Anything could happen

di Em_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** New life ***
Capitolo 3: *** Back home ***
Capitolo 4: *** I need to see her ***
Capitolo 5: *** How did it go? ***
Capitolo 6: *** I made a mess ***
Capitolo 7: *** Problems ***
Capitolo 8: *** Problems part. 2 ***
Capitolo 9: *** Hidden truth ***
Capitolo 10: *** Pregnancy ***
Capitolo 11: *** Our kids ***
Capitolo 12: *** Am I dreaming? ***
Capitolo 13: *** Tell her the truth ***
Capitolo 14: *** Now you know everything ***
Capitolo 15: *** Family ***
Capitolo 16: *** A nightmare ***
Capitolo 17: *** Kidnapping ***
Capitolo 18: *** Always and forever ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo





Il giorno che Felicity ed Oliver aspettavano da anni era finalmente arrivato. I fiori, la chiesa, i vestiti eleganti, le persone care tutte attorno, anche se ciò che importava davvero in quel momento era il loro amore.
Felicity ed Oliver stavano insieme dai tempi del liceo, lui aveva diciotto anni e lei diciassette quando si erano conosciuti. Da quel momento non si erano più lasciati. Erano stati amici per oltre un anno, poi avevano capito entrambi che erano tutto tranne che amici.
Felicity sognava da sempre il suo matrimonio, come tutte le ragazzine pensava all’abito perfetto, alle scarpe, alla chiesa, alle damigelle e quel giorno sarebbe stata una principessa. Oliver invece era piuttosto ansioso e spaventato, era sicuro al cento per cento della sua scelta ma tutta la storia delle nozze lo metteva in agitazione.
Felicity aveva programmato tutto. Thea, la sorellina di Oliver, le avrebbe acconciato i capelli, Sara e Caitlin, le sue migliori amiche, avrebbero pensato al trucco e Laurel, la sorella maggiore di Sara e amica stretta di Oliver, le avrebbe procurato qualcosa di vecchio e di blu. Era la tradizione infondo.
Oliver come al solito era in ritardo, Tommy e Barry lo stavano aspettando nel salotto di casa sua già da venti minuti. Fece più in fretta che poté, mangiò qualcosa e li raggiunse. I suoi due amici lo guardavano con aria divertita vedendo quant’era ansioso, non era un comportamento tipico di Oliver Queen.
Felicity fissava il suo abito bianco steso sul letto del suo appartamento, sorrise felice, non vedeva l’ora di indossarlo e percorrere la navata. Aspettava questo giorno da quando aveva casualmente incontrato Oliver nella sua classe di matematica, lui era stato bocciato in quella materia e doveva ripetere i corsi dell’anno precedente o non si sarebbe diplomato.
Oliver indossò lo smoking facendosi aiutare dai suo due amici più cari, si sentiva stranamente più tranquillo dopo aver indossato il suo completo da nozze ed era certamente un buon segno. Tommy e Barry lo guardarono soddisfatti, erano sicurissimi che Felicity se lo sarebbe mangiato con gli occhi.
Felicity si affidò alle mani esperte delle sue amiche, persino Thea, che aveva solo quattordici anni, se la cavava meglio di lei con capelli e trucco. Ci volle più di un’ora per sistemare la futura sposa ma vedendo il risultato ne era certamente valsa la pena.
«Sto per piangere!» esclamò Caitlin vedendo com’era bella la sua amica.
«Cait, non permetterti o comincerò anch’io.» ribatté Sara.
«Sei bellissima, mio fratello cadrà dall’altare quando ti vedrà!» disse Thea tutta eccitata.
«Manca il tocco finale, Felicity.» le ricordò Laurel.
«Il mio vestito.» annuì la biondina.
Oliver camminava nervosamente su e giù, la chiesa era pronta, gli invitati stavano arrivando e tra poco sarebbe diventato ufficialmente un marito. Voleva vederla, voleva abbracciarla, voleva baciarla, era dalla mattina precedente che non si vedevano.
«Oliver, rilassati.» gli disse Barry.
«E se lei non si presentasse?» chiese con un’aria disperata.
«Cazzate. Felicity percorrerà quella navata.» replicò Tommy.
«Se invece avesse cambiato idea?» continuò il giovane sposo.
«Credimi, ci vorrebbe un disastro di proporzioni cosmiche per far cambiare idea a Felicity Smoak.» rispose Barry ridacchiando. Non credeva che il suo amico fosse nella fase “ansia da matrimonio”.
Felicity era arrivata in chiesa all’ora prestabilita insieme alle sue damigelle, a sua madre e a John Diggle, colui che considerava quasi un padre. Era un amico di famiglia da talmente tanti anni che non ricordava neanche di aver trascorso un giorno senza vederlo. Gli aveva chiesto di accompagnarla all’altare poiché suo padre era sparito quando lei aveva solamente due anni.
«Tesoro, è ora.» le ricordò John.
«Mi tremano le gambe, non farmi cadere.» affermò Felicity.
«Mai.» rispose l’uomo prendendola sotto braccio.
«Okay, ci siamo. Prima entriamo noi e poi lasciamo campo libero alla quasi signora Queen.» disse Sara facendo l’occhiolino alla sua migliore amica.
Oliver la stava aspettando da cinque minuti e già non ce la faceva più, aveva bisogno di vederla, prenderla e portarla via con sé. Le avrebbe messo l’anello al dito e non avrebbe permesso a niente e nessuno di toglierlo, mai più. Fu in quel momento che la vide, bellissima, sorridente, la sua Felicity era perfetta. John Diggle la teneva stretta ed insieme percorrevano il corridoio della chiesa fino ad arrivare di fronte ad Oliver. Dig le lasciò la mano e l’affidò al suo futuro marito. I due giovani sposi si fissarono per un tempo che sembrò infinito, si specchiarono l’uno negli occhi dell’altra e quella fu l’ennesima conferma che tutto ciò che stavano facendo era giusto. Il prete cominciò la lunga predica, ma né Oliver né tantomeno Felicity lo stavano ascoltando, avrebbero voluto passare direttamente al “sì” e agli anelli.
«Bene, ora potete scambiarsi le rispettive promesse.» annunciò il parroco.
«Felicity, ricordo ancora il primo momento in cui ti ho vista, eravamo a scuola, tu te ne stavi seduta per conto tuo in primo banco come la classica secchiona. Non avrei mai pensato che quel giorno, in cui mi avevano costretto a ripetere l’intero corso di matematica, avrei incontrato l’amore della mia vita. Perché sì, è quello che sei: l’amore della mia vita. E non vedo l’ora di scoprire quante altre cose il futuro ha in serbo per noi, so per certo che con te non mi annoierò mai. Qualunque cosa accada sappi sempre che io ti starò accanto perché… Beh, perché ti amo.» disse Oliver sorridendo.
«Oliver, sai, mi viene ancora da ridere se penso al nostro primo incontro. Avevi sbuffato per tutta la lezione tanto che avevo preso coraggio ed ero venuta a dirti quanto fastidioso fossi stato, tu avevi sorriso ed io mi ero infastidita ancora di più. Se quel giorno mi avessero detto che ti avrei sposato sarei scoppiata a ridere. Eppure eccomi qui, completamente innamorata dell’uomo che ho davanti. Non credo ci sia una giornata che io non voglia trascorrere insieme a te, non posso fare a meno di pensare a quanto sarà splendida la nostra vita insieme. Ti amerò sempre e per sempre.» disse Felicity a sua volta.
«Dopo aver ascoltato queste bellissime promesse, direi che è ora di mettervi al dito l’anello nuziale.» continuò il prete.
Fu Moira Queen a portare le fedi per suo figlio e la sua futura nuora. Oliver prese l’anello per primo e lo mise nell’anulare sinistro di Felicity vicino all’anello di fidanzamento. Poi fu il turno di Felicity mettere l’anello al dito di Oliver, con le mani che le tremavano riuscì anche lei a farlo.
«Con il potere conferitomi, vi dichiaro ufficialmente marito e moglie! Puoi baciare la sposa!» dichiarò l’uomo.
Oliver non se lo fece ripetere due volte, prese Felicity tra le braccia e la baciò intensamente, il primo vero bacio da marito e moglie. La ragazzina che aveva incontrato tra i banchi di scuola era a tutti gli effetti la signora Queen e non poteva esserne più entusiasta. Felicity rispose al bacio di quello che ora come ora era suo marito, era il giorno più bello della sua vita ed era così felice come non lo era mai stata.




 
***




Un anno dopo.

Ormai erano due giorni che Felicity non riceveva una chiamata da Oliver, non era da lui non telefonare, non era da lui scomparire in quel modo. Era preoccupata, così come Thea e Moira che non avevano notizie né di Oliver né di Robert. Avevano contattato la guardia costiera ma ancora non avevano ricevuto risposte, nessuno sembrava sapere dove i due uomini fossero finiti. Felicity si stava preparando al peggio, sapeva in cuor suo che non era tutto normale, Oliver l’aveva contattata ogni singolo giorno da quand’era partito insieme al padre una settimana prima. Erano in viaggio per lavoro, avevano optato per il Queen’s Gambit invece che per il solito jet nonostante le lamentele di Moira. “Avrebbero dovuto ascoltarla” pensò Felicity stringendo la coperta seduta sul divano di casa Queen, anche lei era d’accordo con la suocera, ma quando Oliver e suo padre si mettevano in testa qualcosa nessuno riusciva a smuoverli.
Era quasi il tramonto quando qualcuno suonò alla porta, Felicity, Thea e Moira si precipitarono all’entrata e si trovarono davanti due agenti. Forse li avevano trovati, forse erano sani e salvi da qualche parte e sarebbero solo dovute andare a prenderli. Ma la gioia iniziale finì presto quando capirono dall’espressione dei due uomini che Robert ed Oliver non stavano bene.
«Dove sono?» chiese Felicity facendosi coraggio.
«Ci dispiace davvero molto informala che la guardia costiera ha trovato i resti del Queen’s Gambit poco lontano dalle coste della Russia. Non ci sono sopravvissuti…» esclamò uno dei due.
«No, non vi credo. Non vi crederò finché non avrò visto i corpi.» disse Felicity trattenendo a stento le lacrime.
«Le acque in questo periodo sfiorano i 5°C, nessuno può sopravvivere a quelle temperature.» replicò l’altro uomo.
«Non è vero! Come potete dire che sono morti se neanche voi lo sapete!» urlò Felicity che ormai stava piangendo.
«Tesoro, ascolta, andrà tutto bene. Staremo bene. Staremo tutte bene.» le disse Moira abbracciandola, tirando a sé anche la piccola Thea.
Felicity non poteva crederci, si rifiutava categoricamente di credere che Oliver, suo marito, fosse annegato nelle gelide acque dell’oceano Atlantico. Continuava a ripetersi che si erano sbagliati, che c’era una spiegazione, che sia Oliver che Robert stavano bene. Era impossibile che a un anno dal matrimonio lei avesse perso l’amore della sua vita, era inconcepibile.
Sara e Caitlin le stavano accanto quasi tutto il giorno cercando di confortarla come potevano, ma nessuno poteva capire quanto Felicity fosse distrutta. La sua vita si era disintegrata nel giro di pochi minuti, da quel “non ci sono sopravvissuti” il mondo le era crollato addosso e si sentiva paralizzata.
«Fel, ehi, ti ho portato una tazza di cioccolata calda.» affermò Caitlin sedendosi sul bordo del letto.
«Grazie, ma non mi va.» rispose la bionda.
«È da ieri che non tocchi cibo, finirai per farti del male.» le disse l’amica dolcemente.
«Non ce la faccio, Cait. Non riesco a gestire tutto questo dolore.» ribatté Felicity ricominciando a piangere.
«Lo so.» esclamò abbracciandola.
«Perché è capitato ad Oliver? Che cosa aveva fatto di male? Non è giusto!»
«È stato uno stupido incidente, capitato alla persona sbagliata. Mi dispiace tanto, tesoro.» continuò Cait accarezzandole i capelli.
«Io lo amavo da morire…» rispose singhiozzando la bionda.
«E lui amava te. Sai che cosa mi ha raccontato Barry una volta?» Felicity fece cenno di no con la testa «Oliver voleva invitarti ad uscire, ma sapeva che tu avresti categoricamente rifiutato così con una scusa ha mandato lui e Tommy a dirti che una persona voleva assolutamente conoscerti.»
«Me lo ricordo… Quando mi sono trovata davanti Oliver gli ho tirato uno schiaffo.»
«Ha fatto l’impossibile per conquistarti e ci è riuscito, ricordi cos’ha detto al matrimonio vero? Che sei l’amore della sua vita. E lo sarai per sempre Felicity.»
«Vorrei avergli detto che lo amavo più spesso…» confessò.
«Lui lo sapeva, credimi. Un amore come il vostro non ha bisogno di troppe parole.»
E niente era più vero di quella frase. Un amore come quello che c’era tra Felicity ed Oliver non scompariva e basta, sarebbe vissuto nel cuore della ragazza fino al giorno della sua morte. Avrebbe onorato suo marito andando avanti con la sua vita, senza mai dimenticarlo.










Angolo autrice
Okay, eccovi il prologo dell'altra storia di cui vi parlavo... Ho deciso di pubblicarlo visto che l'altra l'ho quasi finita di scrivere :)
Beh, che dire? Inizia tutto con un momento felice, ovvero il matrimonio Olicity *-* c'è qualche richiamo a come Fel ed Oliver si siano incontrati e ai rispettivi amici. Spero vi sia piaciuto il tutto!
Logicamente mica poteva essere tutto rose e fiori eh xD infatti un anno dopo il matrimonio Oliver e Robert scompaiono... I poliziotti li danno per morti dicendo che nessuno può sopravvivere nelle acque fredde dell'Atlantico (mi sono pure documentata su internet lol).
La domanda è: Oliver e Robert torneranno mai a casa? Se sì, quando? Che cosa farà la giovane Felicity dopo aver perso suo marito? Restate sintonizzati e lo scoprirete ahahah :')

Non aggiungo altro se non di lasciarmi una recensione, fatemi sapere se vi piace! :)
Grazie a chiunque seguirà anche questa mia invenzione!

Un bacio,
Anna

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Capitolo 2
*** New life ***


Chapter one - New life





Felicity
Erano trascorsi ormai quattro anni dalla scomparsa, o meglio dalla morte, di Oliver. Quattro anni in cui la mia vita era completamente cambiata. Quattro anni di sofferenza, ma anche di gioia e felicità. Quattro anni in cui avevo riscoperto il significato della parola amore.
Me ne ero andata da Starling City dopo circa un mese dalla tragedia, restare nella città in cui tutto mi ricordava Oliver mi faceva solamente star male. Moira e Thea mi avevano pregata quasi in ginocchio di restare, però alla fine fortunatamente avevano capito quanto dura fosse per me e mi avevano lasciata andare. Mi ero trasferita a Central City insieme a Caitlin, Sara e Barry ed avere loro accanto mi aveva aiutata a non crollare. Più volte nel corso degli anni mi ero lasciata prendere dallo sconforto e dalla tristezza, ma grazie ai miei amici ero sempre riuscita ad uscirne. Oliver mi mancava ogni giorno, avevo solo imparato a gestire meglio la malinconia ed anche questo mi aveva aiutato a tirarmi su dopo la sua morte. Non avrei mai immaginato che la mia vita sarebbe andata così eppure eccomi qui, lavoravo nel settore informatico dei Laboratori Star (cosa che amavo tra l’altro), avevo una piccola casa nella parte più verde della città, avevo accanto gli amici che ormai consideravo come una famiglia e avevo i miei figli.
Sì, circa un mese dopo la morte di Oliver avevo scoperto di essere incinta, il mondo mi era crollato addosso per la seconda volta e c’era stato un momento in cui avevo pensato di non farcela per davvero a gestire tutto. Oliver ed io avevamo deciso di provarci qualche mese prima che partisse, ci sentivamo pronti ad affrontare questa nuova avventura, ma dopo la sua scomparsa la cosa mi era passata completamente di mente, infatti era stato un vero shock quando l’avevo scoperto. Come se non bastasse alla seconda visita ginecologica mi avevano detto che aspettavo due gemelli, non avrei dovuto crescere da sola un bambino, ma due! Mi ci era voluta una settimana per metabolizzare la cosa, già avevo faticato ad accettare la gravidanza, figuriamoci una gemellare.
Poi però le cose si erano sistemate in meglio, con l’aiuto dei miei amici ero riuscita a trovare una bella casa e tutto ciò di cui avevo bisogno per crescere i miei bambini. Quand’erano nati avevo provato quella felicità che non sentivo dal giorno del matrimonio, in un certo senso mi avevano riportato a galla, mi avevano salvato la vita. Appena li avevo visti ero scoppiata in lacrime, assomigliavano in un modo pazzesco ad Oliver e man mano che crescevano se ne rendevano tutti conto. Ogni giorno pensavo a quanto avrei voluto Oliver accanto, a quanto i bambini meritassero una figura paterna. Certo, spesso c’era Barry, ma sapevano che non era il loro papà perché nessuno avrebbe mai preso il posto di Oliver. Lucas in particolare più cresceva più gli somigliava, aveva le sue stesse espressioni, gli stessi atteggiamenti oltre che il suo stesso viso. Elizabeth invece somigliava più a me caratterialmente, era più tranquilla ma molto più testarda di suo fratello, mentre esteticamente anche lei assomigliava ad Oliver. Adesso avevano tre anni e mezzo, erano due bambini felici e spensierati e questo mi faceva sorridere ogni giorno. Andavano già all’asilo come due bimbi grandi e mi rendevo conto sempre di più di quanto il tempo corresse veloce.
«Mamma! Luke mi ha nascosto le scarpe!» sentii mia figlia urlare.
Mi venne istintivamente da ridere, erano così dispettosi l’uno con l’altra che il più delle volte non riuscivo neanche ad arrabbiarmi «Lucas, tira fuori le scarpe di tua sorella. Subito.» dissi.
«Ma non sono stato io!» si lamentò il bambino.
«E allora chi è stato?» chiesi portando le mani sui fianchi.
«Non lo so…» rispose provando a cavarsela. Quando faceva così mi ricordava troppo Oliver ai tempi del liceo, dio, era la sua fotocopia.
«Lucas Jackson Queen, non dire bugie o finirai in castigo per una settimana.» lo ammonii. Non mi piaceva sgridarli eppure sapevo di doverlo fare o sarebbero cresciuti troppo irrispettosi e viziati.
«Scusa mamma. Le ho nascoste sotto il divano.» confessò.
«Cerca di non farlo più, okay?» dissi abbassandomi al suo livello, mio figlio annuì convinto «Me lo dai un bell’abbraccio?»
«Sì!» esclamò buttandosi tra le mie braccia. Non sapevo davvero come fare senza di loro.
«Ora andiamo o farete tardi all’asilo. Liz, sei pronta?» domandai a mia figlia.
«Mi sono messa le scarpe da sola mamma!» rispose correndomi incontro.
«Ormai sei una bambina grande.» affermai accompagnando entrambi fuori di casa.
L’asilo era poco distante dai Laboratori Star così potevo liberamente lasciarli lì prima di andare al lavoro. Avevo deciso di dar loro il cognome di Oliver, ma non volevo si sapesse in giro che il miliardario morto aveva anche due figli oltre che, appunto, essere morto. Mi avevano assicurato la massima discrezione e finora non si erano mai verificati problemi. Volevo che i miei figli fossero al sicuro, volevo che avessero una vita il più normale possibile anche senza un papà. La famiglia di Oliver non sapeva niente dei bambini, non l’avevo detto né a Thea né a Moira e se mai l’avessero scoperto mi avrebbero odiato per sempre. Solo non ce l’avevo fatta a rimanere a Starling City e confessare tutto, avevo bisogno di ricominciare e dare il meglio di me per crescerli. Probabilmente ero in torto, probabilmente avevo sbagliato tutto, ma per me era davvero troppo da affrontare. Solo quattro persone sapevano che Elizabeth e Lucas erano figli di Oliver ed erano mia madre, Sara, Caitlin e Barry. Nemmeno Laurel, la sorella di Sara, sapeva nulla, avevo chiesto alla mia amica di mantenere il segreto e lei non aveva obiettato. Meno gente sapeva dei gemelli meglio era.
Dopo aver lasciato i bambini all’asilo mi diressi velocemente al lavoro, ero in ritardo di dieci minuti come al solito, fortuna che tutti mi conoscevano e sapevano che ero una ritardataria cronica. Spesso i miei figli di tre anni e mezzo erano pronti prima di me. Entrai quasi correndo e per poco non mi scontrai con Barry e Caitlin.
«Ehi, Smoak, con calma.» mi disse Cait ridacchiando.
«Sono in ritardo, scusate.» risposi riprendendo fiato.
«Ed è una novità?» domandò Barry porgendomi il mio amato caffè.
«Sta’ zitto, Allen.» esclamai lanciandogli un’occhiataccia.
«Come stanno le mie due piccole pesti preferite?» mi chiese Caitlin mentre andavamo in ufficio.
«Benissimo, come al solito erano pronti prima di me.» 
«Non hanno di certo preso da te in quanto a puntualità.» mi fece notare il mio amico.
«No, di sicuro.» risposi.
«Stai bene? Non volevo…»
«Barry.» lo interruppi «Sono passati quattro anni, puoi nominare Oliver. Sappiamo tutti quanto Liz e Luke gli somiglino.»
«Lo so, è solo che mi sembra ancora strano poterne parlare tranquillamente.» affermò.
«Lui non c’è più, è vero, ma non mi fa più così male pensarci.» replicai rivolgendogli un sorriso.
«È bello vederti felice, Felicity.» aggiunse Caitlin.
«Ci è voluto un po’, ma ora sto bene, dovete smettere di preoccuparvi per me, okay?»
«Impossibile.» dissero in coro facendomi ridere.
Oggi avrei dovuto lavorare ad un progetto biomedico insieme ad un nuovo collega, era stato assunto da qualche giorno ma impegnata com’ero non avevo neanche avuto il tempo di presentarmi. Era un ingegnere a quanto avevo capito ed era specializzato in attrezzature perlopiù mediche, tentava di apportare migliorie alla strumentazione degli ospedali, però aveva bisogno di un esperto in tecnologia ed informatica così da poter computerizzare sempre di più le apparecchiature. Entrai nel mio ufficio e me lo trovai lì davanti, o almeno pensavo fosse lui. Mi porse subito la mano ed io la strinsi a mia volta.
«Piacere, Ray Palmer.» si presentò.
«Felicity Smoak.» risposi accennando un sorriso.
«Sì, so chi è lei signorina Smoak. Mi hanno detto ottime cose su di lei.»
«Mi dia del tu, la prego.» dissi arrossendo lievemente.
«Oh, perfetto, vedo che non sei una da troppi convenevoli. Mi piaci. Sarà tutto più produttivo se ci sarà leggerezza e confidenza tra noi.» affermò con una parlantina molto simile alla mia.
«Mettiamoci all’opera allora.» risposi sedendomi alla mia scrivania.
«Non riesco mai a far funzionare questo microchip, vorrei collegarlo al braccialetto identificativo dei pazienti così da averli costantemente sotto controllo, ma ogni volta qualcosa va storto.» mi spiegò.
«Provo a dare un’occhiata.» replicai prendendo in mano il piccolo oggetto.
«È molto che lavori qui?» mi chiese dopo un po’.
«Sì, circa quattro anni.» risposi senza staccare gli occhi dal mio lavoro.
«Caspita, è davvero molto tempo. Immagino sia un bel posto per lavorare.»
«Lo è, sul serio. Qui ho degli amici meravigliosi e ciò che faccio mi piace parecchio. Credo ti troverai molto bene.»
«Avendo te intorno sicuramente sì.» disse. Io alzai lo sguardo perplessa, ci stava per caso provando con me? Che avrei dovuto dirgli? «Non pensare male, intendevo avere te intorno come amica.» si corresse vedendo la mia espressione.
«Non preoccuparti, sono solo arrugginita in questo campo.» affermai tornando a guardare il microchip.
«Una donna bella e intelligente come te avrà sicuramente schiere di uomini ai suoi piedi.»
«L’apparenza inganna.» esclamai.
Ray stava per rispondermi quando vidi entrare Caitlin con una faccia da cadavere, e adesso cos’era successo? Speravo solo che Lucas ed Elizabeth stessero bene o mi sarebbe preso un infarto, poco ma sicuro. Ed ero troppo giovane per avere un attacco cardiaco. 
«Felicity, devi venire con me. Ora.» esordì non accettando repliche.
«D’accordo, arrivo. Cait, stai bene?» le chiesi mentre mi trascinava non so dove.
«Devi vederlo con i tuoi occhi.» rispose ignorando la mia domanda.
Mi portò nella nostra stanza ristoro dove ci trovavamo per l’ora di pranzo o per un caffè ogni tanto, c’era la televisione accesa e Barry seduto sul divano con le mani che gli reggevano la testa. Ma cosa stava succedendo? Qualcuno stava male? Erano stati improvvisamente licenziati? Poi sentii il giornalista alla tv nominare quella persona. Mi voltai verso lo schermo e il mondo mi crollò addosso per la terza volta. No, non ci credevo. Non poteva essere reale. Era solo un sogno, era la mia stupida mente a giocarmi brutti scherzi. Osservai Caitlin sperando che dicesse qualcosa ma si limitò ad abbracciarmi forte, poi sentii anche le braccia di Barry avvolgermi.
Oliver era vivo.










Angolo autrice
Ciao! Rieccomi qui con il primo capitolo!
Ci sono tante novità, lo so. Prima cosa, sono passati quattro anni dalla "morte" di Oliver e come avrete notato Felicity si è rifatta una vita. Ma penso che la cosa più sconvolgente siano stati i bambini, vero? Ve lo aspettavate? Pensavate che Fel potesse essere rimasta incinta? Come ho detto nel capitolo, ci stavano provando prima della scomparsa di Oliver e, beh, alla fine ci erano riusciti...
Era un po' che mi frullava in testa questa idea dei bimbi e ho deciso di provare a vedere come andava xD
Solo poche persone però sanno dei gemelli, né Thea né Moira ne sono a conoscenza...
E adesso che Oliver è vivo cosa accadrà alla nostra Felicity? Vi dico già che non sarà tutto bello e facile, poi capirete :)

Grazie mille a chiunque mi abbia recensito lo scorso capitolo e per gli inserimenti nelle categorie, nelle seguite siete già un sacco :D
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate e se siete rimasti sconvolti xD

A presto,
Anna

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Capitolo 3
*** Back home ***


Chapter two - Back home





Felicity
Erano trascorsi circa dieci minuti dal momento in cui avevo visto il telegiornale e non avevo ancora spiaccicato parola. Me ne stavo seduta sul divano incredula e immobile, Barry e Caitlin cercavano di farmi parlare in qualche modo ma io non li stavo nemmeno ascoltando. Ero come paralizzata, avevo paura di non poter reggere un altro colpo del genere e probabilmente avevo ragione, insomma, mi ero ripresa da poco, avevo una bella vita e all’improvviso mi arrivava un’altra batosta da sopportare. Era davvero troppo, sia mentalmente sia fisicamente.
«Torno a lavorare.» dissi dopo un lasso di tempo indefinito.
«Felicity, aspetta, cosa stai dicendo? Non hai sentito il telegiornale?» mi chiese Barry mettendosi di fronte a me.
«L’ho sentito. E adesso me ne torno nel mio ufficio.» risposi scansandolo.
«Non fare così… Fel, ehi.» sentii Caitlin chiamarmi, ma non ci feci caso e li lasciai lì.
Non riuscivo a metabolizzare la cosa, mi ci erano voluti anni solo per accettare la sua morte e adesso mi venivano a dire che era vivo? No, era inconcepibile. Magari era solamente uno stupido scherzo organizzato dai media e tra qualche ora sarebbe tornato tutto alla normalità. Doveva essere per forza così. Ritornai nel mio ufficio notando che Ray non c’era, meglio, in questo momento volevo rimanere da sola e concentrarmi sul lavoro che mi aveva assegnato. Provai in mille modi a far funzionare quel maledetto microchip, ma ogni santa volta sbagliavo qualcosa. Era palese che fossi distratta e questo m’innervosiva ancora di più, perché non potevo avere una vita normale senza troppi drammi? Non riuscivo a togliermi dalla testa quella fottuta frase. “Oliver Queen è vivo” rimbombava nel mio cervello come una cassa da discoteca, avrei dovuto dire addio alla mia concentrazione almeno per oggi. Stavo per uscire dall’ufficio quando sentii bussare, ecco, immaginavo sarebbero arrivati tutti in mio soccorso! Avevano persino chiamato Sara!
«Ragazzi, non mi servono tre babysitter.» esclamai incrociando le braccia al petto.
«Siamo preoccupati.» ribatté Sara mettendosi nella mia stessa posizione.
«Sto bene.» dissi con un tono veramente poco convincente.
«Sì, certo, ti crediamo sulla parola.» rispose la mia amica scuotendo la testa.
«Felicity, siamo sconvolti noi, figuriamoci tu!» intervenne Barry provando a farmi ragionare.
«Non voglio parlarne, per favore.» affermai.
«Okay, come vuoi. Ma non puoi comportarti come nulla fosse di fronte ad una cosa del genere.» aggiunse Caitlin.
«Lui è morto. Sono passati quattro anni. Sarà un errore dei giornalisti.» dissi cercando di auto convincere me stessa.
«Lo sai anche tu che non è così. Se hai bisogno di tempo, di spazio o di un gelato noi siamo qui. Solo, ti prego, non chiuderti in te stessa, non vogliamo che tu soffra ancora.» rispose Sara dolcemente.
«Ho bisogno di… Metabolizzare. Andrò a casa e vi chiamerò stasera per farvi sapere che non mi sono suicidata, d’accordo?» 
«Va bene, si può fare. Che dite?» chiese Barry alle amiche.
Loro annuirono e dopo avermi abbracciato per un tempo infinito mi lasciarono finalmente tornare a casa. Era inutile che rimanessi a lavorare quando avrei fatto più danni che altro, mi sarei data alla pazza gioia con una vaschetta di gelato. 
La cosa che più mi spaventava di tutta questa storia era il segreto che mi portavo dietro. Ero sicura che se Oliver fosse realmente tornato sarebbe venuto a cercarmi anche in capo al mondo e non ero sicura di come avrebbe reagito all’idea di avere due figli. A parte questo mi spaventava il fatto di dover stravolgere la vita di Elizabeth e Lucas, gli avevo sempre detto che il loro papà era un angelo e che si trovava in cielo, come avrei spiegato loro che improvvisamente era tornato? Avevano solo tre anni e mezzo non volevo di certo che sapessero cos’era la morte e la sofferenza.
Verso le quattro del pomeriggio guidai fino all’asilo dei miei figli e come ogni giorno mi corsero incontro urlando “mamma!”. Non mi sarei mai abituata all’idea di avere due bambini così splendidi. Avevo promesso loro che per merenda gli avrei preparato una torta come quelle della nonna, ma ovviamente non essendo in grado di cucinare me l’ero fatta fare da Sara. Lei gestiva un bar da quando c’eravamo trasferiti qui a Central City quindi con cibi e bevande ci sapeva fare molto più della sottoscritta.
«Mamma, perché sei triste?» mi chiese mia figlia lasciandomi senza parole.
«Non sono triste, tesoro.» risposi rivolgendole un sorriso.
«Sì che lo sei.» esclamò riempiendosi la bocca con la torta.
«È solo che mi mancavate tanto.» dissi provando a deviare un po’ il discorso.
«Ma mamma, siamo andati solo all’asilo!» intervenne Lucas dopo aver ripulito il piatto.
«Lo so, hai ragione.» affermai portando i due piatti nel lavandino.
«Mamma devi accompagnarci dallo zio Barry.» mi ricordò Elizabeth.
«Non dovevate andarci giovedì?» domandai confusa.
«Ma oggi è giovedì.» ripose Liz mettendosi a ridere.
«Giusto. Allora tra dieci minuti andiamo, okay?»
«Sii.» urlarono in coro correndo in camera loro a prendere i rispettivi giocattoli.
Barry aveva promesso a Lucas di insegnargli qualche tiro o mossa di baseball, mentre Elizabeth avrebbe cucinato insieme Caitlin visto che continuava a ripetere che io non ero capace. Entrambi erano molto golosi, cosa che avevano preso sia da me che da Oliver ma siccome io non ero in grado di preparare niente dovevamo affidarci a Cait o Sara.
«Ehi piccoli!» li accolse il mio amico prendendoli entrambi in braccio.
«Hai preparato il campo zio Barry?» chiese subito Luke.
«Ma certo che sì. E tu sei pronto?»
«Sì!» esultò il bambino.
I gemelli corsero in casa mentre io fui bloccata da Barry «Stai meglio?» mi domandò serio.
«Non lo so. Persino i bambini si sono accorti che c’è qualcosa che non va.»
«Pensi di dirglielo?»
«Dirgli cosa, Barry? Che il loro padre è improvvisamente resuscitato?»
«I-Io… Non lo so, Felicity…» balbettò.
«Scusami, non volevo risponderti male. È solo che per adesso non voglio pensarci, voglio che loro siano felici.» risposi.
«Sai che prima o poi verrà qui, vero?»
«Sì, lo so bene. E non voglio che sappia di Liz e Luke, almeno non subito.» dissi.
«Vuoi tenerglieli nascosti?» mi chiese stupito.
«Per adesso sì. Sono passati quattro anni, Barry, non credo che sia tornato lo stesso Oliver che abbiamo lasciato.» gli spiegai.
«Probabilmente no, hai ragione. Ma sai che su di me puoi contare sempre.» mi sorrise.
«Lo so. Grazie.» risposi.

Oliver
Dopo quattro anni ero tornato a casa. Dopo quattro anni dal quel terribile incidente in barca ero di nuovo a casa. Mi sembrava ancora surreale aver riabbracciato mia madre e mia sorella. Thea era cresciuta tantissimo, era praticamente una donna adulta. Mia madre invece era rimasta pressoché la stessa. Mi avevano subito chiesto se con me ci fosse anche mio padre, ma purtroppo lui non ce l’aveva fatta e non sarebbe più tornato. Subito dopo la visita in ospedale mi ero guardato in giro in cerca di Felicity ma lei non c’era, avevo pensato subito al peggio, ovvero che anche lei non ci fosse più ma fortunatamente mia madre mi aveva rassicurato dicendomi che si era solo trasferita. Mi ero chiesto se sapesse del mio ritorno, mi ero chiesto se stesse bene, se fosse felice, avevo bisogno di vederla, anche solamente da lontano. In questi quattro anni non avevo mai smesso di pensare a mia moglie, ero riuscito a sopravvivere grazie a lei, il solo pensiero che un giorno l’avrei rivista era riuscito a farmi andare avanti, a farmi superare ogni avversità. 
«Ollie, posso?» mi chiese Thea sulla soglia della mia camera.
«Sì, certo.» confermai.
«Come ti senti?» domandò sedendosi accanto a me vicino alla finestra.
«Bene, sto bene. Non serve che tu e la mamma me lo chiediate ogni mezz’ora.» risposi.
«Sei appena tornato dal mondo dei morti, Oliver.» esclamò mia sorella alzando le spalle.
«Posso chiederti una cosa?»
«Sì, dimmi.» annuì.
«Felicity dov’è? Sai se sta bene?» chiesi.
«So che si è trasferita a Central City un mese dopo la tua scomparsa insieme a Barry, Caitlin e Sara, credo lavori ai Laboratori Star. Però è da un bel pezzo che non la sento, mi spiace.» 
«Credi che ora come ora accetterebbe di vedermi?»
«Ollie! Sei suo marito! Come puoi chiedermi una cosa del genere? Quando mi hanno detto che eri vivo ho pianto per due giorni finché non sei arrivato, lei non sarà da meno!»
«Hai il suo indirizzo?» chiesi speranzoso.
«No, non ha mai specificato dove abitasse… Dovresti provare a chiedere a Barry.»
«Lo farò, grazie Speedy, e… Mi dispiace tanto avervi fatto soffrire.» ammisi abbracciandola.
«Non è stata colpa tua, è già un miracolo che tu sia sopravvissuto.» mi disse stringendomi la mano.
Ed era vero, che fossi vivo era un miracolo. Ma ora come ora ciò che mi importava era vedere Felicity, avevo bisogno di lei e sapere che era così vicina mi faceva andare il cuore in fibrillazione. Non sapevo se lei mi avesse dimenticato, non sapevo se fosse andata avanti con la sua vita ed anche se fosse stato così certamente non gliene avrei fatto una colpa. Io ero morto e non sarei dovuto tornare mai più quindi se lei si fosse rifatta una vita non sarebbe stata una cosa strana.
«Oliver, cosa vuoi mangiare stasera? Puoi chiedere qualsiasi cosa.» mi disse mia madre vedendomi scendere.
«Non mi fermo stasera, ma grazie.» risposi dandole un leggero bacio sulla guancia.
«Come? Sei tornato da meno di ventiquattro ore e già te ne vai?» mi domandò allarmata.
«Mamma, non sto scappando. Voglio solo andare a Central City da Felicity.» 
«Tesoro, lo so che vuoi vederla ma non cambierà niente se aspetti domani mattina.»
«È mia moglie ed ho aspettato quattro anni. Ho bisogno di vederla, ti prego di capirmi.» provai a spiegarle.
«Va bene, ma fai attenzione per strada okay?» si raccomandò.
«Certamente.» affermai sorridendo.
Mi recai nel garage di famiglia notando che la mia vecchia auto era ancora parcheggiata lì, accesi il motore e partii in direzione di Central City. Speravo in qualche modo di poter parlare con lei e che non fosse uno shock troppo grande vedermi comparire così dopo anni e anni. Felicity era stata la mia salvezza, ma io per lei cos’ero stato? Probabilmente ero solo colui che le aveva distrutto la vita. Mi faceva male immaginare quanto avesse sofferto a causa mia, dal giorno dell’incidente avrei voluto solo chiamarla e dirle che stavo bene e che sarei tornato prima o poi, ma sapevo bene che se l’avessi fatto l’avrei messa nel mirino di persone molto pericolose.










Angolo autrice
Buon lunedì a tutti! Sono sopravvissuta all'esame di stamattina e come premio vi pubblico il capitolo xD
Allora, Felicity non ha preso molto bene l'idea che Oliver sia vivo... Ovviamente è felice, però, ha molta paura, soprattutto per via dei gemelli. Non sa come spiegar loro del padre e ha paura di non rivedere lo stesso Oliver di 4 anni prima... Infatti decide di tenerglieli nascosti, almeno per ora.
Oliver invece sente la necessità di vedere sua moglie, ed ha paura che lei non lo voglia vedere... Fortuna che è arrivata Thea e l'ha convinto! :) Ho anche aggiunto una mini parte in cui Oliver dice di non essere tornato perchè avrebbe solo messo in pericolo Fel... Cosa mai avrà combinato?

Vi posso dire che le cose tra loro non saranno semplici, entrambi hanno dei segreti e sarà difficile affrontarli se o quando verranno a galla...
Non saranno tutti favorevoli a rivderli insieme, qualcuno farà pressione ad entrambi di lasciar perdere... Chi è per voi?

Okay, basta anticipazioni lol. Grazie infinite per le bellissime 11 recensioni dello scorso capitolo, ne aspetto altrettante eh ;)
Credo di pubblicare per ora il lunedì e il giovedì, poi appena conclusa l'altra forse riuscirò ad aggiornare anche più spesso!

Quindi a giovedì miei cari,
Anna

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Capitolo 4
*** I need to see her ***


Chapter three - I need to see her 





Oliver
Viaggiavo ormai da diverse ore, non ricordavo che Central City fosse così lontana e l’agitazione si faceva sempre più intensa ed evidente. Sapevo dove abitava Barry, o almeno così credevo, mi aveva detto ancora prima che partissi con il Gambit che di lì a poco sarebbe andato a vivere fuori da Starling City e speravo vivamente non avesse cambiato idea sulla casa. Gli avevo promesso più volte di andare a trovarlo non appena fossi tornato dal viaggio di lavoro, ma per ovvie ragioni non ne avevo più avuto l’occasione. Era sempre stato uno dei miei migliori amici ed ero convinto che non avrebbe avuto problemi a dirmi dove abitava Felicity.
Arrivai a Central City dopo più di tre ore, erano circa le nove di sera, lasciai l’auto accanto al marciapiede di fronte alla probabile casa del mio amico. Prima di bussare provai ad accertarmi che fosse effettivamente la sua e per mia fortuna nella cassetta della posta c’era l’adesivo con su scritto “Barry Allen”. Ero grato a Barry di essere sempre stato così prevedibile, almeno non avevo faticato più di tanto per trovarlo. Presi un respiro profondo e suonai il campanello, le luci erano accese, inequivocabile segno che c’era qualcuno in casa, sentii dei passi avvicinarsi, ma non fu Barry ad aprire la porta bensì Caitlin, una delle migliori amiche di Felicity. Dire che rimase scioccata era un eufemismo, se ne stava immobile sulla porta a fissarmi a bocca aperta, io non dissi nulla, non volevo che mi chiudesse la porta in faccia.
«Cait, chi è?» chiese la voce di Barry dall’interno. Probabilmente non sentendo nessuna risposta decise di venire a vedere chi mai fosse arrivato e quando mi vide mostrò la stessa espressione di Caitlin.
«Oliver?» disse ad un certo punto il mio amico, senza però perdere quell’espressione sconvolta che aveva in faccia.
«Sono io, Barry.» risposi provando ad essere il più normale possibile.
«Non posso crederci…» affermò.
«A chi lo dici.» replicai sarcastico.
«Vuoi… Entrare?» domandò Caitlin a quel punto.
«Sì volentieri, grazie.» risposi entrando.
Non credevo che alla fine Barry si sarebbe deciso a chiedere a Caitlin di vivere insieme, poco prima che partissi mi aveva raccontato di quanto fosse indeciso sul da farsi, diceva che la amava, ma che non era sicuro al cento per cento che lei avrebbe accettato. A quanto vedevo si era decisamente sbagliato.
«E così ti sei deciso a chiederle di venire a vivere con te.» esclamai mentre Caitlin non c’era.
«Beh… Ci è voluto un po’, ma sì, alla fine gliel’ho chiesto. Non te lo sei dimenticato…» constatò.
«Difficile dimenticare tutte le paranoie che ti sei fatto.» dissi sorridendo.
«Pensavo di non rivederti mai più.»
«Lo pensavo anche io…»
«Perché non sei tornato prima?» mi chiese. Ovviamente me l’aspettavo una domanda del genere.
«È… Complicato.» risposi sincero.
Barry stava per ribattere, ma si zittì non appena arrivò Caitlin con una tazza di caffè fumante. Avrei voluto spiegargli perché non fossi tornato, ma non volevo mettere in pericolo nessuno senza motivo, quindi avrei tenuto la bocca chiusa.
«Sei qui per Felicity, vero?» mi chiese Caitlin.
«Sono così prevedibile?»
«Sì.» risposero in coro lei e Barry.
«Lei… Lei sta bene?» domandai incerto.
«Sta bene, sì. E immagino tu voglia sapere dove abita.» confermò il mio amico.
«Vedo che ci capiamo ancora come una volta noi due.» affermai.
«Oliver, lei… Sei davvero sicuro di volerla vedere?» 
«Barry, sono passati quattro anni, che cosa stai dicendo? È ovvio che voglia vederla!»
«Va bene, okay, ti darò l’indirizzo. Ma ti prego di non forzarla, è stato uno shock per lei sapere che eri vivo e… Non vogliamo che soffra ancora.»
«Apprezzo che vogliate proteggerla, ma è mia moglie e… Ho solo bisogno di vederla ora come ora.» spiegai sperando che in qualche modo capissero ciò che stavo provando in quel momento.
«Abita poco lontano da qui, segui la strada fino infondo e poi svolta a destra sulla Down, è la quarta casa sulla sinistra, non puoi sbagliare perché è di fronte ad uno dei parchi più belli di Central City. Il civico è il 31.» mi disse Barry scrivendomi il tutto in un bigliettino.
«Grazie, amico. Dico davvero.» aggiunsi.
«Figurati. È bello rivederti.» rispose dandomi un breve abbraccio prima di lasciarmi uscire.
«Ci vediamo presto, questa volta per davvero. Notte ragazzi.» li salutai.
Appena salii in macchina cominciarono a tremarmi le mani, stavo per rivedere Felicity, la mia Felicity, per la prima volta dopo quattro anni. Sognavo questo incontro da veramente troppo tempo e avevo paura sarebbe rimasto solamente un pensiero, credevo che non l’avrei rivista mai più, per fortuna mi sbagliavo. Non sapevo come avrebbe reagito, avrebbe potuto benissimo sbattermi la porta in faccia, ma non mi interessava, vederla per qualche secondo mi sarebbe bastato. Mi aveva fatto piacere rivedere anche Barry, era sempre stato una persona importante nella mia vita ed era anche grazie a lui se Felicity ed io eravamo riusciti a sposarci. Aveva capito quanto volessi rivederla e gli ero grato di esserle stato vicino per tutti questi anni, sapere che tutti gli erano stati accanto mi faceva sentire un po’ meno in colpa per essere “morto”.

Felicity
Avevo da poco messo a letto i gemelli quando sentii il mio cellulare vibrare per l’ennesima volta, sbuffando andai a recuperarlo e vidi i quattro messaggi da parte di Barry, dicevano tutti la stessa cosa: “Oliver sta venendo da te”. Per poco non caddi a terra, dovetti reggermi alla sedia del tavolo per non crollare sul pavimento. Avevo sognato il ritorno di Oliver per mesi, anni, e adesso che stava davvero accadendo ero terrorizzata. Una parte di me voleva solo stringersi a lui e non lasciarlo andare mai più, ma l’altra, quella più razionale, sapeva che dovevo mantenere una certa distanza. Non volevo dirgli niente di Lucas ed Elizabeth, non ora, non era proprio il momento di sconvolgergli l’esistenza. Sapevo che stavo commettendo un errore, era pur sempre il loro papà, ma dovevo proteggerli come avevo sempre fatto perché non avevo idea di che Oliver si sarebbe presentato alla mia porta. Solo di una cosa ero sicura: lui certamente era cambiato parecchio.
E in quell’istante sentii bussare piano due volte, ringraziai il cielo che non avesse suonato il campanello o i bambini sarebbero piombati di sotto a vedere chi fosse, ed io me ne stavo lì sulla soglia senza trovare il coraggio di aprire. Non avevo le palle per aprire a mio marito, che razza di persona ero? Eravamo ancora legalmente sposati e nonostante tutti gli anni lontani sapevo che non mi avrebbe mai forzata in niente.
Respirai profondamente e, con la mano che mi tremava da pazzi, girai la maniglia. Lui era lì, era sempre lo stesso Oliver di quattro anni fa, solo con la barba un po’ più lunga. Mi si sciolse il cuore nel vederlo e non avevo idea di come avessi trattenuto le lacrime, volevo essere forte, ma rivederlo mi aveva scombussolato il sistema nervoso. Allungai una mano fino al suo braccio e lo toccai per capire se era reale, una scarica elettrica mi percorse da capo a piedi per quel breve contatto e fu l’ulteriore prova che lui era vivo.
«Ciao.» dissi io per prima accennando un piccolissimo sorriso.
«Ciao.» esclamò lui ricambiando il sorriso.
«Vieni, entra. Fa freddo fuori.» aggiunsi prima di farlo entrare.
«Hai una casa davvero bella, mi piace. Somiglia al nostro primo appartamento.» affermò guardandosi intorno. 
«Sì, è vero. Forse è uno dei tanti motivi per cui mi ha attirato fin da subito.» risposi sincera. Una parte di me aveva sempre sentito Oliver accanto in questa casa.
«Probabilmente per te è strano avermi qui, non volevo shoccarti presentandomi all’improvviso, ma… Avevo davvero bisogno di vederti.» confessò facendo perdere al mio povero cuore un battito.
«Sapevo che saresti venuto. Sai, anche se sei stato lontano per quattro anni sapevo che questo lato di te non era cambiato.»
«Che vuoi dire?» mi chiese.
«Mi hai sempre detto che saresti andato in capo al mondo per me e, beh, eccoti qui.» risposi alzando le spalle.
«Avrei voluto tornare molto prima, Felicity. Sapere che hai sofferto per colpa mia mi uccide, credimi.»
«Perché allora non sei tornato?» domandai sempre rimanendo a debita distanza.
«Non potevo, e se l’avessi fatto ti avrei solamente messa in pericolo.» mi spiegò.
«Che cosa significa, Oliver?»
«Prometto che ti spiegherò tutto, però non adesso.»
«Sei cambiato… Sei più… Non lo so, triste? Che cos’è successo in questi anni?»
«È vero, sono cambiato, forse l’Oliver che hai sposato neanche esiste più.»
«No, questo no. Sei ancora la persona che ho sposato, solo con qualche sfumatura in più. Non ti sto dicendo di raccontarmi ogni dettaglio della tua vita, ma sappi che con me puoi parlare, sempre. Avevo paura a lasciarti entrare nella mia vita di nuovo, è solo che vederti qui adesso mi… Mi fa stare bene.» gli dissi con le lacrime agli occhi. Era palese che ne avesse passate tante negli anni trascorsi via da qui, però io ero pronta ad ascoltarlo se ne avesse avuto bisogno.
«Sei sempre stata la mia forza, Felicity. E quello che provo per te non è mai cambiato, quindi se ancora vorrai vedermi, anche solo per chiacchierare, sarò la persona più felice del pianeta.»
«Ci vorrà del tempo per abituarmi all’idea, però sì, accetto volentieri di passare del tempo con te.»
«Non hai idea di quanto mi sei mancata.» aggiunse con un sorriso malinconico.
«Ce l’ho invece, perché mi sei mancato allo stesso modo.» replicai.
Non sapevo come sarebbero andate le cose d’ora in avanti, solo non ero riuscita a tagliarlo fuori, tutte le mie difese erano cadute quando mi ero specchiata in quei due oceani azzurri. Ero cosciente del fatto che ci fossero due bambini di mezzo ed era una ragione in più per scoprire cosa nascondeva Oliver, volevo sapere se potevo fidarmi di lui al cento per cento come una volta e se così fosse stato gli avrei sicuramente fatto conoscere i suoi figli.










Angolo autrice
Come promesso, eccomi qua.
Il tanto atteso primo incontro è avvenuto! :D Oliver è passato prima da Barry non sapendo dove Felicity abitasse e come avrete letto anche loro due erano molto legati, erano da sempre ottimi amici e spero vi sia piaciuto anche il loro incontro!
Alla fine la reazione di Felicity non è stata fredda come nello scorso capitolo, appena l'ha rivisto si è sciolta e non ha potuto non accettare di vederlo e passare del tempo insieme... 
Oliver non sa nulla ancora dei bambini, finchè Felicity non cambierà idea probabilmente ne rimarrà all'oscuro...

Nel prossimo ci sarà il primo flashback della storia e vi assicuro che ce ne saranno degli altri :) 
Credete che Felicity stia facendo la cosa giusta nascondendo Elizabeth e Lucas ad Oliver per un po'? Come reagirà secondo voi? E soprattutto... come reagiranno i bimbi sapendo che il loro papà è vivo?
Fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo e le vostre impressioni, magari prendo spunto da qualche vostra idea eheh xD

A lunedì!
Anna

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Capitolo 5
*** How did it go? ***


Chapter four - How did it go?





Oliver
«Quanto manca per arrivare, papà?» chiesi a mio padre seduto sul divano della nave.
«Penso che per le tre e mezza di questo pomeriggio saremo in Russia, ancora qualche ora di pazienza, Oliver.» mi rispose lui continuando a leggere il giornale.
«Mi sono sempre chiesto se i soci oltreoceano della Queen Consolidated sapessero parlare la nostra lingua, insomma, è impossibile imparare altre cinque lingue.» 
«Niente è impossibile, mio caro. Comunque no, la maggior parte non parlano la nostra lingua, solo alcuni pronunciano qualche parola, ma abbiamo ottimi interpreti, non preoccuparti.»
«È la prima volta che mi lasci prendere parte ad un progetto in Europa, come mai hai cambiato idea?» domandai curioso.
«Sei sposato da un anno, probabilmente tu e Felicity state pensando di avere dei bambini, quindi perché non ampliare le tue conoscenze? Sicuramente ti saranno utili quando lascerò a te l’azienda.» mi rispose con un sorriso.
«Wow, papà, non ti sembra di correre un po’ troppo?»
«Vuoi dirmi che tu e Felicity non state provando ad avere un figlio? Guarda che mi sono accorto del tuo cambiamento, sei molto più responsabile, le stai sempre accanto, parlottate spesso in privato… Sono stato giovane anch’io, Ollie.»
«Okay, mi hai beccato.» dissi alzando le mani «Sì, ci abbiamo provato per un po’, ma ultimamente la vedevo particolarmente stressata per questa cosa così abbiamo deciso di prendere un pausa.»
«Arriverà il momento, credimi.»
Mio padre mi conosceva meglio di quanto credessi, fin da subito aveva capito quanto tenessi a Felicity, mi aveva sempre sostenuto e incoraggiato, il più delle volte era lui il mio fornitore di consigli amorosi. Mia madre invece ci aveva messo un po’ di più ad accettare la cosa, era sempre stata una donna molto inquadrata e fissata con l’aspetto economico, era preoccupata che Felicity mirasse solo ai soldi, poi, grazie al cielo, aveva cambiato idea. 
Stavamo per sederci a pranzo quando il capitano in persona si presentò in sala con un’espressione piuttosto nervosa in volto. Avevamo per caso sbagliato rotta? O era qualcosa di più grave?
«Capitano Johnson, mi dica.» affermò mio padre.
«Signor Queen abbiamo un grosso problema, la nave ha urtato uno scoglio gigantesco ed ora sta imbarcando parecchia acqua. Mi dispiace terribilmente, ma niente di tutto questo era segnato nelle mappe o nei radar.»
«Okay, manteniamo la calma. Abbiamo un gommone, con quello potremmo lasciare la barca.» esclamò Robert calmo.
«Papà, là fuori ci sono dieci gradi sotto zero, come diavolo faremo a sopravvivere per ore?!» sbraitai io.
«Qualcuno verrà a prenderci, figliolo. Su, ora andiamo di sotto.» continuò lui con una calma spaventosa.
Non potevo credere che la barca stesse davvero affondando, queste cose capitavano solamente nei film, sembrava il Titanic 2.0 e la cosa non era per nulla rassicurante. Scendemmo al piano di sotto e la situazione non era delle migliori, l’acqua si stava facendo strada sempre più intensamente e le pareti non avrebbero retto ancora per molto. Mi infilai il giubbotto di salvataggio arancione, anche se non so a quanto sarebbe servito visto che la temperatura dell’acqua sfiorava gli zero gradi. Saremmo morti congelati nel giro di qualche ora se nessuno fosse venuto a recuperarci perché non avevamo l’equipaggiamento per resistere a delle temperature così estreme. Nessuno poteva prevedere una cosa del genere, eppure stava accadendo, qui e ora.
«Coraggio, andiamo.» mi scosse mio padre invitandomi a salire sul gommone.
Mi limitai ad annuire e insieme lasciammo la barca, il capitano ci aiutò ad allontanarci poco a poco così che la corrente dell’oceano non ci trascinasse sotto con il Queen’s Gambit. Era una scena surreale, eravamo partiti per lavoro ed ora eravamo soli e dispersi in mezzo all’Atlantico. Suonava quasi ridicolo.
«Non ci troveranno mai.» dissi in un sospiro, persino la voce mi si era congelata.
«Abbi fede, vedrai che qualcuno arriverà prima o poi.» provò a dire mio padre.
«Tutto questo è assurdo, papà. Chi diamine vuoi che ci trovi in mezzo all’oceano? La nostra barca è affondata, noi siamo qui a congelare e tu mi dici di aver fede? Beh, sai una cosa? Non ce l’ho! Ho la netta sensazione che moriremo di freddo o mangiati dagli squali.» gridai esasperato.
Lui non disse nulla, forse finalmente riusciva a capire il mio stato d’animo, forse si rendeva davvero conto che non avrebbe più rivisto sua moglie e sua figlia. Di colpo il mio pensiero passò a Felicity… Come avrebbe sopportato l’idea che io fossi morto? Quanto mi avrebbe odiato per averla abbandonata? Sapere che probabilmente non l’avrei rivista mai più mi fece perdere le forze completamente, non avrei più rivisto il suo splendido viso, non avrei mai più sentito la sua risata contagiosa, non l’avrei più potuta abbracciare, non avremmo più potuto fare l’amore. Era tutto finito. Sparito in un attimo. Poggiai la testa sul bordo morbido della scialuppa e poi ci fu solo buio, non sapevo se ero svenuto o se semplicemente mi ero addormentato per il troppo freddo…


Mi svegliai di soprassalto, di nuovo quell’incubo. Mi perseguitava oramai da quattro anni e non riuscivo in nessun modo a levarmelo dalla mente. Il giorno dell’incidente, il giorno in cui tutto era cominciato, il giorno in cui la mia vita era stata sconvolta da capo a piedi. Strinsi forte i pugni e solo dopo qualche minuto riuscii a scacciare la rabbia che ogni volta m’invadeva dopo questi orribili ricordi. Mi chiedevo ancora perché fosse capitato a me, che cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto quello che era accaduto in quei quattro anni? Mio padre era convinto che ce l’avremmo fatta, e invece ero stato io stesso a seppellirlo, divertente vero? Non avevo mai raccontato a nessuno della mia famiglia cosa fosse successo laggiù e finché non avessero tirato fuori loro l’argomento io di certo non l’avrei fatto. Mi faceva ancora male pensare che lui non ci fosse più, che fosse morto in quel modo. Mi sentivo in colpa verso mia madre e specialmente verso Thea che aveva perso per sempre il suo papà.
«Oliver, posso entrare?» chiese una voce fuori dalla mia stanza.
«Sì, mamma, vieni.» risposi cercando di ricompormi.
«Allora, com’è andata l’altro giorno?» mi domandò riferendosi al fatto che ero stato da Felicity.
«È stato strano e bellissimo allo stesso tempo. Lei è cambiata, forse in meglio, ma è la stessa splendida donna che ho sposato cinque anni fa.»
«Sei davvero convinto di voler riprendere i rapporti con Felicity? Insomma, voglio dire, sono passati quattro anni, non credi che si sia rifatta una vita?»
«Non lo so di preciso, mamma. Però non puoi chiedermi se sono sicuro di voler riallacciare i rapporti… È pur sempre mia moglie.» risposi non capendo il senso delle sue parole.
«Lo capisco tesoro, davvero. È solo che non appena tu e tuo padre siete… Morti… Lei ha fatto le valigie e se n’è andata nonostante l’avessimo pregata di rimanere.»
«Avrà avuto le sue buone ragioni. Non credi che forse rimanere a Starling City l’avrebbe fatta soffrire troppo?» le chiesi retorico.
«Sì, credo di sì, Oliver. Però non è un buon motivo per abbandonare parte della famiglia, specialmente in un momento tanto delicato.» mi rispose.
«Ognuno reagisce in modi diversi al dolore, io al pensiero di non rivederla mai più per poco non mi sono lasciato morire, mamma. Penso sia molto più complicato di come lo fai sembrare.» le spiegai con una punta di disappunto.
«Beh, se è quello che vuoi, ti sosterrò. Sappi che sarò sempre qui se avrai bisogno di un consiglio.» mi disse infine con un mezzo sorriso. Era chiaro che la vedevamo in modo differente, solo non mi andava di discutere ulteriormente, non quando c’era Felicity di mezzo.
«Grazie, lo apprezzo.» affermai lasciandola uscire.

Felicity
Erano trascorsi tre giorni dal mio incontro con Oliver e da quel momento le cose sembravano essere totalmente cambiate. In qualche modo mi sentivo diversa, non sapevo neanche come descrivere il mio stato d’animo. Avevo accettato di passare del tempo con lui per vedere se potevo ancora fidarmi, ma non potevo certo negare che la cosa mi mettesse in agitazione. Se avesse scoperto l’esistenza dei gemelli non penso mi avrebbe più guardata nello stesso modo, anzi, probabilmente non mi avrebbe neanche rivolto la parola. E l’avrei capito, avrei capito ogni sua singola emozione, però non potevo dirglielo adesso. Se Oliver non era tornato in quattro lunghi anni un motivo c’era, e una vocina dentro di me mi diceva che non era qualcosa di piacevole. Dovevo proteggere i miei figli dal mondo orribile che c’era là fuori, a qualunque costo.
Avevo chiesto a Caitlin e Sara di raggiungermi a casa così che potessimo parlare di me ed Oliver. Non ne avevamo mai avuto l’occasione visto che eravamo state tutte e tre completamente prese dal lavoro negli ultimi giorni.
«Allora, com’è stato rivederlo dopo così tanto?» mi domandò Sara senza troppi convenevoli.
«È stato… Emozionante. Non lo so, è complicato da spiegare…» risposi rendendomi conto che le mie parole non avevano molto senso.
«Ti è sembrato diverso?» aggiunse Cait.
«Sì e no. Da un lato ho visto sempre lo stesso Oliver, il mio Oliver, dall’altro si capiva che fosse cambiato e non so se in bene o in male.» affermai sospirando.
«I bambini ne sanno qualcosa? Voglio dire, pensi di dir loro che è tornato?» chiese Sara.
«Non sanno nulla, anche perché non saprei come spiegargli che il loro padre è ritornato quando gli ho sempre detto che era morto…»
«Io penso che ne sarebbero solo felici, sono ancora piccoli e di certo non si arrabbierebbero.» esclamò Caitlin mentre Sara annuiva.
«No, questo lo so. È solo che non voglio dover di colpo sconvolgergli la vita…»
«Non vuoi sconvolgere la loro vita o… Non vuoi sconvolgere la tua, Felicity?» disse Sara quasi con un’affermazione, più che con una domanda.
«Io… Senti, Sara, non lo so… Forse sono io a non voler improvvisamente cambiare tutto, forse hai ragione tu, ma ciò non significa che io non voglia proteggerli.»
«Fel, nessuno ha mai messo in dubbio questo.» mi disse Caitlin dolcemente «Ma prova a pensare a quanto sarebbero contenti sapendo che il loro papà è vivo ed è tornato a casa… Quanti bambini hanno un’occasione del genere?»
«Cait ha ragione. Faresti loro il più bel regalo sulla faccia della terra. Ovviamente non dico di non indagare un po’ su Oliver, ma non partire già con l’idea che lui non li voglia o che non vorrà più te per averglieli nascosti per un breve periodo.» mi fece notare Sara.
«Ci sono un sacco di cose in ballo, ragazze. Non so se posso fidarmi completamente di Oliver, non so se lui accetterà di buon grado due bambini di tre anni e mezzo, non so se loro accetteranno di avere anche un altro genitore, non oso neanche immaginare come la prenderanno Moira e Thea sapendo che li ho tenuti nascosti anche a loro. Capite che ho tanta carne al fuoco?» affermai cercando di far chiarezza.
«È vero, hai molto a cui pensare, però credo che i gemelli siano l’ultimo dei problemi. Come ti abbiano detto entrambe, saranno entusiasti di conoscere il loro padre.» rispose Caitlin.
«Forse.» dissi alzando le spalle «Farò le cose con calma… Parlerò con Oliver e vedremo.»
«Penso che nonostante i quattro anni in cui non siete stati insieme tu lo ami ancora.» constatò Sara.
Io non risposi, tanto sapevano tutte e due che il mio silenzio equivaleva ad una risposta affermativa. Era vero, lo amavo ancora. Forse avevo paura di ammetterlo, forse non saremmo neanche mai tornati insieme, ma ciò non cambiava i miei sentimenti. Avrei fatto un passo alla volta sperando di ritrovare la persona che avevo perso tanto tempo fa.









Angolo autrice
Buon lunedì e buon inizio settimana! :)
Eccovi qui il quarto capitolo! C'è il primo flashback sul passato di Oliver, ho raccontato in poche parole com'è avvenuto l'incidente. Quasi una stupidaggine che però alla fine si è rivelata fatale per tutti tranne che per Oliver (poi ovviamente racconterò anche cos'è capitato a Robert). Non sappiamo ancora come Oliver sia sopravvissuto, secondo voi com'è arrivato sulla terra ferma? Per mano di qualcuno?
Poi interviene la cara Moira (che tanto cara non è lol), starà architettando qualcosa visto che ha chiesto al figlio se è sicuro di ciò che fa?
Nella seconda parte vediamo Fel insieme a Caitlin e Sara, meno male che ci sono loro due a farla ragionare! xD a quanto pare è Felicity ad aver paura di sconvolgersi la vita e non tanto cambiare quella dei bambini... Che cosa deciderà di fare? :)

Grazie per le recensioni come al solito, attendo i pareri anche su questo capitolo, vediamo se qualcuno azzecca le risposte alle domande ahah!

A giovedì!
Anna

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Capitolo 6
*** I made a mess ***


Chapter five - I made a mess





Oliver
Era passata una settimana dal mio incontro con Felicity e sentivo che mi mancava da impazzire, rivederla mi aveva riportato alla mente tutti i bellissimi ricordi che avevo di lei e che negli anni avevo cercato di mettere da parte per la troppa nostalgia. Era sempre stata il mio punto di riferimento, sapere che un giorno forse l’avrei rivista mi aveva spinto a non crollare di fronte alle crudeltà a cui avevo assistito. Dopo quattro anni senza neanche un minimo contatto aveva comunque accettato di vedermi e passare del tempo assieme, non mi aveva tagliato fuori dalla sua vita e per questo non l’avrei mai ringraziata abbastanza. Era palese quanto ancora fossi innamorato di lei, e certamente non glielo avrei nascosto. Non pretendevo assolutamente nulla da lei, tantomeno che tornassimo insieme, ma volevo che Felicity sapesse che i miei sentimenti erano sempre gli stessi.
Ero arrivato a Central City da circa mezz’ora, avevo prenotato una camera d’albergo per ogni evenienza visto che non sapevo quanto mi sarei trattenuto. Felicity mi aspettava per cena, aveva scelto un piccolo locale in centro così che potessimo chiacchierare un po’, probabilmente casa sua non era un luogo abbastanza neutrale e si sarebbe sentita a disagio. Naturalmente avevo accettato senza troppi convenevoli, purché lei si sentisse bene a me andava bene ogni cosa. Mi accorsi che Tommy mi aveva ficcato nel trolley da viaggio un completo più elegante per la sera, di sicuro aveva frugato nel mio armadio mentre ero in bagno, ma lo ringraziai mentalmente visto che era un abito perfetto per stasera. Jeans scuri, camicia chiara e una giacca da mettere sopra così da non congelare. Nonostante tutto, ero parecchio nervoso, non facevo una cosa del genere dal moltissimo tempo e il che non aiutava.
Presi la mia auto dal parcheggio e mi avviai subito verso il locale, Felicity aveva insistito perché ci trovassimo direttamente là ed io a malincuore l’avevo accontentata. Come prima uscita forse era meglio così. Parcheggiai trovando posto facilmente e già da fuori riuscivo a vederla, era seduta al tavolo e si guardava intorno, sorrisi come un ebete non appena si accorse della mia presenza e mi sedetti di fronte a lei al tavolo.
«Sei bellissima.» le dissi immediatamente. Indossava un semplice abito nero che la fasciava alla perfezione e i capelli erano sciolti sulle spalle.
«Grazie, anche tu stai bene.» rispose arrossendo.
«Come stai?» mi affrettai a chiederle.
«Bene, credo. Forse un po’ scombussolata.»
«Non dev’essere facile accettare tutto questo per te, lo capisco.»
«No, non è questo. Insomma, anche, ma diciamo che dipende da una serie di cose.» affermò sospirando.
«Apprezzo davvero che tu abbia deciso di passare un po’ di tempo insieme.» replicai abbozzando un sorriso.
«È quello che voglio anche io, Oliver. Sai, ho sognato per anni il tuo ritorno, solo che quelle volte ero consapevole che non sarebbe mai accaduto, invece adesso tu sei qui e… Beh, è bello.»
«Avrei tanto voluto farti sapere che ero vivo in qualche modo.» risposi abbassando lo sguardo.
«Lo so. So che se avessi potuto l’avresti fatto, non dimenticare che ti conosco bene. Spero solo che ci sia un valido motivo per cui non l’hai fatto, ecco.»
«Ovviamente c’è un valido motivo, Felicity. E se potessi ti racconterei ogni singolo dettaglio di quei quattro anni, ma non posso.» affermai amareggiato.
«Non ti fidi di me?» domandò a bruciapelo.
«No, non è assolutamente così. Se ti raccontassi determinate cose… Finiresti nel mirino di persone poco raccomandabili, posso dirti solo questo.» risposi cercando di non entrare troppo nei dettagli.
«Non capisco… Che cosa ti è successo, Oliver?» mi chiese ancora, aveva un’espressione che conoscevo bene ed era quella incuriosita. E non andava bene per niente.
«Ascolta, non possiamo parlarne qui. Ti spiegherò quello che posso, ma non qui.» dissi sospirando. Ormai avevo capito che se non le avessi rivelato qualcosa non si sarebbe mai arresa, ed era meglio che lo sapesse direttamente da me piuttosto che indagasse da sola.
«D’accordo, allora dove?»
«Ho una camera all’hotel Juliard, potremmo andare lì se vuoi.» proposi.
«O-Okay… Sì, va bene.» annuì, prima in modo incerto, poi più sicura.
Ci alzammo dal tavolo lasciando i soldi alla cassa assicurandoci che il cameriere avvertisse del pagamento, l’ultima cosa che ci serviva era una denuncia per essere usciti senza pagare. Salimmo nella mia auto ed io guidai fino all’albergo, non distava molto fortunatamente così non avremmo reso il viaggio troppo imbarazzante e silenzioso. Felicity era pensierosa, guardava fuori dal finestrino nonostante fosse sera inoltrata, mi chiedevo a cosa stesse pensando e se in qualche modo avrebbe influito sulla nostra “relazione”.
«Accomodati pure.» le dissi invitandola a sedersi sul piccolo divano presente nella stanza.
«Grazie.» rispose lei sedendosi, ed io feci lo stesso.
«Chiedimi quello che vuoi sapere, se posso ti risponderò.» affermai guardandola.
«Dove sei stato tutto questo tempo?» mi domandò come prima cosa.
«San Pietroburgo, Mosca e Omsk. Ma la maggior parte del tempo l’ho passato a San Pietroburgo…» risposi senza nascondere niente.
«Quindi… Sei stato in Russia, giusto? Quando tu e Robert siete scomparsi ci hanno detto che eravate a largo delle coste russe…»
«Sì, è vero. Dovevamo prendere parte ad un progetto europeo per la Queen Consolidated, ma non siamo mai arrivati.»
«Capisco… Quei poliziotti ci avevano detto che eravate morti, che era impossibile sopravvivere là fuori a quelle temperature… Come hai fatto ad uscirne, Oliver?» mi domandò confusa e incuriosita allo stesso tempo.
«Non l’ho fatto, o meglio, non da solo. Qualcuno mi ha salvato.» esclamai senza però rivelarle chi fosse.
«Qualcuno? Chi? Perché non puoi raccontarmi la verità? Di chi hai paura? Conosco quello sguardo, ti ho sposato cinque anni fa in fin dei conti, cosa sta realmente accadendo?» mi chiese a raffica. Mi pentii subito di aver iniziato questa conversazione.
«Felicity! Felicity! Fermati.» la interruppi prima che aggiungesse altre mille domande «Hai ragione, non posso raccontarti la verità, ma lo faccio solo per tenerti al sicuro. Non permetterò mai che ti accada qualcosa, lo capisci questo? In quei quattro anni ho conosciuto persone orribili, crudeli e spietate che non si farebbero alcun problema a farti del male per vendicarsi. Devi promettermi che non indagherai oltre, okay?»
«Va bene… Okay… Ma dimmi una cosa… Sei immischiato in qualche faccenda pericolosa? Se così fosse sai che potrei aiutarti…» provò a dire per convincermi.
«Sono stato coinvolto in cose non del tutto legali e non per mia volontà, non aggiungerò altro. Per favore, promettimi che non indagherai.» dissi prendendole la mano.
«Te lo prometto.» rispose accarezzandomi il dorso della mano con il pollice.
«Se potessi ti spiegherei ogni cosa, lo sai vero?» chiesi stringendo di più la presa sulla sua piccola mano.
«Lo so.» confermò lei spostando lo sguardo sulle nostre dita intrecciate.
«Felicity, io…» iniziai a dire, ma fui interrotto da una cosa che non mi sarei mai e poi mai aspettato in questo momento.
Mi ero ritrovato le sue labbra premute contro le mie ed in un primo instante avevo sgranato gli occhi per la sorpresa, che diavolo stava succedendo? Avevo le allucinazioni? Mi ero reso conto che era tutto reale nel momento in cui avevo sentito la sua lingua cercare di farsi strada nella mia bocca, sì, era decisamente tutto vero. Chiusi gli occhi e lasciai che l’istinto facesse il resto, ci stavamo baciando in modo non del tutto casto e non potevo negare che tutto questo mi fosse mancato incredibilmente. Nessuna donna era Felicity, nessuna.
Poco a poco la sentii avvicinarsi a me sempre di più e decisi di lasciarla fare, forse avrei dovuto fermarla, ma non m’importava, non ora, volevo che stessimo insieme il più a lungo possibile e a quanto vedevo lo voleva anche lei. Capii le sue vere intenzioni solamente quando si mise a cavalcioni su di me, ero ancora seduto sul divano nella stessa posizione di prima come se non riuscissi a muovermi. Probabilmente neanche volevo muovermi, come se spostandomi da lì potesse finire tutto.
Ci fermammo un attimo a guardarci fissi negli occhi, i suoi erano pieni di desiderio e i miei certamente non erano da meno, oramai eravamo ad un punto di non ritorno. Felicity mi slacciò i primi bottoni della camicia, poi quasi a metà decise di strapparli direttamente. Le sue mani viaggiavano accarezzandomi il petto nudo e mi concessi di godermi quel momento il più possibile. Nel frattempo le avevo alzato il vestito, che fortunatamente era abbastanza elasticizzato da poterlo sfilare in un attimo, facendolo finire da qualche parte sul pavimento. Tra un bacio e l’altro la cintura e il bottone dei miei pantaloni erano completamente aperti lasciandomi quasi nudo, mi sollevai poco giusto per farli cadere a terra e afferrai il viso di Felicity tra le mani per baciarla.
Successe tutto in poco tempo, i miei boxer finirono a terra e lo stesso fecero le sue mutandine, poi con una spinta decisa la feci mia. Ero in pace con me stesso, mi sentivo completo ora che ero dentro di lei. Le afferrai un’anca e la tirai verso di me, Felicity sospirò di piacere ed io con lei. Iniziò a muoversi lentamente mentre le nostre mani correvano ovunque sui nostri corpi. La sentii stringersi a me e gemere, inequivocabile segno che aveva raggiunto il culmine, io continuai a muovermi, ma un’istante dopo venni anch’io dentro di lei.
Respiravamo affannosamente entrambi ed eravamo ancora nella stessa posizione, nessuno dei due aveva aperto bocca, non erano state necessarie parole, anzi se avessimo parlato probabilmente nulla di tutto ciò sarebbe accaduto. Felicity si scostò da me e raccolse da terra il vestito per coprirsi un po’, io feci lo stesso approfittando per rimettermi i boxer e i pantaloni. La vidi rivestirsi in fretta e furia e sapevo che questo suo comportamento non prometteva niente di buono, nonostante fosse stata lei a fare la prima mossa non potevo non pensare che da un lato se ne fosse pentita. Andare a letto insieme non era certo il modo migliore di iniziare un rapporto e nella mia testa continuava a rimbombare il pensiero che avrei dovuto fermarla prima. Il problema era che lo volevo anch’io, nel senso, volevo che accadesse e non ce l’avevo fatta a dirle di no. Forse era egoista non pensare a come avrebbe reagito, però era pur sempre stata lei a baciarmi.
«I-Io devo andare…» balbettò raccogliendo la borsa.
«Felicity aspetta…» le dissi raggiungendola davanti alla porta.
«No, ti prego, lasciami andare.» rispose con gli occhi lucidi.
«Non voglio che tu stia male per quello che è successo, per favore, rimani.» la pregai.
«Non posso, ho bisogno di stare da sola per un po’.»
«Mi dispiace, ho fatto un casino.» mi scusai, e mi maledissi mentalmente per non essermi fermato subito.
«Non è colpa tua, non preoccuparti.» mi rassicurò abbozzando un sorriso.
«Non voglio lasciarti andare in questo stato.» affermai.
«Va tutto bene, davvero. Ci vediamo presto, promesso.» rispose lasciandomi un piccolo bacio sulla guancia.
«D’accordo, come vuoi tu.» le sorrisi malinconico «Buonanotte, Felicity.»
«Notte, Oliver.» mi salutò per poi andarsene.










Angolo autrice
Eccomi qui come promesso! :)
Allora, Fel ed Oliver escono a cena per parlare, tutto sembra andare bene finchè lei non inizia a chiedere un po' troppi dettagli sui quattro anni passati di Oliver... Sappiamo che è stato per la maggior parte del tempo a San Pietroburgo, ma anche a Mosca e Omsk (in Siberia). A quanto pare è coinvolto in qualcosa, ma non ha specificato in che cosa per non mettere in pericolo l'incolumità di Felicity...
In albergo le cose si fanno strane tra loro ed è proprio Fel a cedere e a lasciarsi andare... Il resto non ha bisogno di spiegazioni credo xD 
Beh, vi aspettavate che la loro serata finisse in quel modo? Come reagiranno entrambi dopo questa piccola parentesi di passione? Felicity sembrava scossa, si sarà pentita di tutto? :) 

Ho notato purtroppo che le recensioni sono calate parecchio nello scorso capitolo, magari con questo recupero un po' (spero). Fatemi sapere che ne pensate, non siate timidi ahah!
Ps: corro a guardare The Flash e Arrow! **

A lunedì,
Anna

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Capitolo 7
*** Problems ***


Chapter six - Problems





Felicity
Uscii dall’albergo praticamente correndo, salii sul primo taxi disponibile e non appena fui sul mio divano scoppiai in un pianto liberatorio. Non potevo ancora credere a ciò che era successo meno di mezz’ora fa, mi veniva da ridere e piangere allo stesso tempo. Oliver ed io avevamo fatto sesso sul divano dell’hotel dopo una settimana che c’eravamo rivisti, era una cosa quasi irreale per me da credere e non sapevo cosa avrebbe comportato una cosa del genere. Piansi ancora, lasciai che le lacrime mi rigassero entrambe le guance e ringraziai il cielo che non ci fossero i bambini. In che casino mi ero messa? Che cavolo mi era saltato in mente? Tutto mi sarei aspettata fuorché concludere la serata con un orgasmo. Nonostante la grandissima cazzata che avevo fatto, non potevo negare quanto mi fossi sentita bene tra le sue braccia, era stato tutto così naturale che mi sembrava fin strano. Oliver aveva assecondato ogni mio desiderio e gli ero grata per questo, se avessimo detto una parola probabilmente mi sarei sentita troppo in imbarazzo anche solo per guardarlo negli occhi. Sapevo che questo avrebbe cambiato le cose tra noi, eravamo saltati direttamente allo step finale e sicuramente non prometteva niente di buono.
A parte questo, mi sentivo sempre più in colpa verso di lui, insomma gli ero saltata addosso e nel frattempo gli stavo tenendo nascosti i suoi figli, che razza di idiota ero? Mi avrebbe odiata, ne ero certa. Sara e Caitlin mi avevano suggerito di indagare un po’, e così avevo fatto, ma di sicuro non avevo programmato niente che comprendesse la sfera sessuale.
Mi asciugai le lacrime e tirai su col naso, forse una buona dormita mi avrebbe permesso di affrontare la giornata lavorativa di domani, non potevo presentarmi al lavoro con la scusa “ho fatto sesso con mio marito appena tornato dal regno dei morti e ho dormito poco”. Mi infilai il pigiama e mi accoccolai sotto il piumone caldo, dovevo mettere i problemi da parte almeno per qualche ora.
La sveglia trillò puntuale alle sette del mattino ed io come al solito sbuffai infastidita da quel rumore. Dovevo prepararmi in fretta e passare da Barry e Caitlin a prendere Elizabeth e Lucas per poi portarli all’asilo. I miei amici si erano offerti di accompagnarli, ma io avevo categoricamente rifiutato, ero pur sempre la loro mamma e spettava a me prendermi cura di quei due piccoletti. La giornata fuori non era delle migliori, c’erano grossi nuvoloni sopra tutta Central City e questo tempo mi innervosiva più di quanto già fossi. In quel momento mi tornò in mente la sera precedente, me ne ero quasi scordata, anche se probabilmente dipendeva solo dal fatto che ero mezza addormentata. I baci, le mie mani sul suo corpo, le sue mani sul mio corpo, i gemiti, lui dentro di me. No, basta, dovevo liberare la mente almeno per tutta la giornata lavorativa.
Arrivai a casa Allen stranamente puntuale, fu Cait ad aprirmi che subito mi squadrò da capo a piedi. Mio dio, ci mancava solo che sapesse cosa avevamo fatto Oliver ed io! Mi avrebbe presa a calci, poi l’avrebbe detto a Sara, e pure lei mi avrebbe bastonata alla grande. Non tanto perché ero andata a letto con lui, ma perché mi ero lamentata per giorni di non saper cosa fare e poi come una scema avevo ceduto alle mie pulsioni.
«Buongiorno, Felicity. Entra pure.» mi invitò la mia amica.
«Ciao, Caitlin. Dove sono le mie piccole pesti preferite?» domandai scambiandomi uno sguardo con lei. I gemelli si erano nascosti dietro al divano, ma li riuscivo a vedere perfettamente.
«Mamma!» urlarono in coro correndomi incontro.
«Eccovi qui. Allora, com’è andata ieri?» chiesi loro.
«Bene! Abbiamo giocato alla lotta con lo zio Barry, ma era scarso e ha perso subito.» mi rispose Luke scuotendo la testa facendo ridere sia me che Caitlin.
«La zia Cait invece ha curato Lily.» aggiunse Liz facendomi vedere il suo cavallino di peluche con un cerotto.
«Oh, poverina, si era fatta male?» domandai a mia figlia.
«Luke l’ha fatta cadere dal tavolo!» disse lei lanciando un’occhiataccia al fratello.
«Sono sicura che starà benissimo. Perché non prendete gli zaini? È ora di andare all’asilo.» affermai.
Entrambi corsero di sopra a prendere le loro cose ed ero consapevole del fatto che i miei amici mi avrebbero interrogata sulla mia serata a “cena” con Oliver. Barry ci raggiunse in salotto e mi guardò nello stesso modo in cui mi aveva guardata prima la sua fidanzata, mi chiedevo cosa aspettassero a sposarsi quei due.
«Com’è andata ieri, Fel?» mi domandò Barry. Ecco, appunto, prevedibili.
«Tutto… Bene.» risposi maledicendomi per non essere in grado di mentire decentemente.
«Che avete fatto?» intervenne Cait.
Sesso. Abbiamo fatto sesso, Caitlin. Ero nella merda più totale. L’avrebbero capito subito se gli avessi raccontato delle bugie, ma non potevo nemmeno spiattellarglielo in faccia, insomma erano pur sempre cose intime e private. Oltretutto Barry era molto amico di Oliver e non ci avrebbe pensato due volte a tirare fuori l’argomento. Che gran casino!
«Felicity? Terra chiama Felicity.» mi disse Barry muovendo una mano davanti al mio viso.
«Sì, scusa, ci sono. Abbiamo… Cenato. Poi abbiamo fatto una passeggiata.» replicai. Una passeggiata, certo, come no.
«Davvero? Ed è stato tutto… Normale?» mi chiese Caitlin alzando un sopracciglio.
«S-Sì… Beh…» balbettai.
«Mamma, andiamo!» mi dissero i miei figli interrompendo quella che da conversazione si era trasformata poi in interrogatorio.
«Certo, sono pronta.» affermai alzandomi.
«Non finisce qui, Smoak. Sappilo.» mi minacciò la mia amica.
«Okay, okay, ci vediamo dopo al lavoro.» li liquidai. Grazie a dio ero salva.

Oliver
Ero tornato a Starling City da qualche ora e dovevo incontrare mia madre alla Queen Consolidated, a quanto pare doveva presentarmi un nuovo finanziatore, o qualcosa del genere. Non era certamente il momento più adatto per fare affari visto che la mia testa era totalmente altrove, non riuscivo a smettere di pensare a ciò che era capitato la notte scorsa con Felicity e tutto questo non aiutava. Era stato tutto così intenso e passionale che faticavo davvero a non pensarci in continuazione, cercavo di trovare una sorta di spiegazione, ma la verità era che una spiegazione non c’era. Era capitato, stop. Ci eravamo lasciati trasportare dalle emozioni, niente di più. Teoricamente non c’era nulla di male, Felicity era mia moglie e di certo non l’avevo tradita. Mi rendevo conto, però, che andare a letto insieme non era stata una delle mosse più intelligenti che avevamo fatto, avrebbe comportato delle conseguenze nel nostro rapporto e non ero certo di essere in grado di gestirle al meglio.
Arrivai nell’azienda di famiglia abbastanza in orario, mi ero fermato a salutare diverse persone che non vedevo da anni e dovevo ammettere che non era stato poi così male. Raggiunsi mia madre all’ottavo piano, in quello che una volta era lo studio di papà. Entrarci mi mise nostalgia, tristezza e anche rabbia, avrei tanto voluto che lui fosse qui in questo momento, perché nonostante i miei ventotto anni avevo ancora bisogno dei suoi consigli.
«Ehi, Oliver. Tutto bene?» mi domandò mia madre venendomi incontro.
«Mamma, sì, certo, tutto bene. Allora dov’è questo nuovo finanziatore?» chiesi a mia volta.
«Sarà qui a minuti, sono sicura che ti piacerà.» mi rispose con un gran sorriso.
«Lo penso anch’io, infondo in questi anni l’azienda è sempre stata ai vertici anche senza papà.» le dissi convinto.
«Ho fatto del mio meglio.» affermò «Oh, eccola, è arrivata.» mi indicò la porta.
Ah, era una donna. Ottimo. E non era finita qui, quando la vidi bene in faccia mi si gelò il sangue nelle vene, ero diventato una statua fredda di ghiaccio. Non era possibile che lei fosse qui, no, era tutto uno stupido incubo. Respiravo a fatica e mi stavo trattenendo dal prendere una pistola e spararle dritto in testa.
«Signora Queen! Salve!» salutò mia madre con quel fare da falsa che la contraddistingueva.
«Isabel, mia cara, sai che puoi chiamarmi Moira.» rispose mamma dandole due baci «Questo è mio figlio Oliver, Oliver ti presento Isabel Rochev, la nostra nuova finanziatrice.»
«Piacere, signor Queen.» mi disse porgendomi la mano come nulla fosse, come se non ci conoscessimo già. Brutta stronza psicopatica.
«Oliver? Tesoro, stai bene?» mi richiamò mia madre.
«Piacere, signorina Rochev.» esclamai infine stringendole la mano più forte del dovuto.
Se lei era qui c’era un motivo, ne ero sicuro al cento per cento. Non avrebbe dovuto essere qui, né oggi né mai, questi erano stati gli accordi. Ma sotto sotto lo sapevo, lo sapevo che non potevo fidarmi di quella vipera di Isabel e se mai avesse scoperto l’esistenza di Felicity allora sì che sarebbero cazzi amari. Era sempre stata una donna vendicativa e manipolatrice, ma non credevo sarebbe venuta fino a Starling City per cercarmi, che diavolo voleva ancora da me? 
«Perché voi due non andate a prendervi un caffè?» propose Moira.
«È un’ottima idea! Mi piacerebbe.» trillò entusiasta la mora.
«Avrei del lavoro da sbrigare.» dichiarai freddo.
«Avanti, Oliver, sei appena tornato, datti tempo.» continuò mia madre.
«Non mordo mica, signor Queen.» esclamò lei con un ghigno. 
«Va bene, perché no?» cedetti infine facendo il finto entusiasta.
Infondo era meglio così, se mi fossi opposto categoricamente a questa patetica uscita mia madre si sarebbe insospettita ed era davvero l’ultima cosa che volevo. Se si metteva in testa qualcosa nessuno la fermava più e non volevo che indagasse sui miei quattro anni lontano, soprattutto non volevo sapesse che avevo già conosciuto Isabel.
Prendemmo l’ascensore in silenzio, solo io e la strega, e ci dirigemmo al bar della Queen Consolidated che si trovava al piano terra. Non avevo la minima voglia di sentire le sue stronzate, ma la conoscevo, anche troppo bene, e fare storie quando aveva in mente qualcosa non era una buona idea. Ci sedemmo in uno dei tavolini più appartati ed io ordinai un semplice caffè macchiato, da quando l’avevo rivista mi si era stretto lo stomaco e non avevo per niente appetito.
«È passato tanto tempo, non trovi?» mi chiese sistemandosi i capelli.
«Già.» risposi solamente.
«Beh, non mi dici nulla? Come te la passi? Ho visto che la tua azienda procede alla grande anche senza tuo padre alla guida.» continuò con nonchalance.
«Sì, va tutto molto bene fortunatamente.» affermai con un tono sempre distaccato.
«C’è qualcuno di importante nella tua vita?» mi domandò accavallando le lunghe gambe. Sapevo che lo stava facendo per provocarmi, era una vera serpe, dovevo solo non risponderle.
«Sono tornato da una settimana, Isabel, chi vuoi che abbia conosciuto?» esclamai.
«Oliver, sei proprio ingenuo. Credi che non abbia fatto delle ricerche su di te prima di presentarmi qui? So benissimo che eri sposato.» dichiarò con un sorrisetto maligno.
Per l’ennesima volta mi sentii congelare il sangue, questa psicopatica aveva fatto delle ricerche su di me! Cristo santo, dovevo aspettarmelo, aveva ragione a dire che ero ingenuo! Grazie a dio da quand’ero scomparso Felicity se n’era andata o l’avrebbe trovata in pochi minuti, dovevo assolutamente proteggerla ed evitare che Isabel la trovasse o chissà che diavolo le avrebbe potuto raccontare.
«Lo ero, sì.» dissi restando sul vago.
«E dov’è tua moglie ora?» continuò a chiedere lei come se fossero affari suoi.
«Non lo so, e in ogni caso non è un problema tuo.» risposi infastidito.
«Mmm, peccato. Mi sarebbe piaciuto conoscerla.» esclamò alzando le spalle «Beh, ci vediamo in giro, Oliver. Grazie del caffè.» concluse alzandosi dal tavolo.
«Ciao, Isabel.» la salutai con tono freddo.
Non sapevo che cosa fare, dovevo tenere Felicity al sicuro, ma non ero più tanto convinto che tenerla completamente all’oscuro l’avrebbe aiutata. Magari spiegandole un po’ come stavano le cose l’avrei protetta di più, soprattutto da una pazza come Isabel. Ero grato che fosse a Central City, almeno là era più lontana da me e di conseguenza dai miei problemi, ma forse era giunta l’ora di metterla in guardia.
“Felicity, ciao. Scusami se ti disturbo mentre lavori, ma avrei urgente bisogno di parlarti. Posso venire io fino da te se preferisci. Ti prego, è importante. Oliver.” digitai velocemente sul mio iPhone.
La sua risposta mi arrivò circa una decina di minuti dopo “Ciao. Sì, certo che possiamo parlare! Vieni quando vuoi, mi trovi ai Laboratori Star (ultimamente sono molto indaffarata). Spero non sia nulla di grave, a presto. Felicity.”









Angolo autrice
Buon lunedì miei cari :)
In questo capitolo avete anche una visione da parte di Felicity, e come molti avevano intuito, si sente in colpa verso Oliver perchè gli sta ancora tenendo nascosti i gemelli... Sembra che persino Barry e Caitlin abbiano capito che c'è qualcosa che non va lol. Fortuna che sono arrivati i bambini a salvarla xD
Oliver invece incontra una vecchia conoscenza... Niente meno che la simpaticissima Isabel Rochev! Che a quanto pare non si è limitata a presentarsi alla Queen Consolidated, ma ha persino fatto delle ricerche su Oliver venendo a conoscenza del fatto che fosse sposato... Lui alla fine decide che è ora di coinvolgere di più Felicity e raccontarle di più per proteggerla.
Come mai Isabel sarà tornata? E dove si saranno conosciuti lei ed Oliver? Felicity, invece, deciderà di sganciare la bomba finalemente? :) 

Grazie mille per le 8 recensioni, spero di riceverne altrettante (o magari di più eheh)! Grazie anche per le aggiunte nelle varie categorie!
Fatemi sapere che ne pensate e se avete dubbi o domande, here I am ;)

Ci vediamo giovedì,
Anna

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Capitolo 8
*** Problems part. 2 ***


Chapter seven - Problems part. 2 





Felicity
Avevo ricevuto quello strano messaggio da Oliver circa mezz’ora fa e da allora mi stavo scervellando per capire di cosa volesse parlarmi. Immaginavo si trattasse del suo passato, insomma, di che altro avremmo dovuto parlare lui ed io? C’erano sempre di mezzo Elizabeth e Lucas, ma non mi sentivo ancora pronta a rivelargli la verità. Probabilmente mi stavo comportando malissimo, anzi, me ne rendevo proprio conto, però erano pur sempre i miei figli e non sapevo in che guai fosse coinvolto Oliver. Poteva essere qualcosa di banale come qualcosa di veramente grosso, e il mio istinto mi diceva che era qualcosa di serio stavolta.
«Ehi, Felicity!» mi salutò improvvisamente una voce maschile risvegliandomi dai miei pensieri.
«Ray! Ciao! Non ti avevo sentito arrivare, scusa.» lo salutai a mia volta.
«Oh, tranquilla, anzi non volevo disturbarti.» si scusò.
«Figurati, dimmi pure.» affermai alzando la testa dal tavolo di lavoro.
«Avrei bisogno di una mano con l’installazione di un programma sul mio nuovo portatile, ma non preoccuparti, non è urgente.» mi disse lui.
«Lo faccio anche adesso, non c’è problema.» replicai alzando le spalle.
«Davvero? Ottimo! Grazie infinite!» dichiarò Ray entusiasta porgendomi il suo computer.
«Okay, vediamo.» accesi il pc e cominciai a digitare sulla tastiera «Nulla di complesso, bisogna aspettare un po’ che completi l’installazione, ti ho già inserito i codici d’accesso.»
«Era così semplice? Mi sento leggermente scemo in questo momento.» ridacchiò riprendendosi l’oggetto.
«Per qualcuno non esperto può risultare complicato invece, guarda la mia amica Sara, lei ci litiga proprio con i computer.» gli risposi sorridendo.
«Posso consolarmi con questo allora. Grazie comunque!»
«Non c’è di che, è stato un piacere.»
Fece per uscire dal mio ufficio, poi ci ripensò e si voltò nuovamente verso di me «Non è che ti andrebbe di uscire? Non so, magari domani sera…» mi chiese incerto.
Aprii la bocca come un’idiota per la sorpresa e dopo qualche secondo, come se non bastasse, sgranai anche gli occhi. Sembravo una pazza, sul serio, ma non mi aspettavo minimamente una proposta del genere da parte sua. Eravamo colleghi da poco più di una settimana e non credevo di interessargli in quel senso, pensavo stessimo solamente diventando amici. Mio dio, che avrei dovuto dirgli ora? Dovevo confessargli che ero ancora sposata, che avevo due figli e che tra l’altro ero andata a letto con Oliver? No, okay, quest’ultima cosa era meglio se me la tenevo per me.
«Felicity? Tutto bene? Non… Non volevo essere inopportuno, mi spiace…» affermò mortificato.
«No, scusami tu, è che sono in una situazione piuttosto complicata… Ero… Ero sposata con Oliver Queen… Tecnicamente lo sono ancora, sai com’è, credevo fosse morto…» balbettai.
«Oh, non ne avevo idea. Non guardo molto la televisione, non sapevo del vostro matrimonio. Mi dispiace per la figura pessima che ho fatto.»
«Non è colpa tua! Penso solo di dover capire io stessa cosa voglio prima di buttarmi in qualche sorta di altra relazione… E soprattutto non voglio mentirti, Oliver è ancora una parte molto importante della mia vita.»
«Certo, lo capisco. È pur sempre tuo marito.» mi disse con un lieve sorriso.
«Amici?» azzardai sperando di non perdere il bel rapporto tra noi.
«Sì, certamente.» rispose Ray con un sorriso stavolta più marcato.
Lo lasciai tornare al suo lavoro ed io continuai il mio, ringraziai il mio capo per avermi dato una mole di lavoro consistente o non avrei smesso di pensare al casino che c’era nella mia vita ora come ora. Oliver, Ray, i bambini, i miei amici… Neanche con i superpoteri sarei stata in grado di gestire ogni cosa al meglio. Mi passai le mani tra i capelli cercando di concentrarmi nel progetto informatico, ma non servì a molto visto che la mia mente continuava a viaggiare come non mai. Ray mi aveva chiesto di uscire ed io ero rimasta talmente sconvolta da quella richiesta che avevo messo in discussione tutto. Amavo Oliver, questo di certo non lo negavo, ma una parte di me sentiva che le cose tra noi erano cambiate, forse in un modo irreparabile. Nonostante i miei dubbi avevo accettato di parlargli, non potevo escluderlo come nulla fosse dalla mia vita solo perché spinta dalla passione gli ero saltata addosso, e soprattutto dovevo capire se potevo fidarmi di lui come prima. Magari tra noi non avrebbe più funzionato, ma prima o poi avrei dovuto confessargli che aveva due figli.
Continuai il mio lavoro fino all’ora di pranzo, ero davvero affamata e avrei ucciso per un panino e delle patatine del Big Belly Burger. Mi alzai dalla sedia e andai in cerca di Barry e Caitlin, ma sembravano spariti, non erano in laboratorio e nemmeno nella sala ristoro. Uscii appena dai Laboratori Star e li trovai entrambi intenti a parlare allegramente con Oliver… Da quanto era qui? E come mai non mi aveva neppure avvisata che sarebbe passato proprio adesso?

Oliver
Qualche minuto dopo il mio arrivo ai Laboratori Star incontrai Barry e Caitlin intenti ad uscire per pranzo, il mio amico sembrò particolarmente felice di rivedermi e questo mi fece davvero piacere. Tra noi le cose parevano essere rimaste come le avevamo lasciate quattro anni prima, a differenza del rapporto con Felicity. In tutto questo casino almeno una nota positiva c’era, avevo pur sempre uno dei miei migliori amici con cui poter parlare liberamente. Dopo una breve chiacchierata comparve anche Felicity, aveva uno sguardo stupito, come se non si aspettasse proprio di vedermi nonostante fosse stata lei a dirmi di venire nel suo luogo di lavoro.
«Ciao ragazzi.» si avvicinò lei incerta.
«Fel, ehi! Ci stavamo giusto chiedendo se ti andava di venire a pranzo, Oliver tu sei incluso ovviamente.» affermò Barry tutto entusiasta.
«Uhm, magari un’altra volta.» commentò Felicity. Sembrava imbarazzata all’idea di uscire con me e i suoi, o meglio nostri, amici.
«Che gusta feste che sei!» sbuffò Caitlin facendomi ridere sotto i baffi.
«Visto che ci stai dando buca ora, sei già prenotata per una futura cena, noi quattro più Sara. Non accetto obiezioni.» dichiarò il mio amico.
«Io accetto volentieri.» dissi alzando le spalle. Infondo passare del tempo tutti insieme non avrebbe fatto male a nessuno.
«E va bene, Barry.» acconsentì infine anche Felicity.
«Ottimo! Ollie, ci vediamo presto!» mi salutò con un mezzo abbraccio. Odiavo quando faceva il sentimentale, ma dovevo ammettere che mi era mancato pure questo suo lato di lui quand’ero lontano.
«A presto ragazzi.» li salutai anch’io per poi concentrarmi su Felicity.
«Beh, di che volevi parlarmi?» mi chiese diretta.
«Vieni, sediamoci.» risposi.
Ci sedemmo in una delle panchine appena fuori dai Laboratori Star, la giornata non era delle migliori, ma se non altro non pioveva. Era ora che le raccontassi tutto di Isabel così che potesse stare attenta e proteggersi anche da sola in un certo senso. Non sapevo esattamente come l’avrebbe presa, Felicity non era mai stata particolarmente gelosa però di sicuro non le avrebbe fatto piacere sapere che avevo trascorso gran parte di quegli anni insieme ad una donna del genere.
«Non so da dove iniziare… C’è una persona a cui devi fare attenzione… Si chiama Isabel Rochev ed è una donna diabolica, forse la più diabolica sulla faccia della terra. L’ho incontrata a Mosca ed è stata lei uno dei tanti motivi per cui non sono potuto tornare prima. So che tutto questo ti sembrerà assurdo e senza senso, ma devi fidarti di me e se mai ti capitasse di incontrarla stalle lontano, okay?»
«Una donna che hai incontrato a Mosca, eh?» mi domandò abbassando lo sguardo.
«Felicity, non è come credi. Tra me e lei non c’è mai stato niente di niente.»
«E perché dovrei preoccuparmene allora?»
«Perché ora è a Starling City, è una delle nuove finanziatrici della Queen Consolidated e sa che ero sposato. Fortunatamente non sa che mia moglie eri tu, però credimi se ti dico che non ci metterà tanto a scoprirlo e sicuramente userà te per arrivare a me.»
«Oliver, che cosa mai potrebbe volere da me?» mi chiese.
«Niente, lo farebbe solo per colpire e ferire me. Non corre buon sangue tra noi e sono quasi certo che non sia qui per puro caso, ha in mente qualcosa.» le spiegai.
«Se mai si facesse viva non le darò retta, okay?»
«Tutto qui? Non hai nient’altro da dire?»
«Che cosa vuoi che ti dica? C’è una donna che ti ha rincorso per mezzo mondo, con cui hai passato praticamente quattro anni della tua vita, ora spiegami cosa dovrei pensare?» sbraitò infastidita.
«Ti ho detto che non c’è mai stato niente tra noi, perché non mi credi?» le domandai di getto.
«Non so più a cosa credere, Oliver. Capisco che tu voglia proteggermi, e lo apprezzo, ma ora come ora ho bisogno di sapere se posso realmente fidarmi di te.»
«Puoi farlo, lo sai.» le dissi prendendole la mano.
«Ho bisogno di tempo.» affermò rompendo il contatto tra le nostre mani.
«Va bene. Volevo solo che sapessi questo.» risposi sospirando.
«Grazie di avermi avvisata.»
«Felicity, ti prometto che un giorno ti spiegherò tutto.»
«Sì, lo spero.» replicò guardandomi negli occhi «Ora è meglio che ritorni a lavorare. Ci vediamo presto.» mi salutò con un bacio sulla guancia.
«Sì, a presto.» le dissi tristemente. 
Non era andata proprio come mi aspettavo, non pensavo che si sarebbe arrabbiata per la questione di Isabel, anche se magari mettendomi nei suoi panni la vedrei in modo diverso. Credeva che l’avessi tradita con quella strega, ma non era assolutamente così, non l’avrei mai fatto nonostante Isabel volesse me in tutti i sensi. Speravo solo che non coinvolgesse Felicity nelle sue manipolazioni/vendette da pazza o l’avrei uccisa sul serio questa volta. L’unica cosa da fare era aspettare.










Angolo autrice
Ciao! Inizio dicendovi che non sono sicura di riuscire a pubblicare l'ottavo capitolo già lunedì perchè sono un po' indietro con lo studio ._.
Anyway, in questo capitolo vediamo le vere intenzioni di Ray... Già da subito si era capito che Fel gli interessava ed ora si è fatto avanti, lei però ha rifiutato spiegandogli a grandi linee la sua situazione.
Nella seconda parte Oliver spiega più o meno chi è Isabel e Felicity pare particolarmente infastidita nonostante lui le abbia detto la verità... Ora le domande che sorgono sono: Isabel troverà Felicity? Fel dirà ad Oliver dei bambini dopo questa confessione? Per quale motivo la strega si è presentata a Starling City? E soprattutto, come gestiranno la cena a casa Allen?

Vi ringrazio per le belle parole che mi dedicate sempre, anche se le recensioni sono calate un bel po' non vi abbandono comunque, don't worry :)
Ps: a breve dovrei pubblicare anche il capitolo dell'altra (mi sono accorta che vi sto facendo aspettare un po' troppo lol)
Ora vado a vedere Arrow e ho paura, già ieri la puntata di Flash non ha aiutato... E poi c'è pure UN MESE di pausa, morirò.

A presto!
Anna

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Capitolo 9
*** Hidden truth ***


Chapter eight - Hidden truth





Oliver
Era passata una settimana dall’ultima volta che avevo visto e sentito Felicity, dopo la mia confessione su Isabel non c’era più stato alcun contatto tra noi. Avevo provato a mandarle un messaggio qualche giorno dopo, ma non aveva mai risposto e sapevo che a quel punto avrei dovuto lasciarle spazio. Era restia a credere a ciò che le avevo raccontato, non pensava che non avessi mai fatto niente con Isabel, nonostante quella fosse la verità, e da un lato la capivo, anzi probabilmente avrei reagito allo stesso modo. Il problema in questo caso era che Isabel non era una qualunque, era una serpe pronta a tutto per ottenere quello che voleva, sarebbe stata capace di inculcare nella mente di Felicity bugie su bugie ed io avrei potuto farci poco e niente. Non sapevo ancora quale fosse il suo piano, ma ero convinto che pian piano avrebbe fatto le sue mosse e quasi sicuramente sarebbero state dirette a me. Voleva vendicarsi per ciò che era accaduto in Russia, altrimenti non mi avrebbe mai seguito fino a Starling City.
«Oliver? Posso?» chiese una voce maschile alquanto familiare.
«John! Non posso crederci! Vieni, entra.» lo invitai alzandomi dalla scrivania del mio ufficio.
John Diggle era sempre stato un amico di famiglia, da quando Felicity aveva iniziato a frequentarmi l’aveva visto come una specie di padre, erano sempre stati particolarmente legati loro due. Dig lavorava ancora per la mia famiglia da quanto avevo capito, e lui e Lyla avevano avuto una bambina poco prima che io scomparissi con il Queen’s Gambit. Non lo vedevo da allora e trovarmelo qui in ufficio era stata una bellissima sorpresa.
«Come stai?» gli domandai offrendogli un goccio del mio scotch.
«Come sto io? Sei tu ad essere tornato dal regno dei morti, Queen.» mi rispose prendendomi in giro.
«Lo so, lo so. Anche mia madre e Thea continuano a ripetermelo.» 
«Ti trovo bene nonostante tutto.»
«Sì, non mi lamento…» affermai sorseggiando un po’ del liquore.
«Ma c’è comunque qualcosa che ti preoccupa, vero? Saranno anche passati quattro anni, ma non sai proprio nascondere le tue emozioni, almeno non a me.»
«Mi hai sempre capito troppo bene tu.»
«Si tratta di Felicity?» mi chiese colpendo nel segno.
«No, sì, non solo… È tutto un gran casino, John.» sospirai.
«Oliver, ascolta, immagino tu ne abbia passate tante e non starò qui a chiederti i dettagli, ti dico solo che dovresti essere totalmente sincero con Felicity. Si vede lontano un miglio che sei ancora innamorato di lei, non lasciartela scappare.»
«È palese che io la ami ancora, ma lei non si fida di me e non so come fare per tenerla al sicuro.»
«Devi dirle la verità, raccontale tutto, da cosa provi a ciò che hai fatto laggiù. Non sarà di certo semplice ma Felicity ne vale la pena.»
«Non posso raccontarle tutto, non voglio che… Che sia nel mirino di certa gente…» provai a spiegare.
«Non sarà la verità a metterla in pericolo, Oliver, credimi. Ho passato le stesse cose un anno fa con Lyla ed eravamo arrivati al punto di voler divorziare solo perché io non ero stato sincero con lei. Quando mi sono reso conto che stavo per perdere mia moglie e forse anche mia figlia mi sono deciso a raccontare tutto, ogni dettaglio, ogni emozione e lei ha capito. Abbiamo affrontato la questione insieme come una coppia, come una famiglia ed ora siamo più felici che mai.»
«John, non è così facile… Ho provato a spiegarle determinate cose, ma lei non si fida.»
«Probabilmente sentiva che ancora le nascondevi delle cose. Ricordati che Felicity ti conosce meglio di te stesso.»
«Questo è totalmente vero… Mi ha sempre capito meglio di chiunque altro.»
«Quindi seguirai il mio consiglio? Guarda che se la fai soffrire ti sparo.» mi minacciò ridendo.
«Non ho dubbi che lo faresti! Ma sì, credo seguirò le tue sagge parole. Grazie John, per tutto.»
«Mi ha fatto piacere rivederti, Oliver. Dovresti passare una sera, Lyla vuole salutarti.»
«Devo una cena a te e anche a Barry, mi sa che sarò apposto per i prossimi mesi!» risposi stringendo la mano al mio amico.
«Sicuramente! Ah, dimenticavo, tua madre ti sta cercando e mi ha chiesto di dirti se la raggiungi a casa appena puoi.»
«Lo farò, grazie.» dissi.
«Stammi bene, Oliver.» mi salutò.
John chiaramente aveva ragione su ogni cosa, tenere Felicity all’oscuro o rivelarle solamente mezze verità non aveva senso. Dovevo essere sincero con lei, spiegarle i motivi che mi avevano tenuto lontano da casa per così tanto tempo e quasi sicuramente avrebbe capito. Forse non ne sarebbe stata entusiasta, ma almeno c’erano tutte le carte in tavola e così si sarebbe potuta nuovamente fidare di me.
All’ora di pranzo mi presi una pausa e ritornai a casa dove teoricamente mia madre mi aspettava. Non avevo idea di cosa volesse parlarmi, ma non potevo non presentarmi o mi avrebbe fatto una testa così poi. Parcheggiai la mia auto in garage e mi recai nel grande salone della villa, mia madre era tranquillamente seduta sul divano con dei fascicoli tra le mani, sicuramente erano progetti o statistiche della Queen Consolidated.
«Mamma.» la chiamai così che alzasse la testa verso di me.
«Oliver, finalmente sei qui.» rispose richiudendo tutte le scartoffie che stava leggendo.
«Come mai mi hai fatto tornare? Diggle mi ha detto che mi cercavi.» chiesi sedendomi accanto a lei.
«Ho bisogno di parlarti.» mi disse lei senza incrociare il mio sguardo.
«E non potevi telefonare in ufficio o sul mio cellulare?»
«No, non questa volta.» affermò.
«Okay, d’accordo. Che succede?» domandai capendo che qualcosa la turbava.
«Thea non c’è, vero?»
«No, non l’ho vista. Credo sia all’università, mi aveva accennato che prossimamente avrebbe avuto un esame, perché?» le chiesi non capendo che cosa centrasse mia sorella in tutto questo.
«Perché non voglio che sappia nulla di questa storia, non ora almeno.» rispose.
«Va bene, mamma. Ora mi vuoi dire che ti prende?»
«Leggi tu stesso, non penso ci siano parole giuste per esprimere una situazione del genere.» mi disse porgendomi tutti i fogli che prima stava leggendo.
Incuriosito aprii il fascicolo notando che conteneva per la maggior parte foto, c’erano poche scritte qua e là, forse erano appunti. Ne sfogliai un paio accorgendomi che la persona fotografata era Felicity… Un momento, chi aveva pedinato mia moglie? Perché mia madre aveva delle sue foto scattate a Central City? Guardando più attentamente mi resi conto che erano vecchie fotografie, le date risalivano tutte a dopo la mia scomparsa, alcune erano addirittura di tre anni prima.
«Non capisco, perché mi stai facendo vedere tutto questo? L’hai per caso fatta seguire da qualcuno?» domandai a mia madre.
«Non sono stata io, ho trovato tutto stamattina nella cassetta postale. Però ti prego, vai avanti.» mi rispose invitandomi a continuare.
Ora potevo dire di essere confuso, qualcuno aveva spiato Felicity nel corso degli anni e aveva spedito queste foto a casa nostra per farci vedere quello che aveva fatto? Stavo provando a capire ciò che stava succedendo quando vidi qualche foto di lei con due bambini. Li teneva in braccio, ci giocava, li accompagnava al parco. In un primo momento pensai che si fosse messa a fare qualche turno da babysitter per un’amica, ma poi realizzai che era troppo “legata” a quei due bambini e che non potevano essere solo i figli di una sua amica. Osservai ogni singola foto, soffermandomi di più sull’ultima che risaliva a cinque mesi fa, Felicity teneva in braccio la bambina e per mano il bambino, tutti e tre sorridevano  e sembravano davvero molto felici. Fu in quell’istante che capii che quelle due creature erano figli suoi. Rimasi a fissare quella fotografia per un tempo infinito, non mi sembrava neanche vero.
«Oliver, dì qualcosa.» mi incoraggiò mia madre.
«Non… Non so che cosa dire.» risposi ancora scosso.
«Io non ne sapevo niente, mi dispiace tanto che tu l’abbia scoperto così.» affermò accarezzandomi dolcemente la schiena.
«Non posso credere che me l’abbia tenuto nascosto…»
«Tesoro, vedrai che si risolverà tutto.»
«Come potrà risolversi, mamma? Mi ha chiesto di essere sincero con lei quando era lei stessa a tenermi nascosta una cosa così grande!» sbraitai.
«Non so perché l’abbia fatto, non me ne capacito neanch’io, ma Oliver dovrete pur parlare d’ora in avanti no? Se non altro per il bene dei bambini.»
«Scusa che vuoi dire?» le chiesi non capendo cosa volesse dire, ero talmente frastornato e arrabbiato che non ragionavo.
«Credo tu voglia far parte della loro vita, e Felicity è pur sempre la loro madre, quindi dovrete avere un rapporto civile, questo intendo.»
«Far parte della loro vita? E perché mai? Che diritto ho io di intromettermi nella vita di due bambini di poco più di tre anni?» domandai alzando ulteriormente il tono della voce.
«Oliver, ma ti stai ascoltando? Sono i tuoi figli, per l’amor del cielo!» mi rispose la donna con tono alterato.
«Aspetta un attimo… Cosa?!»
«Oh mio dio, non avrai mica pensato che fossero di qualcun altro? Ma non vedi quanto ti somigliano? Lo vedrebbe pure un cieco!»
«No, non sono miei. Non possono esserlo.»
«Oliver, so che sei sconvolto almeno il doppio di quanto lo sono io, ma negare l’evidenza non ti aiuterà.» esclamò mia madre provando a farmi ragionare.
«Non posso accettare che siano miei, non posso farlo perché se così fosse dovrei iniziare ad odiare Felicity e non credo di poter sopportare anche questo.» spiegai, questa volta con un tono più pacato.
«Non hai bisogno di odiarla. Per quanto io stessa sia profondamente delusa è pur sempre la madre dei miei nipoti
«La Felicity che conoscevo non l’avrebbe mai fatto. Non riesco ad elaborare tutto questo, è davvero troppo. Ho bisogno di aria.» dichiarai alzandomi dal divano.
Mia madre non disse nulla e mi lasciò andare, forse aveva capito che ora come ora avevo solo bisogno di essere lasciato in pace. Scoprire da delle stupide foto di avere non uno, ma due figli mi aveva letteralmente spezzato. E non parlavo solamente del cuore, ogni singola parte del mio corpo era rotta, mi sentivo tradito e preso in giro e questo dolore derivava dall’unica persona che pensavo non mi avrebbe mai provocato sensazioni simili. Probabilmente mi sbagliavo.










Angolo autrice
Alla fine ce l'ho fatta a pubblicare oggi, visto che brava? xD
Beh, questo è un capitolo abbastanza importante... C'è la "prima" parte dove Oliver e Dig si rivedono e quest'ultimo gli fa capire che dire la verità a Felicity è l'unico modo per proteggerla e riconquistarla. Oliver accetta di seguire il consiglio del suo amico, ma non si aspetta minimamente ciò che accadrà poi.
Nella seconda "parte" Oliver parla con Moira e BOOM viene fuori il segreto che Fel si portava dietro! Come avrete notato lui non ci crede, non pensa che i bimbi siano suoi perchè è convinto che Felicity non glielo avrebbe mai nascosto... E invece...
Ora che farà Ollie? Si presentarà da Felicity chiedendo dei gemelli? Come reagirà lei invece sapendo che la verità è venuta a galla? E... Chi avrà spedito il fascicolo? 
Vi posso già dire che ne vedremo delle belle eheh ;)

Grazie mille per le belle recensioni, fatemi sapere se vi è piaciuto anche questo capitolo! 
Non so se riesco a pubblicare giovedì perché sono via tutto il giorno .-.
Ps: ditemi che avete visto Arrow... Ditemi che siete incavolati almeno quanto me per come hanno gestito gli Olicity... Ditemi che avete pianto un sacco con il messaggio di Oliver per William... (si capisce che sono disperata no? xD) Ci sono pure 20 giorni e passa di pausa T.T

Beh, a prestissimo!
Anna

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Capitolo 10
*** Pregnancy ***


Chapter nine - Pregnancy 





Felicity
Era trascorso poco più di un mese dalla morte di Oliver e ancora non stavo meglio, non ci riuscivo. Mi mancava troppo e ogni singola volta che pensavo a lui scoppiavo in lacrime, sapevo di non poter continuare a vivere così, ma come potevo superare una cosa tanto grande? Il trasferimento a Central City un po’ mi aveva risollevata, anzi, più che altro mi teneva impegnata, e questo era certamente un bene per me. Come se non bastasse era almeno una settimana che mi sentivo strana, avevo un malessere generale che m’infastidiva e mi impediva di concentrarmi sul mio lavoro. Era come avere l’influenza, ma senza una benché minima linea di febbre. Oltretutto mi faceva schifo il caffè, ed io amavo il caffè. Che diavolo mi stava succedendo? Non bastava aver perso Oliver da così poco, adesso mi ero presa pure qualche malanno! La fortuna a quanto pareva era perennemente dalla mia parte.
Mi alzai piano dal letto, era sabato per fortuna ed avevo il weekend libero, forse era la buona volta che questa specie di influenza mi passasse. Per poco non ricaddi sul materasso colpita da un forte capogiro, continuavo a chiedermi come mai capitassero tutte a me. Presi un bel respiro e scesi di sotto, c’era profumo di dolci ed improvvisamente il mio stomaco brontolò per la fame. Sara cucinava benissimo, da quando ci eravamo trasferite in questa piccola casa insieme preparava qualcosa di ottimo ogni mattina e oggi non era diverso. Non ero mai stata un’amante dei pancake con il miele, ma ultimamente non facevo altro che pregarla di cucinarmeli, ero come una tossicodipendente in cerca della dose giornaliera.
«Felicity, io ti voglio bene, ma non credi finirai per prendere dieci chili se continui così?» mi chiese Sara sedendosi accanto a me con una modesta fetta di pane e marmellata.
«Chi se ne frega, non ho niente da perdere.» risposi alzando le spalle.
«Non dire così, ti prego.»
«Sara, mio marito è appena morto, vorrei non pensarci e godermi tutti questi grassi.»
«Va bene, va bene! Anche se continuo a credere che tu sia strana ultimamente.» commentò.
«Certo che tu e Caitlin potreste lasciarmi un po’ d’aria ogni tanto.» replicai infastidita.
«Scusa se ci preoccupiamo per te!» affermò la mia amica.
«Lo so, ma sto bene.» dichiarai sapendo benissimo che non era vero.
«Non stai bene, e non migliorerai finché non ti deciderai ad aprirti con me o con Cait.»
Mi alzai da tavola sbuffando e ignorai la sua affermazione, sapevo in cuor mio che entrambe volevano solamente aiutarmi, ma non ce la facevo a tirare fuori tutto il dolore che provavo. Far finta di niente ora come ora mi sembrava il metodo più efficace, insieme al lavoro. Non feci in tempo a ritornare in camera mia che un conato di vomito risalì fino alla mia bocca facendomi correre in bagno. Eppure non avevo dolori allo stomaco, anzi mi sentivo benissimo da quel lato, e allora come mai la mia colazione era finita completamente nel water? Non mi era mai capitata una cosa del genere.
«Felicity? Tutto bene?» mi domandò Sara raggiungendomi in bagno.
«Uhm, sì.» risposi io distrattamente.
«Sicura? Te l’avevo detto io che eri strana.»
«Okay, d’accordo, è da qualche giorno che non mi sento benissimo, fisicamente parlando.»
«E perché non me l’hai detto?»
«Perché non sei la mia balia, Sara. So badare a me stessa.» affermai alzando gli occhi al cielo.
«Non ho mai detto il contrario infatti.» precisò lei «Che cosa ti senti?»
«Non so di preciso, stanchezza, a volte dolori alle ossa come se avessi la febbre, l’odore del caffè mi nausea, vorrei dolci a tutte le ore del giorno… Cose del genere.» dissi cercando di non omettere niente.
«Mmm, capisco…» ribatté Sara con aria pensierosa.
«Non dirmi che sto per morire, ti prego.» aggiunsi sarcastica.
«Non credo, sai. Ma una mezza idea di ciò che potresti avere ce l’ho.»
«Spara.» esclamai pronta ad ascoltare le teorie, solitamente folli, di Sara.
«Da quanto non ti viene il ciclo?» mi chiese.
«Scusa, che? Non ne ho idea, dal… Quindici o sedici novembre? Oggi è il tre dicembre, quindi mi verrà tra una decina di giorni… Ma che cosa centra il mio ciclo?»
«Felicity, il mese scorso non l’hai avuto.» mi ricordò Sara.
«Probabilmente perché ero troppo scioccata dall’accaduto e il mio corpo ne ha risentito, non lo so.»
«Non prendertela con me per quello che sto per dirti, okay?» mi disse facendo una piccola pausa nel mezzo «Non è che potresti essere incinta?»
«Eh?» risposi scoppiando in una sonora risata.
Io? Incinta? Sì, certo come no. Come se in quest’ultimo mese fossi andata a letto con qualcuno! Ma che stava sparando stamattina? Forse le era andato a male il caffè e stava dando i numeri.
«Felicity, potrebbe essere la spiegazione a tutto.»
«Sì, e chi mi avrebbe messa incinta? Lo spirito santo?» domandai ironica.
«Ricordo benissimo quando mi hai raccontato che tu ed Oliver ci stavate provando, lui è scomparso un mese fa, potresti benissimo essere rimasta incinta poco prima che lui partisse. Perché pensi che sia così assurdo?» mi chiese tranquilla.
«Sara, seriamente, vuoi che sia così sfigata? Insomma, ciò che dici può anche avere senso, ma ci avevamo provato per un bel po’ senza nessun risultato, adesso che lui non c’è io sarei rimasta incinta? Dio, mi viene da ridere solo al pensiero.» risposi.
«Perché non fai un test? Giusto per toglierti il dubbio.»
«No.» dichiarai contrariata.
«Avanti, Felicity, perché no?»
«Perché non sopravvivrei all’idea di aspettare un figlio da Oliver.» le dissi essendo realmente sincera.
«Non immagino nemmeno quanto dev’essere dura, però in un certo senso avresti una parte di lui sempre con te. Un bambino potrebbe davvero aiutarti, sai?»
«Sara, ti prego, non dirlo neanche. Non posso essere incinta!» affermai alzando la voce, forse un po’ troppo.
«Come vuoi… Sappi che se hai bisogno di qualcosa io ci sono.» mi rispose lei sospirando.
Non le parlai per l’intera giornata, non perché fossi arrabbiata con lei o cose del genere, ma mi aveva scosso veramente con ciò che aveva detto in mattinata. Pensando e ripensando a quello che mi aveva chiesto non potevano non sorgermi mille dubbi. Potevo essere incinta? Ragionando obiettivamente sì, potevo eccome. Prima che Oliver partisse eravamo stati insieme, cosa più che normale per una coppia sposata, avevamo deciso di lasciar perdere per un po’ l’idea di avere un figlio perché ci stressavamo entrambi a calcolare ogni volta i periodi dell’ovulazione. Avevamo scelto insieme di fare le cose con calma e che se fosse capitato bene, altrimenti ci avremmo pensato più avanti. E secondo la teoria di Sara quel “più avanti” era capitato. A quanto pare potevo essere rimasta incinta qualche giorno prima della sua partenza. Un test avrebbe chiarito le cose, questo era certo, solo avevo troppa paura per prenderlo e farlo.
«Ehi, io vado al lavoro. Credo ritarderò visto che si stanno avvicinando le feste.» annunciò Sara verso le cinque del pomeriggio.
«Okay, non preoccuparti. Buona serata.» le dissi.
«Felicity, perché non vai da Caitlin? È un medico e certamente saprà aiutarti meglio di me, per favore.» mi implorò.
Io annuii debolmente «Posso chiamarti se so qualcosa?» le chiesi con un tono che sapeva da scuse.
«Certo che sì, sei pur sempre la mia migliore amica.»
«E tu la mia. Grazie.» l’abbracciai salutandola.
Seguii il consiglio di Sara questa volta, Caitlin era un medico e sicuramente sapeva meglio di me come andavano queste cose. Presi la mia auto e mi fermai nella prima farmacia aperta per comprare due scatolette con i test di gravidanza. Le mani mi tremavano mentre pagavo il tutto alla cassa e l’agitazione non mi passò nemmeno quando bussai alla porta della mia amica. Quando Cait mi aprì capì subito che c’era qualcosa che non andava e mi invitò ad entrare.
«Barry è ancora ai Laboratori Star?» le chiesi subito. Non mi andava che mi vedesse far pipì su uno stick, erano cose da donne.
«Sì, tranquilla. Ma che succede?»
«Ho bisogno di una mano con questi.» le dissi porgendole entrambe le scatole.
«Oh… Okay…» provò a dire lei senza sapere dove andare a parare.
«È un’idea di Sara…» dichiarai io.
«Credi che… Sì, insomma, credi di poter essere incinta?»
«Non lo so, sinceramente Cait, non lo so.»
«Vieni, ti aiuto. Vedrai che andrà tutto bene, qualsiasi cosa uscirà.» mi sorrise.
Non ci volle molto a capire come fare: tanta acqua, estrarre lo stick, sedersi sul water e farci pipì sopra. Facile. Potevo benissimo farlo a casa da sola, probabilmente la mia era solo una scusa per avere accanto una delle mie amiche.
«Ho sempre immaginato di farlo con Oliver.» commentai mentre aspettavamo il risultato.
«Lo so.» annuì lei accarezzandomi il braccio.
«Dici che sia pronto?» chiesi con il cuore a mille.
«Sì, è pronto. Vuoi guardare?» mi domandò lei.
«No. Dimmelo tu.» risposi prendendo fiato.
«È positivo, Felicity…» affermò Caitlin facendomi praticamente morire lì, nel suo bagno.
Ero incinta. Per davvero. Un bambino stava crescendo dentro di me. Era iniziato tutto da una supposizione di Sara e alla fine si era rivelato reale. Il mio primo istinto fu ridere perché se avessi lasciato prendere il sopravvento a tutte le altre emozioni che sentivo dentro sarei letteralmente esplosa.


Mi passò davanti tutto il giorno il cui scoprii della gravidanza non appena mi ritrovai Oliver fuori dalla porta di casa con uno sguardo che poteva voler dire solamente una cosa: lui sapeva. Mi si bloccò il respiro quando i suoi occhi incrociarono i miei, era arrabbiato, anzi proprio furioso. Mi stava guardando in un modo che non avrei mai creduto possibile, ciò che potevo notare nitidamente era il disprezzo che provava. E nonostante mi facesse male vedere nel suo sguardo tali sentimenti, sapevo benissimo che ne aveva ogni ragione, avevo fatto un errore madornale a non dirglielo. Non sapevo ancora chi fosse stato a rivelargli ogni cosa e poco importava ora come ora, dovevo solo cercare di non incasinare la vita di Liz e Luke per una mia scelta sbagliata.
«Dove sono?» mi chiese freddamente.
Richiusi la porta dietro di me per non far sentire ai bambini la conversazione «Oliver, io…» provai a dire, senza successo però.
«Smettila di mentirmi, Felicity!» mi urlò contro facendomi sussultare.
«Datti una calmata!» dissi alzando la voce anch’io «Non voglio di certo che ti sentano gridarmi contro.»
«È tutto vero, quindi?» mi chiese con tono discretamente basso.
«Sì.» annuii, oramai a cosa serviva mentire?
Lui sospirò e provò a calmarsi, immaginavo volesse sputarmi addosso tutta la rabbia che aveva, ma non appena avevo nominato i gemelli aveva cambiato espressione. Era come se avesse compreso perfettamente che non poteva discutere con me con loro nei paraggi e di questo certamente gli ero grata.
«Posso vederli?» mi chiese spiazzandomi. Voleva incontrarli? Ora? Ero realmente pronta a questo?









Angolo autrice
Puntualissima eccomi qui col nono capitolo! 
C'è un mega flashback riguardante il modo in cui Felicity ha scoperto della gravidanza, mi sembrava opportuno aggiungerlo visto che nel capitolo precedente Oliver aveva scoperto dei gemelli. Così è come l'ha scoperto lei invece :) nemmeno Fel ci credeva, dava per scontato fosse una cavolata, ma in realtà si sbagliava...
L'ultimo pezzo è l'introduzione al capitolo dieci praticamente.. Che cosa dirà Felicity dopo essersi trovata Oliver davanti? Gli farà vedere Elizabeth e Lucas? E come andrà a finire tra loro due...?

Ringrazio come sempre per le recensioni e per le aggiunte nelle varie categorie :D 
Ps: vi piace l'idea che ogni tanto ci siano dei flashback? A me piace molto scriverli, visto che mi servono per far capire cos'è successo in passato, fatemi sapere che ne pensate voi!

Lunedì ho un esame e poi lezione al pomeriggio, quindi non prometto di riuscire a pubblicare... Vediamo come son messa ahah :')
A presto,
Anna

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Capitolo 11
*** Our kids ***


Chapter ten - Our kids





Oliver
Me ne stavo lì di fronte a Felicity ad aspettare che mi desse una risposta, ma lei sembrava come in trans. Non sapevo se fosse per la mia richiesta o per altro, anche se quasi sicuramente era per la mia richiesta. Non avrei dovuto urlarle contro pochi minuti fa, mi rendevo conto di averla aggredita e non appena aveva nominato i bambini me ne ero subito pentito, di certo non volevo che mi vedessero gridare contro la loro madre. Ero tremendamente sconvolto e forse lo sarei stato ancora per un lungo periodo, però qualche ora dopo aver scoperto della loro esistenza ero corso qui senza pensarci due volte. Volevo vederli, volevo conoscerli, e non m’importava quanto tempo ci avrei messo a convincere Felicity, alla fine sarei riuscito nel mio intento.
«Ehi?» la richiamai.
«Sì, scusa… Ecco, io… Io non so se… Se sia una buona idea.» balbettò senza guardarmi.
«Felicity, per favore… Ti sto pregando…» la supplicai.
«E che dovrei dirgli, Oliver?» mi chiese.
«Non lo so, che sono un amico? Ti prego… Sono disposto a passare sopra il fatto che me li hai nascosti, per adesso, ma per favore fammeli solo vedere.» risposi.
«L’ho fatto solo per proteggerli, te l’avrei detto.» mi disse lei osservandomi con uno sguardo colpevole.
«Posso capirti, ma… È una cosa troppo grande per passarci sopra.»
«Tu stesso mi hai detto di aver conosciuto brutte persone, quindi puoi capire la mia riluttanza nel raccontarti di loro.» affermò con tono più deciso.
«Li avrei protetti, così come avrei protetto te.» provai a dirle.
Felicity sorrise, non me lo sarei aspettato in questo momento, ma forse aveva realmente capito che se avessi saputo dei bambini avrei dato tutto me stesso per tenerli sempre e comunque al sicuro. Certo, all’inizio avevo spinto Felicity a non indagare su di me, a lasciar perdere, ma i miei figli avevano completamente rivoltato la situazione.
«Se vuoi i bambini sono di sopra in camera loro, non dir loro chi sei, sì, insomma, sanno come si chiamava il loro papà, ma pensano che tu sia in cielo.» mi spiegò.
«Gli hai raccontato di me?» chiesi con una stretta al cuore.
«Certo, Oliver. Volevo sapessero che persona fossi e quanto mi amassi.» rispose abbassando lo sguardo.
«Grazie, davvero.» affermai non sapendo in che altro modo esprimere le mie emozioni.
«Su, entra.» mi invitò.
Misi piede in casa e salii le scale per andare al piano di sopra, c’era una stanza aperta infondo al corridoio e potevo sentire delle vocine parlottare. Erano sicuramente loro. Mi ferrami sulla soglia e rimasi incantato, quei due piccoli erano davvero i miei bambini? Vidi le loro testoline bionde girarsi e guardarmi, ero nel panico, non sapevo cosa dire o fare in questo momento.
«Ciao, sono Lucas, tu chi sei?» mi domandò il bambino alzandosi in piedi con una macchinina tra le mani.
«Mi chiamo Oliver, sono un’amico della mamma.» risposi. Mi faceva male non dir loro la verità, ma capivo bene che non potessero ancora capire cosa fosse successo.
«Dov’è la mamma?» mi domandò poi la piccola.
«È giù in cucina, vi sta preparando la cena.» esclamai, mentre lei usciva di corsa dalla stanza.
«Non preoccuparti non è colpa tua, ad Elizabeth non piace la gente nuova.» mi spiegò Lucas.
«E come mai?» chiesi al bambino.
«Perché spera sempre che sia il nostro papà e poi la mamma le deve sempre dire che papà è in cielo.»
«Oh.» riuscii a dire soltanto. 
Dovetti trattenere a forza le lacrime, non potevo di certo piangere di fronte a mio figlio come nulla fosse, ma quelle parole mi avevano destabilizzato. Sapere che mia figlia sperava che non fossi solo un amico mi aveva sconvolto, non credevo le mancasse così tanto una figura paterna, non avendola mai avuta pensavo ci fosse abituata. Mi sbagliavo di grosso e mi chiedevo se Felicity sapesse di questo fatto.
«Vieni giù? La mamma ha fatto la pasta.» propose Lucas stupendomi.
«Sì, volentieri.» gli risposi accompagnandolo al piano di sotto.
Mentre la pasta cuoceva e i bambini guardavano i cartoni animati in tv, mi avvicinai a Felicity per parlarle. Vedevo chiaramente il suo nervosismo e potevo capirla, se i gemelli avessero scoperto tutta la verità non avevo idea di come l’avrebbero presa.
«Ti somigliano sempre di più.» affermò lei alzando lo sguardo.
«Io credo assomiglino a te invece, soprattutto Elizabeth.» le dissi spostando lo sguardo su mia figlia, che stava allegramente ridendo insieme al fratello.
«È diffidente, forse per questo mi somiglia. Non prendertela se è scappata, da un po’ si comporta così e non so davvero come prenderla.» mi raccontò sospirando.
«Mi dispiace che sia colpa mia, vorrei davvero rimediare.»
«Lo so, lo vedo da come li guardi, perché è lo stesso modo in cui li guardo io. Ho sbagliato a non dirtelo subito, ero io a non fidarmi, ma avrei dovuto sapere fin da subito che li avresti accettati.» confessò.
«Ero davvero arrabbiato, anzi ero proprio furioso con te, però ora ho capito perché non me lo hai detto. Li volevi proteggere… Proteggere da un mondo che il più delle volte fa schifo. Avrei voluto saperlo da te, questo non lo nego, ma se mi permetterai di star loro accanto potrei lasciar perdere tutta questa faccenda una volta per tutte.» affermai avvicinandomi a lei, forse anche troppo visto che fece un passo indietro.
«Caitlin la settimana scorsa mi ha detto che praticamente nessun bambino ha la fortuna di riavere il proprio padre dopo che è stato dichiarato morto e adesso penso di aver capito cosa intendesse. Insomma, per loro è un miracolo poterti conoscere e non negherò ai miei figli questa opportunità, di questo puoi star sicuro. Vorrei solo che facessimo tutti le cose con calma, sono piccoli e non so ancora come potrebbero reagire, ma in ogni caso sì, potrai vederli.»
In quel momento mi si stampò un sorriso da ebete in faccia, sapevo che non me li avrebbe tenuti lontani, ma… Non credevo capisse fino in fondo cosa provassi. Un’altra volta mi ero sbagliato. Felicity li aveva cresciuti per tre anni e mezzo ed era normale che fosse riluttante nel farmi avvicinare, ma dalla sua esperienza personale con il padre forse aveva capito che io ero lì per loro e che non avrei mai permesso a nessuno di fargli del male.
«Mamma, è pronta la cena?» chiese poi Lucas stiracchiandosi sul divano.
«Sì, potete venire.» rispose lei ridacchiando «Luke ha perennemente fame, mi ricorda qualcuno.» aggiunse lanciandomi un’occhiata.
«Oliver mangia con noi?» domandò il bambino sedendosi a tavola.
Sia Felicity che io restammo senza parole, ovviamente mi avrebbe fatto piacere passare la serata con loro, ma spettava a lei decidere, non volevo mettere fretta a nessuno. Ci scambiammo un’occhiata veloce e poi fu Felicity a parlare.
«Liz, a te sta bene?» le chiese.
La piccola guardò sua madre e poi me, era giusto che anche lei si sentisse a suo agio e se non mi avesse voluto l’avrei accettato. Da un lato sentivo questo istinto di dirle la verità, abbracciarla e rassicurarla, però sapevo di non poterlo fare. Non ora almeno.
«Sì, va bene.» disse infine.
Cenammo tranquillamente tutti insieme, sembravamo davvero una vera famiglia e dovevo ammettere che la cosa mi piaceva da morire. Felicity ed io avevamo sempre sognato di avere dei bambini, solo non ci aspettavamo nulla di tutto ciò. Lei li aveva cresciuti con la consapevolezza che io non sarei mai tornato, mentre adesso ero qui e credo che infondo ne fosse felice. C’era tanto da chiarire tra di noi, probabilmente avremmo litigato, ma non m’importava perché se significava poter stare con Lucas ed Elizabeth mi andava più che bene.
«Bambini, è ora di andare a letto. Domani avete l’asilo.» dichiarò Felicity scatenando una serie di lamentele generali.
«Ma è presto, mamma.» sbuffò Liz.
«Infatti, uffa.» aggiunse Luke.
«Non credete sia meglio non fare capricci davanti agli ospiti?» li riprese lei incrociando le braccia al petto.
«Okay, va bene. Buonanotte, Oliver.» mi salutò il bambino.
«Buonanotte.» esclamò anche la sorella.
«Notte, ci vediamo presto.» dissi loro.
Lasciai che Felicity li accompagnasse a letto e circa quindici minuti dopo la vidi scendere di nuovo. Desideravo da matti partecipare nello stesso modo in cui faceva lei nella loro vita, sentivo crescere dentro di me la voglia di fare il padre e speravo con tutto me stesso che una volta uscita la verità entrambi mi avrebbero accettato.
«Grazie per avermi permesso di rimanere.» le dissi con un sorriso.
«Figurati. Sono certa che a loro piacerai.» esclamò.
«Lo spero, sono due bambini bellissimi e intelligenti… Non appena li ho visti mi si è stretto il cuore.» confessai. Sapevo che con lei potevo essere sempre sincero riguardo i miei sentimenti, l’avevo sempre fatto.
«Capisco bene la sensazione. Quando sono nati penso di essere morta e risorta nel giro di due secondi.» affermò trattenendo una risata, per poi sedersi accanto a me sul divano.
«Avrei tanto voluto essere lì con te, con voi.»
«Lo so, Oliver, lo so.»
«Credi che supereremo tutto prima o poi?» le chiesi.
«Intendi le bugie, la fiducia persa e i quattro anni passati?» chiese a sua volta «Io penso di sì. Magari non sarà più come prima, ma almeno loro avranno un padre.»
«Ci sarò sempre per loro d’ora in avanti e… Anche per te.»
C’era una strana atmosfera tra noi, tensione forse era il termine adatto. Entrambi avevamo compreso le motivazioni dell’altro, entrambi stavamo provando ad accettarle, entrambi sentivamo che c’era ancora qualcosa di non detto. 
Mi sporsi in avanti e la baciai, che diavolo stavo facendo non lo sapevo neanch’io, ma sentivo la necessità di farlo. Felicity non si tirò indietro, non esitò a rispondere al mio bacio e ad approfondirlo. Portò le mani dietro al mio collo mentre io le infilavo tra i suoi morbidi capelli biondi.
«Non qui…» mi disse sospirando pesantemente.
«Ci sono i bambini…» le ricordai sempre vicinissimo alle sue labbra.
«Non sentiranno niente, hanno il sonno pesante come me.» mi disse.
Fu allora che la presi in braccio e camminai a tentoni fino alle scale, Felicity si strinse attorno al mio corpo con braccia e gambe in modo da non cadere e mi indicò quale fosse la sua camera. Non era di certo il caso che finissimo in bagno o, peggio, nella stanza dei bambini. Chiuse velocemente la porta a chiave e mi trascinò con sé a letto, era tutto completamente sbagliato, eppure era già la seconda volta che commettevamo questo errore. Sembrava un circolo vizioso.









Angolo autrice
Buongiorno! Anzi, praticamente buonasera xD
Vi dico che aspettavo da tanto il momento in cui avrei scritto dell'incontro tra Oliver e i bambini, quindi spero davvero vi sia piciuto! :) diciamo che qui sia Felicity che Oliver hanno messo in chiaro come stavano le cose ed entrambi hanno spiegato come si sentivano. Come vedete Fel non gli terrà lontani i gemelli, è pur sempre il loro papà ed è giusto così.
Elizabeth però è diffidente, non le va a genio che ci sia un uomo che non conosce in casa, riuscirà a cambiare idea quando le diranno chi è Oliver in realtà?
La fine... Penso non servano spiegazioni no? xD quei due prima si urlano contro e poi finiscono così... Comporterà qualcosa questo loro comportamento...?

Allora, ho già scritto l'ultimo capitolo dell'altra, penso lo posterò mercoledì (o al limite venerdì), poi ci sarà l'epilogo obv :)
Per quanto riguarda questa ho le idee molto chiare, anche se probabilmente aggiungerò anche cose nuove che mi passano per la testa lol.
Ah, se ho nuovi spunti potrei iniziare a buttar giù un'altra long, ma vediamo come son messa. Se avete idee o suggerimenti sono qui! :)

Ps: Manca davvero troppo tempo al ritorno di Arrow, penso mi consolerò scrivendo nel frattempo ahahah.

A prestissimo,
Anna

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Capitolo 12
*** Am I dreaming? ***


Chapter eleven - Am I dreaming? 





Felicity
Mi addormentai con la sensazione di star vivendo un deja-vù. Le labbra di Oliver sulle mie, le mie mani tra i suoi capelli, le sue mani tra i miei capelli, i nostri corpi avvinghiati mentre salivamo le scale, la mia camera da letto, i gemiti, i sospiri… Era più o meno la stessa cosa accaduta nella sua stanza d’albergo poco più di una settimana fa. Che stessi sognando? Non potevo essere ricaduta nella stessa spirale di errori. Andare a letto insieme non avrebbe sistemato le cose tra me ed Oliver, anzi avrebbe potuto persino peggiorarle! Non nascondevo il fatto che fosse sempre bello e passionale fare sesso con lui, però non era la soluzione ai nostri problemi. Avevamo parlato abbastanza, avevamo messo le cose in chiaro riguardo ai bambini, ma le cose irrisolte tra noi erano ancora lì. Oltretutto non mi aveva ancora raccontato niente dei suoi quattro anni in Russia, mi aveva dato solo qualche briciola e a me certamente non bastava.
Mi svegliai sbadigliando sentendo una calda presenza in parte a me, sul momento non realizzai di aver dormito per tutta la notte con Oliver, ma quando me ne resi conto mi alzai a sedere di scatto notando di essere ancora completamente nuda. Ovviamente, come se non bastasse, sentii un rumore provenire dalla porta della camera ed ero quasi sicura che fossero i bambini. In che gran casino mi ero cacciata?
«Oliver! Svegliati!» lo richiamai.
«Mmm?» si lamentò lui come nulla fosse.
«Alzati! Ci sono i bambini fuori!» gli dissi scuotendogli le spalle.
«E quindi?» mi chiese lui aprendo solamente un occhio.
«Come “e quindi”? Oliver, mica possono vederci nudi nello stesso letto!» risposi dandogli una spinta.
«Va bene, va bene! Ma dove dovrei andare?» mi domandò infilandosi i boxer.
«Uhm… Entra nell’armadio.» esclamai di getto.
«Che cosa?!» sbraitò lui.
«Mamma? Mamma, perché hai chiuso?» sentii la voce di Elizabeth.
«Oliver, ti prego!» lo pregai e finalmente acconsentì «Arrivo, Liz, un attimo!» urlai poi a mia figlia.
Mi misi su il reggiseno, le mutande e una maglia più o meno lunga che trovai sull’attaccapanni e provai a sistemarmi leggermente i capelli. Sembravo proprio appena uscita da una nottata di sesso e ringraziavo il cielo che i miei figli fossero ancora piccoli per capire determinati argomenti o sarei sprofondata.
«Eccomi, cosa c’è?» chiesi loro aprendo piano la porta.
«Siamo in ritardo.» mi rimproverò Lucas.
«Per che cosa?» chiesi io ancora assonnata e confusa.
«Come per cosa, mamma! L’asilo!» affermò mio figlio facendomi letteralmente sbiancare.
«Oh dio, scusate! Non ho sentito la sveglia! Ora mi preparo e andiamo, d’accordo?» dissi in fretta e furia.
Ero stata così impegnata e distratta che mi ero dimenticata di ricaricare il telefono e logicamente con la batteria scarica la sveglia non aveva suonato stamattina. Mi sentivo un’adolescente alla prima avventura sessuale, santo cielo! Non badai ad Oliver e corsi in bagno a lavarmi i denti e pettinarmi, poi mentre era il turno dei gemelli con il bagno gli preparai i vestiti per la giornata. Di corsa mi infilai una gonna a vita alta e una semplice camicetta bianca a pois, i capelli li pettinai e basta senza legarli come al solito.
«Felicity, dove stai correndo?» mi domandò Oliver ancora in biancheria intima.
«A portare i bambini all’asilo e poi al lavoro.» risposi raccogliendo la borsa e il cellulare.
«Non volevo farti fare tardi, scusa.» affermò con aria colpevole.
«È colpa mia, ho dimenticato di mettere il cellulare in carica.»
«Credi si siano accorti che… Sì, insomma di noi due, ecco.»
«Non penso. E spero vivamente di no, in ogni caso. Non saprei davvero da dove cominciare a spiegargli perché sei rimasto a dormire da noi.»
«Non è rimasto mai nessuno a dormire qui in tutti questi anni?» mi chiese stupito, come fosse una cosa strana che non mi fossi portata altri uomini.
«Certo che no, Oliver! A parte Barry mentre gli imbiancavano la casa, ma c’era anche Caitlin, quindi conta poco e poi sanno che lui è solo “lo zio Barry”.» dissi tutto d’un fiato.
Oliver non aggiunse altro, si limitò a sorridere soddisfatto come se non l’avessi notato. Era palese che non avessi avuto altre storie e di sicuro anche se le avessi avute non avrei mai avuto il coraggio di portare un altro uomo in casa con tanta leggerezza. Credevo Oliver morto e mi sarei sentita abbastanza in colpa nel farmi vedere dai gemelli con qualcuno che non fosse il loro papà. Non c’era nemmeno un valido motivo a queste mie emozioni, però era così. Adesso che lui era tornato, che era qui, probabilmente sarebbe stata tutta un’altra cosa.
«Ora devo proprio andare. Esci dopo di me, ci sono le chiavi di riserva nella pianta in parte alla porta e mi raccomando chiudi bene.» esclamai.
«Sì, va bene…» annuì «Felicity… Quando… Quando posso rivederli?» mi domandò un po’ titubante.
«Quando vuoi. Basta che mi avverti in anticipo così mi organizzo.» gli risposi sorridendo.
«Okay, ottimo. E grazie.» affermò.
«Non devi ringraziarmi, ti ho detto che potrai vederli, sono anche i tuoi figli.»
Detto ciò presi le mie cose e uscii velocemente di casa, dovevo anche accompagnare un momento Elizabeth e Lucas a prendere qualcosa per fare colazione visto che sbadata com’ero non avevo avuto il tempo di preparargliela. Mi sentivo leggermente una pessima madre in questo momento, ma mi sforzai di convincermi che una giornata così poteva capitare a chiunque.

Oliver
Dopo essere praticamente stato buttato fuori di casa da Felicity decisi di ritornare a Starling City e concludere qualche pratica in ufficio. Ero un po’ arrugginito nel mio lavoro, erano anni ormai che non seguivo l’azienda e, stranamente, era una cosa che mi era mancata mente ero in Russia. Ero cresciuto tra i corridoi della Queen Consolidated, quand’ero più piccolo l’azienda era ancora in lancio ed entrambi i miei genitori erano molto indaffarati, quindi io me ne restavo interi pomeriggi qua e là all’interno. Sapevo bene che soprattutto mio padre avrebbe voluto lasciarmi l’azienda un giorno e prima dell’incidente in barca avevo iniziato ad impegnarmi parecchio per raggiungere l’obiettivo che lui voleva. Mi mancava ogni giorno, da quando avevo sposato Felicity noi due eravamo stati stretti confidenti e volevo che fosse orgoglioso di me, magari mi stava guardando da lassù. Oltretutto avrei tanto voluto fargli conoscere i suoi nipoti, era così felice quando aveva scoperto che Felicity ed io ci stavamo provando e mi aveva dato tutto il suo sostegno. 
Mi sedetti nel mio ufficio e iniziai a sfogliare le mille pagine di resoconti e referti che mi avevano lasciato stamattina. C’erano dei nuovi finanziamenti da parte di Isabel per il reparto di informatica e tecnologia, e nonostante fossi contento per l’andamento dei profitti vedere il suo nome nei fogli mi dava la nausea. 
«Ollie?» sentii pronunciare il mio nome da una vocina familiare e sollevai la testa.
«Thea, ehi.» salutai mia sorella.
«Ti disturbo? Avrei bisogno di parlarti.»
«No, vieni pure. Che cosa succede?» le chiesi facendola accomodare sul divano.
Thea era strana. Solitamente era una ragazza allegra e spensierata, ma in questo momento la vedevo particolarmente turbata. Di sicuro era capitato qualcosa e speravo non fosse nulla di cui preoccuparsi.
«Ho litigato con la mamma stamattina.» mi disse sospirando.
«Come mai?» le domandai incuriosito. Mia madre e mia sorella erano sempre state molto unite e raramente le avevo viste litigare.
«Ho scoperto del fascicolo e…» provò a dire e poi iniziò a singhiozzare.
«Ehi, non piangere! Parla con me.» affermai asciugandole le lacrime.
«Si è arrabbiata tantissimo, mi ha urlato contro come non aveva mai fatto… Mi ha persino messo paura. Non volevo frugare tra le sue cose, stavo solo cercando una collana che le avevo prestato e ho trovato tutte quelle foto di Felicity…» mi spiegò tirando su col naso.
«Avrei voluto dirtelo, Thea. È stata la mamma a chiedermi di non farlo… Ma stai tranquilla, l’ho scoperto anche io solo ieri.» esclamai.
«Non è questo, Ollie. Sì, certo, avrei voluto saperlo anch’io, ma è stato il modo in cui la mamma ha reagito a… Scombussolarmi.»
«Che vuoi dire?» chiesi non capendo.
«Era come se fosse un segreto di Stato, come se non dovesse saperlo anima viva. Non capisco che c’è di male se anche io so dell’esistenza dei miei nipoti.» disse alzando le spalle.
«Non c’è nulla di male infatti, e ricordati che sono i miei figli e non i suoi, quindi non ha potere di decidere su chi può saperlo e chi no. Le parlerò se vuoi.» 
«Lo apprezzo, ma… Non voglio che ci vada di mezzo pure tu.»
«Vedrai che si calmerà. Sarà solo scossa per la notizia, così come lo ero, anzi lo sono, io.»
«È strano pensare che Felicity non abbia detto niente per tutto questo tempo…»
«Voleva solo proteggere i bambini… Non dico che abbia fatto bene, ma probabilmente era troppo sconvolta anche lei all’epoca.
«Sì, credo di sì. Non dev’essere stato facile ed io non ho alcun rancore contro di lei, solo mi piacerebbe tanto conoscerli.»
«Ti prometto che presto li vedrai anche tu.» le sorrisi.
«Beh, ti lascio lavorare. Scusa se sono piombata qui.»
«Scherzi? Sei pur sempre la mia sorellina.» le dissi stringendola in un forte abbraccio.
Thea uscì dal mio ufficio più tranquilla ed ero felice di averla aiutata almeno un po’. Non sapevo esattamente come mai mia madre avesse reagito in quel modo e forse nemmeno volevo saperlo. Speravo solo che tra lei e Thea tornasse tutto apposto, non aveva senso litigare per una cosa che si era rivelata la migliore della mia vita.
«Oliver, ho visto uscire tua sorella così ho approfittato e sono passata.» mi disse la voce inconfondibile di Isabel.
«Che cosa vuoi?» le domandai senza darle troppe attenzioni.
«Niente di importante, hai letto i bilanci e i resoconti settimanali?»
«Lo sto facendo.» risposi secco.
«Ottimo. Ah, un’altra cosa, come stanno i tuoi figli?» domandò con nonchalance facendomi letteralmente fermare il cuore.









Angolo autrice
Eccomi qui :) ho appena finito di scrivere il capitolo, quindi perdonate eventuali errori.
Spero vi abbia fatto sorridere il risveglio di Felicity ed Oliver ahah, lui poveretto è dovuto andare dentro l'armadio xD chissà se i gemelli si sono accorti di qualcosa lol.
Thea invece ha litigato con Moira proprio per via dei bambini... Come mai la signora Queen si è incavolata così tanto...?
E poi la fine, eheheh... Come mai Isabel sa che Oliver ha due figli? Glielo avranno detto o l'avrà scoperto? Ma soprattutto cosa farà ora?

Grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo, sono contenta che siano aumentate <3
Lasciatemi un parere se vi va mi raccomando! :)

Un bacio,
Anna
 

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Capitolo 13
*** Tell her the truth ***


Chapter twelve - Tell her the truth





Oliver
Ero ancora immobile e senza parole dopo la frase di Isabel. Non credevo alle mie orecchie, il mio cervello stava provando ad elaborare la cosa, ma era impossibile. Come cazzo sapeva di Elizabeth e Lucas? Lo sapevo io da meno di un giorno, chi glielo aveva detto e come lo aveva scoperto?
«Scusa come hai detto?» le chiesi provando a vedere se riuscivo ad estorcerle qualche informazione.
«Dai, Oliver, lo sappiamo entrambi che sai di cosa parlo.» rispose lei con un tono divertito.
«Ora spiegami come lo sai se io stesso l’ho scoperto ieri.» dissi con tono deciso alzandomi dalla scrivania.
«Ho le mie fonti.» replicò lei tranquilla.
«Isabel, dimmelo.» ringhiai, ma lei non si spostò minimamente dalla sua posizione.
«L’ho sempre saputo, Oliver. Sapevo da anni che avevi due figli e una moglie, ho solo recitato con te.» mi disse facendomi sgranare gli occhi.
«Che diavolo vuol dire?! Dimmi la verità per una volta!» sbottai furioso.
«Io non ti devo nulla, mio caro.» esclamò con il suo fare da stronza.
«Bene, mettiamola in un altro modo allora. Se sapevi tutto, perché non me lo hai mai detto quando eravamo a Mosca?»
«Perché non volevo lo sapessi, mi pare logico.»
«E pensare che ti credevo persino un’amica anni fa, invece sei solo una strega perfida e manipolatrice.»
«Eppure non pensavi questo quando ci siamo conosciuti…» affermò aggiustandomi la cravatta.
La sola vicinanza di questa donna mi faceva ribollire il sangue nelle vene, se avessi potuto rispedirla in Russia seduta stante l’avrei fatto senza esitare, ma non potevo, non ancora almeno. Dovevo e volevo sapere come avesse scoperto dei miei figli e di Felicity.
«Avrei dovuto accorgermi che mi stavi solo abbindolando per raggiungere i tuoi scopi.» le risposi scostandomi da lei.
«Forse hai ragione, ma purtroppo non ha funzionato.»
«No, infatti. Sai bene che non avrei mai tradito mia moglie con te e se il tuo esserti presentata qui serve solo per vendicarti di me, beh, puoi anche andartene perché tanto non sceglierò mai te.» dissi freddandola.
«Magari un tempo era te che volevo, ma ora come ora stai pur certo che non mi importa niente di entrare nelle tue grazie. Ho ben altro in mente.»
«Stai lontana dalla mia famiglia, Isabel, o giuro che…»
«Che cosa, Oliver?» mi interruppe «Sappiamo bene che sono intoccabile! Mio padre ti ha salvato il culo da quella nave e tu gli devi tutto. Non oserai alzare un dito su di me visto che sai bene cosa comporterebbe.»
«Sì, lo so. Ma sai una cosa? Non m’importa di mettermi contro la Bratva se questo significa proteggere Felicity e i miei figli.»
«Non minacciarmi, Oliver.» esclamò palesemente arrabbiata.
«E tu non minacciare me o le persone a cui voglio bene.» ribattei sicuro di me.
«Stai molto attento d’ora in avanti. Ti dico solamente questo.»
«Vattene prima che chiami la sicurezza.» le dissi provando a calmarmi.
Lasciò il mio ufficio senza aggiungere altro ed io caddi letteralmente sul divano. Ero nervoso, agitato e arrabbiato, aveva chiaramente minacciato la mia famiglia e tutto questo casino era solo colpa mia. Se non avessi insistito tanto per ritornare a casa ora i bambini e Felicity sarebbero al sicuro. Se avessi saputo tutto quello che il mio ritorno avrebbe comportato non sarei mai tornato, infondo ero certo che Felicity avrebbe potuto rifarsi una vita anche senza di me. Certo, l’idea di non conoscere Luke e Liz mi spezzava il cuore, ma se questo fosse stato il prezzo da pagare per saperli al sicuro e felici, l’avrei pagato senza esitare. Non sapevo cosa Isabel avesse in mente, ma era chiaro che avrebbe fatto di tutto per vendicarsi. Anni fa lei mi aveva aiutato e accolto a casa sua, ma avevo capito all’istante che aveva altre intenzioni e siccome io l’avevo più volte rifiutata in quel senso, lei ce l’aveva a morte con me.
«Oliver?» mi richiamò una voce maschile.
«John, ciao.» gli dissi con un mezzo sorriso.
«Che ti succede?» mi chiese vedendomi lì seduto con un’aria stravolta.
«Ho bisogno di parlarti se hai un po’ di tempo.» risposi. Con lui potevo confidarmi, sempre.
«Sì, certamente. Di che si tratta?» mi domandò.
«Di tutto, John, di tutto.»
Gli raccontai per filo e per segno tutto ciò che era successo in quegli anni, gli spiegai come mai conoscevo già Isabel, gli spiegai dove l’avevo conosciuta e soprattutto gli dissi perché non ero tornato a casa prima. Lui mi ascoltò in silenzio per tutto il tempo, senza intervenire o giudicare, avevo bisogno di confidare a qualcuno la marea di segreti che mi portavo dietro e John era la persona adatta.
«Oliver, devi raccontare tutto a Felicity, lei capirà.» affermò John poggiandomi una mano sulla spalla.
«Pensavo che tenerla all’oscuro fosse il modo ideale di proteggerla, ma adesso è cambiato tutto e non so cosa fare.»
«Dille quello che hai detto a me. Di sicuro avrai bisogno di lei per tenere al sicuro i bambini ora come ora, no?»
«Sì, certo, ma… Non credi mi odierà dopo?» chiesi passandomi una mano tra i capelli.
«Perché mai dovrebbe odiarti, Oliver? Non è stata una tua scelta restarle lontano per anni.»
«No, non lo è stata, ma come credi la prenderà non appena le spiegherò cosa voleva Isabel da me? Pensi che mi crederà quando le dirò che non c’è mai stato niente tra noi? Come potrebbe farlo?»
«Felicity si fida di te, lo sai che infondo è così, e sa benissimo quando le menti.»
«Ci proverò. Grazie John.» gli dissi.
«Figurati, amico. Quando vuoi.» mi rispose lui.

Felicity
Non ci fu una cosa che non feci di corsa durante la mattinata, tra il dover portare i bambini all’asilo e il dover andare al lavoro era un miracolo che stessi ancora in piedi. La pausa pranzo era la mia salvezza, non appena sbirciai l’orologio e notai che era mezzogiorno e mezzo, schizzai nell’ufficio di Caitlin per rapirla ed andare a pranzo. Lei già da subito aveva capito che c’era qualcosa che non andava e che fossi particolarmente strana quella mattina, ma si limitò a lasciarmi mangiare.
«Mio dio, era un sacco che non mangiavamo al Big Belly Burger.» esclamai con la pancia piena.
«Hai corso una maratona per caso?» mi domandò Caitlin divertita.
«Macché, avevo solo fame.»
«Avanti, cosa c’è? So che hai combinato qualcosa, ti conosco troppo bene.»
«Non ho combinato proprio niente, Cait.» risposi io facendo la finta tonta.
«E io speri che ti creda?» chiese incrociando le braccia.
«Caitlin. Ti prego.» le dissi sbuffando.
«Felicity, si può sapere che ti prende?»
«Sono andata a letto con Oliver, okay? Due volte, per essere precisa. Contenta?»
«Aspetta… Tu che cosa?!» mi urlò fracassandomi un timpano.
«Me lo hai chiesto tu.» affermai finendo le patatine.
«Ma, ma, ma… Felicity!» esclamò sconvolta.
«Non mi serve la ramanzina, so che non avrei dovuto farlo, eppure l’ho fatto.»
«Non ti farò la ramanzina, sono felice per voi in realtà. Speravo davvero di rivedervi insieme e anche se pensavo ci sarebbe voluto di più… Sono molto contenta.» mi disse spiazzandomi completamente.
«Davvero?» domandai incredula.
«Sì, certo! E chissà come la prenderà quando gli dirai di Lucas ed Elizabeth.»
«Ehm… In realtà sa già dei bambini… Non so esattamente come l’abbia scoperto, ed ho intenzione di informarmi a riguardo, ma lo sa.»
«Oh mio dio! Come l’ha presa?»
«Bene, cioè credo bene. Vuole vederli e conoscerli, quindi sì, penso sia… Contento.»
«È fantastico, Felicity! Sarete una famiglia finalmente.» esclamò tutta eccitata. Ed io che credevo volesse farmi la predica.
«Frena, Cait. Non ho mai detto che domani torneremo insieme, ci sono ancora troppe cose che mi nasconde e prima di tutto voglio che sia sincero con me.»
«Sono sicura che risolverete ogni cosa, l’avete sempre fatto, no?»
«È vero.» confermai con un piccolo sorriso tra le labbra.
«Non oso immaginare come reagirà Sara non appena glielo dirai.»
«Mi prenderà a schiaffi e poi mi abbraccerà, di solito fa così.» 
Mi sentivo più leggera dopo aver confessato la verità alla mia migliore amica e mi aveva fatto piacere sentirmi dire che non ero stata una pazza incosciente a lasciarmi andare con Oliver. Forse non era il modo adatto di risolvere i problemi, ma sapere che eravamo ancora così uniti mi faceva ben sperare.
Passai la giornata in tranquillità, dopo aver preso i bambini all’asilo li avevo accompagnati al parco così che stessero un po’ all’aria aperta, mentre io mi ero limitata ad osservarli e godermi il sole. Era bello pensare che presto avrei detto loro chi era Oliver in realtà, ero fermamente convinta che ne sarebbero stati entusiasti entrambi, infondo era pur sempre il loro papà. Sorrisi istintivamente al pensiero di noi quattro felici e spensierati come una normale famiglia, era ciò che Oliver ed io sognavamo da sempre e se prima mi era sembrata una cosa irrealizzabile, adesso vedevo la luce infondo al tunnel.
Tra me e lui avrebbe potuto non funzionare, ma da un lato speravo di sbagliarmi. Sapevo che Oliver era cambiato nel corso degli anni, ma ciò non significava che fosse cambiato il suo comportamento verso di me. Se fosse stato sincero, se mi avesse dimostrato cosa realmente provava, non c’era niente che mi avrebbe impedito di tornare da lui e riprovarci.
La mia attenzione fu richiamata dal mio cellulare che mostrava un nuovo sms, era Oliver.
“Felicity, dobbiamo parlare, è urgente.”
“Va bene, quando vuoi.” risposi senza sapere che cosa fosse successo.
“Sto venendo da te, spero di non disturbare i bambini.”
“Tra poco li metto a letto, non preoccuparti.”
Avevo mille pensieri che mi frullavano in testa, erano le nove di sera e doveva davvero essere importante per presentarsi qui adesso. A Liz e Luke non dissi nulla riguardo l’arrivo di Oliver o non sarebbero più andati a dormire. E se avesse voluto parlare della notte scorsa? Non avevamo mai affrontato l’argomento e un po’ mi spaventava parlarne direttamente con lui. Sospirai pesantemente e accompagnai i gemelli a lavarsi i denti, era inutile farsi fisse mentali, anzi forse era proprio ora che Oliver ed io ci confrontassimo.









Angolo autrice
Scusate per il ritardo, ma sono sotto esami e il tempo per studiare è poco, figuriamoci quello per scrivere... Abbiate pazienza :)
Qui viene fuori qualcosa di grosso, Isabel sapeva già tutto su Felicity e i bambini... Ancora non sappiamo come e perchè non l'abbia detto a Oliver, ma sapeva ogni cosa... Abbiamo anche capito che non ha buone intenzioni, quindi che farà quella pazza d'ora in poi?
Avrete anche capito che è stato il padre di Isabel a salvare Oliver e che centra in qualche modo la Bratva... Non faccio spoiler, scoprirete tutto più avanti xD
Altro punto, Oliver racconta tutto a Dig e lui rimane dell'idea che debba dirlo anche a Fel.. Si sarà convinto anche Oliver finalemente?
Caitlin tifa Olicity più di noi ahahah, era particolarmente contenta che Felicity ed Oliver si fossero dati da fare lol.

Scusate se sono sintetica, ma non ho proprio tempo :( non ho risposto alle recensioni, ma le ho lette tutte e volevo ringraziarvi tantissimo. Spero mi facciate sapere se il capitolo vi è piaciuto e... Spero di pubblicare presto.

Un abbraccio,
Anna

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Capitolo 14
*** Now you know everything ***


Chapter thirteen - Now you know everything





Oliver
Avevo paura. Avevo paura di raccontare la verità a Felicity perché c’era la concreta possibilità di perderla per sempre. C’era una parte di me che ancora era restia a confessarle tutto, dopo essere stato lontano per anni e aver visto di tutto e di più, volevo solo proteggerla e tenerla all’oscuro, ma mi rendevo conto che anche in questo modo c’era la possibilità di perderla. E avevo paura.
Bussai alla sua porta con le mani che mi tremavano, Felicity mi aprì e mi sorrise invitandomi dentro. Ero totalmente e perdutamente innamorato di questa donna e niente e nessuno mi avrebbe impedito di lottare per lei.
«Stai bene?» mi chiese sedendosi accanto a me sul divano.
«Non lo so, Felicity.» risposi sincero.
«Che cos’è successo?» domandò piegando la testa di lato.
«Sono pronto a raccontarti tutto dei miei quattro anni in Russia.» esclamai.
«Come mai adesso?»
«Perché un amico mi ha fatto capire come stanno realmente le cose.»
«John?» chiese, capendo subito che fosse stato Dig.
«Sì.» annuii. Forse l’avrei persa, forse no. Ormai non potevo tirarmi indietro.
«Okay, sono pronta. Raccontami tutto.» affermò Felicity.
«È cominciato tutto con il Queen’s Gambit che affondava, c’eravamo io, papà e il capitano, fuori faceva freddo, era inverno ed eravamo senza attrezzature invernali. Non ricordo molto, saremmo rimasti là fuori per almeno due giorni, il capitano morì congelato dopo circa ventiquattro ore e credimi pensavo di fare la sua stessa fine. Era il tramonto del secondo giorno quando una piccola imbarcazione passò di lì e ci salvò. Papà ed io credevamo di essere al sicuro finalmente, in quel momento ricordo che non vedevo l’ora di chiamarti e dirti che stavo bene, ma chiaramente ci sbagliavamo.»
«Oliver, aspetta. Non sei costretto a raccontarmi queste cose, davvero.» mi bloccò.
«Voglio farlo.» la tranquillizzai.
«Va bene, come desideri.» mi sorrise.
«Per farla breve, gli uomini che ci salvarono da quel gommone erano uomini della Bratva. Penso tu sappia benissimo che cosa sia e questo è uno dei principali motivi per cui non siamo tornati a casa dopo qualche giorno.»
«La mafia russa? Mi prendi in giro?» mi domandò sconvolta.
«No, non ti sto prendendo in giro.» risposi serio «Ci portarono dal loro capo, viaggiammo per ore e ore, non so neanche dove, fatto sta che ci ritrovammo a San Pietroburgo. Ho passato la maggior parte del mio tempo laggiù, come ti avevo già detto. Credevamo ci avrebbero accompagnato all’ambasciata americana, ma era palese che ci sbagliavamo. Non voglio scendere nei dettagli, però devi sapere che mio padre è morto a causa loro, lo hanno ucciso senza neanche pensarci solo perché aveva avanzato la richiesta di lasciar andare almeno me. Lui voleva aiutarmi e per colpa mia è morto…»
«Non è vero.» m’interruppe di nuovo «Robert ha provato a salvarti perché eri suo figlio, è la cosa più normale che un padre farebbe. Non è stata colpa tua, Oliver.» mi disse stringendomi la mano.
«Felicity, io mi sento responsabile per la sua morte ormai da anni, se non avesse provato a salvarmi sarebbe ancora vivo.»
«Forse! Forse sarebbe vivo! Ma se lui non ti avesse salvato da quelle persone tu non saresti qui, io non ti avrei mai più rivisto, Barry, Tommy, John, Thea non ti avrebbero mai più rivisto, i bambini non ti avrebbero mai conosciuto… Robert è morto da eroe, ma questo non ti rende responsabile.»
«Avrei voluto che conoscesse Lucas ed Elizabeth, era così contento quando ha scoperto che ci stavamo provando.» le dissi con un velo di tristezza.
«Sarebbe stato un nonno meraviglioso.» esclamò passandomi dolcemente una mano tra i capelli.
«Beh, in ogni caso, dopo l’accaduto mi sono lasciato trasportare dagli eventi. Ero come in trans, me ne stavo zitto e obbedivo a ciò che mi dicevano quegli uomini. Mi usavano come corriere per il traffico di droga per la maggior parte del tempo, non che io volessi farlo, ma era un periodo in cui sapevo che non ti avrei rivista mai più, ero rassegnato.»
«Oliver… Io…» balbettò con gli occhi lucidi.
«Ehi, lasciami finire, ti ho detto che voglio raccontarti tutto.» le dissi in modo calmo «Trascorsi così un anno e mezzo, facevo ciò che mi dicevano e in cambio rimanevo vivo. Un giorno mi affidarono una missione ad Omsk, dicevano che si fidavano e infondo sapevano pure loro che se li avessi traditi sarei morto, quindi non avevo scelta. Passai circa un mese in Siberia prima che un uomo mi venisse a recuperare. Si chiamava Victor Rochev, era un capitano della Bratva molto rispettato a Mosca e mi portò con sé. All’inizio mi ospitò in casa sua, mi diede un tetto e dei vestiti e per la prima volta mi sentii di nuovo una persona. Non avevo fatto altro che andare avanti per più di un anno e mezzo, ma fu a casa Rochev che mi sentii di nuovo Oliver. Conobbi lì Isabel, lei era la figlia di Victor…»
«Isabel… La tua nuova finanziatrice in azienda?» mi chiese Felicity interrompendomi per l’ennesima volta.
«Sì, lei.» confermai abbassando lo sguardo.
«Quella a cui dovrei fare attenzione?»
«Sì, Felicity.» annuii nuovamente.
«Non capisco, Oliver…»
«Sarò completamente sincero con te, ma devi promettermi che mi ascolterai fino alla fine.» esclamai e lei annuì «Isabel ed io ci siamo conosciuti a Mosca per via di suo padre. Per un po’ ho vissuto con loro, mi trattavano bene e sembravano non voler nulla in cambio. Isabel era un’amica e finalmente credevo di poter tornare a casa con il suo aiuto. Per sei mesi mi limitai a rimanere buono e zitto, mi guadagnai la sua fiducia e quella di Victor e fu allora che provai a chiedergli se potevo rientrare negli Stati Uniti. Naturalmente loro avevano altri progetti, volevano che rimanessi e che sposassi Isabel. Io mi opposi ovviamente, c’era una sola donna nella mia vita che avrei mai amato e quella sei tu, Felicity. Per ovvi motivi però non potevo dirglielo, non volevo metterti in pericolo e così dopo varie discussioni accettai di stare con lei. Ti prego, non guardarmi così, lasciami finire… Trascorsero altri sei mesi all’incirca, mesi in cui ci limitavamo a passeggiare ed uscire insieme, ma avevo un piano, sarei andato all’ambasciata americana e avrei chiesto asilo. Tutto sembrava andare per il verso giusto finché un giorno Isabel scoprì ciò che avevo in mente, la pregai e le raccontai tutto su di me, tranne che ero sposato, sperando che capisse quanto disperato fossi. E in un primo momento credetti persino di averla convinta, passò un mese senza problemi fino a quando Victor decise di mandarmi via. Lei gli aveva raccontato ogni cosa e lui mi rispedì a San Pietroburgo. In quell’ultimo anno e mezzo vidi cose orribili, cose che solo i veri criminali erano capaci di fare, erano disposti a tutto pur di vendere la merce a chiunque la chiedesse. Provai a scappare tante volte, talmente tante che non si possono nemmeno contare. Ma sai una cosa? C’è stato un giorno in cui ho ripensato per davvero a quello che avevo perso, te, mio padre, mia madre, Thea, i miei amici e mi sono detto di provarci un’ultima volta. Ho ucciso uno dei mercenari per scappare, non voglio nascondertelo e non ne vado fiero, ma è stato l’unico modo in cui sono riuscito a raggiungere di nuovo Mosca e l’ambasciata.»
La vidi piangere, stava piangendo ormai da svariati minuti, ma volevo che sapesse tutto e così avevo continuato. Mi ritrovai le sue braccia strette intorno al collo e le sue labbra salate premute contro le mie, assaporai ogni istante di questo bacio e mi resi conto di quanto fortunato ero ad averla ancora nella mia vita.
«Dì qualcosa, Felicity.» affermai staccandomi da lei.
«Ti amo.» mi sussurrò vicino all’orecchio.
«Cosa?» le chiesi prendendole il viso tra le mani.
«Ti amo, Oliver. Non ho mai smesso di amarti e sapendo tutta la verità, finalmente, riesco ad amarti persino di più.»
«Anche io ti amo, Felicity.» le dissi facendo incontrare le nostre labbra ancora una volta.
«E non m’importa se hai dovuto fingere di stare con Isabel, non me ne importa niente, perché tu sei qui e sei vivo, dopo tutto quello che hai passato non meriti anche di essere rimproverato da me.»
«Mi sono sentito un traditore per tanto tempo, nonostante non sia mai successo nulla il solo stare insieme a lei mi faceva sentire uno schifo.»
«Se può aiutarti sappi che ti perdono.» esclamò accarezzandomi la guancia.
«Felicity, c’è un’altra cosa che devi sapere.»
«Dimmi.»
«Isabel sa dei bambini e di te. Stamattina in ufficio mi ha detto di averlo sempre saputo, credo voglia vendicarsi di me e non voglio mettervi in mezzo. Andatevene da Central City.»
«Che cosa? Non posso andarmene, Oliver! Se quella stronza vuole vendicarsi dovrà passare sul mio cadavere.»
«È capace di tutto, per favore, almeno i bambini devi mandarli via.»
«Va bene, posso chiamare mia madre…»
«Sarebbe un’ottima cosa. Voglio che siano al sicuro e che Isabel non li trovi.»
«Ha già provato a portarmi via te, non oserà toccare i miei figli.» esclamò Felicity con uno sguardo furioso.
«Ehi, guardami. Insieme ce la faremo, te lo prometto.» le sorrisi.
«Quando sarà tutto finito dirò a Liz e Luke che sei il loro papà, anzi, glielo diremo insieme. Ti piacerebbe?» mi propose.
«Mi sembra perfetto.» risposi.
«Non andartene.» mi disse con gli occhi che le brillavano. Le lacrime erano state sostituite da uno strano desiderio.
«No, non me ne vado.» dichiarai baciandola con forza.
La feci stendere sotto di me e lasciai che mi strappasse di dosso la camicia, io mi dedicai alla sua maglietta che in poco tempo finì sul pavimento del salotto così come il reggiseno di pizzo che indossava. Le accarezzai entrambi i seni facendola gemere, mentre lei mi sfilava i pantaloni. Le nostre lingue danzavano l’una della bocca dell’altro facendo solamente crescere il desiderio che aleggiava dentro di noi. Le mutande di entrambi andarono a far compagnia agli altri vestiti e con una spinta decisa la feci finalmente mia. Felicity gemette forte, ma le tappai la bocca con un bacio prima che svegliasse i nostri figli di sopra. 
«Oliver, ti prego…» mugolò.
«Shhh, ti sentiranno.» le dissi baciandole delicatamente il seno.
«È colpa tua.» affermò con un lungo sospiro di piacere.
«Ah sì?» le chiesi continuando a torturarla.
Avvertii la sua intimità stringersi attorno a me qualche secondo dopo, seguita da un gemito che tentò in tutti i modi di soffocare e, quasi contemporaneamente, venni anch’io. Felicity mi accarezzava la schiena, mentre io uscivo piano da lei e speravo che i gemelli non avessero sentito niente.
«Andiamo a dormire.» le dissi.
«Sì, andiamo.» annuì sorridendomi.










Angolo autrice
Ragazzi, scusatemi tantissimo per il ritardo, ma mercoledì un esame e sono leggermente nella cacca xD
Il capitolo l'ho scritto oggi, mi sentivo ispirata e ho buttato giù tutte le idee. 
Ora sapete tutto, dov'è stato Oliver, perchè non è tornato, come ha conosciuto Isabel e perchè lei vuole vendicarsi. Avevo pensato di farlo con un flashback, ma così mi è sembrato più intimo. Nel senso, volevo fosse una cosa che rafforzasse una volta per tutte il rapporto tra Felicity e Oliver. 
Lei non si è arrabbiata, anzi, ha finalmente detto cosa provava! :) sapevate già che era ancora innamorata di Oliver, ma questa confessione spero vi sia piaciuta.
Isabel ha sempre saputo chi fosse Oliver, ma non le importava, lo voleva tutto per sé. Ma più avanti inserirò anche una piccola parte dove spiego come sia venuta a conoscenza di Fel e i gemelli.
Beh, la fine non ha bisogno di spiegazioni penso ahahah xD

Scusate anche se non ho risposto alle recensioni, ma davvero è già un miracolo che abbia postato! Sappiate che le ho lette tutte ovviamente e vi ringrazio tantissimo!
In caso abbiate dubbi fatemelo sapere :)
Ps: pochi giorni ad Arrow, sono troppo felice *-*

Un abbraccio,
Anna

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Capitolo 15
*** Family ***


Chapter fourteen - Family





Felicity
Quella di ieri fu una delle notti più belle della mia vita, sentivo di essere come rinata. Non credevo possibile che Oliver mi dicesse tutta la verità su quei quattro anni, invece l’aveva fatto, mi aveva raccontato tutte le sfaccettature della sua vita, mi aveva confessato tutto, persino le parti più dolorose e difficili. Avevo capito all’istante che finalmente non mi stava più mentendo, l’avevo percepito nei suoi occhi e mi rendevo conto di quanto fosse stata dura per lui raccontarmi di Isabel e dell’uomo che aveva ucciso. Non negavo che un po’ mi avesse infastidito sapere che aveva passato tanto tempo insieme ad una donna che non fossi io, però capivo che non aveva avuto scelta e, anzi, mi lusingava sapere che non aveva mai ceduto perché amava me. Avrei voluto prendere quella stronza a pugni per avermi tenuto lontano Oliver per così tanto tempo, ma sapevo che avrei solo combinato un gran casino se l’avessi fatto, quindi mi toccava starmene buona e organizzare un piano per rispedirla in Russia al più presto.
Sistemata la questione di Isabel saremmo finalmente potuti essere una famiglia. Elizabeth e Lucas avrebbero conosciuto il loro papà ed io non potevo chiedere di meglio per i miei figli. Non pensavo sarebbe stato possibile dar loro una figura paterna, ero sempre stata troppo legata ad Oliver per permettermi di andare avanti con la mia vita e di conseguenza nessun uomo si era mai avvicinato ai bambini, tranne Barry ovviamente. Adesso che Oliver era qui, in carne ed ossa e pronto a fare il padre, mi sentivo come sulle nuvole, come se tutto fosse come avrebbe dovuto essere. Tra noi andava meglio ed ero fiduciosa che avremmo superato ogni ostacolo col tempo, di certo a letto non avevamo alcun problema ed era già un buon punto di partenza.
Mi stiracchiai nel letto dopo l’incessante suono della mia sveglia e notai che l’altro lato era completamente vuoto, Oliver non c’era. Mi infilai velocemente una maglietta e un paio di pantaloni di tuta e scesi di sotto. Rimasi incantata non appena arrivai in cucina: Oliver stava cucinando qualcosa, forse dei waffle, in pigiama e quando si accorse della mia presenza mi rivolse uno splendido sorriso che mi fece letteralmente sciogliere.
«Pensavo te ne fossi andato.» gli dissi avvicinandomi.
«Buongiorno anche a te, Felicity.» mi prese in giro lui.
«Dai, non scherzare, ero seria.» affermai.
«Perché mai avrei dovuto andarmene? La mia famiglia è qui.» mi rispose continuando a preparare la colazione.
«Non lo so, è solo che dopo ieri… Cioè… Oh dio, non lo so veramente.» balbettai dicendo cose senza senso.
«Felicity, non vado da nessuna parte. Mai più.» mi promise.
«Sarà meglio per te.» lo minacciai ridacchiando.
«Ho preparato qualcosa per te e i bambini, spero gli piacciano i waffle.»
«Li adorano, sono golosi entrambi come lo sei tu.»
«Ehi, io non sono goloso… Mi piacciono i dolci.»
«Ecco, appunto!» 
«Credo sia il caso che tu vada a metterti il reggiseno, non vorrai mica farti vedere dai nostri figli conciata così.» mi disse come nulla fosse.
«E tu smetti di guardarmi le tette.» lo sgridai facendo ridere entrambi.
«Che posso farci? Sei tu a metterle in mostra, mi stai provocando.»
«Non hai idea di cosa ho in mente per vendicarmi, mio caro.» 
«Non vedo l’ora di scoprirlo, tesoro.»
Mi mancavano questi momenti di totale complicità tra di noi, erano anni che non stavamo così bene insieme ed era bello essere tornati a quei tempi, insomma, più o meno. Ritornai di sopra a svegliare i gemelli, ero certa che sarebbero stat entusiasti della colazione, anche se mi avrebbero tempestato di domande sul perché Oliver fosse da noi così presto. Non gli avrei detto che era rimasto anche a dormire, era meglio se facevamo un passo alla volta, soprattutto per Elizabeth.
«Wow, mamma! I waffle!» esultò Lucas sedendosi a tavola.
«Li ha preparati Oliver, perché non lo ringrazi?» dissi a mio figlio.
«Grazie, Oliver. Sono buonissimi.» rispose Luke divorando la sua razione.
«Liz, a te piacciono?» le chiesi sperando non si sentisse a disagio.
«Sì… Ma come mai Oliver è qui?» domandò la piccola.
«La mamma mi ha chiesto un passaggio per portavi all’asilo, la vostra macchina è rotta.» intervenne Oliver salvandomi.
«Sì, la devo portare ad aggiustare.» confermai.
«E perché non è venuto lo zio Barry?» continuò Liz.
«Perché… Perché lui e Caitlin dovevano iniziare a lavorare molto presto stamattina.» mi inventai sul momento.
«Okay…» esclamò la bambina lasciando cadere il discorso.
Oliver mi prese una attimo in disparte mentre i gemelli facevano colazione «Pensi che mi accetterà mai?» mi domandò dispiaciuto.
«Oliver, non prendertela, è piccola ed è tutto nuovo per lei.» gli risposi accarezzandogli il braccio.
«Lo so, è solo che ho paura che non mi voglia anche quando le diremo la verità.»
«Non dire così, è tua figlia e tu sei il suo papà, come potrebbe non volerti?»
«Non lo so, Felicity… Penso si senta abbandonata. So che ha solo tre anni e mezzo, ma non credi sia possibile? Magari vede le sue amichette all’asilo con i loro papà e si sente diversa.»
«Io… Io non ci avevo mai pensato…» affermai sospirando. Forse aveva davvero ragione.
«Non è colpa tua, è mia.» esclamò.
«Non è vero. Sai che non è così. Non è stata una tua decisone starci lontano per anni.»
«Vorrei solo rimediare in qualche modo… Vorrei che Isabel sparisse e che non ci desse più fastidio così da poter passare del tempo con loro e dirgli ogni cosa.» mi disse guardando Elizabeth e Lucas.
«Oggi pomeriggio li andremo a prendere e li manderemo da mia madre per un po’, poi prenderemo Isabel a calci e la rispediremo da dove viene. Okay?»
«Hai proprio voglia di uccidere Isabel, eh?» mi prese un po’ in giro.
«Non ridere, se potessi realmente prenderla a pugni lo farei.» risposi seria.
«Mi piaci così determinata, sai?» 
«Farei questo e altro per te e i bambini.»
«Oh, lo so.» esclamò dandomi un bacio di sfuggita senza che nessuno ci vedesse.

Oliver
Ero tornato a Starling City dopo aver lasciato Felicity e i bambini per via di un incontro col consiglio della Queen Consolidated. Sarei rimasto volentieri con mia moglie e i miei figli, ma non dovevo insospettire nessuno, tantomeno mia madre. Da quando aveva saputo di Liz e Luke e del fatto che passavo molto tempo con Felicity sembrava un’altra, mi evitava, mi rispondeva a monosillabi o addirittura non si faceva trovare a casa. Anche con Thea era cambiata, sembrava non volesse neanche farle da madre e questo mi faceva infuriare, mia sorella non aveva colpe e non era giusto che se la prendesse anche con lei. Avevo una mezza idea del perché se la fosse presa tanto nel venire a sapere dei gemelli, non voleva rovinare l’immagine della bella famigliola felice ed era per questo che tentava di dissuadermi quando le dicevo che stavo andando a Central City. Era come se non volesse saperne dei bambini, per non parlare di Felicity, sembrava si fosse dimenticata che era pur sempre mia moglie e che io l’amavo. Non che m’importasse più di tanto cosa pensava, però mi dava alquanto fastidio che ci andasse di mezzo Thea o in futuro i miei figli. Perché mi sembrava ovvio che prima o poi glieli avrei fatti conoscere, ma a mia madre pareva non piacere come idea.
«Oliver, alla buonora.» mi rimproverò.
«Mamma, c’era traffico, ti avevo avvertito.» ribattei.
«C’era traffico o eri impegnato con Felicity?» mi domandò freddamente.
«E anche se fossi stato con mia moglie
«Lascia perdere, è meglio se andiamo alla riunione.»
«No. Ora mi spieghi che cosa ti sta prendendo?»
«Per favore, Oliver, non adesso.»
«Sì, mamma, adesso.» dissi bloccandole la strada.
«Sei tornato tra le braccia di Felicity senza nemmeno riflettere, lei ti ha nascosto i tuoi figli e tu la perdoni come nulla fosse? Non ti ho cresciuto perché fossi così accondiscendente con le persone, neanche se si tratta di tua moglie!»
«Oh, dio! Ma sei seria? Sei stata tu a dirmi di parlarle, di averci un rapporto, si può sapere perché le stai dando contro adesso?» le urlai.
«Ti avevo detto di parlarci per il bene dei bambini, non di scopartela!»
«Modera i termini, non ti permetto di parlarmi così, né di offendere Felicity.»
«Sono tua madre e posso parlarti come mi pare, chiaro? Se non hai rispetto per te stesso o per la nostra famiglia è meglio che impari ad averlo.»
«Felicity e i bambini sono la mia famiglia. E tu mi parli di rispetto, mamma? Dopo che hai praticamente chiuso i rapporti con me e Thea? Io davvero non capisco che diavolo tu abbia.»
«Non ho intenzione di discutere con te ancora, sei un disonore! Stai con una donna che ti ha nascosto i tuoi figli, scappi da qui per rincorrerla a Central City, Oliver, ma cosa ti è successo?»
«Cos’è successo a me? Mi incolpi solo perché sto cercando di rimettere insieme la mia famiglia? O hai paura che i giornali parlino male della grande Moira Queen, è di questo che hai paura, vero?»
«Fa’ come credi, sei grande abbastanza, ma non venire a chiedermi aiuto quando lei ti volterà le spalle.» dichiarò.
«Felicity non mi volterà le spalle, non lo ha mai fatto, e c’è un valido motivo se mi ha nascosto Lucas ed Elizabeth. Anzi, sai una cosa? Sono felice l’abbia fatto, almeno sono cresciuti senza la tua influenza.» le dissi con cattiveria.
«È meglio se te ne vai, Oliver. Non ho altro da dirti. Capirai da solo di aver sbagliato.»
«No, tu capirai di aver sbagliato. Ma io sono una persona diversa da te fortunatamente, sono pronto a migliorare e venirti incontro, soprattutto se vorrai conoscere i bambini.»
Mia madre non rispose e mi lasciò lì su due piedi per andare nella sala conferenze, davvero non riuscivo a capire cosa le prendesse. Aveva sempre avuto difficoltà ad accettare Felicity, ma credevo che dopo il nostro matrimonio le fosse passata. Non le andava a genio che non fosse una persona “di spessore” nella società ed aveva sempre provato a tenermi lontano da lei, ma pensavo fosse impossibile che la pensasse ancora così dopo la morte di mio padre, la mia scomparsa e la scoperta dei suoi nipoti, invece a quanto pare mi sbagliavo. Lei ci girava intorno, però in cuor mio sapevo che il problema erano le umili origini di Felicity.
Durante la riunione fortunatamente non dovetti rivolgerle la parola, anzi andò tutto molto bene, parlare con il consiglio era riuscito a distrarmi dal casino che c’era nella mia famiglia. Uscii dalla sala circa due ore e mezza dopo e la prima cosa che feci fu provare a chiamare Felicity, ma a quando pare lei mi aveva preceduto, mi stava già chiamando. Non esitai a rispondere, contento che fosse lei a cercarmi stavolta.
«Pronto?» dissi accettando la chiamata.
«Oliver! Ma dove diavolo eri? È da almeno un’ora che sto cercando di chiamarti!»
«Ehi, calmati, cosa succede?» le chiesi intuendo dal suo tono che fosse preoccupata.
«Si tratta dei bambini, qualcuno è andato a prenderli all’asilo un’ora fa dicendo che aveva la mia autorizzazione. Mi hanno mostrato persino il foglio firmato con la delega, ma io non l’ho mai firmato!»
«Che cosa?!» chiesi sconvolto «Felicity, okay, cerca di stare calma, prendo l’auto e vengo da te. Tu chiama la polizia nel frattempo e dì loro ogni cosa, va bene?»
«Sì, sì, lo farò. Oliver, ti prego sbrigati, ho bisogno di te.» mi disse iniziando a singhiozzare.
«Non piangere, ti prometto che li troveremo.» risposi provando a tranquillizzarla, ma non ho idea se servì o meno.
I miei bambini erano spariti ed io non ero mai stato così terrorizzato in vita mia.










Angolo autrice
Sono tornata! Scusate per il ritardo, ma come sapevate avevo un esame...! Ma ora ci sono :)
Il capitolo comincia dopo la notte che Fel ed Oliver hanno passato assieme, lui ha preparato la colazione per tutti e... Chi non lo vorrebbe uno così? ;) entrambi sembrano aver ritrovato la complicità di un tempo, anche se Elizabeth è ancora un po' restia ad accettare Oliver. Forse quando le diranno la vertà cambierà idea, voi che dite?
Poi c'è Moira... È un po' bipolare come donna, prima dice ad Oliver una cosa, poi si ricrede e gli urla contro... Il succo del discorso è che ancora non accetta Felicity e dopo aver saputo dei bambini pare che proprio non le vada a genio... Che dire, non vi viene voglia di strozzarla? xD almeno Oliver le tiene testa però.
La fine... A quanto pare qualcuno è andato a prendere i gemelli con un'autorizzazione firmata da Fel, ma lei dice di non averla mai firmata... Che succederà adesso?

Ho iniziato un'altra storia... La sto scrivendo quando ho tempo e per ora ci sono solo 2 capitoli, è un'altra AU in cui Felicity ed Oliver si conoscono ad una festa di laurea... Finita questa magari la posterò xD
Ps: Ho ancora il cuore in mille pezzi per l'episodio di Arrow... Mamma mia che strazio ragazzi T.T
Pss: Grazie come sempre per le bellissime recensioni, attendo i vostri pareri mi raccomando!

Buona pasqua in anticipo a tutti :)
Anna

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Capitolo 16
*** A nightmare ***


Chapter fifteen - A nightmare 





Felicity
Era tutto così surreale. Mi sembrava impossibile essere in una situazione del genere. Io non ci credevo, non potevo! Queste cose accadevano nei film, non nella vita reale. I bambini non scomparivano nel nulla da un momento all’altro, era troppo strano. Stavo vivendo un incubo, un vero e proprio incubo. Avevo chiamato Oliver più volte e quando finalmente mi aveva risposto ero crollata, stavo piangendo da allora nell’attesa che lui arrivasse. Era l’unica persona sulla faccia della terra che capiva come mi sentissi in questo momento ed io avevo bisogno di lui. Mentre aspettavo che Oliver arrivasse da Starling City avevo telefonato a Caitlin, Barry e Sara, non ce la facevo a stare da sola ed avevo bisogno dei miei migliori amici. Ormai era da più di un’ora che cercavano in tutti i modi di farmi smettere di piangere, ma non c’era verso. Avevano chiamato loro la polizia al posto mio perché io ero completamente andata, non mi rendevo nemmeno conto di dove fossi, riuscivo solamente a pensare al peggio. Da quel che avevo sentito il detective della polizia di Central City, Joe West, aveva subito contattato l’FBI visto che di norma si occupavano loro delle sparizioni legate ai minori. Il pensiero di tutti quegli agenti in giro per casa mia mi faceva rivoltare lo stomaco, ma cercavo di non darlo a vedere e mi limitavo a starmene seduta sul divano a singhiozzare. Non era da me comportarmi così, per niente, però qualche assurdo blocco m’impediva di fare qualunque cosa. Sara e Barry stavano ancora parlando con la polizia, il mio amico conosceva bene il detective West ed ero sicura che si sarebbe fatto passare tutte le informazioni necessarie. Caitlin, invece, mi stava preparando una cioccolata calda, o almeno così credevo visto l’odore di cioccolato in tutta la cucina e il salotto.
«Felicity, tieni.» mi raggiunse la mora qualche secondo dopo «Ci ho messo anche la panna.»
«Grazie, Cait.» le sorrisi tirando su col naso.
«Asciugati il viso. Vedrai che staranno bene.»
«Vorrei solo che Oliver fosse qui.» dissi io prendendo un sorso di cioccolata.
«Sta arrivando, ormai mancheranno pochi minuti.» affermò la mia amica abbracciandomi.
Avrei voluto ringraziare i miei amici come si deve, ma ora come ora non riuscivo nemmeno a formulare una frase di senso compiuto, figuriamoci a fare qualcos’altro. Vidi due poliziotti spostarsi dall’entrata di casa mia per lasciar spazio a qualcuno… Oliver. Era qui, era arrivato. Mi alzai di corsa dal divano e mi buttai letteralmente tra le sue braccia scoppiando nuovamente in lacrime. Lui mi strinse forte sussurrandomi di non piangere ed io non potei fare altro che abbracciarlo ancora più forte.
«Felicity, ehi, guardami.» mi disse costringendolo a guardarlo negli occhi «Sono qui.»
«Oliver… I-I miei bambini…» balbettai ancora scossa dalle lacrime.
«Ascoltami, li troveremo, te lo prometto. Ma tu devi calmarti adesso, okay?» rispose dolcemente.
«Se gli succedesse qualcosa… Io… Io…» continuai, pensando alle ipotesi peggiori.
«Felicity.» esclamò serio.
Bastò quello a tranquillizzarmi, non sapevo perché, ma il suo tono sicuro riuscì a calmarmi. Le lacrime se ne andarono e dopo essermi ricomposta un po’ andammo insieme a parlare con gli agenti. 
«Ci sono novità?» chiese Oliver schietto.
«No, mi dispiace signori Queen. Stiamo facendo il possibile e utilizzando ogni mezzo a nostra disposizione, ma sembrano spariti nel nulla.» rispose l’uomo.
«Allora fate di più.» intervenni io fulminandolo con lo sguardo.
Me ne andai da lì subito dopo, mi veniva il nervoso solo a sentirle certe cose! Era il loro lavoro cercare i miei figli, come cavolo facevano ad essere spariti due bambini di tre anni e mezzo? Come facevano a non essere stati visti da nessuno? All’asilo tutti li conoscono, maestre, mamme, papà, bambini, e allora com’era anche lontanamente possibile che nessuno li avesse visti uscire con una persona che non fossi io?
Chiesi a Sara, Caitlin, Barry e ovviamente Oliver di raggiungermi in cucina senza farsi seguire dai poliziotti, avevo una qualche sorta di piano in testa, ma avevo bisogno anche di loro per metterlo in atto.
«Felicity?» mi chiamò Sara.
«Ho un piano. Ma non è del tutto legale.» dissi guardando tutti dritti negli occhi.
«Di che stai parlando?» chiese Oliver confuso.
«Forse so come rintracciare i bambini, perché credo di aver capito chi ha falsificato la mia firma nella delega.» risposi.
«Come fai a saperlo?» domandò Caitlin scambiandosi un’occhiata incuriosita con Sara.
«È una lunga storia, ragazzi… Ma c’è una donna di mezzo.» esclamai ed Oliver abbassò lo sguardo, forse aveva capito di chi parlavo.
«E perché questa donna avrebbe preso Elizabeth e Lucas?» mi chiese Barry. Lui non era ch
certamente stupido, sapeva bene che Oliver ed io nascondevamo qualcosa.
«Perché ce l’ha con me.» intervenne Oliver «È complicato da spiegare, dovete solo sapere che l’ho incontrata durante i quattro anni in cui non c’ero e che mi odia.»
«Non appena troveremo i gemelli pretendo una spiegazione da te, lo sai vero?» disse il mio amico guardando Oliver.
«Lo so, Barry, lo so.» annuì lui.
«In cosa consiste il piano, Fel?» esclamò Sara.
«Oliver, ce l’hai il numero della strega?» chiesi facendo ridacchiare i miei amici, ero sicura che avessero già capito ogni cosa.
«Sì, purtroppo ce l’ho, è pur sempre una finanziatrice dell’azienda. Ecco, tieni.» rispose porgendomi il suo cellulare.
«Perfetto.» esclami accendendo il mio computer portatile.
«Allora, che vuoi fare?» insistette Sara.
«Voglio rintracciarla. Se ha il telefono acceso, o se lo aveva acceso fino a poco fa sarò in grado di tracciare i suoi spostamenti e capire più o meno dov’è.» 
«E puoi farlo?» domandò Caitlin titubante.
«Sì, posso. Se invece parli di legalità, teoricamente credo di non portelo fare.» risposi.
«Non mi importa niente della legge, se questo significa riportarli a casa: fallo.» affermò Oliver.
«Infatti, Ollie ha ragione, al diavolo la legge.» lo supporrò Barry.
Mi misi al lavoro all’istante, collegai il cellulare di Oliver al mio computer e scaricai tutti i dati telefonici di Isabel. Inserii il numero in un programma apposito per rintracciare i gps e attesi con gli altri che desse qualche segno. Non era stato difficile utilizzare il programma per la ricerca e speravo vivamente che non avesse spento il telefono, così da potermi collegare direttamente e poter seguire i suoi movimenti in tempo reale.
«Ragazzi! Ha trovato una corrispondenza!» urlai facendoli voltare tutti e quattro.
«Allora?» mi chiese Oliver apprensivo.
«Purtroppo il cellulare risulta disabilitato, il che significa che l’ha spento o si o si è scaricato, però sono riuscita a rintracciare i suoi ultimi movimenti. Alle 15.02 era qui a Central City, davanti all’asilo di Elizabeth e Lucas, poi ha iniziato a muoversi, pare abbia preso la Dodicesima e poi sia entrata in autostrada. Il segnale si interrompe alle 17.08… Vediamo un po’… Vicino a… Starling City.» spiegai restando a bocca aperta.
«Che diamine è tornata a fare in città?» sbraitò Oliver.
«Non lo so, ma è stata lei, Oliver. Il suo cellulare era qui un paio di ore fa.» dissi sospirando.
«Ehi, cercate di stare calmi.» ci richiamò Barry «Avete idea di cosa voglia dai bambini?»
«No! Non capisco perché abbia preso loro quando poteva prendersela direttamente con me!» esclamò Oliver alzando la voce.
«Pensi che potrebbe far loro del male?» provò a chiedere Sara facendomi rabbrividire.
«No, non credo. È una persona vendicativa, ma non penso arriverebbe mai al punto di ferire due bambini così piccoli.» rispose mio marito.
L’idea che Isabel potesse far del male a Liz e Luke mi faceva andare sull’orlo di un precipizio. C’era una parte di me che voleva prenderla a calci e pugni per farle provare solo la metà di ciò che provavo io, l’altra parte invece voleva pregarla di lasciarli andare e restituirmeli. Sicuramente erano spaventati e volevano la loro mamma, ed io non ero lì… Non ero lì a proteggerli come gli avevo sempre promesso, mi sentivo come se avessi fallito il compito più importante di tutti, ovvero l’essere madre.
«Ho parlato con gli agenti, hanno allertato la polizia di Starling, il capitano Lance sta andando nell’ultimo posto in cui c’è stato il segnale.» mi avvertì Oliver.
«Okay, bene…» risposi soltanto.
«Felicity… Mi dispiace tanto.» mi disse provando ad abbracciarmi, ma io mi scostai «Cosa c’è?» 
«Niente, sto cercando di metabolizzare.»
«So che è colpa mia, ma ti prego non allontanarti.»
«Non ho mai detto che sia colpa tua.»
«Beh, te lo leggo in faccia.» affermò lui.
«Scusami.» esclamai osservandolo «È solo che non riesco a tenere a bada tutte queste emozioni.»
«Ti capisco, credimi. Ma ti giuro che li riporteremo a casa sani e salvi.»
«Dovremmo esserci noi là, non i poliziotti.» dissi.
«Stavo pensando la stessa cosa. Andiamo.» dichiarò porgendomi la mano.
«Dici davvero?»
«Assolutamente. I nostri figli hanno bisogno di noi.»
Spiegammo a Caitlin, Sara e Barry cosa volevamo fare e stranamente loro non obiettarono, ci dissero solo di stare attenti e di riportare a casa i loro nipotini. Prendemmo la macchina di Oliver in direzione di Starling City, io mi portai dietro il pc così da poter rintracciare nuovamente Isabel se mai avesse acceso il telefono di nuovo. 
Ero spaventata, anzi forse addirittura terrorizzata all’idea che loro non stessero bene, ma provavo in tutti i modi ad essere fiduciosa, sapevo che li avremmo trovati in qualche modo ed io l’avrei fatta pagare a quella vipera. Oh sì, gliel’avrei fatta pagare alla grande!
«Ehi, stai bene?» domandò Oliver.
«No. Starò bene quando avrò di nuovo i miei figli accanto.»
«Li riavrai, Felicity.»
«Sì, lo spero veramente… E sai che dopo ti aspetta la parte più difficile, no?»
«Cioè?» chiese senza distogliere gli occhi dalla strada.
«Fare il papà di quelle due piccole pesti.» risposi accennando un piccolo sorriso.










Angolo autrice
Eccomi qui di nuovo! 
Capitolo un po' di passaggio, in cui vengono descritte principalmente le sensazioni di Felicity riguardo la scomparsa dei gemelli.
E chi poteva esser stata se non la cara vecchia Isabel Rochev? Molte di voi l'avevano intuito... E beh, avevate ragione! Il GPS del cellualre conferma che fosse davanti l'asilo dei bimbi...
È stata Fel in questo caso a salvare un po' la situazione, e chissene frega della legge e delle regole!
Ora lei ed Oliver sono diretti a Starling City dove sembra essere andata Isabel... Riusciranno a riavere i bambini?

Grazie a tutti come sempre per le bellissime recensioni e per l'affetto verso questa storia <3 
Ho scritto il terzo capitolo dell'altra, la posterò presto...! :D
Questa avrà ancora qualche capitolo.. Non so quanti precisamente, ma non tanti.

Un grande abbraccio,
Anna

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Capitolo 17
*** Kidnapping ***


Chapter sixteen - Kidnapping 





Oliver
Il viaggio sembrava infinito, nonostante ci volessero solo due ore per arrivare a Starling City, il tempo pareva non passare mai. Ormai mancava poco, stavo infrangendo tutti i limiti di velocità possibili e immaginabili e non me ne fregava un bel niente di prendere una multa. Non sapevo cosa Isabel volesse dai bambini, anzi non credevo possibile si fosse spinta a tanto. Certo, immaginavo volesse vendicarsi, però non pensavo in questo modo. Avrei preferito mille volte che se la prendesse con me, avrebbe potuto farmi qualunque cosa e l’avrei accettata, purché non toccasse la mia famiglia. Felicity era particolarmente silenziosa, continuava a guardare fuori da finestrino con chissà che pensieri. In realtà in un certo senso potevo capirla, erano anche i miei bambini dopotutto, ma non immaginavo cosa provasse lei a non vederli più da un momento all’altro. Li aveva cresciuti e portati in grembo, avevano un legame speciale e sapere che in parte ero io la causa della loro sparizione sicuramente non l’aiutava. Mi sentivo responsabile, Isabel li aveva presi per colpire me e se io non fossi mai tornato ora Elizabeth e Lucas sarebbero a casa con la loro mamma.
«Non è colpa tua, Oliver.» dichiarò Felicity ad un certo punto «So a cosa pensi e so come ragioni, e ti dico che non è colpa tua.»
«Io comunque mi sento responsabile.» risposi.
«Non puoi controllare sempre tutto, lo sai. E non ti incolpo di certo se Isabel è una pazza.» affermò.
«Ha preso i nostri figli, Felicity, come posso non sentirmi direttamente responsabile?» chiesi.
«Perché non lo sei, forse?» disse retorica «È lei quella ad averli presi, e nonostante sia in qualche modo collegata a te questo non fa sì che automaticamente tu sia suo complice.»
«Vorrei solo capire perché l’ha fatto.» sospirai.
«Non credo ci darà mai un valido motivo.» esclamò lei.
Finalmente dopo ben due ore arrivammo a Starling City, parcheggiai la macchina direttamente alla stazione di polizia ed insieme a Felicity entrammo per cercare il capitano Lance. Lui ci conosceva entrambi da anni, eravamo amici di Laurel e Sara da tantissimo tempo ed era anche venuto al nostro matrimonio, quindi speravo ci informasse su ogni dettaglio.
«Capitano.» lo salutai.
«Oliver, Felicity… Mi dispiace davvero molto per l’accaduto.» disse l’uomo.
«Vogliamo solo trovarli, ha qualche novità?» chiesi speranzoso.
«Sì, ma non vi piacerà. Venite, andiamo nel mio ufficio.» rispose Lance.
Mi si fermò il respiro per un momento e penso che a Felicity successe lo stesso. Lance aveva novità, ma novità che non ci sarebbero piaciute, questo significava che i bambini erano feriti? Voleva dire questo? Non sapevo che cosa pensare, ero leggermente preso dal panico anche se cercavo di mascherarlo il più possibile. Il capitano ci fece accomodare nel suo ufficio, ma io preferii rimanere in piedi, ero stato seduto in auto finora e non volevo perdere più tempo.
«Allora, sapete dove sono i nostri figli?» chiese Felicity gentilmente.
«Non ancora… Però sappiamo che Isabel Rochev non lavora da sola…» rispose Quentin.
«Che vuol dire?!» lo interruppi io.
«Oliver, lasciami spiegare.» esclamò lui «Dai tabulati telefonici degli ultimi giorni risultano parecchie chiamate ad un numero straniero, ma i nostri esperti lo hanno analizzato e hanno analizzato da dove provenivano le chiamate deducendo che, nonostante il numero sia straniero, provenissero proprio da qui. Ora il cellulare della Rochev è spento, quindi purtroppo non possiamo rintracciarla, ma l’altro telefono risulta ancora in funzione e i miei tecnici ci stanno lavorando proprio adesso.»
«Non posso credere che qualcun altro sia coinvolto…» commentai io.
«Se becchiamo il complice, becchiamo lei. È una buona pista infondo… So che sapere che i vostri figli sono in mano non ad una, ma a due persone non è facile, però c’è speranza.»
«Crede che staranno bene?» domandò Felicity.
«Sono fiducioso e penso siano solo stati una via per mandare un messaggio.»
«Chi pensa sia il complice?» chiesi io accarezzando piano la spalla di Felicity.
«Per mia esperienza personale solitamente in questi casi sono persone direttamente coinvolte con il rapitore o con la famiglia, quindi, in poche parole, o è qualcuno di vicino a Isabel Rochev o è qualcuno vicino a voi due.» spiegò il capitano.
«Chi mai rapirebbe due bambini di tre anni e mezzo?» chiese Felicity con gli occhi lucidi.
«Felicity, non lo so. Ma ti prometto che li ritroveremo.» rispose Lance sorridendole.
Qualcuno bussò alla porta pochi secondi dopo richiedendo la presenza del capitano, Felicity ed io aspettammo, magari erano buone notizie. Lance tornò da noi circa due minuti dopo invitandoci a seguirlo. Che fossero riusciti a trovare Liz e Luke?
«Abbiamo rintracciato il telefono, e Oliver, mi dispiace dirtelo, ma proviene da casa tua…» 
«Da… Da casa mia?» balbettai incredulo.
«Stiamo andando là, potete venire con noi se volete.»
«E c’è da chiederlo?» intervenne Felicity.

Felicity
Me ne ero stata buona e zitta quasi per tutto il tempo mentre Quentin Lance ci spiegava i vari sviluppi sul rapimento dei miei figli. Rapimento. Suonava persino ridicolo. Ma la cosa più assurda di tutte era senza ombra di dubbio il fatto che il segnale dell’altro telefono provenisse da casa di Oliver. Che ci faceva il complice di Isabel a casa Queen? Okay, è vero, Lance ci aveva avvertito che poteva essere coinvolto qualcuno vicino a noi, però chi? La piccola Thea? Impossibile. Oliver mi aveva accennato prima di andarsene da casa mia che qualcuno aveva detto a lui, Moira e Thea dei bambini, ma comunque non credevo possibile che sua sorella arrivasse a tanto. Oltretutto facendo due più due sicuramente era stata la cara Isabel a dirgli di Liz e Luke visto che a quanto pare era a conoscenza di tutto da anni. Che avesse coinvolto Moira nei suoi loschi piani? Non credevo possibile nemmeno questo. Erano i suoi nipoti e se doveva incazzarsi con qualcuno poteva farlo con me. Avevo sbagliato a tagliare i rapporti con lei e con Thea, ma stavo troppo male all’epoca.
Arrivammo a casa di Oliver circa dieci minuti dopo, c’erano poliziotti ovunque e anche un paio di agenti dell’FBI ci avevano raggiunto. Erano negoziatori, credo. Servivano più che altro a far ragionare i rapitori nel caso non avessero collaborato, ma io speravo vivamente non si dovesse arrivare a tanto.
«Ascoltate, il piano è questo, facciamo irruzione e cerchiamo i bambini. Voi è meglio se aspettate fuori.» ci avvertì Quentin.
«No, non se ne parla. Se fate irruzione chissà che potrebbe succedere, se il complice si sentisse minacciato o minacciata potrebbe fare del male ad Elizabeth e Lucas.» rispose Oliver.
«Non sappiamo se i vostri figli sono dentro, è l’unico modo per prenderlo o prenderla.» continuò il capitano.
«Capitano Lance, Oliver ha ragione, stiamo parando della vita di due bambini piccoli, la prego.» intervenni io.
«E cosa proporreste di fare in alternativa?»
«Entriamo Felicity ed io, vediamo com’è la situazione e se abbiamo bisogno di aiuto la contatteremo.» propose Oliver, ed io annuii sicura.
«D’accordo, mi sembra fattibile. Ma non esitate a chiamare, chiaro? Non sappiamo con chi abbiamo a che fare.» si raccomandò lui.
«Certo, faremo attenzione.» esclamai io.
Presi un respiro profondo e strinsi forte la mano ad Oliver, mentre lui apriva la porta principale con la chiave. Non avevo idea di che cosa avremmo trovato all’interno, pregavo solamente che entrambi i gemelli stessero bene. Non concepivo l’idea che fosse successo qualcosa di brutto, proprio non ce la facevo. Proseguimmo in silenzio fino alla grande sala principale, ma senza entrarvici. La scena che mi si presentò davanti fu quasi surreale, c’erano Lucas ed Elizabeth distesi per terra che giocavano con dei pupazzi e stavano bene. Ebbi l’istinto di corrergli incontro e abbracciarli per ore, ma Oliver mi trattenne. Restammo lì immobili e nascosti per qualche minuto, quando poco dopo apparve dalla cucina Moira con dei succhi di frutta. Spalancai la bocca e sgranai gli occhi, non potevo credere a ciò che stavo vedendo… Era lei quella coinvolta in tutto questo? No, no, no. Come poteva aver aiutato Isabel a prendere i miei figli? Oliver si fece avanti e iniziò a camminare verso di loro, quando sua madre lo vide rimase interdetta, come se non se lo aspettasse.
«Dimmi che c’è una fottuta spiegazione.» disse rivolto alla madre.
«Oliver, che ci fai qui?» chiese lei come nulla fosse.
«Mamma!» urlano i bambini vedendomi sbucare in salotto.
Mi abbassai al loro livello e li strinsi forte a me, stavano bene, erano sani e salvi. Diedi un bacio sulla testolina di entrambi e riuscii fortunatamente a trattenere le lacrime di gioia, non volevo che mi vedessero piangere.
«La polizia e l’FBI sono qui fuori, dimmi che non hai niente a che fare con il rapimento dei miei figli o giuro che ti faccio arrestare.» esclamò Oliver.
«Rapimento? Ma di che parli? Isabel mi ha riferito che sarebbe andata a prenderli per poi portarli qui sotto tuo ordine.» rispose.
«Ma sei impazzita? Hai creduto a Isabel?» urlò.
«Mamma, perché Oliver è arrabbiato con la nonna?» mi chiese Lucas. Oh mio dio, loro sapevano… Sapevano tutto!
«Non è niente, amore. Stanno solo chiarendo alcune cose.» risposi a mio figlio.
«Perché non avrei dovuto crederle? Mi ha raccontato che vi eravate già conosciuti… Pensavo sapeste che i bambini erano qui con me.» si giustificò Moira.
«E il numero straniero da cui chiamavi Isabel come lo spieghi, eh? Perché non hai usato il tuo?» continuò Oliver in cerca di spiegazioni.
«È solo il numero che utilizzo quando vado in Canada, ci sono andata il mese scorso e non l’ho più cambiato a quanto pare. Puoi controllare se vuoi, lo conosci anche tu.»
«Mi stai dicendo che non sei sua complice? Che non hai volontariamente chiamato Isabel per far falsificare la delega all’asilo dei bambini? Che non sapevi li stessimo cercando?» domandò ancora Oliver.
«No, no, no! Non ne avevo idea! Mi dispiace tanto, credevo ne aveste parlato, credevo voleste farmeli conoscere! So di essere stata incoerente con te, Oliver, ma ho sbagliato e non volevo di certo che ci rimettessero loro.»
«Dov’è Isabel?» chiesi io a quel punto.
«È di sopra.» rispose Moira.
«Stai con i bambini per favore, c’è una cosa di cui dobbiamo occuparci.» dichiarò Oliver.
Moira era stata raggirata da Isabel, o almeno così sembrava. A me era parsa sincera, non pensavo infatti sarebbe arrivata al punto di rapire i suoi nipoti, ma questo l’avrebbe poi verificato la polizia. Incontrammo Isabel nel corridoio al piano di sopra, non appena ci vide le si dipinse un sorrisetto soddisfatto in faccia, come se sapesse già ogni cosa.
«Vedo che alla fine ce l’avete fatta a trovarli, siete bravi alla caccia al tesoro. È stato così facile convincere la signora Queen che eravate pronti a farle conoscere i bambini.» disse ridendo.
«È tutto un gioco per te? Rapire i miei figli, prendere in giro mia madre? Dimmelo.» ringhiò Oliver.
«Volevo trovare un modo concreto per fartela pagare, ma sì ammetto di essermi divertita.»
«Sei circondata da agenti e poliziotti, sai che non hai scampo.» le dissi io.
«Oh, Felicity, finalmente ti conosco di persona. In foto eri più carina. Sai, è stato così facile rintracciare i familiari di Oliver anni fa, e lui non sapeva nulla, credeva che io non fossi a conoscenza di te o dei marmocchi.»
«Sta’ zitta, Isabel.» esclamò lui.
«Altrimenti?» lo prese in giro lei.
Non ci vidi più dalla rabbia, mi andava bene tutto, ma la mia famiglia non si toccava. Che si trattasse di Oliver, di Lucas o Elizabeth non importava, non doveva osare avvicinarsi o offenderli mai più. Le corsi incontro e la sbattei contro il muro, avevo preso lezioni di autodifesa e sapevo come bloccare qualcuno, solo che con lei non mi trattenni. Le diedi due pugni ben assestai dritti nella sua brutta faccia facendole sanguinare il naso.
«Il primo era per aver solo osato avvicinarti ai miei figli, il secondo era per aver tenuto mio marito lontano da me per anni. E detto questo, buona permanenza in prigione.» le dissi lanciandole un’ulteriore occhiata «Oliver, puoi chiamare il capitano Lance, c’è qualcuno che desidera delle manette.»









Angolo autrice
Super puntuale vi pubblico anche il sedicesimo capitolo :D
È il più lungo finora, ma volevo far le cose per bene.
Per prima cosa Fel ed Oliver vanno da Lance a Starling City e pare che abbia delle novità. Isabel ha un complice... Qualcuno che l'ha chiamata spesso e con un numero straniero...
Ognuno di loro aveva pensato alle ipotesi più asssurde su chi fosse, quando in realtà viene fuori che era tutto parte del piano della vipera russa. Ha raggirato Moira in modo che credesse che Oliver e Felicity fossero pronti a portarle i gemelli e lei... Ci è cascata. 
All'inizio avevo pensato di coinvolgerla realmente, ma poi ho cambiato idea, volevo che a fine storia si rendesse conto di aver trattato male sia Felicity, sia Thea, sia Oliver.
Spero vi sia piaciuta la parte dove Fel prende a pugni Isabel, dai, ci voleva ahahah xD

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, in cui Oliver e Felicity diranno ai gemelli chi è realmente Ollie :)
Se volete poi posso iniziare a postare l'altra mia storia!
Spero vi sia piaciuto il capitolo e... Fatemi sapere mi raccomando.

Posterò prima che posso,
Anna

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Capitolo 18
*** Always and forever ***


Chapter seventeen - Always and forever





Oliver
Erano trascorse circa due settimane da quando avevamo fatto arrestare Isabel, due settimane in cui mi ero completamente dedicato a Felicity e i bambini. La faccenda del rapimento non si era conclusa proprio come speravo, ma non potevo lamentarmi. Ovviamente col patrimonio e le conoscenze che avevano i Rochev, Isabel se l’era cavata pagando una cospicua cauzione e con l’ordine di non mettere più piede negli Stati Uniti, o sarebbe finita dentro per detenzione e rapimento di minore. Avrei preferito vederla dietro le sbarre, però già il fatto che se ne fosse tornata in Russia non mi dispiaceva per niente. 
Le cose con mia madre, invece, erano migliorate. Si era più volte scusata con me, con Thea e anche con Felicity. Erano addirittura uscite insieme una sera e avevano risolto ogni cosa. Felicity aveva deciso di farle conoscere come di deve Liz e Luke e loro ne erano stati veramente entusiasti. Gli avevamo spiegato che per “motivi da adulti” la nonna non aveva potuto vederli per un po’, ma che adesso ci sarebbe stata in ogni momento. I bimbi sembravano aver accettato la spiegazione, anche se crescendo avrebbero fatto sicuramente un sacco di domande.
Mia sorella era al settimo cielo quando le avevamo lasciato i gemelli per un’intera giornata. Li adorava e li stava viziando moltissimo da quando li aveva conosciuti. Elizabeth sembrava avere un feeling speciale con lei, si capivano e avevano legato veramente tanto. Con me invece era ancora un po’ restia a fidarsi, ma aveva fatto passi da gigante in queste settimane. Sentivo che infondo mia figlia mi avrebbe accettato prima o poi.
Oggi finalmente Felicity ed io avremmo rivelato ad Elizabeth e Lucas chi sono veramente. Avevamo preferito passare prima del tempo assieme, in modo che si abituassero alla mia presenza, e siccome entrambi cominciavano a fare mille domande avevamo constatato che era giunta l’ora di dir loro la verità.
«Ti senti pronto?» mi chiese Felicity con un sorriso.
«Non proprio…» risposi io nervosamente.
«Oliver, i bambini ti adorano, farai loro il più bel regalo che esista.» esclamò mia moglie.
«Vorrei solo che capissero come mai non ci sono stato per loro.»
«Lo capiranno, piano piano vedrai che capiranno ogni cosa.»
«Hai ragione, come sempre.» le dissi baciandola di sfuggita sulla guancia.
«Li vado a chiamare, tu tieniti pronto.» aggiunse con un velo di presa in giro nella voce.
Mi sedetti sul divano e inspirai profondamente. Ero nervoso, si vedeva lontano un miglio, e non capivo esattamente perché. Infondo erano i miei figli e bene o male prima o poi mi avrebbero accettato, eppure avevo paura del rifiuto, soprattutto da parte di Liz. Non potevo immaginare quanto fosse stata dura per loro non avere un papà vicino e sentirsi diversi dagli altri bambini dell’asilo… Avrei rimediato nel migliore dei modi, glielo dovevo dopotutto.
«Ehi! Eccovi qua! Come state?» chiesi loro vedendoli sbucare.
«Super bene, oggi all’asilo abbiamo fatto la pizza con le maestre!» mi rispose subito Lucas.
«La mia era più buona però.» intervenne Elizabeth facendo imbronciare il fratello.
«No, la mia era la migliore di tutte quante.» ribatté.
«Okay, okay, bambini, basta. Sono sicura che fossero fantastiche entrambe.» disse Felicity facendoli tranquillizzare «Oggi Oliver ed io dobbiamo dirvi una cosa importante, mi promettete che farete i bravi?»
«Sì, mamma.» annuirono entrambi drizzando le orecchie.
«Vi ricordate che vi ho raccontato del vostro papà, vero?» domandò Felicity abbassandosi al livello dei gemelli «Beh, quello che voglio dirvi oggi è che lui non è più in cielo dove vi avevo detto, e sapete perché?»
«Perché?» chiese Liz.
«Perché la mamma si era completamente sbagliata, aveva creduto che il vostro papà non ci fosse più, ma non era affatto vero. E adesso lui è qui e vorrebbe tanto passare del tempo con voi due se vi va bene.»
«Ma è venuto giù dal cielo?» chiese Lucas un po’ confuso.
«No, amore. Il papà non è mai andato in cielo, ma io non lo sapevo e pensavo fosse lassù. Invece c’erano delle persone cattive che lo avevano tenuto nascosto e lui non poteva tornare da noi.»
«E adesso lui può restare con noi?» domandò poi Liz.
«Sì, certo. Queste persone cattive non ci sono più e il vostro papà resterà sempre qui con voi.»
«Io allora voglio vederlo. Posso, mamma?» esclamò Luke.
«Sai una cosa Luke? Il tuo papà già lo hai conosciuto in queste settimane…» iniziò a dire Felicity.
«È Oliver il nostro papà?» intervenne Elizabeth spiazzandoci tutti. Lei aveva capito tutto fin da subito.
«Sì, piccola, sono io.» le risposi, senza aggiungere altro.
Stranamente ci fu una reazione che non mi sarei mai aspettato… Entrambi i bambini vennero ad abbracciarmi e mi sussurrarono che erano felici che fossi io il loro papà. A stento trattenni le lacrime, mentre Felicity iniziò a singhiozzare come non mai. In qualche modo avevano capito che ero io fin dall’inizio e questa era l’ennesima dimostrazione di quanto fossero intelligenti tutti e due.
«Mamma non piangere.» le disse Lucas.
«Non piango, sono solo contenta.» rispose lei asciugandosi le lacrime.
«Ora saremo una famiglia?» domandò Liz.
«Certo, tesoro.» confermai io.
«E tu non te ne andrai più, vero papà
«No, mai più. Te lo prometto.»
Sentirmi chiamare papà per la prima volta fu un tumulto di emozioni, una cosa indescrivibile. Elizabeth mi aveva dato del filo da torcere e sono certo che non sarebbe finita lì, ma la cosa di cui aveva bisogno essenzialmente era essere amata da suo padre e io avrei cercato in tutti i modi di non deluderla d’ora in avanti.

Felicity
Era ancora strano per me vedere la mia famiglia al completo. Ero passata dall’essere sola all’avere un marito e due bambini nel giro di quattro anni. Ne era passata di acqua sotto i ponti, ma ne era valsa la pena. Ogni singola cosa ci aveva portati a questo momento ed io davvero non desideravo nient’altro. Dopo aver detto ai gemelli chi fosse il loro papà le cose si erano evolute in meglio, Liz e Luke erano più felici che mai ed Oliver era un padre stupendo. Ce lo aveva nel sangue, era tutto naturale per lui. Li faceva giocare, gli preparava gli zainetti per l’asilo, gli faceva lavare i denti, li metteva a letto… Insomma, aveva imparato a far tutto in pochissimo tempo.
«Dormono?» domandai a mio marito.
«Sì, come sassi.» confermò lui.
«Sai una cosa? Non ti ho mai detto come mai ho scelto Elizabeth e Lucas come nomi.»
«C’è un perché dietro?»
«Certo che c’è!» affermai colpendolo col cuscino del letto.
«Allora voglio saperlo.» disse abbracciandomi.
«Beh, Elizabeth è semplice… È il secondo nome di Thea e dopo essermene andata sentivo di voler mantenere una sorta di legame con la tua famiglia, quindi ho voluto scegliere quel nome apposta. Lucas invece l’ho dedicato al nostro amico del liceo, ricordi? Quello che è morto in un incidente d’auto la notte prima del diploma.»
«Sì, mi ricordo bene di Lucas… Lui, Tommy ed io eravamo molto legati, soprattutto da ragazzini… Hai scelto bene comunque, quello che c’è dietro mi fa apprezzare i loro nomi ancora di più.»
«Spero che il prossimo lo sceglieremo insieme.» buttai lì senza rendermi effettivamente conto di cosa stessi sparando.
«Vorresti un altro bambino?» mi domandò Oliver capendo al volo il mio riferimento.
«No… Sì… Forse… Se capitasse… Io… Okay, sto zitta.» balbettai.
«Farei volentieri un altro bambino con te, Felicity.» ribatté lui.
«Sul serio?» chiesi incredula.
«Sì. Amo Liz e Luke, e se a loro andasse bene, perché non regalargli un altro fratello o sorella?»
«Peccato che quello incinto non saresti tu.» mi lamentai.
«Prima di sposarci dicevi di voler avere quattro figli, hai già cambiato idea?» esclamò ridacchiando.
«Non è facile gestire un neonato, Oliver. E oltre a quello la gravidanza è pesante, ci solo le voglie, le nausee, i dolori ai piedi e alla schiena…»
«Sì, ma stavolta ci sono io, Fel. Non saresti mai sola.»
«Lo so, forse per questo ho avuto l’idea di avere un altro bambino.»
«Se vuoi possiamo divertirci a provare, poi se succede bene, altrimenti continueremo a provare. Quello non costa mica niente.» mi disse malizioso.
«Sei davvero pronto a diventare padre di un altro bambino? Hai appena ritrovato Elizabeth e Lucas… Non lo so, magari è presto.»
«Io desidero una valanga di figli da te, da sempre, Felicity. Ma se tu non ti senti pronta non voglio obbligarti.»
«No, io lo voglio… Credo che quattro anni siano la giusta distanza tra una gravidanza e l’altra.»
«Pensa se capitassero altri due gemelli!» mi prese in giro.
«Guai a te, Queen.» lo minacciai.
«Lo scopriremo molto presto mi sa.» mi disse iniziando a baciarmi il collo qua e là.
Non potevo credere che stessimo realmente pensando di mettere al mondo un altro figlio, eppure era proprio ciò che stavamo facendo in questo momento. Sapevo che se fossi rimasta incinta un’altra volta non sarebbe stata come la prima gravidanza, Oliver era qui accanto a me e l’avrei vissuta molto, molto diversamente. Al solo pensiero di avere un’altra piccola peste in giro per casa mi venne da sorridere, e mi sarei divertita a vedere Oliver Queen cambiare pannolini o pulire vomito.










Angolo autrice
Eccomii, scusate l'epico ritardo! Perdonatemi.
Eccoci qui tutti felici e contenti, gli Olicity e i bambini sono più felici che mai ** 
I bimbi sembrano aver accettato Oliver e nonostante abbiamo spiegato loro solo a grandi linee cos'è accaduto, tutto è filato liscio.
Ho aggiunto anche il perché dei nomi dei gemelli :) logicamente non so quale sia il secondo nome di Thea, l'ho inventato lol.
Parte finale... Oliver e Fel hanno deciso di provare ad avere un altro figlio, dopotutto una grande famiglia è ciò che volevano entrambi, quindi... xD

Un enorme grazie per aver seguito e recensito la storia! Fatemi sapere se vi è piaciuto questo piccolo e dolce finale :)

Un bacione, e ci si vede con l'altra storia!
Anna

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