Arlong all'asilo di Federico (/viewuser.php?uid=34127)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I trovatelli ***
Capitolo 2: *** Sono uomini pesce ?! ***
Capitolo 3: *** Fiabe, lettini, lettoni e ninne nanne ***
Capitolo 4: *** Il coniglio pasquale ***
Capitolo 5: *** Cuochi pasticcioni ***
Capitolo 6: *** Scocciatori all'uscio ***
Capitolo 7: *** Nascondino con l'arrotino (e l'ombrellaio) ***
Capitolo 8: *** Il diabolico barbiere di Fleet street ***
Capitolo 9: *** Matriomio fra pirati ( e lieto evento) ***
Capitolo 1 *** I trovatelli ***
Arlong
all’asilo
I
trovatelli
C’erano
una volta, nella lontana e felice isola degli uomini pesce, sempre
baciata dal
sole e dal mare, quattro pirati che, con la loro condotta stravagante e
alquanto molesta, si erano guadagnati a buon diritto l’ambito
titolo di “Scemi
del villaggio ufficiali”, “Pericoli pubblici numero
1”
e “Notori rompiscatole”.
Questi
personaggi così pittoreschi rispondevano ai nomi di Hacchan
il polpo, Kuroobi
la manta, Chu il pesce trombetta e Arlong il pesce sega.
Il
primo era semplicemente la creatura più idiota che si fosse
mai vista
sull’isola ( e il fatto che gli uomini pesce risaputamene non
brillano per la
loro intelligenza vi dà l’idea della
gravità del caso), e in più adorava
agitare a casaccio spadoni giganteschi senza curare di chi o cosa
stesse
falciando; il secondo, colto da una crisi mistica mentre stava vedendo
“Le
tartarughe ninja”, si aggirava per quelle terre demolendo
case e montagne con
fantomatiche mosse di karate da lui stesso inventate; il terzo usava
trascorrere ore e ore a ubriacarsi nelle peggiori osterie, rimanendo
spesso
coinvolto in accoltellamenti e scazzottate, poiché amava
rompere sedie in
testa al prossimo; l’ultimo era
infine era infine il più pericoloso, perché usava
addentare tutto ciò che
attirava la sua attenzione ( quindi anche oggetti animati) e passava il
suo
tempo a ridere in modo maniacale e a farfugliare confusamente
“della
superiorità della razza”, “
dell’impero di Arlong” ecc ecc.
I buoni
e pacifici uomini pesce, dato che ne avevano fin sopra i capelli di
quei
quattro scalmanati, dopo aver discusso a lungo se impiccarli a un
albero o se
ghigliottinarli sulla pubblica piazza decisero di sbarazzarsene con uno
stratagemma.
Approfittando
del fatto che nonostante fossero alti fra due metri e mezzo e tre metri
la loro
età cerebrale era di circa due anni, i paesani li convinsero
a gettarsi in una
buca con la falsa promessa che sarebbero arrivati i Teletubbies a
giocare con
loro.
I
quattro ovviamente ci cascarono in tutti i sensi e i concittadini
fecero
scattare il loro diabolico tranello: li spararono delle freccette
intinte di
sonnifero, quindi li prelevarono dalla buca con l’ausilio di
una gru, li
conciarono in modo tale da ridurli a oscene imitazioni di un neonato
umano e li
ficcarono in una culla di colossali dimensioni.
Rimboccarono
loro le coperte, quindi affidarono il tutto al mare: alla culla era
attaccato
un foglio dove gli uomini pesce avevano scritto, dando prova di una
notevole
conoscenza della grammatica, il seguente messaggio: “Noi no
avere cibo per dare
mangiare loro. Te prendere cura di loro”.
Che
orrenda bugia per coprire un così atroce misfatto!
I
quattro infanti vagarono galleggiando per l’oceano: uno
squalo avrebbe potuto
mangiarli, un’onda sommergerli, ma niente di tutto questo
accadde.
Non
soffrivano neanche il mal di mare, perché avevano i
braccialetti apposta per
quello.
Approdarono
infine sulla spiaggia dorata di un’ allegra isola del Mare
orientale.
Ora
direte: furono allattati da una lupa e fondarono una città
su sette colli? Li trovò
la figlia del faraone e guidarono il loro popolo nella Terra Promessa?
Niente
di tutto questo amici.
A
raccoglierli e ad avere compassione di loro fu nientepopodimenoche lo
spettro
di Gold Roger, che si stava concedendo la sua solita passeggiatina
notturna in
riva al mare.
Con il
suo respiro che sapeva vagamente di rum (anche i fantasmi bevono) e di
cadavere
in decomposizione svegliò i “bambini”
che presero a gemere disperati.
“Orsù,
non piangete pargoli miei! Lo zio Roger vi troverà una casa
tutta nuova con
tanti amici colorati ! Vero che ve la troverà?”
bofonchiò accarezzando Chu che
inizio a emettere strilli demoniaci.
Detto
ciò l’arzillo spirito si caricò sulle
spalle la culla formato maxi e si avviò
verso la città più vicina
Vedendo
che i trovatelli non avevano un aspetto del tutto normale Roger decise
di
rivolgersi alla chiesa locale, che spesso accoglieva simili scherzi
della
natura e ospitava tra gli altri un campanaro gobbo fissato con i
modellini: ma
il vescovo, per nulla meravigliato dall’apparizione del
fantasma del re dei
pirati, spiegò brevemente che con la scusa dell’8
per mille gli inviati del
Vaticano avevano saccheggiato tutto, pure l’acqua santa, e
richiuse con un
tonfo il portone.
Il
povero spettro non sapeva più cosa inventarsi quando, nel
mezzo di una marea di
bestemmie contro la Chiesa,
ebbe un illuminazione geniale: “Ci sono! L’asilo
dei pirati!”.
Corse
come un matto attraverso la città, quindi arrivò
davanti a un edificio alquanto
pittoresco, al cui confronto la casa della famiglia Addams sembrava la
reggia
di Versailles.
In
pratica si vedeva da un chilometro di distanza che erano gli scafi di
due navi
privati delle prue e degli alberi e malamente saldati fra loro, come
testimoniavano gli oblò e i cannoni che facevano capolino in
vari punti.
Sul
tetto erano fissate due sculture assai male in arnese rappresentanti un
gatto
nero e una tigre dai denti ai sciabola e lì accanto
sventolavano due singolari
bandiere nere con teschi, ossa e quant’altro.
Il
giardino era preda di rovi ed erbacce che sembravano voler afferrare
gli
incauti che volessero entrare, e nelle aiuole erano conficcate spade e
fucili
come su un campo di battaglia: poco dietro erano ammassati i bidoni
dell’immondizia che, rovesciati e dilaniati, spargevano il
loro maleodorante
contenuto attirando colonie di ratti.
La
porta era chiusa a chiave, ma non si
poteva dire lo stesso dei muri pieni di buchi e delle
finestre mezze
frantumati e cigolanti da cui non proveniva nessuna luce.
Confidando
nella Provvidenza, come gli aveva insegnato il suo amico Fra Cristoforo
che era
stato per un certo periodo al suo servizio con discreto successo, Roger
depose
i bambini piangenti proprio sul gelido selciato dell’uscio e
si volatilizzò
cantando una canzoncina natalizia del tutto fuori luogo, visto che si
era a
marzo.
Nel
frattempo, al calduccio nonostante non pagasse nessun tipo di bolletta
da ormai
cinque anni (rubava
acqua, luce e gas
dalla rete pubblica, sennò che pirata sarebbe stato?), il
valoroso Don Krieg
dormiva spaparanzato sul pavimento, appoggiando i
piedi rigorosamente nudi sul letto sfatto,
devastato e sporco di pomodoro, con coperte tanto piene di pulci che
probabilmente secoli addietro avevano causato la peste nera.
Su un
tavolo là vicino era posata la sua grandiosa armatura dorata
piena di
diavolerie, ricordo di giorni migliori: ma adesso il nostro stava
indossando
una lurida canottiera che emanava un tanfo pestilenziale di sudore e di
sporcizia, unta e macchiata di grasso, mentre dai pantaloncini
sbottonati
emergeva una mostruosa trippa ballonzolante.
Intorno
a lui giacevano incustoditi un paio di pantofole rosa a forma di Winnie
Pooh,
un hamburger in cui era ancora conficcato qualche dente di colui che lo
aveva
azzannato, un sacchetto di patatine semivuoto, una caterva di popcorn,
numerose
bottiglie di Coca cola senza contenuto, che era in parte fuoruscito a
provocare
laghetti stagnanti e un cappellino da baseball.
Dormiva
tranquillo, sognando chissà quali misteriosi mondi, quando
un’aspra voce
che non si poteva
identificare come
maschile o femminile, lo riportò bruscamente alle cose
terrene: “Krieg! Brutto
panzone ubriaco! Stai dormendo come un bradipo!
Scostumato! IO mi danno per mandare avanti questa baracca
e tu…” e prima
che il pirata potesse aprire gli occhi l’enigmatico essere
calò su di lui una
mano con le unghie smaltate di viola ( No, non è uno
dell’Akatsuki nda) e gli
affibbiò un ceffone come solo nei manga è
possibile.
Krieg
si tamponò i fiumi di sangue che gli uscivano dalla guancia
con un
provvidenziale cuscino che fino a quel momento giaceva sotto il suo
deretano
non propriamente pulito e guardò la propria
“moglie” Kuro che lo fissava
vomitando fiamme come una furia uscita dall’inferno.
Da
qualche anno ormai il capitano dei pirati Kuroneko manifestava certi
disturbi
psichiatrici per cui credeva di appartenere al gentil sesso: sotto la
solita
giubba da comandante ormai logora e piena di toppe indossava un lungo
abito
verde da donna ( imbottito di cotone all’altezza del petto)
con tanto di gonna
e scarpe coi tacchi a spillo da vera vamp.
A
rendere il tutto più orribile ci pensavano
la pacchiana parrucca bionda coi bigodini, le lunghe ciglia unite al
fondotinta, il grossolano rossetto luccicante e lo smalto di cui si
è già
detto.
“Ascoltami
amore…” mormorò Krieg con la voce
impastata dal sonno, rassegnato alla pazzia
dell’altro.
“NO! TU
ASCOLTA ME! Abbiamo lasciato la pirateria per soddisfare il mio
desiderio di
maternità, per cui abbiamo fondato questo asilo per i
piccoli pirati… MA E’ DA
MESI CHE QUI NON C’E’ NENCHE L’OMBRA DI
UN BAMBINO!”.
“Da
quando il figlio di Bagy il Clown ha accoltellato in un occhio il
nipotino di Iena
Bellamy ci siamo fatti una pessima
pubblicità…”.
“Che
colpa avevamo noi se erano da soli in giardino mentre tutti gli altri
stavano
giocando a Monopoli? Da quando i bambini se ne sono andati non abbiamo
più
guadagnato una lira! E dobbiamo anche mantenere quei due lavativi
beoni!” gridò
indicando con un dito i loro ex vicecomandanti e ora sguatteri Gin e
Jango, che
stavano rispettivamente dormendo in poltrona con il telecomando in una
mano e
una bottiglia di vodka nell’altra e facendo sogni in cui
inseguiva
rumorosamente il proprio idolo Michael Jackson.
“Questa
topaia è diventata una discarica!”
continuò Kuro camminando fra bambole
disarticolate, pezzi di puzzle, trenini, peluche, fango, resti di
biberon
,bucce di banana e residui di rigurgito. “Cosa darei per
sentire di nuovo la
dolce voce di un bambino !” e neanche lo avesse fatto apposta
si sentì
l’inquietante pianto di un infante provenire dal giardino.
“Cosa?
Amore, vengo subito! “ gridò Kuro, ma fu fermato
dal marito che pretese di
andare a controllare con la pistola in pugno, temendo che ci fossero
dietro i
fantasmi.
Aprì la
porta, puntò l’arma e proprio prima di premere il
grilletto si accorse di avere
sotto gli occhi una culla di dimensioni stratosferiche, su cui
campeggiava una
copertina coi merletti che raffigurava il pescecane di “Lo
Squalo” nell’atto di
divorare una ragazza; dentro si annidavano quattro strane creature, di
lunghezza più che umana,abbigliate con pigiamini, bavaglini
e cuffiette che
piangevano come dannati.
A
quella vista il cervello di Kuro andò definitivamente in
pappa; emise un urlo
belluino, i suoi occhi divennero cuoricini e si fiondò sulla
culla iniziando a
sbaciucchiare i pargoli e a
domandare: “Li teniamo? Dai,teniamoli amore! Ti prego ti
prego ti prego ….” mentre
Krieg insospettito leggeva il messaggio incorporato nella culla.
Hacchan
sgusciò fuori dal giaciglio e si attaccò con
tutti i tentacoli a Kuro,
strusciando il muso sulla schiena dell’altro.
“Oh ma
non è adorabile?”.
“Penso
che sia un fenomeno di imprinting, come succede per le oche.. Ora crede
che sia
sua madre…” mormorò perplesso Jango, ma
subito Krieg lo chiamò: “Jango, prepara
il caffé! Sarà una lunga
notte…” sibilò sconsolato mentre Arlong
dormiva alla
grande, Chu raccattava un rossetto da terra e iniziava a ripassare le
labbra
già naturalmente carnose e Kuroobi iniziava a saltellare per
la stanza
demolendo divani e tavoli.
Per
ultimo arrivò Gin che, vedendo la confusione provocata dai
nuovi venuti,
esclamò in stato di ebbrezza: “Hello people!
Perché gli Unni ci invadono?”.
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Capitolo 2 *** Sono uomini pesce ?! ***
Sono
uomini pesce ?!
Il
giorno dopo Don Krieg si levò dal letto, ora candido e
rifatto ( si era messo a
sistemare la stanza per ingannare il tempo, poi era andato a dormire
verso le
tre del mattino), si stirò e ascoltò gli
uccellini che cinguettavano in
giardino, mentre il sole inondava la camera.
Si
sentiva in pace con sé stesso e con gli altri: sperava che i
mostruosi e
colossali bebé fossero stati soltanto un brutto sogno, e si
accarezzò
soddisfatto la barba di due settimane.
“Alleluia…Alleluia…
Mi seeento beneee!!!” canticchiò con voce da
tenore, poi esplose in urlo
bestiale ripreso da “Titanic”: “Sono il
re del mondooooo!!!”.
Guardandosi
intorno vide Gin che mangiava pane e marmellata e che lo fissava con
aria
spaesata e comprese di aver fatto una figura da imbecille.
“Dormito
bene capitano?” disse l’altro avvicinandosi con un
sorriso a trentadue denti.
“Certo
mio fido! E ora procediamo alla vestizione!”.
Gin si
avvicinò al capitano e iniziò a mettergli
l’armatura.
“Dimmi,
cos’avete fatto voialtri stanotte? Stanno bene gli
infanti?”.
“Ottimamente
signore! Il capitano Kuro è stato tutta la notte con loro.
Io mi sono
trascinato qui con la forza della disperazione per poi crollare sfinito
e Jango
è andato a riposare in giardino, fra i bidoni della
spazzatura, per non
spaventare i bambini” rispose quello finendo di allacciare la
corazza.
“E
sarebbe a dire? Cos’altro hanno combinato? “ chiese
Krieg mentre l’altro gli
sistemava i tirapugni di diamanti sulle mani e li copriva con i guanti.
“Beh,
hanno guardato un film su Rete 4, e poi il capitano si è
messo a suonare
l’organo”.
“Ah,
allora non erano tuoni quelli che sentivo!” fece il pirata
schioccando le dita
mentre il suo vice gli infilava il mantello.
I due
raccolsero le bottiglie lasciate sull’uscio dal lattaio,
quindi si diressero in
cucina.
In
quella stanza videro il seguente spettacolo: Jango, seduto sulla cuccia
del
cane che non c’era mai stato, cantava qualcosa di indefinito
fissando adorante
il calendario di Michael Jackson che faceva bella mostra di
sé sulla parete; Kuro,
gli occhi iniettati di sangue per la mancanza di sonno, si aggiustava
gli
occhiali sul naso e armeggiava con i fornelli, preparando un biberon;
Hacchan,
Chu e Kuroobi si
disputavano ferocemente
un Teddy Bear; Arlong, seduto maestosamente su un seggiolone
proporzionato alle
sue dimensioni, aspettava famelico il pasto e sbavava come un cane
idrofobo sui
propri piedi.
“Ma
come sei carino! Ti chiamerò Cucciolo!” disse con
aria stupida Kuro
accarezzando il mento dell’uomo pesce con un dito, rischiando
così di vederselo
tranciare di netto, poi gli ficcò il biberon fra le fauci.
“Ehm
tesoro… Penso che si chiami Arlong, visto che
c’è scritto sul braccialetto che
tiene al polso” dichiarò Krieg
mentre lo
squaletto frantumava il biberon con un solo morso, producendo una
tempesta di
schegge che finirono negli occhi di Kuro che si era avvicinato
sistemandosi gli
occhiali.
“E’ un
bambino molto precoce, visto che non ha bisogno del latte”
fece notare Gin.
“Secondo
me dovremmo farlo visitare dagli anziani e gettarlo dalla montagna se
è debole
o deforme” affermò Jango che tanto per cambiare
non aveva capito nulla e
pensava di essere a Sparta.
Sopravvissuto
miracolosamente alla tempesta di vetro che gli si era insinuata nei
bulbi
oculari, Kuro prese ad accarezzare la folta capigliatura del pesce sega
con i
guanti da cucina ancora indosso mugolando: “Bravo Arlong,
bravo! Ora la mammina
ti fa divertire, che ne dici, cocco bello della mamma?”.
Krieg
fu colto da un conato di vomito nel vedere lo squalo che faceva a
brandelli con
una furia disumana piatti pieni di bistecche e rigettò
quanto aveva mangiato la
sera precedente in una bacinella piena di vino.
Non
appena sentì l’odore dell’alcool Gin,
che pure aveva assistito agli imbarazzi
gastrointestinali del proprio comandante, la afferrò e la
vuotò in attimo,
mettendo fine all’astinenza di ben quattro ore e iniziando a
brindare alla
salute di tutti, mentre Chu e Kuroobi gli lanciavano i propri biberon
nel vano
tentativo di lapidare quella forma di vita parassitaria e
tossicodipendente.
A
completare il quadretto Hacchan si mise a fare le bizze strepitando
come un
battello a vapore, ma il prode Jango, dopo aver assunto
un’intera confezione di
steroidi scaduti e taroccati che lo trasformarono in una sorta di
parente
povero di Hulk per una decina di minuti, se lo caricò sulle
spalle e lo
scarrozzò trionfalmente per tutta la sala canticchiando:
“Arriva Cric arriva
Croc, povero Cric, povero Croc!”.
Dopo
una mezz’ora di questa baraonda, in cui Gin si era messo a
ballare il can can e
Krieg aveva infilato la testa in un secchio
per non vedere più tanto orrore e sfacelo,
supplicando i suoi maestri e
precursori, i Cavalieri dello Zodiaco, di calare su
quell’empia gente e
massacrarla, Kuro decise di fare il bagnetto ai bambini.
I
quattro uomini pesce furono condotti in bagno da Jango, che gli
attirava a sé
con l’ipnosi e con il fascino di Michael Jackson, quindi Gin
barricò la porta
ed estrasse la pistola affinché nessuno fuggisse, mentre
Kuro apriva un
gigantesco armadio e ne estraeva bottiglioni di shampoo e una spazzola,
ma
sempre mettendoci tutto il suo amore materno.
Non
appena i pargoli videro la vasca di dimensioni mastodontiche ( diciamo 10 metri
per 7) che era
stata allestita per l’occasione, vi si tuffarono sollevando
uno tsunami che
investì tutto il bagno.
“Oh ma
come siete bravi tesorucci! Vi tuffate da soli! Che gioia per una madre
avere
dei figli che non fanno i capricci!” gridacchiò
Kuro mandando loro bacini e
iniziando a spazzolare Hacchan, producendo tanta schiuma che nemmeno in
un
autolavaggio.
In
breve tempo l’intera vasca ne fu piena e non si riusciva
più a intravedere la
superficie.
Da sotto
un cumulo di schiuma emerse Kuroobi a cui, vuoi perché ne
aveva ingoiata un po’
vuoi perché aveva freddo, si riempirono gli occhi di
lacrimoni e cacciò un urlo
talmente energico che convinse l’eroico Diomede a cedergli
l’epiteto di
“potente nel grido di guerra” e che ruppe gli
occhiali a Jango intento a
pulirli ( ma non temete: ne aveva un paio di scorta, mentre Kuro se gli
era
direttamente tolti).
Demoralizzato
alla vista dell’infante che frignava come una fontana,
rischiando di far
traboccare la vasca, il capitano pirata si gettò al
salvataggio e placò la sua
collera con la sacra offerta di un sonaglio di plastica.
Nel
frattempo Krieg aveva avuto modo di radersi usando una sciabola,
perché faceva
più figo, e adoperando il rum al posto del dopobarba, quindi
si sedette in
poltrona e fece colazione, finalmente.
Trangugiò
un piatto di sandwich al formaggio, poi un vassoio di hot dog, poi quattro porzioni di
cacciucco e dieci ciotole
di ramen.
Dopo un
pasto di tale portata si sentì come nuovo , invaso da tanti
buoni sentimenti:
perdona il tuo nemico, porgi l’altra guancia, ama il prossimo
tuo come te
stesso ecc, ma li ritenne frutto dell’indigestione e,
tracannata una bottiglia
di digestivo, sprofondò sulla poltrona, mentre nella sua
testa sentiva
inquietanti canti in latino che lo incitavano a confessare i suoi
peccati.
In
questo stato di dormiveglia dove dialogava con Dante e Boccaccio, gli
unici che
lo avessero mai compreso in vita sua, passò due ore e mezzo,
finché non sentì
Kuro gridare di terrore.
Pensando
agli onnipresenti fantasmi scattò in piedi, prese la
sciabola in mano,
attraversò la casa a perdifiato demolendo i muri che si
opponevano al suo
passaggio e smantellò la porta con due fendenti;
entrò con un balzò
schiacciando il povero Gin che era rimasto lì a fare la
guardia e gridò: “Mani
in alto brutti spettri cattivi! Questa è una
retata!” ma quel che vide superava
ogni immaginazione.
Non si
trattava di Jango intento a tagliarsi le vene mentre ascoltava
“Monsoon” dei
Tokio Hotel.
Non si
trattava del consorte travestito da Alice nel paese delle meraviglie
che stava
ritto sopra uno sgabello, come se fosse minacciato da un topo.
Nella
vasca da bagno stavano succedendo cose inenarrabili, sataniche.
Kuroobi
faceva “il morto”, con tanto di occhiali da sole;
Hacchan, aggrappato al bordo
della tinozza, assaliva un sottomarino giocattolo credendosi la piovra
di
“Ventimila leghe sotto i mari”;
Chu
saltellava come un delfino ed emetteva getti d’acqua e bolle
di sapone dalla
bocca; infine da sotto la coltre di schiuma emergeva la pinna dorsale
di Arlong
che canticchiava la colonna sonora di “Lo squalo”.
“Cosa
succede?”.
“Oh
amore, non sai quanto mi sono spaventata! Ho scoperto che i nostri
figli
respirano sott’acqua perché sono rimasti immersi
per un’ora, ma non me ne sono
accorta perché stavo provando un balletto”.
“Maleficio!!!”
sibilò Krieg facendo due passi indietro e ostentando una
faccia turbata, mentre
Gin riprendeva il pesce sega che predava
una paperella di gomma per realizzare il prossimo
documentario di
“National Geographic”.
Subito
il pirata militaresco tirò fuori dall’acqua
Kuroobi e lo esaminò.
“Mani
palmate… branchie… ghigna da idiota.. Perbacco,
sono uomini pesce!”.
“Cosa???!!!
Io credevo che fossero bambini cresciutelli!” disse Kuro con
aria mogia mentre
si ritirava in un angolo a fare cerchietti sulla sabbia.
In quel
mentre Hacchan uscì dalla vasca e lasciando una scia di
sapone e liquido sul
pavimento si avvicinò alla madre adottiva, iniziando a
muovere lentamente le
labbra come se stesse per dire qualcosa.
“Ma...ma…mamma!”.
“Oh
cuccioletto mio, hai parlato! Come sei tenero!”.
Fu la
volta di Kuroobi che aprì la bocca, prese un lungo respiro e
disse: “Gioco… voglio
un gioco”.
Krieg
si avvicinò con aria speranzosa a Chu, e il pesciolino non
lo deluse: “Ma che
diavolo stai guardando brutto panzone?”.
“Tu…
sai parlare?” chiese il pirata incredulo dopo avergli
rifilato un ceffone.
“Certo.
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura,
ché la
diritta via era smarrita…”
Era il
turno di Arlong, che, dopo essersi avvolto in un asciugamano, si
piantò davanti
a Gin, gli strappò la pistola con un gesto fulmineo e
ponendo un dito sul
grilletto sbraitò: “Shahahahahahahahaha!!! Crepate
stupidi inferiori! Da oggi
l’impero di Arlong ha ufficialmente inizio!”.
Non era
certo un buon modo di cominciare.
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Capitolo 3 *** Fiabe, lettini, lettoni e ninne nanne ***
Spazio
autore
Kate-love:
Ti ringrazio da morire! Finalmente qualcuno che apprezza questa storia!
Niente
paura, Arlong non sparerà a nessuno…
Fiabe,
lettini,lettoni e ninne nanne
Dopo una
cena assai movimentata in cui Gin in preda all’ebbrezza
più pura era finito in
un pentolone pieno di acqua bollente, per la gioia del
“piccolo” squalo che
aveva iniziato ad aggiungere le verdure, e durante la quale Krieg e
Kuro che
erano sul punto di baciarsi furono colpiti
da Hacchan che in modo misterioso era riuscito a
impadronirsi dell’innaffiatrice,
fu ora della nanna.
A dire
la verità fu un po’ difficile staccare dal salotto
Chu che pattinava e Kuroobi
che fissava con la bava alla bocca l’ultimo quiz di Mike
Bongiorno, ma alla
fine tutti gli infanti furono radunati in una cameretta dotata di due
letti a
castello.
Subito
si scatenò il caos: Arlong, che evidentemente aveva deciso
di annettere la sala
al proprio impero e il pesce trombetta decisero di regolare la faccenda
a
coltellate ( si noti bene come in quella casa le armi erano dovunque e
a
portata di tutti); il polpo si aggirava gattonando sul pavimento,
riuscendo
solo a sembrare un enorme bisonte rosa a otto zampe che travolgeva
giocattoli e
persone con la stessa noncuranza; infine la manta giaceva imbambolata
su un
tappetino con gli occhi incollati su una lampada a forma di Topolino,
grande
meraviglia della tecnica.
Quando
il mollusco stava per saltare giù dalla finestra in preda al
delirio e Arlong
stava per calare una mannaia sul collo di Chu, i due pirateschi coniugi
entrarono e interruppero quel bailamme.
“Forza
bambini, e ora di mettervi sotto le coperte e di chiudere gli
occhietti.
Indossate i vostri pigiamini e il papà vi
racconterà una fiaba”.
I
bambini si avvicinarono a una cassapanca piena di buchi e, dopo aver
scacciato
le tarme e i ratti che vi dimoravano, tirarono fuori ( non prima di
aver
soffiato via la polvere che li ingombrava) dei pigiami di misura extra
extra
extra large.
Arlong
prese per sé un abito decorato con trichechi intenti a
fumare sigari cubani;
Kuroobi ne scelse uno che raffigurava Paperino intentò a
svolgere nobili
mansioni come quelle di idraulico,pompiere, spazzino ecc; ad Hacchan
né tocco
uno vecchio di quindici anni ( cioè per gli standard
dell’asilo nuovo di zecca)
che riportava un’ effigie di Gandhi e su cui
ovviamente vomitò subito; infine Chu ne
ebbe uno che raffigurava pianeti e dischi volanti e che, pur essendo
stato per
lungo tempo un nido di lombrichi, lo invogliava a succhiarlo.
Entrarono
anche i due sguatteri e, per dare un’atmosfera da uomini
delle caverne, fu
acceso un falò in mezzo alla stanza.
In quel
momento l’Enel, che nel mondo di One Piece è
ovviamente diretta da Ener, tagliò
la corrente a causa di certe grane con le bollette, ma ciò
non fece altro che
aumentare fortuitamente la suspense.
Gin era
nascosto sotto un tavolo e mandava SMS ai propri ex commilitoni; Jango
stava
sdraiato davanti al camino e faceva le fusa; Kuro era spaparanzato su
una
poltrona e si
sistemava gli occhiali
riscaldandosi i piedi nudi sul fuoco; Arlong era seduto sul letto dove
sbranava
cuscini e peluche; Kuroobi stringeva e baciava una bambola di
porcellana; Chu
sovrastava la stanza sul letto a castello e teneva sotto tiro con un
fucile
mitragliatore tutti gli altri; Hacchan infine era appollaiato a testa
in giù
come un pipistrello e si aggrappava alle imposte della finestra
emettendo versi
singolari, tratti direttamente dal film
“L’esorcista”.
Krieg,
che fino a quel momento aveva girato avanti e indietro come un idiota
ripassandosi mentalmente la storia, apparve d’un tratto nel
fuoco instillando
la paura nei loro cuori e mormorando, illuminandosi la faccia con una
torcia: “Ora
vi racconto la novella…la novella… di CAPPUCCETTO
ROSSO!”.
Iniziò
a parlare mentre si spegneva le fiamme che gli stavano bruciando il
mantello:
“Tanto tempo fa, in una terra lontana
lontana…”
“Quando?Quanto
lontana? Dove di preciso?” chiese Hacchan sporgendosi
ulteriormente.
“Tanto…
Non si sa, perché è una
fiaba…”.
“Dai
dimmelo, sennò mi metto a piangere e la mamma ti uccide
perché mi hai fatto
piangere!”.
“E’
SUCCESSO IL 10 SETTEMBRE 1987 A MONTENERO, DOVE
C’E’ IL SANTUARIO DELLA MADONNA
( per chi non lo sapesse è un luogo vicino a
Livorno nda)! CONTENTO ORA, PICCOLO RINCRETINITO?”.
Lo
spostamento d’aria fu tale da far cadere rovinosamente il
polpo.
“Allora
dicevamo…A Montenero viveva una bambina, e tutti la
chiamavano Cappuccetto
rosso perché indossava sempre una mantellina color
sangue!”.
Visibilmente
spaventato da quest’ultima affermazione, l’uomo
manta alzò timidamente la mano
e domandò: “E se invece aveva un cappuccio nero
come me la chiamavano Cappuccetto
nero?”.
“Certo
.. ma ora fammi continuare… Un giorno la mamma le disse di
andare dalla nonna,
che era molto malata, per portarle la merenda…”
Kuro si
risvegliò dal torpore e disse: “Caro, mi sono
sempre chiesta che malattia
avesse la nonna…” mentre Arlong saltando sulle
lenzuola chiese: “Ma nel paniere
cosa c’era? Me lo dici papà?”.
Il
pirata, sempre più imbufalito a causa delle continue
interruzioni, rispose
trattenendo a stento la rabbia: “ Una malattia brutta, di
quelle che nemmeno il
dottor House può curare e se le becchi devi andare in
pellegrinaggio a
Lourdes…forse l’Aids complicata da
tubercolosi con l’insorgenza di un cancro al
polmone… quanto a te
piccolo mio nel paniere c’erano ostriche, gamberi, caviale
russo, spumante,
lambrusco e panettone!”
“Allora
Cappuccetto rosso si mise in cammino
nel bosco, e iniziò pure a raccogliere le
margherite…Ma la mamma le aveva detto
di non andare nel bosco, perché poteva incontrare persone
cattive…”
“Quanto
cattive?” chiese Jango accendendosi la pipa.
“Cattive…”.
“Come
Freezer? “ domandò Chu.
“Di
più, amore bello del tuo papà!”.
“Come
quelli dei film di James Bond?”.
“Di
più!”.
“Come
Bossi?”.
“DI
PIUUUUUUUUUUUUUUUUUU’! I PIU’ CATTIVI ESSERI
DELL’UNIVERSO!”
ululò
Krieg scagliando una scarpiera contro l’uomo
pesce.
“Infatti
dal fitto del bosco sbucò…”.
“Il
grandammiraglio Sengoku?”.
“Uno
della Baroque Works?”
“Un
pusher?”.
“Lord
Voldemort?”.
“L’imperatore
Palpatine?”.
“Karl
Marx?”.
“Berlusconi?”.
“Il
lupo! E costui, venendo a sapere dove stava andando la bambina, la
precedette e
mangiò la nonna…IN UN BOCCONE!”.
“Io ho
sempre saputo che le rubava la pensione e poi la annegava con
un’ancora legata
ai piedi” osservò Gin lucidando un pugnale.
“Dettagli,
dettagli…Altre versioni completamente false…Ma
comunque
quando Cappuccetto arrivò dalla nonna
trovò il lupo
travestito da vecchietta, e dopo un celebre scambio di battute fu
sbranata
anch’essa”.
“OOOHH!!!!”.
“Ma non
temete: di lì passava un cacciatore che, sentendo il lupo
russare, entrò, lo
sbudellò e salvò le due poverette che vissero per
sempre felici e contente…”.
“Non
era meglio se invocavano subito Belzebù e gli offrivano in
sacrificio il lupo?”
disse Jango ricevendo come ricompensa per questa stupida affermazione
una
bastonata sul cranio.
“Allora
gentaglia, che ne pensate della fiaba? Ne volete sentire
un’altra?” sbottò
l’ammiraglio pirata ridendo, ma per tutta risposta gli altri
sette estrassero
le pistole e gliele puntarono contro.
I
quattro uomini pesce si sistemarono nei loro lettini a castello.
“Buonanotte
angeli miei” sussurrò Kuro dando un bacio sulla
fronte ad Hacchan e
rimboccandogli le coperte polverose e piene di ragni.
I
quattro “adulti” si recarono a dormire nella
propria stanza.
Kuro,
con indosso una maschera di bellezza verde e una mascherina per il
sonno di
stoffa scura, russava in una posizione stravagante; Krieg era rintanato
sotto
il lenzuolo e stava con la testa nascosta sotto tre guanciali; Gin
dormiva sul
pavimento come un bravo di Don Rodrigo e masticava un osso di pollo;
Jango giaceva
supino sul divano, coperto da un plaid viola e arancione, con il
cappello
calato sugli occhiali, e si succhiava il pollice abbracciando
Cicciobello
versione bucaniere di Tortuga.
Tale
pace, in cui si facevano i sogni più disparati,fu interrotta
verso le due del
mattino da un pianto lungo e sommesso, che spezzava il cuore al solo
sentirlo.
Kuro
accese la luce e si infilò la vestaglia, quindi prese in
mano una lanterna e si
avviò verso la stanza dei figli seguita dai tre uomini che
stringevano mazze da
hockey in pugno.
Aperta
la porta con un ariete, si trovarono di fronte a
un’incredibile scena: Arlong,
in piedi sul letto con grave rischio di distruggerlo, piangeva
disperato
smentendo la propria terribile fama, mentre gli altri erano rintanati
sotto le
coperte.
Si
sentiva un chiarissimo odore di pipì, dovuto a Chu e a Jango.
“Che
c’è tesorino? Chi ti ha fatto tanta paura? I
cattivoni? Ti hanno fatto la bua?”
mormorò il capitano dei pirati Kuroneko accarezzandolo e
cercando di far
cessare quel lamento disperato.
“Nell’armadio…c’è
l’uomo nero… E’ arrivato nella
notte…”.
Con un
sonoro pugno Krieg sfondò un’anta del mobile per
controllare, ma vide qualcosa
che lo spaventò tanto da farlo balzare
all’indietro su una poltrona gonfiabile.
Davanti
a lui, camuffato fra camicie e pantaloni, c’era Orochimaru in
persona!
“Orochimaru!
Dannato varano corruttore della gioventù! Io ti
cancellerò da questa terra!” e
così gridando il pirata si avventò sul ninja,
colpendolo con la lancia della
devastazione e sbriciolando l’armadio.
Solo
allora si accorse di aver straziato un pupazzo gonfiabile.
“Io
..posso spiegare tutto! Lo amavo, ma non si è concesso a me
e ho dovuto usare
un surrogato!” urlò Jango prima di ricevere una
martellata sul muso.
I
quattro si trovarono nell’emergenza di far addormentare i
pargoli, e optarono
per una ninna nanna.
Gin
prese in braccio Arlong e cominciò a canticchiare:
“Ninna nanna ninna oh,
questo squalo a chi lo do, lo darò a Barbanera che lo frigge
quando è sera, lo
darò a Barbabianca che sta sempre sulla panca
…”.
“Ma che
schifezze stai bubbolando?” domandò indignato
Jango. “Fa
come me…Questo è Halloween,
Halloween, Halloween… “ ottenendo solo di
terrorizzare
a morte Hacchan che non aveva mai visto “Nightamare before
Christams “ in vita
sua.
“Tu
scendi dalle stelle, oh re del cieloooo…e scendi in una
grotta al freddo e al
geloooo!!! ” strillò Krieg facendo svenire il
pesce trombetta, mentre Kuro
cullava dolcemente la manta: “ Dormi piccino, oh mio bambino,
sogna di essere
in paradiso…Ridi con gioia, pensa alla mamma, che su di te
veglierà…”.
Ma
quella mirabolante notte aveva altre fantasmagoriche sorprese da
offrire.
Infatti,
cinque minuti dopo quell’atroce serie di ninne nanne,
qualcuno bussò alla porta
della camera dei grandi e Chu fece il suo ingresso.
“Mi
fate venire nel lettone? Non riesco a chiudere gli
occhi”disse e la sua
richiesta fu esaudita, anche se il letto non era fatto per accogliere
duecento
chili in più.
Ma
appena un attimo dopo sopraggiunsero gli altri tre, e dalle loro facce
si
capiva cos’avevano in mente di fare.
Mentre
Don Krieg formulava a bassa voce una preghiera, Arlong si slanciava su
di lui e
lo schiacciava con la sua mole, mentre il letto, che fino a quel
momento aveva
resistito valorosamente seppur scricchiolando
cedette sotto il peso di
Hacchan e Kuroobi ed esplose in una tempesta di assi di legno volanti.
“Ora
BASTAAAAAA!!!! MI SONO ARRABBIATA!!!!!!” gridò il
capitano Kuro indossando i
propri guanti artigliati e sparendo in una nuvola violacea.
Qualche
secondo dopo tutti gli altri giacevano al suolo privi di sensi e
sanguinanti da
numerosi tagli.
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Capitolo 4 *** Il coniglio pasquale ***
Spazio
autore
Kate-love:
Sempre meglio il Cicciobello bucaniere del pupazzo gonfiabile di
Orochimaru,
no? Comunque Krieg è sempre il migliore… A
proposito, chi è il tuo personaggio
preferito per ora?
P.S:
Nel capitolo di oggi compariranno due personaggi di O.P più
che noti in un
ruolo molto nobile… si fa per dire
Il
coniglio pasquale
Passarono
un paio di settimane, e un venerdì Jango e Gin ebbero la
geniale idea di
portare i pargoli a spasso nel parco ( perché anche nel
mondo di One Piece esistono
i parchi con tanto di panchine e bimbetti urlanti nda).
Jango
canticchiava strani motivetti tenendo un ombrello in una mano e una
bottiglia
di Uliveto nell’altra; il subordinato di Krieg si guardava
sospettosamente
intorno brandendo una pistola caricata a salve.
In
mezzo, come bestiame condotto al macello, avanzavano gli esagitatissimi
uomini
pesce che saltellavano provocando ingenti danni al manto stradale e
facendo una
caciara infernale (immaginatevi
una
carovana di beduini a un rave party e avrete una pallida idea del
chiasso che
causavano): Hacchan, che in questa periodo era diventato un sanguinario
fanatico di Beyblade, lanciava le sue trottole uccidendo cani e
piccioni e
accompagnando i suddetti lanci con grida bestiali; Chu sparava in qua e
in là
con una balestra, trapassando qualche vecchietto addormentato; Kuroobi faceva il cosplay
di Biancaneve
accompagnato da un coro di pettirossi canterini; Arlong infine passeggiava fischiettando,
del tutto incurante
del vigile urbano che aveva impalato sul proprio spadone dentato.
Era
dunque chiaro che, sia a
causa di questi
comportamenti che del loro aspetto repellente, nessuno volesse giocare
con loro
e per tali motivi più di una madre quel giorno
fuggì precipitosamente dal parco
con la propria prole.
Rimase
una bambina che in un prato si dilettava a saltare con la corda.
Kuroobi,
nascosto in un cespuglio, parlò con voce tremante:
“Posso giocare con te?”.
“Certo,
esci fuori” rispose la ragazzina, ma quando vide sbucare
dalla vegetazione una
sorta di gigantesco pesce umanoide bianco slavato con i codini ,
vestito da
Biancaneve e con un nido pieno di uccellini pigolanti in testa,
cacciò un urlo
sovrumano e fuggì via lasciando a terra i capelli, il
cappellino, la corda e un
orsacchiotto.
La
nostra manta preferita raccolse il pupazzo e, piangendo a dirotto,
corse
attraversò la boscaglia singhiozzando cose tipo:
“Tutti mi odiano! Sono un
mostro! Sigh! Sob!” e lacerandosi il suo bel costumino
colorato fra i rovi;
quando uscì dai cespugli seminudo, trovò il resto
della comitiva che si dava a
un torneo di scopone con scommesse clandestine come non se ne vedevano
da anni,
e a un livello di violenza e bestemmie tali da ricordare le famose gare
tenute
dalla Flotta dei 7.
Dopo
che Arlong ebbe finito di rovesciare panchine e sradicare alberi per la
rabbia
e Gin ebbe ridotto in fin di vita Jango colpendolo con uno smisurato
randello,
la passeggiata riprese e stava per iniziare il periglioso viaggio di
ritorno
quando davanti a loro si parò, magnifico a vedersi, un
veicolo bianco e rosa
coperto da un ombrellone e sulle cui fiancate era dipinto un
ghiacciolo: in
parole povere il carretto di un gelataio.
Il
pesce sega si passò la lingua umida sulle labbra carnose,
quindi iniziò a
strattonare neanche tanto delicatamente il vestito di Jango:
“Mi compri un
gelato? Dai per favore!”.
“Ma
Arlong caro…costa tanto… e ti fa male ai
denti…”:
”Imbecille! I miei denti possono rigenerarsi
all’infinito! Per questo sono
superiore a voi umani!” gridò assestando un
potente calcione negli stinchi
all’uomo, che zoppicò per dieci minuti buoni.
Vedendo
il naso dello squalo che luccicava in modo sinistro, lo prese per mano
e si
avvicinò al carretto.
“Che
gelato vuoi, bambinoooo????” sibilò con aria
melliflua il primo gelataio cioè
Spandam, che aveva mollato il suo gruppo di matti e si manteneva con
lavori
occasionali.
“Allora…un
cono supergigante con cioccolato, vaniglia, fragola, frutti di bosco,
banana,
stracciatella, panna, crema e menta!” disse il piccolo
emozionato, al che
l’ex capo
della CP9 fece un segno al suo
degno compagnone Lucci, che con i propri mirabolanti poteri
preparò il gelato
richiesto in una frazione di nanosecondo.
Jango,
che aveva dovuto sborsare quattrocento verdoni, fu umiliato ancora di
più
quando stracciatella, panna, crema e menta gli caddero sul leggendario
giaccone
blu autografato da Michael Jackson e Ozzy Osbourne.
Quando
fu ora di attraversare la strada tutti si presero per mano, ma ad un
certo
punto Gin, voltatosi per salutare un ex commilitone di passaggio, si
staccò dal
gruppo e fu miseramente schiacciato da un mastodontico Tir.
Recuperato
il pirata tossicodipendente dalle braccia della morte,
l’allegra brigata passò
davanti a un negozio che in vetrina esponeva, fra nastri e coriandoli,
numerose
uova di cioccolato e un gigantesco pupazzo a forma di coniglio.
“Che
cosa sono?” chiese timidamente Chu.
“Come, non
lo sai?” disse Jango. “E’ Pasqua
fanciulli miei!”.
“E’
perché noi non abbiamo un uovo di Pasqua?”.
“Beh…
io…ecco
non saprei…ma …”.
“UEHEEHEHEHEH!!!
Vogliamo l’uovo si Pasqua!!!!” piansero tutti
insieme, e lo strazio perdurò
finché non tornarono all’asilo.
Krieg
stava accudendo una pianta di fagioli che aveva chiamato Carolina e
Kuro era
sdraiato sul letto con il portatile davanti per chattare con il suo
grande amico/amica
Doflamingo, ma non appena udirono i gemiti dei loro angeli si
precipitarono
sull’uscio armati di pistola e biberon.
Dopo
essersi ristorati con questi ultimi esposero la situazione, e Kuro,
accarezzando in testa Hacchan chinatosi per l’occasione,
promise che d’ora in
poi avrebbero avuto i meritati regali a ogni festività
comandata.
Mentre
gli uomini pesce si erano rinchiusi nella loro cameretta a guardare un
centinaio di Dvd dei Teletubbies, gli adulti pensavano a una soluzione
in
salotto.
Dato
che avevano due giorni di tempo prima che fosse Pasqua se la presero
comoda e
soltanto il pomeriggio del sabato Krieg arrivò a una
soluzione.
“Eureka!”
tuonò conficcando un coltello nel tavolo davanti a
sé, tanto per fare scena.
I due
sguatteri strisciarono fuori dal nascondiglio in cui si erano appartati
per
completare l’album dei calciatori Panini, Kuro smise di
girare in tondo come un
leone, anzi,un gatto nero, in gabbia.
“Allora?”
disse, ma si vide puntare il pugnale contro da Krieg, che
esclamò ridendo malvagiamente:
“So
cosa fare! Oggi pomeriggio andremo al più vicino negozio di
Toys center (
pagherò i regali di tasca mia) e
stasera…” e parlando così
aprì un armadio,
estraendo una cosa bianca e polverosa che suscitò la
meraviglia di tutti.
Quella
notte una strana e imponente figura salì sul tetto
dell’asilo reggendo in mano
un grosso sacco.
L’individuo
si infilò nella cappa del camino, trovando notevoli
difficoltà
nell’operazione a
causa della propria
mole, e commentando: “Da domani mi metto a dieta…E
poi pensavo che queste
scenate le facesse solo Babbo Natale” si lasciò
scivolare giù e atterrò
battendo dolorosamente il deretano e sollevando immense nubi di polvere
e
cenere.
Da
quest’inferno sulla terra fuoriuscì quello che a
prima vista sembrava il coniglio
pasquale in persona, ma che a un esame più approfondito
risultava essere Don
Krieg con addosso un sudicio costume che ne celava a malapena il viso.
Posò il
sacco e iniziò a estrarne le uova di cioccolato incartate:
era giunto
all’ultimo quando sentì un rumore sospetto dietro
di sé e voltandosi vide
Hacchan in pigiama che si stropicciava gli occhi e teneva in braccio un
elefantino di pezza.
“Il
coniglio pasquale….Il CONIGLIO PASQUALE! VENITE!
C’E’ IL CONIGLIO!” e in un
attimo gli altri tre furono sul posto.
Krieg
tentò vanamente di difendersi afferrando una sciabola ma
nulla poté contro quei
quattro che lacerarono il costume e lo costrinsero a ritirarsi
coprendosi con
un telo nero.
Tornarono
a dormire con la dolorosa convinzione di aver ucciso il coniglio
pasquale,
stupendosi però del fatto che la voce, le movenze e persino
il puzzo di whisky
e gorgonzola ammuffito che emanava fossero uguali a quelli del loro
paparino
adottivo.
Il
giorno dopo giacevano ancora nei loro lettini che Kuro, Gin e Jango
entrarono
nella stanza gridando a squarciagola: “Sorpresa! Buona
Pasqua!” e spargendo
coriandoli e stelle filanti.
Si
trasferirono in cucina, dove incontrarono un Krieg piuttosto malconcio
e
distrutto dopo gli eventi della precedente nottata e trangugiarono
vagonate di
cornflakes, quindi entrarono in salotto assieme agli adulti e
lanciarono un
grido di gioia.
Davanti
a loro si presentavano quattro uova di Pasqua multicolorate e decorate
con
stelline e cerchietti, e chissà che sorprese custodivano al
loro interno!
Hacchan
si fiondò sul proprio uovo e lo fece a pezzi: dentro
trovò un’intera calza
piena di lecca lecca, dolciumi, cioccolatini e altri ben di Dio.
Iniziò
a infilarsene manciate nelle larghe fauci, masticandole e producendo un
rumore
da escavatrice in azione.
Chu
invece fu assai deluso: all’interno del proprio
trovò un quintale di carbone, e
cominciò a frignare disperato, mentre sua madre tentava in
ogni modo di
distrarlo da quella triste situazione.
Kuroobi
trovò una specie di pacchianissimo bastone di plastica rosa
e dorato che
emetteva strane musiche e, fuori di sé dalla gioia, prese a
saltellare
strillando: “Lo scettro della magia delle Winx! Lo scettro
della magia delle
Winx! GRAZIE CONIGLIO PASQUALE!”.
Arlong
rinvenne un pupazzino di Action Man made in China e vecchio quanto il
cucco:
digrignando le zanne e assumendo un aspetto da Super Sayan
gridò: “Fa schifo!
Non lo voglio! “ e lo scagliò in avanti abbattendo
Krieg come Davide con Golia e
spaccandogli numerosi
denti.
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Capitolo 5 *** Cuochi pasticcioni ***
Spazio
autore
Kate-love:
E io che credevo che non avresti gradito Lucci gelataio… Ad
ogni modo il pezzo
di Kuroobi Biancaneve era bellissimo.
Avviso
speciale: Oggi appariranno parecchie guest star, direttamente dalla
Marina e
dalla Flotta dei 7. Su chi puntate?
Cuochi
pasticcioni
Pochi
giorni dopo in un assolato pomeriggio Krieg stava riposando in salotto.
Era
sprofondato in poltrona e si stava divorando “La gazzetta
dello sport” nuova di
zecca.
La sua
attenzioni era completamente assorbita da una curiosa notizia: il
Livorno
voleva acquistare Gianluigi Buffon!
Proprio
mentre stava per iniziare a leggere l’intervista al
presidente Aldo Spinelli sentì
qualcuno appropinquarsi rumorosamente e non appena alzò gli
occhi dal giornale
gli passarono davanti Arlong, Kuroobi e Hacchan che indossavano
maschere di
carta a forma di musi di maiale e saltellavano assai sgraziatamente
canticchiando: “Siam tre piccoli porcellin, maialin,
porcellin…”.
Krieg
si sedette di nuovo e proprio quando aveva scorto un articolo
intitolato: “Il
Pisa su Del Piero?”fece irruzione nella sala Chu che guidava
a tutta velocità
una sorta di schiacciasassi in miniatura, tanto piccolo da non riuscire
quasi a
stare sul sedile, e travolgeva vasi, tavoli e tappeti urlando al mondo
intero:
“Chi ha paura del lupo cattivo?”.
Il
veicolo passò sopra il piede destro del pirata, che
spiccò un salto in aria
afferrandosi la zampa dolorante e ululando come la sirena di
un’ambulanza.
Il
giornale svolazzò in aria e finì nel
tritacarte, che era casualmente acceso, impedendo a Krieg di sapere se
l’affare
Milan- Totti si poteva fare o era destinato a restare una chimera.
Pazzo
di dolore e infuriato oltre ogni dire, il pirata afferrò la
lancia della
devastazione che giaceva sotto la poltrona e roteandola come il
saltimbanco che
era balzò all’inseguimento dei quattro.
Gli
uomini pesce scappavano come lepri, cambiando traiettoria
all’ultimo momento e
irridendolo con pernacchie e linguacce: il loro inseguitore invece,
probabilmente a causa del mezzo litro di whisky che aveva ingurgitato
poco
prima, avvertiva un dolore atroce alla milza e si sentiva scoppiare i
polmoni;
ma non rinunciava all’inseguimento e agitava la lancia in
ogni direzione,
facendo esplodere un vaso qui, un pezzo di muro là, un
quadro dall’altra parte.
In uno
scenario da campo di battaglia, pieno di buche fumanti e mobili
sventrati,
Krieg spiccò un balzo da giaguaro e acchiappò per
un piede Arlong, che si
difese mordendogli i grassi avambracci.
Mentre
gli altri tre pargoli si nascondevano sotto lo schiacciasassi capovolto
e
tremavano come foglie in attesa del terribile castigo, loro padre
alzò una mano
e, dopo avervi concentrato tutto il proprio chakra, iniziò a
sculacciare il
pesce sega di santa ragione.
A
completare un tale scenario di violenza e sopraffazione ai danni di
minori
indifesi ci pensarono Jango e Gin che, rimpiattati in un angolino del
soggiorno, si affrontavano per stabilire una volta per tutte il primato
di
“Supernatural” o “Lost”, in un
turbinare di cazzotti, bastonate, denti rotti e
occhi neri.
Dunque
immaginatevi un po’ come reagì Kuro quando,
entrando nella stanza carico di
borse piene di bistecche, frutta, verdura e pesce, vide i due sguatteri
prossimi a strangolarsi e Arlong che urlava come un invasato, mentre il
sedere
gli si arrossava come quello di un babbuino.
“Tuuuuu!!!!!
Disgraziato! Tormentatore dei fanciulli !
Moriraaaiiiiii!!!!!” gridò, dopo aver
steso i servi
colpendoli violentemente
sul cranio con il battipanni, mentre
si
avvicinava minacciosamente a un Krieg sempre più sudato e
atterrito, brandendo
una grossa sciabola.
Lo
squalo si esibiva in un’indimenticabile serie di
rumorosissime pernacchie,
vedendo il suo persecutore rifugiarsi sotto il tavolino per sfuggire
alla
consorte che gli punzecchiava il fondoschiena, ma
d’improvviso Kuroobi scoppiò
in un lamento disumano: “Mamma papà, vi prego, non
litigate! Io vi voglio tanto
bene e se litigate sto tanto male!”.
“Hai
ragione tesorino, adesso la mamma e il papà fanno la
pace!” disse Kuro
sorridendo e nascondendo la spada dietro la schiena.
I due
incrociarono i rispettivi diti mignoli e cominciarono ad agitarle
cantilenando:
“Accidenti al diavolino che ci ha fatto litigare, pace, pace,
pace, la minestra
non mi piace!” al che la manta lanciò grida di
giubilo e cominciò a battere le
mani a tempo.
Tempo
dopo Krieg fu costretto ad assentarsi: “Vado ad un raduno di
alpini” disse, e
ciò significava che si sarebbe trattenuto fino a tarda sera
fra chiacchere e
fiumi di grappa.
Dopo
aver ricevuto un bacio da tutti gli altri ( sì, anche Jango
gli diede un
bacino) prese in mano la lancia della devastazione e partì,
mentre Gin si
portava sulle spalle una cesta di bottiglie dell’omonima
bevanda che aveva già
iniziato a svuotare.
Mentre
la carovana si allontanava ricordando i bei vecchi tempi (
perché si sa che
Krieg è un veterano della campagna di Russia), Kuro ne
approfittò per iniziare
a preparare la cena.
L’ipnotista
venne chiuso fuori e andò a sdraiarsi fra i cespugli, dove
usava fare il
guardone di formichine innamorate, laddove in cucina iniziava il sacro
rituale.
Chu
tirò fuori dai cassetti un armamentario di coltelli da far
paura a Joker;
Arlong iniziò ad estrarre dalle buste le succulente
bistecche, fissandole con
la bava al bocca; Kuroobi riempiva le pentole d’acqua e
faceva nello stesso
tempo le bolle di sapone; Hacchan trasportava contemporaneamente il
sale, il
pepe, l’olio, l’aceto, una padella e una confezione
di spaghetti scaduti; il
comandante pirata infine con una mano accese i fornelli ( non voleva
che i
bambini li toccassero) e
con l’altra
fece lo stesso con la Tv,
dove a quell’ora trasmettevano la replica pomeridiana del
programma condotto
dal/ dalla suo/a migliore amico/ amica, e che tutte le volte lo aiutava
a
inventare nuove fantastiche ricette.
Si
vedeva una sorta di studio televisivo allestito a cucina, con due
portoni
decorati con l’effigie rispettivamente di un pomodoro rosso e
di un peperone
verde.
Apparve
in sovrimpressione una scritta che recitava: “Don Quijote
Doflamingo presenta…”
e improvvisamente da una nuvola di fumo bluastro apparve una palla di
piume
rosa, che a un esame più approfondito si rivelò
essere il membro della Flotta
dei 7, e che gridò a squarciagola: “La prova del
cuocooooo!!!!!!”.
“Brava!
Brava!” urlò gaio Kuro visto che i due soffrivano
degli stessi disturbi
mentali.
“Buongiorno
a tutti! Come sempre, anche oggi due membri della Flotta dei 7 si
sfideranno in
una gara di cucina, e il nostro pubblico decreterà il
vincitore!”.
La
telecamera inquadrò una moltitudine di ufficiali di marina
momentaneamente
dediti ad altre attività: fra costoro si riconoscevano
Kizaru e Aokiji, intenti
a far volare aeroplanini di carta, Smoker steso in modo da occupare
dieci posti
che russava come una segheria, il viceammiraglio Garp che giocava a
filo
filetto con un suo subordinato e lo stesso grandammiraglio Sengoku che
leggeva
“Il corriere della sera” scaccolandosi, senza
nemmeno preoccuparsi di
nascondere ciò.
“Come
al solito il perdente verrà investito da un Buster call ( fa
bene essere
bombardati da una decina di navi da guerra, sapete?)…Ma
iniziamo con “Adesso
cucino io!”!”.
Dicendo
ciò si avvicinò a un tavolo dove lo attendeva
Anna Moroni, che sibilò: “Te le
sei lavate le manine tesoro? Oggi facciamo i ravioli!”.
“Forza,
cominciamo anche noi! Hacchan, butta la pasta! Kuroobi, inizia a
preparare il
pesto!” gridò Kuro ignorando che proprio alle sue
spalle i due stavano
divorando tutta la salsa come veri genovesi; ma Arlong risolse la
spinosa situazione
tirando fuori il pomodoro.
Nel
frattempo Doflamingo, dopo essersi quasi staccato un dito ed essersi
ustionato
con un uovo sodo, annunciò: “Ed ora passiamo al
prossimo gioco! Chi indovina la
ricetta misteriosa?”.
Con una
rapidità felina Kuro afferrò il telefono e
chiamò in studio: “Ciao Don! E’ da
tanto che non ci si sente!”.
“Oh
ciao Kuro! Vabbé, ci si becca su Msn! Ora ascoltami: si fa
con le uova ed è
piatta! Cos’è? Un minuto!”.
Il
pirata ci pensò su a lungo, poi disse quasi allo scadere del
tempo, dimostrando
di essere assai esperto in materia: “Lo stufato?”.
“Ma
nooooooooo!!! Mi deludi!”.
Dopo
altre chiamate tutte fallimentare, e dopo che l’uomo in rosa
ebbe reso un
servizio all’umanità sparando a Beppe Bigazzi e
all’enologo, arrivò il tempo
della sfida dei cuochi.
“Per il
peperone verde……Gekko Moria!!!!!!!!!” e
dalla porta apparve la creatura così
chiamata, che indossava un repellente grembiule verde e un cappello da
chef e
saltellava demolendo il pavimento.
“E per
il pomodoro rosso… Orso Bartholomew!” e si fece
avanti anche l’altro, che entrò
in scena salutando i suoi ammiratori e borbottando: “Peace
and love! Peace and
love forever!”
Dopo
che i due ebbero mostrato la moltitudine di ingredienti con cui dare
vita alle
loro ricette segrete e si ebbe avuto il fatidico “Pronti,
cuochi via!” la gara
iniziò, e così fecero i telespettatori da casa.
Kuro
canticchiava la fastidiosa musichetta del programma e tagliava i
cetrioli con i
guanti artigliati, mentre Arlong, imbrattato di sugo, senape,
cioccolato e
altro ancora grattugiava il formaggio intonando antichi canti
marinareschi e Chu
metteva la carne a friggere, dirigendosi
poi a prendere la cannella.
Aprì la
credenza e cominciò a gettare dietro di sé
ciò che non reputava utile: “
Zenzero no… Chianti no… Cosce di pollo
no… Marmellata di fragole no… Lenticchie
no…” e ogni oggetto menzionato significava un
sicuro bernoccolo per chi stava
dietro.
Hacchan
cantava: “Volare” e infornò il dolce (
notare come stiano preparando piatti a
caso e senza un ordine preciso) mentre Kuroobi si era rintanato in un
angolo a
vedere i Teletubbies.
Anche
nello studio televisivo la tensione era alle stelle: Moria stava
preparando uno
spezzatino assai invitante usando il suo clone d’ombra,
mentre Bartholomew
teletrasportava i piatti direttamente in forno.
“Un
minuto! Il gallo goduto ha cantato un minuto!”
strillò Doflamingo indicando il
pacchianissimo orologio a forma di pennuto obeso attaccato alla parete.
Moria,
sudando come un maratoneta, iniziò a riversare il sale
direttamente
nell’intruglio, mentre il suo avversario finiva di infornare
la propria torta
di mele.
Anche
da casa tutti erano col fiato sospeso, tranne la manta che poneva le
acciughe
sulla pizza fischiettando.
A dieci
secondi dalla fine tutti in studio iniziarono a fare il canto alla
rovescia
battendo le mano e belando
come tanti
pecoroni.
Poi,
dopo le solite spiegazioni da parte dei cuochi,vi fu la votazione:
tutti
espressero il proprio parere, tranne il grandammiraglio che non sapeva
usare un
così complesso apparecchio come il telecomando apposito, e
con il 65% delle
preferenze vinse il peperone verde.
Bartholomew
iniziò a fuggire tallonato dalle navi della Marina.
“Non è
un programma affascinante?” chiese un estasiato Kuro ai
pargoli che, troppo
annoiati per ascoltarlo, si dilettavano con il gioco delle pulci,
finché uno
strano rumore non ricordò a tutti i presenti della torta.
Si
voltarono e con sommo orrore videro una massa color fango coperta di
panna che
si allargava dentro il forno e ne usciva in quantità
industriale, avanzando
verso di loro come il ben più famoso Blob.
Mentre
Kuro sveniva teatralmente per l’odore repellente che stava
invadendo la stanza,
venendo quindi
sommerso da uno strato di
vari metri di cioccolato semisolido gli uomini pesce fuggivano per i
corridoi,
inseguiti anch’essi, cantando stonati come campane:
“Aiuto aiuto, aprite la
finestra, che confusione, è il cuoco pasticcione!”.
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Capitolo 6 *** Scocciatori all'uscio ***
Spazio
autore
Kate-love.
Se è questo che vuoi, allori sappi che Doflamingo
continuerà a comparire o a
essere citato quasi in ogni capitolo, e darà il meglio di
sé.
Gli
uomini pesce guardano i Teletubbies perché la loro
età cerebrale è quella di
chi guarda i Teletubbies.
Dai,
hai mai visto un bimbo di due anni che guarda
“Colorado”? Alla prossima.
Il
capitolo di oggi sarà pieno di guest star, tra le quali i
protagonisti di uno
dei miei manga preferiti…
Scocciatori
sull’uscio
Quante
volte vi sarà capitato di trascorrere tutto il giorno a
difendervi da seccatori
e impiccioni di vario genere che vi offrono i loro prodotti via
telefono oppure
vengono direttamente a rompervi le scatole sulla porta di casa?
Qualunque
cosa vi sia successa, non eguaglierà mai quello che
capitò un giorno di maggio
all’asilo dei pirati.
Era una
bella e fresca mattinata, in cui tutti gli inquilini si erano alzati
pieni di
gioia di vivere.
Krieg
diede spettacolo in giardino recitando intere arie del
“Rigoletto” di Verdi,
ricevendo in cambio stivali e vasi da notte sul cranio.
Jango
si chiuse a chiave in uno sgabuzzino pieno di scope, dopo aver lasciato
un
fantoccio che lo ritraeva in cucina per sviare i sospetti e, novello
Voldemort,
iniziò a dedicarsi alle arti oscure.
Nel
frattempo in bagno stava accadendo un dramma: Chu si era alzato con la
voglia
incontrollabile di mangiare marmellata; una volta in bagno aveva
cominciato
però a fare le bizze, sostenendo di non volersi lavare le
mani prima di andare
a tavola, spingendosi fino a gettare la saponetta per terra.
Mandato
in bestia da cotanta palese arroganza e disprezzo delle regole, Kuro
gli
affibbiò un ceffone che lo fece giacere quasi come morto.
L’uomo
pesce iniziò a piangere in modo isterico, a mordersi le mani
e a sfondare le
pareti a pedate, ma il prode Gin riuscì a riportarlo sulla
retta via
allungandogli platealmente una caramella all’arancia che
venne subito divorata.
Contemporaneamente
in salotto la televisione era accesa a tutto volume e trasmetteva le
fantomatiche
gesta del demoniaco Pingu: Kuroobi era sdraiato sul pavimento e
scodinzolava con
la lingua di fuori, Hacchan si era munito di spilloni e faceva riti
vudù contro
la foca e la sorella del pinguino; appollaiato regalmente sul divano
dell’Inter, Arlong maneggiava uno spazzolone e si dilettava a
colpire i due nel
didietro quando meno se lo aspettavano, costringendoli a saltare in
aria fra
urla di dolore.
Quando
Krieg fu rientrato si sedette sul tappeto a prendere il tè
con le bambole, ma
all’improvviso, dopo attimi di fatale silenzio che facevano
presagire qualcosa
di grosso, il campanello suonò.
Borbottando
fra sé e sé strane imprecazioni in
veneto-bergamasco contro quell’ignoto
rompiscatole, il pirata afferrò un bazooka, lo
usò per sfondare la porta e
quindi, visto che nessuno lo attaccava, si recò
sull’uscio.
Non
scorgendo nessuno né davanti né dietro
né a destra né a sinistra né sopra
guardò i propri piedi e
vide che da
sotto la porta spuntavano due braccia, due gambe e varie scatole di
biscotti.
Krieg
estrasse la malcapitata vittima dalle macerie del portone, la rimise in
sesto
gonfiandola con la pompa della bicicletta e si rese conto che era una
bambina.
Come il
tipico bimbo degli anime era magrissima, aveva le braccia e le gambe
simili a
stuzzicadenti senza un grammo di massa muscolare e aveva una testa
spropositatamente grande, occupata da smisurati occhi azzurri che le
davano
un’aria da cerbiatto bastonato e coperta da lunghi capelli
neri.
Indossava
un cappellino e una divisa da boyscout.
“Come
ti chiami bella bambina?”.
“Robin”.
“E che
cosa fai tutta sola?”.
“Vendo
i biscotti dei boyscout. Ne vuoi uno signore?”.
Segui
un attimo di silenzio da parte di Krieg che la bimbetta
interpretò come un
rifiuto e contraccambiò con un pugno nello stomaco.
Il
pirata sputò sangue e dopo un ulteriore silenzio Robin gli
pestò proprio il
piede che a suo tempo era stato appiattito dallo schiacciasassi di Chu.
Infuriato
oltre ogni dire Krieg calpestò
una
scatola di biscotti e colpì la bambina con uno schiaffo.
Robin
si mise a piangere mormorando “Mi hai fatto tanto male! Io
volevo essere buona
con te!”, ma quando si tolse le mani dal viso
mostrò una faccia da
schizofrenica, con tanto di nervo a fior di pelle sulla fronte, e
gridò: “Ora
subirai la mia ira!”.
La
testa di dimensioni già notevoli crebbe fino a diventare
più grossa del corpo;
i suoi occhi erano completamente bianchi e i denti si erano fatti
aguzzi come
coltelli; i muscoli delle braccia divennero grossi come palloni da
basket;
nervi e vene affiorarono ovunque sulla sua pelle.
La
ragazzina fece uno strano gesto e dal nulla apparve una moltitudine di
braccia
muscolosissime che afferrarono Krieg per il collo, per le braccia, per
il petto
e per le gambe e lo torturarono in numerosi modi, spezzandogli la spina
dorsale
e spaccandogli il setto nasale e i pochi denti rimastigli.
Improvvisamente
si fece avanti Kuro che reggeva in mano un paio di banconote e
indossava un
grembiule con scritto sopra “I love cookies”.
In un
secondo Robin si calmò e dallo stato Hulk- Super sayan-
berserk tornò a essere
una bambina gentile e indifesa che, dopo essersi fatta accarezzare la
testa dal
capitano dei pirati Kuroneko, si rimise il cappellino e andò
a fare altre
consegne.
“Ricordati
cara… mai più biscotti, mai più
boyscout e mai più quella pazza!”
sentenziò
Krieg mentre Arlong e Hacchan si spartivano avidamente il contenuto
della
scatola.
Per
riprendersi da questo trauma il pirata militaresco indisse un torneo di
gioco
dell’oca formato famiglia, ma proprio quando Kuro aveva
beccato la casella
“Fermo un turno” si udì un baccano
infernale proveniente dalla strada che
indusse tutti ad affacciarsi alla finestra.
La
strada era completamente ingombra di una mandria di ignobili creature,
celate
sotto vestiti firmati, felpe, occhialini da sole, mutande di fuori e
altro
ancora: ed erano quelli che siamo soliti chiamare truzzi.
Mentre
nell’aria si diffondeva una diabolica musica a palla che
faceva sempre: “Tunz
tunz tunz tunz tunz tunz”, al cui suono le creature andavano
in delirio il loro
leader, il temuto Iena Bellamy, gridò con quanto fiato aveva
in corpo: “Bimbi,
su le maniiii!!!! Si va in disco a cuccareeeee!!!!” .
Atterriti
da quella piaga sociale, Gin e Krieg afferrarono le pistole e riuscirono fortunatamente
a cacciarli, dopo
averli presi di mira dalle finestre, un po’ come i soldati
dei film western
asserragliati nel fortino con una torma di indiani che cavalca intorno
a
questo..
Verso
l’ora di pranzo Kuro, Gin, Arlong e Chu si erano ritirati in
cucina a preparare
il minestrone e a sorbirsi i patetici programmi di Doflamingo.
Hacchan
e Jango erano in ginocchioni sul tappeto e giocavano con le macchinine
(che
rappresentavano le Formula Uno di Massa e Alonso), mentre Krieg
ascoltava un
disco dei Nomadi a dir poco antidiluviano: ed era con questa musica in
sottofondo che l’infelice Kuroobi gli lustrava le scarpe.
D’improvviso
qualcuno bussò e Krieg, ben più che scocciato,
prese in mano un arpione e
spalancò la porta urlando: davanti a lui c’era un
uomo anziano e tarchiato, con
baffi e pizzetto bianchi, vestito da prete.
“Oh ,
Don Abbondio!”.
Il
nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, si era
letteralmente pietrificato quando si era trovato davanti al viso la
punta della
fiocina: ma una volta chiarito l’equivoco, fu subito invitato
a prendere un tè.
Il
curato, che avendo smesso di fare l’usuraio arrotondava i
guadagni vendendo
enciclopedie e pettini porta a porta, conversò amabilmente
con il padrone di
casa, e stava per confessare di aver sempre amato Don Rodrigo quando
d’un
tratto Kuroobi prese ad agitarsi in preda agli spasmi e a pronunciare
orrende
blasfemie, degne di un filmaccio di serie B.
“E’ un
invasato! Fuggite da qui! C’è Satana in questa
casa!” strillò il prete balzando
in piedi.
Intanto
la manta, come in ogni film sui posseduti che si rispetti, aveva preso
a
camminare sul soffitto come un ragno e da lì
vomitò un quintale di una strana
sostanza verde che ricoprì interamente Krieg.
Quando
tornò a terra fu afferrato da tutti gli inquilini e, mentre
si dibatteva
bestemmiando e cantando canzoni di Marylin Manson, Don Abbondio
cominciò
l’esorcismo.
“Appari
figlio del demonio! In nome del Creatore misericordioso esci da questo
corpo,
non tormentare oltre questa pecorella del Signore! Torna
all’inferno da cui
provieni! Pentiti!Pentiti!Pentiti!” disse il prete spruzzando
acquasanta come
un’innaffiatrice, e a conclusione di tutto Chu
menò una martellata sulla testa
del compagno tale da deformargli permanentemente il cervello e mettere
in fuga
lo spirito maligno.
Fu solo
dopo che il curato se ne fu andato che si scoprì che la
possessione demoniaca
era dovuta a una caramella al limone scaduta.
Quando
un individuo misterioso bussò per l’ennesima
volta, per evitare che Krieg si
imbestialisse come non mai e sfasciasse l’asilo fin dalle
fondamenta Hacchan
andò ad aprire.
Subito
il suo interlocutore gli piantò una balestra in bocca.
Era un
uomo alto, privo dell’occhio destro e del braccio sinistro,
rimpiazzato da uno
metallico: indossava un lercio e rattoppato mantello nero che copriva
un’armatura dello stesso colore e aveva con sé uno
spropositato numero di
coltelli e una spada grossa quanto lui.
Mormorò:
“Dì al tuo padrone che il guerriero nero
è arrivato!”, quindi fece il proprio
ingresso trionfale e gridò spaccando tutte le finestre:
“Mostrati apostolo!
Sono Gatsuuuuuu!!!!!”.
Krieg
si alzò borbottando sconsolato: “Un altro
pazzo” e prese la pistola.
L’uomo
urlò: “ODINOOOOOOOOOO!!!!!!” e
sfoderò lo spadone, ma mentre balzava Arlong lo
respinse soffiandolo via.
“Eppure
ero sicuro che ci fosse un apostolo potentissimo
qui…” disse Gatsu toccandosi
il marchio che sanguinava copiosamente, e che venne subito disinfettato
da
Kuro.
Improvvisamente
risuonò la tipica risata di Picchiarello e alla finestra
apparve un individuo
assai effeminato dai lunghi capelli argentei che indossava
un’armatura con
decorazioni a forma di piume.
Il
guerriero nero iniziò a ringhiare e a sbavare:
“Grifis! Ti ammazzerò! QUESTA E’
SPARTAAAA!”ma saltando sbagliò traiettoria e cadde
in un pozzo nero dove gli
uomini pesce solevano fare il bagno, e non se ne seppe più
nulla.
Poco
dopo l’uomo denominato Grifis incontrò il proprio
figlio primogenito Occhi di
falco ( che da giovane ha militato nella Squadra dei Falchi come
controfigura
di Gatsu nda).
I due
spadaccini corsero l’uno verso l’altro in mezzo a
una pioggia di petali di
rosa, quindi si abbracciarono e promisero di non lasciarsi mai
più.
Gli
inquilini dell’asilo dei pirati assistettero commossi a una
tale dimostrazione
di amore padre-figlio, e le lacrime sgorgarono numerose dalle loro
guance.
Restarono
in quella posa per due ore, fissando l’orizzonte immobile
tranne allorquando
era attraversato da palle di fieno rotolanti, finché, quando
ormai il sole
strava calando, un funesto e psicopatico individuo in maglietta bianca
con la
testa coperta da una bandana verde, che brandiva tre sciabole di cui
una con la
bocca, passò davanti a loro correndo e sbraitando:
“CREPA OCCHI DI
FALCO!!!!!!”.
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Capitolo 7 *** Nascondino con l'arrotino (e l'ombrellaio) ***
Spazio
autore
Kate-love:
Oddio, quante guest star in questo capitolo: Robin, Bellamy, Don
Abbondio,
Occhi di falco, Zoro e soprattutto i mitici Gatsu e Grifis di
“Berserk”.
Mi
raccomando, tienili d’occhio perché potrebbero
fare altre comparsate! Certo che
ogni volta che ripenso a Robin bambina in stato Hulk-Super
sayan-berserk
scoppio a ridere…tu no?
Nascondino
con l’arrotino ( e l’ombrellaio)
Krieg
si stiracchio, si rigirò nel letto, sbadigliò, si
riaddormentò.
Improvvisamente
sentì qualcosa di interno, situato fra il pancreas e i
polmoni, come un
orologio biologico, che gli imponeva di alzarsi per rispondere a non
meglio
precisate incombenze.
Si
staccò da Kuro, a cui era stata abbarbicato fino a quel
momento come un’ape con
il miele, si stropicciò gli occhi e, nella penombra che
avvolgeva la camera da
letto, aprì gli occhi e fissò il calendario di
Barbie fissato alla parete.
Una
data era segnata con il
pennarello
rosso.
Dopo
aver realizzato che quella data cadeva proprio nello stesso giorno ebbe
un
attacco di panico e cominciò a graffiarsi le guance;
fortunatamente apprese
grazie alla sveglia che erano ancora le quattro del mattino e aveva
quindi
mezz’ora di tempo.
Svegliò
Jango con un sonoro calcio nello stomaco, mentre per Gin fu necessario
sparare
un colpo di pistola in aria.
Anche
Kuro si alzò: i quattro si infilarono vestaglie e pantofole,
quindi capeggiati
da un eccitato e saltellante Krieg si diressero verso la camera degli
infanti.
Un
attimo prima della catastrofe i quattro, sdraiati per terra e sui letti
in pose
grottesche e apparentemente privi di vita, stavano sognando: Arlong la
morte di
tutti gli esseri inferiori ( leggasi umani) del pianeta; Hacchan tutto
il
gelato al cioccolato del mondo; Kuroobi Pippo Baudo in bikini e Chu una
bella
avventura di Winnie the Pooh e Pimpi nel paese delle meraviglie.
L’ammiraglio
pirata fece irruzione nella stanza sbattendo la porta e gridando come
un
ossesso, mentre gli altri tre cercavano di trattenerlo: “Alle
armi! Alle armi!
Mancano pochi minuti! Non c’è più
tempo!”.
Non
appena realizzarono di cosa stava parlando, gli uomini pesce esplosero
in un
grido di gioia e insieme al paparino adottivo, cercando di stringersi
un po’,
si spaparanzarono sul divano e accesero la televisione sintonizzandola
su Rai
Uno, mentre Kuro cucinava con aria nevrotica e gli sguatteri, vestiti
da
valletti seicenteschi per celebrare l’importante occasione,
servivano e
riverivano i cinque.
In
sostanza all’asilo dei pirati si erano tutti alzati prima dei
grilli per vedere
in diretta la puntata finale de “Lo Zecchino
d’oro”.
Nel
mondo di One Piece partecipano a tale show, anziché bambini,
pezzi grossi della
Marina o della pirateria, che di solito cantano sempre lo stesso brano
per
decenni di fila: sicché non è insolito che un
presunto “artista” vinca la
competizione per più edizioni consecutive.
Quella
volta il conduttore nonché supremo padrone
dell’inferno Topo Gigio consegnò il
premio a Crocodile, che, ormai disperato, calcava le scene da
vent’anni con una
versione remix di “Il coccodrillo come fa”: al
secondo posto si classificarono
Shanks il rosso e i suoi, battuti di un pelo.
A Kuro
ribolliva il sangue: tanti anni prima, quando era ancora un pirata
serio, aveva
vinto la gara con “ Quarantaquattro gatti”
interpretata dalla sua ciurma in
fila per sei col resto di lui e Jango; ma quando qualche mese prima si
era
presentato alle selezioni con “Volevo un gatto
nero” era stato subito cacciato,
per discriminazione contro i diversi, a suo dire.
Finito
lo show e le scommesse clandestine che lo accompagnavano, fu il turno
di una
mega partita a nascondino a cui parteciparono tutti tranne il capitano
dalla
dubbia identità sessuale che, indossato un costume intero
arancione a righe
gialle, si posizionò su una sdraio in
giardino.
Il
prescelto per essere il cacciatore fu Gin: e gli altri, mentre lo
sguattero
contava in modo confuso a causa della propria perenne ubriachezza,
sciamarono
per la casa e si occultarono in ogni luogo possibile
e immaginabile.
“98…99…103!
Anzi, 100! Sto arrivando gente!” disse estraendo la pistola
con aria minacciosa
e iniziando a camminare in tondo tastando mobili e pareti.
Passò
la mano callosa e puzzolente sopra un mucchio di stracci che coprivano
un
tavolo, senza immaginare che là giacesse Kuroobi; spaventato
da quelle dita che
si muovevano in qua e in là le azzannò, e il
pirata balzò in aria gridando per
il dolore.
“Sarà
stato un ratto” pensò accarezzandosi
l’arto dolorante, mentre la manta, ridendo
sotto i baffi e sicura di non essere stata scoperta, tirò
fuori il game boy e
prese a giocarci.
Il
tossicodipendente continuò il suo giro di perlustrazione,
sbuffando come un
toro e lanciando intorno occhiate da lupo famelico; il suo passo era
pesante,
il suo respiro ben percepibile e Chu, nonostante il dolore derivante
dal fatto
di stare appallottolato come un contorsionista in una credenza
piccolissima, lo
sentiva avvicinarsi come una presenza maligna e distruttrice, come il
demonio
in persona.
“Eppure
non riesco a scovarli…” disse Gin fra
sé e sé grattandosi la testa, mentre sul
soffitto sopra di lui stavano Hacchan e Jango, che tentavano
disperatamente di
non mollare la presa e di non emettere suoni di alcuna natura per non
tradirsi.
In
quello stesso momento Kuro, stabilitosi sotto un ombrellone a pois blu,
stava
assaporando attimi di puro piacere e un gelato Magnum.
Davanti
a lui passavano molto persone e tutti, che lo conoscessero o no, lo
salutavano;
e così faceva lui.
Ad un
tratto vide sfrecciare davanti a sé un furgone decorato in
modo stravagante, e
dotato di un altoparlante che aveva certo avuto momenti migliori che
amplificava una stridula e fastidiosa voce: “E’
arrivato l’arrotino! Arrota
coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto!
Donne!
E’ arrivato l’arrotino e l’ombrellaio!
Aggiustiamo gli ombrelli! L’ombrellaio
donne! Ripariamo cucine a gas! Abbiamo i pezzi di ricambio per le
cucine a gas!
Se avete perdite di gas noi le aggiustiamo! Se la cucina fa fumo noi
togliamo
il fumo della vostra cucina a gas! Lavoro subito, immediato!
E’ arrivato
l’arrotino!”.
Capendo
quale occasione della vita le stava passando di fronte, Kuro
iniziò a
strepitare facendo cenno al mezzo di fermarsi.
Dal
furgone scesero una specie di truzzo in camicia hawaiana senza niente
sotto e
costumino, con un’assurda chioma azzurra ritta come un palo,
il naso di ferro e
gli occhiali da sole e un osceno ciccione con la bocca piena di denti
cariati.
“Salve
signora! IO sono Cutty Flam detto Franky, l’arrotino, e LUI
è il mio collega
Teach detto Barbanera, l’ombrellaio. In cosa possiamo
servirla?”.
“Mah
guardi… ci sarebbero i miei guanti artigliati, la lancia di
mio marito e la
spada dentata di nostro figlio.. Aspetti che glieli vado a
prendere…”e tornò
carico di utensili e armi varie come un mulo.
“Figaro
qui… Figaro lì!” canticchiò
allegramente Franky arrotando una sciabola piena di
ruggine, mentre il compare si stendeva fra i cespugli e svuotava una
fiaschetta
di rum.
“Allora
signora tutto bene a casa?” chiese Teach.
“Sa…
ultimamente abbiamo adottato quattro uomini pesce! Li avevano
abbandonati, e
perciò…”.
“Per le
trippe di Nettuno e anche le mie! Dev’essere dura!”.
“Eh
già… mangiano come un reggimento e spaccano tutto
quello in cui si imbattono…
ma d’altronde sono così carini ed educati quando
si sa come educarli…”.
“Non
direi signora!” replicò Franky che non aveva
capito nulla, facendo la punta ad
una mannaia. “Il mio maestro era un uomo pesce, e guardi come
mi ha educato!
Maledetto ciccione giallo…”.
Contemporaneamente
la partita di nascondino proseguiva in modo cruento.
Kuroobi,
tanto sicuro dell’impunità, era stato scovato e
nonostante si fosse gettato in
una corsa disperata, spaccandosi la faccia su un muro almeno un paio di
volte,
Gin aveva raggiunto la tana prima di lui e lo aveva ufficialmente
eliminato.
Il
pirata riprese la caccia e si leccava le labbra al pensiero gioioso di
poter
snidare nuove vittime.
Cantando
passò davanti a una tenda ma, accortosi che qualcosa non
andava, tornò sui
propri passi.
Da
dietro il telo spuntavano due smisurati piedi blu con tanto di sandali.
Ora:
chi in quella casa poteva avere delle fette simili, perdipiù
assai fetenti?
Gin
credette di udire un battito di denti provenire da dietro le tenda, ed
era
anche incuriosito dal rubinetto che spuntava dalla sommità
di questa.
Percependo
puzzo di bruciato scostò la tenda e si imbatté in
Arlong che tremava come una
foglia, si copriva il viso con un giornale e aveva occultato il naso a
sega
sotto un tubo con rubinetto.
I due
si lanciarono un infuocato sguardo di sfida e spiccarono un balzo: lo
squalo
sfondò il muro con il cranio lasciò la propria
impronta sui mattoni, Gin
incespicò su un tappeto persiano e si ruppe il bacino, ma
nonostante gli
inconvenienti e gli infortuni continuarono a correre a tutta birra
verso lo
stesso obiettivo: la tana.
Arlong
era in vantaggio ma l’avversario non gli dava un attimo di
tregua e aveva anche
cominciato a sparare a salve.
L’uomo
pesce era alle strette e stava per ceder quando ebbe un’idea
geniale e,
afferrato un martello che giaceva casualmente a terra, lo
scagliò su un piede
dell’inseguitore, costringendolo a fermarsi per cure mediche
d’urgenza.
In
questo modo, sotto lo sguardo entusiasta dell’eliminato
Kuroobi, arrivò
gridando alla tana e aggiunse: “Cinquantun per me libera
tutti!”.
Gin lo
raggiunse dopo una ventina di minuti zoppicando vistosamente e
mugolando: “Non
vale…mi hai fatto la bua…”.
Nel
frattempo in giardino si erano esauriti sia gli attrezzi da arrotare
che gli
argomenti di cui chiacchierare.
“Scusi
se non gliel’ho detto subito, ma ho un certo problema con il
fumo in cucina… Me
ne sono accorta stamattina mentre preparavo i toast per mio
marito…”:
”Benissimo! Compagno, procedi!”.
Barbanera
alzò una mano e creò attorno a sé una
cortina di oscurità e un mini buco nero.
“Questo
è il vero motivo per cui ho mangiato quel frutto del
diavolo! Volevo
velocizzare le pulizie sulla nave, ma Barbabianca non ha
gradito…” aggiunse
Teach, quindi iniziò ad aspirare il fumo dalla cucina.
In quel
preciso istante Gin stava per sorprendere Chu che, riparatosi sotto un
presunto
mantello dell’invisibilità, invocava la
pietà divina: ma come, tutti gli altri,
si sentì risucchiare da qualcosa.
A nulla
valse aggrapparsi ai mobili.
Kuro si
stupì molto quando vide volteggiare in aria, fra
oscurità, fumo e oggetti vari,
gli altri inquilini dell’asilo, e si infuriò tanto
che saltò addosso a Teach e
cominciò a prenderlo selvaggiamente a sberle e a percuoterlo
con un ombrellino
che lo stesso Barbanera aveva aggiustato:“Mostro!Lasciali
andare!Te ne farò
pentire!”:
Il sortilegio cessò, ma nel frattempo Franky era
già salito sul furgone ed era
partito a tutto gas.
L’ombrellaio
lo tallonava da vicino, anche se era al limite di resistenza.
“Muoviti
a salire! Se quei matti ci acchiappano ci fanno a pezzi!”.
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Capitolo 8 *** Il diabolico barbiere di Fleet street ***
Spazio
autore
Kate-love:
Dai, chi non vorrebbe farsi servire da Barbanera e dal cyborg truzzone?
Il
capitolo di oggi fa ridere come gli altri, ma è sarebbe bene
che chi lo
leggesse avesse visto un certo film…capirai dal titolo.
Mancano
solo due capitoli alla fine, resistete gente perché il
finale sarà davvero col
BOTTO.
Il
diabolico barbiere di Fleet Street
Quel
giorno Krieg e i due sguatteri erano andati a fare la spesa.
Sembravano
contenti ma, conoscendo la vita che conducevano, nessuno avrebbe saputo
dire il
perché.
Il
capitano camminava impettito reggendo due buste tanto piene di
bottiglie di
acqua minerale e di confezioni di spaghetti da scoppiare; Gin, con una
reticella contenete due e tre bottiglie di whisky, spingeva un carrello
carico
come un mulo di pesce e verdure; Jango infine trasportava in spalla
numerosi
sacchi di farina, frutto di un assalto ai forni.
Camminavano
fra bancarelle e ambulanti, incuranti del senso della vita, e ad un
certo punto
incrociarono la strada di Shanks il rosso che, da quando aveva perso la
finalissima de “Lo zecchino d’oro” a
favore di Crocodile, era sprofondato nella
depressione e si era lasciato andare.
Le
occhiaie si erano fatte più paurose di quelle di Gin; i
capelli e la barba
rossi erano cresciuti a dismisura e si erano riempiti di sporco, mosche
e
pidocchi; il fiato puzzava tanto di alcol che si sentiva a cento metri
di
distanza ; il rimasuglio di braccio sinistro, divorato dai suoi
compagni di
partito in un momento di carestia in cui non vi erano bambini da
mettere sotto
i denti, si stava incancrenendo; il vecchio mantello nero cadeva a pezzi, la camicia era
macchiata di caffé e
sudore e il cappello
di paglia si stava
decomponendo.
“Buongiorno
signore” mormorò inchinandosi ed estraendo la
spada, che egli cadde di mano
subito dopo, tanto era sbronzo e incapace di intendere e volere.
“Ce
l’ha un soldino per questo marinaio
poverello?” aggiunse l’imperatore togliendosi il
cappello e ponendolo sotto il
muso di Krieg, che colpì il mendicante con la lancia della
devastazione tramortendolo
e scagliandolo contro un
palazzo.
“Io
ODIO gli accattoni!”.
A marce
forzate raggiunsero l’asilo, quindi aprirono la porta e si
trovarono davanti a
una situazione da Vietnam, che però in quella casa era
ordinaria
amministrazione e forse meno estrema del solito.
Gli
uomini pesce ufficialmente stavano giocando a indiani e cowboy; in
realtà
stavano devastando il soggiorno in un modo tanto sopraffino che nemmeno
il
Maligno e i quattro cavalieri dell’Apocalisse ci sarebbero
riusciti, pur
mettendoci tutto il loro impegno e sudando come bestie.
Arlong,
legato come un salame a un totem rappresentante le facce dei Tokyo
Hotel,
scalciava asportando interi pezzi di pavimento e digrignava le zanne
gridando
slogan razzisti che non riporterò per decenza;
Hacchan, con un cappello da cowboy calato sulla zucca,
caricava i nemici
e sparava con sei pistole contemporaneamente, riducendo a un colabrodo
tende e
pareti; Chu, pitturato in viso e con un copricapo di piume molto
fashion, si
dava a barbare danze di guerra agitando un’ascia e
saltellando su un falò
acceso; Kuroobi, mascherato da Pocahontas, stava in piedi su un tavolo
e
sclerava, finché non si decise a lanciare un vaso di bronzo
che colpì in testa
il pesce trombetta facendolo quasi restare secco.
“In
nome di Dio, di quel Dio misericordioso al cui cospetto dobbiamo tutti
comparire, calmatevi!” sbottò il pirata estraendo
le armi.“Dov’è la mamma?”.
“Di
là!” disse Arlong succhiandosi il pollice e
indicando la cucina.
Entrato
nella stanza rimase scioccato nel vedere Kuro in abiti molto succinti
che,
seguendo le istruzioni televisive dell’ubiquo Doflamingo, si
dava a improbabili
esercizi di ginnastica contorcendosi e lamentandosi su un tappetino di
gomma:
ma soprassedette, ricordandosi che con quell’essere divideva
la vita coniugale.
“Ricordati
dell’impegno di stasera” bisbigliò lui
con charme.
“Idiota!
Non ora!” rispose la “moglie”
bersagliandolo con mannaie da macellaio.
Giunse
l’agognata sera e, mentre Jango sparecchiava la tavola e
lanciava gli avanzi ad
Hacchan che li attendeva a bocca aperta, Krieg radunò la
ciurmaglia e annunciò
con enfasi: “Stasera, per passare un paio d’ore in
famiglia, guarderemo un bel
film! Allora, cosa vorreste?”.
“Cenerentola?”
propose timidamente Kuroobi, venendo sommerso di fischi.
“Ma è
facile! Un bel concerto registrato di Michael Jackson!”
gridò Jango a braccia
aperte, prima che l’ammiraglio pirata, stufo di sentir
pronunciare quel nome,
lo spedisse fuori dalla finestra con una cannonata.
“Il
Ritorno del re?” fece lo squalo, ma Kuro lo dissuase da tale
scelta: “No
tesorino adorato, lo sai che al papà fanno impressione il
ragno gigante e
Gollum, e che poi tanto si addormenta durante la battaglia finale
perché sa già
come va a finire!”.
“Io
proporrei “Matrix”, no?” disse Krieg, ma
Gin iniziò a lamentarsi : “Capitano,
quando eravamo sulla nave abbiamo visto quel film duemila volte! Ne ho
fin
sopra i capelli di quel pagliaccio di Neo, di quell’emo senza
capelli di
Morpheus, e di quel buon signor Smith…”.
A causa
di queste ultime parole il capitano ebbe un impulso di
bestialità e scattò in
avanti, afferrando il tossicomane per il collo: “NON
OFFENDERE L’AGENTE
SMITH!!!! HAI CAPITO, RAZZA DI MICROCEFALO INVERTREBRATO UBRIACONE? LUI
E’
MOLTO PIU’ UOMO DI TE! L’AGENTE SMITH E’
UN DIO! E’ CHUCK NORRIS! EGLI
REGNA!!!”.
Si
scatenò il parapiglia generale: Chu si aggirava sul luogo
come uno scemo di
guerra, blaterando: “Perché non “Alien
vs Predator”? Predator è così
puccioso!”
ma fu assalito e accoltellato alle spalle da un inferocito Hacchan;
Arlong e
Kuroobi, entrambi ancora persuasi delle loro scelte, duellavano
incrociando le
lame, mentre il furioso Don Krieg teneva sotto un braccio, come si
farebbe con
un cocomero, il povero Jango, e con l’altra mano sbatacchiava
qua e là Gin.
Per far
cessare questa guerra, Kuro pronunciò un semplice nome:
“Sweeney Todd!”.
Il
massacro cessò e tutti i partecipanti si picchiarono una
mano sulla fronte.
Come
avevano fatto a non pensarci prima!
E così
decisero di sorbirsi le patetiche scenate del barbiere serial killer.
Kuro si
piazzò su una sedia a dondolo con le coperte rosa, il marito
si sedette sul
posto d’onore del divano, Arlong si sdraiò ai suoi
piedi, avvolto in una
pulciosa trapunta; ai lati del padre presero posto Hacchan e Chu, che
agitavano
lattine di Coca cola e pacchetti di popcorn, mentre Jango e Kuroobi si
appollaiarono sullo schienale del sofà e si abbracciarono,
per riscaldarsi
dalla sensazione che la Londra
ottocentesca che appariva nel film provocava in loro.
Gin, il
fucile in mano per fare scena e un elmetto in testa per prevenire
possibili
incursioni nemiche, spense la luce e canticchiando la musichetta della
20th
Century Fox si avviò al proprio posto, ma
incespicò sul tappeto e, rialzandosi
a fatica dopo esseri rotto un paio di molari, rimase sul pavimento a
godersi lo
spettacolo.
Quando
all’iniziò videro la nave che trasportava il
protagonista approdare sulle rive
del Tamigi tutti esplosero in un: “OHHHHHHHHHH!!!”
di meraviglia, tranne Krieg
che pensava, pieno di bile: “Acciderba, quel veliero
è molto meglio del mio!”,
ma nel frattempo non disdegnava di battere i piedi sul pavimento
seguendo il
ritmo di “No place like London”.
Quando
fu il turno della canzone “ The worst pies in
London” avvenne un miracolo:
mentre Mrs Lovett si lamentava della scarsezza di carne in
città e mostrava al
meravigliato Benjamin Barker i propri famigerati pasticci di gatto,
ratto,
scarafaggio e quant’altro, si udì risuonare una
voce, fin troppo familiare in
quella casa, che recitava il seguente slogan: “Sono le
tagliatelle di Nonna
Pina tatatatatatatata….”.
Sentendo
ciò Kuro strabuzzò gli occhi e, mentre ai
presenti si gelava il sangue nelle
vene, si proiettò in aria rovesciando la sedia e
urlò: “DOFLAMINGOOOOOOO!!!
Grazie al cielo che esisti! Come farei senza di te! Il tuo programma
è sempre
il migliore! Viva “La prova del cuoco!”!”.
I
pargoli la afferrarono e per farle passare la crisi isterica la
incatenarono
alla seggiola: contemporaneamente Krieg inviò Gin, che si
stava annoiando
mortalmente dopo così pochi minuti e si era già
attaccato alla bottiglia, alla
ricerca del membro della Flotta dei 7, con l’ordine di
sparare a vista su
qualsiasi creatura bionda informe somigliante a un fenicottero
impellicciato.
Arlong
e Hacchan si eccitarono stranamente nel sentire la tragica storia di
Sweeney;
Jango andò addirittura a nascondersi sotto un tavolo,
tappandosi le orecchie,
mentre veniva narrata che cosa il giudice Turpin fece a Lucy Barker: ma
non
appena sentì che il brav’uomo voleva sposarsi la
piccola Johanna uscì allo
scoperto.
Adesso
adorava il giudice: aveva gli stessi gusti di Michael Jackson!
La
serata trascorse lietamente: Chu e Kuro improvvisarono, usando
un’attrezzatura
per karaoke artigianale e i numerosi coltelli da cucina, una messa in
scena di
“My friends”; Kuroobi si identificava totalmente
nel marinaio rimbecillito; il
polpo pregava gli uccellini di insegnargli a cantare; Krieg
bramava l’elisir per capelli di Pirelli,
ma non lo poteva ottenere.
Per la
gioia di grandi e piccini venne il momento di “Pretty
women”: l’ammiraglio
pirata chiuse gli occhi e cantò insieme al giudice, e nel
mentre lo squalo lo
accompagnava passandogli un rasoio sulla gola, che in effetti avrebbe
avuto
bisogno di una rasatura.
Ma fu
con “Epiphany” che Krieg si scatenò: si
piantò in mezzo alla sala e, sbraitando
in playback, accusò la “moglie” di
avergli consigliato di aspettare, visto che
Turpin non sarebbe più tornato; poi cominciò a
rivolgersi agli uomini pesce,
invitandoli a non essere timidi perché la sua sedia era
libera e dando loro il
benvenuto nella tomba.
Infine
il pezzo forte: dopo aver invocato confusamente la moglie presunta
morta e la
figlia nelle mani di Piton ( è lo stesso attore nda) si
inginocchiò e, portando
le braccia al cielo con una faccia da pesce lesso strillò:
“I’m alive at last,
and I’m full of joyyyyyyy!!!!”.
Gli
altri spettatori gli lanciarono qualche moneta, poi la proiezione
andò avanti.
Krieg
decise di saltare la canzone “A little priest”, con
gran disappunto di Arlong,
poiché temeva che tutto quel parlare di come cucinare la
carne umana avrebbe
richiamato il molesto Doflamingo.
Dopo
essersi goduto il bel quadretto familiare proposto da “By the
sea” fu l’ora
della resa dei conti.
Giudicando
la parte troppo sanguinosa per i propri occhi da crudele combattente di
arti
marziali amante dei Teletubbies, la manta cercò in ogni modo
di non vedere la
cruenta scena della morte del giudice.
E
questo nonostante gli altri tre sghignazzassero come matti, visto che
tutto
quel sangue, oltretutto assai simile ad acqua colorata, che sgorgava
dalla
ferite come da un geyser risultava e risulta tutt’oggi
piuttosto pacchiano.
Il
tempo passava e i morti si ammucchiavano, e la cosa si faceva talmente
truculenta che Kuro e Hacchan scoppiarono a piangere senza ritegno
quando morì
la moglie del barbiere e Mrs Lovett volò nel forno.
Ma
quando tutto sembrava perduto, il piccolo eroico Toby spuntò
dalle fogne e
sgozzò Sweeney..
Krieg,
che aveva accumulato rabbia e ira fino a quel punto, scattò
in avanti come un
centometrista ruggendo: “E’ MORTOOOO!!! SCHIATTATO!
ALE’! C’E L’ABBIAMO FATTA!
CAMPIONI DEL MONDO!!! CAMPIONI DEL MONDO!!!!!!”.
Mentre
pronunciava queste frasi girava intorno come uno scemo, quindi
caricò davanti a
sé a testa bassa e alla cieca e colpì Gin che,
completamente sbronzo, stava
giocando a dama da solo, frantumando con una tremenda craniata il
tavolino dove
il tossicomane ammazzava il tempo.
“E’
morto! E’ morto! Il tiranno è morto! Viva la
libertà!” continuò a gridare
saltellando e oscurando la televisione, provocando la collera degli
altri che,
appena finito il film, avevano messo su Rai Uno per godersi gli ultimi
dieci
minuti dell’ennesima replica di qualsiasi film hollywoodiano
passasse il
convento.
“E
spostati ciccione! Non sei mica trasparente!” tuonarono
inferociti,
sottoponendolo a un fitto lanciò di popcorn.
Ormai
impazzito, il pirata militaresco afferrò una sciabola e
sparì nel corridoio
dicendo: “Finalmente il mio braccio è di nuovo
completo!”, ma un sordo tonfo
fece capire alla ciurmaglia che la sua folle corsa si era arrestata
contro un
muro.
“Vado a
raccattarlo” sibilò con aria mogia Jango prendendo
la scopa.
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Capitolo 9 *** Matriomio fra pirati ( e lieto evento) ***
Spazio
autore
Kate-love:
Doflamingo avrà un ruolo più importante del
solito in questo capitolo, mentre
purtroppo l’agente Smith non potrà fare alcun
cameo. Pazienza, tanto la fine fa
ridere ugualmente.
Siamo
arrivati, con mio sommo dispiacere, all’ultimo capitolo. Oggi
si compirà un
evento che influenzerà in modo drastico i destini
dell’asilo…ma quale? Leggete e
lo scoprirete.
Come in
ogni mia storia ringrazio di cuore chi ha letto e recensito e prego
tutti i
lettori di recensire quest’ultimo capitolo per dirmi cosa ne
pensano e qual è stata
la scena più divertente secondo loro.
Avviso
ai lettori della sezione di O.P: non mi vedrete per
un po’ perché la mia prossima storia
riguarderà Naruto, ma non temete, tornerò.
Matrimonio
fra pirati ( e lieto evento)
Non c’è
niente di meglio di una bella buca piena di sabbia dove potersi
scatenare e
giocare in pace, o almeno così pensavano gli uomini pesce e
gli sguatteri in un
pomeriggio che si sarebbe rivelato l’inizio della fine.
Arlong
e Kuroobi si scaricavano addosso, usando vecchi secchielli di plastica,
tonnellate di rena, e ridevano come matti, quei bravi giovini, mentre
poco
distante Chu, Hacchan e Gin avevano sotterrato sotto metri di terra il
povero
Jango che, da sotto la coltre di sabbia, mandava vani segnali
d’aiuto poiché si
stava mummificando.
A un
certo punto si udì un esplosione e si vide una nuvola di
fumo violaceo; in
mezzo a questo si intravidero due figure che poi si scoprirono
essere…
“Mamma?
Papà?” dissero tutti in coro, compreso un redivivo
ipnotista che balzò fuori
dalla sabbia.
“Ohohohoho!!!!”
rise Don Krieg, tutto addobbato come per andare a un banchetto,
tenendosi la
pancia e abbracciando Kuro, anch’egli molto elegante.
“Come
va ciurmaglia? Vi do una splendida notizia: fra tre giorni, dopo tanti
anni di
convivenza, noi due ci sposeremo!” e suggellò
queste ultime parole dando un bacio
sulla guancia al pirata occhialuto.
“Ma
mamma… tu non sei un maschio come il
papà?” domandò Hacchan tutto turbato.
Kuro
cadde in depressione: poi, estraendo i guanti artigliati, stava per
farsi
giustizia da sé quando l’ammiraglio pirata lo
bloccò e andò in un angolino a
scambiare due paroline con il polpo.
“Vedi
caro, in realtà la mamma pensa di essere quel che non
è, ma per me non ha
importanza, anche se ho dovuto faticare non poco per ottenere
l’autorizzazione
a questo matrimonio. Come se fossimo gli unici pirati omosessuali del
mondo! Ma
ricordati sempre che la cosa più grande che tu possa
imparare è amare e
lasciarti amare!” disse stringendo i tentacoli del pargolo e
guardandolo con
occhi sbrilluccicosi.
“Capitano
non ci costerà troppo? Non abbiamo neanche i soldi per la
spesa, mi chiedo come
faremo a organizzare un matrimonio…” fece notare
Jango.
“Zitto
idiota! A questo ci penserò io!” gridò
Krieg puntandogli contro una pistola.
“Ma
capitano, io volevo solo essere la vocina della coscienza nella sua
testolina…”.
“Ma
allora vuoi proprio morire prematuramente!”
sbraitò il pirata afferrando lo
sguattero per la gola e sbattendogli il capo per terra, quindi i due
direttori
dell’asilo tornarono in casa e tutti gli altri si diedero a
un’attività
divertente come fare le sabbiature con la rena bollente alla manta.
I
preparativi per le nozze fervettero per giorni, e tutti si diedero da
fare.
Gin
scoprì di essere naturalmente portato per
l’attività sartoriale e cucì in men
che non si dica un bellissimo vestito da sposa con il velo e lo
strascico:
appena fu pronto Kuro si chiuse in camera e non volle più
frasi vedere da
nessuno, perché si sa che porta male vedere la sposa prima
del matrimonio.
Il
grande giorno tutti gli ospiti si ritrovarono al porto, dove era stato
eretto
un altare improvvisato ed erano state sistemate le panche.
Erano
stati invitati numerosissimi personaggi, sia pirati che ufficiali di
Marina,
perché un matrimonio dev’essere un occasione di
festa, non di conflitti.
Fra i
primi ad arrivare vi fu il mitico Barbabianca, che si sedette su una
struttura
costruita appositamente per lui, e, per ingannare il tempo si fece
intrattenere
da Ace travestito da orso Yoghi .
Poco
davanti era assiso il grandammiraglio Sengoku che ostentava un sorriso
a
trentadue denti come per dire “ Speriamo che almeno questa
pagliacciata finisca
alla svelta!”: tutt’intorno Aokiji, molto
prevedibilmente, dormiva ritto,
Akainu celava il suo viso sotto il solito cappuccio, Kizaru ascoltava
Bob
Marley, Smoker inquinava l’ambiente con quintali di sigari e Garp cantava canzoni da
cowboy ubriaco.
Vista
la gran quantità di armi e ombrelli che gli ospiti si erano
portati dietro gli
onnipresenti Barbanera e Franky facevano affari d’oro, un
sempre più misero
Shanks il rosso vendeva il cocco urlando come un forsennato e la
piccola Nico
Robin quel giorno riuscì a smerciare una quantità
inverosimile di biscotti dei
boyscout.
Anche
Spandam e Lucci con il loro carretto dei gelati cercarono di offrire a
qualcuno
i loro prodotti, ma prima che ci riuscissero furono assaliti, rapinati,
trucidati e sbranati dai truzzi di Bellamy.
Ancora
più innanzi Grifis e Occhi di falco lucidavano le spade e si
scambiavano
bacini, mentre dalla parte opposta i loro eterni rivali Gatsu (
quest’ultimo
ancora sporco di liquami di fogna) e Zoro giuravano vendetta mentre i
fulmini
si addensavano sulle loro teste.
Ai lati
dell’altare i testimoni Orso Bartholomew e Doflamingo
aspettavano l’inizio
della cerimonia, mentre un sempre più agitato Don Abbondio
si ripassava
mentalmente cosa dire.
I
quattro uomini pesce erano vestiti più che dignitosamente;
Krieg del canto suo,
avvolto da un logoro e puzzolente frac, non dormiva da tre giorni.
Kuro
arrivò accompagnato da Jango; quindi i due prossimi coniugi
si avviarono
all’altare, con Kuroobi e Chu che reggevano lo strascico.
Crocodile,
che costituiva l’accompagnamento musicale, iniziò
a intonare “Il coccodrillo
come fa”.
Nessuno
si accorse che il vestito della sposa si stava strappando
all’altezza dei
fianchi.
Ma alle
nozze era presente anche un altro personaggio, seppur non invitato: lo
spettro
di Gold Roger.
“Questa
festa non è abbastanza movimentata! Ma so io come
rimediare…” e così parlando
iniziò a svolazzare, provocando vari incidenti:
strappò i baffi a Barbabianca,
rubò gli occhiali a Franky, bagnò il cappello a
Sengoku, gettò polvere da sparo
sui sigari di Smoker, fece inciampare i valletti.
“Arlong!!!!!”
gridarono tutti fissando male il povero pesce sega, ingiustamente
scambiato per
l’autore dei delitti, e riempiendolo di ceffoni.
I due
sposi ripresero il cammino.
“Auguri!
Auguri e figli maschi!” gridò improvvisamente
Shanks sbracciandosi.
“Idiota!
Noi vogliamo una femminuccia!” replicò Krieg,
dandogli in testa la lancia.
“Brutto
buzzurro! Non lo sai che porta sfortuna fare gli auguri?”
aggiunse Kuro
mettendo definitivamente KO l’imperatore con i guanti
artigliati.
Accadde
dunque che i due si presentassero felici e festanti davanti al curato.
Questi,
innervosito da tutti quei visacci da pirati e da tutti quei delinquenti ubriachi e armati fino ai
denti, ebbe il
colpo finale quando gli parve che tutti gli puntassero contro le
pistole e,
emettendo un sospiro che si udì fino al Lago di Como, svenne
pesantemente e
rotolò per terra come un sacco di patate.
Perso
Don Abbondio, dovette essere sostituito da Orso Bartholomew, che fra i
presenti
era quanto più si avvicinava a un religioso.
Per
sostituirlo fu chiamato come testimone di nozze nientepopodimeno che
Arlong.
“Ciao
mamma! Ciao papà! Sono finito in televisione!”
strillò il pesce sega agitando
una mano palmata.
Il
pirata della Flotta dei 7 aprì la Bibbia
e cominciò il rito sacro: “Fratelli e sorelle,
siamo
oggi qui riuniti per celebrare il matrimonio di Krieg e Kuro! Bla bla
bla bla
bla …..”.
Dopo
tre ore di prediche, omelie, benedizioni e brani del Vangelo il
pubblico si era
comprensibilmente scocciato e incitò Bartholomew a piantarla.
“Krieg,
vuoi tu prendere come legittima sposa Kuro, nella buona e nella cattiva
sorte
eccetera eccetera?”.
“Sì, lo
voglio”.
“Kuro,
vuoi tu prendere come legittimo sposo Krieg?”.
Si udì
un rullo di tamburi.
“Sì…lo
voglio!”.
“Con il
potere conferitomi io vi dichiaro marito e marito, pardon, marito e
moglie!
Puoi baciare la sposa” proclamò solennemente
Bartholomew allargando le braccia.
Dopo
che Hacchan ebbe portato le fedi e se le furono scambiate il pirata
militaresco
prese in braccio la consorte, a cui stavano cadendo il velo e la
parrucca, e la
baciò appassionatamente in bocca.
“Viva!!!
Viva gli sposi !!!!” gridarono tutti gli invitati agitando
pugni e sciabole e
sparando in aria.
Il
fantasma di Roger piangeva disperato appoggiandosi alla spalla di
Sengoku che,
commosso, si soffiava il naso con fazzoletti forniti da Kizaru, a cui
si erano
appannati gli occhiali, che veniva rifornito da Aokiji, che veniva
rifornito fa
Akainu, che veniva rifornito da Smoker che aveva la solita faccia da
funerale
oscurata da nubi di fumo.
Come
prevedeva la tradizione Kuro lanciò in aria il boquet e
tutti, uomini e donne,
si gettarono in una lotta senza esclusione di colpi per accaparrarselo:
alla
fine Doflamingo e Barbanera si arrampicavano su una montagna di corpi
inerti e
avevano già le mani tese per riceverlo quando furono colpiti
in testa dai
cazzotti di Gekko Moria che, raggiante di felicità,
afferrò il mazzo e partì alla
ricerca dell’anima gemella.
Krieg,
continuando a portare in braccio la moglie, salì su una
barca e i due partirono
per la luna di miele nella Rotta Maggiore, trascinandosi dietro
numerosi
barattoli legati alla poppa.
Mentre
erano assenti gli uomini pesce e gli sguatteri si diedero alla pazza
gioia
ubriacandosi e facendo le ore piccole per vedere i cartoni su Sky: ma
in un
certo pomeriggio in cui tutti stavano giocando a imbrattare il
pavimento
cercando di imitare gli affreschi di Michelangelo ricevettero una
lettera dai
due in cui annunciavano il proprio ritorno anticipato
perché, udite udite, Kuro
era INCINTA/O.
Come
fosse possibile visto che fisicamente il capitando dei pirati Kuroneko
era
ancora un maschio nessuno lo seppe mai, ma fatto sta che era
così.
Se
avrete un po’ di pazienza vi racconterò anche di
come si concluse la
gravidanza, e di cosa fu messo al mondo dai due filibustieri a riposo.
Quando
tornarono dalle vacanze i due direttori dell’asilo avevano
una faccia
stravolta: Kuro piangeva a dirotto, il marito era già
preoccupato per tutto
quello che una nuova nascita avrebbe comportato.
Soprattutto
era preoccupato per la loro situazione finanziaria non proprio rosea:
di sicuro
il neonato avrebbe avuto bisogno di pappe, biberon, pannolini,
giocattoli, e
poi di vestiti, culle, copertine, cassettine di catoni animati, librini
di
fiabe…
A dire
la verità molti articoli erano già disponibili
all’asilo (Sennò che asilo
sarebbe stato nda?), ma erano ridotti in uno stato tale da essere
fetenti e
completamenti inutilizzabili: e per via di tutti questi pensieri Krieg
avvertiva un martellante mal di testa e si sentiva svenire…
“Non
dovevo, non dovevo…” frignava Kuro mordendosi le
mani con aria esageratamente
melodrammatica, mentre i due servi gli toglievano il cappotto e gli
portavano
una cioccolata calda.
“Eravamo
da soli nel letto della nostra stanza d’albergo, e poi la
passione, la
passione…”.
Arlong
ai avvicinò e accarezzò la madre adottiva.
“Mamma,
ma poi ci abbandonerai? IO ti voglio tanto bene, non voglio
lasciarti…”.
“Oh no,
non preoccuparti tesoro mio, fra qualche mese la mamma
tornerà con un bambino
nuovo di zecca che giocherà con voi. Ora torna pure a
giocare” rispose l’altro
baciandolo, al che lo squalo non se lo fece ripetere due volte e si
precipitò nella
vasca a dare la caccia alle paperelle.
“Cos’è
successo? Perché siete tutti così
tristi?” disse saltellando Kuroobi, che,
reduce da un ferocissimo match di karate con Goku in persona, era
mancato da
casa per una settimana e si era perso tutta la storia.
La
mamma aspetta un fratellino!” dichiarò tutto
raggiante Chu, che si succhiava il
pollice e teneva in mano una mucca di pezza.
“Un
fratellinoooooo?!?!?!” E
perchèèèèèèè?!?!?!?!”.
“Perché
l’ape ha impollinato il fiore!”.
“E
perchèèèèèèè?!?!?!?!?!”.
“Perché
la cicogna ha portato il fagottino!”.
La
manta stava per fare un’altra domanda ma il pesce trombetta
perse i sensi prima
di aprire bocca, vergognandosi di dover rivelare segreti tanto scabrosi
ad un
altro bambino.
I mesi
trascorsero in un crescendo di ansia per Kuro, rincuorato soltanto
dalle
patetiche esibizioni di Gin e Jango che ballavano il flamenco e dalle
periodiche visite di Doflamingo che si era improvvisato esperto in
materia.
Una
sera, mentre prendeva il tè con il membro della Flotta dei
7, il pirata avvertì
un dolore atroce al ventre e se lo toccò.
“Caro,
penso che sia giunto il momento”.
“Alle
armi! Presto! Tutti all’ospedale!” gridò
Krieg
trangugiando il caffé in un battibaleno e
iniziando a fare le valigie,
mentre gli sguatteri sciamavano urlando per i corridoi e gli uomini
pesce si
precipitavano in giardino gettandosi ordinatamente e in fila dalla
finestra.
Per far
prima usarono la macchina di Doflamingo, che più volte
rischiò di finire in
panne ma che alla fine giunse a destinazione.
L’intervento
fu di una lunghezza allucinante e Krieg passò ore a girare
in tondo come una
belva in gabbia, mentre i pargoli ingannavano il tempo saltando la
corda con
Doflamingo.
Improvvisamente
in sala operatoria cessarono le urla atroci e ne uscì una
renna in camice
bianco.
“Allora
dottor Chopper?”.
“E’
stata una faticaccia” riprese quello asciugandosi il sudore.
“Non avevo mai
fatto partorire un uomo, ma ce l’abbiamo fatta! Complimenti
signor Krieg! Sono
tre gemelli!”.
L’ammiraglio
pirata svenne e si dovette usare il defibrillatore per resuscitarlo.
Dalla
sala uscirono due infermiere che tenevano in braccio i bebé,
che frignavano
come dannati: uno era un maschio con i capelli neri e la faccia da
ebete, un altro
aveva un ciuffo biondo da emo e la femmina del trio aveva i capelli
rossi e un
sorriso da furbetta.
Gli
uomini pesce si scagliarono subito su di loro per riempirgli di feste:
Arlong
provò subito un’istintiva simpatia per la
femminuccia, mentre il maschietto
moro lo accolse tirandogli il naso fin quasi a staccarglielo.
Dopo
un’ora Kuro fu dimesso e la combriccola si avviò
verso casa.
“Allora
come ha deciso di chiamare i suoi figli ?” chiese Doflamingo
mentre era alla
guida.
“Uhm…
Opterei per Rufy, Sanji e Nami!” rispose Krieg.
“E
perché papà ?”domandò Chu
strattonandolo delicatamente.
“Una
volta ho visto un cartone dove i protagonisti si chiamavano
così”.
“Ehi
ma… chi mi ha rubato il portafoglio?” dissero
tutti in coro all’improvviso
accorgendosi di essere stati borseggiati, e non accorgendosi invece di
Nami che
si accarezzava soddisfatta il pannolino ben ripieno, un luogo certo
fantasioso
per nascondere la refurtiva.
Ma non
tutti erano contenti della nascita dei gemelli.
“Dobbiamo
disfarci di questi figli del demonio, o ci
spodesteranno!”tuonò un invasato
Jango.
“Ma va
là!” replicò Arlong sparandogli con la
rivoltella e così, salva dagli
schiamazzi confusi dell’ipnotista, la macchina
proseguì in pace il suo viaggio
notturno.
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