Terzo

di Relou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Terzo ***
Capitolo 2: *** Con i miei occhi ***
Capitolo 3: *** Ogni piccola parte di te ***



Capitolo 1
*** Terzo ***


 
  1. A volte inquieto perfino me stessa, quando mi ritrovo contro il portone a guardare dallo spioncino la luce del corridoio al piano di sotto. La mia non funziona, ed è ancora più emozionante avere la consapevolezza che quella luce sia accesa per te, che stai tornando o uscendo di casa. Non smetto mai di immaginare un pretesto, una scusa che mi permetta di uscire sul pianerottolo, fare quel unica rampa di scale che ci divide e guardarti anche solo per un attimo, anche solo di sfuggita. Sono solo una ragazzina, mi ripeto piena di vergogna quando di malavoglia tolgo lo sguardo dallo spioncino. Non so nulla di te, neanche il tuo nome eppure, non posso fare a me meno di scalpitare dalla gioia quando riesco finalmente ad incrociarti al piano terra del palazzo. E quando ti vedo altrove, invece, mi sento la più fortunata del mondo. Ricordo ancora con emozione quella volta che mi cadde una stupida paletta nel tuo balcone e dovetti scendere per recuperarla. Mi apristi tu. C’eri tu in casa. Ma anche tua madre, con la quale però non mi sentii per nulla in imbarazzo anzi, al contrario riuscii a fare due chiacchiere e a trattenermi più del necessario, proprio grazie a lei. Da allora tu sai di me la mia età e addirittura il giorno del mio compleanno, è uscita fuori una conversazione che , se i ruoli fossero stati invertiti, ne saresti uscito soddisfatto. Sai per fino il mio nome, se te lo ricordi ancora, da quando un mio amico ha sbagliato nel suonare il citofono e,  convinto che avrei risposto io, ha urlato sorridente il mio nome quando invece hai risposto tu ..
Non sono ancora riuscita ad elaborare un piano che mi permetta di estorcerti qualche informazione. La paura di risultare sfacciata e invadente è tanta ma a volte, ho davvero l’istinto di buttare lì una domanda utile e diretta.


Il mio cervello deve essere impazzito, scambia l’odore acre e malsano della sigaretta per una fragranza inebriante da ispirare a pieni polmoni. Non conosco il tuo profumo e ti associo alla sigaretta. Mi capita di sentirne l’odore nel pianerottolo, salire dal tuo balcone al mio e addirittura al piano terra riesco a seguirne una lunga scia fino all'esterno del palazzo. Tutto ciò detto da una non fumatrice è ancora più strano. A volte penso che potrei prendere il  vizio solo ispirando e cercando la tua scia. 
 
 
 
  1. Ho sentito l’odore della sigaretta appena entrata al piano terra del palazzo. Forse eri appena uscito e io non ti ho visto..
A questo pensiero non può che salirmi una profonda delusione e tristezza. Mi sento “la più sfortunata del mondo”, non riesco mai ad incrociarti. Fantastico su probabili conversazioni che potremmo avere e mi rendo conto degli anni passati, in cui ho avuto diverse occasioni per poterti parlare, anche dentro l’ascensore, ma ero diversa e le ho sprecate. Adesso sono cresciuta e so meglio cosa voglio e sono anche più sicura di me. Adesso ti parlerei. Se vivessimo sullo stesso piano, piuttosto che io sopra e tu sotto, sono convinta che a ogni piccolo rumore sbircerei dallo spioncino e mi terrei pronta ad uscire e a guardarti e magari a parlarti. Quanto sarebbe strano e forse anche  ridicolo. Si, sono sicuramente ridicola! Meglio stare ad un piano di differenza. Così fare certe stupidaggini è molto più difficile, non impossibile, ma solo molto, molto più difficile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Autrice: Salve, grazie per aver letto questa prima parte. Spero di non sfociare nello sdolcinato, cercherò di stare attenta e di controllarmi. 
Una cosa che volevo dirvi, anzi consigliarvi, è di dare una lettura a "Missione di una stalker"  , scritta precedentemente ma ha un certo collegamento.... 
Buona lettura, spero mi leggiate ancora!

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Capitolo 2
*** Con i miei occhi ***


Lei era semplicemente la vicina del piano di sopra. Ogni tanto la incrociavo a pian terreno. Di lei ricordavo il suo sorriso caloroso che mi rivolgeva come saluto. Poi, sotto nostro sincero invito, mio e di mia madre,  ha cominciato a farci visita. Lei era sempre sola nel suo appartamento, mentre la madre lavorava tutto il giorno, lei si prendeva cura della sorellina piccola. Di tutte le volte che ci ha fatto visita in realtà non l’ho incontrata molte volte, inizialmente. Era una buona compagnia, mi faceva spesso sorridere con le sue battute, metteva allegria. La prima vera conversazione che avemmo ma che durò poco, fu davvero interessante. Lei sembrava imbarazzata, inizialmente quando mia madre aveva lasciato la stanza lei aveva accennato ad andarsene ma poi, dopo che mia madre le aveva detto che poteva tranquillamente rimanere, accettò e tornò a sedersi sul mio letto. Eravamo nella mia stanza, stavo aiutando mia madre per delle faccende futili al computer. Iniziai io la conversazione. Non ricordo esattamente cosa dissi, fatto sta che arrivammo ad argomento assurdo come.. l’amore.
Le dissi la mia opinione a riguardo, di quanto poca fiducia avessi nel trovare quella donna con cui sarei stato felice per sempre. Lei non era molto d’accordo, ovviamente, ma una sua semplice e banale frase mi colpì. “Tu parli da uomo ferito, come disse una vecchia canzone.”
Forse mi ero lasciato scappare qualcosa che l’aveva portata a capire quanto fosse deludente il mio passato amoroso.
Voleva forse dire che lei era diversa?! All’inizio sembrano tutte diverse.
Lei sognava l’amore, era chiaro e sembrava sicura di sé su ciò.
Adesso si è insinuata nel mio cuore, non solo nella mia mente. E…
 
E forse sto sfociando sul ridicolo. Però sarebbe un gran bell’inizio per una storia d’amore, roba da romanzi sdolcinati ma che ti inteneriscono il cuore. Sono brava ad immaginare ma un po’ meno a realizzare..
In ogni caso, mi sento soddisfatta perché a parte il punto di vista della situazione, tutto ciò è accaduto davvero. Chissà, magari un giorno mi vedrà con questi occhi. Io, nel frattempo, continuo a sognare e a spiarlo.  


 

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Capitolo 3
*** Ogni piccola parte di te ***


Continuo a sprecare occasioni. Ti incontro e le parole mi rimangono impigliate in gola, la mente sembra svuotarsi e il mio sguardo perdersi.
Ho provato a concentrarmi sui tuoi vestiti, qualcosa sono riuscita a catturarla, sembra assurdo ma non è facile, non è facile perché non riesco a distogliere lo sguardo dai tuoi occhi verdi, brillanti e sorridenti, anche quando la tua bocca non sorride. Quando non guardo i tuoi occhi, quelle rare volte, per sfuggire ai tuoi sguardi o per il troppo imbarazzo della conversazione, lascio il mio sguardo vago e, la mia mente vuota, non comprende e non memorizza dettagli preziosi che potrei  cogliere dal tuo abbigliamento. Il tuo stile è sportivo, nella maggior parte dei casi indossi delle felpe ma non dimenticherò mai quel maglione a collo alto, nero che risaltava il pallore della tua pelle e gli occhi e faceva anche notare un torace niente male, ho notato la giacca in pelle dal modello elegante, non troppo larga, chiusa con la cerniera, molto simile a quella che indosso sempre io . Ma quella volta, quando un sabato sera, al ritorno da una serata, ti ho incontrato davanti al portone, non mi hai fatto più dormire. Sorridevi  e avevi già le chiavi pronte in mano per aprire, io ero un po’ confusa e stanca e questo non ti è sfuggito, lo so. Sei stato galante e gentile nel farmi accomodare per prima sia all’entrata che nell’ascensore, hai acceso la luce quando io l’avevo per un attimo dimenticata, quando ho fatto un passo indietro per riparare, ho trovato la tua figura molto vicina, mi sono allontanata subito. Abbiamo chiacchierato in maniera molto naturale delle nostre serate, ti sei definito un “barbone” per i tuoi vestiti, quasi come se volessi giustificarti o addirittura scusarti ma io ti trovavo tutt’altro che un barbone. In tutta risposta ti ho guardato dalla testa ai piedi, indossavi delle vecchie scarpe da ginnastica bianche, i pantaloni della tuta neri e così anche una felpa e una spessa sciarpa grigia. Poi sono arrivata la tuo visto, pallido e quindi i tuoi occhi di cui è ben chiara ormai la mia ossessione.  Ho sempre preferito gli occhi scuri, perché più dolci ma i tuoi occhi verdi sono così luminosi e accoglienti.
 – E’ il mio pigiama. – hai detto e forse sarà stata la birra o l’euforia della serata passata tra amici, ti ho risposto definendolo molto carino  ma non ho aggiunto il fraintendibile pensiero “forse però sei troppo coperto”, fortunatamente non ero così confusa.   – Io invece sembro una drogata. – avevo gli occhi rossi, il trucco ormai quasi andato, i capelli che sembravano aver preso la forma del cuscino prima ancora di toccarlo, era necessario che io tacessi, se ho già problemi a sedurre uomini a inizio serata non credo di esserne davvero dotata a fine. Ci siamo salutati con la buonanotte, peccato che però io non sia riuscita a dormire.
Non mi sento a disagio con te. Anche se non riesco a parlare e a presentarmi nel migliore dei modi, non mi sento fuori posto, è solo il mio stupido carattere da riccio. Quando qualcuno attira la mia attenzione in questo modo, il mio istinto fa issare un enorme muro di cemento e approcciarmi per me diventa così difficile.
Abito in questo palazzo da quasi nove anni e solo adesso, in davvero poco tempo, settimane forse, mi sono avvicinata alla tua famiglia. Conosco tua sorella, una ragazza fantastica e tua madre, una donna interessante, adesso conosco il tuo nome, addirittura ho avuto l’occasione di entrare nella tua stanza. Era un po’ disordinata ma neanche troppo, non era affatto ricca di oggetti da esposizione, collezione o simili , ricordo una foto, stampata sicuramente con la tua stampante, attaccata sul fianco dell’armadio proprio di fronte al tuo letto. Lì eri più giovane ed eri insieme ad un amico, doveva essere una persona speciale o un momento davvero felice. Ricordo il letto disordinato e molto cigolante, temevo che, una volta seduta lì, sarebbe crollato, sopra c’era  una coperta color panna con delle macchie di non so cosa che si confondevano con la trama floreale astratta marrone,  i muri semplicemente bianchi, poi la parte essenziale : la scrivania. Sulla scrivania c’era il computer che faceva anche da tv. Lì sopra c’erano anche le sigarette, l’accendino, una serie di fogli stropicciati, il cellulare. Tua sorella, scherzando, mi aveva parlato di quanto tu fossi disordinato, credo che abbia iniziato a rivedere i suoi standard una volta entrata nella mia stanza, decisamente più caotica e davvero piena di oggetti vari, perfino i muri, ormai privi di spazi vuoti, sono ricoperti da foto e disegni. La tua stanza è parecchio più piccola della mia, magari per questo ha sempre l’aria di essere in disordine. Potrebbe anche essere, che io essendo non più ordinata non riesca a comprendere cosa effettivamente crei disordine, quindi, pensiero soggettivo.
Sono quindi cambiate parecchie cose, adesso vengo a casa tua regolarmente anche se non ti trovo quasi mai ma sono felice dell’aria confidenziale che si è creata, sono soddisfatta della mia impresa. Adesso, se non è chiedere troppo, vorrei che mi vedessi, che mi vedessi davvero. Per quanto banale possa essere, soprattutto stupido anche per l’età che ormai abbiamo, vorrei farti innamorare di me. Che imbarazzo anche solo pensarlo. Credo però che sia una cosa davvero impossibile.


Stavo rientrando dalla passeggiata con i miei cani quando ti ho visto arrivare, sorridente e con purtroppo degli occhiali da sole scuri, vicino a te c’era una ragazza, era la tua ragazza. Alta, capelli lunghi e lisci, fisico slanciato e ovviamente vestita molto bene. Perciò, sono felice di aver ottenuto la tua conoscenza e va bene così.





 

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