Ancora tu!

di anaiv
(/viewuser.php?uid=636039)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Avviso ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 parte prima ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 parte seconda ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sono in ritardo. In un tremendo e fottutissimo ritardo.
Certo, non sono mai stata famosa per la mia puntualitá ma oggi, proprio oggi, ho superato ogni limite. L'orologio che ho al polso sembra aver messo il turbo e sembra che le sue lancette abbiano bevuto un litro di bevanda energetica. mi guardo intorno spaesata, devo avere l'aria di una che non sa dove si trovi e cosa stia facendo, chiudo gli occhi e inspiro profandemente sperando che l'aria nei polmoni metta in moto le mie sinapsi in catalessi.
È così tardi.
Ho due opzioni; una è chiamare Rei, scusarmi costarnata e magari piangere come una fontana, l'altra è compiere altri venti metri, arrivare alla fermata della metro e sperare nel buon cuore del produttore. Se volessi interpretare la parte della persona adulta dovrei scegliere la seconda opzione, ma durante i miei ventisei anni di vita non ha mai funzionato, intendo calarmi nei panni di una donna saggia e matura. Cosi sfilo lo smartphone dalla tasca anteriore dei jeans e compongo rapidamente il numero del mio manager
- Sana dove diavolo sei finita? - ecco. Appunto.
- Oh Rei! Sono così costernata... credimi non avrei mai voluto fare tardi ma...-
- Non ci provare! Mr. Brooks non è ancora arrivato, prendi un taxi e arriva prima che puoi!- con un gesto di stizza sbatto entrambi i piedi per terra rischiando di rompere un tacco, proprio come si addice ad una donna saggia e matura. Il problema è che fermare un taxi a Londra, nell'ora di punta è un'impresa titanica. Mi sfilo la giacca -inizia a fare davvero caldo qui- e mi precipito ai margini del marciapiedi, prima o poi dovrò riuscire a fermare un taxi. Inizio a correre dimenticando che a Londra piova anche quando c'è il sole, ed è inutile dire che la suola della mia scarpa sinistra scorre liscia sul suolo, proprio come il burro in una padella antiaderente e mi ritrovo con il sedere in terra e una caviglia dolorante. Per non parlare della mia dignitá, che a giudicare dalle grasse risate dei passanti, deve essere andata a farsi friggere. Dove diavolo è finita la a plomb degli inglesi?!? Tento di rialziarmi in un maldestro tentativo, che rincara la dose sciogliendo come neve al sole quella parvenza di credibilitá che mi era rimasta e cado nuovamente senza alcuna grazia.
- Ha bisogno di aiuto signorina? - oh finalmente! Un essere umano degno di questo nome.
- grazie - bisbiglio all'uomo alto e gentile che mi ha appena offerto la sua mano
- Cosa le è successo?-
- sono tremendamente in ritardo e queste non sono le scarpe adatte per fare una corsetta - annuncio indicando le mie splendide Jimmy Choo color avorio
- Capisco. Io sono Bill -
- Sana Kurata - gli stringo la mano e noto con grande piacere che al collo porta uno stescopio
- È un medico?-
- Si un chirurgo d'urgenza - se fosse stato uno psichiatra non avrei mai più lasciato quella mano.
- Signorina il suo telefono -
- oh ma certo!- ecco cos'era quell'incessante rumore. Poggio il piede sinistro in terra ed è inutile dire che la mano di Bill ancora una volta mi ha salvato la vita. Ahi!
- Dio che male!- - Forse è il caso che la porti in ospedale con me- inspiro esasperata e rispondo al telefono
- Sana! dove sei?-
- Rei sto andando in ospedale, sono caduta e la caviglia mi fa un male cane - rispondo sinceramente aspettandomi un bruciolo di comprensione
- Santo cielo! Ti sei slogata una caviglia pur di non essere qui?!? Ascolta parlerò con Brooks ma sappi che non sará semplice- sorrido. Sorrido perchè Rei non sa ternermi il broncio e perchè Billi con pazienza mi sta tenendo la mano. Non sono poi così male gli uomini.
- Allora andiamo?- mi chiede gentilmente l'unica persona che non penserá a ne quando vorrá farsi delle grosse risate...forse. - Certo. Chiama un taxi?-
- No la mia auto è proprio li - dice indicando una jeep scura e di certo nuova. Mi porge il suo braccio e lo afferro senza cerimonie, non c'è tempo per essere schizzinosi. Certo, potrebbe essere un maniaco o uno stupratore, ma la caviglia mi fa male e devo rischiare. Mi apre la portiera dell'auto da bravo gentleman e mi aiuta a salire
- Lei è un vero galantuomo- sorride gentile poi prende posto accanto a me
- Signorina Kurata mia moglie diceva che le donne sono diamanti preziosi e come tali vanno trattate.- brava la signora Bill! Ehi un momento...
- Diceva?- senza pensarci ho dato fiato alla bocca, se Akito fosse stato qui mi avrebbe dato della stupida. Akito. Akito. Perchè diavolo ho pensato a lui?!? Erano almeno sei anni che non... oh cielo! Devo aver preso anche una botta in testa.
- Si, mia moglie è morta due anni fa.-
- Mi spiace molto Bill, non avrei voluto farle vivere un ricordo doloroso.- ammetto sinceramente dispiaciuta
- Non si preoccupi, amo parlare di lei. Allora a cosa sta pensando?- mi volto verso di lui e noto agli angoli delle sue labbra delle piccole rughe dettate da un sorriso
- a nulla in particolare...- Akito. Avrei dovuto riaspondere Akito. Ma Bill non mi conosce e io non so perchè oggi, proprio oggi sto pensando a lui.
- Capisco. Siamo quasi arrivati, vedrá il dottor Hayama è il migliore nel campo dell'ortopedia.-


Salve! spero che questa mia nuova fanfiction vi piaccia! baci! viviana

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 Sospiro e ripongo l'ultima cartella nello scaffale accanto alla mia scrivania. Ho scelto questa professione per aiutare gli altri, o meglio, questa è la risposta che rifilo a chiunque mi domandi perché ho scelto chirurgia e sopratutto perché ho scelto ortopedia. La verità è che chirurgia rappresenta per me una sorta di redenzione, rimettere in piedi qualcuno dopo un brutto incidente è l'unica cosa che possa donarmi un attimo di pace. MI sfilo il camice e raccolgo il pacchetto di sigarette abbandonato ore prima in un angolo nascosto della mia scrivania. Il fumo proprio non si addice ad un chirurgo. Sto per portare il filtro alla labbra quando qualcuno bussa alla porta del mio studio

- Avanti-

- Dottor Hayama, scusi il disturbo... ma qui c'è il dottor Bill Cooper e chiede di poterla vedere- annuncia Kayla con voce calda e suadente. Dio, è la mia segreteria eppure non perde occasione per provarci. È una donna bellissima; i suoi capelli biondi e quegli occhioni azzurri farebbero girare la testa a chiunque, ma non a me.

- Kayla sono in pausa – le dico mostrando la sigaretta

- Lo so...- fa due passi in avanti -... ma pare che sia urgente- conclude praticamente strusciandosi contro la scrivania

- Fallo entrare – rispondo perentorio distogliendo lo sguardo dalla sua scollatura volutamente messa in risalto dai due bottoni superiori slacciati. Amo le donne ed ogni sera nel mio letto ce n'è una diversa, ma Kayla è la mia segretaria e non sarebbe professionale farmi allacciare le sue gambe intorno alla vita e farmela sulla scrivania tra le scartoffie. Sarebbe banale e immorale. Sopratutto banale.

- Certo – ribatte con una punta di acidità. Le donne rifiutate sanno essere velenose.

- Akito!-

- Bill.- mi dirigo verso la porta e gli stringo la mano. Cooper è un ottimo chirurgo, nonché primario di chirurgia. È stato lui a volermi qui. Quando ho terminato gli studi in Giappone ha fatto di tutto per avermi, pensava fossi l'uomo giusto, voleva che il suo ospedale avesse un gruppo di collaboratori giovani e competenti. Il suo invito mi ha lusingato e gli sono grato per questa opportunità. Londra è perfetta per me. Londra dà tutto e non pretende nulla in cambio. Londra mi regala intere giornate di pioggia e intere notti di sesso e solitudine.

- Akito perdona il disturbo, ma mentre venivo qui ho dovuto soccorrere una donna e speravo potessi aiutarmi.-

- Sei il primario di chirurgia, chi meglio di te?-

- Penso si sia slogata la caviglia – risponde con garbo nonostante la mia domanda scostante. È davvero una brava persona, ma è risaputo che io non sappia intrattenere una normale conversazione con gli altri esseri umani. Penso lo abbia capito anche lui.

- D'accordo falla entrare, rimanderò la mia pausa- Bill sorride e chiama la donna. Splendido, adesso dovrò agognare per ancora chissà quanto una stupida sigaretta.

- Dottor Hayama ti presento la signorina Kurata.- i miei occhi scattano all'udire quelle ultime sei lettere.

Non è possibile.

Non può essere vero.

Forse sono caduto e ho battuto la testa.

Sana Kurata è in piedi nel mio studio e si stringe al braccio di Bill. Sapevo che si trovasse a Londra, ma Londra è grande e le probabilità che potesse capitare tutto questo erano davvero, davvero minime.

- Akito ti senti bene?- No! No che non mi sento bene. La donna che prima mi ha salvato la vita per poi distruggerla è qui davanti a me e non accenna a guardarmi negli occhi.

Sei anni.

Sei stupidi e tremendi anni per dimenticarla e poi eccola che si sloga una caviglia e piomba qui come se il mio aiuto le fosse dovuto. Merda. Merda. Merda.

Kurata... sento il suo profumo, i suoi capelli ramati sono sempre più lunghi e belli e... merda! Forse avrei dovuto scoparmi Kayla sulla scrivania. Sarebbe stata la scelta giusta.

- N-noi ci conosciamo- abbozza con un filo di voce. Ma per favore! Kurata sa fare molto meglio di così... è candidata all'oscar! Non sono sicuro che la commissione degli Oscar sia poi così competente.

- Davvero?- Bill sembra imbarazzato, oltre ad essere molto buono è anche tremendamente intelligente.

- Si, lei è un'attrice e abbiamo scambiato qualche parola ad una cena di beneficenza.- rispondo senza esitazione e candidandomi come miglior attore protagonista. Kurata è il passato, è chiusa in una scatola e non ne uscirà per una semplice caviglia slogata. È solo una paziente e nulla più.

Le uniche persone che sono ancora sento vicine della mia vecchia vita a Tokyo sono Tsu, Fuka e mia sorella. Aggiungerei mio padre, ma è venuto a mancare circa sei anni fa.

Sei anni fa quando Kurata ha deciso di lasciarmi solo con il mio dolore.

- Ecco dove l'avevo già vista! Il suo film è bellissimo, l'ho visto al cinema con mia figlia Julie. Complimenti.-

- Grazie Bill- Kurata gli rivolge un sorriso che non raggiunge i suoi occhi. Sarà anche un'attrice, ma io la conosco come nessuno e quello, quello non è un sorriso. Al massimo è da considerarsi una smorfia riuscitale malissimo.

- Senta Bill io ho degli impegni, magari anche il dottor Hayama è impegnato...-

- No. Si accomodi signorina – la interrompo con poca grazia, ma stavolta non scapperà.

- D'accordo.- Kurata si avvicina avendo cura di non poggiare il piede in terra e si stende sul lettino posto accanto alla scrivania.

È bella come sempre, forse troppo magra, ma per anni le ho detto che questo lavoro l'avrebbe uccisa. Indosso nuovamente il camice e senza fare una piega prendo a tastare la sua caviglia sinistra. Le massaggio la zona interessata sincerandomi che non sia nulla di grave sino a quando...

 

 

SANA

… Quando si accorge della cavigliera. Dio, perché continuo a portare quel dannato aggeggio?!?

si schiarisce la voce e poi trafiggendomi con lo sguardo chiede – Può togliere la cavigliera? Ostacola il mio lavoro- il mio cuore manca un battito. Un altro. L' ennesimo. Da quando sono entrata in questa stanza non sono sicura che mi serva solo un chirurgo ortopedico. Forse dovrei farmi portare in cardiochirurgia.

- S-si- mi sporgo per arrivare alla caviglia, ma il dolore è forte e sono costretta a stendermi nuovamente sul lettino.

- Me ne occupo io- dice sbrigativo e senza il minimo indugio. Accarezza la cavigliera, sono sicura che anche nella sua mente si stiano affollando un milione di ricordi. Inspira profondamente poi, la slaccia e e la ripone con cura su di uno scaffale. I suoi occhi sono indecifrabili come sempre e come sempre il suo tocco mi confonde anima e pensieri.

Anni addietro mi slacciava la cavigliera per fare l'amore, diceva che quegli stupidi ciondoli con le nostre iniziali fossero taglienti e che proprio non riusciva a sopportare che qualcosa mi “ coprisse”. Mi voleva nuda e sua. Sempre.

- Le faccio male?- chiede riportandomi bruscamente alla realtà

- Non molto – continua a tastare la mia caviglia e continua ad ignorarmi come se non fosse mai stato l'amore della mia vita.

- Allora, Akito, pensi sia grave?- Bill si sporge per osservare e mi sorride con dolcezza

- No. È solo slogata. Dovrà stare a riposo per qualche settimana. Suppongo sarà difficile con gli innumerevoli impegni che le invadono l'agenda, ma è necessario se vuole guarire- Ah ah! Beccato! Non è poi indifferente come vuole far credere. Quella frecciatina sui miei impegni è un classico di Akito.

Cielo, ancora non riesco a credere che Hayama sia ad un centimetro da me e che il suo profumo non sia frutto della mia immaginazione.

- D'accordo dottore. Farò del mio meglio- mi tiro su a sedere e con le mani distendo le pieghe della camicetta.

- Bene. Se volete scusarmi, io andrei in pausa. Bill è stato un piacere- dice stringendo la mano di Bill, poi raccoglie la giacca e senza voltarsi aggiunge – Arrivederci Kurata-.

 

 

 

AKITO

Richiudo la porta alle mie spalle, guardo verso la postazione di Kayla e noto con piacere che è intenta a laccarsi le unghie, bene. Si annoia.

- Kayla-

- Dottore?-

- Ci vediamo tra quindici minuti nella stanza del medico di guardia.- Kayla sorride civettuola e annuisce.

È il momento di dare un calcio nel culo all'etica del lavoro e di fare qualsiasi cosa mi tolga dalla mente le labbra piene e perfette di Kurata. Lei è morta per me. Non esiste più.

Oltrepasso la soglia d'ingresso dell'ospedale e con un rapido gesto accendo la sigaretta che ho portato alle labbra.

- Akito...- la sua voce. no. Lei è morta per me.

- Che cazzo vuoi ancora?- chiedo evitando di voltarmi

- Kayla mi ha chiesto di dirti che devi sbrigarti perché tra venti minuti la sua pausa sarà terminata.- risponde con voce tremante e sono sicuro che sia incazzata. Non ha il diritto di incazzarsi.

- Grazie per aver riferito il messaggio, adesso vattene-

- Sto aspettando Rei.-

- Ventisei anni e hai ancora bisogno del babysitter?-

- Sono sei anni che non ti vedo... Akito io...- Mi volto verso di lei e i nostri sguardi si incatenano come fossero calamite. I suoi occhi sono sempre gli stessi e quella stampella proprio non le dona. Perché diavolo sento l'istinto di stringerla tra le braccia?!? perché diavolo sono sempre il solito coglione?!?

- Sta zitta Kurata. Tu un cazzo. Gli ultimi sei anni sono stati i migliori della mia vita e sai perché?!? perché tu non c'eri. Sparisci non voglio vederti mai più.-

 

 

 

 

 

Buonasera! Eccomi con il secondo capitolo. Dunque mi rendo conto che sia un po' pesante, ma credetemi la storia è ancora molto,molto lunga. Un saluto e buon week-end! Viviana

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Sana

Portobello road di sabato mattina è splendida, brulica di vita e colori. Rei conosce le mie abitudini e s5a che il mio sabato mattina è interamente dedicato alle bancarelle e i piccoli negozietti un po' alternativi che colmano la lunga strada del market. Oggi è sabato e quando le prime luci del mattino hanno invaso il mio appartamento di Notting Hill grande, luminoso e romantico, ero entusiasta. Poi, poi ho provato a sollevare la gamba sinistra e ho iniziato a ricordare perché questo sabato sarebbe stato orrendo e decisamente diverso dagli altri. Ho raccolto la stampella, sono arrivata in cucina e ho preparato il caffè, adesso sono ancora qui e fisso con insistenza il parco che ho di fronte, ma non perché sia affascinata dalla natura rigogliosa e così verde londinese, ma perché l'immagine due occhi color miele continua a non darmi tregua.

Akito.

Ho rivisto Akito dopo sei lunghi anni e le sue parole sono state glaciali. Non mi aspettavo certo che mi abbracciasse o che saltasse di gioia come una ragazzina al concerto della sua pop star preferita, solo non mi aspettavo quella durezza. È sempre stato famoso per i suoi silenzi e il suo essere musone e riflessivo, ma quell'atteggiamento da teppista dannato pensavo fosse sparito. Il vecchio Hayama esiste ancora e solo a causa mia. Sospiro e e bevo un altro sorso del mio caffè come se potesse lavare via l'amaro del nostro incontro, ma non funziona. Oggi c'è il sole – una vera rarità per il clima inglese - ed io sono relegata qui in casa e rimuginare su di uno strano quanto terribile incontro. Mi viene in mente che nessuno dei miei vecchi amici mi aveva avvertita del trasferimento di Hayama e così decido di telefonare all'unica persona che non mi permetterà di dare di matto

- Sana..-

- Fuka -

- Sana...-

- Fuka da quando abbiamo bisogno del logopedista ?- domando caustica

- Scusa è che... insomma...tu sai...-

- Se parliamo del fatto che Akito Hayama ieri pomeriggio mi ha visitata si, so che Akito è qui e non certo grazie a te!-

- Oh amica perdonami! È che non sapevamo se dirtelo o meno, insomma Londra è grande, quante potevano essere le probabilità che vi incontraste?- si scusa con un pizzico di rammarico la mia migliore amica

- A quanto pare le probabilità non sono il mio forte-

- Come è andata?-

- Mi chiedi come è andata?!? Sulserio Fuka?- Fuka sbuffa sonoramente poi si schiarisce la voce

- Ascoltami bene signorina! Ho lasciato che ti sfogassi, ma l'atteggiamento di Akito non è colpa mia!-

- Come sai del suo “ atteggiamento” -

- Merda... Ascolta Sana, ieri Tsu gli ha telefonato e lui insomma...-

- Tsu. Capisco. Tu sai vero che Tsuyoshi non mi rivolge più la parola?-

- Hai lasciato il suo migliore amico nel momento peggiore della sua vita Sana... non tutti sanno quale sia la realtà. O meglio solo io, tua madre e Rei conosciamo il motivo per cui l'hai lasciato e sei andata via. Io ti capisco, ma non prendertela con Tsu, sono convinta che se conoscesse la verità ti chiederebbe scusa e ti abbraccerebbe.- un lacrima silenziosa mi solca il viso, costringendomi ad allontanare la cornetta del telefono.

- Sana ci sei?-

- S-si-

- Non piangere amica mia. Sii forte.-

- Tu sai quanto volessi bene al Signor Hayama e quanto abbia sofferto per la sua morte. È tremendo che Akito pensi che non me ne sia importato nulla.-

- Lo so. Come sta la tua caviglia?-

- Mi duole, ma mi sento meglio- allungo un braccio per sfiorare la caviglia in un gesto incondizionato e lo sento. Il vuoto. La cavigliera non c'è.

- Oh merda!-

- Che succede?-

- La cavigliera Fuka! L'ho dimenticata nello studio di Hayama!-

- Oh no! Manda Rei a recuperarla.-

- Rei non vuole nemmeno sentir nominare il nome di Akito... figuriamoci.-

- E' un uomo adulto, anzi lo sono entrambi. Manda Rei- sospiro e scuoto il capo. Vorrei tanto essere una di quelle foglioline verdi e rigogliose.

 

AKITO

- Avanti -

- Dottore c'è un uomo che chiede di lei.-

- Kayla... sono ancora sbronzo e ti ho chiesto di cancellare i miei appuntamenti. Sei sorda?-

- No dottore e il fatto che abbia scopato con lei tutta la notte non giustifica questo suo tono - risponde piccata

- Scusa. Hai ragione. -

- Non è un paziente, è solo un uomo che vuole parlarle.-

- Digli che lo riceverò tra dieci minuti.-

- D'accordo- Kayla richiude la porta alle sue spalle con violenza lasciandomi intendere che quelle scuse non siano servite poi a molto.

Ho trascorso una notte infernale e lei è stata il mio capro espiatorio. L'ho trattata di merda e non le ho nemmeno offerto la colazione.

Non che mi importi, ma è la mia segretaria e dovrei essere più professionale. Fisso il Big Ben dall'enorme finestra del mio studio e non riesco a mandare via l'immagine di quelle due labbra perfette, nonostante ci abbia provato, provato sul serio. Tsu mi ha detto di impegnarmi e di smetterla di portarmi a letto tutto ciò che respiri, pensa che debba trovarmi una donna da amare.

y

Amare.

Come potrei mai più fidarmi di qualcuno? L'unica donna che abbia mai amato mi ha mollato il giorno dopo la morte di mio padre e oggi si comporta come se nulla fosse, come se fosse una mia vittima. Dio. Volgo lo sguardo verso la stanza e un luccichio attira la mia attenzione. Merda.

Mi avvicino a grandi falcate verso quella stupida cavigliera e la stritolo tra le dita. Perché ogni cosa continua a parlarmi di lei? Non vado più al cinema, non frequento locali dove potrei incontrarla e non guardo più la tv. Che altro dovrei fare?

Lancio quello stupido oggetto verso la parete e mi prendo la testa tra le mani.

- Dottore.- Kayla entra senza bussare e mi fissa sconcertata

- Stai bene?- chiede sinceramente preoccupata

- Si. Si sto bene. Fallo entrare Kayala. Grazie- non ho mai apprezzato molto termini come 'scusa', 'grazie' o 'per favore' , ma negli anni ho imparato quanto siano necessari. E me lo ha insegnato lei. Merda.

- Buongiorno Hayama- questa voce...

- Sagami.- lo saluto con un cenno del capo, evitando di lasciar trasparire alcuna emozione. Cosa che mi riesce sempre alla grande.

- Vorrei la cavigliera di Sana.- ogni volta che qualcuno pronuncia il suo nome è come se piantasse uno spillo all'altezza del petto.

- è lì in terra.-

- Bene. Grazie.-lo fisso intensamente. Non ce l'ho con lui, certo non ci siamo mai sopportati, ma quando è morto mio padre si è reso disponibile così come la signora Kurata e per questo motivo non posso odiarlo. Posso non sopportarlo, ma non posso odiarlo. L'ha portata qui a Londra, ma non è stata una sua scelta, ha fatto solo il suo lavoro. Lo capisco.

Sagami raccoglie la cavigliera – Ciao Hayama. -

- Ciao – finisce così. Anni addietro ci saremmo ammazzati in una condizione simile, ma non ora. Sono convinto che Kurata non sappia di questa nostra tregua, Occhiali da sole non le avrebbe mai potuto dire nulla e la cosa mi rincuora.

Dopo qualche secondo avverto il bisogno incondizionato di muovermi, di perdermi così chiamo Kayala

- Si dottore?-

- Per favore chiudi la porta alle tue spalle e spogliati. Più tardi ti porterò a cena.- Kayala sorride mentre io provo invano a dimenticare.

 

 

SANA

- Sana!-

- Sono in cucina.- Rei mi raggiunge e mi stringe tra le braccia

- Stai bene piccola?-

- Si. Va meglio.-

- Ottimo. Dobbiamo discutere della proposta di mister Brooks.-

- Non potremmo rimandare?- chiedo mettendo su un broncio adorabile

- No. Lavoriamo.-

- Rei... la cavigliera?-

- Infondo al Thames. Così come hai chiesto.-

- Bene. Ti ringrazio.-

 

 

 

AKITO

Soho non è per deboli di cuore, è un quartiere mistico ed ogni volta è capace di affascinarmi in un modo diverso. Stasera sono in un ristorante giapponese con una splendida bionda che continua a sorridermi e strusciare il piede contro il mio polpaccio.

- Kayla smettila-

- Fai il puritano?-

- No è solo che stiamo cenando.-

- Tu stai ingurgitando sushi come se fosse la tua unica fonte di vita, io sono ubriaca di Sakè – risponde ridendo.

- Il sushi non mi dispiace *-

- bè dal modo in cui lo mangi sembra che tu abbia una relazione con lui-

- Lascia perdere... Akito quello non è la ragazza ritratta nella foto che hai sulla scrivania?-

mi volto all'istante e la vedo. Natsumi.

- Oh no...-

- E' tua moglie?-

- No Kayla lei è...-

- Sua sorella! Piacere di conoscerti Kayla!- Natsumi si materializza alle mie spalle e stringe la mano di Kayla

- Ciao fratellino-

- Come sapevi che mi trovassi qui?-

- Sei un medico e sei reperibile. Non è poi così difficile.-

- Giusto -

- Abbraccia la tua sorellona!- chiede, o meglio pretende, gettandosi tra le mie braccia. Non lo ammetterò mai, ma mi è mancata.

- Ho una splendida notizia, sono incinta!- per poco non rovescio in terra tutto ciò che è in tavola e Kayla batte le mani divertita.

- Tanti auguri!-

- Grazie cara. Akito non dici nulla?-

- Chi diamine è il padre?- Natsumi arrossisce, poi raccoglie il cellulare dalla borsetta e mi illustra una foto. Il mondo smette di girare e il sangue di arrivarmi al cervello. Non è possibile.

 

 

SANA

- Sana – Rei è rimasto a cena , abbiamo discusso dei dettagli del film che dovrò girare con Brooks poi abbiamo deciso di rilassarci con una bottiglia di vino , del fish&chips e una maratona di big bang theory.

- Dimmi-

- Quanto sei brilla?-

- Riesco ancora a contare fino a dieci – rispondo divertita. Negli anni Rei ha smesso di vedermi come una bambina di cui prendersi cura e ha iniziato a considerarmi una donna con cui condividere qualcosa. Siamo sempre stati grandi amici, ultimamente torna spesso in Giappone e penso che abbia una donna, ma non si è ancora deciso a parlarmene. Tempo al tempo. Sarei felicissima per lui, merita sulserio qualcuno che lo ami.

- Che succede?- Rei si alza in piedi e raccoglie un cuscino del divano portandoselo all'altezza del petto

- Diventerò padre -.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Akito ama il sushi e quella è la sua espressione tipica per esternarlo.

 

 

Buonasera! Come promesso un nuovo capitolo, mi scuso per eventuali refusi ma sono sotto esame e non ho nemmeno il tempo di pettinarmi i capelli. Spero che il capitolo vi piaccia. Un abbraccio!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Sana

- Signorina Kurata non c'è dubbio che sia una grande attrice e che ami profondamente il suo lavoro ma...-

- Ma?-

- Ma è molto, troppo, distratta.- conclude Jason Henry con uno sguardo costernato, come se stesse comunicando una pessima notizia ad un già malato terminale. Henry è l'assistente di Brooks ed è un uomo buono, incapace di gestire le brutte notizie. Non capisco se stia cercando di licenziarmi o spronarmi a fare meglio.

- Già è un periodo particolare – ammetto con amarezza. Sono passate due settimane da quando Rei mi ha detto che diventerà padre, non ha voluto ancora presentarmi la futura madre, ma dice che lo farà presto. Sono così felice per lui, è solo che è nervoso e sembra che mi nasconda qualcosa di importante. Se poi si vuole considerare anche lo splendido incontro che ho avuto con Akito allora si, è un periodo particolare.

- Brooks vuole che questo film sia il migliore... in assoluto. Ha scelto lei perché è un'attrice straordinaria, ma vogliamo che sia concentrata.-

- Mr Henry le prometto che andrà meglio-

- Ne sono convinto – mi sorride con dolcezza, poi mi porge la mano e gliela stringo con convinzione. Se c'è una cosa che ho imparato è che in questo ambiente ostentare sicurezza sia la prima cosa.

Mezz'ora più tardi sono in metro e fisso con insistenza una macchia rossa chiedendomi se sia sugo o sangue. Il sugo mi fa brontolare lo stomaco, il sangue mi ricorda i medici e di conseguenza che Hayama sia un medico, perciò mi limito ad a attenermi alla prima opzione.

- Kayla smettila!- una voce squillante irrompe tra i miei pensieri

- Camille ti giuro che è andata proprio così!-

- Stiamo parlando di Akito Hayama, lui non porta a cena fuori le donne con cui va a letto-

- Lo so! Ma ha deciso di cambiare, sono due settimane che usciamo e ci divertiamo molto – Non so se svenire o mettermi ad urlare. Faccio il possibile per evitare di pensare a lui e ora mi trovo qui relegata in uno spazio stretto e angusto senza via di fuga, a dover sentir blaterare una Barbie su quanto Akito sia simpatico e che ora sia cambiato. Sono solo le due del pomeriggio e questa giornata è già tremenda.

- Quindi si può dire che il dottor Hayama sia anche il tuo fidanzato oltre che il tuo capo?- Kayla ride divertita

- Immagino di si- il mio corpo si irrigidisce all'istante quando la parola fidanzato giunge alle mie orecchie come un tuono potente e prepotente. Akito non è il fidanzato di nessuno... era il mio. E basta.

- Senta lei perché non la smette di starnazzare ? Si rende conto del fatto che siamo in tanti qui e che non tutti vogliano ascoltare le sue chiacchiere?!?- Sbotto rivolgendomi alle due ragazze alle mie spalle. Barbie mi guarda come se avessi messo il rossetto sugli occhi e l'ombretto sulle labbra

- Come prego?- chiede la sua amica

- Ma tu sei Sana Kurata! - a volte dimentico che Londra sia tappezzata di foto che ritraggono il mio volto.

- Si, sono io e sono infastidita!- rispondo acida.

- Con tutto il rispetto signorina Kurata ma siamo in un luogo pubblico e posso parlare quanto voglio – Sto per rispondere, ma l'annuncio dell'altoparlante mi interrompe sul più bello

- Kayla è la nostra fermata lascia perdere – si intromette saggiamente la sua amica

- Mi saluti Akito!- urlo prima che le porte di chiudano e lei mi sorride enigmatica. Oh. Mio. Dio. Cosa diavolo ho fatto? Adesso Hayama penserà che io sia matta. Forse lo pensava già, ma questo gli darà la conferma che ho perso il senno del tutto.

 

***

- Sana che diavolo hai oggi?-

- Lascia perdere Rei.-

- Non ricordi le battute?- chiede con premura mentre lascia cadere il copione sul divano accanto alla mia figura immobile e stanca

- Non si tratta delle battute. Sulserio lascia perdere. Piuttosto quando conoscerò la tua amata?- Rei prende posto accanto a me e fissa un cuscino in bilico tra il bracciolo e la seduta

- Sana... ecco... tu la conosci e anche bene.-

- Oh. Non sarà mia madre?- Rei strabuzza gli occhi e mi lancia il famoso cuscino

- Ma che diavolo dici! La maestra è una donna meravigliosa ma...- rido di gusto

- Non imbarazzarti scherzavo! Allora chi è ?-

- Sana non è così semplice. Non sono sicuro tu voglia saperlo.-

- Avanti Rei spara, sono una donna forte – gli sorrido sapendo che di certo Rei avrà colto l'allusione

- Certo. Lo so bene. Tu hai passato l'inferno-

- Ma no dai, il passato è passato.- minimizzo con un gesto della mano

- No davvero Sana, tu sei straordinaria. Ma ho paura di ferirti.-

- Lo farai se non mi dirai nulla- lo incoraggio

- Ok. Mi spiace Sana – questa premessa mi agita – Sei anni fa è morto il signor Hayama e tu sei andata via. Io e tua madre siamo rimasti ad aiutare Akito e Natsumi, avevano bisogno di aiuto. Sai perfettamente quanti ammiri ed abbia ammirato il tuo coraggio, la tua decisione di andare via, ma noi non avevamo scelta se non quella di aiutarli. Facevano parte della nostra famiglia .-

- Non vedo come questa storia possa portarci alla madre di tuo figlio – l'agitazione cresce sempre di più e ho le lacrime agli occhi. Ricordare quei momenti mi distrugge.

- Io ho mantenuto i rapporti sia con Akito che con Natsumi... ogni volta che ho fatto ritorno in Giappone, in questi anni, ho cercato di aiutarli e …-

- Rei... cosa stai dicendo? Hai visto Akito? Ma voi vi odiate- blatero confusa

- Non è così Sana. Te l'ho lasciato credere perché sapevo che ti avrebbe ferita sapere qualcosa di diverso. Non sarà il massimo della simpatia, ma è una brava persona.- le lacrime mi bagnano il viso e il mio corpo è una statua di sale, sono pronta al colpo di grazia che mi porterà alla disintegrazione.

- Io e Natsumi siamo stati molto, molto vicini. Lo scorso anno a Natale c'è stato qualcosa, un bacio per la precisione. Abbiamo cercato di dimenticarlo, di andare avanti, ma non ci siamo riusciti. Ci siamo innamorati Sana. Mi dispiace bambina, sono una persona orribile, ma Natsumi è la donna della mia vita. Dopo Asako pensavo che la mia vita fosse finita, che non avrei mai più trovato nessuno,ma poi è arrivata lei.- alzo lo sguardo e incontro quello di Rei. Vorrei urlare, picchiarlo e piangere. Ma non posso. Sono in trappola, sono qui e non sento più le gambe, le braccia... non sono sicura di avere più un'espressione. E no, non ho la malattia della bambola, sono solo sotto shock.

- Vattene.-

- Sana tesoro...-

- Va via!- grido con le ultime forze. Rei raccoglie la giacca e mi fissa, penso si aspetti che io cambi idea. Ma non accadrà.

- Vattene! Non mi hai sentita?!? va via! - scuote il capo con rammarico poi aggiunge – Sana chiamami quando sarai pronta a parlarne- e va via.

Sono qui sola e non ho la forza di muovermi. Ripenso velocemente alle parole di Rei, ai suoi sguardi, alle bugie che mi ha raccontato e alle notizie che mi ha taciuto ed esplodo. Mi stringo forte le braccia al petto e piango, piango senza ritegno. Vorrei fuggire, sparire. Vorrei non aver mai vissuto una vita come questa. Il dolore dell'abbandono da parte della mia vera madre, le bugie, Akito, il suo viaggio in America, la nostra prima notte, la convivenza, i suoi rari sorrisi, i pomeriggi passati a bere caffè con Natsumi e poi il vuoto, la morte di Fuyuki, la rabbia di Akito, il suo sguardo di ghiaccio, le sue mani che tenevano stretti i mie polsi, le sue parole taglienti e definitive e... no, non posso farcela. Stringo i denti, mi asciugo le lacrime con le maniche della felpa e corro in cucina, ho un disperato bisogno di alcol. Nulla. La credenza e il frigo sono vuote. Grido, come non ho mai fatto in tutta la mia vita. Ho bisogno di bere, di smaterializzarmi e non tornare più. Raccolgo le chiavi ed esco in strada, fa freddo, e non ho la giacca. Piango ancora, ma poi mi ricordo del Joe's bar e in quella bettola non ci va mai nessuno se non per autocommiserarsi. Il bar di Joe è buio e sporco, ospita di solito senzatetto e prostitute. Esattamente quello di cui ho bisogno. Questa sera non sono Sana Kurata, sono una senzavita tradita dalle persone che più amo al mondo.

- Buonasera -

- Si come le pare, una tequila – Joe, il proprietario, non presta attenzione alla mia maleducazione e mi porge il bicchierino. Non deve avermi riconosciuta, due anni fa sono stata per sei mesi ogni sera nel suo bar, dovevo interpretare la barista di una piccola bettola in periferia in un film e Joe mi aveva aiutata a capire come farlo, come essere credibile.

- Sta bene signorina Sana? - chiede alla quinta tequila

- Si – biascico stranita – sai chi sono?-

- Sono stato il suo insegnate di recitazione per sei mesi – così dicendo mi strizza l'occhio e mi allunga una ciotola di noccioline.

- Grazie Joe – prendo una nocciolina e mando giù l'ennesimo bicchierino.

- Una birra per favore – conosco questa voce. Anche se è solo un suono lontano, so che appartiene a qualcuno che conosco.

- Arriva subito- Joe lascia la mia mano e corre nel retro. Torna con una birra e la porge alla figura sfocata alla mia destra che dopo averla prende posto ad uno dei tavolini lerci e sudici del Joe's bar.

- Sana dovresti alzare la testa. Starai malissimo. Ti preparo un panino?-

- Un' altra tequila! - annuncio trascinando le parole. Joe tenta di sollevarmi ma quando la fa, un capogiro improvviso mi fa perdere l'equilibrio e cadere sul pavimento. Il vuoto.

 

 

 

 

Akito

Io ho un problema. Un problema molto serio che attualmente russa sul mio divano.

- Kurata cazzo sveglia!- provo a smuoverla per l'ennesima volta ma non vuole saperne di svegliarsi. Se non fossi stato da Joe, se avesse continuato a bere... ma che diavolo le è preso?!? sono ore che continuo a farmi domande senza ottenere una risposta. Kurata è tutta sorrisi e stronzate e ora si ubriaca fino a perdere i sensi. Merda.

- mmm-

- Kurata!-

- Ma che diavolo...- biascica aprendo gli occhi, e non sono i suoi occhi. Sono spenti, sono privi di emozioni. Quella non è Kuarata e mi odio perché non dovrei provare compassione per una così. Mi ha mollato come se la nostra storia non fosse stata la cosa più importante del mondo. È andata via quando mio padre è morto. La odio per questo e non dovrei essere preoccupato per lei. Proprio no.

- Kurata. Svegliati.-

- Akito? Ma dove diavolo sono?- sposta una ciocca di capelli che le ricopre il viso e non posso fare a meno di pensare che vorrei essere stato io a farlo. Un tempo lo facevo io quando al mattino il sole copriva la sua chioma rossiccia e non volevo fare altro che ammirare il suo splendido viso. Merda, merda, merda. Deve andare via da qui. Subito.

- Sei a casa mia. Eri ubriaca fradicia e ti ho portata qui.-

- Oh.- piano si si solleva, ma sta per perdere l'equilibrio e l'afferro al volo. Il contatto con la sua pelle proprio non aiuta. Sono passati sei anni e ancora mi fa questo stupido, dannatissimo effetto.

- Akito sto per …- senza pensarci la prendo tra le braccia e la porto in bagno. Tengo molto alla mia moquet pulita. Le raccolgo i capelli mentre espelle tutto il suo dolore in forma liquida. Sono un medico, ma fa schifo ugualmente.

Le porgo un asciugamano bagnato e lei ringrazia con un cenno del capo.

- Perchè sono qui?- chiede dopo qualche minuto di assoluto silenzio

- Perchè io sono un dannato coglione -

- Hayama... non parlare così, non sta bene.- dice cercando di alzarsi

- Detto da una che sembra appena uscita da un bar dopo una sbornia colossale, oh aspetta, ma tua sei proprio una che è appena uscita da un bar con una sbornia colossale.-

- Dio Kayla deve farti proprio bene. Adesso conosci anche l'ironia-

- Kayla?- alzo un sopracciglio. Kayla mi ha detto dell'incontro che ha avuto con Kurata in metro e ho riso. Non ridevo così da almeno sei anni. Immagino la sua scenata, non ne comprendo il motivo, ma deve essere stato divertente. E io non mi diverto mai.

- Kayla, la tua fidanzata – aggiunge con un'espressione disgustata e non so se sia per via della sbronza o di Kayla.

- Non è la mia fidanzata – rivelo senza volerlo.

- Lei non la pensa così. Ho caldo- dice per poi sfilarsi la felpa lasciando che a coprirla sia una semplice canottiera bianca. Vuole uccidermi e ci sta riuscendo.

- Vieni ti do un'aspirina – mi segue come un gattino e si accomoda, senza chiedere il permesso, su di uno sgabello.

- Casa tua è molto carina. E lussuosa – aggiunge fissando lo skyline di Londra attraverso le enormi vetrate del mio open space.

- I chirurghi guadagnano bene. Ma tu sei un'attrice da oscar, i soldi per te non sono mai stati un problema.-

- Oh certo. Credimi, vorrei essere una semplice impiegata. Sai che dei soldi non me ne è mai fregato nulla – ed è vero. Lo so. Non ha mai ostentato nulla.

- Lo so.-

- Non è strano?-

- Cosa?- chiedo porgendole dell'acqua e due aspirine

- Essere qui, insieme...-

- Non è strano perché appena starai meglio te ne tornerai a casa e non ci vedremo mai più – sorride amareggiata

- Quindi il fatto che Rei stia per avere un bambino con tua sorella non conta nulla? - lo sa. E sa che sarà impossibile per noi evitarci.

- Lo sai.-

- Già-

- E' per questo che sei sbronza?-

- Già-

- Di solito quello che risponde a monosillabi sono io -

- Le cose cambiano Hayama.-

- Rei e Natsumi si amano. E io non mi impiccerò, non lo farai nemmeno tu. -

- No. Hai ragione. Sono stata tenuta all'oscuro per anni, posso continuare a far finta di non esistere .-

- Non autocommiserarti.-

- Non lo faccio.-

- Tu hai lasciato me e tutti gli altri Kurata. Smettila di fare la vittima. Smettila di pensare solo a te stessa e agli stupidi oscar che vincerai. Smettila!- il tono della mia voce si alza sensibilmente e involontariamente. Non voglio più discutere con lei.

- Tu non capisci! Nessuno capisce. Akito io ti ho amato più della mia stessa vita!-

- E perché cazzo sei andata via?- stavolta grido sulserio

- Perchè...-

- Perchè?!?-

- Io non posso. Non posso dirtelo!- mi accorgo appena di una lacrima che le riga il viso perché come una furia corre in bagno, racimola le sue cose e fugge via. Come sempre.

 

 

 

 

Sana

Corro. Corro veloce. Sono le sei del mattino e tutto tace. Si sentono solo i miei passi, si sente solo l'odore di pioggia e niente altro. Avrei tanto voluto dirgli la verità ma non posso. Preferisco che mi odi... mi ha salvata, di nuovo, e io non ho potuto nemmeno ringraziarlo. Dio!

Corro ancora più veloce e mi rendo conto, solo quando vedo la mia palazzina, che Hayama abita a duecento metri da casa mia. Il destino ce l'ha con me. Ma davvero.

Scorgo una figura in attesa dinanzi al mio portone. Chi diavolo...

- Fuka...-

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Akito

- Aki dove hai messo i cereali?- Kayla è in piedi nella mia cucina, con solo una camicia coprirla e i capelli biondi, biondissimi che le ricadono morbidi sulle spalle. A sconvolgermi non è il suo aspetto, ma il fatto che mi abbia appena chiamato “Aki”. Non l'ha mai fatto e non voglio che lo faccia più.

- Non chiamarmi più così e controlla nel forno -

- Nel forno?- Kayla apre il forno e ne tira fuori una scatola di cereali

- Okay sapevo che i chirurghi fossero persone... particolari, ma non pensavo arrivassero a conservare i cereali nel forno- commenta gettandosi sul letto e aprendo la scatola.

- Kayla non mangiare a letto. E comunque non sono tutti i chirurghi a tenere i cereali nel forno, solo io e ieri ero... distratto-

- Dalla rossa?- chiede come se nulla fosse. Come se la “rossa” non fosse Sana Kurata il grande amore della mia vita.

- No-

- Dio quella donna deve averti fatto proprio del male-

- Non sono affari tuoi e va in cucina a mangiare quei dannati cereali -

- Ok che scopi alla grande, ma non devi parlarmi così!-

- Scusa. Ma vorrei che tu capissi che non sono il tuo ragazzo. Noi andiamo solo a letto insieme.-

- Non avevi detto di voler cambiare vita? Sono settimane che usciamo!-

- Ti ho portata a cena fuori perché posso permettermelo e sono andato a letto anche con altre donne quindi no, non sono cambiato e non stiamo insieme- i suoi occhioni azzurri si riempiono di lacrime, non volevo ferirla, ma quando è troppo è troppo.

- Sai che c'è di nuovo signor chirurgo? tu non mi meriti, non meriti le mie attenzioni. Se hai pensato che fossi la scema di turno, hai sbagliato... di grosso!- Kayla rovescia il contenuto della scatola di cereali tra le lenzuola, si toglie la camicia, indossa al volo i suoi abiti, mi guarda un'ultima volta con rabbia e poi fugge via. Finalmente solo. Finalmente pace. Kayla è una donna molto bella e non è affatto stupida, ma non voglio una relazione, ho pensato di poter andare avanti di costruire qualcosa con qualcuno, ma non sono pronto. Kurata è piombata nella mia vita, di nuovo, e non faccio che pensare alle sue lacrime e alle sue parole. Che diavolo mi nasconde? Perché è andata via? Domande a cui non trovo una risposta e la cosa mi manda in bestia. L'avevo dimenticata, ci ero riuscita ed ora invece sono ripiombato nel passato, sono imprigionato in questa maledetta gabbia. Sto per distruggere tre quarti dell'arredo del mio appartamento, quando suonano alla porta. Sarà Kayla che avrà dimenticato qualche insulto.

Apro la porta convinto di trovarmi dinanzi due occhi azzurro cielo pronti ad accusarmi, ma in realtà quello che vedo sono quattro occhi scuri come la notte che di accusatorio non hanno nulla.

- Ragazzi... che ci fate qui?- Occhiali da sole e Natsumi mi sorridono ed entrano in casa

- Buongiorno fratellino! C'è odore di Kayla- a mia sorella non sfugge nulla

- è appena andata via – ammetto

- Ho detto a Sana della bambina e di Natsumi – si intromette Sagami aprendo un sacchetto

- Lo so -

- E come?- Natsumi sembra aver visto un fantasma e non so se sia per la mia affermazione o per l'odore di sushi che emana la busta tra le mani di Sagami

- L'ho incontrata due giorni fa – rispondo vago sperando di evitare il terzo grado

- Capisco – Sagami sembra distrutto

- Non è colpa tua – gli sussurra Natsumi con affetto. Non glielo dirò mai, ma sono una bella coppia. Mia nipote avrà due splendidi genitori.

- Lo so, lo so... ma non mi va che stia male. Vorrei averla con me. Stava male? Intendo quando vi siete visti... insomma lei -

- Era distrutta, ma capirà. Kurata ti vuole bene, ti perdonerà. E perdonerà anche te- concedo a mia sorella che sembra essere pensierosa

- Già. Sana era come una sorella per me. Avete parlato anche di ...altro?- Raccolgo il cercapersone che non smette di vibrare

- Devo andare a lavoro. Ne riparliamo – bacio mia sorella e saluto Sagami. Non posso parlarne con loro. Non sarebbe giusto e non voglio. Parlare di Kurata mi procura forti mal di testa e un chirurgo non può soffrire di mal di testa.

***

Una volta in ospedale incontro Kayla che, professionale come non mai, rovescia accidentalmente il caffè bollente sui miei pantaloni aggiungendo – ops! Mi dispiace averla messa fuori uso dottore -. devo darle atto di essere molto, ma molto simpatica.

- Hayama!- Bill entra nel mio studio e saluta Kayla galante

- L'hai fatta incazzare?- chiede quando la porta alle nostre spalle si chiude in un tonfo sordo

- Meglio non parlarne. A cosa devo la tua visita?-

- Tua sorella mi ha telefonato per un tuo congedo... volevo chiedere spiegazioni-

- Scherziamo? Cosa ha fatto?!?-

- Già-

- Bill lascia perdere. È matta come un cavallo. È incinta e pensa di aver bisogno di tutto e tutti, ma il suo uomo può badare a lei, non ha bisogno di me-

- Congratulazioni! Sarai zio! Io adoro i bambini.-

- Felice di sentirtelo dire, ma non mi serve un congedo. Non vado in maternità- Bill ride, ma poi si fa subito serio – E quella signorina?-

- Chi Kayla? Le passerà. Era una cotta, non le piacevo davvero- e lo penso sul serio

- Non parlavo di Kayla, ma della bella attrice che settimane fa hai visitato... ho letto la sua cartella clinica e...-

- E ti prego, vorrei non parlarne. È storia passata.- oggi il fantasma di Kurata non mi da pace

- Capisco... ma sei anni fa...-

- Come fai a sapere che sei anni fa ci siamo lasciati?- O Bill è un veggente o ha scoperto qualcosa

- Mi sono fatto inviare la sua cartella clinica, lo sai è prassi per i pazienti stranieri. E ho scoperto che...-

- Dottore! Un'emergenza! Deve correre in sala operatoria- irrompe Kayla indicando Bill

- Scusa Akito ne riparliamo. Corro. A presto e auguri per la tua nipotina!- sta per andare via quando – Ah si, ho letto anche la cartella di tua sorella! Sarà una splendida femminuccia- mi strizza l'occhio e gli sorrido. Bill è una persona stupenda. È solo che ora ho bisogno di leggere la cartella di Kurata che diavolo ci sarà scritto?

 

 

Sana

- Che bello essere qui! Londra è un sogno!-

- è bello che tu sia qui amica mia – aggiungo stringendo la mano di Fuka. Siamo sedute su di una panchina in Hide park colpite da un tiepido sole che colora le foglie e i riflessi dell'acqua.

- Questi due giorni sono stati meravigliosi, ma ancora non mi hai detto perché quella notte piangevi e a me non puoi raccontare la balla “ Rei aspetta una bambina da Natsumi”- dice facendomi il verso.

- è esattamente per questo motivo che piangevo-

- Bugiarda- mi rimbecca Fuka sfilandosi gli occhiali da sole

- Fuka...-

- Lo hai visto-

- Chi?-

- Sana ho voglia di picchiarti-

- Okay, si ho visto Akito. Ma ti ho già raccontato dell'ospedale-

- Pensi di essere furba?!? sono un dannato avvocato divorzista! Tu hai visto Akito Hayama quella notte!- Non posso mentire a Fuka, è arrivata qui si è presa cura di me senza chiedere nulla e ora, ora non posso più prenderla in giro.

- D'accordo hai vinto. Ero sbronza e lui mi ha portata a casa sua per evitare che andassi a gettarmi nel fiume-

- O perché ti ama ancora e odia vederti soffrire.-

- Fuka smettila.- questa conversazione mi innervosisce. Adoro Matsui, ma non voglio più parlarne, Akito è il passato. Questi incidenti non accadranno più.

- Glielo hai detto?-

- No – sussurro sperando che metta fine a questo supplizio

- Sana... non gli hai detto del bambino?!? sono passati sei anni! Il destino vi offre un'altra occasione e tu la sprechi così?-

- Adesso basta! Lui non deve sapere e nemmeno gli altri! Lascia che mi odi, lascia che continui a darmi dell'egoista! Lascia solo che vada così...-

- Non posso crederci! Sana non posso! Stai buttando via la cosa più bella del mondo per niente.-

- Nostro figlio ti sembra niente?!?-

- Non intendevo questo e lo sai!- stavolta è lei ad incazzarsi. Ed ha ragione perché so che non intendeva parlare del mio bambino.

- Ascoltami hai vissuto l'inferno e anche lui. Ma tu hai affrontato da sola una cosa orrenda, Akito aveva gli amici e la famiglia, ha elaborato il lutto. Tu no. Hai perso il bambino, il vostro bambino. È ora di dirglielo.-

- Non posso! Fuka quella notte ero salita in camera per dirgli che aspettavamo un bambino e lui con le lacrime agli occhi mi annunciava che suo padre era morto. Dio... se Akito scoprisse che ho perso il bambino per il dolore, perché l'avevo visto distrutto, non se lo perdonerebbe mai. MAI!- ed ora piango. Piango tutte le mie lacrime, il sole sembra non brillare più.

- Sfogati amica, piangi – sussurra abbracciandomi

- Akito capirebbe. È un uomo non è più un bambino di undici anni pronto a farsi puntare un coltello contro -

- Non voglio più fargli del male – ammetto tra i sussurri. E ammetto a me stessa di amarlo come prima, se non di più. È un uomo fantastico e voglio che sia felice. Kayla non gli farà del male e non ucciderà i suoi figli.

 

***

- Sana suonano alla porta!- grida Fuka dal salone

- Vai tu! Sto cercando di preparare la cena!-

- Smettila, ho già telefonato al ristorante giapponese. Ti voglio bene, ma non sarai tu ad avvelenarmi!- sorrido e sento i suoi passi avvicinarsi alla porta. È così assurdo sperare che si tratti di Akito? Non voglio più vederlo, ma non riesco a pensare che alle sue labbra ai suoi capelli sempre più biondi, sempre più ribelli...

- Oh Rei!- no. Non lui, non ora. Sono giorni che non lo sento.

- Sana guarda chi c'è? - Fuka mi incoraggia con lo sguardo, sa che devo perdonarlo, che lui è un fratello per me.

- Ciao Sana-

- Ciao-

- Vi lascio soli-

- Come stai? -

- Rei avevo bisogno di tempo. Sono felice per te e per Natsumi, voglio molto bene anche a lei. Avevo bisogno di digerire la notizia- ammetto diplomatica

- Lo so bambina! Ho sbagliato, ti prego perdonami-

- Consideralo fatto – gli sorrido, ma lui si avvicina e mi stringe forte al suo petto. Rei sarà un padre meraviglioso.

- Perchè Fuka è qui?-

- Perchè Fuka è Fuka-

- Stasera diamo una festa. - dice sedendosi e scartando una caramella, come fa da sei anni a questa parte, da quando ho acquistato questa casa.

- Come?-

- Io e Natsumi. Abbiamo comprato casa... cioè lo abbiamo fatto un mese fa e stasera vorremmo festeggiare.-

- Rei io...-

- Akito non ci sarà. È di turno- dice sicuro

- Allora va bene. Io e Fuka ci saremo. - Rei mi sorride ma poi aggiunge – Sai vero che dovrete rivedervi? -

- Lo so, ma non adesso.-

- So che vi siete incontrati – oh no. Non voglio che Rei sappia della mia sbronza epica. Spero che Hayama non abbia detto nulla.

- Si, abbiamo scambiato due chiacchiere. Abbiamo convenuto che saremo zii e che dovremo comportarci bene con la bambina – mento spudoratamente

- Bene, ne sono felice -

- Quindi stasera festa?-

- Fuka smettila di origliare e vieni in cucina!- Rei sorride, probabilmente vederci battibeccare come da bambine lo rende felice e ad essere sinceri, rende felice anche me.

 

***

Due ore dopo la felice chiacchierata con Rei ci ritroviamo in Oxford street dove Rei e Natsumi hanno preso casa. Devo ammettere che sia una zona meravigliosa, non riesco a tirar via Fuka dalle vetrine di Top shop e altri simili

- Fuka avanti faremo tardi!-

- Ma quella giacca è stupenda!-

- Avanti domani torneremo qui a fare shopping-

- Non hai le prove?-

- No. Ho telefonato a Brooks. Ho bisogno di una pausa e se questo vorrà dire la fine della mia carriera va bene così. Ho bisogno di ritrovarmi, forse dovremmo riprendere il nostro lavoro in radio.-

- Sono un avvocato-

- Non fai che ricordarmelo. Magari potresti aprire uno studio qui a Londra-

- Non è una cattiva idea. Rei sa che hai mollato il film?-

- No, glielo dirò domani.-

- Penso che sia la scelta giusta. Hai bisogno di una pausa -

- Grazie amica.-

Raggiungiamo lo splendido edificio dove Rei e Natsumi hanno preso casa, sto per citofonare quando una mano grossa e avvolgente mi strattona.

- Ei!- mi volto e incontro lo sguardo gelido di Akito. No. Non posso crederci.

- Dobbiamo parlare – annuncia digrignando i denti. È incazzato. Incazzato come il giorno in cui sono andata via.

- Ciao Hayama- Fuka si intromette attirandomi a se

- Matsui che diamine ci fai qui?-

- Anche io sono felice di vederti. E comunque sono venuta a trovare Sana.-

- Felice per te, adesso però Kurata viene con me-

- Non sono una dannata bambola! Non puoi dirmi cosa devo e cosa non devo fare!-

- Smettila di urlare e seguimi, credimi non vuoi che Londra senta cosa ho da dirti- detto questo mi afferra un braccio e mi trascina verso la sua moto

- Non salgo su quell'affare-

- Sali cazzo! Smettila di fare storie!-

- No!- Mi prende di peso, mi aggancia il casco sul capo e poi sale sull'aggeggio infernale

- Reggiti- ringhia come se stesse parlando ad bambino dispettoso

Dieci minuti più tardi e con una ventina di infarti in atto scendo da quella dannata moto e ho voglia di picchiarlo, di gridargli contro che è uno stramaledetto chirurgo e che se avesse corso ancora saremmo finiti aperti sul tavolo della sua sala operatoria, nella migliore delle ipotesi.

- Tu sei matto!-

- E tu una dannata gallina! Stai zitta, credimi non sei nella posizione di poter parlare. Avanti seguimi- trattengo gli insulti tra i denti e metto fine a questa stupida conversazione, voglio capire cosa sta succedendo. In pochi passi raggiungiamo la sua palazzina e in religioso silenzio proseguiamo fino alla porta di ingresso.

- Perchè siamo a casa tua?-

- Perchè mia sorella è incinta e l'ultima cosa che le serve è assistere ad una lite-

- Io non voglio litigare con te. -

- Credimi, lo voglio io -

- Akito che diavolo succede?- Hayama si passa una mano tra i capelli scompigliando la folta chioma bionda, si sfila la giacca di pelle e si avvicina a grosse falcate...

- Incinta – dice piano, come se stesse ammettendo di credere agli alieni

- C-cosa?- mi stringe le spalle con con forza e mi costringe contro il muro

- Incinta! - stavolta lo grida – Tu sei incinta!-

- Akito ma che diavolo ti salta in mente? No! Non lo sono. Non frequento nessuno.- cerco di rassicurarlo vorrei accarezzargli il viso, ma mi tiene stretta e non me lo permette.

- Lo dice la tua cartella clinica. Io l'ho letto con questi occhi.- Non riesco a dirgli la verità... non posso.

- C'è un errore. Non sono incinta – scuote il capo e continua a penetrarmi con quello sguardo di ghiaccio

- Il mio ospedale non sbaglia. Non me ne importa nulla di te, voglio solo che tu sparisca dalla mia mente e dalla mia vita- deglutisco con forza le sue parole mi uccidono. Mi hanno uccisa quella notte e continuano a farlo ora.

- Akito ti giuro che non sono incinta, ma non posso sparire. Sono qui ora.- allenta la presa ma non mi lascia andare

- Perchè hai pensato che fossi incinta?-

- Ho letto la tua cartella, ma l'ho fatto al buio perché non sarebbe legale non essendo tu una paziente chirurgica, quindi non ho potuto fare di meglio. Quando ho letto ”incinta” avrei voluto distruggere tutto.– ammette con lo sguardo smarrito e il tono sollevato

- Perchè hai letto la mia cartella?-

- Perchè sei anni fa è successo qualcosa. Lo sa anche Bill-

- Si sei anni fa ho avuto un piccolo malore prima di partire per Londra- mento cercando di non sciogliermi in un mare di lacrime. Akito poggia la sua fronte sulla mia e il mio corpo prende a tremare.

- Aki...-

- Ti odio- sussurra e il mio cuore perde un battito

- Lo so -

- Ti odio perché se tu fossi stata incinta... –

- Non lo sono-

- Un altro uomo...-

- Non c'è - ammetto in un sospiro

- Ti odio- ripete per poi avvicinare le sue labbra alle mie. Ed ecco il mondo esplodere, ed eccomi respirare dopo anni di apnea. Akito. Quando saprà la verità, si pentirà di tutto questo. Quando gli dirò la verità non avremo mai più una chance. Stanotte voglio essere egoista e mentire. Voglio lui e niente altro.

 

 

Akito

La sto baciando. Non è possibile, come diavolo posso baciare la persona che più mi ha ferito al mondo? E non la sto solo baciando, la sto stringendo, le sto accarezzando i capelli morbidi e setosi, le sto sfilando il cappotto, la maglia e poi il reggiseno. Mi sta sfilando i pantaloni... io la sto amando. La sto stringendo tra le braccia e la sto divorando, ho bisogno di lei come dell'aria. Il solo pensiero che potesse aspettare un bambino con un altro uomo mi aveva disintegrato. Lei era mia, e un bambino... no. Ho sempre pensato che sarebbe stata una mamma perfetta, ma il destino non ha mai voluto che noi, proprio noi concepissimo un figlio. Non avrei retto all'idea di lei madre del figlio di un altro. Non avrei potuto.

Sana Kurata è qui nuda sul mio letto a separarci non è il centimetro che passa tra le nostre labbra, ma tutto quello che non ci siamo detti. Io non la sto perdonando, sono solo egoista, ho fame di lei. La voglio qui, la voglio tra le luci di Londra e le ombre del passato. Domani sarà tutto finito, ma stanotte lei è Sana, ed è mia.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Avviso ***


Ciao a tutti. Mi scuso per la mancata pubblicazione del capitolo, che non so quando avverrá, purtroppo è un periodo un po' complicato per me e l'affetto che mi avete dimostrato merita questo avviso. Spero di riuscire a pubblicare quanto prima. Un bacio enorme e buona pasqua a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Sana

 

Pace. Quattro lettere che assumono forme e significati ogni volta differenti. La pace è nel sole che sorge e tu sei lì ad ammirare ogni suo riflesso come se si trattasse di un miracolo.

La pace è il sorriso di tuo figlio al termine di una pessima giornata.

La pace è una canzone che scivola indisciplinata sulla pelle e ti avvolge nella sua morsa, lasciandoti vagare per mondi irripetibili e lontani.

La pace è Akito Hayama che mi stringe tra le sue braccia come se avesse paura di perdermi, di nuovo. Il tremendo difetto della pace è che è un attimo, che dura una frazione di secondo, che non hai il tempo di bearti del suo calore che tutto si disperde e diventa cenere. Che tu diventi cenere. Io sono cenere. Ha aperto gli occhi e mi fissa con disprezzo, come se fossi l'ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere.

- Kurata...- ricorda a se stesso. Forse ha già dimenticato la notte appena trascorsa. Gli uomini hanno la memoria a breve termine, lasciano che sia tu a ricordare ogni dettaglio, anche quelli più dolorosi. Sei tu che resti lì con un carico di aspettative e fitte allo stomaco, mentre loro si beano della brevità di ogni piccola cosa che assomigli ad un ricordo.

- Si, sono io.-

- Devi andare via – sibila penetrandomi con lo sguardo. Conosco quegli occhi, o forse no. Forse mi avvalgo della facoltà di conoscerlo quando in realtà questi anni posso averlo cambiato tanto da renderlo solo simile a se stesso.

- D' accordo – deglutisco e scosto il suo braccio che mi preme sul ventre.

- Akito...-

- si?-

- Cosa è stato?- chiedo prima di sollevarmi e lasciare il passato per tornare al mio orribile presente.

- Un errore. Uno stupido e banalissimo errore.- annuncia glaciale, come se non fosse accaduto nulla, come se si fosse solo rovesciato un bicchiere colmo d'acqua sul pavimento.

- Ok. - una lacrima solca il mio viso e non riesco a nasconderla

- Non piangere, sai bene quanto me che questa notte è stata solo e puro egoismo. Io e te non siamo niente, forse non lo siamo mai stati.-

- No! Questo non te lo permetto! Io ti ho amato Akito, più della mia stessa vita-

- Parole Kurata, solo parole – aggiunge con disprezzo

- Vaffanculo Akito!- raccolgo i miei abiti e in un batter d'occhio sono fuori casa sua, non senza aver sbattuto la porta alle mie spalle, ovviamente.

L' ha detto per davvero, capisco che pensi che io l'abbia abbandonato nel momento peggiore della sua vita, ma se mi avesse amata sul serio l'avrebbe capito, avrebbe provato a cercarmi. Raccolgo il cellulare dalla borsetta e telefono a Fuka, i suoi quindici messaggi minatori non ammettono nulla di diverso.

- Fuka-

- Stupida! Dove diamine sei? Sai quanto sono stata in pensiero?!?-

- Lo so amica mi dispiace – rispondo con la voce rotta dal pianto

- Che ti ha fatto?-

- Ha chiuso con noi. Per sempre.-

- Non dire così... gli hai detto la verità?-

- No. Non avrebbe capito.-

- Sana...-

- Fuka va bene così- non va affatto bene, ma la mia amica merita qualcosa di diverso dalle mie lacrime

- Dove sei?-

- Sotto casa sua.-

- Arrivo e non piangere, non ne vale la pena.-

 

 

Akito

 

- Cosa?!?-

- Natsumi smettila di sbraitare!- Natsumi si aggira per la mia cucina come un segugio e continua a blaterare cose senza senso

- Akito Hayama quella è Sana Kurata! L'amore della tua vita!-

- Frottole -

- Vorrei prenderti a botte quando fai così-

- Ascolta Natsumi, il fatto che tu sia incinta non ti permette di sindacare sulla mia esistenza come se fossi mia madre! Tu non sei nostra madre e nemmeno nostro padre... apprezzo l'interessamento, ma tu sei mia sorella e basta.- mi verso del caffè mentre mia sorella stritola un malcapitato straccio

- Sei incredibile!-

- Lo so, ti ringrazio-

- Spiritoso... Sana farà sempre parte della nostra famiglia-

- Anche quando è morto nostro padre e ci ha lasciati soli Natsumi? Eh? Anche in quel momento faceva parte della nostra famiglia?-

- Ti sei mai chiesto perché l'abbia fatto?-

- Perchè il lavoro per Kurata viene prima di tutto-

- Dio quanto sei stupido e banale! Hai mai provato a chiederglielo?-

- Non sono tenuto a farlo-

- Stupido!-

- Ora basta! A che ora hai la visita?-

- Alle dodici...-

- Bene sbrighiamoci, mi hanno chiamato c'è un'urgenza-

Venti minuti più tardi sono in ospedale con quella palla al piede di mia sorella, sembra che il caso sia talmente grave che debba correre in sala operatoria

- Nat devo andare-

- D'accordo... Rei? Cosa ci fai qui? Non avevi un appuntamento?- Occhiali da sole fissa Natsumi come un pesce lesso, non sembra nemmeno essere lui.

- Rei...- Natsumi gli si avvicina e lo abbraccia

- Sana!-

- Sana cosa?- chiede sgomenta mentre Sagami si dimena

- è Sana! Sul tuo tavolo operatorio è Sana!- le sue parole mi giungono lontane....Kurata.

- Amore ma che dici?-

- Ha avuto un incidente...- non termina la frase che sono già diretto come una furia in sala operatoria. Cazzo! Kurata! Il cuore va a mille e il cervello sembra essersi improvvisamente spento. Kurata... le ho detto delle cose orribili. non doveva andare così. ti prego Kurata resisti. ti prego... noi non abbiamo ancora finito.

spalanco con forza le porte della mia sala operatoria e sento – Libera... ragazzi la stiamo perdendo- Mark il mio specializzando sta cercando di rianimarla. no.

Non è possibile. Tutto questo non sta accadendo, non qui sotto i miei occhi impotenti.

- Mark che succede?- mi sento chiedere

- Pare l'abbiano investita, ha più fratture che ossa intere- risponde con il panico che gli divora lo sguardo

- Merda! Merda! Carica ancora- questi sono i secondi più lunghi della mia vita

- Abbiamo il battito!- Lucy l'infermiera sembra essere un angelo. Forse lo è davvero.

- Dottore dobbiamo intervenire immediatamente -

- Si, vado a lavarmi!-

- Fermo dove sei Akito Hayama... sei troppo coinvolto- Bill appare sulla porta e mi fissa con uno sguardo severo

- Ma Bill...-

- Me ne occupo io- aggiunge poi con dolcezza

- No io...-

- Va fuori Akito stiamo perdendo del tempo prezioso- mi abbraccia velocemente e mi spinge fuori dalla mia sala operatoria. Rivolgo un'ultima occhiata alla sagoma di Kurata... non è vero. Non può essere vero.

 

 

Sana*

Tutto questo bianco mi acceca, avrei dovuto portare degli occhiali da sole, sono proprio una sbadata. Cammino da ore, ma non vedo mai la fine. Dove diavolo sono?

Oh quella è la vecchia casa di Akito! Finalmente so dove sono. Corro veloce e mi avvicino, forse li troverò qualcuno. Scorgo un'ombra e la riconosco... è lui.

- Fuyuki!-

- Ciao piccola Sana!-

- è proprio lei?!?-

- Esatto! In carne ed ossa...-

- Sembra strano... lei è morto.- mi sorride

- Sana, cara, nessuno muore per davvero. Il nostro cuore cessa di battere e i polmoni di respirare, ma noi siamo altro. Io ci sono, sono ancora qui e veglio su di voi, veglio su quello scapestrato di mio figlio, sulla maternità di Natsumi e su di te...-

- Ma... lei non è arrabbiato con me?-

- E come potrei bambina? Hai salvato Akito, hai salvato la nostra intera famiglia... io so perché sei andata via. Mi dispiace per quello che ti è successo.-

- Sa dell'aborto?-

- Certo. Mi dispiace, sarebbe stato bellissimo il mio nipotino... -

- Già- ammetto con una lacrima che indisturbata si insinua tra le mie labbra

- Akito ti ama-

- Non ne sono sicura-

- fidati di me- dice strizzandomi l'occhio

- Signor Hayama... sono morta?-

- Si.-

- Quindi il mio tempo è finito. Avrò quello che ha lei?-

- Tu puoi ancora tornare indietro. Devi solo volerlo... Sana tu non stai lottando-

- Certo che lo sto facendo! Per mama... per Rei...-

- No. Non stai lottando.-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** capitolo 8 parte prima ***


Akito

 

“Sospensione” condizione in cui si verifica un' interruzione temporanea di un'attività, è così che il dizionario definisce la mia attuale condizione. Non esiste più nulla, il tempo si è dissolto, svanito in una nebulosa evanescente. Le pareti bianche di quest'ospedale ricordano tanto una tela, un tela ancora vergine. Ho provato a disegnare l'immagine di Kurata che apre gli occhi e respira. Ho chiesto al cielo un suo solo respiro, un briciolo di attività celebrale qualcosa che mi faccia sperare di poter dipingere il suo sorriso. Dove sei kurata? Che succede? Te ne andrai per sempre?

 

Sana *

 

- Quindi lei continua a sostenere che io non stia lottando?-

- Sana, cara... non stai lottando. Cosa vedi intorno a noi?-

- Casa sua... gli alberi... ehi! Un momento! Perché diavolo il gelataio infondo alla strada ha chiuso! Amavo il suo gelato!-

- Ecco vedi, non distrarti Sana...-

- Questa storia mi ha stufata, volevo un gelato e nulla più.- stringo i pugni lungo i fianchi, Fuyuki continua a fissarmi con insistenza, ma io non so cosa dirgli. Questo è un bel posto, ho sempre amato la vecchia casa di Hayama, perché stare qui è un errore? Cosa c'è di male?

- Cosa dovrei fare?-

- Devi volerlo-

- Ma io voglio tornare indietro! Lo voglio sul serio!- e lo dico con convinzione, cercando di apparire sicura

- Sana... quell'auto ti ha investita, ma tu non ti sei mossa.-

- Questa è una bugia!- avverto le lacrime scorrermi lungo il viso

- Non ti sei spostata... quando ammetterai che questa sia la verità, tornerai indietro-

- Sentiamo... perché mi sarei lasciata investire da un auto in corsa?-

- Perchè soffrivi. Sana la vita è dura... quando mia moglie è morta ho creduto che il mondo potesse crollare, che non avrei mai potuto crescere due bambini da solo, senza il suo sorriso a farmi forza. Ma tu sei fortunata, Akito è vivo e ti ama... se dovesse perdere anche te... lui non sarebbe più lo stesso. Sei la parte più importante di lui. È testardo, cocciuto e un po' musone, ma darebbe la vita per te. Torna da lui. -

le lacrime scorrono sempre più copiose, ho la vista appannata e le gambe continuano a tremare.

Akito.

Lo sto perdendo per sempre, se non torno indietro non lo rivedrò mai più.

Il respiro...io non respiro.

Il panico mi invade e non riesco più a muovere neanche un muscolo.

- A-akito-

- Ora hai capito. Sta tranquilla Sana... il panico svanirà.-

- Ho ancora tempo?- chiedo tra i singhiozzi in preda al panico più totale

- Io non lo so... ma devi provarci, Sana ammetti a te stessa che il modo migliore per sopravvivere sia affrontare il dolore e la delusione.-

- I-io....-

 

 

Akito

- Cazzo Bill dove sei finito! Fatemi entrare, quella lì dentro è Sana Kurata!-

- Aki stai tranquillo...-

- kayla va via dannazione!- le rivolgo uno sguardo di ghiaccio, so bene che voglia aiutarmi, ma io non ci vedo più. Sana Kurata è lì dentro da sei ore e io …

- Akito Hayama! Chiedi subito scusa e vieni qui!- Natsumi regge il mio sguardo, mia sorella e Kurata sono le uniche persone al mondo capaci di non intimidirsi.

- Va bene, scusa Kayla.- dico rassegnato. Se non lo avessi fatto Natsumi non mi avrebbe dato tregua.

- Cosa c'è?-

- Non se ne andrà. Sana ce la farà... io lo so.- Natsumi mi abbraccia ed è forse la seconda volta nella mia vita che mi lascio andare, la stringo forte a me perché ne ho bisogno, lei è tutto ciò che resta della mia famiglia.

- Akito!- la voce di Bill interrompe il nostro abbraccio. Finalmente, finalmente saprò. Se dovesse dire quelle parole...

- Bill! Allora?-

- Akito sei come un figlio per me, perciò non mentirò. La situazione è critica, continua ad andare in arresto rendendo complicata l'operazione.- Bill sembra atterrito, leggo nei suoi occhi il dolore che solo un grande affetto può sprigionare.

- Cazzo!- ho voglia di prendere a pugni il mondo. Lei non può morire, perché mi sta facendo questo?

- Mi dispiace, farò del mio meglio. Ho preferito dirtelo personalmente, fatti forza- Bill mi stringe una mano e si congeda varcando la soglia del mio inferno... quella dannata sala operatoria. È assurdo, amavo quella sala era l'unico luogo nel quale mi sentivo me stesso, potevo salvare delle vite e pareggiare i conti con l'universo. Ora rappresenta la mia fine, l'unico posto al mondo che possa negarmi la vita.

 

 

Sana*

- Voglio andare via da qui! Basta!-

- Vieni con me Sana... voglio mostrarti una cosa- seguo Fuyuki che cammina sicuro, come se conoscesse a menadito questo limbo.

- Dove mi porta?- chiedo spaventata e sempre più spaesata

- Lo vedrai.-

Camminiamo per un tempo infinito, tutto è così evanescente e lontano. Voglio tornare indietro. Non voglio essere morta.

- Non voglio essere morta!- grido spezzando il silenzio che ci avvolge, Fuyuki mi guarda e sorride

- Eccoci arrivati cara.- di fronte a noi un gazebo. Il gazebo.

- Perchè siamo qui?-

- Perchè qui tu e Akito avete condiviso tanto, ho pensato che vedendolo avresti trovato il coraggio di ammettere di non esserti spostata. Volevi morire Sana... anche Akito voleva morire qui, ma tu l'hai salvato, gli hai dato una seconda vita. -

- Io non volevo morire! Volevo solo... i-io... io volevo solo chiudere gli occhi e non soffrire più.-

- Bene, questo è un passo importante. Io vado, tu resta qui e rifletti. Salutami Natsumi e Akito e dì loro che sono la mia gioia più grande e che veglierò sulle loro vite per sempre.- Fuyuki mi sorride dolcemente poi, come un fantasma, svanisce. È andato via. Sono sola.

Sono morta e sola.

Devo tornare indietro!

- Voglio tornare indietro!- Inconsapevolmente le mie gambe prendono a correre veloci trascinandomi su e giù per il parco. Non c'è una via di fuga, il mio sguardo è fisso sul gazebo ma le mie gambe non ne vogliono sapere di stare ferme. Voglio andare via eppure il gazebo è così... rassicurante....

 

 

Akito

- Ei Aki...-

- Matsui.-

- Stavo andando da lei...- risponde ad una domanda silenziosa

- … ma quando l'ho raggiunta era...lei era...- inizia a singhiozzare e posso solo immaginare come possa sentirsi. Fuka darebbe la vita per Kurata.

- Akito devo dirti una cosa... forse Sana non mi perdonerà mai per questo, ma io voglio che tu sappia tutta la verità.- il mio sguardo incontra quello addolorato di Matsui, deve dirmi qualcosa di grosso, ormai conosco quegli occhi, anche perché somigliano tanto a quelli di... Kurata. Si somigliano, ma Sana brilla, lei è l'alba, ogni giorno avvolge il mondo con le sue speranze e con i buoni propositi, Matsui invece è il crepuscolo, conosce la vita, non crede molto alle velleità dei sogni, è realista... con lei il giorno finisce.

- Cosa devi dirmi?-

- Non è facile. Spero tu sia pronto per questo.-

- Non la fare tanto lunga Matsui, oggi non sopporto queste stronzate.-

- Certo, lo capisco. Tu l'ami, l'hai sempre amata più della tua stessa vita, ma sei cocciuto e tremendamente permaloso. Mi rendo conto che il suo abbandono possa esserti sembrato il gesto più tremendo che potesse fare, ma lo ha fatto per non farti soffrire.-

- Cazzate-

- Zitto! Akito... Sana era incinta. La notte in cui tuo padre è andato via, Sana aveva intenzione di comunicartelo.- ed ecco che arriva. Il gelo si è impossessato di ogni parte di me. Kurata aspettava un bambino. Kurata ad un metro da me sta combattendo per sopravvivere.

- Avrebbe voluto dirtelo ma non ha avuto cuore di darti una tale notizia con la morte di tuo padre.-

- Perchè non me lo ha detto dopo? E perché è sparita?- chiedo con un filo di voce

- Perchè ha perso il bambino e dirtelo in un momento tanto tremendo per te, non sarebbe stato il massimo. Era convinta di aver ucciso il vostro bambino. Il medico le aveva detto che la causa dell'aborto era stato un forte stress, un'emozione troppo grande. Sana soffriva per te e per Fuyuki.- Il mondo intorno a me non esiste più.

- Io... io non le ho mai chiesto sul serio perché fosse andata via. io...- senza pensarci su un attimo raccolgo una mascherina e con forza spalanco le porte della sala operatoria. È ora di affrontare l'inferno e di portarla via da qui.

- Akito va fuori-

- Non ci penso nemmeno Bill, quella sul tuo tavolo operatorio è la donna che amo. Io devo stare qui.- Bill accenna un sorriso, poi mi concede il suo assenso. Arraffo uno sgabello e le prendo la mano. Kurata torna da me.

L'operazione procede, ma lei non sembra voler tornare qui, ogni secondo che passa ci divide. Aspettava un bambino e io ho lasciato che soffrisse da sola, questo non potrò mai perdonarmelo.

Adesso deve tornare qui, poi sparirò per sempre. Lei non merita questo, merita un uomo che l' ami incondizionatamente, un uomo che non dubiti del suo cuore. Sarà un addio amore mio, ma adesso torna qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 parte seconda ***


Akito
 
Non dovrei starmene qui, così. Questa casa non è più mia; qui c’è il mio passato, c’è mio padre, c’è Natsumi che mi urla contro, c’è mia madre. Questa casa mi ricorda tutto quello che di sbagliato c’è stato nel mio passato. Sana Kurata, l’amore della mia vita, ha perso nostro figlio e si è sentita in colpa, qui, in questa maledetta casa. Dio, che stronzata!
- Hayama, sei sveglio? -
- Sì, Tsu. Avevo bisogno di chiudere gli occhi. -
- Devo dirti una cosa…-
- Si tratta di lei? -
- Sì. Si è svegliata e sta bene. È uscita dal coma -
- Bene. Sono contento -. In realtà sono molto più che sollevato, poteva morire. Sono rimasto con lei fino alla fine dell’intervento, le ho tenuto la mano, ma appena è finito, ho preso un congedo, ho gettato il cellulare e ho preso il primo aereo per Tokyo. Avevo bisogno di staccare. Cazzo. Era incinta. Sono passate due settimane e ancora non riesco a farmene una ragione. Era incinta, me lo ha nascosto per non ferirmi e io l’ho quasi uccisa. Merda.
- Stai bene? -
- No, Tsu. Non ho voglia di parlarne. Grazie per la compagnia, ora puoi tornare da Aya e i bambini-. Tsu si è precipitato qui, ha visto le finestre aperte e, impiccione com’è, è corso in mio aiuto.
- Non insisto. Chiamami, amico. -  Probabilmente non lo farò. Sono io, Akito Hayama, e sono uno stronzo, un maledetto idiota che ha messo a repentaglio la vita della persona più in gamba dell’universo. Vorrei che il dolore sparisse, che tutta questa merda tornasse da dove è venuta; vorrei rivedere mio padre, vorrei parlargli e chiedergli scusa. Era un brav’uomo e se ne è andato troppo presto.
Vorrei solo non essere più Akito Hayama.
 
 
 
 
 
Sei mesi dopo…
 
 
- Rei, guarda! Posso correre! – In realtà non dovrei. Se Bill, il mio medico, lo scoprisse, mi farebbe una ramanzina delle sue. Ho voglia di correre, a breve diventerò zia, la bambina di Rei e Natsumi arriverà in questo mondo in men che non si dica. Sono felice: ho ripreso a recitare, amo Londra e sono viva. Un miracolo.
- Sana! Vieni qui e smettila di correre in giro come i bambini! - Luke sorride e mi sgrida, proprio come si fa con gli infanti! Pff! Luke è meraviglioso, l’ho conosciuto in ospedale: è un volontario, sta spesso con i bambini nel reparto di oncologia e mi ha subito colpito. È un bel ragazzo, moro, occhi azzurri, ma soprattutto ha un gran cuore e sa abbracciarmi. Non ama che io sia un’attrice di fama mondiale, ma cerca di farselo andare bene. Forse mi ama davvero…
- Sana! Andiamo? -
- Oh Rei, Luke, tesoro, scusate. Mi manca correre! – Sorrido e mi getto tra le braccia di Luke. È quello giusto.
 
- Sana… -
- Che c’è? -
- Luke… -
- Fuka, smettila! Formula una frase di senso compiuto! -
- Ok, brutta racchia, te la sei cercata! Luke non sa di Akito e non sa nulla del tuo passato. Oh, dimenticavo… Akito! Devi parlargli! Non può finire così, lui sa la verità e… -
- E niente! Smettila! Sa la verità ed è scappato! Mi ha lasciata mezza morta in un letto e si è guardato bene di non premurarsi di sapere nemmeno se fossi viva! Smettila, dannazione! Akito Hayama non esiste più! -
- Ok, scusa. Ti chiamo più tardi. Ti voglio bene, Sana. Ricordalo -. Una lacrima silenziosa mi solca il viso e si cristallizza al confine con le labbra. È salata. È dolorosa. Akito era l’uomo della mia vita, prima dell’incidente abbiamo fatto l’amore. Stavo per morire e lui è fuggito via come un ladro. Non potrei perdonarlo in nessun caso. Sono felice con Luke, è un bravo ragazzo e merito la felicità. Ho una seconda occasione e non penso di volerla gettare via così.
 
 
 
Akito
 
- Sagami -
- Hayama -
- Come sta? -
- Sai, è viva-
- Questo lo so. Sta bene? -
- Ha incontrato un uomo. Si chiama Luke Sullivan, è un volontario dell’ospedale. Sembra molto felice con lui -.
- Sta tranquillo, non ho intenzione di mettermi in mezzo. Voglio solo sapere se sta bene -
- Lei sì, ma tu? -
- Ascolta, Sagami. Sei il padre di mia nipote, non la mia migliore amica, io e te non ci facciamo le trecce a vicenda. Scopo e questo mi basta -.
- Ok. Certo. Prima o poi Sana verrà a sapere che sei tornato -.
Scopo e questo mi basta. Il mio passato non esiste più. Sana Kurata non esiste più.



Ciao a tutti! Sono tornata! Sono passati più o meno tre anni, sono cambiate tante cose, ma io sono sempre la stessa e sono sempre felice di condividere con voi le mie piccole storie. Un bacio a tutti, spero che continui a piacervi!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


Sana
 
 
Avrei voluto una vita diversa? No. Avrei voluto soffrire di meno? No. Probabilmente tutto quello che ho passato è servito a farmi crescere. Vorrei solo che l’attore che ho di fronte smettesse di mangiare le cipolle… dopo dovrei baciarlo e non penso sia il massimo.
- Sana, Brooks vuole vederti - mi sussurra Rei mentre guarda disgustato, almeno quanto me, il tizio che divora le cipolle.
- C’è qualcosa che non va? -
- Non so, ma vuole incontrarti, adesso -
- Andiamo! - Rei mi aiuta ad alzarmi, non sono una nonnina di ottantacinque anni! So che è premura, la sua, ma sto bene e tutto ciò che mi ricorda l’incidente mi fa male, sì, non alle gambe o alle braccia, ma al cuore.
- Non trattarmi come una vecchietta. Pensa alla tua compagna che sembra stia per rotolare! - Natsumi è incinta, molto, ma molto incinta; strano a dirsi, ma nonostante la sua enorme pancia è felicissima, radiosa come non l’ho mai vista. Se lo merita, ha perso la sua mamma e il suo papà, merita di essere felice.
- Andiamo! Non fare la ragazzina! -  
Entriamo negli studi e Rei non smette di mordersi il labbro
- Sei nervoso? -
- No, cioè sì, vorrei che tutto andasse per il meglio… Questo film… Tu… - gli stringo la mano
- Andrà bene, Rei. Smettila di fare quella cosa disgustosa con i denti e affrontiamo Brooks - mi guarda gentile, annuisce e varchiamo la soglia dello studio di Brooks.
- Sagami, Sana - saluta con educazione, ma senza un briciolo di gentilezza
- Salve signor Brooks -
- Accomodatevi, devo parlarvi -. Prendiamo posto sulle due poltrone rosse di fronte alla sua enorme e lussuosa scrivania.
- Sana, mi fa piacere vedere che stia bene. So che ha vissuto momenti molto difficili, ma è ancora tra noi, questo è un bene -. Oh, grazie. Gentile come una guardia carceraria.
- Vengo al dunque, le riprese stanno andando bene, sono tutti molto felici del suo lavoro. Io, però, ho un dubbio. L’articolo che ho letto stamattina… -
- Quale articolo? - sbotta Rei come se si fosse svegliato di colpo
- Non sapete…nulla? - Brooks ci osserva sorpreso, poi, si avvina alla scrivania e raccoglie un giornale, uno di quegli stupidi tabloid di gossip.
- “Sana Kurata, da bambina prodigio a madre degenere. L’attrice giapponese ha abortito”. Assurdo che non abbiate letto questo titolo, è ovunque! -. La testa inizia a girare. Sono incredula, il dolore mi avvolge in una morsa. Non so cosa fare, non so cosa dire. Sono sicura di avere un attacco di panico… le pareti si restringono, le gambe mi diventano improvvisamente molli, un enorme spillo mi buca il petto. Cosa significa? Sento la voce di Rei ovattata, non distinguo le parole, è come se fossi sott’acqua. Starà prendendo le mie difese? Io non ho abortito, ho perso il mio bambino. E come fa un giornale così a sapere del mio passato? Oh…
- Sana? Sana mi senti? - queste parole le sento, ma poi non sento più niente.
 
 
-Sana, svegliati! Sono io, Fuka- apro piano gli occhi, bene c’è il sole. A Londra è raro.
- Oh, grazie a Dio! Stai bene?-
- Sì, sto bene, che succede?-
- Non te lo ricordi? Sei svenuta e poi hai dormito per ore -
- Io non…oh no! No! Il Giornale! - Calcio via le lenzuola e corro ad accendere la tv. È tutto vero! Merda! La mia faccia è ovunque, tutti parlano del mio aborto. Come si permettono?
- Cosa faccio? -
- Nulla, Rei mi ha detto di tenerti qui, buona. Lui e tua madre stanno parlando con i tuoi legali, faranno causa ai giornali e a chi ha spifferato la notizia. Pensano sia un medico, qualcuno che ti ha curata mentre eri lì -.
- Ma perché avrebbero dovuto farmi una cosa del genere? Chi? -
- Non lo so, mi spiace amica -.
- Ciao amore! Ti sei svegliata. Stai bene? - Luke mi stringe tra le sue braccia, ma io vorrei solo correre via e parlare con… con nessuno.
- Vedrai che tutta questa faccenda si sgonfierà, sono solo fandonie. Brooks ci ripenserà -.
- Brooks mi ha licenziata? -
- Luke! -
- Fuka! -
- Non glielo avevo detto! Merda! -
- Adesso basta, al diavolo Rei! Devo risolvere la faccenda - Raccolgo la giacca al volo e mi precipito in strada. Questa storia deve finire.
 
Flashback  -sette anni prima-
 
- Sana! Svelta corri qui! -
- Tsu? Che succede? Sono agli studi e… -
- Il padre di Akito… Sana, vieni qui- la voce di Tsu trema. Trema come ogni parte di me ha iniziato a fare appena ho preso coscienza delle sue parole. In trenta secondi trascino Rei via dagli studi, devo correre da Hayama. Il tragitto in macchina sembra il più lungo della mia vita, cosa sta succedendo? Arriviamo a casa di Hayama e vedo Natsumi singhiozzare sulla porta
- Nat… -
- Sana… lui… è morto. Mio padre è morto -. Si scioglie in un mare di lacrime tra le mie braccia. È tutto così confuso, il dolore mi sta uccidendo e non mi sembra vero. Quell'uomo era un padre per me. Mi conosce da undici anni, ero una bambina quando ho messo piede per la prima volta in questa casa. Akito. Oh, no. Akito. Come lo affronterò? Come faccio a consolare la sua anima? Come posso dirgli che andrà tutto bene? Suo padre non c’è più.
- Va’ da lui, ha bisogno di te - Nat si scosta quel tanto da sussurrarmi queste parole. So che devo. Chiedo a Rei di abbracciare Natsumi per me. Akito è la persona più importante della mia vita, della nostra, forse dovrei dire così adesso che aspetto un bambino… oh, non conoscerà mai il nonno e… no! Non è giusto! Scoppio in lacrime e mi rifugio in bagno. Non posso affrontare Akito in queste condizioni. Ha bisogno di me, della mia forza. Ma questo bambino, così piccolo, una nocciolina… anche lui ha bisogno della mia forza. Mi asciugo le lacrime con un lembo della giacca, inspiro profondamente e vado da lui. Lo trovo seduto sul suo letto, fissa il vuoto. Sembra un fantasma.
- Amore… - inaspettatamente si alza e corre ad abbracciarmi.
- Sana, sei l’unica persona di cui ho bisogno. Ti prego non lasciarmi. Ho bisogno te -. Akito Hayama, la persona meno emotiva sulla terra ha appena pronunciato le parole più belle del mondo. Lo stringo forte a me.
- Sono qui, Akito. Sono qui e non me ne andrò… -
 
 
Akito
 
- “Salve, sono Sana Kurata. Ho indetto questa conferenza perché avevo bisogno di dire la mia. Per anni ho sempre guardato al gossip come a un rito di passaggio, qualcosa che chi, come me, vive sotto i riflettori deve subire. Adesso basta. Sono un’attrice, ma sono anche una persona. Sette anni fa ho perso il mio bambino, una tragedia per me e la mia famiglia. Ero incinta e ho subito un lutto che mi ha colpita profondamente. Tante donne capiranno il mio dolore. Tanti uomini sapranno provarci. Non sono diventata madre, ma ho combattuto per restare in piedi. Mi auguro che questa ondata di cattiverie si plachi e chiedo, a tutti voi, di accettare il fatto che anche io ho una vita. Amavo molto la persona con avevo concepito quel bambino. Ho sofferto. Ma adesso basta” -. Kurata lascia la sala stampa seguita da Sagami e sua madre. Non volevo vederla, non volevo accendere la tv, ma Kayla ha insistito e lo ha fatto contro la mia volontà. Quando ho sentito quello che le era successo, avrei voluto prendere la moto e andare a fare il culo al tizio che ha messo in giro quelle voci. Parlano di mio figlio. Il figlio che non ho e che nemmeno Kurata ha.
- Eri tu il padre? -
- Fatti gli affari tuoi -
- Eri tu. Sapevi che fosse incinta? - Stritolo il cuscino tra le mani per evitare di buttarla fuori a calci. Sono tornato a Londra perché il mio congedo era finito e perché avevo bisogno di lavorare. Quando sono rientrato Kayla era lì. Siamo andati a letto insieme e ho ripreso a frequentarla.
- Kayla, smettila. Te lo sto dicendo con gentilezza -.
- D’accordo. Volevo solo farti sapere che se hai bisogno di una spalla su cui piangere, puoi contare su di me-. Non la guardo nemmeno e vado in terrazza ad accendermi una sigaretta. Proprio non dovrei fumare, sono un chirurgo. Fanculo. Fanculo a Kurata, fanculo ai giornalisti. Fanculo.
 
 
 
 
Non mi piace Hyde park, ci sono troppi scoiattoli. Ti saltano addosso, si fanno rincorrere. Non fa per me. Ho camminato per chilometri e mi sono ritrovato qui. Di notte Londra è troppo viva, ma per fortuna ci sono zone come questa dove non c’è un’anima.
- No! Luke… - conosco questa voce…
- Sana ascolta, devi parlarmi di lui! Devo sapere se c’è ancora qualcosa tra voi. Dobbiamo essere sinceri per andare avanti - mi nascondo come un ladro dietro un enorme albero. Kurata e il suo bamboccio discutono a pochi metri da me. Qui è tutto deserto. Londra è enorme, cazzo, non potevano andare da un’altra parte? Dovrei andare via, devo andare via.
- Non ti riguarda! Akito non ti riguarda. È un capitolo chiuso della mia vita. Un tempo ci siamo amati, la nostra è stata una storia lunga e travagliata. Non aggiungerò altro -
- Io devo sapere, non devi prendermi per il culo. Dimmelo o me ne vado! - Il bamboccio alza il tono della voce e vorrei picchiarlo.
- Va’ pure! Buonanotte! - Il bamboccio la fissa con rabbia e poi va via, lasciandola sola.
- Kurata - mi sento dire. Cazzo! No. Devo andarmene.
- Hayama che ci fai qui? -
- Camminavo -
- Già. Anche io -. Mi fissa con uno sguardo glaciale, poche volte l’ho vista così incazzata.
- Stai bene, vedo - non risponde, si limita a fissarmi.
- Ho sentito la conferenza -
- Parlavano di me, del mio privato. Dovevo rispondere a tono - si guarda le mani, ha smesso di guardare me. Non ci riesce.
- E lo hai fatto. Certo, se non facessi l’attrice non avresti di questi problemi. Il tuo privato resterebbe tale -.
- Sei uno stronzo. Stavo morendo, Akito. Stavo morendo. Sei andato via! È quello che fai sempre! Avevamo fatto l’amore, sapevi la verità e te ne sei andato! Era nostro figlio. Oggi ho lottato anche per te, anche se non esisti più, anche se non ha senso che io stia qui a dirti tutto questo -, si passa una mano tra i lunghi capelli rossi. È sempre lei, è bella, profuma. Sento il suo profumo da qui. Nonostante sia buio riesco a vedere le sue fossette, adesso tristi, e i suoi seni sodi che spuntano dalla scollatura della camicetta bianca. È incazzata e stanca. Vorrei dirle di smetterla, di lasciar perdere. Ormai è finita, è inutile combattere, ma poi riprende a parlare
- Sai che c’è? Io sono morta. Fingo di essere felice, di combattere, ma sono morta e mi hai uccisa tu -.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Akito
 
 
- Versamene un altro - Ellie, la cameriera del Blue Bar, agguanta la bottiglia di Jim Beam e riempie il mio bicchiere. Troppo vuoto. Troppo triste.
- Ecco a te, bello. Senti, non sono tua madre, ma sei sbronzo -. Si sporge sul bancone, regalandomi una vista esclusiva sul suo abbondante davanzale.
- A che ora stacchi? Vieni a casa con me…- biascico, cercando di tenermi in posizione eretta.
- Tesoro, sei molto carino e sei anche un chirurgo, ma non penso la mia ragazza apprezzerebbe -. Sorride e mi dà un buffetto.
- La tua ragazza ha buon gusto, hai delle tette…-
- Oh, opera di un tuo collega. Ne vado molto fiera. Che ti passa per la testa? Sembri molto triste-
- Non vuoi saperlo. Credimi. Posso fumare? - cerco di portarmi alle labbra la sigaretta che mi rigiro tra le dita da circa venti minuti. Credo siano venti, forse quaranta.
- Puoi fumare, non c’è più nessuno. Dimmi cosa c’è che non va. Avanti! -
- La mia vita è una merda. Da quando sono venuto al mondo non ho fatto altro che ferire e umiliare tutti i poveri coglioni che hanno cercato di volermi bene. Se morissi domani, starebbero tutti meglio- stranamente Ellie non mi consola, né cerca di convincermi che stia dicendo delle cazzate.
- Senti, dottore, se domani morissi io, la terra continuerebbe a girare, i cani a scodinzolare e l’Africa ad essere povera. La morte non cambia niente, per nessuno. Se qualcuno che ci sta a cuore muore, piangiamo per un po’, attraversiamo un periodo cupo e poi tutto torna come prima. Non so quale sia il tuo problema, ma per me hai solo un ego smisurato- mi dà le spalle, apre una bottiglia di gin e se ne scola la metà tutta d’un fiato.
- Mi piaci, Ellie. Non penso sia il mio ego il problema. Mia madre è morta dandomi alla luce, mio padre è morto qualche anno fa, la donna che amavo è quasi morta… le ho rovinato la vita. Lei è solare, gentile, amorevole e bella. Io l’ho spezzata. La sua bellezza è svanita quando ha provato ad amarmi. Avrebbe dovuto incontrare un uomo buono, non uno stronzo come me. Era incinta…-
- Oh… frena. Parli di Sana Kurata? - scatto sullo sgabello e mi piazzo a un palmo dal suo naso, con un equilibrio molto precario.
- Wow! Buono, tigre! Sei troppo alto, non potrei sorreggerti. ‘Sta seduto. Ti ho chiesto se parlavi di Kurata perché la settimana scorsa ho sentito una biondina tutta curve parlare dell’aborto dell’attrice e del suo ex compagno chirurgo… -. Sono confuso. Torno a sedermi e guardo Ellie con aria spaesata. Chi… oh. Kayla.
- Merda. È stata Kayla. Ellie, tieni la bocca chiusa, per favore -. Lascio delle banconote sul bancone e mi dirigo verso la metropolitana. Devo dirlo a Sagami.
 
- Akito? - Con enorme fatica tento di aprire l’occhio destro, mi sento come se un trattore mi avesse appena investito.
- Akito, sveglia! - Distinguo con difficoltà una figura… Bill.
- Bill…- ho la bocca impastata, ho bisogno di bere. Acqua, decisamente.
- Sei ubriaco? -
- Non più. Ma dove sono? -
- Davanti all’ospedale. Penso tu abbia dormito su questa panchina-. Bill mi porge la mano, accetto il suo aiuto e cerco di mettermi seduto.
- Merda. Sto da schifo. Ho bisogno di una doccia -.
- Andiamo nel mio ufficio, è presto, nessuno ti romperà le scatole -.
- Grazie -.
Seguo Bill, ma fatico a reggermi in piedi. Devo aver esagerato. Arriviamo nel suo ufficio e, come se fosse il gesto più naturale del mondo, mi libero dei vestiti e li lascio sulla poltrona. Mi fido di Bill, è un amico.
Esco dalla doccia rigenerato, ma ancora sbronzo. Non ricordo nulla. Dov’ero o con chi ero. Nulla. Ellie… Jim Beam… la morte. Scaccio via l’ultimo pensiero ed entro nell’ufficio di Bill.
- Kurata? Cosa ci fai qui? -
 
 
 
 
Sana
 
La porta del bagno si spalanca improvvisamente e una nuvola di vapore invade la stanza. Un buon profumo si insinua tra i miei sensi. Mi piace l’ufficio di Bill, è arredato bene e le pareti sono state dipinte con colori allegri, non da ospedale. Negli ultimi sette mesi sono stata qui spesso, Bill è scrupoloso e mi sottopone a continui controlli.
- Kurata? Cosa ci fai qui? - La sua voce. Hayama.
- I-io sono qui per un controllo- piatto, tutto in questo momento è completamente piatto; la mia voce, il colore della mia pelle e il mio encefalogramma.
- Finalmente! Akito sembri una persona nuova- Bill si alza dalla poltrona e porge dei vestiti ad Hayama.
- Grazie, Bill – mi fissa per un istante e poi torna a chiudersi in bagno.
- Come va tra voi? - chiede Bill improvvisamente rivolto a me
- Oh. Ecco… non so. Ho un uomo adesso e sono felice. Akito è stato importante per me, ora è finita, dovremmo cercare di essere amici. Dobbiamo imparare a volerci bene, per la serenità delle nostre famiglie intendo -.
- Bene, mi sembra un buon proposito, ma…-
- Dottore! La signora Spark è svenuta, venga! - uno specializzando irrompe preoccupato e trascina via Bill. Merda, dietro quella porta c’è Hayama, devo andare via. Raccolgo la borsa, sto per andare quando mi ricordo di avere una gamba in trazione e, come un enorme e buffo salame, mi spalmo sul pavimento. Ahia!
- Cosa cazzo… Kurata! Che diamine hai combinato? - Hayama si affretta a chiudere i bottoni della camicia e mi prende tra le braccia.
- Grazie, ma non era necessario. Stavo andando via, ma avevo dimenticato di avere la gamba attaccata a questo affare- Akito mi libera la gamba, la osserva per un secondo poi inizia a tastarla
- Cosa diavolo stai facendo? -
- Buona bollenti spiriti, faccio il chirurgo, ti sei procurata un enorme livido cadendo. Ti duole? - è stranamente professionale, Hayama ha molti difetti, ma sul lavoro è sempre attento, impeccabile. Magari fosse sempre così.
- Non molto. Ora scusa, ma ho fretta-. Libero la gamba dalla sua presa e raccolgo di nuovo la borsa. Improvvisamente Hayama mi afferra il polso, mi fa ruotare e mi ritrovo a un centimetro dal suo viso. Inizio a tremare, i suoi occhi… mi fissa con profondamente, sembra quasi stia cercando di leggere un libro scritto in una lingua antica. Eppure è così semplice, non l’ho dimenticato…
- Kurata, hai ragione, dobbiamo imparare a essere amici- sussurra avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra
- Hai origliato? -
- Non di proposito- aumenta la presa sui miei fianchi e in un secondo ci stiamo baciando. Le nostre labbra seguono un copione che conoscono a memoria. Siamo noi, sempre noi. Ma… no!
- Lasciami! Perché? Perché lo hai fatto? - lo spingo via e mi sfioro le labbra, non posso essere stata così stupida.
- Perché hai detto che sono stato il tuo assassino. Tu sei stata la mia, volevo che lo sapessi. Volevo una vita con te, quando sei andata via, quando eri incinta e mi hai lasciato solo, cazzo, mi hai ammazzato. Hai sbagliato, non sopporto più l’idea che tutti pensino che tu sia una vittima, una mia vittima. Scopati Luke, Topolino o chi diamine ti pare, ma ricordati che stai mentendo e te l’ho appena dimostrato-. Le sue parole feriscono come proiettili, non piangerò davanti a lui. No.
- Hai ancora undici anni; i tuoi occhi ti tradiscono, sempre. Sei ferito, lo capisco. Oggi è un giorno triste anche per me. Sai, Akito, volevo bene a tuo padre. Mi manca, e oggi, proprio oggi, mi manca di più-.
- Vado da Kayla e smettila di soffrire per persone che nemmeno conoscevi. Per lui eri solo una mia compagna di scuola, smettila di considerarti una della mia famiglia. Pensa alla tua, che è meglio-.
 
 
Flashback Akito -sette anni prima-
 
- Sagami dov’è Kurata? -
- Ehm… ieri le hanno telefonato dall’Inghilterra per un film importante, ha accettato. Adesso è in aeroporto. Mi spiace non so dirti altro. È un’occasione senza precedenti…-
- Come? Abbiamo appena seppellito mio padre-. Mi gira la testa.
- Lo so. Senti, Sana ti ama, dal profondo del suo cuore, ma aveva bisogno di questo lavoro-. Sagami sta mentendo, non sa cosa inventarsi. Inizio a correre veloce, non può andarsene così, non ha minimante senso. Un’ora fa mi teneva la mano e ora sta partendo per l’Inghilterra senza dire niente. L’aeroporto è un’arena dove milioni di persone, come trottole impazzite, corrono da una parte all’altra senza sosta. Ho il cuore a mille, la mente offuscata e l’unica cosa che vorrei è capire perché, perché tutto questo sta accadendo proprio a me. Cerco Kurata, corro come un pazzo, devo trovarla, devo capire. Ad un certo punto la vedo, ha gli occhiali scuri, quelli grossi che usa solo quando non ha voglia di sorridere con gli occhi. È lì seduta, attorniata da uno sciame di paparazzi. Cerco il suo sguardo dietro quelle enormi lenti fino a quando mi vede: accenna un sorriso, triste, amaro. Non mi vuole qui. La conosco. Mi sta lasciando, senza dire niente. Sono troppo complicato per lei, ha subito la mia vita per troppo tempo, non ne può più. Mi avvicino lentamente, quando se ne accorge, si alza, raccoglie le valigie e mi dà le spalle. È finita, Kurata mi ha appena lasciato. Se ne va, come se ne è appena andato mio padre, senza dire una parola.
 
 
Ellie
 
- Ciao, bionda. Che ti porto? -
- Una Coca Cola e un succo d’uva. Grazie. - Devo chiederglielo, devo sapere se è Kayla.
- Ti chiami Kayla? - la ragazza mi fissa sbigottita, forse non le piace essere disturbata, ma voglio saperlo.
- No. Sono Alice Cooper. Mio padre lavora nell’ospedale qui di fronte -. Ops. Devo aver combinato un gran casino.
- Mi scusi, era solo una curiosità. Conosce Akito Hayama, per caso? -
- Oh! Ecco perché! Sei anche tu una delle poverette sedotte e abbandonate da quel tipo. È un collega di mio padre, un vero stronzo -
- Già… le ha fatto del male? -
- Quattro anni fa stavamo insieme, ma mi ha tradita. Ripeto, è uno stronzo -. Dirigo lo sguardo verso il suo accompagnatore, un bambino biondissimo di circa tre anni.
- Lui è suo figlio? -
- Sì, è il mio principino, Andrew. Se te lo stessi chiedendo, suo padre è quello stronzo di Akito Hayama -.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Akito
 
 
Corro. Corro lungo le strade della città. C’è il sole, c’è movimento. Mi sento libero, libero dal dolore, libero dal senso di colpa, libero dalle parole di Ellie.
 
Flashback -la sera precedente-
 
- Ciao Akito. Scusa se mi presento qui, così-.
- Ciao. Se sei qui per un altro ritocchino, hai sbagliato. Non sono un chirurgo plastico-.
- No, le mie tette stanno bene così, grazie. Devo parlarti-. Non conosco bene Ellie, so che sta con una, che fa la barista, ma non so altro. È una persona decente, almeno credo. Cosa diamine vuole da me? L’ospedale non è il luogo adatto a un cicchetto di tequila.
- Allora cosa vuoi?-
- Non è facile, non sono nemmeno sicura che dovrei… conosci una certa Alice?-
- Forse… ho conosciuto molte donne-
- Ok. Penso abbiate avuto una storia. Ricordi quando ti ho detto di aver ascoltato una conversazione, si insomma quando ti ho parlato della donna bionda…-
- Sì, qualche anno fa ho avuto una relazione con una Alice. L’ho tradita e ci siamo mollati. Era carina, ma niente di più-
- Penso dovresti parlarle- mi avvicino a Ellie e leggo timore nei suoi occhi.
- Cos’è che non vuoi dirmi? Sputa il rospo-
- Non posso, penso solo che tu debba parlarle-.
- Ha messo lei in giro la voce della gravidanza di Kurata. L’ho capito. Ma è la figlia di Bill, mio collega e mentore, non posso darla in pasto agli avvocati. Kurata ha risposto ai giornalisti e tutto si sgonfierà-. Non so perché lo abbia fatto, Alice è una brava persona. Forse gelosia… Bill mi ha ripetuto spesso quanto la morte di sua moglie abbia fatto soffrire Alice, ma non vedo come questo giustifichi il suo comportamento.
- Ok. Ascolta Akito io e te non siamo amici, ma c’è dell’altro. Dovresti proprio parlarle-. Ellie mi guarda e i suoi occhi chiedono libertà, non voleva custodire un segreto, forse troppo grande, e ha sganciato la bomba. Riconosco quello sguardo. Quando sto per rivolgerle delle altre domande, si alza, raccoglie il suo zaino lercio, vissuto, e se la da a gambe.
 
Cos’è che non ha voluto dirmi? Rincaso e i dubbi tornano a tormentarmi. Ho bisogno di una doccia. Mentre sto per liberarmi dai vestiti, il suono del campanello irrompe tra i miei pensieri.
- Kurata, che diamine ci fai qui?- è qui di fronte a me, bella come non mai. Il suo sorriso, i suoi capelli, è una donna meravigliosa.
- Ho bisogno di parlarti, posso?- chiede con gentilezza. La lascio passare e vederla qui, al centro del mio appartamento mi provoca delle emozioni che non so riconoscere. Ci siamo detti di tutto, ci siamo fatti molto male. Vederla qui è una sorpresa. Vorrei essere sbronzo.
- Va tutto bene?-
- Strano che tu me lo chieda. No, Akito, non va tutto bene. Non capisco cosa stia accadendo tra di noi. Mi ami ancora?-. Tre parole. Tre maledette parole e il mio dolore torna a fare più male. È qui, di fronte a me, con lo sguardo fisso nel mio. È una versione inedita di Kurata: spavalda, forte e determinata. Quasi non la riconosco.
- Che domande fai?-
- Non siamo amici, ci siamo fatti del male a vicenda. Ma quando ci siamo baciati ho capito di non aver dimenticato il sentimento che provo nei tuoi confronti. Penso che dovremmo essere felici, darci una possibilità. Stiamo per avere una nipotina, le nostre famiglie meritano serenità e anche noi. Io ti amo, ci sei ancora?- in un attimo, senza pensarci, senza sapere perché, sono su di lei e la sto baciando. Come se il tempo non fosse mai trascorso, la sua fuga, la gravidanza, l’incidente, niente. Io e lei. La stringo tra le braccia e inizio a spogliarla, ho voglia di legarla a me per sempre. Ho sognato tante volte di riaverla tra le mie braccia, di farla mia. Lo scorso anno, prima dell’incidente, c’ero riuscito, ma poi sono stato un vigliacco, un vero stronzo. Ero arrabbiato. Adesso sono stanco di esserlo.
- Ci sono ancora- sussurro slacciandole la cintura. Sorride e delle piccole le lacrime innocenti le solcano il viso.
- Non sai quanto ho atteso tutto questo. Sei sempre stato ossigeno per me, ossigeno puro-.
Abbiamo fatto l’amore. Io e Kurata abbiamo fatto l’amore. Non mi sembra possibile.
- E quel bamboccio?- le chiedo mentre le accarezzo i capelli
- Luke è una brava persona, ma ha ragione, il mio cuore appartiene a te. L’ho lasciato- si stringe a me e finalmente, dopo tanto tempo, ho ritrovato il mio posto nel mondo.
 
 
Sana
 
- Cosa facciamo adesso?- glielo chiedo così, non temo la risposta. Ci siamo fatti del male, abbiamo toccato il fondo, possiamo solo risalire. Il suo odore, stare qui tra le sue braccia. Dio, è tutto assurdo.
- Viviamo-
- Molto romantico, ma… stiamo insieme?-
- Andiamo, Kurata. Io e te non abbiamo bisogno di dirci queste cose, non a quasi trent’anni. Smettiamola. Rivestiti, ti porto a fare colazione- Hayama lascia il nostro nido d’amore e io non posso fare altro che pensare quanto sia stato bello. Ci siamo ritrovati, niente potrà più portarmelo via. Se non avesse questo caratteraccio gli direi di fare il modello. Mi manderebbe a quel paese. Sono felice, felice come non ero da tempo. Tutto quello che ci è capitato sembra essere un ricordo lontano. Abbiamo fatto l’amore e non c’è niente di più meraviglioso.
- Non è tardi per fare colazione?-
- Ho fame e sono solo le undici. Devo andare in ospedale tra mezz’ora, sbrighiamoci e non rompere- il solito Akito. Il mio Akito.
- Aki sei il solito antipatico. Stasera usciamo? Voglio festeggiare.-
- Ho un intervento, ma per le 20.00 sarò libero. Passo a prenderti io- sorrido, mi alzo e lo stringo più forte. Sembra surreale. Noi due, mano nella mano. Eravamo stanchi di soffrire. La vita è adesso.
- Ascolta Kurata… sono felice di ciò che sta accadendo, ma credo che dovremmo parlare. Mettere in chiaro alcune cose- dice addentando un biscotto. Siamo in uno dei tanti Starbucks di Londra, proprio vicino all’ospedale. Forse per il resto del mondo questa è una giornata come le altre, ma non per noi. Sono tutti qui con i laptop e poca voglia di vivere, ma non noi. Noi ricominciamo a farlo oggi.
- Sono d’accordo, ma non adesso. Stasera, a cena. Chiariremo ogni cosa-. Finiamo la nostra colazione con calma, poi lo lascio andare. Mi bacia, come non accadeva da anni
- A più tardi sciocca testa rossa-
- A più tardi-.
 
 
- Ok, stop! Andava bene. Mezz’ora di pausa- finalmente! Non ne potevo più. Questo film sarà un successo, ma è delirante.
- Ciao piccola-
- Ciao quasi paparino. Le prove vanno bene, sono felice che Brooks abbia cambiato idea e mi non abbia licenziata-
- Sei troppo in gamba per essere licenziata e tua madre sa essere molto persuasiva- conclude Rei stringendomi tra le braccia. Già, mia madre. È solo grazie a lei che ho raccolto il mio coraggio e ho dichiarato il mio amore ad Akito.
 
Flashback -la sera precendente-
 
- Ciaooooo figliaaaa!-
- Mama smettila di urlare, ho mal di testa!-
- Troppo vino? Dai, ubriachiamoci!-
- Mama!-
- Che c’è? Ho sistemato quel Brooks e i giornalisti. Abbiamo bisogno di una sbronza-. Afferra due bottiglie di rosso, i calici e torna a sedersi accanto a me.
- Ascolta, figlia,- versa il vino e riempie i calici più del dovuto – Devi smetterla di farti del male. La vita è già così complicata. Luke è un figo, capisco perché ti piaccia… gli hai visto il sedere?-
- Oh Gesù! Mama!-
- Non sono così anziana e sono una donna! Vuoi che non guardi queste cose? Comunque, lui è carino, ma non lo ami. Ne hai passate troppe per negarti ancora la felicità. Penso che tu debba andare da Hayama e dirgli ciò che pensi-
- Gli ho già detto cosa penso. Penso che sia uno stronzo, mi ha ferita e abbandonata. Non lo perdonerò mai. Poi Luke è meraviglios…-
- Ba ba ba! Basta con queste cavolate! Sei mia figlia e io stavo per perderti. Stavi per morire, ma qualcuno ha voluto che restassi qui. Ricordi? Mi hai parlato del tuo incontro con il padre di Akito; io non credo in molte cose, ma nei segni, sì. Sbrigati, figlia mia, la vita è adesso. Perdonatevi a vicenda e ricominciate. Ascolta i miei consigli, non sarò sempre qui…-
- Oh, non ci voglio nemmeno pensare, tu non puoi morire-
- Cosa?!? Non mi riferivo a quello, io non morirò mai. È solo che devo tornare in Giappone, devo scrivere l’ultimo libro e tormentare Francois-
- State bene insieme?-
- Mi rende felice, è francese, ma è un brav uomo!- ridiamo di gusto e la stringo forte a me. La mia Mama.
 
 
Akito
 
Merda! È tardi. Be’, Kurata non è mai stata puntuale… Ancora una volta il suono del campanello riempie l’appartamento. Mi dirigo verso la porta di ingresso – Kurata dovevo essere io a venir… oh-
- Ciao Akito-. La figura di Alice si materializza di fronte a me.
- Ciao, cosa vuoi?-
- Buffo che tu me lo chieda. Nemmeno un come stai?-
- Cosa vuoi? Ho un appuntamento- Mi spazientisce averla qui. Ripenso a Ellie e non capisco cosa stia accadendo.
- Andrew vieni qui!-
- Chi diavolo è? Un tizio per pestarmi?- Sorride maliziosa e rivolge lo sguardo a un bambino; è biondo, piccolo e…
- Saluta tuo figlio, Akito-. Sento l’aria abbandonare i polmoni. Sono frastornato.
- Cosa-
- Andiamo, tesoro, facci entrare- sono senza parole, mi scanso e guardo con stupore questo piccolo marmocchio che entra in casa mia.
- Quanti anni ha?-
- Tre. Ti somiglia molto, non trovi?- Io… No, non è possibile. Non ora che avevo deciso di essere felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Sana
 
Non sono mai in anticipo, mai. Specchiarmi non è un atto utile, è fondamentale, soprattutto oggi: io e Akito ci siamo baciati, abbiamo fatto l’amore e… e queste sopracciglia andrebbero curate un po’ di più. Dannati specchi. Il mio appartamento di Notting Hill oggi brilla di una luce diversa, le voci dei passanti suonano come una melodia melensa e nostalgica, la notte è scesa sulla città come un’avvolgente coperta di pile, tutto è confortante. Ho atteso questo giorno per anni; quando ero incinta avevo paura che Akito non fosse pronto, ma che in qualche modo lo avrebbe accettato. Ecco, oggi mi sento di nuovo così, ci siamo perdonati, non è ancora tutto chiarito, dobbiamo parlarne, ma andrà bene, deve andare bene. Con estrema delicatezza liscio le pieghe del mio abitino, non troppo succinto, Akito deve guardare oltre. A questo pensiero mi si colorano le guance di rosa, sono adulta, ma ancora ho difficoltà a parlare di sesso. Sono in netto anticipo, so che lui è a lavoro, ma non riesco a stare ferma, c’è troppa storia tra di noi. Lui è Akito, il mio Akito; quello che, anni fa, mi avrebbe seguita in capo al mondo se solo glielo avessi chiesto. Un pensiero poco gradito si insinua subdolo nella mia mente: e se non fosse più il mio Akito, quell’Akito? Scuoto leggermente la testa, come a voler scacciare via lo strascico di questo brutto pensiero. Siamo cresciuti, ha avuto molte donne, ci siamo fatti del male a vicenda, ma sono sicura che non sia cambiato proprio tutto. Oggi, sul set, ero impaziente, felice, euforica, non vedovo l’ora di finire le riprese e tornare a casa per prepararmi. Adesso sono nervosa, non mi fa bene essere in anticipo, proprio no. Forse dovrei raggiungerlo, magari sarà sorpreso, ma devo proprio darmi una mossa. Sto infilando la giacca quando il suono del campanello si propaga per il mio appartamento. Eccolo! Raggiungo la porta di corsa, inciampo in un paio di sgabelli, ma quando apro la porta…
- Ciao Sana-
- Luke… cosa ci fai qui?-
- Dobbiamo parlare. So che non vuoi più stare con me. Pensavo che questi mesi insieme avessero contato qualcosa, ma è evidente che il tuo cuore è da un’altra parte. Sono qui solo per assicurarmi che tu stia facendo la scelta giusta- mi guarda con dolcezza, come sempre. L’ho visto incazzato, davvero incazzato, quando ha sentito le mie parole alla conferenza stampa. Ha capito che Akito è una parte importante della mia vita, nonostante abbia cercato di negarlo.
- Io non capisco… sei una persona splendida, ma io…-
- Ma tu hai paura. Paura di lasciarti alle spalle quello che c’è stato con quel medico, Akito. Ascolta, Sana, tenerti tra le mie braccia è una delle cose più belle del mondo, penso di essermi innamorato e non mi capitava da un po’. Non potevo lasciarti andare senza prima avertelo detto. Mi spiace-
- Luke… io non sono innamorata di te. Ti voglio bene, sei fantastico e, per la prima volta, dopo molto tempo, ho visto in te una persona con cui condividere la mia vita. Ma… Akito…-
- Va’ avanti. Lascia perdere il passato. Vieni a vivere con me. Ricordi? Avevamo parlato di una villetta a schiera in periferia. Oggi ne ho comprata una. So che non è esattamente ciò che ti aspettavi di sentire ma… vieni a vivere con me. Stai con me. Nel periodo in cui eri in ospedale, eri ferita, delusa, stavi male. Lui ti aveva lasciata mentre eri in coma. È fuggito. Io ero lì, sono qui.- Nei suoi occhi turchesi leggo un’intensità mai vista, mi vuole davvero. E se avesse ragione? Se tra me e Akito non fosse più amore, ma solo il ricordo del nostro amore? Cosa devo fare?
 
 
Akito
 
- Cosa diavolo stai cercando di dire?- Alice e il suo bambino sono nel mio appartamento da cinque minuti e io sono in crisi, una crisi mistica. Per la prima volta nella mia vita, sono curioso, devo sapere, voglio parlare.
- Bill e tua sorella non mi hanno mai detto nulla! Mai! Li vedo ogni giorno e non hanno mai fatto parola di… lui- spiego rivolgendo lo sguardo al bambino che gioca con dei miei trofei di Karate.
- Lo so, mio padre e mia sorella non lo sanno. Sono stata via molto, mia madre era morta da poco e non avevo voglia di ferire mio padre. Quando mi ha raccontato di Sana Kurata, del suo incedente, della vostra relazione, qualcosa si è acceso dentro di me. Qualcosa mi ha fatto capire che dovevi conoscere Andrew e che dovevi sapere che quella attricetta non era l’unica ad aver avuto una relazione con te, un figlio con te- Alice stringe con forza la tracolla della borsa, mentre una lacrima le bagna il viso. È molto bella, lo è sempre stata e io mi sono sempre sentito un verme nei suoi confronti e in quelli di Bill. Avevo tradito sua figlia e le ero stato molto grato quando aveva deciso di non farne parole a suo padre, ma questo non gliel’ho detto.
- Forse ho sbagliato a spifferare a tutti i tabloid della gravidanza di Kurata, ma ero arrabbiata Akito. Molto. Vorrei solo che tu considerassi l’idea di conoscere Andrew, di parlare con me. Eravamo più giovani, forse potremmo darci una possibilità, potremmo regalare una famiglia ad Andrew. È un bambino fantastico, sai?- Sono senza parole, la mia vita ha subito continui smottamenti, terremoti emotivi continui hanno scombussolato la mia intera esistenza. Un figlio con Alice. Non con Kurata. Se fossi uno di quei coglioni che crede nei segni, adesso penserei che questa visita sia uno di quelli. Proprio nel momento in cui in e Kurata c’eravamo ritrovati, una donna si presenta qui con mio figlio, quel bambino così biondo e così piccolo è mio figlio. Mi somiglia. È identico a me. Davvero.
- Capisco. Non so cosa dire. Avrei dovuto saperlo prima. Come farai con tuo padre?- Alice si asciuga le lacrime con un lembo della giacca, come una bambina spaventata, e poi mi sorride
- Vieni con me. Diciamoglielo insieme. Ero arrabbiata con te, Akito, molto. Ti odiavo, ma poi ieri sera ho capito che avevamo commesso entrambi degli errori. Cerco solo serenità. So che non sarà facile, che dovremmo conoscerci da capo e con un figlio, ma ti prego, pensaci-. Mi stringe una mano, non riesco a guardarla.
- Andiamo, Andrew. Saluta questo signore-
- Ciao signore uguale a me!- Andrew agita la manina e insieme si allontano.
- Aspetta!- mi sento gridare
- Cosa c’è?-
- Lasciami il tempo di sistemare le cose. Verrò con te da Bill- Alice sorride e mi saluta.
La mia vita è una vera merda. Non so cosa fare. Kurata? Dio, pensavo avessimo trovato un equilibrio, certo avremmo dovuto parlare, ma forse era il momento giusto. Non posso stare con lei e conoscere mio figlio allo stesso tempo. Sarebbe troppo, ma devo conoscere Andrew, mio padre non sarebbe fiero di me se perdessi questa occasione. È mio figlio e io sono un vero coglione.
Mi aggiro nel quartiere di Kurata in una nuvola di fumo, penso di aver fumato un centinaio di sigarette durante il tragitto. Un figlio, io ho un figlio. Come cazzo posso guardarla negli occhi e dirle che ho un figlio con un’altra donna. Lei ha perso il nostro, ha sofferto molto…
Quando arrivo sotto casa sua vedo quel bamboccio biondo con cui si frequentava
- Oh… Akito-
- Ci conosciamo?- chiedo sollevando un sopracciglio
- Be’, in qualche modo, sì. Sono venuto a parlare con Sana-
- E…?-
- Non sono affari tuoi- dice con fare sprezzante. Mi lancia un’ultima occhiata guardinga, poi si allontana. Questa giornata non finirà mai.
 
 
 
Sana
 
 
- Akito! Ciao!- lo lascio entrare e fingo disinvoltura. La chiacchierata con Luke non mi ha lasciato indifferente, anzi, sono molto confusa. Non so cosa fare.
- Kurata- si accomoda sul divano in salone
- Dove andiamo di bello?- chiedo sedendomi accanto a lui
- Ascolta, Sana…- No! Non è possibile.
- Sana? Sana? Non mi hai mai chiamata Sana! Stai per lasciarmi di nuovo! Io… non so cosa dire. Sono sconvolta- mi alzo di scatto e inizio a camminare avanti e indietro.
- Dio! ‘Sta zitta! Cazzo Kurata, sei impossibile!- si passa nervosamente una mano tra i capelli. Quei suoi capelli dorati…
- Non posso, ok? Non posso stare con te. Mi dispiace, ma c’è troppa storia tra di noi. Siamo cambiati, io sono cambiato. Ogni cosa è cambiata-
- E stanotte mentre facevamo l’amore? Anche lì eri cambiato? Stamattina… Cristo, Akito! Non possiamo fare così. Non va bene. Dobbiamo chiudere, chiudere per sempre. Non sopporto più la tua maledetta faccia. Ti odio, ora lo so. Tra di noi non c’è più niente. Dimentichiamo tutto- sono un fiume in piena, avverto le lacrime farsi spazio e bagnarmi senza permesso le ciglia. Non piangerò, ma il dolore è forte. Avremmo dovuto avere un figlio, avremmo dovuto vivere e basta. È finita, fa troppo male.
- D’accordo. Hai ragione- per un secondo leggo dolore nei suoi occhi, ma mi sto illudendo. Voleva scopare, scopare e basta.
- Va’ via! Basta!- Inspira e abbandona un pacchetto sul divano prima di lasciare per sempre il mio appartamento. Quando richiude la porta alle sue spalle, corro ad aprirlo…oh.  È la cavigliera, la mia cavigliera, quella che mi ha sfilato via l’ultima volta più di un anno fa. Ma Rei mi aveva detto di averla gettata via, mi aveva giurato che fosse nel Tamigi, a nuotare nelle acque del fiume. Ma perché? Perché?! In un momento, uno strano momento di follia, mi sfilo le scarpe e corro in strada; lo vedo, cammina lentamente e si accende una sigaretta.
- Hayama, perché?- chiedo tra le lacrime. Lo vedo fermarsi e fissare il vuoto.
- Perché quella te l’ho regalata al gazebo, quando ci siamo promessi che ci saremmo sempre stati, che saremmo stati sempre Sana e Akito e che la vita non si sarebbe messa in mezzo. Kurata, la vita ci ha traditi- dice in un soffio e tutto ciò che pensavo di sapere svanisce in un cumulo di rabbia e lacrime.


Ciao a tutti! Questa storia, come sempre, mi sfugge tra le dita. Il capitolo non doveva finire così, sappiate solo questo. Spero che vi piaccia comunque e vi auguro una buona settimana.
Baci a tutti, Viviana.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** capitolo 13 ***


 
Akito
 
Non mi piace. Proprio non mi piace che questo ragazzino tocchi le mie cose. Ho scoperto di essere suo padre da una settimana, sto cercando di conoscerlo; non è facile, stavo per tornare con Kurata e poi tutto è cambiato in un secondo.
- Akito, dimmi che c’è-
- Lascia perdere-. Alice si rannicchia sul mio divano e si stringe nel plaid, come a volersi difendere dal freddo del mio sguardo gelido. È stata coraggiosa, si è scusata e mi ha detto del bambino. Ancora non riesco a pronunciare il suo nome… Non abbiamo ancora detto a Bill di questa situazione, davvero non saprei cosa dirgli. Quando sono arrivato qui da Tokyo è stata la prima persona a essersi rivolto a me con gentilezza, mi è stato accanto, ha capito i miei silenzi, li ha rispettati, mi ha insegnato tutto. Non voglio ferirlo, non posso. È una persona buona, non ha mai pianto sua moglie, si è sempre dato forza, ama le sue figlie e se Alice è andata via è stata anche colpa mia. Devo dirgli la verità, ma mi manca il coraggio. Sono il solito codardo. Poi… poi c’è Kurata. Avevamo messo ordine, abbiamo fatto l’amore ed è stato come mettere insieme tutti i pezzi di un puzzle, sembrava che avessimo capito, che avessimo imparato a non sbagliare più. Invece no, tutto nella merda, come sempre. Vorrei dirle di lui… del bambino, ma non so come fare, non so come evitarle un dolore così grande. Sarà devastante per lei sapere che un’altra donna ha dato alla luce mio figlio. Mio, non nostro. Vorrei solo tornare indietro, correre in aeroporto e non lasciarla partire, quel lontano giorno di sette anni fa. Mio padre se n’era andato e io avrei dovuto fermarla. Sono stato un vero coglione.
- Non lascio perdere. Non sarò la tua compagna, ma abbiamo deciso di conoscerci, abbiamo un figlio insieme… Dimmi cosa c’è che non va-. Non posso parlarle di Kurata, con lei ho evitato l’argomento perché non mi sembrava giusto.
- Alice, lascia perdere. Non mi piace parlare, non così. Devi darmi tempo-. Sono sbrigativo e forse antipatico, ma è il massimo che posso concederle. Ho voglia di bere. Vorrei solo andare da Ellie e sbronzarmi con lei fino a svenire, ma qui, proprio davanti ai miei occhi c’è Andrew. Ecco, l’ho detto. Andrew. Mio figlio, il bambino così piccolo e così biondo che sta mettendo a soqquadro la stanza, è mio figlio. È identico a me. Sembra anche che parli come me, è timido, riservato; ma c’è una cosa che sa fare e che io non ho mai imparato, sa sorridere. Andrew sorride. Vorrei tanto che mio padre potesse vederlo… dovrò dirlo a Natsumi. Oh merda. Mi ucciderà.
- Dovremmo andare da mio padre, parlargli. Devo dirgli di Andrew e di noi…-
- Non c’è un noi-.
- Pensi ancora all’attrice?-
- No, Alice. Kurata non c’entra. Ho una famiglia anche io. È rimasto ben poco, ma c’è. Mia sorella Natsumi sta per avere una bambina, è molto incinta e non voglio darle una notizia così importante proprio adesso. Non c’è nessun noi perché nemmeno ti conosco, ci siamo frequentati per poco, non conosco ancora… lui…-
- Lui ha un nome! Si chiama Andrew, ha tre anni ed è fatto di carne e ossa!- Alice è improvvisamente fuori di sé. Tira via il plaid, raccoglie le sue cose, prende in braccio il bambino e mi lascia solo con il tonfo sordo della porta che si richiude alle sue spalle.
 
 
 
 
Rei
 
 
- Hayama! Hayama apri la porta!- Non sono mai stato così incazzato in tutta la mia vita. Sana è la mia famiglia e ne ha passate troppe, non posso più sopportare il suo dolore.
- Sagami cosa diavolo ci fai qui?-
- Non parlarmi così, ragazzino. Sana è a pezzi e sono sicuro che sia colpa tua. Non ha voluto dirmi cosa è successo, ma so che c’entri tu. Dio, perché è così difficile per voi metterci una pietra sopra? Ero a pezzi quando Sana e sua madre mi hanno accolto in casa loro. Non avevo più nulla, ma lei mi ha ridato la vita e…-
- Lo ha fatto anche con me, cazzo! Pensi davvero che io voglia farla soffrire? La mia intera vita è un continuo senso di colpa: colpa per mia madre, mio padre, Kurata e Natsumi! Sono stanco. Io l’amo, Sagami. Non esiste nulla che mi importi più di lei a questo mondo, niente. Ma è successo qualcosa, qualcosa che non posso dirti- Hayama si siede sul divano e si passa nervosamente una mano tra i capelli. Sembra sincero, ma non riesco a perdonarlo, non questa volta.
- L’ho vista stamattina. Era stanca, mezza ubriaca e nervosa. Cosa è successo?-
- Noi… noi siamo stati insieme, volevamo riprovarci, ma poi è successo qualcosa. Le ho detto che non potevo, che non era il caso di tornare insieme. Mi spiace, Sagami. So cosa hai fatto per me e so che ami mia sorella, ma non posso dirti altro-
- Fallo. Dimmelo. Ho le spalle larghe e non sopporto l’idea di far nascere mia figlia in un mondo fatto di menzogne. Dimmelo-. Spero che parlandogli di mia figlia capisca, che mi dica la verità. Inaspettatamente si alza e si avvicina.
- Ok. Ho un figlio di tre anni, si chiama Andrew e la madre è Alice, la figli di Bill. L’ho scoperto il giorno in cui io e Kurata avevamo deciso di tornare insieme. Pensi ancora che si tratti di un capriccio? Eh?- sta urlando a un palmo dal mio naso. Non è rabbia la sua, ma rammarico.
- Cazzo-. Mi sfilo gli occhiali in segno di rispetto, so che lei non è qui, ma non potrei parlare di questo con gli occhiali, non posso.
- Come stai?- La mia domanda sembra spiazzarlo
- Io… io sto male. Non so cosa fare-. È sincero, dolorosamente sincero. Ormai lo conosco.
- Io sì, devi dirlo a Natsumi e poi a Sana. Non commettere di nuovo l’errore di non dire nulla, parla, Akito. Confidati con la tua famiglia. Sana ti ama, sei tutta la sua vita e ti perdonerà, capirà-. Inforco gli occhiali e lo lascio qui, nel bel mezzo del suo appartamento a pensare alle mie parole.
 
- Ciao Sally, hai visto Sana?- Sally, l’assistente di produzione, mi fissa con sospetto
- Ciao Rei, sì. È di là, in scena. Ma è ubriaca e sta combinando solo casini. Cosa diamine le è preso?-
- Problemi personali. Ora sistemo tutto-. Raggiungo Sana e la tiro via dal set.
- Rei lasciami!- sbiascica e ridacchia confusa
- Sana, ho parlato con Akito. Adesso ti prendo un caffè e ne parliamo con calma-.
- Io, proprio io, Sana Kurata, me medesima, non ho per nieeeeente voglia di parlare di Akito Hayama, l’imbecille che ha fatto sesso, oh molto sesso, con me e mi ha gettata via come un sacco dell’immondizia. Mai più. Adesso scusami, ma ho da fare. Devo vomitare-. Si alza barcollante e si fionda nel bagno. Quello che succede dopo mi disgusta e non per i rumori molesti che sento provenire dalla piccola stanza adiacente al camerino, ma perché Sana, la brillante e bellissima Sana Kurata, sta piangendo disperata.
 
Sono ore che la guardo dormire. Sembra sofferente anche quando non è cosciente. Mentre la fisso amareggiato mi accorgo che il suo cellulare prende a squillare: Hayama. Cosa posso fare adesso? Non posso rispondere, né tanto meno svegliarla. Aspetto che il telefono torni muto per poi riprendere a fissarla.
- Avanti, Sana, svegliati…- e come per magia, tre parole sussurrate la riportano qui, con me.
- Ciao Rei, ho la bocca impastata-
- Ti prendo dell’acqua. Ah, penso che qualcuno abbia provato a telefonarti-
- Pensi o lo sai?- Cavolo! Quando vuole è davvero sveglia
- Era Hayama-
- Non mi interessa-
- Richiamalo-
- No! Ti voglio bene, Rei, ma devi farti gli affari tuoi-
- Non questa volta. Ti ho lasciato fare, ti ho vista stare male, ti ho coperto a lavoro, ma adesso basta. Se pensi a me come a un fratello, ti prego, richiamalo. Fallo per me-. Si raccoglie i capelli in una coda di cavallo e sospira.
- D’accordo. Solo per te. Ma non chiedermi mai più niente-, sorrido. Ce l’ho fatta.
 
 
 
Sana
 
Raccolgo il cellulare con mano tremante, pensare di sentire la sua voce mi provoca ininterrotti conati di vomito, sento la bile salire a ogni squillo a vuoto. Uno, due, tre…
- Sana- ha pronunciato il mio nome, di nuovo. Le lacrime si affacciano prepotenti e in un secondo ho la vista appannata.
- Akito-.
- Devo parlarti, ma non così. Ti sto aspettando alla panchina qui, a Hyde park- sa che so a quale panchina si riferisce, quella del nostro incontro dopo la sfuriata con Luke.
- D’accordo. Arrivo-. Guardo Rei e lui mi incoraggia con un cenno del capo. È ora. Devo affrontarlo.
Londra è così bella, mi piace anche quando piove. Il percorso da casa mia alla panchina è breve e vado a rallenty. Non riesco a pensare cosa abbia da dirmi. Dopo il nostro ultimo incontro non sono stata in grado di reagire, nemmeno mia madre ha saputo svegliarmi. Sono caduta in un vortice di dolore e insicurezza. La cavigliera, le sue parole… Non doveva andare così. Luke ha cercato di capire cosa stesse accadendo, ma non sono stata capace di rispondere. Sono in pausa. E mentre rifletto su tutto quello che ci è capitato, alzo lo sguardo e lo vedo qui, proprio di fronte a me: è bello come non mai, ma ha uno sguardo triste, lo stesso che aveva il giorno in cui suo padre ci ha lasciati.
- Ciao-
- Ciao, Hayama-
- Vieni, siedi qui- mi indica il posto vuoto accanto a lui
- Che succede?- chiedo avvicinandomi
- Devo dirti una cosa difficile. Abbiamo trascorso la vita insieme, la nostra vita è iniziata quando ci siamo conosciuti, quando abbiamo parlato per la prima volta sotto le stelle. È uno dei ricordi di noi a cui tengo di più. Sai, Sana- ancora una fitta, ancora dolore- noi ci amiamo. È sempre stato così, anche nei momenti peggiori, ci siamo amati. Mi hai insegnato l’amore e io a farti stare con i piedi per terra. Sto per darti un’altra delle mie lezioni e, questa volta, senza volerlo-. Prendo a tremare, le sue parole arrivano diritte al cuore, come un proiettile. Ho paura. Questa è davvero la fine per noi.
- Il giorno in cui abbiamo deciso di riprovarci, Alice, la figlia di Bill, è venuta da me e non era sola… con lei c’era Andrew, un bambino biondo di tre anni-. No, no, no…
- No!- strepito sommersa dalle lacrime
- Come?-
- No! Doveva essere nostro figlio! Non il tuo! Il nostro! No!- Ha un figlio con un’altra donna e non posso accettarlo. Dovevamo essere noi. Mi sciolgo in un mare di lacrime mentre un Akito troppo silenzioso mi stringe al petto, come non aveva mai fatto. Mi accarezza il viso e cerca di arginare l’inondazione con i polpastrelli con scarso successo.
- Mi dispiace- sussurra
- Come posso accettarlo? Che senso ha tutto questo? Vorrei essere morta, quel giorno di un anno fa, dovevo morire-
- Non ti permetto di dire una stronzata del genere! Kurata io ti amo, ma non posso stare con te e conoscere quel bambino. Non posso fare finta che non esista, è mio figlio-. Inizio a colpirlo sul petto e lui mi lascia fare
- Perché? Perché?- lo fisso, occhi negli occhi, oro e cioccolato ancora insieme, per l’ultima volta.
- Perché doveva andare così. Sai, quel bamboccio, Luke, sembra una brava persona, dovresti dargli una chance. Lui ti renderà felice, io non posso. Sono il solito Akito…-
- No! Non dire così, possiamo trovare una soluzione…io…-
- No, non ‘sta volta. Questo è un addio Sana. Va’ da lui e ti prego, promettimelo, sii felice-. Mi bacia sulla fronte, poi si alza e va via correndo. È finita, Akito mi ha detto addio per sempre.
 
 
 
 
Ciao a tutte/i! Sono stata assente per motivi lavorativi, ma eccomi! Il prossimo capitolo sarà più lungo, siamo quasi alla fine, qualcosa ancora deve succedere. Spero che la storia continui a piacervi. Con affetto, Viviana.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Un anno dopo…
 
NOTTE DEGLI OSCAR
 
Sana
 
 
Adoro queste scarpe, a volte ci affezioniamo così tanto a degli oggetti che sembrano essere sempre stati nostri, che siano stati al nostro fianco da sempre. Adoro queste scarpe perché la prima volta le ho indossate avevo sedici anni, in un giorno felice. Ogni volta che le indosso sono felice. Sono candidata come miglior attrice protagonista agli Oscar e stasera ci sarà la premiazione. È uno dei momenti più eccitanti di tutta la mia vita e sono tutti qui: Mama, Rei, Fuka, Luke… Tutti.
- Oh! Sana ma sei bellissima!- Una Fuka avvolta, anzi, strizzata in un mini abito blu elettrico, che le sta di incanto, sbuca alle mie spalle e mi abbraccia.
- Ma perché queste scarpe? Indossi un vestito che costa quanto il mio intero appartamento! Queste sono vecchie!-
- No- la correggo pungolandole il naso -sono vintage e mi rendono felice. Queste scarpe hanno vissuto con me. Le porto sempre con me, non criticarmi!-
- Sei candidata come miglior attrice, hai sentito m-i-g-l-i-o-r a-t-t-r-i-c-e!-
- Lo so, e, come mi hai già fatto notare, indosso un abito che è stato realizzato appositamente per me e che costa quanto il tuo intero appartamento-
- Gne gne! Potrai anche vincere un Oscar, ma resti una vecchia befana bisbetica. Oh, hai visto Luke? È troppo carino, è emozionatissimo, sembra quasi che debba essere lui a salire sul palco e ritirare quel premio!- Già, Luke è un amore. Mi ha sostenuta e amata con tutte le sue forze. Sono davvero fortunata.
- Due cose: non è detto che io vinca e…-
- Ma fammi il piacere! Sei stata strepitosa!-
- Fammi finire. E sì, Luke è un uomo meraviglioso, che a tratti non merito-. Non sempre penso di meritarmi il suo amore. Mi ha comprato una villetta, proprio come aveva promesso, mi ha amata profondamente per un anno, mi ha accompagnata ovunque, ha rispettato i miei silenzi. Sì, Luke è l’uomo della mia… della mia vita. Il mio riflesso allo specchio sembra non corrispondere alla definizione di donna felice, ma sono solo emozionata. È una serata importante. Sarà per questo.
- Lo meriti, e meriti anche che il mese prossimo Luke ti sposi! Oh, Sana, che meraviglia, il vostro matrimonio sarà bellissimo e tu finalmente potrai essere felice, davvero. Sai, amica, mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo, ma guardandoti ho capito che la vita toglie e la vita dà. E la tua vita ti ha dato Luke, il successo, una nipotina meravigliosa. Sono molto felice per te. Davvero-. Luise, la figlia di Rei e Natsumi è la mia gioia, una bambina splendida che ha portato la luce in tutte le nostre vite, gliene sono grata, ogni giorno. Fuka ha ragione, la vita toglie, la vita dà.
 
Flashback undici mesi prima
 
Akito mi ha detto addio per sempre. Ha un figlio, un bambino di tre anni. Ho difficoltà a stare in piedi. Mi ha lasciata qui, su questa panchina, da sola. È fuggito via e l’unica cosa che è riuscito a fare, è stato dirmi di provare a stare con Luke. Come può solo pensare che basti? Come può pensare che io riesca a dimenticare così in fretta? Non posso…
- Kurata!- la sua voce, è tornato. È tornato da me! Forse ha capito, si è reso conto che potremmo affrontare tutto insieme. Salto in piedi felice, sento nuova linfa vitale invadermi corpo e mente. È tornato!
- Aki!- gli salto al collo e lo stringo forte a me
- Kurata… non è come pensi, Natsumi sta per partorire, mi ha chiamato adesso. Dobbiamo andare in ospedale. Scusa-. Con dolore lascio la presa e annuisco. È svanito tutto in un attimo. Adesso devo pensare a Rei, ha fatto troppo per me, merita che io sia lì e che sia felice per lui. Hayama mi offre un passaggio in moto e durante il tragitto lo stringo a me, è l’ultima volta e, nonostante non abbia mai provato tanto dolore in tutta la mia vita, mi concedo questo momento. Il suo profumo, i nostri corpi così vicini… è ancora il mio Akito, lo sarà sempre.
- Siamo arrivati, puoi scendere-. Con poco garbo mi fa notare che la corsa è finita. Lo conosco, è confuso, sta soffrendo ma è deciso, se non lo fosse stato non mi avrebbe portata qui, avrebbe lasciato che a darmi la notizia fosse Rei. Si sente colpevole, in debito, e cerca di sopperire.
- Bene, andiamo-.
- Tu va’, io entrerò quando tu sarai andata via-. Le sue parole mi uccidono e non capisco che senso abbiano
- Non capisco… perché?-
- Perché non voglio più vederti e non posso condividere con te questo momento. È troppo grande, devo imparare a camminare senza di te o il tuo fantasma. Deve finire qui, Kurata-. Si volta, si caccia una sigaretta tra le labbra e si allontana. Respiro, almeno credo di riuscire ancora a farlo, cerco di calmarmi e lo lascio andare. Non so cosa accadrà e se un giorno le cose cambieranno, ma, per adesso, non siamo più Sana e Akito, tutta la nostra storia è stata spazzata da una vita anche troppo complessa. Forse separati riusciremo a rendere le cose semplici. Ora, però, Rei ha bisogno di me. Entro in ospedale indossando il più bel sorriso che posso, mia nipote sta per nascere e voglio che la sua prima impressione del mondo sia felice.
- Sana! Sana, bambina mia, è nata! Luise è nata!- Rei è bellissimo, ha un sorriso enorme e posso sentire il suo cuore da qui, a cinque metri di distanza. Gli corro in contro e lo abbraccio. È diventato papà, ha coronato il suo sogno d’amore dopo una lunga sofferenza. Non importa quanto marcio ci sia nella mia vita adesso, la felicità di Rei è la cosa che più conta. È proprio il caso di dire: la vita toglie, la vita dà.
 
 
- Già, è compensazione. Penso che ogni cosa capiti per una ragione ben precisa. Avervi tutti qui, al mio fianco stasera è la cosa più bella e importante che ci sia. Grazie Fuka, sono felice. Lo sono per me, per te, per la tua nuova attività e tutto il resto-. L’abbraccio forte e lascio che una piccola e indisciplinata lacrima, quasi invisibile, scappi via dai miei occhi.
- Andiamo amica, è tempo di fare il culo a quegli attoruncoli da quattro soldi!-
Arrivo in sala e prendo posto tra Luke e Rei, mentre Fuka siede accanto a mia madre. È bello vederli qui per me, non ho mai pensato di essere sola, ma stasera sento il loro affetto in maniera particolare. Calano le luci e Jimmy Fellon sale sul palco, si comincia.
Due ore e nove premiazioni più tardi, Julia Roberts sta per aprire la lettera che contiene il nome della miglior attrice protagonista; il cuore mi batte all’impazzata, sento la mano di Luke stringere forte la mia, pochi secondi, un pensiero…no, non va bene. Non posso pensarci adesso, non posso farlo mai… la Roberts si sta avvicinando al microfono e…
 
 
Akito
 
- E l’Oscar come miglior attrice protagonista va a… Sana Kurata!- Alice e Natsumi sembrano essere allo stadio, appena Julia Roberts fa il nome di Kurata parte una ola infinita; le ragazze ballano felici davanti alla tv e Andrew e Luise fanno casino, ma loro sono bambini, ha anche senso che non stiano zitti un secondo. Non mi sorprende che Alice sia così felice; dopo aver spifferato alla stampa della sua gravidanza, Alice si è convinta di dovere delle scuse a Kurata. Pochi giorni dopo la nostra definitiva rottura è andata da lei e pare che abbiano chiarito. Da quel momento non si sono più frequentate, ma Alice prova gratitudine e dichiara di essere una sua grande fan a chiunque glielo chieda. Io le credo. Forse.
- Cosa diamine succede?-
- Akito! Il linguaggio!- mi rimbocca Alice
- Sana ha vinto! Ha vinto l’Oscar! Mio dio guarda quanto è bella!- Natsumi si lancia in adorazione davanti alla tv e io… io non riesco a non notarle. Le scarpe che indossa avranno dodici anni. Eravamo due ragazzini quando, un pomeriggio in cui Kurata non aveva voglia di studiare, mi aveva trascinato in giro per negozi e, per la prima volta, fui io a sceglierle un paio di scarpe. Non potrei dimenticarle nemmeno se volessi. Non mi intendo di moda e ho sempre odiato fare shopping, ma quella sera… quella stessa sera abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Come posso dimenticarlo? Resto imbambolato davanti alla tv per qualche secondo, è bellissima, radiosa, ma non sembra felice. C’è qualcosa nel suo sguardo che non quadra. Sta recitando. E mentre penso che stia mentendo davanti a mezzo mondo, un altro particolare attira la mia attenzione: la cavigliera. Sta indossando la cavigliera che le ho regalato. Il simbolo del nostro amore. Distolgo lo sguardo e torno in cucina, non posso più stare qui, mi fa ancora male. Nell’ultimo anno le cose sono molto cambiate: ho trascorso quasi ogni giorno insieme ad Andrew, è un bambino straordinario e ho imparato ad amarlo. Da due mesi mi chiama papà e la prima volta che lo ha fatto, ho sentito un monito d’orgoglio invadermi il petto. Avrei tanto voluto che mi padre fosse stato qui per vederlo, ma so che in qualche modo ci è riuscito. Non è stato facile i primi tempi: abbiamo incontrato Bill e quando gli abbiamo raccontato la storia si è commosso, ha abbracciato Alice, ha abbracciato me e ci ha perdonati, anzi, ci ha assicurato che non ci fosse nulla da perdonare. Era felice di essere nonno e, ancora di più, che fossi io il padre di Andrew. Non so, Bill è quanto di più simile io abbia ad un padre, mi sta accanto e mi incoraggia. Dal canto mio, mi impegno molto perché non si senta mai tradito o offeso. Tengo molto a Bill. Quanto ad Alice, due sere fa, abbiamo fatto l’amore. Quando è rientrata nella mia vita, l’ho odiata, mi stava portando via Kurata, l’unica donna che abbia mai amato, il mio sostegno; ma poi, con il tempo, abbiamo imparato a conoscerci e più il tempo passava, più conoscevo Andrew e più apprezzavo lei. Per tre anni ha cresciuto il bambino da sola, è una persona in gamba. Essere andati a letto è un passo importante, abbiamo un figlio insieme, non è cosa da poco. Ancora non ho trovato un equilibrio, questo no, ma sono sulla buona strada. Mia sorella dice che le cose andranno sempre meglio e che, mettendoci un po’ di impegno in più, forse io e Alice potremmo davvero diventare una famiglia. Mi suona terribilmente strano… una famiglia. Avevo sempre pensato che sarebbe successo con Kurata, ma le cose cambiano. La vita toglie, la vita dà.
- Ti sei perso il discorso di Sana- Natsumi mi sorprende alle spalle
- Non entrare mai più così-
- Pensavi a lei?-
- No. Pensavo al fatto che siete terribilmente fastidiose-. Un po’ mento, un po’ no.
- Certo. È ovvio. Sai, Akito, forse dovresti ascoltare ciò che Sana ha detto qualche istante fa. Non dovrebbero essere affari miei, ma siamo una famiglia. Dovresti proprio farlo-.
- Hai ragione, non sono affari tuoi-. Mi avvicino e le prendo Luise dalle braccia. Mi piace tenerla così, mia nipote è una bambina simpatica. Davvero. Il giorno in cui è nata mi ha reso molto felice e da quel momento non sono più riuscito a lasciarla andare.
 
Flashback undici mesi prima
 
- Ciao, Hayama- Sagami si aggira tra i corridoi del reparto neonatale con un enorme sorriso stampato in volto e senza occhiali da sole. È buffo, ma sembra felice davvero.
- Sagami-. Gli stringo la mano e lui, in uno slancio del quale so si pentirà per il resto della vita, mi abbraccia.
- Ok, ora basta- lo allontano perché proprio non so abbracciare un altro uomo. Non fa per me.
- Sì, hai ragione. È solo che sono così felice! Tua sorella è stata bravissima e… un momento, tu dov’eri finito?-
- Sono andato a comprare questo-, tiro fuori dalla busta rossa che stringo tra le mani un orsacchiotto di peluche.
- Oh, grazie-.
- Di niente. Ora vado da Nat. Congratulazioni, Sagami-. Mi ringrazia con un cenno del capo e mi congedo. Devo andare da mia sorella.
- Ciao Mammina-
- Oh! Akito! Ciao! Finalmente sei qui!-
- Già, perdona il ritardo, ho comprato un giocattolo per la bambina, ma penso che sia troppo piccola per capire che le ho comprato qualcosa-
- Stai straparlando. Che c’è? È successo qualcosa?-
- Hai appena avuto una figlia, è nata mia nipote. Non sono bravo a controllare questo tipo di emozioni. In realtà non sono bravo a controllare alcun tipo di emozione. E vorrei tanto che papà fosse qui-. Ecco, l’ho detto. E l’ho fatto guardando mia sorella negli occhi. Nat inizia a singhiozzare, mi avvicino e la stringo forte. Forse non è mai successo, nemmeno quando papà se ne è andato. Ma è giusto così, sono la sua famiglia.
- Sono così felice… ma anche io lo vorrei, tanto-, ammette tra un singhiozzo e l’altro.
Restiamo in questa posizione per almeno dieci minuti, poi un’infermiera irrompe con in braccio lei… lei, mia nipote.
- Eccola, Luise questo è tuo zio Akito- l’infermiera mi porge la bambina
- Nat, io non so come si fa. Potrei farle del male…-
- Non lo farai- prendo la bambina e in un attimo tutto diventa chiaro. La vita toglie, la vita dà.
 
 
Due ore più tardi, Natsumi e Luise dormono profondamente nella mia stanza degli ospiti, Andrew sul divano e Alice legge un libro sul mio letto.
- Ciao- mi stendo accanto a lei. Non abbiamo parlato per tutta la sera, è di un umore strano.
- Ciao-.
- Che c’è?-
- Questo è il tuo modo di chiedere se c’è qualcosa che non va?- chiede sollevando un sopracciglio
- Già-.
- Sai, Akito, sei strano. Andrew è come te per queste cose. Siete criptici-.
- Già-.
- Comunque, c’è che quando Kurata ha ritirato il premio sei scappato in cucina, come un ladro. Cos’è che non mi dici? Ti manca?- le sue parole sono mirate, non ha fatto lunghi e immensi giri, ha scelto di essere diretta.
- No, non mi manca. È più di un anno che non la vedo e che non parlo con lei. Lo sai-
- Allora perché?-
- Non so, non mi piacciono gli Oscar- mento, o meglio, gli Oscar davvero non mi piacciono, ma non volevo vederla e la cavigliera…
- Stai mentendo-
- Smettila, non sai di cosa parli-
- Ha sentito il suo discorso?-
- No e perché continuate a chiedermelo?- rispondo infastidito, forse troppo.
- Facciamo così, tu guardi il video e io non ti chiederò mai più nulla. Ti va?-
- D’accordo, se così la smetterai di rompere, va bene. Dammi quel telefono- Alice mi passa il suo smartphone e vado diretto su Youtube. Anche solo digitare il suo nome mi crea disagio. Eccolo. Play:
 
 
*Discorso di Sana*
 
- Grazie. Grazie, davvero. Sono commossa. La mia vita è stata bellissima sino ad ora e questo premio non fa che renderla ancora più bella. Vorrei ringraziare la mia famiglia e i miei amici: mia madre, il mio manager, nonché fratello maggiore, Rei, Natsumi, una sorella acquisita che stasera, ahimè, non ha potuto essere qui e Fuka, la mia amica di sempre. Riguardo i grandi assenti, un pensiero e un enorme grazie va a Fuyuki, un amico, un padre, un sole. A lui devo la mia vita: quando sono stata coinvolta in un incidente quasi mortale, l’ho sognato e mi ha incoraggiata a combattere, a non mollare. Mi ha chiesto di tornare indietro ed è grazie alle sue parole che stasera sono qui di fronte a voi. Ovunque tu sia, grazie. Questo film mi ha dato tanto e oltre a rivolgere tutta la mia gratitudine alla produzione che mi ha permesso di vivere tutto questo, ringrazio chi ha scritto la bellissima storia che ho interpretato: un amore folle, unico, ostacolato, doloroso, un amore irripetibile che non può avere fine. Beh, questo amore, mi ha resa più forte e più ricca, il mio bagaglio di vita è diventato enorme, anche ingombrante -risate dal pubblico-. Insomma, non potrei essere più felice. In ultimo, vorrei ringraziare Luke, il mio compagno, che tra poco più di un mese, diventerà mio marito. Grazie di tutto. Buonanotte a tutti.
 
- Stai bene?- No. Non sto bene. Non potrei stare bene, anche se lo volessi. Il suo sguardo, mentre parlava di mio padre, era sincero e puro. Non so cosa fare. Una serie di emozioni contrastanti mi affollano mente e cuore. È assurdo pensare che siamo arrivati a questo. È assurdo che io debba sentire queste parole tramite uno schermo. Ho voglia di fuggire, ma non posso. Siamo andati avanti
- Sì, ha fatto un bel discorso. È un’attrice, d’altra parte, ed è stata premiata per questo-
- Ha parlato di tuo padre e di te…-
- Non mi pare. Kurata era molto legata a mio padre, ha avuto un bel pensiero. Quanto a me, dove lo hai sentito?- Alice si mette a sedere e sbuffa, come se stesse parlando con un bambino cocciuto.
- Quando ha parlato dell’amore. Parlava di voi-.
- Tu vaneggi-.
- No, io e Luke dovremmo farci qualche domanda-. Adesso basta, questo discorso sta andando troppo oltre. Tiro Alice per un braccio e la stringo al petto – Nessuna domanda, io sto con te e Andrew. Vi voglio bene, abbiamo la nostra vita. Kurata è il passato e sta per sposarsi, sta’ tranquilla-, si rilassa e mi stringe a sua volta. Ho convinto lei, ma non me.
 
 
 
DUE SETTIMANE PRIMA DELLE NOZZE
 
Sana
 
 
- Luke, vado al mercato, è sabato e non posso rinunciare al mio giro a Portobello Road-
- Aspetta, amore, vengo con te-.
- No, devo comprare delle cose per il matrimonio. Sorprese!- Luke sorride e mi bacia dolcemente
- Come vuoi tu, quasi moglie-, gli sorrido di rimando ed esco. Ho sempre detto che Londra sia adorabile, una città viva, che sa rispettare i silenzi e alzare il volume quando ce n’è bisogno. Dopo aver ricevuto l’Oscar ho festeggiato molto, non ho avuto un secondo di tregua tra interviste, ospitate e messaggi. Tutti in visibilio, tranne me. Sono contenta di aver vinto, ma sento di avere ancora un vuoto da colmare, forse questa sensazione sparirà quando sarò sposata. Cammino felice tra le strade, mi godo la primavera, che quest’anno è arrivata un po’ in anticipo, è una giornata di sole e non posso che sorridere a questa città. Va tutto per il verso giusto. Proprio ieri ho trascorso la serata a casa di Rei e Natsumi, sono stata con la piccola Luise ed è stato bellissimo, il cuore mi scoppiava di gioia. È tutto sul binario giusto, spero non deragli. Cammino, cammino, cammino, fino a quando un piccolo scoiattolo dal musetto simpatico mi gira intorno con la speranza che abbia qualche nocciolina da dargli, inizio a giocare con lui, a rincorrerlo, fino a quando, senza nemmeno rendermene conto, arrivo ad Hyde Park. Proprio davanti alla panchina, quella panchina. Mi ci siedo sperando di legare a lei un ricordo diverso, un ricordo che non sia amaro e doloroso. Non vedo Akito da più di un anno, so che sta bene, che adora Andrew, e non poteva essere altrimenti, ma avrei voluto sentirlo da lui, avrei tanto voluto chiedergli…
- Kurata-. Alzo lentamente lo sguardo e incontro il suo. Hayama è qui di fronte a me, dopo un anno, un lungo, lunghissimo, anno. Indossa una tuta ed è sudato. Ancora corre. E lui corre solo quando qualcosa gli frulla per la testa ma non sa come dirlo.
- Cosa c’è che non va, Aki?- glielo chiedo spontaneamente, come se tutto questo tempo non fosse mai trascorso, come se lui non avesse un figlio e io non stessi per sposarmi.
- Pensieri-
- Lo so, ma di che tipo?-
- Pensavo a mio padre, a proposito, grazie per quello che hai detto-
- Era la verità, è la verità. Io gli devo tutto-. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma cerco di controllarmi.
- Già. Congratulazioni, comunque-
- Grazie. Come sta Andrew?- Hayama si illumina e io sento una fitta al petto… è solo SUO figlio.
- Bene, cresce ed è forte. Gli voglio bene-.
- Questo mi rende felice. Te lo meriti-
- Ti sposi tra un po’, giusto?- chiede leggermente in difficoltà
- Già…- Per qualche istante restiamo in silenzio, incapaci di guardarci, incapaci di parlarci.
- Io vado, ti saluto Kurata-.
- Ciao Hayama-. Finisce così. Come un anno fa, ma con la consapevolezza che le nostre vite sono cambiate per sempre, che abbiamo nuove persone, nuove direzioni. La vita toglie, la vita dà.
 
 
DUE GIORNI PRIMA DELLE NOZZE
 
Akito
 
Oggi sono da solo con Andrew, Alice è a un colloquio di lavoro. Abbiamo giocato per ore con un modellino di automobile, ma adesso si è stancato e girovaga mezzo barcollante per il mio apartamento. È strano vederlo qui, così. Ancora non mi ci sono abituato del tutto. Non che sia una brutta cosa, anzi, sono… sono felice. Lo vedo sgattaiolare in camera mia e lo seguo come un’ombra, mi piace che sia qui, ma la mia camera da letto è sacra e può starci solo quando io e Alice siamo presenti. Lo vedo fermarsi all’improvviso di fronte a uno scaffale poi, con pochissima agilità, si arrampica e prima che io possa fermarlo agguanta… agguanta l’ultima cosa che dovrebbe.
- Posso tenerlo?- chiede innocente, senza sapere che quella statuetta, quel dinosauro è parte integrante di me, della mia storia… è il simbolo di tutto quello che sono riuscito a superare in questi anni.
- Andy, questo è del papà- cerco di portarglielo via, ma è irremovibile.
- Mi piacciano molto i dinosauri- queste parole mi colpiscono diritte al petto. E in un lampo tutto mi è chiaro: mio padre lo ha comprato a me e io devo darlo a Andrew. Una sorta di passaggio del testimone.
- Facciamo così, io te lo regalo, ma tu devi promettermi che ne avrai molta cura e che non lo perderai mai-, annuisce poi inaspettatamente lo ripone sullo scaffale e mi abbraccia. Ecco, forse è questo il senso di tutto. Dopo l’incontro con Kurata ho avuto qualche difficoltà a parlare con Alice; le ho raccontato di averla incontrata e lei mi ha solo chiesto di prendermi del tempo per riflettere. Già, riflettere, come se ci fosse qualcosa a cui pensare. Kurata sta per sposarsi e io ho un figlio, fine.
- Papà! Sveglia, suonano alla porta- lo gnomo che mi sta appiccicato mi sta anche riprendendo perché non ho sentito il campanello. È proprio mi figlio.
- Tu sta buono qui e non combinare guai-. Percorro il corridoio un po’ confuso, non aspettavo nessuno e il fatto che stessi pensando a lei… no. Non è lei e io non dovrei più pensarci. Inspiro e apro la porta.
- Ciao Hayama-
- Oh, ciao- Luke, il tizio che Kurata sta per sposare, è qui davanti a me con un’aria funerea
- Vuoi entrare?-
- No, grazie. Voglio solo… ecco…-
 
 
 
 
 
Fine prima parte! Non ammazzatemi, tutto questo ha un senso. Promesso. Ci aggiorniamo settiamana prossima con l’ultimo capitolo. Un bacio a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** ultimo capitolo ***


IL GIORNO DELLE NOZZE

 

Akito

 

- Non ho tempo-

- Santo cielo, Akito! Ti ho detto almeno una settimana fa che avresti dovuto badare ad Andrew oggi- Alice cammina nervosamente avanti e indietro continuando a inveire contro di me

- Mi spiace, ma oggi non posso. Sai che gli voglio bene e mi piace trascorrere del tempo in sua compagnia, ma non posso-.

- Già. Pensi che significhi questo fare il padre? Stai con lui solo quando ne hai voglia?- chiede incattivita mentre crolla sfatta su una delle poltroncine del mio studio. Andiamo avanti da un’ora, ma non si arrende. Le donne sono proprio cocciute.

- Gesù! No! Sto con lui sempre, da quando sei arrivata qui ho fatto di tutto per imparare a conoscerlo e stargli accanto. Non ho mai detto di no. Mai-. A interrompere la nostra simpatica conversazione è Bill che fa capolinea nel mio ufficio con un paio di tazze fumanti tra le mani.

- Scusate, giovani, ma questo scotta-, dice quasi correndo verso la mia scrivania.

- Va tutto bene? Siete strani. Ho portato il caffè!-

- Sì papà, è tutto a posto e grazie, mi ci voleva proprio-

- Sei poco convincente- la rimbecco

- Sai, io non sono un’attrice da oscar!- Colpito. Sono settimane che Alice mette in mezzo Kurata, anche quando siamo a tavola e le chiedo di passarmi il sale. Pensa ancora al suo discorso, a quel maledetto discorso.

- Alice non fare così. Che succede?- Bill si accomoda accanto alla figlia e le prende la mano

- Papà, Akito doveva tenere Andrew oggi, ma mi sta informando solo adesso che non può- lo informa lanciandomi un’occhiataccia

- E che problema c’è? Non ho interventi in programma, posso badare io a lui-

- Tu non sei suo padre-

- No, sono suo nonno, sono a un livello superiore, sono il nonno supremo!- Sorrido, mentre Bill abbraccia Alice

- Perché siete così agitati?- le chiede quasi sottovoce. Alice non risponde, si morde il labro e costringe le parole a fermarsi lì, sulla punta della lingua.

- Perché Alice è convinta che tra me e Kurata ci sia ancora qualcosa, nonostante le abbia detto un milione di volte che la nostra storia è finita-, Bill mi fissa con uno sguardo strano

- Alice, piccola, lasceresti me e Akito da soli per qualche minuto?-

- No! Perché mai dovrei?-

- Perché sono tuo padre e voglio parlare con Akito-. Non ho mai visto Bill così severo. Vorrà uccidermi. Alice sbuffa, raccoglie la borsa ed esce.

- Allora, è vero?-

- Cosa?-

- Che sei ancora innamorato di Sana?-

- Ma non scherziamo!-

- Ascolta Akito, ricordo molto bene il giorno in cui l’ho portata qui, quando si è storta la caviglia e tu l’hai rivista dopo tanti anni. Eri un’altra persona. Sana è una calamita per te, il vostro sentimento si percepisce anche se non vi parlate. Non mi sto riferendo al discorso che lei ha tenuto agli oscar, ma al tuo sguardo quando lei era praticamente morta sul mio tavolo operatorio…-

- Perché stava morendo- aggiungo con un filo di voce

- Sì, ma lo stavi facendo anche tu. Stavi morendo anche tu. Voglio bene ad Alice e se voi foste una vera famiglia sarei felice, ma tu non sei pronto. Devi risolvere la tua vita. Amavo mia moglie più di ogni altra cosa al mondo e la guardavo con tu guardi Kurata, non mia figlia. Va’ a quel matrimonio e prenditela. Alice capirà, sarete amici e ti prometto che anche io e te resteremo amici. Voglio la vostra felicità, vedrai che Alice incontrerà l’uomo giusto e che Andrew avrà comunque due bravi genitori-. Le parole di Bill mi colpiscono in pieno petto. Non so…

- Io…-

- Tu dovresti darmi ascolto- conclude scoccandomi un occhiolino.

- Ah, bevi il caffè, altrimenti si fredda- dice prima di richiudere la porta alle sue spalle. Sono solo adesso, proprio come quasi due anni fa prima che Bill entrasse da quella porta con Kurata tra le braccia. Quel giorno ero arrabbiato, stanco e mi mancava mio padre… poi l’ho vista ed è stato come tornare a respirare. Forse quel bamboccio biondo non aveva tutti i torti…

 

Flashback Incontro con Luke

 

- Quello è tuo figlio?- indica Andrew e prende posto sul divano

- Già-

- Molto carino-.

- Perché sei qui?- non ho voglia di vedere questo tizio -disgustosamente profumato e tirato a lucido- nel salone di casa mia, sul MIO divano.

- Devo dirti una cosa… ma non so se ci riesco-

- Ascolta, non ho tempo da perdere. Se non è importante, quella è la porta-

- Ancora mi chiedo cosa ci trovi Sana in un rozzo come te. Comunque, penso che lei ti ami ancora e penso che questo sia tuo, purtroppo-. Appare dal nulla un enorme busta che non avevo notato, dove diamine la nascondeva? Fruga per qualche secondo e poi me lo mostra

- Questo è un abito da cerimonia-

- Bravo, non sei tonto come pensavo- digrigno i denti, ma lo lascio finire

- Questo è l’abito che avrei dovuto indossare al matrimonio. Ma non credo che Sana voglia sposare me. Ti ama e lo farà sempre. Forse mi vuole bene e sono sicuro che sia moderatamente contenta al mio fianco, ma nella vita, Hayama, moderatamente contento è pari al nulla; lei deve essere esageratamente felice. Vorrei che fosse così-. Lo guardo stupito, questo coglione vuole che vada a sposarmi al posto suo?!?

- Cosa mi stai chiedendo?-

- Di aspettarla all’altare e renderla esageratamente felice per il resto dei suoi giorni-.

- Non posso. Non voglio-

- Non ti pregherò-

- Va’ via, ora voglio stare solo-.

- Cristo! Senti, vuoi essere infelice? D’accordo, ma ricordati che stai buttando al vento la tua vita!- Arraffa il vestito e sbatte la porta alle sue spalle. Coglione.

 

 

Non voglio rinunciare a quello che ho. Tra me e Kurata è andata male, abbiamo trascorso una vita intera a rincorrerci e amarci come meglio abbiamo potuto, ma è finita. Non posso stravolgere le vite tutti, inclusa quella di Andrew, per… be’, non so nemmeno io per cosa. Il discorso di Kurata non mi ha lasciato indifferente e quella cavigliera mi ha fatto incazzare; perché l’ha indossata tenendo la mano a quel coglione? Sta per sposare un altro, perché devo stare qui a giocarmi tutto per una che non ha fatto altro che fuggire? Dalla morte di mio padre lei non fa altro che andarsene, è arrivato il momento che la lasci lì, dove vuole stare. Me ne chiamo fuori. E mentre il mondo continua a girare nello stesso verso, mi accendo una sigaretta, l’ultima, proprio come due anni fa.

 

 

 

Sana

 

 

- Rei pensi davvero che funzioni così? Mi accompagnerai all’altare, ma non devi indossare questi maledetti occhiali! Non più!- sorrido mentre Rei alle mie spalle, serio ed emozionato, continua a ribadirmi quanto sia importante per lui indossare gli occhiali da sole mentre percorro la navata.

- Ascolta, piccola, sei la persona più importante della mia vita, senza di te non avrei avuto tutto quello che oggi mi rende felice. Non avrei avuto nulla, sarei rimasto a un angolo di strada a fare pietà ai passanti. Ti voglio bene e questi occhiali sono il simbolo dell’amore che provo per te-

- Rei smettila. Siamo cresciuti e tu hai fatto per me molto di più di quanto io abbia fatto per te, hai sopportato tutto senza mai mollare la presa. Ti prego accompagnami, ma senza occhiali-. Finalmente si convince e se li sfila mostrandomi il suo sguardo emozionato.

- Sana…-

- Rei…-

- Tu sei proprio sicura, vero?- mi avvicino a lui circospetta

- Che cosa vuoi dire?-

- Voglio dire… Akito… insomma Luke non è Akito-

- Osservazione molto acuta. Complimenti-

- Non fare la sciocca! Ho paura che tu stia facendo tutto questo per cercare di dimenticare Hayama. Giurami che non è così-. Il suo sguardo si fa intenso e preoccupato.

- Ti giuro che sposo Luke solo perché lo amo e perché sono pronta a iniziare una nuova vita- dico tutto d’un fiato sperando di risultare convincente. L’incontro al parco con Akito mi ha turbata molto. So che le nostre vite hanno preso direzioni diverse, ma io…

- Smettila di fare l’attrice con me! Ti conosco da sempre e so che lo ami, ma soffri troppo e non puoi ammetterlo. Io voglio che tu sia felice-.

- Lo sono. È la verità. Vorrò sempre bene ad Hayama, ma non è più amore. Adesso ha un figlio e io un quasi marito, è così che deve essere-

- Ma…-

- Basta, Rei. Ti prego. Mi porti qui la Mama? Deve aggiustarmi il corpetto-.

- Va bene… ma se cambi idea, ho la macchina qui fuori-.

Rei lascia la stanza e tiro un sospiro di sollievo. Sono felice, Akito è felice, non vedo perché si debba ancora pensare a noi come a una coppia. Ne è passata di acqua sotto i ponti, troppa.

- Un uccellino con gli occhiali da sole mi ha detto che hai problemi con il corpetto. Oh! Figlia mia, sei bellissima e il corpetto te le strizza per bene- la Mama ammicca e si avvicina

- Sei sempre la solita. Sto bene?-

- Sei meravigliosa. Il mio germoglio si sposa… Sai, piccola, prima che arrivassi tu, che passassi davanti a quella fortunata panchina, era tutto buio. La mia vita sembrava finita, non avevo più motivazioni e stimoli, avevo perso il sorriso. Poi sei arrivata tu e tutto ha ripreso colore, il mondo intorno a me ha ripreso a brillare. Ero così felice, leggera… sei tutto per me e voglio che tu sia felice-. I miei occhi si riempiono di lacrime, lacrime che non riesco a trattenere, al diavolo il make up! Corro a rifugiarmi tra le braccia della mia mamma.

- Ne hai passate troppe, bambina mia, devi essere davvero felice. Non accontentarti, se Luke è la persona giusta va bene, ti appoggio. Ma se il tuo cuore grida un altro nome…-

- Mamma, Luke è quello giusto. Akito è un amico di famiglia e nulla più. Te lo assicuro- dico sicura, con il viso ancora inondato di lacrime.

- D’accordo. Allora andiamo! È ora di sposarsi!- l’abbraccio ancora una volta, poi ci raggiunge anche Fuka e io sono pronta, pochi minuti e la domanda delle domande mi separano dal diventare una moglie. Ci sono!

 

 

 

Akito

 

- Akito dove hai la testa?- Sam, il mio collega.

- Scusa, dicevi?-

- Dicevo che dobbiamo operare, questa frattura è scomposta-

- Già, domani?-

- Gesù, Akito dove hai la testa?- insiste

- Sul collo, Sam. Dove vuoi che sia?-

- Una frattura di queste dimensioni non può aspettare e tu la sai meglio di me-

- Hai ragione, ma oggi…-

- …Oggi hai la testa altrove- conclude irritandomi. Però ha ragione, oggi non sono lucido. Alice mi dà il tormento e poi… poi nulla. Basta, opero.

- Scusa, mio figlio mi impegna, troppo- mento, Andrew è buono, non mi dà alcun pensiero. La mia vita è così complicata.

- Opero io se vuoi. Non è un problema, mi restituirai il favore quando potrai- Sam è una brava persona, lavorare con lui non mi dispiace.

- Sai, anche mia figlia è impegnativa, capisco. Mia moglie è una mamma fantastica, ma mia figlia ha bisogno di tante attenzioni e questo lavoro non mi aiuta- aggiunge.

- Com’è tua moglie? Voglio dire… come fate?- mi guarda in modo strano, come se avessi appena parlato in una lingua immaginaria.

- Non mi hai mai chiesto della mia famiglia, è la prima volta che ne parliamo. Comunque, è semplice: io la amo. Ho conosciuto Klaudia quando avevo solo quindici anni. Ero in Germania con per una gita scolastica e sua madre lavorava nell’albergo che ospitava la mia classe. È strano, siamo stati insieme per soli cinque giorni, ma mi ha salvato la vita. Era un periodo difficile, i miei stavano divorziano e le cose a casa andavano male. A Klaudia è bastato guardarmi, accarezzarmi la testa e niente, mi ha salvato. L’ho amata fin da subito-. Le sue parole mi penetrano il petto, scavano una profonda voragine dove dovrebbe stare il cuore, quello che penso di aver perso molto tempo fa.

- Capisco-. Mi rabbuio, forse dovrei dirgli qualcosa, si è aperto, ma i miei pensieri vagano lontani.

- Tu ami tua moglie?-

- Cosa? No! No, cioè non siamo sposati. La madre di Andrew non è mia moglie… ho saputo di lui solo un anno fa, lei era andata via dopo la nostra frequentazione, finita male. E ora… ora stiamo provando a conoscerci-

- Vedrai che le cose andranno bene. Poi l’amore è ovunque, magari voi due sarete solo amici e i genitori di Andrew, potresti trovare l’amore da un’altra parte, funziona così-.

- Già. Grazie, Sam. Ora vado- lo lascio lì, come un imbecille e corro via. Devo risolvere una questione, è arrivato il momento di sistemare le cose.

 

Quando arrivo, trafelato e senza idee, di fronte alla chiesa le gambe iniziano a tremare. Sono sempre stato molto sicuro di me, non ho mai fatto niente del genere. Io… Mentre i pensieri affollano quel che resta del mio buon senso, la vedo. Kurata è lì, a pochi metri da me e stringe la mano di Luke mentre gli invitati lanciano il riso, il rito per eccellenza, felici. Si è sposata. Sono arrivato tardi. Ancora una volta, l’ultima, ho lasciato che fuggisse. L’ho persa per sempre.

 

TRE ANNI DOPO

 

Sana

 

- Assurdo che questa piccolina abbia già compiuto cinque anni! Rei, Nat, avete fatto un ottimo lavoro- stringo la mano di Rei.

- Grazie Sana- Nat mi abbraccia e corre in cucina, sta preparando la cena per questo speciale compleanno.

- Tu come stai?- Rei mi guarda con sospetto

- Sto bene. Quando ho scelto di ritirarmi sapevo che sarei andata in contro a un periodo difficile, ma devo ammettere che la sto vivendo bene. Ho scritto il mio primo libro, la Mama è entusiasta e Fuka mi ha chiesto se sono interessata ad aprire un albergo con lei. Ho un capitale da investire e amo gli alberghi, le ho detto di sì. Sarà bellissimo-

- Noto con piacere che hai evitato di nominare Luke, pur sapendo che ti avrei chiesto di lui-.

- Ok, sì. Il divorzio mi ha lasciato l’amaro in bocca, ma era giusto così. Non ci amavamo più-

- D’accordo, bambina. Sono felice che tua sia felice- lo abbraccio forte. Questi ultimi tre anni sono stati davvero difficili, sono successe tante cose. Ma ora sto bene, sono una donna nuova, pronta a ricominciare la mia vita. Mentre Rei e Natsumi accolgono gli invitati, io mi approprio del dondolo in giardino, mi piace stare qui.

- Ti è sempre piaciuto dondolare- la sua voce. È la voce di Akito, non la sto sognando. Sono passati tre anni, dopo le nozze è sparito; è andato a vivere a New Castle con Alice e non ho più avuto sue notizie. Resto ferma, immobile, non ho il coraggio di voltarmi.

- Kurata-

- Sì?-

- Mi dispiace-. Non lo ha mai detto prima, non così. Incredibile, adesso che la mia vita stava per prendere forma, lui torna e si scusa.

- C-cosa?-

- Voltati-

- No-.

- Mi dispiace, quel giorno sono arrivato tardi. Come sempre-

- Io l’ho sposato-.

 

 

Akito

 

Osservo le sue spalle dritte, nervose. Non sa cosa fare e non lo so nemmeno io. Quando sono entrato ho visto i suoi capelli, il suo profilo e sono impazzito. Ho trascorso gli ultimi anni a crescere Andrew e a pensare a quanto mio padre, se solo mi avesse visto, sarebbe stato deluso da come Kurata era uscita dalla mia vita. Era colpa mia e non riuscivo a perdonarmi.

- Non avresti dovuto. Ricordi quando ti sei slogata la caviglia e sei capitata nel mio studio? Lo sai, io non credo a cazzate come il destino o la fortuna, ma quel giorno è successo qualcosa. Tra me e te non è mai finita. Forse dobbiamo smetterla di fare i mocciosi e stare insieme- lo dico come se non fossi io, come se un’entità superiore abbia preso possesso del mio corpo. È assurdo.

Le sue spalle si afflosciano e sono sicuro che il suo sguardo sia puntato nel vuoto.

- Hayama… moccioso sarai tu. Io ho sofferto molto, quando hai saputo di Andrew mi ha esclusa dall’equazione. Non potevi stare con me e conoscere lui, mi hai mandata via- dice con rammarico, come se quelle parole fossero state ferme lì, tra la gola e la lingua, per tutto questo tempo.

- Sana, guardami- improvvisamente si volta e inchioda il suo sguardo triste nel mio

- Non mi hai mai chiamata Sana- bisbiglia incredula

- Andrew è importante, sono suo padre. Ma io voglio te, voglio una vita con te, un figlio con te, voglio invecchiare con le mie orecchie stanche delle tue chiacchiere farneticanti. Ti amo e non lo dirò mai più-. Sono in ritardo, lo sono sempre stato, ma il bacio che mi sta dando in questo preciso istante mi insegna che quando sembra che non ci sia più tempo, che la clessidra sia giunta all’ultimo granello, ecco che si ribalta e tutto inizia da capo.

- oh, ancora tu…-


Ciao! Ci è voluto un po', ma il finale è arrivato. Vi auguro buone vacanze, ci risentiamo! Baci!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3375257