After All This Time

di lella23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo Inizio ***
Capitolo 2: *** Ritorno ***
Capitolo 3: *** Ferite ***
Capitolo 4: *** Distrazione ***
Capitolo 5: *** Comprensione ***
Capitolo 6: *** Effimero ***



Capitolo 1
*** Nuovo Inizio ***


Nuovo Inizio

Erano passati tanti anni, era passato tanto tempo.

Quanto cose erano cambiate, molte stravolte altre rimaste immutate.

Era il tempo che decideva, stravolgeva e faceva rimanere uguale.

Tutto era cambiato, eppure loro erano le stesse... o forse non lo erano più?


Cap. I Nuovo Inizio


It's funny how, the walk of life,
Can take you down without a fight.
So many years, can lay behind,
Regretfully until it's time,
To realize the moment,
When you turn around.


I'm coming home to breathe again,
To start again,
I'm coming home,
From all the places I have been,
With nothing but a voice within,
That calls me, calls me home.

***

E 'strano come, il cammino della vita,
Può tirarti giù senza combattere.
Così tanti anni, può deporre dietro,
Purtroppo fino a quando è il momento,
Per realizzare il momento,
Quando si gira intorno.

Sto tornando a casa a respirare di nuovo,
Per ricominciare,
Sto tornando a casa,
Da tutti i luoghi che sono stati,
Con niente ma una voce dentro,
Che mi chiama, mi chiama a casa.

{Shannon LaBrie ~ Calls Me Home}


Camminava lentamente per le strade, sorseggiando un caffè fumante dal bicchiere di carta, avrebbe preferito della cioccolata, ma la mancanza di sonno doveva essere ridotta almeno da permetterle di arrivare a casa. Si strinse nel cappotto quando una sferzata di vento gelido di Gennaio le scompigliò le poche ciocche libere dalla crocchia che aveva fatto prima.

La strada dalla metropolitana a casa sua non era molta per fortuna, era quasi buio era l'alba e lei non vedeva l'ora di stare sotto le coperte. Controllò un'ultima volta il cercapersone, ma vide che era muto fece un sospiro di sollievo.

Arrivata al suo appartamento si spogliò degli abiti pesanti e si buttò sul letto sfinita, non aveva molto in quello spazio, c'erano solo tre stanze: la sala con la cucina, il bagno e la camera, non che le interessasse granché visto che comunque non passava molto tempo lì.

Il turno di notte era stato massacrante, un uomo era stato colpito da una pistola alla spalla, per un soffio non aveva colpito la colonna vertebrale e i frammenti del proietti erano però finiti nel collo fino ad arrivare quasi al cranio e aveva dovuto operare subito.

Emma si girò nel letto, sentiva negli appartamenti vicini rumori lievi, mentre lei stava per addormentarsi gli altri si alzavano per affrontare una nuova giornata. Sospirò pensando che almeno per quel giorno era libera e un pò di sonno le avrebbe fatto più che bene. Si era da poco specializzata in neurochirurgia, dopo un durissimo tirocinio, Oxford non faceva certo passare incompetenti pigri.

Ripensò a come in quegli anni si era impegnata, si era ammazzata quasi sui libri, studiare, studiare e studiare. Non aveva nemmeno visitato Londra, solo nelle poche occasioni in cui le altre erano venuta trovarla e la vita sentimentale era un caos tremendo di cui non aveva nè la voglia nè la forza per sistemare... non che adesso fosse cambiato qualcosa.

Nemmeno si rese conto di essersi addormentata, intontita si svegliò ore dopo, vide che erano le tre del pomeriggio e il telefono squillava insistentemente. Con un grugnito cercò il cellulare sul comodino e lo tirò a sè.

-Hello?- borbottò.

-Ehm... Emma?-rispose una voce femminile.

Emma spalancò gli occhi e si svegliò di colpo.

-Ali! Ciao!- esclamò felice.

-Ciao... era da un mese che non ti sentivamo!- era Bea quella.

La rossa rise, avevano messo il viva voce.

-Ciao Bea-

-E io chi sono?! L'ultima ruota del carro?- sbuffò Ele.

-Ciao anche a te Ele!- sorrise.

-Ci hai fatto preoccupare! Potevi anche mandarci qualche segnale che eri ancora viva!- si lamentò Bea.

-Scusate, ma dopo la specializzazione è tutto frenetico... è tanto se mi ricordo di mangiare-

-Povera la nostra neodottoressina specializzata- ridacchiò Ele.

-Si continua Ele e dopo se avrai bisogno di me, me ne ricorderò!-

-Ok, ok... basta ragazze, ho voluto riunirvi per darvi un annuncio importante... Emma potresti collegarti con il pc? Così potremmo vederti!- esordì Alice.

-Aspettate, accendo e sono subito da voi!-

Dopo pochi minuti le vide tutte e tre allo schermo, erano cambiate in quei 9 anni eppure le avrebbe riconosciute tra mille.

-Cavolo non scherzavi! Sembri davvero uno zombie Emma!- disse sorpresa Bea.

-Io non dico bugie! E poi ho avuto il turno di notte... comunque cosa devi dirci Ali?-

-Ecco...- Alice sorrise e le guardò quasi timida – Eric mi ha chiesto di sposarlo!- disse tutto d'un fiato.

Le altre urlarono di contentezza e Emma rise, era davvero felice per Alice, era da tanto che aspettava quel momento e finalmente Eric aveva deciso di farsi avanti. Era davvero una rarità che una coppia dei tempi del liceo arrivasse a sposarsi, ma lei non ne era sorpresa, Eric e Alice erano fatti per stare assieme, erano anime gemelle. Continuarono a ridere e a fare progetti per il matrimonio che era già stato fissato per luglio. Dopo due ore Emma dovette andare, aveva ancora sonno da recuperare.

Si sedette le coperte e come sempre dopo aver parlato con le altre le vennero in mente i momenti passati, le giornate che aveva trascorso all'ultimo anno di liceo e con quelle l'inevitabile ricordo di un paio di occhi azzurro ghiaccio che le avevano spezzato il cuore.

Strinse gli occhi e si girò dall'altra parte, nove anni... nove anni in cui era stata con altri ragazzi, nove anni in cui era cresciuta, nove anni un cui era diventata davvero una donna e ancora pensare a lui le causava lo stesso identico colpo al cuore, lo stesso dolore che aveva quando era partita.

Restò a guardare il muro, qualcosa che aveva cercato di nascondere in quella conversazione con le altre era emerso e non la lasciava in pace, qualcosa come... nostalgia. Quanto le sarebbe piaciuto stare con le altre e parlare del matrimonio di Alice, organizzare e... scosse al testa chiuse gli occhi, non poteva permettersi questo genere di pensieri, eppure... sospirò e lasciò che quelle sensazioni la sommergessero, era stanca di lottare, forse arrendersi era l'unica soluzione.


Correva senza fiato per le strade, doveva assolutamente arrivare in tempo, lo sapeva che non avrebbe dovuto restare con Alice a parlare del matrimonio, lo sapeva eppure l'aveva fatto lo stesso. Sbuffò dandosi della stupida, bastava ancora un po' e sarebbe arrivata.

Era diventato tutto così frenetico, dopo la laurea si era fatta in quattro per la specializzazione e averla ottenuta era stato un sogno, aveva sempre desiderato diventare pediatra ed ora che ci era riuscita non poteva che esserne fiera! Lavorava all'ospedale della città da ormai tre mesi. Peccato che però la vita sentimentale non andasse come quella lavorativa, con Mirko era ormai tutto finito, erano stati anni difficili quelli dell'università, sembrava che tutto potesse andare per il meglio, ma... il lavoro che aveva intrapreso l'aveva allontanato così tanto ed era cambiato così tanto che stare insieme era diventato un inferno. Le liti erano diventate quotidiane, i silenzi rancorosi insostenibili e l'assenza di lui non aveva fatto altro che accelerare la rottura.

Finalmente dopo la curva raggiunse l'arrivo, piegata sulle ginocchia e con il fiatone per la corsa provò a fare un altro passo, quando la vide seduta nel cortile tranquilla. Sorrise nel vederla e dopo aver preso un po' di fiato le andò vicino e si accorse della sua presenza.

-Mamma!- urlò la sua piccola.

Le corse incontrò e l'abbracciò, Bea allora la prese in braccio e le diede un bacio sulla fronte. Eccolo, il suo piccolo miracolo... la sua Isabel, aveva solo due anni e l'adorava. Salutò la maestra mentre tranquillamente, a differenza dell'andata, andarono verso casa. La piccola raccontò dettagliatamente cosa aveva fatto al nido e di come aveva litigato con un'altra bambina per il possesso di una certa bambola.

Bea ascoltava sorridendo, era bello sentirla così felice con gli occhioni blu che si illuminavano. A volte la guardava e pensava se era stata davvero lei ad aver tenuto per 9 mesi quell'angelo nel suo grembo. Sospirò pensando che l'altro che aveva contribuito a quel miracolo non era così entusiasta... Mirko era davvero preso dal suo nuovo incarico di amministratore delegato per passare un po' di tempo con Isabel e quello era il principale motivo di discussione tra i due, certo il fatto che non parlavano d'altro contribuiva.

Ricordava la sorpresa di essersi trovata positiva al test, aveva avuto un ritardo abissale, ma vedere nero su bianco che era veramente incinta l'aveva atterrita, sopratutto in quel periodo, si stava lasciando con Mirko e trovarsi incinta di lui non era certo stata una mossa intelligente. Ricordava anche il pallore di lui quando gli aveva comunicato la buona novella, stava per svenire, doveva dargli atto però che non aveva detto quello che si era aspettata, aveva voluto contribuire nella crescita della piccola anche se loro non stavano più assieme, ma oltre a mandare soldi in quel periodo non faceva altro e lei sapeva quanto era importante per sua figlia una figura maschile.

Così Bea si era trovata a dover crescere una bambina a 26 anni e ora che ne aveva quasi 28 non ne rimpiangeva nemmeno un minuto, anche se era difficile e aveva davvero sudato per avere il lavoro che faceva non aveva rimpianti.

Anche se la sua vita sentimentale era pressoché nulla, dopo Mirko, la gravidanza e la specializzazione non aveva nemmeno avuto il tempo per pensare agli uomini.

Arrivò all'appartamento che condivideva con Ele e Alice, anche se quest'ultima negli ultimi mesi stava passando più tempo da Eric che lì con loro.

Bea mise giù la bambina che schizzò subito in camera a mettere via lo zainetto. Era un appartamento abbastanza grande, l'avevano trovato le ragazze quasi subito dopo aver iniziato l'università, era stato davvero un colpo di fortuna: tre camere, un bagno, cucina e sala. Essendo in tre a pagare l'affitto il prezzo si abbassava permettendo a tutte di poter vivere tranquille.

Si sdraiò sul divano mentre Isabel aveva preso dei fogli da colorare, Bea sorrise le ricordava sua cugina quando era piccola che colorava in modi assurdi tutti i soggetti... com'era cambiata! Come anche gli altri, tutti erano diventati così grandi. Lo sguardo le si fece malinconico, cambiava davvero tutto e non potevi davvero far niente per fermare il tempo, ma c'era stato un momento in cui aveva sperato di poterlo fare, troppo giovane e sciocca per vedere la verità.

Sospirando di passò una mano sulla faccia, era davvero stanca e Ele non era ancora tornata, si domandava dove diavolo fosse finita.


-No! Vi prego no! Ilaria! I ciclamini non vanno lì! I miei poveri fiori!- urlava una ragazza mentre rincorreva quella che doveva essere la sua aiutante per quel giorno ma che si stava rivelando solo un'ulteriore lavoro.

-Benni devi stare più calma! Potrebbero venirti le rughe sai?- rise l'altra.

Ele rise con lei, uscendo dal magazzino portando della terra per le piante.

Era una giornata plumbea di gennaio e stavano aiutando Benedetta con il negozio di fiori che i suoi genitori gestivano da anni. Benni era una ragazza allegra e solare, era piuttosto bassa, capelli biondi che scendevano liberi ma che spesso legava per lavorare con le piante e occhi marroni.

Ilaria invece era l'opposto, alta, capelli lunghi e mori con occhi blu che potevano incenerirti o regalarti uno sguardo amichevole, il più delle volte non riusciva a stare zitta e finiva sempre per fare figure o offendere senza volerlo.

Ele le aveva conosciute in facoltà, quella di lettere, si erano trovate vicine e subito era scattato qualcosa che le aveva unite, parlando si erano sentite in sintonia e ora dopo 9 anni erano ancora amiche.

Lei però era l'unica ad aver finito quell'università, infatti Ilaria aveva cambiato presto per la sua passione per la paleontologia e da poco aveva trovato lavoro presso il museo della città, invece Benni aveva lasciato gli studi per il negozio che andava a gonfie vele.

Ele si sedette un attimo per prendere fiato, dopo alcuni mesi di supplenza in scuole di paesi lontani dalla città era finalmente riuscita ad ottenere un posto per insegnare al liceo dove 9 anni prima era uscita, avrebbe iniziato a settembre e non vedeva l'ora, sarebbe stato davvero strano... sperava solo di fare del suo meglio.

Guardò l'orologio e vide che era molto tardi, quella sera si era messa d'accordo con Bea e Ali per cenare e parlare del matrimonio.

Salutò le ragazze e andò verso l'appartamento, quel giorno era malinconica, pensava al passato e a quanto sarebbe stato bello avere lì anche Emma a festeggiare con loro, come lo sarebbe stato alla nascita dello scricciolo, come loro chiamavano Isabel. Sospirò, sarebbe stato bello ma Emma era lontana, in un altro stato a lavorare anche troppo, l'aveva visto quando si era collegata con loro, sembrava l'ombra della ragazza vivace e sorridente di 9 anni fa.

Eppure doveva sapere come le cose possono cambiare, di come possono essere crudeli a volte. Il pensiero corse subito verso Luca, da quanto non lo sentiva? Due anni se non di più, da quando era partito per gli Stati Uniti, da quando le aveva detto di andare con lui...

A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se avesse detto di si, se fosse partita con lui fregandosene di tutto quello che aveva lì, ma non ci sarebbe mai riuscita. L'aveva amato e tanto e le mancava da morire, ma come poteva lasciare la sua famiglia? La sua vita?

Però c'erano alcune notti in cui si stringeva sotto le coperte infreddolita e senza pensare allungava la mano per cercarlo e trovava solo uno spazio vuoto e freddo che le ricordava continuamente ciò che aveva perso.


Era sul divano e stava già sfogliando la rivista per spose che aveva comprato venendo lì. Era così felice! Quasi ridacchiò da dietro quel giornale, tutto stava andando per il meglio, finalmente Eric si era deciso a farle la fatidica proposta. Quanto era stato bello... l'aveva invitata fuori, in uno dei più costosi ristoranti della città dicendo di voler festeggiare la specializzazione a cardiochirurgo, a fine serata si era trovata una torta, la sua preferita, con sopra l'anello. Sospirò al ricordo, sapeva che prima o poi avrebbe ceduto.

Solo il pensiero di Emma lontana le fece smorzare il sorriso estatico che le si era affacciato sulle labbra, era così lontana... sarebbe mai tornata? Sapeva che ormai aveva un lavoro assicurato lì, ma come poteva trovarsi davvero bene a Londra? Sapeva che oltre ai dottori dell'ospedale non frequentava praticamente nessuno, pure con gli uomini niente se non qualche storia durata poche settimane.

A volte si chiedeva se potesse andare avanti e dimenticare Francesco, dimenticarlo e finalmente innamorarsi ancora di qualcuno che non la lasciasse mai.

Appoggiò la guancia sulla mano guardando fuori dalla finestra, sapeva però che non tutti potevano essere felici come lo era lei, ma quanto avrebbe voluto che le sue amiche finalmente potessero avere il loro lieto fine che sembrava così vicino, ma che invece non era che una piccola parentesi delle loro vite.

In quel momento delle mani le oscurarono gli occhi, un respiro le solleticò l'orecchio e l'odore penetrante e forte che ormai conosceva così bene le entrò dentro.

-Chi sono?- le sussurrò all'orecchio.

Alice rise, quanto era stupido, erano passati anni ed erano cresciuti, ma lui doveva fare ancora quegli scherzi infantili.

-Chissà! Forse il mio futuro marito?- disse pensosa.

Rise anche lui e le liberò la vista, Alice si girò subito e sorridendo allacciò le braccia intorno al suo collo e lo baciò. Erano passati nove anni eppure quell'emozione, quel sentimento, non cambiava mai.

-Vorrei stare con te stasera...- le sussurrò quando si divisero.

-Mi dispiace, ma devo proprio cenare con le altre! Dobbiamo iniziare a organizzare!-

-Mancano ancora sette mesi!-

-Voglio che sia tutto perfetto!-

Lo baciò ancora, quella sera aveva già previsto che probabilmente avrebbero parlato di tutto tranne che del matrimonio, avrebbero parlato del vestito sicuramente, ma per le altre cose era ancora presto.

Lo salutò e andò via prendendo la giacca e la borsa, era davvero freddo e iniziava ad imbrunire. Salì in macchina e andò verso il suo appartamento, erano passati così in fretta quegli anni, lei e Eric erano rimasti uniti nonostante tutte le difficoltà che avevano incontrato ed erano riusciti a trovare quella stabilità che la rendeva così felice.

Anche il lavoro andava bene, ormai da un anno era stata presa dall'asilo della città, trattare con i bambini era sempre stato il suo sogno ed ora che era realizzato era orgogliosa di sé e tra un anno anche Isabel si sarebbe aggiunta, adorava quella bambina così dolce e testarda. Somigliava molto a Bea, sia per aspetto che per carattere, se solo Mirko se ne fosse preso più cura... sospirò e parcheggiò.

Mentre saliva le scale pensò ancora a Emma, la voleva con lei in quel giorno, la voleva con le altre a farle da testimone, non poteva rifugiarsi in un'altra nazione per sempre... prima o poi avrebbe dovuto affrontare i suoi demoni e prima era meglio sarebbe stato per tutti, perchè mancava anche alle altre seppur non ne parlavano quasi mai e con questo pensiero entrò sicura in casa.


Era quasi finito il suo turno, stava compilando l'ultima cartella dell'uomo colpito dalla pallottola e avrebbe dato un'ultima occhiata al paziente prima di andare. Si fermò un attimo per sollevare lo sguardo, dalla finestra vide che l'acqua stava iniziando a scendere, che strano... pensò sarcastica.

-Ehi Castello!-

Emma si girò verso la voce, ormai aveva fatto il callo alla stana pronuncia che facevano del suo cognome, nei primi tempi la trovava irritante, ma ti abitui a tutto.

-Che vuoi Smith?- disse quasi seccata, non le era mai andato a genio quel tipo, da quando era venuta lì per la specializzazione non aveva fatto altro che provarci con lei, davvero irritante.

-Il capo chiede di te- rispose tranquillo lanciandole un sorriso.

Lei girò gli occhi al cielo, prese la cartella e andò subito verso l'ufficio del capo chirurgo, era un'uomo dall'aspetto giovanile sulla cinquantina, brizzolato e con un pizzetto quasi completamente bianco. Emma fin da subito aveva provato un enorme rispetto per lui, infondeva fiducia e serenità e sapeva incantarti con i suoi racconti.

Si chiese perchè mai l'avesse fatta chiamare, le vennero in mente i motivi più disparati, ma nessuno poteva corrispondere al vero. Arrivata davanti alla porta bussò e subito sentì la forte voce dell'uomo dire di entrare.

-Ah eccoti Castello... vieni pure, entra!-

Emma entrò nell'ufficio e titubante si sedette su una delle due poltroncine che stavano davanti alla scrivania.

-Ti sarai chiesta perchè ti ho convocata!-

-Si... che voleva dirmi?- cercò di andare subito al sodo lei, voleva far finire subito quella conversazione, non le piaceva temporeggiare e sopratutto voleva vedere come stava il suo paziente.

-Dritta al punto, bene! Volevo proporti un trasferimento...-

Emma sobbalzò leggermente, cosa aveva detto?

-Un trasferimento?-

-Si! Hanno chiesto di te, nella tua città natale, vorrebbero averti tra i loro chirurghi e tu sei una delle migliori che abbiamo, ma so che ti manca casa e non posso certo trattenerti qui!-

Emma rimase imbambolata per alcuni attimi, tornare a casa? Tornare in quella città dove nove anni prima era praticamente scappata per lasciarsi dietro tutto quello che era successo, dove stavano tutti i suoi ricordi brutto o belli che siano, dove... dove aveva perso tutto e avuto tutto.

Con poche parole si congedò dall'uomo dicendo che ci avrebbe pensato e con la promessa che l'avrebbe chiamato subito per informarlo della sua scelta uscì da quell'ufficio. Finì di compilare la cartella, controllò il paziente ed andò agli spogliatoi per cambiarsi, fece tutto questo con un pensiero in mente, con un'immagine che le girava in testa... casa.

Nel suo appartamento vide quanto malinconico e squallido fosse, vide quanta solitudine l'aveva circondata, vide quanto quella vita la stava trasformando in una zitella acida e senza speranza, vide quanto le mancava casa, le sue amiche e... anche lui.

Era seduta sulla poltrona con il cellulare in mano, lo guardava e pensava, sarebbe valsa la pena? E se tutto sarebbe finito per peggiorare? Eppure... poteva già sentire le altre che l'accoglievano all'aeroporto, il sole sulla pelle... tutte cose che le vorticavano in mente ed era come se la chiamassero. Sicura compose il numero del suo superiore.

Forse era venuto il momento di tornare a casa.














Ed eccoci con un nuova storia! Il seguito di My Only Desire eccolo qui, spero davvero che tutti quelli che seguivano leggano anche il seguito! Voglio ringraziare tutti quelli che mi hano messo tra gli autori preferiti, davvero grazie mi ha reso molto felice! Fatemi sapere cosa ne penate!

Al prossimo capitolo!!

Baci^^

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Capitolo 2
*** Ritorno ***


Ritorno

I'm back, back in town
and everything has changed
I feel, feel let down
The faces stay the same
[…]
I see, see shadows
Of who you'll always be
I drive, drive these roads
Made of memories
***
Sono tornato, tornato in città,
E tutto è cambiato
Mi sento, mi sento lasciato in dietro,
Le facce sono rimaste le stesse
[…]
Vedo, vedo ombre
Di chi saremo sempre
Quando guido, guido per queste strade
Fatte di ricordi

{Yellowcard ~ Shadows And Regrets}



Era una giornata plumbea, una giornata che ti invogliava a girarti dall'altra parte nel letto e continuare a dormire ed era quello che Bea avrebbe fatto se solo non avesse dovuto portare la sua amata figlioletta al nido e andare al lavoro. Con un sospiro si alzò sbadigliando e svegliò la bambina per poi andare in cucina per preparare qualcosa per colazione e sentì il leggero scalpitio dei piedini di Isabel che arrivava, sorrise a quel rumore.

-Ho sonno mamma!- mormorò la bambina stringendo a sé il suo pupazzo preferito, un panda che aveva chiamato Yuki dopo che le aveva chiesto di leggere un suo vecchio manga che aveva trovato in uno scatolone.

-Lo so tesoro, ma ti devo portare al nido... non vuoi giocare con i tuoi amichetti?-

-Si però... ho sonno!- protestò più imbronciata cullando Yuki.

Bea sorrise e le si avvicinò, abbassandosi alla sua altezza per guardarla meglio negli occhi.

-Presto il sonno ti passerà, parola di mamma!- disse alzando il mignolo, era il loro modo per fare le promesse irrevocabili.

Allora la piccola le fece un sorrisino, alzò il suo ditino e lo intrecciò con quello della mamma.

-Adesso però mangiamo qualcosa! Poi a vestirsi!- disse allegra Bea.

In quel momento entrò Ele con una faccia da zombie, sembrava non avesse dormito per niente. Lo notò anche Isabel visto che stava facendo strane facce per non ridere, sapeva quanto potesse essere suscettibile la ragazza appena sveglia.

-Nottataccia eh?- esordì Bea mentre beveva dalla sua tazza.

-Non farmici pensare...- borbottò Ele versandosi anche lei del caffè.

Bea si trattenne dal ridere, l'amica molto probabilmente era stata trascinata in vari locali da Ilaria, quella ragazza era davvero molto convincente quando voleva.

Dopo aver finito di mangiare la bambina andò in camera e con l'aiuto della madre si vestì, le stava allacciando la giacca quando vide l'orologio, erano in assoluto ritardo.

-Dobbiamo andare adesso... ciao Ele, cerca di riprenderti!- disse divertita prima di prendere per mano Isabel e uscire di casa.

Quella mattina dovevano correre non voleva usare la macchina, presero il bus appena in tempo, la bambina i divertiva molto a prendere i mezzi pubblici, guardava la gente e magari ridacchiava di quelli che riteneva divertenti. Arrivati al nido lasciò Isabel mentre correva dai suoi amichetti.

Con un'altra corsa andò a prendere l'altro bus che portava all'ospedale, durante il viaggio aveva preso a piovere e com'era ovvio non aveva preso nessun ombrello con sé. Scese dal mezzo e corse all'entrata dell'ospedale e mentre si malediva per l'ennesima volta qualcuno arrivò da lei in gran corsa.

-Bea! Sbrigati!- le disse una donna dai lunghi capelli castani mossi e gli occhi marroni.

-Gaia se non te ne sei accorta sono abbastanza fradicia e...- stava sibilando ma l'altra la interruppe.

-Subito!- disse troncando ogni discussione e la prese per mano trascinandola fino agli spogliatoi.

Bea sollevò gli occhi la cielo ma la seguì, era meglio non discutere con lei. Sorrise pensando a quando si erano incontrate nella facoltà di medicina e psicologia.

Si erano scontrare nella biblioteca e da lì avevano iniziato a parlare, inutile dire che avevano legato quasi subito e trovarsi nello stesso ospedale era stata davvero una fortuna. Certo frequentavano diversi reparti, Gaia era una psicologa, ma quando potevano si incontravano nella saletta a bere uno dei caffè orridi della macchinetta.

Si chiese in quel momento che poteva avere di così importante da trascinarla negli spogliatoi.

-Spero sia davv...- non finì la frase.

Quello che vide le fece spalancare gli occhi, dottoresse, alcune infermiere e delle specializzande erano assiepate negli spogliatoi.

Che diavolo succede?” pensò allibita.

-Oddio ti rendi conto?-

-Che fortuna! Meno male che non sono andata a casa subito...-

-Ma quando arriveranno gli idraulici?-

-Io spero mai!-

Colse alcune frasi sparse, ma non riusciva proprio a capire la situazione, vedeva solo Gaia con un sorriso che non aveva niente di rassicurante.

-Si può sapere che succede?- sibilò all'amica.

-Cara mia, oggi è il giorno che aspettavo da quando siamo arrivate qui!- disse soltanto con occhi sognanti.

-Tu hai dei problemi...-

In quel momento uscirono dalle docce dei ragazzi, riconobbe alcuni specializzandi e, spalancò gli occhi a vederlo, Riccardo.

Riccardo era uno dei ginecologi dell'ospedale e anche uno dei dottori più ambiti, era davvero bello e faceva voltare tutte le donne e anche alcuni uomini dell'ospedale, si diceva anche che era ancora single, inutile dire che molte ragazze ci provavano, ma nessuna alla fine era riuscita ad ottenere più di un caffè da lui.

Bea aveva una piccola cotta per lui, in parte influenzata anche dal fatto che l'aveva aiutata molto il suo primo giorno di lavoro lì, certo non ci aveva mai provato spudoratamente come alcune sue colleghe avevano fatto, si parlavano ogni tanto quando si vedevano nella saletta, ma nulla di che. Molte volte si chiedeva se fosse impegnato con qualcuna visto il suo rifiuto per le altre che praticamente gli si buttavano ai piedi...

Ora però quello era l'ultimo dei suoi problemi, infatti si trovava davanti Riccardo nudo a parte un asciugamano legato in vita mentre lo spettacolo dei suoi pettorali era assistito dalle più perverse donne dell'ospedale inclusa lei. Sentiva il sospiro trattenuto delle altre e capì l'urgenza dell'amica a portarla lì, infatti era a conoscenza dell'interesse che lei nutriva nei confronti del ginecologo anche se Bea aveva dichiarato di non voler farsi avanti per molti motivi che però Gaia riteneva delle scuse patetiche, allora faceva di tutto per “aiutare” l'amica.

A volte Bea odiava questo lato del suo carattere, anche se in quel momento non lo dava a vedere visto il panorama che stava guardando.

-Oh che ci fate qui?- disse uno dei ragazzi un po' imbarazzato.

Le donne a quella domanda si riscossero dalla visione e insieme diedero vita a una serie di scuse che non stavano né in cielo né in terra. In quel momento Bea si accorse di star ancora guardando Riccardo, infatti quello la fissava interrogativo con i suoi occhi azzurri. Arrossì un poco mentre voltava il viso verso Gaia che ghignava sotto i baffi. Uscirono tutte quasi sghignazzando come delle liceali, fuori l'amica le spiegò di come le tubature delle docce degli uomini fossero saltate e di come fino a che non le avessero sistemate avrebbero diviso le docce.

-Era necessario portarmi lì?! Adesso penserà che sono come quelle ingrifate che non fanno altro che saltargli addosso!- mugugnò Bea guardandola male.

-Pff come se non ti fosse piaciuto quello che hai visto...- ribatté sorridendo Gaia.

Lei sollevò gli occhi al cielo senza rispondere, lo sapeva che se avesse detto di no sarebbe stata una bugia madornale. Però non capiva, si certo le piaceva però da quello ad arrivare a qualcosa di più era impensabile soprattutto ora, era troppo concentrata su Isabel e sulla futura specializzazione per chirurgia infantile per poter pensare ad altro.

Si mise il camice e raccolse i capelli in coda veloce, presto sarebbero arrivati i primi bambini, quel giorno almeno erano solo la mattina, per le quattro sarebbe stata al nido a prendere Bel. Il giorno dopo per fortuna era a casa, sorrise era davvero felice... finalmente Emma tornava a casa! Sarebbe arrivata in aereo, le cose più ingombranti erano già arrivate e loro le avevano messe nella stanza ormai quasi inutilizzata di Alice, non vedeva l'ora di rivedere l'amica, dopo quasi quattro anni dall'ultima volta che lei e le altre erano state a Londra. Tutto stava tornando alla normalità, o almeno in parte, con quei pensieri chiamò il primo appuntamento della giornata.


Stava mettendo in valigia gli ultimi vestiti dopo averli piegati un po' come capitava, doveva ammetterlo anche se erano più di cinque anni che viveva da sola non era mai stata una brava casalinga, anche perchè di tempo non ne aveva nemmeno avuto abbastanza per imparare.

Sospirò mentre chiudeva la cerniera, si guardò in giro, di certo non le sarebbe mancato quell'appartamento grigio e solitario... se pensava a quando l'aveva affittato, le sembrava il paradiso! Il suo primo appartamento da sola lontana dalla presenza asfissiante di sua madre e del suo fidanzato, o meglio, nuovo marito. Suo padre invece era ancora a casa, lo sentiva ogni tanto e l'ultima volta era stato il giorno prima, sembrava davvero contento del suo ritorno. Aveva ancora la sua macchina nel garage, a Londra non le sarebbe molto servita per quello l'aveva lasciata indietro.

Guardò fuori dalla finestra, anche le altre avevano quasi urlato per la felicità, quello l'aveva convinta della scelta che aveva fatto. Non vedeva l'ora di tornare, sebbene i ricordi le lasciavano ancora l'amaro in bocca la nostalgia era più forte.

Avrebbe avuto una settimana prima di cominciare a lavorare nell'ospedale, anche se avrebbe preferito iniziare subito.

Vide il cielo imbrunirsi, la prossima volta che avrebbe visto il tramonto sarebbe stato a casa, con quel pensiero sorrise mentre si voltava per andare a farsi una doccia.


Era una soleggiata giornata di Gennaio, una delle poche fino a quel momento, era un giorno perfetto per il ritorno di qualcuno. Bea sorrise mentre metteva Isabel nel suo seggiolino in macchina, andavano in aeroporto, finalmente Emma tornava a casa.

-Mamma pecchè sorridi?- domandò la bambina.

-Perchè la mamma oggi incontra una persona che le era mancata molto!- disse lei baciandole la fronte.

-Posso vederla acchio?-

-Certo! Non vede l'ora di conoscerti!-

Bel sorrise e Bea lo fece con lei, Emma era veramente impaziente di vedere la sua piccola, sapeva che era curiosa di sapere com'era, che la considerava già come una nipotina.

In macchina ci mise un po' per arrivare all'aeroporto, quando fece scendere la bambina, quella guardò il tutto con occhi sgranati e la bocca aperta, non era mai stata lì e adorava tutto quello che era nuovo per lei. La prese in braccio, aveva paura di poterla perdere in quel caos. All'entrata vide Alice e Ele, le salutò e la bimba sventolò la mano sorridendo, le considerava come delle zie, infatti le chiamava così.

-Quando dovrebbe arrivare?- domandò Bea lasciando Isabel tra le braccia di Alice visto che la bimba scalpitava per andare dalla zietta.

-Mezz'ora, o almeno quello che dicono qui, penso potrebbero avere dei ritardi- rispose Ele.

-Come sempre del resto...- scosse la testa lei mettendosi una ciocca dietro l'orecchio.

Alice intanto faceva giocare la bimba che ridacchiava felice, rimasero un po' a guardarle quando Ele propose di entrare, almeno sarebbero state più al caldo, seppur ci fosse il sole la giornata non era certo mite.

-Chissà se lo sa...- esordì a un tratto Bea con sguardo triste.

Le altre la guardarono confuse, non sapendo a cosa di riferisse. Ricambiò anche lei lo sguardo, ma sorpresa.

-Non lo sapete?-

-Cosa?- domandò Alice mentre si sistemava meglio Bel in braccio.

-Di... Francesco-

-Che era tornato all'azienda di suo padre? Certo, sai li vedo anch'io i vecchi giornali di Mirko che ti ostini a tenere...- disse Ele sarcastica.

-Non quello! Vi ricordate quella ragazza di cui ci aveva raccontato Emma?-

-Quella che aveva visto fuori dal suo appartamento?- domandò Alice.

-Si quella.... be sapete che ho ancora l'abbonamento alle riviste di finanza che aveva fatto Mirko e mi arrivano i numeri nuovi, ho visto la foto di Francesco in prima pagina sai tutto sul suo successo come vice presidente dell'azienda del padre eccecc...-

-Quello si sapeva!- la interruppe Ele.

-Se mi lasci finire magari!- disse fulminandola.

-Vai avanti Bea- si intromise Alice, con un brutto presentimento nel cuore.

-Be ho voluto dare un'occhiata, ero curiosa di vedere come se la passava quello stronzo e...-

-E?- la esortarono in coro le altre.

-E il nostro caro ex-professore si sposa con quella gallina bionda!- disse quasi arrabbiata Bea.

-Cosa!?- dissero tutte e due.

-Già... da non credere!-

In quel momento annunciarono l'atterraggio del volo di Emma e si zittirono, cosa avrebbero detto? Era meglio tacere o dire tutto all'amica? Con uno sguardo si risposero subito, meglio rimandare a domani, quel giorno non dovevano esserci pensieri tristi.

-Ma quanto ci mette?- si lamentò Ele.

-Pff un po' di pazienza!- la fulminò Bea.

Il tempo non aveva certo migliorato il loro rapporto, ma ormai erano abituate così e in fondo si volevano bene.

Proprio mentre la bionda stava per ribattere videro la chioma rossa della loro amica spuntare tra i passeggeri appena scesi. Le ragazze si ritrovarono a sbracciarsi per farsi vedere e appena Emma lo fece con un sorrisone venne loro incontro correndo. La prima che abbracciò fu Bea che si era messa davanti a tutte, poi si unì anche Ele e per ultima Alice con ancora in braccio Isabel. Mentre ridevano per quel loro incontro, la bimba guardava la nuova arrivata con curiosità, sentendosi osservata Emma la vide e subito capì essere la figlia di Bea, assomigliava davvero molto a lei.

-Finalmente sei tornata eh?- disse Ele sorridendo attirando la sua attenzione.

-Si, può dire di si...- rispose la rossa ricambiando il sorriso.

-Ah! Sono quattro anni che non ci vediamo!- esordì Bea quasi commossa.

-Bea... ci siamo viste l'altro giorno su skype!- la prese in giro Alice.

-Quello non lo conto!-

Emma rise e rivolse lo sguardo ancora sulla bambina, era davvero tenerissima con quegli occhioni blu e il nasino. Le sorrise e le si avvicinò.

-Ciao!- disse lei.

-Ciao...- rispose la bimba scrutandola.

-Sei Isabel vero?-

Lei annuì continuando a guardarla.

-Io sono un'amica della mamma, sai non vedevo proprio l'ora di conoscerti!-

-Davvero?- domandò dubbiosa lei.

-Certo!-

Isabel sorrise e tese le braccia per far capire che voleva stare in braccio a lei, Alice cedette la bimba quasi ridendo all'espressione allibita di Emma, non se l'aspettava davvero. Quando fu tra le sue braccia disse solo -Acchio!- e Emma capì che si riferiva al volerla conoscere.

Dopo aver recuperato le valige della ragazza uscirono dall'aeroporto e Emma sorrise per l'ennesima volta, finalmente era tornata. Andò in macchina con Bea visto che Isabel non sembrava intenzionata a volerla lasciare, la sorpresa della rossa a quell'improvviso attaccamento fece ridere Bea per quasi tutto il viaggio.

Arrivate nell'appartamento delle ragazze Emma si sentì stanca, quella notte non aveva dormito molto, era troppo agitata per dormire e aveva passato la notte quasi in bianco e l'attesa all'aeroporto a Londra era stata veramente snervante in quel momento voleva solo farsi una doccia e magari dormire un po', sapeva che però quello non poteva permetterselo infatti aveva promesso a suo padre di andarlo a trovare quel giorno.

-Ehi sembri stanca... fai pure una doccia! Ti preparo magari una cioccolata, ok?- disse Bea sorridendole.

-Si mi ci vorrebbe!-

Dopo un breve tour della casa la lasciò in bagno con asciugamani e un cambio. Mentre stava sotto al getto si chiese se davvero poteva stare lì, sapeva di aver l'appartamento che sua nonna le aveva lasciato, ma non sapeva se sarebbe stata in grado di viverci. Scosse la testa, no meglio stare lì con le altre, era stanca di stare sola, a Londra non aveva fatto altro.

Finita la doccia prese i cambi e andò in quella che sarebbe diventata la sua nuova camera, non era grandissima ma nemmeno un buco. Il letto matrimoniale era di fianco alla porta, nella parete di fronte stava la finestra e a destre una libreria e l'armadio, chiuse la porta dietro di se e si rivestì. Stava legando i capelli quando con la coda dell'occhio colse un'immagine a lei molto famigliare.

Sorpresa si voltò e vide su una sedia che stava nell'angolo un giornale, con un tuffo al cuore vide due occhi ghiaccio che conosceva fin troppo bene fissarla dalla copertina. Quasi fosse in trans si avvicinò e prese in mano la rivista, si accorse che le tremavano leggermente le dita. Erano nove anni che non vedeva la sua faccia se non nei ricordi, nove anni erano passati... davvero era stato così tanto tempo fa? A lei sembravano solo ieri le giornate passate con lui, in quell'appartamento su quel divano che profumava di carta, in quel letto tra le sue braccia... sembrava solo ieri il giorno che l'aveva lasciata ed ora dopo nove anni lo rivedeva sulla copertina di una rivista.

Col cuore in gola l'aprì e lesse l'articolo che lo riguardava, aveva preso un posto davvero di spicco nell'azienda di suo padre, la stessa che diceva di odiare... come poteva averle mentito anche su quello? Sentiva che se avrebbe continuato non avrebbe avuto più pace, ma lo fece comunque perchè per quanto poteva dire era sempre masochista quando si trattava di lui.

Quando finì l'articolo qualcosa dentro di lei si fece piccolo piccolo, tanto che non riusciva più a sentire niente. Com'era possibile? Lui... si sposava, con un'altra... e lei? Lei come una stupida a stare ad aspettare qualcosa che non poteva più esserci, qualcosa a cui solo lei, illusa, pensava. Sorrise amara, aveva quasi 28 anni eppure dentro al cuore si sentiva ancora quella diciannovenne che era scappata da quella città con il cuore infranto.

Rimise dove aveva trovato la rivista e uscì dalla camera stampandosi un sorriso finto in viso, era diventata una maestra in quello. Disse alle altre che doveva incontrarsi con suo padre e di non preoccuparsi ci sarebbe andata a piedi, dopotutto l'appartamento distava poco dalla casa.

Fuori respirò a fondo l'aria e si guardò in giro, non era cambiata molto la città, era sempre la stessa, forse qualche edificio nuovo e negozi che non ricordava ci fossero.

Lentamente percorse la strada che la separava dalla sua vecchia casa, arrivò e vide che non era cambiata per niente. Pigiò il citofono e entrò con un sorriso, dopotutto un po' le era mancato suo padre.

La visita fu abbastanza lunga e stranamente Emma si trovò bene con lui, parlarono molto, soprattutto riguardo al lavoro. Ascoltò con rinnovato interesse le operazioni e i casi che suo padre si era trovato davanti nel corso degli anni, capì che gli mancava molto l'ospedale, infatti da poco era stato mandato in pensione, ma vide nei suoi occhi una luce... forse aveva trovato anche lui qualcuno, una compagna più degna di quella che era stata sua madre, lo sperava con tutto il cuore.

Prima di andare le fece avere la macchina, nonostante gli anni di inattività era in buono stato, con un saluto e la promessa di tornare presto Emma andò via, era davvero bello poter riavere la sua macchina, si accorse che le era veramente mancata a Londra.

Non ritornò subito dalle sue amiche, doveva fare prima delle cose. La prima tappa era il fioraio dove prese delle gardenie bianche per poi andare al cimitero cittadino, erano nove anni che non ci metteva e un po' se ne vergognava. Entrata si diresse subito alla tomba di sua nonna dove posò i suoi fiori preferiti, vedendo la foto sentì quasi la presenza di lei lì e questo le fece un po' appannare gli occhi. Rimase lì per un po' ti tempo, accorgendosi solo allora dell'aspetto curato della tomba sebbene non ci andasse più nessuno da nove anni e vide anche dei fiori, tre rose bianche, poste vicino alla lapide. Chi poteva essere? Si domandò confusa, suo padre? Forse... ma non ne era del tutto convinta, forse era solo qualche vecchia amica di sua nonna, ne aveva tante.

L'ultima tappa era l'appartamento di sua nonna, doveva vedere in che condizioni era, anche se andare in quel condominio dopo aver appreso di Lui sarebbe stata una doppia pugnalata. Fermò la macchina e guardò fuori, il palazzo si ergeva fiero, con il cuore pesante uscì dall'abitacolo e si avvicinò al portone. Aveva con sé le chiavi e con un sospiro quasi sofferente aprì, si trovò davanti all'atrio, i ricordi si alternavano dietro le palpebre e con un gesto del capo fece quasi per scacciarli. Entrò nell'appartamento e vide che c'era molta polvere e molto probabilmente c'era da fare qualche riparazione alle tubature ma per il resto non era male, forse sarebbe anche riuscita ad affittarla.

Uscì e mentre stava per uscire passò di fianco le scale, non riuscì ad impedirsi di guardare su, quasi aspettasse di vederlo scendere per venirle incontro. Serrò la mano in un pugno, sapeva che era masochista, sapeva che non le avrebbe fatto per niente bene eppure... eppure salì quelle scale, le salì maledicendosi ad ogni scalino ma non tornò indietro nemmeno una volta.

Il corridoio era ancora come se lo ricordava, grigio e con qualche crepa, questo non faceva che farle provare lo stesso dolore sordo di nove anni fa. Lo percorse e si trovò davanti alla porta, a quella porta, sfiorò con le dita il legno laccato che aveva di fronte e si allontanò quasi subito, era troppo... era davvero troppo...

Mentre pensava a questo sentì un rumore dietro, e vide la maniglia abbassarsi, con il cuore in gola arretrò fino al muro. Ma quello che uscì non era certo chi si immaginava, una coppietta felice si teneva per mano mentre la ragazza dopo aver dato un bacio al ragazzo chiuse a chiave la porta, per poi scendere, erano talmente presi da loro che non l'avevano vista neppure, quasi fosse invisibile.

Emma con un grande sforzo uscì dal condominio ed entrò in macchina, appoggiò la testa al sedile. Quanto poteva arrivare la sua stupidità? Come poteva pensare che potesse esserci ancora lui in quell'appartamento? Colpì con un pugno il volante, ma non servì a niente se non a procurarle una fitta alla mano.

Era stanca, stanca di aspettare, stanca di quel grigiore che sembrava aver invaso al sua vita, stanca di quell'amore che ormai da nove anni sembrava averle tolto la felicità.























E finalmente il seconod capitolo è arrivato!! Mi scuso umilmente per il ritardo madornale, ma purtroppo non ho avuto tempo per la storia e ho avuto dei problemi =( ma eccomi qui! La storia spero non avrà altri rallentamenti, spero di non far passare così tanto tempo anche per il terzo! Vorrei anche ringraziare Leuzza per il suo supporto =) mi ha aiutato molto per scrivere questo capitolo! Passando alla storia, ecco che vediamo il ritorno di Emma finalmente e anche qualche notizia su Francesco, in più Bea alle prese con un bel ginecologo xD... per ora è tutto! Chissà cosa succederà nel prossimo capitolo ;)

Al prossimo capitolo! Fatemi sapere cosa ne pensate! 

Baci^^

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Capitolo 3
*** Ferite ***


Ferite

I've seen fire and I've seen rain
I've seen sunny days that I thought would never end
I've seen lonely times when I could not find a friend
But I always thought that I'd see you again

[...]

Well, there's hours of time on the telephone line to talk about things
to come
Sweet dreams and flying machines in pieces on the ground

***

Ho visto fuoco e ho visto pioggia
Ho visto giorni soleggia che pensavo non sarebbero mai finiti
Ho visto i tempi solitari in cui non riuscivo a trovare un amico
Ma ho sempre pensato che ti avrei rivisto

[…]

Beh, ci sono ore trascorse alla linea del telefono
A parlare di cose che sarebbero avvenute
Dolci sogni e macchine volanti a pezzi sul pavimento


{Birdy ~ Fire & Rain}







Quella mattina aprì gli occhi anche prima che la sveglia iniziasse a suonare, sbadigliò e si mise a sedere, finalmente quel giorno avrebbe ricominciato a lavorare, dopo una settimana di inattività che l'aveva fatta stancare più che riposare, non vedeva l'ora di immergersi nel lavoro e non pensare a nient'altro.

Si alzò con una nuova carica e andò a farsi una doccia, sotto il getto pensò a quei giorni che aveva passato che le altre, aver ritrovato la loro amicizia ancora intatta dopo quegli anni era davvero una bellissima sorpresa, certo erano cambiate ma quando erano insieme le sembrava di ritornare indietro nel tempo, di ritornare quell'adolescente così piena di speranze e felice che era stata.

Uscì dalla doccia con un sospiro e guardò il suo riflesso sullo specchio umido di condensa, aveva sempre i capelli rossi e mossi che ormai teneva sempre legati e gli occhi verdi erano diventati più scuri, era diventata anche più pallida e le lentiggini quasi stagliavano nel contrasto con la sua pelle.

Mentre asciugava i capelli pensò a quanto era stata felice e allo stesso tempo triste di vedere Alice e Eric, erano davvero una coppia perfetta, così uniti e innamorati... tutto il contrario di quello che era capitato a lei e le altre. Ma pensandoci forse era così che doveva andare, magari per loro non era ancora arrivata il momento.

Finito si asciugarsi e vestirsi si riguardò nello specchio, sorrise lievemente, forse invece era lei che si faceva ancora delle illusioni. Uscì dal bagno e si trovò davanti a Ele che sbadigliava e stava per uscire, la salutò, doveva andare a fare da supplente in una scuola di un paese vicino. Andò in cucina e trovò Bea con Alice che stavano preparando la colazione.

-Buongiorno!- salutò allegra Alice.

-'Giorno- rispose lei sorridendo leggermente mentre prendeva il caffè che le porgeva Bea.

-Allora emozionata per il primo giorno di lavoro?- disse Alice guardandola attenta.

Emma si strinse nelle spalle mentre beveva, non era emozionata, più che altro sollevata di poter tornare in ospedale.

-Non parlare troppo eh!- la riprese scherzando Bea.

Rise appena e scosse la testa.

-Non sono emozionata, voglio solo riprendere a lavorare...-

-Sei troppo stacanovista Emma!-

-Non sono stacanovista Ali, solo non mi piace stare in casa senza fare niente...-

Ti fa pensare troppo...” aggiunse pensando.

Non seppe come però quelle parole aleggiarono nella stanza anche senza averle dette.

-Be forse è meglio se ti sbrighi... il turno inizia presto!- disse Bea cambiando discorso, quel giorno era a riposo.

Emma annuì e dopo aver finito il caffè e salutato le amiche uscì respirando l'aria fredda di gennaio.

Si strinse nel cappotto e salì in macchina ringraziando chiunque avesse inventato il riscaldamento che accese subito chiusa la portiera. Certo a Londra faceva molto più freddo, ma lì non poteva godersi quelle comodità! Sorridendo per il bel caldo che si era irradiato per tutto l'abitacolo si inserì nel traffico cittadino, ancora sonnacchioso visto l'albeggiare.

In men che non si dica era arrivata all'ospedale, parcheggiò la macchina al posteggio riservato e scese. Non vedeva l'ora di entrare e ricominciare a lavorare, distrattamente pensò che forse Alice avesse ragione, era davvero una stacanovista.

Entrò e subito si diresse agli spogliatoi dove si cambiò e si mise il camice, aveva sentito da Bea che poco tempo fa gli uomini dovevano fare la doccia lì, quasi rise a ricordare la faccia che aveva fatto la sua amica nel raccontare come si era trovata davanti un certo Riccardo, era proprio curiosa di vederlo.

Stava mettendosi il camice quando si sentì chiamare.

-Emma!-

Si girò e vide Gaia sorriderle e salutarla, ricambiò il sorriso, Bea le aveva presentate e doveva dire che era molto simpatica e un po' pazza, ma forse lo erano tutti gli psicologi...

-Gaia, ciao!-

-Bea mi aveva detto che venivi oggi iniziavi qui...-

-Si... non vedevo l'ora di ricominciare- disse un po' imbarazzata mentre uscivano dagli spogliatoi.

-Ah ti capisco, anch'io a volte faccio anche fatica a stare a casa!-

-Be mi consola non essere l'unica...- fece divertita.

Era da poco che la conosceva ma comunque si sentiva a suo agio con lei, poteva sembrare che facendo un lavoro del genere ti potessi sentire analizzata per ogni parola o gesto che facevi, invece era assolutamente il contrario, si sentiva libera di parlare e questo le faceva capire quanto brava era nel suo lavoro.

-A questo proposito... vorrei chiederti un favore se possibile- disse improvvisamente seria Gaia.

Emma si fermò a guardarla curiosa, cosa poteva volere?

-Dimmi pure-

-So che è solo il tuo primo giorno e che probabilmente tra pochi secondi ti ritroverai con un sacco di pazienti, ma vorrei che tu vedessi una mia paziente...-

-Una tua paziente?-

-Si, purtroppo non ha avuto una vita molto facile, è stata sfigurata e mentre faceva gli esami periodici le hanno trovato un tumore cerebrale...-

Emma la guardò corrugando la fronte, certo avrebbe accettato di vederla, si sentiva dispiaciuta per quella donna, anche se per qualche strano motivo avvertiva che c'era dell'altro, ma ignorò quei pensieri.

-Vuoi che la visiti vero?-

-Si, mi faresti un favore enorme...-

-Ok, va bene, ma credo che non potrò andare da lei prima di pranzo, mi hanno affidato dei casi e devo parlare ancora con il primario del mio reparto....-

-Ah benissimo! Grazie davvero Emma! Ti farò avere la sua cartella a pranzo... mangiamo insieme ok?- disse entusiasta prima di andare via sventolando una mano.

Emma la guardò un po' allibita, ma sorrise, aveva l'impressione di doversi abituare a quelle uscite, ma la cosa non la preoccupava affatto, anzi le dava un senso di calore che da molto non provava.


-Come sarebbe a dire che non riesci a venire?!- urlò al telefono Bea, che si accorse subito dello sguardo turbato di sua figlia e facendole un sorriso e una piccola carezza andò in bagno imprecando mentalmente contro quello che era stato il suo ragazzo.

-Sarebbe a dire che non ci riesco! Ti devo fare il disegnino per caso?- sibilò Mirko dall'altra parte.

-Avevi detto che avresti passato il pomeriggio con Isabel! Glielo hai promesso!-

-Ho avuto un imprevisto ok? Non l'ho cercato io! Ho un lavoro impegnativo!-

-Ah perchè il mio è una passeggiata! Senti Mirko, Isabel è anche tua figlia, hai voluto far parte della sua vita ora prenditi le tue cazzo di responsabilità! Le hai promesso che questo pomeriggio l'avreste passato insieme e ora io dovrei dirle che non puoi? La prossima volta vedi di fare promesse che puoi mantenere!- chiuse con un gesto rabbioso la comunicazione.

Si sedette sulla vasca prendendosi il viso tra le mani, come avrebbe fatto ora a dire a Isabel che quel deficiente di suo padre non sarebbe arrivato? Era stata così contenta di quel pomeriggio... aveva voluto mettere il suo vestitino più bello... e ora lei avrebbe dovuto dirle che non sarebbe arrivato nessuno?

Facendo un profondo respiro si alzò e andò in salotto dove Isabel stava colorando attenta a non sporcarsi il vestitino, appena la sentì alzò gli occhioni blu su di lei e si sentì il cuore sprofondare quando vide quanto erano felici.

-Mama! Quaddo arriva papà?-

Bea sospirò e si inginocchiò di fianco alla bimba accarezzandole la testolina.

-Bel... purtroppo il papà non può venire...- cominciò incerta.

-Non è vero! Ha pomesso!- ribatté sicura.

Si passò una mano sulla faccia stanca, come poteva spiegarle che non sempre le promesse potevano essere mantenute? E che Mirko soprattutto aveva una tendenza a infrangerle tutte le volte? Ma non poteva farle perdere fiducia in tutti, soprattutto in suo padre anche se non ne meritava per niente. Prese Bel in braccio, aveva bisogno di un contatto con lei.

-Vedi papà al lavoro ha molte persone che si fidano di lui e per questo ci sono cose che può fare solo lui, molte volte però ha così tanto lavoro in un giorno che non può nemmeno tornare a casa prima di sera...-

Mentre le diceva quelle cose cercava di essere comprensibile e sentiva lo sguardo attento della bambina, sperava che capisse che non era dipeso da Mirko quella situazione.

-Ma.... ma aveva pomesso...- disse mogia Isabel prendendo il suo pupazzo.

-Lo so piccola mia, lo so... vedrai che si farà perdonare e verrà un altro giorno- mormorò dandole dei baci e cullandola per consolarla.

Isabel si abbandonò al suo abbraccio, traendo conforto da quel contatto. Bea le carezzò i capelli sottili e le venne un'idea, sorridendo le sollevò il visino.

-Che ne dici se vieni con me ad aiutare la zia Ali?-

La piccola a sentire quella frase si illuminò sorridendo felice, era da quando aveva saputo del matrimonio non vedeva l'ora che arrivasse quel giorno, probabilmente era eccitata per la novità che rappresentava.

Mentre saltellava felice Bea si alzò e dopo mettendo via i colori e gli album prese il capottino della bambina proprio quando Alice fece la sua entrata.

-Ehi...- la salutò.

-Ziaaa!- esclamò la piccola andandole incontro.

Alice la prese in braccio sorpresa e la guardò perplessa sapeva che la bimba doveva stare con Mirko quel pomeriggio, ma lei scosse la testa tesa, non voleva parlarne con Bel lì e l'altra lo capì.

Misero il capottino alla bambina e uscirono, quel giorno avrebbero dovuto vedere per le bomboniere. Pensava sarebbe stata una cosa veloce e invece Ali non si decideva a scegliere! Si ritrovò molte volte sull'orlo di una crisi di nervi, sentendo ogni singola dettaglio che non andava bene in tutti i modelli che le aveva sottoposto la commessa, non pensava di poter vedere quel lato dell'amica così puntiglioso, ma probabilmente era anche perchè teneva davvero tanto che fosse tutto perfetto e solo per quello sopportò tutto.

Isabel invece sembrava divertita e curiosa delle cose esposte e ogni tanto la chiamava per farle vedere qualcosa. Alla fine decise per delle scatoline color panna con nastri colorati e confetti intonati, uscite dal negozio Bea tirò un sospiro di sollievo e vista l'ora andarono a pranzare in un piccolo ristorante mentre Bel sorrideva felice per quell'uscita. Mentre si sedevano Bea pensò a distrattamente a Emma e se il suo primo giorno stava andando bene.


Era stata una mattinata abbastanza frenetica, come aveva previsto non si era potuta fermare nemmeno un secondo, tra i vari pazienti che le avevano affidato e le visite fatte ai suoi superiori era girata per l'ospedale come una trottola, ma la cosa non le dispiaceva affatto, ora però era l'ora di pranzo e andò alla mensa con lo stomaco che brontolava e una fame da lupi. Si era appena seduta e si stava legando i capelli quando vide una cartella messa di fianco al suo vassoio e Gaia sedersi davanti a lei.

-Potevi aspettarmi!- la rimproverò divertita l'altra.

-Avevo troppa fame!- ribatté lei ridendo.

-Ti perdono solo perchè è il tuo primo giorno- le concesse prima di infilzare la sua insalata.

Emma guardò perplessa il suo pranzo, solo una misera insalata? Si mosse leggermente a disagio, le faceva quasi sentire in colpa per il piattone di pasta che aveva preso.

-Ma... solo un'insalata?-

-Si... voglio vedere quanto mi dura la dieta!- disse divertita -A volte scommetto con Bea quanto tempo ci metto per piantare lì tutto e farmi una scorpacciata di cioccolato, per adesso sono tre giorni che vado avanti con questa insalata insapore... è un record!-

Emma si mise a ridere, mangiando si raccontarono un po' della mattinata e finito di riempirsi lo stomaco finalmente prese la cartella della paziente, era da quando l'aveva vista lì di fianco a lei che voleva darci un'occhiata e se fosse stata sola l'avrebbe fatto. Dette una veloce occhiata, vide che era stata ricoverata dopo che il marito le aveva buttato dell'acido sul viso mentre dormiva, leggendo sentì un nodo allo stomaco che riconobbe come pietà, quella donna era stata davvero sfortunata, abusi su abusi e come se non bastasse tumore celebrale come ciliegina sulla torta... a volte la vita era davvero una stronza. Passò a leggere la diagnosi e in quel momento si sentì ancora di più sprofondare, cosa avrebbe potuto fare? Era ormai in stadio avanzato, anche con le cure non erano riusciti a debellare il tumore.

-Gaia... io non credo che...- iniziò piano e dispiaciuta.

-Alt! Non dire altro, so che la situazione è tutt'altro che facile, le hanno dato pochi mesi, ma vorrei che la vedessi lo stesso- la interruppe con voce ferma.

-Ma non posso andare da lei e magari darle false speranze! Sarebbe una cattiveria!- ribatté lei.

-Non le darai nessuna falsa speranza Emma, sa bene che non ci sono possibilità, ma vedere che qualcuno vuole ancora provare con lei la farà stare bene, almeno per quello che le resta-

Emma guardò l'altra che ricambiava lo sguardo aspettando, non sapeva che fare, non voleva illudere quella donna ma stando a sentire lei non l'avrebbe fatto... sospirò e annuì provocando in Gaia un'enorme sorriso. Si sentiva meglio anche lei, eppure qualcosa le diceva che molto probabilmente si sarebbe pentita di aver accettato quel caso.


Avevano finito quella giornata di shopping nelle vie del centro con una capatina in un negozio di abiti da sposa, certo non avrebbe preso subito il vestito, ma dare un'occhiata per farsi un'idea su quello che le piaceva o meno. Era stata davvero una giornata frenetica e Isabel si era addormentata ancora prima di arrivare alla macchina, la mise sul seggiolino lentamente mentre Alice si metteva alla guida. Una volta partite Alice si mise a lanciarle occhiate preoccupate, sapeva che si era trattenuta tutto il giorno per via di Bel ma visto che ormai ora stava dormendo beatamente si aspettava che parlasse. Sospirò poggiandosi al sedile, era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento, ma non vide alternative e forse confidarsi con lei l'avrebbe aiutata.

-Non è venuto a prenderla per “impegni improvvisi”- disse sarcastica.

Alice scosse la testa mentre faceva manovra e usciva dal parcheggio.

-È davvero un deficiente...- commentò.

-Più che deficiente! Come ha potuto prometterle l'uscita se poi non si è nemmeno presentato?! È solo una bambina eppure è l'ennesima volta che non fa che ferirla! Dovevi vederla Ali... era davvero convinta che sarebbe arrivato visto che l'aveva promesso...- scosse la testa -Sono stanca di doverle dire che il suo papà non si presenterà, sono stanca di vederla triste! Ha solo due anni! Dovrebbe correre per casa e saltellare pensando solo a giocare!- sbottò finendo quello sfogo, in effetti in quel momento si sentiva davvero meglio.

-L'ho detto e lo ripeto, è un deficiente! Non sta prendendo seriamente il fatto di essere padre... devi fargli capire che non può esserlo due secondi e poi dimenticarsene subito dopo!- replicò Alice in tono duro.

-Lo so Ali... lo so...- sospirò Bea guardando fuori dal finestrino.

Alice capì subito che non voleva più parlare e accese col volume basso la radio, lei le era grata per quel silenzio. Guardando fuori dal finestrino le luci che iniziavano ad accendersi si chiese per la prima volta in quei due anni perchè era dovuta finire così tra lei e Mirko... non si era mai soffermata su quei pensieri perchè li giudicava troppo pericolosi e aveva qualcos'altro a cui badare come a Isabel e al suo lavoro.

Erano arrivate e prendendo la piccola salì all'appartamento salutando Alice che dopo un cenno ripartì. Mise nel lettino la piccola e le diede una piccola carezza pensando che avrebbe tanto voluto darle un padre più presente, sospirò e uscì dalla stanza mettendosi sul divano.

Sospirò e sprofondò nei cuscini, era davvero arrabbiata con Mirko, arrabbiata e delusa perchè sperava che almeno per quel giorno si presentasse e facesse il padre. Guardò il soffitto e fece un sorriso amaro, come faceva a sperare in una cosa del genere quando lei per prima aveva dei dubbi su di lui? E come dimenticare il giorno che gli aveva confessato di essere incinta? La prima cosa a cui aveva pensato era ai soldi... non si era avvicinato e non aveva sorriso come un ragazzo normale avrebbe fatto alla notizia di avere un figlio.

Quello probabilmente era stata la rottura definitiva, quando dopo mesi di litigi e incomprensioni si era giunti al punto di non ritorno... eppure ancora non riusciva a spiegarsi come avevano potuto arrivare a quello, si erano amati così tanto, avevano fatto dei progetti, erano così sicuri che sarebbero rimasti insieme fino alla fine eppure... eppure niente era per sempre, né le cose brutte né, purtroppo, le cose belle.


Dopo la pausa pranzo non era riuscita ad andare dalla paziente, anzi, non aveva avuto nemmeno il tempo per pensarci visto le visite e i vari esami che aveva dovuto fare. Ma ora era libera finalmente e andò nel reparto di oncologia, ancora aveva delle perplessità sul caso, ma Gaia aveva insistito tanto e non voleva dirle di no senza nemmeno averci provato, in quel momento si accorse che i dati anagrafici avevano un che di strano visto che mancavano alcune informazioni come il comune di residenza e altre cose... ma non ci fece molto caso e lesse il nome che aveva ignorato nella pausa pranzo, Lis. Che nome strano pensò prima di salutare Gaia che l'avrebbe accompagnata nella stanza, con sua grande sorpresa si ritrovò abbastanza nervosa, non le era mai capitato di avere a che fare direttamente con una donna che avesse subito certi abusi.

-Non preoccuparti, sii solo professionale e vedrai che andrà tutto bene!- le disse Gaia come incoraggiamento prima di entrare nella stanza.

Era singola e dalla finestra entravano gli ultimi raggi di sole di quella giornata, la prima cosa che vide entrando era una donna seduta sul letto girata verso la finestra, sembrava assorta in chissà quali pensieri.

-Lis...- la chiamò piano Gaia.

Lis si girò lentamente e Emma vide per la prima volta le fasciature che ricoprivano gran parte del viso lasciando libera la bocca e l'occhio sinistro, anche vista così si vedeva chiaramente l'effetto corrosivo che aveva avuto l'acido. Sentì ancora una gran pena per lei quando incrociò lo sguardo del suo occhio blu, qualcosa successe durante quel contatto visivo, qualcosa che Emma non riuscì a spiegarsi ma che dentro le dava uno strano senso di angoscia.

-Lei è la dottoressa Castello, ha accettato di rivedere il tuo caso...- spiegò sempre con voce bassa Gaia, molto probabilmente per non agitarla.

Lis annuì piano senza mai distogliere lo sguardo da lei, Gaia le fece segno di avvicinarsi e lei lentamente lo fece con ancora quei sentimenti che le si agitavano dentro.

-Lei... lei è Emma Castello?- sussurrò con voce arrochita.

-Si, sono io. Ho guardato la sua cartella e penso che potremmo fare altri esami per verificare lo stato della sua salute e poter vedere come proseguire con le terapie...- disse Emma in tono professionale, per nascondere il suo turbamento, ma senza quasi accorgersi si trovò a imitare il tono basso che aveva adottato Gaia.

In quel momento successe qualcosa che non si aspettava minimamente, Lis le sorrise leggermente, sembrava quasi sollevata, come se le avesse tolto un grosso peso dalle spalle. Emma si trovò a guardarla con sorpresa e si chiese se effettivamente Gaia avesse ragione, forse non l'avrebbe illusa ma vedere qualcuno ancora interessato al suo caso l'avrebbe aiutata ad affrontare tutto con più serenità.

Parlarono ancora per poco, dicendole che il giorno dopo avrebbero iniziato con gli esami e i vari accertamenti, salutandola uscirono da quella stanza. Emma guardò ancora quella porta una volta chiusa, incerta, non si spiegava quello che era successo lì dentro, non riusciva ad immaginare perchè avesse provato quel nodo di emozioni. Scosse la testa sospirando, probabilmente non l'avrebbe mai capito.

Il suo turno era ormai finito, uscendo dall'ospedale vide che ormai il sole era calato e stringendosi nel cappotto andò alla macchina. Arrivata all'appartamento immersa nei suoi pensieri trovò Bea sul divano anch'essa in qualche modo persa nei pensieri, la salutò e si sedette di fianco a lei.

-Come è andata la giornata?- le chiese.

-Faticosa... a te?- disse stanca.

-Anche per me... lo stesso-

Emma annuì insieme si ritrovarono a guardare uno di quei programmi stupidi di persone che cadevano o si facevano male in modi assurdi e mentre ogni tanto ridevano per qualcosa di particolarmente buffo la serata passò, era questo che le era mancato, pensò Emma, una compagnia quando tornava dal lavoro, i momenti passati a ridere dimenticandosi di tutte le fatiche della giornata, le erano mancate le sue amiche.

Andò a letto con un gran sospiro di sollievo era davvero stanca, stava mettendosi sotto le coperte quando si accorse che per tutto il giorno non aveva pensato nemmeno una volta a Lui.



















Ehm Salve!
Chiedo umilmente perdono! Lo so che sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento ma vi giuro che non è tutto dipeso da me! Ho avuto dei problemi e poco tempo per scrivere! 
Dopo questo piccolo spazio delle scuse andiamo al capitolo, allora che dire? Emma comincia il lavoro all'ospedale e vediamo un personaggio, la paziente Lis, che vi consiglio di tenere d'occhio ;) Poi abbiamo Bea con i suoi problemi, Mirko che sembra fare il padre fantasma e la piccola Isabel che subisce tutto...
Spero davvero di poter aggiornare presto, ma non assicuro niente...
Sperando che la storia continui ad appassionarvi ci vediamo al prossimo capitolo! 
Baci^^

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Capitolo 4
*** Distrazione ***


Distrazione

If I am an extra in the film of my own life
Then who the hell is the director?
If I am an extra in the film of my own life
Will someone please turn off the camera?

***

Se sono una comparsa nel film della mia stessa vita
Allora chi diavolo è il regista?
Se sono una comparsa nel film della mia stessa vita
Può qualcuno per favore spegnere la cinepresa?


{Placebo ~ The Extra}





Era passata poco più di una settimana, le giornate piovose e fredde di Londra si erano sostituite a quelle relativamente miti della sua città. Ormai si era quasi abituata al nuovo ospedale e alle visite giornaliere della paziente affidatale da Gaia, Lis, a volte mangiava in sua compagnia e si era quasi sorpresa dalla confidenza che aveva preso con lei. Parlavano molto e spesso lei le chiedeva di Londra e di come si era trovata oppure di altri viaggi che aveva fatto, aveva la sensazione che volesse quasi vivere anche lei quei viaggi che molto probabilmente non avrebbe mai avuto la possibilità di fare.

A volte si ritrovava a pensare se anche lei si fosse trovata in una situazione simile non credeva di poter affrontare tutto quello come lo stava facendo Lis, con quella serenità, probabilmente si sarebbe infuriata contro tutto e tutti. Sospirò mentre metteva sul fuoco il caffè, quella domenica era libera e la sua sveglia era suonata alle dieci, la casa era stranamente vuota.

Forse Bea e Isabel erano andate a fare un giro, ma di solito la domenica Ele stava a dormire fino a tardi e anche lei era sparita. Guardò la cucina sentendosi malinconica, a volte trovava la solitudine appagante ma quel giorno non riusciva a sostenere quel silenzio, proprio non ci riusciva. Sentì il caffè venire su e lo tolse dal gas versandoselo nella tazza, forse doveva uscire anche lei, magari un bel giro per la città le avrebbe tolto quella sensazione... e avrebbe visitato la tomba di sua nonna, non ci andava da quando era arrivata.

Finì il caffè e andò a cambiarsi, chissà magari avrebbe incontrato anche l'amore della sua vita! Scoppiò a ridere scuotendo la testa mentre si legava i capelli, davvero la fantasia non le mancava per niente. Prese la borsa e uscì alla volta della città, magari dopo l'amore della sua vita riusciva pure a trovare quel paio di scarpe che aveva visto in saldo l'altro giorno.


Teneva Isabel per mano mentre passeggiavano per il parco, non aveva idea del perchè ma quella mattina la sua adorabile bambina si era messa in testa di uscire e andare al parco, ma non aveva voglia di andare a giocare con gli altri bambini. Si stava comportando davvero stranamente... sospirò e si sedette su una delle panchine guardando in faccia sua figlia.

-Bel... cosa c'è?-

La bambina abbassò il viso e si strinse nelle spalle.

-Nente...- mormorò disegnando cerchi con il piedino.

-A me puoi dirlo, lo sai...- sorrise cercando di confortarla dopo averle alzato il viso.

Isabel la guardò negli occhi triste, quello sguardo le fece chiudere lo stomaco e stringere il cuore, l'ultima cosa che desiderava per la sua piccola era che fosse triste come lo era stata lei per colpa di suo padre, si era sicura che quello sguardo era colpa di Mirko.

-Mama... pecchè papà no vuole pù stare co me?- disse guardandola negli occhi.

Bea sospirò e la prese in braccio stringendola, non sopportava davvero di vederla così.

-Tesoro non è così, il papà vuole stare con te ma è molto impegnato e non trova il tempo...-

La piccola non sembrava molto convinta e certo non poteva biasimarla, ma metterla contro suo padre non sarebbe stato giusto quindi doveva difenderlo come poteva anche se era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare.

Le carezzò i capelli cercando di darle conforto, non capiva come Mirko potesse deluderla ogni volta senza che provasse un minimo di rimorso, probabilmente perchè non vedeva l'espressione amareggiata di Bel che contrastava con i suoi tratti infantili.

In quel momento la piccola annuì e si unì ad un gruppetto di bimbi che giocavano, Bea sospirò guardandola, avrebbe fatto di tutto per lei eppure non era riuscita a darle il padre che meritava, seppur sapeva che non era assolutamente colpa sua non poteva fare a meno di chiedersi se avesse fatto bene a coinvolgere Mirko... scosse la testa, non doveva fare certi pensieri! Certo lui si stava comportando in maniera davvero irresponsabile, ma aveva il diritto di conoscere sua figlia anche se non lo meritava.

Guardava la piccola da quella panchina cercando di non perderla di vista, si sarebbe mai tolta quell'ansia che la prendeva quando non l'aveva vicino? Scosse la testa dicendosi che molto probabilmente avrebbe dovuto conviverci a vita con la preoccupazione.

Era immersa in questi pensieri quando all'improvviso venne investita da qualcosa e scaraventata per terra, quel qualcosa le lavò la faccia in meno di due secondi.

-Merda! Sirio! A cuccia!-

Bea rise leggermente dopo essersi resa conto che lo strano essere che l'aveva quasi aggredita era un cagnolone la cui razza non era ben definita.

-Non si preoccupi non mi ha fatto...- stava dicendo divertita verso il padrone preoccupato quando alzò lo sguardo e le parole le morirono in gola.

Lì davanti a lei si stagliava contro la luce proprio lui, Riccardo...

-Bea?- disse lui sorpreso riconoscendola.

Lei chiuse gli occhi per un attimo chiedendosi perchè le figure le faceva solo lei? Con un sospiro annuì e cercò di alzarsi mentre l'altro teneva a freno il cane.

-In persona...- rispose lei cercando di sdrammatizzare.

-Oh cavolo scusami ma a quanto pare piaci molto al mio cane...-

Sbagliava o era leggermente imbarazzato?

-Non preoccuparti... e poi non mi sono fatta niente quindi va bene, la cosa comunque è reciproca!- disse sorridendo suo malgrado, le piaceva davvero quel cane era molto affettuoso, forse un po' troppo ma non le dispiaceva.

-Mi fa piacere sentirtelo dire, così vieni anche tu al parco?- chiese gentilmente lui, le piaceva parlarle o almeno questo era quello che le aveva detto una volta davanti alla macchinetta del caffè... chissà se era davvero così.

-No sono qui con mia...-

-Mamma!-

Bea si girò di scatto verso la voce e la sua piccola le corse incontro preoccupata, probabilmente aveva visto l'assalto del cane. Sorridendo dolcemente la prese in braccio rassicurandola e dandole dei piccoli baci sulla fronte, solo dopo qualche minuto si ricordò che c'era Riccardo e in qualche modo si sentì imbarazzata, non aveva mai detto di avere una figlia, in qualche modo quell'argomento non era mai saltato fuori nei loro discorsi davanti al caffè, in effetti parlavano solo di lavoro. Si girò lentamente verso di lui e lo guardò mordendosi il labbro, Riccardo stava studiando leggermente sorpreso la sua piccola Isabel e in qualche modo nei suoi occhi trovò qualcosa che si avvicinava alla tenerezza.

-Mamma... chi è?- mormorò al suo orecchio Isabel guardando curiosa e un po' timida l'uomo che aveva davanti.

-Lui... lui è un amico della mamma, tesoro...-

-Piacere di conoscerti piccola... mi chiamo Riccardo- disse lui sorridendo.

Bel si nascose un po' sul collo della mamma imbarazzata.

-Su dai rispondi al signore, non fare la timida adesso...- sussurrò lei divertita.

-Mi chiamo Isabel...- mormorò la bimba facendo spuntare gli occhioni.

-Ma è un nome bellissimo... adatto ad una bellissima bimba!-

Isabel andò letteralmente a fuoco e nascose il visino tutta imbarazzata, Bea rise a quel comportamento, la sua piccola difficilmente era timida.

Dopo poco volle scendere e facendo un cenno di saluto a Riccardo tornò dai suoi amici e lei si voltò verso Riccardo sperando... sperando in cosa? Si chiese all'improvviso stranita, sperando che il fatto di aver lei una figlia non la mettesse in cattiva luce con lui? Che diavolo le saltava in testa!? Non poteva pensare davvero seriamente di poter avere una... relazione con lui!

-Così hai una figlia...- constatò lui.

In qualche modo quella frase la fece innervosire e lo guardò negli occhi fiera, non si sarebbe mai vergognata della sua Isabel, era il regalo più bello che le era stato fatto ed era stata davvero stupida a pensare anche solo per un secondo che lei potesse impedirle qualcosa!

-Si ho una splendida e meravigliosa figlia di due anni- disse con un tono di voce forse un po' più duro di quello che aveva effettivamente voluto ma in qualche modo sortì il suo effetto.

-Oh certo non avrei mai pensato a qualcosa di diverso... solo non me l'avevi mai detto-

-Tu non me l'hai mai chiesto-

-Touché- mormorò lui sorridendo appena.

In qualche modo Bea rispose a quel sorriso e dopo alcune sue domande si ritrovò a raccontargli di tutto quello che le era successo, la fine della sua relazione che era durata ben sette anni, di come Isabel era stata così importante per lei e così di aiuto... non poteva pensare a Mirko c'era lei da accudire e questo le aveva fatto davvero bene. Raccontarsi così non era da lei eppure con Riccardo tutto pareva semplice, lo vedeva nei suoi occhi che lui ascoltava ogni parola, ma oltre a quello ascoltava anche le sue emozioni e questo le faceva quasi desiderare di avvicinarsi di più di prendergli la mano e perdersi nei suoi occhi azzurro mare.


-Quindi posso contare sulla tua presenza?-

Emma sospirò ma annuì, non aveva altra scelta. Quel pomeriggio era andata da suo padre a fargli visita e a quanto pare ne aveva ricavato un invito ad uno dei tanti party in cui quando era adolescente lui e sua madre andavano lasciandola con la nonna. Ora si trovava incastrata ad accettare, decisamente non era un buon segno.

-Non sai quanto mi faccia piacere, ti presenterò dei miei vecchi colleghi...-

Era partito in quarta a farle quasi una lista degli invitati e lei non potè fare altro che sorridere leggermente, dopotutto non poteva essere così male.

Lui stava ancora parlando quando le venne in mente qualcosa che gli doveva chiedere.

-Papà...-

-E poi... che c'è Emma?-

-Per caso sei andato a visitare la tomba della nonna di recente?- era da quando ci era andata che voleva domandarglielo, non sapeva perchè ma in qualche modo sentiva di doverlo sapere.

-Oh... ehm... veramente non sono potuto andare...- disse imbarazzato, con tono quasi di scusa.

Emma rimase quasi sorpresa, non era stato lui a tenere la tomba della nonna così bene e non era nemmeno lui a portare quelle rose bianche... ma allora chi era?

-Non preoccuparti papà, era solo per sapere... oh si è fatto tardi devo andare...- disse un po' troppo frettolosamente alzandosi dal divano.

-Certo... ci vediamo per il party-

-Si ci troveremo lì-

Con un sorriso un po' teso uscì dalla casa e si diresse verso la macchina, non erano nemmeno le cinque ed era già abbastanza stanca, si guardò in giro mentre saliva e sprofondò nel sedile mentre accendeva il riscaldamento, se non c'era il sole il freddo si faceva sentire pizzicando quasi la pelle esposta.

Mentre guidava si perse nei suoi pensieri, i suoi pazienti per la maggior parte occupavano il suo cervello, cosa doveva fare il giorno dopo, gli esami da prenotare e ovviamente andare a trovare Lis, quella povera donna che pareva quasi dimenticare quello che era successo perdendosi nelle sue parole e nei suoi racconti.

Ovviamente alla fine per quanto cercasse di tenere fuori i pensieri indesiderati quelli tornavano prepotentemente quando aveva delle giornate libere come quella che aveva appena passato. Sospirò mentre strinse il volante tra le mani, poteva davvero dire di averlo dimenticato? E allo stesso modo poteva dire di amarlo ancora? Due domande che le riusciva difficile anche solo pensarle, rispondere era impossibile.

Arrivata al parcheggio scese e salì di sopra lentamente ancora pensierosa e leggermente avvilita, nemmeno con se stessa le sue emozioni erano chiare, come poteva pretendere di mettere insieme la sua vita se tutto era così confuso?

Era entrata in casa quando vide Alice sul divano concentrata su qualcosa, Emma la guardò divertita, probabilmente era per il matrimonio.

-Ehi!- disse piano sedendosi di fianco a lei.

-Ciao Emma...- rispose l'altra chiudendo la rivista per spose che stava leggendo.

-Trovato qualcosa di interessante?- con un cenno indicò la pila di giornali che occupava il tavolino del salotto.

-Oh non molto... sono così confusa a volte! Davvero troppe cose a cui pensare!-

-Be è un matrimonio dopotutto...-

-Si e deve essere tutto perfetto!- mormorò la mora con decisione.

Sorrise quasi malinconica, ovviamente voleva che tutto fosse come aveva sempre voluto, aveva di fianco l'uomo della sua vita! Chissà se anche lei un giorno... scosse la testa e fece un profondo respiro, meglio non indugiare in quei pensieri.

In quel momento sentirono in rumore provenire dalla stanza di Ele, entrambe sobbalzavano per al sorpresa.

-Che diavolo sta combinando?!- esclamò Emma.

La bionda uscì dalla porta e si precipitò nel salotto sconvolta.

-Oddio, oddio come ho fatto a dimenticarmelo?!- continuava a ripete.

Le due si guardavano perplesse per poi rivolgere l'attenzione alla loro amica.

-Ehm... Ele? Di che stai parlando?- disse incerta Alice guardandola.

-Come di cosa sto parlando!? Oggi! Ali! È il 14!-

Emma osservò l'espressione della mora cambiare totalmente diventando completamente sconvolta.

-Il 14?! Oh mio Dio!- si alzò in piedi e raggiunse Ele che stava alla finestra fremendo.

La rossa passava lo sguardo da una all'altra senza capire un accidente di quello che stava accadendo, che cosa doveva esserci di così sconvolgente nel fatto che quel giorno era il 14?

-Ragazze che vi prende?!-

-Oh Emma non puoi capire! Certe cose non si possono spiegare...- sospirò Ele da dietro la tendina, mentre l'altra annuiva convinta con gli occhi incollati sul vetro.

-Certe che le si deve vedere-

-Voi siete andate, completam...-

Si era avvicinata alla finestra incuriosita e dubbiosa al tempo stesso quando uno spettacolo le si era presentato davanti facendole perdere le parole ammutolendola.

Questa cosa è decisamente da pazzi!” l'unico pensiero coerente che le si era formato in testa mentre per poi essere assalito dalla marea di altri a dir poco imbarazzanti.

Muscoli che si gonfiavano e leggeri rivoli di sudore scendevano tra i solchi degli addominali arrivando all'elastico di quelli che sembravano boxer, o erano pantaloncini? Ma cosa le importava poi?! C'era un magnifico esemplare di uomo proprio in faccia alla finestra di casa loro che stava facendo la sbarra e lei si chiedeva se quelli erano boxer o pantaloncini?!

-Oh mio dio...- mormorò mordendosi il labbro subito dopo.

Era sceso dalla sbarra e aveva preso una bottiglietta di acqua e dopo averne bevuto un po' se l'era versata sui capelli castani. Non aveva solo il fisico più perfetto che lei avesse mai visto, era decisamente bellissimo. Da quella distanza non riusciva a cogliere il colore degli occhi ma i lineamenti erano decisi e molto virili... come se ne avesse bisogno con un corpo così!

-Già...- sospirò Ele alle sue parole.

-Da quando abbiamo l'uomo perfetto vicino a casa nostra?- mormorò in completa contemplazione lei.

-Da quando Mr Perfezione sta facendo un corso di non so che lotta, lì è casa sua e sotto c'è la palestra... ti dico solo che non è l'unico da poter essere ammirato...- disse sognante Alice.

-Te non hai un matrimonio tra sette mesi?- commentò leggermente divertita Ele.

-Mi sposo mica diventerò cieca eh! Ogni tanto non fa male rifarsi gli occhi!-

-Cosa centra il 14?- si intromise lei senza distogliere gli occhi da quel ragazzo, stava diventando una guardona e in qualche modo quel pensiero non la toccava minimamente... forse era anche peggio di quello che pensava.

-Oggi faceva ritorno dalle vacanze natalizie... ogni giorno alle cinque e mezza si piazza lì e fa la sbarra-

-Questa è una cosa che mi mancherà da sposata...- mormorò quasi triste Alice.

Emma stava per ridere quando in pochi minuti successero troppe cose tutte assieme, Bea era entrata in salotto salutandole e avvicinandosi a loro e nello stesso momento il caro Mr Perfezione aveva alzato gli occhi sulla loro finestra le ragazze presero le tendine per nascondersi lasciando scoperta la loro amica che si ritrovò davanti a quello spettacolo magnifico mentre l'altro la guarda decisamente divertito.

Bea stava guardando quell'apparizione con gli occhi sgranati e cosa che la sconvolse ancora di più quello le fece l'occhiolino facendole perdere i pochi neuroni che aveva risparmiato quella vista e arrossì in maniera quasi inumana quando lui si girò dando spazio alla vista di quel lato b perfettamente fasciato da dei pantaloncini molto aderenti.

-ODDIO!- esclamò portandosi le mani al viso imbarazzata mentre le sue cosiddette amiche scivolavano a terra ridendo come pazze.

-Bea! Non è giusto lo volevo anch'io l'occhiolino!- disse ridendo Ele.

-Voi... voi! Che diavolo mi fate fare queste figure!?- quasi urlò mentre cercata di calmare i bollenti spiriti che la visione di quel fusto le aveva provocato.

A nulla valsero le sue minacce e ringhi di imbarazzo quelle non volevano saperne di smettere, alla fine sospirò sorridendo leggermente, infondo non le era andata poi così male... magari avrebbe evitato di passare davanti al palazzo per un po', giusto il tempo di almeno un centinaio di anni o giù di lì.






























Salve a tutti...
si non sono un'apparizione celeste e non sono resuscitata dal mondo dei morti xD, dopo questo vergognoso ritardo sono tornata ad aggiornare questa storia... purtroppo in questi mesi me ne sono capitate di tutti i colori, tra cui la perdita completa del mio vecchio PC, ma non preoccupatevi sono riuscita a comprarne un altro e sono in piena attività! Dopo anni finalmente mi sono goduta l'estate senza debiti a settembre e quindi con tutto il tempo di riprendere in mano questa storia, so che il capitolo è corto e molto probabilmente non succede chissà cosa a parte l'apparizione di Riccardo e del vicino di casa... che non mi dispiace dire ho avuto fino a una settimana fa! Abitare in un luogo turistico ha i suoi vantaggi dopotutto xD quindi ho deciso di mettere nella storia, per appagare un po' gli occhi di queste povere protagoniste che ne hanno passate anche troppe ;) 

ps. magari date un'occhiata all'altra storia che sto scrivendo a quattro mani con una mia amica, ci tengo particolarmente e presto aggiornerò anche quella ^^

Al prossimo capitolo! Che sto già scrivendo e sarà pieno di avvenimenti!
Baci^^


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Capitolo 5
*** Comprensione ***


Comprensione

Cos all of the stars
Are fading away
Just try not to worry
You'll see them some day
Take what you need
And be on your way
And stop crying your heart out

***

Perché tutte le stelle
Si stanno spegnendo
Cerca solo di non preoccuparti
Un giorno le vedrai
Prendi quello che ti serve
E continua per la tua strada
Smetti di piangere a dirotto


{Oasis ~ Stop Crying Your Heart Out}


L'appuntamento alle cinque e mezza era diventato ormai un rituale a cui Emma non dispiaceva affatto partecipare quando poteva, molto probabilmente l'influenza di Alice ed Eleonora aveva avuto il suo peso, ma non poteva negare che non era solo per le amiche che stava appostata alla finestra come una stalker in erba.

Quello era il momento della giornata che affrontava con divertimento e che le faceva dimenticare almeno per un po' tutti gli affanni della sua vita, non poteva che ringraziare le sue amiche e ovviamente Mr Perfezione per quello, a volte si chiedeva che nome effettivamente avesse ma poi lasciava perdere, meglio così e poi se avesse scoperto più su di lui non sarebbe più stata la stessa distrazione che rappresentava.

Sbuffò e cercò di concentrarsi su quello che aveva davanti, un'immensa distesa di nero, bianco e grigio puntellata da qualche raro colore che costituiva il suo armadio... era rimasta allibita trovandoselo di fronte, era davvero diventata così cupa? Erano davvero i suoi vestiti quelli? Tutti? Forse qualcuno era rimasto a Londra, cercò di convincersi mentre passava le dita su pantaloni, jeans magliette e camice.

Non aveva neppure uno straccio di vestito! Ma che aveva avuto in testa in quegli anni?! Fece un sorriso leggermente amaro, aveva avuto in testa anche troppo e ora si ritrovava l'armadio di una suora daltonica! Che diavolo si sarebbe messa a quello stupido party? Aveva urgente bisogno di una mano... e di un armadio nuovo.

Sospirò e guardò l'orologio, quel giorno era di turno e sarebbe stata una giornata molto faticosa; erano in programma due interventi interessanti e lei avrebbe dovuto aiutare il suo capo come assistente, seppur una grande occasione, essere considerata meno per la sua età la infastidiva profondamente.

Doveva sopportare e tenere a freno la lingua anche se a volte era difficile farlo quando quello non faceva che guardarla come se la considerasse uno scherzo solo perchè era la più giovane. Con quei pensieri molesti chiuse l'armadio e andò a cambiarsi, dopo essersi preparata e preso la borsa salutò Ele che stava stravaccata sul divano a guardare soap mentre mangiava gelato.

Arrivò in ospedale con qualche minuto di anticipo che sfruttò andando alla saletta caffè dopo essersi messa il camice.

-Emma già qui?-

La rossa si voltò mentre aspettava la sua meritata dose di caffeina e vide Bea, si era dimenticata che anche lei era di turno quel giorno.

-Si meglio arrivare prima che stare in camera a deprimersi...- sbuffò lei prendendo il bicchiere.

-Deprimersi? Perchè?- chiese perplessa l'amica sedendosi.

Lei rimase in piedi appoggiata al muro sorseggiando il caffè.

-Perchè a quanto pare in questi anni non sapevo nemmeno dove stava di casa il colore... il mio armadio è un tempio dell'orrore!-

-Non ci credo- disse divertita Bea mentre mangiava un pacchetto di patatine.

-A cosa non credi?-

A quella riunione improvvisata si era aggiunta anche Gaia che sorridendo canzonatoria era entrata con in mano un sacchetto pieno di biscotti, la dieta era durata almeno cinque giorni, poi aveva mandato al diavolo tutto per una porzione di gelato.

-A quanto pare Emma non ha vestiti nell'armadio... ma scheletri- rispose con tono minaccioso Bea.

-Oh questo si che è interessante... sentiamo che tipo di orrori si celano?- disse Gaia con finto tono serio sedendosi di fianco alla mora.

Emma girò gli occhi ma non poté impedirsi di sorridere, almeno non sarebbe stato così deprimente.

-Diciamo che non ho un vestito e che il colore non esiste...-

-Oh mio Dio... questo è male! Molto male!-

Bea scoppiò a ridere per l'espressione di assoluto scioc che aveva la sua amica, anche per lei era impossibile che Emma non avesse nemmeno un vestito.

-Dai Emma ne avrai almeno uno... magari dimenticato e sommerso da altro-

-Non c'è ve lo assicuro, ci avrò rovistato per almeno mezz'ora e ho trovato solo una minigonna e un pareo... nero- disse quasi sconsolata.

-Ma cosa ti mettevi quando uscivi a Londra!?-

-Bea non uscivo molto! E sinceramente andare per Londra con un vestitino striminzito va bene se vuoi morire assiderata!-

-Oppure non volevi mostrarti troppo ai ragazzi- esordì Gaia mangiandosi un biscotto.

-Come?-

-Si non volevi sembrare troppo bella, per evitare chissà che coinvolgimenti allora andavi si presentabile ma nemmeno come una bomba sexy- disse tranquillamente la psicologa prendendo un altro biscotto.

La rossa guardava l'altra quasi senza parole, era davvero stato così? Evitava di mostrarsi al meglio per non dover impegnarsi? In effetti con i ragazzi che aveva avuto nessuno era durato molto, la relazione più lunga era durata si e no un mesetto e come sempre aveva chiuso lei i ponti, non c'era stata una volta in cui si era sentita almeno in minima parte triste anzi... ne era sollevata!

Non ci poteva credere... ecco un'altra cosa cui doveva ringraziare Lui, sarebbe mai stata capace di avere uno straccio di relazione?!

-Be io vado la mia pausa è finita! Ah Emma, Lis ti aspetta oggi, prima di andare falle una visita!- con un cenno di saluto Gaia uscì dalla saletta tranquillamente come se non l'avesse sconvolta con quel ragionamento.

Bea guarda l'amica dispiaciuta, in effetti Gaia aveva ragione, lei faceva di tutto pur di non lasciare che qualcuno penetrasse quelle mura che aveva eretto intorno al suo cuore, ma non poteva certo biasimarla per questo.

-Ti potrei prestare qualcosa di mio se vuoi...- provò a dire lei cercando di cambiare discorso.

-Uhm? Oh... si, si certo stasera guardo, grazie, adesso vado oggi ho delle operazioni... ci vediamo stasera- mormorò distratta Emma uscendo dalla saletta sotto lo sguardo preoccupato di Bea.


-Mamma non credo che questi vadano bene...- provò a dire Alice mentre rigirava tra le dita una margherita, le sembrava fin troppo semplice come scelta.

-Ma tesoro è un bel fiore!-

-Carino... ma io non voglio solo qualcosa di carino per il mio matrimonio!- sbottò leggermente lei, possibile che dovesse sempre contestare ogni sua decisione?

Quello era il giorno dedicato ai fiori che avrebbero addobbato la chiesa e il ricevimento, di era presa un giorno di permesso dal lavoro trascinata da sua madre nel negozio dell'amica di Ele, Benedetta, e stavano scegliendo.

A volte avvertiva lo sguardo divertito della ragazza per i battibecchi che lei e sua madre si scambiavano, pazientemente aspettava che decidessero cosa fare ma Alice non aveva idea di cosa scegliere, niente le sembrava abbastanza per colpirla, pensava sarebbe stato più semplice! Se si faceva tutti quei problemi solo per i fiori non osava pensare a cosa avrebbe fatto con il vestito!

Be almeno poteva togliere per sempre le margherite dalla lista dei fiori, non che ci fosse mai entrata in quella lista ma almeno era uno in meno a cui pensare.

Si trovò davanti delle peonie e le guardò attenta, non erano proprio il massimo e il colore era decisamente troppo rosa.

-Nel linguaggio dei fiori la peonia simboleggia la rabbia, non credo sia molto indicato per un matrimonio- esordì Benedetta mentre passava vicino a lei con dei vasi e un sorriso leggero sulle labbra.

-Ah davvero? Eppure me le hanno consigliate in molti...- mormorò pensierosa.

-Be se vuoi un consiglio ti direi di usare fiori bianchi e decidere un colore da abbinarci, il bouquet soprattutto dovresti farlo colorato se il vestito che hai scelto è bianco, niente è peggio di un bouquet che nemmeno si vede-

Alice ascoltò attentamente i consigli di Benedetta, davvero quella ragazza era una manna dal cielo, finalmente trovava dei consigli sensati e ragionevoli. In breve si trovarono a parlare di cose che non centravano in nessun modo con il matrimonio, per esempio del fidanzato di Benedetta, Lorenzo, che non si decideva a chiederle di sposarlo ed era più impegnato a fare da allenatore di calcio di una divisione minore invece di stare con lei.

La mora la capiva perfettamente, anche lei spesso si trovava sola per via dei continui turni che Eric era costretto a fare in ospedale, dopo che aveva ottenuto la specializzazione in cardiochirurgia non faceva che passare il tempo in sala operatoria piuttosto che con lei.

Sentiva la ragazza lamentarsi di quando Lorenzo si era quasi dimenticato del suo compleanno quando vide dei fiori, degli stupendi gladioli e immediatamente le venne alla mente un ricordo dolce che le fece sollevare gli angoli delle labbra lentamente.


Si era appena svegliata e si rigirò tra le lenzuola con un sospiro felice credendo di trovare il suo ragazzo proprio di fianco a lei, ma abbracciò il nulla. Confusa si mise seduta e si guardò in giro, dove poteva essere Eric? La sveglia segnava le sette e mezza del mattino, probabilmente era stato chiamato in ospedale per chissà quale urgenza. Sospirò passandosi una mano tra i capelli, sapeva che il lavoro di Eric era importante per lui e doveva farci l'abitudine, stare insieme a un chirurgo, seppur ancora specializzando, voleva dire anche quello.

Doveva alzarsi e tornare all'appartamento che divideva con le altre, magari riusciva ancora a prendere una delle brioches che Bea preparava, erano buonissime e Ele aveva il vizio di mangiarne almeno più della metà, ovviamente l'altra si arrabbiava e finivano per litigare come al solito.

Guardò fuori dalla finestra e sorrise leggermente, pioveva e lei era al calduccio sotto le coperte... poteva rinunciare per una volta alle brioches di Bea! Pensando a quello si sdraiò ancora e si avvolse nelle coperte come un bozzolo e sorrise beata.

Stava per addormentarsi ancora quando sentì dei rumori in casa, assonnata aprì gli occhi e guardò davanti a sé e vide un paio di occhi petrolio mentre la guardavano divertiti.

-Buon giorno...- sussurrò il suo meraviglioso ragazzo mentre si sedeva vicino a lei.

-'Giorno- mormorò lei roca e ancora non del tutto sveglia.

-Vedo che oggi siamo pigri eh...- sussurrò divertito dandole poi un leggero bacio sulle labbra.

-Un po'...- sorrise lei sollevando una mano che posò sulla sua guancia -non hai lavoro oggi?-

-No stranamente ho una giornata libera e per festeggiare questo...- detto questo portò davanti un bellissimo mazzo di fiori.

Alice spalancò gli occhi e prese il mazzo sorpresa, non aveva idea di che fiori fossero, ma le piacevano davvero tanto.

-Sono bellissimi...- disse sorridendo e dandogli un altro bacio.

-Si chiamano gladioli... e nel linguaggio dei fiori significa “Mi trapassi il cuore”- sussurrò lui guardandola negli occhi.

La ragazza rimane ancora più sorpresa, anche dopo tutto quel tempo, anche dopo tutte le cose che erano successe... riusciva ancora a sorprenderla.

-Tu sei il ragazzo più sorprendete che io abbia mai conosciuto-

-Oh ne sono sicuro, per questo mi ami- sorride -Ora alzati ci aspetta una giornata tutta per noi!- dice prendendola in braccio.

Alice rise aggrappandosi a lui lasciando i fiori sul letto mentre loro si diressero verso il bagno, per iniziare al meglio quel giorno.


-Oh quelle sono davvero molto belle-

La voce di sua madre irruppe nei suoi ricordi e la fece tornare al presente, quasi si era dimenticata della presenza delle altre.

-Si sono meravigliose...- mormorò lei sorridendo.

-Allora vada per i gladioli?- disse Benedetta guardandole.

-Si gladioli, camelie e quelli lì piccoli... saranno perfetti per il bouquet- decise Alice soddisfatta, finalmente una cosa in meno a cui pensare per il matrimonio, si stava rivelando particolarmente stancante, dopotutto era così che doveva essere.


Emma stava controllando delle cartelle, compilò le ultime cose e le rimise a posto. Sospirò guardando l'ora, mancava poco alla fine del suo turno e non aveva molta voglia di tornare a casa e affrontare ancora il suo orrido armadio, era già stato abbastanza deprimente una volta.

Doveva passare a salutare Lis, magari parlare con lei l'avrebbe risollevata almeno un po'. Stava per andare quando il cercapersone iniziò a suonare, il capo la chiamava, sorpresa rispose e andò a cercarlo.

Lo trovò nel suo ufficio a guardare degli RM, da quello che lei vedeva da chiunque avesse preso quelle immagini non se la passava per niente bene.

-Ah Castello sei arrivata...- costatò l'uomo con un tono quasi funereo.

-Si signore... aveva bisogno di me?- rispose lei in tono tranquillo, senza far presagire la curiosità che l'aveva presa dalla chiamata.

-Si... tenga e mi dica cosa ne pansa...- disse passandole la cartella con insieme la risonanza magnetica.

Emma la prese e iniziò ad esaminarla, il paziente, un certo Stefano Ferri, aveva un meningioma davvero molto grande, quasi inoperabile per le sue dimensioni ma soprattutto per la sua posizione. Fece una smorfia, quel ragazzo non aveva speranze, certo potevano tirarne via una parte ma avrebbe comunque continuato a crescere.

-Direi che l'unica via è rimuovere una parte del tumore per poi ricorrere alla radio e sperare che questo funzioni... oppure la Gamma Knife potrebbe essere una soluzione- disse infine all'uomo che le stava di fronte.

Per tutto il tempo il chirurgo non le aveva tolto gli occhi di dosso fece un leggero sorriso.

-È quello che ho pensato anch'io, ma ci vorrebbe davvero molto tempo, credo che per ora sia meglio puntare sulla chirurgia e sulla radio-

Emma annuì d'accordo, chiamare tutti quegli specialisti avrebbe richiesto troppo tempo e per il paziente non era per niente consigliato.

-Se posso chiederlo... perchè mi ha chiamato?-

-Vorrei che lei mi assistesse all'operazione, hanno chiesto almeno due specialisti e ho pensato a lei. A Londra ne ha visti molti di questi casi se non sbaglio-

-Si è vero, molti- sospirò pensando che seppur giovane a Londra aveva fatto decisamente più interventi che in quelle settimane lì.

-Bene allora sarà con me in questa operazione, domani arriverà il paziente, tenga pure la cartella-

Emma annuì e salutò l'uomo per poi uscire sospirando stancamente, avrebbe mai avuto uno straccio di intervento tutto suo? Molto probabilmente sperava che con quello potesse fargli vedere quanto valeva come chirurgo.

Andò agli spogliatoi per cambiarsi, salutò delle colleghe e si stiracchiò un po', doveva andare da Lis dopo aver messo le scarpe e preso la borsa uscì andando al suo reparto verso la sua camera, la trovò sul letto mentre leggeva un libro.

-Ciao Lis- disse piano entrando.

L'altra si girò verso di lei e fece un sorriso, o quello che a lei sembrava.

-Ciao Emma-

Emma si avvicinò a lei sedendosi sulla sedia di fianco a lei guardandola.

-Allora come va?-

-Bene credo... e tu? Hai qualcosa da raccontarmi?-

In quei loro incontri c'era una cosa che aveva notato, Lis non amava particolarmente parlare di sé, non che ci fosse da sorprendersi da quello che lei sapeva della sua storia chiunque avrebbe voluto evitare l'argomento, quello che la sorprendeva molto era quanto Lis fosse interessata alla sua di storia, di quanto domandasse cosa facesse e cosa aveva passato.

-Certo, a quanto pare mio padre mi ha invitato ad un party, davvero molto noioso e non ho niente da mettermi-

Forse la cosa di cui doveva preoccuparsi era quanto facile fosse per lei parlare di sé.

-Non ci credo- rispose Lis divertita.

-Invece si! Il mio armadio non ha vestiti o almeno io non ne ho comprati- sospirò pensando ancora alle parole di Gaia, si era rifiutata di stare davvero con qualcuno.

-Come mai?- disse cauta l'altra.

-Credo... credo perchè non ne volessi particolarmente, o forse non volevo avere niente che mi facesse venire voglia di metterlo per fare colpo, ci sono tanti motivi che potrebbero essere plausibili- si strinse nelle spalle un po' a disagio sotto lo sguardo azzurro dell'altra.

-Oh... sai forse può essere stato così fino ad ora, ma credo tu possa andare avanti e prenderti un vestito che ti starà benissimo e farai cadere ai tuoi piedi tantissimi ragazzi a quel party!- mormorò uno strano tono, un misto tra ripianto e rimorso.

-Spero tu abbia ragione- sorrise leggermente e guardò l'orologio -oh cavolo è tardissimo, devo andare. Ci vediamo domani Lis! Ciao!-

Si alzò in fretta e andò alla macchina, forse riusciva a trovare ancora qualche negozio aperto in centro, non era molto positiva in quel senso ma provare non avrebbe certo guastato.

Per chissà quale buona stella trovò un negozio ancora aperto, entrando le saltarono subito all'occhio un paio di vestiti che provò e finalmente ne trovò uno che le stava bene e le piaceva anche! Certo non era molto appariscente ma nemmeno così sottotono, mono spalla che arrivava sopra il ginocchio, viola scuro. Lo comprò e arrivò a casa contenta del suo acquisto, finalmente aveva un vestito.

-Ehi come mai così felice?- le disse Ele mentre passava davanti alla porta.

-Ho trovato un vestito finalmente!- rispose divertita lei mentre metteva la giacca sull'appendino ed entrava in casa facendo un sospiro di sollievo per il caldo dell'ambiente, fuori era davvero freddo.

-Questa si che è una novità- ironica la guardò.

-Lo so! Ora devo andare a prepararmi...-

-Ti aiuto!-

-Ele posso...-

-Ti aiuto non devi ringraziarmi!- disse l'altra sorridendo contenta.

Emma avrebbe potuto benissimo fare da sola ma non voleva dare un dispiacere a Ele, aveva già molto tempo per annoiarsi, certo il lavoro molte volte la chiamava ma erano solo per pochi giorni o settimane e il più delle volte era a casa, per fortuna a settembre avrebbe iniziato in città al loro vecchio liceo.

Andò in bagno per farsi una doccia mentre Ele avrebbe preparato tutto quello che le serviva, o almeno era quello che aveva detto lei. Sotto il getto dell'acqua calda finalmente riuscì a rilassarsi un poco, quella era stata decisamente una giornata pesante... sperava solo che quella serata la facesse almeno un po' distrarre.

Finita la doccia si asciugò i capelli e andò in camera dove si mise il vestito soddisfatta si guardò allo specchio, le stava davvero bene! In quel momento entrò in camera Bea e le sorrise.

-Ecco perchè Ele è così indaffarata! Però alla fine l'hai trovato un vestito...-

-L'ho comprato vorrai dire... e se non ci credi puoi guardare nell'armadio e vedrai l'orrore!- divertita andò da Ele, doveva ammettere che almeno l'aveva sollevata da dover pensare a come truccarsi.

-Vieni vieni! Ti sta benissimo quel vestito Em!- sorridendo la bionda la fece sedere su una sedia e le svolazzò intorno come un'ape operaia.

-Donna di 29 anni che mentalmente ne ha ancora 16... o forse anche meno- commentò Bea scuotendo la testa mentre seguiva Bel che camminava a zonzo per la casa.

-Em Em!- ridacchiava la bimba indicandola.

-Non ti insulto solo perchè siamo in presenza di minori- la fulminò Ele.

Emma alzò gli occhi al cielo divertita, doveva ammetterlo i loro battibecchi le erano davvero mancati, sorride alla piccola facendole ciao ciao con la mano.

Dopo varie schermaglie delle due e varie preghiere di Emma che l'amica facesse almeno qualcosa di decente Ele ebbe finito. Si alzò dalla sedia e andò a vedersi allo specchio sotto lo sguardo soddisfatto della bionda e quello colpito di Bea.

Quando arrivò al bagno rimase un attimo sorpresa, Ele aveva fatto davvero un ottimo lavoro! Quasi non ci credeva di star vedendo se stessa... erano anni che non si vedeva così... affascinante? Sorrise incredula, quella serata doveva essere un successo, non poteva andare altrimenti.

-Ele ereggerò una statua in tuo onore!- disse ridendo.

-Guarda che ci conto io!-

Scuotendo la testa andò in camera mettendo scarpe e dei gioielli, la pochette era sul comodino, gentile concessione di Bea, ed infine la giacca, era pronta per il party.

Salutò le amiche e andò alla macchina stringendosi nel lungo cappotto che aveva preso, forse un vestito così corto non era stata una buona idea. Scosse la testa appena quel pensiero si formò nella sua testa, basta ripensamenti, basta tirarsi indietro per paura di rischiare, doveva andare avanti lasciandosi tutto alle spalle.


-Tu credi che riuscirà a superare Francesco?- esordì Ele guardando l'amica uscire di casa.

-Io... non lo so, potrebbe come no, credo abbia bisogno di svagarsi un po' e magari trovare qualcuno che la meriti davvero- rispose Bea spostando dei capelli dalla fronte della sua piccola mentre concentrata disegnava.

Ele sospirò buttandosi sul divano, aveva uno strano presentimento per quella sera o forse erano solo sue paranoie.

-Forse hai ragione... certo io non posso giudicarla, dopotutto sono ancora bloccata a Luca...- mormorò un po' avvilita dalla verità delle sue parole, era ancora ferma a lui, ancora a pensare agli anni passati insieme, alle risate, ai momenti che non sarebbero più tornati... ma a differenza di Emma era stata lei a volerci rinunciare per motivi che le erano sembrati giusti ma che nei momenti più difficile le sembravano delle sciocchezze.

-E nemmeno io se è per quello... siamo tutte e tre in un bel guaio- un sorriso triste si formò sulle labbra di Bea guardando verso di lei.

Vero tutte e tre si erano lasciate chi per un motivo, chi per un altro si ritrovavano in quella maledetta situazione in cui avrebbero voluto andare avanti ma quei pesi non le facevano muovere nemmeno di un centimetro.

-Be per quel che vale alla fine siamo qui, tutte insieme ad affrontarlo- disse un po' più sicura Ele facendo un mezzo sorriso.

-Per quel che vale? Certo che vale tantissimo!-

-Mama! Mama!-

-Cosa c'è piccolina?-

-Em! El!-

Guardando il disegno della sua piccola dove si poteva intuire Emma seduta con dei capelli rosso fuoco e Ele in piedi con dei pennelli in mano sembrava quasi una scienziata pazza con i capelli biondi sparati di qua e di là. Bea scoppiò a ridere mentre l'amica fece il broncio per il disegno.

-Io non sono così!-


Cosa le era venuto in mente di accettare quel maledetto invito!? Pensava davvero di poter passare una serata divertente!? In mezzo a quella marea di anziani signori... no, vecchi che non facevano altro che decantare i tempi andati e di come ai loro tempi ci fosse più rispetto per i dottori più anziani.

Oh ma quella era l'ultima volta che suo padre la incastrava in uno di quei obrobriosi party! Prese un bicchiere non aveva idea di quale vino e se lo scolò tutto per poi fare un sorriso forzato agli invitati, almeno l'alcool non mancava, unica nota positiva.

Perchè non aveva dato retta al suo istinto e non si era rinchiusa in camera evitando quella botta di vita sociale? La sua solita fortuna ovviamente! Prese un altro bicchiere e proprio mentre stava per scolarsi l'ennesima dose di vino una voce la interruppe.

-Ehi non credi di aver bevuto abbastanza? Certo la serata è un po' un mortorio ma non credo che ubriacandosi si risolva qualcosa...-

Emma si girò per fulminare e insultare chiunque avesse avuto l'ardire di interrompere il suo momento di quiete quando si ritrovò le parole bloccate in gola. Un paio di occhi scuri la guardavano divertiti, ad incorniciarli vi era un viso maschile davvero molto attraente con una leggera barba che ombreggiava le guance mentre i capelli biondo scuro erano tirati indietro in maniera impeccabile. E quello da dove spuntava?

-I fumi dell'alcool ti hanno tolto l'uso della lingua?-

-Io non sono ubriaca!- sbottò lei riprendendosi e guardandolo male, si era l'unico ad avere in apparenza quasi la sua età ma era decisamente irritante per le buone maniere.

-Oh sai lo dicono sempre gli ubriachi-

Quel sorrisetto le faceva venire un prurito alla mano, quanto avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma non era così in là da rovinare il party di suo padre, certo come se ci fosse qualcosa da rovinare.

-Pensala come vuoi, la cosa non mi tocca minimamente- disse per poi sorseggiare dal suo bicchiere.

Lo sconosciuto irritante scoppiò a ridere, così senza un motivo apparente, o forse era un altro modo per prenderla in giro.

-Io sono John comunque- disse quasi si aspettasse che lei rispondesse con il suo nome, be non gli avrebbe certo dato quella soddisfazione!

-Piacere John- disse sorridendo falsamente per poi girare i tacchi -a mai più John!- e se ne andò soddisfatta a cercare qualcosa al buffet, aveva un certo languorino e subito dopo cercò suo padre per congedarsi, non poteva rimanere un minuto di più o sarebbe impazzita, oppure si sarebbe messa a ballare su qualche tavolo ubriaca persa.





























Ehm Salve... si sono ancora viva e in piena attività! Non posso che chiedervi umilmente perdono per il ritardo con cui ho postato questo capitolo ma davvero sono stati dei mesi pieni e difficili per me che mi hanno quasi tolto la voglia di scrivere ma per fortuna questo non è successo ed eccomi qui con questo capitolo! L'avevo pronto da un po' ma volevo aspettare di finire il capitolo dopo per pubblicare questo... si ho un altro capitolo bello pronto per voi xD penso lo pubblicherò quando avrò finito quello dopo ancora così da avere sempre un capitolo pronto in caso. Spero che chi seguiva la storia continuerà a farlo, non ho intenzione di mollare quindi non preoccupatevi se magari ritarderò ancora un po' ma lo studio in questo periodo mi sta davvero portando via un sacco di tempo. 

Per quanto riguarda il capitolo... be vedete l'arrivo di un nuovo personaggio alla fine, sarà abbastanza importante per la nostra Emma ;) 

Sperando di poter pubblicare il prossimo capitolo presto vi saluto!
Recensite mi raccomando! 

Al prossimo capitolo
Baci^^

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Capitolo 6
*** Effimero ***


Effimero

If our hearts are never broken
well there’s no joy in the mending
there’s so much this hurt can teach us both.
Though there’s distance and there’s silence
your words have never left me

***

Se i nostri cuori non si fossero mai spezzati
Be non ci sarebbe gioia nel ripararli
C’è molto che questo dolore può insegnare ad entrambi
Benchè c’è distanza e c’è silenzio
Le tue parole non mi hanno mai lasciato

{Snow Patrol ~ New York}


Era una giornata un po' meno fredda del solito, ma non per questo aveva rinunciato alla sua sciarpa. Guardò il cielo terso mentre con un leggero sorriso portava Isabel all'asilo, presto avrebbe iniziato il turno all'ospedale.

La guardava mentre saltellava di fianco a lei, contenta di andare a giocare con i suoi amichetti e soprattutto di poter sfoggiare il nuovo cerchietto che Emma le aveva regalato, si era impuntata di volerlo mettere quella mattina e ovviamente non aveva potuto dirle di no. Sorrise mentre la teneva per mano, sembrava così spensierata quella mattina, sperava solo che quello stato d'animo durasse per tutto il giorno, dopo quello che era successo con Mirko ci credeva sempre meno.

Vedeva come la mancanza del padre le pesava, ma mai si era lamentata per quello ed era soprattutto quello che la faceva infuriare con lui, non poteva accorgersi che nella sua vita non poteva esserci solo il lavoro? Che c'era anche quella meravigliosa bambina?

Sospirando scosse la testa, ormai era quasi inutile parlarci, non facevano altro che litigare e quello non era certo il bene di Bel.

In poco tempo arrivarono all'asilo vide in quel momento stavano arrivando altri bambini e con uno sguardo distratto passo tra la folla per poi inciampare in una persona. La giornata prometteva così bene, perchè rovinarla subito così?
-Oddio mi scusi...- disse mentre alzava lo sguardo incrociando un paio di occhi fin troppo familiari.

-Bea...- un sorriso caldo la premiò, forse non era poi rovinata così tanto.

-Riccardo... oddio scusami, non ti avevo proprio visto... ma... cosa ci fai qui?- domandò perplessa mentre sorrideva.

-Oh mia sorella non poteva portare la sua piccola, allora l'ho portata io visto che ero per strada- disse guardandola attento per poi abbassare lo sguardo verso la sua piccola.

A differenza dell'ultima volta Bel guardava l'uomo curiosa mentre stava aggrappata alla sua mano, Bea sorrise si era già sciolta.

-Bel ti ricordi di Riccardo?-

La piccola annuì mentre sorrise.

-Ciao Ric-

L'uomo rispose al sorriso mentre si abbassò al suo livello, Bea non poteva che notare quanto quella pettinatura scompigliata gli donasse, soppresso un sospiro, decisamente non era il luogo per certi pensieri.

-Ciao Bel... sai che hai proprio un bellissimo cerchietto?-

Isabel si illuminò tutta a quel commento mentre iniziò a dire quanto era bello e che la zia Em era davvero brava a fare i regali. Bea rimase così sorpresa dal modo in cui Riccardo interagiva con Bel che non riuscì a dire niente, poteva essere più perfetto di quello che era? Non lo riteneva possibile e invece eccolo li, quell'uomo terribilmente attraente, con un senso dell'umorismo che non mancava mai di farla ridere nelle loro pause caffè che stava parlando con sua figlia di quanto un fiocco potesse essere meglio dei brillantini.

-Bel, l'asilo sta cominciando potrai parlare con Riccardo un'altra volta...- mormorò lei rendendosi conto solo in quel momento che la folla ormai era sparita.

Isabel fece un po' di capricci ma alla fine la salutò con un bacetto sulla guancia mentre andò all'entrata saltellando contenta, mentre la guardava non poté fare altro che sorridere. Quando non riuscì più a vederla si girò verso Riccardo e scoprì che la stava fissando con una strana espressione sul viso che non riusciva a capire, ma in qualche modo si ritrovò ad arrossire.

-Be io devo andare, il turno inizia tra poco...- disse lei cercando di apparire meno imbarazzata.

-Oh devo andare anch'io ti do un passaggio!-

-Non vorrei disturbare-

-Non dire sciocchezze, non disturbi mai e poi stiamo andando nello stesso posto!- disse divertito lui mentre Bea non poteva fare altro che accettare l'offerta.

Doveva ammettere che l'auto era davvero comoda, sarebbe riuscita anche a dormirci, ma lei non faceva testo, poteva dormire su qualunque superficie orizzontale.

-La porti tutte le mattine?- esordì lui mentre usciva dal parcheggio.

-Si o almeno tutte le volte che posso, le mie coinquiline mi aiutano davvero tanto e quando non riesci sono loro a portarla-

-Le conosci da molto?- chiese curioso.

Stranamente le sue domande non le davano fastidio, di solito chi era così curioso di impicciarsi degli affari suoi riceveva un bel biglietto per fatti-i-cazzi-tuoi-land ma con lui le sembrava naturale parlare.

-Dal liceo... siamo andate a vivere insieme quando abbiamo iniziato l'università e da allora siamo così- sorride ricordando al primo giorno di convivenza, Ele non faceva altro che lamentarsi dicendo di non aver spazio per le sue cose in camera mentre Ali correva per l'appartamento dicendo di aver dimenticato di sicuro qualcosa.

-Dovete essere molto unite allora-

-Oh non sai quanto- disse ridendo leggermente.

In poco tempo arrivarono all'ospedale e mentre passavano all'entrata Bea scoppiò a ridere.

-No non ci credo-

-Invece si! Era davvero fuori di testa ancora oggi non so come abbia fatto a fondere la pendola con la pasta...- disse divertito.

Lei scosse la testa divertita, non riusciva a credere che il suo coinquilino dell'università avesse fatto una cosa del genere.

Proprio mentre stava per rispondergli senti degli sguardi addosso che erano tutt'altro che amichevoli, volse gli occhi intorno e vide parecchie infermiere e delle dottoresse fissarla con invidia e in quel momento si accorse che era entrata con il dottore più desiderato dell'ospedale... forse era un po' nei guai.

-Ci... ci vediamo in giro allora, devo scappare ora...- disse un po' nervosa.

-Oh certo... ci vediamo-

Senza nemmeno ascoltarlo si diresse verso gli spogliatoi ansiosa anche se in un certo senso si sentiva quasi orgogliosa per come erano andate le cose, Riccardo aveva incontrato lei e a lei aveva dato un passaggio non certo a quelle infermierine senza cervello! Sorridendo leggermente si mise il camice e uscì con la testa alta, davvero quel giorno non poteva iniziare meglio.


-Ok spiegatemi ancora come sono finita in questo posto?!- disse per l'ennesima volta Bea mentre si guardava in giro.

Vedeva donne che saltavano in assoluto delirio mentre stringevano in mano un bicchiere di birra e urlavano a dei ragazzi prestanti che avevano imbastito uno spettacolino improvvisato.

-Perchè Ali voleva avere un'idea di cosa fare per il suo addio al nubilato e voleva averci tutte qui visto che in teoria dovremmo organizzarlo noi- rispose pazientemente Emma mentre sorseggiava la sua birra.

-E io avrei lasciato la mia piccola da mia madre per questo- disse ancora Bea.

-Credo che il messaggio sia arrivato le prime 30 volte in cui l'hai detto Bea- si intromise Ele alzando gli occhi al cielo.

-Una serata di svago non può che farti bene! Anzi! Tutte ne abbiamo bisogno!- trillò allegra Ilaria mentre saltellava un po' brilla, era venuta con Ele visto che nemmeno lei aveva impegni per quella sera.

Alice invece era scomparsa, le aveva mollate lì e sentendo poi il telefono squillare era dovuta andare via di corsa, purtroppo Eric era molto preso in quel periodo e dovevano sfruttare ogni minuto libero, o come aveva detto Ilaria, dovevano fare i conigli in calore. Bea preferiva decisamente non pensare in quei termini. Si guardò in giro per il locale mentre teneva il suo bicchiere vuoto in mano, si sentiva un po' fuori posto in quel luogo però non poteva negare di non godersi la vista... almeno un po'.

-Magari potremmo ingaggiare uno di quei fusti per l'addio- mormorò Ilaria mentre finiva il suo cocktail e lo sguardo indugiava su uno dei ballerini, o meglio, sugli addominali.

-Be non mi lamenterei di certo io- commentò divertita Emma mentre poggiava il bicchiere sul bancone.

-Su questo concordo pienamente- rise Ele sedendosi.

-Se proprio volete lo chiameremo- sospirò rassegnata Bea.

-Ma non fare la finta santa che sappiano che non dispiacerebbe nemmeno a te cara Bea!-

-Non è assolutamente vero Ilaria!- sbottò lei arrossendo leggermente mentre la fulminò con lo sguardo.

-Ha una figlia ed è così timida... non oso immaginare come tu sia riuscita a farla quella bambina-

Ilaria si trovò dei cubetti di ghiaccio in testa appena finita la frase.

-Ma sei impazzita?!-

Bea sogghignò solamente mentre sorseggiava la sua birra, ora era decisamente soddisfatta. Le cadde l'occhio su Emma che sembrava un po' pensierosa per poi sogghignare leggermente, oh lei sapeva il motivo di quel silenzio.

-Emma... perchè non informi le nostre amiche di cosa è successo oggi?- disse tenendo il bicchiere in mano.

Emma si bloccò e socchiuse gli occhi arrabbiata, non aveva la minima intenzione di raccontare cosa era successo quel giorno, a nessuno e men che meno alle altre, già sentiva nelle orecchie le loro supposizioni e consigli, le pressioni per qualcosa che non voleva nemmeno prendere in considerazione.


-Certo che il mondo è proprio piccolo-

Emma si girò di scatto trovandosi davanti l'ultima persona che voleva vedere. Come diavolo era arrivato quel tipo lì!? Incredula lo guardò con una cartella in mano, nel bel mezzo del suo turno in ospedale doveva trovarsi di fronte la persona più irritante che lei avesse mai conosciuto.

-Ah Castello vedo che ha conosciuto il dottor John Smith, è arrivato apposta da Londra per dei corsi avanzati- disse il suo capo arrivando alle spalle dell'uomo.

-Io e la dottoressa ci siamo conosciuti qualche giorno fa- si girò e le sorrise in mondo impertinente -non pensavo proprio di trovarla qui- detto questo si chinò verso di lei -e credo che al nostro ultimo incontro non si sia comportata in modo molto educato... dottoressa- mormorò al suo orecchio con un tono canzonatorio prima di allontanarsi e andare via con l'altro che li guardava un po' perplesso.

Emma li guardò mentre si allontanavano con un'espressione infuriata e allo stesso tempo imbarazzata, quell'uomo era il demonio!


Preferiva dimenticare tutta la faccenda ma ovviamente per sua sfortuna Bea e Gaia avevano assistito a tutta la scenetta.

-Cosa? Cosa è successo?! Ora voglio sapere che è successo a Emma!-

Ilaria quando era brilla era decisamente logorroica, doveva appuntarsi di non prenderle più di un paio di birre.

-Emma che ci stai nascondendo?- chiese Ele con gli occhi avidi di sapere, ovviamente la comare che era in lei pretendeva dettagli.

Emma avrebbe voluto aggiungere ance Bea alla lista nera, era decisamente morta e con uno sguardo omicida gli rese ovvi i suoi pensieri ma l'altra invece di tremare di paura rise semplicemente.

-Emma non fare la timida su-

-Bea sei morta- mormorò a denti stretti Emma guardandola malissimo.

-Eddaiiii Emma dicci dicci!- si lagnò Ilaria guardandola.

-Non è niente! Solo un'insopportabile dottore che è arrivato da Londra- sbottò allora lei infastidita.

-Oh... ooooh... ora ho capito- disse sogghignando Ele.

Ilaria e Bea avevano lo stesso identico sguardo, non andava per niente bene.

-Non fatevi venire strane idee! Io quello non lo sopporto!-

-Oh certo infatti eri molto infastidita quando si è avvicinato a sussurrarti chissà cosa all'orecchio-

-Lui ha fatto cosa!?- dissero in coro le altre due.

Beatrice Rainoldi tu sei una donna morta!” pensò ringhiando Emma.

-Non eravamo qui per organizzare l'addio al nubilato di Ali?- cercò di sviare il discorso senza riuscirci minimamente.

-Devi assolutamente dirci cosa ti ha detto!-

-È qualche proposta indecente vero? Vero?!-

La rossa sospirò affranta e lei che voleva passare una tranquilla serata tra amiche, perchè capitava tutto a lei?!

-Scommetto che è un gran gnocco!-

Decisamente doveva togliere la bottiglia a Ilaria prima che fosse troppo tardi.


Emma guardò distratta gli ultimi esami di una sua paziente, era ancora un po' assonnata per la sera prima. Cercò di nascondere uno sbadiglio, non le avevano dato tregua ma per fortuna era riuscita a sviare il discorso da lei a Bea, sogghignò leggermente, così imparava a parlare a sproposito.

Per non parlare della sorpresina di quella mattina, a quanto pare quella sera Ele si era data da fare, infatti si era vista passare uno degli spogliarellisti del locale davanti alla cucina mentre beveva il caffè. Per fortuna Isabel non c'era o sarebbe stato difficile spiegare la presenza di un fusto mezzo nudo in salotto.

Soppresse una risata con un colpo di tosse quando sentì un paio di mani sui suoi fianchi e un respiro caldo solleticarle l'orecchio.

-Buon giorno Dottoressa- mormorò una voce maschile con un forte accento inglese.

-Togli le mani o te le amputo Smith- sibilò a denti stretti, l'ultima cosa che voleva era aumentare i pettegolezzi che sarebbero arrivati sicuramente alle sue amiche, evitare l'esperienza della sera prima era la priorità.

-Dammi tempo una settimana e mi pregerai per il contrario-

-Dammi tempo trenta secondi e non avrai più la possibilità di fare figli-

Sentì l'altro ridacchiare mentre toglieva le mani e si spostò davanti a lei sorridendo. Gli occhi castani gli brillavano e per un pazzo momento avrebbe voluto allungare la mano e attirarlo a sé, ma finì subito.

-È una minaccia perfida, sai? Non sei gentile... il mondo ha bisogno di me- disse facendole l'occhiolino.

-L'ultima cosa di cui ha bisogno il mondo è la tua progenie, farei un favore all'umanità-

John non sembrò affatto colpito dalle sue parole anzi rise ancora.

-Oh mi divertirò sicuramente qui-

Emma sbuffò ignorandolo, quel tipo era davvero un appiccicoso polipo che doveva tenere per sé i suoi viscidi tentacoli.

Soprattutto in quel giorno, arrivava il paziente dal tumore quasi inoperabile e doveva tenersi pronta per l'incontro e spiegare a lui e ai famigliari l'operazione e la fase successiva. Quella parte era una delle più importanti doveva essere onesta ma non troppo da spaventare il diretto interessato, a meno che il capo non facesse lui gli onori di casa visto che a quanto pare lei doveva solo assistere.

-Stai cercando di ignorarmi per caso?- al solito eccolo a interrompere i suoi pensieri.

-Renderti ancora più insopportabile di quanto già sei non ti aiuterà lo sai?- disse annoiata leggendo gli esami e mettendoli via nella cartella andandosene via.

-Eddai! Permalosa!- le urlò dietro divertito ma lei lo ignorò ancora completamente.

Andò a prendersi un caffè di cui aveva assolutamente bisogno, ma appena mise piede nella saletta le suonò il cercapersone, era arrivato il paziente a quanto pare.

Mentre andava verso la camera un leggero brivido le corse lungo la schiena lasciandole una strana inquietudine, cosa le prendeva?

Entrò nella stanza dove il suo capo era già presente con il paziente, era un uomo sui trent'anni moro con gli occhi grigio-azzurri, il viso era davvero molto carino e qualcosa nel suo sguardo quando si posò su di lei diede una stretta allo stomaco. Stefano Ferri era davvero uno strano uomo che le faceva provare sensazioni ancora più strane.

Irrigidendosi un po' Emma si avvicinò all'uomo che stava già spiegando cosa avrebbero fatto e quali erano i rischi per l'intervento, sentiva il suo sguardo su di sé e non riusciva a capire perchè la stesse fissando con così tanta curiosità, era sicura di non averlo mai incontrato in vita sua eppure dai suoi occhi sembrava che la conoscesse già.

-Ha qualche domanda?- disse il chirurgo dopo aver finito la sua spiegazione.

-Sarete presenti tutti e due all'intervento?- disse piano ma con voce ferma.

Emma era sorpresa dalla calma che sembrava pervadere l'uomo, aveva un tumore che l'avrebbe portato alla morte se non operato e la stessa operazione era molto complicata eppure era come se la cosa non lo toccasse minimamente. Non aveva mai visto una persona reagire in quel modo, non credeva fosse del tutto normale.

-Si saremo presenti io e la dottoressa Castello-

Stefano si limitò ad annuire e non fece altre domande, allora i due si congedarono e dopo un breve colloquio tra di loro Emma andò a prendere il suo meritato caffè.

Si sedette sul divanetto con il bicchiere e la cartella di Stefano, era davvero incuriosita da lui anche se non sapeva bene il perchè, forse era la sua reazione o l'assenza completa di famigliari, di solito era consigliato essere accompagnati da qualcuno, ma lui era da solo ad affrontare una cosa che non era per niente semplice.

Stava sorseggiando dal bicchierino quando Gaia comparve nella saletta.

-Ehi sempre impegnata vedo!-

-Si, è quel paziente di cui ti parlavo, Stefano Ferri, è arrivato oggi- disse sospirando Emma.

-Oh il meningioma, quando lo opererete?-

-Dopo aver fatto tutti gli esami ma non credo che aspetteremmo molto-

-Certo certo, prima è meglio è per lui- disse Gaia guardandola attenta.

Emma sentì lo sguardo dell'altra addosso, prima cercò di non farci caso, ma alla fine cedette e sollevò gli occhi.

-Che c'è?-

Gaia cercò di nascondere il sorriso che voleva formarsi sulle sue labbra, quasi si aspettasse la sua reazione.

-Vedo che questo Stefano ti ha colpito in qualche modo-

-Sempre al sodo tu eh- mormorò lei chiudendo la cartella -Be si. È così calmo! Se fossi nella sua stessa situazione non credo di poter restare così tranquilla. E non ha portano nessuno con lui, ne un genitore o una fidanzata... o fidanzato! Niente, è da solo ad affrontare tutto e io non potrei mai farlo- disse tutto quello che le passava per la mente tanto che le cadde la cartella.

Gaia si piegò subito a prenderla sorridendo leggermente.

-Posso capire che la cosa ti possa destabilizzare ma...- corrugò la fronte dopo aver lanciato un'occhiata al fascicolo.

-Cosa c'è?- disse Emma perplessa.

-Niente solo che... qui c'è scritto Ferrari, non Ferri, credo che tu l'abbia letto male- rise leggermente l'altra.

Emma sbatté le palpebre una, due, tre volte per poi prendere in mano la cartella e lesse il nome che spiccava, inchiostro nero su bianco... Stefano Ferrari.

Ferrari... no, non era possibile.


-Stefano basta davvero, questa conversazione è completamente inutile io non cedo e nemmeno voi... io non sono fatto per dirigere e lo sai! È per questo motivo che ho lasciato a te tutto!... no, fratellino te lo chiedo come favore personale, lasciatemi vivere come mi pare in pace!-


Le sue parole, quei ricordi che cercava di evitare, eruppero nella sua mente come se una diga avesse ceduto. Quella conversazione che aveva ascoltato senza volere, quelle parole che non riusciva a capire in quel momento.


-Tu... tu non torneresti?- sussurrò lei.

-No mai, non è la vita che voglio, non è quello che fa per me, penso che mio fratello se la cavi meglio di me negli affari, Stefano è più bravo di quello che pensa mio padre-


Stefano... Stefano... suo fratello! Il suo dannato fratello! No non poteva essere lui, non poteva esserlo! Quanti altri Stefano Ferrari potevano esistere? Tantissimi! Ma nessuno l'avrebbe guardata in quel modo se non suo fratello.

Deve avergli raccontato di noi” si rese conto improvvisamente, l'aveva riconosciuta e non aveva detto niente!

Quella sensazione, tutto... tutto tornava! Non poteva crederci, non voleva crederci!

Si portò una mano al viso sconvolta sotto lo sguardo preoccupato di Gaia, lei non sapeva, non poteva sapere. Senza dire niente Emma si alzò dal divanetto e uscì di corsa dalla saletta, non riusciva a stare in quella stanza un minuto di più. Passava per i corridoi con la mano ancora davanti alla bocca mentre l'altra era stretta in un pugno tremante. Il destino non faceva altro che beffarla, la vita non faceva altro che prenderla in giro e lei non riusciva più a reggere tutto.

Era arrivata all'entrata quando qualcosa la fece gelare, una voce che non sentiva ormai da 9 anni, una voce che le era mancata come l'ossigeno e che era diventata il suo tormento più grande mentre nella sua mente ripeteva quelle parole che l'avevano annientata. Lentamente si girò verso la fonte e lo vide.

-Stefano Ferrari! È mio fratello! L'hanno ricoverato oggi e io l'ho saputo tre minuti fa! Mi dica subito la sua stanza maledizione!-

Non era cambiato per niente, in 9 anni era forse diventato se possibile ancora più affascinante. Alto, moro, spalle larghe e due occhi azzurro ghiaccio che sembravano poterti congelare da quanto erano freddi o scottarti per la loro intensità.

Era lui, in tutto il suo splendore con i capelli spettinati e l'espressione preoccupata... era proprio lui.

-Francesco...- un mormorio le uscì dalle labbra nello stesso momento in cui venne pronunciato da qualcun altro.

-Rebecca non è il momento!-

-Calmati! Non otterrai niente così tesoro!- disse la bionda guardandolo mentre lo prese sottobraccio.

Emma socchiuse gli occhi con espressione quasi dolorante, per quanto ci provasse non riusciva a muoversi ma proprio mentre era riuscita a fare un passo indietro quegli occhi che tanto aveva amato e odiato al tempo stesso la trovarono e la trafissero.

Francesco spalancò gli occhi riconoscendola, scioccato dalla sua vista, se la situazione non fosse stata così tragica avrebbe riso per quello.

-Emma...-

Il suo sussurro fu tutto quello di cui ebbe bisogno per potersi muovere, mordendosi le labbra fece un altro passo all'indietro per poi voltargli le spalle e correre verso gli spogliatoi con gli occhi lucidi e un peso al cuore che non faceva altro che aumentare tanto da schiacciarla a terra. 

Ehm salve! 

Si lo so, lo so... è passato più di un anno ormai e sono più scioccata di voi da questa cosa! Non avevo idea che ci avrei messo così tanto a pubblicare questo capitolo soprattutto visto che era già bello che pronto, ma sono stati mesi molto impegnati e ho davvero poco tempo per scrivere e quando ne ho guardo il pc senza sapere cosa scrivere... chiedo umilmente perdono per questo ennesimo ritardo e spero che ci sia ancora qualcuno che segue questa storia!
Passando al capitolo.... eh si finalmente è tornato! Non vedevo l'ora di arrivare a questo punto e vi prometto che non abbandonerò mai questa storia anche se ci saranno un po' di ritardi!
Al prossimo capitolo! 

Baci^^

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