo un po’ anche da Emmett.
E così dicendo arrivammo davanti casa Cullen che ora ero sicura non avrei lasciato per nulla al mondo. Abbracciai più forte Jasper al mio fianco e arrivai così ad una conclusione logica di tutta quella situazione.
Il tempo non conta per il cuore. Si può amare anche stando lontani e quell’amore, se è vero e puro, non morirà mai neanche tra mille anni

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