Arlong all'asilo

di Federico
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I trovatelli ***
Capitolo 2: *** Sono uomini pesce ?! ***
Capitolo 3: *** Fiabe, lettini, lettoni e ninne nanne ***
Capitolo 4: *** Il coniglio pasquale ***
Capitolo 5: *** Cuochi pasticcioni ***
Capitolo 6: *** Scocciatori all'uscio ***
Capitolo 7: *** Nascondino con l'arrotino (e l'ombrellaio) ***
Capitolo 8: *** Il diabolico barbiere di Fleet street ***
Capitolo 9: *** Matriomio fra pirati ( e lieto evento) ***



Capitolo 1
*** I trovatelli ***


Arlong all’asilo

 

I trovatelli

 

C’erano una volta, nella lontana e felice isola degli uomini pesce, sempre baciata dal sole e dal mare, quattro pirati che, con la loro condotta stravagante e alquanto molesta, si erano guadagnati a buon diritto l’ambito titolo di “Scemi del villaggio ufficiali”, “Pericoli pubblici numero 1” e “Notori rompiscatole”.

Questi personaggi così pittoreschi rispondevano ai nomi di Hacchan il polpo, Kuroobi la manta, Chu il pesce trombetta e Arlong il pesce sega.

Il primo era semplicemente la creatura più idiota che si fosse mai vista sull’isola ( e il fatto che gli uomini pesce risaputamene non brillano per la loro intelligenza vi dà l’idea della gravità del caso), e in più adorava agitare a casaccio spadoni giganteschi senza curare di chi o cosa stesse falciando; il secondo, colto da una crisi mistica mentre stava vedendo “Le tartarughe ninja”, si aggirava per quelle terre demolendo case e montagne con fantomatiche mosse di karate da lui stesso inventate; il terzo usava trascorrere ore e ore a ubriacarsi nelle peggiori osterie, rimanendo spesso coinvolto in accoltellamenti e scazzottate, poiché amava rompere  sedie in testa al prossimo; l’ultimo era infine era infine il più pericoloso, perché usava addentare tutto ciò che attirava la sua attenzione ( quindi anche oggetti animati) e passava il suo tempo a ridere in modo maniacale e a farfugliare confusamente “della superiorità della razza”, “ dell’impero di Arlong” ecc ecc.

I buoni e pacifici uomini pesce, dato che ne avevano fin sopra i capelli di quei quattro scalmanati, dopo aver discusso a lungo se impiccarli a un albero o se ghigliottinarli sulla pubblica piazza decisero di sbarazzarsene con uno stratagemma.

Approfittando del fatto che nonostante fossero alti fra due metri e mezzo e tre metri la loro età cerebrale era di circa due anni, i paesani li convinsero a gettarsi in una buca con la falsa promessa che sarebbero arrivati i Teletubbies a giocare con loro.

I quattro ovviamente ci cascarono in tutti i sensi e i concittadini fecero scattare il loro diabolico tranello: li spararono delle freccette intinte di sonnifero, quindi li prelevarono dalla buca con l’ausilio di una gru, li conciarono in modo tale da ridurli a oscene imitazioni di un neonato umano e li ficcarono in una culla di colossali dimensioni.

Rimboccarono loro le coperte, quindi affidarono il tutto al mare: alla culla era attaccato un foglio dove gli uomini pesce avevano scritto, dando prova di una notevole conoscenza della grammatica, il seguente messaggio: “Noi no avere cibo per dare mangiare loro. Te prendere cura di loro”.

Che orrenda bugia per coprire un così atroce misfatto!

I quattro infanti vagarono galleggiando per l’oceano: uno squalo avrebbe potuto mangiarli, un’onda sommergerli, ma niente di tutto questo accadde.

Non soffrivano neanche il mal di mare, perché avevano i braccialetti apposta per quello.

Approdarono infine sulla spiaggia dorata di un’ allegra isola del Mare orientale.

Ora direte: furono allattati da una lupa e fondarono una città su sette colli? Li trovò la figlia del faraone e guidarono il loro popolo nella Terra Promessa?

Niente di tutto questo amici.

A raccoglierli e ad avere compassione di loro fu nientepopodimenoche lo spettro di Gold Roger, che si stava concedendo la sua solita passeggiatina notturna in riva al mare.

Con il suo respiro che sapeva vagamente di rum (anche i fantasmi bevono) e di cadavere in decomposizione svegliò i “bambini” che presero a gemere disperati.

“Orsù, non piangete pargoli miei! Lo zio Roger vi troverà una casa tutta nuova con tanti amici colorati ! Vero che ve la troverà?” bofonchiò accarezzando Chu che inizio a emettere strilli demoniaci.

Detto ciò l’arzillo spirito si caricò sulle spalle la culla formato maxi e si avviò verso la città più vicina

Vedendo che i trovatelli non avevano un aspetto del tutto normale Roger decise di rivolgersi alla chiesa locale, che spesso accoglieva simili scherzi della natura e ospitava tra gli altri un campanaro gobbo fissato con i modellini: ma il vescovo, per nulla meravigliato dall’apparizione del fantasma del re dei pirati, spiegò brevemente che con la scusa dell’8 per mille gli inviati del Vaticano avevano saccheggiato tutto, pure l’acqua santa, e richiuse con un tonfo il portone.

Il povero spettro non sapeva più cosa inventarsi quando, nel mezzo di una marea di bestemmie contro la Chiesa, ebbe un illuminazione geniale: “Ci sono! L’asilo dei pirati!”.

Corse come un matto attraverso la città, quindi arrivò davanti a un edificio alquanto pittoresco, al cui confronto la casa della famiglia Addams sembrava la reggia di Versailles.

In pratica si vedeva da un chilometro di distanza che erano gli scafi di due navi privati delle prue e degli alberi e malamente saldati fra loro, come testimoniavano gli oblò e i cannoni che facevano capolino in vari punti.

Sul tetto erano fissate due sculture assai male in arnese rappresentanti un gatto nero e una tigre dai denti ai sciabola e lì accanto sventolavano due singolari bandiere nere con teschi, ossa e quant’altro.

Il giardino era preda di rovi ed erbacce che sembravano voler afferrare gli incauti che volessero entrare, e nelle aiuole erano conficcate spade e fucili come su un campo di battaglia: poco dietro erano ammassati i bidoni dell’immondizia che, rovesciati e dilaniati, spargevano il loro maleodorante contenuto attirando colonie di ratti.

La porta era chiusa a chiave, ma non si  poteva dire lo stesso dei muri pieni di buchi e delle finestre mezze frantumati e cigolanti da cui non proveniva nessuna luce.

Confidando nella Provvidenza, come gli aveva insegnato il suo amico Fra Cristoforo che era stato per un certo periodo al suo servizio con discreto successo, Roger depose i bambini piangenti proprio sul gelido selciato dell’uscio e si volatilizzò cantando una canzoncina natalizia del tutto fuori luogo, visto che si era a marzo.

Nel frattempo, al calduccio nonostante non pagasse nessun tipo di bolletta da ormai cinque anni  (rubava acqua, luce e gas dalla rete pubblica, sennò che pirata sarebbe stato?), il valoroso Don Krieg dormiva spaparanzato sul pavimento, appoggiando  i piedi rigorosamente nudi sul letto sfatto, devastato e sporco di pomodoro, con coperte tanto piene di pulci che probabilmente secoli addietro avevano causato la peste nera.

Su un tavolo là vicino era posata la sua grandiosa armatura dorata piena di diavolerie, ricordo di giorni migliori: ma adesso il nostro stava indossando una lurida canottiera che emanava un tanfo pestilenziale di sudore e di sporcizia, unta e macchiata di grasso, mentre dai pantaloncini sbottonati emergeva una mostruosa trippa ballonzolante.

Intorno a lui giacevano incustoditi un paio di pantofole rosa a forma di Winnie Pooh, un hamburger in cui era ancora conficcato qualche dente di colui che lo aveva azzannato, un sacchetto di patatine semivuoto, una caterva di popcorn, numerose bottiglie di Coca cola senza contenuto, che era in parte fuoruscito a provocare laghetti stagnanti e un cappellino da baseball.

Dormiva tranquillo, sognando chissà quali misteriosi mondi, quando un’aspra voce che  non si poteva identificare come maschile o femminile, lo riportò bruscamente alle cose terrene: “Krieg! Brutto panzone ubriaco! Stai dormendo come un bradipo!  Scostumato! IO mi danno per mandare avanti questa baracca e tu…” e prima che il pirata potesse aprire gli occhi l’enigmatico essere calò su di lui una mano con le unghie smaltate di viola ( No, non è uno dell’Akatsuki nda) e gli affibbiò un ceffone come solo nei manga è possibile.

Krieg si tamponò i fiumi di sangue che gli uscivano dalla guancia con un provvidenziale cuscino che fino a quel momento giaceva sotto il suo deretano non propriamente pulito e guardò la propria “moglie” Kuro che lo fissava vomitando fiamme come una furia uscita dall’inferno.

Da qualche anno ormai il capitano dei pirati Kuroneko manifestava certi disturbi psichiatrici per cui credeva di appartenere al gentil sesso: sotto la solita giubba da comandante ormai logora e piena di toppe indossava un lungo abito verde da donna ( imbottito di cotone all’altezza del petto) con tanto di gonna e scarpe coi tacchi a spillo da vera vamp.

 A rendere il tutto più orribile ci pensavano la pacchiana parrucca bionda coi bigodini, le lunghe ciglia unite al fondotinta, il grossolano rossetto luccicante e lo smalto di cui si è già detto.

“Ascoltami amore…” mormorò Krieg con la voce impastata dal sonno, rassegnato alla pazzia dell’altro.

“NO! TU ASCOLTA ME! Abbiamo lasciato la pirateria per soddisfare il mio desiderio di maternità, per cui abbiamo fondato questo asilo per i piccoli pirati… MA E’ DA MESI CHE QUI NON C’E’ NENCHE L’OMBRA DI UN BAMBINO!”.

“Da quando il figlio di Bagy il Clown ha accoltellato in un occhio il nipotino di Iena Bellamy ci siamo fatti una pessima pubblicità…”.

“Che colpa avevamo noi se erano da soli in giardino mentre tutti gli altri stavano giocando a Monopoli? Da quando i bambini se ne sono andati non abbiamo più guadagnato una lira! E dobbiamo anche mantenere quei due lavativi beoni!” gridò indicando con un dito i loro ex vicecomandanti e ora sguatteri Gin e Jango, che stavano rispettivamente dormendo in poltrona con il telecomando in una mano e una bottiglia di vodka nell’altra e facendo sogni in cui inseguiva rumorosamente il proprio idolo Michael Jackson.

“Questa topaia è diventata una discarica!” continuò Kuro camminando fra bambole disarticolate, pezzi di puzzle, trenini, peluche, fango, resti di biberon ,bucce di banana e residui di rigurgito. “Cosa darei per sentire di nuovo la dolce voce di un bambino !” e neanche lo avesse fatto apposta si sentì l’inquietante pianto di un infante provenire dal giardino.

“Cosa? Amore, vengo subito! “ gridò Kuro, ma fu fermato dal marito che pretese di andare a controllare con la pistola in pugno, temendo che ci fossero dietro i fantasmi.

Aprì la porta, puntò l’arma e proprio prima di premere il grilletto si accorse di avere sotto gli occhi una culla di dimensioni stratosferiche, su cui campeggiava una copertina coi merletti che raffigurava il pescecane di “Lo Squalo” nell’atto di divorare una ragazza; dentro si annidavano quattro strane creature, di lunghezza più che umana,abbigliate con pigiamini, bavaglini e cuffiette che piangevano come dannati.

A quella vista il cervello di Kuro andò definitivamente in pappa; emise un urlo belluino, i suoi occhi divennero cuoricini e si fiondò sulla culla  iniziando a sbaciucchiare i pargoli e a domandare: “Li teniamo? Dai,teniamoli amore! Ti prego ti prego ti prego ….” mentre Krieg insospettito leggeva il messaggio incorporato nella culla.

Hacchan sgusciò fuori dal giaciglio e si attaccò con tutti i tentacoli a Kuro, strusciando il muso sulla schiena dell’altro.

“Oh ma non è adorabile?”.

“Penso che sia un fenomeno di imprinting, come succede per le oche.. Ora crede che sia sua madre…” mormorò perplesso Jango, ma subito Krieg lo chiamò: “Jango, prepara il caffé! Sarà una lunga notte…” sibilò sconsolato mentre Arlong dormiva alla grande, Chu raccattava un rossetto da terra e iniziava a ripassare le labbra già naturalmente carnose e Kuroobi iniziava a saltellare per la stanza demolendo divani e tavoli.

Per ultimo arrivò Gin che, vedendo la confusione provocata dai nuovi venuti, esclamò in stato di ebbrezza: “Hello people! Perché gli Unni ci invadono?”.

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Capitolo 2
*** Sono uomini pesce ?! ***


 

Sono uomini pesce ?!

 

 

Il giorno dopo Don Krieg si levò dal letto, ora candido e rifatto ( si era messo a sistemare la stanza per ingannare il tempo, poi era andato a dormire verso le tre del mattino), si stirò e ascoltò gli uccellini che cinguettavano in giardino, mentre il sole inondava la camera.

Si sentiva in pace con sé stesso e con gli altri: sperava che i mostruosi e colossali bebé fossero stati soltanto un brutto sogno, e si accarezzò soddisfatto la barba di due settimane.

“Alleluia…Alleluia… Mi seeento beneee!!!” canticchiò con voce da tenore, poi esplose in urlo bestiale ripreso da “Titanic”: “Sono il re del mondooooo!!!”.

Guardandosi intorno vide Gin che mangiava pane e marmellata e che lo fissava con aria spaesata e comprese di aver fatto una figura da imbecille.

“Dormito bene capitano?” disse l’altro avvicinandosi con un sorriso a trentadue denti.

“Certo mio fido! E ora procediamo alla vestizione!”.

Gin si avvicinò al capitano e iniziò a mettergli l’armatura.

“Dimmi, cos’avete fatto voialtri stanotte? Stanno bene gli infanti?”.

“Ottimamente signore! Il capitano Kuro è stato tutta la notte con loro. Io mi sono trascinato qui con la forza della disperazione per poi crollare sfinito e Jango è andato a riposare in giardino, fra i bidoni della spazzatura, per non spaventare i bambini” rispose quello finendo di allacciare la corazza.

“E sarebbe a dire? Cos’altro hanno combinato? “ chiese Krieg mentre l’altro gli sistemava i tirapugni di diamanti sulle mani e li copriva con i guanti.

“Beh, hanno guardato un film su Rete 4, e poi il capitano si è messo a suonare l’organo”.

“Ah, allora non erano tuoni quelli che sentivo!” fece il pirata schioccando le dita mentre il suo vice gli infilava il mantello.

I due raccolsero le bottiglie lasciate sull’uscio dal lattaio, quindi si diressero in cucina.

In quella stanza videro il seguente spettacolo: Jango, seduto sulla cuccia del cane che non c’era mai stato, cantava qualcosa di indefinito fissando adorante il calendario di Michael Jackson che faceva bella mostra di sé sulla parete; Kuro, gli occhi iniettati di sangue per la mancanza di sonno, si aggiustava gli occhiali sul naso e armeggiava con i fornelli, preparando un biberon; Hacchan, Chu e Kuroobi  si disputavano ferocemente un Teddy Bear; Arlong, seduto maestosamente su un seggiolone proporzionato alle sue dimensioni, aspettava famelico il pasto e sbavava come un cane idrofobo sui propri piedi.

“Ma come sei carino! Ti chiamerò Cucciolo!” disse con aria stupida Kuro accarezzando il mento dell’uomo pesce con un dito, rischiando così di vederselo tranciare di netto, poi gli ficcò il biberon fra le fauci.

“Ehm tesoro… Penso che si chiami Arlong, visto che c’è scritto sul braccialetto che tiene al polso” dichiarò Krieg  mentre lo squaletto frantumava il biberon con un solo morso, producendo una tempesta di schegge che finirono negli occhi di Kuro che si era avvicinato sistemandosi gli occhiali.

“E’ un bambino molto precoce, visto che non ha bisogno del latte” fece notare Gin.

“Secondo me dovremmo farlo visitare dagli anziani e gettarlo dalla montagna se è debole o deforme” affermò Jango che tanto per cambiare non aveva capito nulla e pensava di essere a Sparta.

Sopravvissuto miracolosamente alla tempesta di vetro che gli si era insinuata nei bulbi oculari, Kuro prese ad accarezzare la folta capigliatura del pesce sega con i guanti da cucina ancora indosso mugolando: “Bravo Arlong, bravo! Ora la mammina ti fa divertire, che ne dici, cocco bello della mamma?”.

Krieg fu colto da un conato di vomito nel vedere lo squalo che faceva a brandelli con una furia disumana piatti pieni di bistecche e rigettò quanto aveva mangiato la sera precedente in una bacinella piena di vino.

Non appena sentì l’odore dell’alcool Gin, che pure aveva assistito agli imbarazzi gastrointestinali del proprio comandante, la afferrò e la vuotò in attimo, mettendo fine all’astinenza di ben quattro ore e iniziando a brindare alla salute di tutti, mentre Chu e Kuroobi gli lanciavano i propri biberon nel vano tentativo di lapidare quella forma di vita parassitaria e tossicodipendente.

A completare il quadretto Hacchan si mise a fare le bizze strepitando come un battello a vapore, ma il prode Jango, dopo aver assunto un’intera confezione di steroidi scaduti e taroccati che lo trasformarono in una sorta di parente povero di Hulk per una decina di minuti, se lo caricò sulle spalle e lo scarrozzò trionfalmente per tutta la sala canticchiando: “Arriva Cric arriva Croc, povero Cric, povero Croc!”.

Dopo una mezz’ora di questa baraonda, in cui Gin si era messo a ballare il can can e Krieg aveva infilato la testa in un secchio  per non vedere più tanto orrore e sfacelo, supplicando i suoi maestri e precursori, i Cavalieri dello Zodiaco, di calare su quell’empia gente e massacrarla, Kuro decise di fare il bagnetto ai bambini.

I quattro uomini pesce furono condotti in bagno da Jango, che gli attirava a sé con l’ipnosi e con il fascino di Michael Jackson, quindi Gin barricò la porta ed estrasse la pistola affinché nessuno fuggisse, mentre Kuro apriva un gigantesco armadio e ne estraeva bottiglioni di shampoo e una spazzola, ma sempre mettendoci tutto il suo amore materno.

Non appena i pargoli videro la vasca di dimensioni mastodontiche ( diciamo 10 metri per 7) che era stata allestita per l’occasione, vi si tuffarono sollevando uno tsunami che investì tutto il bagno.

“Oh ma come siete bravi tesorucci! Vi tuffate da soli! Che gioia per una madre avere dei figli che non fanno i capricci!” gridacchiò Kuro mandando loro bacini e iniziando a spazzolare Hacchan, producendo tanta schiuma che nemmeno in un autolavaggio.

In breve tempo l’intera vasca ne fu piena e non si riusciva più a intravedere la superficie.

Da sotto un cumulo di schiuma emerse Kuroobi a cui, vuoi perché ne aveva ingoiata un po’ vuoi perché aveva freddo, si riempirono gli occhi di lacrimoni e cacciò un urlo talmente energico che convinse l’eroico Diomede a cedergli l’epiteto di “potente nel grido di guerra” e che ruppe gli occhiali a Jango intento a pulirli ( ma non temete: ne aveva un paio di scorta, mentre Kuro se gli era direttamente tolti).

Demoralizzato alla vista dell’infante che frignava come una fontana, rischiando di far traboccare la vasca, il capitano pirata si gettò al salvataggio e placò la sua collera con la sacra offerta di un sonaglio di plastica.

Nel frattempo Krieg aveva avuto modo di radersi usando una sciabola, perché faceva più figo, e adoperando il rum al posto del dopobarba, quindi si sedette in poltrona e fece colazione, finalmente.

Trangugiò un piatto di sandwich al formaggio, poi un vassoio di hot dog, poi  quattro porzioni di cacciucco e dieci ciotole di ramen.

Dopo un pasto di tale portata si sentì come nuovo , invaso da tanti buoni sentimenti: perdona il tuo nemico, porgi l’altra guancia, ama il prossimo tuo come te stesso ecc, ma li ritenne frutto dell’indigestione e, tracannata una bottiglia di digestivo, sprofondò sulla poltrona, mentre nella sua testa sentiva inquietanti canti in latino che lo incitavano a confessare i suoi peccati.

In questo stato di dormiveglia dove dialogava con Dante e Boccaccio, gli unici che lo avessero mai compreso in vita sua, passò due ore e mezzo, finché non sentì Kuro gridare di terrore.

Pensando agli onnipresenti fantasmi scattò in piedi, prese la sciabola in mano, attraversò la casa a perdifiato demolendo i muri che si opponevano al suo passaggio e smantellò la porta con due fendenti; entrò con un balzò schiacciando il povero Gin che era rimasto lì a fare la guardia e gridò: “Mani in alto brutti spettri cattivi! Questa è una retata!” ma quel che vide superava ogni immaginazione.

Non si trattava di Jango intento a tagliarsi le vene mentre ascoltava “Monsoon” dei Tokio Hotel.

Non si trattava del consorte travestito da Alice nel paese delle meraviglie che stava ritto sopra uno sgabello, come se fosse minacciato da un topo.

Nella vasca da bagno stavano succedendo cose inenarrabili, sataniche.

Kuroobi faceva “il morto”, con tanto di occhiali da sole; Hacchan, aggrappato al bordo della tinozza, assaliva un sottomarino giocattolo credendosi la piovra di “Ventimila leghe sotto i mari”;

Chu saltellava come un delfino ed emetteva getti d’acqua e bolle di sapone dalla bocca; infine da sotto la coltre di schiuma emergeva la pinna dorsale di Arlong che canticchiava la colonna sonora di “Lo squalo”.

“Cosa succede?”.

“Oh amore, non sai quanto mi sono spaventata! Ho scoperto che i nostri figli respirano sott’acqua perché sono rimasti immersi per un’ora, ma non me ne sono accorta perché stavo provando un balletto”.

“Maleficio!!!” sibilò Krieg facendo due passi indietro e ostentando una faccia turbata, mentre Gin riprendeva il pesce sega che predava  una paperella di gomma per realizzare il prossimo documentario di “National Geographic”.

Subito il pirata militaresco tirò fuori dall’acqua Kuroobi e lo esaminò.

“Mani palmate… branchie… ghigna da idiota.. Perbacco, sono uomini pesce!”.

“Cosa???!!! Io credevo che fossero bambini cresciutelli!” disse Kuro con aria mogia mentre si ritirava in un angolo a fare cerchietti sulla sabbia.

In quel mentre Hacchan uscì dalla vasca e lasciando una scia di sapone e liquido sul pavimento si avvicinò alla madre adottiva, iniziando a muovere lentamente le labbra come se stesse per dire qualcosa.

“Ma...ma…mamma!”.

“Oh cuccioletto mio, hai parlato! Come sei tenero!”.

Fu la volta di Kuroobi che aprì la bocca, prese un lungo respiro e disse: “Gioco… voglio un gioco”.

Krieg si avvicinò con aria speranzosa a Chu, e il pesciolino non lo deluse: “Ma che diavolo stai guardando brutto panzone?”.

“Tu… sai parlare?” chiese il pirata incredulo dopo avergli rifilato un ceffone.

“Certo. Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita…”

Era il turno di Arlong, che, dopo essersi avvolto in un asciugamano, si piantò davanti a Gin, gli strappò la pistola con un gesto fulmineo e ponendo un dito sul grilletto sbraitò: “Shahahahahahahahaha!!! Crepate stupidi inferiori! Da oggi l’impero di Arlong ha ufficialmente inizio!”.

Non era certo un buon modo di cominciare.

 

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Capitolo 3
*** Fiabe, lettini, lettoni e ninne nanne ***


 

Spazio autore

Kate-love: Ti ringrazio da morire! Finalmente qualcuno che apprezza questa storia! Niente paura, Arlong non sparerà a nessuno…

 

 

Fiabe, lettini,lettoni e ninne nanne

 

 

Dopo una cena assai movimentata in cui Gin in preda all’ebbrezza più pura era finito in un pentolone pieno di acqua bollente, per la gioia del “piccolo” squalo che aveva iniziato ad aggiungere le verdure, e durante la quale Krieg e Kuro che erano sul punto di baciarsi furono colpiti  da Hacchan che in modo misterioso era riuscito a impadronirsi  dell’innaffiatrice, fu ora della nanna.

A dire la verità fu un po’ difficile staccare dal salotto Chu che pattinava e Kuroobi che fissava con la bava alla bocca l’ultimo quiz di Mike Bongiorno, ma alla fine tutti gli infanti furono radunati in una cameretta dotata di due letti a castello.

Subito si scatenò il caos: Arlong, che evidentemente aveva deciso di annettere la sala al proprio impero e il pesce trombetta decisero di regolare la faccenda a coltellate ( si noti bene come in quella casa le armi erano dovunque e a portata di tutti); il polpo si aggirava gattonando sul pavimento, riuscendo solo a sembrare un enorme bisonte rosa a otto zampe che travolgeva giocattoli e persone con la stessa noncuranza; infine la manta giaceva imbambolata su un tappetino con gli occhi incollati su una lampada a forma di Topolino, grande meraviglia della tecnica.

Quando il mollusco stava per saltare giù dalla finestra in preda al delirio e Arlong stava per calare una mannaia sul collo di Chu, i due pirateschi coniugi entrarono e interruppero quel bailamme.

“Forza bambini, e ora di mettervi sotto le coperte e di chiudere gli occhietti. Indossate i vostri pigiamini e il papà vi racconterà una fiaba”.

I bambini si avvicinarono a una cassapanca piena di buchi e, dopo aver scacciato le tarme e i ratti che vi dimoravano, tirarono fuori ( non prima di aver soffiato via la polvere che li ingombrava) dei pigiami di misura extra extra extra large.

Arlong prese per sé un abito decorato con trichechi intenti a fumare sigari cubani; Kuroobi ne scelse uno che raffigurava Paperino intentò a svolgere nobili mansioni come quelle di idraulico,pompiere, spazzino ecc; ad Hacchan né tocco uno vecchio di quindici anni ( cioè per gli standard dell’asilo nuovo di zecca) che riportava un’ effigie di Gandhi e su  cui ovviamente vomitò subito; infine Chu ne ebbe uno che raffigurava pianeti e dischi volanti e che, pur essendo stato per lungo tempo un nido di lombrichi, lo invogliava a succhiarlo.

Entrarono anche i due sguatteri e, per dare un’atmosfera da uomini delle caverne, fu acceso un falò in mezzo alla stanza.

In quel momento l’Enel, che nel mondo di One Piece è ovviamente diretta da Ener, tagliò la corrente a causa di certe grane con le bollette, ma ciò non fece altro che aumentare fortuitamente la suspense.

Gin era nascosto sotto un tavolo e mandava SMS ai propri ex commilitoni; Jango stava sdraiato davanti al camino e faceva le fusa; Kuro era spaparanzato su una poltrona  e si sistemava gli occhiali riscaldandosi i piedi nudi sul fuoco; Arlong era seduto sul letto dove sbranava cuscini e peluche; Kuroobi stringeva e baciava una bambola di porcellana; Chu sovrastava la stanza sul letto a castello e teneva sotto tiro con un fucile mitragliatore tutti gli altri; Hacchan infine era appollaiato a testa in giù come un pipistrello e si aggrappava alle imposte della finestra emettendo versi singolari, tratti direttamente dal film “L’esorcista”.

Krieg, che fino a quel momento aveva girato avanti e indietro come un idiota ripassandosi mentalmente la storia, apparve d’un tratto nel fuoco instillando la paura nei loro cuori e mormorando, illuminandosi la faccia con una torcia: “Ora vi racconto la novella…la novella… di CAPPUCCETTO ROSSO!”.

Iniziò a parlare mentre si spegneva le fiamme che gli stavano bruciando il mantello: “Tanto tempo fa, in una terra lontana lontana…”

“Quando?Quanto lontana? Dove di preciso?” chiese Hacchan sporgendosi ulteriormente.

“Tanto… Non si sa, perché è una fiaba…”.

“Dai dimmelo, sennò mi metto a piangere e la mamma ti uccide perché mi hai fatto piangere!”.

“E’ SUCCESSO IL 10 SETTEMBRE 1987 A MONTENERO, DOVE C’E’ IL SANTUARIO DELLA MADONNA  ( per chi non lo sapesse è un luogo vicino a Livorno nda)! CONTENTO ORA, PICCOLO RINCRETINITO?”.

Lo spostamento d’aria fu tale da far cadere rovinosamente il polpo.

“Allora dicevamo…A Montenero viveva una bambina, e tutti la chiamavano Cappuccetto rosso perché indossava sempre una mantellina color sangue!”.

Visibilmente spaventato da quest’ultima affermazione, l’uomo manta alzò timidamente la mano e domandò: “E se invece aveva un cappuccio nero come me la chiamavano Cappuccetto nero?”.

“Certo .. ma ora fammi continuare… Un giorno la mamma le disse di andare dalla nonna, che era molto malata, per portarle la merenda…”

Kuro si risvegliò dal torpore e disse: “Caro, mi sono sempre chiesta che malattia avesse la nonna…” mentre Arlong saltando sulle lenzuola chiese: “Ma nel paniere cosa c’era? Me lo dici papà?”.

Il pirata, sempre più imbufalito a causa delle continue interruzioni, rispose trattenendo a stento la rabbia: “ Una malattia brutta, di quelle che nemmeno il dottor House può curare e se le becchi devi andare in pellegrinaggio a Lourdes…forse l’Aids complicata da  tubercolosi con l’insorgenza di un cancro al polmone… quanto a te piccolo mio nel paniere c’erano ostriche, gamberi, caviale russo, spumante, lambrusco e panettone!”

 “Allora Cappuccetto rosso si mise in cammino nel bosco, e iniziò pure a raccogliere le margherite…Ma la mamma le aveva detto di non andare nel bosco, perché poteva incontrare persone cattive…”

“Quanto cattive?” chiese Jango accendendosi la pipa.

“Cattive…”.

“Come Freezer? “ domandò Chu.

“Di più, amore bello del tuo papà!”.

“Come quelli dei film di James Bond?”.

“Di più!”.

“Come Bossi?”.

“DI PIUUUUUUUUUUUUUUUUUU’! I PIU’ CATTIVI ESSERI DELL’UNIVERSO!”

 ululò Krieg scagliando una scarpiera contro l’uomo pesce.

“Infatti dal fitto del bosco sbucò…”.

“Il grandammiraglio Sengoku?”.

“Uno della Baroque Works?”

“Un pusher?”.

“Lord Voldemort?”.

“L’imperatore Palpatine?”.

“Karl Marx?”.

“Berlusconi?”.

“Il lupo! E costui, venendo a sapere dove stava andando la bambina, la precedette e mangiò la nonna…IN UN BOCCONE!”.

“Io ho sempre saputo che le rubava la pensione e poi la annegava con un’ancora legata ai piedi” osservò Gin lucidando un pugnale.

“Dettagli, dettagli…Altre versioni completamente false…Ma comunque           quando Cappuccetto arrivò dalla nonna trovò il lupo travestito da vecchietta, e dopo un celebre scambio di battute fu sbranata anch’essa”.

“OOOHH!!!!”.

“Ma non temete: di lì passava un cacciatore che, sentendo il lupo russare, entrò, lo sbudellò e salvò le due poverette che vissero per sempre felici e contente…”.

“Non era meglio se invocavano subito Belzebù e gli offrivano in sacrificio il lupo?” disse Jango ricevendo come ricompensa per questa stupida affermazione una bastonata sul cranio.

“Allora gentaglia, che ne pensate della fiaba? Ne volete sentire un’altra?” sbottò l’ammiraglio pirata ridendo, ma per tutta risposta gli altri sette estrassero le pistole e gliele puntarono contro.

I quattro uomini pesce si sistemarono nei loro lettini a castello.

“Buonanotte angeli miei” sussurrò Kuro dando un bacio sulla fronte ad Hacchan e rimboccandogli le coperte polverose e piene di ragni.

I quattro “adulti” si recarono a dormire nella propria stanza.

Kuro, con indosso una maschera di bellezza verde e una mascherina per il sonno di stoffa scura, russava in una posizione stravagante; Krieg era rintanato sotto il lenzuolo e stava con la testa nascosta sotto tre guanciali; Gin dormiva sul pavimento come un bravo di Don Rodrigo e masticava un osso di pollo; Jango giaceva supino sul divano, coperto da un plaid viola e arancione, con il cappello calato sugli occhiali, e si succhiava il pollice abbracciando Cicciobello versione bucaniere di Tortuga.

Tale pace, in cui si facevano i sogni più disparati,fu interrotta verso le due del mattino da un pianto lungo e sommesso, che spezzava il cuore al solo sentirlo.

Kuro accese la luce e si infilò la vestaglia, quindi prese in mano una lanterna e si avviò verso la stanza dei figli seguita dai tre uomini che stringevano mazze da hockey in pugno.

Aperta la porta con un ariete, si trovarono di fronte a un’incredibile scena: Arlong, in piedi sul letto con grave rischio di distruggerlo, piangeva disperato smentendo la propria terribile fama, mentre gli altri erano rintanati sotto le coperte.

Si sentiva un chiarissimo odore di pipì, dovuto a Chu e a Jango.

“Che c’è tesorino? Chi ti ha fatto tanta paura? I cattivoni? Ti hanno fatto la bua?” mormorò il capitano dei pirati Kuroneko accarezzandolo e cercando di far cessare quel lamento disperato.

“Nell’armadio…c’è l’uomo nero… E’ arrivato nella notte…”.

Con un sonoro pugno Krieg sfondò un’anta del mobile per controllare, ma vide qualcosa che lo spaventò tanto da farlo balzare all’indietro su una poltrona gonfiabile.

Davanti a lui, camuffato fra camicie e pantaloni, c’era Orochimaru in persona!

“Orochimaru! Dannato varano corruttore della gioventù! Io ti cancellerò da questa terra!” e così gridando il pirata si avventò sul ninja, colpendolo con la lancia della devastazione e sbriciolando l’armadio.

Solo allora si accorse di aver straziato un pupazzo gonfiabile.

“Io ..posso spiegare tutto! Lo amavo, ma non si è concesso a me e ho dovuto usare un surrogato!” urlò Jango prima di ricevere una martellata sul muso.

I quattro si trovarono nell’emergenza di far addormentare i pargoli, e optarono per una ninna nanna.

Gin prese in braccio Arlong e cominciò a canticchiare: “Ninna nanna ninna oh, questo squalo a chi lo do, lo darò a Barbanera che lo frigge quando è sera, lo darò a Barbabianca che sta sempre sulla panca …”.

“Ma che schifezze stai bubbolando?” domandò indignato Jango. “Fa come me…Questo è Halloween, Halloween, Halloween… “ ottenendo solo di terrorizzare a morte Hacchan che non aveva mai visto “Nightamare before Christams “ in vita sua.

“Tu scendi dalle stelle, oh re del cieloooo…e scendi in una grotta al freddo e al geloooo!!! ” strillò Krieg facendo svenire il pesce trombetta, mentre Kuro cullava dolcemente la manta: “ Dormi piccino, oh mio bambino, sogna di essere in paradiso…Ridi con gioia, pensa alla mamma, che su di te veglierà…”.

Ma quella mirabolante notte aveva altre fantasmagoriche sorprese da offrire.

Infatti, cinque minuti dopo quell’atroce serie di ninne nanne, qualcuno bussò alla porta della camera dei grandi e Chu fece il suo ingresso.

“Mi fate venire nel lettone? Non riesco a chiudere gli occhi”disse e la sua richiesta fu esaudita, anche se il letto non era fatto per accogliere duecento chili in più.

Ma appena un attimo dopo sopraggiunsero gli altri tre, e dalle loro facce si capiva cos’avevano in mente di fare.

Mentre Don Krieg formulava a bassa voce una preghiera, Arlong si slanciava su di lui e lo schiacciava con la sua mole, mentre il letto, che fino a quel momento aveva resistito valorosamente seppur  scricchiolando cedette sotto il peso di Hacchan e Kuroobi ed esplose in una tempesta di assi di legno volanti.

“Ora BASTAAAAAA!!!! MI SONO ARRABBIATA!!!!!!” gridò il capitano Kuro indossando i propri guanti artigliati e sparendo in una nuvola violacea.

Qualche secondo dopo tutti gli altri giacevano al suolo privi di sensi e sanguinanti da numerosi tagli.

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Capitolo 4
*** Il coniglio pasquale ***


 

Spazio autore

Kate-love: Sempre meglio il Cicciobello bucaniere del pupazzo gonfiabile di Orochimaru, no? Comunque Krieg è sempre il migliore… A proposito, chi è il tuo personaggio preferito per ora?

P.S: Nel capitolo di oggi compariranno due personaggi di O.P più che noti in un ruolo molto nobile… si fa per dire

Il coniglio pasquale

 

Passarono un paio di settimane, e un venerdì Jango e Gin ebbero la geniale idea di portare i pargoli a spasso nel parco ( perché anche nel mondo di One Piece esistono i parchi con tanto di panchine e bimbetti urlanti nda).

Jango canticchiava strani motivetti tenendo un ombrello in una mano e una bottiglia di Uliveto nell’altra; il subordinato di Krieg si guardava sospettosamente intorno brandendo una pistola caricata a salve.

In mezzo, come bestiame condotto al macello, avanzavano gli esagitatissimi uomini pesce che saltellavano provocando ingenti danni al manto stradale e facendo una caciara infernale  (immaginatevi una carovana di beduini a un rave party e avrete una pallida idea del chiasso che causavano): Hacchan, che in questa periodo era diventato un sanguinario fanatico di Beyblade, lanciava le sue trottole uccidendo cani e piccioni e accompagnando i suddetti lanci con grida bestiali; Chu sparava in qua e in là con una balestra, trapassando qualche vecchietto addormentato;  Kuroobi faceva il cosplay di Biancaneve accompagnato da un coro di pettirossi canterini; Arlong infine  passeggiava fischiettando, del tutto incurante del vigile urbano che aveva impalato sul proprio spadone dentato.

Era dunque chiaro che, sia  a causa di questi comportamenti che del loro aspetto repellente, nessuno volesse giocare con loro e per tali motivi più di una madre quel giorno fuggì precipitosamente dal parco con la propria prole.

Rimase una bambina che in un prato si dilettava a saltare con la corda.

Kuroobi, nascosto in un cespuglio, parlò con voce tremante: “Posso giocare con te?”.

“Certo, esci fuori” rispose la ragazzina, ma quando vide sbucare dalla vegetazione una sorta di gigantesco pesce umanoide bianco slavato con i codini , vestito da Biancaneve e con un nido pieno di uccellini pigolanti in testa, cacciò un urlo sovrumano e fuggì via lasciando a terra i capelli, il cappellino, la corda e un orsacchiotto.

La nostra manta preferita raccolse il pupazzo e, piangendo a dirotto, corse attraversò la boscaglia singhiozzando cose tipo: “Tutti mi odiano! Sono un mostro! Sigh! Sob!” e lacerandosi il suo bel costumino colorato fra i rovi; quando uscì dai cespugli seminudo, trovò il resto della comitiva che si dava a un torneo di scopone con scommesse clandestine come non se ne vedevano da anni, e a un livello di violenza e bestemmie tali da ricordare le famose gare tenute dalla Flotta dei 7.

Dopo che Arlong ebbe finito di rovesciare panchine e sradicare alberi per la rabbia e Gin ebbe ridotto in fin di vita Jango colpendolo con uno smisurato randello, la passeggiata riprese e stava per iniziare il periglioso viaggio di ritorno quando davanti a loro si parò, magnifico a vedersi, un veicolo bianco e rosa coperto da un ombrellone e sulle cui fiancate era dipinto un ghiacciolo: in parole povere il carretto di un gelataio.

Il pesce sega si passò la lingua umida sulle labbra carnose, quindi iniziò a strattonare neanche tanto delicatamente il vestito di Jango: “Mi compri un gelato? Dai per favore!”.

“Ma Arlong caro…costa tanto… e ti fa male ai denti…”:
”Imbecille! I miei denti possono rigenerarsi all’infinito! Per questo sono superiore a voi umani!” gridò assestando un potente calcione negli stinchi all’uomo, che zoppicò per dieci minuti buoni.

Vedendo il naso dello squalo che luccicava in modo sinistro, lo prese per mano e si avvicinò al carretto.

“Che gelato vuoi, bambinoooo????” sibilò con aria melliflua il primo gelataio cioè Spandam, che aveva mollato il suo gruppo di matti e si manteneva con lavori occasionali.

“Allora…un cono supergigante con cioccolato, vaniglia, fragola, frutti di bosco, banana, stracciatella, panna, crema e menta!” disse il piccolo emozionato, al che l’ex  capo della CP9 fece un segno al suo degno compagnone Lucci, che con i propri mirabolanti poteri preparò il gelato richiesto in una frazione di nanosecondo.

Jango, che aveva dovuto sborsare quattrocento verdoni, fu umiliato ancora di più quando stracciatella, panna, crema e menta gli caddero sul leggendario giaccone blu autografato da Michael Jackson e Ozzy Osbourne.

Quando fu ora di attraversare la strada tutti si presero per mano, ma ad un certo punto Gin, voltatosi per salutare un ex commilitone di passaggio, si staccò dal gruppo e fu miseramente schiacciato da un mastodontico Tir.

Recuperato il pirata tossicodipendente dalle braccia della morte, l’allegra brigata passò davanti a un negozio che in vetrina esponeva, fra nastri e coriandoli, numerose uova di cioccolato e un gigantesco pupazzo a forma di coniglio.

“Che  cosa sono?” chiese timidamente Chu.

“Come, non lo sai?” disse Jango. “E’ Pasqua fanciulli miei!”.

“E’ perché noi non abbiamo un uovo di Pasqua?”.

“Beh… io…ecco non saprei…ma …”.

“UEHEEHEHEHEH!!! Vogliamo l’uovo si Pasqua!!!!” piansero tutti insieme, e lo strazio perdurò finché non tornarono all’asilo.

Krieg stava accudendo una pianta di fagioli che aveva chiamato Carolina e Kuro era sdraiato sul letto con il portatile davanti per chattare con il suo grande amico/amica Doflamingo, ma non appena udirono i gemiti dei loro angeli si precipitarono sull’uscio armati di pistola e biberon.

Dopo essersi ristorati con questi ultimi esposero la situazione, e Kuro, accarezzando in testa Hacchan chinatosi per l’occasione, promise che d’ora in poi avrebbero avuto i meritati regali a ogni festività comandata.

Mentre gli uomini pesce si erano rinchiusi nella loro cameretta a guardare un centinaio di Dvd dei Teletubbies, gli adulti pensavano a una soluzione in salotto.

Dato che avevano due giorni di tempo prima che fosse Pasqua se la presero comoda e soltanto il pomeriggio del sabato Krieg arrivò a una soluzione.

“Eureka!” tuonò conficcando un coltello nel tavolo davanti a sé, tanto per fare scena.

I due sguatteri strisciarono fuori dal nascondiglio in cui si erano appartati per completare l’album dei calciatori Panini, Kuro smise di girare in tondo come un leone, anzi,un gatto nero, in gabbia.

“Allora?” disse, ma si vide puntare il pugnale contro da Krieg, che esclamò ridendo malvagiamente:

“So cosa fare! Oggi pomeriggio andremo al più vicino negozio di Toys center ( pagherò i regali di tasca mia) e stasera…” e parlando così aprì un armadio, estraendo una cosa bianca e polverosa che suscitò la meraviglia di tutti.

Quella notte una strana e imponente figura salì sul tetto dell’asilo reggendo in mano un grosso sacco.

L’individuo si infilò nella cappa del camino, trovando notevoli difficoltà nell’operazione  a causa della propria mole, e commentando: “Da domani mi metto a dieta…E poi pensavo che queste scenate le facesse solo Babbo Natale” si lasciò scivolare giù e atterrò battendo dolorosamente il deretano e sollevando immense nubi di polvere e cenere.

Da quest’inferno sulla terra fuoriuscì quello che a prima vista sembrava il coniglio pasquale in persona, ma che a un esame più approfondito risultava essere Don Krieg con addosso un sudicio costume che ne celava a malapena il viso.

Posò il sacco e iniziò a estrarne le uova di cioccolato incartate: era giunto all’ultimo quando sentì un rumore sospetto dietro di sé e voltandosi vide Hacchan in pigiama che si stropicciava gli occhi e teneva in braccio un elefantino di pezza.

“Il coniglio pasquale….Il CONIGLIO PASQUALE! VENITE! C’E’ IL CONIGLIO!” e in un attimo gli altri tre furono sul posto.

Krieg tentò vanamente di difendersi afferrando una sciabola ma nulla poté contro quei quattro che lacerarono il costume e lo costrinsero a ritirarsi coprendosi con un telo nero.

Tornarono a dormire con la dolorosa convinzione di aver ucciso il coniglio pasquale, stupendosi però del fatto che la voce, le movenze e persino il puzzo di whisky e gorgonzola ammuffito che emanava fossero uguali a quelli del loro paparino adottivo.

Il giorno dopo giacevano ancora nei loro lettini che Kuro, Gin e Jango entrarono nella stanza gridando a squarciagola: “Sorpresa! Buona Pasqua!” e spargendo coriandoli e stelle filanti.

Si trasferirono in cucina, dove incontrarono un Krieg piuttosto malconcio e distrutto dopo gli eventi della precedente nottata e trangugiarono vagonate di cornflakes, quindi entrarono in salotto assieme agli adulti e lanciarono un grido di gioia.

Davanti a loro si presentavano quattro uova di Pasqua multicolorate e decorate con stelline e cerchietti, e chissà che sorprese custodivano al loro interno!

Hacchan si fiondò sul proprio uovo e lo fece a pezzi: dentro trovò un’intera calza piena di lecca lecca, dolciumi, cioccolatini e altri ben di Dio.

Iniziò a infilarsene manciate nelle larghe fauci, masticandole e producendo un rumore da escavatrice in azione.

Chu invece fu assai deluso: all’interno del proprio trovò un quintale di carbone, e cominciò a frignare disperato, mentre sua madre tentava in ogni modo di distrarlo da quella triste situazione.

Kuroobi trovò una specie di pacchianissimo bastone di plastica rosa e dorato che emetteva strane musiche e, fuori di sé dalla gioia, prese a saltellare strillando: “Lo scettro della magia delle Winx! Lo scettro della magia delle Winx! GRAZIE CONIGLIO PASQUALE!”.

Arlong rinvenne un pupazzino di Action Man made in China e vecchio quanto il cucco: digrignando le zanne e assumendo un aspetto da Super Sayan gridò: “Fa schifo! Non lo voglio! “ e lo scagliò in avanti abbattendo  Krieg  come Davide con Golia e spaccandogli numerosi denti.

 

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Capitolo 5
*** Cuochi pasticcioni ***


Spazio autore

Kate-love: E io che credevo che non avresti gradito Lucci gelataio… Ad ogni modo il pezzo di Kuroobi Biancaneve era bellissimo.

Avviso speciale: Oggi appariranno parecchie guest star, direttamente dalla Marina e dalla Flotta dei 7. Su chi puntate?  

Cuochi pasticcioni

 

Pochi giorni dopo in un assolato pomeriggio Krieg stava riposando in salotto.

Era sprofondato in poltrona e si stava divorando “La gazzetta dello sport” nuova di zecca.

La sua attenzioni era completamente assorbita da una curiosa notizia: il Livorno voleva acquistare Gianluigi Buffon!

Proprio mentre stava per iniziare a leggere l’intervista al presidente Aldo Spinelli sentì qualcuno appropinquarsi rumorosamente e non appena alzò gli occhi dal giornale gli passarono davanti Arlong, Kuroobi e Hacchan che indossavano maschere di carta a forma di musi di maiale e saltellavano assai sgraziatamente canticchiando: “Siam tre piccoli porcellin, maialin, porcellin…”.

Krieg si sedette di nuovo e proprio quando aveva scorto un articolo intitolato: “Il Pisa su Del Piero?”fece irruzione nella sala Chu che guidava a tutta velocità una sorta di schiacciasassi in miniatura, tanto piccolo da non riuscire quasi a stare sul sedile, e travolgeva vasi, tavoli e tappeti urlando al mondo intero: “Chi ha paura del lupo cattivo?”.

Il veicolo passò sopra il piede destro del pirata, che spiccò un salto in aria afferrandosi la zampa dolorante e ululando come la sirena di un’ambulanza.

 Il giornale svolazzò in aria e finì nel tritacarte, che era casualmente acceso, impedendo a Krieg di sapere se l’affare Milan- Totti si poteva fare o era destinato a restare una chimera.

Pazzo di dolore e infuriato oltre ogni dire, il pirata afferrò la lancia della devastazione che giaceva sotto la poltrona e roteandola come il saltimbanco che era balzò all’inseguimento dei quattro.

Gli uomini pesce scappavano come lepri, cambiando traiettoria all’ultimo momento e irridendolo con pernacchie e linguacce: il loro inseguitore invece, probabilmente a causa del mezzo litro di whisky che aveva ingurgitato poco prima, avvertiva un dolore atroce alla milza e si sentiva scoppiare i polmoni; ma non rinunciava all’inseguimento e agitava la lancia in ogni direzione, facendo esplodere un vaso qui, un pezzo di muro là, un quadro dall’altra parte.

In uno scenario da campo di battaglia, pieno di buche fumanti e mobili sventrati, Krieg spiccò un balzo da giaguaro e acchiappò per un piede Arlong, che si difese mordendogli i grassi avambracci.

Mentre gli altri tre pargoli si nascondevano sotto lo schiacciasassi capovolto e tremavano come foglie in attesa del terribile castigo, loro padre alzò una mano e, dopo avervi concentrato tutto il proprio chakra, iniziò a sculacciare il pesce sega di santa ragione.

A completare un tale scenario di violenza e sopraffazione ai danni di minori indifesi ci pensarono Jango e Gin che, rimpiattati in un angolino del soggiorno, si affrontavano per stabilire una volta per tutte il primato di “Supernatural” o “Lost”, in un turbinare di cazzotti, bastonate, denti rotti e occhi neri.

Dunque immaginatevi un po’ come reagì Kuro quando, entrando nella stanza carico di borse piene di bistecche, frutta, verdura e pesce, vide i due sguatteri prossimi a strangolarsi e Arlong che urlava come un invasato, mentre il sedere gli si arrossava come quello di un babbuino.

“Tuuuuu!!!!! Disgraziato! Tormentatore dei fanciulli ! Moriraaaiiiiii!!!!!” gridò, dopo aver steso i  servi colpendoli violentemente sul cranio con il battipanni,  mentre si avvicinava minacciosamente a un Krieg sempre più sudato e atterrito, brandendo una grossa sciabola.

Lo squalo si esibiva in un’indimenticabile serie di rumorosissime pernacchie, vedendo il suo persecutore rifugiarsi sotto il tavolino per sfuggire alla consorte che gli punzecchiava il fondoschiena, ma d’improvviso Kuroobi scoppiò in un lamento disumano: “Mamma papà, vi prego, non litigate! Io vi voglio tanto bene e se litigate sto tanto male!”.

“Hai ragione tesorino, adesso la mamma e il papà fanno la pace!” disse Kuro sorridendo e nascondendo la spada dietro la schiena.

I due incrociarono i rispettivi diti mignoli e cominciarono ad agitarle cantilenando: “Accidenti al diavolino che ci ha fatto litigare, pace, pace, pace, la minestra non mi piace!” al che la manta lanciò grida di giubilo e cominciò a battere le mani a tempo.

Tempo dopo Krieg fu costretto ad assentarsi: “Vado ad un raduno di alpini” disse, e ciò significava che si sarebbe trattenuto fino a tarda sera fra chiacchere e fiumi di grappa.

Dopo aver ricevuto un bacio da tutti gli altri ( sì, anche Jango gli diede un bacino) prese in mano la lancia della devastazione e partì, mentre Gin si portava sulle spalle una cesta di bottiglie dell’omonima bevanda che aveva già iniziato a svuotare.

Mentre la carovana si allontanava ricordando i bei vecchi tempi ( perché si sa che Krieg è un veterano della campagna di Russia), Kuro ne approfittò per iniziare a preparare la cena.

L’ipnotista venne chiuso fuori e andò a sdraiarsi fra i cespugli, dove usava fare il guardone di formichine innamorate, laddove in cucina iniziava il sacro rituale.

Chu tirò fuori dai cassetti un armamentario di coltelli da far paura a Joker; Arlong iniziò ad estrarre dalle buste le succulente bistecche, fissandole con la bava al bocca; Kuroobi riempiva le pentole d’acqua e faceva nello stesso tempo le bolle di sapone; Hacchan trasportava contemporaneamente il sale, il pepe, l’olio, l’aceto, una padella e una confezione di spaghetti scaduti; il comandante pirata infine con una mano accese i fornelli ( non voleva che i bambini li toccassero)  e con l’altra fece lo stesso con la Tv, dove a quell’ora trasmettevano la replica pomeridiana del programma condotto dal/ dalla suo/a migliore amico/ amica, e che tutte le volte lo aiutava a inventare nuove fantastiche ricette.

Si vedeva una sorta di studio televisivo allestito a cucina, con due portoni decorati con l’effigie rispettivamente di un pomodoro rosso e di un peperone verde.

Apparve in sovrimpressione una scritta che recitava: “Don Quijote Doflamingo presenta…” e improvvisamente da una nuvola di fumo bluastro apparve una palla di piume rosa, che a un esame più approfondito si rivelò essere il membro della Flotta dei 7, e che gridò a squarciagola: “La prova del cuocooooo!!!!!!”.

“Brava! Brava!” urlò gaio Kuro visto che i due soffrivano degli stessi disturbi mentali.

“Buongiorno a tutti! Come sempre, anche oggi due membri della Flotta dei 7 si sfideranno in una gara di cucina, e il nostro pubblico decreterà il vincitore!”.

La telecamera inquadrò una moltitudine di ufficiali di marina momentaneamente dediti ad altre attività: fra costoro si riconoscevano Kizaru e Aokiji, intenti a far volare aeroplanini di carta, Smoker steso in modo da occupare dieci posti che russava come una segheria, il viceammiraglio Garp che giocava a filo filetto con un suo subordinato e lo stesso grandammiraglio Sengoku che leggeva “Il corriere della sera” scaccolandosi, senza nemmeno preoccuparsi di nascondere ciò.

“Come al solito il perdente verrà investito da un Buster call ( fa bene essere bombardati da una decina di navi da guerra, sapete?)…Ma iniziamo con “Adesso cucino io!”!”.

Dicendo ciò si avvicinò a un tavolo dove lo attendeva Anna Moroni, che sibilò: “Te le sei lavate le manine tesoro? Oggi facciamo i ravioli!”.

“Forza, cominciamo anche noi! Hacchan, butta la pasta! Kuroobi, inizia a preparare il pesto!” gridò Kuro ignorando che proprio alle sue spalle i due stavano divorando tutta la salsa come veri genovesi; ma Arlong risolse la spinosa situazione tirando fuori il pomodoro.

Nel frattempo Doflamingo, dopo essersi quasi staccato un dito ed essersi ustionato con un uovo sodo, annunciò: “Ed ora passiamo al prossimo gioco! Chi indovina la ricetta misteriosa?”.

Con una rapidità felina Kuro afferrò il telefono e chiamò in studio: “Ciao Don! E’ da tanto che non ci si sente!”.

“Oh ciao Kuro! Vabbé, ci si becca su Msn! Ora ascoltami: si fa con le uova ed è piatta! Cos’è? Un minuto!”.

Il pirata ci pensò su a lungo, poi disse quasi allo scadere del tempo, dimostrando di essere assai esperto in materia: “Lo stufato?”.

“Ma nooooooooo!!! Mi deludi!”.

Dopo altre chiamate tutte fallimentare, e dopo che l’uomo in rosa ebbe reso un servizio all’umanità sparando a Beppe Bigazzi e all’enologo, arrivò il tempo della sfida dei cuochi.

“Per il peperone verde……Gekko Moria!!!!!!!!!” e dalla porta apparve la creatura così chiamata, che indossava un repellente grembiule verde e un cappello da chef e saltellava demolendo il pavimento.

“E per il pomodoro rosso… Orso Bartholomew!” e si fece avanti anche l’altro, che entrò in scena salutando i suoi ammiratori e borbottando: “Peace and love! Peace and love forever!”

Dopo che i due ebbero mostrato la moltitudine di ingredienti con cui dare vita alle loro ricette segrete e si ebbe avuto il fatidico “Pronti, cuochi via!” la gara iniziò, e così fecero i telespettatori da casa.

Kuro canticchiava la fastidiosa musichetta del programma e tagliava i cetrioli con i guanti artigliati, mentre Arlong, imbrattato di sugo, senape, cioccolato e altro ancora grattugiava il formaggio intonando antichi canti marinareschi  e Chu metteva la carne a friggere, dirigendosi poi a prendere la cannella.

Aprì la credenza e cominciò a gettare dietro di sé ciò che non reputava utile: “ Zenzero no… Chianti no… Cosce di pollo no… Marmellata di fragole no… Lenticchie no…” e ogni oggetto menzionato significava un sicuro bernoccolo per chi stava dietro.

Hacchan cantava: “Volare” e infornò il dolce ( notare come stiano preparando piatti a caso e senza un ordine preciso) mentre Kuroobi si era rintanato in un angolo a vedere i Teletubbies.

Anche nello studio televisivo la tensione era alle stelle: Moria stava preparando uno spezzatino assai invitante usando il suo clone d’ombra, mentre Bartholomew teletrasportava i piatti direttamente in forno.

“Un minuto! Il gallo goduto ha cantato un minuto!” strillò Doflamingo indicando il pacchianissimo orologio a forma di pennuto obeso attaccato alla parete.

Moria, sudando come un maratoneta, iniziò a riversare il sale direttamente nell’intruglio, mentre il suo avversario finiva di infornare la propria torta di mele.

Anche da casa tutti erano col fiato sospeso, tranne la manta che poneva le acciughe sulla pizza fischiettando.

A dieci secondi dalla fine tutti in studio iniziarono a fare il canto alla rovescia battendo le mano e  belando come tanti pecoroni.

Poi, dopo le solite spiegazioni da parte dei cuochi,vi fu la votazione: tutti espressero il proprio parere, tranne il grandammiraglio che non sapeva usare un così complesso apparecchio come il telecomando apposito, e con il 65% delle preferenze vinse il peperone verde.

Bartholomew iniziò a fuggire tallonato dalle navi della Marina.

“Non è un programma affascinante?” chiese un estasiato Kuro ai pargoli che, troppo annoiati per ascoltarlo, si dilettavano con il gioco delle pulci, finché uno strano rumore non ricordò a tutti i presenti della torta.

Si voltarono e con sommo orrore videro una massa color fango coperta di panna che si allargava dentro il forno e ne usciva in quantità industriale, avanzando verso di loro come il ben più famoso Blob.

Mentre Kuro sveniva teatralmente per l’odore repellente che stava invadendo la stanza,  venendo quindi sommerso da uno strato di vari metri di cioccolato semisolido gli uomini pesce fuggivano per i corridoi, inseguiti anch’essi, cantando stonati come campane: “Aiuto aiuto, aprite la finestra, che confusione, è il cuoco pasticcione!”.

 

 

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Capitolo 6
*** Scocciatori all'uscio ***


 

Spazio autore

Kate-love. Se è questo che vuoi, allori sappi che Doflamingo continuerà a comparire o a essere citato quasi in ogni capitolo, e darà il meglio di sé.

Gli uomini pesce guardano i Teletubbies perché la loro età cerebrale è quella di chi guarda i Teletubbies.

Dai, hai mai visto un bimbo di due anni che guarda “Colorado”? Alla prossima.

Il capitolo di oggi sarà pieno di guest star, tra le quali i protagonisti di uno dei miei manga preferiti…

Scocciatori sull’uscio

 

Quante volte vi sarà capitato di trascorrere tutto il giorno a difendervi da seccatori e impiccioni di vario genere che vi offrono i loro prodotti via telefono oppure vengono direttamente a rompervi le scatole sulla porta di casa?

Qualunque cosa vi sia successa, non eguaglierà mai quello che capitò un giorno di maggio all’asilo dei pirati.

Era una bella e fresca mattinata, in cui tutti gli inquilini si erano alzati pieni di gioia di vivere.

Krieg diede spettacolo in giardino recitando intere arie del “Rigoletto” di Verdi, ricevendo in cambio stivali e vasi da notte sul cranio.

Jango si chiuse a chiave in uno sgabuzzino pieno di scope, dopo aver lasciato un fantoccio che lo ritraeva in cucina per sviare i sospetti e, novello Voldemort, iniziò a dedicarsi alle arti oscure.

Nel frattempo in bagno stava accadendo un dramma: Chu si era alzato con la voglia incontrollabile di mangiare marmellata; una volta in bagno aveva cominciato però a fare le bizze, sostenendo di non volersi lavare le mani prima di andare a tavola, spingendosi fino a gettare la saponetta per terra.

Mandato in bestia da cotanta palese arroganza e disprezzo delle regole, Kuro gli affibbiò un ceffone che lo fece giacere quasi come morto.

L’uomo pesce iniziò a piangere in modo isterico, a mordersi le mani e a sfondare le pareti a pedate, ma il prode Gin riuscì a riportarlo sulla retta via allungandogli platealmente una caramella all’arancia che venne subito divorata.

Contemporaneamente in salotto la televisione era accesa a tutto volume e trasmetteva le fantomatiche gesta del demoniaco Pingu: Kuroobi era sdraiato sul pavimento e scodinzolava con la lingua di fuori, Hacchan si era munito di spilloni e faceva riti vudù contro la foca e la sorella del pinguino; appollaiato regalmente sul divano dell’Inter, Arlong maneggiava uno spazzolone e si dilettava a colpire i due nel didietro quando meno se lo aspettavano, costringendoli a saltare in aria fra urla di dolore.

Quando Krieg fu rientrato si sedette sul tappeto a prendere il tè con le bambole, ma all’improvviso, dopo attimi di fatale silenzio che facevano presagire qualcosa di grosso, il campanello suonò.

Borbottando fra sé e sé strane imprecazioni in veneto-bergamasco contro quell’ignoto rompiscatole, il pirata afferrò un bazooka, lo usò per sfondare la porta e quindi, visto che nessuno lo attaccava, si recò sull’uscio.

Non scorgendo nessuno né davanti né dietro né a destra né a sinistra né sopra guardò i propri piedi  e vide che da sotto la porta spuntavano due braccia, due gambe e varie scatole di biscotti.

Krieg estrasse la malcapitata vittima dalle macerie del portone, la rimise in sesto gonfiandola con la pompa della bicicletta e si rese conto che era una bambina.

Come il tipico bimbo degli anime era magrissima, aveva le braccia e le gambe simili a stuzzicadenti senza un grammo di massa muscolare e aveva una testa spropositatamente grande, occupata da smisurati occhi azzurri che le davano un’aria da cerbiatto bastonato e coperta da lunghi capelli neri.

Indossava un cappellino e una divisa da boyscout.

“Come ti chiami bella bambina?”.

“Robin”.

“E che cosa fai tutta sola?”.

“Vendo i biscotti dei boyscout. Ne vuoi uno signore?”.

Segui un attimo di silenzio da parte di Krieg che la bimbetta interpretò come un rifiuto e contraccambiò con un pugno nello stomaco.

Il pirata sputò sangue e dopo un ulteriore silenzio Robin gli pestò proprio il piede che a suo tempo era stato appiattito dallo schiacciasassi di Chu.

Infuriato oltre ogni dire Krieg  calpestò una scatola di biscotti e colpì la bambina con uno schiaffo.

Robin si mise a piangere mormorando “Mi hai fatto tanto male! Io volevo essere buona con te!”, ma quando si tolse le mani dal viso mostrò una faccia da schizofrenica, con tanto di nervo a fior di pelle sulla fronte, e gridò: “Ora subirai la mia ira!”.

La testa di dimensioni già notevoli crebbe fino a diventare più grossa del corpo; i suoi occhi erano completamente bianchi e i denti si erano fatti aguzzi come coltelli; i muscoli delle braccia divennero grossi come palloni da basket; nervi e vene affiorarono ovunque sulla sua pelle.

La ragazzina fece uno strano gesto e dal nulla apparve una moltitudine di braccia muscolosissime che afferrarono Krieg per il collo, per le braccia, per il petto e per le gambe e lo torturarono in numerosi modi, spezzandogli la spina dorsale e spaccandogli il setto nasale e i pochi denti rimastigli.

Improvvisamente si fece avanti Kuro che reggeva in mano un paio di banconote e indossava un grembiule con scritto sopra “I love cookies”.

In un secondo Robin si calmò e dallo stato Hulk- Super sayan- berserk tornò a essere una bambina gentile e indifesa che, dopo essersi fatta accarezzare la testa dal capitano dei pirati Kuroneko, si rimise il cappellino e andò a fare altre consegne.

“Ricordati cara… mai più biscotti, mai più boyscout e mai più quella pazza!” sentenziò Krieg mentre Arlong e Hacchan si spartivano avidamente il contenuto della scatola.

Per riprendersi da questo trauma il pirata militaresco indisse un torneo di gioco dell’oca formato famiglia, ma proprio quando Kuro aveva beccato la casella “Fermo un turno” si udì un baccano infernale proveniente dalla strada che indusse tutti ad affacciarsi alla finestra.

La strada era completamente ingombra di una mandria di ignobili creature, celate sotto vestiti firmati, felpe, occhialini da sole, mutande di fuori e altro ancora: ed erano quelli che siamo soliti chiamare truzzi.

Mentre nell’aria si diffondeva una diabolica musica a palla che faceva sempre: “Tunz tunz tunz tunz tunz tunz”, al cui suono le creature andavano in delirio il loro leader, il temuto Iena Bellamy, gridò con quanto fiato aveva in corpo: “Bimbi, su le maniiii!!!! Si va in disco a cuccareeeee!!!!” .

Atterriti da quella piaga sociale, Gin e Krieg afferrarono le pistole  e riuscirono fortunatamente a cacciarli, dopo averli presi di mira dalle finestre, un po’ come i soldati dei film western asserragliati nel fortino con una torma di indiani che cavalca intorno a questo.. 

Verso l’ora di pranzo Kuro, Gin, Arlong e Chu si erano ritirati in cucina a preparare il minestrone e a sorbirsi i patetici programmi di Doflamingo.

Hacchan e Jango erano in ginocchioni sul tappeto e giocavano con le macchinine (che rappresentavano le Formula Uno di Massa e Alonso), mentre Krieg ascoltava un disco dei Nomadi a dir poco antidiluviano: ed era con questa musica in sottofondo che l’infelice Kuroobi gli lustrava le scarpe.

D’improvviso qualcuno bussò e Krieg, ben più che scocciato, prese in mano un arpione e spalancò la porta urlando: davanti a lui c’era un uomo anziano e tarchiato, con baffi e pizzetto bianchi, vestito da prete.

“Oh , Don Abbondio!”.

Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, si era letteralmente pietrificato quando si era trovato davanti al viso la punta della fiocina: ma una volta chiarito l’equivoco, fu subito invitato a prendere un tè.

Il curato, che avendo smesso di fare l’usuraio arrotondava i guadagni vendendo enciclopedie e pettini porta a porta, conversò amabilmente con il padrone di casa, e stava per confessare di aver sempre amato Don Rodrigo quando d’un tratto Kuroobi prese ad agitarsi in preda agli spasmi e a pronunciare orrende blasfemie, degne di un filmaccio di serie B.

“E’ un invasato! Fuggite da qui! C’è Satana in questa casa!” strillò il prete balzando in piedi.

Intanto la manta, come in ogni film sui posseduti che si rispetti, aveva preso a camminare sul soffitto come un ragno e da lì vomitò un quintale di una strana sostanza verde che ricoprì interamente Krieg.

Quando tornò a terra fu afferrato da tutti gli inquilini e, mentre si dibatteva bestemmiando e cantando canzoni di Marylin Manson, Don Abbondio cominciò l’esorcismo.

“Appari figlio del demonio! In nome del Creatore misericordioso esci da questo corpo, non tormentare oltre questa pecorella del Signore! Torna all’inferno da cui provieni! Pentiti!Pentiti!Pentiti!” disse il prete spruzzando acquasanta come un’innaffiatrice, e a conclusione di tutto Chu menò una martellata sulla testa del compagno tale da deformargli permanentemente il cervello e mettere in fuga lo spirito maligno.

Fu solo dopo che il curato se ne fu andato che si scoprì che la possessione demoniaca era dovuta a una caramella al limone scaduta.

Quando un individuo misterioso bussò per l’ennesima volta, per evitare che Krieg si imbestialisse come non mai e sfasciasse l’asilo fin dalle fondamenta Hacchan andò ad aprire.

Subito il suo interlocutore gli piantò una balestra in bocca.

Era un uomo alto, privo dell’occhio destro e del braccio sinistro, rimpiazzato da uno metallico: indossava un lercio e rattoppato mantello nero che copriva un’armatura dello stesso colore e aveva con sé uno spropositato numero di coltelli e una spada grossa quanto lui.

Mormorò: “Dì al tuo padrone che il guerriero nero è arrivato!”, quindi fece il proprio ingresso trionfale e gridò spaccando tutte le finestre: “Mostrati apostolo! Sono Gatsuuuuuu!!!!!”.

Krieg si alzò borbottando sconsolato: “Un altro pazzo” e prese la pistola.

L’uomo urlò: “ODINOOOOOOOOOO!!!!!!” e sfoderò lo spadone, ma mentre balzava Arlong lo respinse soffiandolo via.

“Eppure ero sicuro che ci fosse un apostolo potentissimo qui…” disse Gatsu toccandosi il marchio che sanguinava copiosamente, e che venne subito disinfettato da Kuro.

Improvvisamente risuonò la tipica risata di Picchiarello e alla finestra apparve un individuo assai effeminato dai lunghi capelli argentei che indossava un’armatura con decorazioni a forma di piume.

Il guerriero nero iniziò a ringhiare e a sbavare: “Grifis! Ti ammazzerò! QUESTA E’ SPARTAAAA!”ma saltando sbagliò traiettoria e cadde in un pozzo nero dove gli uomini pesce solevano fare il bagno, e non se ne seppe più nulla.

Poco dopo l’uomo denominato Grifis incontrò il proprio figlio primogenito Occhi di falco ( che da giovane ha militato nella Squadra dei Falchi come controfigura di Gatsu nda).

I due spadaccini corsero l’uno verso l’altro in mezzo a una pioggia di petali di rosa, quindi si abbracciarono e promisero di non lasciarsi mai più.

Gli inquilini dell’asilo dei pirati assistettero commossi a una tale dimostrazione di amore padre-figlio, e le lacrime sgorgarono numerose dalle loro guance.

Restarono in quella posa per due ore, fissando l’orizzonte immobile tranne allorquando era attraversato da palle di fieno rotolanti, finché, quando ormai il sole strava calando, un funesto e psicopatico individuo in maglietta bianca con la testa coperta da una bandana verde, che brandiva tre sciabole di cui una con la bocca, passò davanti a loro correndo e sbraitando: “CREPA OCCHI DI FALCO!!!!!!”.

 

 

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Capitolo 7
*** Nascondino con l'arrotino (e l'ombrellaio) ***


Spazio autore

Kate-love: Oddio, quante guest star in questo capitolo: Robin, Bellamy, Don Abbondio, Occhi di falco, Zoro e soprattutto i mitici Gatsu e Grifis di “Berserk”.

Mi raccomando, tienili d’occhio perché potrebbero fare altre comparsate! Certo che ogni volta che ripenso a Robin bambina in stato Hulk-Super sayan-berserk scoppio a ridere…tu no?

 

Nascondino con l’arrotino ( e l’ombrellaio)

 

Krieg si stiracchio, si rigirò nel letto, sbadigliò, si riaddormentò.

Improvvisamente sentì qualcosa di interno, situato fra il pancreas e i polmoni, come un orologio biologico, che gli imponeva di alzarsi per rispondere a non meglio precisate incombenze.

Si staccò da Kuro, a cui era stata abbarbicato fino a quel momento come un’ape con il miele, si stropicciò gli occhi e, nella penombra che avvolgeva la camera da letto, aprì gli occhi e fissò il calendario di Barbie fissato alla parete.

Una data era segnata con  il pennarello rosso.

Dopo aver realizzato che quella data cadeva proprio nello stesso giorno ebbe un attacco di panico e cominciò a graffiarsi le guance; fortunatamente apprese grazie alla sveglia che erano ancora le quattro del mattino e aveva quindi mezz’ora di tempo.

Svegliò Jango con un sonoro calcio nello stomaco, mentre per Gin fu necessario sparare un colpo di pistola in aria.

Anche Kuro si alzò: i quattro si infilarono vestaglie e pantofole, quindi capeggiati da un eccitato e saltellante Krieg si diressero verso la camera degli infanti.

Un attimo prima della catastrofe i quattro, sdraiati per terra e sui letti in pose grottesche e apparentemente privi di vita, stavano sognando: Arlong la morte di tutti gli esseri inferiori ( leggasi umani) del pianeta; Hacchan tutto il gelato al cioccolato del mondo; Kuroobi Pippo Baudo in bikini e Chu una bella avventura di Winnie the Pooh e Pimpi nel paese delle meraviglie.

L’ammiraglio pirata fece irruzione nella stanza sbattendo la porta e gridando come un ossesso, mentre gli altri tre cercavano di trattenerlo: “Alle armi! Alle armi! Mancano pochi minuti! Non c’è più tempo!”.

Non appena realizzarono di cosa stava parlando, gli uomini pesce esplosero in un grido di gioia e insieme al paparino adottivo, cercando di stringersi un po’, si spaparanzarono sul divano e accesero la televisione sintonizzandola su Rai Uno, mentre Kuro cucinava con aria nevrotica e gli sguatteri, vestiti da valletti seicenteschi per celebrare l’importante occasione, servivano e riverivano i cinque.

In sostanza all’asilo dei pirati si erano tutti alzati prima dei grilli per vedere in diretta la puntata finale de “Lo Zecchino d’oro”.

Nel mondo di One Piece partecipano a tale show, anziché bambini, pezzi grossi della Marina o della pirateria, che di solito cantano sempre lo stesso brano per decenni di fila: sicché non è insolito che un presunto “artista” vinca la competizione per più edizioni consecutive.

Quella volta il conduttore nonché supremo padrone dell’inferno Topo Gigio consegnò il premio a Crocodile, che, ormai disperato, calcava le scene da vent’anni con una versione remix di “Il coccodrillo come fa”: al secondo posto si classificarono Shanks il rosso e i suoi, battuti di un pelo.

A Kuro ribolliva il sangue: tanti anni prima, quando era ancora un pirata serio, aveva vinto la gara con “ Quarantaquattro gatti” interpretata dalla sua ciurma in fila per sei col resto di lui e Jango; ma quando qualche mese prima si era presentato alle selezioni con “Volevo un gatto nero” era stato subito cacciato, per discriminazione contro i diversi, a suo dire.

Finito lo show e le scommesse clandestine che lo accompagnavano, fu il turno di una mega partita a nascondino a cui parteciparono tutti tranne il capitano dalla dubbia identità sessuale che, indossato un costume intero arancione  a righe gialle, si posizionò su una sdraio in giardino.

Il prescelto per essere il cacciatore fu Gin: e gli altri, mentre lo sguattero contava in modo confuso a causa della propria perenne ubriachezza, sciamarono per la casa e si occultarono in ogni luogo possibile  e immaginabile.

“98…99…103! Anzi, 100! Sto arrivando gente!” disse estraendo la pistola con aria minacciosa e iniziando a camminare in tondo tastando mobili e pareti.

Passò la mano callosa e puzzolente sopra un mucchio di stracci che coprivano un tavolo, senza immaginare che là giacesse Kuroobi; spaventato da quelle dita che si muovevano in qua e in là le azzannò, e il pirata balzò in aria gridando per il dolore.

“Sarà stato un ratto” pensò accarezzandosi l’arto dolorante, mentre la manta, ridendo sotto i baffi e sicura di non essere stata scoperta, tirò fuori il game boy e prese a giocarci.

Il tossicodipendente continuò il suo giro di perlustrazione, sbuffando come un toro e lanciando intorno occhiate da lupo famelico; il suo passo era pesante, il suo respiro ben percepibile e Chu, nonostante il dolore derivante dal fatto di stare appallottolato come un contorsionista in una credenza piccolissima, lo sentiva avvicinarsi come una presenza maligna e distruttrice, come il demonio in persona.

“Eppure non riesco a scovarli…” disse Gin fra sé e sé grattandosi la testa, mentre sul soffitto sopra di lui stavano Hacchan e Jango, che tentavano disperatamente di non mollare la presa e di non emettere suoni di alcuna natura per non tradirsi.

In quello stesso momento Kuro, stabilitosi sotto un ombrellone a pois blu, stava assaporando attimi di puro piacere e un gelato Magnum.

Davanti a lui passavano molto persone e tutti, che lo conoscessero o no, lo salutavano; e così faceva lui.

Ad un tratto vide sfrecciare davanti a sé un furgone decorato in modo stravagante, e dotato di un altoparlante che aveva certo avuto momenti migliori che amplificava una stridula e fastidiosa voce: “E’ arrivato l’arrotino! Arrota coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto! Donne! E’ arrivato l’arrotino e l’ombrellaio! Aggiustiamo gli ombrelli! L’ombrellaio donne! Ripariamo cucine a gas! Abbiamo i pezzi di ricambio per le cucine a gas! Se avete perdite di gas noi le aggiustiamo! Se la cucina fa fumo noi togliamo il fumo della vostra cucina a gas! Lavoro subito, immediato! E’ arrivato l’arrotino!”.

Capendo quale occasione della vita le stava passando di fronte, Kuro iniziò a strepitare facendo cenno al mezzo di fermarsi.

Dal furgone scesero una specie di truzzo in camicia hawaiana senza niente sotto e costumino, con un’assurda chioma azzurra ritta come un palo, il naso di ferro e gli occhiali da sole e un osceno ciccione con la bocca piena di denti cariati.

“Salve signora! IO sono Cutty Flam detto Franky, l’arrotino, e LUI è il mio collega Teach detto Barbanera, l’ombrellaio. In cosa possiamo servirla?”.

“Mah guardi… ci sarebbero i miei guanti artigliati, la lancia di mio marito e la spada dentata di nostro figlio.. Aspetti che glieli vado a prendere…”e tornò carico di utensili e armi varie come un mulo.

“Figaro qui… Figaro lì!” canticchiò allegramente Franky arrotando una sciabola piena di ruggine, mentre il compare si stendeva fra i cespugli e svuotava una fiaschetta di rum.

“Allora signora tutto bene a casa?” chiese Teach.

“Sa… ultimamente abbiamo adottato quattro uomini pesce! Li avevano abbandonati, e perciò…”.

“Per le trippe di Nettuno e anche le mie! Dev’essere dura!”.

“Eh già… mangiano come un reggimento e spaccano tutto quello in cui si imbattono… ma d’altronde sono così carini ed educati quando si sa come educarli…”.

“Non direi signora!” replicò Franky che non aveva capito nulla, facendo la punta ad una mannaia. “Il mio maestro era un uomo pesce, e guardi come mi ha educato! Maledetto ciccione giallo…”.

Contemporaneamente la partita di nascondino proseguiva in modo cruento.

Kuroobi, tanto sicuro dell’impunità, era stato scovato e nonostante si fosse gettato in una corsa disperata, spaccandosi la faccia su un muro almeno un paio di volte, Gin aveva raggiunto la tana prima di lui e lo aveva ufficialmente eliminato.

Il pirata riprese la caccia e si leccava le labbra al pensiero gioioso di poter snidare nuove vittime.

Cantando passò davanti a una tenda ma, accortosi che qualcosa non andava, tornò sui propri passi.

Da dietro il telo spuntavano due smisurati piedi blu con tanto di sandali.

Ora: chi in quella casa poteva avere delle fette simili, perdipiù assai fetenti?

Gin credette di udire un battito di denti provenire da dietro le tenda, ed era anche incuriosito dal rubinetto che spuntava dalla sommità di questa.

Percependo puzzo di bruciato scostò la tenda e si imbatté in Arlong che tremava come una foglia, si copriva il viso con un giornale e aveva occultato il naso a sega sotto un tubo con rubinetto.

I due si lanciarono un infuocato sguardo di sfida e spiccarono un balzo: lo squalo sfondò il muro con il cranio lasciò la propria impronta sui mattoni, Gin incespicò su un tappeto persiano e si ruppe il bacino, ma nonostante gli inconvenienti e gli infortuni continuarono a correre a tutta birra verso lo stesso obiettivo: la tana.

Arlong era in vantaggio ma l’avversario non gli dava un attimo di tregua e aveva anche cominciato a sparare a salve.

L’uomo pesce era alle strette e stava per ceder quando ebbe un’idea geniale e, afferrato un martello che giaceva casualmente a terra, lo scagliò su un piede dell’inseguitore, costringendolo a fermarsi per cure mediche d’urgenza.

In questo modo, sotto lo sguardo entusiasta dell’eliminato Kuroobi, arrivò gridando alla tana e aggiunse: “Cinquantun per me libera tutti!”.

Gin lo raggiunse dopo una ventina di minuti zoppicando vistosamente e mugolando: “Non vale…mi hai fatto la bua…”.

Nel frattempo in giardino si erano esauriti sia gli attrezzi da arrotare che gli argomenti di cui chiacchierare.

“Scusi se non gliel’ho detto subito, ma ho un certo problema con il fumo in cucina… Me ne sono accorta stamattina mentre preparavo i toast per mio marito…”:
”Benissimo! Compagno, procedi!”.

Barbanera alzò una mano e creò attorno a sé una cortina di oscurità e un mini buco nero.

“Questo è il vero motivo per cui ho mangiato quel frutto del diavolo! Volevo velocizzare le pulizie sulla nave, ma Barbabianca non ha gradito…” aggiunse Teach, quindi iniziò ad aspirare il fumo dalla cucina.

In quel preciso istante Gin stava per sorprendere Chu che, riparatosi sotto un presunto mantello dell’invisibilità, invocava la pietà divina: ma come, tutti gli altri, si sentì risucchiare da qualcosa.

A nulla valse aggrapparsi ai mobili.

Kuro si stupì molto quando vide volteggiare in aria, fra oscurità, fumo e oggetti vari, gli altri inquilini dell’asilo, e si infuriò tanto che saltò addosso a Teach e cominciò a prenderlo selvaggiamente a sberle e a percuoterlo con un ombrellino che lo stesso Barbanera aveva aggiustato:“Mostro!Lasciali andare!Te ne farò pentire!”:
Il sortilegio cessò, ma nel frattempo Franky era già salito sul furgone ed era partito a tutto gas.

L’ombrellaio lo tallonava da vicino, anche se era al limite di resistenza.

“Muoviti a salire! Se quei matti ci acchiappano ci fanno a pezzi!”.

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Capitolo 8
*** Il diabolico barbiere di Fleet street ***


Spazio autore

Kate-love: Dai, chi non vorrebbe farsi servire da Barbanera e dal cyborg truzzone? Il capitolo di oggi fa ridere come gli altri, ma è sarebbe bene che chi lo leggesse avesse visto un certo film…capirai dal titolo.

Mancano solo due capitoli alla fine, resistete gente perché il finale sarà davvero col BOTTO.

 

Il diabolico barbiere di Fleet Street

 

Quel giorno Krieg e i due sguatteri erano andati a fare la spesa.

Sembravano contenti ma, conoscendo la vita che conducevano, nessuno avrebbe saputo dire il perché.

Il capitano camminava impettito reggendo due buste tanto piene di bottiglie di acqua minerale e di confezioni di spaghetti da scoppiare; Gin, con una reticella contenete due e tre bottiglie di whisky, spingeva un carrello carico come un mulo di pesce e verdure; Jango infine trasportava in spalla numerosi sacchi di farina, frutto di un assalto ai forni.

Camminavano fra bancarelle e ambulanti, incuranti del senso della vita, e ad un certo punto incrociarono la strada di Shanks il rosso che, da quando aveva perso la finalissima de “Lo zecchino d’oro” a favore di Crocodile, era sprofondato nella depressione e si era lasciato andare.

Le occhiaie si erano fatte più paurose di quelle di Gin; i capelli e la barba rossi erano cresciuti a dismisura e si erano riempiti di sporco, mosche e pidocchi; il fiato puzzava tanto di alcol che si sentiva a cento metri di distanza ; il rimasuglio di braccio sinistro, divorato dai suoi compagni di partito in un momento di carestia in cui non vi erano bambini da mettere sotto i denti, si stava incancrenendo; il vecchio mantello nero cadeva  a pezzi, la camicia era macchiata di caffé e sudore e il  cappello di paglia si stava decomponendo.

“Buongiorno signore” mormorò inchinandosi ed estraendo la spada, che egli cadde di mano subito dopo, tanto era sbronzo e incapace di intendere e volere.

 “Ce l’ha un soldino per questo marinaio poverello?” aggiunse l’imperatore togliendosi il cappello e ponendolo sotto il muso di Krieg, che colpì il mendicante con la lancia della devastazione   tramortendolo e scagliandolo contro un palazzo.

“Io ODIO gli accattoni!”.

A marce forzate raggiunsero l’asilo, quindi aprirono la porta e si trovarono davanti a una situazione da Vietnam, che però in quella casa era ordinaria amministrazione e forse meno estrema del solito.

Gli uomini pesce ufficialmente stavano giocando a indiani e cowboy; in realtà stavano devastando il soggiorno in un modo tanto sopraffino che nemmeno il Maligno e i quattro cavalieri dell’Apocalisse ci sarebbero riusciti, pur mettendoci tutto il loro impegno e sudando come bestie.

Arlong, legato come un salame a un totem rappresentante le facce dei Tokyo Hotel, scalciava asportando interi pezzi di pavimento e digrignava le zanne gridando slogan razzisti che non riporterò per decenza;  Hacchan, con un cappello da cowboy calato sulla zucca, caricava i nemici e sparava con sei pistole contemporaneamente, riducendo a un colabrodo tende e pareti; Chu, pitturato in viso e con un copricapo di piume molto fashion, si dava a barbare danze di guerra agitando un’ascia e saltellando su un falò acceso; Kuroobi, mascherato da Pocahontas, stava in piedi su un tavolo e sclerava, finché non si decise a lanciare un vaso di bronzo che colpì in testa il pesce trombetta facendolo quasi restare secco.

“In nome di Dio, di quel Dio misericordioso al cui cospetto dobbiamo tutti comparire, calmatevi!” sbottò il pirata estraendo le armi.“Dov’è la mamma?”.

“Di là!” disse Arlong succhiandosi il pollice e indicando la cucina.

Entrato nella stanza rimase scioccato nel vedere Kuro in abiti molto succinti che, seguendo le istruzioni televisive dell’ubiquo Doflamingo, si dava a improbabili esercizi di ginnastica contorcendosi e lamentandosi su un tappetino di gomma: ma soprassedette, ricordandosi che con quell’essere divideva la vita coniugale.

“Ricordati dell’impegno di stasera” bisbigliò lui con charme.

“Idiota! Non ora!” rispose la “moglie” bersagliandolo con mannaie da macellaio.

Giunse l’agognata sera e, mentre Jango sparecchiava la tavola e lanciava gli avanzi ad Hacchan che li attendeva a bocca aperta, Krieg radunò la ciurmaglia e annunciò con enfasi: “Stasera, per passare un paio d’ore in famiglia, guarderemo un bel film! Allora, cosa vorreste?”.

“Cenerentola?” propose timidamente Kuroobi, venendo sommerso di fischi.

“Ma è facile! Un bel concerto registrato di Michael Jackson!” gridò Jango a braccia aperte, prima che l’ammiraglio pirata, stufo di sentir pronunciare quel nome, lo spedisse fuori dalla finestra con una cannonata.

“Il Ritorno del re?” fece lo squalo, ma Kuro lo dissuase da tale scelta: “No tesorino adorato, lo sai che al papà fanno impressione il ragno gigante e Gollum, e che poi tanto si addormenta durante la battaglia finale perché sa già come va a finire!”.

“Io proporrei “Matrix”, no?” disse Krieg, ma Gin iniziò a lamentarsi : “Capitano, quando eravamo sulla nave abbiamo visto quel film duemila volte! Ne ho fin sopra i capelli di quel pagliaccio di Neo, di quell’emo senza capelli di Morpheus, e di quel buon signor Smith…”.

A causa di queste ultime parole il capitano ebbe un impulso di bestialità e scattò in avanti, afferrando il tossicomane per il collo: “NON OFFENDERE L’AGENTE SMITH!!!! HAI CAPITO, RAZZA DI MICROCEFALO INVERTREBRATO UBRIACONE? LUI E’ MOLTO PIU’ UOMO DI TE! L’AGENTE SMITH E’ UN DIO! E’ CHUCK NORRIS! EGLI REGNA!!!”.

Si scatenò il parapiglia generale: Chu si aggirava sul luogo come uno scemo di guerra, blaterando: “Perché non “Alien vs Predator”? Predator è così puccioso!” ma fu assalito e accoltellato alle spalle da un inferocito Hacchan; Arlong e Kuroobi, entrambi ancora persuasi delle loro scelte, duellavano incrociando le lame, mentre il furioso Don Krieg teneva sotto un braccio, come si farebbe con un cocomero, il povero Jango, e con l’altra mano sbatacchiava qua e là Gin.

Per far cessare questa guerra, Kuro pronunciò un semplice nome: “Sweeney Todd!”.

Il massacro cessò e tutti i partecipanti si picchiarono una mano sulla fronte.

Come avevano fatto a non pensarci prima!

E così decisero di sorbirsi le patetiche scenate del barbiere serial killer.

Kuro si piazzò su una sedia a dondolo con le coperte rosa, il marito si sedette sul posto d’onore del divano, Arlong si sdraiò ai suoi piedi, avvolto in una pulciosa trapunta; ai lati del padre presero posto Hacchan e Chu, che agitavano lattine di Coca cola e pacchetti di popcorn, mentre Jango e Kuroobi si appollaiarono sullo schienale del sofà e si abbracciarono, per riscaldarsi dalla sensazione che la Londra ottocentesca che appariva nel film provocava in loro.

Gin, il fucile in mano per fare scena e un elmetto in testa per prevenire possibili incursioni nemiche, spense la luce e canticchiando la musichetta della 20th Century Fox si avviò al proprio posto, ma incespicò sul tappeto e, rialzandosi a fatica dopo esseri rotto un paio di molari, rimase sul pavimento a godersi lo spettacolo.

Quando all’iniziò videro la nave che trasportava il protagonista approdare sulle rive del Tamigi tutti esplosero in un: “OHHHHHHHHHH!!!” di meraviglia, tranne Krieg che pensava, pieno di bile: “Acciderba, quel veliero è molto meglio del mio!”, ma nel frattempo non disdegnava di battere i piedi sul pavimento seguendo il ritmo di “No place like London”.

Quando fu il turno della canzone “ The worst pies in London” avvenne un miracolo: mentre Mrs Lovett si lamentava della scarsezza di carne in città e mostrava al meravigliato Benjamin Barker i propri famigerati pasticci di gatto, ratto, scarafaggio e quant’altro, si udì risuonare una voce, fin troppo familiare in quella casa, che recitava il seguente slogan: “Sono le tagliatelle di Nonna Pina tatatatatatatata….”.

Sentendo ciò Kuro strabuzzò gli occhi e, mentre ai presenti si gelava il sangue nelle vene, si proiettò in aria rovesciando la sedia e urlò: “DOFLAMINGOOOOOOO!!! Grazie al cielo che esisti! Come farei senza di te! Il tuo programma è sempre il migliore! Viva “La prova del cuoco!”!”.

I pargoli la afferrarono e per farle passare la crisi isterica la incatenarono alla seggiola: contemporaneamente Krieg inviò Gin, che si stava annoiando mortalmente dopo così pochi minuti e si era già attaccato alla bottiglia, alla ricerca del membro della Flotta dei 7, con l’ordine di sparare a vista su qualsiasi creatura bionda informe somigliante a un fenicottero impellicciato.

Arlong e Hacchan si eccitarono stranamente nel sentire la tragica storia di Sweeney; Jango andò addirittura a nascondersi sotto un tavolo, tappandosi le orecchie, mentre veniva narrata che cosa il giudice Turpin fece a Lucy Barker: ma non appena sentì che il brav’uomo voleva sposarsi la piccola Johanna uscì allo scoperto.

Adesso adorava il giudice: aveva gli stessi gusti di Michael Jackson!

La serata trascorse lietamente: Chu e Kuro improvvisarono, usando un’attrezzatura per karaoke artigianale e i numerosi coltelli da cucina, una messa in scena di “My friends”; Kuroobi si identificava totalmente nel marinaio rimbecillito; il polpo pregava gli uccellini di insegnargli a cantare;  Krieg bramava l’elisir per capelli di Pirelli, ma non lo poteva ottenere.

Per la gioia di grandi e piccini venne il momento di “Pretty women”: l’ammiraglio pirata chiuse gli occhi e cantò insieme al giudice, e nel mentre lo squalo lo accompagnava passandogli un rasoio sulla gola, che in effetti avrebbe avuto bisogno di una rasatura.

Ma fu con “Epiphany” che Krieg si scatenò: si piantò in mezzo alla sala e, sbraitando in playback, accusò la “moglie” di avergli consigliato di aspettare, visto che Turpin non sarebbe più tornato; poi cominciò a rivolgersi agli uomini pesce, invitandoli a non essere timidi perché la sua sedia era libera e dando loro il benvenuto nella tomba.

Infine il pezzo forte: dopo aver invocato confusamente la moglie presunta morta e la figlia nelle mani di Piton ( è lo stesso attore nda) si inginocchiò e, portando le braccia al cielo con una faccia da pesce lesso strillò: “I’m alive at last, and I’m full of joyyyyyyy!!!!”.

Gli altri spettatori gli lanciarono qualche moneta, poi la proiezione andò avanti.

Krieg decise di saltare la canzone “A little priest”, con gran disappunto di Arlong, poiché temeva che tutto quel parlare di come cucinare la carne umana avrebbe richiamato il molesto Doflamingo.

Dopo essersi goduto il bel quadretto familiare proposto da “By the sea” fu l’ora della resa dei conti.

Giudicando la parte troppo sanguinosa per i propri occhi da crudele combattente di arti marziali amante dei Teletubbies, la manta cercò in ogni modo di non vedere la cruenta scena della morte del giudice.

E questo nonostante gli altri tre sghignazzassero come matti, visto che tutto quel sangue, oltretutto assai simile ad acqua colorata, che sgorgava dalla ferite come da un geyser risultava e risulta tutt’oggi piuttosto pacchiano.

Il tempo passava e i morti si ammucchiavano, e la cosa si faceva talmente truculenta che Kuro e Hacchan scoppiarono a piangere senza ritegno quando morì la moglie del barbiere e Mrs Lovett volò nel forno.

Ma quando tutto sembrava perduto, il piccolo eroico Toby spuntò dalle fogne e sgozzò Sweeney..

Krieg, che aveva accumulato rabbia e ira fino a quel punto, scattò in avanti come un centometrista ruggendo: “E’ MORTOOOO!!! SCHIATTATO! ALE’! C’E L’ABBIAMO FATTA! CAMPIONI DEL MONDO!!! CAMPIONI DEL MONDO!!!!!!”.

Mentre pronunciava queste frasi girava intorno come uno scemo, quindi caricò davanti a sé a testa bassa e alla cieca e colpì Gin che, completamente sbronzo, stava giocando a dama da solo, frantumando con una tremenda craniata il tavolino dove il tossicomane ammazzava il tempo.

“E’ morto! E’ morto! Il tiranno è morto! Viva la libertà!” continuò a gridare saltellando e oscurando la televisione, provocando la collera degli altri che, appena finito il film, avevano messo su Rai Uno per godersi gli ultimi dieci minuti dell’ennesima replica di qualsiasi film hollywoodiano passasse il convento.

“E spostati ciccione! Non sei mica trasparente!” tuonarono inferociti, sottoponendolo a un fitto lanciò di popcorn.

Ormai impazzito, il pirata militaresco afferrò una sciabola e sparì nel corridoio dicendo: “Finalmente il mio braccio è di nuovo completo!”, ma un sordo tonfo fece capire alla ciurmaglia che la sua folle corsa si era arrestata contro un muro.

“Vado a raccattarlo” sibilò con aria mogia Jango prendendo la scopa.

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Capitolo 9
*** Matriomio fra pirati ( e lieto evento) ***


Spazio autore

Kate-love: Doflamingo avrà un ruolo più importante del solito in questo capitolo, mentre purtroppo l’agente Smith non potrà fare alcun cameo. Pazienza, tanto la fine fa ridere ugualmente.

 

Siamo arrivati, con mio sommo dispiacere, all’ultimo capitolo. Oggi si compirà un evento che influenzerà in modo drastico i destini dell’asilo…ma quale? Leggete e lo scoprirete.

Come in ogni mia storia ringrazio di cuore chi ha letto e recensito e prego tutti i lettori di recensire quest’ultimo capitolo per dirmi cosa ne pensano e qual è stata la scena più divertente secondo loro.

Avviso ai lettori della sezione di O.P: non mi vedrete per  un po’ perché la mia prossima storia riguarderà Naruto, ma non temete, tornerò.

 

 

Matrimonio fra pirati ( e lieto evento)

 

 

Non c’è niente di meglio di una bella buca piena di sabbia dove potersi scatenare e giocare in pace, o almeno così pensavano gli uomini pesce e gli sguatteri in un pomeriggio che si sarebbe rivelato l’inizio della fine.

Arlong e Kuroobi si scaricavano addosso, usando vecchi secchielli di plastica, tonnellate di rena, e ridevano come matti, quei bravi giovini, mentre poco distante Chu, Hacchan e Gin avevano sotterrato sotto metri di terra il povero Jango che, da sotto la coltre di sabbia, mandava vani segnali d’aiuto poiché si stava mummificando.

A un certo punto si udì un esplosione e si vide una nuvola di fumo violaceo; in mezzo a questo si intravidero due figure che poi si scoprirono essere…

“Mamma? Papà?” dissero tutti in coro, compreso un redivivo ipnotista che balzò fuori dalla sabbia.

“Ohohohoho!!!!” rise Don Krieg, tutto addobbato come per andare a un banchetto, tenendosi la pancia e abbracciando Kuro, anch’egli molto elegante.

“Come va ciurmaglia? Vi do una splendida notizia: fra tre giorni, dopo tanti anni di convivenza, noi due ci sposeremo!” e suggellò queste ultime parole dando un bacio sulla guancia al pirata occhialuto.

“Ma mamma… tu non sei un maschio come il papà?” domandò Hacchan tutto turbato.

Kuro cadde in depressione: poi, estraendo i guanti artigliati, stava per farsi giustizia da sé quando l’ammiraglio pirata lo bloccò e andò in un angolino a scambiare due paroline con il polpo.

“Vedi caro, in realtà la mamma pensa di essere quel che non è, ma per me non ha importanza, anche se ho dovuto faticare non poco per ottenere l’autorizzazione a questo matrimonio. Come se fossimo gli unici pirati omosessuali del mondo! Ma ricordati sempre che la cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare!” disse stringendo i tentacoli del pargolo e guardandolo con occhi sbrilluccicosi.

“Capitano non ci costerà troppo? Non abbiamo neanche i soldi per la spesa, mi chiedo come faremo a organizzare un matrimonio…” fece notare Jango.

“Zitto idiota! A questo ci penserò io!” gridò Krieg puntandogli contro una pistola.

“Ma capitano, io volevo solo essere la vocina della coscienza nella sua testolina…”.

“Ma allora vuoi proprio morire prematuramente!” sbraitò il pirata afferrando lo sguattero per la gola e sbattendogli il capo per terra, quindi i due direttori dell’asilo tornarono in casa e tutti gli altri si diedero a un’attività divertente come fare le sabbiature con la rena bollente alla manta.

I preparativi per le nozze fervettero per giorni, e tutti si diedero da fare.

Gin scoprì di essere naturalmente portato per l’attività sartoriale e cucì in men che non si dica un bellissimo vestito da sposa con il velo e lo strascico: appena fu pronto Kuro si chiuse in camera e non volle più frasi vedere da nessuno, perché si sa che porta male vedere la sposa prima del matrimonio.

Il grande giorno tutti gli ospiti si ritrovarono al porto, dove era stato eretto un altare improvvisato ed erano state sistemate le panche.

Erano stati invitati numerosissimi personaggi, sia pirati che ufficiali di Marina, perché un matrimonio dev’essere un occasione di festa, non di conflitti.

Fra i primi ad arrivare vi fu il mitico Barbabianca, che si sedette su una struttura costruita appositamente per lui, e, per ingannare il tempo si fece intrattenere da Ace travestito da orso Yoghi .

Poco davanti era assiso il grandammiraglio Sengoku che ostentava un sorriso a trentadue denti come per dire “ Speriamo che almeno questa pagliacciata finisca alla svelta!”: tutt’intorno Aokiji, molto prevedibilmente, dormiva ritto, Akainu celava il suo viso sotto il solito cappuccio, Kizaru ascoltava Bob Marley, Smoker inquinava l’ambiente con quintali di sigari  e Garp cantava canzoni da cowboy ubriaco.

Vista la gran quantità di armi e ombrelli che gli ospiti si erano portati dietro gli onnipresenti Barbanera e Franky facevano affari d’oro, un sempre più misero Shanks il rosso vendeva il cocco urlando come un forsennato e la piccola Nico Robin quel giorno riuscì a smerciare una quantità inverosimile di biscotti dei boyscout.

Anche Spandam e Lucci con il loro carretto dei gelati cercarono di offrire a qualcuno i loro prodotti, ma prima che ci riuscissero furono assaliti, rapinati, trucidati e sbranati dai truzzi di Bellamy.

Ancora più innanzi Grifis e Occhi di falco lucidavano le spade e si scambiavano bacini, mentre dalla parte opposta i loro eterni rivali Gatsu ( quest’ultimo ancora sporco di liquami di fogna) e Zoro giuravano vendetta mentre i fulmini si addensavano sulle loro teste.

Ai lati dell’altare i testimoni Orso Bartholomew e Doflamingo aspettavano l’inizio della cerimonia, mentre un sempre più agitato Don Abbondio si ripassava mentalmente cosa dire.

I quattro uomini pesce erano vestiti più che dignitosamente; Krieg del canto suo, avvolto da un logoro e puzzolente frac, non dormiva da tre giorni.

Kuro arrivò accompagnato da Jango; quindi i due prossimi coniugi si avviarono all’altare, con Kuroobi e Chu che reggevano lo strascico.

Crocodile, che costituiva l’accompagnamento musicale, iniziò a intonare “Il coccodrillo come fa”.

Nessuno si accorse che il vestito della sposa si stava strappando all’altezza dei fianchi.

Ma alle nozze era presente anche un altro personaggio, seppur non invitato: lo spettro di Gold Roger.

“Questa festa non è abbastanza movimentata! Ma so io come rimediare…” e così parlando iniziò a svolazzare, provocando vari incidenti: strappò i baffi a Barbabianca, rubò gli occhiali a Franky, bagnò il cappello a Sengoku, gettò polvere da sparo sui sigari di Smoker, fece inciampare i valletti.

“Arlong!!!!!” gridarono tutti fissando male il povero pesce sega, ingiustamente scambiato per l’autore dei delitti, e riempiendolo di ceffoni.

I due sposi ripresero il cammino.

“Auguri! Auguri e figli maschi!” gridò improvvisamente Shanks sbracciandosi.

“Idiota! Noi vogliamo una femminuccia!” replicò Krieg, dandogli in testa la lancia.

“Brutto buzzurro! Non lo sai che porta sfortuna fare gli auguri?” aggiunse Kuro mettendo definitivamente KO l’imperatore con i guanti artigliati.

Accadde dunque che i due si presentassero felici e festanti davanti al curato.

Questi, innervosito da tutti quei visacci da pirati e da tutti quei delinquenti  ubriachi e armati fino ai denti, ebbe il colpo finale quando gli parve che tutti gli puntassero contro le pistole e, emettendo un sospiro che si udì fino al Lago di Como, svenne pesantemente e rotolò per terra come un sacco di patate.

Perso Don Abbondio, dovette essere sostituito da Orso Bartholomew, che fra i presenti era quanto più si avvicinava a un religioso.

Per sostituirlo fu chiamato come testimone di nozze nientepopodimeno che Arlong.

“Ciao mamma! Ciao papà! Sono finito in televisione!” strillò il pesce sega agitando una mano palmata.

Il pirata della Flotta dei 7 aprì la Bibbia e cominciò il rito sacro: “Fratelli e sorelle, siamo oggi qui riuniti per celebrare il matrimonio di Krieg e Kuro! Bla bla bla bla bla …..”.

Dopo tre ore di prediche, omelie, benedizioni e brani del Vangelo il pubblico si era comprensibilmente scocciato e incitò Bartholomew a piantarla.

“Krieg, vuoi tu prendere come legittima sposa Kuro, nella buona e nella cattiva sorte eccetera eccetera?”.

“Sì, lo voglio”.

“Kuro, vuoi tu prendere come legittimo sposo Krieg?”.

Si udì un rullo di tamburi.

“Sì…lo voglio!”.

“Con il potere conferitomi io vi dichiaro marito e marito, pardon, marito e moglie! Puoi baciare la sposa” proclamò solennemente Bartholomew allargando le braccia.

Dopo che Hacchan ebbe portato le fedi e se le furono scambiate il pirata militaresco prese in braccio la consorte, a cui stavano cadendo il velo e la parrucca, e la baciò appassionatamente in bocca.

“Viva!!! Viva gli sposi !!!!” gridarono tutti gli invitati agitando pugni e sciabole e sparando in aria.

Il fantasma di Roger piangeva disperato appoggiandosi alla spalla di Sengoku che, commosso, si soffiava il naso con fazzoletti forniti da Kizaru, a cui si erano appannati gli occhiali, che veniva rifornito da Aokiji, che veniva rifornito fa Akainu, che veniva rifornito da Smoker che aveva la solita faccia da funerale oscurata da nubi di fumo.

Come prevedeva la tradizione Kuro lanciò in aria il boquet e tutti, uomini e donne, si gettarono in una lotta senza esclusione di colpi per accaparrarselo: alla fine Doflamingo e Barbanera si arrampicavano su una montagna di corpi inerti e avevano già le mani tese per riceverlo quando furono colpiti in testa dai cazzotti di Gekko Moria che, raggiante di felicità, afferrò il mazzo e partì alla ricerca dell’anima gemella.

Krieg, continuando a portare in braccio la moglie, salì su una barca e i due partirono per la luna di miele nella Rotta Maggiore, trascinandosi dietro numerosi barattoli legati alla poppa.

Mentre erano assenti gli uomini pesce e gli sguatteri si diedero alla pazza gioia ubriacandosi e facendo le ore piccole per vedere i cartoni su Sky: ma in un certo pomeriggio in cui tutti stavano giocando a imbrattare il pavimento cercando di imitare gli affreschi di Michelangelo ricevettero una lettera dai due in cui annunciavano il proprio ritorno anticipato perché, udite udite, Kuro era INCINTA/O.

Come fosse possibile visto che fisicamente il capitando dei pirati Kuroneko era ancora un maschio nessuno lo seppe mai, ma fatto sta che era così.

Se avrete un po’ di pazienza vi racconterò anche di come si concluse la gravidanza, e di cosa fu messo al mondo dai due filibustieri a riposo.

Quando tornarono dalle vacanze i due direttori dell’asilo avevano una faccia stravolta: Kuro piangeva a dirotto, il marito era già preoccupato per tutto quello che una nuova nascita avrebbe comportato.

Soprattutto era preoccupato per la loro situazione finanziaria non proprio rosea: di sicuro il neonato avrebbe avuto bisogno di pappe, biberon, pannolini, giocattoli, e poi di vestiti, culle, copertine, cassettine di catoni animati, librini di fiabe…

A dire la verità molti articoli erano già disponibili all’asilo (Sennò che asilo sarebbe stato nda?), ma erano ridotti in uno stato tale da essere fetenti e completamenti inutilizzabili: e per via di tutti questi pensieri Krieg avvertiva un martellante mal di testa e si sentiva svenire…

“Non dovevo, non dovevo…” frignava Kuro mordendosi le mani con aria esageratamente melodrammatica, mentre i due servi gli toglievano il cappotto e gli portavano una cioccolata calda.

“Eravamo da soli nel letto della nostra stanza d’albergo, e poi la passione, la passione…”.

Arlong ai avvicinò e accarezzò la madre adottiva.

“Mamma, ma poi ci abbandonerai? IO ti voglio tanto bene, non voglio lasciarti…”.

“Oh no, non preoccuparti tesoro mio, fra qualche mese la mamma tornerà con un bambino nuovo di zecca che giocherà con voi. Ora torna pure a giocare” rispose l’altro baciandolo, al che lo squalo non se lo fece ripetere due volte e si precipitò nella vasca a dare la caccia alle paperelle.

“Cos’è successo? Perché siete tutti così tristi?” disse saltellando Kuroobi, che, reduce da un ferocissimo match di karate con Goku in persona, era mancato da casa per una settimana e si era perso tutta la storia.

La mamma aspetta un fratellino!” dichiarò tutto raggiante Chu, che si succhiava il pollice e teneva in mano una mucca di pezza.

“Un fratellinoooooo?!?!?!” E perchèèèèèèè?!?!?!?!”.

“Perché l’ape ha impollinato il fiore!”.

“E perchèèèèèèè?!?!?!?!?!”.

“Perché la cicogna ha portato il fagottino!”.

La manta stava per fare un’altra domanda ma il pesce trombetta perse i sensi prima di aprire bocca, vergognandosi di dover rivelare segreti tanto scabrosi ad un altro bambino.

I mesi trascorsero in un crescendo di ansia per Kuro, rincuorato soltanto dalle patetiche esibizioni di Gin e Jango che ballavano il flamenco e dalle periodiche visite di Doflamingo che si era improvvisato esperto in materia.

Una sera, mentre prendeva il tè con il membro della Flotta dei 7, il pirata avvertì un dolore atroce al ventre e se lo toccò.

“Caro, penso che sia giunto il momento”.

“Alle armi! Presto! Tutti all’ospedale!” gridò Krieg  trangugiando il caffé in un battibaleno e iniziando a fare le valigie, mentre gli sguatteri sciamavano urlando per i corridoi e gli uomini pesce si precipitavano in giardino gettandosi ordinatamente e in fila dalla finestra.

Per far prima usarono la macchina di Doflamingo, che più volte rischiò di finire in panne ma che alla fine giunse a destinazione.

L’intervento fu di una lunghezza allucinante e Krieg passò ore a girare in tondo come una belva in gabbia, mentre i pargoli ingannavano il tempo saltando la corda con Doflamingo.

Improvvisamente in sala operatoria cessarono le urla atroci e ne uscì una renna in camice bianco.

“Allora dottor Chopper?”.

“E’ stata una faticaccia” riprese quello asciugandosi il sudore. “Non avevo mai fatto partorire un uomo, ma ce l’abbiamo fatta! Complimenti signor Krieg! Sono tre gemelli!”.

L’ammiraglio pirata svenne e si dovette usare il defibrillatore per resuscitarlo.

Dalla sala uscirono due infermiere che tenevano in braccio i bebé, che frignavano come dannati: uno era un maschio con i capelli neri e la faccia da ebete, un altro aveva un ciuffo biondo da emo e la femmina del trio aveva i capelli rossi e un sorriso da furbetta.

Gli uomini pesce si scagliarono subito su di loro per riempirgli di feste: Arlong provò subito un’istintiva simpatia per la femminuccia, mentre il maschietto moro lo accolse tirandogli il naso fin quasi a staccarglielo.

Dopo un’ora Kuro fu dimesso e la combriccola si avviò verso casa.

“Allora come ha deciso di chiamare i suoi figli ?” chiese Doflamingo mentre era alla guida.

“Uhm… Opterei per Rufy, Sanji e Nami!” rispose Krieg.

“E perché papà ?”domandò Chu strattonandolo delicatamente.

“Una volta ho visto un cartone dove i protagonisti si chiamavano così”.

“Ehi ma… chi mi ha rubato il portafoglio?” dissero tutti in coro all’improvviso accorgendosi di essere stati borseggiati, e non accorgendosi invece di Nami che si accarezzava soddisfatta il pannolino ben ripieno, un luogo certo fantasioso per nascondere la refurtiva.

Ma non tutti erano contenti della nascita dei gemelli.

“Dobbiamo disfarci di questi figli del demonio, o ci spodesteranno!”tuonò un invasato Jango.

“Ma va là!” replicò Arlong sparandogli con la rivoltella e così, salva dagli schiamazzi confusi dell’ipnotista, la macchina proseguì in pace il suo viaggio notturno.

 

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