In Treatment di HelenHM (/viewuser.php?uid=682485)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Incominciamo ***
Capitolo 3: *** Una ferita all'altezza del cuore ***
Capitolo 4: *** Tutto e Niente ***
Capitolo 5: *** Labbra ***
Capitolo 6: *** Innocenza Deflorata ***
Capitolo 7: *** Autocommiserazione ***
Capitolo 8: *** "Tu sei ... Harry Potter!" ***
Capitolo 9: *** Una metafora perfetta ***
Capitolo 10: *** Un nuovo amico ***
Capitolo 11: *** Tu mi hai salvato ***
Capitolo 12: *** Sfortunate Circostanze ***
Capitolo 13: *** Non ha ucciso nessuno ***
Capitolo 14: *** Sarò in grado di proteggerlo da me stessa ***
Capitolo 15: *** Cuori che battono all'unisono ***
Capitolo 16: *** Mettere a fuoco ***
Capitolo 17: *** Titubanti ed infinitamente felici ***
Capitolo 18: *** Ritornare a respirare ***
Capitolo 19: *** Dolore, rimpianti e desideri mal sopiti ***
Capitolo 20: *** Casa ***
Capitolo 21: *** Un passo falso ***
Capitolo 22: *** Sensi di colpa e recriminazioni silenziose ***
Capitolo 23: *** Restare a galla ***
Capitolo 24: *** Terribile Sensazione ***
Capitolo 25: *** Non ho che te ***
Capitolo 26: *** Nota stonata ***
Capitolo 27: *** Rivalsa ***
Capitolo 1 *** Incubi ***
Un urlo lacerò il velo della notte, propagandosi tra i corridoi avvolti nella penombra del maniero.
Narcissa sobbalzò, sedendosi di scatto sul letto e sospirando sommessamente.
Per l'ennesima notte, Draco era in preda ad incubi terrificanti e lei non avrebbe potuto far nulla per aiutarlo.
Fece per alzarsi, avvolgendo il proprio esile corpo in una lussuosa vestaglia da camera. La mano del marito la fermò bruscamente.
"No" disse con voce ferma, che non ammetteva replica.
"Lucius... ti prego... fammi solo andare a vedere come sta.." Singhiozzò la donna rabbrividendo.
Gli occhi di Lucius, sebbene incastonati sopra un volto di pietra, scintillarono per un attimo, addolcendosi.
"No, mia cara. Sai meglio di me quanto Draco detesti farsi vedere in quello stato. Prova a dormire: presto andrà meglio. Per tutti"
Lucius, dopo aver pronunciato quelle parole, si girò dall'altra parte come a voler troncare la conversazione.
Anche Narcissa si ridistese sotto le lenzuola, ascoltando il respiro rilassato dell'uomo accanto a lei.
Avrebbe tanto voluto credere a Lucius: era solo una crisi momentanea, Draco sarebbe tornato quello di prima e tutto si sarebbe risolto senza lasciare alcuno strascico dietro di sè.
Il suo cuore di madre, però, le suggeriva che Draco non sarebbe mai riuscito a superare quella situazione da solo.
Per questo, prendendo il coraggio a due mani, fece una proposta a suo marito. Il quale, straordinariamente, sembrò essere d'accordo con lei.
Forse le condizioni di loro figlio erano davvero più gravi del previsto.
Quella mattina, l'atmosfera in casa Malfoy era particolarmente tesa.
Narcissa beveva a labbra strette una tazza di tè, occhieggiando nervosamente verso Lucius, il quale fingeva di essere assorto nella lettura della Gazzetta del Profeta.
Draco, invece, sembrava essere perfettamente a suo agio. Seduto mollemente sulla sedia, sbocconcellava un biscotto, guardando fisso davanti a sè.
Sua madre decise di rompere quel glaciale silenzio. Non aveva senso girare ancora intorno al problema. Doveva essere risolto e basta.
Suo figlio avrebbe potuto strepitare, piangere, indignarsi, scandalizzarsi ma niente l'avrebbe fatta desistere.
"Draco" lo chiamò sorridendogli.
"Sì, Madre" rispose automaticamente lui, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
"Penso che sia arrivato il momento di parlare del tuo piccolo ... disturbo notturno"
Il diciottenne si irrigidì immediatamente, mentre una sgradevole sensazione di calore incominciava a pizzicargli le guance, solitamente esangui.
"Non so proprio a che cosa tu ti riferisca"
Narcissa ignorò quest'ultima esternazione "Io e tuo padre pensiamo che dovresti farti aiutare da un ... Guaritore" ...
"Esperto in Disturbi Mentali, ovviamente"
Aggiunse quest'ultima informazione tutta d'un fiato, mentre sul volto di Draco si dipingeva un espressione di indignazione totale.
Lui, un Malfoy, da uno ... strizzacervelli? Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere.
"Non c'è n'è bisogno, madre. Io sto benissimo" disse in tono rassicurante, ostentando la solita espressione altera.
Madre e figlio sobbalzarono entrambi quando Lucius, perdendo le staffe, sbattè violentemente il pugno sul tavolo.
Sebbene avesse, con quel gesto, rovesciato il contenuto di una caraffa sulla candida tovaglia, nessuno degli elfi domestici ebbe il coraggio di farsi avanti per pulire.
"Questa è una bugia!"
Narcissa lo richiamò, intimandogli silenziosamente di smetterla. Ma lui parve di non averla neppure sentita. La rabbia gli sfigurava i lineamenti, rendendolo estremamente inquietante.
Si avvicinò al volto del figlio, prendendolo tra le mani. "Guardami!" sibilò.
Draco non potè far altro che scontrare i suoi occhi con quelli del padre.
Ciò che vi vide riflesso dentro lo destabilizzò: paura, rabbia, delusione ma anche ... affetto? Forse perfino un briciolo di preoccupazione?
"Questi non sono solo semplici incubi e credo che tu lo sappia meglio di me" esordì Lucius
"Qualcosa dentro la tua testa si sta ribellando, facendoti soffrire terribilmente. Devi distruggerlo, prima che questo distrugga te"
Draco si morsicò nervosamente il labbro, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Si sentiva così stupido, così infantile, così ... debole. Quanti avevano combattuto durante la guerra?
Quanti avevano visto morire i propri cari ed erano rimasti feriti, nel corpo e nell'animo? Centinaia, forse migliaia di persone.
E allora perchè proprio lui, fra tanti, non era ancora stato in grado di superare quel trauma?
Gli incubi erano incominciati circa sei mesi dopo la morte di Voldemort, proprio nel momento in cui il Mondo Magico si risvegliava dal torpore depresso in cui era sprofondato.
Finalmente, ci si rendeva conto di ciò che era accaduto: Harry Potter aveva sconfitto l'Oscuro Signore.
La Seconda Guerra era finalmente conclusa.
I superstiti avevano ripreso faticosamente la propria esistenza dal punto in cui gli eventi l'avevano improvvisamente interrotta cercando, giorno dopo giorno, di elaborare un lutto che non sarebbe mai scemato del tutto.
Ma lui non ne era stato in grado, dilaniato da sensi di colpa che nessuno avrebbe mai potuto comprendere.
Men che meno uno stupido strizzacervelli.
Non aveva bisogno di nessuno, lui.
Era perfettamente in grado di gestire la situazione... d'altronde si trattava solo di un paio di incubi, niente che non fosse in grado di lenire con l'aiuto del Distillato della Pace ...
Certo, in quel periodo ne aveva consumato un bel pò, senza grandi risultati ...
Ma insomma, in ogni caso non era così malandato. Non al punto di visitare un medico per i pazzi, comunque.
"Non sono pazzo" disse Draco con un filo di voce.
"Nessuno ha detto questo Draco, nessuno ..." sussurrò la madre, prendendogli una mano.
"Per questo, non ho ancora intenzione di vedere questo ... Guaritore" calcando sulla parola Guaritore come se fosse un insulto.
"E' la mia ultima parola"
E con una espressione imperturbabile si districò dalla stretta della madre e si alzò, lasciando la stanza in modo plateale.
Una settimana dopo, un decisamente infelice e torvo Draco Malfoy si trovava nella sala d'aspetto del medico.
Angolo dell'Autrice:
Buonasera a tutti! Questa è la mia primissima Draco/Harry quindi abbiate pietà di me.
Ho deciso di complicarmi la vita pubblicando questa storia, visto che sto contemporaneamente scrivendo "Nessuno avrebbe mai saputo".
Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo primo capitolo ... mi raccomando recensite, recensite, recensite! A prestissimo.
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Capitolo 2 *** Incominciamo ***
Una settimana dopo, un decisamente infelice e torvo Draco Malfoy si trovava nella sala d'aspetto del medico.
In quel momento era pervaso da un istinto omicida, che avrebbe volentieri concretizzato nei confronti dei suoi genitori.
Lo avevano ricattato. Se lui non si fosse fatto curare, loro gli avrebbero tagliato i fondi. Insomma, non aveva avuto alcuna scelta.
Si sentiva bruciare di vergogna, il suo orgoglio era stato calpestato senza alcun ritegno dalle persone che avrebbero dovuto proteggerlo.
Sperava con tutto il cuore che la sua "terapia" (storse la bocca al pensiero) non divenisse di dominio pubblico.
Ci mancava solo che le riviste scandalistiche si avventassero come avvoltoi sui suoi problemi, investigando sulla sua effettiva salute mentale.
Già immaginava i titoli "SEGRETI E RIVELAZIONI SULL'EREDE DI CASA MALFOY", "DRACO MALFOY ED I SUOI INCUBI PIU'OSCURI" ed altre amenità del genere.
Guardandosi intorno, però, dovette constatare che i suoi genitori avevano scelto il meglio per lui.
"Come minimo" pensò sprezzante. Il locale era decisamente molto accogliente e ... femminile.
L'intuizione che aveva appena fatto capolino nella sua testa fu immediatamente confermata dall'arrivo del fantomatico guaritore.
O forse sarebbe stato meglio dire guaritrice. Un'affascinante strega gli si parò davanti con un'espressione estatica stampata sul volto, come se la sua presenza fosse dovuta ad una bellissima ed inaspettata sorpresa.
Non indossava nessuna divisa da lavoro, constatò meravigliato Draco, ma portava con estrema naturalezza un lezioso vestitino colorato.
Gli strinse forte la mano, inondando le narici del ragazzo con il suo delicato ma penetrante profumo.
"Ciao! Io sono Columbine Willowitch" esordì con voce stridula.
"Tu devi essere Draco!" trillò "E' un vero piacere conoscerti. Ho sentito tanto parlare di te ..."
Draco la guardò esterefatto, dimenticandosi persino di assumere quel cipiglio furente che aveva deciso di adottare di fronte al medico.
Si lasciò condurre come un automa nel suo studio, che gli ricordò immediatamente una versione migliore della torre della professoressa Cooman.
Le luci soffuse, le candele profumate, il fuoco che scoppiettava nel camino fecero sentire Draco immediatamente e straordinariamente a suo agio.
Prese posto nella poltrona di chintz colorato che la dottoressa gli indicò, guardando esterefatto l'enorme pensatoio che troneggiava in mezzo alla stanza.
Ne aveva visto solo uno, molto tempo prima, nello studio di Silente ... Non doveva pensarci. Non poteva pensarci.
Nel frattempo, la giovane donna -seduta di fronte a lui- lo stava osservando.
Draco se ne accorse e si rese conto di dover essere sembrato un perfetto imbecille, visto che non aveva ancora spiaccicato mezza parola e si guardava intorno con un'espressione stupefatta.
Decise di recuperare un pò di dignità, assumendo una migliore postura ed indossando la sua solita espressione da figlio di papà annoiato.
Poi, guardandola dritta negli occhi, pensò: "A noi due, dottoressa".
Forse non sarebbe stato poi così male.
"Allora Draco" esordì Columbine, un incoraggiante sorriso stampato sul volto. "Che cosa posso fare per te?"
Il ragazzo si schiarì la voce, prima di rispondere provocatoriamente
"Potrebbe dire ai miei genitori che questa storia della cura è un'enorme cazzata e lasciarmi andare, per esempio"
Sperava di averla sconvolta con quell'atteggiamento, per questo rimase deluso quando vide che la donna non sembrava essere stata particolarmente toccata dalle sue parole.
La dottoressa lo stava fissando con un sorriso amabile stampato in volto.
Si era persino appoggiata al bordo della poltrona per potersi avvicinare meglio al ragazzo, come se avesse intenzione di stabilire una maggiore intimità o di confidargli un segreto.
Draco decise di detestare quella donna.
L'interesse nei suoi confronti, lo sguardo di compassione, l'atteggiamento accomodante erano stati costruiti ad arte. A lei non importava niente dei suoi problemi. Il mostrarsi comprensiva faceva parte del suo lavoro.
Per questo, si irrigidì quando la terapeuta gli sussurrò quella frase:
"Draco, questo non è un gioco. Quindi, se hai intenzione di farmi perdere tempo, ti chiedo di andartene. Ma se decidi di rimanere, collaborerai con me. Non sono tua nemica. Devi credermi"
Malfoy si trovava di fronte ad un bivio: avrebbe potuto percorrere il sentiero più semplice, scappando dalla terapia e dai suoi demoni interiori, mentendo a se stesso e deludendo – per l'ennesima volta – le aspettative dei suoi genitori.
Imboccando la strada più ripida e tortuosa, invece, avrebbe dimostrato di non essere un vigliacco, dopotutto.
Senza tuttavia nascondere un'espressione di sufficienza, non mosse un centimetro del proprio corpo dalla poltrona.
La Willowitch lo guardò, nascondendo un sorrisetto compiaciuto.
Con tono svogliato, il ragazzo le chiese in che cosa sarebbe consistita questa "terapia"
"Il trattatamento dei disturbi psicologici, nel Mondo Magico, avviene essenzialmente in due modi. Da un lato si somministrano delle pozioni create su misura del paziente, principalmente per tenere sotto controllo i sintomi più debilitanti. Nel tuo caso, per esempio, potremmo ridurre considerevolmente il problema degli incubi"
La strega ignorò l'espressione incredula e sprezzante del suo paziente
"Dall'altro lato, però, è necessaria una elaborazione dei ricordi. Ciò significa che, attraverso il Pensatoio, scandaglieremo insieme la tua mente, provando a riflettere insieme sugli eventi che maggiormente ti hanno colpito od hanno influenzato la tua esistenza"
Draco era seccatissimo.
Pensava che si sarebbero limitati a qualche stupida chiacchierata sul suo passato o su come si sentisse al riguardo.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata così invasiva, così penetrante e così imbarazzante.
Ma ormai aveva accettato di collaborare e non si sarebbe tirato indietro per niente al mondo, anche se le sue viscere tremarono al pensiero di ciò che avrebbe potuto scoprire su se stesso.
"Ovviamente" la voce della strega lo ridestò dalle sue elucubrazioni
"Sarai tu a mostrarmi i ricordi che ritieni essere particolarmente rilevanti per te. In qualsiasi momento, potrai interrompere la nostra "passeggiata" tra i tuoi pensieri. Inoltre, anche se lo ritengo ovvio, è bene che tu sappia che la privacy del paziente è una prerogativa.
Tutto ciò di cui verrò a conoscenza rimarrà sigillato in questa stanza"
"Quindi ... non dirà nulla ai miei genitori? Qualsiasi cosa dovesse accadere? Qualsiasi cosa dovesse conoscere su di me?"
chiese Draco titubante, sebbene odiasse mostrarsi così vulnerabile, soprattutto agli occhi di una sconosciuta.
"Ma certo che no!" La donna strabuzzò gli occhi e socchiuse le labbra con fare indignato.
"Il nostro rapporto, per poter funzionare a dovere, deve basarsi sulla fiducia reciproca. Tu devi fidarti di me, Draco" disse in modo infervorato.
"E' essenziale"
"Ok" sussurrò con un filo di voce Draco.
"Incominciamo?"
"Incominciamo"
Angolo dell'autrice:
Grazie mille a tutti coloro che hanno incominciato a seguire questa storia. Vi prego, recensite.
E' davvero importante per me conoscere il vostro punto di vista, quindi ogni opinione/critica sarà ben accetta!
A prestissimo.
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Capitolo 3 *** Una ferita all'altezza del cuore ***
"Partiamo
da un ricordo a tua scelta, Draco"
"Uno... qualsiasi?"
domandò il ragazzo
Columbina
assentì con il capo, mentre un gesto invitante della mano
gli facevo segno di proseguire.
La
scelta avvenne quasi di sè. Estrasse con una certa urgenza
il ricordo dalla sua mente, ma poi si bloccò di fronte al
pensatoio. Stupidamente, si trovò a riflettere sugli strani
simboli e rune incise su di esso, chiedendosi pigramente che cosa
volessero comunicare. Accarezzò pensosamente l'oggetto,
tastandone la consistenza dura e gelida: era effettivamente
affascinante quello strumento. Poi ritornò in sè,
rendendosi conto dell'enormità del gesto che stava per
compiere: era in procinto di rivivere il momento che aveva
irrimediabilmente cambiato la sua esistenza. Sarebbe stato straziante
ed umiliante, ma coraggiosamente decise di potercela fare.
Versò la sostanza argentata che fino a quel momento aveva
tenuto sospesa sulla punta della bacchetta, chiudendo gli occhi e
trattenendo il respiro si immerse nella voragine che si era appena
creata.
Vedere
la miniatura di se stesso fu allo stesso tempo malinconico e buffo.
Avvertiva il respiro della Guaritrice dietro di sè, ma non
si voltò.
La
versione undicenne di Draco Malfoy era appollaiata elegantemente su uno
sgabello di Madama McClan; indossava una tunica nera intorno alla quale
si stava affaccendando una sarta con metro e spilli. Draco ricordava il
suo stato d'animo in quel momento: con suo grande disappunto, i suoi
genitori lo avevano lasciato lì da solo per occuparsi di
altre faccende. L'irritazione lo inondava ad intervalli, facendogli
contrarre impercettibilmente la mascella. Sperava almeno che, una volta
terminata quella tortura (le braccia gli si erano indolenzite a furia
di stare nella stessa posizione), suo padre gli avrebbe concesso un
regalo per farsi perdonare. Una scopa da corsa sarebbe stata l'ideale.
L'arrivo
di qualcuno lo distolse da quei pensieri capricciosi, attirando la sua
attenzione. E fu così che il celeberrimo Harry Potter fece
ingresso nella sua vita.
La
titolare del negozio lo invitò a salire sulla sedia accanto
alla sua, così ebbe la possibilità di osservarlo.
Era un ragazzino smilzo e malvestito; i capelli scompigliati gli
ricadevano disordinatamente sulla fronte ed i vivaci occhi verdi erano
coperti dalle lenti di un paio di occhiali piuttosto malridotti.
Non
sembrava essere una persona particolarmente interessante: eppure Draco
ne fu immediatamente affascinato. Il suo coetaneo sembrava stupefatto e
meravigliato, continuava a guardarsi intorno con espressione trasognata
e fare nervoso, come se fosse di fronte a qualcosa di completamente
nuovo per lui. Ma era assurdo, si disse Draco: chi non era mai stato a
Diagon Alley prima di allora? Decise di rivolgergli la parola, con il
suo solito fare strascicato, cercando di ostentare la sua solita
indifferenza e soffocando l'inspiegabile senso di tensione che
avvertiva alla bocca dello stomaco.
La
scena cambiò improvvisamente: al posto del negozio di
sartoria, Draco e Columbine si ritrovarono sull'Espresso di Hogwarts.
Draco guardò di sottecchi la guaritrice, chiedendosi che
conclusioni potesse aver tratto da quel breve episodio. In
realtà, la Willowitch sembrava essere deliziata di
ritrovarsi sul treno, dopo tutto quel tempo. Incrociando il suo
sguardo, gli fece incoraggiante l'occhiolino.
Il
viaggio si era fatto particolarmente interessante nel momento stesso in
cui aveva messo piedi sull'Espresso. Si vociferava che in qualche
scompartimento fosse seduto il grande Harry Potter, il bambino
sopravvissuto, l'unico ad essere sfuggito alla maledizione senza
perdono ... Dravo voleva assolutamente conoscerlo, diventare suo amico.
Lucius sarebbe stato immensamente fiero di suo figlio se fosse
diventato intimo di una delle massime celebrità del mondo
magico. Alcuni nostalgici sostenitori di Voldemort ritenevano che Harry
potesse essere un oscuro e potente mago, dotato di poteri talmente
straordinari da essere stato in grado -ancora in fasce- di sconfiggere
il più temibile essere della Terra.
Accompagnato
dai suoi immancabili ed inutili scagnozzi, Draco fece un giro di
perlustrazione dei corridoi, fremente di aspettativa. Spalancando la
porta dello scompartimento, per poco non si strozzò dalla
sorpresa: il ragazzo che aveva incontrato a Diagon Alley, con il quale
aveva chiacchierato, era ... Harry Potter? E quello di fianco a lui,
con quegli orribili capelli rossi doveva essere uno dei Weasley.
Rivoltante. Forse il povero Potter non aveva ben compreso chi fosse il
suo compagno di viaggio ... aveva bisogno di aiuto.
Draco
chiuse gli occhi, quasi tremando. Non voleva vedere. Sperò
con tutto il cuore che non accadesse ciò che invece sapeva
sarebbe successo di lì a poco. Mentalmente, pregò
se stesso di non compiere quello stupido ed umiliante gesto. Ma poi,
com'era prevedibile, vide la sua versione undicenne allungare la mano
verso Potter, offrendogli la propria amicizia e la propria ... lealtà.
Ma Potter aveva calpestato il suo ego senza ritegno, rifiutando di
stipulare quel patto, così vantaggioso per entrambi. Lo
aveva preferito a ... Ronald Weasley. Per la prima volta, il
viziatissimo ed osannato discendente di una delle Casate più
nobili del Mondo Magico era stato volutamente ignorato. Disprezzato.
Ovviamente, all'epoca il
ragazzino aveva incassato il colpo con grande stile, mentre dentro di
sè avvertiva infrangersi il suo orgoglio. Harry gli aveva
inferto una ferita che non era mai guarita del tutto: era stata
malamente ricucita, ma talvolta sgorgava ancora sangue da essa. Draco
non l'avrebbe mai confessato neppure a se stesso, ma il taglio si
trovava proprio all'altezza del cuore.
"Non tarderai a scoprire che
alcune famiglie di maghi sono molto migliori di altre, Potter.
Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate...? In questo
posso aiutarti io"
Allungò la mano
per stringere quella di Harry, ma il ragazzo non la prese.
"Credo di essere
capace di capire da solo le persone sbagliate,grazie" gli rispose gelido.
Draco Malfoy non
arrossì, anzi le guance pallide gli si tinsero di un vago
colorito roseo.
(Harry Potter e
la Pietra Filosofale, J.K. Rowling)
Quello
scambio di parole, le voci infantili di Draco ed Harry, incominciarono
a rimbombare, mentre le immagini si facevano sempre più
distanti e confuse e tutto sembrava turbinare intorno a loro.
Un
istante dopo, Draco e la guaritrice vennero scagliati bruscamente fuori
dal Pensatoio.
Angolo dell'autrice:
Ecco
il terzo capitolo. Onestamente ho fatto un pò fatica a
scriverlo, soprattutto perchè volevo fornire una mia
interpretazione di questo episodio.
Fatemi
sapere che cosa ne pensate, ogni parere o critica è
assolutamente ben accetto!
Grazie
a tutti coloro che leggono/seguono questa storia. A presto
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Capitolo 4 *** Tutto e Niente ***
Ansante,
il ragazzo riordinò i capelli facendevi scorrere sopra una
mano. Si sentiva scombussolato ed imbarazzato, per questo
evitò di incrociare lo sguardo di Columbine, la quale era
impegnata a lisciarsi il vestito, tutto spiegazzato.
Una
volta seduti, entrambi rimasero in silenzio, come soppessando
ciò che avevano appena visto e rivissuto. Il primo ad
infrangerlo fu lo stesso Draco, il volto acceso: "Spero che non abbia
interpretato questo ricordo in modo sbagliato"
Columbine
sorrise sorniona, socchiudendo gli occhi. Draco ebbe la spiacevole
sensazione che gli stesse leggendo nel pensiero. Poi, enigmatica,
cinguettò "E
quale sarebbe l'interpretazione corretta?"
Sembrava divertita, notò con disappunto il ragazzo. Dovette
reprimere il desiderio di alzarsi ed andarsene via, per non tornare mai
più. Quella donna si stava letteralmente prendendo gioco di
lui e dei suoi sentimenti. La odiava. E detestava se stesso per averle
mostrato quella parte così intima e privata di se stesso, un
frammento della propria anima che avrebbe tanto voluto seppellire per
sempre.
E'
vero, la guaritrice stava sorridendo: ma non per i motivi paventati dal
giovane Malfoy. In realtà, era semplicemente molto
soddisfatta. Non c'era stato bisogno di scandagliare troppo
approfonditamente gli abissi della mente del ragazzo per scoprire la
fonte del malessere che da troppo tempo lo attanagliava. Solitamente,
durante le prime sedute, i pazienti si limitavano a rivivere momenti
felici della propria esistenza, troppo impauriti per inoltrarsi verso
la sorgente delle proprie paure e dei propri timori. Si trinceravano
dietro una fortezza, per paura di doversi confrontare con i propri
limiti. Era compito di Columbine trovare un varco in quelle muraglie
apparentemente inespugnabili. Ma con Draco era stato diverso:
nonostante quella strafottente aria da aristocratico, le aveva appena
consegnato – su un piatto d'argento – la causa del
suo dolore, regalandole le chiavi della sua anima. Ora sarebbe toccato
a lei farne buon uso.
"Harry Potter"
disse Columbine , scandendo lentamente le sillabe. Draco
trasalì: quel nome racchiudeva tutto e niente; tutto quello
che desiderava ardentemente, niente di ciò che avrebbe
avuto. "Che cosa
significa per te?"
Una
goccia di sudore imperlò la candida fronte del ragazzo. Poi,
con voce stentorea, rispose sibilante: "E' il Salvatore del Mondo
Magico, no? San Potter, il Bambino Sopravvissuto e tutte quelle
stronzate..."
"Draco" lo
richiamò severamente la Guaritrice. "Non ti ho chiesto il ruolo che
viene riconosciuto a Potter nella nostra società. Ti ho
domandato quale valore tu, personalmente, attribuisci alla sua persona"
Il
giovane rampollo la guardò, serrando emblematicamente le
labbra. Non aveva intenzione di trascorrere il resto della seduta
analizzando i suoi sentimenti per lo Sfregiato. Insomma, pensava che il
ricordo fosse già abbastanza eloquente senza bisogno di
indagare ulteriormente.
Non
nascondendo una certa impazienza nel tono di voce, la Willowitch allora
formulò una domanda più diretta: "Insomma. Perchè hai
scelto questo ricordo? Avresti potuto optare per qualcos'altro. Eppure,
hai automaticamente fatto riferimento a Potter. Credo che sia molto
significativo"
Draco,
alzando studiatamente il sopracciglio, la sfidò , facendole
il verso:
"Mi dica. Lei che cosa ne pensa
al riguardo?"
Columbine
sembrò accettare la sfida.
"Penso
che tu abbia solo molta paura di fronteggiare la realtà. Ti
sei avviluppato in una confortante rete di bugie e mezze
verità: per un pò ha funzionato, ma poi ti sei
sentito in gabbia. Vorresti poter vivere liberamente le proprie
emozioni, ma ti hanno inculcato l'importanza di celarle. Ritieni che
provare dei sentimenti verso qualcuno, chiunque, sia un segno di
debolezza e vergogna, da nascondere e sotterrare"
Il
lampo di rabbia che incendiò per un istante gli occhi
solitamente gelidi di Malfoy fecero comprendere a Columbine di aver
colpito nel segno.
"E'
finito il tempo di mentire a se stessi, Malfoy. Il tuo corpo e la tua
mente si stanno ribellando, le emozioni autentiche vogliono finalmente
emergere. Draco, vuoi semplicemente essere te stesso"
Draco
rimase zitto e fermo, mentre la mente lavorava frenetica. Quella
guaritrice era riuscita in poche parole a descrivere esattamente il suo
stato d'animo degli ultimi mesi. Sapeva il fatto suo, doveva
riconoscerlo.
"Per quanto riguarda
ciò che abbiamo visto nel Pensatoio" la
tensione nella stanza si fece immediatamente palpabile, mentre Draco si
accigliava.
"Hai
scelto quel ricordo perchè Potter è
l'esemplificazione di tutto ciò che vorresti essere ed
avere. A che cosa servono un patrimonio ingente, abiti raffinati, un
bel faccino se non a raggiungere il potere? Tu eri destinato a
diventare il divo di Hogwarts, avevi tutte le carte in regola per
esserlo. Idolatrato, rispettato, temuto, come sarebbe convenuto ad un
vero Malfoy. Ma poi, lo scettro di "Ragazzo d'oro" ti è
stato sottratto ancora prima di impugnarlo. Tutta colpa di quel Potter:
era insignificante, eppure così famoso. Per la prima volta,
su quel treno, hai sentito le spire dell'invidia avvolgersi intorno al
tuo cuore. E poi ... vogliamo parlare del Grande Rifiuto? Tu, da sempre
cresciuto nella bambagia, viziato come un principino, sei stato
brutalmente rifiutato dall'unica persona verso la quale avessi mai
provato genuino interesse. Potter ti ha affascinato fin dal primo
momento, fin dalla prima occhiata, è evidente. Non potendolo
rispettare, hai trasformato questo interesse in acredine ed odio. Come
si fa ad amare coloro che non ci desiderano? E' frustrante. Per questo,
spesso, si ricorre alla negazione. Si trasforma ciò che era
amore in odio. Si ribaltano i propri sentimenti per paura di viverli
appieno"
Draco
la fissava a bocca aperta. Poi balbettò,
imbarazzato "Lei
è molto... molto brava, signorina Willowitch"
"Grazie caro" gli
rivolse un sorriso smagliante.
"Ma ... da come ne parla lei,
sembrerebbe che io sia (Draco abbassò
sensibilmente la voce)
attratto da Potter" una pausa imbarazzata. "In quel senso"
"L'hai
detto tu, Draco. Io non ho pronunciato niente del genere"
Il pendolo color cipria
dello studio segnò implacabilmente la fine del tempo
disponibile. La prima seduta era terminata, lasciando il paziente
dilaniato da dubbi atroci.
Angolo
dell'autrice:
Stasera ero particolarmente ispirata e mi sono cimentata nella stesura
di questo capitolo. Spero che il risultato non sia deludente.
Grazie mille a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra le
preferite/seguite/ricordate. Un ringraziamento speciale anche a chi ha
lasciato/lascerà una recensione.
Alla prossima seduta ;)
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Capitolo 5 *** Labbra ***
Uscì
dallo studio medico pervaso da un'insopportabile sensazione di
incompletezza. La Willowitch aveva fatto delle illazioni
pressochè inaccettabili, alle quali lui non aveva avuto la
prontezza di rispondere a tono.
Lui
... affascinato da San Potter? Quel deficente patentato, la cui unica
fortuna nella vita era stata avere una inutile e volgare cicatrice
sulla fronte? Sputò per terra, al solo pensiero. Era Potter,
se mai, a dover essere irrimediabilmente influenzato dal suo
invidiabile fascino. E poi, che cosa aveva insinuato quell'imbecille di
guaritrice? Forse che lui fosse ... attratto dai ragazzi? Era
inaccettabile, assolutamente inaccettabile pensò, mentre si
smaterializzava. Chissà se c'erano gli estremi per porgere
una denuncia al Ministero contro di lei.
Una
volta giunto al Maniero, vide Narcissa quasi corrergli incontro.
Trafelata, lo strinse amorevolmente a sè, chiedendogli come
fosse andata. Crudelmente, Draco si sottrasse alla sua stretta e, senza
rispondere a nessuna delle sue domande, si diresse verso camera sua. Il
rumore della porta sbattuta, che rimbombò per tutto il
corridoio, fu una risposta più che eloquente.
Narcissa
guardò con occhi acquosi il marito; dal canto suo, Lucius
sembrava essere perfettamente a suo agio, seduto alla scrivania del suo
studio. Distolse per un attimo lo sguardo dalle carte che stava
controllando meticolosamente, alzando il sopracciglio come per dire: "Beh, che cosa ti aspettavi?"
"Oh,
Lucius. Forse abbiamo sbagliato ad obbligarlo. Mi sento così
in colpa ... "
"In colpa per cosa? Per volere
che tuo figlio stia meglio? Draco sta attraversando un brutto momento,
il che è più che comprensibile considerati gli
eventi dell'ultimo periodo..." il suo sguardo si
adombrò per un attimo, al pensiero di essere in parte
responsabile. "Ma ne
uscirà, ne sono certo cara. Per farlo, però,
dovrà sconfiggere le proprie paure e i propri demoni
interiori. E la terapia è l'unica strada percorribile in
questo momento"
Narcissa
singhiozzò appena, scuotendo leggermente il capo. Lucius
aveva ragione, come sempre. Draco aveva bisogno di aiuto e Columbine
Willowitch era la migliore. Alla fine Draco li avrebbe perdonati per
quella brusca intromissione nella sua vita privata e li avrebbe persino
ringraziati.
Camminava
velocemente tra i corridoi di Hogwarts, guardandosi indietro, come per
paura di essere seguito. Voldemort gli aveva appena consegnato un
compito e lui si sentiva oppresso da quella responsabilità
mortifera e fatale. "Un
passo falso e sei morto" continuava a ripetersi
ossessivamente, quasi come fosse una specie di mantra. Una volta giunto
di fronte alla Stanza delle Necessità, scoprì con
orrore di non essere solo. Potter era lì, appoggiato al
muro. Sembrava stesse aspettando qualcuno ... forse lui? Spinto da una
forza incontrollabile, si avvicinò pronto a colpirlo e ...
le loro labbra si scontrarono.
Narcissa
e Lucius vennero svegliati dalle ennesime urla strazianti. Draco stava
facendo un brutto sogno, era evidente. Non accesero la luce, aspettando
in silenzio la fine di quei gemiti e di quei lamenti, che strappavano
loro il cuore.
Destandosi
di soprassalto, in un mare di sudore, Draco si rese conto con orrore di
ricordare – per la prima volta – l'incubo. Fece
appena in tempo a raggiungere il bagno, prima di vomitare copiosamente.
Angolo
dell'autrice
Questo capitolo è stato scritto all'ultimo momento, infatti
adesso sono in super ritardo per stasera!
Un regalino per augurarvi un felice anno nuovo.
A presto
|
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Capitolo 6 *** Innocenza Deflorata ***
"Draco,
come mai mi sembri così turbato? C'è qualcosa di
cui mi vuoi forse parlare?"
Columbine
Willowitch, avvolta in un leziosissimo abito turchese, che la faceva
sembrare vagamente una bambola di porcellana, gli pose la domanda non
appena mise piede nel suo studio.
Era
passata una settimana dalla prima seduta, sette giorni durante i quali
Draco non aveva fatto altro che cercare di dimenticare ciò
che aveva vissuto a livello onirico. Aveva dovuto reprimere
più volte pensieri sconvenienti, per esempio su quanto bello
e piacevole fosse stato congiungere le proprie labbra a quelle di
Potter, anche solo per un istante. Aveva persino invitato una
emozionatissima Pansy Parkinson a fare una passeggiata insieme a lui,
attraverso i suoi sterminati possedimenti, nella vana speranza di
dimostrare a se stesso che lui era attratto dalle donne. Il tentativo
si era dimostrato un fallimento, finendo esattamente come tutte le
altre volte: la ragazza che cercava di sedurlo insistentemente e lui
che si ritraeva, terrorizzato, di fronte a quelle avances. Per
l'ennesima volta, non era stato in grado di lasciarsi andare con una
persona di sesso femminile. Semplicemente, per quanto doloroso fosse
ammetterlo, non era interessato al corpo sinuoso di Pansy, non
avvertiva alcun desiderio, alcuna scintilla stando accanto a lei.
Per
questo era ancora vergine.
Ovviamente,
era il suo più grande segreto. Se ne vergognava moltissimo,
vista e considerata la sua veneranda età. Tutti i suoi
coetanei avevano avuto un grande numero di esperienze, vere o presunte,
di cui si erano profusamente vantati durante i tempi di Hogwarts. Draco
ricordava con un certo nervosismo ed irritazione le discussioni
maschili negli spogliatoi dopo gli allenamenti di Quidditch o nei
dormitori maschili della sua Casa. Tra cameratismo, rozzi commenti e
consigli sussurrati a mezza voce, Malfoy si era sempre sentito
così inadeguato. E sbagliato.
Gli
sarebbe bastato schioccare le dita per riempire il suo letto, e lo
sapeva bene. Non era forse il ragazzo più bello che si fosse
mai visto a scuola, ma a detta delle ragazze era estremamente
affascinante. La piega crudele delle labbra sottili, lo sguardo
magnetico, il fisico longilineo messo in evidenza da abiti di ottima
fattura, la raffinatezza connaturata nei suoi gesti erano causa di
numerosi sospiri femminili. Il classico fascino del "bello e dannato",
del "tenebroso" o più semplicemente dello "stronzo
incallito" avevano mietuto un grande numero di vittime, durante la sua
adolescenza.
Il
fatto che non avesse dimostrato mai particolare interesse per nessuna
delle giovani studentesse, eccezion fatta per Pansy (con la quale aveva
sperimentato qualche bacio trascurabile e facilmente dimenticabile),
aveva fatto sì che si creasse una sorta di alone mistico
intorno a lui. Draco Malfoy, ai loro occhi, era quindi diventato
un'intoccabile divinità. Un mito. Un esempio estremo di
virilità. Se solo avessero saputo...
Draco
si riscosse da questi e mille altri pensieri, non appena la Guaritrice
gli rivolse amichevolmente la parola. Nonostante il tono pacato, la
preoccupazione nei suoi confronti sembrava essere genuina. Il ragazzo,
nonostante un dilaniante bisogno di sfogarsi, scrollò le
spalle con fare indifferente. "No, sto bene"
La
Willowitch lo osservò ancora per qualche istante,
soffermandosi sulla pelle sudata della fronte di Draco e sul movimento
frenetico ed involontario della sua gamba. Anche Malfoy si rese conto
di non aver ingannato la dottoressa neppure per un secondo, eppure
fortunatamente non fece domande.
Si
schiarì la voce: "La scorsa volta mi hai fatto
vedere un ricordo a tua scelta. Durante questa seduta, invece, ti
chiedo di mostrarmi il momento in cui sei diventato un seguace di ..."
prese un respiro profondo, prima di pronunciare "Voldemort".
Draco
inghiottì più volte, quasi strozzandosi con la
propria saliva. Si torse le mani, orribilmente pervaso da un terrore
cieco. Quasi si accartocciò su se stesso, portandosi
istintivamente le gambe al petto, in una sorta di riflesso infantile.
Avvertì bruciare in corrispondenza del Marchio Nero,
esattamente come tutte le volte che qualcuno faceva riferimento a ...
Lui. Incominciò a scuotere la testa, come un bambino in
preda ai capricci. Le lacrime gli scorrevano copiose sulle guance
esangui, per poi rotolare sul colletto della camicia. Draco era
diventato il ritratto della paura e del terrore.
"Un
attacco di panico in piena regola, Draco" . La Willowitch si
alzò dalla sua sedia e gli porse un flacone di pillole verdi
ed un bicchiere d'acqua che aveva appena appellato. Rovesciando gran
parte del contenuto, a causa del tremore, il ragazzo prese la
pastiglia. Ben presto, il tremore ed il pianto lasciarono spazio alla
lucidità.
"Comprendi
perchè ho bisogno di quel ricordo, Draco? Non puoi farti
condizionare la tua esistenza da qualcuno che non esiste
più. Hai permesso a ... Tu Sai Chi di manipolarti e
soggiogarti in vita, non permettergli di farlo anche da morto. Se
n'è andato, capisci? Dissolto, volatilizzato, distrutto. Non
può più farti del male. E' finita. Lascia che ti
aiuti a superare questo dolore... "
Draco,
ancora madido di sudore e non ancora pienamente in sè,
decise di fidarsi. Le consegnò quel terribile frammento e si
lasciò condurre verso il Pensatoio.
Quella mattina di giugno era sferzata da un'aria insolitamente
gelida.
Draco vide se stesso rabbrividire,
stringendosi nel mantello di stoffa pregiata.
Provò ad inalare
più ossigeno possibile, pensando - con rassegnazione - che
molto probabilmente sarebbe stata l'ultima passeggiata nel giardino del
Manor.
Si guardò intorno con
bramosia, quasi come a voler scattare delle foto con gli occhi,
leggermente lucidi.
Per una frazione di secondo, gli
sembrò persino di rivedere correre tra quei giardini il
bambino che era stato.
Chiuse gli occhi, cercando di
tenere a bada il terrore crescente. Presto sarebbe finita.
Chissà se morire sarebbe stato doloroso?
Quasi trasalì quando
sentì Narcissa posargli una mano sulla spalla. Sebbene
cercasse di infondergli fiducia con un incerto sorriso, era evidente il
suo nervosismo. Le labbra esangui le tremavano, il volto era ancora
più pallido del solito.
Abbracciò il figlio,
sussurrandogli parole di incoraggiamento : "Andrà
tutto bene Draco... Il Signore Oscuro è magnanimo ... Devi
avere fiducia..."
Draco cercò di lasciarsi
cullare da quelle frasi, facendo persino finta di credervi.
Dopo un'ultima, straziante stretta
- assomigliante ad un'inquietante addio - Narcissa prese la mano del
figlio, accompagnandolo verso il salone principale della dimora.
Il futuro carnefice di Draco era
seduto su di una sedia riccamente intarsiata. Sul cuscino ai suoi piedi
era acciambellato un enorme serpente, terrificante rivisitazione del
concetto di "animale domestico".
La voce sinuosa di Voldemort lo
colpì con violenza: "Mio caro ragazzo ... Mio caro
ragazzo, prego. Siediti accanto a me"
Draco, ormai visibilmente tremante,
lanciò uno sguardo confuso a sua madre, che sembrava
atterrita tanto quanto lui. Gli altri Mangiamorte guardavano la scena
con pigra indolenza, segretamente grati di non essere loro l'oggetto
dell'attenzione del loro Signore.
Il sedicenne, titubante, fece come
gli aveva ordinato Voldemort, sedendosi accanto a lui.
E poi accadde. La sua testa venne
improvvisamente invasa dal mostro alla sua destra. Poteva quasi
fisicamente sentirlo mentre strisciava e sgusciava tra i suoi pensieri
ed i suoi ricordi più intimi e privati. Provò
automaticamente ad opporsi, ma il suo Padrone non sembrò
neppure accorgersene, continuando a destreggiarsi con
abilità tra i meandri della sua mente.
Era un'esperienza estremamente
mortificante vedere i propri desideri e le proprie sensazioni quasi
stuprate.
Voldemort aveva ridacchiato senza
allegria quando, tra i vari ricordi, ne aveva ripescato uno
particolarmente imbarazzante: lui e Pansy Parkinson in procinto di...
Draco sarebbe voluto sprofondare.
Ma si era fatto mortalmente serio
quando si era reso conto che Harry Potter era pressoché
onnipresente nella testa di Draco. Il primissimo incontro nel negozio
di abbigliamento... La stretta di mano rifiutata ... Un turbinio di
sensazioni: acredine, fastidio, ammirazione, odio in tutte le sue
sfumature ... Potter al Torneo TreMaghi ... Il Prescelto trionfante
dopo aver vinto una boccetta di Felix Felicis... Potter a lezione,
Potter in compagnia dei suoi rivoltanti amichetti, Potter su un manico
di scopa ...
Voldemort fu piacevolmente stupito
nel constatare che il giovane Malfoy provasse qualcosa di molto simile
all'attrazione nei confronti di Potter. Forse lui non era ancora
consapevole, ma era evidente che alla fine tutta la tensione accumulata
negli anni precedenti, sarebbe sfociata in un sentimento più
complesso.
Quello stupido ed inconcludente
ragazzino avrebbe potuto essergli utile ... Avrebbe concesso una
seconda possibilità a quella famiglia, nonostante il
disgustoso fallimento di Lucius.
Harry Potter doveva morire. E Draco
Malfoy lo avrebbe condotto da lui, gli avrebbe permesso di conoscere i
segreti più intimi del suo acerrimo nemico, le debolezze, i
segreti...
Smise di frugare fra gli sciocchi
pensieri del ragazzino, il cui volto era contratto in una smorfia di
sofferenza.
Non appena Voldemort
terminò annoiato il suo giro di perlustrazione, Malfoy
sospirò sollevato. Era stato terribile, semplicemente
orribile.
Non sapeva che di lì a
poco non solo il Signore Oscuro avrebbe avuto una via di accesso
privilegiata non solo alla sua mente, ma anche alla sua stessa
esistenza.
I suoi più nefasti
presentimenti stavano per avverarsi: Draco se ne rese conto nel momento
in cui Voldemort gli prese con forza inaspettata il braccio sinistro e
senza tante cerimonie lo marchiò, servendosi della
bacchetta. In quei momenti, Draco aveva davvero pensato di morire. Era
come se le viscere stessero andando a fuoco, eppure aveva deciso di non
mostrare patimento. Non un singhiozzò uscì dalla
sua bocca, neppure quando l'aria incominciò ad essere
impregnata di un rivoltante odore di carne bruciata.
Non sorrise quando Narcissa gli si
avvicinò, il volto rischiarato dal sollievo. Non
ricambiò gli sguardi di compatimento e scherno degli altri
sostenitori del Signore Oscuro.
Si richiuse in se stesso, in preda
alla disperazione più nera.
Era fatta.
Era diventato un Mangiamorte.
Il più giovane seguace di Voldemort di tutti i tempi. La sua innocenza era stata brutalmente deflorata.
Angolo
dell'autrice:
Vorrei ringraziare tutti coloro che
leggono/seguono/ricordano/preferiscono e soprattutto RECENSISCONO
questa storia!
Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo nuovo capitolo.
A presto, un bacio
|
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Capitolo 7 *** Autocommiserazione ***
C'è un motivo preciso se
ci preoccupiamo della famiglia e dei nostri amici, e c'è un
motivo preciso se non ce ne frega niente di tutti gli altri: amare
tutti indiscriminatamente è troppo faticoso.
(Dr.
House)
Per la prima volta
in tutta la sua carriera, Columbine Willowitch non aveva saputo cosa
dire. Quando lei e Draco erano stati violentemente scagliati fuori dal
Pensatoio, aveva dovuto farsi coraggio prima di guardarlo negli occhi.
Fortunatamente, le
pastiglie calmanti che gli aveva somministrato prima dell' "esposizione" (com'era
chiamata nel gergo medico) avevano un pò attutito le
emozioni di Draco, che altrimenti sarebbero state amplificate e lo
avrebbero travolto, forse annichilendolo.
Si era pentita di
avergli fatto quella richiesta non appena si erano immersi tra le
cortine di fumo del ricordo. Aveva stupidamente pensato che fosse
pronto ad affrontare quel dolore, ma evidentemente non lo era.
Perlomeno non ancora. Idiota, idiota, idiota continuava a ripetersi,
cercando di trovare le parole giuste per mitigare la sofferenza del suo
paziente, incapace tuttavia di trovarne di adeguate. Che cosa si
può dire ad un diciottenne che , volente o nolente,
aveva combattuto al fianco di Voldemort?
"Sono un mostro, non
è vero? Sono un mostro" mormorò
Draco, la voce leggermente impastata per i medicinali, i movimenti
intorpiditi, come se si fosse appena svegliato. Ed in un certo senso,
era vero. Si era appena destato dal mondo dei ricordi, per rientrare
dolorante e sconfitto nel presente. Non si era seduto, e Columbine non
gli aveva chiesto di farlo. Il ragazzo si aggirava per la stanza,
barcollando leggermente. La guaritrice conosceva bene gli effetti di
quelle pillole: anestetizzavano i tumulti interiori, dando alla persona
il tempo di riprendere fiato dai propri incubi e dai propri timori. Ma
non li cancellavano mai del tutto: sebbene la coscienza ed i sensi
potessero essere annebbiati, rimaneva sempre e comunque un minimo di
lucidità. Ed era proprio quella a far parlare Malfoy in quel
preciso istante.
Columbine
provò compassione pura nei suoi confronti. Dopotutto,
sebbene avesse combattuto per l'esercito sbagliato, era pur sempre un
ragazzino. Reduce dalla guerra, dilaniato da sensi di colpa, in
conflitto con se stesso e la propria famiglia, incapace di accettare la
propria sessualità. Ed innamorato, perdutamente innamorato,
della sua nemesi. Ovvero, il suo nemico più acerrimo durante
il conflitto bellico.
Un bel quadretto,
insomma. Anzi, c'era quasi da stupirsi che Draco non avesse sviluppato
altri disturbi, oltre agli incubi ricorrenti.
"Non sei un mostro
Draco. Secondo me sei stato molto coraggioso"
Una risata senza
allegria distorse il viso affilato del giovane, che la fissò
come se fosse pazza.
"Io non so neanche che cosa sia
... il coraggio. So come serpeggiarmi tra i problemi e le
responsabilità, come manovrare le persone a mio piacimento,
come raggiungere il mio rendiconto personale. Io non sono coraggioso,
Willowitch" Una pausa, vibrante di aspettativa, si
espanse per la stanza surriscaldata "Io sono solo un povero
vigliacco"
"Ok. Il momento di
autocommiserazione è finito ... Io continuo a pensare che tu
sia stato coraggioso. E sai perchè? Perchè non ti
sei arreso di fronte ad una battiglia persa in partenza. E lo hai fatto
perchè sapevi che da questo sarebbe dipeso non solo la tua
stessa vita, ma anche quella della tua famiglia. Pochi combatterebbero
contro i propri cari in nome degli ideali, non credi? Anzi,
praticamente nessuno. Come puoi
biasimare te stesso per aver avuto ... paura? Ma siamo tutti spinti dal
terrore, Draco. E' un istinto di sopravvivenza, è insito
nella specie umana. Agiamo per proteggere e preservare noi stessi e le
persone più importanti. Anche a costo di calpestare tutti
gli altri"
"Potter non l'avrebbe mai fatto.
Combattere per il Signore Oscuro... intendo. Si sarebbe sacrificato in
nome della fottuta comunità. Quel ragazzo dimentica sempre
se stesso, è come se il pericolo non gli importasse. Lui si
che è coraggioso" Ringhiò Draco, con
amarezza e sdegno.
"Ed ecco il prode Harry Potter
entrare in scena. Incominciavo a preoccuparmi ... Draco, capisco che
oggi tu sia in vena di schifarti, però vorrei farti notare
una cosa. Harry
Potter non ha avuto scelta"
Sillabò, accentuando parola per parola, come se –
così facendo – il messaggio potesse imprimersi
meglio nel cervello del ragazzo. "Esattamente
come te"
Si godette
l'espressione interdetta che si era dipinta sul volto di Malfoy. Aveva
colpito nel segno.
"E' ora di andare,
Draco. Ne parleremo presto"
Prima di
congedarlo, però, gli mise una mano sulla spalla e gli
sussurrò "E
poi, detto tra noi ... Io preferisco te a Potter. Lui è
così ... eroico e perfetto, sempre pronto a fare la cosa
giusta. Però anche banalmente scontato. Tu, invece, sei ...
umano. Racchiudi in te luci ed ombre ed una personalità
niente male, sfaccettata, imponderabile. Non sai mai quale sorpresa
potresti riservare. Incomincia ad apprezzare te stesso, Draco. Non
metterti in competizione con Potter o con chiunque altro. Non ti serve
e non ne vale la pena"
Per una frazione di secondo Draco ebbe proprio
l'impressione che la Willowitch gli avesse fatto un occhiolino, prima
di chiudere la porta.
Per quanto malvolentieri, Malfoy dovette constatare - per l'ennesima
volta- le grandi qualità della guaritrice. Riusciva a
leggergli dentro con abilità e competenza,
portando a galla emozioni ed episodi che erano rimasti sotterrate
troppo a lungo nella sua psiche.
C'erano ancora tante questioni in sospeso nella sua vita. Columbine ed
i suoi genitori avevano ragione: doveva superare tutto ciò
che di irrisolto aleggiava come un fantasma nella sua mente e nei suoi
sogni, per poter ricominciare ad essere se stesso.
Quella notte, per la prima volta, Draco dormì placidamente.
Narcissa, quasi preoccupata per quell'inusuale silenzio, si era
precipitata in camera sua a controllare. Si trovò di fronte
ad un bellissimo ragazzo addormentato, i lineamenti illuminati di
sbieco da un raggio di luna.
La madre gli accarezzò teneramente la pelle glabra della
guancia, poi in punta di piedi lasciò suo figlio tra le
braccia di Morfeo.
Se solo fosse rimasta un attimo in più, avrebbe visto quel
viso affilato distendersi in un sorriso.
Potter gli stava porgendo
la mano.
Angolo
dell'autrice:
Spero che questo capitolo vi
sia piaciuto.
Ringrazio tutti i miei lettori ... fatemi sapere che cosa ne pensate! =)
A presto.
|
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Capitolo 8 *** "Tu sei ... Harry Potter!" ***
Il
nuovo venuto si guardò intorno, sfregando nervosamente le
mani
sudate sui jeans sdruciti. Lì, in quello studio medico, non
era per
niente a suo agio. Eppure, sentiva che quelle sedute gli sarebbero
state utili.
Finalmente,
posò i luminosi occhi verdi sulla Guaritrice, che gli
sorrise.
Ricambiò incerto, ma il risultato fu una smorfia.
"Lei...
signora Willowitch... capisce perfettamente la delicatezza della
situazione. Una fuga di notizie su questa situazione e sono, beh,
rovinato" La guardò di sottecchi, quasi timoroso
di aver
ferito i sentimenti della donna. "Non che penso che ci sia
qualcosa di cui vergognarsi ... insomma ... però meglio non
rischiare... ehm, neppure la mia ragazza sa che sono venuto qui, da
lei"
"Stai
tranquillo... non ti dispiace se ti do del tu vero...? Sei
così
giovane... " Il ragazzo annuì in segno di assenso
e la
Willowitch proseguì "Non devi aver alcun dubbio
sulla mia
riservatezza. E' una condicio sine qua non della mia professione.
Niente di niente di ciò che verrà detto durante
le nostre sedute
verrà divulgato. Neanche se ci fosse di mezzo la sicurezza
internazione, capisci?
Gli
fece un sorriso, a cui il giovane rispose – evidentemente
più
rilassato.
Columbine
alzò un sopracciglio: "In ogni caso, se lo
desideri, sono
pronta a compilare e firmare una dichiarazione di Riservatezza, una
sorta di garanzia. Qualsiasi cosa, pur di farti sentire maggiormente
a tuo agio, mio caro"
"Ehm,
no grazie. Mi fido di lei abbastanza da credere che non
venderà
storie sulla mia mente disturbata a Rita Skeeter... "
"Oh,
su questo puoi stare tranquillo. Io e Rita ci detestiamo cordialmente
dai tempi della scuola. E' più interessata a pubblicare
settimanalmente commenti al vetriolo sulla mia nuova acconciatura o
sul paio di scarpe che indosso" Columbine alzò gli
occhi al
cielo, prima di ridacchiare complice con il giovane di fronte a lui.
Ora, perlomeno, aveva rilassato i muscoli del viso e della schiena.
"Sai
come funziona questo tipo di terapia?"
"Oh,
sì, immagino di sì. La mia migliore amica,
cioè colei che ha
insistito tanto affinchè venissi qui, si è molto
documentata al
riguardo durante l'estate e... mi ha spiegato più o meno
tutto ciò
che è necessario sapere"
"Bene,
quindi ti è chiara anche la questione del Pensatoio?"
Il
ragazzo si strinse nelle spalle, prima di sussurrare fissando lo
strumento che si ergeva a metà strada fra di loro: "Ho
una
certa dimestichezza con questi oggetti, purtroppo ... "
Columbine
pensò che sarebbe stato interessante sapere come e quando ne
avesse
fatto uso, ma decise che per quella volta avrebbe dovuto soffocare la
sua curiosità.
"E
dimmi... perchè la tua amica ha pensato che io ti potessi
essere
d'aiuto?"
"Prima
di tutto, si è assicurata che lei fosse effettivamente la
guaritrice
più in voga del momento. Quindi, ha letto tutte le sue
ricerche ed
interviste, per provare a capire che tipo di persona fosse... "
L'espressione sul viso del ragazzo era esilarante: raccontava quegli
eventi con semplicità ed un briciolo di imbarazzo. "...Le
assicuro che è una persona normale. E' solo molto, molto
precisa. Ed
estremamente intelligente..." provò a scusare
timidamente
il comportamento dell'amica, per paura che potesse interpretarlo in
modo sbagliato.
Columbine
gli fece un cenno indulgente, invitandolo a continuare. Sapeva
perfettamente chi fosse la ragazza a cui stava facendo riferimento.
Una certa Hermione Granger
l'aveva bersagliata di
lettere e gufi durante il periodo estivo, praticamente implorandola
di accettare il caso del suo migliore amico.
"Insomma.
Pensa che io abbia bisogno di aiuto perchè ... oddio, mi
sembra una
cosa così stupida da dire... " Si nascose il viso
paonazzo
tra le mani. Da dietro le dita, sussurrò "Non so
più chi
sono"
"In
che senso?"
"Sono
sempre stato riconosciuto come il Il Bambino Sopravvissuto, il
Prescelto, l'unica speranza per il Mondo Magico di salvezza. Dopo la
morte di Voldemort
(Columbine rimase colpito dalla grande naturalezza
con cui il ragazzo pronunciava il nome della sua nemesi), sono
stato esaltato come eroe. Ma ora... chi sono? Sì, sono il
migliore
amico di Hermione e Ron, il fidanzato di Ginny, un futuro auror... ma
oltre a questo? Dottoressa, è come se ... avvertissi un
vuoto. Sento
che la mia vita, per la prima volta, è priva di scopo e
questo mi
spaventa terribilmente. Ho sempre avuto un obiettivo da portare a
termine, un'avventura da affrontare, un nemico da sconfiggere. Ed
adesso, mi sento inutile"
"Sei
Harry Potter. Potrebbe sembrare
una banalità, ma se ci
pensi non lo è affatto. Parti da questo. Ti chiami Harry
Potter, sei
un ragazzo di 18 anni che si trova catapultato nel mondo degli adulti
ed incomincia a chiedersi – ragionevolmente- chi vuole
diventare.
Questo accade a tutti. Il problema è il nostro Harry ha
vissuto
esperienze che la stragrande maggioranza dei suoi coetanei non
vivrà
mai neppure in cento vite. Inoltre, incomincia a sentirsi stretto nel
ruolo di Eroe, amico, fidanzato.
Vorrebbe
evadere da questa quotidianità che già lo
soffoca, per provare
ancora quella scintilla di adrenalina che ha guidato la tua vita
negli ultimi anni.
Io
credo che questa angoscia, Harry, sia dettata dal fatto che non
permetti al tuo vero "io" di emergere. Sei troppo legato al
tuo passato, ancora influenzato da ciò che tutti pensano e
potrebbero pensare di te.
Hai
avuto tutta questa responsabilità addosso, negli ultimi
sette anni.
Finalmente, puoi scrollartela di dosso, anche con una certa
soddisfazione. Ma ormai era parte integrante di te, il ruolo di
Salvatore della Patria, esattamente come quella cicatrice che porti
sulla fronte"
Harry
la stava guardando con la bocca leggermente aperta, completamente
affascinato dalla sua parlantina. Columbine si congratulò
con se
stessa, per essere riuscita ancora una volta a colpire nel segno. Il
ragazzo le pendeva, letteralmente, dalle sue labbra.
"Lei,
signora Willowitch, ha capito perfettamente il problema. Non ero mai
stato in grado di esprimerlo, prima di oggi. Insomma, non in modo
così chiaro e conciso, comunque. Grazie"
La
Willowitch fece un gesto della mano, come a voler allontanare da
sè
tutti quei complimenti.
"Prego"
rispose in modo asciutto. "Ma... mi sfugge ancora un
particolare. Che tipo di disturbi ti provoca questa "crisi di
identità"? Incubi... allucinazioni... vertigini... ansia...?"
"Hmm..
direi... una sorta di depressione. Sono sempre stanco, svogliato...
mi sento... come se non potessi mai più essere felice!"
"Addirittura?
E' una sensazione come quella che si potrebbe provare di fronte ai
Dissenatori?"
Columbine
vide Harry rabbrividere: il timore di quegli esseri era ancora in
agguato.
"Precisamente.
Solo che, in questo caso, le tavolette di cioccolato non fanno
effetto" disse, aggrottando la fronte, in una sorta di
disappunto infantile.
"Ok.
Penso di poterti aiutare... a ritrovare te stesso"
Harry
le sorrise radioso, come se il suo futuro dipendesse esclusivamente
dal suo operato.
Dal
canto suo, Columbine non pensava che si sarebbe trattato di un caso
troppo complesso. A dispetto di quanto si sarebbe potuto pensare,
Harry non aveva riportato traumi invalidanti, in grado di
compromettere qualitativamente la sua esistenza.
Aveva
conosciuto il dolore, la morte, la perdita e l'assenza prima ancora
di essere in grado di parlare e durante tutti gli anni della sua
infanzia. Tutti, nel mondo magico, conoscevano il suo passato: le
biografie sul Bambino Sopravvissuto si sprecavano. Paradossalmente,
sembravano tutti conoscere Harry. Tutti, tranne il ragazzo
che le stava di fronte.
Angolo
dell'autrice:
Tadaan. Sorpresa! Il nostro Harry è entrato in scena... ma
vi sareste mai aspettati in questi termini?
Vedremo cosa succederà nel corso delle prossime sedute...
A prestissimo
PS:
Grazie a chi legge/segue/preferisce/ricorda/recensisce la mia storia!!!
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Capitolo 9 *** Una metafora perfetta ***
Maybe
you think you that can hide
I
can smell your scent for miles
Just
like animals, animals, like animals
(Maroon 5 - Animals)
Draco
entrò nello studio ed immediatamente percepì
qualcosa di diverso
dal solito. Chiuse per un attimo le palpebre, annusando l'aria
profondamente. Le narici si dilatarono, cercando di cogliere
quell'essenza così inspiegabilmente famigliare, ma invano.
Qualcuno
era stato lì.
Decise
di lasciar perdere, seppur pervaso da un senso di frustrazione
inenarrabile.
Quel
giorno, Columbine sfoggiava un paio di enormi orecchini turchesi
–
en pendant con i suoi occhi, constatò caustico Draco -, che
tintinnavano ad ogni suo movimento del capo.
"Come
va?" gli chiese premurosamente.
"Ho
litigato con mio padre, questa mattina" disse Draco, con
voce monocolore. Anticipò le domande di Columbine: "Non
volevo venire oggi"
"Mi
vuoi dire perchè?" Draco trovava irritante quel
tono
affettuoso e materno della donna: non si meritava tutta quella
comprensione, quell'attenzione da parte sua.
"Perchè..."
il ragazzo si bloccò per un attimo, indeciso per
un attimo se
continuare o meno. Si sarebbe offesa? Si sarebbe arrabbiata? Lo
avrebbe cacciato di lì? Decise di rischiare. Da quando si
faceva
degli scrupoli per rispetto degli altri?
"Perchè
fa schifo venire qui, ecco perchè! Perchè odio
questo posto, odio
chiacchierare con lei. Lei, che se ne sta lì seduta sul suo
trono
come se fosse un dio sceso in terra, a giudicare tutto ciò
che
faccio e ciò che dico! Sono stufo!"
Si
alzò violentemente dalla poltrona in cui si era agitato fino
a quel
momento, incominciando a camminare come un animale in gabbia per lo
studio. Columbine Willowitch, da dietro le lenti dei suoi leziosi
occhiali, lo guardava terribilmente interessata, quasi come se si
trovasse di fronte ad uno spettacolo particolarmente coinvolgente.
"...Stufo
di lei! Dei miei genitori! Della mia stupida esistenza!" Il
ragazzo stava progressivamente alzando il tono di voce. "Ma
soprattutto ... stanco di dover rivangare nel mio passato. Basta! Non
ne posso più! Voglio solo dimenticare, non continuare a
ricordare i
miei errori. Guardi, guardi che cosa mi ha portato a fare l'ultima
seduta!"
Alzò
la manica della camicia con una certa urgenza. L'avanbraccio, sede
del marchio, era percorso da una serie di graffi.
Columbine,
per la prima volta, parve reagire – con una certa
soddisfazione di
Draco. "Oh caro, perchè?"
"Perchè?
Perchè? Perchè lo voglio cancellare, voglio che
sparisca dalla mia
pelle ma non ci riesco, non ci riesco a mandarlo via... Ho
già
provato qualsiasi incantesimo, pozione o cura. Semplicemente, non si
può far niente per cancellarlo. Me ne stavo incominciando a
fare una
ragione, ma poi è arrivata lei con le sue stronzate sulla
necessità
di elaborare il passato. Ed è tornato tutto a galla. E' solo
colpa
sua, signorina Willowitch. Spero che ne sia soddisfatta."
La
Willowitch provò a farlo calmare, ragionare, riflettere ma
invano.
Draco era fuori di sè. Talmente sconvolto da urlare "Io
lo
ODIO questo stupido coso!" , riferendosi al Pensatoio, prima
di darvi una violenta manata facendolo cadere a terra.
Il
sordo rumore dello strumento che si infrangeva in mille pezzi sul
pavimento sembrò far ritornare in sè il ragazzo.
Ansante e
congestionato in volto, Draco si rese finalmente conto di
ciò che
era accaduto. Si mise immediatamente in ginocchio, provando a
ricomporre con le mani l'oggetto, ormai irrimediabilmente perduto.
"Non
importa Draco, stai tranquillo. Era tempo che lo cambiassi,
comunque... L'importante è che questo sfogo ti sia servito a
farti
sentire meglio. E' giusto buttare fuori ciò che di negativo
ristagna
in noi, non permettendoci di vivere serenamente.
So
che non ti piace venire qui Draco. Praticamente nessuno dei miei
pazienti ne è entusiasta. A chi piacerebbe confrontarsi con
il
proprio passato ed i propri rimpianti in continuazione? Però
serve,
te lo posso assicurare. Sbaglio, o in una delle ultime sedute mi
avevi detto di fare molti meno incubi?"
Draco,
quasi stordito, le fece un lieve cenno con la testa. Si trovava
ancora per terra, circondato da minuscoli frammenti di vetro. Una
metafora perfetta della sua vita, insomma.
"Comunque
... pensi che potrebbe farti bene smettere per un pò con il
Pensatoio? Possiamo... semplicemente chiacchierare se ti va"
"E
di cosa?" domandò scontrosamente Draco, tenendo lo
sguardo
basso per la vergogna ed il rimorso.
"Facciamo
un gioco. Io ti faccio delle domande alle quali tu puoi rispondere
come preferisci, e poi – se desideri – puoi fare
qualche domanda
su di me. Insomma, ci conosciamo un pò meglio.
Così magari
incomincerai a vedermi come un essere umano e non come un ... cito
testuali parole *dio sceso in terra*"
"E'
una cosa stupida ed infantile" mugugnò Draco,
fissando
ancora con ostinazione il pavimento reso sbrilluccicante dai
cristalli.
Columbine
fece finta di non aver sentito.
"Allora
Draco... vediamo... quando sei nato?"
Malfoy
spostò finalmente gli occhi su di lei.
Poi,
con aria di sufficienza, quasi fosse una sorta di ritardata rispose:
"5 giugno"
La
Willowitch aveva incominciato a prendere appunti su un elegante
quaderno di pergamena.
"Caratteristiche
della tua bacchetta?"
"Biancospino
e crine di unicorno, dieci pollici, elastica" rispose quasi
automaticamente.
Continuava
a rimanere nel suo cantuccio, seduto per terra, abbracciandosi le
gambe ossute con le braccia. Sembrava si fosse calmato, nonostante il
suo fosse un carattere imprevedibile e fumantino.
Benchè
stesse guardando la Guaritrice come se avesse perso il senno, stava
comunque partecipando ad un gioco di cui non capiva il senso. A
prescindere da quell'atteggiamento prevenuto e strafottente, Draco
stava collaborando. Era un'ottima notizia, visto e considerato che
fino a qualche minuto prima era in procinto di distruggerle lo
studio.
"Colore
preferito?"
Malfoy
le lanciò un'occhiataccia incredula, ma poi rispose "Verde,
ovviamente"
"Casa
di Hogwarts?"
"Serpeverde"
replicò irritato Malfoy. Era ovvio. A che gioco stava
giocando la
Willowitch? Era uno scherzo?
"Sport
preferito?"
"Quidditch"
"Materia
preferita?"
"Pozioni...
ero piuttosto bravo, all'epoca" Draco non represse un
sorrisino compiaciuto al pensiero di quelle lezioni e di come Piton
avesse torturato Potter nel corso degli anni. L'unico professore a
non avere mai idolatrato il grande-Harry-Potter si disse tra
sè e
sè.
Draco
incominciava a prenderci gusto, sebbene fosse una sorta di
interrogatorio.
"Animale
preferito?"
"Il
serpente. Ho sempre desiderato averne uno"
La
Willowitch smise di scrivere freneticamente, per guardarlo da dietro
le lenti dei suoi occhiali.
"Draco,
questa è proprio un'ottima idea! Prenderti cura di un essere
vivente, un animale, potrebbe essere positivo per te... Sai,
così
dovresti concentrarti su qualcos'altro. Un animale ti fa sentire
speciale e dipende da te, in tutto e per tutto. Credo che dovresti
prenderne uno. A parer mio, un gatto o un gufo sarebbero più
indicati rispetto ad un rettile ma... insomma, pensaci"
Anche
a Draco parve un'idea decente. La prima che avesse mai partorito la
Willowitch, si disse sprezzante. Nell'ultimo periodo si sentiva
particolarmente inutile, abbattutto, solo. Ma se si fosse preso cura
di qualcun altro, forse avrebbe potuto riacquistare un pò di
autostima perduta. Aveva sempre voluto un animale, ma i suoi genitori
non glielo avevano mai permesso, adducendo scuse una meno credibile
dell'altra. Per fortuna, le cose erano cambiate. I suoi genitori si
sentivano perennemente in colpa nei suoi confronti, ed avrebbero
soddisfatto qualsiasi suo desiderio o capriccio. Sapeva già
quale
animale avrebbe scelto, e non si sarebbe trattato di un serpentello
strisciante.
Il
botta e risposta si dipanò ancora per il resto della seduta.
Draco
pareva essersi tranquillizzato e rispondeva serenamente alle domande,
anche a quelle veramente banali e stupide che gli venivano poste.
L'obiettivo era quello di fargli abbassare la guardia abbastanza a
lungo per provare a penetrare le sue difese mentali.
Dopo
aver parlato di tutto e niente, Draco disse in tono di sfida: "Adesso
tocca a lei rispondere"
La
Willowitch gli sorrise indulgente, prima di rispondere: "Ti
concedo tre domande, Draco. Poi è ora che tu vada"
Draco
avrebbe potuto metterla in imbarazzo, se solo avesse voluto. Sarebbe
stato così piacevole, quasi catartico, vedere la Willowitch
dibattersi come un pesce sul suolo, alla disperata ricerca di
ossigeno. Ma poi, incontrando i suoi incoraggianti occhi chiari, si
rese conto che sarebbe stata una pura cattiveria farle domande
sconsiderate sulla sua vita privata. Per questo decise di non
rischiare, optando per quesiti semplici e non compromettenti.
"Casa
di Hogwarts?"
"Corvonero... "
disse malcelando un certo orgoglio la Willowitch, mentre Draco
nascondeva una smorfia. I Corvonero, per non parlare poi dei
Tassorosso, erano così insignificanti.
"Caratteristiche
della sua bacchetta?"
"14
pollici e mezzo, legno di noce, nucleo di unicorno, dura"
La
Willowitch sembrava essere divertita e completamente a suo agio.
Draco fu pervaso nuovamente dall'insana tentazione di metterla in
difficoltà, la medesima che era riuscita a dominare fino a
qualche
minuto prima.
"L'ultima
domanda... Lei è ... innamorata?"
Il
sorriso scomparve dal volto della guaritrice, lasciando il posto ad
un'espressione di pura malinconia. Poi, rispose flebilmente: "Sì,
moltissimo Draco. Ma solo del mio lavoro"
Poi,
come se quella domanda l'avesse svuotata, lo congedò
gentilmente.
A
Draco dispiacque terribilmente per lei, sconvolgendosi al pensiero di
non essere l'unico al mondo a soffrire.
Angolo dell'autrice:
Ciao miei adorati lettori! Voglio ringraziarvi perchè siete
davvero tanti !!!
Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che cosa ne
pensate =)
Alla prossima seduta
|
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Capitolo 10 *** Un nuovo amico ***
Columbine
Willowitch non aveva dubbi: Draco Malfoy sapeva essere veramente
crudele. E stronzo, aggiunse mentalmente, prima di
autocensurarsi: non era bene pensare cose del genere di un paziente.
Neppure se corrispondeva palesemente alla verità.
Quella
domanda che gli aveva posto, apparentemente in modo innocente, in
realtà celava un desiderio sconfinato di metterla
all'angolo, di
farla sentire a disagio. Era una sorta di vendetta per ciò
che gli
aveva fatto subire nel corso delle ultimi sconvolgenti sedute.
Ma
quella domanda, posta in quel preciso momento della sua esistenza,
l'aveva ferita.
"Lei
è ... innamorata?" Era riuscita a non cadere
nella trappola
del ragazzo, imbastendo una frase ad effetto poco credibile. Sì,
sono innamorata Draco. Perdutamente. Ogni fibra del mio corpo
è
pervasa dal desiderio di lui. E non lo avrò mai.
Questa sarebbe
stata la risposta corretta. Si asciugò una lacrima furtiva,
soffocando un singhiozzo. Poi, prese dalla tasca un flaconcino di
plastica rosa, colmo di pillole. Se ne ficcò due in bocca,
quasi
fossero caramelle, inghiottendole senza acqua. Si sentì
immediatamente meglio: per un pò l'avrebbero anestetizzata,
assopendo il tumulto interiore che si stava consumando dentro di lei.
Draco
Malfoy era entusiasta. Non appena era entrato nel Serraglio Stregato,
aveva passato in rassegna con occhio critico tutte le gabbie, alla
ricerca dell'animale perfetto per lui. C'erano instancabili topi
ballerini, gufi dall'elegante piumaggio, serpenti dei più
disparati
colori. Si era lasciato tentare da un'iguana di due metri e mezzo,
affascinato dalla sua espressione di totale incuranza nei confronti
del caotico mondo che la circondava.
Ma
poi, quando ormai si stava rassegnando, la sua attenzione era stata
catturata da un esserino dallo sguardo intelligente, che sembrava
fissarlo da dietro le sbarre del suo recinto.
Era
stato amore a prima vista.
"E
quello che cosa sarebbe?" la voce di Lucius Malfoy lasciava
trapelare una nota di indignazione stupefatta.
"Un
furetto, padre. Non è meraviglioso?" L'animale si
era
appoggiato maestosamente sulla spalla di Malfoy e da quella posizione
sembrava voler dominare l'ambiente circostante.
"Esigo
una spiegazione sul perchè questo ... coso si trovi qui, in
casa
nostra!"
"Innanzitutto
non è un coso. Ha un nome, si chiama Malferret e...
"
Lucius
lo guardò oltraggiato, portandosi una mano alla bocca, prima
di
esclamare con voce strozzata: "Non solo hai dato un nome a
quell'essere, ma sei riuscito anche a sceglierne uno che ridicolizza
il nostro casato! E' inaccettabile, Draco!" Poi, rivolgendo
uno sguardo esasperato alla moglie le chiese: "Narcissa! Tu
non hai niente da dire?"
Narcissa
dovette nascondere un sorrisetto, la scena era particolarmente
esilarante. Pensò che a Lucius sarebbe venuto un collasso da
un
momento all'altro, visto che aveva incominciato a boccheggiare come
un pesce.
Ammiccando
leggermente al figlio, esordì con voce pacata:
"Sono sicura
che abbia una valida motivazione se ha portato questa creaturina qui.
Non è vero, Draco?"
"E'
stata un'idea di Columbine Willowitch. Ritiene che io abbia bisogno
di responsabilizzarmi e di possedere qualcosa che dipenda totalmente
ed esclusivamente da me" si giustificò il
ragazzo,
stringendosi nelle spalle ossute con fare innocente.
Pronunciare
quel nome, nella sua famiglia, equivaleva ad un sicuro lasciapassare.
Immediatamente, Lucius allargò le braccia, bofonchiando
sconfitto:
"Beh... se lo dice la guaritrice... se ti fa piacere..."
"Grazie!"
Draco sorrise raggiante all'indirizzo dei suoi genitori, che
–
per la prima volta, dopo moltissimo tempo, videro i lineamenti
affilati dell'adorato figlio illuminarsi per la gioia.
Columbine
Willowitch non volle credere ai suoi occhi: Draco Malfoy, quel
giorno, si era presentato in compagnia di un animaletto. Un furetto,
per la precisione.
"Spero
che non le dispiaccia se ho portato lui ma ... ormai viviamo
praticamente in simbiosi"
"Non
c'è problema, Draco. Sono rimasta solo un pò
interdetta ... un
furetto è un animale insolito, non credi?"
"Oh,
credo di fornirle una spiegazione a questa mia scelta, se è
questo
che desidera. Sono pronto a farle vedere un altro ricordo, se me lo
permette"
Lanciò
uno sguardo colpevole verso il punto in cui troneggiava il vecchio
pensatoio, ora sostituito da uno più moderno. "Mi
spiace...
per quello che è successo la scorsa volta" lo
disse in un
sussurro, però sembrava sinceramente dispiaciuto. Non erano
scuse di
circostanza, e questo venne apprezzato dalla Guaritrice.
"Ma
certo! Posa pure sulla poltrona il tuo nuovo amico e poi, quando sei
pronto, possiamo iniziare"
Columbine
Willowitch si trovò catapultata nel cortile di Hogwarts. Per
un
attimo si guardò intorno, pervasa da un senso di nostalgia
indefinita, ma poi la sua attenzione fu catturata da alcune voci
provenienti dall'ingresso del castello.
Un
gongolante Draco Malfoy stava brandendo una copia della Gazzetta in
direzione dell'amico di Potter, Weasley. Lesse l'articolo quasi
urlando, eppure la Willowitch non riuscì a coglierne il
senso. Si
avvicinò un pò di più, nella speranza
di poter capire almeno
qualche parola della conversazione. Dietro di lei camminava il vero
Draco, impassibile seppure visibilmente pallido.
«E
c’è anche
la foto, Weasley!» disse Malfoy, raddrizzando il giornale e
reggendolo in alto. «Una foto dei tuoi genitori a casa loro,
sempre
che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche perdere qualche
chilo, no?»
Ron tremava di rabbia. Gli
occhi di tutti erano puntati su di lui.
«Vai al diavolo, Malfoy» disse Harry.
«Andiamo, Ron…»
«Oh, certo, sei stato da loro quest’estate, vero,
Potter?»
sogghignò Malfoy. «Allora dimmi, sua madre
è davvero così
cicciona, o è solo la foto?»
«Hai
presente tua madre, Malfoy?» disse Harry che con Hermione
tratteneva
Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy.
«Quella
faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l’ha
sempre avuta o è solo perché era con
te?»
Il volto pallido di Malfoy arrossì appena. «Non
osare insultare mia
madre, Potter».
«Tieni la tua
boccaccia
chiusa, allora» disse Harry, voltandosi.
BANG!
Parecchi ragazzi urlarono.
Harry
sentì qualcosa di incandescente graffiargli il lato del
viso.
Affondò la mano in tasca per prendere la bacchetta, ma prima
ancora
di riuscire a toccarla, udì un secondo forte BANG, e un
ruggito che
echeggiò per tutta la Sala d’Ingresso.
«OH NO CHE NON LO FAI, RAGAZZO!»
Harry
si voltò di scatto. Il professor Moody scendeva zoppicando
la
scalinata di marmo. Aveva estratto la bacchetta e la puntava su un
furetto di un bianco immacolato, che tremava sul pavimento di pietra,
esattamente nel punto in cui prima c’era Malfoy.
Nell’Ingresso calò un silenzio terrorizzato.
Nessuno mosse un
muscolo tranne Moody, che si voltò per guardare Harry
— o meglio,
il suo occhio normale guardava Harry; l’altro era rivolto
verso
l’interno della testa.
«Ti ha
preso?»
ringhiò Moody. La sua voce era bassa e rauca.
«No» rispose Harry,
«mancato».
«LASCIALO!» gridò Moody.
«Lasciare…
che cosa?» chiese Harry, esterrefatto.
«Non tu, lui!» ringhiò Moody, puntando
il pollice sopra la spalla
per indicare Tiger, che si era appena immobilizzato sul punto di
prendere in braccio il furetto bianco. A quanto pareva,
l’occhio di
Moody era magico e poteva vedere dall’altra parte della
testa.
Moody prese a zoppicare verso Tiger, Goyle e il furetto, che emise
uno squittio spaventato e scattò via, filandosela verso i
sotterranei.
«Non credo
proprio!» ruggì
Moody puntando la bacchetta di nuovo verso il furetto, che
volò in
aria a tre metri di altezza, cadde con un tonfo al suolo e poi
rimbalzò di nuovo in alto.
«Non mi
piace chi attacca quando l’avversario gli volta le
spalle» ruggì
Moody, mentre il furetto rimbalzava sempre più in alto e
squittiva
di dolore. «È una cosa sporca, vile e
infima…»
Il furetto volò per aria, le zampe e la coda che si
agitavano
invano.
«Non —
farlo — mai — più»
disse Moody, pronunciando ogni parola man mano che il furetto colpiva
il pavimento di pietra e rimbalzava di nuovo.
«Professor Moody!» disse una voce
stupefatta.
La professoressa McGranitt scendeva la scalinata di marmo con le
braccia cariche di libri.
«Salute,
professoressa McGranitt» disse Moody tranquillamente,
spedendo il
furetto ancora più su.
«Che
cosa… che
cosa sta facendo?» chiese la professoressa McGranitt, gli
occhi che
seguivano l’ascesa del furetto.
«Insegno» rispose Moody.
«Insegna…
Moody, quello è uno studente?» strillò
la professoressa McGranitt
mentre i libri le cadevano a terra.
«Già»
rispose Moody.
«No!»
urlò la
professoressa McGranitt, scendendo la scala di corsa ed estraendo la
bacchetta; un attimo dopo, con un forte schiocco, ricomparve Draco
Malfoy, accasciato a terra, i lisci capelli biondi che coprivano la
faccia rossa come un papavero. Malfoy si rialzò tremante.
(HARRY POTTER E IL CALICE
DI FUOCO, CAP. 13 – J.K.ROWLING)
La
Willowitch aveva guardato esterafatta la scena, indecisa se
indignarsi verso quell'ignobile trattamento nei confronti del suo
assistito, oppure scoppiare a ridere sommessamente. Riuscì a
mantenere una parvenza di serietà, eppure il suo
divertimento fu
immediatamente colto da Draco, non appena furono spediti gentilmente
fuori dal Pensatoio.
Straordinariamente,
anche Malfoy stava sorridendo.
"Divertente,
non è vero?" disse vivacemente, prima di
sussurrare in modo
tagliente "Uno dei momenti più imbarazzanti della
mia
esistenza"
Columbine
si schiarì la voce, soffocando una risata: "Beh
Draco, non
si può dire che tu non l'abbia meritato. Sei stato odioso
nei
confronti del povero Weasley..."
Draco
mosse la mano, come a voler respingere quelle illazioni.
"Allora,
ha capito?"
"Che
cosa?" domandò la Willowitch, sgranando i
magnifici occhi
azzurri.
Draco
sbuffò visibilmente, ostentando insoddisfazione: "E
meno
male che lei sarebbe la più grande guaritrice del Mondo
Magico! Le
sto chiedendo ... " rallentò la parlata, come se
si stesse
rivolgendo ad una bambina "...ha capito il motivo della mia
scelta? Il furetto...?"
"Ho
una teoria, però vorrei sapere prima che cosa ne pensi tu...
perchè
hai scelto questo esemplare, Draco? Dal manto bianco, per di
più?"
"Voglio
saperlo da lei, signorina Willowitch" Draco la stava
sfidando, per l'ennesima volta.
"I
casi sono due: o hai deciso di adottare un furetto per puro spirito
masochista ... oppure, come al solito, tutto questo è
riconducibile
a Potter. Questo è un maldestro tentativo di prenderti una
rivincita
morale su di lui e sulla vergogna che hai provato in quel contesto.
E' un modo per dire: ""Guardami Potter, sono talmente
furbo da essere riuscito a trasformare uno dei ricordi peggiori della
mia esistenza in uno dei migliori!"" Inoltre, quand'eri
sotto le spoglie di furetto hai attirato la sua attenzione... e solo
Merlino sa quanto tu abbia voglia di essere messo al centro dei
pensieri di Potter..."
Sorrise
soddisfatta all'indirizzo di Draco, finalmente zittito.
"..
come hai detto che si chiama?"
Draco
mugugnò qualcosa di incomprensibile, avvampando. Invitato a
ripetere, aveva sussurrato Malferret come se fosse un'indicibile
bestemmia.
"E...
immagino che questo fosse il soprannome che Harry aveva scelto per
te"
Malfoy
annuì svogliatamente, distogliendo lo sguardo,
improvvisamente
scoperto. Spogliato della sua maschera di strafottenza.
"Adorabile"
Draco
raccattò il furetto e fece per alzarsi, ma la voce della
Guaritrice
lo fermò:
"Prima
che tu vada... Per la prossima volta voglio che tu scriva una lettera
a Potter. Scrivi quello che ti passa per la testa, l'importante
è
che tu la metta per iscritto e la porti qui. La leggeremo insieme..."
Malfoy
alzò il sopracciglio, rimbeccandola: "Non sapevo
di essere a
scuola"
Columbine
lo ignorò, indicandogli con lo sguardo l'uscita.
"Alla
prossima settimana ... Malferret" disse, sentendosi
trapassata da grigi occhi carichi di odio.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci qui, una seduta particolarmente intensa quella di oggi.
Ho deciso di riportare uno stralcio del capitolo originale,
perchè credo che quella scena sia assolutamente impossibile
da riscrivere!
Spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio e... grazie!
|
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Capitolo 11 *** Tu mi hai salvato ***
Malfoy
era seduto compuntamente alla scrivania della biblioteca del Manor,
intento a fissare il foglio di pergamena perfettamente intonso di
fronte a lui.
Maledisse
la Willowitch, lei e quelle sue idee strampalate da guaritrice da
strapazzo...
Non
avrebbe scritto una lettera a Potter. Per dirgli cosa, poi?
Allontanò
la carta da lettere, come a voler prendere le distanze da quel
compito ingrato. Fece per alzarsi, ma il senso del dovere prevalse.
Sospirò, allungando le gambe magre sotto al tavolo. Beh,
provarci
non gli sarebbe costato molto. Sempre meglio di recarsi alla prossima
seduta a mani vuote, subendosi le recriminazioni e gli sguardi di
rimprovero di Columbine.
Intinse
la penna nell'inchiostro, mordicchiandone l'estremità in
cerca di
ispirazione.
Come
doveva rivolgersi allo sfregiato?
Caro
Harry ... Caro Harry?! Da quando quell'imbecille poteva
essere
definito caro e, soprattutto, da quando aveva
incominciato a
pensare a lui con il suo nome di battesimo?
Tirò
una riga netta sulla prima frase, stringendo le labbra sottili.
Signor
Harry Potter. Terribilmente formale. Cancellò con
un secco gesto
anche questo tentativo.
Harry.
Malfoy scrisse quel nome con una certa attenzione, sincerandosi di
ripassare più volte ciascuna lettera, salvo poi nasconderlo
freneticamente con l'inchiostro, fino a formare una chiazza nera sul
foglio. Decisamente no. Harry era ... troppo intimo.
Alla
fine optò per la scelta più ovvia: Potter.
Rilesse a
bassa voce quel cognome, cercando di concentrarvi tutto l'odio ed il
disprezzo che provava nei suoi confronti. Quasi si sforzò,
ma
sembrava che l'acredine avesse lasciato il posto ad
un'incontrovertibile sensazione di nostalgia.
Potter.
Sappi
che ti sto scrivendo questa lettera sotto costrinzione. Non pensare
neppure per un istante che questa decisione sia stata spontanea. Non
so neanche perchè io ti debba scrivere, comunque.
Come
stai? (E' una frase di circostanza, in realtà non potrebbe
fregarmene di meno della tua salute, ma cerchiamo di mantenere le
apparenze).
Presumo
che la tua vita vada a gonfie vele, almeno a giudicare dalle foto che
vengono pubblicate sui giornali di quart'ordine. A proposito, ti
consiglio almeno di sorridere verso l'obbiettivo, è
già abbastanza
spiacevole vedere la tua faccia ovunque, figuriamoci poi con
un'espressione da pesce lesso stampata sopra.
A
questo punto, ti immagino contrarre la mascella ed aggrottare la
fronte, profondamente infastidito dalle mie innocenti punzecchiature.
Ricordi
i bei vecchi tempi? E' stato davvero un piacere rendere la vita del
Salvatore del Mondo Magico e dei suoi amichetti impossibile, anche se
non ho mai davvero perdonato la Granger per quel pugno. Però
ho
perdonato te, per la questione della stretta di mano. Spero che tu ti
sia reso conto del grande errore che hai compiuto. Insomma, non si
rifiuta mai un'offerta di amicizia, specie se proviene da Draco
Malfoy in persona. Ti sei mai chiesto che cosa sarebbe accaduto se tu
avessi saggiamente abbandonato al proprio destino Weasley,
accogliendo la mia proposta? Ad esempio, non sarei qui di certo a
scriverti una stupida missiva che non leggerai mai. Potrei venire a
trovarti di persona e fare quattro chiacchiere con te, senza avere il
terrore di essere guardato come un inutile insetto da calpestare.
Forse potrei persino annoverarti nella mia cerchia di amici
più
intimi. Ma è inutile guardarsi indietro struggendosi per
qualcosa
che non è accaduto.
Ho
fatto degli errori, Potter. Mi sono schierato dalla parte sbagliata
della guerra; i miei genitori dicono che io non abbia mai avuto
scelta, addirittura elogiano il mio coraggio. Ma quale coraggio, mi
chiedo io? Ho imboccato la strada più conveniente e
semplice, ho
preso il Marchio Nero per salvare la mia vita, ho ordito alle tue
spalle durante il Sesto Anno... Ho la coscienza sudicia e le macchie
di sangue che la costellano fanno fatica a sbiadire.
Non
sto implorando il tuo perdono, Sfregiato. Non lo farei mai e non
credo neppure di meritarlo.
Però,
mettendo faticosamente da parte l'orgoglio, voglio ringraziarti.
Grazie
per avermi teso la mano mentre la fiamme divampavano nella Stanza
delle Necessità.
Grazie
per aver testimoniato in favore della mia famiglia al Processo: senza
la tua dichiarazione non avremmo mai più rivisto la luce del
sole,
sepolti vivi nelle orribili celle di Azkaban, in attesa del bacio
mortifero.
Tu
mi hai salvato la vita, Harry Potter – una e mille volte.
Ed
è per questo che ti odio.
Ed
è per questo che ti amo.
Una
lacrima cadde sulla pergamena, suggellando quella improbabile
dichiarazione di amore, che non sarebbe mai giunta a destinazione.
Angolo dell'autrice:
Dare vita ai pensieri di Draco
è stato più difficile del previsto.
Spero, comunque, che il risultato
sia convincente.
Fatemi sapere...
Un abbraccio e grazie <3
|
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Capitolo 12 *** Sfortunate Circostanze ***
Columbine
Willowitch, quella sera, aveva involontariamente
spedito una
lettera al Signor Harry Potter. Purtroppo, a causa della sua
inspiegabile sbadataggine, aveva confuso il proprio biglietto
con
un foglio spiegazzato che il suo ultimo paziente aveva abbandonato
sulla poltrona.
Proprio
una sfortunata circostanza, davvero.
Come
ogni mattina, sul tavolo della Tana si riversarono una caterva di
lettere, in un turbinio di piume ed ali. Si trattava
perlopiù di
lettere di ammiratrici ed estimatori del Salvatore del Mondo Magico,
ansiosi di ricevere una sua risposta o -semplicemente- di renderlo
partecipi della propria esistenza. Harry tendeva ad ignorarle,
sperando che prima o poi tutta l'attenzione nei suoi confronti
sarebbe scemata, lasciandolo finalmente libero di respirare.
Tuttavia,
una catturò immediatamente il suo interesse. Era una busta
di
un'insolita tonalità smeraldina, decisamente più
piccola di quelle
che era solito ricevere. Non c'era alcuna traccia del mittente,
eppure la calligrafia che aveva vergato elegantemente il suo cognome
sul retro gli era stranamente familiare.
E
poi, d'un tratto, la riconobbe. Il suo cuore incominciò a
battere
all'impazzata.
Fece
colazione il più velocemente possibile, fremente per la
curiosità e
l'impazienza. La lettera quasi gli bruciava nei pantaloni. Se l'era
infilata in tasca in modo furtivo, per paura che qualcuno dei Weasley
potesse intercettarla, facendogli domande inopportune.
Bofonchiò
un paio di scuse prima di congedarsi, sperando di non aver attirato
troppo l'attenzione della famiglia con il suo strano comportamento.
Fortunatamente, nessuno sembrava essersi accorto dell'impellente
bisogno che aveva incominciato a pervaderlo con un'insistenza quasi
insopportabile.
Salì
due gradini per volta, prima di rifugiarsi nella camera che
condivideva con Ron. Chiuse la porta dietro di sè, il
respiro corto
e le guance in fiamme.
Strappò
l'involucro facendolo cadere al suolo, senza preoccuparsi di
raccoglierlo.
Si
buttò a capofitto tra le parole di Malfoy, con una smania ed
un
desiderio quasi incontrollabili.
Lesse
e rilesse quelle parole, imparandole quasi a memoria mentre i dubbi
incominciavano a dilaniarlo: forse, dopotutto, era solo uno scherzo
di cattivo gusto. Un tentativo come un altro di metterlo all'angolo,
di farlo soffrire.
Si
ritrovò persino a rovistare tra i quaderni di scuola,
ammucchiati
impietosamente su una scrivania sgangherata lì vicino, alla
ricerca
di qualcosa che avrebbe potuto smorzare definitivamente i suoi dubbi.
Li ritrovò miracolosamente intatti in mezzo ad un libro di
Incantesimi: erano stupidi bigliettini che Malfoy gli inviava per
provocarlo durante le lezioni. Decise di non interrogarsi sul
perchè
li avesse conservati per tutti quegli anni.
Eppure,
una vocina dentro la sua testa confusa lo rassicurava: la lettera non
poteva che essere autentica.
Ciò
implicava che Malfoy,
il vero Malfoy, si fosse messo a nudo di fronte a lui.
Non
solo lo ringraziava, ma quasi supplicava per avere il suo perdono.
Non sapendo di averlo già ottenuto, molto tempo prima.
Ancora
in piedi, la pergamena spiegazzata tra le mani, Harry
incominciò
inaspettatamente a singhiozzare, lasciandosi travolgere da sentimenti
ed emozioni contrastanti.
Ti
amo anche io, Draco.
Era
la prima volta che lo ammetteva a se stesso.
Harry
Potter entrò come una furia nello studio, nel pugno chiuso
un
brandello di pergamena. Erano passati due giorni da quando aveva
ricevuto quella lettera e non era stato in grado di lasciarla. Amava
passarci sopra i polpastrelli, in corrispondenza dei punti dove lui
aveva dovuto appoggiare i propri. Di tanto in tanto, lontano da occhi
indiscreti, vi poggiava sopra le labbra, salvo poi ritrarsi e
rimproverarsi per quel comportamento patetico. Non se ne separava
mai: di notte la teneva sotto il cuscino, durante il giorno -invece-
era solito conservarla in un taschino interno della giacca, insieme
alla foto dei suoi genitori. In corrispondenza del cuore.
Per
fortuna, Ginny era lontana per lavoro ... un torneo di Quidditch da
qualche parte del mondo richiedeva la sua partecipazione, in veste di
corrispondente. Non avrebbe sopportato le sue occhiate, le sue
illazioni, i suoi sospetti... la sua ingombrante presenza.
L'arrivo
della lettera, come un fulmine a ciel sereno, aveva improvvisamente
cambiato la sua percezione del mondo.
Si
era reso conto di stare con lei per uno strano senso del dovere; si
era fidanzato con Ginny perchè - così facendo
– avrebbe
perfettamente rispettato le aspettative che gravavano nei suoi
confronti.
Il
ruolo che gli avevano cucito addosso gli stava decisamente stretto.
Era ora di liberarsene e, per farlo, necessitava dell'aiuto di
Columbine Willowitch.
La
Guaritrice lo accolse calorosamente, invitandolo ad accomodarsi in
una delle tante poltrone sparse intorno al camino. Come al solito, le
luci soffuse e le gradevoli fragranze che si spandevano delicatamente
per la stanza rendevano il tutto intimo ed avvolgente.
Ad
Harry non sarebbe dispiaciuto affatto sprofondare in uno di quei pouf
colorati, rilassandosi completamente, lasciando che Columbine
scandagliasse gli antri più oscuri della sua mente e della
sua
anima.
Tuttavia,
per quella particolare seduta, aveva in mente qualcosa di
particolare. Era pronto ad usare nuovamente il Pensatoio; un tempo,
lui e Silente avevano sfruttato quello strumento per analizzare
l'infanzia di Voldemort. In quella circostanza, invece, lo avrebbe
usato in compagnia di una psicologa per ritrovare se stesso.
"Signorina
Willowitch" esordì Harry "Ho deciso di
mostrarle un
ricordo risalente al mio Sesto Anno ... "
Columbine
gli sorrise radiosa: il suo paziente incominciava a partecipare
attivamente al proprio processo di guarigione, e questo era
semplicemente fantastico.
Harry,nel
frattempo,incespicando con le parole, cercava di spiegare al genere
di evento a cui avrebbero assistito. La guaritrice gli toccò
una
spalla, invitandolo ad avvicinarsi all'oggetto: avrebbero parlato
dopo.
Era tempo di immergersi nel passato. Un passato che, Columbine
ne era certa, avrebbe avuto a che vedere con Malfoy.
Scaraventati
senza troppi riguardi in un corridoio avvolto nella penombra, Harry e
la Willowitch si resero immediatamente conto di non essere da soli. A
qualche metro da loro, la versione sedicenne di Potter stava
camminando di buona lena, consultando ansiosamente quella che pareva
essere una mappa.
Incominciarono
a seguirlo a debita distanza, stupidamente impauriti dalla
possibilità che lui li scorgesse. I tacchi della Willowitch
risuonavano ritmicamente sulla pietra, producendo un rumore che Harry
trovò insolitamente confortante.
La
passeggiata non durò a lungo. Ben presto, i due si
ritrovarono nel
bagno del secondo Piano. La Willowitch non potè fare a meno
di
storcere il naso per lo sgradevole odore ed il senso di trascuratezza
che aleggiava sul luogo.
Ma
poi, il suo sguardo si posò su quella figura longilinea
tanto
familiare; dovette reprimere l'impulso di correre verso il suo
paziente per confortarlo. Non potè fare a meno di pensare
che Draco
riusciva ad essere terribilmente sensuale anche in situazioni di
sconforto e dolore. Si autocensurò prima che potessero
presentarsi
ulteriori pensieri nefasti, la cui unica funzione sarebbe stata
quella di graffiarle il cuore già sanguinolento.
Fu
distratta dall'atteggiamento del suo accompagnatore. Harry era
visibilmente impallidito, contraeva le mani sudate nervosamente, e
sembrava voler reprimere l'istinto di vomitare o scappare. Doveva
essere un momento particolarmente rilevante per lui. La Willowitch
inforcò meglio gli occhiali, decisa a non perdersi neppure
un
istante.
Draco Malfoy gli dava le
spalle, aggrappato con le mani ai lati del
lavandino, la testa quasi bianca china in avanti.
«No» gemette la voce di Mirtilla Malcontenta da uno
dei cubicoli.
«No… dimmi che cosa c’è che
non va… io posso aiutarti…»
«Nessuno può aiutarmi» rispose Malfoy.
Stava tremando. «Non posso
farlo… Non posso… non
funzionerà… E se non lo faccio presto…
dice che mi ucciderà…»
Harry rimase
come fulminato. Malfoy stava piangendo: le lacrime scorrevano sul
volto pallido e dentro il lavandino sudicio. Malfoy
singhiozzò e
deglutì; poi, con un gran brivido, guardò lo
specchio incrinato e
vide Harry che lo fissava al di sopra della sua spalla.
Si voltò di scatto ed estrasse la bacchetta.
D’istinto Harry fece
lo stesso. La maledizione di Malfoy lo mancò di pochi
centimetri,
mandando in pezzi la lampada sulla parete accanto a lui; Harry si
gettò di lato, pensò Levicorpus! e
agitò la bacchetta, ma Malfoy
bloccò la fattura e si preparò a scagliarne
un’altra…
«No! No! Basta!» strillò Mirtilla
Malcontenta. La sua voce
echeggiò forte nella stanza foderata di piastrelle.
«Basta!
BASTA!»
Si udì una sonora esplosione
e
il bidone dietro Harry scoppiò; Harry tentò un
Incantesimo delle
Pastoie che rimbalzò sulla parete dietro
l’orecchio di Malfoy e
fracassò la cassetta sotto Mirtilla Malcontenta, che
strillò ancora
più forte; l’acqua si riversò
dappertutto e Harry scivolò in
terra, mentre Malfoy, il volto deformato dalla rabbia, urlava:
«Cruci…»
«SECTUMSEMPRA!»gridò Harry dal
pavimento, agitando furiosamente la bacchetta.
Il sangue schizzò dal volto e dal petto di Malfoy come se
fosse
stato colpito da una spada invisibile. Barcollò
all’indietro,
lasciò cadere la bacchetta dalla mano afflosciata e
piombò sul
pavimento allagato sollevando un enorme spruzzo.
«No…» ansimò Harry, senza
fiato.
Scivolando e barcollando, si rialzò e si lanciò
verso Malfoy, che
aveva il viso lucido e rosso; le sue mani bianche raspavano il petto
zuppo di sangue.
«No… io
non…»
Harry non sapeva cosa stava dicendo; cadde in ginocchio accanto a
Malfoy, che tremava in maniera incontrollabile, in una pozza di
sangue.
Mirtilla Malcontenta levò un
urlo assordante: «ASSASSINIO! ASSASSINIO NEL BAGNO!
ASSASSINIO!»
(Cap.
24, SECTUMSEMPRA – Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
J.K.
Rowling)
La
voce stridula del fantasma fu amplificata all'ennesima potenza, prima
di svanire del tutto.
Harry
respirava a fatica, i capelli disordinati attaccati alla fronte
sudata, un'espressione di puro terrore disegnato sul volto.
"Oh,
Harry... vuoi un bicchiere d'acqua?"
chiese premurosamente la Willowitch, aiutandolo ad alzarsi da terra.
Colui che aveva inventato il Pensatoio, non si era di certo
preoccupato dell'incolumità di coloro che ne avrebbero fatto
uso, dovette
constatare amaramente la Guaritrice.
Il
ragazzo inghiottì a vuoto, abbozzando un sorriso ed
accennando un
segno di diniego.
"Sto...sto
bene.. è stato solo più traumatizzante del
previsto..."
"Te
la senti di parlarne? Perchè proprio questo ricordo? Che
cosa ti ha
portato a sceglierne uno con protagonista la tua nemesi scolastica?"
"I
sensi di colpa" boccheggiò
Harry "Vede...
come può un ragazzo al quale ho praticamente sottratto la
vita
scrivermi chiedendomi perdono?"
La
Willowitch sorrise impercettibilmente: una delle due mosche era
caduta nella ragnatela.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci
qui con un nuovo capitolo.
E'
un momento abbastanza cruciale della storia, Harry finalmente
incomincia a capire il motivo del suo disagio.
Un
ringraziamento a chi legge, non vedo l'ora di leggere i vostri
commenti! ;)
A
prestissimo
|
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Capitolo 13 *** Non ha ucciso nessuno ***
Columbine
Willowitch fu svegliata di soprassalto da un rumore improvviso e
persistente: qualcuno stava bussando alla porta, denotando una certa
impazienza.
Sbadigliando,
lanciò un'occhiata all'orologio che teneva sul comodino, in
bilico
su una dozzina di tomi malamente impilati: le 6.30 del mattino.
"Arrivo!"
trillò, allacciandosi alla meno peggio la vestaglia che la
sera
precedente aveva abbandonato sulla poltrona.
Rischiò
di ruzzolare giù dalle scale, nella concitazione del
momento; ma
poi, finalmente, riuscì ad aprire la porta.
Alla
vista di Draco Malfoy, perfettamente vestito e pettinato nonostante
l'ora, ebbe l'impulso di coprirsi le gambe, delle quali mostrava
un'abbondante porzione.
Ma
il suo paziente non sembrava essere minimamente interessato alla sua
pelle; nella mano affusolata brandiva una rivista patinata, su cui
campeggiava un'enorme foto di Harry Potter. Il ragazzo sembrava
essere stato preso alla sprovvista, ed esibiva un sorriso poco
convicente. La cicatrice spiccava in maniera evidente.
"Draco"
balbettò lei, cercando di reprimere un altro sbadiglio
"Credo
che tu sia in anticipo: la tua seduta è fissata per le
dieci... e
sono solo le sei e trenta del mattino."
Ignorandola,
come se tutto ciò che gli aveva appena detto non lo
riguardasse
affatto, le chiese di farlo entrare.
Se
all'ingresso di casa sua ci fosse stato qualsiasi altro paziente, lei
lo avrebbe fermamente invitato a ritornare all'ora prestabilita. Ma
si dava il caso che Draco non fosse "qualsiasi altro paziente":
era inutile, nutriva un debole nei suoi confronti. Per questo gli
fece cenno di entrare. Lo condusse nello studio e offrendogli
impacciatamente un paio di Cioccorane – che lui
rifiutò con un
gesto dignitoso – gli chiese di rimanere in attesa.
Corse
in bagno, si ravviò i capelli prima di fiondarsi sotto la
doccia. La
sensazione dell'acqua che le scivolava sul corpo nudo la fece
fremere; a pochi passi c'era Draco, e lei era completamente senza
veli. Represse il desiderio che stava impetuosamente crescendo dentro
di lei.
Si
asciugò in fretta e furia, prima di infilarsi un orrendo
abito da
casa e precipitarsi da Draco.
"Eccomi!"
Draco
camminava su e giù per la stanza, mormorando parole come
"disastro".
Le
si avvicinò, sbattendole sotto il naso il giornale che lei
aveva
intravisto poco prima.
"Legga."
Columbine
inforcò gli occhiali, mettendo a fuoco l'articolo
incriminato. In
realtà si trattava di un'intervista a Potter, una specie di
botta e
risposta. Le domande non erano volte a far emergere nulla di nuovo
sulla sua figura, tutte tranne una.
"La
persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto, Signor
Potter?"
"Draco
Malfoy."
"Sta
facendo riferimento a quel Malfoy? L'ex mangiamorte? Davvero?"
"Davvero.
Ha avuto fegato da vendere, durante la Guerra. Non molti sedicenni
sarebbero stati in grado di tener testa agli assurdi piani di
Voldemort, senza impazzire. Posso assicurare alla comunità
magica
che Malfoy non è un cattivo ragazzo. Non ha avuto scelta."
L'articolo
poi proseguiva, ma Harry non faceva più riferimento a Draco.
L'intervista
era datata il giorno prima, quindi Harry era già a
conoscenza della
lettera. Suo malgrado, Columbine dovette reprimere un sorriso.
"Perchè
ride?? Non si rende conto che questo articolo è una
tragedia?!"
sbraitò Malfoy, gli occhi stralunati.
La
guaritrice si schiarì la voce: "E
perchè mai? Harry ha solo
detto la verità e ha pensato fosse giusto condividerla con
la
società."
"Sì, ma perchè ora? Perchè
adesso?
L'ultima volta che l'ho visto è stato un anno fa, al
processo...
come gli sono venuto in mente?"
"Questo
non te lo so dire, Draco." Bugiarda, bugiarda, bugiarda.
"In
ogni caso, considera il lato positivo della faccenda."
"Cioè?"
chiese scontrosamente il rampollo, ancora in piedi, le lunghe braccia
in posizione conserta.
"Ma
non capisci, Draco? Harry Potter ti sta mandando un messaggio. Forse
inconsciamente, forse no... ma ti sta cercando. Vuole mettersi in
contatto con te, lo desidera, però non ne ha il coraggio. E'
titubante, teme un tuo rifiuto. Per questo, parla di te durante le
interviste."
Draco
grugnì qualcosa di indefinito, in segno di
incredulità.
"E
poi... hai notato il giornale? Non ha scelto di dichiarare la sua
ammirazione per te tramite la Gazzetta del Profeta, lo ha fatto
attraverso le pagine di un magazine che solo tu e pochi altri giovani
rampolli dell'aristocrazia purosangue leggete. In questo modo, era
quasi certo che tu lo avresti letto."
"E'
un ragionamento tortuoso, signorina Willowitch. Non credo che il
cervellino dello Sfregiato potrebbe elaborare un piano del genere:
troppo complesso. Però..."
Il
ragazzo non terminò la frase; nonostante tutto, Draco
sperava
ardentemente che quella tesi fosse vera.
Come
risvegliatosi improvvisamente da un sogno, Draco sembrò
rendersi
conto dell'ora. Ormai erano le sette passate. Impacciato, chiese
scusa alla guaritrice per esserle piombato in casa con così
poco
preavviso e si dileguò velocemente, nonostante le proteste
animate
di Colombine che lo aveva invitato a rimanere.
Harry
entrò come una furia, esordendo "Non so
perchè ho detto
quella stronzata, d'accordo?!"
Columbine
lo guardò interrogativamente, gli occhioni azzurri sgranati.
"Di
che cosa stai parlando, caro?"
Il
ragazzo sprofondò nella poltroncina di fronte a lei,
passandosi una
mano sulla fronte. "Mi scusi. E' solo che ... mi stanno
stressando tutti con questa storia dell'intervista..."
"Ti
va di parlarmene, così posso capire meglio?"
"Ho
rilasciato una stupida intervista ad una rivista maschile... non amo
particolarmente questo genere di cose, però l'ho fatto
perchè gli
incassi sarebbero stati interamente devoluti al San Mungo. Mi hanno
chiesto banalità, non erano particolarmente interessati a
scoprire
lati nascosti di me. E poi... stava andando tutto per il meglio
quando mi hanno fatto una domanda su chi fosse la persona
più
temeraria che avessi mai conosciuto." Harry
esitò,
abbassando gli occhi e torturandosi le labbra coi denti.
"E
tu cosa hai risposto, Harry?"
"Io
ho risposto Draco Malfoy, signorina Willowitch."
"Ed
è stato un errore, secondo te?"
"No.
Io lo, ehm, penso davvero. Solo che, una volta uscito questo
maledetto servizio, si è scatenato l'inferno. Ginny
è entrata in
camera quasi urlando, chiedendomi spiegazioni. Ron si è
offeso,
credo che si aspettasse di essere citato. Hermione ha provato a fare
la comprensiva, ma si vedeva chiaramente che era delusa."
"Secondo
te perchè hanno reagito in questo modo, Harry?"
"Perchè
odiano Malfoy. Sono il primo a riconoscere che non sia una persona
facile con cui interagire; è arrogante, spocchioso e
prepotente. Io
stesso l'ho detestato per gran parte del mio periodo ad Hogwarts..."
"Puoi
dirmi quando hai incominciato a cambiare idea su di lui?"
Columbine, a
questo punto, era
davvero curiosa.
"Posso
fare di meglio"
sorrise
Harry enigmaticamente. Con fare sicuro estrasse il ricordo e facendo
attenzione lo pose nell'incavo del pensatoio.
Un
attimo dopo, si ritrovarono sulla Torre di Astronomia.
Columbine
riconobbe la voce di Draco.
«Resta poco tempo, a ogni modo» riprese
Silente. «Quindi
consideriamo le tue alternative, Draco».
«Le mie alternative!» gridò Malfoy.
«Sono qui con una bacchetta…
sto per ucciderla…»
«Mio caro
ragazzo, smettiamo di prenderci in giro. Se fossi in grado di
uccidermi, l’avresti fatto subito dopo avermi Disarmato, non
ti
saresti fermato a fare questa piacevole
chiacchierata».
«Io non ho alternative!» esclamò Malfoy,
all’improvviso bianco
come Silente. «Devo farlo! Lui mi ucciderà!
Ucciderà tutta la mia
famiglia!»
«Mi rendo conto della
gravità della tua posizione» convenne Silente.
«Perché credi che
non ti abbia affrontato prima d’ora se no? Perché
sapevo che
saresti stato ucciso se Lord Voldemort avesse compreso che sospettavo
di te».
Malfoy sussultò sentendo
pronunciare quel nome.
«Sapevo della tua
missione, ma non ho osato parlartene nel caso che usasse la
Legilimanzia contro di te» continuò Silente.
«Ma ora possiamo
parlare chiaro… non è stato fatto alcun male, non
hai ferito
nessuno, anche se devi solo alla fortuna se le tue vittime sono
sopravvissute… Io posso aiutarti,
Draco…»
«Non può, invece» ribatté
Malfoy. Ormai la sua bacchetta tremava
incontrollabilmente. «Nessuno può aiutarmi. Mi ha
detto che se non
lo faccio mi ucciderà. Non ho scelta».
«Passa dalla parte giusta, Draco. Possiamo nasconderti meglio
di
quanto tu possa immaginare. E, cosa più importante,
manderò dei
membri dell’Ordine da tua madre stanotte, per nascondere
anche lei.
Tuo padre per ora è al sicuro ad Azkaban… Quando
verrà il momento
potremo proteggere anche lui… Passa dalla parte giusta,
Draco… tu
non sei un assassino…»
Malfoy fissò
il Preside, sbalordito.
«Ma sono
arrivato fino a qui, no?» disse lentamente.
«Credevano che sarei
morto, e invece sono qui… e lei è in mio
potere… Ho la bacchetta
in pugno… Lei è qui, a chiedermi
pietà…»
«No, Draco» ribatté Silente, tranquillo.
«È la mia pietà, non
la tua, che conta adesso».
Malfoy
non parlò. Aveva la bocca aperta, e la mano con la bacchetta
tremava
ancora. Harry credette di vederla abbassarsi…
(Harry
Potter e il Principe Mezzosangue, cap. 27 – J.K. Rowling)
Mentre
lo scenario incominciava a sbiadire intorno a loro, Harry si
accostò
all'orecchio della guaritrice sussurrandole: "Vede? Ha
abbassato la bacchetta. Draco non è un assassino."
La
frase sembrava un tentativo di giustificarsi: "Vede? Non
è
cattivo, non ha ucciso nessuno ... quindi posso amarlo senza sentirmi
in colpa."
Angolo dell'autrice:
Grazie mille a tutti coloro che leggono/recensiscono questa storia.
Mi fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti ed opinioni.
Spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto, fatemi sapere!!!
Alla prossima seduta
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Capitolo 14 *** Sarò in grado di proteggerlo da me stessa ***
I
want to hide the truth
I
want to shelter you
But
with the beast inside
There’s
nowhere we can hide
Voglio
nascondere la verità
Voglio
proteggerti
Ma
con la bestia dentro me
Non
c’è posto per nascondersi
(Imagine
Dragons - Demons)
L'aria
gelida sferzò il viso di Columbine, arrossandone leggermente
la
pelle, solitamente candida. Rabbrividendo, si strinse nel cappottino
di lana azzuro e rimpianse di non avere indossato qualcosa di
più
pesante e meno lezioso. Rivolse un'occhiata sfuggente al cielo che
incombeva minacciosamente sopra la sua testa: prometteva neve.
Attraversò velocemente Diagon Alley, non degnando di uno
sguardo le
vetrine dei negozi, davanti alle quali era solita tergiversare. Era
piuttosto raro che tornasse a casa a mani vuote, dopo una
passeggiata: un libro, una rivista da quattro soldi, una penna nuova
di zecca, una confezione di biscotti. Qualunque cosa fosse in grado
di riempire il solco che era andato creandosi dentro di lei, almeno
temporaneamente.
Quel
giorno, però, non aveva tempo di fare compere: c'era una
persona ad
attenderla in una delle vie limitrofe del centro, nella Londra
babbana.
Entrò
nello studio sentendosi vagamente a disagio, pur essendo una
habituèè
di quel luogo. Non era strano per un Guaritore avvertire, ad un certo
punto della propria carriera, l'esigenza di rivolgersi ad un altro
collega. Ciò avveniva, soprattutto, quando si incominciava
ad essere
troppo coinvolti nelle vicende dei propri pazienti, rischiando di
compromettere la terapia ed il processo di guarigione. Era un modo
per preservare non solo i clienti, ma anche se stessi.
Columbine
fu accolta dalla voce calda e profonda di un uomo molto anziano; il
dottor Solomon Breuer (*)
la
stava aspettando, il volto raggrinzito e macchiato dal tempo
contratto in una smorfia, a mò di sorriso. Non era una
persona
facile, nè tantomeno gentile; era diventato famoso per i
suoi metodi
sbrigativi e sgarbati ed il suo atteggiamento gli aveva fatto perdere
non pochi clienti. La vecchiaia lo aveva certamente inacidito,
diminuendo drasticamente la sua pazienza nell'ascoltare. Spesso ci si
chiedeva perchè avesse scelto quella professione, data la
sua scarsa
propensione all'empatia ed il brutto carattere.
Columbine,
invece, nonostante tutto lo apprezzava. Lo aveva scelto, molto tempo
prima, come "tutor" e non se n'era mai pentita. Spesso si
era recata lì , stremata e dolorante, sull'orlo di una crisi
di
nervi e lui l'aveva aiutata a rimettere insieme i pezzi della sua
sfortunata esistenza.
Certo,
l'aveva fatto a proprio modo, arrivando persino ad urlarle contro
verità che non avrebbe mai voluto ascoltare. Ma era sempre
stato
sincero con lei: non aveva mai tentato di edulcorare la
realtà per
renderla meno spiacevole, limitandosi a sorreggerla mentre percorreva
a passi incerti il cammino dell'accettazione.
Breuer
era diventato un punto imprescindibile di riferimento, assumendo
quasi il ruolo del padre che non aveva mai conosciuto.
Per
questo, in considerazione di ciò che le stava accadendo, si
era
recata da lui.
"Mi
sono innamorata di un paziente."
Columbine inaugurò così la seduta, conscia che
con Breuer non
avesse senso fare troppi giri di parole senza arrivare al punto.
Il
guaritore grugnì, ma non aggiunse altro, invitandola
silenziosamente
a continuare. Gli occhi cisposi la scrutavano con attenzione ed
interesse.
"Non
so come sia potuto succedere ma ... ormai sono sei mesi che nutro
questi sentimenti nei suoi confronti, la situazione mi sta sfuggendo
di mano."
"Ed
in sei mesi non ti è mai passato per l'anticamera del tuo
cervellino
di prendere un appuntamento con me? Devo forse dedurre che tu non
abbia fatto niente, perchè speravi che potesse nascere
qualcosa tra
di voi?"
Breuer pose le domande in modo beffardo, lasciando trasparire una
certa aggressività.
"Non
c'è pericolo che succeda qualcosa." Replicò
Columbine, piccata "Il
ragazzo è attratto dalle persone del suo stesso sesso."
"Quindi,
questo sarebbe l'unico motivo per il quale non è accaduto
niente?"
"Non
ho detto mai niente del genere!" protestò
vivacemente la Willowitch
"Non
c'è bisogno che tu lo dica esplicitamente, tesoro mio. " la
canzonò il medico, prima di farsi serio ed aggiungere: "Conosco
la tua etica del lavoro, Columbine. Sono certo che tu non abbia
intenzione di sedurre questo ragazzo, nè ora nè
mai. Tuttavia, è
evidente che questa situazione ti faccia soffrire indicibilmente."
Columbine
non replicò, asciugandosi una lacrima furtiva con il palmo
della
mano.
"E'
che ... mi sento così stupida!"
disse con voce strozzata, incominciando a tirare su poco
elegantemente con il naso. "Mi
sento come un'adolescente cretina alla prima cotta, conto i minuti
che mi separano dalla prossima seduta. Quando me lo trovo di fronte,
perfettamente vestito, con quell'espressione strafottente stampata in
faccia, i suoi occhi di ghiaccio puntati su di me... mi sento morire.
Sono arrivata persino a sentirmi gelosa, quando mi mostra i ricordi
che hanno a che vedere con il ragazzo che ama..."
"Piantala
di piangerti addosso, Willowitch!"
la redarguì duramente il terapeuta, le mani intrecciate sul
grembo
prominente, gli occhiali leggermente calati sul naso adunco.
"E'
una situazione sgradevole, senza dubbio. Oltre ad essere
deontologicamente ambigua... Ma questo lo sai." Socchiuse
gli occhi, soppessando le parole. "Non
vorrei che questi sentimenti...irrazionali che provi nei confronti di
questo ragazzo, inficiassero il tuo metro di giudizio e rovinassero
la terapia. Tu stessa mi hai detto di provare gelosia nei suoi
confronti... e questo è insano, profondamente insano. Sia
per te,
che per lui."
"Che
cosa dovrei fare?"
domandò Columbine in un sussurro, rivolgendosi
più a se stessa che
al guaritore.
"Credo
che tu lo sappia meglio di me, Columbine."
"Ma
io non voglio... non posso. Non vederlo più, non poter
parlargli...
mi distruggerebbe." disse
quasi strillando la Guaritrice, torturando il fazzoletto di carta
ormai impregnato delle sue lacrime.
"Non
ci sono soluzioni. Sarà un pò dura all'inizio,
certo, ma sei
sopravvissuta ad eventi ben peggiori. Questo, in confronto al
passato, sarà una passeggiata...no?" L'allusione
venne colta da Columbine, che però fece finta di niente: non
poteva
pensare anche a quello, in quel momento. Era già abbastanza
difficile così, senza andare a rivangare terribili
situazioni.
"Sei
venuta qui, da me, per avere una risposta. Una risposta che ,
peraltro, già conoscevi. Probabilmente conosci il protocollo
da
seguire in questi casi meglio di me, eppure hai voluto sapere il mio
parere. Sai perchè, Willowitch? Perchè non hai il
coraggio di
prendere questa decisione. Hai paura di dare uno strappo definitivo a
questa infatuazione malata. Ti sei innamorata come una scema di un
ragazzino, probabilmente ancora imberbe, perdipiù
omosessuale. Hai
preso a cuore la sua causa, i suoi problemi, facendoli tuoi. E' un
amore impossibile,ed è proprio l'impossibilità di
concretizzarlo a
renderlo così stuzzicante. Inoltre, struggersi d'amore per
lui, per
l'idea che ti sei costruita di lui, ti autorizza a non metterti in
gioco seriamente sul piano sentimentale."
Columbine
era paonazza; tutte le volte che si recava in quello studio medico,
comprendeva perfettamente lo scarso entusiasmo di molti suoi pazienti
nel vederla.
"Lo
sai che non lo farò. Non terminerò la terapia.
Non ora. Il mio
paziente, nonostante tutto, sta visibilmente migliorando. Non
lascerò
che uno stupido caso da manuale di "Contro Transfert"
distrugga il lavoro minuzioso di mesi. Lo lascerò andare
solo quando
sarà pronto di camminare da solo, sulle proprie gambe. Mi
congederò
da lui nel momento in cui riuscirà ad accettare
completamente la
propria identità sessuale. Non prima. Sarò
in grado di proteggerlo da me stessa."
La
Willowitch guardò Breuer risolutamente, ostentando una certa
fierezza.
"Veramente
non mi sto preoccupando per il paziente." mormorò
Breuer accigliato. "Sono
preoccupato per te. Come va con la tua dipendenza, Columbine?"
La
guaritrice trasalì, come una bambina colta con le mani nella
marmellata.
"B-benissimo,
Breuer. Non c'è bisogno di parlarne, ora." Balbettò
la guaritrice, distogliendo lo sguardo. In tasca, il blister delle
pastiglie le pesava come un macigno. Non vedeva l'ora di uscire da
quel posto, prendere fiato prima di inghiottirne un paio. Un ottimo
modo per anestetizzare il dolore cronico.
Si
alzò, un momento prima che il pendolo scoccasse la fine
della
seduta. Cercò di ignorare l'espressione di riprovazione
dipinta sul
volto di Breuer. Probabilmente pensava che fosse un essere
spregevole, una sorta di pervertita corruttrice di giovani menti, una
fallita.
In
realtà, sapeva che il guaritore era solo terribilmente
contrario ai
suoi tentativi di auto distruzione. Amori impossibili, desideri
proibiti, droghe per stordirsi... qualsiasi cosa, pur di dimenticarsi
di se stessa e del suo ingombrante carico emotivo.
Breuer,
guardandola abbottonarsi la giacca, constatò–
asciutto: "Sarai
anche la più grande guaritrice del mondo, Columbine. Ma in
quanto a
comprendere te stessa, scusa se te lo dico, fai schifo."
(*)
Riferimento a Joseph Breuer, psichiatra austriaco.
Breuer
è noto soprattutto per il lavoro condotto con una paziente, "Anna
O"
(Bertha Pappenheim) che soffriva di massicci sintomi, quali paralisi
e disturbi della visione e della parola.
Decise
di interrompere la terapia anche perchè emotivamente
coinvolto dalla
relazione con la paziente (Freud avrebbe definito tale fenomeno
"Transfert")
Angolo
dell'autrice:
Chiedo
venia: so che questo capitolo è corto, forse troppo.
Mi serviva per
focalizzare l'attenzione su di lei, i suoi pensieri ed i suoi demoni.
Tuttavia,
credo di avervi dato un'idea di ciò che sta avvenendo nella
mente
della nostra Guaritrice preferita.
Spero
di non avervi deluso: vi prometto che le prossime puntate saranno
più
corpose ed avranno come protagonisti Harry e Draco.
A
prestissimo, un abbraccio e grazie!!! =)
|
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Capitolo 15 *** Cuori che battono all'unisono ***
Amore
buongiorno
Quando
ti levi di torno non vedo l’ora
che
esci e non torni più
(Cesare
Cremonini, GreyGoose)
Columbine
Willowitch rimase colpita dall'espressione serafica stampata sul
volto di Harry; anche il linguaggio corporeo denotava un certo
rilassamento, come se gli fosse stato appena tolto un macigno dalle
spalle.
Doveva
essere accaduto qualcosa.
La
curiosità della terapeuta fu soddisfatta quasi
immediatamente, dal
momento che Harry praticamente fremeva per raccontarle quanto era
successo.
"Ho
una splendida notizia!" disse ad alta volta, contenendo a
fatica l'entusiasmo. "Ho lasciato Ginny!"
"Ma...
perchè, Harry? Nel corso della terapia non avevi mai fatto
riferimento a problemi con la tua fidanzata. Pardon, ex a questo
punto."
Harry
le lanciò un'occhiata risentita, come se la sua reazione
l'avesse
tradito. Forse si era immaginato che la Willowitch si sarebbe
limitata ad una pacca sulla spalla e ad un incoraggiante "bravo!",
ma di certo non era nello stile della dottoressa. Il suo compito,
come al solito, consisteva nello scandagliare i motivi che si
celavano dietro le azioni ed i sentimenti. Certo, era contenta che
Harry si fosse slegato da una relazione soffocante, ma come aveva
trovato il coraggio?
"Perchè
l'hai fatto, caro? E soprattutto, perchè proprio ora?"
Il
ragazzo sgranò gli occhi, inchiodato dalla domanda pungente
e
precisa della guaritrice. Quella mattina, quando lui e Ginny avevano
parlato (in realtà "parlare" era una parola grossa,
perlopiù aveva dovuto subire gli strilli da aquila reale
della
giovane Weasley), si era sentito invincibile. Dopo molto tempo, aveva
riacquistato fiducia in sè, stando finalmente bene.
Si
sarebbe aspettato una maggiore partecipazione emotiva da parte della
terapeuta, ma così non era stato. Ed ora, con quel suo
sguardo
sospettoso, lo metteva a disagio. Aveva forse sbagliato tutto?
Incominciò a mordicchiarsi nervosamente le unghie,
già ridotte
all'osso, riflettendo su quella domanda. Già,
perchè?
Perchè
Ginny era diventata insopportabile, con i suoi continui lamenti e le
sue recriminazioni per ogni sua immaginaria mancanza? Perchè
guardava ansiosamente l'orologio tutte le volte che dovevano uscire,
con la speranza che quel supplizio terminasse presto e fosse
indolore? O forse aveva a che fare con la loro inesistente vita
sessuale?
O
magari, era dovuto a qualcun altro? A Draco Malfoy, per esempio, ed a
quella stranissima lettera che da giorni portava ovunque con
sè?
E
poi, all'improvviso, tutto fu così chiaro, così
limpido. Ogni
minimo frammento della sua vita si collocò al posto giusto,
fornendogli la soluzione al quesito che lo stava rodendo da dentro.
Lui
non amava Ginny, e non l'avrebbe mai amata davvero. E questo
perchè
lui...
Evidentemente
il suo volto si adombrò, perchè la Willowitch lo
invitò a parlare
con lei. Percependo il suo imbarazzo, lo rassicurò: "Lo
sai,
Harry. Qui, nessun argomento è off limits."
"Ehm...beh"
Harry si schiarì due o tre volte la voce, cercando
di prendere
coraggio. Non era facile esplicitare ciò che la sua mente
stava
faticosamente elaborando. Eppure era così ovvio... lui non
aveva
mai davvero detestato Malfoy, durante gli anni di Hogwarts. Quella
sua ossessione nei suoi confronti durante il sesto anno, aveva
davvero qualcosa di patologico. Trascorreva ore e ore a controllare
la mappa, analizzando e congetturando su ogni minimo movimento del
Serpeverde.
Certo,
in parte era dovuto al sospetto che Malfoy stesse facendo qualcosa di
losco; ma se ci fosse stato altro?
Ogni
volta che si erano guardati, Harry aveva avvertito una stretta
dolorosa allo stomaco, che aveva sempre attribuito all'odio che
nutriva nei confronti del ragazzo. Ma ora, ripensandoci, quante volte
si erano sorpresi a lanciarsi occhiatacce colme di tensione e
ribrezzo, anche quando non vi era motivo alcuno? E se quei patetici
tentativi di Malfoy di punzecchiarlo, facendolo irritare, fossero
stati un goffo tentativo di attirare la sua attenzione...?
La
testa di Harry rimbombava, mentre il sangue gli pulsava nelle tempie
doloranti: per tutto quel tempo, per tutti quegli anni, lui e Draco
Malfoy non avevano fatto altro che ... flirtare?
Immaginò
di condividere quelle impressioni e quelle constatazioni con il suo
amico di sempre: Ron probabilmente sarebbe scoppiato a ridere
istericamente, prima di cadere al suolo, stroncato da un infarto.
Allontanò
il pensiero, perchè lo avrebbe portato ad aprire un'altra
terrificante parentesi: il momento della "rivelazione" con
la famiglia e gli amici più stretti. Non era ancora pronto,
almeno
non a quello. Doveva prima fare coming out con se stesso.
"Io...io...
penso di essere attratto dai maschi." disse sottovoce, prima
di scoppiare a piangere. Le lacrime avevano incominciato ad
appannargli le lenti, ma lui non sembrava desideroso di smettere.
La
scena aveva intenerito la terapeuta, che avrebbe volentieri
abbracciato quel ragazzo, apparentemente così inerme e
vulnerabile.
Era sempre ostico scoprire lati di sè che si era tentato in
ogni
modo di allontare, esorcizzare, negare e cancellare.
"So
che ora ti senti abbattuto." disse, con voce carezzevole
Columbine, prima di porgergli una scatola di kleenex, invitandolo
silenziosamente a servirsi. "Ma ti accorgerai che, accettando
ed elaborando questa nuova identità, ti sentirai meglio."
Visto
che Harry non sembrava essere propenso alla parola, la terapeuta
aggiunse con fare cospiratorio, cercando di stuzzicare la sua
curiosità: "Posso svelarti un segreto?"
Il
ragazzo sgranò gli occhi: "Non mi dica che anche a
lei è
omosessuale!"
Columbine
dissentì, mentre un'immagine di Draco Malfoy a petto nudo le
attraversava febbrilmente la mente. No, decisamente
non lo
era.
Virò
il discorso verso l'indiscrezione che non vedeva l'ora di condividere
con il suo paziente. "Albus Silente."
Harry
la guardò come se avesse perso il senno. Che cosa c'entrava
il
preside defunto con tutto quello che gli stava accadendo?
"Il
grande amore della sua vita è stato Gellert Grindelwald.
E... beh,
fino a prova contraria, era un uomo."
Un
gemito strozzato provenì dalla parte del suo paziente, che
sembrava
sul punto di avere un collasso. Non doveva essere facile digerire
quella mole di informazioni, riguardo se stesso ed il suo mentore.
Columbine lo sapeva; così come sapeva che conoscere il
passato
amoroso del vecchio mago lo avrebbe aiutato ad accettarsi. Inoltre,
riusciva a scorgere delle corrispondenze tra la tragica vicenda che
aveva avuto come protagonisti i giovani Albus e Gellert e quella,
ancora tutta da scrivere, tra Harry e Draco. Sperava soltanto che,
alla fine, l'esito sarebbe stato diverso.
"Ascolti,
Signorina Willowitch... potremmo terminare qui la seduta? So che
mancano ancora una decina di minuti, ma avrei davvero bisogno di
prendere una boccata d'aria."
Columbine
lo guardò conciliante e con fare materno
acconsentì, invitandolo
persino a fare una passeggiata in un parchetto lì vicino. Lo
avrebbe
aiutato a schiarirsi le idee, senza dubbio. Il fatto che Malfoy
dovesse attraversare quei giardini per raggiungere il suo studio era
assolutamente irrilevante.
Tornando
a casa stasera ho capito che
Cercandomi
nel buio pensavo ancora a te
Nella
luce dei lampioni ti ho rivisto ancora
(Cesare
Cremonini, GreyGoose)
Harry
rimase seduto per un tempo indefinito a fissare il laghetto dei pesci
rossi, senza però realmente vedere i movimenti sinuosi delle
loro
pinne colorate.
Era
spossato, confuso e terribilmente malinconico. Allo stesso tempo,
però, si sentiva sollevato. Finalmente, con l'aiuto della
guaritrice, aveva individuato il motivo del suo disagio. Prima della
sconfitta di Voldemort, non aveva mai avuto tempo di riflettere su se
stesso ed i propri sentimenti.
Nel
momento in cui tutto era terminato, il malessere era emerso,
richiedendo tutte le sue energie.
Immerso
nelle sue riflessioni, non si accorse subito della presenza di
qualcun altro. Ormai era l'imbrunire, ed il giardino quasi deserto
era illuminato dalla fioca luce di un lampione.
Malfoy
strizzò gli occhi, incredulo: che cosa ci faceva Harry
Potter lì? A
giudicare dall'espressione meditabonda del suo volto, doveva essergli
morto il gatto. Si avvicinò circospetto alla figura
maschile, al
solo scopo di verificarne l'identità. Ovviamente, non aveva
alcuna
intenzione di rivolgergli la parola. Solo un'occhiatina più
da
vicino prima di andarsene, continuava a rassicurarsi. Quando gli fu
al fianco, però, si disse che tanto valeva salutarsi.
Inoltre, lo
irritava il fatto che quello stupido non si fosse ancora reso conto
di trovarsi al cospetto di Draco Malfoy.
Gli
posò una mano sulla spalla, stringendola leggermente. La
pressione
delle dita affusolate sulla stoffa aveva un che di afrodisiaco.
Si
studiarono, per la prima volta entrambi consapevoli di ciò
che
sarebbero voluti diventare l'uno per l'altro.
Rimasero
così, la mano di Malfoy ancora poggiata sulla spalla di
Harry, i
cuori che battevano all'unisono.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci
qui! Finalmente i nostri prodi si sono incontrati...
Fatemi
sapere, adoro i vostri commenti.
Un
abbraccio, a prestissimo
|
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Capitolo 16 *** Mettere a fuoco ***
Columbine
ebbe l'impressione che nessuno si sarebbe presentato all'ultima
seduta della giornata.
Cercò
di ignorare il nodo alla gola, manifestazione di un penetrante quanto
inopportuno senso di delusione crescente.
Malfoy
non sarebbe venuto al loro appuntamento settimanale. E
allora?
Quante
volte i suoi pazienti avevano disdetto all'ultimo oppure avevano
bellamente saltato la visita, salvo poi giustificarsi con scuse
banali e fantasiose?
In
alcuni casi si era infuriata, in altri si era semplicemente limitata
a redarguire dolcemente il colpevole di quella mancanza.
Non
le era mai capitato ,però, di sentirsi abbattuta, disillusa
o
persino tradita da quello che, in fin dei conti,
era un
cliente: uno dei tanti che si assiepavano nel suo studio, vomitandole
addosso ansie e preoccupazioni, abbarbicandosi a lei quasi fosse una
scialuppa di salvataggio, l'estrema possibilità di salvezza
prima
dell'oblio.
Doveva
farsi quotidianamente carico dei ricordi e delle sensazioni di
perfetti estranei, evitando e rifuggendo qualsiasi forma di
coinvolgimento personale. Nel corso della sua carriera, era sempre
riuscita perfettamente a trovare un equilibrio tra empatia e
professionalità: forse era stata proprio questa dote a
renderla così
famosa.
Che
cosa avrebbero detto ora i suoi colleghi, coloro che la idolatravano
e la riverivano ad ogni convegno, se avessero saputo il suo piccolo,
sconveniente e pericolosissimo segreto?
Malfoy
aveva portato scompiglio nella sua regolarissima esistenza. Quel
portamento fiero, gli occhi di ghiaccio, i lineamenti affilati
avevano permesso alla donna che sopiva in lei di prendere il
sopravvento sulla impeccabile guaritrice.
Draco
(Columbine amava pronunciare sottovoce quel nome, soffermandosi su
ogni singola lettera, quasi a voler gustarne il retrogusto dolceamaro
ed il suono armonioso) le aveva fatto riscoprire una
femminilità che
pensava morta e sepolta.
Il
fatto che provasse attrazione, persino desiderio nei confronti di un
uomo avrebbe dovuto farla gioire, dopotutto. Ma Columbine non era
stupida: innamorarsi proprio di Draco, un
diciottenne imberbe in balia di una confusa identità
sessuale, non
era casuale.
Lo
sapeva lei, così come lo aveva compreso anche Breuer,
nonostante non
glielo avesse esplicitamente confessato; provare dei sentimenti verso
un ragazzino problematico, fragile e fondamentalmente innocuo, le
permetteva di rimettersi in gioco in campo sentimentale senza davvero
farlo.
Era
un primo, timido tentativo di ricomporre il mosaico della sua
esistenza.
Questa
volta, perlomeno, era sicura che nessuno le avrebbe fatto male.
Malfoy
ritrasse la mano con uno scatto repentino, prima di sotterrarla con
fare sdegnato nella tasca della giacca. Che cosa stava
facendo?
Harry
seguì il suo gesto con gli occhi, mentre un pallido sorriso
si
apriva sul volto segnato dalla preoccupazione. Poi, gli fece segno
con il palmo di sedersi accanto a lui.
Draco
fece finta di non comprendere, rimanendo impalato dietro la panchina
scrostata, sentendosi un perfetto imbecille.
Non
aveva alcuna intenzione di sedersi vicino ad Harry. E poi, comunque,
non poteva rimanere. Columbine lo stava aspettando e lui era
già
maledettamente in ritardo ...
Fece
per andarsene, bofonchiando un incomprensibile saluto di congedo
all'indirizzo del suo coetaneo. Il quale, con voce rotta, lo
pregò:
"Malfoy... dai, resta ancora un pò."
Harry
Potter lo stava supplicando di rimanere. Aveva bisogno di lui.
Certo,
nessuno gli impediva di stare lì con Potter ancora un paio
di
minuti, giusto per non essere sgarbati... Insomma, la terapeuta
avrebbe compreso. Non era lei ad aver blaterato per mesi e mesi
sull'importanza imprescindibile di incontrare l'eroe da quattro soldi
del mondo magico, soprattutto in seguito a quella stupida intervista?
Beh, il grande momento era arrivato.
Sbuffò
deliberatamente, ostentando un fastidio che -in realtà- non
lo
pervadeva. Si lasciò cadere mollemente sulla panchina, a
distanza di
sicurezza da Harry ovviamente. Le sue narici fremettero nel percepire
quel profumo familiare, molto simile a quello che si era sprigionato
dalla pozione Amortentia che aveva preparato al Sesto Anno.
Aspettò
trepidante e compunto che Harry rompesse il silenzio, non troppo
sgradevole in effetti, che aleggiava tra loro.
Il
suo desiderio fu presto esaudito: Potter, impacciato e goffo come
sempre, si schiarì la gola un paio di volte, alla ricerca
disperata
delle parole giuste da dire.
"E'
un bel posto qui, non trovi?"
A
Malfoy caddero le braccia: si sarebbe aspettato una battuta a grande
effetto, una presa in giro, persino un cazzotto sul naso. Quelle
domande di circostanza non avevano niente a che vedere con loro.
Avevano già abbondantemente superato la fase dei convenevoli
e delle
frasi ipocrite.
In
lui, ora, ribolliva un bisogno spasmodico di andare al di là
della
superficie; solo così, avrebbe potuto capire meglio la
natura di
quel rapporto.
Non
rispose alla domanda, stringendo -anzi- le labbra sottili in una
smorfia di disappunto ed insofferenza. Si guardò intorno,
però,
accarezzando con lo sguardo il laghetto, i pesciolini, le aiuole e
gli scheletri degli alberi. Era la prima volta che guardava davvero
quel luogo: vi era passato già una quantità
innumerevole di volte,
ma mai e poi mai si era soffermato ad osservare.
Potter
aveva quell'effetto: lo aiutava a guardare con occhi nuovi
ciò che
aveva sempre visto di sfuggita.
Grazie a lui,
incominciava a mettere
a fuoco ciò che prima appariva sbiadito e sfuocato.
"Hai
ragione, è proprio un bel parchetto. Niente a che vedere con
quello
di casa mia, ovviamente..."
"Ovviamente."
gli fece il verso Harry, prima di scoppiare a ridere nel
vedere
la sua espressione oltraggiata.
"Non
capisco che cosa ci sia da sghignazzare, Potter." Poi,
riprendendo da dove Harry lo aveva interrotto, proseguì
"Ovviamente... beh, sei invitato a visitarlo."
Di
fronte all'espressione pietrificata del ragazzo, Malfoy
inorridì:
che cosa aveva combinato? Cercò di recuperare la situazione,
ostentando una scrollata di spalla e rassicurandolo, con voce
monocorde: "E' stato inopportuno da parte mia... non sei
obbligato, ovviamente... era solo una stupida idea."
"Una
splendida idea, vorrai dire..."
Si
sorrisero radiosamente, prima di distogliere altrove gli sguardi
imbarazzati.
Calò
nuovamente il silenzio, questa volta coraggiosamente lacerato da
Malfoy che – fremente per la curiosità –
pose una domanda
piuttosto inopportuna:
"Perchè
hai quella faccia da funerale, Potter?"
"E'
così evidente?" domandò mestamente
Harry, guardandolo
dritto negli occhi.
Un
brivido percorse Malfoy, che fece di tutto per ignorarlo. Faceva
molto freddo, si rassicurò, cercando una spiegazione valida
al
tremore impercettibile delle gambe affusolate.
Si
limitò ad annuire solennemente, e questo sorprese Harry: da
quando
in qua Malfoy si interessava del suo stato d'animo?
"Sono
solo un pò triste, tutto qui." Scrollò
le spalle, come a
voler minimizzare il problema. "Però ora mi sento
meglio."
Malfoy
lo dovette guardare in modo interrogativo, le sopracciglia alzate e
le labbra contratte, il cuore impazzito perchè Harry
aggiunse, dopo
una breve pausa: "Sono con te."
Lo
disse in maniera candida e spontanea, come se quell'esternazione
fosse la spiegazione di tutto.
Angolo
dell'autrice:
Mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo.
Mi raccomando, voglio leggere tante belle recensioni =)
A presto, un abbraccio e GRAZIE
|
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Capitolo 17 *** Titubanti ed infinitamente felici ***
Columbine era profondamente infastidita dall’atteggiamento
di Draco. Il fatto che provasse dei contorti sentimenti nei suoi
confronti,
infatti, non lo esimeva dal comportarsi decentemente con lei. Era
entrato con
nonchalance nel suo studio, l’immancabile furetto in
equilibrio precario sulla
spalla, un’espressione da perfetto imbecille stampata sul
volto. Si era seduto
sulla poltrona e le aveva sorriso, in modo quasi maniacale, mettendo in
mostra
denti perfetti. Non le aveva chiesto scusa, ovviamente. E quando lei
aveva
provato a chiedere spiegazioni, aveva liquidato le sue parole con un
vago gesto
della mano, come se quelle bazzecole non lo riguardassero minimamente.
D’altronde, Draco era così: pensava che il mondo
fosse al suo servizio e che
tutto ruotasse intorno ai suoi bisogni ed alle sue sensazioni. La
terapista
aveva avuto modo di constatare, nel corso delle varie sedute,
l’egocentrismo
straripante di Draco, la sua inevitabile tendenza a considerare le
persone come
strumenti da utilizzare e spremere a proprio uso e consumo.
L’unico che
prescindeva da questa ottica, che veniva percepito come essere umano,
era
proprio Harry.
Senza aspettare il suo invito, aveva incominciato a
raccontarle del fatidico incontro. Avvenimento del quale Columbine
conosceva
ogni minimo dettaglio, visto e considerato che circa due ore prima un
altrettanto
stralunato Harry Potter le aveva snocciolato con occhi languidi i
minimi
dettagli di quanto
successo. Avrebbe
dovuto gioire di fronte a quel cambiamento radicale,
quell’avvicinamento che –
di fatto – aveva lei stessa orchestrato. E allora
perché si sentiva così
frustrata, così mal disposta nei confronti di Draco e di
ciò che stava
accadendo? Forse, ciò che aveva predetto Breuer si stava
realizzando: aveva
perso il controllo dei propri sentimenti. Non era più in
grado di proteggere il
proprio paziente da se stessa. E questo era estremamente grave e
preoccupante.
Insomma, se reagiva così di fronte ad un semplice scambio di
battute, che cosa
sarebbe accaduto quando avrebbero approfondito la questione? Presto i
due le
avrebbero parlato di baci rubati e carezze proibite, ne era certa.
Ormai la
superficie del ghiaccio che li avvolgeva si era crepata, rendendoli
pronti ad
accettare se stessi e le proprie tendenze. Ora più che mai i
due ragazzi avevano
bisogno di una persona equilibrata ed imparziale, per dipanare gli
ingarbugliati sentimenti che provavano l’uno nei confronti
dell’altro.
Per la prima volta, Columbine si sentì inadeguata per quel
compito. La gelida ed imperturbabile guaritrice stava lasciando il
posto ad una
donna fragile, in balìa dei propri demoni e delle proprie
ossessioni. Chi
voleva prendere in giro? Come poteva aiutare Draco, Harry e tutti gli
altri
suoi pazienti quando non era capace di affrontare le proprie debolezze?
A seduta terminata, la Willowitch si rese conto di non aver
ascoltato una parola di quanto detto dal suo amato paziente.
"E'
soltanto nel
silenzio che l'amore prende coscienza della sua essenza miracolosa,
della sua libertà e della
sua potenza d'intimità.
Le parole distruggono la
sua fragile delicatezza
e la sua grazia sempre
nascente...
Se la parola è come un
fiume che porta la verità
da un'anima verso l'altra,
il silenzio è come un lago
che la riflette
e nel quale tutti gli
sguardi vanno a incontrarsi".
Louis Lavelle
Draco non aveva dato troppo peso all’inspiegabile
comportamento della sua terapeuta, né aveva lasciato che
ciò scalfisse l’entusiasmo
che lo pervadeva senza sosta ormai da giorni. Aveva ricominciato a
sorridere,
dopo essersi quasi dimenticato di come si facesse. I suoi genitori lo
guardavano, increduli e stupiti,
aggirarsi quasi levitando per le stanze del maniero. Discretamente, Narcissa
gli aveva chiesto se
ci fossero novità, ma aveva ricevuto come unica risposta
un’alzata di spalle ed
un “forse” quasi
sussurrato.
In cuor suo, però, lo sentiva: Draco
si era
innamorato. E sua madre non poteva esserne più entusiasta.
Una ragazza,
meglio
se purosangue e di ottima famiglia, avrebbe consentito ai Malfoy di
voltare
definitivamente pagina. Un erede, poi, sarebbe stato la ciliegina sulla
torta.
Ridacchiando tra sé e sé, scosse la testa
– a tempo debito, ne era sicura, il
suo prediletto le avrebbe confidato ogni cosa.
Anche Harry non si era mai sentito più confuso e felice.
Camminava quasi volteggiando, il volto rischiarato dalla luce
dell’innamoramento. Sospirava spesso, e si era persino
ritrovato a
scribacchiare sovrappensiero il nome di Draco. Sognava ad occhi aperti,
ripercorrendo quasi ossessivamente i momenti passati insieme a Malfoy. Le sue dita affusolate
appoggiate sulla
giacca... i lineamenti contratti in una smorfia di circostanza
… la voce
tremante, nonostante il suo tentativo di non lasciar trapelare alcuna
emozione.
In quella manciata di ore che avevano trascorso insieme
intirizziti sulla panchina, non avevano quasi aperto bocca.
I loro respiri, leggermente affannati,
equivalevano
alla conversazione più bella che avessero mai avuto.
Harry aveva incontrato per
sbaglio la mano
gelata di Draco, che si era subito ritratto, quasi fosse stato punto da
un
ragno velenoso. Lo aveva fissato interrogativamente, alla ricerca di
risposte
di cui Harry era sprovvisto, esattamente come lui. Forse, avrebbero
dipanato
quei dubbi insieme, passo dopo passo, contatto dopo contatto.
Ancora dubbioso,
il cuore che batteva all’impazzata, Malfoy aveva
volontariamente sfiorato la
mano sudaticcia di Harry.
Quando era arrivata l’ora di separarsi, si stavano ancora
tenendo per mano, titubanti ed infinitamente felici.
Angolo
dell’autrice:
Ho scritto,
cancellato, riscritto questo capitolo almeno tre volte.
Spero che il risultato
sia convincente. Ho cercato di descrivere sia la frustrazione della
nostra
terapeuta, sia il magico momento dell’innamoramento.
Per i nostri prodi, anche
solo una carezza rubata è una conquista!
Aspetto le
vostre recensioni; nel frattempo, vi ringrazio e vi
abbraccio!
|
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Capitolo 18 *** Ritornare a respirare ***
“Potter,
questo posto fa schifo”
mugugnò astiosamente Draco, incrociando le braccia alla
stregua di un bambino capriccioso.
Per la prima volta nella sua vita, si sentiva fuori
posto.
Era una sensazione completamente nuova per uno come lui, da sempre
abituato a spadroneggiare in lungo ed in largo nella
comunità magica, perfettamente a proprio agio.
Harry,
infatti, lo aveva trascinato nel più antico pub di Londra,
fondato nel 1707 (Draco aveva storto il naso, guardandosi intorno con
fare schifato: a giudicare dalla tappezzeria scollata e dalle
quantità di polvere accumulatasi negli angoli, non era mai
più stato pulito da allora), promettendogli che non se ne
sarebbe pentito. Evidentemente, però, il ragazzo
aveva una visione distorta dei suoi gusti. Insomma, come poteva pensare
che gli sarebbe piaciuto stare in un locale fumoso e popolato da
babbani? Per non parlare poi del chiacchiericcio indistinto che si
levava dai tavoli intorno al loro, causa di un martellante mal di
testa. Una cameriera aveva persino osato ridergli in faccia, quando
– con sussiego – aveva ordinato una Burrobirra
bollente.
Alla fine, sempre sghignazzando, gli aveva schiaffato un boccale colmo
di un liquido non meglio identificabile. Lo aveva bevuto a piccoli
sorsi, sotto lo sguardo divertito di Harry, che lo aveva rassicurato:
“Nessuno
ha intenzione di avvelenarti,Draco”.
Il quale, sentendo il proprio nome altisonante uscire da quella bocca,
si era quasi strozzato.
Chi avrebbe mai detto che lui e Potter sarebbero arrivati a chiamarsi
per nome con
quel misto di naturalezza e confidenza che deriva solo dalla conoscenza
approfondita?
“Avresti
preferito il Paiolo Magico, per caso? O forse Madama
Piediburro?” ribatté
Harry, facendosi improvvisamente serio. Una strana ed impalpabile
tensione calò su di loro, obbligando Draco a distogliere lo
sguardo. Entrambi sapevano a che cosa Harry stesse facendo riferimento.
Si nascondevano in posti sconosciuti ai maghi, privi del coraggio
necessario per uscire allo scoperto. Non erano pronti a rendere di
pubblico dominio quella strana relazione, dandola in pasto ad avvoltoi
desiderosi di farla a brandelli. In realtà, il problema
sembrava riguardare principalmente Draco; nonostante fossero ormai mesi
che si frequentavano.
Non era accaduto niente di lontanamente sconvolgente: si limitavano a
passeggiare, rabbrividendo al casuale contatto delle loro dita,
cercando di dare un senso a ciò che stava accadendo loro.
Nel corso di quegli incontri clandestini, avevano maturato una certa
intimità. Non a livello fisico, ovviamente, visto che era
un’impresa anche solo guardarsi; tuttavia, c’era
una comprensione fra loro, un’affinità di
prospettive ed una convergenza di personalità, che li aveva
persino spaventati all’inizio.
“Dai,
usciamo. Ho bisogno di aria” lo
invitò Harry, alzandosi d’improvviso: il suo gesto
inaspettato fece traballare i bicchieri di vetro sul tavolino, che
tintinnarono. Appoggiò la giacca nera sulle spalle
ossute di Draco, ignorando le sue rimostranze piccate: “So
vestirmi da solo, grazie” .
Raggiunsero la strada, a malapena illuminata da una timida mezzaluna,
mentre le risate e la musica si facevano sempre più
distanti.
E
poi accadde. E fu
come ritornare a respirare dopo un lungo, atroce periodo di
apnea. Le
loro labbra si cercarono affamate, cercando di recuperare il tempo
perduto. Con quel bacio sofferto ed appassionato, scontro di
denti e scambio di saliva, esorcizzavano il passato: ciò che
era stato, quello che non sarebbe stato mai più. In
quell’abbraccio che profumava di nuove prospettive, desideri
realizzati e terrore di amare, si resero conto: solo insieme si sentivano completi.
I ragazzi
che si amano si baciano in piedi
Contro
le porte della notte
E
i passanti che passano li segnano a dito
Ma
i ragazzi che si amano
Non
ci sono per nessuno
Ed
è la loro ombra soltanto
Che
trema nella notte
Stimolando
la rabbia dei passanti
La
loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I
ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi
sono altrove molto più lontano della notte
Molto
più in alto del giorno
Nell'abbagliante
splendore del loro primo amore
(
I ragazzi che si amano, Jacques Prevert)
ANGOLO DELL’AUTRICE:
IL BACIO. Dopo 26633829128 sedute ed altrettanti capitoli, i nostri
prodi ce l’hanno fatta.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e aspetto le vostre
preziosissime recensioni!
Grazie mille, davvero.
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Capitolo 19 *** Dolore, rimpianti e desideri mal sopiti ***
I
want to reconcile the violence in your heart
I
want to recognize your beauty's not just a mask
I
want to exorcise the demons from your past
I
want to satisfy the undisclosed desires in your heart
(Undisclosed desires
- Muse)
Si staccarono a fatica, le labbra tumide e gli occhi sgranati. Che cosa avevano fatto?
Inorridito, Draco indietreggiò di qualche passo, portandosi una mano alla bocca e pulendola con il dorso. Allontanò con disprezzo Harry che, confuso tanto quanto lui, aveva cercato di abbracciarlo impacciatamente. Quel bacio, Draco lo sapeva, avrebbe rappresentato l'inizio di una fine particolarmente dolorosa e travagliata. Inoltre, non riusciva a pensare a se stesso in certi termini. Draco Malfoy, rampollo della prestigiosissima famiglia purosangue... Omosessuale? Suo padre sarebbe morto di crepacuore, ne era certo. Se fosse venuto a conoscenza di certe sue tendenze, probabilmente lo avrebbe ripudiato. E non c'era niente di peggio, per Malfoy, del subire le critiche insinuanti e gli sguardi ferali paterni. Forse sua madre sarebbe stata più comprensiva, ma una notizia del genere l'avrebbe ferita nel profondo. Ciò avrebbe destabilizzato l'armonia precaria della famiglia Malfoy, faticosamente ricostruita in seguito alla Guerra e più volte minata dal disagio psicologico di Draco. Ma come poteva soffocare e rinnegare una parte così preponderante della propria identità senza annichilire nell'animo? Draco fu distolto da queste dolorose riflessioni dalla voce arrochita di Harry, che cercò di attirare la sua attenzione.
Posando gli occhi cerulei sul ragazzo, fu pervaso da un odio viscerale ed incontrollabile. Era tutta colpa di Potter, se era accaduto quello scempio fra di loro. A dire la verità, era proprio lui la causa preponderante di tutti i suoi disturbi, incubi notturni compresi. Incontrarlo aveva irrimediabilmente influenzato e stravolto la sua esistenza, avvolgendo il suo cuore in una rete di dolore, rimpianti e desideri mal sopiti.
Il risentimento prevaricò sulla ragione del ragazzo, proiettandosi sul volto rassicurante di Harry, che sorrideva storditamente verso di lui. Coprì la distanza fra di loro con un paio di falcate veloci, prima di avventarsi su di lui e tirargli un pugno. Avvertì le ossa del naso cedere sotto le sue nocche nodose, provando un'insana soddisfazione. Harry, stordito, balbettò un "perché Draco?" mentre il sangue gli colava copioso sulle labbra e sul mento, macchiandogli la camicia azzurra. Ma Draco, con le lacrime agli occhi, continuò a colpirlo con una serie di pugni ben assestati, che fecero gemere la vittima alla stregua di un animale ferito. Vederlo contorcersi di dolore sotto il suo dominio, però, non ebbe l'effetto inebriante sperato, anzi. Prendersela con la causa scatenante di tutti i suoi problemi non lo faceva stare meglio. Anche perché, si rese conto con orrore, solo con Harry aveva percepito un sentore di felicità. Ferire lui equivaleva a dissolvere la sua unica speranza di serenità. Dopo lo sgomento iniziale, Harry reagì: incominciarono a volare pugni, calci, spintoni. Ad uno sguardo poco attento, sarebbe potuto sembrare una semplice zuffa tra ragazzi, dettata da futili motivi. In realtà, era un modo poco ortodosso di toccarsi, scambiare liquidi corporei (sangue, sudore, lacrime) ,indirizzando il desiderio divorante in uno sfogo sicuro ed accettabile. La tensione fra di loro, palpabilmente erotica, veniva sublimata nella violenza fisica: toccarsi e sfregiarsi, per non arrivare a sfregarsi ed accarezzarsi.
Draco fu il primo a smettere. "Mi dispiace" biascicò, mentre con le mani si tastava lo zigomo dolorante; Harry, tamponandosi alla bell'e meglio il naso grondante con la manica della giacca, lo guardò in maniera irritata. "Che cosa avevi intenzione di dimostrare, eh Malfoy?" Il volto stravolto del giovane esprimeva amarezza e delusione. "Potter, mi hai baciato! Come pensavi che avrei reagito?" Chiese indignato, perfettamente consapevole di essere nel torto. Harry si fece mortalmente serio. Incatenò i suoi occhi a quelli di Draco, prima di mormorare "Allora vuoi dirmi che questo bacio non ha significato nulla per te?" Posò un dito sul volto gonfio di Draco, che trattenne il fiato, continuando a guardarlo. "Quindi, se ho ben capito, io non ti piaccio?" Spostò il dito, utilizzandolo per sfiorare le labbra tumefatte del ragazzo. Draco rabbrividì, cercando di contenere le mordenti ondate di desiderio che lo stavano travolgendo. Harry fece per baciare la bocca schiusa di Draco, che non sembrava chiedere altro. Ma poi, all'ultimo, crudelmente si allontanò.
"Di cosa hai paura, Draco? Di cosa ti vergogni?" Gli chiese dolcemente, con lo stesso tono di voce che avrebbe usato una madre per rassicurare il proprio piccolo. Draco abbassò gli occhi, mentre quelle domande rimbalzavano nella sua testa. Già, che cosa temeva? Il giudizio altrui? La sofferenza che avrebbe inflitto ai suoi genitori? Anche. Ma il punto non era quello. Il fatto era che... Accettare la propria sessualità era più difficile del previsto. Non riusciva ancora del tutto a credere di provare desiderio nel baciare un uomo. E non uno comune, bensì il suo acerrimo nemico da tempi immemori. Inaspettatamente avvertì la mancanza della Willowitch: lei avrebbe saputo trovare le parole giuste.
"So di cosa hai paura, Draco. Lo so, perché sono le stesse identiche paure che attanagliano anche me" Harry fece una piccola pausa per schiarirsi la voce rotta dall'emozione, prima di continuare. "Hai il terrore di quello che potrebbero pensare gli altri, se lo venissero a sapere. Non puoi fare a meno di provare certi sentimenti, e ti odi per questo. Detesti quella parte di te che, paradossalmente, ti rende felice"
Draco fece una smorfia, cercando di camuffare le lacrime : "Commovente Potter. Hai mai pensato ad una carriera come guaritore?" Harry lo ignorò, troppo coinvolto nella ricerca delle parole giuste da dire. "I-io... penso di essermi innamorato di te. E non ha importanza se sei un maschio, se per alcuni questo mio amore è innaturale o anormale. Io ti amo, Draco. Non può essere sbagliato questo sentimento che mi fa fremere ogni volta che ti sfioro" Draco non riuscì più a mantenere il controllo delle proprie emozioni. Lo abbracciò di slancio, sussurandogli tra i lacrimoni che scivolavano discretamente sulle guance arrossate e gonfie: "Oh, Harry"
In quel sospiro Harry udì la dichiarazione d'amore più bella di sempre.
Angolo dell'autrice: Ho letteralmente adorato scrivere questo capitolo. Spero che vi piaccia! Grazie mille a tutti coloro che leggono\recensiscono questa storia =D ps: Non chiamate Chi l'ha visto ... presto la nostra Columbine tornerà a farci visita!
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Capitolo 20 *** Casa ***
Ho passato tanti anni in
una gabbia d' oro
Si forse bellissimo, ma
sempre in gabbia ero
ora dipenderò
sempre dalla tua allegria
Che dipenderà
sempre solo dalla mia
Che parlerà di te
E parlerà di te
(E fuori è buio,
Tiziano Ferro)
“Da quando stare in
compagnia è diventato così piacevole,
Potter?” esclamò Draco,
comodamente spaparanzato
sul divano consunto dell’appartamento di Harry, le gambe
affusolate appoggiate
su uno sgabello. Dal canto suo, Harry si
limitò a stringersi nelle spalle, imbarazzato e palesemente
felice,
riempiendosi la bocca con una manciata di popcorn. Quegli stessi
ragazzi che,
un paio di ore prima avevano dato spettacolo fuori da un pub
scagliandosi
ferocemente l’uno contro l’altro, ora sorseggiavano
una bibita come se nulla
fosse accaduto.
In realtà,
quella sera era successo di tutto. Si erano morsi ,feriti,
graffiati, cercando di fare a
brandelli la loro pelle ed i loro desideri inaccettabili e scabrosi.
Avevano
bramato lo scorrere del sangue, i gemiti di dolore e le lacrime
dell’altro, in
un folle gioco al massacro. Si erano scannati ed in quello scontro si
annidava
il senso stesso del loro legame: travagliato, sanguigno, passionale ed
imprevedibile. Alla fine, si era dimostrato una sorta di rituale di
corteggiamento: una serie di gesti triti e ritriti, necessari per
congedare
adeguatamente il passato in virtù di un presente sgomitante.
Doloranti, acciaccati,
persino claudicanti, i due si erano
guardati di sottecchi, prima di scoppiare in una risata liberatoria.
Erano stati
ridicoli, infantili e stupidi, aveva sentenziato Draco,
cercando di mantenere
una parvenza di serietà. Poi, si era specchiato nella
vetrina appannata di un
negozio vicino ed era sussultato, alla vista di tutto quel sangue
rappreso che
gli incorniciava l’incarnato pallido. “Non
posso tornare a casa così” aveva sussurrato, nella
speranza incosciente che
Harry gli chiedesse di restare con lui, quella notte. Avrebbe mandato
un gufo
ai suoi genitori, per evitare che venissero divorati dalla
preoccupazione.
Il suo
desiderio
inespresso fu esaudito; Harry, guardandosi la punta delle scarpe, gli
aveva
bofonchiato timidamente una domanda, che Draco si era fatto ripetere:
aveva
parlato senza scandire le parole, parole che acquisivano tutto un altro
valore
se pronunciate dalle sue labbra maciullate. “Vuoi venire a casa mia,
Malfoy?”
Non era mai stato invitato a casa
di nessuno prima di allora; i suoi genitori, infatti, non pensavano che
fosse
degno trascorrere del tempo nelle case altrui, visto la magione in cui
aveva la
fortuna di vivere. Inoltre, non aveva mai davvero stretto delle
amicizie ad
Hogwarts : perlopiù gli gravitavano intorno scagnozzi senza
cervello ed
adulatrici starnazzanti. “Con
piacere.”
Aveva risposto, il volto
illuminato da un sorriso sincero.
Avevano camminato per
più di un’ora, nella foschia notturna di
Londra, i capelli scompigliati dal vento di ghiaccio, tenendo le mani
intirizzite
affondate nelle tasche. Erano rimasti in silenzio, improvvisamente
consapevoli
del livello a cui era approdata la loro relazione. Avevano finalmente
scoperto
le carte, per un attimo le maschere erano cadute rivelando loro la
verità: per
quanto cercassero di odiarsi, disprezzarsi, storcere il naso in
presenza dell’altro
, l’amore si era dimostrato più caparbio di loro.
Intestardirsi nel cercare una
soluzione a ciò che provavano, sarebbe stato inutile.
Quando Harry aveva
aperto la porta della sua dimora, Draco
era stato immediatamente colpito da una sensazione di
famigliarità, esattamente
la stessa che percepiva nel guardare gli occhi di Potter. Non era
ancora stato
in grado di definirla, catalogarla. Ma in quel momento, di fronte alla
stanza
disadorna e mal arredata che gli si parava di fronte, aveva compreso
emozionato: si sentiva a casa. Quel
piccolo loft di periferia era quanto di più lontano
esistesse dal Manor di
famiglia e dal lusso nel quale era stato immerso fin dalla
più tenera età; un
luogo che, si rese conto con dolore, aveva le fattezze di una gabbia
d’oro
massiccio. Ecco perché, aveva sofferto così tanto
in quel periodo: le sue ali
cercavano disperatamente di dibattersi in uno spazio angusto, una
prigione
travestita da castello. Potter rappresentava la fuga, la
libertà, le ali
dispiegate energicamente nel cielo azzurro infinito. Mostrandogli il
suo mondo,
il posto in cui viveva e si permetteva di essere veramente se stesso,
aveva
consegnato a Draco le chiavi per uscire ed evadere da una vita che non
gli
apparteneva più. Ora toccava a lui decidere se spiccare il
volo.
Quella sera, non
spiccarono il volo. Draco si limitò ad un
giretto di ricognizione, prima di fare ritorno in gabbia. Visse,
comunque,
degli attimi intensi, belli da far male.
Harry gli aveva
mostrato la casa, scusandosi in continuazione
per il disordine. Gli spiegò che aveva deciso di trasferirsi
lì qualche mese
prima, quando la sua presenza alla Tana incominciava ad essere
ingombrante e
mal sopportata da Ginny. Draco quasi non l’ascoltava,
accarezzando con lo
sguardo tutti gli oggetti che facevano parte della
quotidianità di colui che
amava. Forse, un giorno, sarebbe anche lui diventato parte integrante
della
vita di tutti i giorni di Harry. Non avrebbe saputo chiedere di meglio.
Harry propose di
medicare le ferite di Draco: aveva un
brutto taglio e, in generale, sembrava essere reduce da un campo di
battaglia.
Non era particolarmente dotato per la magia curativa, però
Hermione gli aveva
portato una crema a base d’arnica a suo dire “miracolosa”. Vincendo le resistenze
iniziali del ragazzo, Harry
aveva immerso le dita nel barattolino di cristallo, ricoprendole della
sostanza
vellutata. Entrambi rabbrividirono al contatto con l’altro,
mentre l’aria
incominciava ad impregnarsi di un vago sentore di profumo. Harry aveva
posato l’unguento
sulle ferite, spalmandolo con delicatezza. Draco tratteneva il fiato,
cercando
di controllare un’erezione crescente. Da quando applicare la
crema era
diventata un’attività potenzialmente afrodisiaca?
Si chiese, soffocando un
gemito di frustrazione quando la medicazione ebbe fine.
Avevano trascorso le
prime ore della notte raggomitolati sul
divano, avvicinandosi sempre di più con la scusa del freddo
pungente,
chiacchierando e mangiucchiando quel poco che Harry aveva recuperato
dalla
dispensa. Draco si era persino assopito, ad un certo punto ed Harry si
era
limitato a sfiorargli i capelli con la punta delle dita, timoroso di
andare
oltre, il cuore traboccante di amore. Osservandolo, aveva colto tanti
piccoli
dettagli su di lui: il respiro sommesso, la fronte leggermente
contratta, il
labbro superiore arricciato in una smorfia adorabile.
Capì di non
poter più immaginare la propria esistenza senza
quel viziato ed insopportabile rampollo dell’aristocrazia
purosangue, quando lo
udì bofonchiare il suo nome nel sonno. Con gli occhi che
luccicavano dietro le
lenti appannate degli occhiali, Harry gli prese la mano, rassicurandolo
sottovoce:
“Sono qui, Draco. Ora che ti
ho trovato, non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.”
Angolo
dell'autrice:
CHIEDO
VENIA per il ritardo.
Purtroppo sono state settimane difficili, spero di aver ripagato
l'attesa con un capitolo adeguato alle aspettative.
Fatemi sapere cosa ne
pensate, mi raccomando!
Vi consiglio di non
affezionarvi troppo a questa versione di Harry e Draco felici ed
innamorati... perchè la situazione si complicherà
nel corso dei prossimi capitoli.
Vi chiedo ancora
scusa, un abbraccio e grazie di cuore =)
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Capitolo 21 *** Un passo falso ***
Al
mio adorato nonno.
Mi
manchi immensamente.
Columbine trattenne il
respiro, soffocando il bisogno
impellente di accarezzare il giovane seduto di fronte a lei. Draco,
infatti,
esibiva una notevole quantità di graffi e lividi sul volto;
per non parlare poi
dello zigomo destro, tumefatto. La guardò quasi sfidandola,
invitandola
silenziosamente ad indagare sull’accaduto. Sebbene le sue
labbra non si fossero
anche dischiuse, era evidente il desiderio viscerale di raccontarle
tutto. Il
tremolio delle gambe ed il movimento impaziente delle mani tradivano i
suoi
reali intenti. Columbine non era stupita
da quel comportamento, una sorta di
meccanismo di difesa piuttosto diffuso tra i suoi pazienti. Lo
adottavano per
dirottare le responsabilità di quanto avrebbero detto su di
lei. Timorosi di
quanto sarebbe potuto uscire dalla loro bocca, impauriti dalla
prospettiva di
conoscere davvero se stessi la incitavano – provocatoriamente
– a porgere le
domande scomode.
“Allora
Draco… chi è
stato?”
Malfoy
incominciò a giocherellare con l’anello blasonato
che
portava al dito, distogliendo lo sguardo dalla guaritrice. Si
umettò il labbro
spaccato con la punta della lingua, facendo fremere
l’affascinante donna che
gli stava di fronte. E poi, con voce monocorde ed espressione annoiata,
rispose: “Harry
Potter… come se lei non
lo sapesse già!”
Columbine
preferì rimanere in silenzio: poteva quasi
percepire fisicamente il tumulto interiore che affliggeva Draco, il suo adorato Draco, in quel preciso
istante. Un miscuglio indistinto di dolore, felicità,
turbamento. Si trovava
sull’orlo del precipizio: un passo falso e sarebbe stata la
fine. L’abisso
verso il quale si sentiva così inevitabilmente attratto
sarebbe stato,
contemporaneamente, la causa della sua rovina e della sua
serenità.
“Quello
stupido… mi ha
baciato!”
disse ,infine, in un sussurro strozzato. Continuava a tormentarsi
le mani pallide ed affusolate, strofinandole compulsivamente
l’una contro
l’altra.
Columbine si sedette
più compostamente sulla sedia,
ignorando la fitta di gelosia che l’aveva colpita a
tradimento. Abbozzò un
sorriso, prima di esclamare con finta allegria: “Finalmente!”. Poi, abbassando la voce di
un’ottava, chiese con
tono indagatore: “E
ti è piaciuto?”
A quella domanda
legittima ed inopportuna, Draco si alzò
dalla poltrona, incapace di restare calmo. La guaritrice lo trovava
estremamente sensuale, soprattutto per la sua tendenza di contrarre la
mandibola quand’era assorto od irato. Malfoy camminava
freneticamente per lo
studio, respirando affannosamente per l’ansia.
“Draco” lo esortò
Columbine “Parlami.
Urla, spacca qualcosa
se necessario. Non mi arrabbierò, davvero. Però
comunica con me. “ Indugiò
una frazione di secondo, prima di sussurrare: “Ti prego”
Il
ragazzo boccheggiò, alla ricerca di parole adeguate.
Parole che, però, non sembravano esistere. Poi, finalmente,
prese coraggio.
Diede le spalle alla Willowitch, stringendo nel pugno un paio di
fazzoletti colmi di lacrime.
“Sì,
non mentirò. Mi è piaciuto. L’ho
trovato… incantevole… paradisiaco…
magico!” Si
passò una mano tremante sul
volto contratto, prima di continuare. “Però?”
Lo incalzò la guaritrice. “Però…
nel caso in cui le fosse sfuggito… è un
maschio!“ rispose
Draco, tra il beffardo ed il disperato. Columbine
alzò un sopracciglio, senza
replicare. “Insomma…
non mi dice niente??
Nessuna perla di saggezza, oggi? Non c’è una
pozione, un incantesimo che mi
possa far tornare… normale??!”
“Definisci il concetto
di normalità, per favore.”
La
guaritrice accavallò le gambe, protendendosi verso di lui.
Draco
sbuffò platealmente, sprofondando in una dei tanti
pouf disseminati per lo studio.
“Vorrei che mi
piacessero le ragazze. Tutto qui, Willowitch. Desidererei non dover
pensare a
Potter in situazioni compromettenti e … sconce. “ socchiuse gli occhi,
portandosi
istintivamente la mano alla bocca: i pensieri gli erano sgusciati via a
tradimento. Columbine sorrise, soddisfatta: alla fine, in un modo o
nell’altro,
l’inconscio tornava sempre a galla, dibattendosi tra vergogna
e censure.
“Allora
è questo, Signor
Malfoy, il vero problema!” sottolineò
trionfante “Il
sesso!”
Draco
trasalì, come se l’avesse appena colpito a sangue.
Distolse lo sguardo, mentre una sgradevole tonalità aragosta
gli macchiava le
guance scavate. “Non
pensavo, però, che
tu e Potter foste già ad un livello di intimità
così… elevato?!”. “Non lo siamo
infatti. Willowitch, non farti
prendere dall’entusiasmo. Non è successo niente, a
parte qualche bacio.”
“Però
ti piacerebbe,
non è così? Io credo che esista questa tensione
perenne… tra voi due. L’avete
sublimata con gli schiaffi, ma non è bastato. Vi desiderate
così ardentemente,
così prepotentemente … e non siete in grado di
gestire questa situazione.
Probabilmente, altri ragazzi al posto vostro trascorrerebbero le
giornate
chiusi in camera da letto… ma voi siete speciali. Siete
complicati, così come
lo è il vostro rapporto. Non riuscite ancora ad accettare i
vostri impulsi, li
considerate ripugnanti ed accattivanti al tempo stesso. Avete paura di
quello
che potrebbe succedere se vi lasciaste finalmente
andare…Siete due verginelli
alle prime armi.”
“Lui non
è vergine,
Willowitch.”
Con questa allusione,
Draco confessava il suo segreto più vergognoso. Nonostante
l’imbarazzo,
sostenne lo sguardo della guaritrice con una certa fierezza.
Columbine non si sorprese: aveva immaginato
che non avesse mai avuto significative esperienze amorose. La sua
inesperienza,
i suoi turbamenti, l’incapacità totale di
abbandonarsi agli eventi erano stati
tutti segnali d’allarme. Inoltre, sapeva anche della prima
volta di Harry
insieme a Ginny Weasley. Smaniava dalla
voglia di spifferarla a Draco, al fine di rassicurarlo: era stata un
totale
disastro. Harry, estremamente pudico, le aveva raccontato a grandi linee
di come si fosse sentito inadeguato e
sbagliato.
“Meglio
così, no? Almeno
uno dei due saprebbe dove mettere le
mani. “
Columbine ridacchiò inopportunamente, senza lasciarsi
intimidire
dallo sguardo di puro disappunto del giovane paziente. “In ogni
caso” disse, ritornando
seria “non
accelerate i tempi. Non c’è nessuna fretta. Non
fate cose di cui
potreste pentirvi in futuro. Godetevi la reciproca compagnia, le
risate, i baci
rubati. Quando vi sentirete pronti, accadrà tutto in modo
naturale e spontaneo.
“
Draco,
dubbioso, stava per replicare quando il pendolo segnò
lo scadere dell’ora. Per la prima volta, non si
sentì sollevato dalle parole
della Guaritrice. Sembrava non aver colto il punto, non completamente
perlomeno. Il fatto di essere ancora
sessualmente immaturo lo tormentava ed intimoriva. Non aveva mai
sognato e
temuto così tanto la sua prima volta, l’esatto
momento in cui si sarebbe
scrollato di dosso quel fardello.
Al ritorno verso casa,
passeggiando con le mani in tasca, fu
colto da un’idea brillante.
L'apparente soluzione al problema.
“Harry.
Dobbiamo
parlare. Chi ti ha fatto questo? Devi dirmelo.”
Il tono di voce
imperioso, l’espressione corrucciata e le
mani appoggiate severamente sui fianchi non lasciavano presagire nulla
di
buono, si disse Harry. Hermione, infatti, lo stava scrutando ad occhi
socchiusi, soppesando centimetro dopo centimetro del suo viso
tumefatto.
Nonostante il piglio solenne dell’amica, Harry non
poté nascondere un sorriso:
stava diventando sempre più simile alla sua futura suocera,
la signora Weasley.
Entrambe avevano il potere di farti sentire colpevole di una mancanza
che non
avevi mai commesso.
Ron, per fortuna, non
si era accorto di nulla. Trascorrevano
ancora molto tempo insieme e la questione di Ginny non sembrava aver in
alcun
modo scalfito la loro amicizia. Hermione, invece, aveva immediatamente
percepito il cambiamento. Lo osservava
di sottecchi , la fronte aggrottata e le labbra imbronciate, alla
ricerca di un
indizio. Era arrivata persino al punto di aspettarlo nella sua camera,
seduta
sulla coperta multicolore, rischiando di fargli venire un infarto.
Determinata
e combattiva, lo aveva messo sotto torchio più volte, senza
però riuscire ad
ottenere alcuna informazione utile. Per la prima volta in assoluto,
dopo aver condiviso
praticamente tutto, Harry le teneva volontariamente nascosta una parte
della
propria esistenza.
Harry socchiuse le
labbra, cercando di trovare una scusa
convincente. Non voleva parlare di Malfoy, non ancora perlomeno. Che
cosa
avrebbe potuto dirle? Non era pronto a coinvolgere altre persone, visto
che né
lui né Draco erano stati capaci di definire quella
sottospecie di relazione che
li univa. Non c’era amore tra di loro: non nel senso canonico
del termine. Non
si guardavano languidamente negli occhi, né cinguettavano
parole romantiche.
Nella maggior parte del tempo, infatti, si limitavano a punzecchiarsi
vicendevolmente, incapaci di gestire la tensione che aleggiava su di
loro.
Harry si era più volte interrogato sul significato di quanto
era accaduto
quella sera, nel retro del locale londinese.
Quel bacio li aveva spiazzati entrambi, era evidente. Erano stati messi
di fronte ad una realtà che non riuscivano a comprendere, a
capire, a
metabolizzare. Per questo, si erano colpiti… picchiare
l’altro era equivalso
a martoriare una parte di loro che li disgustava. Poi si
erano stretti su quel divano
sgangherato, e lui aveva percepito una potente ondata di
affetto… e amore. Lo
amava disperatamente, e altrettanto disperatamente desiderava
condividere
quella gioia con l’amica di una vita.
“E’ stato un ragazzo, Hermione.” Esitò,
la voce rotta dall’emozione. Hermione sgranò gli
occhi, pronta a replicare, ma
fu interrotta dalla rivelazione di Harry: “Il
ragazzo di cui sono innamorato.”
“Finalmente ti
sei
deciso, Draco!” cinguettò Pansy,
distesa supina tra i cuscini del letto a
baldacchino del ragazzo. Gli sorrise provocante, sfilandosi con
lentezza
studiata il reggiseno di pizzo trasparente. Draco, madido di sudore
prima
ancora di iniziare, la zittì mordendole con ferocia le
labbra. Fece quello che
bisognava fare in una sorta di trance, senza il minimo coinvolgimento
fisico ed
emotivo. Per un attimo ebbe paura persino di non riuscire a portare a
compimento l’atto, ma poi nella sua testa il corpo voluttuoso
e femminile che
si stava inarcando sotto di lui acquistò le fattezze di una
figura famigliare.
Harry.
Angolo
dell'autrice:
Mi scuso infinitamente per l'attesa, purtroppo ho avuto un periodo
difficile.
Spero, d'ora in avanti, di riuscire a pubblicare regolarmente.
Grazie mille a tutti coloro che continuano a seguire la mia storia,
rimanendo in silenzio o condividendo con me i loro pensieri.
A prestissimissimo, lo prometto =)
|
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Capitolo 22 *** Sensi di colpa e recriminazioni silenziose ***
Era un uggioso
pomeriggio di fine primavera; il vento
ululava in maniera terrificante, facendo sbattere le persiane
sgangherate
dell’appartamento di Harry. La pioggia scrosciava
imperterrita ormai da ore,
impregnando l’aria del profumo di terra bagnata. Harry
adorava quell’atmosfera malinconica che
avvolgeva la città, dandogli la scusa perfetta per
rintanarsi nel dolce tepore
casalingo. Finalmente, dopo Hogwarts, aveva trovato un luogo degno di
essere
chiamato casa. Certo, non era perfetto: le pareti avevano bisogno di
essere
ridipinte e la moquette era piuttosto lisa e macchiata in
più punti. Eppure tra
quelle quattro mura, si sentiva protetto.
Si avvicinò alla finestra, osservando
il turbinio degli ombrelli colorati dei passanti, gli stivali di gomma
inzaccherati dei bambini, le gocce che rotolavano rincorrendosi sulla
superficie trasparente. Lasciò che il
proprio respiro creasse una condensa sul vetro, per poi tracciare una D
dai
contorni incerti. Sorrise, prima di cancellare quella lettera,
sentendosi una
stupida adolescente innamorata.
Non vedeva
l’ora che Draco arrivasse, sebbene mancassero
ancora un paio d’ore. In realtà non facevano mai
niente di speciale, loro due.
Se ne stavano per lo più rintanati
nell’appartamento, troppo spauriti per
uscire finalmente allo scoperto, lasciandosi riscaldare dai tiepidi
raggi del
sole. Qualche volta si sfioravano, prima
di retrocedere confusi ed imbarazzati. C’erano delle giornate
in cui fremevano
uno di fianco all’altro, e tale tensione li rendeva sgarbati
ed impazienti.
Allora, tra sospiri interrotti e capelli scarmigliati, lasciavano che
le mani
parlassero da sé, accarezzandosi
timidamente e, quando la passione non lasciava spazio alla ragione,
baciandosi.
I loro baci erano aggressivi, frementi, trasudavano violenza e
desiderio di
possesso. In più occasioni, Harry aveva assaporato il gusto
metallico del sangue
nella sua bocca, regalo di un morso ben assestato di Malfoy.
Non si erano mai
spogliati l’uno di fronte all’altro. I
loro corpi, le cicatrici che li adornavano,
erano mausolei eretti in ricordo del loro passato, un passato da cui
intendevano fuggire. Portavano sulla propria pelle i segni di una
giovinezza calpestata
troppo in fretta, la prova tangibile di ciò che erano stati:
NEMICI. Entrambi
desideravano dimenticare, liberarsi dell’opprimente fardello
rappresentato
dagli anni della Guerra; soltanto così potevano avvicinarsi.
Si concentravano
sul presente, perché i ricordi li avrebbero annientati.
Il loro
era un legame
troppo fragile, imbevuto di sensi di colpa e recriminazioni silenziose.
Il motivo di tale stallo, dell’insanità
del
loro rapporto, campeggiava sull’avanbraccio del Signorino
Malfoy. Il marchio nero era un ospite indesiderato che
si insidiava tra di loro, benché fosse sempre accuratamente
celato dalla manica
della camicia. Non ne avevano mai parlato, ovviamente. Le loro
conversazioni
erano paragonabili ad un campo minato: una parola pronunciata con
leggerezza e
sarebbe esploso tutto.
Ma tutto cosa? Si
chiese Harry, improvvisamente malinconico.
Che cos’erano, in fin dei conti, lui e Draco? Amici,
fidanzati, amanti? Che
cosa sarebbe accaduto quando avrebbero smesso di leccare le ferite
l’uno dell’altro
e si sarebbero affacciati, mano nella mano, nella comunità
magica? Harry, esattamente come gli aveva consigliato
Hermione,
smise di torturarsi. Dopo tutto, qualunque cosa sarebbe successa, i
suoi amici
non l’avrebbero mai lasciato da solo a raccogliere i cocci.
Harry sapeva di essere
immensamente fortunato. Quando aveva
confessato alla sua migliore amica la sua vera natura, lei gli aveva
tenuto
stretto il braccio, ascoltandolo con attenzione. Non era inorridita,
né l’aveva
ripudiato quando le aveva bisbigliato quel nome. Era rimasta
interdetta, certo:
ma poi si era subito ricomposta, dichiarando di averlo sempre saputo.
Avevano
ridacchiato insieme, ricordando l’ossessione di Harry del
sesto anno, quando la
sua vita sembrava gravitare solo intorno a Draco. “Rinunciavi agli
allenamenti
di Quidditch per lui, Harry! Preferivi pedinarlo per ore ed ore, invece
di
stare con me e Ron!!” ricordò
divertita Hermione. Ma poi l’allegria degli
aneddoti sfumò nelle
lacrime: piansero insieme , lui ed Hermione, abbracciati stretti. Tra i
singhiozzi, l’amica di sempre gli aveva sussurrato: “Io voglio solo che tu
sia
felice Harry.”
Ma Draco
avrebbe avuto la stessa fortuna, quando i suoi
sentimenti avrebbero scalpitato per emergere? Una persona in
grado di sorreggerlo,
comprenderlo e sostenerlo nel lungo e tortuoso cammino
dell’accettazione? Harry
non ne era così convinto.
Draco si
coprì il capo alla bell’e meglio con il cappuccio,
maledicendosi per non essere rimasto a casa. Borbottando tra
sé e sé, completamente
fradicio, superò velocemente il parchetto in
prossimità dello studio di
Columbine. Si impose di guardare dritto davanti a sé,
evitando di posare lo
sguardo su una certa panchina, quella dove aveva avuto inizio tutto. Ma
tutto
cosa? Quel flebile contatto che, probabilmente, aveva già
contribuito ad
indebolire? Perché lo aveva fatto? Perché aveva
deciso volontariamente di
ferire Potter e se stesso in maniera così grezza e volgare?
Non se ne
capacitava.
Per
l’ennesima volta,
si chiese irritato perché la Willowitch non avesse un camino
o un punto di
smaterializzazione come le persone normali . Ma d’altronde,
lei non
era
normale. Riusciva sempre a penetrargli nel cervello in modo
inquietante,
portandolo ad approdare a verità e certezze che non sapeva
neppure di possedere
dentro di sé.
Chissà che cosa avrebbe
detto di quanto accaduto tra lui e Pansy. Al pensiero di quella
gattamorta,
Draco rabbrividì. La Parkinson, da quando avevano condiviso
il letto, si era
autoproclamata sua fidanzata ufficiale. Gli ronzava sempre intorno
adorante,
stordendolo con le sue moine ed il profumo dolciastro. I suoi genitori
erano
ovviamente felicissimi ed avevano ripreso a guardarlo con orgoglio,
come se –
finalmente – fosse degno della famiglia. Draco aveva
sopportato stoicamente per
qualche giorno, prima di sentire pronunciare l’infausta
parola “Matrimonio”. A
quel punto, esasperato, aveva smorzato l’entusiasmo generale,
sottolineando la
propria totale contrarietà.
Lui non si sarebbe mai sposato. Punto.
Nessuno, però, sembrava averlo preso sul
serio.
Draco entrò
come una furia nella stanza, quasi travolgendo
Columbine.
“Ho fatto una enorme
stronzata!” proclamò esasperato,
prima
di lasciarsi cadere in modo melodrammatico sulla poltrona.
“Buongiorno
anche a
te” rispose laconicamente la Willowitch,
nascondendo un sorriso per
l’atteggiamento da primadonna del suo paziente.
Angolo
dell'Autrice:
Credo che il titolo
sia già di per sè esplicativo: "Sensi di colpa e
recriminazioni silenziose".
Si amano, si
desiderano terribimente, ma il loro legame è osteggiato da
una serie di componenti: il passato, ciò che sono stati ed
il futuro, ciò che sarà di loro.
Il tutto complicato
dal comportamento di Draco, che ha compiuto un passo falso dalle
conseguenze potenzialmente letali.
Spero che continuerete
a seguirmi ed a recensire come avete sempre fatto.
Grazie mille di cuore,
a presto
|
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Capitolo 23 *** Restare a galla ***
Riemerse dall'acqua di
scatto, rovesciando gran parte della schiuma sul pavimento di marmo.
Ansante, Columbine si sfregò le mani sugli occhi, non
curandosi del trucco, che andò ad imbrattarle le dita e le
guance.
Infilò in
maniera sgraziata la testa tra le ginocchia nude, cercando di
allontanarsi dal ricordo di Draco e dell'ultima, disastrosa seduta.
Ma era tutto vano:
ciò che aveva fatto, ciò che aveva detto
-soprattutto- non poteva essere cancellato con un colpo di spugna.
Draco era stato a letto
con una ragazza.
Una scelta dettata da
contorte motivazioni che, sebbene controvoglia, lei avrebbe avuto il
compito di sviscerare e portare alla luce. Di fronte a quella
verità incontrovertibile, Columbine aveva cercato di
modulare il respiro, socchiudendo gli occhi e lasciando che la gelosia
la pervadesse, senza però sopraffarla. Stupidamente, si era
sentita spodestata da quella scialba ragazzina diciottenne, che aveva
avuto il merito ed il privilegio di rendere Draco uomo.
Sapeva
perché Draco aveva fatto sesso con Pansy Parkinson. Il suo
paziente si era scrollato di dosso quel compito ingrato, quel dovere
che gli pesava come un macigno, rendendogli quasi impossibile respirare.
L'intimità
con una ragazza era stata un passo obbligato per lui, per dimostrare a
se stesso di essere normale, qualunque cosa volesse significare.
Avrebbe dovuto essere
essere felice, soddisfatto della propria performance. Invece la stava
fissando implorante, spaurito e desideroso di scoprire il suo giudizio
al riguardo. A giudicare dal pallore esangue delle guance e dalle
marcate occhiaie, il ragazzo doveva aver trascorso gran parte di quei
giorni a macerarsi, incapace di darsi una spiegazione per quanto
accaduto.
Dopo un lungo periodo
di pausa, in cui aveva cercato di rigovernare i propri pensieri e le
proprie emozioni, richiudendolo sotto chiave in un anfratto della
mente, la guaritrice aveva osato parlare.
Senza incontrare lo
sguardo di Draco, torturando la penna che teneva saldamente in mano,
gli aveva domandato in maniera laconica: "Avete usato precauzioni?"
Draco si era
irrigidito, portando istintivamente le ginocchia al petto. La sua
reticenza equivalse alla risposta che Columbine temeva di ricevere.
"Ehm... Non proprio..." Aveva tergiversato il
paziente, mentre le pupille si allargavano di fronte
all'enormità della propria mancanza.
"Draco..." Columbine sussurrò
quel nome, concentrandovi tutto l'odio ed il risentimento di cui era
capace. "Questa è la prova.
Non eri pronto a compiere un passo del genere. O meglio, non con
questa..."
La guaritrice si
interruppe per un attimo, prima di nominare Pansy.
Il ragazzo si
adombrò, ma rimase in silenzio. A testa bassa, gli occhi
puntati sul pavimento, le mani congiunte in grembo: dava proprio
l'impressione di un bambino in punizione.
"Non ti dirò
che hai sbagliato, anche se è evidente. Non
sottolineerò la tua assoluta mancanza di maturità
nel gestire questa situazione. Non ho neppure intenzione di spiegarti
perché hai deciso di sbarazzarti della tua
verginità in questo modo così.. squallido. Ti
chiedo solo un favore personale: non confessare niente ad Harry Potter.
"
Esitò un
momento, prima di proseguire: "Lo distruggeresti."
Draco fece per
ribattere, scrollandosi di dosso il torpore che sembrava averlo
avviluppato.
"Non posso fargli questo,
Willowitch. Devo dirgli cosa è successo. Ci sono
già stato troppo segreti, sotterfugi, non detti tra di noi.
Ancora adesso, camminiamo in punta di piedi per il terrore di ferire
l'altro. Probabilmente il mio comportamento determinerà la
fine della relazione più sincera, onesta e coinvolgente
della mia vita..." Soffocò un
singhiozzo. "Ma glielo devo dire."
"No! Non devi!" Replicò
astiosamente la guaritrice, alzandosi in piedi di scatto, il viso
congestionato e gli occhi sgranati. Il quadernino di pergamena che era
solita tenere appoggiato sulle ginocchia durante le sedute cadde per
terra, producendo un impercettibile tonfo.
Si rese immediatamente
conto di aver superato il limite. Così come lo comprese
Draco, imbambolato sulla poltrona, le nocche strette intorno ai
braccioli.
Columbine riprese
fiato, si ravviò i capelli e poi, come nulla fosse accaduto,
raccolse il bloc notes e ritornò con nonchalance al proprio
posto.
Non avrebbe lasciato
che la folle passione che nutriva per quell'insulso marmocchio mettesse
in pericolo la sua professione. Non più.
Sapeva, senza falsa
modestia, di essere la migliore guaritrice esistente. Non si limitava
ad ascoltare e consigliare le persone che le chiedevano aiuto: lei
soffriva e combatteva con e per loro. La sua etica del lavoro
coincideva con il suo genuino interesse nei confronti dei pazienti.
Aveva liste d'attesa lunghissime, pazienti famosi, ammiratori in tutte
le parti del mondo magico accademico. Benché la sua vita
sentimentale fosse praticamente inesistente, la professione le aveva
sempre regalato emozioni e soddisfazioni.
"Ascoltami,
Draco."
Lo esortò
pacatamente, facendo così scemare - a poco a poco - la
tensione che si era irradiata nello studio in penombra.
"Tu hai ragione. Harry
avrebbe tutto il diritto di sapere che cos'è capitato
l'altro giorno. Ma ci sono eventi, situazioni, tradimenti che uccidono.
Annientano in un secondo tutto ciò che di prezioso siamo
stati capaci di costruire. Alcuni gesti che commettiamo per noia,
superficialità, confusione, bramosia di scoperta si
ritorcono immediatamente contro di noi, avvelenando le persone che
amiamo. "
Si schiarì
la voce arrochita, per poi proseguire. "So che ti senti in colpa,
Draco. E non posso biasimarti per questo. Ma liberarsi la coscienza
scaricando il fardello del tuo peccato sulle spalle di quel poveretto
non ti farà stare meglio, anzi. Anche nel caso in cui Harry
comprendesse e ti perdonasse, la tua confessione vi logorerebbe,
portandovi allo sfinimento. E questo, alla lunga, vi allontanerebbe.
Io, invece, ho bisogno
che stiate insieme. Forse non ti è ancora chiaro, Draco, ma
la tua guarigione dipende esclusivamente da Harry. E sono convinta che
, anche per lui, la tua presenza sia essenziale, per non dire vitale.
Necessitate l'uno dell'altro per restare a galla."
La
seduta si concluse sulle note di questa enigmatica sentenza.
Angolo
dell'autrice:
Buon Ferragosto miei
amati lettori.
Spero che questo
capitolo vi sia piaciuto, l'ho scritto tra una nuotata e l'altra al
mare ;) Ora sono tornata e spero di riuscire a dedicare a questa storia
l'attenzione che merita.
Fatemi sapere cosa ne
pensate, vi mando un bacio!
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Capitolo 24 *** Terribile Sensazione ***
Harry aspettava ormai
impazientemente l’arrivo di Draco. Per
l’ennesima volta, si sporse dalla finestra, controllando se
tra i passanti
spiccasse un’improbabile chioma biondo platino. Sorrise
lievemente, constatando
il termine dell’acquazzone che aveva imperversato per gran
parte della
giornata, ornando le strade trafficate di stagnanti specchi
d’acqua. Un timido
sole fece capolino, riscaldando con il proprio fugace passaggio la
pelle
scoperta del ragazzo.
Non
c’era motivo di essere tanto nervosi, si rimproverò
Harry, non resistendo però al desiderio di rosicchiarsi le
unghie a sangue.
Draco era già stato a casa sua: e allora perché
questo turbamento profondo
all’idea che potesse aggirarsi indisturbato tra le sue cose?
Certo, la casa è
il luogo sacro per eccellenza. Il nido verso cui indirizzare il volo
della
sera, l’attracco sicuro dove rifugiarsi dalla tempesta della
quotidianità. Ma
era anche il posto in cui ricercare intimità da parte degli
amanti, che si
spogliando impazientemente, lasciando tracce di vestiario spiegazzato
in
corridoio, prima di correre a letto.
Era questo il
problema, comprese Harry con disagio,
vergognandosi per l’ennesima volta di quei pensieri
sconvenienti.
Rinchiudersi
in pochi metri quadrati insieme a Draco e limitarsi a pomiciare come
adolescenti irrequieti e curiosi incominciava ad essere frustrante.
Harry
avrebbe voluto di più: non solo dal punto di vista meramente
fisico (l’urgenza
erotica era insopportabile, ma ancora gestibile), quanto piuttosto in
ambito
emotivo e sentimentale. Aveva bisogno di sapere dove fossero diretti,
se la
loro stravagante e bizzarra relazione li avrebbe condotti a qualcosa di
concreto, o se sarebbero rimasti invischiati in un desolante nulla di
fatto.
Sarebbe mai stato
possibile legittimare la loro relazione, portarla alla luce
del sole svelarla sotto gli obiettivi dei fotografi impazziti?
Avrebbero mai
potuto rendere pubblico quell’amore, destinato altrimenti a
logorarsi sotto il
fardello della più omertosa segretezza?
Aveva
intenzione di porre quelle domande a Draco, quel pomeriggio. Per
questo era agitato, per questo si era rosicchiato le unghie fino alla
prima
falange, per questo gli tremava impercettibilmente il labbro inferiore.
Perché
aveva il terrore di quello che Draco avrebbe potuto dire o pensare di
lui, di
loro. Temeva la definizione che lui avrebbe potuto dare di quello
strano legame
che li attraeva l’uno all’altro. Avrebbe potuto
essere incredibilmente crudele,
come solo lui era capace di fare quando si sentiva messo in trappola.
Draco era
sempre stato un maestro, nell’arte del ferire le persone.
Forse lo avrebbe guardato con disgusto,
replicando sdegnato che tra loro non esisteva nulla, minimizzando i
loro
trascorsi, portando a galla ricordi spiacevoli per entrambi. Oppure si
sarebbe
rinchiuso in un silenzio indignato, prima di richiudere la porta dietro
di sé,
senza tornare mai più. Quest’ultimo
pensiero gli fece venire la nausea.
La seduta appena conclusa aveva lasciato Draco frastornato e
profondamente amareggiato.
Soprattutto, era stato il comportamento feroce e,
francamente, esagerato della Willowitch a ferirlo. Nel corso di quei
lunghi
mesi, passati a macerarsi nel suo studio, aveva imparato ad apprezzare
le
qualità dell’affascinante guaritrice.
Si fidava di lei per la sua straordinaria
capacità di spolverare e portare alla luce gli anfratti
più bui ed incagliati della
sua anima lacerata. Adorava il suo pungente senso
dell’umorismo, i suoi
commenti sardonici e taglienti, così come si era affezionato
alla sua risata
cristallina. A quella strampalata biondina dagli occhi turchesi doveva
tutto.
Soltanto grazie a Columbine aveva incominciato a tollerare meglio se
stesso e
le proprie pulsioni, altrimenti impossibili da sedare ed incanalare. Lo
aveva
preso per mano, lo aveva coccolato con il suono della sua voce
rassicurante
quando tutto intorno a lui sembrava essere in procinto di crollare. Era
stata
proprio lei ad infondergli il coraggio necessario per avvicinarsi ad
Harry.
Una fitta di rimpianto
e rimorso gli mozzò il respiro: decise
di stroncare il pensiero sul nascere. Non aveva la forza per rimuginare
sul
tradimento che aveva compiuto ai danni dell’unica persona
meritevole di affetto
nella sua vita. Non aveva il coraggio di indugiare nel senso di colpa e
nella
frustrazione in cui già sguazzava.
Inoltre,
un’idea continuava a frullargli in testa, non
lasciandogli scampo. Forse era impazzito però
… credeva che Columbine si fosse presa una specie di
cotta delirante nei suoi confronti. Gli
venne da ridere: quel pensiero era semplicemente assurdo. La guaritrice
si era
sempre comportata in modo ineccepibile con lui, mai travalicando il
confine del
delicatissimo rapporto medico-paziente.
Eppure, quando gli
aveva raccontato della sua imbarazzante
esperienza con Pansy, il sorriso caldo ed accogliente in cui era solito
tuffarsi, le si era sgretolato sul viso. Improvvisamente era apparsa
risentita,
infastidita… forse gelosa?
Lo aveva attaccato
come una belva, accusandolo di
immaturità, mancanza di rispetto e tradimento nei confronti
di Harry. Aveva
persino paventato la catastrofica eventualità che Pansy
fosse rimasta incinta!
( Un bambino! Con Pansy! Avrebbe dovuto chiederle al più
presto notizie del suo ciclo mestruale: una prospettiva entusiasmante,
insomma.)
Columbine
si
era lasciata coinvolgere troppo nella
sua esistenza. In parte, la colpa era stata anche sua, visto che le
aveva
consegnato su di un piatto d’argento le chiavi
d’accesso della sua anima.
Scrollò le
spalle, colto da un improvviso attacco di
stanchezza. Si strofinò con la punta delle dita affusolate
le tempie doloranti,
desideroso di tornare a casa il prima possibile.
Ancora meditabondo, le
mani infilate nelle tasche, Draco
continuò a camminare; preso com’era da se stesso e
martellato dai propri
pensieri, non si accorse di aver superato uno dei suoi luoghi
preferiti. Il
parchetto in cui lui ed Harry si erano ritrovati, era diventato una
sorta di
tappa obbligata per lui.
Era solito soffermarsi
a pochi passi dalla panchina su
cui Harry era seduto quel pomeriggio inoltrato d’autunno.
Respirava a fondo,
socchiudendo gli occhi, lasciando che i ricordi e le emozioni lo
avvolgessero
in un abbraccio rassicurante. Adorava guardarsi intorno, contemplando
con lo
sguardo quello che , intimamente, considerava il luogo della rinascita.
Rabbia, paura, timore,
desiderio, attrazione, amore si erano mescolati in lui,
facendolo sentire finalmente vivo. La conversazione stentata che
avevano
imbastito, l’imbarazzante silenzio che n’era
seguito, gli impacciati movimenti
per riuscire a sfiorarsi in maniera casuale: erano questi gli istanti
che lo
avevano reso consapevole di essere ancora capace di provare emozioni.
Di amare.
Nel momento stesso in
cui i suoi occhi si erano posati sulla
figura di Harry, tutto era cambiato.
I suoi incubi si
erano trasformati in sogni, meritevoli di essere realizzati.
Harry si arrese di fronte all’evidenza: Draco non sarebbe
venuto.
Il tè che aveva generosamente preparato tremolava intonso
nella teiera,
ormai gelido. Lo versò di malagrazia nel
lavello, imprecando quando alcune gocce gli caddero sui pantaloni,
sporcandoli.
Sciacquò anche le tazze, benché non fossero state
utilizzate.
Era furioso. Gli
era capitato ben poche volte nella vita di essere così
arrabbiato, soprattutto
per questo tipo di scemenze.
Una furia cieca ed irrazionale lo teneva in pugno,
opprimendogli il petto, rendendogli difficile il respiro. Aveva voglia
di
piangere, gridare, sbattere tutti i piatti per terra, graffiarsi il
viso. Ma
niente di tutto ciò gli sarebbe servito a lenire quel dolore
travestito da
furore.
Perché con
Draco doveva essere sempre un giocare a
rimpiattino, un nascondersi per poi trovarsi, un bramarsi per poi
ritrarsi
quando le cose incominciavano a mettersi al proprio posto?
Harry si sentiva impotente, svuotato ed anche
un po’ stupido al cospetto di quel turbamento.
Draco aveva sbagliato,
certo. Ma era una stupida
dimenticanza, sulla quale Harry avrebbe tanto voluto saper sorvolare.
Forse gli
avrebbe mandato un gufo di lì a poco, spiegandogli le
ragioni del suo ritardo.
Forse si sarebbe presentato a mezzanotte, sorridente ed innamorato.
Avrebbe
potuto essere più comprensivo, se solo avesse
voluto. Ma non ce la faceva ad ignorare quella
sensazione.
La
terribile
sensazione di essere stati dimenticati dalla persona che più
si ama al mondo.
Angolo dell'autrice:
Questo capitolo lo voglio dedicare a voi, che in questi mesi avete
letto e recensito la mia storia.
Vi ringrazio immensamente. Ho aspettato che fosse ufficiale
prima di comunicarvi una notizia importantissima: sono stata accettata
in una prestigiosa scuola di scrittura. Questo lo devo anche a voi.
Prima di pubblicare su questo sito scrivevo storie che tenevo per me.
Ora, sento di scrivere racconti con un'anima.
A prestissimo, vi abbraccio!
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Capitolo 25 *** Non ho che te ***
Il sollievo che aveva
pervaso Draco nello scorgere l'imponente viale del Maniero si
disintegrò in una manciata di secondi. La villa era
illuminata a festa e dalle ampie finestre poteva scorgere il frenetico
movimento di elfi domestici al suo interno. Di solito, sopra la casa
aleggiava un'opprimente cortina di nebbia, penombra e
–soprattutto- silenzio. I Malfoy, in seguito alla caduta di
Voldemort, si erano trincerati tra le poco accoglienti mura del
palazzo, lontani dagli sguardi giudicanti della comunità
magica. Non avevano più organizzato memorabili ricevimenti,
limitandosi a qualche funereo pranzo in compagnia delle altre famiglie
di stirpe purosangue. Dal canto suo, Draco non aveva mai sopportato
quegli eventi sociali: inforcare un sorriso fasullo, indossare gli
abiti più ricercati, spogliarsi dei propri dolori per
ostentare una sicurezza di sé che non possedeva. Aveva
deciso di non avere la pazienza di essere ipocrita come i suoi
genitori, che trascorrevano gran parte del tempo in compagnia di gente
che detestavano. Erano giochi di potere, prese di posizione che non
avevano niente a che spartire con lui. Voleva solo essere lasciato in
pace. Desiderava stare in compagnia di gente che gli voleva bene in
modo autentico e franco e, per ora, la lista si limitava a due persone:
Harry e Columbine. Soltanto in loro presenza Draco si sentiva
accettato, compreso ed amato. Forse il comportamento di Columbine nei
suoi confronti era stato un po' ambiguo ultimamente, forse si nutriva
di sentimenti poco consoni ... però Draco sapeva di poter
contare su di lei, sempre. Per i suoi genitori, invece, la situazione
diveniva più complessa e dolorosa. Lo amavano, certo. Ma
tendevano a proiettare su di lui ambizioni e speranze che gli erano
estranee. Il figlio era un prolungamento delle loro
personalità, un simulacro da plasmare a propria immagine e
somiglianza, un progetto a lungo termine. Spesso e volentieri, si
dimenticavano del fatto che Draco fosse un essere umano, con tanto di
cuore pulsante e cervello in funzione.
Il
giovane Malfoy entrò di soppiatto, cercando di essere il
più silenzioso possibile. L'ingresso, a differenza del
solito, era illuminato a giorno da un imponente lampadario di
cristallo, lucidato per l'occasione. Cercò con lo sguardo il
suo furetto, ma l'animale non sembrava essere nei paraggi. Non che
solitamente lo aspettasse con ansia di fronte al portone. Generalmente
trascorreva le proprie giornate sul suo letto a baldacchino e solo di
tanto in tanto si avventurava nell'immenso parco, scorrazzando alla
ricerca di prede. Sebbene fosse piuttosto altero e scostante, nutriva
una sorta di adorazione nei confronti del suo padrone. Lo seguiva
ovunque come un'ombra, trotterellandogli intorno con incedere maestoso
ed acciambellandosi sul suo grembo nei momenti di relax. Draco adorava
Malferret: la sua presenza era ormai diventata indispensabile. Non
avrebbe mai potuto fare a meno di lui. Era sorprendente il fatto che
non lo avesse ancora fatto vedere ad Harry. Conosceva a menadito le
intime ragioni di quella scelta e preferiva non pensarci troppo.
Columbine glielo aveva spiegato piuttosto bene, in una delle prime
sedute: Harry e il furetto rappresentavano due mondi incompatibili.
Malferret era parte della famiglia Malfoy, un membro a tutti gli
effetti. Narcissa gli aveva persino allacciato al collo un nastrino
smeraldo, su cui campeggiava come ciondolo lo stemma della Casata. Non
era ancora pronto a far incontrare, simbolicamente, quei due giganti su
cui si poggiava la sua affettività. Aveva bisogno di
entrambe le parti per poter resistere, sopravvivere, non lasciarsi
annegare dallo sconforto.
Un elfo domestico
distolse Draco dalle sue riflessioni, riportandolo bruscamente alla
realtà. Inorridito dalla prospettiva di essere scoperto e di
essere coinvolto nella festa, gli intimò
bruscamente di stare zitto, portandosi un dito ossuto alla bocca.
L'elfo sgranò gli occhi impaurito, ma rispettò il
volere del padroncino: indietreggiò velocemente, per poi
scomparire nel dedalo di corridoi che conduceva al salotto. Dal salone
provenivano risate e tintinni di piatti e bicchieri. Tra il vociare
indistinto , si levò una voce conosciuta. Pansy Parkinson,
con tono lamentoso, chiedeva dove si fosse cacciato il suo Draco. Malfoy chiuse di scatto
i pugni, irato per il comportamento di quella sgualdrina. Come osava
anche solo pensare di poter rivendicare qualche improbabile diritto
sulla sua persona? Avrebbe tanto voluto entrare nella stanza, solo per
contraddirla e bistrattarla di fronte a tutti. Stava per farlo, contro
ogni buon senso, ma decise di rimanere nella penombra, in ascolto.
Dopotutto, era curioso di conoscere il motivo di tanta allegria, visto
gli scarsi motivi per festeggiare. Dalla sua postazione, il ragazzo non
riusciva che a cogliere brandelli di conversazione, nessuno dei quali
sembrava essere di suo interesse. Poi, però, dovette
accadere qualcosa. I discorsi andavano scemando, come se gli astanti
fossero in attesa. Anche Draco drizzò le orecchie,
contagiato da quell'inspiegabile senso di aspettativa.
Lucius
Malfoy prese la parola. E per Draco, quello fu l'inizio. Della fine.
"... sono lieto di
annunciarvi il fidanzamento ufficiale tra mio figlio e la deliziosa
Pansy..."
Il mondo
sembrò crollare. E forse lo fece davvero. Senza fiato, Draco
appoggiò il palmo sudato della mano sulla tappezzeria, come
a sorreggersi. La testa gli girava, lo stomaco si era dolorosamente
attorcigliato su se stesso, la nausea lo attanagliava. Come un automa
privo di emozioni, stordito da quella svolta improvvisa della propria
esistenza, si staccò dal muro. Fece alcuni passi indietro,
prima di incominciare a correre come un pazzo.
Desiderava solo
andarsene da quella combriccola di traditori, lasciare per sempre
quelle stanze senza fare mai più ritorno. Non desistette
neppure quando, richiamati dal rumore, i coniugi Malfoy si accorsero
della sua presenza. Sgomenti e concitati pronunciarono il suo
nome.
Draco, lo chiamò con voce
spezzata e supplichevole la madre. Draco! In tono imperioso, il padre.
Non si
guardò indietro. I suoi genitori non avevano più
alcun diritto su di lui. Non dopo quello che gli avevano fatto. Avevano
tramato alle sue spalle, senza minimamente prendersi cura dei suoi
sentimenti, dei suoi sogni, delle sue speranze. Come potevano ancora
sperare di avere qualcosa da spartire con lui?
Fu distolto da quei pensieri dolorosi quando una longilinea ed altera
creatura gli si parò davanti, bloccandogli il passo. Per
Draco fu un sollievo enorme scorgere Malferret ai suoi piedi: lo
avrebbe portato con sé. Fu quasi commovente vedere l'animale
protendersi verso di lui, in cerca di protezione ed affetto. Proprio in
quel momento, il ragazzo fu raggiunto da una furiosa Pansy. Nonostante
la situazione, non poté far a meno di pensare che fosse
proprio carina, quella sera. Doveva essersi impegnata per apparire
splendida ai suoi occhi: il suo corpo era fasciato da un elegante
vestito color smeraldo ed aveva raccolto i capelli in un'acconciatura
riccamente intarsiata. Sembrava più matura, più
... donna. Una perfetta futura padrona di casa. Provò
pietà per lei, nello scorgere il livore sul viso
delicatamente truccato. Dopotutto, stava deliberatamente distruggendo
le sue ambizioni e calpestando il suo amore. Per quanto fosse
un'insopportabile snob, Pansy non lo aveva mai abbandonato, neppure nei
momenti più oscuri della sua giovinezza. Nel corso del Sesto
Anno era stata l'unica a preoccuparsi per lui, portandogli spuntini
quando saltava i pasti e coprendolo di attenzioni soffocanti. Quando la
Guerra era finita, lasciando dietro di sé macerie e
calcinacci, lei era stata lì. Gli aveva tenuto la mano
quando, per la prima volta, si era presentato in pubblico. La sua
presenza, il contatto con la pelle calda ed asciutta avevano reso gli
insulti, le occhiatacce, gli sputi più accettabili.
Sorprendentemente, Draco si rese conto di essere – in qualche
modo – riconoscente alla Parkinson. Gli era stata devota per
gran parte della propria infanzia ed adolescenza. Lo aveva aspettato,
protetto, curato ... nella speranza che lui, prima o poi, si accorgesse
di lei. I baci, la disastrosa prima volta dovevano aver rinfocolato e
ravvivato la sua bramosia. Draco provò un'improvvisa
tenerezza che – per un frammento di secondo –
sotterrò l'ira palpitante. Si avvicinò a Pansy,
le accarezzò una guancia. La ragazza si scostò
stizzita, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.
"Pansy, io
... " Indugiò Malfoy, per
poi proseguire con un filo di voce: " Non voglio sposarti. Sarebbe
una follia... La verità è che non potrei mai
amarti come tu vorresti e meriteresti. Perdonami."
E sentendosi un
perfetto verme ed inetto, Draco si smaterializzò.
Lasciandosi alle spalle un cuore spezzato, ambizioni distrutte, sogni
perduti ed insorgenti sensi di colpa.
Harry era di umore tetro. Aveva trascorso il resto del pomeriggio
raggomitolato sulla poltrona, in preda ad oscuri pensieri. Hermione lo
aveva chiamato, invitandolo a cena, ma lui aveva desistito. Una serata
con l'allegra compagnia dei Weasley sarebbe stata troppo impegnativa;
avrebbe significato rispondere a domande scomode, soffocare le lacrime
che gli inumidivano gli occhi in favore di un sorriso vacuo,
rimpinzarsi di leccornie nonostante la nausea. Desiderava solo la
compagnia di se stesso, in quel momento. Magari avrebbe sintonizzato su
un qualsiasi film di quart'ordine, il volume al massimo per evitare di
ascoltare i propri singhiozzi solitari. Forse avrebbe dato un'occhiata
alla Gazzetta del Profeta, che ancora giaceva intonsa sul tavolo.
Mentre soppesava quale
di queste opportunità fosse più deprimente, il
campanello suonò, distogliendolo dai suoi pensieri mortiferi.
Quasi si
precipitò alla porta, benedicendo quell'inaspettata visita.
Chiunque fosse stato il suo ospite, lo aveva appena salvato dalla
propria funerea disperazione.
La scena che gli si
parò davanti lo fece rimanere a bocca aperta. Che cosa ci
faceva Draco Malfoy nel suo androne, in compagnia di un ... Harry
strabuzzò gli occhi, per assicurarsi di aver visto bene... Furetto ?
Rimasero entrambi in
silenzio, esaminandosi reciprocamente in volto. Draco sembrava
sconvolto, constatò Harry. Le mani gli tremavano
visibilmente sotto la veste scura stropicciata ed aveva ridotto il
labbro inferiore a brandelli sanguinolenti, a forza di mordicchiarlo
nervosamente.
Non ci fu bisogno di
parole o spiegazioni. Gli occhi di Draco arrossati e gonfi avevano
lanciato una richiesta di soccorso, prontamente accolta da Harry.
Sembrava dicessero: Aiutami, non ho che te.
Lo invitò
ad entrare.
"Ho dei
biscotti..."
Esordì
Harry, senza una ragione apparente, in tono svagato. Draco sorrise, i
denti leggermente sporchi di sangue. Alzò divertito un
sopracciglio, per poi rassicurarlo. "I biscotti andranno
benissimo."
Un tuono li fece
sobbalzare. Stava per ricominciare a piovere. Harry rinchiuse la porta
dietro di loro, lasciando il resto del mondo fuori. Sorrise
soddisfatto: lì, la tempesta non li avrebbe sorpresi.
Draco
osservava di sottecchi Harry: il ragazzo si stava ingozzando senza
ritegno di biscotti al cioccolato. "Potter, sei disgustoso" lo redarguì,
ostentando una smorfia di disprezzo ed alzando fieramente il
sopracciglio. Harry lo guardò confuso, le guance gonfie
all'inverosimile e la bocca macchiata di cacao. Cercò di
inghiottire velocemente per ribattere, ma senza successo. Un attimo
dopo Malfoy era stato costretto a somministrargli due vigorose pacche
sulla schiena ossuta per evitare che soffocasse. "Che razza di idiota!" esclamò veemente,
cercando di nascondere la paura che lo aveva pervaso. Infastidito, per
l'ennesima volta si rese conto che la sua esistenza era ormai
dipendente a quella di Harry. Ancora una volta, Columbine aveva avuto
ragione.
Quella
donna sembrava avere tutte le risposte.
Angolo
dell'autrice:
Probabilmente mi avevate dato per dispersa, invece eccomi qui! Mi
è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero di non
deludervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Un abbraccio a tutti voi, che dedicate
qualche minuto alla lettura della mia storia. A presto <3
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Capitolo 26 *** Nota stonata ***
I maglioni furono i
primi ad
essere scaraventati per terra, vittime di un turbinio feroce di
sensazioni. Poi
fu il turno della maglietta sgualcita di Harry, impietosamente
accartocciata
sul comodino. Dita inesperte e trepidanti sbottonarono la camicia
azzurra di Draco,
svelando parte dell’esile torace. Una
domanda inespressa aleggiava su di loro, mozzando i respiri. Posso? Timidamente,
Harry insinuò una mano tremante
sotto il tessuto, incontrando con le dita le cicatrici
dell’altro. Trattenne il
respiro e represse l’istinto di ritrarre i polpastrelli.
Quelle ferite rimarginate avevano zampillato
sangue, un tempo. Per colpa sua. Draco
aveva rischiato di perdere la vita, di morire. Come poteva convivere con
quel pensiero fisso? Tutte le volte
che scorgeva quell’arabesco di pelle rattoppata, si sentiva
schiacciato dai
sensi di colpa. Non ne avevano mai parlato. Era già
abbastanza difficile
sopravvivere nel presente, per avere il lusso di indugiare nel passato.
Harry riprese ad
accarezzare il busto esangue
di Draco, beandosi della sua espressione rilassata e tranquilla. Negli
ultimi
giorni, la sua vita aveva preso una piega decisamente inaspettata che
non
sapeva dove lo avrebbe condotto. Harry non sapeva esattamente che cosa
fosse
accaduto due sere prima, quando si era presentato alla sua porta, in
compagnia
di un improbabile animale domestico. Immaginava che la questione
riguardasse il rapporto conflittuale con
i genitori, ma Draco non aveva mai espresso il desiderio di parlarne
né lui
aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni.
Repentinamente e con
grande
naturalezza, si era insediato nella sua vita e nelle sue abitudini. Si
destreggiava tra le sue cose come se non avesse fatto altro per anni.
Trascorrevano molte ore insieme nella tranquillità della
casa, ed erano felici.
Bastavano a se stessi e non avvertivano neppure l’esigenza di
uscire di casa,
di vedere gente. Ai suoi amici aveva detto di essere molto impegnato,
paventando scuse assurde a cui – miracolosamente –
sembravano aver creduto.
Hermione doveva senza dubbio aver captato qualcosa, ma fortunatamente
aveva
deciso di rimanere in disparte.
Harry
scacciò quei pensieri
inappropriati, insediatisi nella sua mente come uno stormo di rapaci
fastidiosamente gracchianti. Intendeva godersi ogni singolo istante:
lui e
Draco non erano mai stati tanto vicini. Ad uno sguardo esterno, non
sarebbe
stato possibile distinguere con certezza il proprietario di un braccio,
di una
gamba, di un piede. I loro corpi ancora adolescenziali si protendevano
l’uno
verso l’altro, alla ricerca della propria metà
perduta. Ad Harry parve il
momento perfetto per agire. Respirò a fondo, raccogliendo il
coraggio
necessario per andare oltre. Lanciò un’occhiata al
ragazzo sotto di lui, alla
disperata ricerca di conferme e rassicurazioni, senza successo. Draco
aveva gli
occhi chiusi, i capelli spettinati ed un adorabile rossore gli tingeva
il viso.
Non dava segni di disagio o incertezza, per questo Harry decise.
Rozzamente, cercò di sfilare i boxer a Draco,
che prontamente si irrigidì, allarmato.
L’equilibrio che tanto faticosamente
avevano costruito nel corso di quei mesi fu crudelmente lacerato da
quel gesto,
nota stonata in un’armonia altrimenti perfetta.
No,
no…Harry, piantala! Ho detto di NO!
Draco
sgusciò via dal letto, ansante
e furibondo. Con un gesto irritato
raccattò i pantaloni stropicciati da terra mentre
Harry cercava a tentoni gli occhiali sul
comodino. Una volta inforcati, mise a fuoco l’espressione
ferita di Draco. La
bramosia , il desiderio feroce e cieco che avevano influenzato il suo
comportamento erano scivolati via, lasciando il posto ad un palpabile
imbarazzo. Aveva lo sguardo ancora un po’ appannato dalla
smania che si era
impossessata del suo corpo, non lasciandogli scampo. Si
coprì pudicamente con un
lenzuolo spiegazzato, improvvisamente conscio di quanto accaduto. Fece
per
balbettare qualcosa, ma rimase come ipnotizzato a guardare Draco
ritornare a
letto, appoggiarsi alla testiera di ferro battuto, mettersi la testa
fra le
mani e scoppiare in singhiozzi. Non ci furono lacrime e, forse, questo
rese
quella manifestazione di dolore ancora più cupa e desolante.
Il modo in cui il
ragazzo si abbandonò a gemiti e lamenti
allarmò Harry all’inverosimile. Si
precipitò al fianco di Draco, ormai
dimentico di ciò che lo aveva fatto vergognosamente
divampare. Di fronte a quella sofferenza
lancinante,
nulla aveva più importanza né senso. Gli tenne la
mano per tutto il tempo,
restando in silenzio, accarezzandolo con gli occhi, digrignando i denti
e
desiderando di patire al posto suo. Si sentiva anche responsabile,
almeno in
parte, di quello sfogo. Forse, la sua reazione era stata sbagliata e
troppo
impulsiva. Lo aveva ferito, quando Draco – soprattutto in
quel momento – doveva
essere trattato con i guanti di velluto.
Mi dispiace. Bofonchiò,
infine, rivolgendosi a Draco. Si era
rannicchiato su se stesso, sembrava così fragile,
così delicato. Draco
io…
Harry alzò gli occhi disperato, alla ricerca delle parole
giuste. Si passò una mano sulle tempie pulsanti,
desideroso di cancellare gli ultimi minuti. Perché si era
comportato in modo
così irruento ed impulsivo? Aveva avuto forse intenzione di violentarlo? Era sempre stato
piuttosto freddo e scostante
sotto le lenzuola: di per sé, il sesso non lo aveva mai
interessato per
davvero; perlomeno, con Ginny. Malfoy aveva completamente ribaltato
questa convinzione.
Lo desiderava in modo quasi brutale e sanguigno: era un pensiero
divorante, che
mal si addiceva alla sua personalità tranquilla e riservata.
Eppure, era così
che si sentiva ogni volta che le sue narici venivano colpite dal suo
profumo.
Vivere insieme aveva amplificato ed esasperato queste pulsioni
riprovevoli, di
cui neppure lui era davvero stato consapevole fino al malaugurato
momento in
cui aveva avuto libero accesso alla pelle delicata del giovane Malfoy.
È questo
ciò che accade quando le passioni vengono lasciate a
macerare
nell’oscurità dell’anima: rimangono
silenti per un po’, prima di esplodere
travolgendo tutto.
Angolo
dell'autrice:
Grazie a chi ancora ha
la pazienza di aspettare gli aggiornamenti della mia storia.
Aspetto i vostri
commenti, un bacione!
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Capitolo 27 *** Rivalsa ***
Columbine si sentiva
uno schifo. Lanciò un’occhiata
disgustata all’uomo che giaceva assopito accanto a lei, tra
le lenzuola
scomposte ed impregnate di sudore.
Perché,
ancora una volta, aveva lasciato che
la sua folle attrazione nei confronti di Draco prendesse il sopravvento
sulla
sua razionalità? Fino a quella sera si era limitata ad
abbordare ragazzotti
insignificanti nelle stanze fumose di squallidi locali. Si lanciava tra
le loro
braccia prima ancora che potessero proferire parola. Non gli
interessava uno
scambio intellettuale con loro, in quelle sere di solitudine e
rimpianto.
Voleva solo sentirsi avvolta da un corpo maschile, sfiorata da una
pelle che
non era la sua.
Di certo il suo analista avrebbe arricciato
il naso, se solo lo avesse messo a conoscenza delle sue squallide
fantasie
erotiche; per fortuna, non lo vedeva da tempo. Andare da lui, sedersi
su quelle
poltrone scalcagnate, lasciare che frugasse tra i suoi sentimenti
ricordandole
l’assoluta inopportunità di quei sentimenti.
Breuer avrebbe inforcato i suoi occhiali dalle lenti sudice,
guardandola
in tralice mentre lei si arrabattava alla ricerca di una
giustificazione
improbabile.
In ogni caso, non
c’erano giustificazioni per quello che
aveva combinato. L’uomo che stava
russando sommessamente nel suo letto altri non era che Malfoy, Lucius Malfoy.
Columbine non sapeva
esattamente cosa fosse
accaduto: un minuto prima il padre di Draco si stava sfogando con lei,
angosciato per la prolungata assenza del figlio, l’attimo
seguente si erano
trovati avvinghiati sul tappeto rosa
cipria dello studio. Columbine chiuse
gli occhi e sospirò sommessamente, cercando di rilassare i
muscoli del volto,
contratti in una smorfia dolorosa.
Il signor Malfoy si
era presentato da lei per ora di cena.
Aveva deciso di chiudere un occhio sul protocollo e di farlo entrare,
dopotutto
era visibilmente sconvolto. Tra un singhiozzo e l’altro,
l’uomo le aveva
raccontato quanto accaduto: l’annuncio durante il
ricevimento, lo sguardo
deluso di Draco, la sua fuga… Erano due giorni che non aveva
notizie di lui e
gli sembrava di impazzire. Narcissa non gli rivolgeva la parola da
allora,
reputandolo l’unico responsabile della decisione
dell’adorato figlio. Avevano
deciso di non diramare l’allarme, per evitare uno scandalo di
proporzioni
bibliche. I rapporti con i Parkinson si
erano incrinati in maniera irreversibile, ma fortunatamente neppure
loro
avevano alcun interesse a diffondere il pettegolezzo.
Lucius aveva deciso di
rivolgersi a Columbine, nella
speranza che lei potesse aiutarli a ritrovare Draco. Era pronto a fare
qualsiasi cosa per rivederlo, qualsiasi…
Per un folle istante,
Columbine aveva
avuto voglia di spifferare tutto. L’omosessualità
di Draco, il conflittuale ed
ossessivo rapporto con Harry Potter, i dubbi, le incertezze.
Il destino del
ragazzo era letteralmente nelle sue mani, poteva farne ciò
che voleva. Si
sentiva tradita da Draco: perché non era andato da lei,
quando aveva scoperto i
progetti coniugali del padre? La guaritrice avrebbe saputo come lenire
il suo
dolore ed il senso di inadeguatezza e disagio che sicuramente lo aveva
pervaso.
Invece niente: si era dimenticato di lei, di tutto ciò che
aveva fatto per lui,
di quanto lo avesse aiutato ad accettare i propri demoni negli ultimi
mesi. Era corso da Potter, rischiando
solo di peggiorare ulteriormente la situazione, vanificando i sofferti
risultati ottenuti con la terapia. Columbine era irata, inutile
nasconderlo.
Alla fine aveva accantonato l’idea di rivelare i segreti
più intimi del suo
paziente per un residuo senso di etica professionale. Ma
quando Lucius aveva posato le labbra sulle
sue, lei aveva risposto al bacio con entusiasmo, decisa a godersi il
momento. Alla
faccia tua, Draco.
Columbine era andato a
letto con Lucius come forma di
infantile rivalsa nei confronti di Draco, un estremo quanto inopportuno
tentativo di ferirlo. In realtà, così
facendo, era solo riuscita a lacerare la sua anima già
sanguinolenta.
La
guaritrice inghiottì una pillola, l’ennesima, alla
ricerca di un po’ di
stordimento a poco prezzo.
Nota dell'autrice:
Bentrovati!!! Purtroppo sono molto impegnata e riesco ad aggiornare
poco, ma sappiate che ho questa storia nel cuore, non l'abbandonerei
per niente al mondo.
Spero possiate perdonarmi, ci tengo a sapere il vostro parere su questo
colpo di scena...
Al prossimo capitolo GRAZIE!
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