Lonely Souls: La guerra occulta delle streghe

di erik3090
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memento mori ***
Capitolo 2: *** Il Gran Circolo ***
Capitolo 3: *** La Città Dei Morti ***
Capitolo 4: *** La Calma Prima Della Tempesta ***
Capitolo 5: *** Samhain di Sangue ***



Capitolo 1
*** Memento mori ***


 Il mio nome è Erik Crane, alias Evaline Deraneau, e sono una strega.

Un anno e otto mesi prima degli eventi narrati qui sotto, fui coinvolto in una rissa dove finii quasi morto, ma grazie a una misteriosa strega riuscii a sopravvivere trasferendo la mia essenza nel corpo di una ragazza di nome Evaline residente a New Orleans.

Un anno dopo salvai un'altra ragazza di nome Valentine, una Strega Telecineta. Scoprii che anche Evaline era una strega chiamata Legionaria, con la capacità di usare alla perfezione tecniche con armi da taglio solo impugnandole attraverso una sorta di memoria ancestrale.

All'inizio fu difficile convivere con tali capacità, tra combattimenti, morti insensate, conoscenze e tradimenti credevo di impazzire, senza contare la faida con la congrega più forte di New Orleans con al vertice una potente strega di nome Era.

Con mia grande sorpresa, dopo varie peripezie, ho scoperto di essere sempre stato anch'io una strega chiamata Guardiano, in grado di teletrasportarsi per brevi distanze distorcendo lo spaziotempo. Fortunatamente, grazie anche all'aiuto della coscienza di Evaline sopravvissuta allo scambio corpi fallito, riuscii a trovare un equilibrio e di conseguenza diventare un nuovo tipo di strega, e di conseguenza una Matriarca.

Durante il carnevale Era, aiutata da sua figlia Valentine, ci tese un'imboscata e ci costrinse a combattere a Jackson Square sotto gli occhi di centinaia di civili. Sconfiggere la cerchia interna della congrega di Era non fu molto difficile considerando che conoscevamo già le loro abilità, ma il vero problema fu che anche lei era una Matriarca.

Riuscii a tenere testa ad Era, ma Tiffany fu coinvolta nello scontro e morì sotto ai miei occhi. Con l'ultimo barlume di speranza e rabbia disarmai Era, la costrinsi a resuscitare Tiffany ed infine la uccisi. Lasciai andare Valentine anche se aveva tradito la nostra fiducia, il suo piano era sempre stato solo quello di essere libera dal controllo della madre psicopatica.

Il prezzo di tali battaglie però furono le morti di persone per la quale provavamo affetto. Ma Era faceva anche da argine a qualcosa a cui noi non eravamo per niente preparati, qualcosa che farebbe terrorizzare chiunque.

**********

Erano passati ormai sei mesi dalla sconfitta di Era, dall'impatto mediatico che ha avuto, dalle teorie complottistiche. L'esercito e il sindaco erano riusciti a far passare tutto per una trovata pubblicitaria per un nuovo film.

Dopo quelle settimane turbolente passai altri giorni da solo per schiarirmi le idee, tutti sapevano dove abitavamo e i giornalisti si buttavano a pesce ogni volta che uscivamo dall'hotel, la situazione era a dir poco insostenibile. In quei giorni di riflessione trovai per caso un appartamento di lusso a Bourbon Street sopra un locale molto frequentato, era spazioso, con molte camere e con una terrazza che si affacciava sulla Bourbon. L'arredamento era antico ma molto elegante, esattamente al centro del Quartiere Francese, era perfetto per tutti noi. Mi registrai e comprai l'immobile. Avevo ancora i fondi lasciati da Valentine e quale modo migliore di spendere i propri soldi comprando una casa.

Tornai dagli altri e spiegai la situazione, tutti si dimostrarono entusiasti dell'idea. Preparammo un piano per non farci notare dai sciacalli appostati all'entrata dell'hotel. Creammo un diversivo con un dipendente dell'hotel, gli abbiamo regalato un'auto e gli abbiamo detto di andare a farsi un giro. Funzionò e come mosche i giornalisti inseguirono la macchina del dipendente mentre noi prendevamo un'altra macchina e con tutta calma ci dileguammo.

Il posto migliore della città per sparire era proprio il Quartiere Francese, lì nessuno fa domande e nessuno cerca rogne.

Passarono alcuni mesi e nessuno aveva tentato di avvicinarsi, nessuno cercava più la nostra faccia, nessuno tranne alcune streghe che ci attaccarono per sottrarci il nostro potere, i nostri grimori. Con mia sorpresa riuscii a far scappare questi individui senza fargli troppo male e con un messaggio, “il Quartiere è nostro, state alla larga.”

Fu in questo modo che trovammo finalmente un nostro territorio, una casa.

Passarono altri mesi e arrivò l'autunno, non faceva freddo ma tutti in città erano già in modalità Halloween anche se mancavano ancora venti giorni alla festa vera e propria. La folla per le strade era per la maggior parte travestita da zombie, streghe, vampiri, diavoli, fantasmi, la lista era lunga.

Dalla balconata si sentiva chiaramente il suono della musica jazz che sovrastava il rumore del chiacchiericcio dei turisti. Mi mettevo spesso steso sulla sdraio a prendere il sole o per ascoltare i rumori della città, ma non era l'unico motivo. Quando mi concentravo riuscivo a percepire se nel Quartiere ci fossero vere streghe o solo persone normali, da quello che ero riuscito a capire quella era una delle capacità del Guardiano, e la cosa ci dava parecchi vantaggi, potevamo difendere il nostro territorio più facilmente.

Un ragazzo dalla strada mi fischiò con approvazione - Che ne dici di scendere, ti offro una birra? -

Per un istante mi chiesi cosa avessi di tanto attraente, poi aprii gli occhi e mi guardai: avevo addosso una maglietta a maniche lunghe grigia con spalle scoperte e una minigonna in jeans dai bordi sfilacciati - Forse in un'altra vita! - gli risposi.

Tiffany fece capolino dalla portafinestra - Che succede? -

- Niente, un tizio lì sotto sta rompendo le palle. - le risposi scocciato.

- Chi, quel tizio che continua a sbraitare? - sospirò lei, poi si avvicinò e con naturalezza mi baciò sulla bocca, mi piaceva quando faceva così e mi piaceva il sapore che aveva simile a quello delle ciliege.

Il ragazzo si ammutolì per poi scoppiare in un'esultanza da bar, continuò così per qualche secondo ed infine se ne andò com'era venuto.

Quando Tiffany si staccò dalle mie labbra riaprii gli occhi, le accarezzai i capelli - Grazie, ma non c'era bisogno. - le sorrisi.

- È vero. Ma volevo farlo lo stesso. - si mise sopra di me e cominciò a baciarmi il collo.

Mi piaceva il modo in cui lo faceva ma se fosse andata avanti sarebbe diventato un reato - Tifa, c'è gente... parecchia gente... - cercai di dirle.

- E allora? - fece continuando a strusciarsi con il corpo e succhiando sul collo.

Cominciai ad ansimare - Sono atti osceni in luogo pubblico... - ma arrivai e feci uno stridio di piacere soffocato, speravo di non dare troppo nell'occhio alla gente che passava nella strada di sotto.

Lei si staccò e guardò il collo - Ecco fatto, adesso sono contenta. - mi sorrise.

Le diedi un spinta sulla spalla - Mi hai lasciato un succhiotto vero? -

- Sì! - rispose e mi diede un bacio a stampo sulla bocca.

- Stronza. - ribattei con un pizzico di imbarazzo.

Lei si alzò e fece per tornare dentro casa - Ti amo anch'io! - rispose.

Da quando era stata riportata in vita non avevamo mai affrontato l'argomento, da parte mia avevo paura di allontanarmi da lei, di ammettere che fosse stata colpa mia. Questo pensiero mi distruggeva. Evaline cercò di parlarmi di quell'evento, diceva che non era colpa mia, che avevo fatto la scelta giusta salvando i ragazzi, eppure mi sentivo costantemente in colpa.

Mi alzai anch'io e andai alla biblioteca, uno scaffale italiano antico in quercia secolare, era segnato da varie incisioni che scoprimmo in seguito essere protezioni. Presi il bottino della battaglia contro Era, il suo grimorio, un quaderno molto spesso con moltissime pagine ingiallite, e tornai alla sdraio.

Quel libro era una delle mie letture principali, come gli altri grimori che recuperammo, e fu grazie a questo che riuscii a riparare la mia spada e farla tornare come nuova attraverso un rito. Trovai anche la formula per la fialetta che aveva salvato Tiffany: consisteva nel recuperare il sangue di una specifica strega, ormai morta millenni fa. La conoscenza di Era avrebbe fatto impallidire chiunque, non mi stupiva il fatto che avesse conquistato New Orleans.

La porta di ingresso si aprì - Siamo tornati! - era la voce Francis, percepii anche la presenza di Jolene.

- Com'è andata oggi? - chiese Tiffany.

- Il liceo fa schifo! - sbraitò Jolene.

- Avanti, non è così male... tranne quando devi subire alcuni scherzi idioti senza reagire per paura di uccidere qualcuno. - ironizzò Francis gettando lo zaino sul divano.

- Parli tu che la maggior parte del tempo ti lasciano in pace. Io invece ricevo costantemente inviti a uscire dai giocatori di lacrosse. E per quanto una glielo dica non mollano la presa. - si lamentò Jolene aprendo il frigorifero.

- Non è mica colpa mia se la “nuova arrivata” viene considerata la più bella della scuola. - commentò scorbutico Francis.

Jolene chiuse bruscamente la portiera del frigo - Invece è proprio colpa tua. Mi hai consigliato tu vestirmi come una comune sedicenne per integrarmi meglio, ecco il risultato. -

Francis aveva il volto sconcertato - No, no, no e ancora no, signorina. Io ti ho consigliato di vestirti come una della tua eta, per non sembrare una pazzoide. Sei tu quella che ha capito male, quindi è colpa tua. - ringhiò lui.

Sospirai, mi alzai e andai in cucina - Smettetela voi due, non riesco a leggere. - mi intromisi.

Jolene mi guardò con gli occhi di un cucciolo affamato - Ma mamma... non riesco nemmeno ad andare al bagno senza essere perseguitata da quei maniaci drogati di adrenalina, e la colpa è sua. -

- Evaline, ho solo dato un consiglio a un membro della mia congrega, non è colpa mia se capisce cazzi per cammelli. - si giustificò lui.

Ragionai sulla situazione, non sarebbero riusciti a risolvere la situazione solo a parole, ma dovevano fare qualcosa di concreto entrambi l'uno per l'altra - Mettetevi insieme, per finta intendo, così potrete stare da soli e tenervi d'occhio a vicenda. Per non parlare delle vite che potremo salvare. -

- Ma noi sappiamo difenderci bene... - commentò Jolene.

- Appunto! - risposi.

Loro si guardarono a vicenda, sospirarono e voltarono la testa verso di me - D'accordo! - risposero con poca convinzione - Ma sia ben chiaro, vale solo quando siamo a scuola. - aggiunse Jolene.

Alzai le braccia per dire che mi andava bene e guardai male Tiffany, lei di rimando mi fece spallucce con occhi dolci.

Passammo il pomeriggio in relativa pace, nubi in lontananza facevano presagire un temporale in arrivo. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa, un litigio più grosso del normale, una discussione delicata, un altro tradimento che ci avrebbe divisi ma per quel pomeriggio saremo stati uniti.

Cenammo con cibo a domicilio da un locale della Bourbon Street e come ogni sera ci rilassammo a guardare la TV o stando sul computer, quando sentii una presenza strana. Chiusi gli occhi e mi concentrai per identificare questa presenza, notai un gruppo di cinque streghe che correvano sulla Royal Street, era come se stessero scappando da qualcosa che, al contrario di loro, non riuscivo a identificare.

Riaprii gli occhi e mi alzai - Ragazzi c'è un problema... -

In quel momento entrò in casa, aprendo bruscamente la porta, una donna sulla ventina dai capelli castano scuri - Evaline, c'è un grosso problema sulla Royal, dobbiamo intervenire subito o qui ci scapperà un altro morto. - urlò lei col fiato corto.

- Calmati, Kaileena. Lo so, stavo appunto per dirlo a tutti. - le risposi. Kaileena si era unita permanentemente alla nostra congrega dopo la battaglia contro Era, così da poterci tenere d'occhio con più facilità, aveva detto. Secondo me gli piaceva la nostra compagnia.

Loro mi guardarono come se non aspettassero altro, Francis prese le sue spade dalla rastrelliera in soggiorno, Jolene corse in camera e prese il suo arco e le frecce e io presi la mia katana. Uscimmo di casa, noi quattro prendemmo l'unica auto che avevamo tenuto, una Maseati Ghibli S Q4 nera, e Kaileena con la sua moto, una Suzuki GSX-R nera, e partimmo per raggiungere il posto dove stavano combattendo quelle streghe.

La pioggia cominciò a battere sul finestrino, nessuno parlava erano tutti concentrati. Il numero delle streghe era sceso a quattro e si dirigevano verso Bienville sulla Peters Street. Ragionai, se andavano verso il Woldenberg Park sarebbero stati allo scoperto, ma anche i loro aggressori il che gli dava un vantaggio anche se minimo. Sentii una fitta alle tempie, un'altra strega era morta sulla Conti Street ad un centinaio di metri dal loro obbiettivo.

Informai Tiffany e Kaileena, speravo di arrivare in tempo per salvarne almeno uno, era l'unico modo per ricevere informazioni. Eravamo quasi arrivati quando sentii un'altra fitta, un'altra strega era morta, si era sacrificata per aiutare le ultime due ad entrare nel parco.

Parcheggiamo la macchina e la moto, e corremmo ad aiutare le streghe anche se non sapevamo con cosa avevamo a che fare. Usai il teletrasporto per essere più veloce, riuscii ad arrivare appena in tempo per parare il colpo che avrebbe ucciso anche la quarta strega.

Ero completamente fradicio e faceva anche freddo, il mio avversario invece era munito di cappotto nero lungo e cappuccio che non lasciava intravedere il volto. In mano aveva una spada corta coperta di sangue.

- Chi diavolo sei? - chiesi con la guardia alta.

Non ricevetti risposta.

Osservai per un istante le streghe che stavo salvando, erano un uomo sulla quarantina terrorizzato e una bambina che non aveva più di dieci anni, anche lei terrorizzata.

- A-attenta, non è da solo! - mi fece l'uomo. In quel momento arrivarono anche tutti gli altri membri della mia congrega.

La rabbia era tanta, presi un bel respiro - D'accordo. Voi pensate agli amici di questo tipo, io penso a lui. - comandai agli altri.

- Sicura di farcela? - mi fece Tiffany.

- Sicurissima! - le risposi.

L'uomo incappucciato si mise in guardia, e aspettò che attaccassi. Da parte mia l'avrei anche fatto ma il mio istinto mi diceva di restare fermo e così feci. Nessuno dei due si voleva muovere.

Improvvisamente dal buio uscirono altri due forme umanoidi col cappuccio “Eccoli finalmente!” pensai.

Con uno scatto veloce l'uomo incappucciatomi attaccò con un fendente laterale. Io, preso alla sprovvista, faticai a parare il colpo ma per fortuna non subii danni. Il mio avversario continuò ad attaccare con fendenti precisi e potenti ma riuscii a tenere facilmente il passo grazie all'abilità di Legionaria. Schivai l'ennesimo attacco e mi teletrasportai dietro di lui per poi attaccarlo ma lui riuscì a sentirmi in qualche modo e a darmi un calcio all'altezza della pancia, i suoi riflessi erano davvero rapidi.

Il mio avversario si girò velocemente e mi attaccò dall'alto, io parai anche quel colpo ma sentii una fitta al braccio dove tenevo la spada, subito dopo notai che l'acqua era stata spazzata via da un forte spostamento d'aria. La potenza di quel colpo era stata notevole.

Mi allontanai, ero stranito non capivo chi fosse o cosa fosse, provai a colmarmi e a trovare una soluzione. Riusciva a intuire dove mi teletrasportavo e aveva una rapidità e forza notevoli.

Ho un'idea!” pensai tra me e me.

Sì, potrebbe funzionare.” rispose un'altra voce nella mia testa, era Evaline.

Mi misi in posizione e aspettai l'attacco del mio avversario che menò con due fendenti alti e uno basso. Schivai gli attacchi teletrasportandomi dietro di lui che provò a tirarmi di nuovo un calcio ma io con un tempismo quasi perfetto mi teletrasportai davanti e con una stoccata riuscii a trafiggerlo.

Non emise nessuna parola, a malapena un rantolo di dolore, poi cadde a terra per un attimo per poi sparire nel nulla lasciando lì solo gli indumenti.

Anche gli altri suoi amici fecero la stessa fine per mano di Jolene, Tiffany, Kaileena e Francis. Tutti loro sembrarono straniti, la pioggia era talmente forte che il rumore surclassava gli altri.

Mi girai verso le due streghe che avevo appena salvato - Chi erano quei tizi? -

L'uomo si avvicinò per farsi sentire meglio - Erano degli elementari. Delle bambole costituite da un elemento naturale, in questo caso acqua. -

- Capisco. E voi cosa cazzo fate nel nostro territorio? - gli chiesi aumentando il tono di voce per farmi sentire.

- Mi dispiace, non volevamo, è solo che oltre i confini del Quartiere abbiamo avuto enormi problemi in questi ultimi sei mesi. - spiegò l'uomo.

Tiffany si avvicinò per ascoltare - E che tipo di problemi sono per spingere un un gruppo di streghe a sacrificare la vita per una bambina? -

- Meglio se ne parliamo al vostro covo. - fece l'uomo.

Guardai Tiffany e lei capì. Portammo l'uomo e la ragazzina in un appartamento sulla Royal Street, tutt'altra parte rispetto alla nostra nuova abitazione. Avevamo comprato anche quell'immobile per eventi di quel tipo dove non ci fidavamo delle persone appena incontrate.

- Allora, che diavolo succede? - domandò Tiffany all'uomo.

- Lei è Thessa, ha undici anni ed è una Matriarca. - La ragazzina si scoprì il volto rivelando una chioma rossa, lentiggini su tutto il viso e occhi azzurro chiari intensi - Non sappiamo ancora i suoi poteri, ma un Oracolo ce lo ha confermato sei mesi fa. Da quel momento tutte le congreghe cercano il modo di accaparrarsi il bottino. Il mio obbiettivo e tenerla al sicuro finché quei poteri non si manifestano. - spiegò l'uomo.

- E ce lo dici così? Potremmo essere noi a prenderci la ragazzina e far fuori te. - commentò Francis.

L'uomo rise - Potreste, ma poi dovreste fare i conti con il Gran Circolo delle streghe, e questo si rivelerebbe un grave errore per una congrega così piccola e con un territorio tanto vasto come il Quartiere. - e si levò il cappuccio rivelando il volto di un uomo sulla cinquantina, capelli grigi, volto affaticato e segnato da molte battaglie, alto sul metro e settantacinque.

- Avere una Matriarca tra le proprie fila può rivelarsi un coltello a doppio filo, potrebbe sfuggire al controllo della sacerdotessa o potrebbe prendere facilmente il comando della congrega. - spiegò meglio Jolene.

- Capisco. Ma cos'è il Gran Circolo? - ero curioso, non pensavo potesse esistere una cosa del genere.

L'uomo, Jolene e Francis strabuzzarono gli occhi - Non lo sai? - mi fece il primo, - Ma mamma... - commentò la seconda con una mano sulla faccia, il terzo se ne restò zitto.

- No, non ne ho la più pallida idea. Scusate. - cercai di giustificarmi.

L'uomo sbuffò - Il Gran Circolo è un'assemblea delle più influenti streghe dell'intera nazione. Ogni stato o nazione ha almeno un Gran Circolo e ogni congrega ne risponde a loro. - spiegò - Ma il vuoto lasciato da Era si dimostrò una voragine quindi abbiamo eletto un Gran Circolo solo per New Orleans. - continuò asciugandosi con l'asciugamano che gli aveva portato Tiffany.

Ascoltai con attenzione, sembrava che sotto le righe stesse cercando di dire qualcos'altro, poi l'illuminazione - Un attimo, stai dicendo che la congrega di Era, in realtà era il Gran Circolo di New Orleans? -

- Esattamente. Chiunque sia stato deve essere davvero forte, oltre ad avere una congrega eccezionale. - commentò l'uomo.

Io e Tiffany ci guardammo per un istante.

Quindi nessuno di questo mondo, al di fuori delle nostre conoscenze, sa che noi siamo stati noi a uccidere Era e il suo Gran Circolo, interessante!” pensai, quell'informazione sarebbe stata molto utile come effetto sorpresa.

- Di cosa avete bisogno? - sembrava un deja-vù, ma lasciai correre.

- Di un posto sicuro dove riposarci e sparire dai radar del Gran Circolo stesso. Non posso rischiare. - rispose con risolutezza.

- Quindi pensi che ci sia una talpa, o peggio il mandante, proprio all'interno del Circolo. -

Lui fece si con la testa senza dire una parola.

- Ho capito un pochino la situazione. Faremo così, tu e Thessa potrete stare qui con Kaileena mentre noi quattro cercheremo informazioni a riguardo. - ordinai.

Vidi la faccia di Kaileena contrariata e sapevo anche il perché. Quella abitazione era diventata sua in caso portasse a casa il lavoro, il che significava prestanti uomini d'affari o dell'alta società con collegamenti a oggetti del mondo delle streghe da rubare.

- Va bene, grazie! - fece con un inchino l'uomo.

Feci segno agli altri di uscire e mi avviai alla porta quando mi venne in mente una cosa - Scusa ma come ti chiami? -

L'uomo mi guardò stranito - Emris! - rispose.

- Evaline. - gli feci di rimando con un po' di timore, poi uscii assieme agli altri.

Mentre l'auto nera percorreva la Bourbon Street cercai di fare mente locale sulla situazione: un gruppo di streghe era stato attaccato da un gruppo di elementari evocati da un “soggetto ignoto”, due di loro sono sopravvissuti, abbiamo scoperto che l'imboscata serviva per impadronirsi di una Matriarca, e che molto probabilmente il “soggetto ignoto” faceva parte del così detto Gran Circolo composto dalle sacerdotesse di varie congreghe della città.

- Mamma, posso farti una domanda? - mi chiese Jolene seduta accanto a me nei sedili posteriori.

Sbuffai, di solito quando Jolene chiedeva di fare una domanda si trattava di qualcosa di decisamente infantile - Spara. - risposi con poca convinzione.

- Mi chiedevo, se in quel fantomatico Gran Circolo fanno parte tutti i leader delle congreghe della città, perché tu non sei stata chiamata per farne parte? -

Stavolta era una domanda intelligente, ne rimasi quasi stupito - Non lo so. Forse non siamo riconosciute come congrega ufficiale, oppure hanno paura di qualcosa, o semplicemente non sanno che esistiamo. le risposi, poi l'illuminazione.

Se davvero fossero queste le ragioni per tale comportamento risulterebbero alquanto infantili o peggio, incompetenti visto il trambusto creato sei mesi prima. Avere dalla loro parte una Matriarca e una congrega in grado di tenere testa al Gran Circolo stesso sarebbe la mossa più sensata, a meno ché...

- A meno ché a loro interessi solo lo status quo! - sbottai.

- E questo che significa? Più forti sono e meglio è no? - replicò Francis.

- È questo il punto, loro non vogliono essere forti ma alla pari tra loro. Se per esempio entrasse una Matriarca all'interno del Circolo il potere decisionale si sposterebbe verso di lei e non verso gli altri membri del club. In sostanza hanno paura di ritrovarsi alla mercé di una Matriarca come Era. - spiegai continuando a fissare fuori dal finestrino per concentrarmi sul ragionamento.

Tiffany cominciò a far talentare la macchina, a lei piaceva guidare quindi ci faceva spesso e volentieri da autista personale - Oh, andiamo! - sbraitò.

- Che c'è? - le chiesi.

- Un gruppo di persone in mezzo alla strada. - inveì, questo genere di cose succedeva spesso ne Quartiere Francese ma mai dopo un acquazzone.

Mi concentrai e notai subito la forza vitale una strega - Fermati! - ordinai a Tiffany.

La macchina si fermò e scesi dall'auto, corsi verso la folla e con fatica l'oltrepassai trovandomi davanti una scena raccapricciante: corpi martoriati o arti amputati ovunque e tanto sangue sull'asfalto, una persona con una felpa rossa e cappuccio bianco con qualche chiazza di sangue sulla testa, jeans anch'essi sporchi di sangue e scarpe da ginnastica immobile, e ansimante.

- Evie, ho dovuto lasciare quei due scalmanati a guardia di Baby. Che cazzo succ...? - era Tiffany, mi aveva portato la Honjo Masamune che mi ero scordato. Si era ammutolita alla vista di quella scena raccapricciante.

Presi delicatamente la spada dalle sue mani - Ci penso io! - feci.

- No, voglio farlo io! - aveva uno sguardo truce in volto, non l'avrei contraddetta per nessun motivo.

- D'accordo. Non morire! - le sorrisi. Lei fece si con la testa e si avvicinò al tizio con la felpa rossa senza guardarmi.

- Perché? Perché hai fatto questo? - chiese Tiffany al tizio.

Lui si guardò attorno, sembrava spaesato - Sei, sei una di loro... sei una di loro! - sbraitò, la sua voce era squillante come quella di una ragazza. Guardandolo meglio era una ragazza.

Con un gesto del braccio alzò un intero blocco di cemento davanti a Tiffany e lo ripiegò in modo da colpirla. Tiffany non si fece minimamente intimorire e sferrò un pugno così potente da ridurre in piccoli sassi la lastra di cemento, poi si avvicinò di qualche passo - Loro chi? - chiese.

La ragazza visibilmente impaurita - Loro... non hanno anima, non hanno cuore. Hanno solo la loro stupida fede. - sibilò.

- Parli dei Crociati? Hai ucciso queste persone solo perché hai paura di quei maniaci? - la voce di Tiffany era calma ma aveva anche un qualcosa di rimprovero.

La ragazza ansimò in modo convulso - Loro sono... sono ovunque! Mi hanno presa. Mi hanno fatta diventare così... droga, veleno... male... Tu sei il male! - urlò alla fine, sembrava come se stesse trattenendo le lacrime.

Con un altro gesto creò dei blocchi di roccia acuminati che partivano dal cemento alla destra di Tiffany, ma lei con scatti precisi li evitò di pochi centimetri per poi colpirle con calci e pugni. A ragazza non si arrese e continuò ad attaccare con una stalagmite creata nel suo braccio sinistro che allungò verso la sua avversaria. Tiffany con sicurezza bloccò il pezzo di roccia e contrattaccò con un pugno proprio sulla punta della stalagmite, la forza fu così tanta da frantumare il pezzo di roccia e creare serie ferite alla sua proprietaria.

Il dolore al braccio combinato alla forza d'urto del pugno di Tiffany fece indietreggiare con una giravolta la ragazza.

Con l'altra mano si strinse il braccio ferito - Sei forte, molto forte... il male è forte... dolore, morte... - sembrava per perdere di nuovo la testa ma non lo fece - Ti prego, ti scongiuro... uccidimi! Uccidimi! Uccidimi, prima che faccia del male a qualcun altro! - i suoi occhi erano pieni di dolore, un dolore straziante mentre guardava i corpi dilaniati sulla strada.

A quelle parole cominciai ad estrarre la spada ma Tiffany scattò in avanti, la ragazza con un gesto del braccio destro creò una barriera di cemento con spuntoni acuminati per difendersi, forse una specie di movimento istintivo. Tiffany continuò ad avanzare fino alla barriera, con una raffica di pugni la distrusse e con l'ennesimo pugno colpì la ragazza che subì il colpo al petto.

Il rumore di ossa che si spezzavano fu inquietante. La ragazza si accasciò a terra con gli occhi spalancati e sangue alla bocca.

Mi avvicinai per controllare Tiffany, era visibilmente scossa e aveva le mani piene di graffi ed escoriazioni, perdeva molto sangue.

- Si sbagliava, io non sono per niente forte. Se lo fossi stata, sarei riuscita a salvarla. - commentò impassibile.

Le appoggiai una mano sulla spalla - Lo so... -

Lei mi guardò - Come fai a sopportarlo Evie? Come fai a non provare dolore quando...? - aveva lo sguardo implorante di una risposta.

- Non lo faccio, ogni volta è straziante! Andiamo a casa adesso. - le risposi con sincerità, sapevo esattamente cosa stesse provando.

La gente rimase ammutolita, non osava parlare, gli guardi spaziavano dal risentimento all'ammirazione, ma nessuno parlò. Forse tutti bene o male avevano paura di noi e questo era un bene perché ci lasciarono passare e tornare a casa senza alcun problema.

Ma qualcosa si stava muovendo nell'ombra da entrambe le fazioni, streghe e Crociati, e questo qualcosa non avrebbe portato nulla di buono per nessuno.


 

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Capitolo 2
*** Il Gran Circolo ***


 Appena arrivati a casa Tiffany si sedette sul divano a fissare il vuoto. Sulle mani era piena di graffi e ferite, anche serie. Cercai di pulire il sangue con un fazzoletto pulito per vedere meglio, con delicatezza per non farle male, ma lei era rimasta impassibile tutto il tempo.

Le disinfettai e fasciai le ferite, poi mi sedetti accanto a lei.

Fece un profondo respiro - Ho ucciso un'altra persona. Una ragazza innocente è morta per colpa mia. Ho tolto la vita a qualcuno... - sussurrò.

- Tu non avevi scelta. Avrebbe ucciso altri innocenti, tu non hai colpa, Tifa. - le accarezzai il braccio.

Cominciò a dondolarsi avanti e indietro - Io... Io ho ucciso un'altra persona... un'altra persona...- continuò senza guardarmi.

Era sotto shock, anch'io avevo subito questo tipo di trauma la prima volta e avevo reagito vagando per le strade del Quartiere Francese durante un tifone.

La presi per le spalle e la girai verso di me - È stata legittima difesa. Sai benissimo che nel nostro mondo le persone muoiono, o tu o loro. È così che funziona! - avvicinai la mia fronte alla sua e chiusi gli occhi - Ti prego, riprenditi. So che è dura, lo è per tutti noi, ma se non reagisci non ne verrai mai fuori. - mi staccai e riaprii gli occhi.

La sua espressione era cambiata, mi stava guardando - L'ho uccisa come ho ucciso Jaden, capisci? - aveva gli occhi lucidi. Mi abbracciò delicatamente come se stesse cercando qualcosa a cui aggrapparsi per non cadere.

Sospirai - Ti senti ancora in colpa per lui. -

- Io mi sento in colpa perché non sono abbastanza forte per proteggere le persone. Vorrei avere questa capacità, vorrei essere più forte. - abbassò lo sguardo.

La baciai sulla fronte - Sei già forte di tuo, devi solo fare esperienza. -

Mi fece si con la testa, poi appoggiò il la testa sul mio seno in silenzio. Guardai verso la cucina, Jolene e Francis si erano seduti sugli sgabelli dell'isola in rigoroso silenzio. Erano visibilmente preoccupati quindi feci un cenno di “va tutto bene” anche se non era così.

Andammo tutti a letto, eravamo tutti stanchi, avevamo salvato una ragazza e la sua guardia del corpo da dei pupazzi ambulanti fatti interamente d'acqua e controllati a distanza da un soggetto ignoto, e avevamo ucciso l'ennesima strega impazzita da degli esperimenti condotti dai Crociati.

Il mattino dopo quando mi svegliai provai a toccare Tiffany, volevo sapere come si sentiva dopo una dormita, ma non ci riuscii. Mi girai e vidi che non c'era nessuno a letto con me, le lenzuola erano calde quindi era lì fino a poco tempo prima.

Mi alzai e mi vestii con una maglietta bianca con maniche lunghe nere con motivi a fiori rosa e un paio di jeans con strappi all'altezza delle cosce.

Uscii dalla camera e feci colazione con Francis che sembrava turbato - Che hai? -

Lui prese una tazza di caffè - Niente... sono solo preoccupato per Tiffany. È uscita mezzora fa senza dire una parola, non è da lei... - mi rispose sospirando.

- Forse ha bisogno di spazio dopo quello che è successo ieri sera. - provai a rassicurarlo.

Lui posò la tazza sul ripiano in marmo bianco e nero dell'isola - Ho avuto anch'io quel momento, Evaline, e ti assicuro che avere spazio non serve a niente. Quando togli la vita a qualcuno per la prima volta è come se anche una parte di te sparisse per sempre. Devi solo accettarlo, e devi farlo da solo. -

Sospirai, anch'io avevo affrontato questa prova del fuoco, e nella maniera più brutale - Hai ragione! -

- Già... - sospirò - Ma senti, devo davvero frequentare quel posto? È una rottura di palle. - continuò guardandomi con occhioni da gatto.

Sapevo che si stava riferendo al liceo - Sì devi! Credimi, lo so. - gli appoggiai la mano sulla spalla - Prendila come un allenamento sul mantenere il controllo. Male certo non ti fa. - lo presi in giro. Lui di risposta mi mostro il dito medio.

- Ti voglio bene anch'io! - gli feci l'occhiolino.

In quel momento uscì dal bagno Jolene vestita con camicetta nera semitrasparente, una minigonna nera con strisce di pelle bianche, e stivaletti neri. Non portava nessun tipo di reggiseno quindi le si intravedeva il seno capezzoli compresi.

Francis rimase imbambolato, io invece ero un misto tra ammirazione per il coraggio di uscire in quel modo e gelosia paterna per lo stesso motivo - Ma che...? - esclamai.

Jolene fece un giro su se stessa facendo svolazzare le strisce di pelle della minigonna e i suoi capelli biondi perfettamente lisci - Come sto? -

- Molto bene, davvero, se vuoi andare a battere per le strade! - cercai di essere il più diretto possibile.

Lei strabuzzò gli occhi - Che c'è che non va? -

- Non lo so, forse il fatto che hai le tette in bella vista? - ribattei.

- Ma le ragazze della mia età si vestono tutte così. Anche tu lo fai molte volte. - controbatté lei.

- Tu non sei della loro età, hai un anno in meno, Jolene. E io ho ventuno anni per la miseria. Tu sei ancora una ragazzina. - continuai.

- Ma loro... - provò a dire.

- Non mi interessa, va subito a metterti qualcosa sotto la camicia! - le ordinai.

Lei alzò le mani e con una delle sue solite facce da schiaffi se ne tornò in camera per cambiarsi. Quando tornò indietro si era messa un reggiseno nero, ma la scollatura era appariscente, aveva evidentemente slacciato un bottone in più per dispetto nei miei confronti “Meglio di prima, comunque!” pensai.

- Posso andare ora? - mi chiese lei con strafottenza.

- Sì! - le sorrisi, anche se avevo una gran voglia di strozzarla mentre mi passava accanto per uscire di casa.

Notai Francis con la mano alzata - Che c'è? -

- Secondo me non era poi così scandalosa. - fece con uno strano sorrisetto sulle labbra.

Lo guardai male - Vattene a scuola. Subito! -

Francis prese lo zaino e a passo svelto mi passò accanto, io con uno scatto gli diedi uno scappellotto seguito da un suo “Ahia!” - Sai già il perché. - gli dissi con tono da rimprovero.

Uscirono entrambi di corsa e la casa rimase vuota, mi chiesi dove potesse essere andata Tiffany, e come avremmo dovuto procedere con la faccenda della bambina di undici anni. Mi affacciai in terrazzo e vidi quasi subito una folla di gente in mezzo alla strada proprio dove c'era stato lo scontro la sera prima. Mi concentrai per percepire la presenza di streghe e ne individuai una, sapevo già chi era.

Mi preparai e scesi di corsa in strada, arrivato vicino al gruppo di persone mi feci largo fino ad arrivare alla strega che avevo percepito. Era imbambolata davanti al nastro giallo che avevano applicato gli agenti di polizia per delimitare la scena del crimine, indossava ancora la camicetta da letto che usava sempre un paio di pantaloni e delle scarpe da ginnastica. Le presi la mano fasciata in silenzio, lei appoggiò la testa sulla mia spalla e restammo lì a guardare.

Dopo alcuni minuti Tiffany con voce rauca - Grazie! -

- Prego - sospirai.

Fece una lunga pausa - Che intendi fare con la bambina di ieri sera? Non possiamo di certo nasconderla per sempre. - aveva la voce bassa e affaticata.

- Dobbiamo trovare informazioni sul Gran Circolo per verificare la teoria di Emris e sulla ragazzina in generale, e con quelle elaborare un piano, qualcosa di concreto che non ci faccia ammazzare. Prima però torniamo a casa, troppa gente ci sta guardando in modo strano. - le risposi guardandomi attorno con la coda degli occhi.

- Sei gelosa? - mi fece lei.

- Sì! - lo dissi senza esitare, era quello che provavo.

Lei mi strinse dolcemente il braccio e intrecciò le dita della sua mano con la mia. Appoggiai la guancia sul suo capo e la coccolai.

La gente attorno a noi ci guardò male, a New Orleans molti non vedono di buon occhio le coppie gay, come nella maggior parte degli Stati Uniti.

Dopo alcuni minuti tornammo a casa, Tiffany andò a cambiarsi mentre io chiamai Mei al telefono.

- Ciao vecchietto, come va? - lo salutai.

- Ragazzina mostra un po' di rispetto per un anziano. - mi rispose lui.

Mi buttai sul divano - Sì, sì, va bene. Senti, cosa mi sai dire sul Gran Circolo? -

Ci fu un lungo silenzio, per un attimo pensai avesse attaccato invece era solo rimasto in silenzio - Sono persone pericolose quelle... non devi averci a che fare in nessun modo e per nessun motivo. - mi fece.

- Credo sia un po' troppo tardi per quello. Ieri ho salvato un tizio strano e una ragazzina di undici anni che secondo un certo “oracolo” dovrebbe essere una Matriarca. L'uomo ci ha riferito che molto probabilmente il mandante dell'attacco fa parte del Gran Circolo. Sinceramente odio le teorie complottistiche ma... - gli spiegai cercando di non far trapelare la preoccupazione.

Mei mi interruppe - Ma cazzo, non riuscite mai a stare lontani dai guai voi? Va bene, oggi pomeriggio venite da me, vi spiegherò tutto quello che so. -

- D'accordo. Grazie, sei il mio vecchietto preferito! - ammiccai.

- Piantala cretina, e porta rispetto ti ho detto! - mi urlò, poi riattaccò bruscamente. Avevo intuito che fosse preoccupato per quello che gli avevo raccontato, speravo solo di avergli strappato un sorriso con quell'ultima frase.

Il Gran Circolo è pieno di persone pericolose, sai che novità?” pensai.

Infatti, sei mesi fa abbiamo affrontato la morte più volte di chiunque altro, eppure siamo qui!” mi disse Evaline “Però... qualcosa non quadra.” ragionò.

E cosa?” chiesi stremato dalla situazione e dal troppo ragionare.

Capisco la paura di ritrovarsi una Matriarca sociopatica come capo o destabilizzare il potere che hanno, ma arrivare ad uccidere una bambina e chiunque le stia attorno? Mi sembra eccessivo perfino per una strega, Era a parte ovviamente.” spiegò lei.

Forse si tratta di una strega con analoghi problemi mentali.” le risposi.

Forse...” sospirò.

È inutile pensarci adesso, non abbiamo elementi per trarre le conclusioni quindi stiamo calmi e cerchiamo di trovare più elementi possibili.” cercai di tirarle su il morale.

Evaline prese un profondo respiro “Va bene, aspettiamo e vediamo.” sorrise “Comunque sei proprio bravo a fare la mamma di casa.” mi prese in giro per alleviare la tensione.

Grazie, non è semplice e lo sai!” le risposi.

Sì, lo so!” rise lei. Riuscivo a sentire le sue emozioni e i suoi sentimenti, e lei faceva altrettanto con me, anzi lei sentiva molto di più.

Tiffany tornò in sala con addosso una camicia a quadri bianca e nera, i pantaloni erano gli stessi che aveva usato per uscire e le sue solite scarpe da ginnastica.

Lei si appoggiò con i gomiti sullo schienale del divano facendo involontariamente intravvedere la scollatura - Che ha detto il vecchietto? - mi fece.

Per un istante le fissai il decolté - Non mi ha detto molto. - mi ripresi e continuai - Ha detto che il Gran Circolo è pieno di gente pericolosa. Credo sia perfino preoccupato, ci ha detto di andare da lui nel pomeriggio. - le spiegai.

Tiffany strabuzzò gli occhi - Il vecchietto preoccupato per noi, questo si che è un evento. - guardò l'orologio a pendolo che avevamo in sala - Manca un bel po' al pomeriggio... facciamo qualcosa assieme nel frattempo, ti va? - mi fece gli occhi dolci.

- Per quanto immensamente io lo desideri, non farò sesso con te mentre sei in queste condizioni. - cercai di rimproverarla, anche se non avevo il tono adatto e mi venne fuori una specie di stridio senza alcun carisma.

Tiffany si avvicinò al mio viso - E chi ha mai parlato di sesso! - aveva un sorriso malvagio sul volto.

Allungò la mano in cerca di qualcosa in mezzo ai cuscini senza mai staccarmi gli occhi di dosso. Quando trovò quello che cercava si alzò e si diresse verso lo stereo bianco e lo accese, l'oggetto che aveva in mano era il telecomando per cercare le canzoni dalla chiavetta usb, ne selezionò una, alzò il volume al massimo e si girò verso di me, con il dito mi fece segno di andare da lei.

Io risposi scrollando la testa, da sempre mi imbarazzava ballare con qualcuno, per il semplice fatto che non sapevo ballare. Lei tornò da me e usò un po' di forza per tirarmi fino davanti lo stereo, poi cominciò a muovere le anche e le spalle, sorrideva cercando di convincermi.

Mi avvicinai a lei per parlarle all'orecchio - Mi vergogno, non so ballare. Non l'ho mai fatto prima, scusa. - le spiegai con lo sguardo dispiaciuto.

Feci per andarmene ma lei mi trattenne stringendomi la mano e guardandomi negli occhi - Non me ne frega niente se non sai ballare, quello che voglio è lasciarmi andare con la donna che amo! - poi mi prese con entrambe le mani sui fianchi e cominciò a farmi dondolare - Visto non è così difficile. - mi sorrise - Adesso chiudi gli occhi e lasciati andare, fidati! - lo sguardo che aveva era di supplica, capii che era quello di cui lei aveva bisogno.

Mi allontanai un pochino e feci come aveva detto. Lasciai andare tutti i pensieri e le preoccupazioni e continuai a dondolare e a muovermi a ritmo di musica, non sapevo se stessi solo saltellando e muovendo le braccia come un cretino o stessi effettivamente ballando, ma sapevo che non mi imbarazzava più come una volta.

Riaprì gli occhi continuando a muovermi senza pensare, vidi Tiffany che si muoveva in modo molto sensuale. Mi avvicinai, volevo solo starle più vicino e continuare a ballare con lei. Tiffany mi mise un braccio attorno alla vita, io invece mi accarezzai i capelli e continuammo a muoverci.

Mi accorsi presto che mi sentivo bene, e che avevo sempre desiderato poter fare quelle movenze femminili e sensuali senza sembrare strano.

Tiffany mi baciò, un bacio lungo e che mi fece ansimare, io le misi delicatamente la mano sulla guancia e la ricambiai.

Quando le nostre labbra si staccarono avevo il fiatone - Per cos'era questo? - le chiesi a voce alta così che potesse sentirmi.

- Nulla in particolare, eri così sexy che non ho resistito. - aveva lo sguardo completamente perso, sapevo che ne voleva ancora.

- Allora perché ti sei fermata? - lo volevo anch'io, lo capivo dal cuore che mi batteva all'impazzata nel petto e dalla voglia matta di starle attaccato.

Lei sorrise e mi spinse sul divano, si mise a cavalcioni sopra di me e con tutta la delicatezza del mondo mi baciò, le lingue vorticarono nelle nostre bocche. Ci toccammo e coccolammo per tutto il tempo. Non ci fermammo nemmeno per un secondo, eravamo insaziabili l'uno per l'altra. Non ci fu sesso, solo lunghi baci e molte coccole, e mi piaceva, mi piaceva da morire. Ogni bacio, ogni gesto, ogni carezza era una nuova scoperta per entrambe.

Con uno sforzo considerevole cercai di riprendere il contatto con la realtà e notai che lo stereo era spento e lo guardai cercandone la causa. Davanti a me però vidi due figure familiari che ci fissavano in silenzio.

- Siete due sozzone! - ci ammonì Jolene.

- Lasciale in pace, scema. - protestò Francis.

- E perché? Stanno facendo petting in salotto! Sul divano! - ribatté Jolene mentre Tiffany non la smetteva di baciarmi sul viso, cosa che non mi dispiaceva affatto.

- Hanno avuto quasi un anno a dir poco tremendo, non hanno mai avuto più di un momento di pace. È normale che vogliano rilassarsi e stare insieme. - spiegò lui alzando un po' la voce.

Lei lo guardò male - E da quando saresti diventato un esperto in rapporti di coppia? Oh, aspetta, forse ho capito. Da quando cerchi di far colpo su quella zoccola dell'aula di scienze. -

- Non è zoccola. È carina, simpatica e intelligente. Tutto il contrario di te! - ribatté lui.

Lei fece per andarsene indispettita ma si fermò - Quella stronza non sa nemmeno la differenza tra bicarbonato di sodio e acido solforico, cazzo. Quella vuole solo fare la gatta morta con il nuovo atleta di turno, apri un po' gli occhi, cristo santo! - urlò infine, rimase con il fiatone a fissare la faccia attonita di Francis poi si girò e si chiuse in camera sua.

La sfuriata di Jolene fece riprendere il controllo a Tiffany che si guardò attorno stranita.

- Io... io vado a pranzare al pub qui sotto. Se avete bisogno sapete dove trovarmi. - e con lo sguardo fisso nel vuoto cominciò ad avviarsi.

- Ma che succede? - mi chiese Tiffany.

- Niente, il viaggio in paradiso è appena finito. Dobbiamo tornare a fare le madri. - le risposi scocciato.

Mi alzai e raggiunsi Francis - Ehi, capisco che ti senta preso in causa, ma mi puoi fare un piccolo piacere? - gli chiesi cercando di mantenere un tono comprensivo.

- Che piacere? - mi chiese con tono scocciato.

- Non bere alcolici. Alle tre di questo pomeriggio dobbiamo andare da Mei, okay? - gli misi una mano sulla spalla. Sapevo come ragionavano i baristi del Quartiere Francese: hai un problema? Bevi alla salute e passa tutto.

- Sei buffa con tutti quei succhiotti sul collo, i capelli arruffati, e le orecchie arrossate a farmi la predica, ma va bene farò come mi hai chiesto. - mi rispose lui quasi senza voglia di far nulla.

Misi le mani come per pregare - Grazie! - gli dissi, quella era un suo tentativo di fare la classica battuta retorica anche se gli era venuta molto male.

Avvertii anche Jolene che mi rispose con un seccato “Sì.” da dietro la porta della sua stanza. Alle tre del pomeriggio come promesso entrambi si presentarono, Francis non era ubriaco e Jolene aveva la tenuta da arciere che le piaceva portare, una giacca con cappuccio verde, pantaloni comodi e stivali neri neri, parabracci, parastinchi, arco compound e faretra piena di frecce. Francis invece aveva solo le sue kilij con i rispettivi foderi dietro la schiena e un paio di parabracci neri vagamente famigliari, per il resto vestito normalmente.

Il loro atteggiamento l'uno verso l'altra non era cambiato, ma almeno erano costretti a stare assieme e a cooperare.

Avvertii Kaileena dei nostri movimenti, di risposta mi disse che sarebbe venuta anche lei più tardi, forse era stanca di fare da balia. E comunque anche se Emris e Thessa scappavano non avevano altri posti sicuri in città quindi non sarebbe stata per niente una buona mossa muoversi dal rifugio.

Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso la Chinatown di New Orleans. Una volta arrivati in zona ci accorgemmo che le cose per le strade stavano migliorando, nessuna faida tra bande, i locali erano aperti e la gente camminava serenamente per le vie principali.

Arrivammo alla sede della congrega con a capo Mei, un edificio alto sei piani in stile tardo ottocentesco. Parcheggiammo l'auto ed entrammo, gli interni erano sfarzosi e datati ma tenuti in perfette condizioni, legno scuro ovunque anche sulla base delle colonne portanti, poltrone con cuscini a righe bianchi e blu, e un bancone in legno pregiato sul lato opposto.

Ci avvicinammo alle scale - Eccovi qui, sbarbatelli! - fece una voce arrogante da sopra le nostre teste.

Guardammo il alto e da sopra la ringhiera in ferro del secondo piano trovammo un vecchio di nazionalità cinese e dal palese sguardo strabico - Vecchietto, era da un po' che non ci si vedeva! - gli risposi con un sorriso.

Mei fece il giro e cominciò a scendere le scale - Sei mesi, non è poi così tanto. -

- Vero, soprattutto se abbiamo una balia a tenerci d'occhio! - controbattei.

- Mia nipote è uno spirito libero, dovreste averlo capito ormai, non è semplice avere a che fare con lei. Infatti non mi informa dei vostri affari da tre mesi ormai, come sta? - mi chiese con un tono grave ma con una punta di orgoglio.

- Fa la babysitter ai nostri nuovi amici. - gli risposi con un sorrisetto malefico.

- Non cambierai mai, ragazzina. - sbuffò - Il tono con cui hai detto “amici” mi fa supporre che non ti fidi di loro. Questo è bene, venite di sopra, parliamo in privato. - e risalì le scale.

Lo seguimmo in silenzio, arrivammo all'ultimo piano per poi inoltrarci per i corridoi decorati in stile ottocentesco fino ad arrvare a una porta marrone scuro. Mei la aprì rivelando una suite reale che fungeva da studio, da appartamento e da camera. L'arredamento era in pendant con il resto dell'edificio, la scrivania era in legno massello come le poltrone e gli scaffali ornati appoggiati ai muri. Due porte ai due lati dell'ufficio portavano una alla camera e l'altra al bagno.

- Ti tratti bene, vecchietto! - sbottò Jolene.

- Sì. Accomodatevi. E tu non toccare nulla, bambina. >> la rimproverò lui.

Jolene mi fece una faccia da “ma che ho fatto?” e io gli risposi facendogli spallucce.

- Scusaci per essere venuti qui armati. - fece Francis, forse non sapeva come presentarsi o forse era solo intimidito da Mei.

Mei fece un segno accondiscendente e lo guardò - Tu devi essere l'Hashashin che si è ribellato a Era, alquanto strano visto che il tuo tipo di streghe è fedele al loro padrone fino alla morte! - lo scrutò intensamente.

- Io non ho padroni, avevo una famiglia ed Era me l'ha strappata via pezzo dopo pezzo. - guardò per un istante Jolene - E non sono l'unico... Ora ho un'altra famiglia, e farò qualunque cosa per proteggerla! - fissò Me con altrettanta intensità.

- Spero davvero che tu sia sincero ragazzo, perché queste tre avranno bisogno di te e delle tue capacità più che mai. - era serio, molto serio.

- Sissignore! - rispose Francis con fermezza. Mi stupì la risolutezza di Francis, non credevo tenesse così tanto a noi.

Dopo qualche secondo Tiffany sospirò – Allora, veniamo al sodo, quanto siamo nella merda? -

Mei la guardò per un istante - Fino agli occhi. Se il Gran Circolo viene a sapere che voi siete coinvolti in tutto questo casino, verrete braccate come animali. Ogni congrega, ogni gruppo anche se piccolo, verrà a cercarvi per sapere dove si trova la nuova Matriarca. E se un gruppo ottiene una Matriarca diventa automaticamente il padrone di New Orleans. - spiegò lui

- Ma non è già il Concilio il padrone di New Orleans? - chiese Tiffany.

Mei sospirò - Purtroppo e per fortuna, no! Il Gran Circolo è formato da tredici sacerdoti e sacerdotesse, ed ognuna rappresenta una delle grandi congreghe della città. Ma tutte loro vogliono la supremazia sulle altre e sapete che significa questo vero? - chiese infine con tono cupo.

- Che ora c'è un periodo di relativa pace solo perché le forze in campo si equivalgono. - risposi con altrettanta apprensione. Mei sorrise come per approvare il mio ragionamento.

- Aspetta, se siamo in pace perché dovrebbe essere un problema? Che se la sbrighino tra di loro, no? - Jolene era confusa e non le davo torto, anch'io facevo fatica a collegare i vari pezzi.

Ragionai per trovare le parole giuste e spiegargli la situazione - Ti ricordi il discorso che ho fatto sul Gran Circolo e l'eventuale entrata in capo di una Matriarca? - lei fece sì con la testa - Bene, la stessa cosa vale per questa situazione, solo che non sarà più un semplice ed innocuo gioco politico, ma letteralmente un deathmach a squadre dove vincerà chi resta vivo per ultimo. - le spiegai in soldoni.

Lei fece mezzo sorriso incredula - Ma se “le squadre” sono le tredici congreghe più forti, raderanno al suolo l'intera New Orleans e migliaia di innocenti rimarranno coinvolti negli scontri... sarà un massacro. - aveva la mano sulla bocca e la voce tremante.

- Esatto. - risposi senza mezzi termini.

Jolene appoggiò la schiena sullo schienale della sedia, fece un sospiro pesante. Si stava immaginando la scena: morti ovunque, gli edifici in fiamme, l'intervento dell'esercito e chissà cos'altro. La capivo anche se in parte, non ho mai assistito al massacro vero e proprio, lotte per il potere e per la supremazia molte, ma una guerra in piena regola mai.

- Quindi, cosa facciamo adesso? - Tiffany era visibilmente preoccupata.

- La cosa migliore sarebbe quella di far uscire dalla città la Matriarca senza farsi scoprire. - ragionò Mei.

Lo guardai male - Davvero? E come pensi di passare inosservato a New Orleans? Il Quartiere è perfetto per sparire. Ma se qualcuno per qualche motivo aprisse bocca il Gran Circolo scoprirebbe subito dove si trova e a quel punto sarebbe la fine. - spiegai con una leggera foga nella voce.

- Che intendi fare dunque? - lui alzò le braccia esasperato.

Ragionai, se fossi riuscito a capire l'atteggiamento degli esponenti del Concilio sarei riuscito a creare un piano abbastanza sicuro per far scappare Thessa - Voglio incontrare questi tizi. Voglio capire come sono e chi sono. - decretai.

Mei scoppiò in una risata aspra - Credi davvero di poterli incontrare senza invito, o senza rischiare di morire? -

Sorrisi - Certo, basterà convincere uno di loro a portarmi con lui o lei, con le buone o con le cattive. - lo fissai, speravo potesse indicarmi almeno una di quelle streghe.

Mei rimase in silenzio a fissarmi, Tiffany non batté ciglio, Jolene era ancora sconvolta dal probabile esito quella faccenda, e Francis non fiatò. Il silenzio nella sala era tale che si riusciva a sentire il personale lavorare per tutto il piano.

- Non ho altra scelta, ti ci porterò io! - dichiarò poco convinto.

Strabuzzai gli occhi - Tu? Ma come... - e mi fermai, guardai gli altri per un istante anche loro erano rimasti di sasso, alla fine capii.

- Faccio parte del Gran Circolo, e guarda caso fra poche ore si terrà una riunione. - aveva la voce grave, non gli piaceva per niente quel piano.

Incrociai le braccia e lo guardai “Questa mi è nuova. Però pensandoci bene non mi stupisce più di tanto.”

Le espressioni degli altri erano un misto tra rabbia, preoccupazione e incredulità. Un po' li capivo, provavo anch'io quelle emozioni, ma capivo anche la situazione di Mei: la sua congrega ricostituita, i problemi nel gestire molte persone, e i vari nemici che potrebbero invadere il loro territorio.

- Volevi tenerci nascosto questo piccolo dettaglio, vero? - lo accusò Tiffany.

- Sì, perché volevo evitare questo vostro atteggiamento nei miei confronti. - Tiffany sbuffò contraria, ma lui continuò - Ho agito in questa maniera solo per il benessere della mia congrega e non devo dare altre giustificazioni a voi. - rimbeccò lui.

Ci ammutolimmo. Quello che aveva detto era vero, lui faceva tutto per il bene della sua congrega, non della nostra. Il fatto che ci aiutasse era solo un modo gentile di dimostrarci gratitudine per ciò che avevamo fatto per lui mesi prima.

- A nome di tutti, mi dispiace. - gli dissi con un leggero inchino della testa.

Mei sospirò - Non importa, è anche colpa mia. Dovevo informarvi della situazione invece di tenervi all'oscuro. -

Sorrisi - Altre cose da riferirci? - era meglio se sputava tutto e subito piuttosto che tenerci nascosti altri dettagli.

- Purtroppo non ho altro da aggiungere. Trovare informazioni attendibili sulle altre congreghe è pressoché impossibile. Molte voci di corridoio a nulla di più. - spiegò - Ho anche saputo che avete incontrato guai ieri sera e che siete state costrette a combattere davanti a moltissimi testimoni. Cos'è successo esattamente? -

Guardai Tiffany e lei guardò me preoccupata - Ecco, noi stavamo... - provai a dire ma fui interrotta da Tiffany.

- Una strega ha perso il controllo sulla Bourbon, è andata fuori di testa, e ha ucciso molte persone. Sono intervenuta e l'ho uccisa prima che facesse del male ad altra gente. - il suo sguardo era rivolto verso il basso.

Mei si picchiettò il mento riflettendo - Una strega che perde il controllo, in piena vista e per di più in un luogo affollato. Sembra che qualcuno voglia attirare l'attenzione più del dovuto. -

- La ragazza, in un momento di lucidità ha detto che le persone che le hanno fatto perdere le facoltà mentali erano persone senza anima ma avevano solo la loro fede. Potrebbero essere i Crociati? - chiese Tiffany timorosa.

- Non è nel loro stile, ma potrebbero aver cambiato i piani. In ogni caso anche questa è una minaccia bella grossa da non sottovalutare. - spiegò il vecchio sempre più incupito.

Tiffany fece un profondo respiro – D'accordo! Ho bisogno di allenarmi e di diventare più forte quindi, mi puoi aiutare? - il suo sguardo era quello di supplica.

- Certo, puoi allenarti con i nostri migliori maestri di arti marziali. Anche se per inciso, non penso tu possa migliorare di molto. - rispose lui.

- Non mi interessa. Diventerò più forte ad ogni costo! - urlò con tutta la voga che aveva.

- Va bene... - Mei si alzò e fece per uscire - Venite vi accompagno in palestra. -

Tutti noi lo seguimmo e dopo essere tornati al piano terra, girammo a destra delle scale, dopo aver attraversato una grande porta ci ritrovammo davanti una palestra attrezzata di tutto punto. Alcune decine di uomini e donne si stavano allenando, Mei ne chiamò uno e chiese di allenare Tiffany.

Lei per tutta risposta diede da subito il massimo e riuscì a battere facilmente il primo maestro. In pochissimo tempo tutti nella palestra volevano combattere con Tiffany che non si tirò indietro.

Riuscì a battere tutti gli avversari minori ma quando fu il turno delle Streghe Combattenti di Mei, due uomini e due donne dall'aspetto molto forte, la situazione cambiò drasticamente. Tiffany sembrava in difficoltà, non riusciva a tenere testa a quattro di loro e finì al tappeto in poco tempo.

Nella sala si sparse una risata sarcastica e tutti ritornarono ai loro allenamenti. Poco dopo però Tiffany tornò alla carica sfidando i quattro che l'avevano sconfitta. Non ci fu nulla da fare, perse anche quella volta. Il suo sguardo era pieno di paura e sembrava lontana con la testa, ma continuò a sfidarli ancora e ancora ma veniva sconfitta ogni volta. Per un istante sembrava stesse per piangere ma non feci nulla per consolarla, perché non c'era nulla che potessi fare in quel momento che potesse funzionare.

Passammo così il pomeriggio guardando i fallimenti di Tiffany finché non arrivò il momento della riunione del Gran Circolo. Il piano prevedeva di andare da solo assieme a Mei e che gli altri rimanessero alla base del vecchietto finché non fossimo tornati. Il problema era che dovevamo andare disarmati, per me significava essere praticamente quasi senza difese.

Prendemmo una limousine, Mei mi diede un mantello nero con cappuccio molto largo da indossare.

- Scherzi vero? Io non mi metto questo coso! - sbottai.

- È la regola, serve per mantenere l'anonimato. Fidati. - mi sorrise lui.

Riluttante indossai il mantello e mi infilai il cappuccio che mi cadeva abbondantemente sul viso, notai la fattura del cappuccio, risultava più larga e quindi si riusciva a vedere perfettamente all'esterno.

Dopo un po' la macchina si fermò, uscimmo e subito mi accorsi di essere davanti al cimitero, il ritrovo del Gran Circolo era uno dei tanti cimiteri di New Orleans.


 

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Capitolo 3
*** La Città Dei Morti ***


Il cancello era aperto, davanti ad esso una guardia anch'essa incappucciata, la luminosità era scarsa data da alcune lanterne e fiaccole ma si riusciva a vedere abbastanza bene da poter camminare tra le tombe in marmo e dei piccoli mausolei a forma di edifici.

Camminammo per altri cinque minuti, ero costantemente all'erta su ogni ombra che vedevo, perfino la mia, Arrivammo a una specie di catacomba, Mei mi fece cenno di entrare anche se io ero molto titubante ma non potevo tirarmi indietro.

Percorremmo alcuni metri di corridoio e poi quasi d'improvviso lo spazio si aprì in una grande sala illuminata a candele, altri individui incappucciati erano arrivati prima di noi ma non erano tutti, eravamo solo gli ottavi.

- Chi è quella? - fece uno a Mei.

- È una mia collaboratrice, ero di fretta oggi quindi le ho detto di venire. Qualche problema? - rispose a tono lui.

- Non è permesso, solo i membri del Gran Circolo possono parteciparvi. - fece un altro.

- E da quando? Non è mai esistita questa regola. - controbatté Mei.

Il tizio si avvicinò a grandi passi - Da adesso! - sbraitò cercando di colpire Mei con un pugno.

Un altro uomo alto un metro e novanta lo fermò appena in tempo prima di colpire il vecchietto - Fermo, non vorrai far scoppiare una guerra in città per una cazzata del genere vero? -

Il tizio all'inizio sembrò voler continuare poi si calmò - Fanculo! - gli rispose e si rimise in un cantuccio per gli affari suoi.

- Scusalo, abbiamo tutti i nervi tesi a causa della nuova Matriarca. - cercò di scusarsi l'uomo che aveva fermato l'altro.

- Non c'è problema. - gli fece poi si rivolse a tutti - Posso assicurarvi che non darà fastidi di alcun genere, è una delle poche persone di cui mi fido. - spiegò.

Tutti nella stanza rimasero zitti, segno che non avrebbero più parlato finché non avessi combinato qualcosa.

Nervi tesi? Quello stava per scatenare una guerra tra congreghe per una cazzata del genere!” sbottai tra me e me.

Non mi stupisce affatto che qualcuno perda la testa!” mi fece Evaline.

Hai ragione, meglio starsene calmi e ascoltare cosa hanno da dirsi, almeno per ora.” le proposi.

Buona idea!” mi rispose lei.

Aspettammo qualche minuto e anche il resto dei convocati alla riunione arrivò.

Non riuscii a distinguere nessuno dei membri nemmeno dalle voci, capii solo che tre di loro erano donne dalla voce più squillante, ma nulla di più.

Cominciarono con elencare ognuno di loro i problemi interni e le diatribe tra loro e le congreghe minori. Poi passarono alle incursioni dei Crociati più frequenti del solito, con alcuni battibecchi sul come agire: alcuni volevano attaccare e ucciderne il più possibile, altri invece preferivano nascondersi in bella vista, alla fine si decise che se i Crociati avessero fatto del male ai membri delle congreghe appartenenti o alleate del Gran Circolo avrebbero contrattaccato con il pugno di ferro. Dopo altre discussioni inutili si cominciò a parlare di faccende diverse.

- Dobbiamo restare uniti. Non possiamo permettere a nessuno di far del male alla nostra gente, è per questo che è stato creato questo Circolo. Uniti siamo forti, ricordatevelo. - fece un uomo durante un litigio.

- Forti? Non farmi ridere. Abbiamo dovuto lasciar fare alle anime solitarie quello che noi avevamo paura di fare, ossia uccidere la Matriarca Era. Ricordi? - sbottò un altro.

- Stai parlando della fantomatica congrega Lonely Souls? - chiese una delle donne.

- Esatto, proprio quella! - l'uomo fece una pausa - È grazie a loro se Era non cammina più su questa fottuta terra. - il tono era serio e di autocritica.

L'uomo che si era messo i mezzo al litigio scoppiò in una fragorosa risata - Sei un bambino se credi a queste idiozie. Nessuno può sottrarsi al rito di iniziazione, è una legge della stregoneria e della nostra città in particolare. Quei ragazzini si sono solo trovati tutti nello stesso posto e allo stesso momento con davanti a loro un ostacolo da superare. Di sicuro quelle streghe si saranno disperse da qualche parte, oppure sono morte. - spiegò.

- Eppure molti parlano ancora delle loro gesta e che si aggirino per la città. Se chiedessimo loro di unirsi a noi... - l'uomo non riuscì a finire la frase, fu interrotto dal suo rivale di discorso.

- Come osi solo proporre un'assurdità del genere? Credi davvero che potremmo accettare un accozzaglia di anime solitarie in questo sacro Circolo? - sbraitò.

Avevo superato il limite di sopportazione, stavo per intervenire quando Mei mi anticipò - Quell'accozzaglia di anime solitarie ha ucciso Chan Fung e i suoi tirapiedi liberando la mia di congrega. Per non parlare di Era e il suo Circolo interno di streghe pressoché invincibili dal nostro punto di vista. Eppure li hanno sbaragliati, uno dopo l'altro. È innegabile che siano straordinarie. - fece una pausa per far assimilare bene ai presenti ciò che aveva detto - Forse dovremmo chiedere il loro aiuto! -

L'uomo in disaccordo si avvicinò a Mei - Non mi abbasserò mai a tanto! - ringhiò facendo rimbombare la sua voce sulle pareti della cripta. A quanto pare sembrava che quel tizio fosse il capo lì dentro.

- Ascoltate, dalle mie fonti ho saputo che alcune streghe impazzite si aggirano per New Orleans, e per di più abbiamo il problema della Matriarca. Davvero siamo in grado di gestire tutto questo soltanto noi? - chiese a tutti i presenti, ma sembrava rivolto soprattutto a me.

- Per quanto riguarda la Matriarca, dobbiamo eliminarla, oppure sarà guerra... - l'uomo prese un respiro profondo - Ora dicci di più su queste streghe impazzite. - ordinò.

Mei sembrava titubante a riguardo, lo capivo era l'ennesima scusa per cambiare discorso. Il vecchietto raccontò tutto ciò che sapeva sulle streghe impazzite sorvolando il nostro coinvolgimento.

Tutti nella sala rimasero ammutoliti, forse per paura o per il semplice ragionamento. Dopo un po' cominciarono i battibecchi e i brusii dei vari membri, era evidente che cominciavano a capire la gravità della situazione.

- Se sono stati davvero i Crociati allora la pagheranno! - sbottò uno.

- Hai ragione, dobbiamo fermare questa barbarie sul nascere. - continuò un'altra.

- Ma i Crociati uccidono le streghe, non ho mai sentito che le usassero per i loro esperimenti. - fece un altro ancora.

- E chi altro potrebbe essere allora? - chiese un altro ancora.

Il primo provò a replicare ma il capo lo interruppe - Questo è un problema secondario. - alzo la voce - Quello che più ci interessa ora è un piano per proteggerci da tutte queste minacce. - da come si muoveva sembrava un dittatore che parlava al suo popolo.

Molti dei presenti annuirono ma non proposero nulla, erano evidentemente intimorirti da quella persona.

Che manica di codardi!” pensai.

- È incredibile che ci siano ancora così tante congreghe attive a New Orleans. - sbottai, non mi ero reso conto di aver parlato a voce alta.

Tutti girarono il capo verso di me, non riuscii a vedere i loro volti ma sentivo le occhiatacce d'odio che mi stavano lanciando.

- Tu... come osi proferire parola in questo luogo sacro! - mi urlò il capo. Un'altra volta la voce si diffuse con un eco profondo per tutta la catacomba.

- Tutti voi siete solo degli idioti opportunisti. - cercai di soffermarmi sui vari gruppi di persone mentre pronunciavo la frase - Non fate altro che sfruttarvi l'un l'altro, nascondendo informazioni vitali, mentendo, facendo la voce più grossa per avere potere sugli altri. Patetici. - continuai.

Il capo alzo la mano - Indico una votazione. Chiedo che venga giustiziata immediatamente, chi è a favore? -

La maggior parte di loro alzò il braccio decretandosi a favore per la mia esecuzione. Mei non era tra questi.

- La maggioranza vince! Ora muori! - detto questo l'uomo fece dei gesti con le mani e creò delle lance d'acqua che scagliò verso di me. Con non poca fatica riuscii a teletrasportarmi alle spalle del mio avversario. Mi guardai attorno, i presenti rimasero stupefatti e ammutoliti per ciò che avevano assistito, il capo invece stava tremando.

Ma perché ogni volta mi attaccano, cazzo?” sbottai.

Forse è per colpa del tuo modo arrogante di porti con la gente.” mi schernì Evaline.

Fottiti.” le risposi con un sorriso.

Vedi che ho ragione. Però ora che hai intenzione di fare, genio?” mi chiese lei.

Beh...”

Non riuscii a finire la frase nella mia mente che il capo mi sbraitò contro - Che cosa significa tutto questo? Esigo delle spiegazioni. Subito! -

- L'hai attaccata e lei si è difesa. Non mi sembra un crimine questo! - rispose Mei.

- Noi abbiamo votato per la sua morte e lei si è permessa di difendersi usando poteri che non dovrebbero esistere, questo è un crimine! - urlò furioso. Ormai era chiaro che il potere decisionale di membro del Gran Circolo aveva dato alla testa la maggior parte di loro.

Ragionai sul come agire ma non mi venne nulla in mente, ogni mia opzione rischiava di peggiorare le cose. Tutti erano fissi su di me, se avessi fatto anche un solo movimento otto delle tredici streghe a favore della mia morte mi avrebbero attaccato all'istante.

Dal nulla un rantolo di dolore distolse la loro attenzione da me, una delle guardie stava barcollando con una mano insanguinata protesa verso di noi. Alcuni passi tremolanti dopo incespicò e cadde a terra di faccia, sulla schiena aveva una lacerazione talmente profonda che si vedeva la spina dorsale.

Alcuni membri lo soccorsero senza esitare, altri rimasero fermi a guardare - Che cosa è successo ragazzo? - fece una donna, dalla voce sembrava avere una cinquantina d'anni.

Il ragazzo emise un lungo gemito di dolore - Uno... lui mi ha chiesto di... darvi un... messaggio... -

- Quale messaggio? - chiese la donna con un accenno di preoccupazione nella voce.

Il ragazzo strinse il mantello della donna con le poche forze che aveva - Morirete... tutti... - ed esalò l'ultimo lungo respiro prima di posare il capo a terra.

Merda!” imprecai.

Non persi tempo, mi concentrai e provai a percepire di chi si trattasse e subito a pochi metri dall'uscita della cripta sentii una presenza molto potente, di sicuro più potente di ogni singola persona presente all'interno.

- Dobbiamo... dobbiamo fuggire! - uno dei presenti cominciò a correre verso nel corridoio.

- No, fermo! - provai ad urlare ma non servì a nulla. Pochi secondi dopo le grida strazianti di qualcuno che veniva brutalmente ucciso rimbombarono sulle pareti diffondendo un alone di sgomento ancora più intenso di prima.

- Che cosa facciamo adesso? - chiese uno dei presenti terrorizzato.

- Se usciamo fuori quello ci massacra, se rimaniamo dentro quello entra e fa fuori alcuni di noi ma almeno qualcuno potrà sopravvivere per raccontarlo. - disse il capo anche se dal tono di voce sembrava sul punto di avere un attacco di nervi.

- Ma di che cazzo parli, imbecille? Se quel tizio entra in un posto come questo ammazza tutti. Gli basterebbe tenere d'occhio l'unica uscita per non far scappare nessuno. Oppure potrebbe usare poteri strani per seppellirci tutti vivi. - sbottai.

- E allora perché non lo fa? - chiese un altro membro del circolo.

Ci rimuginai sopra - Effettivamente non avrebbe senso, a meno che... - sentii i loro sguardi ansiosi di sentire la risposta, si erano dimenticati che pochi istanti prima volevano uccidermi - Per lui non sia un gioco, come il gatto col topo! - finii la frase.

- Non ascoltate questa condannata a morte! Se rimarremo qui saremo salvi. - decretò impettito, sembrava aver catturato l'attenzione dei più spaventati.

Pochi stanti dopo la cripta cominciò a tremare, alcuni cominciarono ad andare nel panico, altri si acquattarono con le mani sulla testa per proteggersi, altri ancora si misero aderenti alle pareti, io ero tra questi.

Il terremoto durò circa un minuto e poi si fermò in un istante. Sapevo che i terremoti non si comportavano in quel modo, infatti era un processo graduale: piccole scosse, apice, e scosse di assestamento. Quello invece era del tutto improvviso, subito all'apice della potenza.

Tutte le persone all'interno della cripta mi guardarono attonite - Che c'è? Ho solo fatto un'analisi logica che anche un bambino farebbe. - li insultai scocciato.

Dall'entrata della caverna artificiale si sentì un rumore di risata, una risata inquietante e squillante simile a quella di una iena troppo cresciuta - Venite fuori o devo schiacciarvi sotto tonnellate di terra e macerie? - urlò, poi tornò a ridere.

- Che cosa facciamo adesso? - chiese Mei.

- Usiamo il piano dell'imbecille. Spiego meglio. Al posto di rimanere qui dentro e aspettarlo è meglio uscire tutti in una volta e sperare che qualcuno riesca a scappare. - ero convinto di quello che stavo dicendo, di sicuro qualcuno sarebbe morto, con qualunque piano si possa avere in mente in una situazione del genere qualcuno muore.

Tutti rimasero in silenzio, il loro terrore era palpabile. All'inizio nessuno di loro volle assecondare il mio piano ma dopo varie proposte assurde accettarono rassegnati.

Ci organizzammo in modo che le streghe più robuste e con poteri che non richiedessero armi davanti a fare da scudo e quelle più deboli in mezzo, invece io e Mei restammo dietro di tutti in caso servisse un piano d'emergenza.

Percorremmo il corridoio che dava sull'uscita, le fiaccole crepitanti creavano innumerevoli ombre al nostro passaggio. A pochi metri dalla soglia della cripta cominciammo a correre. Nel giro di qualche secondo alcune urla si fecero largo per il tunnel, era iniziata la battaglia.

Quando tornai all'aperto vidi due membri del Gran Circolo a terra in una pozza di sangue esanime. Girai la testa e vidi altri due trapassati da delle strane lame di acciaio puro, avevano ancora spasmi nervosi.

Alzai lo sguardo, sopra una delle tombe più antiche a forma di casa c'era un ragazzo con addosso solo pantaloni e scarpe, i capelli lunghi e per niente curati ondeggiavano al vento, un ghigno maligno sul volto.

- Tutto qui quello che sa fare il potente Gran Circolo? - schernì, la sua risata ricordava quella di una iena solo più squillante.

L'uomo che mi aveva attaccato pochi minuti prima si fermò e si girò verso il ragazzo - Non osare insultarci! - gli urlò.

Il ragazzo creò sulle dita una piccola sfera d'acqua che poi si divise in altre quattro sfere più piccole. Con un gesto della mano scagliò i globi liquidi in altrettante direzioni a una velocità impressionante.

- Ragazzina! - mi urlò Mei poco prima di spingermi di lato con un calcio.

Ruzzolai a terra facendomi male a un braccio - Ma che cazzo fai vecchie... - mi fermai e sgranai gli occhi.

La gamba di Mei era quasi del tutto scarnificata e perdeva sangue a fiotti - Ti ho appena salvato la vita... almeno dimmi grazie! - provò a scherzare lui.

- Ve... vecchietto... la tua... gamba... - provai a rispondere.

- Sì, me ne sono accorto. Ora scappa, qui ci penso io! - continuò come se niente fosse.

Mi guardai confuso intorno, altri tre corpi giacevano a terra. Uno aveva la faccia ridotta a un teschio con lembi di carne ancora attaccati, un altro aveva le budella che gli uscivano dalla pancia e l'ultima era tagliata in due verticalmente.

Il ragazzo sbuffò scocciato - Cazzo, ne ho mancata una. Va beh, rimediamo subito. -

Poi serrò il pugno e un muro di cemento si alzò quasi istantaneamente tra me e Mei.

Ma che cosa cazzo...? Due elementi?” pensai stupefatto.

Con un altro gesto della mano il muro cominciò a muoversi velocemente verso la mia direzione. Usai le gambe per cercare di attutire il colpo ma fui trascinato assieme ad alcuni corpi vicino a me. Diedi una veloce occhiata dietro alle mie spalle, una tomba in marmo era proprio sulla traiettoria del pezzo di cemento. Voleva schiacciarmi come una mosca.

Cercai con tutte le forze di teletrasportarmi ma concentrarsi in quell'istante mi risultò difficile. Appena prima di schiantarmi sentii la sensazione che cercavo, riuscii a teletrasportarmi ma con me anche la spinta che mi fece sbattere addosso a un muro con la testa e persi i sensi.

Una scossa mi fece risvegliare, la testa mi faceva male. Aprii gli occhi tossendo per la polvere, lo spazio era piccolo e buio tranne che per uno spiraglio da dove entrava la luce. Guardai di lato e vidi qualcosa che mi fece trasalire, un cadavere in uno stadio molto avanzato di putrefazione.

Porca troia! Ma che...” sbottai tra me e me con una mano sulla bocca, poi però mi tornò in mente di essere stato quasi schiacciato addosso a una tomba da un muro mobile.

In qualche modo mi sono teletrasportato all'interno del loculo.” dedussi anche se detta così mi sembrava ancora impossibile.

Scavalcai quello che sembrava il corpo di una donna di umili origini del diciottesimo secolo, lo capii dai vestiti logori e impolverati che ancora indossava e provai a guardare fuori.

Vidi un uomo muscoloso, a torso nudo, alto sui due metri girato di schiena, coperto da rivoli copiosi di sangue e graffi. Aveva un paio di pantaloni ridotti a brandelli, la parte sinistra era piena di strappi ma intatta mentre la destra era inesistente dal ginocchio in giù. Notai una strana cicatrice su tutto il polpaccio.

Ragionai su chi fosse ma la soluzione poteva essere una sola.

- Vecchietto! - sussurrai quando capii.

La visibilità era ottima da quell'angolazione, tanto che potevo vedere anche l'avversario di Mei. Era lo stesso ragazzo dalla risata squillante che ci aveva attaccati all'uscita della cripta ed era praticamente illeso, in piedi sopra l'ennesima tomba.

- Maledetto bastardo... - rantolò Mei.

- Contro chi credevi di scontrarti, uno dei soliti noiosi e patetici pivelli? - rise ancora il ragazzo.

Mei si mise in posizione - Certo che no! Ma non pensavo fosse così dura. - ansimò.

Il ragazzo rise più forte - E io non pensavo che esistessero ordini di stregoni ancora in circolazione. E men che meno un Berserker in carne e ossa. -

Mei approfittando della distrazione del ragazzo attaccò. La sua velocità era notevole e il balzo successivo per raggiungere il suo avversario erano impeccabili. Arrivato alla distanza giusta sferrò una raffica di bugli poderosi al volto e allo stomaco del ragazzo che non provò nemmeno a parare, semplicemente incassò tutto.

Improvvisamente la polvere si alzò per una folata di vento e Mei fu rigettato all'indietro. Finì per razzolare a terra ma si rialzò in ginocchio con un'acrobazia.

Il ragazzo con un ghigno maligno in volto - Tutto qui quello che sai fare, stregone? -

Cercai di mettere bene a fuoco il suo corpo ma non trovai segni di colluttazione, neanche un piccolo ematoma. Mei non lo aveva colpito nemmeno una volta.

Mei aveva il fiato corto e non aveva una bella espressione sul viso - Dovresti... avere più rispetto per gli anziani, ragazzino... - prese un bel respiro e si alzò - Ho ancora qualche asso nella manica... ti consiglio di stare attento. -

Provai a concentrarmi sulla potenza che avevano. Mei stava accumulando potere diventando dieci volte più forte di Tiffany, mentre il ragazzo dai capelli lunghi aveva una lieve diminuzione di potere.

Non può vincere... non ce la farà.” mi disse Evaline con un tono grave nella voce.

Io non dissi nulla, non volevo credere a quell'affermazione.

Con uno scatto fulmineo Mei si portò davanti al suo avversario a mezz'aria e gli sferrò un pugno potentissimo al volto che lo fece letteralmente precipitare a terra, alcuni mausolei andarono distrutti dall'onda d'urto. Mei si diede la spinta sulla tomba in direzione del ragazzo e una volta arrivato a portata gli diede una raffica di pugni uno più potente dell'altro.

Quando il vecchietto provò a caricare il braccio dietro la spalla fece una smorfia di dolore, in quell'istante il ragazzo ne approfittò per tirare un calcio al fianco di Mei che finì per volare a qualche metro di distanza.

Mei rotolò di nuovo sul selciato, quando si rialzò vidi il fianco completamente abbrustolito.

Fuoco. Quattro elementi? Riesce ad usare quattro elementi contemporaneamente!” esclamai incredulo nella mia mente.

Non solo quattro, Erik, anche i loro diretti derivati! Un altro elemento è il metallo, ricordi le lame deformate sui due corpi di prima? Credo le abbia create lui.” mi spiegò Evaline.

Ma non dovrebbe essere impossibile?” le chiesi.

Sospirò pensierosa “Di norma sì. In questo però caso credo ci sia qualcos'altro sotto che ancora non sappiamo. Purtroppo Mei non riuscirà a resistere abbastanza a lungo...” continuò lei.

Ma che dici? La forza del vecchietto è schiacc...” cercai di dirle ma mi fermai quando notai che la forza vitale di Mei era diminuita della metà dopo l'attacco.

Il ragazzo si rialzò, portò la mano sulla guancia per toccarsi il labbro rotto, aveva anche un livido sulla guancia ma di altri segni neanche la minima traccia.

- Quel pugno l'ho sentito. Ora mi tocca ammazzarti come un cane! - fece con sguardo assassino.

Mei non replicò, rimase in silenzio. Ansimava e il dolore al fianco gli faceva visibilmente male.

- Cos'è, non parli più? - continuò serio il ragazzo. Con un gesto della mano fece muovere alcune colonne di roccia verso Mei che schivò agilmente.

Il ragazzo continuò ad attaccare con colonne di roccia e asfalto senza lasciare al suo avversario un momento di pausa. Mei schivò la maggior parte degli attacchi e gli altri usò la sua forza per distruggere i pilastri. Era una situazione di stallo. Mei a corto di fiato e il ragazzo che non si muoveva dalla sua posizione.

Rimasero a guardarsi per un lungo istante, poi Mei cominciò a tossire. Era una tosse strana, sembrava come se avesse qualcosa nei polmoni, alla fine vomitò sangue dalla bocca e si inginocchiò. In quel momento capii che quella trasformazione non era qualcosa di naturale.

Il ragazzo sogghignò - A quanto pare l'effetto è finito. Scommetto che quella medicina che hai preso ha delle controindicazioni letali. - cominciò a ridere - In pratica ti sei suicidato per dare a pochi idioti la possibilità di scappare. Peccato... peccato per la tua apprendista. È rimasta letteralmente schiacciata dal mio talento... - e scoppiò nella solita risata macabra e squillante.

Mei provò a reagire d'impeto ma il ragazzo gli intrappolò braccia e gambe fra dodici colonne, tre per ogni arto. Provò a reagire o a disincastarsi ma a ogni movimento il ragazzo strinse ancora di più la morsa causandogli dolori atroci. Le urla di Mei erano strazianti.

Il ragazzo guardò la gamba con la cicatrice - Ci siamo, l'effetto sta svanendo. - rise mentre la ferita si riapriva facendo sgorgare rivoli copiosi di sangue.

Mei prese fiato - Va a farti fottere! -

Il ragazzo lo guardò negli occhi - Oh beh, prima tu vecchio morto che respira! - formò delle lame d'acciaio e si mise in posizione per trafiggerlo.

- Ora basta Arthur! Lui ci serve vivo ancora un po'. - era la voce di una donna.

Arthur rimase con le lame alzate e pronte per colpire ma con riluttanza si fece indietro in silenzio.

La donna fece capolino con il suo vestito elegante blu e spaccatura sulle cosce, scollatura abbondante che lasciava intravedere il seno formoso. Aveva capelli corti e portati perfettamente, e una borsetta costosissima. Il viso bellissimo e ben curato.

Assieme a lei altri due individui che rimasero dietro le tombe, non riuscii ad identificarli fisicamente.

Si avvicinò a Mei e gli toccò con il dito il petto ormai tornato quello di un vecchio - Non hai lasciato riserve. Hai dato tutto quello che avevi. Sei nobile e coraggioso, te lo concedo. - gli disse con voce suadente.

Per un attimo sembrò soccombere a quelle parole, poi però Mei si riprese e la guardò negli occhi - che cazzo vuoi da me, puttana? - le chiese sputandole in faccia il sangue che aveva in bocca.

La donna rimase per un attimo immobile con gli occhi chiusi poi tornò a guardarlo - Voglio sapere dov'è la nuova Matriarca. -

Mei rise spavaldo - Chiedete alla persona sbagliata. - per un attimo incrociò il mio sguardo e i suoi occhi tornarono sereni come se non avesse più rimpianti - E anche se lo sapessi non te lo direi, nemmeno se mi promettessi un pompino, troia! - sorrise con i denti sporchi di sangue.

- Spavaldo anche nella morte. È un peccato non esserci incontrati decenni prima. - fece un cenno ad Arthur che si preparò per colpirlo - Cosa ti da tanto coraggio, vecchio? - chiese il ragazzo.

Mei lo guardò con uno sguardo stanco ma deciso - Conosco qualcuno così forte che vi cagherete sotto per la paura appena li incontrerete. -

- E chi sarebbe, il padreterno? - sogghignò il ragazzo.

Mei sorrise - Anime... solitarie... - ansimò.

Arthur esitò per un istante, poi squarciò il petto di Mei, il sangue cominciò a sgorgare dalle ferite. Il ragazzo si avvicinò al suo orecchio, gli disse qualcosa, spezzò la lama e si allontanò. La donna fece un cenno con la testa e Arthur lasciò cadere a terra il corpo del vecchio e tutti e quattro se ne andarono.

Rimasi a guardare tutta la scena sconvolto. Mi misi la mano sulla bocca cercando di trattenere ogni rumore che avrebbe attirato la loro attenzione.

Avevo seriamente paura. Paura di morire, paura di lasciare gli altri da soli, paura di non vederli più.

Cominciai a tremare e a piangere in silenzio. Restai lì per qualche minuto poi cominciai a sbattere la fronte più volte sul lato in marmo del loculo cercando di tranquillizzarmi.

Ok, Erik riprenditi, devi uscire di qui!” provai a motivarmi tra me e me. Evaline non riusciva a dire una parola, potevo percepire che era sconvolta nonostante sapesse cosa sarebbe successo.

Con la mano mi asciugai gli occhi, presi coraggio e con uno sforzo provai a teletrasportarmi fuori dalla tomba, ma non successe nulla. Avevo la testa con troppi pensieri per poter usare quella capacità.

Respirai profondamente per calmarmi, anche se la puzza di muffa, marcio e sangue non mi aiutava per niente. Feci un altro tentativo e ci riuscii. Sentii quella sensazione di vuoto, di pura essenza e subito dopo mi ritrovai all'esterno.

Mi guardai attorno, ovunque posassi gli occhi c'era il cadavere di qualcuno che pochi minuti prima era vivo e vegeto. Mei era davanti a me in una pozza di sangue con due pezzi di metallo conficcati nel torace.

Cominciai a sudare e andai in iperventilazione. Mi appoggiai ad un muro di mattoni rosso con la mano e vomitai. Sporcai il mantello nero di vomito.

Cazzo. Non ne faccio una giusta!” pensai con ancora il fiatone. Ero abituato al sangue e alle battaglie, ma quello era un massacro in piena regola.

Feci l'ennesimo respiro per prendere di nuovo il controllo e andai a controllare il corpo di Mei. Speravo fosse in qualche modo vivo, per poter fare qualcosa, qualsiasi cosa. Non stava respirando, le mie speranze si affievolirono in un istante. Mi acquattai e con due dita toccai il suo collo all'altezza della carotide per sentirne il battito ma non ne aveva. Gli occhi erano ancora aperti, sul volto aveva ancora quell'espressione da vincitore.

Mi dispiace tanto Mei.” pensai con gli occhi chiusi.

Mi rialzai e andai verso l'uscita del cimitero. Presi il cellulare, digitai il numero di Tiffany e aspettai nel buio che qualcuno rispondesse.

- Ehi Evie, è già finito l'incontro tra i grandi capi? - scherzò Tiffany.

Rimasi in silenzio per un istante poi lo dissi - È successo un casino... -

- E cosa? - provò a chiedere titubante.

- Qualcuno ci ha attaccati. Il terremoto, le macerie che cadevano... - continuai senza ascoltarla.

- Evie, non capisco. Terremoto? Non c'è stato nessun terremoto. E chi vi ha attaccati? - continuò lei confusa.

Mi appoggiai a un muretto, ero esausto - Sono morte un mucchio di persone, Tifa. È stato un massacro. Mei ha provato a fermarli, ma è... - feci una pausa - Mei è morto. - le forze alle gambe mi abbandonarono e mi ritrovai seduto a terra.

Tiffany rimase in silenzio per qualche secondo - Tu... tu stai bene? - mi chiese con voce preoccupata infine.

Appoggiai la testa sulle ginocchia - No, non sto bene... -

- Okay, ho il gps del tuo cellulare, arrivo subito. Non muoverti! - mi fece.

- Amore, non dirlo a Kaileena. È un mio dovere. Lui mi ha salvato la vita... devo farlo io. - le spiegai. Era il minimo che potessi fare per lui dopo averci dato praticamente tutto.

- Va bene. Ora partiamo. Arrivo subito, okay? - mi ripeté.

- Sì! - feci, poi lei riattaccò.

Rimasi in silenzio in quella posizione per un po'. In un impeto di rabbia mi tolsi il mantello e lo gettai lontano. Ero stufo di sentire odore di vomito.

Ripensai alle parole della donna vestita elegante. Cercava una nuova Matriarca, cercava Thessa. C'era sotto qualcosa che non riuscivo ancora a capire. Poi c'era anche quel ragazzo, Arthur, che riusciva ad usare tutti quegli elementi senza perdere troppo potere.

Di sicuro non erano streghe normali e nemmeno Matriarche. Avevano una forza fuori dal comune, nonostante Mei fosse diventato molto potente non era nemmeno paragonabile all'abilità di Arthur.

Aspettai dieci minuti, quando arrivarono Tiffany e gli altri mi rialzai.

- Evaline, sei ferita? - mi chiese subito Tiffany appena mi vide.

- No! - le risposi.

Feci per andargli incontro quando incrociai lo sguardo di Kaileena. Mi mancò improvvisamente il fiato.

Lei fece un'espressione confusa - Cos'è successo? - si guardò attorno - Dov'è lo zio Mei? -

La presi presi per le guance - Kaily, ascoltami. Ci hanno attaccati, molte streghe sono morte. Altre sono riuscite a sopravvivere solo grazie a tuo zio. - le spiegai, volevo farle capire che importanza del sacrificio di Mei.

Ancora non capiva o forse non voleva accettarlo - Cosa vuol dire? Non capisco... - cercò di guardare anche gli altri che invece avevano già intuito dove volevo andare a parare.

Io continuai a fissarla negli occhi - È stato davvero bravo a trattenere il suo avversario. Si è sacrificato per loro... e per me! - un nodo alla gola mi fece vacillare per un istante.

Lei non disse niente aveva solo gli occhi lucidi.

- È morto, Kaily. Tuo zio è morto. - avevo di nuovo le lacrime agli occhi.

Lei si accasciò a terra seguita a ruota da me, poi si mise a gridare di dolore. Il suono riecheggiò attraverso i corridoi di lapidi e capitelli, le fiamme delle fiaccole tremarono creando ombre in movimento di statue immobili.

- Mi dispiace. Non potevo fare nulla... mi dispiace tanto. - l'abbracciai più forte che potevo.

Francis andò a vedere la scena del massacro alcuni metri più avanti sulla destra, si girò verso di noi e protese la mano in segno di rimanere lì. Aveva l'altra mano sulla bocca in segno di disgusto, anche per lui era troppo.

All'appello c'erano anche Thessa e Emris che assisterono a quella scena pietosa, una era impassibile con lo sguardo nel vuoto come se stesse pensando ad altro, mentre l'uomo aveva la fronte corrucciata dalla preoccupazione.

Con un profondo respiro mi rialzai e guardai tutti - Prima... prima di tutto dobbiamo fare una chiamata anonima alla polizia, così potremmo recuperare il corpo di Mei e dagli degna sepoltura. Poi torniamo a casa e facciamo il punto della situazione, devo raccontarvi tutto. - spiegai, non avevo lasciato per un solo istante la mano di Kaileena.

Tutti i presenti diedero il loro assenso al piano con solo degli accenni. Accompagnai Kaileena in macchina, aveva lo sguardo vuoto, parlare con lei in quel momento sarebbe stato inutile.

Tiffany prese il cellulare e fece la chiamata alla polizia - Venite al cimitero numero quattro. Fate presto, ci sono persone coperte di sangue ovunque! - poi agganciò ed entrò in macchina.

Quando tutti furono pronti per partire feci un cenno a Tiffany che mise in moto la macchina e tornammo a casa. Attraverso l'oscurità della notte mischiata ai colori e al brusio del Quartiere Francese mi fecero, anche se per un solo istante, tornare la serenità di due giorni prima.

Entrammo in casa, l'atmosfera tra i presenti non era cambiata, eravamo tutti frastornati e increduli. Kaileena si mise a sedere sulla poltrona, il suo guardo non era cambiato di una virgola, sempre fisso davanti a lei.

Dopo un lungo silenzio Jolene prese coraggio - Si può sapere che cazzo è successo? -

Sopirai, ero l'unico a sapere tutto - Il Gran Circolo era riunito dentro una cripta... tutta scena ve lo posso garantire. Dal nulla arriva una guardia che ci ha avvisati di un attacco e subito dopo muore. Un membro uscì fuori preso dal panico e viene fatto a fette, poi la cripta ha cominciato a tremare e abbiamo deciso di uscire tutti assieme. Lì per lì sembrava la tattica migliore ma fu un massacro. Mei mi salvò da un proiettile di quella che credo fosse acqua, la sua gamba... - mi fermai un attimo ripensando al polpaccio di Mei scarnificato e sanguinante - Un muro di roccia ci divise e tentò di schiacciarmi ma riuscii a teletrasportarmi all'interno di una tomba e salvarmi per un soffio. Mei invece ha attaccato il nemico per dare il tempo ai pochi sopravvissuti di scappare. Ha combattuto con tutte le sue forze, e forse anche di più, ma non è servito praticamente a niente. - raccontai, sapevo di aver detto qualcosa di sconclusionato ma non sapevo in che altro modo farlo.

Tutti nella stanza erano rimasti in silenzio mentre ascoltavano il mio riassunto.

- Ma per uccidere tante persone deve essere stato un numero consistente di streghe, in quanti erano? - ragionò Francis.

- È stato uno solo! A massacrare tutte quelle streghe è stato un solo ragazzo! - dissi con voce tremante.

Francis tossì - Mi prendi per il culo? -

Lo guardai negli occhi e feci no con la testa.

- Fammi capire bene, la fuori c'è una strega in grado di usare due elementi contemporaneamente? Non è possibile, giusto? - chiese lui confuso.

Sospirai - Non usa solo due elementi, ma tutti gli quattro principali e i derivati. In pratica non sappiamo fino a quanti elementi possa utilizzare... - spiegai pacato poi proseguii - Non è tutto. Quando ormai era quasi finito lo scontro sono apparse altre tre streghe. Due di loro non sono riuscita a vederli ma la terza era una donna attraente dell'alta borghesia, sembrava il capo del gruppo e cercava qualcuno. - guardai Thessa.

- Matriarche che cercano altre Matriarche, mi sembra quasi logico. - sbottò Tiffany anche se non sembrava del tutto sicura di quello che stava dicendo.

- Non erano Matriarche. Erano qualcosa di diverso... quasi come se le loro capacità fossero artificiali... - ragionai tra me a voce alta.

- Artificiali? Intendi dire che le hanno create e non sono nate streghe? - mi chiese Jolene.

Francis annuì - Può essere, sarebbe l'unica spiegazione. Ora non ci resta che confermare questa ipotesi, sapere chi le ha create e perché, ed infine trovare un modo per sconfiggerle. - rispose.

Risi nervoso - Solo? - poi sospirai - Comunque ora sapete tutto, io adesso non riesco a pensare quindi vorrei farmi una doccia e andare a letto. - decretai. Era solo quello che volevo fare, volevo riposare la mente e scacciare quelle orribili immagini dalla mia testa.

Tornò il silenzio, uno di quelli imbarazzanti dove nessuno voleva o non riusciva a parlare per non dire stupidaggini.

- È colpa dei Crociati... alla fine sono loro i responsabili di tutto. - fece una voce maschile.

- E cosa te lo fa credere? - chiese Francis.

Emris senza tanti giri di parole - Non sarebbe la prima e non sarà certo l'ultima volta che i Crociati provano questi esperimenti. Molte streghe pensano che loro perseguitino l'onore e le battaglie ad armi bianche ma la verità è che alcuni fanno il gioco sporco. Usano armi da fuoco, bombe, ordigni tattici di varia natura e perfino la genetica per creare veri e propri soldati per lo sterminio di streghe. Ecco cosa me lo fa credere. - spiegò.

- Cavolo... questo mondo fa proprio schifo! - sbottò Tiffany.

Mi alzai e feci per andare al bagno - L'hai detto! Ora smettiamola di parlarne. Kaileena è ancora catatonica e non voglio aumentare il suo stato. Jolene preparale un tè, e voi due preparate dei letti di fortuna per gli ospiti. - ordinai infine rivolgendomi a Francis e Tiffany che annuirono senza dire nulla.

Entrai in bagno e mi levai i vestiti sporchi. Gli stivali erano pieni di sangue, terra e qualcosa che non riuscii a riconoscere, erano praticamente da buttare. Le mie unghie erano sporche del sangue secco di Mei, provai a levarlo ma non ci riuscii. Mi tolsi mutande e reggiseno e mi gettai sotto l'acqua della doccia.

Le gocce picchiettavano veloci sul mio capo mentre mi insaponavo e sciacquavo il corpo e i capelli. Tutta la sporcizia mista allo shampoo stava cadendo nello scarico della doccia quando le gambe mi cedettero. Appoggiai la mano alla parete per tenermi in equilibrio, mi girava la testa. Scoppiai a piangere dalla rabbia e dal dolore. Avevo appena perso un amico e non ero riuscito a fare niente per aiutarlo, ero rimasto nascosto a guardare mentre lo uccidevano.

Uscii dalla doccia, avevo la testa vuota, non pensavo a nulla mentre mi asciugavo con l'accappatoio. Accesi il fon e mi asciugai anche i capelli ed infine mi vestii con la camicia da notte sotto l'accappatoio.

Tornai in sala, era passata un'ora da quando ero entrato in bagno e tutto era ormai pronto per la notte. Emris era in camera con Francis mentre Thessa in camera con Jolene e Kaileena, era l'unico modo per tenere d'occhio entrambi visto che ancora tutti nutrivamo dei dubbi sul loro conto.

Diedi la buonanotte a tutti entrai in camera, mi tolsi l'accappatoio e mi misi a letto. Sotto le coperte Tiffany mi abbracciò e io la lasciai fare, serviva tanto a me quanto a lei avere qualcuno vicino in quel momento.

- Sai, prima mi hai chiamata “Amore”, e per questo sono meno triste. - mi disse con un sussurro.

- Davvero? Non me ne ero accorta. - cercai di starle il più vicino possibile.

Mi strinse delicatamente alla vita - Sì, l'hai fatto. - fece una pausa - Non sono riuscita a battere quelle quattro Streghe Combattenti alla fine. Ma ti prometto che un giorno ce la farò. - aveva la voce quasi smorzata dalla frustrazione. - Ce la farò! - continuò.

Le accarezzai gli avambracci - Lo so! Ora dormiamo, i prossimi giorni saranno i più duri che abbiamo mai avuto. Okay? - le dissi con tutta la dolcezza che avevo.

- Sì. Buonanotte amore! - mi rispose, dalla voce sembrava aver riacquistato un po' di fiducia in se stessa.

Intrecciai le dita con le sue - Buonanotte a te amore. - e le baciai il dorso della mano.

Chiusi gli occhi per la stanchezza e crollai in un sonno profondo.

I due giorni seguenti passarono un modo atavico da parte di tutti. Tiffany andava al parco ad allenarsi, Jolene si esercitava col tiro con l'arco, Francis si sfiniva giocando a basket ogni pomeriggio, io e Kaileena invece andammo a ritirare la salma di Mei e preparammo il funerale.

Kaileena ogni tanto spariva per qualche ora per poi tornare, soprattutto la sera. Pensai che stesse in qualche modo affrontando la perdita, che stesse occupando la mente.

Il funerale si svolse in pompa magna ma a bara chiusa, le ferite sul corpo erano troppo gravi per poter esporre la salma ai parenti. Tra collaboratori, famigliari e amici eravamo più di duecento persone. Ci fu la cerimonia e una commemorazione dove alcuni famigliari parlarono del loro parente passato a miglior vita. Tutti avevano parlato bene di Mei, come se lo conoscessero bene, poi fu il turno di Kaileena.

Si alzò dalla panca e si avviò a passo spedito verso il microfono. Quando salì sul piedistallo della chiesa rimase in silenzio a guardare i presenti per un secondo, la maggior parte le applaudì per darle un po' di incoraggiamento ma da quello che vedevo nei suoi occhi non ne aveva bisogno.

- Grazie, davvero, non serve. - disse e le persone smisero di battere le mani - Grazie e grazie al cazzo. Sono qui sopra, da quanto, quindici secondi? In questi pochi secondi ho capito una cosa: i pezzi di merda sono ovunque, pure ai funerali. Sì, perché voi applaudite, fate le facce contorte dal dolore ma in realtà non vi frega una sega se mio zio è morto. E, diciamocela tutta, nemmeno a Mei frega niente di voi e lo sapete perché? Perché è morto. - cominciò.

La gente in chiesa rimase attonita, io e gli altri compresi. Non riuscivo a credere che stesse per fare una cosa del genere a Mei.

- E adesso avete delle facce indignate... - commentò lei con un sospiro - La verità è che siete voi quelli per la quale provare indignazione. Poche persone conoscevano mio zio e quelle poche persone stanno ora soffrendo come cani per la loro perdita, mentre voi trogloditi senza cervello venite al suo capezzale e osate parlare di lui? - alzo la voce arrabbiata poi prese un respiro profondo - Beh siamo in vena di sincerità oggi, no? Quindi vi dirò la verità. Sapete perché la sua bara è chiusa? Perché non è morto in un incidente come dicono tutti, è stata una strega ad ammazzarlo. - decretò.

Le persone si guardarono attorno confuse ma Kaileena continuò - Avete capito bene, ho detto streghe. Quelle di cui avete paura da bambini e che affollano i vostri incubi. Ma sapete una cosa? Lui è stato più coraggioso di tutti voi messi assieme perché le ha affrontate ogni volta. Per questo voglio concludere con un avvertimento: se scopro che uno solo di voi pezzi di letame in decomposizione ha a che fare con la sua morte, vi troverò tutti, uno a uno. E con questo ho finito. Andatevene tutti a fare in culo! - concluse gettando il microfono sul petto del prete.

Poi scese dal palco e percorse tutta la navata senza mai girarsi indietro fino a uscire dalla chiesa. In quel momento capii che in Kaileena si era spezzato qualcosa. Avevo paura per lei e per quello che aveva in mente di fare.


 

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Capitolo 4
*** La Calma Prima Della Tempesta ***


 Era passata una settimana dall'ultima volta che avevo visto Kaileena al funerale di Mei. Ero sicuro che le servisse tempo e spazio per se stessa e per le sue faccende ma sapevo che sarebbe tornata nel momento del bisogno.

Agli altri dissi solo che Kaileena non poteva stare con noi in quel momento perché non sarebbe stata concentrata, una mezza verità a fin di bene.

Gli scontri in città erano aumentati dopo il “Massacro della Città dei Morti”, come fu ribattezzato dai giornali. La polizia li ha ricondotti a guerre fra bande anche se le persone uccise non avevano nulla a che fare con le classiche gang di strada.

Alcune morti erano così perfettamente organizzate da sembrare un'opera d'arte ma sapevo chi era il colpevole solo che non riuscivo ancora ad accettarlo.

Qualcuno sbatté la porta ed entro a passo svelto in casa - Che bastardo. Che pezzo di merda bastardo! - urlò una voce femminile che avevo riconosciuto.

Le andai in contro - Che hai da sbraitare tanto? -

Jolene buttò la borsa contro il divano - Francis, quel maiale ci prova con qualsiasi cosa respiri. Prima quella puttanella ignorante e adesso questa nuova arrivata. - era visibilmente arrabbiata.

Sospirai, era un altro dei loro battibecchi - E allora, a te che cosa frega? Tu odi Francis, quindi perché ti scaldi tanto se ci prova con le altre? - le chiesi con poco garbo.

Lei mi guardò stranita - È... vero. Ma questo non lo giustifica. Non può comportarsi così con qualsiasi ragazza carina o un buco dove infilare il pisello. - urlò cercando di convincermi.

- O forse ti da tanto fastidio perché non lo odi così tanto. - sapevo che quei due si stavano avvicinando l'uno all'altra anche se lentamente.

- Mamma tu non capisci... - fece una pausa guardandomi negli occhi - Lascia perdere! - continuò, poi a passo svelto entrò in camera sbattendo la porta.

Mi girai verso Tiffany per cercare qualche spiegazione ma lei mi fece spallucce e continuò a dedicarsi a Thessa. La bambina non aveva detto una sola parola da quando l'avevamo salvata, sembrava quasi sforzarsi per non parlare. Da come risolveva i rebus sembrava molto intelligente, molto più di quello che sembrava.

La giornata tipo di Thessa era: alzarsi dal letto, fare colazione con quello che c'è, prepararsi un minimo, sedersi sul divano e guardare la tivù, pranzare con me, Tiffany e Emris, prendere un volume dell'enciclopedia dalla biblioteca e leggere fino a sera, cenare tutti assieme, fare qualche rebus complicato e andare a letto.

Durante il pranzo e la cena dava sempre una mano ed era sempre impeccabile, sapeva dove, come e cosa fare senza nemmeno parlare sin dalla prima volta. Sembrava divertirsi ma quando finiva di lavorare il suo viso cambiava tornando triste e cupa. Mi faceva un po' pena.

Aspettai che tornasse anche Francis, avevo molto da chiedergli, a partire dal suo comportamento nei confronti di Jolene.

- Sono tornato! - fece a voce alta appena varcata la soglia di casa.

Notai subito il sudore sulla maglia e sui capelli castani chiari - Di nuovo al campo? - gli chiesi.

- Sì, mi aiuta a non pensare troppo e a sfogarmi. - rispose appoggiando la borsa di allenamento e la palla da basket.

- Già, capisco... - e mi fermai, non sapevo come cominciare la conversazione.

Lui mi guardò confuso - Che c'è? -

- Jolene... Jolene è tornata a casa sbraitando e insultandoti ripetutamente di essere un po' troppo intraprendente con le ragazze... - cercai di spiegare anche con i gesti e molto imbarazzo.

Francis alzò lo sguardo come se avesse capito . Stai parlando di Monique? Ma è solo una compagna di classe. Non provo nulla per lei a parte forse un po' di attrazione... insomma è una ragazza molto bella, educata, formosa... ha due fantastiche... - cercò di spiegare con gli occhi sognanti ma lo fermai agitando le mani.

- Non intendevo quello. Dicevo che oltre a questa Monique ci stai provando anche la nuova arrivata e questo potrebbe far male a Jolene, anche se magari non se ne accorge. - gli feci l'occhiolino facendolo arrossire.

Poi però sbuffò e scrollò la testa - È una strega! - bofonchiò.

- Come? Aspetta... era un insulto a Jolene o un modo per rimarcare l'ovvio? - ero confuso, non capivo cosa volesse dire.

Lui mi guardò negli occhi con espressione seria - Quella nuova ragazza di cui parli è una strega! -

Rimasi impietrito, nonostante le ultime battaglie fossero all'interno della città nessuna strega, dopo Thessa e Emris, era entrata nel Quartiere Francese in quei giorni.

- Mi stai dicendo che una strega oltre a noi è all'interno del nostro territorio? E per giunta è sempre rimasta fuori dal radar mio e di Tiffany? - stavo urlando, non riuscivo a credere di essere stato così stupido da essermelo lasciato sfuggire.

- Forse è una sua capacità, riesce a sfuggire facilmente ai radar di chiunque. Ho provato a seguirla ma non sono riuscito a starle dietro. - spiegò con voce pacata.

Feci un respiro profondo per calmarmi - Okay. C'è una strega nel nostro territorio e riesce a seminarti. Non c'è problema, basta che ti impegni e la seguirai senza problemi, giusto? - chiesi continuando a respirare.

- Sbagliato. Io sono una Strega Hassashin, seguire le tracce per me è una priorità, se non riesco a seguire le tracce della mia preda sarei inutile come assassino. E in più abbiamo un istinto naturale per scovare qualsiasi pista possibile. Insomma siamo nati e addestrati a seguire e uccidere. Ma questa strega... - continuò con la sua spiegazione.

- Capisco, quindi le stavi sempre attorno per trovare altre tracce da seguire. - ragionai.

- Esatto. Il suo nome è Jessica Serelli e a quanto pare è la nipote del boss della mafia italiana di New Orleans, Marcello Serelli. Ama la vaniglia e il cioccolato, odia le carote, i piselli e la mozzarella sulla pizza. Ha voti eccellenti e non frequenta nessuna attività extrascolastica, in pratica è una ragazza normale se non fosse per quella sua capacità. - finì lui.

- Marcello Serelli, che nome stupido. Tutti i nomi sono stupidi. - fece una voce squillante proveniente dalla cucina.

Mi girai e vidi Thessa con la mano sulla bocca e gli occhi sbarrati dalla sorpresa, era stata lei a parlare. Tiffany accanto a lei era euforica, non la vedevo così da più di una settimana.

Rimasi immobile credendo me lo fossi immaginato - Sai parlare, eh? - mi rigirai lentamente verso Francis - Non hai trovato praticamente nulla su di lei, giusto? Forse è meglio se ti fai aiutare dalla tua pseudo finta ragazza. Fa pace con Jolene e seguite quella tizia, non mi fido per niente! - gli ordinai. Lui non rispose, si limitò a fare sì con la testa.

Tornai a guardare Thessa - Tu invece, ragazzina, perché non parli mai? -

- P-perché non ho niente da dire! - sembrava scocciata.

- Oh, tesoro. Hai molto da dire cominciando da chi ti vuole fare del male. - la incalzai.

Lei cercò lo sguardo di Tiffany nel tentativo di impietosirla ma non funzionò - E va bene! Va bene. Si tratta del gruppo che ha ucciso il vostro amico, ma questo lo avrete già capito da sole... credo. - ci guardò perplessa.

Io e Tiffany restammo in silenzio con la bocca aperta, non c'eravamo arrivati nemmeno lontani. Anzi non ci avevamo pensato per niente. Nelle le nostre teste c'erano troppe cose per pensare a qualche ipotesi decente.

Thessa aggrottò la fronte - Ecco, come non detto. Ho fatto qualcosa che non dovevo fare e... - stava per dirci tutto ma si ammutolì di colpo, aveva gli occhi sgranati.

Tiffany le mise una una mano sulla schiena per rassicurarla - Thessa, che ti prende? - Thessa non rispose, abbassò lo sguardo e tornò sul divano e si mise a leggere.

Un'istante dopo Emris entrò in casa con tre sacchetti della spesa in una mano e una cassa di birra e un altro sacchetto della spesa.

Era evidente che Thessa non volesse parlare in sua presenza per qualche motivo. Forse era per sicurezza, ormai era risaputo che Emris provasse un fortissimo senso di protezione per la ragazzina, sembrava quasi ossessionato.

Lui ci guardo mentre appoggiava la spesa sull'isola della cucina - Che avete voi due oggi, avete litigato? - ci chiese con un sorriso.

Guardai Tiffany che capì subito cosa mi passasse per la testa - No, stiamo bene! Tu invece, hai bisogno di un po' d'amore? - ironizzò lei.

Lui la guardò dalla testa ai piedi intrigato - Cos'è un invito? -

Lei si sporse leggermente in avanti con un sorriso - Sì. Un invito a chiamare una escort di tuo gradimento e rilassarti un pochino con lei. - e gli diede un buffetto sulla guancia, poi tornò a preparare il pranzo.

Lui rimase imbambolato per un istante poi sogghignò ironico e cominciò a svuotare le borse sul tavolo.

Rimasi al gioco di Tiffany anche se impazzivo dalla voglia di conoscere il motivo dell'atteggiamento chiuso di Thessa. Il resto della giornata passò tranquillo nonostante l'aria tesa tra me e Tiffany, eravamo preoccupati per la ragazzina ma ancora di più per Emris. Non sapevamo nulla di lui, nemmeno le sue capacità e la cosa mi turbava parecchio.

La sera ci mettemmo a rilassarci mentre Francis cercava di spiegare i compiti a Jolene, con pochi risultati visto che lei era ancora infuriata con lui. Andammo a letto presto, mi sentivo più stanco del solito per tutti quei problemi. Chiesi a Francis di tenere d'occhio Emris durante la notte per sicurezza.

Era una notte insolitamente calda, indossavo un semplice babydoll bianco ed ero coperto con un lenzuolo leggero ma ero comunque accaldato. Aprii gli occhi e mi alzai, guardai verso la finestra, la luce della luna dava a tutte le cose nella stanza un bellissimo alone blu-grigio. La musica si sentiva a malapena, solo qualche vibrazione dei bassi.

Andai alla finestra e guardai verso la Bourbon Street, c'erano ancora molte persone che camminavano per la strada e andavano nei locali. Era la normalità per il Quartiere e soprattutto per la Bourbon Street avere un grosso flusso di gente anche a notte fonda.

Sarebbe bello passare una serata così una volta tanto!” pensai con un misto di malinconia e gelosia. Restai appoggiato allo stipite per qualche minuto per raffreddarmi un po', poi tornai a letto e mi misi seduto.

Osservai Tiffany, era distesa a pancia in giù, con le mani nascoste sotto al cuscino e i piedi infilati sotto le coperte. La sua pelle era di bellissimo color blu-grigio, le accarezzai delicatamente il polpaccio con il dito poi su fino alla coscia, era liscia al tatto e proseguii sui i glutei.

È davvero bellissima!” pensai mentre le accarezzavo la schiena.

Lei mosse il capo - Così mi fai il solletico. - mugugnò.

- Scusa, non volevo svegliarti. - continuai a coccolarle la schiena.

Lei girò la testa per guardarmi - E cosa volevi fare allora? - mi sorrise maliziosa.

Le sorrisi anch'io - Ho solo pensato fossi davvero bellissima, visto che eri nuda, nel mio letto e illuminata dalla luce della luna. - le spiegai.

- Sembra un'immagine da romanzo erotico. E poi non sono così bella. - sbuffò ancora stordita dal sonno.

Provò ad alzarsi per guardarmi meglio ma la fermai con la mano - No, non muoverti. Resta così. E per tua informazione sei sempre stata bellissima per me. - le scostai con delicatezza i lunghi capelli e le baciai il collo. Lei mugugnò, era un segno di assenso.

Mi prese una mano e la portò all'altezza del suo sedere, continuai a baciarle e succhiarle leggermente il collo mentre cercavo di raggiungere le grandi labbra con le dita. Quando finalmente riuscii a toccarle provai a individuare il suo clitoride, lei ansimò di piacere - Questa è nuova. >> rise soddisfatta - Mi piace, continua! -

Sorrisi - Sì. - le risposi infilando la mano tra lei e il materasso.

Le accarezzai il capezzolo e contemporaneamente a stimolarle il clitoride. Continuai a toccare le zone erogene e lei continuava ad ansimare e mugugnare premendo la faccia sul cuscino quando stava per gridare. Riconobbi il suo orgasmo quando alzò il sedere per darmi la possibilità di lavorare più agevolmente.

Una volta finito le accarezzai di nuovo il sedere e tornai sulla schiena sudata. Tremava, cercava di prendere fiato, i suoi occhi erano umidi e mi sorrideva soddisfatta.

- Ti è piaciuto, eh. - mi misi a ridere.

Lei non rispose. Leccandosi le labbra si mise a sedere, mi prese di nuovo la mano e si infilò in bocca le dita che usai per stimolarla, era veramente eccitante. Con le mie dita umide dalla sua saliva mi lubrificò ulteriormente le labbra della vagina, poi si avvinghiò con le gambe alla mia vita e cominciò a palpeggiarmi il seno. Mi tolsi l'unico vestito che indossavo e lo gettai via, mi dava fastidio. Era più aggressiva del solito ma non mi faceva male, anzi impazzivo per come toccava certi punti.

Mi baciò con la lingua e facemmo cambio, lei stuzzicava il mio clitoride con le sue dita mentre io continuavo a baciarle la bocca, il collo, il seno e infine le spalle. Mi fece avvicinare ancora di più al suo pube con le gambe mentre le sue dita aumentavano la velocità sul clitoride.

Non riuscii a resistere oltre, mi sdraiai sul letto con le braccia aperte, cominciai ad ansimare e a urlare di piacere. Tiffany continuò accarezzandomi le cosce e le labbra vaginali finché non mise la mano sul mio ventre, un tocco delicato e caldo che mi fece fremere ancora di più. Strinsi le lenzuola più forte che potevo, quando arrivai all'orgasmo feci un urlo liberatorio.

Tiffany mi alzò il vestito e baciò il ventre sudato per tranquillizzarmi, io le accarezzai la testa in segno di aver capito ma ero distrutto e non riuscii nemmeno a pensare. Era bellissimo provare nient'altro che vuoto totale nella propria mente per qualche istante.

Lei mi guardò - Secondo te perché Thessa ha paura di Emris? -

Alzai lo sguardo al soffitto - Non lo so. Tutto quello che possiamo fare ora è aspettare finché non farà una mossa falsa. -

Lei mugugnò di nuovo e si portò accanto a me - E cosa avrà combinato Thessa per creare un casino come quello in cui siamo adesso? Faceva parte dello stesso gruppo che ha ucciso Mei, questo è un motivo abbastanza valido per non parlare ma non capisco cosa vogliano loro da lei. -

- Forse vogliono sfruttare il suo potere per qualcosa. Ma qual'è il suo potere? Non sappiamo nemmeno questo. - sbuffai sconsolato.

Lei mi accarezzò con delicatezza il seno - Troppe domande, come al solito. -

Le baciai la testa - Già. -

Era vero, ogni volta che trovavamo una risposta si facevano largo altre mille domande, la maggior parte delle quali non avremo mai avuto risposte.

Sospirammo entrambe e ci addormentammo di nuovo, erano le tre del mattino ma le bande da strada continuavano a suonare creando un sottofondo musicale per il resto della notte.

Il mattino dopo mi svegliai sul tardi, feci le faccende di casa, una fatica quotidiana che odiavo perché non ero mai stato un tipo da pulizie e ordine.

Avevo quasi finito quando squillò il telefono, lo presi e accettai la chiamata - Pronto? -

- Salve, siamo della segreteria del liceo Saint J. Anderson. È lei la tutrice legale di Jolene Deraneau e di Francis Maser? - mi chiese una voce femminile e distaccata.

- Sì, sono io... - risposi incerto.

- È richiesta la sua presenza nell'ufficio del preside, oggi dopo la fine delle lezioni regolari. - mi comunicò la donna.

Rimasi perplesso, era la prima volta che mi chiamavano e mancavano solo trenta minuti alla fine delle lezioni al liceo - Va bene, ci sarò. - e riattaccai.

Provai a ragionare sulla situazione, sicuramente uno dei due aveva combinato qualcosa o forse persino tutti e due. Chiesi a Tiffany di accompagnarmi e per avere supporto morale.

Appena arrivati la preside, una donna sulla quarantina, alta e magra, vestita con giacca grigia e gonna stretta, i capelli biondi erano così annodai nella chioccia che sembravano finti.

Ci porse la mano sorridente - Benvenute. Venite, vi spiegherò strada facendo. -

Attraversammo i corridoi della scuola mentre una mandria di ragazzi si affrettava a uscire dall'edificio. Avevamo percorso metà strada tra schivate di zaini volanti e spallate dei ragazzi, ma la donna non aveva ancora detto niente.

- Scusi... - Tiffany fu spinta da un ragazzo - Ehm, scusi. Non ci ha ancora detto perché siamo qui. -

- Io ho chiesto della signorina Evaline Deraneau, non di una sua amica. - commentò la donna.

- Cos... ma... - provò a replicare Tiffany.

La donna fece le segno di chiudere la bocca poi si rivolse a me - Da questa parte, prego! - mi indicò una porta.

Stronza!” pensai con un sorriso mentre varcavo la soglia dell'ufficio.

La targhetta attaccata ad altezza uomo era dorata con scritto in nero “Hannabeth Conrad”. L'interno della stanza era divisa in due, una parte con una scrivania, un computer, una sedia su cui era seduta una segretaria, molti scaffali pieni di raccoglitori e una stampante; l'altra parte invece aveva una poltroncina appoggiata alla parete, una pianta finta su un angolino, e un'altra porta scura. Sulla poltroncina c'erano seduti due ragazzi dall'aspetto arrabbiato, Jolene e Francis.

Hanno combinato sicuramente un guaio.” sbuffai rassegnato.

Hannabeth ci accompagnò nel suo ufficio personale, un ambiente lussuoso con scrivania, libreria e mobili in legno massello, tutta un'altra cosa rispetto alla stanza precedente. Si mise seduta sulla sua sedia in pelle nera come se fosse il suo trono.

Io e Tiffany ci accomodammo sulle sedie per gli ospiti - Allora vuole dirmi che cosa è successo? - le intimai con tono arrogante, ero stufo di quei giochetti da quattro soldi.

Hannabeth mi sorrise - Certo. Sua sorella... -

- Figlia. Jolene è mia figlia adottiva. - la corressi.

La donna sembrò sorpresa poi si schiarì la voce - Sua figlia ha rotto il dito indice alla caposquadra cheerleader, Monique Terence. -

Di nuovo quella ragazza, era diventata una presenza troppo costante - Sicuramente è un atteggiamento riprovevole ma conosco Jolene, lo avrà fatto per un buon motivo. - provai a spiegare.

- L'ha fatto per gelosia verso il suo fratellastro, Francis. - mi guardò con sufficienza.

Io e Tiffany ci guardammo - Ma avete prove che sia andata effettivamente così? - chiese Tiffany.

- Certo, me lo ha confermato Monique. E poi ci sono le attenuanti. - rispose senza guardarla.

-Attenuanti? - feci io.

- Ma che cos'è, un tribunale? - fece Tiffany.

Hannabeth si appoggiò con i gomiti alla scrivania - La vostra relazione anomala influisce sull'umore e il carattere di quei due ragazzi. Non credo sia un ambiente salutare il vostro. - ci spiegò con disdegno.

Mi appoggiai allo schienale della sedia - Fa davvero? Lei crede che la colpa sia nostra? - Tiffany era esterrefatta.

La donna si schiarì di nuovo la voce - Una famiglia è dove c'è un padre e una madre, qui invece vedo una donna impegnata in una relazione con una ragazzina esotica. Di certo non può essere una famiglia questa. E poi la famiglia Terence è una delle nostre più assidue donatrici, un incidente del genere influirà sui fondi scolastici. - spiegò.

Non riuscivo a credere che esistessero persone così bigotte da pensare che una famiglia sia formata solo da un uomo e una donna e che stesse dando la colpa a noi di quello che era successo. E infine quell'affermazione sul denaro mi fece venire il voltastomaco.

Tiffany si alzò di scatto dalla sedia - Non ce ne sbatte un emerita sega se lei crede a tutte le stronzate che ha appena sputato fuori da quella sua stupida bocca. E non ce ne frega un cazzo nemmeno dei vostri fondi. Se Jolene ha rotto il dito alla vostra studentella figlia di papà avrà avuto i suoi buoni motivi. Ora, se vuole può procedere alla punizione o alla sospensione bene, altrimenti ce ne andiamo. E per la cronaca io ed Evaline abbiamo la stessa età e della nostra vita privata a lei non deve fregare un fottuto cazzo, quindi non osi mai più insultare me o un qualsiasi membro della nostra famiglia, chiaro? - sbraitò infuriata, aveva il fiatone e stringeva con forza i pugni.

Tiffany...” mi commossi, ero rimasto imbambolato a pensare a una risposta sensata quando bastava solo sputare fuori quello che pensavo.

La donna rimase basita, sembrava non avere risposte da dare a Tiffany - Ecco, io non volevo... - provò a dire.

Improvvisamente sentimmo un urlo agghiacciante. La porta si spalancò, la segretaria entrò di gran foga e con lo sguardo pieno di terrore - Preside Conrad, una... una studentessa... in sala di musica. L'hanno... l'hanno crocifissa a una parete... - farfugliò.

La preside rimase sconvolta dalla notizia, poi in un momento di coraggio - Mi... mi faccia strada. - fece alla segretaria che, ancora scossa, fece si con la testa e accompagnò la donna fino al luogo del delitto.

Tiffany mi guardò, e senza nemmeno parlarci ci precipitammo a seguirle. Uscimmo dall'ufficio, Jolene e Francis si stavano guardando perplessi. Gli feci un cenno, loro si alzarono e ci seguirono senza fiatare.

Percorremmo l'ennesimo corridoio ed entrammo in una sala piena di strumenti musicali e una piccola mensola per gli spartiti, nella parete in fondo alla saletta delle sedie erano posizionate a simulare un'orchestra, alcune di esse erano coperte da macchie di sangue che gocciolava lentamente dalla parete. Guardai in alto e vidi una ragazza inchiodata al muro coperta di sangue dalla testa ai piedi, il vestito bianco e i jeans erano strappati, le braccia e le gambe aperte come a simulare una crocifissione romana. L'odore metallico dei fluidi corporei era quasi insopportabile, mi fece tornare in mente il massacro al cimitero e un brivido alla schiena al solo pensare a Mei.

- Oh mio dio. Ti... tiratela giù, presto! - ordinò Hannabeth.

Mi ripresi in tempo - Fermi tutti. Non dovete toccare nulla. Chiamate l'ambulanza e la polizia. - sbottai di rimando.

La preside si voltò con la faccia contorta dal disgusto - Ma non possiamo lasciarla così, e se fosse ancora viva? - gracchiò.

Qualcuno dietro di me sbuffò annoiato, mi voltai, era Jolene - Okay, vai lì e prova a sentirle il battito. - le proposi sospirando.

- Va bene, mamma. - mi fece lei con un sorriso.

La preside mi guardò male, sapevo cosa le stava passando per la testa, ma non gli diedi peso. Jolene, facendo attenzione a non toccare nulla, mise due dita sulla carotide della ragazza. Scrollò la testa, era morta. Jolene tornò indietro facendo attenzione a dove metteva i piedi ma aveva un'espressione cupa in volto.

Alcuni ragazzi si fermarono per guardare, i mormorii erano cominciati da subito. Una ragazza aveva la mano sulla bocca e lo sguardo fisso verso la vittima.

Hannabeth notò la folla - Non c'è nulla da vedere, tornate a casa. Uscite dall'edificio, se avremo bisogno vi faremo contattare dalle autorità. - ordinò agli studenti.

Finalmente ha fatto una cosa quasi intelligente!” pensai.

Presi di parte Francis - Allora, che idea ti sei fatto? -

- Cavolo, non mi dai nemmeno il tempo di esaminare tutto... - commentò.

Risi sarcastico - Non ci provare, sei in punizione per un mese quindi o ragioni in fretta oppure raddoppia il periodo di punizione. - gli risposi con poco garbo.

Lui mi guardò male - Fai sul serio? - lo guardai negli occhi in silenzio - Sì, fai sul serio. Da quel poco che ho visto sembra un rituale di canalizzazione. Uccidi la vittima sacrificale e ne incanali la forza vitale. - spiegò.

Lo osservai attentamente - Ma? - dissi per incoraggiarlo a dirmi tutto.

- Ma se è così e non ne sono sicurissimo, non credo che l'omicida si fermerà. Queste pratiche hanno bisogno di molta energia per poterci fare qualcosa di concreto. - continuò con la spiegazione.

- E con molta energia tu intendi... - provai a ragionare.

Lui mi fissò negli occhi - Molte vittime! -

- Ecco, appunto! - sospirai.

Era implicita la priorità di trovare il killer il prima possibile, anche se non avevamo quasi nessun indizio. L'unica cosa certa era che doveva essere stata una strega a compiere quell'atrocità.

La polizia arrivò pochi minuti dopo seguiti dall'ambulanza. Fecero tutti i rilevamenti e gli interrogatori ai presenti e infine portarono via il corpo della ragazza. Hannabeth aveva l'espressione isterica e paranoica verso chiunque, parlarle era praticamente impossibile in quel momento.

Mi avvicinai alla segretaria - Senta, per caso oggi c'erano lezioni di musica? -

Era una donna sulla trentina posata e ben vestita - No, oggi no. - si asciugò le lacrime con un fazzoletto. Pura scena visto il distacco con cui mi aveva parlato al telefono.

- Capisco. Qualcuno ce l'aveva con la vittima? - la buttai sperando in una risposta.

La donna mi guardo strana - Ma che facendo un interrogatorio? -

- Assolutamente no, volevo solo capire la situazione. - le risposi.

Lei fece una smorfia - È stata barbaramente uccisa una studentessa, che altro vuole capire? - poi si voltò e se ne tornò in ufficio.

Provai a fermarla ma non funzionò, la possibilità di reperire informazioni era bella che andata.

Tornai da Jolene, Tiffany e Francis che stavano parlando tra di loro - Che avete da fare tutto sto casino? -

Jolene mi guardò e per un attimo sembrava voler stare zitta - Quella ragazza è Alice More, l'ho riconosciuta quando le ho ascoltato il battito. Faceva parte di una congrega di streghe qui a scuola. - spiegò con un tono grave.

- Streghe? Intendi come noi? Io non le ho percepite, come hanno fatto... - provai a ragionare.

Jolene mi interruppe con una leggera gomitata al fianco e mi mostrò un ciondolo con una stella a cinque punte coperto di sangue - Sono delle streghe moderne, sai la wicca, incantesimi all'acqua di rosa... sono persone normali che venerano la natura. Gli altri membri si chiamano Amber, Emma, e Joshua. - spiegò.

- Okay. - ragionai su questa ultima informazione - Quindi sono un gruppo di ragazzi emarginati dal resto della scuola. -

- Sarebbero delle vittime perfette per questo tipo di rituali. - continuò Francis.

Jolene sospirò preoccupata – Sono ormai due giorni che non si fanno vedere in giro. Pensavo stessero preparando chissà che cosa per le festività, ma adesso... - li conosceva di vista e in qualche modo si sentiva responsabile per loro.

Le misi una mano sul fianco e le baciai la testa - Tranquilla, troveremo il responsabile e se sono in pericolo li salveremo. O almeno ci proveremo, promesso. -

Lei mi abbracciò forte in vita e affondò la la faccia sul mio seno - Grazie, mamma! -

Era prioritario trovare quei tre ragazzi il prima possibile, il fatto che non abbia sentito la presenza di quella strega killer mi faceva preoccupare parecchio. Se qualcuno poteva entrare tranquillamente nel nostro territorio e fare quello che gli pare, quel poco di pace che avevamo guadagnato sarebbe finito prima di quanto pensassimo.

Stavamo per tornarcene a casa quando un poliziotto sbucò dall'entrata del liceo e corse verso un suo collega.

Il collega appena sentita la notizia sbiancò, poi si girò verso di noi e si avvicinò - Lei deve rimanere qui. Abbiamo molte altre domande da farle. - fece in tono autoritario verso Jolene.

- Ma io non... - provò a dire lei.

- Scusate, ma ora devo andare! Parleremo più tardi. - si congedò lui.

Il poliziotto corse fuori dall'edificio e svoltò subito verso destra. Qualcosa lo aveva sconvolto e di sicuro si trovava in quella direzione.

- Rimanete qui, vado a vedere io. - ordinai agli altri.

- Non se ne parla, veniamo con te. O tutti o nessuno. - replicò Jolene.

Tiffany fece spallucce, Francis annuì.

- La maggioranza vince! - decretò Jolene mentre si incamminava fuori dal liceo.

Guardai male Tiffany e Francis e seguii Jolene.

Girammo a destra dove trovammo un altro edificio più piccolo e attaccato a quello più grande. La porta era aperta, entrammo e ci trovammo un locale caldaie a sinistra mentre a destra c'era una scala che scendeva a un piano interrato. Le voci di alcune persone rimbombarono nitidamente sulle pareti.

- Quindi? - fece una voce maschile.

- Non lo so con esattezza, ma sono sicura che è successo due giorni fa. - fece un'altra voce.

Scendemmo le scale mentre parlavano, uno strano odore si fece largo nelle mie narici. Mi misi la mano sulla bocca ma la puzza aumentava e non riuscii a resistere dal emettere mugugni di disgusto.

La cantina era spaziosa con all'interno cisterne e scaffali pieni di attrezzi vari. A terra, al centro della stanza, c'era il corpo di un ragazzo magro vestito con jeans e maglietta, entrambi sporchi di sangue secco. Affianco a lui due persone, il poliziotto che ci aveva parlato e una donna sulla quarantina vestita in borghese.

I due si girarono sorpresi - Che ci fate voi qui sotto? - chiese il poliziotto.

- Volevamo solo sapere cosa ci stava succe... - provai a dire ma fui interrotto.

- Questa è la scena di un crimine non potete stare qui. - sbraitò l'uomo.

Jolene mi spinse di lato e guardò la scena - Joshua... - scostò lo sguardo con la mano sulla bocca.

La donna fece un passo verso di noi - Conoscevi la vittima? -

Jolene la guardò negli occhi - Sì, faceva parte di un gruppo di ragazzi che praticavano la wicca. Il suo amichetto in divisa ha tutti i nomi. - indicò il poliziotto con un cenno della testa.

La donna fece si con la testa - Capisco. Quindi si trattano di riti satanici, era da un bel po' che non ne vedevo uno. Ora che ci penso fra poco c'è Halloween, forse l'assassino sta preparando qualcosa per quella data. È incredibile che esista ancora gente che crede di evocare il Diavolo uccidendo persone. -

Cazzo! Poteva dire tutto tranne quello. Perché i poliziotti sono così stupidi?” pensai mentre mi giravo verso jolene, aveva il volto di una persona che stava per esplodere “Devo calmarle gli animi altrimenti qui finisce male.”

Jolene fece un passo in avanti, stava per replicare alla deduzione del tutto arbitraria della donna, ma la presi per i fianchi e la spinsi via - Scusateci per il disturbo, ora ce ne andiamo. - dissi con un sorriso. Feci cenno a Jolene di stare zitta e di uscire.

Sapevo quanto Jolene ci tenesse al culto antico della sua famiglia e la wicca era la cosa che più ci si avvicinava, anche se era lontana anni luce dalla realtà del nostro mondo.

Lei continuò a dimenarsi e insultarci per tutto il tragitto. Una volta fuori la gettai ancora di più verso l'esterno. Non volevo che il poliziotto si facesse ancora di più un'opinione sbagliata si Jolene.

- Che cazzo fai? Quella puttana zitella ha insultato chi venera la natura paragonandoli a dei maniaci che praticano riti satanici. Non sa nemmeno di che cazzo sta parlando. - sbraitò cercando di tornare dentro.

La bloccai e la spinsi di nuovo indietro - Lo so. Adesso però calmati, okay? - cercai di dirle con tono calmo e pacato.

Jolene si mise le mani tra i capelli sempre più agitata - Lo sai? Lo sai, mamma? - andava a destra e a sinistra, non riusciva a stare ferma - Come fai a saperlo? Come fai a sapere come mi sento quando il mondo in cui vivi ti strappa via persone a cui tieni? Come? - verso la fine cominciò anche a piangere.

Francis fece un passo in avanti e si fermò un istante come se avesse paura di intervenire, poi continuò a camminare finché non raggiunse Jolene e le strinse le spalle - Io so cosa si prova, ho perso tutto. Ma ho ricevuto un'altra possibilità e non intendo sprecarla. Vivrò assieme a voi fino alla fine. Farò tutto il possibile affinché tu non debba perdere più nessuno. -

Lei lo guardò negli occhi. - È vero. - sorrise, poi gli prese le guance tra le mani per fissarlo meglio - Chi meglio di un assassino può capire una vittima. - il suo sguardo era cambiato in disprezzo. Lo lasciò andare, si girò e se ne andò.

La sua reazione era dettata dalla paura di perdere di nuovo tutto e io l'avevo capito immediatamente.

Mi misi accanto a Francis - Non voleva dire quelle... -

Francis mi interruppe - Ha ragione. - si girò verso di me con il viso rosso e contratto nel tentativo di nascondere le lacrime - Questo non significa che verrò meno alla promessa che ho fatto. Proteggerò tutti voi a qualunque costo. - i suoi occhi erano umidi ma non fece scendere nessuna lacrima.

Jolene lo aveva ferito nel profondo con quelle parole, era stata lei a rassicurarlo quando Marta era morta sotto gli occhi di Francis. Se lui aveva detto quelle cose nonostante le parole dure di Jolene significava che il loro legame era qualcosa che andava oltre il sentimento di odio-amore che provavano l'uno per l'altra.

Mi limitai ad annuire, non avevo altro da dire. Guardai Tiffany cercando un po' di conforto ma aveva di nuovo la testa fra le nuvole, stava sicuramente ripensando ai dubbi che le erano venuti in quei giorni. Mi sentivo impotente difronte a questi problemi, non sapevo come alleviare i loro pesi e nemmeno come far tornare più leggera l'atmosfera. Stava andando a rotoli ogni cosa e la colpa era solo mia.

In quel momento tornò fuori il poliziotto - Dov'è finita la mia indiziata? - fece con tono superiore.

- È tornata a casa! - fece Francis con tono di sfida.

L'uomo gli si avvicinò e lo guardò negli occhi furioso - Che cosa avevo specificato prima? Non ho forse detto che la ragazzina non doveva restare qui? -

Francis continuò a fissare a sua volta l'agente - Io non ricordo proprio un cazzo. -

- Ah no? Allora se ti spedisco in galera per duplice omicidio ti ritorna la memoria? -

Francis sorrise, un sorriso sardonico tradito dagli occhi freddi e calcolatori - E se io invece ti trascino dietro questo edificio e ti amm... -

- Ora basta! - urlai.

Entrambi si girarono verso di me, Francis si allontanò furtivamente, l'agente invece continuò a fissarmi - Il ragazzino mi ha appena... -

Lo interruppi subito - Non me ne fotte un beneamato cazzo. Lei non si permetta mai più di accusare un membro della mia famiglia armato di sole congetture campate in aria. - mi avvicinai a passo spedito verso di lui, riuscii a leggere la targhetta col suo nome attaccata al taschino - E se prova a minacciarci in quel modo le assicuro, agente Simons, che i suoi colleghi la ritroveranno nel Mississippi, pezzo dopo pezzo. - continuai a fissarlo dal basso, era più alto di me di una ventina di centimetri ma non mi lasciai intimidire.

L'uomo fece una smorfia, per un istante sembrava voler replicare ma poi si fermò, si grattò il naso, sorrise e mi passò accanto senza dire una parola.

Guardai Francis, che aveva lo sguardo soddisfatto, e Tiffany, che mi stava sorridendo. In quell'istante capii che non dovevo fare nulla di più di quello che farebbe una madre per tenere unita la sua famiglia, una sfida continua e senza garanzia di successo.


 

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Capitolo 5
*** Samhain di Sangue ***


 Dopo la sfuriata di Jolene tornammo a casa, ognuno di noi rimase per i fatti suoi. Il giorno dopo la polizia ci chiamò per ricevere spiegazioni sul nostro comportamento del giorno prima, la relazione con le vittime e altre domande. Ovviamente optammo per dire tutto il possibile per poterli aiutare nonostante gli attriti.

Passammo la settimana successiva in tranquillità anche se nessuno si parlava, per un motivo o per un altro. Jolene era ancora arrabbiata con me, Tiffany si sentiva in colpa per non essere abbastanza forte, Francis non aveva il coraggio di esternare i suoi sentimenti, Thessa aveva ricominciato a non parlare e Emris era come se cercasse di evitarci uscendo per delle ore ogni giorno.

Ero stanco di quella situazione, non facevamo altro che allontanarci l'uno dall'antro.

Mi alzai dal letto, mi vestii con una maglia bianca a maniche corte e un paio di short in jeans chiari. Andai in sala e notai che Tiffany era seduta sul divano a guardare il televisore.

Mi sedetti accanto a lei - Che guardi? - avevo un po' di timore ma ormai era fatta.

- Il telegiornale. La situazione sta peggiorando, ci sono morti ogni giorno e la maggior parte sono persone comuni. È una vera e propria guerra civile la fuori. - commentò con lo sguardo fisso sul monitor.

Sospirai ero contento di poterle parlare di nuovo - Non è poi tanto diverso dal solito in fondo. - cercai di essere naturale per quanto mi era possibile.

- Di norma avresti ragione… - portò indietro il filmato premendo un tasto del telecomando - Ma di solito gli assassini non lasciano questi segni sulle pareti! - mi fece notare.

I simboli erano di diversi tipi, chi usava antichi simboli celtici, altri invece completamente inventati ma il significato era sempre lo stesso: siamo stati noi e non ci fermeremo.

Sapevo, dai reportage dei mesi precedenti, che le bande non lasciavano simboli per non attirare l'attenzione della polizia, invece in quelle immagini si capiva che attirare l'attenzione era l'obbiettivo principale.

- Tutte streghe che combattono contro altre streghe. - sussurrai.

- E non solo! - rispose Tiffany appoggiando il telecomando sul tavolino - Fin'ora ho contato sedici congreghe e dodici cellule di Crociati. - continuò mangiucchiandosi le unghie.

Masticasi le unghie era un segno che questa cosa la preoccupava molto. Non potevo biasimarla, era una situazione di guerra in piena regola. La polizia non aveva elementi per indagare, non sapeva dove sbattere la testa, e come poteva? Gli autori di quegli atti barbarici erano persone comuni per la società, senza precedenti.

- Quindi per ora si fanno la guerra tra loro, streghe e Crociati intendo? - chiesi con un piccolo sospiro di sollievo.

Lei mi guardò storta - Sì. Ma questo non vuol dire che sia un bene. Le persone muoiono lo stesso Evie. - era irritata.

Sospirai - Scusa, non volevo sminuire il valore delle persone uccise in quegli scontri, ma sono anche sollevata che non ci siano vittime tra la gente normale, anche se... - cercai le parole adatte.

- Anche se non durerà a lungo, alla fine qualcuno estraneo al nostro mondo si metterà in mezzo e ci sarà un bagno di sangue. Lo so. - il suo sguardo si addolcì.

Le diedi un bacio sulla guancia, lei mi sorrise. Adoravo quando sorrideva e mi mancava il suo sorriso, soprattutto in quel periodo.

La pace fu interrotta dallo sbattere della porta della camera di Jolene, ne uscì Thessa furiosa - Ma voglio uscire da questo maledetto buco, cazzo. - sbraitò verso la camera.

Subito dopo usci anche Emris che la prese per un braccio - Non puoi uscire è troppo pericoloso la fuori. Tu sei troppo importante. - urlò l'uomo.

- Lasciami andare, subito! - cercò di divincolarsi lei.

- No. Tu mi starai accanto finché non avrò finito i preparativi, poi sarai al sicuro. - la rimproverò lui.

- Mi fai male, lasciami! - continuò a dire lei picchiando il braccio di Emris nel tentativo di liberarsi.

Tiffany ormai al massimo della sopportazione si alzò, scavalcò il divano e agguantò il polso di Emris - Adesso basta! - tuonò, il suo viso era infuriato come non mai.

Emris provò a divincolarsi ma la mano non si mosse di un millimetro da quanta forza aveva usato Tiffany. Lui la guardò negli occhi colmo di rabbia - Lasciami andare. - le sussurrò.

Tiffany non abbassò mai lo sguardo dall'uomo - E se non lo facessi? - ringhiò.

- Il mio dovere è proteggere Thessa e farò qualunque cosa per portare a termine il mio lavoro. - ringhiò lui di rimando a bassa voce.

Tiffany sorrise, un sorriso beffardo, quasi sadico. L'urlo di Emris fu intenso quanto il dolore che provava mentre Tiffany gli stringeva sempre di più il polso. Alla fine Emris lasciò andare la ragazzina che corse verso di me e mi abbracciò forte.

Tiffany rimase per qualche secondo a fissare l'uomo che si contorceva dal dolore con uno sguardo compiaciuto, poi anche lei lasciò la presa.

- Puoi proteggerla quanto ti pare ma se la tocchi di nuovo ti ammazzo! - cercò di intimorirlo.

Dovevo fare qualcosa o sarebbe finita male - Tiffany! E tutti quei discorsi sulla vita delle persone, che sono preziose? - la guardai perplesso, speravo potesse funzionare.

Lei mi guardò, poi guardò Thessa e infine guardò Emris - Non è mica morto, non ancora! - si avvicinò, mi diede un bacio, accarezzò affettuosamente Thessa e tornò a guardare la televisione.

Sospirai, sapevo che in fondo aveva fatto bene, ma quello sguardo mi fece venire i brividi. Per un attimo la sua forza vitale aumentò considerevolmente per poi svanire subito dopo. Tiffany era sempre stata così, migliorava le sue capacità ad ogni battaglia o allenamento, e sembrava non avesse limiti.

Guardai Thessa negli occhi - Stai bene? Ti va di stare assieme a Tiffany per un po'? - le sorrisi.

La bambina annuì e senza dire una parola si mise accanto a Tiffany a guardare la televisione.

Mi acquattai vicino a Emris e notai subito il segno rosso sul polso - È rotto? - gli chiesi.

Lui si tastò leggermente la ferita - No, no, è solo slogato. - si rialzò in piedi con fatica - Dovresti dire alla tua ragazza di farsi i cazzi suoi, o sarà lei a finire male. - mi sussurrò mentre andava in bagno.

L'ha fatto proprio incazzare, eh?” mi fece Evaline.

Spero solo che siano parole dette per rabbia e non minacce concrete!” le risposi.

Almeno si è smascherato per ciò che è.” mi fece lei. Stava pensando a qualcosa ma non le chiesi nulla, mi limitai a stare in silenzio, non c'era bisogno di rispondere.

Il comportamento di Emris mi dava ancora più da pensare, era diventato più stronzo rispetto al solito, più impaziente, scontroso e dall'aspetto più pallido e stanco.

Sarà solo più preoccupato per Thessa!” pensai, ma ormai sembrava diventata una semplice scusa.

Qualunque fosse il suo scopo, una cosa è certa, la sua priorità era la sicurezza della ragazza.

Dopo qualche minuto Emris uscì dal bagno, al polso aveva una fasciatura di fortuna e si diresse verso l'uscita.

- Dove vai adesso? - avevo le braccia incrociate.

Lui mi mostrò il polso - Non lo capisci? Vado da un dottore! - poi si girò, aprì bruscamente la porta, uscì di casa è altrettanto bruscamente la richiuse dietro di se.

Mi voltai verso il divano e notai Tiffany che scrollava la testa con un'espressione di disappunto. Anche per lei era dura, ma avere ogni giorno a che fare con tanto stress deve averle scombussolato i nervi.

Passammo la mattinata a pulire casa, anche Thessa diede una mano nonostante continuasse a non dire una parola. Jolene e Francis invece erano a scuola nel tentativo di scoprire l'assassino di Alice e Joshua, fino a quel momento però non avevano portato risultati oltre a molti litigi su mere congetture.

Nel pomeriggio Jolene e Francis tornarono a casa più tardi del solito, appena varcarono la porta notai la loro faccia assente ed erano in rigoroso silenzio.

Mi avvicinai a loro - Ma cosa sono quelle facce scure? -

Jolene scrollò la testa come per svegliarsi da uno stato di trace - Emma è morta. L'hanno trovata nell'aula di disegno trafitta al petto con tre paletti. - il suo sguardo era rivolto verso il basso.

Portai le mani alla bocca - Oh Cristo... - sbottai.

- In realtà erano le gambe di un cavalletto per il disegno, le hanno spezzate e... beh hai capito. - la corresse Francis un po' timoroso.

Jolene contrariata fece una smorfia e andò in cucina - Quello che è. - aprì il frigorifero - Siamo a tre morti su quattro e purtroppo credo di sapere chi è il colpevole. - fece con voce affranta.

- Ma non hai le prove. È solo una congettura campata per aria. - commentò lui, sembrava quasi volerla rassicurare ma con scarsi risultati.

Jolene sbatté violentemente la porta del frigorifero per chiuderla. - È stata Amber. Non è una congettura, è un fatto! - il suo volto era decisamente contrariato.

- E su quali prove? - rimbeccò lui.

- Sul fatto che lei si fa viva proprio il giorno in cui ritrovano il terzo cadav... Emma. - si corresse lei.

Francis rimase per un istante attonito a guardare Jolene poi si voltò verso di me - Evie, non crederai davvero a una cosa così assurda, uccidere i propri amici del liceo per un rito letto su uno stupido libro antico? -

Ci pensai un momento e mi girai verso Jolene - Devi ammettere che ha ragione! -

Jolene fece una faccia stupefatta - Mamma, noi siamo streghe. Abbiamo poteri ai confini della realtà. I riti che creiamo e facciamo sono reali. E per la miseria tu puoi teletrasportarti... - e rimase a fissarmi con le braccia aperte.

Tornai a guardare Francis - Anche lei non ha tutti i torti! -

Lui alzò gli occhi al cielo e prese una mela dal portafrutta sull'isola - Comunque non ci sono prove e senza di quelle siamo punto a capo. - e morse il frutto con una insolita naturalezza e voracità.

Jolene rimase a fissarlo per qualche secondo imbambolata, poi aprì la bottiglia di succo di frutta e se lo scolò tutto d'un fiato. Sembrava come cercare di scacciare via qualcosa e allo stesso tempo pensare a una soluzione all'enigma.

Posò la bottiglia vuota sul piano in marmo - Perché cercare delle prove se possiamo coglierla sul fatto? Basta aspettare la festa scolastica di halloween, seguire i nostri obbiettivi e infine sapremo la verità. - propose.

- Perché halloween? - chiesi perplesso.

Per Francis e Jolene sembrava una cosa ovvia, poi Jolene cominciò a spiegare - Dopo aver letto tutti quei grimori ancora non lo sai? Queste sono le basi mamma. Halloween è la notte in cui il Velo tra i mondi è più sottile. È la notte perfetta per un rito complicato. -

- Sì, lo sapevo. Ma quello che non capisco è perché queste circostanze sono così favorevoli? - riformulai la domanda.

Jolene sbuffò spazientita mentre Francis prese un'altra mela e una banana e le posò sul pianale l'una accanto all'altra - Questa mela è il mondo materiale e questa banana è il mondo eterico o della magia o anche degli Dei, ognuno lo chiama come vuole. - poi prese lo zaino, lo aprì e tirò fuori un quaderno degli appunti, strappò alcuni fogli e li mise in verticale tra i due frutti - E questo è il confine che li divide che viene chiamato Velo. - spiegò.

Osservai tutto molto attentamente - Okay, è come il confine tra mondi paralleli, uniti ma separati allo stesso tempo. Fin qui tutto semplice. - commentai.

Francis sorrise compiaciuto, avevo colto bene il concetto - Perfetto. In ogni rito serve l'energia di questo mondo per eseguirlo, ma per farlo bisogna strappare il Velo e creare una fessura temporanea. È per questo che serve l'energia di più streghe, ed è anche per questo che esistono le congreghe. - prese una graffetta dallo stesso quaderno e la aprì fino a farla diventare un lungo filo di metallo, alla fine con un gesto netto e preciso bucò i fogli da parte a parte.

- In alternativa alla congrega servono molti sacrifici e raccogliere l'energia dalle anime, come in questo caso. - specificò Jolene.

- Esatto. Ma durante Samhain, o halloween, il Velo è più sottile. Di conseguenza con una grande quantità di energia e quindi di anime si può creare un varco più grande rispetto alle altre notti. - Francis tolse tutti i fogli tranne uno e con il dito fece un altro movimento secco e preciso creando un foro più ampio rispetto al precedente.

Osservai i due fori e provai a ragionare - Quindi... qualunque cosa il nostro assassino stia facendo, deve essere qualcosa di complicato o molto grosso. -

- Già! - rispose Francis poi guardò Jolene - Solo che non siamo d'accordo sul chi voglia farlo. - gli sorrise beffardo.

Rimasi senza parole, non riuscivo ancora a credere a certe spiegazioni, mondi paralleli, energie ignote, anime sacrificate. Ma se era solo lontanamente ciò che mi avevano spiegato Francis e Jolene allora bisognava fermare questo assassino. Qualunque cosa volesse fare questo individuo non era certamente nulla di buono e mancavano solo tre giorni alla festa di halloween.

Avevamo un piano ben preciso e due obiettivi primari Amber e Monique. Francis e Jolene avrebbero seguito Monique mentre io e Tiffany ci saremmo occupate di Amber per tutta la festa, almeno fino allo zenit della luna verso le due del mattino.

Passammo i tre giorni a seguire cercando di trovare ulteriori informazioni ed eventualmente modificare il piano d'azione, ma non trovammo altri elementi rilevanti, tutto sembrava scorrere nella più completa normalità.

Per quanto riguardava noi, Francis si sottopose ad un allenamento intensivo sul seguire le tracce con il mio aiuto. Inutile dire che in poco tempo era diventato davvero abile a seguirmi nonostante il mio teletrasporto. Jolene invece rimase per quasi tutto il tempo in camera sua. Non sapevo cosa stesse facendo ma sapevo che la sua forza vitale saliva lievemente di giorno in giorno. Tiffany si allenava come non aveva fatto prima. I suoi progressi non potevano nemmeno essere paragonati ai miei o a quelli di Jolene o Francis, era semplicemente straordinario il suo livello di miglioramento. Nonostante questo continuava a non rivolgere uno sguardo a Emris che ricambiava il sentimento di astio. Thessa invece era costantemente incollata a Tiffany durante i suoi allenamenti. Durante il pranzo o la cena aveva cominciato a sorriderle e a parlarle. Per me era una gioia sentire la sua vocina fare da sottofondo durante i pasti. Emris invece era più fuori casa che con Thessa. Comportamento assai strano, soprattutto perché sembrava tenere alla sicurezza della bambina.

La sera del trentuno ottobre arrivò più i fretta di quanto mi aspettassi. La festa era in maschera e ci servivano dei costumi. Fortunatamente durante il poco tempo libero che ho avuto dei tre giorni precedenti trovai un costume adatto. Andai in bagno, mi lavai e indossai i vestiti che avevo comprato: un bustino a bracia scoperte con maniche in seta leggera viola, un paio di pantaloni in similpelle viola e una cintura nera. La spada legata al mio fianco.

Uscii dal bagno e subito mi ritrovai davanti agli occhi un arciere con il cappuccio verde con arco e faretra piena, Jolene, un assassino medioevale mediorientale con due kilij ai fianchi, Francis, e una ragazza asiatica vestita con un vestito lungo fino alle ginocchia e nero che le dava un aspetto di femme fatale, Tiffany.

Francis mi guardò perplesso - Cosa dovrebbe essere quello? -

Mi guardai più attentamente perplesso - È un costume da negromante, non si capisce? -

- Okay, se lo dici tu! - rispose lui poco convinto, poi lui e Jolene si avviarono verso l'uscita.

Guardai Tiffany con le braccia aperte - Ma che...? -

Lei mi sorrise - Un lato positivo c'è, quel bustino ti fa le tette grosse. - si morse il labbro e usci di casa.

Mi girai verso Emris - Tu starai con Thessa finché non torniamo, vero? - sorrisi sarcastico.

Emris si avvicinò - Ehi, io ho delle cose da fare, non posso rimanere a casa! -

- Mi dispiace, siamo a corto di personale come vedi. Per stasera dovrai fare il babysitter - gli sorrisi.

Lui mi guardò contrariato - Non esiste! E poi avete deciso senza consultarmi. -

Sospirai - È vero. Ma se tu fossi rimasto a casa più tempo ne avremo parlato meglio del piano. - gli diedi una pacca sulla spalla - Bene, ci vediamo dopo! - finii e me ne andai prima che potesse replicare ancora.

Scesi in garage e notai subito lo splendore della vernice nera dell'auto di Tiffany, doveva aver fatto le pulizie da cima a fondo, le piacevano molto le auto soprattutto quelle di lusso e potenti. Tiffany era ancora in piedi accanto all'auto, mi sorrise e con un gesto di galanteria mi aprì la porta. Le sorrisi imbarazzato ed entrai in auto, quello era un gesto che non mi sarei mai aspettato da lei.

Ci mettemmo mezz'ora ad arrivare, la gente per strada era poca nonostante fosse una delle serate che tutti aspettavano, gente che comunque ci fece rallentare molte volte. Il viaggio era stato piacevole e silenzioso, più di una volta Tiffany mi lanciò uno sguardo malizioso, in sottofondo la radio dava musica house che faceva diventare l'atmosfera leggermente eccitante, almeno per me.

Il fatto che non ci fossero persone in giro era per le ripercussioni e degli scontri, per non parlare della conta dei morti che ammontava a centocinquanta e dei feriti a più di duemila, era normale che la gente avesse paura di uscisse di casa.

Una volta arrivati Tiffany parcheggiò poco distante dall'entrata dell'edificio per una rapida fuga in caso di necessità, spense l'auto, scese e si affrettò ad aprirmi la portiera. Rimasi di nuovo stupito e la fissai per qualche istante.

Lei arrossì - Che c'è, non posso essere galante con la donna che amo? - abbassò lo sguardo.

- No... no affatto, anzi mi fa molto piacere. È che non ci sono molto abituata. - arrossii portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Lei sorrise imbarazzata, mi prese la mano e mi fece scendere dal veicolo - Andiamo, c'è una festa che ci attende! -

Durante il breve tragitto per arrivare all'entrata della palestra non lasciai mai andare la sua mano, da una parte era romantico stare mano nella mano ma dall'altra avevo una brutta sensazione.

La palestra era allestita con una rappresentazione di un vecchio cimitero, le lapidi erano gli schienali delle sedie e i tavoli a forma di sarcofaghi in finto marmo. Le luci erano cupe e davano alla finta nebbia del pavimento un tocco più tetro. La stazione del dj era un finto tumulo funerario sopraelevato in fondo alla palestra. Sulle pareti c'era una carta da parati con disegnato uno sfondo di un bosco lugubre illuminato dalla grande luna piena posizionata dietro alla stazione del dj che mixava musica commerciale per i molti ragazzi mascherati che stavano ballando in pista.

- Perfetto. Ora come facciamo a trovare quelle due? - mi chiese Jolene.

- Seguiamo i cadaveri. - sbottò Francis, noi lo guardammo male - I morti viventi. Gli zombie. - indicò con gli occhi un gruppo di ragazzi vestiti da morti viventi.

Facemmo sì con la testa poi osservai attentamente ricordando la foto di Amber su facebook che mi aveva fatto vedere Jolene - Noi invece teniamo d'occhio Harley Queen laggiù! - feci notare a Tiffany.

Ci separammo e accompagnai Tiffany al buffet a prendere qualcosa da bere mentre tenevamo d'occhio Amber e i suoi amici licantropi. Dopo alcuni minuti i tre ragazzi vennero da noi, avevano gli artigli alle unghie e le lenti a contatto, uno con le lenti rosse, un altro con le lenti blu, e l'ultimo con le lenti gialle.

Oh no, ci mancavano i fan di Teen Wolf!” sbottai tra me e me.

Il ragazzo con gli occhi rossi si fece avanti sfregandosi le mani - Ehi, ciao. Da quello che vedo siete da sole. Volete un po' di compagnia maschile? -

Guardai Tiffany, aveva una faccia contrariata - No, grazie. Abbiamo già la nostra compagnia. - gli risposi.

- Ah sì, e dove sono i vostri accompagnatori? - si girò verso i suoi amici che si misero a ridere.

Presi per mano Tiffany e alzai il braccio - Proprio qui. - sorrisi.

I sorrisi dei ragazzi lentamente sparirono - Siete lesbiche. - disse il ragazzo dalle lenti rosse poi si avvicino a me e mi accarezzò il mento con un dito - Che spreco... ma state attente, potreste pentirvene prima che questa festa finisca. - sogghignò alla fine.

Scostai la testa, non mi piaceva lo sguardo che aveva “Imbecille!” pensai.

- Amore, ti va di ballare? - mi propose Tiffany, però senza sentire risposta mi trascinò in pista. Mi strinse forte in vita e cominciammo a danzare abbracciate l'una all'altra.

Danzammo per un bel po' di tempo, mi appoggiai alla sua spalla e lasciai affondare il mio viso tra i suoi capelli, quel gesto mi calmò molto. Lei tolse una mano dai miei fianchi e la appoggiò delicatamente sulla mia nuca.

- Che cosa ti è preso, perché sei così strana stasera? - le chiesi anche se non volevo più staccarmi da lei.

Lei rimase in silenzio per qualche istante prima di rispondere - Prima del tuo incidente so che per colpa della mia stupidità e delle mie angherie non sei mai riuscita a partecipare a queste feste durante il liceo. Ho pensato che se fossi riuscita a regalarti almeno una di queste serate, forse in qualche modo sarei riuscita a farmi perdonare. - mi strinse più forte senza farmi male - Ma quei tre hanno rovinato tutto... -

Tiffany...” commentò Evaline nella mia testa, era commossa.

Mi tirai su e la guardai negli occhi, stava per piangere per il nervoso - Non importa. Tu sei qui con me adesso e questo mi rende felice. Non potrei desiderare di meglio. - la baciai sulla bocca per farla rilassare - E poi quelli erano solo dei stupidi ragazzini. - le sorrisi.

Lei ricambiò il mio sorriso e mi accarezzò i capelli - Evaline Deraneau, ti amo da morire. -

In quel momento le luci si spensero e e il mixer smise di suonare. Un flash seguito da un botto assordante illuminò per un istante l'intera sala, poi di nuovo il silenzio assoluto. Come era sparita la luce tornò, per qualche istante i partecipanti alla festa si guardarono attorno. Un urlo agghiacciante sovrastò il brusio che si era creato.

Da sopra il palco Amber prese il microfono del dj morto - Nessuno si muova o faccio fuori qualcun altro a caso! - fece con un tono svogliato.

Nessuno si mosse. Amber alzò gli occhi al cielo e puntò la pistola ancora fumante verso la folla e premette il grilletto. Il boato fu assordante, istintivamente guardai Tiffany, dal suo sguardo intuii che stava bene, poi passai a Francis e Jolene, anche loro stavano bene. Subito dopo il corpo di una ragazza bionda cadde a terra, in fronte aveva il buco che il proiettile le aveva fatto. Dopo qualche istante di titubanza i ragazzi cominciarono a urlare in preda al panico e a correre verso l'uscita. Per tutto il tempo Amber non aveva esploso nessun altro colpo.

Alla fine restammo in palestra solo io, Tiffany, Jolene, Francis, i tre lupi mannari e Amber che sorrideva compiaciuta con la pistola in mano.

- Che idioti codardi. - sbottò Amber poi batté le mani - Bene, ora veniamo a noi. La vera festa sta per cominciare. Ragazzi sapete cosa fare, muovetevi. - ordinò infine ai tre mannari.

Senza esitare i tre ragazzi cominciarono col togliere il cadavere della ragazza morta gettandola in malo modo e finire il lavoro rovesciando tavoli e sedie per fare più spazio possibile in mezzo alla sala.

Feci segno agli altri di non intervenire, contro una pistola si poteva fare ben poco anche per delle streghe.

- Bel lavoro. Adesso prendete le loro armi, non voglio interruzioni. È una serata importante questa. - continuò a ordinare la ragazza agitando la pistola con disinvoltura.

I tre ragazzi le fecero un breve inchino e si voltarono verso di noi, ormai era chiaro dalle loro espressioni rilassate che lavorassero volontariamente per Amber.

Quello con le lenti a contatto rosse avvicinò a me e Tiffany e mi porse la mano - Dammi la spada. So che è vera quindi non fare scherzi. - mi sorrise.

Strinsi il fodero della Masamune - E se mi rifiutassi? -

Lui alzò le spalle - La nostra Amber ti ucciderà senza esitare. - rispose senza alcun rimorso.

Rimasi immobile per qualche secondo, se avessi consegnato la katana sarei stato come durante il massacro del Gran Circolo, indifeso. D'altra parte se non lo avessi fatto uno di noi, o tutti, si sarebbe preso una pallottola in testa e questo mi terrorizzava ancora di più.

Cominciai a tremare perché non vedevo vie d'uscite senza una vittima.

Tiffany si mise davanti a me - Non era una domanda. Era un modo educato di mandarti a fare in culo, sbarbatello. -

Per un istante il ragazzo rimase immobile poi lentamente un ghigno malvagio si disegnò sul suo volto - Prima vi ho detto che con il vostro atteggiamento ve ne sareste pentite. Ora invece mi costringete a menare le mani. - e sferrò un gancio in faccia a Tiffany che le fece girare di lato la testa. Il ragazzo aveva la faccia soddisfatta.

Lei tornò lentamente a guardarlo - Sei uno che picchia le donne? Bravo. Ma adesso è il mio turno. - lui contrariato menò con un altro pugno ma Tiffany lo bloccò con la mano senza neanche muoversi di un passo.

Tiffany strinse leggermente il pugno del ragazzo che dal dolore dovette mettersi in ginocchio. Con uno scatto il ragazzo riuscì a liberarsi dalla presa di Tiffany e si allontanò di qualche passo, l'espressione che aveva in volto era confusa mentre scrollava la mano nel tentativo di far passare il dolore.

- Levati di mezzo, le sparo così la finamo! - gli ordinò Amber.

- No! Una femmina non mi deve mancare di rispetto in questo modo. Ci penso io! - sbraitò il ragazzo poi in preda alla rabbia caricò di nuovo Tiffany.

Lei, appena prima di venire colpita, diede due schiaffi contemporaneamente all'altezza delle orecchie del ragazzo che rimase intontito per qualche secondo. Infine gli sferrò un pugno dall'alto sulla testa abbastanza forte per farlo crollare a terra senza creargli troppi danni fisici. La velocità di Tiffany nel sferrare colpi era migliorata tantissimo nella settimana precedente come anche nel controllo della sua forza vitale.

Guardai verso Jolene, Francis e i due ragazzi che erano rimasti sbigottiti, Jolene e Francis avevano ancora le loro armi.

Dopo un attimo di smarrimento i due ragazzi accorsero in soccorso del loro compagno, poi si girarono verso Tiffany e cercarono di colpirla. Lei con facilità parò entrambi i colpi e mise al tappeto i due con uno schiaffo in volto a testa.

Aspettai qualche istante perché la situazione si calmasse, poi mi avvicinai ai tre sconfitti - Avete capito adesso con chi avete a che fare? -

Loro si guardarono l'un l'altro ancora storditi e fecero si con la testa, poi con fatica si allontanarono da noi verso Amber che sembrava schifata da ciò che aveva visto.

Jolene prese l'arco in mano, sfilò dalla faretra una freccia, la incoccò e tirò indietro la corda - Cos'è tutto questo teatrino? Cosa speri di ottenere? -

Amber puntò la pistola contro Jolene - Il volere del mio Maestro, ovviamente! -

- Il tuo Maestro? Ma ti sei bevuta il cervello? - sbottò Jolene confusa.

Amber fece una risata isterica - Forse! Ma, vedi, io avrò il potere di una vera strega mentre tu, il tuo ragazzo e le tue amiche lesbiche non potrete fare niente a riguardo. -

Jolene tese ancora di più la corda dell'arco - Non osare insultare la mia famiglia! -

- Aspetta Jolene. - lei mi guadò male ma feci finta di nulla - Perché vuoi diventare una vera strega? Sai cosa significa essere una strega? - chiesi ad Amber.

Amber mi guardò stranita - Perché mi chiedi? Hai visto cos'ha fatto la tua ragazza a questi tre sfigati? Essere una strega significa avere il potere di sottomettere le persone normali. È come essere me adesso con in mano una pistola carica. Posso fare quello che voglio e nessuno può opporsi. - spiegò.

Misi le mani avanti sperando di calmarla - Senti, essere una strega non è la soluzione a tutti i problemi, anzi. Nel mondo delle streghe si segue una sola regola: uccidi o vieni ucciso. Poi ti servirà una congrega e la conoscenza che non viene così dal nulla. Capisci? -

Lei scrollò la testa - Ma io non voglio altre streghe che mi mettano i bastoni fra le ruote. Farò tutto da sola. - si mise a ridere.

- Allora morirai nel giro di un mese, sempre se sei fortunata! Hai già cinque morti sulla coscienza tra i quali i tuoi amici, quante vite vuoi ancora sulla coscienza? - commentai.

Amber mi guardò e con un ghigno malvagio - Cinque? No, no, non cinque. Diciassette! - rispose.

Per un istante non capii, poi il numero diciassette fu più chiaro nella mia testa. Rimasi a bocca aperta senza riuscire a replicare. Una ragazzina normale di sedici anni era stata indotta da qualcuno a uccidere diciassette persone. Questo andava oltre il sadismo di del mondo delle streghe, questa era vera e propria pazzia.

Amber torno con lo sguardo verso Jolene - Ora che abbiamo chiarito i punti fondamentali, Jolene abbassa l'arco o ficco una pallottola in fronte al tuo sexy fidanzato. - e spostò la pistola nella direzione di Francis.

- Non esiste! - sussurrò Jolene.

Amber mise il dito sul grilletto - Non sto scherzando, Jolene! Ho ricevuto l'ordine dal mio Maestro di non farvi del male, ma se m costringi... -

Fissai entrambe e capii subito dalla loro espressione che nessuno delle due avrebbe ceduto. Francis prese l'iniziativa e mise una mano su quella di Jolene, la stessa che reggeva l'arco, e la visso negli occhi. Dopo alcuni secondi lentamente Jolene allentò la corda e abbassò l'arco. Fortunatamente anche Amber aveva abbassato leggermente l'arma, l'atmosfera però era rimasta tesa.

C'era un'altra cosa che mi aveva turbato in quel momento “Amber ha detto che gli ordini erano di non farci del male, di conseguenza il suo Maestro deve essere qualcuno che ci conosce!” ragionai.

Amber mise la pistola dietro la schiena - Ottima decisione! - commento, poi andò verso la porta e si affacciò verso il corridoio - Maestro è tutto pronto, può entrare! - urlò e tornò sul palco.

Aspettammo per qualche secondo, provai a percepire la forza vitale della strega in questione ma con mio stupore ne percepii due. Una figura incappucciata entrò in palestra, era lo stesso tipo di mantello che usavano quelli del Gran Circolo. Avevo una brutta sensazione che si concretizzò quando una bambina dai capelli rossi di dieci anni fu trascinata a forza dall'uomo incappucciato.

- Thessa! - urlai.

Lei si girò verso di me, aveva gli occhi arrossati dalle lacrime, le guance umide e uno sguardo di supplica. Quella scena mi fece ribollire il sangue, avevo già capito chi c'era sotto il cappuccio.

L'uomo portò Thessa davanti alla console del deejay e la mise davanti a se tenendola per le spalle in modo che non scappasse.

- Ottimo lavoro Amber. - la elogiò lui, la sua voce era distorta dalla maschera nera che aveva davanti al volto.

Lei gli fece un inchino - Grazie Maestro! -

- Ora sai cosa devi fare. Ammazzali. - le ordinò.

Avanzai di un passo - Prima ordini alla tua amichetta di non farci del male e poi ci vuoi morti? Sei più matto di quello che pensavo. - lo rimproverai. Volevo teletrasportarmi a portata di attacco e finirla subito con quella storia ma il fatto che ci fosse anche Thessa mi bloccava, se avessi fatto un passo falso per la ragazzina sarebbe finita male.

L'uomo mi ignorò e con un gesto della testa diede in segnale a Amber di iniziare. Lei si girò verso di noi, riuscivo a sentire il suo istinto omicida anche a diversi metri di distanza, i suoi occhi e il suo viso bramavano solo uccidere. A metà strada alzò la pistola verso me e Tiffany e premette il grilletto. Il lampo e il rumore mi fecero trasalire tanto da farmi tremare.

Pochi istanti dopo un corpo davanti a me cadde a terra, il foro del proiettile sul petto stava sanguinando. Gli altri due terrorizzati si allontanarono dal loro amico.

Amber si avvicinò al ragazzo e gli diede un calcio per controllare se fosse ancora vivo. Lui urlò dal dolore ma lei con assoluta freddezza gli sparò altre due volte, il sangue schizzò in alto per poi ricadere sulla vittima della ragazza e sul pavimento. Spostò l'attenzione verso gli altri due ragazzi.

Ringraziai per non aver visto nessuno di noi colpito “A quanto pare quei tre idioti non servono più allo scopo!” mi dissi cercando di contenere la rabbia. Erano idioti ma anche dei ragazzi che non sapevano che stavano facendo.

Il ragazzo con gli occhi azzurri mise le mani avanti - Ti prego, Amber! Abbiamo fatto tutto quello che volevi. Ti supplico non uccidermi! - stava per mettersi a piangere.

Lei sorrise e premette di nuovo il grilletto. Un altro boato e un altro lampo di luce. Fu un centro perfetto in mezzo agli occhi. Il corpo esanime cadde a terra con un tonfo, lo spostamento d'aria creo un piccolo spiraglio attraverso la nebbia del pavimento rivelando alcuni segni e simboli di colore rosso.

L'ultimo, quello con gli occhi rossi, provò a strisciare verso l'uscita sperando di non essere notato ma Amber lo vide e partì all'inseguimento.

Con uno scatto in avanti raggiunsi Amber e le puntai la lama alla gola - Lascialo stare! - intimai.

Lei mi puntò la canna della pistola alla pancia - Chi sarà più veloce? Tu con il tuo polso o io con il mio dito? - sembrava sicura di se.

L'osservai più attentamente. Mi sbagliavo, nei suoi occhi non c'era nessuna esitazione - Proviamo e lo sapremo! -

- Adesso basta! - urlò l'uomo mascherato. Guardai lentamente in quella direzione con la coda dell'occhio, l'uomo aveva tirato fuori un pugnale e lo aveva portato alla gola di Thessa - Fatti da parte Evaline o le taglio la gola! -

Passai varie volte lo sguardo da Amber a l'uomo per cercare una soluzione che non finisse con la morte di qualcuno a me caro, ma non c'era. Anche se quell'uomo era “lui” non potevo sapere se faceva sul serio o no. Mi sforzai ma non trovai scappatoie. Con una fatica immane presi la mia decisione, abbassai la spada e lasciai passare la ragazza che sorrise beffarda.

Il ragazzo con gli occhi rossi aveva continuato imperterrito a strisciare verso la salvezza ma Amber lo raggiunse in un attimo.

Lui si voltò verso la ragazza che aveva la pistola in mano - Ti...ti prego Amber, non farlo! -

Lei non lo ascoltò, rimase soltanto in silenzio.

Lui cominciò ad ansimare e sudare - Avanti, sai cosa provo per te, cosa farei per te... io ti amo! - dal mio punto di vista non era per niente convincente.

Amber lo guardò poi sbuffò sarcastica - Amarmi. Amarmi? Tu dici di amarmi? Non sono come... aspetta, come mi hai definita con i tuoi amici? Ah si, una troietta svitata da una scopata e via. È ironico che ora sia tu la mia troietta, no? - e gli puntò la pistola al viso.

Lui tremante cercò di dire qualcosa ma Amber premette il grilletto per l'ennesima volta. Niente sparo. Mi sentii in colpa sapendo che avrei posto fine a tutto se solo avessi immaginato che la pistola si fosse inceppata.

Amber guardò la pistola, provò a tirare indietro il percussore e riprovò a premere il grilletto ma nulla. Rassegnata sospirò, girò l'arma in modo che si potesse usare il calcio come una clava e colpì il ragazzo al viso. Lui sbatté la testa sul legno del pavimento gemendo di dolore. Lei si mise a cavalcioni su di lui e continuò a colpirlo al volto. Una, due, tre volte. Lui urlò per il dolore straziante. Quattro, cinque, sei volte. Il ragazzo non emise più nessun urlo. Sette, otto, nove, dieci volte. Schizzi di sangue si sparsero tutto intorno e in faccia ad Amber.

Voltai lo sguardo, mi sentivo in colpa per lui, non riuscivo a guardare. Una rabbia bestiale mi pervase ma cercai stare calmo anche se era più difficile del solito. Quei tre ragazzi erano degli idioti ma non meritavano una fine del genere.

Tornai a guardare la scena. Amber era rimasta sopra la sua vittima ansimante con la testa rivolta verso l'alto, era come se si fosse levata un peso dalle spalle. Quando finalmente si rialzò e si girò capii che per il ragazzo non c'era più nulla da fare, Amber era coperta dalla testa ai piedi da sangue e da pezzi di materia cerebrale.

L'uomo mascherato applaudì - Ottimo lavoro Amber! -

- Ti ringrazio maestro! - rispose lei levandosi il sangue dagli occhi.

Feci un passo in avanti, ero stanco di giocare - Quindi che hai intenzione di fare, Emris? -

L'uomo sussultò e rimase immobile. Amber aveva uno sguardo interrogatorio, forse non sapeva nemmeno lei il nome del suo maestro.

Dopo alcuni secondi l'uomo si levò la maschera - Hai scoperto la mia vera identità, sono stupito. -

- Non è stato difficile. Il tuo comportamento, il tuo continuo andare e venire, gli omicidi aumentati nella nostra zona di recente, ed infine non hai mai usato il tuo potere di strega in nostra presenza. La conferma di tutti i miei sospetti li ho avuti quando sei entrato da quella porta trascinando Thessa con la forza. - gli spiegai.

Lui sorrise - Analisi degna di una matriarca quale sei. -

- Fottiti. Adesso rispondi alla mia cazzo di domanda. - gli intimai furente.

Lui mi ignorò e fece un segno ad Amber che con piacere cominciò a pronunciare frasi in una lingua antica ormai morta da decine di millenni. Solitamente i riti venivano formulati con questa lingua morta per massimizzarne gli effetti.

Poi Emris tornò su di me - Il Gran Circolo è stato letteralmente smembrato, le congreghe si scontrano apertamente tra loro e contro i Crociati e i colpevoli di questo conflitto hanno capacità superiori a tutte le streghe di New Orleans. In pratica la fuori c'è la guerra. Io e Thessa non possiamo scappare e non possiamo restare. Che cosa dovremo fare secondo te? - mi urlò, la sua faccia era rossa dalla rabbia.

- Combattere! - rispose Francis risoluto.

Emris rise beffardo - Combattere? E con chi, un branco di ragazzini del liceo e una matriarca che non sa nemmeno battersi? No, grazie. Preferisco rischiare a modo mio. -

Provai a replicare ma dei segni rossi baluginarono da sotto la nebbia, sembrava un sigillo ma aveva simboli diversi

Emris sorrise e si mosse per raggiungere Amber trascinando a forza Thessa che si dimenava e urlava per liberarsi.

Amber invece aveva lo sguardo confuso - Perché non funziona, Maestro? -

Emris si portò dietro di lei - Perché serve il sacrificio di un'omicida spietato! -

Il viso di Amber cambiò in uno sguardo stupito verso il suo maestro. Fece un sussulto, subito dopo un rivolo di sangue fuoriuscì dalla sua bocca e infine cadde a terra morta. Il pugnale insanguinato nella mano dell'uomo.

Emris alzò la lama al cielo e pronunciò altre parole della stessa lingua che usò Amber. I segni sul pavimento si unirono in un'unica luce rossa, la nebbia finta veniva letteralmente risucchiata al suo interno.

- Che cazzo...? - sbottai incredulo, quando Francis mi disse che si poteva fare tutto non avevo immaginato si potesse fare anche quel tipo di cose.

Jolene e Francis si avvicinarono a me e a Tiffany - Che cosa sta facendo? - chiese Jolene.

- Sembra un portale o una cosa del genere... non lo so. - un fulmine verde fuoriuscì dal cerchio luminoso e colpì una delle luci sul soffitto creando scintille incandescenti - So solo che dobbiamo fermarlo! -

Emris trascinò Thessa al bordo del cerchio - Voi deboli ragazzini non potete capire, Thessa è troppo importante. E io non ho altra scelta! - alzò il pugnale e pronunciò altre parole nella lingua antica. Alcune luci bianche apparvero dal portale e volarono verso i corpi dei ragazzi morti, una volta raggiunti entrarono attraverso la bocca dei cadaveri.

Un'istante dopo i corpi si alzarono di scatto e rimasero seduti a fissarci. La scena era così inquietante da farmi venire i brividi lungo la schiena. Tutti noi restammo in guardia aspettando un attacco di massa ma non successe nulla.

- Anche gli zombie veri adesso... - strillò Jolene. Francis la guardò male.

- Ma perché non ci attaccano? - chiese Tiffany

Guardai i corpi animati immobili a fissarci e Emris intento a finire il rito - Credo, perché è lui che li comanda! - risposi indicando l'uomo.

Tiffany sbuffò - Quindi per liberarci di loro basta mettere k.o. lui! -

- Si beh, più semplice da dire che da fa... - ma non mi lasciò finire che lei scattò in avanti e fece un salto abbastanza lungo da arrivare dall'altra parte del cerchio dietro a Emris e Thessa.

Merda!” imprecai tra me e me.

Sai che lo sta facendo sopo per provare qualcosa a se stessa? Quello è un gioco pericoloso Erik, non possiamo lasciarla sola.” mi fece Evaline nella mia testa, dal tono che aveva capii che era molto preoccupata.

Sì, lo so!” le risposi con altrettanta preoccupazione.

Mi concentrai per raggiungerla ma dal nulla uno degli zombie mi afferrò e mi spinse con forza a terra, non mi ero accorto della sua presenza cogliendomi di sorpresa.

Rotolai a terra e mi rialzai sfruttando la forza cinetica della caduta stessa. Saltellai un paio di volte per alleviare la tensione dalle gambe e tornai in posizione di guardia. Osservai Francis che cercava invano di uccidere il suo avversario colpendolo in punti vitali. Jolene invece stava usando l'arco come un bastone da combattimento ma nonostante i colpi l'avversario non cadeva.

Lo zombie davanti a me, che riconobbi dal cranio quasi del tutto frantumato sulla zona della fronte, scattò per afferrarmi di nuovo ma io con una stoccata veloce e decisa lo trafissi all'addome. Subito dopo la luce bianca uscì dal corpo e tornò nel portale e il corpo ricadde a terra come un sacco di patate.

Ho capito, è morto grazie all'abilità della Strega Legionaria!” ragionai vedendo il corpo di nuovo immobile.

Guardai verso Tiffany, era accerchiata da tre creature rianimate che non le davano tregua. Emris era girato di spalle a guardare il combattimento di Tiffany, il suo comportamento sembrava quello di una persona agitata. Thessa intanto era stretta nella morsa dell'uomo che la teneva per un polso, lei continuava a dimenarsi e a tirargli calci.

Mi concentrai di nuovo e mi teletrasportai accanto a Tiffany che nel frattempo stava tirando un calcio a quella che prima era Amber.

Appena mi vide con la coda dell'occhio sorrise - Sei in ritardo! - mi rimproverò.

- Scusa, avevo da fare! - le risposi e menai un fendente che decapitò Amber e quello che pochi minuti prima era il DJ. Due luci bianche uscirono dalle bocche delle due teste e tornarono all'interno del cerchio.

Tiffany diede un calcio rovesciato alla ragazza che Amber aveva ucciso dopo il DJ per allontanarla, io scattai in avanti e la trafissi al petto. Un'altra luce uscì dalla bocca della ragazza.

Estraendo la spada dal corpo mi girai di centoottanta gradi e vidi Emris in procinto di gettarsi nel portale assieme a Thessa. Tiffany era accorsa subito per raggiungere entrambi e fermare l'uomo che era ormai inclinato sopra il cerchio luminoso. All'ultimo istante lei riuscì ad afferrare Thessa e a scaraventarla indietro ma Emris agguantò Tiffany per il braccio facendole perdere l'equilibrio trascinandola con lui. Per un istante interminabile vidi lo sguardo terrorizzato di Tiffany mentre spariva all'interno della voragine assieme a Emris.

- Tiffany! - urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.

Corsi immediatamente nella direzione del portale, ma si chiudeva troppo in fretta. Non arrivai in tempo si era chiuso lasciando solo dei segni rossi sul pavimento.

Mi inginocchiai a terra e cominciai a menare fendenti al pavimento - Tiffany! Tiffany! Tiffany! Tiffany! Tiffany! - sbraitai. Ma non successe nulla. Urlai più forte che potevo, ero furioso, una furia incontenibile che non credevo di possedere. Non riuscivo a pensare a nulla, in un attimo la donna che amavo era sparita sotto ai miei occhi e non ero riuscito a fare niente. Le mie guance si bagnarono, erano lacrime di pura rabbia.

Urlai ancora ricominciando a colpire il pavimento ancora più forte di prima, travi e schegge di parquet mi volarono intorno. Ero disperato, il cuore mi faceva male.

In lontananza sentii una voce femminile, istintivamente mi girai sperando fosse la mia Tiffany ma mi sbagliai. Era solo Jolene che mi urlava di stare attento agli zombie dei due ragazzi uccisi da Amber che stavano correndo nella mia direzione.

La rabbia era incontenibile. Non dissi nulla, urlai solamente e con due fendenti decapitai entrambi. Quell'atto mi sembrò così semplice da stupirmi.

La testa cominciò a girarmi, mi accasciai a terra e persi i sensi. L'ultima cosa che ricordo erano le facce di Francis, Jolene e Thessa che mi guardavano sbigottite.

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