Trying hard to speak.

di Lavi Bookman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ... And you become my best friend. ***
Capitolo 2: *** I found love where it wasn't supposed to be. ***



Capitolo 1
*** ... And you become my best friend. ***


A strange type of chemistry, how you’ve become a part of me
And when I sit alone at night, your thoughts burn through me like a fire
You’re the only one who knows, who I really am.



Aveva già scalato milioni di collinette di sabbia, visto quasi tutti gli animali del mondo allo zoo, completato almeno sei album di figurine, si era azzuffato già due volte con un suo compagno di classe, fatto esperimenti su delle formiche, e tante altre cose. Per i suoi nove anni poteva considerarsi già molto grande, e a volte lo diceva battendosi trionfante un pugno sul petto che, per l'occasione, gonfiava drizzandosi sul posto.
Quello che non aveva mai fatto Iwaizumi Hajime era fare amicizia in ospedale. Era un posto che non odiava particolarmente nonostante ci passasse gran parte della sua vita. Gli era in realtà pressoché indifferente. Aveva imparato, più per esperienza diretta sul campo che tramite libri o film, che la gente lì dentro moriva, ma non classificava quell'informazione come un qualcosa di così terribile. Era molto peggio quando qualcuno gli rubava la palla con cui giocava nel cortile sotto casa, per essere chiari. Senza parlare di quando sua madre lo richiamava all'ordine per andare a cena e lui non aveva ancora superato il suo stesso record di palleggi contro il muro. Quelle erano tragedie, non di certo un posto tutto bianco con gente vestita con cose simili a pigiami. Ci moriva qualcuno? Beh, anche per strada. O negli uffici. Aveva sentito che il nonno di un suo amico era morto nel salotto di casa sua (e questo fatto era stato raccontato come se fosse una storia dell'orrore).
L'unica cosa che davvero lo terrorizzava di quel posto erano gli aghi. Anche se le infermiere sorridevano e dicevano frasi come "usiamo la farfallina, non fa male!" lui ogni volta imparava a non fidarsi, perché farfallina o meno lui il male lo sentiva e poco contava se poi sua madre gli dava una caramella come premio. Poteva tenersela. Almeno per cinque minuti, quando poi non aveva più la forza di tenere il broncio.
Spesso, quando un'infermiera era nuova, gli faceva fare il tour completo del reparto. Lui la seguiva anche se in definitiva sapeva già da anni dove fosse il bagno, dove posizionassero le decorazioni per le feste, la sala con i giochi, l'altro bagno, l'uscita anti-incendio e via dicendo. Quel corridoio lungo restava sempre lo stesso, l'unica cosa a cambiare era la stanza a cui veniva assegnato.

Era il ventidue dicembre, ancora poco e sarebbe stato Natale. Non si stupì di trovare, come l'anno precedente, un albero finto decorato con nastri, palline e luci. Sorrise appena, stringendo la mano di sua madre che di rimando si chinò verso di lui indicando tutti i pacchetti alla base del pino. «Probabilmente lì c'è anche il tuo regalo, sai?»
Lui annuì, lanciando poi un'occhiata alla donna che aveva davanti. Non era particolarmente gentile, sembrava piuttosto che l'avessero costretta a infilarsi quel camice e soprattutto che le avessero puntato una pistola alla tempia per essere nel reparto pediatrico. Magari sbagliava, magari erano i capelli neri e lunghi e abbastanza sfibrati a farla sembrare una strega.
Lei si girò, sbuffando appena nell'indicargli la porta della stanza a cui poco dopo bussò, entrando senza aspettare alcun permesso. No, probabilmente era anche per la pelle rugosa, pensò prima di farvi capolino a sua volta.
C'erano sei letti, tre da un lato e tre dall'altro, il suo -l'unico libero-, al centro di quelli posizionati a destra. Scrutò brevemente le facce degli altri bambini, almeno di quelli svegli se si escludevano due che dormivano beatamente nonostante fosse pieno giorno.
L'unica vigile nella parte sinistra della stanza lo fissava incuriosita. Non gli disse nulla e Iwaizumi di risposta la ignorò. Si chiese solamente quanti anni potesse avere, constatando tra l'altro che aveva i capelli tagliati troppo corti per essere considerata "carina".
Si sedette sul letto, guardando verso la finestra, e lì vicino ce n'era un'altra, ancora insieme alla madre: una donna fin troppo robusta che ancora un po' e la imboccava nonostante ad occhio e croce avesse probabilmente la sua età. Guardandola meglio si accorse che era una di quelle bambine che gli adulti dicevano avere la "sindrome di down". Mentalmente sollevò le spalle, non aveva la benché minima idea di cosa volesse dire ma gli dava fastidio che non mangiasse per conto suo.
Girandosi infine dall'altra parte, al lato sinistro del proprio letto, vide lui. Stava sorridendo e parlando con i suoi genitori, che apparentemente sembravano più stanchi e sciupati loro di chi era ricoverato.
Aveva i capelli corti ma non troppo e leggermente mossi, con le punte rivolte all'insù. Gli occhi erano gentili, di un color nocciola che con quel poco sole che entrava nella stanza riusciva comunque a fare effetto. Continuavano a non posarsi mai su di lui e per un qualche motivo si sentì offeso.
«Hai visto?» iniziò a quel punto sua madre sedendoglisi accanto «ci sono altri bambini, puoi fare amicizia!»
Avrebbe voluto rispondere "ci sono sempre altri bambini di cui non mi interessa", ma più la guardava più notava quanto stesse cercando di tenere insieme i cocci. Allargò il sorriso che le aveva fatto in precedenza. «Sì, è vero.»

«Io sono Oikawa Tooru, comunque!»
A quelle parole Iwaizumi si costrinse a prestare attenzione al ragazzo del letto a fianco e ad aprire gli occhi. Non si era reso conto di essere così stanco finché l'orario delle visite non era finito, e tutti erano stati costretti ad andarsene. L'unico a restare, per un qualche motivo che neanche si preoccupava di analizzare, era il padre di chi ora lo guardava aspettando che si presentasse a sua volta.
«Tuo padre dov'è?»
«E' andato a prendere qualcosa da mangiare.»
«Iwaizumi Hajime.»
«E come mai sei qui?»
Pensò che non fossero cose che dovessero importargli e non rispose, tornando alla posizione iniziale. Non farti odiare da subito, ma la vocina nella sua testa non era abbastanza convincente.
Si ritrovò gli occhi puntati addosso della ragazzina incapace di mangiare da sola. Alzò un sopracciglio sputandogli un "beh?" innervosito. Avrebbe voluto chiederle che ci fosse da sorridere ma si limito a far finta che non esistesse.
«Perché non parli? Non ti sto simpatico?» dallo scricchiolare del letto poteva immaginare che l'altro si fosse sporto in avanti per fargli quelle due domande.
Corrugò la fronte, chiudendo gli occhi.
«Io non lo so perché mi trovo qui, sai?», se non sai qualcosa non iniziare un discorso, avrebbe voluto rispondergli. Era una frase che spesso gli avevano rifilato a scuola.
«Non te l'ho chiesto.»
«Lo so, ma almeno ora mi hai parlato!»
Forse il tono improvvisamente allegro di Oikawa, o quel continuo cigolare della rete del letto, o la voglia di mettergli una scarpa in bocca (se solo avesse saputo dove erano stati messi i suoi vestiti), lo convinsero ad alzarsi a sedere, girandosi per l'ennesima volta a guardarlo. Era abbastanza spazientito da quella giornata e si sentiva pronto a litigare.
Però rimase zitto. Si era scoperto a fissarne il sorriso, pensando improvvisamente a quanto stonasse uno come lui all'interno di quella stanza.
Le pareti erano colorate, lo notava solo ora, ma i colori erano smorzati. Le luci non illuminavano abbastanza, i giocattoli avevano il tipico odore di ospedale che ormai aveva imparato a riconoscere.
Ciò che lo fece riprendere da quei pensieri fu il ritorno in stanza del padre di Oikawa, che stringeva in mano qualcosa. «Tieni, non dire a mamma che ti ho fatto mangiare fuori pasto, eh!», lo sentì asserire mentre gli allungava una merendina al cioccolato.
«Hai fatto amicizia, sì?» e senza aspettare risposta la sua attenzione ricadde su Iwaizumi. «Come ti chiami?»
«Iwai-»
«Iwaizumi Hajime!» lo interruppe l'altro, addentando con evidente fare affamato il dolcetto, e disperdendo così briciole sul lenzuolo.
Assottigliò lo sguardo mentre riceveva in risposta una risata divertita. «... Esattamente. Mi chiamo Iwaizumi Hajime, signore.»
«E' un piacere conoscerti, davvero.» Lo vide sforzarsi un po' a increspare le labbra in quello che doveva essere un sorriso. Aveva probabilmente l'età di suo padre, ma era più asciutto. I vestiti erano stropicciati, e sicuramente non cenava a dovere da un bel pezzo.
«Ho un po' sonno adesso...»
Dal nulla Oikawa sembrava aver perso vitalità, ma non si fece domande. In fondo ci aveva parlato pochissimo e non gli interessava neanche troppo chiedergli se avesse avuto una giornata pesante. Guardò piuttosto l'orologio appeso alla parete vicino alla porta, erano quasi le nove e mezza e si stupì di aver dormito tutto il pomeriggio.
«No, non dormire, ti prego...»
Iwaizumi si girò verso l'uomo, abbastanza stranito. Aggrottò la fronte quando questo prese il figlio per le spalle cercando di smuoverlo. Ma ormai era tardi, Oikawa si era addormentato con una velocità che aveva dell'incredibile.
Diede le spalle a quel ritratto familiare, ritrovandosi ancora una volta lo sguardo dell'altra bambina puntato addosso. Sbuffò, chiudendo gli occhi. Sapeva che aspettava solo di poter attaccare bottone, e quella era l'ultima cosa che voleva.
Passerà in fretta anche questo periodo.
Stava per crollare a dormire quando iniziò a sentire il padre di Oikawa piangere sommessamente, cercando di non farsi sentire. Strinse le palpebre, rannicchiandosi. Non voleva saperne nulla, né di lui né del motivo dei suoi pianti.
«Se si sveglia e la vede piangere è peggio. Se deve farlo è meglio se esce.» E nel consigliarlo si morse il labbro inferiore.
La risposta fu uno scricchiolare di passi che si allontanava e l'appena udibile cigolio della porta.
Si raddrizzò sul letto, pancia in sù. Lanciò un'occhiata all'altro. Aveva un bel profilo, i lineamenti non erano marcati e la luce di fianco al letto lasciava poche zone d'ombra sul suo viso.
E' bello.



 




Probabilmente sarà composta di massimo tre capitoli, e spero di riuscire ad aggiornare minimo una volta a settimana, lavoro permettendo x°
Per il resto, spero non abbia troppi errori- ma in caso saranno revisionati e corretti!

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Capitolo 2
*** I found love where it wasn't supposed to be. ***


Non sapeva esattamente come comportarsi. Improvvisamente si trovava a pensare che non l'aveva mai saputo. Aveva sempre cercato di evitare contatti troppo superficiali con le persone, in fin dei conti.
Non odiava il genere umano, e per essere un bambino non era neanche sicuro di cosa significasse la parola odio. Gli adulti ne parlavano spesso e nessun contesto gli era mai sembrato abbastanza familiare da pensare "oh, conosco questo sentimento". A detta altrui, quando riusciva ad aprirsi abbastanza da lasciare che qualcuno entrasse nel suo mondo, Iwaizumi sapeva essere un leader. Non che gli interessasse veramente, e spesso si era ritrovato a scrollare le spalle e far passare avanti qualcun altro a prendergli il posto, però essere coscente di riscuotere successo lo faceva sentire in un qualche modo sicuro.
In ospedale le cose non andavano mai bene. Gli aghi li odiava, ma odiava soprattutto essere svegliato alle sei di mattina"anestetizzo la parte così non senti male quando vengo a farti il prelievo tra un'ora" diceva l'infermiera. Aveva sempre sentito dire a sua madre che i prelievi andavano fatti sul braccio destro, che dal sinistro usciva poco sangue, e così quando avevano provato a inserire l'ago nel braccio sbagliato si era rifiutato con tutte le sue forze, costringendo l'infermiera a bucare quello senza anestesia.
"Ma qui farà più male."
"Non importa."

Era sempre una rottura spiegare a tutti che voleva solo un minimo di ordine, che le regole erano quelle, che il braccio da bucare era il sinistro, che no, non voleva fare amicizia in un posto simile, e no, non poteva interessargli meno di fare un disegno per sua madre e suo padre.
A volte i medici venivano a prenderlo dalla stanza, altre volte parlavano con i suoi genitori, altre ancora gli facevano esami e non chiedeva neanche più a cosa servissero.
E poi c'erano i momenti che preferiva, quando poteva rubare dalla sala giochi almeno un puzzle e farlo da solo. Ne aveva trovato uno con raffigurati dei dinosauri, e si sentiva così fortunato da pensare di portarselo a casa una volta dimesso.

«Ehi, tu.»
Era iniziata così, di nuovo, tra Iwaizumi e Oikawa.
«Che vuoi?»
«Come ti chiami?»
Iwaizumi aveva imparato un po' di cose sulla pazienza in quei giorni. Ad esempio, non riusciva a essere irritato con Oikawa anche se questo gli faceva sempre le stesse domande. Aveva provato a mettergli il broncio, ma poi lo aveva visto sorridere anche senza motivo per farlo, e si era ritrovato sempre più spesso a volergli chiedere se sarebbero potuti essere amici fuori dall'ospedale.
Aveva anche imparato che la pazienza lo portava a non sbuffare quando Oikawa piangeva ininterrottamente la notte, e che prendergli il volto tra le mani lo faceva smettere per un po', finché non prendeva sonno nuovamente.
Sua madre e suo padre non dicevano mai nulla, anche quando Iwaizumi sembrava volerlo trascinare in giro per il corridoio e poi in sala giochi. Lo faceva stancare, se ne rendeva conto, ma quel luogo era tutto ciò che avevano. Quel corridoio almeno per quei giorni poteva essere loro.
Alla fine, aveva imparato più cose su Oikawa che sulla pazienza, in effetti.
«Iwaizumi Hajime», pausa. «Oikawa, tu a cosa giochi?»
Il suo volto illuminato gli era bastato per decidere che quello sarebbe stato il loro argomento preferito.
«Pallavolo! Da grande sarò un grande giocatore, andrò sicuramente alle nazionali!»
Si era scoperto a sorridere a sua volta. Se le cose stavano così allora non era difficile che restassero in contatto.
«Vieni a casa mia, quando esci. C'è un parco lì vicino, possiamo giocare insieme!»

(Ma poi la notte arrivava, e tutto diventava più complicato.
Oikawa iniziava a piangere, suo padre non riusciva a calmarlo. Era uno spettacolo che non comprendeva e non era neanche sicuro di volerlo comprendere. Scendeva dal proprio letto e andava ad accarezzargli le guance, sussurrando all'altro che sarebbe andato tutto bene. Lo chiamava per nome, e inaspettatamente questo lo aiutava a riprendere sonno.
«Perché la notte piange sempre?»
«E' il buio»
«E perché continua a chiedere alla gente come si chiama?»
A questa domanda non riceveva mai una risposta seria, e in realtà neanche si impegnava troppo per ottenerla. Sapeva la procedura. Al risveglio avrebbe nuovamente detto "sono Iwaizumi Hajime" e avrebbero fatto amicizia ancora.)

Era passato da poco Natale, e non che lì dentro fosse un giorno speciale, ma Iwaizumi aveva ricevuto in regalo un dinosauro e Oikawa quello che sembrava essere il pupazzo di un alieno. Aveva istintivamente pensato che gli si addicesse. A volte gli sembrava provenisse da un altro pianeta.

Non gli era mai piaciuto nessuno in così poco tempo, e non aveva mai pensato di voler proteggere un'altra persona. Non era il tipo, non era neanche sicuro di esserne in grado.
«Dov'è?!» la sua stessa voce allarmata al risveglio lo turbò. Aveva dormito. Quella notte aveva dormito. Non era stato svegliato da nessun pianto e ora Oikawa non era più nella stanza. Iniziò a guardarsi intorno ma nessuno degli altri bambini sembrava interessarsi, se non quella che da giorni sperava di rivolgergli la parola. Sbuffò, prendendo da sopra al proprio comodino la scatola del puzzle che custodiva gelosamente, allungando la mano nella sua direzione.
«Se lo sai e me lo dici ti do il puzzle. E dopo gioco con te.»
Gli era costata un po' quella frase, ma era ok. Meglio imparare da subito la legge della domanda-offerta.
«Sono venuti dei dottori a prenderlo questa mattina, lo hanno svegliato e portato via...», rispose lei afferrando la scatola e svuotandola per intero sulle lenzuola.
Avrebbe sicuramente perso i pezzi.
In un certo senso, si sentiva esattamente come quel puzzle. Rovesciato, in disordine.
Si avvicinò alla porta, affacciandosi. "Non che mi importi poi così tanto", non che fosse credibile per qualcuno, tanto meno per se stesso.

«Mamma?» Era primo pomeriggio quando iniziò a spazientirsi maggiormente. Strinse tra le dita le coperte, facendo una smorfia di disappunto e girando il volto verso il letto ancora vuoto affianco al suo. «Dov'è Oikawa?»
Si sentì scompigliare i capelli, ma, nuovamente, non ricevette risposta. La salute dell'altro sembrava un argomento tabù per chiunque, un qualcosa da trattare con i guanti, nulla da dire ad un bambino, nulla da dire ad un suo amico. Ingenuamente, a volte, aveva pensato che forse se fosse stato qualcosa di più di questo allora glielo avrebbero detto. I grandi sentimenti vanno rispettati, non si tiene all'oscuro un innamorato, lo aveva imparato dai film. Non che guardasse intenzionalmente quelli d'amore, ovviamente.
Eppure, Iwaizumi non c'era giorno che non pensasse a quanto fosse sbagliato il ricovero di Oikawa in ospedale.
Aveva iniziato ad apprezzare la sua risata, soprattutto la mattina, quando aveva la certezza che i pianti della notte avessero solo il tempo a loro dedicato. A volte lo vedeva crollare anche durante il pomeriggio, se era stanco. Chiedeva a tutti chi fossero, e quando arrivava il suo momento di rispondere si limitava a ricordargli ciò che amava. "Mi piacerebbe se giocassimo insieme! Potremmo essere nella stessa squadra, sai?"

«Ehi Iwa-chan?»
«... Quanta confidenza»
«Hai mai baciato una ragazza?»
A quella domanda era ghiacciato, girandosi lentamente verso l'altro con un leggero rossore sulle guance. Ringraziò la poca luce del sottoscala – e la poca guardia degli infermieri – e iniziò a stropicciarsi le mani.
«Non sono interessato»
«Alle ragazze?» ed il tono non nascondeva la sua incredulità. Poteva avvertire il ghigno di Oikawa regnargli sovrano sul volto.
«Ai baci!»
In quel momento sarebbero potute succedere tante cose. Una catastrofe mondiale, un'improvvisa apparizione di un qualche spirito, un'invasione aliena. Iwaizumi si sarebbe sempre detto pronto a tutto.
Le labbra di Oikawa sulla propria guancia, però, erano un imprevisto che avevano avuto il potere di far crollare tutta la sua sicurezza.
«Cambiato idea?»



 


 

Ok sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento ma sì insomma (...)
Ringrazio chi ha letto sino a qui, in teoria il prossimo dovrebbe essere l'ultimo capitolo dove saranno date tra l'altro tutte le spiegazioni mancanti. EEEeeeee quanto vorrei dire che aggiornerò prestissimo ma sarei credibile meno di zero (...) farò il possibile . . . 
 

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