Peace

di Pareidolia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I-Gli sperduti ***
Capitolo 2: *** II-Il pianto degli schiavi ***
Capitolo 3: *** III- Wild boys ***
Capitolo 4: *** IV- Il regno delle mosche ***
Capitolo 5: *** V-Il risveglio del Sahelanthropus ***
Capitolo 6: *** VI-Il vero contro il falso ***
Capitolo 7: *** VII- Astio ***



Capitolo 1
*** I-Gli sperduti ***


 Notte.

La luna illuminava le pareti metalliche e luccicanti della Mother Base, tinte di un denso e luminoso rosso che la faceva parere insanguinata.

Numerosi soldati ne pattugliavano ogni angolo, percorrendo stancamente i corridoi e le piattaforme mentre il mare tutt'attorno era calmo ma tanto profondo da risultare una minaccia per chiunque lo guardasse.

Celava un'oscurità sconosciuta, pericolosa.

La base si trovava vicino all'arcipelago delle Seychelles, circondata da nient'altro se non l'acqua per chilometri, apparentemente isolata dal resto del mondo.

Quel luogo rappresentava molto più di una semplice base militare; era come una casa per quei soldati, per i Diamond Dogs, guidati dalla leggenda vivente conosciuta come Big Boss il quale, in quel momento, si trovava nella propria stanza nella piattaforma di comando, la più grande della base.

Stava steso sul letto, gli occhi chiusi e la testa persa in terribili incubi di un passato che non riusciva a identificare.

Volti lontani, vaghi e insieme ad essi esplosioni tremende accompagnate da grida maschili strazianti.

Sotto la forza di missili il ferro di grandi strutture esplodeva, volando in ogni direzione contro soldati che tentavano di reprimere un attacco nemico, il fuoco circondava tutto e si alzava fino al cielo intento a invocare un Dio che mai avrebbe ascoltato quei pianti, quelle suppliche.

-Non è colpa tua..- Sussurrò una voce sottile, dolce e femminile.

-Bo....boss....boss mi senti..?- Disse un'altra più volte, fin quando l'uomo non si svegliò di colpo, il corpo ricoperto da gocce di sudore che gli percorrevano rapidamente la pelle, il volto sconvolto.

-Boss! Boss è urgente, rispondi!- Era la voce di Miller, che frettolosamente urlava alla radio.

Snake afferrò piano le cuffie e le mise nelle rispettive orecchie.

-Scusa Kaz, non avevo sentito...qual è il problema?-

-I bambini. Il team di spionaggio ha trovato una traccia che potrebbe guidarci a loro e adesso stanno indagando più a fondo per scoprire maggiori informazioni. Se i dati che hanno recuperato sono affidabili allora potremmo trovare una vera e propria pista da seguire per riuscire a riportare indietro quei bambini, Eli e il Metal Gear.-

Sentendo quelle parole il cuore di Snake saltò un battito e la memoria tornò al giorno della fuga dei bambini.

Per lungo tempo non ne avevano più avuto alcuna notizia a riguardo e ora, come dal nulla, qualcosa iniziava a farsi strada nell'oscurità per guidare i Diamond Dogs a loro ma, almeno in quel momento, Snake non sapeva se dare retta a quel qualcosa di ancora misterioso oppure no.

-Che cosa hanno trovato?- Domandò piano, con attenzione.

-A quanto pare si sono diffuse delle voci riguardo a un gigante nel cielo e in giro per l'Angola si sta formando un nuovo esercito composto da bambini, ti ricorda nulla quest'ultimo punto?-

-Eli sta cercando di attirare la nostra attenzione...-

-Molto probabilmente è così. Il team di spionaggio sta ancora indagando su questa pista ma per ora ha trovato solo un rapporto riguardo al gigante e ai bambini in un luogo che conosci bene, Campo Kiziba. Boss, mi dispiace averti svegliato nel mezzo della notte ma come sai questa è una questione di importanza estrema e...-

-Non ti preoccupare Kaz, il mio sonno non era comunque tranquillo.-

 

In meno di mezz'ora l'elicottero aveva già lasciato da un pezzo la piattaforma d'atterraggio della base in direzione dell'Angola.

Il cielo era scuro, nuvoloso e minacciava una forte tempesta che non avrebbe certo tardato ad arrivare.

Gli occhi affaticati di Snake ne scrutavano l'infinita distesa fino al punto in cui si univa alla sottile linea del mare anch'esso scuro, sempre più agitato e imponente, come se stesse litigando col cielo e quella linea fosse l'unica cosa che li separava e univa al contempo.

L'uomo si domandò cosa avrebbe fatto una volta trovato Eli.

Ancora non riusciva a comprendere come mai quel ragazzino lo odiasse così tanto ma era sicuro che un sentimento così profondo non provenisse affatto dal solo disprezzo verso gli adulti e le autorità ma che la causa fosse, invece, qualcosa di ben più profondo e radicale.

Più volte aveva sentito lo sguardo del ragazzo addosso a sé, uno sguardo freddo e carico di disgusto nonostante Snake avesse provato ad avvicinarlo e a persuaderlo del fatto che quel disprezzo fosse infondato ma senza mai ottenere risultati positivi.

Sapeva che se il ragazzo aveva agito così era solo per colpa sua ma non riusciva a comprendere appieno in cosa avesse sbagliato.

Mentre rifletteva su tutto ciò, piccole gocce di pioggia iniziarono a picchiettare sul finestrino attraverso il quale osservava l'esterno.

Poco a poco spuntò la costa africana, dal lato orientale, formata da numerosi e grossi scogli bagnati dall'acqua marina che con forza e furia si scontrava su essi e i primi alberi sbucavano dal terreno, poco lontano dalla laguna formata dalle rocce.

Le pale dell'elicottero ruotavano ritmicamente, creando un suono che in qualche maniera calmava la mente di Snake il quale, per la noia dell'attesa, si accese un sigaro, muovendo lo sguardo dal paesaggio al pilota dell'elicottero e cercando di non farsi prendere dall'ansia che si faceva sempre più pressante.

Da quando era uscito dal coma si sentiva così spesso, prima delle missioni e ancora non si era abituato del tutto.

La sua mente e il suo corpo sembravano diversi, sembravano di qualcun altro e in tutto quel tempo non era riuscito a comprenderne la ragione.

Sentiva di essere rimasto indietro agli altri, con una visione limitata della realtà che gli impediva di capire del tutto ciò che gli accadeva attorno ma ormai non ci badava più così tanto come all'inizio, aveva smesso di preoccuparsene quasi completamente col passare del tempo.

Lui era Big Boss, il soldato leggendario e solo questo importava, questo e anche i suoi doveri.

L'elicottero impiegò un'ora per raggiungere il luogo d'atterraggio, una stretta pianura poco distante da Kiziba.

Si trattava di un pezzo di terra molto piccolo ma abbastanza grande da rendere possibile l'atterraggio del velivolo.

Tutt'attorno si ergevano numerosi alberi che proiettavano ombre rese cupe dal pallore della luna e l'aria era forte, fredda, mentre trasportava con sé la pioggia.

Snake scese dall'elicottero, atterrando sulla fredda distesa d'erba bagnata sottostante e subito si guardò attorno con circospezione per poi alzarsi, ormai sicuro di non essere in compagnia indesiderata.

Attraversò la piccola pianura, inoltrandosi nella foresta piena di pozzanghere fino a raggiungere la palude su cui era costruito il Campo Kiziba.

Si trattava di un avamposto militare russo costituito da qualche capanna ma ben armato e pieno di soldati, il che lo rendeva un luogo tutt'altro che un luogo semplice in cui infiltrarsi.

Lentamente si sdraiò su una roccia che spuntava dal mezzo degli alberi e osservò il luogo da lontano, marcando sulla mappa dell'I-Droid le posizioni di tutti i soldati che riusciva a vedere da lì.

Ne contò in tutto dieci, sparsi per tutta la palude che circondava le poche e semplici costruzioni in legno.

Una parte percorreva i pontili stretti, che permettevano solo a due persone alla volta di attraversarli, un'altra parte stava davanti alla costruzione principale e due guardie pattugliavano le gabbie dei prigionieri.

Non si meravigliò affatto nel vedere una donna e un uomo chiusi in quelle piccole gabbie, coi corpo sciupati e resi magri dal trattamento che i soldati gli riservavano.

Non aveva ancora marcato tutti i nemici ma decise di muoversi ugualmente, così da concludere in fretta il proprio compito; per portare a termine la propria missione doveva raggiungere l'edificio principale, una grossa baracca di legno, e trovare al suo interno i rapporti dettagliati riguardanti gli avvistamenti dei bambini e del Metal Gear, il tutto senza farsi vedere, ovviamente.

Si grattò fugacemente la barba mentre una leggera sensazione di tensione prendeva poco a poco possesso del suo corpo rendendolo più lento e meno reattivo.

La pioggia si faceva sempre più forte mentre il sole cominciava a sorgere portando con sé il mattino e Snake iniziò a strisciare fra l'erba, raggiungendo l'acqua verdognola della palude, mescolandosi uniformemente con l'ambiente circostante senza che nessuno notasse la sua presenza.

Sfilò la pistola dalla fondina e sparò un colpo alla testa di uno dei soldati lì vicino il quale si accasciò a terra all'istante.

Prima che qualcuno se ne accorgesse, l'uomo lo afferrò, trascinandolo nell'acqua in modo che nessuno potesse più vederlo.

L'aria si faceva sempre più tesa ma la condizione atmosferica gli era favorevole; il fatto che piovesse rendeva i suoni prodotti dai suoi movimenti nell'acqua meno sospetti.

Si avvicinava sempre più a quella grande struttura al centro del campo mentre i soldati lì attorno erano totalmente ignari della sua presenza.

Scelse di non eliminarli tutti ma soltanto quelli che stavano lungo il suo percorso e, quando raggiunse la costruzione in legno, i cadaveri che aveva nascosto nell'acqua erano in tutto quattro e galleggiavano placidamente sotto le passerelle che scricchiolavano in maniera inquietante.

Tenendo la pistola davanti a sé oltrepassò la porta della struttura e si ritrovò nell'unica stanza da cui era costituita.

All'interno di essa vi erano vari scaffali in ferro pieni di flaconi in plastica , risorse generali per la base e scatoloni pieni di munizioni, viveri e altri oggetti di uso comune per i soldati; una scrivania con un computer e un paio di schermi stava sistemata sul lato sinistro della stanza, in netto contrasto con la povertà dell'arredamento e il sudiciume che lo decorava.

Snake si avvicinò alla scrivania e subito frugò nei vari cassetti senza trovare nulla di utile e passò al computer.

Con un sottile cavo collegò l'I-Droid al case principale e subito vi scaricò sopra tutti i file più recenti, facendo attenzione che nessuno entrasse dalla porta alle sue spalle per poi uscire, ritrovandosi nuovamente sotto la pioggia.

Il sole cominciava a spuntare con più prepotenza da dietro le nuvole, all'orizzonte, colorandole di un denso e scuro viola che contribuì a rendere quel paesaggio misteriosamente apocalittico.

Il soldato fece per andarsene ma, proprio in quel momento, si ricordò dei prigionieri nelle gabbie e si voltò verso di esse.

Per raggiungerle aveva due opzioni, procedere direttamente da lì alla sua destra o fare il giro della struttura, atto che gli avrebbe sicuramente evitato di essere visto da qualcuno e così fece.

Si avviò verso la propria sinistra, raggiungendo il retro dell'edificio dove non c'era nessun soldato e da lontano sparò a una delle due guardie davanti alle celle.

L'altra lì accanto si allarmò subito ma proprio mentre stava per gridare l'allarme alla radio, un proiettile raggiunse la sua testa, spedendolo dritto sul terreno viscido.

Snake si avvicinò alle sbarre e le forzò, fultonando poi i due prigionieri col sistema Wormhole.

Un largo varco rossastro si aprì nello spazio sopra di loro, attirandoli al suo interno e facendoli sparire, trasferendoli direttamente alla Mother base.

-Boss la missione è compiuta ora, sto inviando l'elicottero a recuperarti ma con questa pioggia non sarà molto facile. Dirigiti subito verso la zona di recupero.- Disse Ocelot alla radio.

Ripercorrendo tutta la strada a ritroso, Snake tornò allo spiazzo di terra in mezzo agli alberi dove l'elicottero lo aveva lasciato e attese fin quando il velivolo non fu abbastanza vicino da poterci salire sopra.

 

Quando finalmente tornò alla base era già mattina.

Le piattaforme che la costituivano erano già pulsanti di vita e di attività, tutti i soldati erano al lavoro.

L'elicottero atterrò sulla piattaforma di comando e non appena Snake mise piede a terra, si trovò davanti Ocelot ad attenderlo, il volto serio contornato dai lunghi capelli argentati.

-Boss, sono arrivati i file che hai inviato dal tuo I-Droid e il team di spionaggio ha da poco finito di analizzarli. Stando alle parole dei soldati, il Metal Gear avrebbe sorvolato tutta l'Angola dirigendosi verso nord-ovest, oltre il mare. In tutta la regione vari gruppi militari si sono insospettiti parecchio e hanno iniziato a fare domande e ricerche in giro quindi potremmo non essere i soli a cercare quei bambini e il Sahelanthropus, oltre a Cipher. Per quanto riguarda invece i bambini, per l'appunto, una nostra squadra di ricognizione ha trovato l'elicottero che hanno usato per fuggire nel centro dell'Angola ma il pilota era scomparso, sul suo sedile sono stati trovati segni di corde e varie sostanze chimiche per fissare determinati oggetti.-

-Mmm...quindi i bambini lo hanno costretto ad atterrare per poi legarlo al sedile prima di fuggire così da non fargli sapere in che direzione si sono spostati.- Mormorò Snake mentre rifletteva sulle parole di Ocelot.

-Esattamente. Il pilota però, come ti dicevo, era scomparso all'arrivo dei nostri. Si suppone che sia stato trovato da altri soldati di stanza nelle vicinanze e che ora sia prigioniero lì nei dintorni ma per adesso questa è solo una teoria. Per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere riuscito a fuggire o, peggio, potrebbe essere stato preso da qualche belva selvatica ma questa è un'ipotesi da scartare, dato che non ci sono tracce di animali.-

-Capisco...A questo punto non ci rimane altro da fare che aspettare un contatto con il pilota, gli avamposti militari nella zona sono troppi per essere controllati tutti.-

-Sì, sono d'accordo. In ogni caso, ti consiglio di andare a trovare Miller appena hai tempo, mi sembra molto strano da quando è successo tutto questo.-

Detto ciò i due si divisero.

 

Nel cielo c'era ancora qualche nuvola scura ma via via col tempo andavano a sfumare nell'azzurro limpido e splendente del mattino che ormai iniziava a scaldarsi.

Un soffio di vento accompagnava i passi di Snake e allo stesso tempo lo sguardo di Miller, rivolto verso quell'orizzonte, la maledizione di ognuno di loro.

Ciò gli ricordava la vecchia Mother Base, colma dei vecchi soldati, dei compagni a cui col tempo si era affezionato.

Tutti quei ricordi erano sfumati col tempo, come le nuvole nel cielo e invece di rimanere le belle e felici memorie di un tempo passato erano diventati simbolo di vendetta, di rabbia e di sofferenza sia per lui che per Snake.

Sapeva di essere cambiato in quegli anni.

Gli avvenimenti accaduti in quei nove, lunghi anni durante i quali Snake era rimasto in coma lo avevano distrutto, fisicamente e mentalmente.

Ormai non riusciva mai a tirare un sospiro di sollievo, a sorridere o anche solo a distrarsi per un solo secondo e l'unico attimo in cui si era sentito sollevato, l'unico momento in cui era riuscito a sentirsi libero corrispondeva alla morte di Skull Face.

Il compimento della sua vendetta.

Forse, però, da lì in poi le cose erano precipitate ancora di più, sia per lui che per il suo compagno di battaglia.

I suoi occhi, ciechi, non potevano vedere le sfumature del cielo né il riflesso della luce sulla distesa infinita del mare ma li percepiva come se potesse vederli ancora, come se in quel momento i suoi occhi ne fossero capaci.

Il suo braccio, mancante per metà e coperto dalla manica del soprabito che danzava col vento, era come se ancora l'avesse e poteva sentire il proprio pugno stringersi e afferrare gli oggetti ma sapeva bene che era solo un'illusione.

E la sua gamba, mancante anche quella, era come se ancora lo sorreggesse e gli desse forza ma quando muoveva la stampella per spostarsi si ricordava della terrificante realtà.

Ormai non poteva più fare nulla se non parlare, quella era l'unica capacità rimastagli.

Non poteva combattere, non poteva scrivere né compiere qualsiasi altra azione che un tempo gli pareva naturale e questo lo riempiva di rabbia, avvilendolo allo stesso tempo per l'incapacità che aveva nel non poter far nulla di utile.

Guardandolo, Snake sapeva di tutto questo e comprendeva appieno le sensazioni che Miller provava.

Entrambi odiavano se stessi per le proprie azioni, rimpiangendo un passato che non poteva più essere sistemato in alcun modo ma desiderosi di provare a mettere a posto ciò che avevano creato ora, con i Diamond Dogs.

Volevano sistemare almeno quelle conseguenze delle loro recenti azioni ma, per quanto ci provassero, niente andava per il meglio e finivano per rovinare ancora di più tutto quanto.

Con la morte di Skull Face pensavano di aver risolto tutto ma si era dimostrato l'esatto contrario.

Portando il Sahelanthropus sulla Mother Base avevano dato l'opportunità a Eli e Emmerich di riattivarlo e ribellarsi e, in più, sempre a causa del ricercatore avevano rischiato la diffusione di un'altra epidemia nella base, essendo così costretti a uccidere tutti gli ammalati.

-Kaz...- Iniziò Snake, fermandosi subito non appena si accorse che, in realtà, non sapeva cosa dire.

-Lo so Snake. Hanno trovato nuove informazioni utili riguardo ai bambini, è una buona notizia.- Miller non si voltò nemmeno, la sua voce era piatta e lontana.

-Non sono qui per questo, in realtà.-

-So anche questo, ma non voglio parlare di altro, Snake. Sai perché quei bambini erano così importanti per i Diamond Dogs? Sai cosa dovevano significare?-

Snake non rispose, non sapeva cosa Miller intendesse ma ne aveva solo una vaga idea, un leggero sospetto.

-Bene, te lo dico io. Quei bambini erano l'unica cosa che ci avrebbe divisi dall'inferno e avrebbe reso questo posto un vero paradiso. Erano l'unica cosa che ci avrebbe tenuti lontani dall'essere solo delle bestie in cerca di vendetta e di sangue ma li abbiamo persi, tutti e non torneranno certo indietro, questo lo sai anche tu. Anche se li trovassimo, anche se cercassimo di farli tornare, loro ci sparerebbero contro, costringendoci a rispondere al loro fuoco e così sì che diventeremmo ciò che non desideriamo, ciò di cui il mondo non ha bisogno. Noi siamo soli Snake e ci stiamo avvicinando sempre di più verso un baratro profondo e oscuro. Lo senti anche tu vero, amico mio?-

-Kaz, se quei bambini ci spareranno contro non so cosa accadrà ma di certo farò di tutto per far sì che non accada e li riporterò indietro. Io ormai non sono più la leggenda di un tempo, sono solo un demone circondato dal sangue e dai morti ma se mi sarà possibile fare qualcosa di buono e caritatevole, almeno per questa volta, allora lo farò, costi quel che costi.-

Davanti a quel cielo che si faceva sempre più infinito e quel mare calmo e piatto, mentre l'aria ancora sapeva di pioggia, fra i due si strinse un silenzioso accordo, dettato solo dall'atmosfera che quelle parole avevano lasciato nel vento, riportando alla luce, per un solo e fugace istante, quel passato lontano che tanto speravano di poter ripristinare.

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Capitolo 2
*** II-Il pianto degli schiavi ***


-Ocelot, sono arrivato sul posto, sembra che non ci sia nessuno..-

-Soltanto per adesso, stai in guardia. Anche se la zone sembra deserta ciò non significa che lo sia per davvero. I prigionieri sono almeno cinque, fra loro c'è senza dubbio il pilota.-

-Proprio qui? Ne sei sicuro?-

-Assolutamente, Snake. La trasmissione che abbiamo ricevuto proveniva proprio da lì, ne sono assolutamente certo ma effettivamente sembra strano che quel posto sia così vuoto...-

Il soldato si guardò attorno nuovamente e si accorse che, nascosti dalla luce del giorno, numerosi laser dei mirini di almeno una decina di fucili si agitavano qua e là, seguendo precise traiettorie e fu lì che Snake si accorse degli uomini nascosti fra gli alberi, che in silenzio attendevano probabilmente il suo arrivo.

Snake comprese subito che avevano intercettato il messaggio del pilota e, probabilmente, lo avevano già portato lontano da lì.

Il villaggio abbandonato di Ditadi, il luogo in cui si trovava in quel momento, era un luogo desolato, sperduto nel mezzo della parte più a sud dell'Angola.

Costituito principalmente da edifici crollati dei quali erano rimasti solo alcuni muri di pietra o lamiere ormai arrugginite, offriva in realtà un buon posto in cui nascondersi per dei soldati poiché lì tutto fungeva da copertura e ben pochi si sarebbero mai aspettati di trovare qualcuno, in quel piatto e impenetrabile silenzio rotto solo di tanto in tanto dal fruscio delle foglie e dal canto degli uccelli tropicali della zona.

Finì di contare i laser che riusciva a scorgere contro il terreno e le rocce e proseguì, con cautela, aggirando le macerie spare ovunque.

Ora riusciva a vederli, i soldati, e sapeva che al minimo errore un proiettile gli avrebbe bucato il cranio senza alcuna pietà.

Per l'ansia continuava a guardarsi attorno e ad asciugarsi il sudore dalla fronte continuamente mentre strisciava a terra cercando di non fare rumore ma con la costante paura di attirare l'attenzione di uno dei soldati, poco distanti da dove stava lui.

Ansimando leggermente per la fatica avanzava nella terra umida e fredda, lanciando rapide occhiate dal lato opposto rispetto a dove si trovava lui fin quando non raggiunse una postazione da cui nessuno l'avrebbe potuto vedere.

Imbracciò il fucile e uno ad uno eliminò i soldati, i quali si allarmarono solo quando il terzo di loro cadde a terra.

Uno degli uomini attivò la radio ma un proiettile gliela mandò in frantumi e un secondo lo colpì al collo, facendolo crollare addosso a un suo compagno che, sorpreso, premette d’istinto il grilletto, sparando una raffica che si schiantò contro alcuni degli altri lì vicino e gli alberi tutt’attorno.

Il panico esplose all’interno del gruppo di soldati e Snake potè approfittarne per poterli eliminare in fretta e facilmente, dato che questi non facevano altro che guadarsi attorno disperatamente alla ricerca dell’intruso che stava proprio lì, a pochi metri da loro.

Ne lasciò in vita solo uno, dopo avergli sparato alle mani per impedirgli di accendere la radio e lanciare l’allarme.

Gli si avvicinò piano, consapevole di incutergli maggior terrore in quella maniera e, quando gli fu davanti, lo fissò negli occhi con estrema serietà prima di abbassarsi per potergli parlare, tenendo il fucile puntato contro il suo petto.

-Sto cercando i prigionieri, dove sono?-

-Uh...loro sono..in cima..! Sì, sono in cima a quella salita, dove si trovano le tende, le vedi?- Rispose il soldato, tanto impaurito da bagnarsi i pantaloni.

Snake se ne andò, lasciandolo lì a terra in un lago di sangue, senza interessarsi molto alla sua condizione.

Ormai era vicino al pilota e, di conseguenza, anche al trovare i bambini e non gli importava di nient’altro, che si trattasse di un moribondo o di nemici armati e pronti ad ucciderlo.

Quando pensava a cosa avrebbe fatto quando tutta quella faccenda fosse finita non sapeva che risposta darsi ma in quel momento, mentre si avviava quasi correndo per l’impazienza di trovare quell’uomo, il pensiero del dopo era lontano chilometri, solo una leggera sfumatura in un dipinto per lui enorme e al cui centro si trovavano Eli, il Sahelanthropus e il virus.

Finalmente giunse sulla cima dell’altura, dove un piccolo gruppo composto da quattro uomini in tutto, sorvegliava alcuni prigionieri e gli ordinava di alzarsi.

Stavano per andarsene, il rumore degli spari che avevano sentito e le grida dei loro compagni li avevano allarmati fino a quel punto e, sicuramente, avevano già chiamato i rinforzi e con altrettanta sicurezza mancava poco tempo al loro arrivo.

Doveva agire in fretta e seguendo il suo istinto di soldato alzò il fucile e sparò singoli colpi alle teste dei soldati, i quali caddero a terra seminando il panico fra i prigionieri, i quali erano almeno una decina.

Improvvisamente, come dal nulla, un pianto si levò verso il cielo, interrompendo tutto quanto.

Il tempo rallentò, o almeno così parve a Snake che lentamente abbassò l’arma alle prime note di quel pianto così indifeso, immaturo e disperato.

Un neonato, stretto fra le braccia della madre inginocchiata al suolo in lacrime, lanciava il suo grido verso quella vicenda così spietata e macabra.

Un solo pianto interruppe tutto, lasciando attorno a sé lo sgomento di quelle azioni, di quella situazione e di tutta quella storia, aprendo gli occhi a Snake riguardo a cosa stesse succedendo, a cosa avesse appena fatto e per quanto fosse consapevole di non aver potuto fare nulla se non quello, di non aver potuto evitare in quel modo il conflitto in quella e mille altre situazioni, provava un leggero pentimento, nascosto in un mare di burrascosi e orridi sentimenti.

Non ricordava da quanto non sentisse il pianto di un neonato e nemmeno da quanto non vedesse un bambino senza un’arma fra le mani.

In quell’attimo, pensò a quanto fosse terribile la gerra ma non si rese conto che lo era a tal punto da fargli gettare via quei pensieri all’istante, lasciandogli solamente un secondo per formarsi prima di sparire, facendolo tornare quello che per gli altri era sì un salvatore ma sanguinario e portatore di distruzione, proprio come i loro aguzzini.

I prigionieri si tennero distanti da lui, impauriti ed ammaliati dalla sua presenza allo stesso temo e silenziosi.

La loro pelle era scura, il che indicava che non erano prigionieri nemici ma dei villaggi vicini, gente comune che si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato e che avrebbe potuto fare una fine terribile, se lui non fosse intervenuto ma se ciò era davvero un bene nessuno poteva certo saperlo, almeno non in quel momento.

Il pilota si fece largo fra di loro, euforico per l’emozione e con un denso barlume di speranza negli occhi.

-Boss...Boss! Boss sono qui!- Gridò verso Snake, cercando in tutti i modi di farsi notare nonostante gli appena due metri di distanza che li dividevano ma ciò era comprensibile poiché, dopo tutto, quell’uomo ne aveva passate davvero parecchie fino a quel momento e anche se erano vicini, quella poca distanza sembrava essere di decine di chilometri, un mare che li separava e univa allo stesso tempo.

Si avvicinò al soldato, incredulo davanti alla sua presenza e attese delle sue parole ma queste non arrivarono poiché quel flash di un secondo aveva lasciato Snake perplesso fin quando non si accorse, finalmente, della presenza del pilota.

-Ti ho fatto aspettare?- Gli domandò, a metà fra il serio e l’ironico, accennando un sorriso che però gli riuscì male ma che per l’uomo fu come una benedizione.

-Sì, era ora...non ce la facevo più! E anche loro, Boss, anche loro hanno dovuto subire parecchio, spesso anche più di me.-

-Bene, li porteremo con noi alla Mother Base, saranno al sicuro là.-

-Boss...lo senti anche tu questo suono?- Domandò il pilota, alzando perplesso la testa verso il cielo.

Elicotteri.

Si avvicinavano a gran velocità, due, uno accanto all’altro e pronti a far fuoco a vista su chiunque gli fosse estraneo.

Snake afferrò rapidamente l’I-Droid e con la stessa velocità digitò delle coordinate sulla mappa elettronica che gli illuminò il volto di una debole luce bluastra.

-Muovetevi, là in fondo vi aspetterà l’elicottero di recupero. Falli muovere in fretta, io vi coprirò le spalle.- Urlò, facendo segno a tutti i prigionieri, ancora piangenti e impauriti, di correre.

Né le sue grida né quelle del pilota servirono a convincerli e fu così costretto a prendere ancora una volta il fucile e a sparare a poca distanza da loro per spaventarli e farli correre in quella direzione il più in fretta possibile.

Tutti finalmente se ne andarono e il soldato rimase da solo, in attesa dell'arrivo dei velivoli, i quali non tardarono affatto.

I due elicotteri raggiunsero il villaggio disabitato e sorvolarono le macerie degli edifici crollati da tempo, lentamente e tenendo gli occhi aperti su tutta l'area e, immaginando che ormai se ne fosse andato, esploravano anche alcune zone più lontane da lì, alternandosi per non perdere comunque di vista il villaggio.

Snake se ne stava nascosto in una delle tende dei soldati, osservando la situazione e decidendo cosa fare.

Con sé aveva soltanto un fucile e una pistola, niente che potesse essere molto utile contro dei simili velivoli, corazzati e armati sia di missili che di mitragliatori.

Cercò un elemento dell'ambiente che potesse aiutarlo, qualsiasi cosa che gli offrisse la possibilità di eliminare almeno uno di quegli elicotteri, poiché non poteva fuggire dalla zona senza farsi notare.

Tutt'attorno a Ditadi non vi erano molti alberi e la strada che lo circondava quasi interamente rendeva impossibile fuggire senza che nessuno lo notasse.

D'un tratto lo vide.

Abbandonato in mezzo a uno spiazzo di terra, poco lontano dalla strada, stava un furgoncino dal telaio leggermente arrugginito e incrostato di polvere, con la vernice slavata dal tempo e dalla pioggia.

Snake non ci mise nemmeno un secondo per farsi venire in mente un'idea su come utilizzarlo e, strisciando in mezzo all'erba, provo ad avvicinarglisi senza farsi vedere dagli elicotteri.

Non appena lo raggiunse si appoggiò su un lato e attese che uno dei velivoli passasse di lì e, quando finalmente uno dei due sorvolò quel punto, il soldato aziono il sistema Fulton che aveva posizionato sul furgoncino il quale, trasportato da un largo pallone, si alzò da terra fino a raggiungere le pale dell'elicottero, rompendole e facendolo crollare a terra con una fragorosa esplosione che lo mandò in frantumi in mezzo alle grida del pilota e dei due soldati a bordo.

L'altro, allarmato dal rumore, virò sulla zona dello schianto e cominciò a sparare in alcuni punti cercando di stanare l'intruso che, però, ormai si era già spostato e col fucile ben stretto tra le mani attendeva il momento giusto per premere il grilletto, steso a pancia in giù sulla roccia.

Finalmente riuscì ad avere una buona visuale del pilota ma dovette sparare almeno tre colpi prima di prenderlo, dato che le sue mani tremavano, ma quando finalmente il proiettile si conficcò nel cranio dell'uomo, si sentì libero.

L'elicottero volteggiò un paio di volte su se stesso per poi crollare vicino a Snake, il quale si lanciò il più lontano possibile per evitare di essere colpito.

-Boss! Tutto bene? Il pilota e i prigionieri sono appena arrivati alla base e hanno raccontato ciò che è successo.- Domandò allarmata la voce di Ocelot, gracchiante a causa di un'interferenza della radio.

-Sì, sono riuscito ad eliminare entrambi gli elicotteri senza problemi, ora torno alla base. Abbiamo molto di cui parlare io e quel pilota.-

 

L'interno della sala degli interrogatori era stranamente freddo quella sera.

Vi si trovavano Snake, Miller e Ocelot insieme al pilota dell'elicottero, in un angolo Code Talker ascoltava in silenzio, con uno strano sguardo sospettoso nei confronti di quell'uomo.

-Allora, raccontaci cosa è successo dall'inizio alla fine.- Disse prontamente Ocelot, senza attendere le parole degli altri presenti.

-Dopo avermi costretto a portarli in volo verso l'Africa si sono divisi in due gruppi. Una parte è andata con Eli ma non saprei dirvi dove mentre l'altra mi ha fatto atterrare dove avete trovato l'elicottero. Mi hanno legato al sedile e sono fuggiti verso ovest, dove si trova il fiume. Non so esattamente dove siano ora ma ho sentito parlare i soldati di un villaggio sulla riva del fiume Munene. Questo villaggio sarebbe gestito solo da bambini ma è più che altro una leggenda.-

-Dice la verità.- Confermò gravemente Ocelot, abbassando per un secondo la testa e stringendo i già sottili occhi, come a voler fissare la sua mente su un pensiero.

-Dovremmo controllare quella zona e interrogare anche gli alti prigionieri, magari ne sanno qualcosa anche loro, potrebbero esserci utili.- Affermò con decisione Miller, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso l'uscita e poco a poco lo seguirono anche gli altri.

 

Snake lasciò fare agli altri l'interrogatorio a tutti i prigionieri, preferendo distrarsi per un attimo da tutta quella faccenda.

Camminando per la Mother Base raggiunse il punto più alto, la cima della piattaforma di comando.

Da lì poteva vedere tutte le altre piattaforme illuminate, tanti piccoli fari lontani, immersi in una soffusa nebbia grigiastra e fredda ma allo stesso tempo rilassante.

Osservando il mondo attorno a sé si accese un sigaro e piano, fra una boccata di fumo e l'altra, chiuse gli occhi rendendosi terribilmente conto che anche in quei momenti, anche quando si sentiva in pace con l'universo, gli incubi lo seguivano.

Si sentiva il sangue colargli addosso su tutto il corpo, impiastricciargli i capelli, entrargli nell'unico occhio da cui ci vedeva per poi raggiungere la bocca e da lì giù fino in gola mentre all'esterno tutti i suoi vestiti erano densi di un rosso scuro, terrificante, che gli dava l'aspetto di un mostro.

Quello era il sangue delle sue vittime, dei compagni morti, degli amici scomparsi e di quella vita rovinata e caduta in pezzi poco a poco, sfociando in una feroce vendetta che, probabilmente, non avrebbe mai avuto fine.

La guerra lo feriva spiritualmente ma allo stesso tempo lo faceva sentire vivo, potente; sensazioni queste che mai avrebbe potuto ignorare e abbandonare per quanto il dolore fosse forte e spesso accecante.

In tutto questo, spesso non riusciva come mai non volesse perdere quei bambini.

Spesso pensava che fosse per recuperare il Sahelanthropus ma, delle volte, lo sfiorava l'idea che in realtà fosse proprio per loro, per recuperare i compagni che aveva perso o per espiare i propri peccati in una disperata e forse anche sciocca maniera.

In questi pensieri Snake si perdeva, senza poter più comprendere chi fosse, conscio di agire in maniera totalmente diversa e sbagliata a quella in cui avrebbe svolto solitamente il proprio compito.

Stette lì a lungo, fumando e pensando a tutto questo ma quando l'alba iniziò a gettare le proprie luci sulla base e sull'Africa intera, illuminando le verdi fronde degli alberi e la gialla erba della savana, lui era già altrove.

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Capitolo 3
*** III- Wild boys ***


 Un'altra volta là, seduto all'interno dell'elicottero.

Un'altra volta lontano dalla Mother Base, pronto ad affrontare una nuova missione nonostante la pesante stanchezza che gravava sulla sua mente e sul suo corpo.

Doveva essere forte, questo lo sapeva, ma il semplice sapere non sempre bastava, nemmeno per lui.

Durante l'interrogatorio i prigionieri diedero molte informazioni riguardo al villaggio gestito dai bambini, informazioni dettagliate riguardo la presunta posizione e la situazione in corso.

Stando a quanto dicevano loro, avevano visto coi propri occhi quel villaggio e sembrava una tribù di selvaggi che stringevano fra le mani una tecnologia troppo avanzata e che non gli sarebbe mai dovuta appartenere. Piccole bestie capaci di atti macabri e spietati verso chiunque, senza alcuna differenza e, almeno all'apparenza, senza nessuno che li guidasse adeguatamente.

Snake si stava dirigendo proprio lì, in un piccolo accampamento un tempo appartenuto a dei soldati russi e ora nelle mani di quei bambini senza alcuna traccia di umanità.

-Boss, la missione consiste nel trovare possibili informazioni riguardo Eli e il suo gruppo. Questo è tutto ciò che ci interessa, al momento.- Disse Ocelot.

-Un momento. Cerca di recuperare quei bambini in qualche modo, non voglio che rimangano ancora in zone di guerra...non ne uscirebbero più.-Azzardò Miller subito dopo, la voce tremante e preoccupata.

-D'accordo, lo farò.- Rispose Snake annuendo e chiudendo la comunicazione.

 

Il villaggio era molto piccolo, composto principalmente da edifici bassi e vecchi i cui muri erano sporchi e pieni di crepe.

Un tempo era stato un avamposto militare e per questo ancora si trovavano lì delle mitragliatrici fisse poste lungo la strada principale che lo attraversava interamente, separando le file di casupole.

Almeno una ventina di bambini si aggiravano per tutta la zona, i fucili in braccio sostenuti sulle spalle da una cordicella sottile.

Ad occhio i più grandi avevano un massimo di diciassette anni ed erano quelli con lo sguardo più serio e rabbioso, pronti a sparare senza pietà contro chiunque mentre i più piccoli arrivavano senza dubbio agli otto e passavano il tempo a giocare e ridere, usando i fucili come se fossero di plastica, punzecchiandosi fra loro e facendo finta di premere il grilletto.

Snake osservava la scena da lontano, studiando ognuno di loro col binocolo e memorizzando i movimenti di ognuno, anche se i piccoli erano del tutto imprevedibili.

Si era trovato già più volte in situazioni simili ma ora era diverso, ce n'erano molti più di quanti avrebbero dovuto essere e la cosa lo preoccupava.

Attese la notte, in modo che almeno i bambini più giovani andassero a dormire e iniziò a strisciare verso il villaggio, in silenzio e attento.

Si erano organizzati molto bene per la manutenzione del loro piccolo esercito.

Una pattuglia composta da quattro ragazzini faceva il giro del perimetro mentre altri cinque stavano appostati in mezzo agli alberi tutt'attorno e uno stava sulla torre d'osservazione, spostando il grosso faro in tutte le direzioni per scrutare nell'oscurità.

Snake continuò a strisciare fra l'erba alta, raggiungendo uno dei bambini nascosto fra gli alberi e senza farsi notare lo addormentò con la pistola a tranquillanti, per poi estrarlo col Wormhole.

Fare il giro di tutta la foresta per trovare gli altri avrebbe impiegato troppo tempo, perciò si concentrò soltanto solo su quelli che aveva già visto in precedenza, addormentandoli e estraendo anche loro dalla zona, per poi dirigersi verso il villaggio.

Giunto sul posto per prima cosa addormentò il ragazzino sulla torretta, procedendo lungo il retro delle case sul lato destro, vicino agli alberi.

Per non farsi scoprire entrò con cautela in uno degli edifici, ritrovandosi immerso nel buio più totale, attorno a lui dei gemiti leggeri e vaghi lo circondavano.

-Stanno...piangendo?- Domandò Ocelot alla radio, stupito.

-Si tratta di incubi, ognuno di loro ne ha.- Gli rispose Snake, avvicinandosi piano a uno dei bambini e osservando il suo volto coperto di lacrime.

Senza nemmeno pensarci su, attaccò ad ognuno di loro il dispositivo del Wormhole estraendoli tutti insieme e cautamente uscì dall'edificio, guardandosi attorno per riprendere l'orientamento e proseguire verso la costruzione più alta.

I bambini lì erano dappertutto; sui tetti, alle finestre, per le strade strette, talmente tanti che Snake si domandò da dove provenissero e la risposta, che non tardò a bussare al suo cervello, era indubbiamente terribile e alquanto ovvia, venivano dai villaggi lì intorno.

-Ocelot, quei bambini sono troppi per essere portati via tutti, da solo non posso farcela. Quando avrò finito manda qua una squadra a completare il lavoro con loro, capito?-

-Sì Boss, attenderemo che tu porti a termine la missione e manderemo qualche soldato per recuperare i bambini rimasti nella zona.-

L'uomo chiuse la comunicazione e avanzò verso quell'edificio, restando nascosto fra le ombre delle strutture in lamiera appena abbozzate qua e là e quelle in mattoni ormai impolverati e decadenti, tutt'attorno il costante pericolo rappresentato da quei piccoli demoni pronti a far fuoco per il semplice fatto di doverlo fare, senza un vero e proprio motivo.

Passo dopo passo raggiunse, finalmente, la costruzione dall'aria pericolante e trasandata.

Davanti alla facciata stava, conficcata su un bastone piantato nel terreno, una grossa e putrefatta testa di maiale la cui lingua penzolava da una parte, in un ghigno inquietante.

Snake non ci badò molto e proseguì verso il retro, dove trovò una finestra da cui entrare e, quando si trovò all'interno, scoprì che lì stava solo un bambino dalla pelle scura, senza capelli e dallo sguardo perso nel vuoto, spento.

Il soldato provò a passare una mano davanti ai suoi occhi ma quello quasi nemmeno si mosse, la droga si era ormai impossessata del suo cervello e non lo avrebbe lasciato affatto facilmente.

Si voltò, esaminando tutta la stanza e accorgendosi che erano almeno cinque i bambini sparsi ovunque negli angoli e sul pavimento in quello stato, accasciati a terra e con lo sguardo fisso su qualcosa di inesistente, in uno stato pietoso.

Si affrettò ad estrarli tutti, sperando che arrivassero vivi a destinazione e, coprendosi con la mano destra il naso e la bocca per cercare di non annusare il terribile odore stantio dell'ambiente, si avvicinò al computer stranamente intatto posto in un angolo buio, abbandonato.

Come aveva fatto a Kiziba, collegò l'I-droid al case del computer, scaricando all'interno del dispositivo tutti i file contenuti nella memoria del sistema e se ne andò, avvisando Ocelot di aver completato la missione e di inviare al più presto una squadra a prelevare i bambini rimasti.

 

-Boss, finalmente sei tornato.- Lo accolse Ocelot alla base, il tono di voce leggermente preoccupato.

-Qualcosa non va?-

-Si tratta di quei bambini, hanno ferito alcuni dei nostri mentre cercavano di prelevarli dalla zona. Ora stanno in ospedale e i bimbi nelle celle, è pericoloso lasciarli liberi per la base, potrebbero approfittarne e creare ancora più problemi.-

-Capisco...per quanto riguarda i file?-

-Ci sono stati molto utili. Per quanto quel computer fosse poco utilizzato erano registrate numerose conversazioni tra i bambini del villaggio e quelli del gruppo di Eli. A quanto pare stanno creando qualcosa di simile ai Diamond Dogs in un'isola abbandonata poco lontana dalla costa dell'Angola e utilizzano il Sahelanthropus come cane da guardia per allontanare chiunque non gli vada a genio ma...questa cosa sta degradando sempre di più Snake. Hai visto in che stato si trovavano quei bambini nell'edificio principale del villaggio, le droghe gli hanno letteralmente mangiato il cervello e lo stesso sta per accadere agli altri. Dobbiamo fermare questa cosa prima che peggiori ulteriormente e si estenda.-

-Loro, quei bambini....credo abbiano attaccato i villaggi circostanti per poter reclutare altri minorenni nel loro piccolo esercito. Hanno agito come veri e propri soldati...-

-E la cosa mi spaventa, Snake. Quei bambini non dovrebbero...-

-Lo so, Ocelot. Ma non possiamo salvare tutti i bambini dell'Africa, abbiamo già troppe cose da risolvere e non siamo così tanti e così potenti, dobbiamo farcene una ragione.-

-Sì Boss, è vero.- Rispose Ocelot, abbassando di poco la testa e allontanandosi verso la piattaforma di spionaggio.

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Capitolo 4
*** IV- Il regno delle mosche ***


-Boss, l'elicottero è a pochi minuti dall'isola su cui si sono nascosti i bambini. Le informazioni che abbiamo raccolto riguardo a quel luogo annotano la presenza di numerose trappole fabbricate da quei ragazzini per impedire a chiunque di avvicinarsi troppo alla loro posizione che, apparentemente, si troverebbe al centro esatto dell'isola, ai piedi di una montagna. Per quanto riguarda il Metal Gear, apparentemente è spento ma potrebbero riattivarlo in qualsiasi momento in caso di pericolo.- Disse Ocelot, dando al proprio capo le informazioni necessarie per la missione.

-Se è vero che anche Cipher è sulle loro tracce questa potrebbe essere in realtà una corsa contro il tempo a chi riesce a trovarli per primo.- Mormorò Snake, pensieroso.

-Il radar dell'elicottero rileva altri velivoli in dirittura d'arrivo sull'isola, Boss!- Esclamò il pilota all'improvviso attirando subito l'attenzione del soldato che, in cerca di una conferma visiva, si sporse verso il radar.

Non appena il verde della boscaglia apparve all'orizzonte, Snake aprì il portello dell'elicottero, sedendosi sul bordo e dopo qualche minuto si trovò a terra, immerso fra gli alberi.

La luce del sole filtrava con prepotenza attraverso le fronde irradiando il terreno di chiazze più chiare, tutt'attorno il silenzio rotto solo dal canto di alcuni uccelli tropicali a lui sconosciuti.

Mosse i primi passi seguendo la mappa tracciata sull'I-Droid, davanti a lui gli spessi tronchi scuri si innalzavano verso il cielo, gettando ovunque tetre ombre dall'aria minacciosa.

L'atmosfera lo rendeva teso, ansioso e sospettoso di tutto ciò che gli si trovava attorno.

Gli occhi saettavano in ogni direzione, guardinghi e così anche i suoi passi che piano piano si susseguivano verso il centro dell'isola ma le prime trappole lasciate dai bambini di cui Ocelot gli aveva parlato, non tardarono a presentarsi.

Le evitò facilmente grazie al suo sguardo attento e addestrato ma non poteva fare a meno di ammettere che quei ragazzini erano stati davvero ingegnosi nella progettazione di quel lavoro rudimentale ma con una certa perfezione.

Quel posto nascondeva, però, pericoli ben più grandi di quelle trappole e lui ne era certo.

All'improvviso, dal nulla, il rumore di un ramo spezzato raggiunse le sue orecchie e con animalesca rapidità dovuta all'istinto, Snake si nascose dietro un albero, restando in attesa, pronto a sparare.

A pochi metri da lui due soldati vestiti con indumenti bianchi e armati di pesanti fucili camminavano piano, fermandosi ogni tanto per guardarsi attorno o per parlare riguardo alla situazione.

Senza fare nulla l'uomo si sporse un poco dal proprio nascondiglio e, dopo averli osservati per una manciata di secondi, alzò il fucile e sparò a entrambi.

-Ocelot gli uomini di Cipher sono davvero qui, ne ho appena eliminati due.-

-Maledizione! Sono sempre un passo avanti a noi...fai attenzione, Boss, la situazione potrebbe essere molto più rischiosa di quanto sembra; raggiungi l'obbiettivo e porta via da lì Eli e i bambini il prima possibile, decideremo poi come agire riguardo al Metal Gear.-

Appena chiusa la chiamata Snake avanzò lungo la foresta.

Più si addentrava nella boscaglia, più le foglie si facevano fitte e i raggi del sole diminuivano fino a rendere tutto buio, attorno a lui grossi cespugli scuri e terreno sempre più paludoso e umido mentre l'aria gli accarezzava il volto leggermente sudato per la tensione del momento.

Ogni tanto accanto a sé scorgeva alcuni corpi di soldati caduti nelle trappole dei bambini.

I cadaveri erano spesso trafitti da numerosi pali di legno affilati da entrambe le estremità ma altre volte pendevano dai rami degli alberi, appesi con una corda a un piede e col cranio pieno di chiodi.

In quel punto le trappole si facevano più numerose e il buio era tanto denso da costringerlo a usare gli occhiali per la visione notturna ma, nonostante ciò, riuscì comunque a continuare il proprio percorso e ad evitare i numerosi esplosivi fatti a mano disseminati un po' ovunque, i cui pezzi metallici contenuti all'interno lo avrebbero ucciso sul colpo o, nel migliore dei casi, leso gravemente impedendogli di avanzare.

Camminando scrutò ancora nell'oscurità due figure, alte e con tute chiare come i soldati di prima ma questa volta erano in tre.

Si muovevano uno dietro l'altro ma uno per uno vennero assaliti da altre piccole figure, numerose e feroci, armate di pistole e lance di legno affilate che perforarono i loro corpi senza che avessero nemmeno il tempo di accorgersi di cosa stesse succedendo.

Snake si nascose in un cespuglio, facendo attenzione agli spostamenti compiuti dai bambini che, seppur sospettosi in un primo momento, si dileguarono in fretta lasciando a terra i cadaveri sempre più freddi dei soldati, immersi in larghe pozze di sangue che si fondevano con la verdastra acqua della palude creando un vago violaceo che non poté vedere.

Dalle loro voci quei ragazzini sembravano già vicini alla maggiore età ma non parlavano inglese, il che rassicurò il soldato che, però, si sistemò meglio, scaramanticamente, la maschera antigas che gli copriva metà del volto.

L'aria si faceva sempre più tesa e silenziosa, al punto che non c'erano più i canti delle miriadi di uccelli ad accompagnare i suoi passi ma solo il debole scroscio dell'acqua mossa dai suoi stivali e misteriosi fruscii tutt'attorno a lui, rapidi e inquietanti, seguiti da quelle che parevano voci ma che Snake non avrebbe potuto con certezza differenziare dal suono del vento.

Brandendo, questa volta, una piccola mitragliatrice dai proiettili di gomma, continuò a procedere fin quando l'acqua salmastra non gli raggiunse le ginocchia e i fruscii non divennero più numerosi, solo allora si fermo per guardarsi attorno e li vide.

Lo avevano circondato e piano piano gli si stringevano attorno.

Erano in tutto una decina, alcuni venivano fuori dai cespugli, altri da sotto l'acqua e altri ancora stavano seduti sui rami degli alberi pronti ad attaccarlo.

Il soldato agì rapidamente, seguendo soltanto il proprio istinto e, in meno di un secondo, afferrò due granate fumogene e le scagliò contro i bambini che gli stavano davanti.

Quelle li colpirono alla testa distraendo gli altri quanto bastava per far sì che le granate esplodessero rilasciando nell'aria una fitta cortina di fumo che si sparse per tutta la zona confondendo tutti i ragazzini lì attorno e in quel preciso istante Snake partì all'attacco, con feroce precisione ma senza fare troppo male a quei giovani combattenti.

Li afferrò uno ad uno, scaraventandoli contro quelli che avevano accanto o contro gli alberi con forza tale da fargli perdere i sensi per poi colpire coi proiettili di gomma tutti coloro che stavano sui rami, i quali continuavano a tossire.

Quando il fumo si diradò tutti i bambini erano stesi a terra senza sensi e Snake se ne era già andato.

 

Passi lenti, calmi.

Le fronde degli alberi parvero spalancarsi quasi all'improvviso, lasciando finalmente passare la luce e le larghe pozzanghere lasciarono spazio a un terreno solido e spoglio, che via via abbandonava dietro di sé gli alberi andando a nascondersi fra pareti di roccia sempre più alte.

Oltre quelle rocce si trovava il centro dell'isola, composto da alcune capanne in legno poste a cerchio attorno a un grande falò e, a marcare l'entrata di quel rudimentale e grezzo villaggetto, stavano due teste di maiali conficcate nel terreno con un palo, una più vecchia dell'altra e ridotta al bianco osso pieno di mosche.

Giunto in prossimità di quel luogo Snake aggirò le basse costruzioni, evitando abilmente tutti i bambini armati che lo abitavano per raggiungere uno stretto sentiero che portava verso la montagna e lì, man mano che procedeva, vide il Sahelanthropus spuntare oltre gli alberi e le rocce, minaccioso e tremendo nell'aspetto imponente ma che suscitava anche una tetra maestosità.

Si avvicinò piano fino a trovarsi a meno di cento metri di distanza dalla gigantesca bestia metallica.

Eli stava seduto all'interno della grande bocca del Metal Gear, osservando placidamente e con espressione annoiata i suoi sottoposti sparsi un po' ovunque lì vicino e, in lontananza, Snake scrutò un gruppo di soldati in uniforme bianca, armati di fucile e già pronti all'azione.

Anche i bambini li notarono e subito gli spararono contro ma ciò non servì a nulla poiché quei soldati erano troppo ben organizzati per farsi abbattere così facilmente da dei bambini addestrati superficialmente con l'uso di droghe e i proiettili si infransero con agghiacciante furia contro quei esili corpicini dalla pelle scura.

Eli premette un tasto sulla console di comando e la bocca del Sahelanthropus si chiuse mentre le gambe si mossero alzando poco a poco l'intera struttura metallica che parve animarsi di vita propria prima di aprirsi del tutto.

Con una fiammata bruciò i soldati che gli si trovavano esattamente davanti, intenti a sparargli inutilmente contro esattamente come i bambini avevano fatto precedentemente con loro ma altri vennero, armati più pesantemente degli altri.

Snake afferrò il grosso borsone che si era portato sulla schiena lungo tutto il viaggio e ne aprì la cerniera, estraendone un pesante lanciamissili.

All'improvviso il Metal Gear si voltò verso di lui e la bocca si spalancò, come se sapesse che si trovava proprio lì.

-Come immaginavo ci sei anche tu, padre! Mi dispiace ma non credo che questa volta sarà così semplice eliminare questa bestia! Questo...questo è il mio momento, il momento della mia vendetta!- Gridò Eli dall'abitacolo prima di premere nuovamente quel tasto.

La creatura metallica lanciò un acuto grido che riempì l'aria di tutta l'isola e Snake, senza alcuna esitazione, puntò il lanciamissili nella sua direzione.

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Capitolo 5
*** V-Il risveglio del Sahelanthropus ***


Il Metal Gear mosse i primi passi verso Snake.

Era lento, inizialmente, ma i suoi movimenti divenivano più sciolti ad ogni passo ma quando il primo missile lo raggiunse, tutto il suo corpo si piegò per poi rialzarsi piano.

Era evidente il fatto che non fosse uscito del tutto indenne dalla precedente battaglia contro il soldato e che la riparazione, per quanto impeccabile, non era bastata per rimetterlo a nuovo.

Con un gesto lento e spezzato il Sahelanthropus afferrò l'elsa della spada composta da un lungo fascio di Archaea metallici e con la stessa velocità colpì il terreno, dal quale si innalzò una moltitudine di torri costituite dal metallo nel terreno, le quali non tardarono ad esplodere lanciando frammenti in ogni direzione.

Snake si buttò a terra, strisciando fino a raggiungere un riparo dietro una grossa roccia ma i passi del Metal Gear alle sue spalle si facevano sempre più vicini e una potente fiammata colpì la sua copertura, costringendolo a spostarsi nuovamente il più in fretta possibile.

Un altro missile colpì l'armatura metallica, facendo vacillare il colosso che per poco non cadde a terra.

All'interno dell'abitacolo Eli era furioso, sbatteva i pugni contro la console di comando ma per quanti tasti provasse a premere niente sembrava voler far funzionare a dovere il gigante di metallo.

Senza che se ne accorgesse, una figura minuta gli apparve accanto, i rossicci capelli gli coprivano la pesante maschera a gas che gli nascondeva il volto e tutto il busto era coperto da una scura camicia di forza dalle lunghe maniche.

Il ragazzino guardò prima Eli e poi la console di comando prima di scomparire così come era arrivato, apparendo sulla testa del Metal Gear e prendendone il totale controllo.

Eli lanciò un grido di gioia e premette subito i bottoni adibiti all'accensione degli armamenti del Sahelantropus, ora pronto alla battaglia e letale come non mai.

Una raffica dei mitragliatori posti su tutto il corpo del gigante seguì il percorso compiuto da Snake fino a quando quest'ultimo non raggiunse un'altra parete di roccia.

All'improvviso il soldato si sporse, scagliando un terzo razzo contro il Metal Gear che però stavolta lo incassò senza fare una piega e tornò all'attacco con la spada.

Snake si allontanò nuovamente, sparando un quarto razzo e riprendendo subito a correre.

Gli rimanevano solamente due colpi e guardando il Sahelanthropus aveva ormai compreso che qualcosa era rapidamente cambiato e che, quindi, non sarebbe stato affatto facile vincere quella battaglia.

Altri soldati di Cipher gli sparavano contro ma tutto pareva inutile, poiché quello li scagliava via con estrema facilità e i proiettili delle mitragliatrici li eliminavano all'istante, senza lasciargli alcuna via di scampo.

Approfittò della distrazione di Eli per scagliare l'ennesimo razzo, il penultimo e si nascose su un'altura, fra l'erba studiando i movimenti della gigantesca creatura metallica.

Eli, che ora riusciva a comandare il Metal Gear grazie all'aiuto del proprio compagno, si diresse verso il punto in cui il soldato si era nascosto, tenendo d'occhio i radar che, all'improvviso, lo avvisarono della presenza di almeno una decina di velivoli in avvicinamento.

Gli elicotteri della Mother Base raggiunsero l'isola in poco tempo, a guidarli Ocelot insieme a Miller, i quali diedero subito l'ordine di bombardare il punto in cui si stava svolgendo il combattimento.

-Boss allontanati da lì, stiamo per fare fuoco!- Sbraitò il pistolero alla radio appena prima di premere il tasto per sganciare i missili.

Una pioggia di fuoco si scatenò sul Metal Gear e su tutta l'area circostante, andando a schiantarsi contro il terreno, le rocce e le casupole del villaggio dei bambini che non appena videro le scie dei missili in cielo fuggirono nella palude spaventati, gridando.

Eli digrignò i denti e il Sahelanthropus balzò su una rupe, tornando in posizione curva e azionando il Rail Gun.

Ci mise pochi secondi a caricare il colpo che spazzò via un paio degli elicotteri dei Diamond Dogs, gli altri riuscirono a evitarlo appena in tempo.

Snake saltò fuori dal nuovo nascondiglio proprio in quel momento e scagliò l'ultimo colpo rimastogli centrando la testa della bestia metallica che vacillò e gli elicotteri colsero quel momento per concentrarle contro le raffiche dei grossi mitragliatori.

-Abbiamo spedito una scatola di rifornimenti Boss, corri a prendere ciò che ti serve. Noi ti copriremo durante tutta la battaglia quindi cerca di non morire e abbatti quel maledetto bestione!-

Appena sulla mappa dell'I-Droid comparve il segnalino di atterraggio dei rifornimenti, il soldato si mosse rapidamente in quella direzione mentre i suoi compagni tenevano occupato Eli a bordo del Sahelanthropus.

Le grida furiose della creatura d'acciaio echeggiavano ovunque, nel tono si poteva sentire tutta la sua mostruosa indole distruttiva e il suono delle esplosioni riempiva l'aria insieme alla polvere e alla terra che sollevavano.

In pochi secondi Snake recuperò tutte le munizioni del lanciamissili e tornò verso la zona, trovandosi, a un certo punto, la strada sbarrata dal Metal Gear, il quale lo stava cercando in mezzo alla palude.

Riprese a correre, inseguito dai colpi dei mitragliatori posti lungo il corpo metallico, il respiro affannato; i muscoli tesi e sempre più stanchi e il sudore che gli grondava fino agli occhi, asciugato in parte dalla bandana scura stretta sulla fronte.

Gli elicotteri continuavano a colpire e la creatura si voltò verso di essi scagliando una moltitudine di razzi a ricerca termica che riuscirono ad abbattere la metà dei velivoli.

Ocelot virò all'improvviso, riuscendo a evitare quelli che lo inseguivano, i quali si schiantarono contro la montagna e poi si allontanò dalla zona, lasciando agli altri il compito di coprire le spalle al loro capo.

Quest'ultimo sparò due colpi contro il gigante, mantenendosi sempre in movimento e senza distrarsi nemmeno per un secondo poiché un simile atto gli sarebbe stato totalmente fatale, ne era certo.

Nessuno poteva sentirlo ma Eli gridava continuamente per la rabbia, alternando momenti di cieca furia a folle isteria, pregustando già la deliziosa vendetta che stava via via giungendo a un glorioso epilogo.

Per la prima volta da tanto tempo si sentiva vivo, a suo agio, ebbro di quell'eccitazione provocata da battaglie così frenetiche e dell'orgasmo che esse provocavano in chi ne era più affine.

I suoi occhi brillavano di una misteriosa furia omicida, l'unico pensiero che dominava la sua mente era la morte di Snake e non gli importava affatto di chi avrebbe dovuto uccidere pur di portare a termine quell'obbiettivo, non gli importava se avrebbe dovuto sterminare migliaia di nemici o persino i propri compagni, gli interessava solo vedere il sangue di quell'uomo sparso ovunque e goderne quanto più potesse.

Lo odiava, lo odiava con tutto se stesso e non poteva fare a meno di volerlo veder bruciare all'inferno per quella vita che gli aveva donato, senza amore, affetto, senza niente ma la guerra gli aveva dato tutto ciò che desiderava, col tempo era diventata come un'amante per lui e non poteva più dividersene, il che lo rendeva un soldato perfetto già a quell'età.

Ridendo follemente, in preda a una crisi isterica sganciò altri missili che si schiantarono attorno a Snake, il quale fu costretto a correre ancora più veloce e buttarsi poi a terra in mezzo agli alberi.

I possenti passi del Metal Gear radevano al suolo tutto ciò che gli si parava davanti come se l'intero ambiente circostante fosse fatto di carta e non ci mise molto a mettere in trappola Snake.

Gli elicotteri dei Diamond Dogs accorsero in suo aiuto, continuando a sparare contro la bestia metallica in procinto di colpire il soldato col Rail Gun.

L'uomo stava ora steso a terra, ansimante per la stanchezza e senza più energie in corpo ma proprio in quel momento, mentre il Sahelanthropus stava caricando il raggio, il bambino con la maschera a gas gli apparve davanti, occupato a comandare il gigante metallico.

Snake alzò il fucile non letale e gli sparò contro un paio di colpi, spedendolo a terra e interrompendo così l'azione del Metal Gear e danneggiando il cannone a causa dell'energia sprecata.

Riprese fiato e, faticosamente, imbracciò il lancia missili, colpendo alla testa il gigante e facendolo così crollare a terra mentre i colpi dei mitragliatori degli elicotteri continuavano a infrangersi sulla sua armatura di metallo.

Il bambino apparve di nuovo e Snake, dopo aver gettato a terra il lanciamissili, lo colpì nuovamente ogni volta che lo vedeva ricomparire, rendendogli così impossibile aiutare Eli a manovrare al meglio quel bestione.

Nell'abitacolo il biondino gridava nuovamente per la rabbia e con tutte le proprie forze tirò verso di sé la leva che permetteva al Sahelanthropus di muoversi, riuscendo così a farlo alzare e, con la stessa fatica, gli fece eseguire un lungo balzo, tornando nella zona rocciosa.

Stancamente Snake riprese l'arma da terra e si avviò verso il punto in cui il ragazzino era fuggito ma, quando finalmente giunse nella vasta radura in cui lo aveva visto fuggire, se lo ritrovò proprio davanti, pronto a colpire nuovamente col Rail Gun, seppur malandato.

In quel momento tutto parve fermarsi.

Soltanto il vento ora rompeva il silenzio che misteriosamente aveva interrotto la battaglia mentre il suono del cannone che caricava il colpo si faceva sempre più forte.

Snake alzò il lanciamissili, pronto ad affrontare faccia a faccia il Metal Gear e sparò un solo missile, il quale si infranse sull'abitacolo con una fragorosa esplosione e il raggio del Rail Gun partì.

Il soldato si gettò alla propria destra, abbandonando l'arma e cadendo rovinosamente a terra ma il colpo non lo sfiorò nemmeno, tracciando un lungo solco a qualche metro da dove si trovava lui, il Sahelanthropus crollò a terra con un forte rumore, senza più rialzarsi.

 

L'abitacolo si aprì ed Eli ne uscì cadendo.

Era vivo ma ferito e senza sensi; guardandolo pareva morto ma un occhio attento avrebbe potuto notare che ancora respirava.

Snake si avvicinò piano, zoppicando ma fu costretto a nascondersi a causa di un piccolo gruppo composto da tre soldati di Cipher i quali rapidamente raggiunsero Eli e lo circondarono.

Uno di loro afferrò la propria pistola e la puntò contro il ragazzino, senza esitazione ma in quel momento Snake spuntò fuori dal riparo e sparò in testa ai tre ma altri due dalla parte opposta gli spararono contro coi fucili.

L'uomo tornò nuovamente al riparo, sporgendosi appena in tempo per vedere che uno di loro stava per lanciare una granata verso il punto in cui si trovava e d'istinto saltò, picchiando la testa contro il terreno.

La vista gli vacillò un attimo, costringendolo a chiudere gli occhi e quando li riaprì tutto attorno a lui era bianco.

Si sporse nuovamente oltre il proprio nascondiglio, sparando a tutti i soldati nella zona ma all'improvviso, come un fulmine caduto dal cielo in pieno giorno, il grido di dolore di un ragazzino riempì l'aria e il cuore di Snake di terrore.

Zoppicando, l'uomo si diresse verso il punto in cui si trovò Eli, steso a terra e sanguinante.

Si abbassò su di lui, afferrandogli la testa e lo sguardo vuoto del ragazzino, come una pugnalata al cuore, gli confermò ciò che aveva fatto.

Gridò, per la rabbia e per il dolore, sentimenti che quasi mai fino a quel momento aveva provato, sentimenti che a malapena ricordava e si maledì mille volte per non esserci riuscito, per non aver salvato nessuno e per non aver mantenuto la promessa fatta a Miller.

Si sentiva un mostro, sapeva di esserlo e l'immagine di se stesso coperto di sangue che spesso gli appariva negli incubi se la sentì addosso.

Il suo grido si levò verso il cielo, superando qualsiasi cosa, fino a perdersi nell'aria.

 

Gli elicotteri arrivarono poco dopo, atterrando lì vicino.

Ocelot raggiunse Snake insieme a un paio di medici, i quali si occuparono subito di Eli, medicando le ferite.

Fortunatamente il ragazzino indossava il giubbotto antiproiettile perciò sarebbe sopravvissuto ma il suo sguardo era più furioso che mai, fisso su Snake.

Non parlò, limitandosi a fissare il soldato e gli altri lì attorno.

-Sistematelo sull'elicottero, lo riportiamo alla base.- Mormorò Snake stancamente.

-Boss aspetta! Lui...ha i sintomi del virus!- Esclamò uno degli uomini lì accanto, allontanandosi istintivamente.

Tutti gli altri fecero lo stesso ma il ragazzo, che sapeva bene di cosa stessero parlando, sorrise malignamente e afferrò il braccio bionico di Snake tirandolo a sé, facendolo abbassare fino al proprio livello.

-Io sono stato creato da Cipher. Fin dalla nascita sono sempre stato imperfetto, il perdente e tu...è tutta colpa tua! Io non sono me stesso, sono soltanto una copia di te e per questo ti odio. Il mio destino è scritto nei miei geni, non ho altro futuro se non la guerra e per questo la amo così tanto, ne sono costretto. Ora andrete via, vero? Mi abbandonerete qua a bruciare insieme all'isola ma, credimi, io tornerò...e ti ucciderò con le mie stesse mani, un giorno.-

Snake non gli rispose, si allontanò un poco, trovandosi Ocelot davanti.

-Non c'è più niente che possiamo fae per lui. Dobbiamo andarcene subito, stanno per sterilizzare l'intera isola.- Gli disse il pistolero prima di voltarsi e dirigersi verso l'elicottero.

Il soldato tornò a guardare Eli e gli si avvicinò nuovamente, brandendo la pistola.

-Sei proprio un soldato...ma hai ragione. Non incolpare te stesso, incolpa me.- Mormorò, smontandola e la abbandonò a un paio di metri di distanza dal ragazzino per poi andarsene, accompagnato dal suo sguardo d'odio.

Eli strisciò fino alla pistola, afferrandola e puntandola verso l'uomo che si faceva sempre più lontano ma non riuscì a premere il grilletto, era troppo stanco per farlo ma sapeva che prima o poi, in qualche modo, avrebbe avuto la propria vendetta.

 

Raggiunto l'elicottero, lo sguardo di Snake incrociò quello di Code Talker.

Il vecchio pareva avere qualcosa da dirgli, il suo volto era fermo e sicuro di sé, gli occhi fissi su di lui.

-Ho preso una decisione...- Iniziò, indeciso su come continuare.

-Che tipo di decisione?- Gli domandò Snake confuso, senza capire a cosa stesse alludendo.

-Io sono l'ultima traccia rimasta dei parassiti, insieme alla ragazza e ho vissuto davvero per tanto, troppo tempo. La mia ricerca ha avuto un termine, ormai e non voglio che la mia conoscenza o il mio corpo vengano nuovamente utilizzati in futuro per scopi di questo tipo. Per quanto i parassiti possano essere utili e aiutare l'uomo, per quanto vadano visti come dei fratelli, dei fratelli, dei padri o dei figli, non credo che potranno mai essere utilizzati per gli scopi che io e i miei fratelli desideriamo, nessuno di noi conoscerà mai la pace perché il desiderio di guerra la allontanerà sempre e noi non faremo altro che alimentarlo. Noi vogliamo morire qui, quest'isola diventerà una tomba per me, i miei fratelli e purtroppo anche per quei bambini ancora vivi, la cui unica colpa è di essere nati in un periodo storico di continue lotte crudeli e egoiste. Per questo qui, oggi, io ti dico addio, Snake. Sono fiero di avervi potuti aiutare a sconfiggere un male terribile ma per me è davvero giunto l'epilogo.- Disse Code Talker, lo sguardo costantemente fisso su Snake, appena prima di allontanarsi verso la palude, senza voltarsi indietro.

 

L'ordine era già partito, non si poteva tornare indietro.

Snake, Miller e Ocelot osservavano la scena dall'alto, tesi e ansiosi.

Cinque aerei partirono da un estremo all'altro dell'isola, sganciando una coppia di bombe all'idrogeno ciascuno ogni dieci chilometri, in modo da coprirne tutta l'area.

Le esplosioni riempirono l'aria con prepotenza, il loro suono e le fiamme che si alzarono fino al cielo, insieme alle grida di tutti i bambini infetti rimasti lì a terra, erano estremamente dolorose per tutti i Diamond Dogs, significavano la loro caduta verso quel baratro che tanto avevano voluto provare ad evitare ma che, alla fine, li aveva inevitabilmente ingoiati.

Ci avevano davvero provato a salvare quei bambini, Snake per primo, ma tutto era stato inutile davanti alla presenza indistruttibile del virus.

Ogni loro tentativo era stato spazzato via insieme alle speranze che tutti provavano e ormai nulla avrebbe fatto tornare le cose come stavano prima; né la rabbia né il pianto avrebbero potuto riportare indietro quei morti e ora la loro ombra aleggiava ovunque, indelebile.

Snake, gli occhi fissi su quelle fiamme, sentiva di aver davvero raggiunto quel baratro che tanto lo spaventava, di aver oltrepassato un punto di non ritorno.

Il fuoco che copriva l'intera isola faceva sembrare quel momento un vero e proprio funerale e si alzava fino all'elicottero, come a far comprendere a tutti loro che le loro anime appartenevano a quel rogo e che, presto, anche loro ne avrebbero fatto parte

Miller stava in silenzio, cercando di contenere la rabbia che provava in quel momento.

Per tutto quel tempo aveva osservato la scena senza aprire bocca, l'espressione piatta e che celava un incontrastabile furia che a stento riusciva a sopprimere.

Ricordava la promessa che Snake gli aveva fatto ma che, alla fine, non aveva mantenuto e provava per lui un forte odio e risentimento, qualcosa che non avrebbe potuto scordare molto facilmente.

Aveva fatto lo sciocco errore di credere a quelle belle parole, dal primo momento in cui le aveva sentite aveva avuto la sensazione che la faccenda sarebbe finita male ma non aveva dato affatto abbastanza attenzione a quel presentimento rendendosi conto solo in quell'istante di aver sbagliato ad avere tutta quella fiducia.

Già dal momento in cui Snake aveva portato quella donna alla base Miller aveva avvertito una sorta di dubbio nella propria mente, iniziando a farsi domande sulle sue azioni e quella di quel giorno era la prima fra quelle che avrebbero portato a vicende ben più terribili non solo per i Diamond Dogs ma per il mondo intero.

Snake, dal lato opposto a Miller, percepiva quella rabbia e anche senza guardarlo in viso sapeva con precisione a cosa stesse pensando l'uomo ma, in quel momento almeno, era meglio non parlarne.

Il suono delle pale dell'elicottero era ritmico e ripetitivo, abbastanza da calmare un poco l'animo e la mente del soldato mentre il velivolo si allontanava dall'isola, diretto verso la Mother Base.


Note dell'autore: Con questo capitolo si conclude il primo arco narrativo del racconto, ringrazio tutti coloro che hanno letto fino a questo punto, sono uno dei motivi principali per cui continuo a scrivere e a pubblicare su questo sito, grazie a tutti!!

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Capitolo 6
*** VI-Il vero contro il falso ***


13 Marzo 1990, Arcipelago delle Seychelles.

 

Passi lenti ma rumorosi riempivano il silenzio del corridoio metallico che connetteva l'ufficio di Miller alla porta d'ingresso della struttura.

-Miller sei qui dentro?- Domandò Ocelot dopo aver aperto la porta, l'interno della stanza era immerso nella totale oscurità, impenetrabile.

-Cosa vuoi?- Gli rispose bruscamente l'uomo da un angolo, senza dire altro.

-Sono qua soltanto per avvisarti del fatto che è scoppiata un'altra rivolta tra i soldati. Ultimamente le cose non stanno andando per il verso giusto, lo sai bene. Da quando...-

-Da quando non siamo riusciti a salvare i bambini. Che vuoi che faccia?-

-Sai meglio di me che molti di loro danno retta soltanto a te. Voglio che tu gli dica di smetterla o questa nostra organizzazione non farà altro che crollare su se stessa.-

-Nostra...? Chi sarebbero questi noi? Non mi sembra di averti mai considerato uno di noi! Scordati che io faccia qualcosa per te, qualunque essa sia e ora vattene.-

Ocelot esitò per un attimo e poi si voltò, ripercorrendo la stessa strada fatta poco prima e raggiungendo l'esterno della struttura di comando.

Proprio in quel momento un elicottero raggiunse il punto d'atterraggio lì vicino e Snake scese a terra, stanco e coperto di sangue su tutto il volto, accanto a lui altri soldati nello stesso stato e fra loro uno steso su una barella.

-Cos'è successo?- Domandò il pistolero avvicinandoglisi allarmato.

-Erano più di quanti avevamo previsto ma siamo riusciti a farcela ugualmente nonostante le perdite. Su tre elicotteri come vedi siamo tornati solamente noi.- Rispose Snake fissando i soldati della base portare l'uomo in barella fino alla piattaforma medica su un camion.

-Capisco...Miller sta dando sempre più problemi e ci sono continue rivolte, Boss. Non riesco più a gestire la situazione, ormai sono in pochi quelli che mi danno ascolto.-

-Dopo essermi riposato me ne occuperò io, tu non preoccupartene.-

-Ottimo. Un'ultima cosa, Boss...ho lasciato una cosa molto importante nella tua stanza, dalle un'occhiata appena puoi.-

Snake annuì, dirigendosi poi verso la propria stanza.

Tutto era così come l'aveva lasciato una settimana prima di partire, eccetto che per una piccola cassetta lasciata sul comodino da Ocelot, accanto al letto.

Dopo essersi lavato e ripreso dal viaggio Snake la afferrò, esaminandola attentamente.

Una scritta a pennarello nero sull'etichetta diceva a chiare lettere “From the man who sold the world” e, sul retro, “Operation intruder 313”.

In un primo momento il soldato non ne comprese il significato e si avvicinò al lettore che poco prima aveva abbandonato sul tavolino nell'angolo opposto della stanza insieme al resto dell'equipaggiamento.

Inserì al suo interno la cassetta e, in silenzio, la ascoltò.

 

Ocelot stava nel proprio ufficio, circondato da documenti e file di vitale importanza per la Mother Base.

I suoi occhi saettavano da una parola all'altra mentre i sottili occhiali gli scivolavano piano lungo il naso.

La porta si aprì all'improvviso, sbattendo e Snake furioso entrò nella stanza lanciando la cassetta davanti all'uomo e fissandolo con rabbia.

-Cosa significa questa?- Gli domandò, il volto impassibile e la voce ferma, piatta ma che faceva ben intendere tutto il furore che provava in quel momento.

Ocelot si sfilò gli occhiali e sospirò, per poi fissare Snake negli occhi.

-E' l'assoluta verità. Lui è là fuori, da qualche parte...tutto ciò che hai sentito in quella registrazione è vero.-

-Come potrei mai crederci?-

-Come suo sottoposto ho il compito di metterti in contatto con lui una volta pronto, una sola parola e ti porterò dove si trova. Cosa scegli?-

-Che mi dici di Miller? Lui non deve saperlo?-

-A tempo debito, Boss. Quando arriverà il momento giusto anche lui verrà a sapere di tutto ciò ma per sicurezza è meglio che sia tu il primo a scoprire la verità.-

Snake esitò un attimo, distogliendo lo sguardo dall'uomo, sospirò e tornò a fissarlo.

-D'accordo, sono pronto.-

-Bene. Preparate l'elicottero alla piattaforma di comando.- Disse Ocelot, uscendo insieme a Snake.

 

L'elicottero viaggiò per ore, verso un punto imprecisato nel sud dell'Africa, circondato da una vasta foresta.

Una grande fortezza protetta da un muro e piena di luci scintillanti si ergeva al centro degli alberi, nascosta da occhi indiscreti ma ben visibile dall'alto.

Numerose bandiere danzavano nel vento mostrando due sole lettere, ZL, in giallo.

Dal velivolo si potevano notare le costruzioni sparse ovunque all'interno delle mura, vari veicoli corazzati e soldati che ne pattugliavano ogni angolo.

-Boss questa è Zanzibar Land, la fortezza che lui, da solo, ha costruito in tutti questi sei anni. Appena arrivati sul posto lo incontreremo e risponderà ad ogni tua domanda, sa bene che ne hai molte.- Disse Ocelot, alzando la voce per sovrastare il forte rumore delle pale.

Snake fissava la fortezza dal finestrino, gli occhi gli brillavano di ammirazione, la quale aveva già da un pezzo superato la ribollente rabbia che fino a poco prima aveva riempito il suo animo ma che ancora era in procinto di esplodere.

Quando finalmente scesero a terra vennero accolti da un gruppo di soldati capeggiati da un uomo sulla quarantina, dai capelli tanto chiari da parere argentati.

Il suo volto era inespressivo ma lo sguardo forte e intenso, degno di un soldato perfetto.

-Il mio nome è Gray Fox, Big Boss mi ha ordinato di accompagnarvi fino al suo ufficio. Mi spiace ma per ora dovrete lasciare qui ogni arma e tipo di equipaggiamento che vi trovate addosso, come potete immaginare la sicurezza viene prima di tutto.- Disse, impassibile.

I due lasciarono tutto agli altri soldati e procedettero seguendo lui fino a un grande edificio al centro esatto della fortezza.

Davanti all'entrata metallica due guardie pattugliavano i dintorni e, non appena videro il gruppetto avvicinarsi, si fermarono a fissare Snake e Ocelot, salutando Gray Fox.

L'interno della struttura ricordava molto la Mother Base; muri metallici pieni di cavi e tubi che ne percorrevano il soffitto e numerose porte riempivano i lunghi e stretti corridoi, tutte controllate da soldati dall'aspetto forte e deciso.

L'ufficio di Big Boss stava al secondo piano, l'entrata era a sua volta tenuta sotto controllo da una telecamera e due uomini che lasciarono passare il gruppo e, quando ne varcarono la soglia, Fox si fece da parte, restando davanti all'entrata.

Di fronte a loro una scrivania, in una stanza piena di scaffali colmi di libri e fotografie e, seduto dietro a quella scrivania, un uomo sulla cinquantina, coi capelli grigiastri e una spessa, scura benda sull'occhio destro.

-Venom, finalmente sei qui.- Disse, accennando un sorriso che quasi subito si spense.

-Tu...Ishmael, giusto?-

-Esatto, sono proprio io.-

-Per tutto questo tempo ho pensato chi tu fossi...chi io fossi e ora che sei qui davanti a me non so più che cosa dire o cosa pensare.-

Big Boss sorrise di nuovo, amaramente e fece segno a Gray Fox e Ocelot di uscire.

-So a cosa pensi. Pensi che la tua vita sia stata solo una menzogna, ti domandi chi sei veramente e perché sei qui, qual'è lo scopo di questa enorme menzogna, è così? Con le tue azioni tu mi hai protetto per tutto questo tempo, sei lunghi anni. I tuoi sforzi non sono stati vani e la tua esistenza non è affatto una menzogna. Tu sei Big Boss, esattamente come lo sono io. Meriti questo titolo tanto quanto io lo merito per ciò che hai fatto in questo tempo, agli occhi del mondo tu sei il vero Big Boss, tu hai guidato i Diamond Dogs lungo la loro ascesa, tu hai eliminato Skull Face, distrutto il Sahelanthropus e fatto tutto ciò che potevi per salvare quei bambini, tu e nessun altro.-

-Ma perché tutto questo? Perché tu hai creato tutto questo?-

-Sai bene che tutto il mondo, dopo quel coma di nove anni, mi stava alle costole. Zero e Skull Face erano sulle mie tracce e il mio obbiettivo sarebbe stato irrealizzabile con loro due alle calcagna, per quanto le intenzioni di tutti e due fossero differenti fra loro. Ciò che avevo in mente di fare era creare questo posto, Zanzibar Land ma senza che tu nascessi nulla di tutto ciò sarebbe mai esistito perché mi sarebbe stato impossibile sparire del tutto.-

-Capisco...quindi io sarei la tua copertura.-

-Come ti ho detto prima, tu sei molto di più. Attraverso le tue azioni hai superato ogni aspettativa, creando la tua storia, diventando tu il vero Big Boss agli occhi del mondo e ben pochi sanno la verità. Ora seguimi, ho alcune cose da mostrarti, prima che tu te ne vada.-

Big Boss si alzò dalla poltrona e Snake lo seguì fuori dalla struttura.

I due percorsero il perimetro della struttura fino a raggiungere altri edifici, più bassi e semplici.

Ovunque in mezzo ai soldati bambini di tutte le età e etnie correvano ridendo, vestiti da militari ma senza armi addosso, i volti sorridenti.

 

-So che non sono soltanto quelle le domande che volevi farmi, vero Venom? Ci sono ancora molte cose che ti sono oscure, in tutta questa faccenda, Eli per esempio.-

-Tu lo conosci?-

-Sì, Eli è mio figlio o, meglio, uno dei miei cloni. Zero li ha creati anni fa e cresciuti mentre entrambi eravamo in coma. Quello che hai incontrato tu è Eli, gli altri sono David e George, gli unici sopravvissuti all'esperimento.-

-Capisco...che cosa vorresti mostrarmi, comunque?-

-Una sorpresa che potrebbe piacerti, credimi.-

Raggiunsero una larga costruzione, all'interno della quale si sentivano ritmici spari.

Quando entrarono, i due si trovarono davanti un gruppo di ragazzini con in mano dei fucili, dei soldati più grandi li stavano addestrando a sparare contro bersagli a una lunga distanza e, fra questi, una coppia in particolare attirò l'attenzione di Snake.

Si trattava di una bambina molto piccola ma che già riusciva a tenere fra le mani un fucile, lunghi capelli dorati le circondavano il viso tondo e, accanto a lei, una donna alta, silenziosa e dai capelli bruni.

In un primo momento Snake non la riconobbe ma poi, guardandola meglio, la bocca gli si spalancò e le gambe iniziarono a tremargli, insieme al resto del corpo.

-L'ho trovata tempo fa in un villaggio poco lontano, sola e ostile. Giravano da molto le voci di una specie di paladina della giustizia che si aggirava fra i villaggi occupati dai soldati africani rivoltosi e così, quando alcuni uomini della base sono andati in ricognizione, l'abbiamo trovata. Non appena mi ha visto si è subito calmata e anche se ha capito subito che non ero te non ha opposto più alcuna resistenza e ora insegna alle nuove reclute come combattere anche se il virus non l'ha abbandonata.-

Quiet si voltò verso di loro e, vedendo Snake, sorrise, nonostante fosse consapevole che le cose fra loro non sarebbero tornate come prima e che sarebbe stato meglio se non si fossero più avvicinati.

-Mi spiace interrompere questo momento ma credo sia ora che tu vada, Miller potrebbe accorgersi presto della vostra assenza dalla base e sarebbero guai seri.-

-A proposito di Miller, perché non deve sapere di tutto questo?-

-Ancora non so quanto ci si possa fidare di lui. E' accecato dalla vendetta e non si fermerà mai fin quando non vedrà tutto bruciare davanti a sé, per questo è meglio non farglielo sapere per il momento. Dirglielo potrebbe scatenare la sua rabbia contro di noi. Quando verrà il momento, Ocelot gliene parlerà e da lì le cose prenderanno una svolta decisiva.-

-Io cosa dovrò fare nel frattempo?-

-Io e te collaboreremo. Abbiamo lo stesso obbiettivo, mantenere il mondo bilanciato, perciò continueremo lungo le nostre strade aiutandoci a vicenda fin quando non arriverà quella svolta.-

Snake annuì ed insieme si avviarono all'eliporto dove Ocelot e Gray Fox già li attendevano.

I due Big Boss si salutarono prima di dividersi, segnando così uno stretto patto fra i due eserciti, un patto che avrebbe portato con sé importanti conseguenze e, mentre le prime luci dell'alba coloravano il cielo, l'elicottero si allontanava rapidamente dalla fortezza di Zanzibar Land diretto verso la Mother Base.

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Capitolo 7
*** VII- Astio ***


Le luci della stanza erano spente, poiché non poteva comunque vedere nulla.

Miller stava sdraiato sul letto a pancia in su, i pensieri fissi su tutto ciò che era accaduto negli ultimi mesi.

I nemici si erano susseguiti come se fossero infiniti; prima Cipher, poi Skull Face e infine Eli.

Un nuovo presentimento, però, attanagliava la sua mente, spaventandolo in maniera terribile.

Fino a quel momento si era sempre fidato di Snake ma nell'ultimo periodo spesso si era domandato se, in realtà, non fosse proprio lui il pericolo più grande.

Ritornò con la mente a qualche giorno prima, quando aveva visto Snake e Ocelot allontanarsi dalla base in elicottero, nel bel mezzo della notte.

Sapeva bene che non si trattava di una missione per conto dei Diamond Dogs e un leggero sospetto rafforzò l'odio che provava per quei due.

 

Quel giorno il mare era più agitato del solito.

Le onde si scontravano con violenza contro lo scheletro delle piattaforme che costituivano la base.

Snake, memore della notte precedente, teneva lo sguardo fisso sull'orizzonte tempestoso, mentre la pioggia gli rigava il viso, le gocce parevano fredde lacrime addolorate.

Ricordava tutto, ora. Nonostante parte di lui gli sussurrasse continuamente che la sua vita era una menzogna, si sentiva comunque orgoglioso.

Per lui poter anche solo interpretare Big Boss davanti agli occhi del mondo era un grande onore ma c'era comunque un'ombra nel suo animo, scura e incombente.

La notte poteva sentirla muoversi da un angolo all'altro della sua stanza, salire lungo le pareti fini al soffitto e poi piombargli addosso all'improvviso, attaccandolo con incubi terribili e lontani, non suoi.

Un sottile velo rossastro di tramonto tagliò il cielo, attraversando per una frazione di secondo la fitta coltre di nuvole scure che si impadronirono di quel colore diventando violacee.

Poco a poco calò la notte, accompagnata dalle luci della Mother Base che si accesero con l'arrivo del buio.

-Boss.- La voce di Ocelot interruppe il flusso dei suoi pensieri, riportandolo al presente.

-Qualcosa non va?- Gli domandò Snake, voltandosi appena.

-Alcuni soldati sono preoccupati per Miller. Dicono che non esce dalla sua stanza da giorni, non ha mangiato quasi nulla e maltratta chiunque provi a parlargli.-

-Capisco, andrò a parlargli io.-

-Boss questa faccenda mi preoccupa. Da quando lo abbiamo portato qua si è sempre comportato come un cane rabbioso che non fa altro se non mordere chiunque non gli va a genio. Se non facciamo qualcosa in fretta sono sicuro che si metterà anche contro di noi.-

-Come pensi dovremmo agire, allora?-

-Va affrontato con estrema cura. Penso che abbia iniziato a sospettare della tua identità, alcuni soldati mi hanno riferito che potrebbe averci sentiti partire l'altra sera.-

-Se scoprisse la verità adesso sarebbe un grosso problema ma continuare a nasconderglielo si rivelerebbe un errore ancora più grande, Ocelot.-

-Stai suggerendo che dovremmo parlargliene? Ne sei proprio sicuro?-

-Gliene dovrai parlare tu, omettendo il fatto che io ne sia a conoscenza. Per tenerlo a bada sarà meglio cominciare a renderlo partecipe anche se...-

-Cosa, Boss?-

-Mentre lui mi parlava di Miller sembrava che già sapesse cosa sarebbe accaduto.-

-Lui ha già calcolato ogni cosa. Sa esattamente cosa accadrà prima ancora che avvenga perché tutto rientra nelle possibilità che ha valutato ma difficilmente rivela qualcosa di tutto ciò.-

-Allora ci affideremo al nostro istinto, agendo di conseguenza.-

-D'accordo, allora. Andrò a parlargli e poi ti riferirò tutto.-

 

Quando Ocelot entrò nella stanza di Miller si ritrovò immerso in una fitta oscurità, illuminata solo dai deboli raggi della luna riflessi sulle superfici metalliche della camera.

-Miller, sei sveglio?- Domandò, senza riuscire a scorgerlo in quel fitto buio.

-Che vuoi tu?-

Ocelot si avvicinò di un paio di passi al letto , osservando l'uomo steso lì sopra.

Tirò un sospiro.

-Si tratta di Big Boss, lui è...-

-Non è il vero Snake, lo so.-

-Come fai a saperlo?- Il sospetto che i due soldati avevano si trasformò in certezza subito, rompendo il silenzio ma ancora Ocelot era incredulo, non si fidava di Miller.

-La sua voce, il suo carattere...assomiglia molto al vero Big Boss ma di certo non ha la stessa tempra. Snake rispettava i propri soldati ma aveva imparato a non provare compassione per loro, non avrebbe mai intrapreso questa via, non avrebbe mai incoraggiato questi atti di vendetta. Aveva giurato di non lottare per una causa, per un nome o un paese ma di lottare e basta, per il solo gusto di farlo, questo mi ha fatto sospettare maggiormente e convinto della realtà dei fatti. Ora dimmi, lui dov'è?- Le sue parole erano fredde, attraversate da una vena di rabbia che sottolineava una chiara minaccia verso Ocelot.

-Tutto questo è opera sua. Zero creò il suo fantasma per cercare di fargli un favore e riallacciare il rapporto che avevano un tempo ma Big Boss è stato molto più furbo. Ha usato tutto questo a proprio vantaggio e Skull Face, involontariamente, gli ha dato una mano. Il fantasma era nato per attirare su di sé l'attenzione delle organizzazioni militari e del mondo intero e così è stato ma Big Boss ne ha approfittato per compiere altre imprese nell'ombra.-

-Cosa? E tutto questo a cosa gli sarebbe servito?-

-A lui è servito per sparire dalla circolazione e per scoprire la verità su tutta questa storia mentre tu hai potuto avere la vendetta che desideravi. Senza tutto questo vi sareste stati d'impiccio a vicenda, tu avresti rallentato e complicato ciò che aveva in mente di realizzare e viceversa.-

-Quindi mi ha tradito, abbandonando tutto ciò che avevamo creato per fondare che cosa? In cosa consisterebbe questo suo progetto?-

-Big Boss sta lavorando separatamente da noi per creare qualcosa di nuovo, mai esistito prima, la vera Outer Heaven. Qualcosa di più grande degli MSF e dei Diamond Dogs, che possa mantenere un ordine nel mondo. Sta fondando una vera e propria nazione militare e, fin quando non sarà completa, noi gli forniremo tutto l'aiuto di cui necessita mantenendo questa copertura e sostenendo il suo fantasma.-

-No...Big Boss può andare all'inferno. Sono stanco! Ho perso un braccio, una gamba e la vista ma solo ora mi rendo conto di aver perso molto di più, solo ora comprendo quale sia il vero dolore fantasma in tutto ciò. Non servirò più il volere di Big Boss; piuttosto renderò più forti i suoi figli e questo fantasma così da contrastarlo e se oserai metterti in mezzo verrai schiacciato insieme a lui!- Sbraitò Miller, sempre più infuriato.

-Bene, se è così che la pensi allora preparati a convivere con la mia presenza qui alla Mother Base, perché non sarà così semplice riuscire a cacciarmi, puoi starne certo.- Disse Ocelot con tono canzonatorio, uscendo dalla stanza.

Miller, ora seduto sul bordo del letto, fissava il vuoto della stanza con lo sguardo morto.

C'erano solo rabbia e la consapevolezza di chi fosse il suo vero nemico ormai, nei suoi occhi spenti.

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