Il Villaggio delle Gru

di Hyre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dai Monti Blu al Villaggio ***
Capitolo 2: *** Incontri Ravvicinati ***
Capitolo 3: *** Profezia...? ***
Capitolo 4: *** Non morire, Jackson. Ti prego, non morire ***



Capitolo 1
*** Dai Monti Blu al Villaggio ***



Faceva caldo. Molto caldo. Stava cavalcando da quasi tre ore. Gli faceva male il sedere e la schiena, in più il viaggio in barca, durato quasi due giorni, lo aveva stancato. Mancava poco che si addormentava sulla cavalcatura. Era una bestia alta dalle zampe fini e il pelo corto, nulla a che vedere con i cavalli tozzi, bassi e con il pelo lungo che era abituato a vedere nel suo paese. Era anche vero che dov’era diretto ora aveva un clima molto, ma molto più mite rispetto al suo.
Mark si sistemò meglio sulla sella cercando di non cadere da quell’altezza, per lui irreale. Davanti a se vide un bivio, una strada a destra e si inoltrava in un boschetto, mentre l’altra si dilungava verso campi biondi di cereali. Le indicazioni dell’uomo che gli aveva fornito il cavallo erano state chiare

《se vuoi arrivare al Villaggio delle Gru stai sulla sinistra, dove ci sono i campi di riso. Non puoi sbagliare!》

Così diresse il quadrupede a sinistra andando verso quelli che dovevano essere i campi di riso. Si guardò attorno confuso vedendo solo distese dorate e ondeggianti. Ma il riso non si coltiva in acqua? Si chiese continuando a guardarsi attorno perplesso. Tuttavia la sua estrema inesperienza in fatto di colture lo fecero andare avanti per quel sentiero sterrato.
Era da poco passata la settima ora quando in lontananza vide una casa completamente ricoperta d’edera.

《passerai accanto ad una casa ricoperta di foglie verdi. Non aver paura. Fermati, ti ospiteranno. I gitani non sono avvezzi a far del male ai viaggiatori, ti aiuteranno e rinfrescheranno il tuo cavallo》

Come suggeritogli dall’anziano si avvicinò alla casa. Vide alcuni bambini correre e giocare mentre una giovane donna stendeva i panni. Scese da cavallo stando attento a non slogarsi una caviglia e, tenendo le briglie, si avvicinò
《salve》 disse con voce tremante in quella lingua così poco familiare
I bambini si fermano e dopo una sguardo veloce si rifugiano in casa, la donna lo guardò, ma non disse nulla. Che avesse sbagliato a salutare? No, impossibile. Non fece in tempo ad aggiungere altro che la giovane sparì dentro casa facendo tintinnare gli anelli alle caviglie.  Cercò di seguirla, ma l’abbaiare di alcuni cani lo fece desistere.
Fortuna che lo avrebbero ospitato!
Sta per andarsene quando una donna alta e slanciata con la pelle cotta dal sole esce dalla casa. I capelli castani le incorniciavano il volto per poi scendere in morbide onde fino a coprire la schiena. Mark la guardò incantato, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo corpo longilineo e tonico
《chi sei?》 chiese la donna con tono freddo facendolo trasalire
《Mi chiamo Mark Tuan, vengo da molto lontano… il vecchio del porto ha detto che potevo fermarmi qui per qualche minuto prima di continu- 》
《stai parlando del signor Yoon?》 chiese interrompendolo a metà frase
《s-si》 mormorò Mark intimorito dal tono gelido
La donna allora sorrise dolcemente e si avvicinò al ragazzo
《sono Bora. Mi dispiace averti trattato così, ma non sono molte le persone con quei capelli a farci visita… se mio nonno ti ha mandato qui, significa che sei un bravo ragazzo》 disse la donna mettendogli una mano sulla spalla 《i bambini sono corsi dentro urlando che ‘un demone dai capelli di fuoco’ era arrivato》 ridacchiò appena.
Mark sorrise imbarazzato. Non aveva pensato che i suoi capelli rossi fossero un problema, era il colore più comune assieme al biondo, da dove veniva. Un ragazzino uscì dalla casa e si affrettò a prendere il cavallo, portandosi subito a distanza dal nuovo arrivato.
《vieni, entra pure》 lo invitò Bora scostando una tenda fatta di piccoli pezzetti di bamboo.
La casa era minimamente arredata, il pavimento non esisteva, si camminava direttamente sul terriccio ben pressato da anni di calpestii, le pareti erano spoglie, fatta eccezione per un’icona di una divinità pagana sotto la quale c’era un piccolo altare adornato di ghirlande di fiori. Dentro al stanza c’erano si e no una decina di bambini che si spostavano al passaggio di Mark, intimoriti dal suo aspetto.
Bora lo condusse in una stanza attigua leggermente più grande della precedente. Per terra c’erano delle stuoie e un tavolino traballante, segno che lì si consumavano i pasti.
《allora, Mark, cosa ci fa un ragazzo dal nord qui da noi?》 domandò sedendosi composta sulla stuoia più consumata in modo da far sedere il suo ospite sulla migliore.
A Mark non sfuggì questo particolare.  Era sempre stato un ottimo osservatore, ogni piccolo dettaglio non sfuggiva alla sua vista, osservava attento ogni cosa che lo circondava analizzandolo e capendone i processi o le motivazioni in un batter d’occhio.
《sono venuto qui per mia nonna…l’erbaria del Villaggio delle Gru, non sta molto bene…》
《l’erbaria hai detto?》 chiese notevolmente interessata la ragazza. Nella sua voce, tuttavia, c’era una punta di incertezza. Paura forse?
《s-si, ho ricevuto una sua lettera.. dice di non stare molto bene e che vuole insegnarmi qualcosa…》 mormorò Mark
《non va affatto bene…》 disse cupa Bora guardano le iridi verdi di Mark
《perché non va bene?》 ora iniziava a preoccuparsi
《Mark da dove vieni?》 chiese la donna come se non avesse posto la domanda
《..da..un villaggio a nord dei Monti Blu》 mormorò piano abbassando di poco lo sguardo
Un imprecazione si abbattè sulle labbra della giovane donna che si ricompose poco dopo ricordandosi di avere ospiti
《devi sapere che esiste una profezia…》 disse guardando la finestra, attraverso le foglie verdi d’edera 《una profezia che, a questo punto credo si avvererà…》
《di cosa stai parlando?》
《alla morte della centesima erbaria del Villaggio delle Gru, un Saltatore d’Acqua prenderà il suo posto portando con se i suoi simili》 recitò Bora in tono solenne
I Saltatori d’Acqua. Felini di Fiume. Sirene delle Risaie. Molti nome una sola idea. Erano creature misteriose e ambigue.Si diceva provenissero dal nord. Riconoscibili per i loro fisici longilinei e per i capelli corti, lunghi al massimo sotto le orecchie. Di una bellezza irreale, ammaliavano le persone con le loro parole, i loro canti e i balli fatti di spettacolari salti ed acrobazie. Camminavano sul pelo dell’acqua senza affondare, erano dotati di incredibile agilità ed eleganza. Ed erano tutti uomini. Odiati dai contadini perché rovinavano loro le colture. Cacciati dai pescatori perché facevano fuggire i pesci. I Saltatori d’Acqua erano gli emarginati della società.
Mark boccheggiò. Bora stava insinuando che lui era una di quelle creature?
Si alzò in piedi impaurito dai possibili pensieri di quella donna quando un urlo di puro dolore squarciò il silenzio del primissimo pomeriggio.














 
Salve!! eccomi qui con una Long Fiction sui GOT7. 
Era da tanto che volevo scrivere qualcosa su questi scemotti
IN teoria dovrei studiare perchè ho la maturità ma una piccola pausa non fa male a nessuno no?

spero vi piaccia 


Hyre

 

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Capitolo 2
*** Incontri Ravvicinati ***


L’urlo era di un bambino, sicuramente uno di quelli che abitavano la casa verde. Sia Mark che Bora si guardarono negli occhi prima di correre fuori, verso la fonte del grido. I bambini stavano facendo un capannello vicino al carro dei muli, tutti in cerchio, indecisi su cosa fare o su chi chiamare. I due ragazzi su avvicinarono cauti.

che succede? chiese Bora facendosi largo tra i ragazzini

è stato morso da un serpente d’acqua disse una bimba dai capelli d’ebano raccolti in due trecce ai lati della testa.

La donna questa volta non riuscì a trattenere un imprecazione. Mark osservò il morso frastagliato e capì immediatamente ce non era stato fatto da un semplice serpente d’acqua, ma da una vipera albina. Erano creature infide, di grosse dimensioni, completamente bianche con gli occhi di un inquietante grigio perla.

portiamolo dentro disse subito Bora avvicinandosi al bimbo, svenuto, con il braccio sanguinante

non toccarlo! fu subito la reazione del giovane dai capelli rossi il veleno può contagiare anche te

cosa dovrei fare? Lascialo morire?! gridò la ragazza esasperata sotto evidente shock e pressione

so cosa fare rispose semplicemente il ragazzo correndo verso le risaie prive d’acqua. Controllò rapidamente l’argine erboso e raccolse una piantina dalle foglie ricurve e tondeggianti. Le mise in bocca e iniziò a masticarle con foga mentre raccoglieva una seconda pianta dalle foglie più lunghe e larghe. La pasta che aveva formato con la saliva e le foglie tonde la mise sulle foglie più grandi tornando indietro dal bambino e posizionandogli la “fasciatura” sulla ferita bloccandola con delle spighe di riso. La piccola vittima della vipera iniziò ad agitarsi e a dimenarsi urlando di dolore mentre Mark premeva con sempre maggior forza il composto sulla ferita.

demone!

mostro!

lo stai uccidendo!

I bambini avevano paura di quel ragazzo dagli strani capelli rossi che credevano stesse uccidendo, o peggio, “corrompendo” il loro amico con i suoi poteri demoniaci. Dopo pochi istanti il bambino aprì gli occhi. Con terrore guardò Mark, vicinissimo a se e subito si ritrasse, ma a quel movimento non percepì più il dolore che gli attanagliava il braccio dove il maggiore stringeva. Tolse con foga le foglie, non voleva avere qualche residuo demoniaco addosso. Quando tolse la medicazione vide la ferita perfettamente sanata, certo, era ancora aperta, ma non sentiva più il formicolio di prima e non sentiva affatto dolore. Aveva anche smesso di sanguinare

ora capisco perché l’erbaria vuole insegnarti qualcosa… sei nato con il dono delle erbe…

Il dono delle erbe. Oh! Quante volte glielo avevano rinfacciato… e quante volte lo avevano preso in giro! Un abitante del nord, nord perennemente ghiacciato, con il dono di utilizzare al meglio le erbe, erbe che lì non crescevano. Tutti ricevevano il dono dei ghiacci o del fuoco, ma lui no. Lui era uno dei pochi esseri viventi ad avere il dono delle erbe.

Che cos'erano i doni? Molto semplice. Al compimento dei proprio 16 anni, si andava alla fonte degli spiriti del villaggio, nel caso di Mark una grotta dove sgorgava acqua termale, e si immergeva il candidato nelle acque. Esse si sarebbero illuminate di un colore specifico in base al dono: blu per il dono dell’acqua, bianco per il ghiaccio, giallo per la terra, rosso per il fuoco ed, infine, verde per le erbe.

Ogni dono portava a chi lo possedeva una certa affinità con l’elemento prescelto. Nel villaggio al di là dei Monti Blu, tutti o quasi avevano il dono del ghiaccio e del fuoco, l’uno per essere più forti nell'utilizzo dell’elemento, l’altro per poter avere uno spirito caldo contro il freddo pungente. Fatto sta che il bagno nella fonte degli spiriti si era trasformato in un’immersione in acque verdi brillanti e la delusione negli occhi della madre, vestita a lutto per la morte del marito appena qualche giorno prima, che voleva tanto che il loro primogenito avesse uno spirito di fuoco come lei e come il suo defunto compagno. Che delusione vedere il proprio primogenito con un dono inutile al sostentamento della famiglia. Come avrebbe fatto Mark a proteggersi dal freddo nelle miniere o nelle grotte di estrazione del ghiaccio? Come poteva aiutare le proprie sorelline ancora troppo piccole per ricevere il loro dono?

La lettera dell’erbaria del Villaggio delle Gru era giunta dopo un anno e mezzo dal dono, Mark aveva conosciuto sua nonna quando era piccolo, e se la ricordava come una donna, sì anziana, ma con una vitalità unica, ricca di sapienza e sempre pronta ad ascoltare. Sua madre era restia a farlo partire, ma comprendeva che nel villaggio dove abitavano non aveva speranze di applicare il suo dono. Lo vedeva come si sforzava per aiutare lei e le sorelle, ma per quanto si sforzasse sembrava sempre un uccellino in gabbia. Col cuore colmo di tristezza l’aveva fatto partire per andare nel villaggio dov'era cresciuta.

già… un dono inutile nelle terre gelate disse il ragazzo ripetendo le parole di molti suoi coetanei del suo villaggio

probabile… ma qui hai appena salvato una vita rispose con gentilezza la donna posandogli una mano sulla spalla e ti siamo debitori aggiunse con un sorriso.

Dopo quell'episodio i gitani gli riempirono le borracce d’acqua e gli riempirono il tascapane di carne secca, pesce affumicato e qualche spiga di riso, loro più prezioso bene.

Salutandoli risalì in sella e riprese la propria cavalcata verso il Villaggio. Più si avvicinava più capiva il perché di quel nome: i fossati, rigogliosi di canne e tife, erano popolate da gru ed aironi. Camminavano placidi nelle acque fangose chinandosi ogni tanto a prendere qualche pesciolino. Le cicale frinivano sotto il sole cocente di fine pomeriggio facendo da colonna sonora al viaggio di Mark.

In lontananza il ragazzo vide la torre di vedetta del villaggio e sorrise, da piccolo voleva scalarla per vedere se da lì si vedeva il mare. Ridacchiò a quel ricordo pensando a quanto era ingenuo e fantasioso da bambino.

Era perso nei suoi ricordi, ma con la coda dell’occhio vide uno spostamento rapido alla sua destra, unico segno che non stava impazzendo erano delle increspature sull'acqua. Magari era stato solo un pesce ad essere guizzato fuori dall'acqua.

Un fruscio a sinistra.

Si volta di scatto guardando nella direzione del fruscio e ancora come unico segno c’era solo un'increspatura nell'acqua.

Mark scosse le testa cercando di togliersi dalla testa quelle visioni. Sicuramente era colpa del caldo.

Una risata.

Questa volta non se l’era sognata. Era acuta, ma maschile. Veniva da destra. Si volta lentamente e non riesce a credere a quello che vede.

Due magnifici ragazzi. Capelli scuri che coprivano la fronte di entrambi, occhi come due perle nere incastonate nella pelle chiara. Dei sorrisi divertiti erano delineati da labbra rosee e piene. Uno dei due era leggermente più alto dell’altro e aveva due piccoli nei sopra l’occhio sinistro; l’altro anche se più basso era certamente più muscoloso e si appoggiava al compare con un braccio sulla spalla.

Mark rimase colpito da tanta bellezza, i petti nudi mostravano fisici a dir poco perfetti, ma più ancora rimase colpito dal fatto che i due ragazzi poggiassero i piedi sul pelo dell’acqua come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Saltatori d’acqua.

carino il ragazzo, vero hyung? disse il più basso

sì, decisamente carino, Jackson… magari potremmo divertirci con lui












Salve!! Allora eccomi col secondo capitolo... un po in ritardi rispetto a quando volevo postarlo, ma mi sono presa una post maturità... che dire, finalmente Mark ha incontrato i Saltatori d'acqua, e si, sono Jackson e JB, chi altri!
Mi piacerebbe sapere che ne pensate, lasciate un commentino da su su n.n
spero vi piaccia 


Hyre

 

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Capitolo 3
*** Profezia...? ***


《...carino il ragazzo, vero hyung?》

《… magari potremmo divertirci con lui…》

Piedi scalzi che danzavano leggiadri. Melodie appena accennate cantate da voci angeliche. Un turbinio di movimenti fluidi e di increspature d’acqua appannavano gli occhi e la mente di Mark, che, incantato da quelle due creature, non riusciva a smettere di guardarle. Sorrideva ad ogni loro sguardo. Ricambiava ogni loro occhiata lasciva. Si ritrovò a danzare con loro in quel sabba di colori. Si stavadivertendo. Era libero insieme a quei ragazzi.

《...un demone dai capelli di fuoco…》

Stralci di conversazioni gli affollavano le orecchie facendogli venire un improvviso capogiro. Si sentì lento, la sua mente non riusciva a stare dietro ai movimenti del corpo. Come un ubriaco cercava di stare in piedi, salvo poi cadere a terra. Si rialzò e solo allora vide.

I suoi piedi nudi, poggiavano sul pelo dell’acqua delle risaie, dove fino a poco prima stava ballando con i ragazzi

《…un Saltatore d’Acqua prenderà il suo posto portando con se i suoi simili…》

Un urlo agonizzante esce dalla gola di Mark. Sente la saliva raschiargli la trachea quasi soffocandolo. Quei suoni quasi disumani che stava emettendo si accavallano ad una voce morbida ma vissuta. L’urlo continua, lacerando l’aria, squarciando le nuvole, arrivando fin sopra il cielo, dove si disolve in echi afoni.

《Mark… svegliati. Svegliati! 》

Col fiato corto e i capelli appiccicati alla fronte il ragazzo scatta seduto sulla stuoia di bamboo sul quale era coricato. La pezza umida che gli rinfrescava il volto gli cade in grembo. Era dentro una capanna nella quale, la calda luce del tramonto, entrava dalla porta schermata da una misera tenda in erba intrecciata. Si guarda attorno spaesato pensando di trovarsi presso la dimora di gitani, ma l’assenza del piccolo altare pagano e gli schiamazzi dei bambini gli fanno intuire che non era lì.

《Mark… piccolo mio… sei sveglio finalmente》

I giovane si volta verso quella voce morbida e leggermente raschiante che gli ricordava tanto casa.

《nonna! 》 urla felice vedendo l’anziana erbaria abbraccaindola di slancio.

《temevo non ti svegliassi più… i pescatori mi hanno detto di averti visto cadere da cavallo e battere la testa per terra. Piccolo mio che, ti è successo? 》 il tono della donna era preoccupato e premuroso come solo quello di una nonna potrebbe esserlo.

《..è stato.. uhm.. un colpo di calore… sai non… non sono abituato…》 mente tenendo lo sguardo basso, non sapendo come sua nonna avrebbe preso la notizia che suo nipote (ed erede) avesse interagito con dei reietti quali i Saltatori.

La donna sorrise bonariamente scostando i capelli fulvi dalla fronte del ragazzo

《ti abituerai presto a questo clima, dopotutto, vivrai qui d’ora in poi…》 disse l’erbaria aiutando Mark ad alzarsi conducendolo alla porta

《…Benvenuto nel Villaggio delle Gru! 》disse scostando la tenda rivelando il paesaggio.

Il sole, basso sull’orizzonte, dipingeva riflessi infuocati sui tetti di paglia delle case che si ergevano sui bassi argini di risaie. Ogni abitazione era circondata da acqua melmosa e ricca di piante verdi e rigogliose. Qui e lì alcuni aironi bianchi e delle gru camminavano pigramente nelle acque basse banchettando, di tanto in tanto, con qualche insetto o piccolo pesce. Le increspature dell’acqua rifrangevano la luce del sole in mille riflessi rossi e oro.

Mark rimase incantato da tutti quei colori caldi. Non era abituato. Lui veniva da un luogo inospitale, freddo e desertico. Viveva tra i ghiacci e i venti gelidi del nord, perennemente avvolto nel bianco e nel grigio di neve e roccia. Il sole non aveva il colore caldo che ora vedeva. Lì tra i monti battuti da venti gelidi, il sole assumeva una debole tonalità giallognola che non riscaldava e che donava a malapena luce. Quella tavolozza di colori, davanti ai suoi occhi, lo colpì come un pugno in pieno stomaco, mozzandogli il fiato. Era tutto magnifico.

《Riposati, ora, bimbo mio, domani sarà una giornata intensa》 disse la donna poggiando una mano sulla spalla del nipote che si era alzato e l’aveva raggiunta fuori dalla capanna.

Mark rise 《non può essere più dura delle cave di ghiaccio》

La donna rise di rimando tornando all’interno della sua abitazione lasciando il ragazzo fuori a godersi il paesaggio e l’aria fresca che proveniva dalle risaie. Il cielo, ora fattosi più bruno, faceva risaltare le lanterne poste fuori di ogni casa, illuminando gli argini che circondavano ogni appezzamento di terreno inondato d’acqua. Piccole e graziose lucciole ondeggiavano sopra la testa di Mark cavalcando le correnti d’aria con leggerezza e maestria.

Sorrise. Si sentiva a casa in quel posto. Si sentiva accettato. Sapeva che lì avrebbe potuto aiutare le persone nel modo più giusto.

Passarono le settimane. Senza quei pesanti vestiti a cui era abituato, Mark, riscoprì un’agilità che mai avrebbe pensato di possedere. Oltre ad essere discretamente veloce era anche forte, e per questo doveva ringrazire solo le ore passate ad estrarre ghiaccio e pietre nelle cave su al nord.

Gli ci era voluto poco per adattarsi al clima caldo-umido del Villaggio, tuttavia per quanto rimanesse al sole, la sua pelle era sempre candida, bianca come la neve.

L’erbaria gli stava insegnando molto, nemmeno lei pensava che il nipote potesse imparare così rapidamente: nel giro di appena due mesi, ben poco era rimasto da insegnare al giovane.

《Mark, sono sorpresa. Sul serio, mai avrei pensato che tu potessi essere così bravo, che il tuo Dono fosse così forte. Non ho altro da insegnarti, ora tocca a te trovare i rimedi per ogni situazione.》

Mark annuì alla donna sorridendole dolcemente 《stanne certa nonna. Lo farò!》 disse entusiasta.

Quell’entusiasmo però non durò a lungo. L’erbaria era malata. Gravemente malata. Pochi giorni dopo infatti la donna non riuisciva già più a muoversi, costretta a letto, incapace di alzare nemmeno un dito.

《Troverò un rimedio per farti stare meglio… ce la farò, nonna. Fidati!》 il giovane dai capelli fulvi era disperato. Teneva stretta la mano della donna guardando la vita sparire pian piano dai suoi occhi.

《nonna… non mi lasciare ti prego…》 sussurrò con le lacrime che gli rigavano il volto come i solchi dell’aratro su un campo di terra fresca e umida.

《Mark, bimbo mio… non piangere… tocca a te ora…》

Quando la sera finalmente uscì dalla casa dell’erbaria era stremato, aveva pianto tutte le sue lacrime, le braccia ciondolavano ai lati del suo busto mentre si trascinava verso il centro del villaggio.

Lì nella piazza principale, appesa ad un bastone, vi era una sfera di vetro giallo con al suo interno un lume. Quello era il simbolo della guida del villaggio, che essa fosse spirituale o meno.

Anche nel suo paese natale c’era una lanterna simile. Certo, era ricavata dallo stomaco di un giovane agnello, ma il principio era quello: ogni volta che la guida moriva, la lanterna andava cambiata.

Con un infinita delicatezza Mark prese la lanterna e spense il lume. I presenti che in quel momento camminavano per la piazza si fermarono a guardarlo.

《mia nonna… ci ha lasciati questa sera…》 le parole gli si incastravano in gola uscendo a fatica. Le mani lasciarono la presa sulla lanterna che si schiantò al suolo in un fragore di vetri rotti in un silenzio tombale.

Quella sera le luci del villaggio non si accesero, anche le lucciole che solitamente decoravano il pelo dell’acqua delle risaie, si rifiutarono di svolazzare, come se anche loro volessero rendere omaggio all’erbaria defunta.

《hey… JaeBum, guarda!》 disse il minore indicando il vilaggio completamente al buio 《non ho mai visto il villaggio… spento… che succede?》

《la vecchia è morta》 rispose lapidario il ragazzo più alto, scrutando il profilo del villaggio, ora tetro, senza nemeno un lume a riscaldare la notte.

《significa quello che penso?》 chiese il minore con un ghigno alquanto poco rassicurante.

JaeBum annuì 《il nostro bel rosso prenderà il suo posto… e la profezia si compirà》.








Angolo Autrice :

Bene, bene, bene .

Era da un bel po che non aggiornavo… giugno? Luglio? Non ricordo bene (wooops). Fatto sta ceh dovete solo ringraziare quell’anima buona di Wang Puppy, percheè è grazie a lui che finalmente pubblico. Bimbo ti mando un mega bacione!

Fatemi sapere che ne pensate

Kisseu Hyre

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Capitolo 4
*** Non morire, Jackson. Ti prego, non morire ***


Il giorno dopo Mark si svegliò stanco. Non era riuscito a dormire tranquillamente: troppe immagini e parole gli affollavano i sogni, tormentandolo. Rivedeva sua nonna insegnargli a distinguere le specie delle piante o indicargli l’ordine da seguire per un buon infuso, o ancora la rivedeva accanto agli argini delle risaie, intenta a raccogliere qualche ciuffo d’erba per poi mostrargliela.
Si stiracchiò appena, indossando la tunica bianca sopra i pantaloni larghi, in cotone, coi quali dormiva. Profumavano di calle, come ogni cosa dentro quella casa. Non si era mai reso conto di quell’appena percettibile aroma che permeava l’ambiente.
Uscì di casa con la bisaccia in spalle e il falcetto legato in vita, pronto ad iniziare la sua giornata come sua nonna gli aveva insegnato. Decise di andare verso le coltivazioni a nord, le cui terre erano più ricche di minerali, quindi più produttive. Quando arrivò alla piazza principale, centro di snodo di ogni strada, vide due donne sistemare la nuova lanterna. Sospirò; era la sua. Sospirò, per poi scrutare la sfera di vetro, verde smerlado, dai piccoli decori, lungo il bastone, di spago rosso e azzurro. Vide le donne inchinarsi quando lo videro passare: si trattenne dal ricambiare il saluto, ricordando cosa gli disse sua nonna.
《Non inchinarti anche tu, Mark. Queste persone ci rendono omaggio in questo modo. Se ricambiassi il loro inchino li offenderesti a morte. Fidati: una volta da giovane l’ho fatto, sono scappati pensando fosse una sorta di maledizione…》 aveva detto una volta l’anziana, ridendo al ricordo.
《Ma, nonna: come posso essere scortese, se sto ricambiando il saluto? Sono, oltretutto, più grandi di me! Come posso rimanere immobile!?》
La donna aveva posto una mano sulla sua spalla, sorridendo bonariamente.
《Non essere così formale, tantomeno duro con te stesso, Mark. Qui non siamo sui monti, non abbiamo quelle severe regole da rispettare… siamo più permissivi. Lasciati andare.》

Scosse la testa, riscuotendosi dai suoi pensieri, e riprese a camminare verso i campi. Si stava godendo il paesaggio e l’aria fresca, a cui ancora faceva fatica ad abituarsi… quando un contadino, intento a piantare nella terra sommersa d’acqua le piantine di riso, lo salutò.
《Buongiorno, giovane erbario.》
《Buongiorno》 disse titubante il ragazzo, avvicinandosi all’argine 《Mi permetterebbe di raccogliere alcune piante dal vostro campo?》 e guardò le innumerevoli specie di erbe diverse su quella porzione di terreno.
《Certamente, non dovete neanche chiedere! Giovane erb-》
《Mark》 lo interruppe, prima di pronunciare di nuovo quel nome altisonante 《Chiamatemi pure Mark.》
Un po’ perplesso, l’uomo acconsentì 《Devo solo avvisarla, Mark… che vi sono alcune trappole qui e lì. I Saltatori mi hanno rovinato già ben due volte il lavoro, in questi giorni.》
《Farò attenzione, allora》 disse con un sorriso forzato, mentre si allontanava col falcetto in mano, pronto ad iniziare la raccolta.
Verso metà giornata, ebbe racolto una buona quantità di piantaggine, rosolaccio ed equiseto: li aveva avvolti in mazzetti con lo spago. Trascrisse lo stato delle piante e le loro dimensioni su un piccolo taccuino di pelle, nero, che si portava sempre dietro.
Stava per mettersi a mangiare il suo misero pranzo, pane e pesce essicato, quando qualcuno, dalla mano incredibilmente veloce, gli rubò il pane dalle mani.
《JaeBum-ah, non è strano che il nostro principino mangi qualcosa di così povero?》
Mark alzò lo sguardo, vedendo davanti a sé i due Saltatori d’acqua che aveva incontrato la prima volta, lungo la via per il villaggio.
Indietreggiò appena, strisciando indietro e provando a distanziarsi da quelle creature.
《Bada a come parli, sono comunque più grande di te. Porta rispetto》 il più alto dei due aveva appena rimbeccato l’altro, dandogli un leggero schiaffo sulla nuca.
《Un mese! Sei più grande di me di appena un mese》 disse il più basso e muscoloso.
《Un mese e mezzo》 specificò con orgoglio quello che doveva chiamarsi JaeBum.
Vedendoli distratti, Mark raccolse rapidamente la borsa con le erbe, per mettersi a correre via dai Saltatori. Poco importava che stesse andando dalla parte opposta a quella del villaggio, gli era solo necessario superarli abbastanza da non vederli.
Sfortunatamente per lui, le cose non andarono come previsto: quelle due creature erano veloci, e lo raggiunsero in pochi istanti sbarrandogli la strada. Con un terrore irrazionale nel cuore svoltò a sinistra, facendosi largo per una una risaia in cui doveva ancora essere ripiantato il riso. L’acqua gli arrivava alle ginocchia, rallentandolo parecchio, soprattutto se considerato che, chi lo stava seguendo, poteva correre lungo il pelo dell’acqua.
Non capiva quell’angoscia che l’aveva pervaso, che pompava adrenalina nelle sue vene spingendolo a correre più veloce che potesse. I due Saltatori gli erano a pochi metri di distanza, quando iniziò ad andare più veloce. La mente di Mark gli stava suggerendo che quelle, probabilmente, erano le ultime forze rimastegli. Le spese per uno scatto, sperando di allontanare i suoi inseguitori. Quando effettivamente si accorse che quell’energia extra non lo stesse davvero abbandonando, e che le sue ginocchia non erano più lambite dalla fredda acqua melmosa, si rese conto di quello che stava accadendo.
Stava camminando sull’acqua! Non dentro. Sopra!
Seppur impaurito, non si fermò. Continuò a correre, imperterrito, cercando di mettere quanto più spazio fra lui e quei ragazzi.
Dopo pochi istanti dalla realizzazione del fatto che, effettivamente, stava camminado sulle risaie inondate, sentì un grido. Un grido quasi animale, di profondo dolore, lacerare il silenzio del primissimo pomeriggio.
《JACKSON!》 sentì il secondo ragazzo urlare. Mark si fermò, voltandosi a vedere cosa fosse successo.
Il più alto dei due saltatori, osservava il compagno agonizzante mentre cercava di liberarsi da qualcosa.
Quando l’acqua si tinse di un rosso cupo, Mark rammentò le parole del contadino: le trappole! Quel Jackson doveva essere incappato in una delle tante. Cauto, si avvicinò ai saltatori. Il maggiore cercava invano di aprire quella che aveva l’aspetto di una tagliola, molto simile a quelle che nei Monti Blu venivano adoperate per gli orsi,ma di dimensioni ridotte. Il ragazzo intrappolato, invece, sembrava essere svenuto.
《Aiutami, non puoi lasciarlo morire!》 lo supplicò JaeBum, continuando a tirarem pur di aprire la tagliola. Mark valutò rapidamente la situazione. Lui era un erbario, non avrebbe potuto lasciarlo morire.
《Spostati!》 intimò al saltatore, scostandolo malamente. Fece leva su due punti e aprì con facilità la tagliola: era più facile aprire questa che quelle per orsi! Osservò la ferita di quel Jackson,abbastanza grave e tutt’altro che un graffietto superficiale.
Non avrebbe potuto di certo portarlo al villaggio per medicarlo, gli abitanti lo avrebbero scuoiato vivo. Ma non avrebbe nemmeno potuto lasciarlo lì, a morire. L’acqua continuò a macchiarsi di un rosso decisamente poco rassicurante.

《…Ti siamo debitori.》

Una voce risalente a quasi tre mesi prima, ormai. Si morse il labro inferiore, indeciso se portarlo lì o meno. Poteva fare un torto del genere a quele persone? Vide la faccia preoccupata di JaeBum e smise di farsi problemi. Doveva salvare una vita.
Si caricò il saltatore in spalla, tenendolo saldamente dalle cosce e osservando l’orizzonte. Doveva recarsi a est, dare le spalle al sole e sperare di non essere troppo distante dal suo obbiettivo.
《Seguimi》 disse solamente a JaeBum, prima d’iniziare a correre sull’acqua delle risaie. Magari così avrebbe risparmiato un po’ di strada.
Ci volle un’ora prima di scorgere la casa ricoperta d’edera. Sperava vivamente che Bora comprendesse la situazione.
Dietro di sé sentiva il saltatore, ancora sano recitare un mantra, di cui ben presto decifrò le parole.
《Non morire, Jackson. Ti prego, non morire…》











A/N: oh ma salve! Si non state avendo le allucinazioni, ho aggiornato prima di 6 mesi. Miracolo! Mi scuso per eventuali errori di battitura, ma sia io che il mio beta siamo pieni di impegni, questo implica una minor attenzione verso alcune cosuccie…. Whoooops #sorrynotsorry
Che dire, spero mi lasicate un commentni per sapere cosa ne pensate
Baci
Hyre

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