Kiss me again

di DelilahAndTheUnderdogs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** you left me paralyzed, no cure, no rehab for me ***
Capitolo 2: *** funny that you got the nerve to keep asking me how I've been ***
Capitolo 3: *** you're the victor in this pageantry ***
Capitolo 4: *** but the only trophy you deserve... catastrophe ***



Capitolo 1
*** you left me paralyzed, no cure, no rehab for me ***


Kiss me again
She is leaving
and I can’t do anything.
Love is leaving
like a fool, I’m blankly standing here.
- BigBang, “If you”

https://www.youtube.com/watch?v=7WJZkfw19TM
 
I.
I concerti si susseguono, uno dopo l’altro, e le ragazze aumentano sempre di più.
In ognuna di loro vedi – la tua – Kibum: o lo sguardo intenso o i capelli o il sorriso.
Quando Seungri – Lee Seung-hyun – ti chiede quando hai intenzione di smetterla, rispondi: “Quando ne avrò voglia”. Speri che, ubriacandoti di sesso e storie facili, te la dimenticherai al più presto – quanto vuol dire ‘presto’ , Ji-yong? Quasi otto anni? Otto anni senza poterla vedere né contemplarla? Senza fantasticarci sopra? Senza farsi filmini mentali sul vostro futuro assieme?
Per ora guardi il bicchierino trasbordante di vodka liscio, lo tieni in mano, lo osservi, ne studi la consistenza trasparente e viscida – ne butti giù un sorso, poi un altro e un altro ancora.
La mente s’annebbia, perdi i sensi ma nel subconscio c’è lei – ci sarà sempre lei, anche quando non lo vorrai, quando farà abbastanza male da non reggerti in piedi, quando tutto sembrerà confuso e non desidererai essere in quella posizione.
Taeyang – Dong Young-bae – ti trova ubriaco fradicio, spaparanzato sul divano: gli occhi vuoti, il bicchierino ai piedi del ragazzo e i vetri in frantumi – GD gli nasconde qualcosa, n’è più che sicuro e spera che non sia amore, quello con la a maiuscola.
Ti adagia sulle lenzuola sfatte mentre ti raggomitoli come un micio sul cuscino, sospiri qualcosa di indistinto.
Sei definitivamente nel mondo dei sogni, per quanto tranquilli o agitati siano.
Sembra reale, dannatamente reale: le sue mani, il suo sguardo e guarda te, povero illuso.
Stai lì, seduto a quella sedia di quel bar, esattamente come otto anni prima.
Nel tuo sonno profondo, fai un piccolo ghigno: “un giorno sarai mia, un giorno lo sarai”

II.
“Che gli prende ultimamente? Si può sapere?” la voce di Taeyang è alta, aggredisce T.O.P –  Choi Seung-hyun -  in modo brutale.
“Che ne so io!” replica con forza il ragazzo.
“Dovresti essere, teoricamente, il suo migliore amico!”
“Non mi dice sempre tutto! Ma, ehi! perché non lo chiedi direttamente a lui?” risponde ironico.
“Ti pare? Là fuori è un intrattenitore, con noi non si confiderebbe mai”
Seungri entra nell’area caffè, dove gli altri due battibeccavano: “Che succede?”
“Nulla” T.O.P sposta gli occhi a terra.
“Se mi dite, forse posso aiutarvi”
“Beh” inizia incerto Taeyang “mi chiedevo come mai GD si comporti in modo strano”
Seungri lo fissa sbalordito: se lui lo sa? Eccome se lo sa.
Era accaduto un macello otto anni prima: prima GD s’innamora, poi lei parte e non se ne sa più nulla.
Ora ricominciava il giro di morte come un rituale antico: un sentimento che ha sempre bruciato l’animo di quel povero ragazzo e darlo in pasto al leone – Taeyang – gli sembra troppo.
“Non lo so per certo, gli parlerò domani per capire la questione” risponde sicuro il ragazzo, cercando di convincere i suoi amici.
“Ok” afferma T.O.P “allora, andiamo a dormire. Domani sarà una lunga giornata me lo sento” e detto questo, si avviano alla zona notte del loro dormitorio.

III.
“Che ti prende?”
“Niente” dici accendendoti una sigaretta.
“È per quella lì? Devi dimenticarla e pensare, almeno, a una ragazza coreana
“E lei cos’è? Il mostro dalla porta accanto, Seungri?” rispondi con aggressività.
“Beh, sì”
“Ma allora non hai capito un emerito cazzo. Non c’è giorno che passa in cui non mi chieda se ho fatto bene a lasciarla andare, se ho fatto bene a non fare il primo passo. Mi sento da schifo: in ognuna di quelle ragazze con cui esco, la rivedo ed è strano che una persona come Kibum - ti prego, togliti quell'espressione schifata - mi sia rimasta incollata nel profondo per così tanto tempo”
Seungri sospira: “Lo so che è difficile: ma lei è diversa, non è come me e te. Potrà parlare un coreano perfetto ma sta di fatto che lei non lo sarà mai completamente”
“Stronzate, Seungri, sono solo un mucchio di stronzate” e detto questo, te ne vai con la cicca in bocca, sperando un altro giorno di non crollare sotto il peso di azioni passate.

IV.
“Allora? Gli hai parlato?” chiede Taeyang apprensivo.
“Sì” risponde Seungri con tono secco.
“Che ha detto?” commenta Daesung, intromettendosi nella conversazione.
“È innamorato”
“Di chi?” le mani di Taeyang si contraggono vistosamente, un moto di gelosia che sale nella sua voce.
“Una hafu*”
“Stai scherzando, spero” il tono di T.O.P è sorpreso.
“No, affatto. Ed è messo molto male, più del previsto” sospira il biondo, lasciandosi cadere sul divano “è mezza coreana e mezza afro-americana”
“E tu come lo sai?” chiede sospettoso Daesung.
“Lo so da otto anni”
“E tu non ce l’hai mai detto?!”
“Se ve l’avessi detto, Taeyang, avreste reagito male … come te adesso, tra l’altro” fece una pausa guardando il pavimento “non capite: GD è pazzo di lei. Per lui è un sogno bellissimo e allo stesso tempo uno degli incubi più brutti mai prodotti”
“O mio dio” esala T.O.P
“Già: o mio dio” rimarca Taeyang.
 














































Note
*hafu = è un termine giapponese per indicare persone di razza mista.

Ho voluto utilizzare questa parola perché mi è più familiare e anche perché, purtroppo, non ho trovato la sua corrispondente in coreano.
Il prossimo capitolo arriverà il prima possibile … so, stay tuned :3
Alla prossima,

Delilah.

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Capitolo 2
*** funny that you got the nerve to keep asking me how I've been ***


Your eyes are pretty like a deer
My princess
When you laugh at me it’s so chic
Are you crazy?
You’re a natural beauty, so unique, so unique.
- BigBang, “Bae Bae”

https://www.youtube.com/watch?v=le9rt7RXJog

 

I.

L’aeroporto di Rio de Janeiro è quasi del tutto deserto.
Sono le quattro e mezzo del mattino ma c’è qualcuno, se osservate bene: c’è una figura di donna seduta su una sedia, ha ventisei anni e il volto sfigurato dal pianto e dai lividi.
Fra le dita scarne regge un biglietto di sola andata per la Corea del Sud.
Vi ricordate di lei?
La riconoscete?
I capelli crespi ricadono disordinati sulle spalle, le labbra carnose sono schiuse e il fiato s’è fatto greve.
È scappata quando sembrava andare tutto per il verso giusto: ma la batosta era arrivata lo stesso.
Si chiamava João do Portos e all’inizio gli si era presentato dolce e attento: le regalava mazzi di rose, l’aspettava fuori dalle lezioni all’università, le preparava manicaretti sfiziosi, le dedicava canzoni con la chitarra smessa di suo fratello.
Non se n’era accorta, non ancora.
Per amore non aveva visto la violenza di lui irradiarsi in ogni suo nervo.
La soffocava: non puoi uscire conciata così, sei mia e di nessun altro, non devi vedere mai più le tue amiche, tu fai quello che dico io.
Kibum, la dolce Kibum, aveva ceduto a un’ubbidienza cieca, che non dava possibilità di uscita da quel calvario insostenibile: erano iniziati gli schiaffi, poi i pugni e infine i calci – e aveva taciuto.
Chiamava al telefono sua sorella Kiunseo negli orari più disparati, i sussulti di Kibum spezzati dalla voce incerta –scappa, le aveva ripetuto più volte, torna qui, da noi – e ci pensava veramente, intendo l’opzione di tornare in Corea una volta per tutte.
E ci sta andando per davvero, ha dato retta alla sorellina e fra meno di un ora parte e ha già lo stomaco sottosopra – e non è per il volo, certo che no.


II.

Sua sorella l’aspetta fuori dagli arrivi con un cartellone, sorride: Kibum affretta il passo e l’abbraccia con trasporto, sussurrando ‘Anyoung haseyo, Yodongseng*’.
“Mi sei mancata tantissimo, Onni* ” la voce è calda e affettuosa, il respiro contro il collo di Kibum e la sorella maggiore si commuove.
Si staccano e si asciuga gli occhi mentre dolcemente Kiunseo le dice: “Ehi, tesoro, non piangere. Ci sono qua io” fa una pausa guardando in basso, notando le valige “queste le porto io” fa per prenderle ma Kibum asserisce che non serve, ma Kiunseo insiste.
Alla fine la minore la spunta e le agguanta una per parte.
La conduce verso il parcheggio e mette i bagagli nel retro del SUV.
“Bella macchina” dice sinceramente stupita Kibum.
“Ringrazia il mio lavoro come assistente stilista alla YG. Non fare quella faccia: so cosa ne pensi di quella casa discografica”
“Mi sei scaduta, tesoro” mette su un broncio come se appena detto che arrivava l’apocalisse, mentre la sorellina cerca di rabbonirla il più possibile.
Quando era più piccola – più o meno verso i quattordici anni – Kibum guardava i video musicali - alla tv, magari - targati YG e ovunque c’erano ragazze bianche, sottolineatura sociale di quanto lei fosse repellente agli occhi di tutti.
Anche se magari le canzoni avevano significati profondi, lei detestava questa scelta insistente di uno standard che nessuno avrebbe saputo calzare alla perfezione.
Le sue compagne di classe si mettevano sempre il cerone pallido, tanto che parevano fantasmi terrestri: le considerava così ridicole da riderci su per ore con Kiunseo.
Quest’ultima accende la macchina e parte la radio a palla con una canzone sconosciuta alle orecchie digiune di Kibum: sta lì, immobile sul sedile ad assorbire ogni parola come acqua, gustandosele con un sapore dolciastro in bocca, trasudavano possessività e sensualità inaudite.
Sembrava scritta a posta per lei eppure rimaneva evasiva.
Sono per strada e la maggiore stenta a riconoscere Seoul – chissà se quel bar esiste ancora.
Nuovi palazzi, nuove strade, nuovi fast food: tuttavia quel caos l’era mancato – non che in Brasile non ci fosse il caos ma quello coreano aveva in lei un fascino tutto suo, così composto e concitato senza violenze né grida troppo acute.
“Quindi ti sei sistemata, immagino”
“Oh, sì” risponde distratta la più piccola, guardandola brevemente “vivo in un appartamentino tutto mio a cinque minuti da lavoro” fa una pausa continuando a fissare la strada davanti a sé “starai da me per un po’, ti troverai un lavoretto e contribuirai alle spese di casa”
“Hai già pianificato tutto, vedo” dice Kibum, ridacchiando.
“Dovrai pur contribuire all’affitto e all’uso dell’elettricità” ribatte caustica Kiunseo.
“Ovviamente” ride sotto i baffi la sorella.
“Che hai da ridere?”
“Uh, io? No, nulla”


III.

“Eccoci arrivate” Kiunseo trasporta fino all’ascensore l’enormi valigie, riconsegnandole alla legittima proprietaria “allora, mamma verrà a trovarci verso le sette. Sì, gliel’ho detto ed, oltre ad essere preoccupatissima per la tua salute, ha intenzione di commettere l’omicidio del tuo ex ragazzo” esamina l’aria scompaginata della maggiore “e, tra parentesi, sarei più che d’accordo visto come t’ha ridotta” le indica il viso pieno di botte e non può fare a meno di abbracciarla di nuovo, con ancora più trasporto.
“E Kiuri?” interpella di sfuggita la gemella di Kiunseo.
“S’è sposata un mese fa con un ragazzo samoano, Ari”
“Non m’ha detto niente!”
“Sai che è molto riservata sul piano sentimentale”
Il silenzio incombe ancora un po’ in quell’ascensore e Kibum pensa – dov’è finito il ragazzo dai capelli rosa cicca?
Ricorda tante cose, per esempio l’odore penetrante dell’omija cha che s’impregnava  sui vestiti e i fogli di carta di riso in cui prendeva gli appunti delle lezioni – aveva uno sguardo perso, quel ragazzo, quasi da innamorato
((impossibile, semplicemente impossibile))

E lei cosa provava?
Cosa prova ora?
Prima di tutto, nostalgia per un’innocenza mai esistita: le mancano quei pomeriggi passati in febbrile studio, le passeggiate per Gangnam, lo shopping con le sue sorelline – che ha viziato di troppe coccole e attenzioni.
Secondo, quell’attaccamento strano, quell’infatuazione per il ragazzo così eccentrico, le fantasie che s’era costruita come castelli in aria.
Ora vorrebbe rincontrarlo, dirgli che è innamorata follemente di lui dall’età di diciotto anni, che ha sbagliato andandosene via – ma otto anni sono comunque passati, impossibile far finta di no.
Entra nell’appartamentino ed è proprio nello stile di Kiunseo: molto scricciolo e accogliente, il colore rosa confetto e cicca ovunque – perché quel colore la perseguita in qualunque posto lei vada?
“La stanza degli ospiti è per di qua” Kiunseo fa accomodare la sorella nella cameretta dallo stile infantile: mobili beige, pavimento in moquette altrettanto beige e il copriletto in tinta con le pareti confetto.
La minore si siede sul morbido materasso, invitando la più grande ad imitarla.
“Allora, ti sei concessa a quell’animale?” dice senza preamboli.
“Certo, Kiunseo-ssi*, lo amavo … o così credevo” sospira Kibum con tono sconfitto.
“Beh, ora sei con me e andrà tutto bene, te lo prometto” Kiunseo lo dice con tenerezza.
“Sei sempre stata dolce, tesoro mio” prende le mani della sorellina e gliele accarezza pianissimo per paura che scompaia da un momento all’altro “e ora che mangiamo?”
E Kiunseo ride di gusto e riflette che infondo Kibum è una benedizione che arriva direttamente dal cielo.
La sua piccola, grande e personale Onni-ssi: nessuno l’avrebbe mai superata, nessuno le avrebbe fatto male – finché c’è lei, Kibum non ha nulla di cui preoccuparsi.


IV.

“Ma io lo ammazzo! Dov’è il bastardo? Dimmelo Kibum-ssi, non rispondo di me in questo istante”
“Buonasera anche a te mamma: Onni-ssi è di là che cucina, tranquillizzati”
La signora Cho è un vulcano attivo, vorrebbe spaccare il mondo per la sua Kibum-ssi: la paragona spesso a un fiore che pian piano perde i fiori e che sta a lei conservarne ciò che rimane.
La madre sente canticchiare la figlia maggiore una vecchia nenia sui tre orsi e le sembra serena come non lo è mai stata prima.
“Amore di mamma, sei tornata” entra in cucina e la reazione della figlia è sorprendente: lascia le pentole sui fornelli e si lancia sul piccolo corpo della signora Cho.
L’odore di bruciato è inevitabile e inevitabili sono le lacrime della signora.
Sua figlia è a casa e spera con tutta sé stessa che nessuno la sminuisca come in precedenza: la sua Kibum-ssi è piena di talento, è così bella e, soprattutto, è la sua bambina.
“Finalmente sei a casa, cucciola mia”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note

*-ssi = è un vezzeggiativo
*Onni = sorella maggiore
*Anyoung haseyo, Yodongseng = Ciao, sorellina

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Capitolo 3
*** you're the victor in this pageantry ***


I scream and get dizzy
I vent out my boredom of other couples
I start fights for no reason like a town gangster.
Sometimes, I purposely shake my leg, crookedly.
The main characters of the movie called this world is you and me:
a lonely island, lost and wandering;
the empty streets are filled with those who are alone.
Unlike my heart, the weather is so damn nice.
- G-Dragon, “Crooked”

https://www.youtube.com/watch?v=RKhsHGfrFmY

 

I.



Ti era sempre piaciuto ballare come un forsennato: la musica che pompa nelle vene è il massimo, spegni la mente e non fai altro che concentrarti.
Una riflesso sullo specchio ti riporta alla realtà: è Haru, la bambina di Tablo, che corre verso di te urlando “Oppa”, sovrastando l’impianto stereo – anche se di volume è al minimo storico.
Sorridi ma non dai a vedere la fatica che provi dopo ore di allenamento e apri le braccia sudate invitandola ad abbracciarti.
“Sembri tutto appiccicaticcio” Haru storce il naso e incrocia le piccole braccia “ no, che non ti abbraccio. Solo se ti pulisci!”
E le sorridi, mentre inizia a balbettare qualcosa ma si mette seduta all’indiana sul pavimento di legno.
“Gli zii dicono che ti senti poco bene. Hai la febbre?”
È come se l’avesse, in realtà: un freddo improvviso all’interno, mentre all’esterno rilascia calore – un calore che può essere classificato con bisogno d’affetto e declinato all’imperfetto.
Per quanto ci provi, per quanto s’impegni, sai di non essere perfetto: molte fan ti osannano, certo, ma l’imperfezione rimane - così come l’incompletezza.
Ti pulisci lentamente con un asciugamano, sorridi alla piccola Haru che arrossisce violentemente: sa dell’effetto che fa alle ragazzine e questo gli fa strappare un sorriso divertito.
“Piccolina, non c’è nulla di cui vergognarsi”
E Haru scappa fuori a gambe levate dalla vergogna: “Che succede qui?” la voce di Tablo arriva come differita mentre guardi il pavimento, a cosa pensi?
Pensi a CL – Lee Chae-rin – e alla nottata passata assieme, nel letto di un hotel, accoccolati fra le coperte sfatte e baci caldi.
È 
stata la prima volta in cui non l’hai pensata, in cui non t’ha sfiorato la mente nemmeno per un secondo: non sai se hai superato la cotta o è solo un momento di distrazione.
Alzi il volume dell’impianto stereo e i bassi pesanti della canzone precedente, soltanto che questa volta a farti compagnia c’è Tablo, una delle persone su cui conti maggiormente.

 
 

II.


“Dobbiamo trovarla, Seungri”
“Ma che cazzo dici, T.O.P? Sei matto?” chiede veemente il biondino. “Cosa cavolo servirebbe?”
“Ah, questo non lo so, sinceramente” sbuffa irritato. “Com’è?”
“In che senso?”
“Descrivila”
“L’ho vista solo un paio di volte. La prima volta quando ho beccato Ji-yong gironzolare per Gangnam con la faccia inebetita raggiungere un bar. La seconda sono entrato nel locale e cosa mi trovo? Un meticcio, T.O.P …” non riesce nemmeno a finire la frase, la fa cadere nel vuoto.
“Non è un cane rognoso, Seungri.”
“Ecco, vedi? Parli come lui!”
“Beh, GD ha ragione, allora. È umana e forse più coreana di tutti noi”
“Solo per la lingua? Solo per i modi di fare?”
“Questa è la sua cultura, probabilmente non ne conosce altre. Si esprime come le hanno insegnato. E se si esprime così, ben venga, no?”
“Mah, questa storia mi dà la nausea” fece una pausa, intrecciando le mani sul grembo “trovo nauseante questa ricerca spastica di GD ché so non porterà da nessuna parte”


 

III.


Il cielo è terso, il caldo estivo è già arrivato e Taeyang aspetta Kim Won-sik fuori da casa sua – è una giornata troppo bella per essere vera.
Taeyang è sempre stato un solitario riguardo a donne, lo paragonano spesso a un monaco: leale con la sua comunità – maschile – ritroso con l’altro universo – quello femminile.
C’è chi fuma per dimenticare, chi beve per ricordare: no, non voleva darsi dell’ipocrita – la sua fede proibisce il consumo di tali sostanze … ma chi vogliamo prendere per il culo!
I santi lassù sanno i suoi peccati, uno per uno: l’affetto strano che prova verso GD è inammissibile, il suo risentimento pure – il modo in cui lo guarda, il modo in cui lo tocca, i pensieri sporchi e selvaggi a cui si lasciava andare, la libido che lo afferrava ogni qualvolta si presenta l’occasione.
Ecco che esce, Won-sik: indossa una giacca di pelle, una maglietta bianca e dei jeans scoloriti.
Si salutano con una stretta di mano e una pacca sulla spalla: è da secoli che non si vedono, hanno da raccontarsi tante cose.
“Allora, come ti va?” Taeyang affonda le mani in tasca, camminando speditamente.
“Mah, potrebbe andare meglio” Won-sik accenna un piccolo sorriso – ha mai visto GD sorridere in quel modo? No, perché Kwon Ji-yong non sorride mai. Almeno, non a lui. “Cos’è per te l’amore, Young-bae?”
“Per me sono mani che ti coccolano, che ti riscaldandano per poi lasciarti morire di freddo”
“Credi nel colpo di fulmine?”
“Sì e no” fa una pausa fissandolo per qualche istante per poi “non anche tu!”
“Io cosa?” Won-sik si schiaffeggia mentalmente e diventa scarlatto come pochi. Si capisce così tanto?
“Dimmelo tu” è un ringhio quello di Taeyang, un ringhio che cela qualcosa di misterioso … forse invidia? Rabbia? O solamente delusione?
Come si può essere delusi se la persona che considera migliore amico s’innamora?
“Beh, ho incontrato questa ragazza in un club in centro …”
“Zoccola”
“Ehi! Frena la lingua!” se l’è presa: non è un buon segno, affatto.
“Ok, racconta”
“Si chiama Clara, ha tre anni in meno di noi e viene dall’Italia. Tipo spiccio, sveglio e indipendente” spensieratezza appare nel suo visetto vispo per poi aggiungere “l’unica pecca è che cucina sì, ma solo piatti della sua cultura. È decisa di non farmi il Mulnengmyon, la spaventa come pietanza … più che altro, la lavorazione”   
“Sei sicuro che sia quella adatta a te?”
“Beh, non c’è nulla di certo, Young-bae, so solo che mi piace e anche troppo”
Taeyang emette un sonoro sbuffo, incamminandosi verso un ristorante tipico giapponese.
Non voleva ammettere che, in fin dei conti e molto in fondo, era contento per lui.
Solo un po’, non esageriamo, eh?
Dopotutto, non è coreana (il che lascia – a parer suo – molto a desiderare).
Ma se parla la loro lingua, che male c’è?
Giusto?

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Capitolo 4
*** but the only trophy you deserve... catastrophe ***


“Buon Natale, Missus Stein”
“Noi festeggiamo Hanukkah, ma grazie lo stesso, Miss Phelan”
- Kathryn Stockett, L’aiuto.

 

I.

Il primo giorno non si scorda mai – soprattutto se menti per metà: Kibum ha detto al suo capo di essere cresciuta fino all’età di tre anni in Brasile – con la madre e le due sorelle più piccole – ma che era nata a Itaewon e poi ritornata a Seoul per tutto il resto degli studi scolastici.
Ne hanno dedotto che fosse straniera, perché guardatela lo è, praticamente: è faticoso come impiego (barista, chi l’avrebbe mai detto!) … uomini di mezza età che la scrutano di sottecchi come se fosse una pietanza esotica, donne anziane che si complimentano della sua pronuncia – non lo sapranno mai, non lo sapranno mai.
Le mancano i ragazzi brasiliani che le fischiano per strada – magari facendole qualche apprezzamento spinto – i bambini di strada chiamarla ainocô, dire obrigada quando ringrazia chi l’aiuta o rivolgersi ai suoi amici con quel você srotolato come cioccolata che si scioglie in bocca.
Quel che non le manca di certo sono le percosse violente di João – ha paura che la trovi, ci riesce sempre.
Arrivano due ragazzi sulla ventina circa – o forse un po’ di più – e già sente che qualcosa non va – il tanfo di sakè e birra arriva fino al suo naso.
Anyoung haseyo” accenna un sorriso e fa un inchino profondo come la sua mamma le ha insegnato.
Uno dei due sussurra: “Scimmia”
“Prego, come m’ha chiamata?” reagisce educatamente Kibum – e dentro brucia cento soli.
Le si avvicina pericolosamente: “Dacci un tavolo per due e portaci da bere qualcosa di forte” e le allunga la carta di credito.
Non ha nemmeno il coraggio di guardare il nome di quel insolente barbagianni spennacchiato.
Lacrime trasparenti attraversano ogni fibra del suo corpo – ma i suoi occhi emanano tuoni e lampi incessanti.


 

II.

Il nome sul cartellino lo nota benissimo, il nostro caro, carissimo Taeyang – ma l’ha già dimenticato: i seni della ragazza sembrano colline morbide, invitanti e irrimediabilmente scuri.
È carina, anzi no: è mozzafiato – ha delle curve che, oh mio Dio, vorrebbe accarezzare e venerare. In realtà non la vede, la sua mente è annebbiata e gli tira di sicuro un brutto scherzo.
Cos’è che aveva detto Taeyeon su Alicia Keys, in quell’intervista?
Ah, sì: che è bella, per essere nera.
Ma lei, quella ragazzetta, rimane comunque una scimmia e questo non glielo toglie nessuno.
Li raggiunge col vassoio in mano e due gin a testa – quel posto è troppo sofisticato e dal sapore europeo, per i suoi gusti.
Kim Won-sik vomita sul pavimento e arriva di fretta e furia la ragazza – che Iddio ce ne salvi, Taeyang!
Guarda ipnotizzato gli oscillamenti del petto abbondante, stipato in un reggiseno  medico – la bava alla bocca per completare il quadro della situazione.
Continua a bere il suo gin e nulla traspare negli occhi castani di lei, bassi sul casino liquido di Won-sik.


 

III.

“Sono a casa!” urla Kiunseo entrando velocemente nell’appartamento.
Kibum è in cucina che traffica col pentolame presente nei scafali immacolati.
“Cosa prepari?” la più piccola annusa l’aria come a captare qualche profumo particolare.
“Ramen e acarajè” Kibum è talmente indaffarata che non presta dovuta attenzione alla sorellina – sorellina per modo di dire, eh – “com’è andata oggi a lavoro?”
“Mah, non si trovava più un cantante: alla fine era a casa di sua madre, si sentiva poco bene”
“Ma la casa discografica per cui lavori, tipo, non è una specie di Hunger Games?”
“No, quella è la SMTOWN. Ah, quindi hai visto il film?”
“Beh, veramente ho letto i libri” risponde piccata la riccia.
“Okay, okay. Cos’hai?”
“Solo … niente, lascia perdere” e inizia a servire la cena a tavola.
“No, ora mi dici cos’è successo, Kibum-ssi!”
“Nah, non importa” Kiunseo la guarda caustica, non le crede “sul serio” asserisce Kibum, sostenuta.
“Se la metti su questo piano, va bene. Ah, ho i biglietti per il MAMA”
“Tu cosa? Oddio, Kiunseo-ssi, sto andando in iperventilazione” la sua contraddizione sono i MAMA: li adora come una matta.
La musica è live, per i colori e per le persone non asiatiche che vi partecipano (specialmente se erano ballerine e ballerini) ma soprattutto per Hyolin, la sua celebrity crush per eccellenza ma purtroppo declassata al secondo posto da Avi Kaplan dei Pentatonix: Clara, la ragazza del negozio di fiori dall’altra parte della strada, glieli aveva fatti ascoltare due settimane prima e le fatto vedere un paio di video musicali e si era subito innamorata di loro cinque (anzi, ha perduto la testa per uno in particolare … un tizio che porta la barba, i beanies e ha la voce profonda).
“Allora, ci vuoi venire o no?” il tono di Kiunseo è ridanciano.
“E me lo chiedi? Non vedo l’ora!” dice Kibum con altrettanta verve.

 

IV.

“Pronto per il grande giorno?” ti chiede T.O.P con un filo di voce.
Ovviamente si riferisce ai MAMA, a cos’altro sennò?
Aspiri la sigaretta e sai che la tua ossessione per lei, invece di diminuire, è aumentata drasticamente.
Ti passi una mano fra i capelli, tra l’altro tinti di un colore assurdo: rosso sangue.
“Sì” rispondi con un tono altrettanto basso.
“A cosa pensi?”
“A come dev’essere il cielo in Brasile, in questo momento” espiri il fumo, una nuvola bianca avvolge l’aria fredda – una serata qualunque, passata su un tetto qualunque di un qualunque edificio (se non fosse per il fatto che quel edificio non è altri che la casa discografica di cui fai parte con altri quattro ragazzi, ora amici tuoi).
“Io e Seungri abbiamo deciso che dobbiamo ritrovarla e farvi incontrare di nuovo”
“Tu e Seungri? Davvero?” chiedi sarcastico al tuo migliore amico “Non avete pensato che è forse meglio che vi facciate una spaghettata di cazzi vostri?”
“Se fosse per te, non la cercheresti neanche!” ti accusa con veemenza.
“C’ho provato ma ha fatto perdere le tracce. Furba la ragazza, anche troppo” lo guardi con vergogna “in poche parole, ho gettato la spugna Seung-hyun”
“Quale momento migliore di questo? Potrai fare un appello ai MAMA!”
“Magari neanche li segue” sbuffi con impazienza.
“Bah, tentar non nuoce”
“Sai una cosa?”
“Dimmi”
“Fottiti” e ridete come due dodicenni – ma son ben otto anni che il tuo cuore si sente preadolescente al solo pensiero di lei, della tua Kibum.

 

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