Tell me who you kill to save your life?

di Nocticula_Nott
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: the End of the Journey. ***
Capitolo 2: *** Chapter one: Play and Escape. ***
Capitolo 3: *** Chapter two: Enemies of the Heir, beware ***
Capitolo 4: *** Chapter three: The Boy and the Phoenix. ***
Capitolo 5: *** Chapter Four: A starry, dancing night. ***
Capitolo 6: *** Chapter Five: A change in the mood. ***
Capitolo 7: *** Chapter Six: the power of Will. ***
Capitolo 8: *** Chapter Seven: ‘….Who effaces his tracks in the sand with his tail.’ ***
Capitolo 9: *** Chapter Eight: In the dark of the Night. ***
Capitolo 10: *** Chapter Nine: As light as thoughts. ***
Capitolo 11: *** Chapter Ten: Fear wears Black. ***
Capitolo 12: *** Chapter Eleven: ‘And I am mad’ ***
Capitolo 13: *** Chapter Twelve: Hot like the Dragon’s breathe. ***



Capitolo 1
*** Prologue: the End of the Journey. ***


11

Premessa: Prima di tutto, grazie per aver anche solo aperto questa storia.

È stata scritta tra il 2010 e il 2011 e quindi, quando per puro caso qualche giorno fa l’ho ri-aperta, sono morta di orrore.

Una pena.

Personaggi andati totalmente OOC, una Marie Sue senza precedenti e tanti altri dettagli che vi risparmio.

Per questo e tanti altri motivi, la storia andava cancellata.

Però era la mia prima ff, quella che ti rimane un po’ nel cuore e che vorresti sistemare.

Quindi, perché non farlo?

Ho cinquanta sei capitoli da mettere a posto e almeno una decina da scrivere per darle una conclusione e ho intenzione di farlo, ogni volta che ne avrò il tempo.

Ho cambiato molte cose, a partire dai nomi dei miei personaggi e in particolare della protagonista, che da Kailey Drake è diventata Dahlia Blake (perché, lo spiegherò strada facendo)

Sono state rimosse scene che rovinavano l’atmosfera e aggiunti plot twist strani ed eventuali.

In altre parole, sono diventata radical chic (??) e mi sono data al recupero di questa storia.

Spero di ottenere un buon risultato, perché trecentocinque recensioni a quella di prima erano sprecate.

Spero in questa!

Ci sentiamo presto, cercherò di caricare celermente i primi capitoli.


Buona lettura,

NN.

 

 




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Prologue: the End of the Journey.

 

 

 

Il mio sangue era caldo,  la sua consistenza era fastidiosa.

In qualche modo, ero riuscita a praticarmi un incantesimo di guarigione, ma la sensazione che provavo, quella perdita di calore dal corpo verso l’esterno, rimaneva.

La gamba faceva male, un male dannato, mentre sentivo una strana pressione sul petto.

Forse era una costola rotta, forse era il dolore che era così forte da diventare fisico.

La pausa tra un atto e l’altro di quella barbara battaglia teneva col fiato sospeso tutti, ma una volta rientrati nella sala Grande, ora adibita a macabro rifugio dove avevamo sistemato i caduti, la paura aveva lasciato il posto a un grande sconforto.

Mi sentivo strana, chiusa in una bolla, come se tutto attorno a me mi fosse improvvisamente estraneo.

Seduta su quella brandina, accanto al corpo senza vita del mio tutore, il tempo si dilatò tanto che parve fermarsi per qualche minuto.

Doveva essere così, quindi, la morte?

Un’attensa lunga una vita, nella quale si protende verso la negazione? Assurdo.

Ero così stanca che non riuscivo nemmeno a piangere la perdita dell’ennesimo membro di quella che, ormai, era diventata la mia famiglia.

Semplicemente, appoggiai una mano sulla spalla di Lupin, guardando il suo volto rilassato nel sonno eterno e domandandomi cosa avesse provato.

Forse aveva pensato a suo figlio, alla sua vita, al fatto che non avrebbe potuto offrirgli più quel sostegno che ogni padre desidera dare al proprio pargolo.

Quanti orfani.

La Guerra aveva generato più orfani che scontri, più abbandoni che vittorie.

Bisogna essere davvero stupidi, mi dissi, per permettere un tale scempio e anzi, farne parte.

Quanta morte.

Quanta paura.

Anche la speranza, ultima guardiana e spinta motrice della nostra determinazione, aveva abbandonato il mio cuore.

Negli occhi dei miei compagni potevo leggere solamente questo sentimento, una pacata e muta rassegnazione.

A fatica feci leva sulla gamba sana, alzandomi e zoppicando qualche passo, prima di riuscire a piegare di nuovo il ginocchio.

Per quanto fossi sfinita, sapevo però che l’epilogo era ancora lontano, così mi avvicinai al ragazzo che mi aveva chiamata una, due, cento volte. Non sapevo dirlo.

Ci scambiammo uno sguardo e lui non disse nulla.

Fui io a parlare, dopo aver mestamente annuito, come per confermare quelle parole a me stessa e non al mio interlocutore.

Sono pronta.” Mentii ed Harry, con la stessa bugia nel cuore, disse d’esserlo anche lui.

 

 

 

 

 

Ma ora, fermiamoci qui.

Perchè partire a narrare una storia dalla fine?

Ci sono giorni in cui mi sembra tutto così cupo e oscuro, che riportare alla mente quando tutto era ancora bello e felice fa troppo male, per questo la memoria solida di quella giornata mi tiene ancorata alla realtà.

Tutt’oggi, ci sono ferite che non possono guarire, cicatrici così profonde che rimangono indelebili per l’eternità.

Tutt’oggi, mi interrogo su quanto ho fatto e mi domando, cercando una risposta sincera, se non avessi potuto in qualche modo evitare un podi sofferenza a coloro che amo.

Purtroppo, ogni risposta, è una coltellata al cuore.

Riaffronto ora, di nuovo, questo percorso, mettendo in fila ciò che è stata la mia vita, le cui memorie sono come fili di lana annodati in un canestro di gomitoli.

Come ricordi spezzati al centro di un Pensatoio, che aspettano solo che qualcuno li rimetta in fila, da capo…

 

 

 

Sono nata in un freddo pomeriggio di gennaio, in un appartamento piccolo che non era una casa, ma un rifugio per tenere me e la mia famiglia nascosti. siamo rimasti, fino a che un giorno la luce ha trionfato sul male, dipanandone la contre fumosa e liberando così un cielo stellato.

Quello fu il giorno in cui Colui che non Deve Essere Nominato venne sconfitto. Quel giorno io non avevo nemmeno due anni, per cui non ho ricordo del nostro trasferimento in quella che era stata la casa dei genitori di mia madre.
La mia famiglia è sempre stata molto numerosa e la casa, di conseguenza, rumorosa e piena di vita.

Ero la  quarta di cinque sorelle, tutte figlie femmine. La maggiore, Linnea, aveva dieci anni tondi più di me ed era, in un certo senso, la causa del matrimonio dei nostri genitori. Niente fraintendimenti, però; Margaret e Peter Blake si amavano molto quando hanno concepito Linnea, il sesto anno di corso ad Hogwarts, nonostante le pessime voci che trapelarono dal fatto decisero comunque di creare questa famiglia. Una famiglia nata quasi per incindente, ma che era destinata a progredire, nonostante la giovane  età dei miei genitori. Linnea è sempre stata un po’ una mamma per tutte noi, la più dotta e di certo la più mite di tutte con un grande cuore e un cervello da vera Corvonero. È entrata a far parte del Ministero della Magia poco tempo dopo aver terminato la scuola, luogo di lavoro anche dei nostri genitori, lavorando sodo per entrare a far parte degli Auron. La seconda in ordina era Primerose, Serpeverde come papà e molto più acuta e scaltra della maggiore. Da lei andavo sempre quando avevo un problema da risolvere il prima possibile, era la sorella maggiore che dava consigli e aiutava ad organizzare piccole cospirazioni domestiche ai danni un po’ di tutti i residenti della casa. La sua gemella, Iris, invece è sempre stata più propensa a farsi i fatti suoi. Era uguale alla mamma e come lei della casata di Corvonero.

Due anni dopo di loro nacqui io, la quarta per l’appunto, ed infine mia sorella minore, Violet, un anno più giovane. Eravamo tutte piuttosto simili nell’aspetto fisico, tanto che gli amici di papà lo prendevano in giro quando eravamo piccole, sostenendo che si vedeva che venivamo tutte dallo stesso calderone. Nostra madre, Margaret, dava tutta se stessa nel suo lavoro al Ministero della Magia, sezione dedicata ai rapporti con i Babbani, così tanto che noi non la vedevamo mai. Di lei non ricordo molto, purtroppo, ma a casa abbiamo sempre avuto un intero ripieno pieno di sue foto. Aveva due bellissimi occhi di un verde così smeraldino da farli sembrare due pietre preziose, perennemente piegati in una virgola seria, e teneva i capelli lisci e biondi sempre stretti in un ciglion alto sulla nuca. Aveva un indole molto rigida, ma quando guardava le sue figlie si scioglieva sempre in un dolce sorriso. Di lei ricordo soprattutto questo. Un bellissimo sorriso, che mi dava calore e asciugava le mie lacrime. Non ho memoria della sua voce, del suo profumo o selle sue carezze, ma quel sorriso non abbandonerà mai la mia mente.

Mio padre, Peter Blake, aveva dedicato tutta la sua vita a perseguire il mestiere dei suoi padri: allevatori di draghi. Era un mestiere che la nostra famiglia portava avanti da più di cinque secoli, destinato a passare per la prima volta nelle mani di una signorina, come ci ricordava sempre papà, visto che non aveva avuto figli maschi. Non che ne avesse mai voluti, sosteneva che noi fossimo più che portate per il lavoro.

Però, anche lui a casa non c’era mai.

Di lui ho moltissimi ricordi. Era un bel uomo, con il corpo temprato dal duro lavoro e la mente aperta dai lunghi viaggi che lo tenevano perennemente impegnato all’estero. Bulgaria, Cina, Americhe,Giappone e molti altri posti alle nostre orecchie irraggiungibili ed esotici. Adoravamo sederci tutte attorno a lui appena rincasava e ascoltare le sue storie strette sul divano. Viveva una  eccitante che non pareva voler sacrificare solo perché aveva messo su, forse ingenuamente, una famiglia tanto numerosa. Portava i capelli corti e di un castano chiaro quasi ramato e aveva due occhi azzurri molto espressivi, che aveva trasmesso a tutte le sue figlie.

Durante le loro frequenti assenze, noi venivamo affidate alla nostra adorata bambinaia, una donna incredibilmente dolce e comprensiva che ci allevò all’interno del grande maniero di casa Blake, lontano da ogni etichetta sociale. Per gli altri, noi eravamo una famiglia nobile di maghi purosangue ben nota e rispettata, ma fra le mura domestiche questi argomenti non potevano venire affrontati per volontà di mia madre, che detestava di riferirsi alla nostra famiglia come membri di una casta. Diceva sempre che le ricordava troppo i ‘giorni oscuri’, ma noi non sapevamo cosa significasse. Non le importava se le persone le dicevano che doveva guardare meglio le sue amicizie o se papà le ricordava che avevano una reputazione. Lei amava passare del tempo in compagnia delle persone normali, i Babbani. Diceva di ammirarne la cultura e la storia. Passava molto tempo in ufficio con un suo colleva, Arthur Weasley, a fare teorie su manufatti strani, ma di uso comune, a parlare e a ridere di coloro che sostenevano che entrambi stavano perdendo del tutto la loro credibilità.

Papà non aveva ‘troppi pregiudizi’, però ci teneva molto alla reputazione. Nonostante questo, amava troppo mia madre per impedirle di far ciò che riteneva opportuno. O iscrivere noi a una scuola Babbana. O di riempire la casa di strani oggetti, curiosi ma inutili per un mago.

Come ho già detto, crebbi assieme a Laureen, la mia balia. Lei era una nata Babbana, quindi fu molto brava a crescerci così, in bilico fra due mondi. Mi diede lezioni di pianoforte, sia a me che a Iris, mentre le altre si dilettavano in altre attività. Crebbi circondata da persone provenienti da tutte le realtà che potevo vivere. Nonostante la mancanza costante dei miei genitori potevo dirmi felice.

A spezzare quella fragile armonia, costruita in bilico su sottili gambe di cristallo, bastò un soffio di vento contrario.

Avevo otto anni quando nostra madre morì in seguito alla complicazioni di una bruttissima forma influenzale che aveva contratto in un viaggio in Cambogia, una di quelle rare volte in che decise di accompagnare papà.

Fu straziante per tutti noi, visto che ciò accadde in un tempo brevissimo.

Papà si strinse attorno a tutte noi, sconvolto da quel avvenimento e dal nostro modo di reagire a quella tragedia.

Capì che lui e la mamma, per noi, erano quasi al pari  di due estranei e si ripromise di starci accanto affinché anche noi potessimo sentire il calore famigliare che ci mancava dalla nascita.

Iniziò ritirdando tutte noi dalla scuola Babbana e pagandoci un maestro privato, mentre dietro le nostre spalle riprendeva a ricostruire un po’ il suo nome. Detta così, può sembrare crudele, ma da adulta ho capito le motivazioni che l’hanno portato a ripristinare quel muro tra noi e il regno non magico che la mamma aveva abbattuto.

Gli serviva sostegno e i soli amici che aveva coltivato, erano coloro che non devevano di buon occhi le manie ‘babbanofile’ della signore Blake. I soli con i quali non perse mai i contatti rimasero, comunque, i signori Weasley, che aiutarono molto quando la mamma se ne andò.

Tutto ciò, papà lo fece continuando, però,  il suo mestiere e quindi trasferendolo a casa. Ci trasferimmo in un paese più piccolo, non troppo lontano da quello in cui vivevamo prima, fuori Reading. La villa era grande, ma mi sembrava fredda e sempre troppo silenziosa. Dietro c’era un gigantesco bosco, di nostra proprietà, che papà incantò per renderlo utile al suo scopo.

Mi svegliai una mattina con un Norvegese che mi fissava dalla finestra della mia stanza, e quello fu il mio primo incontro con un drago. Urlai, più sorpresa che spaventata e mio padre corse da me. Aprì la finestra, tenendomi la mano mentre la appoggiavo sul muso della bestia, chiuso con pesanti lacci di cuoio per impedirgli di aprire le fauci. Non mi pervero necessarie, però, perché sembrava tranquillo. Molto più di me, per lo meno.

“Non devi temere mai quando sono con te, Dahlia” furono le parole che papà mi sussurrò in quel momento, prima di richiudere la finestra e andare ad aiutare i suoi assistenti. Papà è sempre stato l’eroe leggendario nella mia mente, la persona che più stimavonella vita, anche quando organizzava grandi feste per ritornare a integrarsi nella società e io ero costretta a starmene tutta la sera impomatata in mezzo a maghi dall’aria cenciosa, che mi guardavano dall’alto verso il basso. Uno fra questi era Lucius Malfoy, che era cresciuto con mio padre e di cui era molto amico. Fin da piccola, mi dava sensazioni strane e contrastanti, così come suo figlio Draco.  Il ragazzo, così ossequoso e spavaldo, aveva la mia stessa età, così mi rassegnai in fretta al fatto che saremmo diventati compagni di scuola.

 

 

 

Il primo anno alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts finalmente arrivò anche per me.

Ero stanca di vedere le mie sorelle partire senza di me, quello era il mio anno.

Il giorno in cui papà mi portà a Diagon Alley per prendere la mia prima bacchetta ero elettrizzata. Legno di cigliegio, nove pollici e mezzo, con anima in crine di unicorno. Chiesi a papà se mai avesse avuto l’occasione di vederne uno a Hogwarts e la sua risposta fu un sorrisetto divertito e un no al quale non credetti per nulla.

Comprai tutto il necessario, libri di testo e divise, ma papà si oppose all’acquisto di un manico di scopa. La cosa non mi turbò molto, non avevo mai volato se non su un drago e accettai il fatto che almeno per il primo anno, avrei usato quelle della scuola. Il calderone pesava, pieno di libri e calamai, ma non me ne curai, perché avevo anche io un animale domestico personale, ora. Una piccola gattina, tutta nera, che divenne sin da subito una compagnia inestimabile. 

 

 

Il primo settembre arrivò in fretta. Attraversato il binario nove e tra quarti mi ritrovai di fronte, per la prima volta, all’Espresso di Hogwarts. Sedetti in uno dei vagoni insieme ad una mia vecchia amica, Fay Murray e alle mie due sorelle gemelle, fino ad arrivare a destinazione e non mi staccai da loro nemmeno per il tragitto in barca, dove solo quelli del primo anno potevano andare.

“Quello con Weasley chi è?” chiesi a Fay, visto che stava fissando il moro da più di cinque minuti e lei subito mi guardò stupita, come se quella mancanza fosse incolmabile.

“Come chi è? È Harry Potter!”

Ovviamente conoscevo la storia prodigiosa del ragazzo e mi ritrovai a fissarlo stupita con gli occhi sgranati. Persi però subito l’interesse, perché non potevo non guardarmi attorno mentre ci incamminavano verso la sala grande del castello. Mi incuriosiva molto quel Potter e, come tutti quanti, nutrivo dentro di me il desidero di scoprire quanto fosse davvero speciale, ma ero appena arriva nel luogo in cui avrei trascorso sette anni della mia vita ed era tutto così grande e incantevole che non riuscii a concentrarmi su altro.

Il momento più importante di tutti arrivò: lo Smistamento, ovvero il momento in cui sarei stata mandata in quella che sarebbe stata la mia Casa da lì a sette anni. Era davvero importante, quindi,  che la scelta del cappello parlante fosse ben studiata. Allora non lo sapevo, ma il Cappello Parlante non era solo un ottimo compositore di finastrocche. Non sbagliava mai la collocazione.

“Blake, Dahlia”

Fay mi sorrise per incoraggiarmi,  ma io di certo non ne avevo bisogno di essere ulteriormente esortata. Mi sentivo come se tutta la mia vita dipendesse da quell’unico istante. Andai a sedermi sullo sgabello, di fronte a tutti quegli studenti e di spalle ai professori e un senso di inadeguata paura mi colse. Però era solo il cambiamento, papà l’aveva detto che sarebbe successo, così concentrandomi su quelle parole, attesi che la professoressa McGrannit appoggiasse  il vecchio e liso copricato sul mio capo biondo.

“Mhm… Vediamo un po’ dove collocare questa giovane.” Iniziò a brontolare subito il magico oggetto, mentre io attendevo “Vedo fierezza, determinazione e intelligenza. Vedo una testa che non ha paura di fare ciò che la sua stessa coscienza le dice, anche a discapito delle regole. Vedo astuzia, ma anche una certa, velata insicurezza.” Mi morsi il labbro, chiedendomi se io fossi davvero così come mi stava descrivendo “C’è gentilezza, in te, spirito di iniziativa, ma la tua ambizione offusca un po’ il tuo giudizio. Vuoi diventare importante, come tuo padre e tua madre prima di te, vuoi che tutti sappiano di chi sei figlia…  Non penso ci sia un posto più azzeccato di… Serpeverde!”

Fu come se un grosso peso da novanta mi fosse appena stato levato dalle spalle. Ero finita nella Casata di Prime, di mio padre e di suo padre prima di lui. Il luogo in cui avevo sperato di appartenere.

Al tavolo venni accolta da applausi e un abbraccio di mia sorella, mentre Fay veniva smistata a Tassorosso. Persi quindi quella momentanea compagna di viaggio, sicura che ne avrei però acquistati molti altri. Lì, seduti attorno a me, c’erano già alcuni volti conosciuti, come quello di Theodore Nott e Draco Malfoy, ma anche altri nuovi che conobbi appena seduta, come Blaise Zabini o Pansy Parsons. Per me, ai tempi, erano solo volti, ma presto sarebbero diventati figure importanti, nella mia vita.

La cerimonia terminò e il cibo apparve non appena Silente lo chiamò.

Divorammo tutti quel banchetto sfizioso con entusiasmo poi lasciammo alzare i ragazzi più grandi affinchè si ritirassero nel dormitorio, come ci chiesero di fare i Prefetti, che poi ci scortarono verso i sotterranei.

L’accesso era dietro a un corridoio lungo, di fronte a una parete di roccia all’apparenza spoglia. La parola d’ingresso ci venne comunicata, così come fare

Per reperire quella nuova di volta in volta che essa veniva cambiata.

Quando per la prima volta entrai nella sala comune, me ne innamorai. Essa era una stanza molto ampia, ma dal soffitto piuttosto basso. Tutto attorno ad essa c’erano molto archi che condicevano ai corridoi dove erano situati i dormitori, il tutto illuminato da lanterne che irradiavamo una cupa luce verdognola. Attorno a me c’erano alcune teche, contenenti dei serpenti vivi e vegeti che strisciavamo tra foglie e rami secchi, mi avvicinai curiosa ad una di esse e un pitone albino mi ricambiò lo sguardo vitreo.

Il corridoio degli alloggi del primo e del secondo anno era il primo sulla sinistra. Lo imboccai per prima, appena i Prefetti ci mandarono a letto, curiosa di visitare quel luogo per me ancora inesplorato. Riconobbi subito il mio baule appena aperta la porta e corsi a liberare Ophelia, la mia gattina, dalla gabbia. Questa, riconoscente, si strusciò contro al mio fianco mentre mi sedevo sul copriletto verde e trapuntato del letto a baldacchino. Faceva un po’ freddo, nonostante il focolare al centro della stanza e c’era molta umidità. Sapevo il motivo, però, Prime mi aveva messa al corrente del fatto che il dormitorio fosse sotto al lago nero.

I letti erano quattro in tutto, visto che avevo da spartire la stanza con appena tre compagne di classe del primo anno. La prima che nella stanza, si chiamava Adrianne Dixon e strinsi sin da subito amicizia molto bella con lei, trovandola una persona frizzante e divertente. Suo padre gestiva una delle più grosse fabbriche di calderoni esistenti ed era piuttosto famoso.

Un’altra era Jenna Bell, la figlia di Thomas Bell, vice segretario del Dipartimento sulle Catastrofi e gli Incidenti Magici. Era una ragazza strana, con lunghi capelli biondo cenere e grandi occhi grigi che scrutavano quasi assenti tutto ciò che le capitava attorno. Non era molto estroversa ed anzi, preferiva isolarsi chiudendo le tende verde smeraldo del letto a baldacchino, passando le sue serate a leggere. Ci misi molto più tempo a conquistarla, ma una volta fatto, divenne inseparabile da me e Adrianne.

Infine veniva Pansy Parkinson, che aveva il problema inverso: la troppa voglia di parlarci di cose totalmente noiose ed inutili. Fin dalla prima sera iniziai a covare sentimenti poco gentili nei suoi riguardi, fino ad arrivare al non poterla vedere proprio.

Altre tre ragazze del nostro anno avevano la stanza di fronte alla nostra. Tracy Davis non era male, ma tendeva a vantarsi un po’ troppo. Lo stesso valeva per Daphne Greengrass, che oltre al vantarsi, aveva l’insopportabile mania di lanciare velatissimi insulti a tutte le altre ragazze che la circondavano. Ovviamente alle spalle. L’altra era Millicent, una nerboluta ragazzona che, fra tutte, era la meno antipatica. Almeno non parlava quasi con nessuno. Avrei preferito mille volte avere lei in camerata, rispetto alla Parsons.

 

 

 

Il primo anno volò velocemente e mi trovai con eccellenti doti in Pozioni e un quasi disastro in Trasfigurazione. Il mio rapporto con Adrianne e Jenna crebbe e assieme ci coalizzammo in modo piuttosto evidente per tenere la Parkison il più lontano possibile e fuori dai nostra affari, visto che tutte e tre avevamo di meglio da fare che sentirla sproloquiare dal mattino alla sera su Draco Malfoy.

Mi stupii molto nel conoscere Harry Potter, lo trovavo un ragazzo particolare ma interessante, anche se la nostra amicizia non fu nulla di più di una banale conoscenza dovuta al passare quasi ogni giorno agli stessi corsi. Poi con lui c’era sempre un’altra persona, che sopportavo davvero a piccole dosi,  ovvero Hermione Granger, la so tutto di turno che ogni anno ha.

Avevo molti amici nelle altre casate, così come diversi altri del mio corso, ma naturalmente c’è sempre chi si crede migliore degli altri e deve sempre parlare e dire la sua.

Nel mio caso, questa fantomatica figura era Draco Malfoy.

Il primo anno non eravamo amici, non parlavamo e nessuno dei due evitava l’altra. Semplicemente non avevamo niente a che spartire. Papà mi scriveva spesso chiedendomi di fare amicizia con lui, con il figlio del suo vecchio amico, ma io non ci ho mai davvero provato e nemmeno Draco pareva interessato alla mia esistenza. Di tutte le volte che abbiamo avuto a che fare, ricordo solo una con precisione.

Questo fatto avvenne verso la fine del primo anno, ed è davvero il solo degno di nota in cui parlai sia con Harry Potter che con Draco Malfoy. Al secondo, fra l’altro, per cantagliele….

 

 

 

 

 “Ciao Lia, come stai?” alzai gli occhi dal libro di Incantesimi, scontrandoli con quelli chiari di Harry. Si sedette sotto all’albero dove io stavo studiando, stupendomi di quella strana intrusione. Non si era mai seduto accanto a me prima, ne per una lezione, né a natale quando il castello si era svuotato ed eravamo rimasti in pochi.

Curiosa, appoggiai il libro contro la mia coscia, guardandola come ogni dodicenne curiosa poteva fare.

Il leggendario bambino che era sopravvissuto alla morte voleva parlare con me, doveva esserci un motivo, no?

A quanto pare no.

“Non male, anche se sono un po’ preoccupata per la verifica finale ce ci farà domani il professor Vitious.” Fu la mia risposta tranquilla. Lui annuì appena osservando il mio libro “Ho sentito cosa hai combinato nei sotterranei della scuola” insistetti. Tutti lo sapevano e lui sorrise appena un po’ intimidito per tutta quell’ulteriore popolarità.

“Sicuramente le persone stanno esagerando. Se non fosse stato per Hermione e Ron io non avrei mai…”

“Ma bene! Cosa vedo!” alzammo gli occhi in contemporanea trovandoci davanti Malfoy che sogghignava  “Non dovresti socializzare con certi scarti della società, Blake, oppure ti abbasserai al loro livello e la gente inizierà a parlare.”

A quell’età, non sapevo bene cosa rispondere a una simile provocazione.

Non ero cresciuta come lui, in un mondo di regole non scritte e facciate che valevano più della realtà.

Semplicemente mi aggiustai il mantello della divisa, prima di guardare il biondo di rimando  “Non temere Draco” iniziai con tono leggero, eppure provocatorio “So scegliere da sola chi è uno scarto e chi non lo è” detto ciò, tornai ad aprire il libro e finsi di leggere con non curanza una formula, come facevo da bambina quando Laureen mi chiamava e io mi mostravo indaffarata verso altro. Il biondo mi riservò uno sguardo fortemente risentito e dopo aver esternato  con un’orrenda espressione il suo disappunto, se ne andò via. Senza Tiger e Goyle non osava troppo “Non devi farci caso” dissi ad Harry, che mi guardò stupito “Draco si crede superiore a tutto e tutti.”

Harry ridacchiò appena, annuendo alle mie parole “Grazie.” Disse alla fine, per ciò che avevo detto. “Quando sono arrivato credevo che tutti i Serpeverde fossero come lui, ma sbagliavo.”

“Pensavi male, Potter.” Risposi, prima di sistemarmi con la schiena contro al tronco dell’albero  “Draco appartiene ad una casa tutta sua, dove può burlarsi di tutto e tutti. Perché sei venuto a cercarmi?”

Harry iniziò, imbarazzato, a chiedermi un paio di cose su una lezione di pozioni che per ovvi motivi lui e i suoi due amici avevano saltato e io fui ben contenta di passargli i miei appunti, pensando nella mia testa che sarebbe potuta diventare un’amicizia producente quella con lui.

Non intendevo sicuramente entrare nei suoi affari, ma quello era Harry Potter e tutti avevano un debole per lui.

Incredibile la piega che avrebbe preso la mia vita da quel momento in poi.

 

Continua.



 




 

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Capitolo 2
*** Chapter one: Play and Escape. ***


11

Nda: Buongiorno a tutti! Contrariamente ad ogni previsione, qualcuno che segue questa storia c’è!

Quando ho dato un occhiata se c’erano persone a seguirmi, sono rimasta sorpresa e ringrazio tutti questi osservatori silenziosi, insieme alla ragazza che ha recensito ed è stata così gentile.

Questo capitolo è leggermente più vivace dell’altro, quindi confido che avrà più successo.

Grazie davvero a chi mi segue!

Non avendo appunti particolari da fare, vi lascio al capitolo.

 

Buona lettura,

NN.

 

 




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter one: Play and Escape.

 

 

 

Papà aveva ragione, quando diceva che una volta  che avrei iniziato a frequentare Hogwarts, il tempo sarebbe volato.

L’estante tra il primo e il secondo anno fu sprovvista di eventi degni di nota, ma a posteriori ne sarei stata grata.

Passai la maggior parte del tempo a casa di mio nonno Horas, che aveva deciso di trascorrere i suoi ultimi anni in Germania, insieme alle mie sorelle più giovani, mentre mio padre e Linnea rimanevano in Inghilterra, nel piccolo paese di Northleach , nel Gloucestershire.

Una piccola oasi non troppo distante da Oxford, per essere precisi.

Lì papà aveva deciso di costruire la nostro ultima e definitiva dimora, lontano da occhi indiscreti, dove poteva stregare un bosco e costruire una grande stalla per i draghi che addestrava.

Difficilmente potevano scoprirci, in quel luogo, visto che le poche anime che lo dimoravano si facevano gli affari loro e, citando mio padre, ingannare gli occhi dei Babbani è più semplice che pelare una patata dopo aver preso in mano la bacchetta.

 

Nonostante la testa perennemente fra le nuvole, avevo portato a termine tutti i compiti che ci avevano assegnato durante l’estate praticamente appena tornata a casa. Adoravo quella scuola e non vedevo l’ora che agosto arrivasse al suo epilogo per tornarvi.

I buoni risultati che avevo ottenuto durante il primo anno andavano surclassati, dato che ormai mi ero ambientata e quindi potevo dimostrare al meglio le mie capacità. Non ero un genio come Prime o Iris, dovevo studiare parecchio per ottenere risultati eccellenti in materie in cui ero portata come Pozioni,  o in altre in cui faticavo di più come Trasfigurazioni. Non mi abbattevo mai, però. Così come aveva detto il Cappello Parlante ero ambiziosa e decisa; avevo obiettivi importanti, tra cui il rendere mio padre fiero. Nonostante fossi molto giovane, avevo imparato in fretta a capire quanto il signor Blake adorasse vantarsi delle sue figlie e in una casa dove ve ne sono ben quattro agli studi c’è molta, molta competizione. Pane per i miei denti.

Prima di tornare, però, era necessario un altro giro a Diagon Alley, dove io e le gemelle potevano rimpinguare le scorte e prendere i libri del nuovo anno e dove Melanie poteva finalmente comprare la sua prima bacchetta. “Sono felicissima” mi disse, così tanto eccitata da arrivare quasi a saltellare lungo il viale ciottolato verso il negozio di Olivander, “Non vedo l’ora di iniziare!”

“Ci credo” le risposi mentre Prime e Iris si separavano da noi andando a salutare un paio di compagni di corso “Anche io non vedo l’ora di riprendere.”

Papà controllava la lista dei libri di tutte e quattro e con uno sbuffo “Non finiremo mai! Forse dovremmo studiare un piano. Dividiamoci!” esclamò infine, facendoci ridere entrambe.

“Ti capisco, Peter.” una voce alle nostre spalle ci fece voltare colte alla sprovvista, trovandoci così di fronte il viso rotondo e sorridente della signora Weasley “Ma avere molti figli costringe i genitori a comprare molti libri! Come state tutti?”

“Molto bene, ti ringrazio, Molly” ricambiò il saluto papà, con un sorriso cordiale “Anche Ginny inizia quest’anno come la mia piccola Melanie vero?” chiese papà portando un  braccio attorno alle spalle di mia sorella, che arrossì subito a disagio.

“Eh si!” rispose la signora Weasley, accarezzando il mantello della figlia come per lisciare le pieghe “Sarà triste la casa senza nessuno dei ragazzi!”

“Io invece sono pronto a godermi la pace, finalmente!” Scherzò papà, prima di rivolgersi all’uomo che ci stava raggiungendo “Arthur, buongiorno! Da quanto tempo!”

“Ciao, Ron.” salutai con un sorriso leggero il ragazzo accanto a lui, che ci mise un po’ a rispondere con un cenno goffo del capo, come se un mio saluto non se lo aspettasse affatto.

I Weasley, come ho già affermato in precedenza, erano dei cari amici di famiglia, poiché la mamma lavorava con il signor Weasley al Ministero. Dopo la morte di mamma loro ci sono stati molto vicini, nonostante con mio padre non avessero lo stesso legame. Papà, anni dopo quel nostro incontro a Diagon Alley, mi confidò di vergognarsi molto per come si era comportato con i Weasley, negli anni in cui Voi Sapete Chi aveva infestato come un cancro il nostro mondo. Si era vergognato di come aveva sempre nutrito verso di loro un certo distacco, di come non li aveva mai considerati alla pari di molti altri maghi che, alla fine, si erano rivelati solo dei folli. Si era molto ricreduto proprio dopo la morte della moglie, oltre che dopo la fine della Guerra. Nei due momenti in cui, alla fin fine, i suoi ‘amici’ si erano rivelati chi erano davvero.

“Ci siamo persi Harry” mi disse di punto in bianco Ron con tono un po’ impacciato, come per voler in quanche modo iniziare un discorso.“Ha sbagliato con la Metropolvere e ora è disperso” proseguì il rosso, con un cipiglio serio. Papà mi appoggiò una mano sulla spalla prima ancora che io potessi rispondere a Ron, dicendomi di aspettarlo con i Weasley mentre lui andava con Melanie a prendere la bacchetta e io acconsentii iniziando una disquisizione su dove potesse essersi cacciato Potter.

Riapparve in fretta, salvato da Hagrid e poi raccolto da Hermione, che l’aveva portato da noi, al Ghirigoro.

Non avevo idea di cosa fosse successo, solo che aveva avuto un problema con la Metropolvere. Non cercai di origliare o altro. Volevo tenermi lontana dai guai almeno per il momento e dopo i racconti che si erano sparsi per la scuola circa la loro avventura con un grosso cane a tre teste e una scacchiera magica, non volevo davvero prendere parte al loro gruppetto.

Senza contare che erano diversi da me, sotto ogni punto di vita. Perché avrei dovuto preoccuparmi di essere loro amica quando, istintivamente, erano i primi ad escludermi. Ero una Serpeverde, loro tre Grifondoro col pedigree. Andava bene così, non sentivo la mancanza di emozioni. Non ancora, almeno.

Al Ghirigoro vidi per la prima volta il futuro professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un certo Gilderoy Allock, che presentava il suo ultimo libro a ragazzine dall’aria svampita, come mia sorella Iris e donne di mezza età con dubbi gusti letterali, tra cui la signora Weasley. A me non piaceva a pelle, né come scrittore né tanto meno come figura pubblica.

“L’ho sempre pensato che sei sveglia, Blake” mi disse Fred,  picchiandomi piano il gomito contro al fianco e facendomi ridere, mentre assistevamo alla scena patetica di Harry che veniva acchiappato da quel dubbio mago.

“Leviamo le tende prima che decida di scrivere qualcosa sulla tua vita!” Rilanciò George, mentre Harry sbuffava sconsolato. Visto che mio padre era dato ancora per disperso – da Olivander ci voleva del tempo, dopotutto - mi spostai con loro verso l’ingresso del negozio. Lì qualcuno attirò la nostra attenzione, scendendo rapidamente le scale che conducevano al piano superiore.

“Scommetto che ti è piaciuto Potter. Il famoso Harry Potter. Anche se entri in una libreria finisci in prima pagina.”

Draco Malfoy, il solito sbruffone.

Per istinto, mi tirai indietro, usando i gemelli come scudo per evitare di essere vista. Fu un comportamento vile, che sicuramente attirò su di me più di uno sguardo deluso dalla famiglia dai capelli rossi, ma non potevano sapere cosa significasse vivere in Serpeverde. La perenne competizione porta ad essere cauti circa le proprie amicizie, per evitare che gli altri potessero in qualche modo parlar male.

Non mi vergognavo di loro, ma di me stessa.

E ancora mi vergogno, ripensandoci.

Tornando a quel momento, Ginny si fece avanti a difendere Potter, con una tenacia che non le avrei mai attribuito a colpo d’occhio “Lascialo in pace.”

Draco rise apertamente “Guarda Potter, ti sei trovato la ragazza!”

Ad interrompere quello scambio di battute pover ci pensò il signor Malfoy in persona, intimando al figlio di addottare un modo più educato, prima di rivolgersi ad Harry presentandosi.“La tua cicatrice è leggenda, come d’altronde il mago che te l’ha procurata.”

Mi sentii schifata da quel uomo così viscido, tanto che decisi di strisciare dietro il signor Weasley per uscir fuori  respirare a fondo l’aria fresca. Lo odiavo, la sua sola vista mi dava un senso di repulsione e non riuscivo a spiegarmelo. Chiamiamolo istinto, chiamamola lungimiranza, ma mi sarebbe servita in futuro quella diffidenza.

Mio padre arrivò in quel attimo e guardandomi lasciò morire il sorriso che portava sulle labbra, mentre parlava con Melanie “Dahlia, ma cosa..?”

Ci scambiammo uno sguardo, ma non riuscii a dirgli nulla, perché l’oggetto della mia repulsione uscì dalla libreria proprio in quel frangente. “Peter Blake. Da quanto tempo.” Disse Lucius,  guardando anche me con quel sorriso falso a storcere le labbra sottili.

“Troppo, Malfoy.” rispose papà, con un sorriso sincero. Erano molto amici in quanto avevano frequentato la scuola nello stesso periodo, appartenendo anche alla stessa Casa “Non dovremmo far passare tanto tempo da un incontro all’altro”

“Ora che i nostri figli vanno a scuola, dovremmo organizzare una cena. Narcissa sarebbe felicissima di far cucinare i nostri Elfi per te. Solo, se posso ovviamente, vorrei darti un consiglio.”

Papà incrociò le braccia sul petto, certo che sarebbe arrivato qualcosa di non richiesto. Voleva bene a quell’uomo ai miei occhi così indegno, ma lo conosceva bene. “Certo Lucius, dimmi pure”

“Sono anni che tento di farti capire che frequentare i Weasley è… Controproducente alla tua immagine. Non dovresti abbassarti a mostrarti assieme a certe persone.”

“Infatti” sottolineai io con tono leggero, ma non meno coperto di insolenza. Attirai così tutti gli sguardi su di me, ma non me ne preoccupai sul momento. Avevo una frase, appoggiata sulla punta della lingua da anni ormai. “Non capisco perché parli ancora con il signor Malfoy. È davvero controproducente alla tua immagine.”

“Dahlia!” mi riproverò subito papà, per niente stupito. Avevo la lingua biforcuta come un serpente, in certe occasioni e lui lo sapeva bene.

Lucius Malfoy non si offesa. Anzi, rise apertamente, appoggiando la mano guantata di nero sulla spalla del figlio, ritto accanto a lui come un palo “Avevi detto bene, Draco, quando sostenevi che la signorina qui presente ha un certo caratterino.” Non so dire se in quel momonto mi stesse guardando, perché io ero troppo presa a chiedermi perché Draco aveva parlato di me al padre.

Con questa domanda in testa, mi allontanai per raggiungere le gemelle, intente ad ammirare l’autografo di Allock sulla copertina interna del libro.

Cosa diavolo voleva da me, Draco Malfoy?

Bel dilemma.

 

 

Non ottenni risposta, una volta tornata ad Hogwarts, per il semplice fatto che riprendemmo ad ignorarci come avevamo sempre fatto. Entrai nella Sala Grande con un sorriso luminoso a contornarmi il viso, sedendo insieme ad Adrienne e Jenna come sempre. Il biondo prese posto davanti a me, senza rivolgermi la parola, vantandosi della sua bella estate con la Parkinson e i suoi scagnozzi.

“Nott, quella è la mia sorellina” dissi a Theo, seduto alla mia destra, indicando Melanie che avanzava un po’ spaesata assieme a tutti i ragazzini del primo anno “Quasi del tutto sicuramente però non si unirà a noi.” Aggiunsi, portando una mano alla treccia bionda che mi scendeva sulla spalla, tirandone appena le punte come se ad essere nervosa dovessi essere io.

“Di certo.” sottolineò Prime, mentre Theo guardava Melanie.

“Siete fatte con lo stampino, per caso?” chiese divertito afferrando il calice e bevendo. Io alzai la mano e gli diedi un’amichevole pacca sul braccio.

“Tappati la bocca, Theo.” lo zittì divertita, mentre la McGrannit presentava la scuola ai ragazzi come faceva ogni anno. Poi iniziò lo smistamento e quando toccò a mia sorella scambiai uno sguardo con Primerose, seduta a qualche metro da me.

Il Cappello venne appoggiato sulla testolina bionda  di Melanie e iniziò a parlare “Oh, l’ennesima Blake! Vediamo un po’, se bene ricordo la tua famiglia è sempre stata divisa fra Serpeverde e Corvonero. Audaci e fieri da una parte e grandi menti studiose dall’altra, ma per te io vedo qualcosa di diverso, molto diverso. Infatti ritengo che il posto giusto per te sia… Grifondoro!”

Rimasi del tutto spiazzata e anche Mel, a giudicare dalla faccia con cui andò a sedersi lentamente al tavolo rosso-oro.

“Questa si che è bella.” disse Malfoy schermendomi, mentre io e Prime ci guardavamo stupite. Ma quello non fu l’unico colpo dell’anno, e non voglio nemmeno accennare al affatto di Harry e Ron che avevano deciso di venire a scuola a bordo di un auto volante…

Ma di qualcosa di ancor più sconvolgente.

A sostituire lo scomparso professor Raptor in Difesa Contro le Arti oscure arrivò Gilderoy Allock. Non sembrava molto cosciente di se stesso, quindi figurarsi se poteva insegnare. La sola cosa positiva era, quasi del tutto sicuramente, il suo aspetto fisico. Al secondo anno, però, non avevo ancora iniziato a guardare i ragazzi, come è normale che fosse, troppo persa nel mio mondo favoloso e alla continua ricerca di un unicorno.

Era quello il mio obbiettivo, vedere un unicorno, la meravigliosa bestia il cui crine era racchiuso nell’anima della mia bacchetta.

Chiesi circa gli unicorni ad Hagrid, il guardiacaccia della scuola, che mi promise che una volta mi avrebbe portato con sè mostrandomi quelle meravigliose creature, ma che ancora riteneva la foresta attorno al castello un posto troppo pericoloso per una ragazzina.

Al tempo non capivo l’importanza di quelle parole, ne del regolamento studentesco, perché Harry Potter aveva fatto ciò che aveva fatto l’anno precedente e diciamocelo: non sono mai stata troppo brava a giocare ‘secondo le regole’.

 

 

Le giornate passavamo lente, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione.

Rotolo di pergamena per Piton dopo rotolo di pergamena.

Ci pensò Adrienne a distrarmi, entrando nel dormitorio con un sorrisetto smaliziato che, sul momento, non seppi interpretare.“Andiamo a vedere gli allenamenti del Serpeverde! Alzati e indossa il mantello!”

“E perché mai, scusa?” le domandai senza nemmeno alzare gli occhi dal libro che stavo leggendo, guadagnandomi una più che meritata cuscinata in viso.

“Jenna ha una cotta per Marcus Flint!” rispose lei, facendo arrossire la nostra amica, che tentò anche, invano, di negare la cosa. Acconsentii di accompagnarle, senza però sapere cosa mi aspettava al campetto di Quidditch.

“Malfoy è nella squadra?” chiesi stranita guardando il biondino sfrecciare sopra alla mia testa, mentre i cacciatori si passavano la pluffa  per riscaldarsi.

“A quanto pare.” Rispose distaccata Jenna, senza staccare gli occhi dal capitano.

Non è bello ciò che bello, ma doveva esserci un limite.

“Sembra un castoro.” decretai ridacchiando e beccandomi un’occhiataccia, mentre Adrianne scoppiava a ridere divertita.

“E Malfoy sembra un lattante” rispose Jenna.

La guardai, senza capire. Non stavo recitando o dissimulando, non arrivai davvero a capire come quella cosa avrebbe dovuto in qualche modo ferirmi.

“Certo” fu la risposta sarcastica di Jenna “Non fai altro che fissarlo a lezione, a tavola…”

“Nella sala comune, in biblioteca” continuò l’elenco Adrianne, alzando le dita come per enumerare ogni singolo posto “Sei davvero facile da cogliere in fallo, sai?”

Sgranai gli occhi, attonita.

“Non me n’ero mai accorta. Sarà il disgusto!”

Le mie compagne di stanza si scambiarono uno sguardo complice “Dicono tutte così”

Riportai gli occhi sul cielo, godendomi un passaggio di Adrian Pucey così perfetto da sembrar fatto col goniometro.

Passai l’allenamento a osservare tutto con distacco, soppesando attentamente le parole delle mie amiche e cercando così di darci un senso. Davvero mi interessava Draco Malfoy? No. Semplicemente no, doveva essere un interesse di un altro tipo.

Avevo la mania di cercare di capire le persone a colpo d’occhio incomprensibili come lui.

Non sto cercando una giustificazione, perché sarebbe molto superificiale dire ‘mi accorsi di essermi innamorata di lui in modo del tutto naturale’. Mentirei. A dodici anni a mala pena pensavo a cosa avrei fatto il giorno successivo, non avevo idea di come sarebbe stato avere un ragazzo.

Forse, Draco mi incuriosiva perché nonostante la faccia di bronzo, era una persona molto decisa. Non giusta, ma determinata.

Avrei presto avuto modo di conoscerlo meglio, comunque.

 

 

Non so perché l’ho fatto.

Non mi ricordo di preciso le motivazioni che mi hanno portata, quella notte, a fare qualcosa di così stupido, però mi ricordo che volevo uscire dal castello.

Avevo litigato con Jenna, che più precocemente di me, voleva pedinare ad ogni costo ogni singolo membro della squadra del Serpeverde. Io lo trovavo stupido, un dispendio di tempo e di energie, ma lei e Adrianne mi avevano semplicemente definito una bambina e avevano detto che avrebbero fatto ciò che volevano anche senza di me.

Quando sono arrabbiata, non riesco a dormire.

E, a quanto pare, faccio cose stupide. Come, per l’appunto, quella notte.

Afferrai la bacchetta e il mantello, per poi scendere fino alla sala comune, che ero convinta avrei trovato deserta. Stavo legando i capelli in una treccia pratica, quando una voce mi fece sobbalzare dalla sorpresa.

 “Che diavolo stai facendo, Blake?”

Persi un battito.

Draco Malfoy sedeva su uno dei divanetti, con un libro dalla copertina di pelle nera fra le mani e una elegante vestaglia di seta verde a coprire il pigiama. Sempre altezzosamente elegante.

“Non riesco a dormire” gli rivelai con non curanza, appoggiandomi al divano per spiare le pagine del manuale, che non era scolastico “Pensavo di andare alle cucine.”

“A me sembra un po’ tardi per una scampagnata nottura.”

Storsi il naso di fronte al suo tono acido.

“Si Malfoy è tardi. Tornatene a letto… O, non lo so, ad ingellarti i capelli. Immagino che ci voglia molto tempo per farlo.”

Lui mi guardò male, sbuffando scocciato per quella presa in giro “Sai che ti dico, stupida ragazzina? Mettiti pure nei guai, a me non importa niente di te.”

Tornò alla sua lettura e io alla mia fuga.

Se Harry Potter poteva prendere e fare ciò che voleva, perché io non avrei potuto?

Feci il più piano possibile, se mai mi avessero scoperta avrei passato un sacco di guai e non era il caso di far perdere punti alla Casa, solo perché avevo un momento di ribellione adolescenziale.

Mi ero scaldata di nuovo, così arrabbiata decisi di virare e non andare alle cucine, bensì uscire dal castello. Le porte, i primi anni, erano sempre aperte, come un tacito messaggio di accoglienza.

Camminai e camminai, cercando di capire perché stavo così male. Adrianne e Jenna erano le mie migliori amiche, era normale che mi sentissi scocciata di fronte a un litigio con loro, ma Malfoy?

Era livida, e le ultime parole che mi aveva riservato mi rimbombavano nella testa come una lenta litania.

Passo dopo passo, arrivai al limite della Foresta e la mia intenzione non era affatto quella di addentrarmi lì dentro. Anzi, stavo per fare retro front, quando qualcosa catturò la mia attenzione. Fra i rovi alti, addocchiai una bestia dal manto argentato. Sembrava proprio un unicorno.

Feci mente locale, mentre la bestia se ne doveva essere già andata, decidendo alla fine di fare la cosa più stupida di tutte. Presi coraggio ed entrai nella Foresta Proibita, facendomi strada fra la vegetazione.

“Lumus!” il buio era impenetrabile e ogni minimo rumore alle mie spalle era un tuffo al cuore.

A un certo punto, desiderai tornare indietro, ma non avendo seguito un percorso logico, non sapevo come. Dieci minuti dopo essere entrata nella Foresta ero già nel panico più totale. Sospirai ricacciando indietro le lacrime per il nervoso e cercai di pensare a mente lucida. C’era un incantesimo, che avevamo solo accennato a lezione, per ritrovare la via…. Così mi concentrai per cercare di riportarlo alla mente.

L’ennesimo rumore mi pietrificò. Stavolta, però, non era solo la paura. Di lato, su una roccia sporgente, si stagliava il contorno netto di un grosso lupo. Agii di impulso e presi a correre il più velocemente possibile, per sfuggire a quelle che si rivelarono due bestie, ma alla fine mi ritrovai con le spalle al muro contro una parete rocciosa di un piccolo burrone. Non avevo scampo. Ero così spaventata che nemmeno riuscii a pensare a uno schiantesimo. Rimasi ferma, con la bacchetta puntata e le labbra socchiuse, incapace di fare nulla se non osservare i lupi che si avvicinavano lentamente, mostrando i denti. Chiusi gli occhi, quando mi furono praticamente di fronte, pronta a essere azzannata alla gola quando una voce che conoscevo fin troppo bene si stagliò nella notte.

“Stupeficium!”

Riaprì gli occhi in tempo per vedere un lupo cadere a terra, mentre l’altro scappava, spaventato.

Malfoy mi guardò, più stupito di quanto lo fossi io “Volevi farti uccidere, razza di cretina mentecatta?” domandò poi con tono allibito, avanzando di un paio di passi nella mia direzione.

“Io…” non sapevo cosa rispondere. Mi limitai a portare una mano alla bocca, mentre con gli occhi sgranati osservavo il lupo schiantato, meditando attentamente su cosa sarebbe potuto succedermi.

In due falcate, Malfoy mi fu davanti, lasciando oscillare il mantello che, scostandosi, rivelò che il ragazzo era ancora in pigiama. Si era infilato scarpe e mantello e mi aveva seguita. Mi aveva salvata.

“Dobbiamo tornare subito al castello, se Gazza ci ha visti-” non riuscì a terminare la frase, perché gli buttai le braccia al collo, stringendomi a lui. Rimase del tutto spiazzato, tanto da non ricambiare il contatto che fu, comunque, molto breve.

Ci allontanammo in simultanea, entrambi straniti e vagamente imbarazzati per quella situazione ai limiti del reale, poi mi lasciò un istante per permettermi di asciugarmi gli occhi, che si erano inumiditi. Mi prese per un polso, iniziando a camminare oltre il margine della Foresta, trovando la strada anche se con un poco di difficoltà.

Ad aspettarci, sul bordo esterno della selva, c’era una comitiva di persone che speravo di non vedere mai irate con me. Prima fra tutti, la professoressa McGrannit, che appena ci vide ci venne incontro visibilmente alterata “Cosa da pazzi!” sbraitò, scostando con un gesto seccato la treccia che le cadeva sulla spalla. Quando vide quanto ero pallida, il viso si ammorbidì, ma solo di poco “Malfoy! Cosa è successo alla signorina Blake? Sembra parecchio scossa!” si strinse addosso la vestaglia lilla, mentre mi esaminava per constatare che stessi bene.

“Cosa diavolo credevate di fare?” ci sbraitò addosso Hagrid, bianco come un cencio prima di rivolgersi a me “Ti avevo detto che la Foresta Proibita non è posto per una ragazza del secondo anno!”

“Penso che dovreste andare dal Preside… Ora.” asserì pacato come al solito Piton, senza farci alcun rimprovero personalmente. A quelle parole sbiancammo. Ci aspettavamo una punizione diretta da parte sua, il fatto che Silente volesse vederci di persona denotava quanto grave fosse la situazione.

Draco mi lanciò un occhiataccia, la colpa dopotutto era solo mia. Mi lasciò il polso, avviandosi per primo verso l’ufficio del Preside di Hogwarts.

Ho sempre avuto rispetto per Albus Silente, trovandolo un mago unico nel suo genere, saggio e capace, ma anche perché Harry mi aveva raccontato una sera molto tempo dopo, cose straordinarie su di lui.

Ed eccolo lì, pronto a riceverci con un sorriso sul viso e gli occhi curvati in un’espressione divertita da dietro agli occhiali a mezza luna “Oh ecco i fuggitivi! Avete fatto preoccupare tutti sapete? Quando Mastro Gazza ha visto il signor Malfoy sfrecciare giù per il campo, alla volta della Foresta abbiamo capito che doveva essere successo qualcosa di serio.”

“Mi dispiace.” dissi col capo chino, sentendomi di nuovo sul punto di piangere per tutto ciò che avevo provocato, mentre Draco se ne stava impassibile al mio fianco “è tutta colpa mia, Draco non ha fatto nulla di male, non voleva trasgradire nessuna regola, stanotte. Voleva solo…”

Cosa voleva fare Draco? Salvarmi? Si era preoccupato per me?

Non era nell’indole del giovane rampollo dei Malfoy, provare preoccupazione per gli altri. Quindi non seppi spiegare niente. Ci scambiammo un’occhiata e, per un attimo, il biondo sembrò in attesa di una risposta.

Silente aspettò un paio di istanti, prima di parlare nuovamente.

“La cosa fondamentale è che entrambi stiate bene, anche se una punizione e cinquanta punti in  meno a Serpeverde sono d’obbligo. E avvertiremo le vostre famiglie.” guardai Draco, che mi rimandò la stessa espressione fredda di prima, quindi abbassai gli occhi sulle mie scarpe “Ora andate a letto, domani il professor Piton vi dirà in cosa consisterà la vostra punizione. Buonanotte ad entrambi.”

Annuimmo, salutando rispettosamente, per poi tornandocene con la coda fra le gambe tra le pareti accoglienti e sicure della nostra saletta. Appena giunti lì Draco fece per scappare nel suo dormitorio, ma io lo fermai prendendogli la mano e stringendola fra le mie.

Lui non si voltò nemmeno a guardarmi in faccia.

“Io… voglio ringraziarti, Draco. Se non fosse stato per te io ora non sarei qui  e-”

“Taci, stupida.” disse secco strappando la mano dalle mie e avviandosi alle scale “A causa tua abbiamo perso molti punti e guadagnato una punizione. Spero che tu sia contenta, pensaci la prossima volta che non riuscirai a dormire per delle sciocchezze.”

Io rimasi in silenzio, guardando la sua figura sparire nel corridoio sulla destra, verso le camerate dei ragazzi. Mi fece più male quel rimprovero che quello della McGrannit, la rabbia e lo spavento di Hagrid e la freddezza di Piton messi insieme.

E ripensai alle parole di Jenna, qualche settimana prima, mentre assistevamo agli allenamenti di Quidditch, iniziando a chiedermi se forse, inconsciamente, le avessi dato motivo di pensarci sul serio.

 

 

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Capitolo 3
*** Chapter two: Enemies of the Heir, beware ***


11

Nda: Postando in notturna.

Purtroppo il lavoro di questa settimana non mi ha permesso di farlo ad un orario decente.

Poco male, lo faccio ora per le poche anime che mi seguono!

Non ho appunti per questo capitolo, siamo ancora solo al secondo libro/film, quindi senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura.

Ringrazio solamente coloro che leggono. Pochi ma buoni!

Grazie davvero e al prossimo!

 

Buona lettura,

NN.

 

 




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter three: Enemies of the Heir, beware 

                                    

 

Il giorno successivo Piton ci annunciò che, per punizione, avremmo dovuto riordinare il suo magazzino personale, ogni sera dopo cena per tutte le sere necessarie, dividendo tutte le scorte al suo interno per tipo e sistemarle in ordine alfabetico, sostituendo tutte le etichette che il tempo aveva rovinato.

Era una punizione lunga e noiosa, ma siamo stati anche troppo fortunati. A conti fatti, Piton avrebbe potuto chiederci di fare qualcosa di gran lunga più sgradevole.

Tutto sommato, era una punizione di gran lunga migliore di quella che ci venne imparatita dai nostri compagni di Casa o quanto meno coloro che avevano abbastanza confidenza con Draco per permettersi di non avere peli sulla lingua. Quella sera stessa, durante lacena, diedero il meglio di loro. Il primo ad iniziare fu Nott, che ci guardò  entrambi, ridacchiando “Non ci posso vi abbiano beccati davvero nella Foresta. A far cosa, Malfoy?” domandò con uno strano ghigno sul viso.

Al massimo, a quell’età, avrei ipotizzato un casto bacio sulle labbra – massima fantasia che lo stesso Theodore deve aver avuto, conoscendolo - ma arrossii comunque. Ci pensò Malfoy a liquidarlo brevemente, senza nemmeno dargli la soddisfazione di guardarlo “Taci Nott, se devi dar fiato alla bocca almeno fallo con intelligenza.”

“Argomento delicato?” domandò divertito Blaise, che poi si voltò verso di me picchiandomi le costole con un gomito delicatamente “Allora? Parla Blake.”

“Non c’è nulla da raccontare.” Fu la mia risposta sardonica, mentre accoltellavo una coscia di pollo, visibilmente a disagio nonostante i miei tentativi per non sembrarlo.

“Abbiamo perso cinquanta punti a causa vostra” si intromise Tracy Davis, un po’ irritata, ma più incuriosita. Scostò una ciocca biondo paglierino dalla spalla, portando una gamba sotto al sedere per sollevarsi e guardare meglio entrambi “Meritiamo di sapere il motivo.”

Tutti gli occhi attorno a noi erano incollati sul mio volto e su quello di Malfoy, che però non pare turbato. Anzi, continuava a mangiare imperterrito, tirando su lo sguardo solamente per afferrare il calice e bere un po’ di succo di zucca.  Sapeva gestire molto bene la pressione, cosa che io non ho mai saputo fare.

A quel punto, quindi, mi rassegnai. Appoggiai una forchetta e tutta l’attenzione si concentrò su di me, mettendomi, se possibile, ancor di più in imbarazzo.

Non riuscii però a dire niente.

 “Lei non aveva sonno e ha deciso che aveva voglia di farsi uccidere da un branco di lupi.” asserì Draco, precedendomi, mentre tutti si voltavano verso di lui “Io l’ho solo seguita perché non volevo che si facesse ammazzare. Cinquanta punti, grazie alle sue pozioni, li raccimogliamo in poco tempo.”

“Oh Draco, sei così eroico!” cinguettò Pansy, con gli occhi sognanti e pronta ad aggrapparsi al suo braccio, mentre Adrianne mi guardava scettica. Io annuii, confermando le sue parole, visto che  infondo erano veritiere.

Dette da Malfoy, suonarono ancora più stupide di quanto già la realtà non fosse.

Non dissi altro per il resto della cena e, per fortuna,il discorso si spostò su altro. Ci alzammo da tavola una mezzoretta più tardi, diretti nelle sale comuni. Io e Draco avevano giusto una mezzoretta, prima delle nove, ora in cui il professore aveva fissato la punizione. Stavo parlando con Jenna e Adrianne, quando qualcosa bloccò la fila nello svincolo di due corridoi, mandandomi a sbattere contro la schiena di Millicent Bulstrode.

“Cosa succede, adesso?” Chiese Jenna con tono leggermente stizzito, mentre io provavo ad alzarmi sulle punte, per spiare avanti. Non vedevo nulla, così iniziai a passare fra le persone, ferme e borbottanti, arrivando fino all’inizio della fila, dove per altro trovai Malfoy.

Lì, su una parete del corridoio, scritta in vermiglie lettere di sangue, c’era una minacciosa scritta.

 

La camera dei segreti è stata aperta. Nemici dell’Erede… temete.

 

Senza  volerlo i miei occhi incontrarono quelli di Ron Weasley, al centro della stanza insieme a Potter e la Granger, e sembrava agghiacciato quanto me. Non ci scambiammo né una parola né un cenno, ma quel fugace sguardo mi bastò per avvertire la paura del ragazzo. Appesa ad una fiaccola, all’apparenza morta, c’era la gatta di Gazza, Miss Purr. Silente e gli altri professori ci esortarono a tornare velocemente nei dormitori così, raccolti nella Sala Comune, tutti iniziarono a fare ipotesi e a parlare di leggende delle quali io ero del tutto all’oscuro.

Lo avrei chiesto dopo a Draco, con la consapevolezza che qualcosa lui doveva pur saperlo. La sua espressione soddisfatta parlava da sola.

Presi posto sul bracciolo della poltrona su cui sedeva Theodore Nott e rimasi li ad ascoltare i suoi discorsi sgangherati di Blaise e Adrianne, fino a che l’ingresso di Piton nella sala comune non zittì la stanza intera “Basta con queste chiacchiere da salotto” disse a gran voce “Se già di per loro, le regole della scuola non dovessero essere chiare, vi esorto a seguire quanto meno la direttiva che impone agli studenti di non bighellinare per la scuola, questa notte. Questo ridicolo scherzo potrebbe creare dei tafferugli e non voglio che nessuno della mia Casata venga coinvolto.” Passò gli occhi su gli studenti, quasi come se stesse ammonendo uno alla volta, ogni giovane Serpeverde lì presente. Poi si fermò su di me. Alzando il mento “Blake e Malfoy, seguitemi.”

“Non è pericoloso per loro?” domandò Adrianne, senza pensarci, con tono alto. Quando il professore la spiò dall’alto del suo cipiglio serio, arrossì per l’imbarazzo.

“Non si preoccupi signorina Dixon, prenderò tutte le precauzioni del caso affinchè entrambi rimangano al sicuro.” Furono le sue ultime parole, prima di raccogliere il mantello e avviarsi.

“Fai attenzione” mi disse Jenna, per nulla convinta, prendendomi un attimo il braccio. Io annuii, per poi seguire il professore fuori dalla Sala Comune, lungo il corridoio dei sotterranei fino ad arrivare di fronte alla porta dietro alla quale era custodita la sua scorta personale di ingredienti.

Ci lasciò lì, garantendoci che eravamo al sicuro e che sarebbe tornato dopo un’ora per prelevarci e condurci a letto.

Presi a trafficare con tutte le fialette e i contenitori del primo ripiano,   iniziando a controllare le etichette, mentre Draco si guardava attorno con l’umore nero “Poteva venire Nott con te. Ti saresti divertita di più, dico bene Blake?”

Io ignorai il tono falsamente disinteressato con cui lo aveva detto e alzai gli occhi per guardarlo “Sicuramente ci avrei guadagnato in compagnia.”

Ci lanciammo un lungo sguardo, a metà strada tra la sfida e il risentimento, prima di metterci al lavoro.

Senza accordi verbali, ci dividemmo i compiti e mentre io raccoglievo le boccette e le mettevo in ordine, lui riscriveva le etichette diventate poco chiare. La sua scrittura era bella, armonica ed elegante al contrario della mia, che forse ero semplicemente sfavorita dalla natura, in quanto mancina. Ero brava a sporcare di inchiostro le pergamene, mentre lui sembrava nato per trascrivere.

Rimanemmo parecchio in silenzio, fino a che la curiosità non vinse sull’antipatia che provavo per il biondo.

 “Malfoy, posso chiederti una cosa?” azzardai e lui alzò appena gli occhi grigi nei miei.

“Spero non sia l’ennesima sciocchezza, Blake.”

“Cos’è la Camera dei Segreti?”

Lui rimase zitto per un breve momento, prima di rivelarmi ciò che sapeva.

“Molti dicono che sia una leggenda. Altri sostengono che esista davvero. Si sa poco di cosa sia e cosa contenga, ma mio padre mi ha raccontato che più di mille anni fa, quando fu fondata questa scuola, Salazar Serpeverde non capiva gli altri fondatori, ritenendoli smidollati e troppo poco selettivi. Lasciò il castello decidendo di portare il suo sapere altrove, ma tutti dicono che prima di  fuggire avesse costruito un posto dove nascose qualcosa… Un posto che nessuno poteva trovare se non il suo vero Erede.”

La domanda successiva mi nacque spontanea “Cosa c’era in questa stanza?”

“Un orribile creatura” mi rispose con tono quasi eccitato all’idea “Una creatura così orripilante e spaventosa in grado di farti morire solamente guardandola. Per lo spavento, credo. Solo l’Erede è in grado di controllarlo affinchè adempia al suo compito.”

“E questo compito quale sarebbe?”

“Depurare la scuola da tutti coloro che non sono degni di frequentarla, ovvero i mezzosangue, Babbani di nascita come la Granger, ad esempio.”

Rimasi in silenzio per diversi minuti, vagliando le ipotesi circa il sorrisetto che era nato sulle labbra di Malfoy durante quel racconto. Non era normale essere contenti per un potenziale mostro a spasso per il nostro istituto o per il potenziale pericolo a cui tutti eravamo esposti, mezzosangue o meno.

L’ultima domanda che feci, smise di far sorridere il biondo.

 “Si sa chi è questo Erede?”

Si fece improvvisamente più serio, smettendo di scrivere e adagiando la piuma nel calamaio. Io appoggiai sul tavolo un ampolla piena di un liquido nero denso, aspettando il responso.

Nemmeno questa volta, deluse le mie aspettative “Nessuno lo sa. Tutto ciò che so è ciò che mio padre mi ha raccontato.” Fece una pausa, come se stesse vagliando l’ipotesi di mettermi al corrente o meno della cosa. Complice il mio sguardo incuriosito e la sua voglia di parlarne, alla fine svuotò il sacco “Molto tempo fa, almeno cinquant’anni, la Camera dei Segreti è stata aperta. Non ha voluto dirmi chi l’ha aperta, ma fu espulsa una persona e un mezzosangue è rimasto ucciso.”

Rimasi ammutolita, stavolta in via definitiva. Guardai Draco con gli occhi pieni di paura a quella rivelazione, scatenando così il suo divertimento “Sei ridicola, Blake. Tu non hai nulla da temere, esattamente come me. Il retaggio del nostro sangue ci rende intoccabili.”

Gli scioccai un’occhiata furente, perchè il nostro sangue sarà anche stato fra i più puri, ma molte persone che conoscevo non potevano dire lo stesso.

“Sei un idiota.” Asserii, proprio mentre Piton veniva a riprenderci. Mi guardò alzando un sopracciglio, ma io ero mi limitai ad avvertire il suo sguardo su di me, troppo impegnata a sostenere  il contatto visivo con Draco. Entrambi  eravamo irritati. “Sei disgustoso Malfoy, e pessimo.”

E queste furono le ultime parole che gli dedicai prima di girare sui tacchi e lasciare per prima la dispensa.

 

 

Il giorno successivo, a Trasfigurazioni, la professoressa McGrannit spiegò su richiesta di Hermione la storia nello stesso modo in cui l’aveva riportata a me Malfoy, anche se ovviamente utilizzando altri toni. Sul viso di Draco era dipinta una strana espressione di compiacimento, che urtava non solo me.

“È lui” disse Adrianne, mentre camminavamo veloci verso il cortile interno della scuola “Malfoy  è quello che ha scritto sul muro. Ce l’ha scritto in faccia!”
“Era a cena con noi” risposi io, scettica.

“Deve averlo fatto prima.”

I dubbi su di lui, li avevano in molti. Io però non vedevo in Malfoy una minaccia concreta. Mio padre mi aveva parlato spesso di quella famiglia, e nonostante la pessima reputazione, lui non li riteneva così tanto pericolosi come molti andavamo millantando.

Non era il momento giusto per pensarci, però. C’era una sola cosa ad Hogwarts in grado di distrarre professori e studenti da qualsivoglia problema e affanno: l’inizio della stagione del Quidditch e la partita che tutti attendevamo con ansia. 

Serpeverde contro Grifondoro.

Harry Potter contro Draco Malfoy

 

 

Quel giorno il cielo non sarebbe potuto essere più bello nemmeno per magia.

Ad ottenebrare un po’ il sole c’era una personalità poco gradevole, un ospite seduto nella tribuna dei professori accanto a Piton, il signor Malfoy. Riteneva opportuno verificare ce il suo investimento, ovvero le nuove scope comprate a tutta la squadra, fossero di buon uso. 

Draco si era comprato il posto in squadra con quello stratagemma, ma andava detto che era molto bravo. Volava bene, era veloce e chirurgico nelle manovre. Anche io dovevo ammettere che faceva la sua figura.

“Smettila di fissarlo, lo maledirai non intenzionalmente.” mi disse Jenna schernendomi.

“Oliver Baston è una visione migliore.” Le risposi un po’ acidamente, non riuscendo però a non arrossire lievemente sulle guance “E tu torna a dedicarti a quel castori di Flint.”

Non feci praticamente in tempo a finire la frase che Baston venne disarcionato. Le ragazze mi presero in giro, ma non era più possibile distrarsi, visto che Potter si era appena beccato un Bolide Furfante. Un istante dopo, senza preavviso, entrambi partirono alla caccia del boccino, sempre con quel maledetto Bolide attaccato alla coda della scopa.

 “Ti piace molto il Quiddicht vero, Blake?” chiese insolente Adrianne, senza però guadagnarsi la mia attenzione. Non mi ero nemmeno accorta che mi ero aggrappata al parapetto con le unghie, mentre seguivo l’intero inseguimento con le labbra socchiuse.

Quando sparirono nel basamento dello stadio, tutti ci alzammo in piedi dalle tribune sperando di spiarli. Malfoy fu il primo a riapparire, volando sull’erbetta verde con un capitombolo.

Mi convinsi che la mia preoccupazione era data da un fattore umano, visto che lui mi aveva salvato la vita nel bosco e niente più.

“Suo padre” sussurrò Jenna a me e Adrianne, come se temesse di farsi sentire “Si sta vergognando. Dico, tuo figlio è appena caduto in quel modo dalla scopa e tu ti vergogni?”

Scossi il capo, lanciando uno sguardo a Malfoy Senior e seppur distante, il disappunto sul suo viso era palese.

Potter afferrò il Boccino, senza però che si riuscisse ad impedire al bolide impazzito di continuare a minacciare la sua vita, fino all’arrivo di qualche amico sul campo. Fu ovviamente la Granger a sistemare la questione.

Scesi anche io in campo, quasi istintivamente, andando verso il punto in cui si trovava Malfoy con passo svelto. Fui la prima a raggiungerlo e a chinarmi su di lui.

“Principino delle serpi, avverti un qualche dolore?” gli chiesi prendendolo in giro con il mio solito tono canzonatorio.

“Vattene all’inferno, Blake.” fu la sola risposta che ottenni, visto che sembrava più preoccupato di tenersi il costato piuttosto che badare a me. Per una volta aveva ragione a mandarmi all’inferno, visto che sembrava parecchio dolorante. La caduta era stata alquanto brutta, dopotutto.

“Ti sei fatto male?” chiesi, stavolta con tono leggermente preoccupato.

Non rispose, troppo orgoglioso per ammetterlo ad alta voce, ma annuendo mentre mi guardava con gli occhi un po’ lucidi.

Allungai una mano, accarezzandogli i capelli i capelli sul capo. Fu istintivo, sul momento non me ne resi conto. “Ora ti portiamo da Madama Chips, lei ti rimetterà in sesto…”

Mi guardai attorno e feci cenno a Tyger e Goyler di venire verso di noi. Assieme a loro c’erano anche Blaise, Nott e la Parkinson.

“Che capitombolo Malfoy” lo schernì Zabini,  guardagnandosi un’occhiataccia e una mandata all’inferno personalizzata, mentre aiutava il biondo a tirarsi prima seduto e poi, lentamente, in piedi. “Amico mio, hai stile e talento, ma devi imparare a cadere. Sei caduto su una parte che per noi uomini è parecchio delicata!”

“Penso di essermene accorto, grazie.”

Presi la scopa del ragazzo, seguendoli  mentre arrancavano fino all’infermeria, lungo il crinale scosceso della collina. Lì rimasi per poco, il tempo di vedere Malfoy steso sul lettino. Appoggiai la scopa contro al muro, lanciandogli una semplice occhiata, che contraccambiò in silenzio. 

Non rimasi oltre. Draco non avrebbe avuto il tempo di considerarmi, circondato dai suoi schiavetti e dalla Parkinson, che si voleva cimentare nell’arte dell’infermierina premurosa. Poi perché avrebbe dovuto?

Non ci eravamo mai sopportati.

Io lo ritenevo chiuso di mentalità, codardo e insignificante. Quello che lui sapeva di me, poi, non doveva essere particolarmente positivo.

Così semplicemente me ne andai, chiedendomi perché diavolo mi stessi dando tanta pena per lui.

 

 

Ricordo bene che quella sera, dopo la partita,  accadde la prima aggressione ai danni di uno studente. Canon, un ragazzino del Grifondoro fu pietrificato, così come era accaduto alla gatta del custode. Fu tremendo. Ricordo la paura negli occhi delle persone, il chiacchiericcio nella Sala Comune…  

Almeno avevamo la certezza che non potesse trattarsi di Draco Malfoy, che se ne stava dolorante nel suo letto.

Era vero quindi? La Camera dei Segreti era stata aperta di nuovo?

Per la prima volta, ci insegnarono a difenderci da soli. Fu indetto un Club dei Duellanti e il compito fu affidato a quel incompetente di Allock, sotto la supervisione del Professor Piton. Dubitavo che si fosse solo offerto di assistere.

Ovviamente si ritrovarono sulla pedana Malfoy e Potter, per una dimostrazione che divenne a tutti gli effetti un pretesto per provare a ferirsi a vicenda. Nessuno si stupì dei trucchetti usati dal Serpeverde, né delle risposte di Potter.

Tutto cambiò quando il giovane Grifondoro iniziò a sussurrare a un serpente, scaturito dalla bacchetta di Draco.

Il silenzio che calò lo ricordo ancora.

Così come le parole sussurrate in quella lingua intraducibile. Era terrificante, soprattutto quando il serpente si voltò verso Justin Finch-Fletchley, come aizzato da Harry.

La lezione fu sciolta quando finalmente Piton riprese in mano la situazione e noi spediti, di nuovo, nei nostri dormitori.

 “Potter è un rettilofono” decretò ovvia la Parkinso,  stendendosi sul letto e lasciando che la povera Millicent le sistemasse il mantello su di una sedia“Pensate che colpo sarebbe per tutti se si venisse a scoprire che è lui il vero Erede di Serpeverde!”

Io scambiai uno sguardo con Jenna, che stava giocherellando con Ophelia,la mia gatta, sul letto. Era un’ipotesi da non scartare, dopo ciò che avevamo visto.

La trama poi prese tonalità ancora più cupe, per Potter, quando venne scoperto accanto ai corpi pietrificati di Justin e Nick Quasi Senza Testa.

“Assurdo che non venga sospeso ed incarcerato!” sentii sussurrare Hannah Abbot, quando le passai accanto la mattina successiva al fatto, diretta al banco con Adrianne, nell’aula di Trasfigurazioni “Insomma, prima ha aizzato quel serpente contro Jus e poi è stato trovato sulla scena del delitto! È davvero il cocco di Silente come tutti dicono.”

“Cosa ne pensi?” mi chiese la mia compagna di banco, mentre la professoressa McGrannit entrava nell’aula parlando sottovoce alla professoressa Sprite.

“Penso che, di solito, le cose non sono mai come sembrano” mi limitai a rispondere, per poi lanciare un’occhiata a Potter.

Lei annuì “Sono certa della colpevolezza di Malfoy, io. Non cambierò idea.”

Non replicai a quell’affermazione, limitandomi a prestare attenzione alla professoressa che ci intimò di zittirci.

“Oggi impareremo a trasformare un qualsiasi oggetto in un gufo. È molto utile nel caso in cui non disponiate dell’animale e vi serva urgentemente per inviare un messaggio. Ricordate che questo incanto non solo è reversibile, ma ha anche una durata. Appena consegnata la missiva infatti il volatile tornerà ad essere l’oggetto di partenza. Coraggio, ora afferrate una di queste pietre e poi aver agitato per due volte la bacchetta sopra di esso pronunciate chiaramente l’incantesimo. Ricordate la regola d’oro della Trasfigurazione: se l’incanto non è chiaro, non uscirè nulla!”

Adrianne mi passò un sasso bianco e io lo guardai crucciata “Senti, Dahlia, devo dirtelo francamente.” mi disse sorprendendomi “Se ti sei presa una cotta per Malfoy non hai comunque una valida ragione per difenderlo, sbaglio?”

“Non hai le prove per accusarlo, quindi non hai valide ragioni per dire che è stato lui. E poi non lo sto difendendo, stavo ignorando un discorso trito e ritrito.” sbottai irritata prima di trasformare quella pietra in un barbagianni che mi guardò in attesa.

“Molto bene, signorina Blake!” La McGrannit, che stava esaminando l’allocco appena trasfigurato dalla Granger, venne verso di me “Ha fatto davvero notevoli progressi, cinque punti al Serpeverde per questa eccellente esecuzione.” LaMcGrannit mi sorrise incoraggiante ma pur sempre altera, accarezzando le piume color panna del volatile, prima di darmi le spalle e andare da Paciock.

“Ma che diavolo è?”

Mi voltai verso Weasley,  che osservava schifato il suo sasso. Non aveva affatto l’aspetto di un gufo, ma era bensì una sorta di schifosissima sostanza appiccicaticcia.

“Devi assolutamente sostituire la bacchetta.” gli disse Hermione, mentre il ragazzo prendeva a punzecchiare quel viscidume.

“Lo credo anche io.” replicò asciutta la professoressa, prima di tornare alla cattedra, scoccando uno sguardo a Ron e poi a ciò che aveva erroneamente creato.

Draco, che sedeva di fronte a Potter e Weasley, si voltò a guardarli e ridacchiando prese in  mano quella cosa.

“Assaggiala Weasley, potresti trovarla migliore di quella roba che ti cucina tua madre.” disse con cattiveria, facendo infuriare il pel di carota.

“Pensa alla tua di madre, Malfoy, che non solo non sa cucinare, ma ha anche partorito te.”

Draco si alzò furente “Come osi parlare così di mia madre, inutile sfigato?!” urlò, lanciandogli contro la pietra di gelatina.

on la evitò scansandosi e quella prese a rimbalzare per tutta la stanza, scatenando le ire della professoressa, visto la quantità di oggetti che si stavano rompendo. Nel resto della classe rimbombavano risate. Quello strano oggetto, ormai veloce quanto una palla di cannone di diresse verso di me così velocemente mi spinsi giù dalla sedia. Non caddi, però. Anzi, mi ritrovai quella cosa in mano, mentre l’altra si appoggiava in terra per evitare che sbattessi sul pavimento dell’aula. Così, in equilibrio precario, rimasi immobile.

Ero sbalordita.

La professoressa McGrannit mi guardò stralunata, prima di sistemarsi gli occhiali a mascherina “Bella mossa, signorina Blake, altri dieci punti al Serpeverde, che vanno a compensare i dieci persi a causa di Malfoy che ha dato il via all’inferno. Rimanga qui, dopo, così possiamo discutere sui suoi modi.”

Mi rimisi diritta, aiutata da Zachary e dalla mia compagna di banco, guardando la pietra che era tornata di solida roccia, fra le mie mani.

“Come hai fatto?” mi chiese Adrianne, mentre riponevamo i libri nella borsa, alla fine della lezione.

“Non ne ho idea, te lo giuro.”
Lasciammo la classe, sotto lo sguardo della professoressa McGrannit, che ancora stava sgridando Malfoy per quella trovata. Jenna, che aveva diviso il banco con la Davis, si affiancò a lui.
Aveva una strana espressione “Hai mai pensato che potresti essere predisposta per diventare un animago?”
No che non ci avevo mai pensato.
Non era esattamente il tipo di cosa che una persona pensa tutti i giorni. Quelle parole però aprirono la mia curiosità.

Forse avevo davvero una predisposizione?

Come ogni giovane tredicenne, mi si aprì la mente.

Dovevo indagare.

 

 

Continua

 

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Capitolo 4
*** Chapter three: The Boy and the Phoenix. ***


11




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter three: The Boy and the Phoenix.

                                    

 

La situazione continuò a degenerare dopo la pausa natalizia che, come l’anno precedente, avevo passato al castello con tutte le mie sorelle.

Era sera tarda quando mi misi a letto, con un libro fra le mani mentre le mie due amiche discutevano riguardo il motivo per il quale era stata annullata la partita fra i Tassorosso e i Grifondoro. Fingevo disinteresse, loro erano già abbastanza allarmate senza che dicessi qualcosa a mia volta, ma ascoltavo attentamente le loro supposizioni.

“Non sapete cosa mi ha detto Calì Patil!” Pansy arrivò nel dormitorio, facendo ondeggiare allegra il caschetto moro. Smisi di prestare attenzione al libro nell’esatto istante in cui la sua vocetta insopportabile mi arrivò alle orecchie “La partita è stata appena annullata perché hanno trovato pietrificata Hermione Granger! Non è splendido?”

Rimanemmo tutte e tre basite. Adrianne si mordicchiò l’unghia del pollice, prima di dire ciò che tutti stavano pensando “Inizia a diventare pericolosa questa scuola, se anche una secchiona come la Granger non può salvarsi.”

“Per noi non c’è nessun pericolo” disse altezzosa la Parkinson “Dopotutto siamo tutte e quattro di buona famiglia, dico bene?”

Io guardai le mie amiche e solo Jenna annuii, intimorita più che fiera, mentre Adrianne sospirava “Io non lo so.” rispose solamente, mentre la Parkinson la scrutava bramosa di sapere oltre “Io sono stata adottata che ero una bambina in fasce e non ho idea di chi siano i miei veri genitori.”

“Oh! Non sei una Dixon quindi!” replicò Pansy sedendosi accanto a lei, sul letto, con lo sguardo di chi sta fingendo buonismo.

“Si che lo è. I genitori non sono  quelli che ti mettono al mondo, ma coloro che ti allevano. Sbaglio?” dissi io iniziando ad irritarmi, guadagnandomi uno sguardo pieno di ringraziamento di Adrianne e uno irato della Parkinson.

Ad interromperci ci pensò Blaise, che entrò nel dormitorio dopo aver educatamente bussato “Ragazze scendete nella sala comune, Piton vuole parlarci.”

Ci affrettammo, prima di essere rimproverate. Trovammo il professore al centro della sala, che ci accolse con uno sguardo torvo “La faccenda si è fatta, se possibile, ancora più complessa.” disse con voce sottile, appoggiando una mano sulla spalla di Flitt,che lo guardava crucciato, mentre gli passava accanto “Indi per cui abbiamo stabilito delle nuove regole che varranno per tutti voi, nessuno escluso: Gli studenti dovranno rimanere nelle loro case di appartenenza per tutto il tempo e tutti gli studenti verranno accompagnati da un docente ad ogni loro spostamento al di fuori del dormitorio. Nel caso in cui non dovessero cessare le aggressione, il preside presuppone la chiusura immediata della scuola. Detto questo, vi esorto a non bighellonare per la scuola, rispettando le regole,  che entrano in vigore immediatamente” Fece una breve pausa, in cui sembrò soppesare qualcosa. Ma non lo fece “È tutto.”

Il professore se ne andò così come era venuto, in fretta e silenziosamente. Scambiai uno sguardo con Theo, seduto sul divanetto nero al mio fianco, ma entrambi abbassando lo sguardo senza proferire parola..

La situazione si aggrava di giorno in giorno.

 

 

L’arrivo del signor Malfoy non doveva portare nulla di buono. Questo fu il mio pensiero, quando lo vidi entrare nella Sala Grande con il solito passo elegantemente misurato e lo sguardo fiero. Si avvicinò a noi, chinandosi su Draco e sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Vidi un sorriso increspargli le labbra, ma non commentò. Si limitò ad alzarsi e sparire con suo padre oltre i pesanti portoni di legno massello.

“Vorrai tanto sapere cosa diavolo ha da ridere.” sussurrò Adrianne stringendo i pugni sul tavolo. Io e Jenna ci scambiammo un’occhiatina, poi tornai a dedicarmi alla mia colazione, sapendo per certo che l’avrei scoperto presto o tardi.

 “Il guardiacaccia è stato incarcerato ad Askaban e Silente non è più il preside della scuola, almeno per il momento.”

“Siamo tutti morti, allora.” Sentenziai senza colore, mentre Blaise si sedeva sul letto di Adrianne, abbastanza vicino da sfiorare la spalla con la sua“Volete che lasci la stanza così potete rimanere soli?” chiesi ironica, per stemperare la tensione, ma l’ingresso di Theo permise ai due di non rispondere.

“Ragazzi, venite un secondo nel dormitorio dei ragazzi? Sta succedendo qualcosa di strano.”

Attraversammo  il pianerottolo recandoci nella stanza di fronte alla nostra e trovandoci davanti Malfoy, che osservava accigliato qualcosa a terra, accanto a un angolo della stanza semi circolare, notando una serie di ragni che da sotto i letti correva verso un anfratto e in esso spariva “Ma che diavolo…?”

“Ci mancavano anche i ragni a rendere la situazione meno inquietante” disse Theo passandosi una mano fra i capelli neri, spostandoli così nelle direzioni più improbabili.

Io annuii, sedendomi sul letto più vicino, che si rivelò essere quello di Malfoy. Questi ridacchiò divertito, prima di guardare l’amico come se fosse stupido. Alzò anche gli occhi al cielo, ripetendo a mantra la stessa identica frase che diceva sempre in quelle occasioni “Noi non dobbiamo preoccuparti. Non ci verrà fatto nulla..”

“Ma tutti gli altri studenti?” intervenne subito Adrianne, che davvero non gliele lasciava passare una, al biondo. Non poteva sopportarlo “Non puoi sempre e solo pensare a te stesso, dannazione!”

“Io penso solo che tu non sia una vera Serpeverde, Dixon”si limitò ad affermare il ragazzo, guardandola con disprezzo “Se no non te ne cureresti minimamente come facciamo tutti noi.”

“Anche io me ne curo.”dissi guardandolo storto e lui, ovviamente, rise.

“Tu non sai curarti di te stessa,Blake, e vorresti farci credere che sei preoccupata? Secondo me la tua solo preoccupazione è egoista: non vuoi che la scuola venga chiusa!”

Mi morsi le labbra guardandolo male. Poi mi alzai, stirando le pieghe della gonna a balze. “Sei ridicolo, ogni giorno che passa, sempre di più.”

Lasciai la stanza, non avendo altro da dirgli. Di certo non avrei ammesso mai e poi mai che, sotto sotto, lui aveva centrato il segno.

 

 

La svolta a tutta quella faccenda ci fu verso il finire dell’anno accademico.

Io ero riuscita a distaccarmi da un gruppo di studenti che avevano richiesto al professor Vector di portarli in biblioteca, ma il mio isolamento ad un tavolo più appartato mi aveva lasciata sola. Mi accorsi che tutti se ne erano andati quando ormai era tardi, quindi mi sbrigai per non essere beccata fuori dal dormitorio durante il coprifuoco. Non volevo punizioni, mi erano bastate quelle con Malfoy. Sistemai il libro di Erbologia che avevo usato nel suo ripiano e misi gli appunti nella mia borsa, prima di incamminarmi verso le scale per arrivare nel sotterraneo, quando la voce della McGrannit rimbombò per il corridoio.
-Tutti gli studenti sono pregati di tornare immediatamente nei loro dormitori, mentre i professori devono accorrere al secondo piano.-

Rimasi ferma sulle scale, come una cretina.

Se c’è una cosa che ogni Serpeverde possiede è l’istinto di autoconservazione. Se l’avessi avuto, sarei corsa subito nella mia sala comune, mandando al diavolo tutto. Eppure, quella era la sola caratteristica che non mi apparteneva. Così come aveva detto il Cappello parlante un anno e mezzo prima, ero avventata, istintiva.

Così decisi di andare a spiare cosa stava succedendo. Volevo delle risposte, da riportare nel dormitorio. Volevo sapere qualcosa, ero curiosa e non pensavo alle conseguenze. E poi ero vicinissima, così vicina che mi sarebbe bastato poco per raggiungere il secondo piano.

Ci andai. Scivolai per i corridoio, evitando Gazza e iniziando a pensare che forse, sotto sotto, Jenna aveva ragione e potevo studiare per diventare un Animagus. Raggiunsi con così tanta facilità la mia destinazione senza destare sospetti che quella convinzione si rafforzò.

Mi acquattai dietro a un angolo del corridoio, distante dai professori per potermela dare a gambe in ogni caso, ma godendo comunque di una buona acustica grazie all’eco. Rimasi quindi in ascolto.

“Quello che temevamo si è avverato, una studentessa è stata rapita e portata nella camera del mostro.” trattenni il respiro mentre ascoltavo quelle parole. Una mano si appoggio sulle mie labbra e subito presi a dimenarmi per liberarmi, in presa al panico.

“Siamo noi, Dahlia, non agitarti” mi sussurrò nell’orecchio una voce che, ahimè, conoscevo bene.

“Potter?”  mi voltai e vidi sia lui che Weasley, che mi guardarono perplessi e stupiti, prima di riportare la loro attenzione sui professori. Avevano davvero il complesso dell’eroe come diceva sempre Malfoy. Non ero stupita per nulla di vederli lì e se non si fosse trovata pietrificata ci sarebbe stata pure la Granger. Quei tre ci sguazzavano nei guai mentre io ero li solo per curiosità, non ero intenzionata a far nulla. Dovevo solo raccogliere informazioni e tornamene nel mio dormitorio.

Ciò che sentii però non mi piacque per nulla. La scuola stava per essere chiusa e Allock era appena stato incaricato di andare nei sotterranei della scuola alla ricerca della studentessa sarcastica.

“Siamo a cavallo” dissi ironica, guardando il professore andare via. Non sembrava per niente convinto. “Chi salverà il salvatore a questo punto?”

Ron mi guardò e, senza volerlo si ritrovò a ridacchiare. Il sorriso gli morì sulle labbra, sentendo l’ultimo scambio di battute tra Madama Chips e la professoressa McGrannit.

“Minerva, chi è la ragazza rapita?”

Ginny Weasley.”

Ron trattenne il respiro, mentre le due donne si allontanavano al seguito degli altri professori, lasciandoci così aperta la visuale ad una scritta sul muro, simile alla prima, che risplendeva tetra di un rosso vermiglio.

Il suo scheletro giacerà nella Camera per sempre..

Ginny…” sussurrò senza fiato il rosso, mentre Harry si alzava in piedi “Dobbiamo fare qualcosa.” Gli disse Weasley e subito Potter annuì, prima di guardare me.

Dahlia, devi decidere se venire con noi o meno. Qualsiasi cosa deciderai, devi tenerlo per te. Non devi andare da Piton.”

Anche io mi alzai, guardandolo allibita “Venire con voi?? A fare cosa?? Non vorrete andare la sotto! Vi farete uccidere!”

“Dobbiamo fare qualcosa!” insistette Ron, passando il peso da un piede all’altro, nel panico.

Harry sospirò, prima di guardarmi negli occhi “Va pure, ma non dire niente a nessuno.” Poi fece un cenno a Ron e presero a correre verso le scale.

Avevo tre secondi netti per decidere e, nel dubbio, decisi di seguirli. Non volevo davvero farlo, ma il modo in cui si era rivolto a me Potter, il suo modo di insinuare che fossi pronta a fare la spia perché ero nei Serpeverde….

Smosse qualcosa, in me. “Hai un piano?” domandai, affiancandoli mentre scendevano le scale, infilandoci nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure.

 Allock sarà anche inutile, ma tenterà di entrare nella camera.” Mi rispose Harry, salendo le scale verso lo studio.

“Ma non sa nemmeno cosa dovrà affrontare!” dissi io fermandomi in cima ad esse.

Harry si fermò a guardarmi, con una mano sulla porta dello studio “Si invece, un Basilisco.” rimasi immobile,  mentre loro entravano nell’ufficio, assimilando lo shock per quella scoperta. L’immagine di una grossa serpe si manifestò davanti ai miei occhi. Mi chiesi come facessero a sapere sempre tutto e, alla fine, entrai anche io nello studio “… Come se ne sta andando?” alla domanda del signor Potter, non mi stupii nel vedere il professore chino a chiudere un baule.

“Chiamata urgente, improrogabile, devo andare.” disse frenetico quell’essere inutile, facendomi sbuffare.

“Che coincidenza!” sbottai irritata e sarcastica, portandomi una mano alla fronte. Mi ero rassegnata subito davanti a tanta inettitudine, ma qui c’era molto di più di una brutta figura in ballo.

“E non pensa a mia sorella??” chiese il rosso, con l’ansia nella voce.

“Certo è molto sfortunata, nessuno è più rammaricato di me.” tentò di dire l’uomo, mente accatastava tutte le sue cose in fretta furia.

Non riuscii a trattenermi dall’alzare i toni, frustrata  “Lei è l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, per Merlino! Non può andarsene ora!”

“Signorina Blake, quando ho accettato il lavoro fra le mansioni non c’era niente riguardo a-”

“Sta scappando?” Chiese Harry incredulo, mentre io sbuffavo. Si che stava scappando e mi sarei molto stupita del contrario “Dopo tutte le cose che ha fatto nei suoi libri?”

“I libri possono forviare…

“Li ha scritti lei!”

Guardavo Harry e il professore, chiedendomi perché il Grifondoro facesse delle domande così banali. Io lo avevo capito dall’inizio che era un impostore, si vedeva benissimo che non era in grado di far nulla di tutto quello che si vantava. Il professor Piton aveva sbattuto il suo fondoschiena sulla pedana da duello così tante volte che non si contavano più.

“Usa il tuo buon senso! Avrebbero venduto la metà se la gente non avesse creduto che io ho fatto quelle cose.”

 “Lei è un imbroglione, si è preso il merito per quello che hanno fatto altri maghi!”

“C’è qualcosa che lei sa fare?” chiese Ron, mentre fremeva per l’agitazione. Mi chiesi come faceva a starsene li ad assistere a quelle scene prive di qualsivoglia senso logico, quando sua sorella rischiava la morte.

“Oltre alla fuga, ovviamente.” aggiunsi io, ironicamente.

“Si, ora che me lo chiedete, ho un talento per gli incantesimi di memoria. Non volevo che tutti quei maghi andassero in giro a piagnucolare e io non avrei venduto più un libro. Infatti, adesso,dovrò fare la stessa cosa a voi!”

Si voltò verso di noi brandendo la bacchetta, ma se ne trovò tre puntate sul naso.

“Non ci pensi nemmeno.” gli disse secco Harry, facendogli riabbassare subito la bacchetta.

“Cosa facciamo adesso?” chiesi io, senza abbassare la guardia e Harry ci pensò su un attimo.

“Andiamo tutti e quattro da Mirtilla Malcontenta.”

Non avevo mai visto questo famigerato spirito, che infestava il bagno delle ragazze del secondo piano. Sapendo della sua presenza, mi ero sempre tenuta a debita distanza da quel luogo. Giravano voci fra le ragazze e nessuno ci teneva ad incontrarla.

Harry le chiese come fosse morta e io collegai tutto. Era lei la vittima del Basilisco, la ragazza morta cinquanta anni prima. Era ovvio!

Lei prese a fluttuarci attorno mentre rispondeva “è stato orribile…. È  stato qui, in questo cubicolo. Mi ero nascosta perché mi prendevano in giro per i miei occhiali. Stavo piangendo e poi ho sentito entrare qualcuno…

Harry la spinse a continuare “Chi era, Mirtilla?”

“Non lo so! Ero sconvolta!Ma ha detto qualcosa  di buffo… In una lingua inventata. Ma ho capito che era un ragazzo, così ho aperto la porta per dirgli ‘vattene via!’ e oh… Sono morta.”

“Ma tutto ad un tratto? Ma come?”

“Ricordo solo un paio di enormi occhi gialli, proprio lì, vicino al lavandino.”

Mi avvicinai circospetta assieme a Potter e lui trovò subito un serpente inciso nel metallo delle tubature, sul lavandino. Ci guardammo un istante negli occhi.“ Questa  è l’entrata della camera.” disse pensieroso.

“Come la apriamo?” chiesi nervosa, guardandomi attorno, alla ricerca di un modo. Ci pensò Ron.

“Dì qualcosa in serpentese!”

Harry eseguì, facendomi venire di nuovo i brividi, come la prima volta che l’avevo sentito. Così facendo si aprì l’ingresso. Il caro professor Allock provò a fuggire, ma invece godette dell’onore di essere scaraventato nella camera per primo da Ron.

 “… è piuttosto sudicio qua giù…” disse da laggiù e io mi sporsi per vedere se riuscivo a scorgerlo nell’ombra.

Harry mi portò le mani sulle spalle “Ascoltami bene, ok? Adesso tu devi andare a cercare un modo per contattare Silente.”

Lo guardai stralunata. Alla fine mi stava coinvolgendo più di quello che avrei mai desiderato. “Come?”

“Non lo so ma trova un modo. Chiedi alla professoressa McGrannit, magari. Ma aspetta un po’ di tempo, così noi possiamo scendere senza essere fermati da nessuno.”

Ci pensai attentamente, ai pro e ai contro di quella mia scelta, ma il suo sguardo mi mise fretta e così mi limitai ad annuire. Li guardai scendere nella Camera dei Segreti e rimasi lì anche quando furono spariti dalla mia vista. Mi misi a sedere a terra, con le gambe a penzoloni nel vuoto, ripensando a quello che mi stava accadendo. Quello poteva considerarsi come un’alleanza con Potter?  Mi portai una mano alla fronte, pensando a come poter chiedere l’aiuto di Silente e dal nulla uscì di nuovo il fantasma di Mirtilla Malcontenta, che sorrise affabile.

“Ma tu sei una piccola Serpeverde.” dissi girandomi attorno, come per volermi esaminare affondo “Non si era mai vista una Serpe che aiuta un Leone, lo sai?”

Io non risposi. Non avevo scusanti.

Chi mi era preso?

“Io non dovrei essere qui, in effetti.” dissi di punto in  bianco, più a me stessa che a lei “Insomma, che diavolo credo di fare? Voglio entrare nel club esclusivo di Potter? Non credo proprio. Solo che non potevo andarmene e far finta di nulla, quando ho sentito di Ginny Weasley. È la compagna di stanza di mia sorella. Io vorrei una mano se facessero del male alla mia famiglia.”

Lei mi guardò inclinando il capo verso destra “Sei così dolce e buona che non sembri affatto una Serpeverde sai? Sembri così piccola e fragile” continuò a canzonarmi e io mi irritai.

“Taci!” sbottai infastidita alzandomi in piedi “Quale critica può mai venirmi da una persona che si chiude in un bagno a piangere invece di affrontare i suoi problemi?”

Lei mi guardò, da prima infastidita, poi esplose in un lamento disperato “Mi sbagliavo su di te! Sei davvero cattiva!”

La guardai gettarsi in una canaletta di scolo, prima di tornare a guardare il vuoto. Era passata già una buona mezzora da quando erano scesi, o almeno credevo, quindi potevo agire.

Uscii circospetta dal bagno, dirigendomi dalla sola persona che, ero convinta, mi avrebbe aiutata.

Arrivai davanti all’ufficio del professor Piton e presi a bussare insistentemente alla porta della sua stanza “Professore! Professore la prego mi apra!”

Lui  aprì la porta di scatto,  trovandosi me davanti “Cosa succede, signorina Blake? Non dovrebbe trovarsi nel dormitorio già da un pezzo?” chiese con voce melliflua, guardandomi però come se infondo si fosse preoccupato nel trovarmi lì a quell’ora.

“Dobbiamo contattare il professor Silente!” dissi concitata, mentre lui corrugava la fronte “Harry Potter e Ron Weasley sono scesi nella Camera dei Segreti insieme a Allock!”

Lui alzò gli occhi al cielo, sopprimendo la frustrazione, prima di sospirare “Allora forse il professore ha speranze di non farsi uccidere. Almeno non subito…

“Dobbiamo contattare il professor Silente! Potter ha detto-”

“Poco mi importa dei piani di Potter, dei quali mai mi sarei aspettato che lei rientrasse, signorina Blake!” mi sbottò addosso con un certo rammarico nella voce. Poi però mi appoggiò una mano sulla spalla, ammorbidendo anche se di pochissimo il tono “Andiamo dalla professoressa McGrannit, è incaricata di sostituire il preside e saprà lei cosa fare.”

Andammo così dalla professoressa, che non sembrava né contenta né sorpresa quando venne a conoscenza dell’accaduto. Insieme a lei girovagammo per la scuola, raccogliendo anche il professor Vitius e la professoressa Sprite.

Quando passammo per la terza volta davanti ai portoni della Sala Grande, non mi trattenni. “Dobbiamo avvertire Silente! Harry e Ron stanno affrontando un Basilisco da soli!”

“C’è il professor Allock con loro” disse Vitius, per salvare le apparenze, ma sia io che gli altri professori lo guardammo con ovvietà. L’aiuto di Allock era nullo “Dobbiamo trovare Silente!” ribadii decisa, quando una voce mise fine a quella situazione.

“Sono qui, signorina Blake.”

Mi voltai, trovandomi di fronte la figura del preside, che mi squadrava con un mezzo sorriso e gli occhi che mi parvero quasi divertiti, da dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna. “Professore! Dobbiamo andare subito-”

“Da Potter e Weasley?” chiese lui con un sorrisetto “Forse non ho capito bene, ma dopo averlo ripetuto per tre volte di seguito, ormai il concetto suona chiarissimo.” Arrossii fino alle punte delle orecchie mentre, il preside si avvicinava a noi salutando tutti i professori “Ora vieni con me, nel mio ufficio” mi disse mettendomi una mano sulla spalla e conducendomi li. Solo quando entrammo recuperai un po’ di colore e di coraggio.

“Ma loro-”

Lui mi indicò un trespolo vuoto, poi con un sorriso tranquillo, mi disse di non preoccuparmi affatto per loro che, a suo parere non era saggio scendere visto che sentiva che la questione era quasi conclusa a favore di Potter.

Aveva ragione.

Ero li con il preside da un paio di ore, quando una bellissima fenice venne ad appoggiarsi sul trespolo. Dopo pochi minuti apparvero anche Ron ed Harry, brandendo una spada insanguinata e un vecchio diario dalla copertina dilaniata e sporca di inchiostro secco.

Ci trovammo schierati tutti e tre davanti al preside in attesa del giudizio dopo soli cinque minuti.

“Vi renderete conto senza dubbio, che nelle ultime, ore avete violato almeno una dozzina di regole della scuola?” chiese con voce un po’ severe. Noi ci scambiammo un’occhiata prima di rispondere tutti e tre insieme.

“Sì, signore.”

“E che ci sono prove sufficienti a farvi espellere?”

“Sì, signore.” fu di nuovo la nostra risposta all’unisono, mentre sentivamo la paura scorrerci nelle vene più di prima. Mio padre mi avrebbe uccisa.

“Pertanto, è necessario che tutti e tre riceviate un encomio speciale, per i servizi resi alla scuola.”

Rimasi spiazzata.

“Grazie, signore.” Disse Ron con un sorriso.

“Ma, Professor Silente” dissi io guardandolo senza capire “Io non ho fatto nulla.”

“Non è vero” disse Harry, precedendo il preside e guardandomi riconoscente “Hai deciso di aiutarci, nonostante non fossi tenuta a farlo. Sei corsa dal professor Piton e anche se il professor Silente è tornato alla scuola senza che ricevesse il messaggio, hai fatto quanto in tuo potere per non startene con le mani in mano. Anche tu hai aiutato affinché tutto si risolvesse. Penso sia giusto ringraziarti.” concluse poi con l’appoggio di Ron.

Silente sorrise prima di rivolgersi al rosso “E ora signor Weasley, dai ad un gufo questi documenti di scarcerazione da consegnare ad Askaban. Credo che tutti rivogliamo indentro il nostro custode. Vai con lui, signorina Blake.”

Annuimmo uscendo, diretti alla voliera dove lui prese il suo gufo. “Non sarà il caso di prenderne uno della scuola?” chiesi, mentre guardavo scettica il volatile che non sembrava particolarmente in forma.

Ron non mi ascoltò lasciandolo volare via con la lettera in bocca, non prima sbattere un’ala contro la finestra nel tentativo di uscire.

“Sai, Dahlia” mi disse un po’ impacciato,  mentre scendevamo le scale per tornare al castello “Non sei male, per essere una Serpe.”

“E tu non sei poi così scemo per essere un Leone.”

Ci scambiammo un ultimo sorriso, prima di vederlo rapito dai suoi fratelli gemelli, Fred e George, che iniziarono a fargli le feste per aver trovato Ginny anche se, come sempre, il lavoro grosso doveva averlo fatto Potter.

Non sapendo cosa fare e curiosa di sentire la versione di Harry, tornai verso l’ufficio di Silente. Appena messo piede nel corridoio, mi trovai davanti Lucius Malfoy, che volò a terrà colpito dall’incantesimo di un piccolo elfo domestico.

Riuscii non so come a non scoppiare a ridere quando me lo ritrovai praticamente davanti ai piedi.

 “Questa è una promessa Potter. Anche tu farei la stessa brutta fine dei tuoi.”  E dopo questa frase ad effetto, un po’ spettinato, ci guardò male entrambi e sgattaiolò via. Io lo guardai allontanarsi,scansandomi per farlo passare, e poi andai verso Harry e l’elfo che mi si presentò col nome di Dobby.

“Devi raccontarmi tutto.” dissi e lui mi abbracciò brevemente lasciandomi senza parole. Era affetto quello che iniziavamo a provare l’una per l’altro? Amicizia che andava oltre la normale conoscenza fra compagni di scuola? Volente o nolente, tra di noi quella notte si era instaurata una nuova fiducia. Poi mi rapì in via definitiva, raccontandomi  di un certo  Tom Riddle, Basilischi e fenici… E per finire la spada di Grifondoro, estratta dal Cappello Parlante. Sembravano le favole che la mamma ci leggeva quando eravamo piccole. Sembrava un racconto fantastico.

“Ora so che sono nella Casa giusta.” mi rivelò mentre entravamo nella Sala Grande, piena di persone scese per la colazione.

“A me verranno dei dubbi se verrò coinvolta di nuovo.” Gli dissi ironicamente, sentendo però che sotto sotto, poteva essere una domanda legittima. Ancora non mi ero data un motivo soddisfacente per cui mi ero azzardata ad aiutarli.

“Io penso che tu lo sia” mi disse sicuro “Sei avventata e hai giocato molto bene le tue carte, con astuzia. Sono cose che ritengo perfette per una Serpeverde.”

“Potter, io non ho fatto niente.” Ripetei più a me stessa che a lui, prima di salutarlo con una pacca sulla spalla prima di andare a sedermi al tavolo dove Adrianne mi aspettava preoccupata.

“Dove sei stata?! È tutta la notte che siamo in pena!” mi disse, mentre Jenna annuiva, guardandomi in cagnesco.

Io le guardai, prendendo un po’ di porrige, prima di sorridere divertita anche se stanca morta “Stanotte ho contribuito a salvare il mondo.”

Loro mi chiesero dettagli, che io non mi risparmiai di elargire.

Non scorderò mai l’espressione negli occhi di Draco, mentre ascoltava impassibile la storia di ciò che era avvenuto quella notte e di come avevo dato una mano a Potter. Se il disappunto fosse stato una persona vivente, certamente sarebbe stato lui.

 

Continua.

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Capitolo 5
*** Chapter Four: A starry, dancing night. ***


11




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Four: A starry, dancing night.

                                    

L’anno si concluse come quello precedente, ovvero con il nome di Harry Potter sulla bocca di tutti. Però, per la prima volta, accostato alla sua compagnia di pivelli in cerca di avventure, c’era anche il mio, di nome. Fu strano come la mia buona volontà di fare la cosa giusta mi si fosse ritorta contro. Mi sorbii la mia buona dose di prese in giro, ovviamente capitanate da Malfoy e la Parkinson, ma  non so da dove trovai la maturità di ignorarli.

Non mi ero pentita di quello che avevo fatto, anche se non era nei miei piani proseguire con quelle follie.

Sull’Espresso, di ritorno da scuola, rimasi insieme alle mie sorelle, Adrianne e Jenna, passando qualche ora insieme prima della separazione per i tre mesi successivi. 

A prenderci alla stazione trovai mio padre e Linnea, entrambi felici di vederci.

Vidi con la coda dell’occhio Malfoy e suo padre avanzare verso di noi e subito Prime mi prese da parte. Insieme alle nostre sorelle ci allontanammo verso la fine del binario e in cuor mio sperai di non rivedere un solo Malfoy fino all’inizio della scuola.

 

Tutte le mie speranze morirono nell’arco di pochi giorni, dato che mia sorella maggiore decise che si sentiva pronta a convogliare a nozze. Il suo  fidanzato storico, Tim Elliot, era davvero un simpatico ragazzo, gentile e molto educato, più grande di lei di un paio di anni. Si erano conosciuti al lavoro e fin dal primo giorno si era accesa una scintilla, che li aveva portati a compiere insieme il grande passo.

Adoravo Tim, tanto che quando appresi la lieta notizia, appena tornati a casa, fui davvero felice per loro. Linnea mi mostrò tutto ciò che aveva preparato, dal modo in cui desiderava l’abito alle decorazioni per i gazebo che aveva intenzione di montare in giardino. Il mio occhio cadde su una pergamena dall’aria usata e riusata, sulla quale, con diverse calligrafie erano segnati gli invitati alla cerimonia. In basso, a destra, mio padre aveva segnato anche il nome della famiglia Malfoy.

Non ne fui per niente felice, tanto che obiettai a mia sorella quella scelta e le dissi che in fondo, la sposa era lei. Non potevano costringerla ad invitare anche persone con cui, sotto sotto, non aveva rapporto.

Ancora mi bruciavano le parole crudeli che Draco mi aveva riservato negli ultimi giorno di scuola e proprio non volevo vederlo. Litigai anche con mio padre, che fu irremovibile.

“I Malfoy sono amici della nostra famiglia da generazioni, non fare la bambina Dahlia.”

 

 

“Pensa solo a tua sorella” sussurrò al mio orecchio Laureen, mentre mi spazzolava i capelli, che si erano allungati tanto dal mio primo anno di scuola. Ad Hogwarts riuscivo a sfuggire alle sue forbici assetate di punte  “Pensa alla felicità di Linnea e ignora coloro che tu non ritieni essere degni di attenzioni.”4

Per risposta annuii, non molto convinta, persa in un unico pensiero: perché mi davo tanta pena per la presenza dei Malfoy? Perché mi interessava così tanto? Avevo paura di conoscere bene la risposta, purtroppo.

 “Sei cresciuta moltissimo” mi disse, con un sorriso commosso, sistemandomi la spallina del vestito “state diventando tutte troppo grandi per me.” aggiunse con un singhiozzo, portandosi una mano al viso per asciugarsi una lacrima che le era sfuggita  “Oggi Linnea si sposa e prima ancora che tutti possiamo rendercene conto, verrà anche il tuo turno.”

Mi alzai per abbracciarla, prima di guardarla un po’ dubbiosa. “Tanta acqua passerà sotto ai ponti prima che io prenda marito, posso garantirtelo.” Ci sorridemmo complici, mentre Iris passava affacciandosi alla porta aperta, rivelandoci che diversi invitati erano già arrivati.

Laureen mi sorrise e scendemmo insieme, mentre la donna mi teneva un braccio stretto al suo, guardandosi attorno. Al centro del giardino troneggiava un grande tendone bianco e argento, che papà aveva provveduto egli stesso a erigere e che avrebbe ospitato la cerimonia e l’intera festa.

Fu davvero una bella serata, non ho mai visto mia sorella così bella e felice. Invidiai per poco l’amore che covava dentro ai suoi occhi color acquamarina, desiderando io stessa di trovare un ragazzo che mi guardasse come Tim faceva con Linn. Quando apparve a braccetto con nostro padre, bellissima in un abito candido e vaporoso come una soffice nuvola, gli occhi del giovane si illuminarono e Laureen mi rivelò che ora era certa che mia sorella avesse fatto la giusta scelta, scegliendo lui.

La cerimonia fu veloce, niente di troppo sfarzoso. Si giurarono amore davanti a tutta la famiglia e i conoscenti, che non si risparmiarono un boato e un applauso al primo bacio della coppia sposata. Ci alzammo tutti in piedi e in uno sventolio di bacchette, gli stessi sposi fecero evanescere le tavolate per la cena, la pista da ballo e l’orchestra, che prese a suonare da subito, incantata.

“Voglio un matrimonio esattamente come questo.” Sussurrò Iris mentre mi prendeva la mano, facendomi fare una piccola giravolta, al margine della pista da ballo.

“Io non voglio nemmeno pensarci a un matrimonio.” Borbottò sommessa Primerose, incrociando le braccia sull’abito di macramè cremisi identico a quello della gemella. Come potessero due persone essere così uguali, ma così diverse, ancora mi sfugge.

Dopo la prima portata, tutti volevano già scatenarsi sulla pista da ballo, così alternammo il pasto con lo svago. Ero vicina a mio padre, quando il momento che tanto avevo sperato di evitare alla fine arrivò.

Draco,  vieni a salutare il padrone di casa! Adesso!” Mi voltai assieme a mio padre al suono delle voce musicalmente acuta di Narcissa Malfoy e la vidi arrivare verso di me a braccetto con il marito, Lucius. Draco scontrò i miei occhi per un istante, ma non lo vidi bene. stava parlando con Theodore Nott e mi teneva le spalle, quindi io stessa scostai lo sguardo sulle mie scarpe, lasciando il braccio di mio padre per unire le mani sul vestito color argento. Cercavo, ovviamente, una via di fuga rapida.

“Sii brava e ti premierò.” mi disse mio padre, sorridendo ai Malfoy e trattenendomi per un braccio, impedendomi quindi di sfuggire.

“Voglio un altro gatto.” Sussurrai con tono basso, tirando il mio sorriso migliore. O peggiore, dipende da quanto brutto possa sembrare un sorriso fasullo.

“Buona sera, Peter.” disse Lucius Malfoy prima di guardare anche me. Dietro all’apparenza gentile e posata, lessi nei suoi occhi ancora l’indisposizione di quella volta, alla fine del mio secondo anno, in cui me l’ero ritrovato davanti  alle punte delle scarpe. “Ma questa è… La signorina Dahlia. Devo dire Peter che è sorprendente quanto sia sbocciata in questi mesi.”

“Come il nostro Draco.” sottolineò Narcissa con una certa fierezza, prendendo il figlio per le spalle e parandoselo davanti.

Rimasi senza parole.

I capelli non erano più tirati all’indietro sul capo, imprigionati in quel modo ridicolo, bensì erano lasciati liberi sul capo e un po’ lunghetti scendevano perfettamente pettinati sul viso. Anch’esso mi sembrava a sua volta cambiato, più spigoloso,  meno da bambino. Ma gli occhi…. Quelli erano sempre gli stessi. Grigi, un po’ spenti e sempre contratti in una virgola strafottente.

Anche lui sprecò qualche istante ad osservarmi, dopotutto il signor Malfoy non aveva sbagliato, anche io ero cresciuta e non solo i capelli, come ho accennato prima. Stavo iniziando a subire dei cambiamenti, ad avere delle forme decisamente più femminili e gentili. Il mio seno era aumentato, il bacino era più femminile e la pelle più delicata, frutto dello sviluppo.

Ci squadrammo poco discretamente, poi spostammo lo sguardo entrambi con imbarazzo, seccati, facendo ridere mio padre.

Draco” lo richiamò Lucius “Perché non inviti la signorina Blake a ballare, mentre noi adulti parliamo? Abbiamo tanto da dirci, per aggiornarci. Sempre se per Peter va bene, ovviamente.”

“A nessuno interessa se a me va bene?” sottolineai indispettita, troppo imbarazzata dallo sguardo che il mio coetaneo mi aveva riservato, ma papà mi sospinse appena verso il giovane rampollo.

“Sii educata Lia, vai a ballare con Draco.”

Non avevo altra scelta, se non seguire il biondo sulla pista da ballo, accettando anche la mano che mi aveva elegantemente porto.

Quando mi mise la mano sul fianco andai letteralmente a fuoco, così decisi di concentrarmi sulla musica.

Draco Malfoy, per me, era un vile e un poco di buono, ma il galateo ce l’aveva nel sangue. Danzava magnificamente ed era un eccellente porter. Quando la canzone terminò, mi staccai comunque più che volentieri. Ero a disagio, anche se era difficile capire il perché.

“Credevo che avrei visto anche Potter.” Buttò fuori a quel punto il biondo, guardandomi con quella scintilla di cattiveria che caratterizzava il suo sguardo tagliente “Siete diventati così intimi.”

Io sbuffai una risata senza colore, prima di assottigliare gli occhi per guardarlo “Sarebbe una compagnia più piacevole.” Sussurrai, prima di dargli le spalle e allontanarmi da lui, godendomi lo spettacolo di mio padre e Lucius Malfoy che se la ridevano, guardando nella nostra direzione.

Non volendo sapere oltre, decisi di andare verso Prime e Violet, rimanendo con loro per la maggior parte della serata, contenta quando a noi si aggiunse anche Theo. Di tanto in tanto, però, cercavo Malfoy fra la folla, scambiando con lui non pochi sguardi, fino a che entrambi non riabbassavamo gli occhi, imbarazzati e orgogliosi. Potevamo far finta di niente, ma quando qualcun altro parve notare quello scambio di sguardi, arrossii violentemente.

 “Non vorrei allarmarti” mi disse Ron Weasley, che si era avvicinato insieme a Ginny per parlare con Violet, mentre un anfora incantata ci riempiva di idromele i calici “Però Malfoy sembra volere qualcosa da te…

“Cosa te lo fa pensare?” domandai vaga, prendendo un sorso anche troppo generoso della bevanda alcolica. Iniziava già a girarmi la testa.

“Sta guardando nella nostra direzione ormai da un po’.”

“Che faccia ciò che vuole. Non mi interessa.”

Mi alzai in piedi traballando, rendendomi conto in quel frangente che l’alcool non aveva un buon effetto su di me. “Devo prendere una boccata d’aria fresca.” dissi al mio compagno di scuola, che annuì offrendosi di accompagnarmi “No, non preoccuparti. Vado sola.”

Mi incamminai un po’ incerta all’uscita del gazebo, verso il campo che attraversai per arrivare al ruscello al limitare del boschetto. Li mi misi a sedere su un masso, portandomi le mani al viso “Smetti di girare maledizione.” intimai alla mia testa, che però non pareva interessata a darmi retta. Non avevo mai bevuto prima di allora.

Stavo ancora cercando di calmarmi, quando avvertii qualcuno alle mie spalle. La risata di schermo che mi riservò lo smascherò immediatamente, tanto che non dovetti nemmeno alzare gli occhi su di lui, né attendere che parlasse per capire chi fosse.

“Ma bene, Blake. Abbiamo alzato il gomito, a quanto vedo.”

Malfoy, vattene.” Fu la sola cosa che dissi, mugolando per la brutta sensazione alla bocca dello stomaco che avvertii in quel momento. Qualcosa mi diceva che poco aveva a che vedere con l’alcool.

Lui però mi ignorò e prese posto accanto a me. Rimase in silenzio per alcuni minuti, il tempo sufficiente per farmi passare il malore. Quando mi sentii meglio alzai il capo, spostando un ciuffo di capelli biondi dal volto, per poterlo guardare di sbieco “Cosa vuoi, Malfoy?”

Lui sbuffò, scocciato “Sono un gentil’uomo.” Fu la risposta serafica “Credi che me ne andrei se ti vedessi star male?”

“Sì?” fu la mia risposta sarcastica. Riuscii ovviamente a farlo alterare, ma non si alzò né se ne andò. Bizzarro, mi dissi. Alla fine però cedetti per prima, visto che sotto sotto stava cercando di fare il mio bene “Solidarietà quindi?” domanda, sistemando le pieghe del vestito che indossavo.

Lui si grattò il capo e mi parve quasi imbarazzato “Diciamo di sì. Poi siamo amici no?”

Quello non me lo aspettavo. Lo guardai come se fosse matto “Da quando? Ti devo ricordare quanto mi hai presa in giro per tutta l’ultima settimana di scuola?”

“Solo perché hai aiutato Potter… Ma ti ho perdonata.”

Sbuffai alzandomi dal masso “Che fortuna, mi hai perdonata. Chissà cosa avrei fatto se no.”

Draco rimase a guardarmi in silenzio, rimanendo seduto “Come ti senti?” mi chiese di punto in bianco.

“Come nuova.” dissi passandomi una mano fra i capelli per spostarli dietro alla schiena “Forza, torniamo alla festa.”

La risposta fu sorprendente. Senza replicare, mi seguì lungo al campo fino al gazebo.  Una tornati fra gli altri mi accertai che mio padre non si fosse accorto della nostra sparizione simultanea e quindi mi voltai a guardare Malfoy. Lui parve di nuovo a disagio e fece per andarsene, ma io lo bloccai con una domanda “Un ultima cosa: perché mi avresti ‘perdonata’ ?”

Lui mi guardò in tralice, come se non sapesse cosa rispondermi. Poi si avvicinò a me e si chinò per sussurrarmi qualcosa all’orecchio, come avrebbe fatto un bambino di fronte a un segreto inestimabile. “Perché sei diventata più bella di quello che mi aspettavo.”

..E detto questo di dileguò fra la folla, lasciandomi li a riflettere su quello che aveva appena detto, con il cuore che mi batteva forte nel petto e le guance vermiglie.

Mi sentii strana per molti motivi. Primo fra tutti, avevo preso ormai coscienza del fatto che il rampollo dei Malfoy non mi era per niente indifferente. Perché avrebbe dovuto esserlo, dopotutto? Ero un bel ragazzo, figlio di buona famiglia, cosa che ai tempi per mio padre faceva la differenza. Aveva un carattere pessimo, ma dovevo ammettere a me stessa che non lo conoscevo affatto.

Non avevo intenzione di diventare la nuova Parkinson, una sua estimatrice assatanata, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per un minimo di attenzioni. Però non potevo nemmeno negare a me stessa che mi era piaciuto da morire danzare insieme a lui.

Il suo profumo era dolce, i suoi occhi mi erano sembrati meno freddi. Aveva le mani calde, cosa che mai e poi mai avrei detto e vestiva in modo impeccabile.

Io non ero da meno, perché anche se non era da me vantarmi, sapevo che non ero affatto una brutta ragazza. Il mio corpo, che aveva preso a sviluppare, era snello senza essere troppo asciutto, i miei capelli erano belli e avevo la pelle del colore della porcellana. Gli occhi, chiari ma caldi, erano sinceri. Lo sarebbero stati anche con lui, se me l’avesse concesso.

La festa per fortuna stava giungendo al termine, così da evitarmi di raggiungere una temperatura tale da andare in auto combustione.  Molti invitati se ne erano già andati quando tornai da papà, pronta a dirgli che avevo bevuto troppo e andavo a letto. Lo trovai immerso in una discussione insieme ad Arthur Weasley e un altro  uomo, che non riconobbi. Appena papà mi vide si rivolse proprio a quest’ultimo, presentandomelo come Remus Lupin.

“Piacere mio.” rispose lui, stringendomi la mano con gentilezza.

“Stavamo parlando di Siriur Black” disse serio mio padre “Dovete davvero stare attente quest’anno a Hogwarts, anche se ora che so che Remus diventerà un professore della scuola, mi sento molto più sicuro.”

“Oh” rimasi sorpresa nell’apprende che sarebbe diventato il nuovo professore di difesa contro le arti oscure e lui mi sorrise appena alzando il calice verso di me, tornando poi al discorso iniziale. “Non so quando sarò utile io contro Black, Peter.”

Papà mi aveva raccontato alcune cose su quel uomo a cui  andava attribuito il primato di essere evaso da Azkaban. Sapevo che era strettamente legato all’omicidio dei Potter, ma chi non lo sapeva, dopotutto? Papà, memore delle mie avventure con Harry, mi aveva chiesto di non parlarne mai col ragazzo, ma io l’avevo assicurato che non c’era possibilità che succedesse. Non eravamo così amici e io non ero solita ficcare il naso laddove non c’entravo nulla.

Non ancora, per lo meno.

Lasciai  la festa poco dopo, chiedendomi perché mai Black sarebbe dovuto entrare nella scuola. Mi sarei risposta solo da lì a qualche mese.

 

 

Tornare ad Hogwarts fu, come sempre, una gioia. Fra quelle mura tutti ci sentivamo intoccabili e invulnerabili.

Rivedere Adranne e Jenna fu come sempre bellissimo, mi erano mancate molto anche se non era passata una settimana senza uno scambio costante di gufi, tale da indispettire non poco mio padre. A tavola ero accanto a loro e, nel mentre quelli del primo anno venivano smistati, non riuscivamo a smettere di ridere e parlare concitate, nonostante non avessimo fatto altro per tutto il viaggio in treno. Non potei fare a meno di notare le continue occhiate che mi lanciava Malfoy, sempre seduto di fronte a me come l’anno precedente, ogni qualvolta ne aveva l’occasione. Io non sapevo bene come interpretarlo, così preferii lasciar correre.

Silente riportò su di sé l’attenzione degli studenti appena concluso lo smistamento. “Benvenuti ad un altro anno ad Hogwarts” iniziò allargando le braccia come se volesse abbracciare tutta la stanza “Ora, vorrei dire due parole prima che ci intontisca tutti troppo il nostro ottimo banchetto. Per prima cosa, do il benvenuto al professor R. J. Lupin, che ha gentilmente accettato il ruolo di insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Buona fortuna, professore.” guardai Lupin alzarsi e ricevere gli applausi di tutti, poi Silente spiegò che l’insegnante di Cura delle Creature Magiche per il nuovo anno sarebbe stato niente popò di meno che  Rubeus Hagrid ”Infine passiamo a cose più inquietanti: su richiesta del Ministero della Magia, Hogwarts ospiterà i Dissenatori di Azkaban, fino al momento della cattura di Sirius Black. I Dissennatori saranno di guardia ad ogni accesso alla scuola. Ora, pur se rassicurato che la loro presenza non disturberà le nostre normali attività, un avvertimento: i Dissennatori sono creature malvagie, non faranno differenza fra colui a cui danno la caccia e coloro che si trovano sul loro cammino; per tanto devo avvertire tutti, intendo ognuno di voi, di non dar loro alcun motivo di farvi del male. Non è nella natura di un Dissennatore perdonare… Ma sapete, la felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi…Se solo uno si ricorda, di accendere la luce.”

Rimasi in silenzio, pensando alla sensazione che avevo provato quando uno dei quei mostri si era avvicinato alla cabina dove io e le mie amiche stavamo parlando. Avevo sentito il treno mancarmi da sotto ai piedi, la luce spegnersi nei miei occhi. Era stato orribile, fino a che il Dissennatore non aveva deciso di passare oltre. Speravo di non averne mai più uno così vicino.

 

Appena entrate nel dormitorio mi accorsi che la stanza era molto più grande e che i letti non erano più quattro, bensì sette.

“Ci hanno unite??” chiese con un singhiozzo strozzato Adrianne e la risposta giunse assieme all’arrivo di Millicent, la quale si era fatta più grossa durante l’estate, che ci guardò in cagnesco prima di andare a sedersi sul suo letto facendo cigolare le molle. Nei due anni precedenti eravamo divise in due stanze,  ma non so per quale motivo il terzo anno mi ritrovai sia lei, che Daphne che Tracy insieme a me, Adrianne, Jenna e la Parkinson. Insieme a Pansy, non erano umanamente sopportabili.

“Iniziamo proprio bene.” esternò Jenna, guardando Pansy, che si vantava del suono nuovo taglio di capelli con le altre Serpi, le quali non mancarono nemmeno una moina, falsa come un galeone di cioccolato.

Iniziavamo davvero male…

E, appunto, era solo l’inizio…

 

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Capitolo 6
*** Chapter Five: A change in the mood. ***


11

Nda: Ci tengo a ringraziare di cuore tutti gli spettatori silenziosi di questa storia.
Non avrei mai pensato che le letture sarebbero state così alte, nonostante non abbia riscosso ancora abbastanza successo per avere delle recensioni, sono davvero content ache la storia non resti ignorata!
Grazie a tutti coloro che leggono e hanno prontamente inserito questo mio lavoro fra le preferite e le seguite.
Ho notato che in molti scelgono un prestavolto per i loro oc e ho deciso di non essere da meno.
Per il momento, ho deciso che Dahlia avrà come volto quello della bellissima Lauren de Gaaf. Presto sceglierò anche quelli delle sorelle, del padre eccettera, fino ad avere tutti miei oc facilmente collocabili anche sul piano visivo.

Grazie ancora al mio piccolo pubblico e buona lettura!
NN.



Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Five: A change in the mood.

                                    

Il nuovo anno si prospettava interessante almeno dal punto di vista didattico, visto che furono introdotte diverse nuove materie.

Dopo aver passato un intera estate a studiarmi quali materie fosse opportuno o meno seguire, e dopo aver chiesto anche alle mie sorelle maggiori, scelsi Divinazione, Cura delle Creature Magiche e Antiche Rune, che andavano a sommarsi a tutte le altre ovvero Pozioni, Trasfigurazione, Incantesimi, Erbologia, Difesa Contro le Arti Oscure, Storia della Magia e Astronomia.

Non avevo ancora idea di cosa avrei fatto un giorno della mia vita, ma avevo ancora di fronte diversi anni di studio e sapevo quali erano le materie in cui andavo forte.

Poi, più che donna in carriera mi vedevo bene come donna con un lavoro che ama e con famiglia. Immaginavo una piccola villetta immersa nella campagna, un bambino che corre felice nei campi rincorso da un cane e un uomo ad attenderlo sullo stipite della porta. Non immaginavo nessun elfo domestico intento a disporre la tavola per la cena, ma io stessa, appoggiata al focolare, mentre preparavo la cena con un sorriso divertito sulle labbra, nonostante l’espressione stanca.

Non riuscivo ancora ad immaginarmi come madre, anche se mi sarebbe piaciuto molto crearmi un nucleo famigliare tutto mio, grande come quello da cui provenivo, ugualmente rumoroso e allegro.

Ma ero ancora al mio terzo anno di scuola e, per qui progetti, avevo tutto il tempo.

 

 

Il primo giorno del nuovo anno si aprì con due ore filate di Divinazione, così mi diressi assieme a Adrianne e Jenna, che condividevano quasi tutti i corsi eccetto Antiche Rune (avevano scelto Aritmanzia, ma io odiavo la matematica quindi era impossibile applicarmi a quella materia.), alla torre della professoressa Cooman. Donna strana, molto strana, ma allo stesso tempo trovavo piacevole il suo modo di insegnare. Era strano, perché esprimeva con enfasi concetti che noi non prendevamo troppo seriamente.

Iniziammo con qualcosa che lei definiva estremamente semplice, ovvero l’analisi del futuro attraverso i fondo del teh.

Ci scambiammo le tazzine e io presi quella di Adrianne, mentre Jenna prendeva la mia e la ricciolina quella della bionda “C’è una specie di mano” dissi alla mia migliore amica che prese a ridacchiare divertita, smettendo appena la Cooman ci arrivò alle spalle “La mano significa… Amicizia” dissi leggendo dal libro “Però potrebbe essere anche un sole, ovvero felicità duratura… Quindi sarai molto felice con i tuoi amici.

“Molto bene signorina.” mi disse la professoressa, guardando un punto imprecisato oltre la mia testa, mentre Jenna guardava scettica la mia tazza “Dia a me, signorina”

La Cooman prese  la tazza dalla quale avevo bevuto e iniziò a guardarla con interesse crescente “Una luna. Questo significherebbe che l’amore è alle porte” mi disse, scatenando subito un paio di ghigna poco raccomandabili sui volti delle mie compagne di Casa “Però… Potrebbe quasi sembrare un serpente raggomitolato e allora significherebbe che la persona di cui ti innamorerai in realtà è falsa e ti ingannerà.”

 “Ci mancherebbe solo questo” dissi sottovoce quando la professoressa si fu allontanata, cercando di capire dove poteva aver visto un serpente raggomitolato quella donna.

“Tua nonna sta bene ragazzo? Non ne sarei così sicura se fossi in te.” La sentii dire a Neville e la cosa ci strappò un’espressione un po’ allarmata. “Dovrebbe lavorare un po’ su come dare le brutte notizie, dovrebbe essere importante nel suo lavoro.” Sussurrai a Jenna, facendola ridere.

Nel tavolo affianco al nostro, Blaise e Draco presero a fare il loro solito casino “Ciao Lia.” mi disse il moro, guardandomi con un sorrisetto “Sai, è da ieri sera che volevo dirti che sei sbocciata. Hai mangiato qualcosa di particolare, quest’estate?”

“Stai zitto Blaise” lo intimò Draco, sibilando la frase fra i denti insieme a un’espressione gelida.  

Mi rigirai verso le mie amiche, che guardavano scettiche i due ragazzi, poi sospirando dissi “Secondo voi perché i ragazzi sono così stupidi?”

“Mia madre dice che sono gli ormoni.” ci confessò con tono cospiratorio Adrianne “Quanto parte è la fine.”

Risi assieme a Jenna, proprio nel mentre la Cooman gridava, facendoci sobbalzare “Ragazzo… Povero ragazzo…” disse rivolta vero Harry “Tu hai il gramo!”

Nessuno si scompose. Era risaputo che per ogni classe, ogni anno, era destinato a morire almeno uno studente per la Cooman ed era palesemente scontato che sarebbe stato Harry. E chi se no?

 

 

Nelle ore successive uscimmo fuori, sospinti verso la capanna di Hagrid da un’arietta calda del tutto fuori stagione, per goderci la prima vera lezione di Cura delle Creature Magiche.

“Secondo me la Cooman è totalmente pazza.” Disse Jennam mentre seguivamo Hagrid nella foresta.

“A me piace.” Le risposi, alzando le spalle, prima di portare una piuma fra i capelli per fermarli in cui crocchio alto  “Divinazioni è davvero interessante come materia.”

“Interessante?” mi domandò la Granger, un po’ scettica, suonando però irritante “Cosa c’è di interessante in una serie di delirii di una vecchia pazza?! Insomma, non è nemmeno uno studio esatto! Dovreste venire con me ad Aritmanzia!”

Harry mi si affiancò, sorridendomi “Non farci caso.” ci spiegò.

Ron intervenì in soccorso dell’amico “Vuole solo qualcuno che vada con lei a Aritmanzia, visto che noi ci rifiutiamo.”

Ridacchiai, prendendo a braccetto Potter mentre Hermione e Jenna si mettevano a discutere della precisione millimetrica della divinazione in Aritmanzia.  Scambiammo qualche parola per tutto il tragitto, poi una volta arrivati in uno spiazzo erboso, io e le mie amiche andammo a sederci su un muretto, lasciando i Grifoni ad aiutare Neville con la sua copia del Libro Mostro.

 “Guarda chi arriva” disse Jenna,facendomi alzare gli occhi dalla copertina pelosa del voluminoso volume. Non mi sorpresi.

“Ciao Malfoy.” Dissi distrattamente, mentre il biondo buttava la sua cartella accanto a me, per poi appoggiarsi al muretto.

“Ciao Blake” disse con un’inflessione allegra della voce che mi fece alzare un sopracciglio, sistemandosi il mantello sulle spalle “Non ti sembra allucinante che quello zotico ci insegni?”

“A dire il vero io trovo che Hagrid sia-Ahia!” Il libro mi aveva appena morsa, assurdo! Lo lasciai cadere a terra portandomi una mano alle labbra, succhiando lievemente il sangue che stava fuoriuscendo dal taglio da carta. Draco lo raccolse restituendomelo.

“Devi accarezzargli il dorso, così..” alzò un mano, sfiorandomi il viso con una mano fredda mentre sentivo gli occhi di tutti i Serpeverde, Parkinson e Greengrass comprese, incollati a noi e a quel singolo gesto che lui stava facendo.

Diventai di tutti i colori dell’arcobaleno in due secondi.

Adrianne si schiarì la voce così mi accorsi che mi ero incantata a guardarlo negli occhi, godendomi un gesto che non mi spiegavo nemmeno. Arrossii vistosamente, mentre lui riabbassava la mano dandomi le spalle e mi concentrai sul mio libro.

“Non dire nulla.” Le intimai, mentre Draco decideva di dare spettacolo come suo solito. Quella volta però lo ringraziai, perché così come mi aveva messa a disagio, stava risolvendo da solo la situazione.

“Dio come è caduto in basso questo posto! Quando mio padre sarà che Silente ha messo questo zotico ad insegnare…” caricò con particolare disgusto l’ultima parte, facendo ridacchiare come due ebeti Tyger e Goyle.

Harry avanzò deciso verso di lui, guardandolo malissimo”Sta zitto Malfoy!”

Ohoh!” dissero in coro il diretto interessato e i suoi due scagnozzi prima che Draco lasciasse la borsa a Tyger e avanzasse qualche passo verso Harry, guardandolo con strafottenza.

“Oggi non torna a casa sano.” disse Jenna mentre Adrianne ci sperava seriamente. Io non dissi nulla limitandomi ad osservarlo con afflizione. Perché doveva sempre comportarsi da gradasso?

Lo vidi sollevare il capo, per poi arretrare di colpo,  iniziando ad indicare un punto imprecisato urlando “Dissenatore! Dissennatore!”

Tutti ci voltammo a guardare spaventati, Harry in particolare ma poi, ritornando a posare gli occhi su Malfoy ci accorgemmo che stava solo facendo lo stupido. Si esibì anche in una scenetta con i suoi degni compari e la Parkinson, con tanto di cappucci sulla testa, in un’orrenda interpretazione di un Dissennatore.

“Madonna che scemo” disse Jenna, mentre Hagrid tornava tenendo con sé un magnifico esemplare di Ippogrifo.

Era meraviglioso, così tanto che tutti ci fermammo per guardarlo, ma nessuno era abbastanza coraggioso per sfidare quegli artigli.

Alla domanda del professore su chi volesse accarezzarlo tutti ci ritirammo di un paio di passi indietro, a parte Harry che pareva un po’ scioccato. Si ritrovò quindi ad essere l’ignaro ‘volontario’, sospinto anche da Weasley.

Che bella l’amicizia.

Malfoy e gli altri presero a ridacchiare mentre Harry si inchinava all’Ippogrifo e per un attimo ebbi la netta impressione che la bestia stesse per staccargli di netto il capo dal collo, ma quella si chinò a sua volta. Mi alzai avvicinandomi di pochissimo, per vedere meglio, seguita poco dopo da Malfoy che iniziò a mangiucchiare una mela. Mi voltai a guardarlo con un sopracciglio alzato ma lui era troppo intento ad denigrare Potter per considerarmi.

“Bravo Harry, complimenti!” disse Hagrid mentre partiva un coro di applausi per Harry, che era riuscito ad accarezzare l’animale sul muso “Ora credo che si lascerà cavalcare.” disse il mezzo gigante, afferrando Harry e caricandolo sul dorso della bestia. Quella partì al galoppo con Harry che gridava a pieni polmoni verso destinazioni sconosciute, lasciandoci tutti stupidi.

“Che drago che è Potter” disse Jenna facendo annuire quasi tutti. Io mi voltai a guardarla. alzando un sopracciglio.

“Che fai? Tradisci Flitt?”

Era risaputo che ormai i due si frequentavano, doveva solo ammetterlo. Ovviamente non lo fece. Si limitò al contrattacco “Lo sapevo che ti piaceva Potter!”

 

 

Harry tornò quasi dieci minuti dopo, mentre io mi allentavo il nodo della cravatta verde-argento, accaldata da quel sole settembrino decisamente troppo scottante.

Tutti applaudimmo mentre Hagrid lo aiutava a scendere, mettendosi poi a parlare con lui, in disparte. Draco spinse via Dean e Lee facendosi largo verso l’Ippogrifo. Lo guardai sconvolta “Tu non sei pericoloso, vero?”

Draco!” Lo seguii cercando di afferrarlo per il cappuccio, ma non arrivandoci.

“Brutto bestione.”

 Malfoy!”

La bestia si alzò sulle gambe posteriori e sia io che Malfoy ci immobilizzammo immediatamente. Mi ero avvicinata troppo nel tentativo di fermare quello stupido e per un attimo ebbi come l’impressione di essere diventata un bersaglio delle ire dell’Ipogrifo, che iniziò a svendolare le ali in nostra direzione. Draco si portò del tutto davanti a me, portando una mano dietro di sé  per tenermi indietro, mentre alzava l’altra appena in tempo per proteggersi il viso dagli artigli affilati della bestia, che aprirono due grandi tagli sul suo braccio.

Caddi a terra, sotto al suo peso e battendo il sedere, mentre Hagrid si parava tra noi e la bestia cacciandola lontano. Io portai le mie mani sulle spalle di Draco, mentre lui si teneva il braccio che perdeva molto sangue.

Ero scioccata, così tanto che per qualche secondo non feci nulla.

“Mi ha ucciso! Mi ha ucciso!” prese a lamentarsi, mentre io guardavo le condizioni della ferita sgranando sino all’inverosimile gli occhi.

Calmati… È solo un graffio!”

Hagrid! Va portato in infermieria!” disse la Granger e subito il gigante me lo alzò di dosso prendendo in braccio.

“Te ne pentirai…” sussurrò Draco, mentre Hagrid ci diceva che la lezione era terminata “Tu e il tuo maledetto pollo…

Adrianne corse da me, mettendomi le braccia sotto alle ascelle per alzarmi su.

Mi tremavano visibilmente le gambe.

“Oddio Lia, stai bene? Per un attimo mi ero figurata che quel mostro ti avrebbe decapitata!” mi disse iniziando a pulirmi la gonna e la camicia dalla polvere mentre io guardavo la mia mano, che si era coperta non so come del sangue vermiglio di Draco “Quell’idiota di Malfoy per poco ti fa uccidere!”

Senza pensarci due volta mi allontanai afferrando il mio mantello ed infilandomelo, prendendo poi la mia borsa e caricandomela sulle spalle. BLaise mi passò la tracolla di Draco, come se mi stesse leggendo nel pensiero così da prima la guardai senza capire, poi mi ricordai che si, stavo andando proprio da lui.

“Grazie” gli sorrisi poco convincente, prendendola prima di partire di gran carriera verso la scuola.

“Dove stai andando, Blake?” mi urlò dietro Pansy Parkinson, ma io presi camminare velocemente lasciandola in dietro. Dopo, venni a sapere che ci avevano pensato Adrianne e Jenna a rallentarla. Arrancai su per il campo e quando arrivai, stremata, alla porta dell’infermeria mi chiesi cosa diavolo ci facessi lì.

Rimasi un attimo immobile fuori dalla porta senza capire,poi, visto che ormai ero li, entrai trovando Silente, Piton e Hagrid che discutevano davanti a letto di Malfoy, mentre Madama Chips si appropinquava a sistemargli il braccio.

Al mio ingresso tutti gli occhi furono su di me, così mi immobilizzai.

S-scusate.” dissi facendo per uscire, ma Silente mi riprese, chiamandomi per nome. Quando mi fece cenno di avvicinarmi al letto, non potei tirarmi indietro. Arrivai fino a trovarmi al fianco di Draco, dalla parte opposta rispetto quella in cui Madama Chips stava lavorando, e appoggiai entrambe le cartelle a terra.

Il biondo mi guardò un secondo senza capire poi, come se si fosse ricordato di qualcosa, guardò furente Hagrid “Esigo che mio padre sia avvertito immediatamente! Starà poi a lui prendere provvedimenti!”

“Signor Malfoy, è un suo diritto avvertire suo padre” disse il preside, tenendomi una mano sulla spalla “Ma non sta poi a lui decidere cosa fare in merito alla questione, ma al consiglio.”

“Questo lo vedremo” sussurrò sotto voce e insolente il biondo, mentre Madama Chips fasciava il braccio “Non così stretto, ho detto!”

“Stai zitto Malfoy” sbottò la donna irritata “Io il mio lavoro di infermiera lo so fare. Tu, a quanto pare, il tuo di studente no!”

“Provvederemo subito a scrivere a villa Malfoy una lettera.” disse Silente rivolto a Piton “Venite, lasciamo che sia la signorina Blake a calmare l’animo del signor Malfoy.”

Lo guardai perplessa ed imbarazzata allo stesso tempo, mentre Hagrid passava gli occhi da me al biondino perplesso.

Uscirono tutti silenziosamente e dopo un ultima occhiata severa, Piton si chiuse la porta alle spalle. Anche  Madama Chips ci lasciò e nel passarmi accanto mi sussurrò un sarcastico in bocca al lupo, prima di sparire nel suo ufficio.

“Se si lamenta troppo chiamami e provvederò a metterlo a tacere”

“Una pozione soporifera?”

“No, una mazzata in testa.”

Draco la guardò indignato “In questa scuola lavorano solo dei poveri mentecatti.” disse portandosi una mano al braccio bendato con espressione sofferente “Gente che non sa insegnare e infermiere che non sanno curare.”

Presi fra le mani un bicchiere di vetro pieno di un liquido opaco “Oh è radice di Asfodele. Ci vorranno almeno dieci minuti prima che faccia effetto. Quando ero bambina e mi facevo male mia madre…” mi fermai non terminando la frase. Riappoggia semplicemente il bicchiere e  Draco rimase in silenzio, a guardarmi, prima di farmi segno di sedermi sul letto accanto a lui. Lentamente eseguii “Ti ho portato la borsa.”mi limitai a sottolineare l’ovvio, visibilmente a disagio.

 

Lui aveva tutta l’aria di qualcuno che non sapeva bene come reagir “Grazie” e che non avrebbe fatto nulla per dissimularlo. “Sei stata molto… Gentile.”

“Per Merlino, Malfoy, sembra che nessuno ti abbia mai fatto un favore.” Sussurrai in un soffio, cercando di mandare via inutilmente le farfalle che volavano indisturbate nel mio stomaco. Non ci avevo ancora pensato su, ma non eravamo mai rimasti soli dopo il matrimonio di mia sorella.

Quando aveva deliberatamente affermato che per lui ero bella.

“In effetti, di solito rispondono ai miei ordini.” Fu la risposta sprezzante del ragazzo dopo minuti di strano silenzio. Sbuffai.

“Se speri di dar ordini a me, Malfoy, mettiti il cuore in pace.”

Lui non rispose, anche se glielo leggevo negli occhi che aveva qualcosa di acido e pronto da sputarmi in viso. Si morse le labbra, prima di sospirare, tirandosi seduto più comodamente, passandosi la mano sulla fasciatura.

Rimasi seduta sul letto, facendogli compagnia seppur non parlavo, guardando di tanto in tanto oltre le grandi vetrate, verso il cortile interno, dove gli studenti iniziavano ad ammassarsi, avvertendoci che quindi le lezioni dovevano essere finite. Ulteriore conferma arrivò quando Blaise, Tyger, Goyle e Pansy, fecero il loro ingresso nella lunga stanza adibita ad infermeria. Io e Draco non ci stavano toccando, non ci stavamo parlando, ma questo non impedì lo stesso alla Parkinson di odiarmi così come non aveva mai odiato nessun altro, a giudicare dallo sguardo che mi rivolse.

“Come stai, Draco?” domandò Goyle, parlando per primo.

“Forse stava meglio prima che entrassimo” sussurro divertito Blaise, guardando verso di me con i suoi espressivi occhi violacei. Riusciva a leggermi l’anima, con quello sguardo, ne ero certa. Per questo arrossii nonostante non stesse succedendo niente.

Niente. Non era successo niente per quasi un ora e iniziavo a chiedermi perché.  O se volessi che prima o poi si arrivasse a un punto, con Malfoy.

Non rimasi molto oltre  e non appena mi alzai, Pansy occupò il mio posto con prepotenza, calpestando l’orlo del mio mantello mentre mi chinavo a recuperare la mia tracolla.

“Ci vediamo in Sala Comune, Malfoy.” Gli dissi, caricandomi sulla spalla la cartella, dopo aver strappato di prepotenza il mantello da sotto il calcagno da giocatrice di bocce della Parkinson.

“Ci vediamo dopo.” Fu la risposta stranamente gentile del biondo, che sembrava quasi dispiaciuto del fatto che me ne stavo andando. Per questo motivo gli concessi un breve sorriso, ma dicendo così salvo solo le apparenze. Quel sorriso scappò repentino dalle mie labbra, ma il fatto che non venne ricambiato lo fece morire subito.

Me ne andai nel dormitorio, pronta per un pomeriggio su Pozioni, sicura che non avrei dovuto darmi pena per Malfoy. Di fatto, Draco fu spedito nel suo dormitorio la sera stessa e il giorno successivo riprese le lezioni come se nulla fosse successo. Mi stupii quando si mise a sedere accanto a me, per la prima volta in due anni e due giorni di scuola, anziché nel posto di fronte.

“Inizio favoloso di anno scolastico, Malfoy” gli disse con tono irriverente Adrianne, che si era vista spodestare il posto, mentre lui si versava un po’ di teh caldo nella tazza.

“C’è sempre spazio per i miglioramenti, Dixon” rispose il biondo senza colore, non voltandosi nemmeno a guardarla, prima di afferrare un biscotto secco e iniziare a mangiucchiarlo.

Pansy si mise a sedere davanti a noi, guardando malissimo me prima di girarsi verso Draco e rivolgendogli un enorme sguardo mortificato “Ti fa tanto male Draco?” chiese lacrimevole, allungando la mano verso la fasciatura.

Il biondo si guardò il braccio, stendendolo come per mostrare che aveva ancora tutte le dita “Si, molto. Ma sono stato fortunato. Ancora un po’ e potevo rimetterci il braccio.”

“Oh Malfoy, sei una fonte di ispirazione per ognuno di noi.” Ironizzai io, senza però la solita cattiveria nella voce. Aveva perso molto sangue, è vero, ma non era stato reciso nulla che potesse compromettergli per sempre il braccio e portarlo all’amputazione dell’arto!

Lui mi diede una spintarella con braccio che definirei quasi giocosa, tanto che lo guardai stranita, tenendo in mano la mia tazza ricolma di latte e miele, pronta a commentare quello strano comportamento con qualche aggettivo che lui avrebbe odiato, come ‘sentimentale’. Venni però distratta da qualcosa di più impellente.

Sirius Black è stato avvistato vicino ad Hogwarts!”

Alzai gli occhi verso il tavolo dei Grifondoro, dove tutti si erano radunati attorno ad un numero della Gazzetta del Profeta. Non seppi il motivo preciso, ma mi irrigidii. Sentivo la schiena dura come una tavola al pensiero che  con quell’assassino nei paraggi, i Dissennatori si sarebbero fatti più irrequieti. Sicuramente sarebbero arrivate delle conseguenze non gradite.

Trattenni addirittura il fiato, mentre la mano che reggeva la tazza tremava. Non dissi niente, però, ma qualcuno accanto a me parve lo stesso notare il mio stato d’animo. Draco si appoggiò con la spalla alla mia e fu un fugace momento, un istante, ma lo sentii. Ripresi a respirare normalmente e fu come se metà della tensione si fosse appena dissipata.

Allora e solo allora arrivai a capire che Draco Malfoy non era più semplicemente quel ragazzino fastidioso, per me. Stava diventando molto di più, giorno dopo giorno, e tutto era iniziato silenziosamente.

Era letteralmente entrato nella mia vita senza bussare, senza chiedere e, soprattutto, senza rendersene conto.

 

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Capitolo 7
*** Chapter Six: the power of Will. ***


11

Nda:  Ho finito di correggere un altro capitol, così eccolo a voi.
Ho deciso di inserire un nuovo personaggio, la professoressa di Astronomia Penelope Herschel per due motivi: il primo, si sa molto poco di Aurora Sinistra, la vera detentrice di quel ruolo nei romanzi della Rowling e anche perchè io ho un problema, ovvero non sopporto Nymphadora Tonk. È più forte di me, come personaggio non mi piace e non lo vedo bene con il povero Remus, al quale (sempre secondo l’idea che mi sono fatta io, non voglio convincere di niente nessuno) è stata affabbiata una moglie a casa.
Mi serviva un personaggio per riempire il vuoto lasciato da Tonks all’interno della narrazione, soprattutto quando arrivò a parlare delle vicende che ruotano attorno al quinto libro.
Il nome non è stato scelto a caso, ma mi sono ispirata a quell’Herschel che, scoprendo che c’era qualcosa oltre Saturno, ha rivoluzionato del tutto lo studio delle nostra galassia e, successivamente, dello spazio intero.
La sto ancora caratterizzando, ma ho qualche ideuzza e magari un giorno, se il personaggio incuriosirà, scriverò qualcosa anche su di lei. Intanto è appena accennata, presto farà qualcosa di importante anche lei.
Non vi tedio oltre, buona lettura.
NN.


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Six: the power of Will.

                                    

Ricordo molto nitidamente la prima lezione del professor Lupin, come se fossero passati solamente una manciata di giorni, invece che così tanti anni.

Lui era un personaggio davvero strano, pittoresco. Non lo sapevo inquadrare sul momento, ma mi piaceva. Mi piaceva davvero molto come insegnava ed era un uomo di straordinaria umanità. Una sera, per esempio, fu lui a trovarmi in biblioteca ben oltre l’orario concesso agli studenti per sostare al di fuori del dormitorio e invece di levare punti alla mia casa e spedirmi da Piton per una punizione, si informò del motivo per cui una studentessa del terzo anno dovesse ricercare fra dei tomi di magia avanzati la risposta a chissà quale domanda.

Era questo il suo metodo istruttivo: chiedere, domandare con gentilezza per evitarsi un bel grattacapo a posteriori. Sta di fatto che quei primi giorni di scuola erano stati così pieni che non ero riuscita a cercare nulla sull’argomento Animagus e quindi mi ero arresa a dirigermi in biblioteca ben oltre l’orario per potermi fare un idea di cosa fare. Lui ascoltò estremamente interessato la mia spiegazione e quando mi chiese perché proprio quell’argomento  suscitava il mio interesse io lo liquidai dicendogli che ne avevo semplicemente sentito parlare. Inutile dire che non ero convincente. Lui mi esortò a tornare nel mio dormitorio in fretta, ma non prima però di avermi detto che c’era un manuale molto bello di un certo Calcius, su come sviluppare le doti che, ipoteticamente, avrebbero potuto portare uno studente a diventare un animago.

Prima ancora della sua prima lezione mi aveva, quindi, conquistata. Essa fu la conferma tangibile che lui era in assoluto il miglior professore che avessimo mai avuto, di quella materia. Non che ci volesse molto a battere Allock e per Raptor, a sua discolpa, non si capiva nulla quando parlava.

La prima lezione di Lupin fu, per iniziare, una lezione pratica, cosa che un po’ tutti ci aspettavamo di vedere prima o poi in un corso di Difesa. Essa consisteva nell’affrontare un Molliccio e io mi interrogavo su cosa potesse mai diventare il mio, mentre assistevo al modo sublime in cui Neville stava ridicolizzando il professor Piton. Certo, fu crudele, ma allo stesso tempo anche divertente e mi dispiacque solo a posteriori per il capo della mia Casa.

“Molto bene! Tutti in fila!”

Io finii dietro a Cali Patì e davanti a Potter. Gli rivolsi un breve sorriso, tra il divertito e il nervoso, mentre Ron faceva letteralmente ‘pattinare’ via il grosso ragno che si era ritrovato di fronte. Calì fece lo stesso, trasformando un grosso serpente in un altrettanto inquietante pupazzo a molla. Per me faceva più paura il risultato dell’originale.

“Molto bene Calì! Avanti Dahlia!”

Lanciai uno sguardo al professore, mentre mi facevo avanti. Il pupazzo a molla si scompose in uno sciame di api e io mi sentii male. Odiavo le api con tutta me stessa. Da bambina ero quasi morta, quando una di quelle piccole infami si era infilata nella mia maglietta, pungendomi ben tre volte prima di lasciare il pungiglione. Ero sola nel bosco e non riuscivo a respirare, così dovetti fare leva su tutte le mie forze per trascinarmi verso il campo, dove per fortuna, Prima mi trovò in tempo.

Le api comunque non erano facili come un grosso ragno o come un serpente grosso come una carrozza. Iniziarono a volarmi attorno, sempre più vicino. Le sentivo ovunque, nei capelli, sul mantello, nei vestiti. Per il panico mi sfuggì mi mano la bacchetta, che rotolò via.

Harry che provò ad avvicinarsi, ma il professore lo fermò. “Dalle solo la bacchetta!” disse con tono concitato, ma sicuro.  “Deve farcela da sola!”

Potter diede un piccolo calcio alla mia bacchetta, che arrivò davanti ai miei piedi. Io la sentii contro il tacco delle ballerine che indossavo, ma non avevo il coraggio di smettere di agitarmi e abbassare le braccia per cercarla con lo sguardo.

“Coraggio Dahlia, puoi farcela!” mi disse il professor Lupin “So che puoi farcela! Non può ferirti, può solo spaventarti e questo puoi impedirlo!”

Vero, potevo impedirlo. Dovevo, perché non era reale. Non era reale e potevo combatterlo. A tentoni mi chinai, sempre cacciando via le api da davanti al mio viso. Dopo un paio di tentativi trovai la bacchetta e, puntandola davanti a me, cercai di essere il più convincente possibile. “Riddikulus!”

Una ad una, tutte le api iniziarono ad esplodere in un vortice colorato di coriandoli.

Affannata, spettinata e poco convinta, guardai quel tripudio di girandole colorate, non riuscendo poi a non sorridere. “Bravissima, sapevo che ci saresti riuscita.” Il professore mi fu accanto in un attimo e mi appoggiò una mano sulla schiena “Vieni, siedi un momento, è stato intenso.”

“Lo è stato davvero.” Ammisi, mentre mi sistemavo su una sedia, accanto al gramofono, lasciando il posto a chi veniva dopo di me.

“Nonostante ciò te la sei cavata egregiamente.” Mi confidò, prima di voltarsi di nuovo verso la fila. Lo vidi impallidire quando vide che toccava a Potter. Impossibilitato a trattenersi, il professore si frappose tra Harry e il Molliccio, che aveva mutato la sua forma in un Dissennatore.

Osservai la luna che era apparsa ora al posto del mostro e corrugai la fronte, non capendo a cosa si riferisse ora il molliccio. Lupin lo rinchiuse nuovamente nell’armadio e poi ci congedò in fretta e furia, senza nemmeno darci una spiegazione logica, ma scatenando solo domande che non sembravano voler trovare una risposta.

 

Il libro che Lupin mi aveva consigliato era illuminante.

Tappa dopo tappa, esso prometteva di aiutare qualunque mago o strega a sviluppare l’attitudine necessaria per diventare un Animagus. Non senza faticare parecchio, però.

-Solo stregoni potenti e qualificati sono in grado di diventare Animagi. Il processo è lungo, arduo e non privo di rischi, infatti, la trasformazione può fallire o peggio ritorcersi contro lo sventurato neofita, con terribili conseguenze. Tuttavia, una volta che la formazione è completata, un Animagus può cambiare a piacimento in qualsiasi momento, con o senza bacchetta. A causa della complessità della magia richiesta per diventare Animagus, maghi e streghe con questa abilità sono davvero rari, inoltre, non è escluso che per sviluppare questa abilità sia necessaria anche una naturale predisposizione…-

Jenna, che avevano dalla sua una madre in grado di diventare una splendida aquila, sosteneva che io avevo un ché, qualcosa che mi avrebbe facilitato la trasformazione.

Io, che volevo farlo più per ambizione di poter vantare una simile abilita che per altro, non avevo niente da perdere, quindi mi di applicai.

Il primo passo era quella che Calcius chiamava ‘preparazione mentale e scolastica’. Ovvero, trecento pagine di teoria magica sull’argomento, che mi lessi con calma durante la prima settimana da quando mi ero permessa di prendere quel volume in biblioteca senza passare per la signorina Price. Mi avrebbe uccisa per questo, ma ci avrei pensato poi.

-Un Animagus può trasformarsi in un solo animale e questo non viene scelto dal mago ma è determinato dalla sua personalità e dai suoi tratti innati. Inoltre, ogni Animagus, quando assume la forma animale, è contraddistinto da un “marchio di identificazione” che è causato da un tratto caratteristico del suo corpo umano. Questa può essere una peculiarità fisica, come la struttura dentale, oppure un tratto acquisito, come gli occhiali.-

Leggevo tutto con molta, molta attenzione, mentre attorno a me le altre ragazze si preparavano a dormire, non risparmiandosi nemmeno un pettegolezzo.

“Ho sentito dire che la professoressa Herschel e il professor Lupin sono stati avvistati parecchie volte insieme.” Stava cincischiando la Parkison mentre si pettinava i capelli, parlando con voce cospiratoria.

“La professoressa di Astronomia?” chiese Adrianne scettica, mentre io giravo la pagina, imparando che dovevo usare un incantesimo per stregare i miei vestiti, prima di una trasformazione, per evitare di rimanere nuda dopo “Ma non è molto più giovane di lui?”

“Non troppo.”  Si intromise la Davis, che sembrava aver studiato le generalità dei professori per potersi permettere quel parere azzardato.

“La professoressa Herschel è arrivata l’anno scorso!” insistette Adrianne, ricordando a tutti come un malore avesse portato la professoressa Sinistra, ormai in la con l’età, a lasciare la cattedra alla nuova leva, a metà febbraio dell’anno precedente “Avrà si e no ventiquattro anni!”

“Si veste come se ne avesse il doppio.” Fu il commento malevolo della Greengrass, che scatenò le risatine delle sue amichette e la chiusura delle tende del mio baldacchino, con annesso incantesimo insonorizzante.

Non mi interessavano quei discorsi, mi interessava arrivare al secondo passo, ovvero quello della preparazione fisica.

Il terzo sarebbe stato, poi, la trasformazione.

Mi sarei applicata ogni singolo giorno per arrivarci, finalmente anche io avevo un obiettivo che non fossero semplicemente i voti scolastici e che non riguardasse clubs o il Quidditch.

Non so perché lo volevo così tanto, ma sentivo che era la cosa che faceva per me.

Sarei diventata un Animagus, era nel mio destino, anche se sarebbe stato difficile. Non avevo mai visto degli incantesimi così difficili in tutta la mia vita.

 

 

Il coronamento del terzo anno fu il primo viaggio di piacere nel paesino di Hogsmeade, alla fine del primo mese di scuola.

Passai il mio permesso, firmato da papà, a Gazza, che a sua volta li passò tutti alla Professoressa McGrannit. Lei non si risparmiò di certo le solite raccomandazioni, soprattutto circa il comportamento da tenere in visita, ma non ci trattenne oltre.

Partii decisa assieme alle mie due migliori amiche e insieme visitammo più o meno tutti i negozi più belli. Prima di chiuderci in qualche locale per bere qualcosa di caldo –non faceva ancora freddo, ma il vento settembrino non era comunque piacevole – proposi di andare a vedere anche la Stamberga Strillante e sia Adrianne che Jenna accettarono più che volentieri.

C’erano delle leggende, dietro a quel luogo, che tutte conoscevamo e ci facevano accapponare la pelle esattamente come la prima volta che le avevano sentite, nella Sala Comune, raccontate dai ragazzi più grandi.

“Fino ad alcuni anni fa si sentivano delle urla disumane.” disse Jenna mentre ce ne stavamo appoggiate alla recinzione a guardare verso la decadente struttura. “Me l’ha detto mia zia, vive ad Hogsmeade da quando ha iniziato a lavorare all’ospedale delle Creature Magiche.” Gli occhi chiari della ragazza saettarono sulle finestre, come se fossero alla ricerca di qualcosa “Chissà come mai ora non si sente più niente.”

“Avranno traslocato” disse Adrianne, ridacchiando come se quella fosse una battuta geniale.

Presa come ero da quell’orrore di battuta, che mi portò a spingere la mia amica, non mi accorsi che qualcuno si stava avvicinando a noi. Una mano mi pizzicò il fianco facendomi sobbalzare, mentre Adrianne, che venne alzata da terra da due braccia forti, lanciò addirittura un urlo niente male, sopratutto per qualcuno che sostiene di non aver paura delle storielle da campeggio.

“Ragazze, dovreste vedervi.” disse Nott, che si era scostato abbastanza velocemente da me da evitare una gomitata, mentre Blaise lasciava andare Adrianne.

“Sembrate ancora scosse.” aggiunse Zabini, sorridendo alla mia amica come per farsi perdonare. Lei lo guardò stizzita i primi secondi, prima di cedere a quella che ormai era una cotta non da poco.

Non mancava nemmeno Malfoy all’appello. Mi guardò mentre arrivava con tutta calma, tenendo le mani ben piantate nelle tasche. Aveva un’espressione da schiaffi, come al solito “Venite a bere qualcosa con noi o preferite rimanere qui a guardare un mucchio di rovine decadenti?”

“Sembri molto sicuro di te.” Affermai, incrociando le braccia sul poncio azzurro di lana che portavo per contrastare il freddo “Scommetto che però non hai il coraggio di entrare nella Stamberga.”

“Come, Blake? Vuoi sfidarmi?” mi domandò  sprezzante, prima di indicare il sentiero che portava alla casa in rovina con la mano ancora fasciata. “Andiamo allora. Insieme.”

Io non mi mossi per un attimo, chiedendomi dove avesse trovato tutto quel coraggio che, di sicuro, non era una sua prerogativa. Poi, per paura di perderci la faccia, mi sbrigai a precederlo, passando oltre il cancelletto scardinato da anni. Sentivo dei passi dietro di me, insieme alle risate dei ragazzi e le richieste di tornare indietro delle mie amiche.

Se sperava di spaventarmi, non ci sarebbe riuscito, anche se dovevo ammettere che più mi avvicinavo, più la Stamberga mi faceva paura. Mi si stringeva lo stomaco e anche lui sembrava aver perso tutta la sua sbruffonaggine “Facciamo così” disse di punto in bianco, prendendomi il polso e facendomi fermare ai piedi della scalinata di pietra che portava all’ingresso della casa. A nasconderci c’erano delle rocce, infatti non vidi Jenna e Adrianne quando mi voltai “Diciamo agli altri che siamo entrati, ok? Non dobbiamo farlo per forza.”

“Hai paura Draco?”

“Mai come te. Se vuoi entrare, continuiamo.”

Io mi morsi il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. Non volevo entrare, non era nello spirito di autoconservazione di un Serpeverde voler rischiare di rompersi una gamba per niente, ma ero nel contempo troppo orgogliosa per fare una così pessima figura agli occhi degli altri. Così decisi di essere ragionevolmente furba.

“Ok, diremo così.” Asserii alla fine, facendolo sospirare sollevato “Ci fermiamo qui per qualche minuto? Dobbiamo perdere un po’ di tempo o capiranno che mentiamo. O peggio. Penseranno che siamo scappati di corsa.”

Lo guardai annuire e sedersi sul primo gradino, lanciandosi prima un’occhiata alle spalle. Io lo imitai, abbracciandomi le ginocchia e tenendo gli occhi sulla pavimentazione brulla sotto i miei piedi per tutto il tempo che riuscii. Lui, però, non mi stava rendendo facile il momento. Sentivo i suoi occhi sul mio profilo.

Alla fine cedetti, voltandomi a mia volta “Cosa c’è?” chiesi con tono stanco, pronta a una freddura o una battuta, che però non arrivò. Lui rimase fermo, con gli occhi grigi ben piantati nei miei, impantanando il mio sguardo nel suo. Anche volendolo, non sarei riuscita a spostare gli occhi, un po’ per paura di perdermi qualcosa un po’ perché mi piaceva, quel momento, seppur mi facesse sentire così strana…

Vulnerabile.

Draco, però, aveva un bel piano in testa. Ci mise diversi minuti a prendere il coraggio a due mani, ma alla fine portò un braccio dietro alla mia schiena e si fece più vicino. Ciò che seguì fu il mio primo bacio.

Trattenni il respiro per un istante, mentre  lo guardavo chinarsi su di me, sempre senza staccare gli occhi dai miei. C’era qualcosa di incredibilmente goffo e romantico in quel suo gesto, qualcosa che ancora mi fa scaldare il cuore.

All’inizio fu esattamente come se il mio cervello stesse rigettando l’idea che quelle sulle mie erano le labbra di Malfoy. Poi, lentamente, l’imbarazzo iniziò a diminuire e riuscii a chiudere gli occhi, ricambiando l’attenzione con la stessa timida inesperienza dell’altro.

Fu un bacio casto, di una dolcezza che forse non avrei mai attribuito a Draco Malfoy. Mi sarei messa a ridere se la Cooman me l’avesse predetto, eppure eccomi lì, a stringermi piano contro di lui, mentre la mia mano saliva verso il suo collo, sfiorandone la base come spaventata di interrompere la magia.

Era piacevole.

Era il mio primo bacio.

La mano salì ancora, seguendo i contorni un po’ spigolosi del viso del biondo, per poi andare ad appoggiarsi alla spalla.

Ci staccammo quando un tonfo sordo, proveniente dalla casa, ci fece trasalire. Entrambi schizzammo in piedi, prima di renderci conto che il bacio aveva la priorità. Passammo da spaventati a imbarazzati in un secondo e distogliemmo lo sguardo l’uno dall’altra.

“Cosa facciamo ora?” chiesi per rompere il silenzio, mordendomi nervosa l’unghia del pollice. Lui si prese un altro paio di secondi e poi, stupendomi, tornò a sedersi sul gradino, facendomi segno di accomodarmi.

“Aspettiamo ancora un po’, o non saremo credibili.” mi disse calmo, nonostante tutto, attendendo che avessi ripreso posto prima di parlare nuovamente “Parlami di te” disse di punto in bianco.

Lo guardai stranita. Che diavolo di richiesta era quella? Draco non sembrava il tipo di persona che si sedeva e semplicemente chiacchierava del più e del meno “Cosa dovrei dirti? Mi conosci da anni.”

“No, ti ho incontrata da anni. Ma conoscere una persona vuol dire altro. Dimmi qualcosa di te.” Borbottò un po’ scocciato, ma sapevo che doveva essere l’intera situazione di imbarazzo. Decisi di accontentarlo, così sparai la prima cosa che mi venne in mente.

“Non saprei che dirti, così di punto in bianco. Quando si parla di me, a casa, di solito mio padre mi guarda e dice sempre che sono il contrario di mia madre.”

Draco mi guardò stupito e sinceramente lo ero anche io. Non parlavo mai di lei. Nemmeno le mie sorelle o lo stesso Peter Blake parlavano mai di Margaret.

“Com’era?” mi chiese il biondo, evitando accuratamente di guardarmi.

“Molto bella.” Fu la sola cosa che mi venne da dire, in quel momento.

“Allora sì che sei diversa.” decretò  ironico, facendomi ridacchiare piano.

“Era una donna davvero particolare, buonissima, forse troppo. Teneva al suo lavoro più di qualsiasi altra cosa, e questo, a noi, è costato caro. Io di lei ho pochissimi ricordi.” ammisi, torturandomi le mani. Non avevo mai fatto quell’ammissione a nessuno, nemmeno a Jenna e Adrianne.

“Deve essere stata dura.” disse Draco, pensieroso. Non lo credevo capace di discorsi così seri. “Mia madre, al contrario, è fin troppo protettiva.”

“Per me è lo è papà. Lui è fondamentale per noi.” gli dissi, senza quasi rendermene conto, iniziando a parlare a ruota libera “Lui tiene unita la famiglia. Se non ci fosse stato lui, sarebbe stato molto peggio crescere senza la mamma.”

Parlare a Draco, denudare in un certo senso la mia anima davanti a lui, fu fin troppo facile, perché anche lui prese ad abbattere tutte quelle barriere che aveva posto davanti a sé  per schermarsi.

Davanti a me non c’era il solito, spavaldo Malfoy, ma un normale quattordicenne con i suoi problemi e i suoi pensieri.

A me, quel ragazzino, piaceva davvero molto.

Alla fine, decidemmo di tornare dagli altri, ma  dovevamo aver perso anche troppo tempo perché al nostro arrivo dove ci eravamo separati non trovammo nessuno. Scambiai uno sguardo con Draco e lui alzò le spalle con non curanza “Andiamo ai Tre Manici di Scopa. Li troveremo lì.”

Annuii e quando lui mi porse il braccio con fare galante, io lo afferrai senza troppi pensieri. Camminavamo verso l’osteria in silenzio, come se tutto l’imbarazzo si fosse manifestato così, all’improvviso. Arrivati alla nostra meta ci sedemmo un po’ in disparte, al solo tavolino libero. Subito ci arrivarono le Burrobirre calde e esse aiutarono non poco l’atmosfera. Riprendemmo a parlare, anche se questa volta ci concentrammo su Draco e i suoi allenamenti di Quidditch, un argomento quindi molto più leggero.

Guardai alla mia destra, sentendomi osservata con insistenza, e scontrai gli occhi con quelli serpentini di Daphne Greengrass e sua sorella Astoria. Lei due mi salutarono con falsa allegria, prima di iniziare a borbottare fra loro. L’espressione che avevano mi piacque molto poco.

Non sapevo se avevo in qualche modo fatto breccia nel cuore di Draco, era presto per dirlo, ma in ogni caso, avrei tenuto a portata di mano la mia bacchetta.

Giorno e notte.

 

 

Alla fine rimasi sola con Draco tutto il giorno e non mi ricongiunsi alle mie amiche fino a sera. Ero già pronta alle battutacce e al terzo grado, ma qualcosa di grave mi salvò.

Infatti, al ritorno nel castello ci attese un’amara sorpresa: Sirius Black era riuscito ad entrare nella scuola, cercando di fare irruzione nella Sala Comune dei Grifondoro. Aveva distrutto il quadro della Signora Grassa, prima di sparire nel nulla, come vapore. Il professor Silente ci chiese di radunarci tutti quanti nella Sala Grande per passare li la notte, controllati dai professori.

Io mi sentivo nervosa, ricordo bene che mi guardavo attorno intimorita. Papà mi aveva raccontato tante cose su quell’uomo, ma ciò che mi sconvolgeva era altro: come aveva fatto ad entrare nel posto più sicuro al mondo? Quella era la nostra casa, un luogo in cui sentirci al sicuro, protetti.

Per me, non aveva alcun senso.

Mi misi a sedere su una delle brandine, accanto a Adrianne, mordendomi le unghie come sempre quando ero nervosa. Draco prese posto in quella libera alla mia destra “Che ti prende?” mi chiese, guardandomi stranito.

Io alzai le spalle “Un po’ di fifa credo” ammisi con un sorrisetto.

Lui non  ricambiò il sorriso, sistemando la brandina e slacciandosi la vestaglia, per potersi stendere.“Non dovresti aver paura.”

“Mi difendi tu?” lo presi un po’ in giro e lui alzò un sopracciglio. Lo guardai spingere la sua brandina più vicina alla mia, prima sfilarsi la vestaglia,  rivelandomi  il suo pigiama nero.

“I professori lo faranno, ma io posso tenerti d’occhio da vicino.” mi disse, stendendosi. Non smise però smettere di guardarmi negli occhi “Rilassati, non ci accadrà nulla. Silente non lo permetterebbe mai.”

Sapevo che Adrianne non si stava perdendo nemmeno una battuta, ma non me ne curai in quel momento. Annuii e mi sdraiai a mia volta su un fianco, e così fece anche lui. Potevamo continuare a guardarci negli occhi, così.

Gli altri, attorno a noi, parlavano fra loro ma io che ero sempre stata un ottima ascoltatrice, non mi infilai in nessun discorso. Continuavo a scambiare occhiate con Draco, che invece non si risparmiava un commento, ma però poi tornava a guardare verso di me. Alla fine, il  professor  Vitiuos chiese a tutti di dormire e fece spense simultaneamente tutte le candele.

“Cosa pensate che sia accadendo?” chiese a bassa voce Theo, da qualche parte dietro di me.

“Lo stanno cercando.” si limitò a rispondere Malfoy, mentre Blaise sbuffava.

“Ancora non ci credo che è entrato nel castello..” sussurrai con voce impastata, mentre tenevo già gli occhi chiusi nella vana speranza di calmarmi e dormire. Quel giorno sarebbe così finito e io avrei potuto conservare solo i bei ricordi di ciò che avevo vissuto, per la prima volta, vicino alla Stamberga Strillante. Sentii la mano di Draco appoggiarsi al mio fianco, delicata, per darmi la buona notte. Senza pensarci due volte scesi ad afferrarla, stringendola nella mia e tenendola stretta.

Mi dava coraggio e mi fece calmare subito.

Quando mi addormentai, poco dopo, ero convinta che Draco stesse ancora vegliando su di me.

 

 

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Capitolo 8
*** Chapter Seven: ‘….Who effaces his tracks in the sand with his tail.’ ***


11

Nda:  In questo capitolo, finalmente, scopriamo che animago è la nostra Dahlia!
Qualcuno ci ha già pensato? Sono aperte le scommesse!
Ci sentiamo con delle piccole note alla fine, così non rovino la sorpresa a nessuno!

Buona lettura
NN


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Seven: ‘….Who effaces his tracks in the sand with his tail.’

                                    

Piton che entrava tutto trafelato nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure e chiudeva tutti gli infissi per far buio non era una cosa che si vedeva tutti i giorni, ma io ebbi la fortuna di assistervi. “Andate a pagina 394”.

La lezione l’avrebbe dunque tenuta lui. Non sembravano esserci errori.

Scambiai uno sguardo con Draco, che ormai da qualche giorno era diventato il mio compagno di banco, seppur non ci fossero stati ulteriori sviluppi amorosi fra noi due,  che mi sorrise soddisfatto prendendo il libro.

Io,  che invece apprezzavo moltissimo le lezioni di Lupin, non piacque molto quello scambio. Piton era uno dei miei professori preferiti, ma vederlo al di fuori dell’aula di Pozioni mi mise in allerta.

“Secondo te cosa è successo a Lupin?” sussurrai verso il biondo, che stava scarabocchiando qualcosa su di un foglio. Un disegno a dir poco osceno, ma non tanto per come era disegnato, ma per cosa c’era raffigurato “Ma dai, perché devi fare sempre lo stupido?!” Guardai la caricatura di Harry Potter in groppa alla sua scopa e, appena il biondo appoggiò al disegno la bacchetta, fu colpito da bolidi e fulmini.

Lo guardai ridacchiare “Mettere sotto pressione Potter è un divertimento costante.” Rispose, iniziando a piegare il foglietto sapientemente.

Decisi di ignorarlo per concentrarmi sulla lezione, dedicata ai lupi mannari. La Granger non perse occasione di dimostrarsi come al solito la più intelligente e alla domanda di Piton sulle differenze tra lupi mannari e Animagus, alzò la mano per prima.

“Nessuno?” domandò il professore, deciso ad ignorarla. A quel punto alzai anche io la mano, visto che la differenza mi era ben chiara. L’avevo letta sul manuale di Clasius qualche sera prima. Piton si voltò e appena vide la mia mano alzata fece un breve sorrisetto. “Signorina Blake, sono tutto orecchie.”

“Un Animagus è un mago che sceglie di trasformarsi in animale di sua spontanea iniziativa, dopo mesi di lavoro passato su pratiche magiche di alto livello, ben oltre il livello del Fattucchiere Ordinario.” Iniziai a sciorinare, mentre il professore mi guardava già con soddisfazione malcelata dal cipiglio severo. “Un lupo mannaro, al contrario,  non ha scelta. Ad ogni luna piena quando si trasforma, perde ogni libero arbitrio. Non risponde a niente e nessuno, se non al richiamo della sua stessa specie.”

Draco si voltò verso di me emettendo un acuto ‘Auuuuh!’ da lupo che fece ridere mezza classe e fu anche approvato dal professore.

“Grazie signor Malfoy.” Disse Piton, appoggiandosi al nostro banco “E grazie anche alla signorina Blake per questa eccellente risposta. Cinque punti al Serpeverde.”

Ringraziai il professore con uno sguardo, prima di prendere in mano la penna.

Poi guardai Draco, mentre lui inviava il foglietto a Harry con un ghigno crudele. Mi piaceva averlo vicino tutto quel tempo, non potevo negarmelo. Abbassai gli occhi sul libro, ascoltando la spiegazione del professore e cercando di non pensare a nient’altro.

A niente di troppo compromettente, nella fattispecie.

Il rumore della pioggia mi distrasse da ogni pensiero e riflettei sul fatto che, il giorno successivo, la partita di Quiddicht tra Tassorosso e Grifondoro, sarebbe stata parecchio umida, se il tempo non si fosse quietato.

 

La mia avventura dell’anno precedente, che mi aveva portata a una punizione insieme a Malfoy all’interno del magazzino di Piton mi aveva insegnato a tenermi lontana dalla Foresta Proibita, ma non a restarmene di notte nel mio dormitorio.

Non avevo più trasgredito il coprifuoco se non per rimanere più tempo in biblioteca, però quando passai alla fase tre del mio percorso da Animagus, una volta passate le vacanze di Natale, mi urgeva avere più spazio e più tempo senza essere disturbata.

All’inizio iniziai a provare la mutazione nelle ore di buco pomeridiane, ma le mie sparizioni improvvise attiravano le domande dei miei compagni di Casa e la cosa non mi stava bene per niente. Dovetti quindi tornare ad uscire da sola la notte.

Stavo attenta a non incontrare nessuno, non volevo che qualcuno si mettesse nei guai per me. Se fossi stata scoperta, non avrei avuto un Malfoy a prendersi la colpa, questa volta.

Uscire dalla scuola, per noi Serpeverde, non era poi così difficile. Non come per un Grifondoro o un Corvonero, per lo meno e perché mai un Tassorosso avrebbe dovuto anche solo provarci? Mentre le altre due case dovevano scendere dalle torri e la terza non si poneva nemmeno il problema –davvero, cosa facevano tutto il giorno per divertirsi??- noi potevano contare su Prefetti che proprio non avevano voglia di pattugliare i corridoi e vie di fuga più rapide. Il solo problema era rappresentato dal portone, perché esso iniziò a venir chiuso tutte le sere, dopo la retata di Black.

Fortunatamente, nel mio peregrinare per la scuola senza senso, trovai una stanza che si prestava più facilmente al mio scopo, nel terzo piano della scuola. Era difficile raggiungerla senza destare sospetti, ma dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscii a impararmi i ritmi di ronda dei Prefetti di Corvonero, fin troppo precisi a darsi il campo e andare a letto. Almeno potevo sperare di stare un po’ di al caldo, all’asciutto e non rischiavo di rimanere chiusa fuori.

Raggiungere la stanza era difficile, ma venivo ripagata di ogni sforzo quando mi ritrovavo da sola, per almeno un paio di ore, a concentrarmi e studiare. Mi sentivo sempre più vicina, più sicura di arrivare al risultato sperato, così continuavo ad insistere, notte dopo notte, per tre notti a settimana.

All’inizio di marzo, le notti diventarono quattro ogni sette. Come sempre fingevo di andare a letto, aspettavo che le altre crollassero addormentate e poi mi infilavo qualcosa di veloce e uscivo dal dormitorio con il mio libro sotto il braccio, la bacchetta e il mantello allacciato a metà per la fretta.

Attraversavo veloce i sotterranei, uscivo qualche scalinata più avanti per evitare la Sala Grande e poi iniziavo a salire fino al terzo piano, dove rimanevo così tanto che, al ritorno, non era necessario far troppa attenzione. Non trovavo mai nessuno.

Si sa però, troppa leggerezza porta a fare errori stupidi.

Erano da poco passate le quattro, quando troppo stanca per continuare, decisi di tornarmene a letto. Ogni volta che mi avvicinavo di più alla mia meta diventavo più bramosa e quindi dover rinunciare per riposarmi mi atterriva un po’. Sul libro c’era scritto a chiare lettere che non sarei diventata una Animagus dall’oggi al domani, ma speravo di avere qualcosa di davvero speciale che potesse portarmi a riuscire prima. Non sembrava così, quindi con non poca amarezza, lasciai la stanza, chiudendomi la porta alle spalle.

Con un po’ troppa enfasi, oserei dire, visto che il tonfo rimbombò per tutto il corridoio e oltre le scale, insieme a una voce, che proveniva proprio da esse.

“Hai sentito?”

Mi acquattai dietro al corrimano, notando il Professor Lupin e la professoressa Herschel. Se ne stavano in piedi, con il naso rivolto verso di me. Mi misi a sedere in terra contro la balaustra di pietra, con il cuore a battermi nelle orecchie e la paura di essere stata scoperta.

Nonostante parlassero entrambi piano, l’eco delle voci dei professori mi rimandava il loro discorso, facendomi sentire cosa dicevano “Potrebbe essere uno studente fuori dal letto.” Fu il commento divertito della professoressa di Astronomia.

“O uno spiffero.” Fu quello di Lupin, che seguì poco dopo, facendomi sospirare sollevata. Se avevo fortuna, non avrebbero indagato “Ti ringrazio per la serata, Penny.” Stavo giusto per sgattaiolare via, ma quel soprannome così intimo mi fece desistere. Alla fine la Davis e la Parkinson avevano ragione?? “Non mi capita mai di vedere così nitidamente le stelle.”

“lo capisco.” Fu la risposta, pronunciata con tono morbido dalla Herschel, “Tra due giorni ci sarà la luna piena. Se hai bisogno di qualsiasi cosa sai-”

“Lo apprezzo davvero molto.” la interruppe Lupin e i due rimasero in silenzio per un minuto almeno. Forse si stavano baciando? O semplicemente guardando? Non potevo alzarmi per controllare e la curiosità mi stava mangiando viva “Buonanotte.”

“Buonanotte, Remus.”

Un paio di piedi scesero le scale, gli altri due le salirono. Attesi di non sentire più passi, prima di muovermi. Anche volendo non avrei potuto raccontare alle altre cosa avevo visto o mi sarei ritrovata a giustificarmi per un’uscita notturna e io odiavo giustificarmi.

Però avrei dovuto comunque farlo, quella notte.

Infatti, girato l’angolo, pronta a scendere le scale nord del terzo piano per arrivare precisamente di fronte alla parete della Sala Comune dei Serpeverde, mi ritrovai di fronte Remus Lupin con addosso l’espressione meno sorpresa della storia.

Io, al contrario, sbiancai.

Doveva aver fatto il giro molto velocemente per sorprendermi lì, segno che mi aveva vista benissimo mentre mi nascondevo e origliavo la sua conversazione con la professoressa Herschel. Fantastico.

“Buonasera, Dahlia. Un po’ tardino per un incontro notturno, non credi?” mi disse con tono vagamente divertito, ma non per questo meno serio.

Io deglutii “Buonasera, professore. Sì io…. Ha ragione.”

Mi guardò, poi guardò il libro che tenevo fra le mani. Alla fine parve soppesare qualcosa e io pensai che la domanda fosse ‘quanta voglia ho di portare una studentessa ora da Piton?’. Sì, sembrava che sarebbe finita così, ma invece il professor Lupin decise di stupirmi.

“Vieni con me, forza.”

Inutile dire che mi ritrovai nel suo ufficio, pensando rapidamente a una scusa da propinargli mentre aspettavo una gran bella ramanzina.

“Non riesco a dormire, professore” Buttai lì, mentre il libro che tenevo in mano veniva appoggiato al centro della sua scrivania. Se si fosse sentito preso in giro, ne avrebbe avuto motivo. “Pensavo che un giretto all’aria fresca potesse conciliarmi il sonno…

“Un giretto usuale, immagino” si alzò, andando verso il camino ancora acceso per controllare un vecchio petolino pieno di acqua. Vi versò dentro qualcosa, prima di tornare da me “La prossima volta che vorrai conciliarti il sonno vieni qui da me” disse, acchiappando un paio di tazze e tornando alla scrivania solo per sedersi, porgendomi una delle due, quella non sbeccata “Questa tisana ti aiuterà, e un sorso aiuterà anche me.”

“Grazie.” Dissi cortese, stringendo fra le mani la porcellana che andava via a via scaldandosi.

Lui si concesse il tempo di tre sorsi, prima di domandare. “Da quanto tempo cerchi di diventare un Animagus?”

“Meno di un anno, professore.” Gli risposi, prendendo una zolletta di zucchero per aggiungerla alla bevanda amarognola. Sapeva di liquerizia, quando fu opportunamente corretta.

“Quest’idea da dove viene?” chiese ancora, senza particolare inflessione nella voce. Sembrava semplicemente curioso.

“L’anno scorso, durante una lezione della McGrannit, ho avuto i riflessi molto pronti.” Gli confidai, decisa a dire la verità “Jenna sosteneva che, secondo lei, avevo delle potenzialità nascoste.”

“Affascinante. La signorina Bell però non ha saputo fornirle altri dettagli, immagino.”

“No, professore.”

“L’ho fatto io…” mormorò distrattamente, aprendo il libro e sfogliandone le pagine con poca attenzione, fermandosi qua e la a guardare immagini. Sembrava conoscerlo molto bene, quel manuale “Dahlia, non c’è niente di male in quello che stai facendo. Eccetto trasgredire le regole sul coprifuoco, ovviamente.” Mi disse, sorprendendomi “Mi sta bene, se vuoi diventare un Animagus. Lo trovo un modo bellissimo di esprimere potere magico e sa essere anche utile. Ma non posso permetterti di scorrazzare per la scuola la notte, viste anche le recenti complicazioni che la presenza di Black ha portato.”

“Ma professore, non posso studiare queste cose davanti agli altri.” Provai a giustificarmi “Ho bisogno di silenzio e precisione. Nel dormitorio non posso assolutamente esercitarmi.”

“Lo capisco. Ma ho promesso a Peter di tenerti al sicuro.” Quando citò mio padre, io non riuscii a trattenere un sospiro  “Se tu vai in giro la notte, io non posso far molto.”

“Papà non sa nulla della mia… nuova fissazione” ammisi e annuì lentamente, chiudendo il libro per recuperare la tazza e prendere un nuovo sorso “E poi Sirius Black cosa mai può fare contro un animale? Potrei diventare una pantera! Oppure qualcosa di molto piccolo, che non può essere visto nei corridoi bui.” Le ipotesi erano così tante che avevo l’imbarazzo della scelta, se volevo giustificarmi “Non lascio la scuola, professore, e non faccio nulla di male. Tutto questo è a fine accademico, dopotutto.”

“Una pantera si può uccidere, se si ha una bacchetta in mano” mi freddò il professore, con tono di chi non ammette replica “Avere gli artigli e le zanne potrebbe non salvarti affatto e l’animale più piccolo può comunque cacciarsi in brutte situazioni.” Fece una pausa, unendo le mani sotto al mento “Capisco, capisco davvero e non sai quanto. Però, se ti troverò di nuovo in giro la notte, dovrò fare rapporto al professor Piton affinché ti assegni una punizione. Non posso coprirti, lo capisci, vero? Le regole valgono per tutti allo stesso modo.”

“Ha ragione. Mi scusi .” presi a sorseggiare la tisana, sentendomi anche vagamente in colpa per aver provato a convincere un professore a coprirmi le spalle.

“Sai, Dahlia” il suo tono addolcito mi portò a rialzare gli occhi nei suoi, che però ora guardavano il libro con espressione assorta “Quando avevo la tua età, anche a me piaceva gironzolare la notte per il castello.” mi raccontò. “Io e i miei amici ne abbiamo fatte di tutti i colori, cercando di non essere scoperti. W anche se l’atto in sé non  può venire giustificato, non c’era nessun assassino a piede libero, allora.”

“Davvero?” non capii perché me lo stava confidando. Lupin sembrava un uomo molto introverso, che si faceva gli affari suoi, così azzardai un ipotesi “Anche lei è un Animagus?”

Immerse il viso nella tazza per prendere l’ultimo sorso,  prima di sorridermi appena “No, non lo sono. Ma avevo altri… Ehm, modi per farmi gli affaracci miei… Erano tempi diversi, anche se non si dovrebbe infrangere le regole a prescindere. Ora, come hai potuto vedere, non ho più bisogno di sgattaiolare in giro.”

Visto che aveva tirato fuori lui quell’argomento, mi sentii quasi in dovere di fare un commento. Seppur rispettosamente, sorrisi, appoggiando la tazza per dissimulare le mie parole e nasconderle dietro quel movimento “La professoressa Herschel è molto carina.” Buttai lì, spingendo la tazza verso l’uomo e guardandolo.

Lui ridacchiò, visibilmente in imbarazzo “Molto, è vero. È anche molto gentile. Ha conoscenze di Astronomia che vanno ben oltre quel che mi aspettavo ed è stata così gentile da tenere per me una lezione sui cicli lunari.” Fece una pausa, passandosi una mano sui baffi, prima di sospirare “Domani è sabato, dopotutto. Possiamo rimanere a dormire tutti fino a tardi.”

“Come ha ragione, professor Lupin.” Annuii,  mentre un primo sbadiglio mi sorprendeva “Penso che stia facendo effetto.”

 “Confermo, sta facendo effetto anche a me. Forza, vai a riposare.” mi esortò nuovamente, restituendomi il libro di Calcius prima di alzarsi per aprirmi la porta “Ah, solo una cosa.” Lo vidi tentennare, come indeciso se dire o meno qualcosa. Alla fine, una decisione dentro di lui prese il sopravvento, perché parlò di nuovo “Non andare in giro per la Foresta Proibita, specialmente nelle notti di luna è piena, quando sarai in grado di trasformarti.  In tesi?”

Io lo guardai annuendo e poi lasciai il suo studio, perplessa, dopo avergli augurato la buonanotte. Una volta arrivata alla sala comune, mi sedetti sul divanetto, tenendo il libro sulle ginocchia. Qualcosa, nella mia testa, scricchiolava. Una reminescenza della lezione con Piton di qualche mese fa.

Animagus. Lezioni sui cicli lunari. Notti di luna piena.

Alzai di colpo il capo, boccheggiando un istante. E se il professor Lupin….

No, sicuramente mi sbagliavo.

Dopotutto, quale pazzo avrebbe permesso a un lupo mannaro di insegnare? Mi diedi della stupida, per averci anche solo pensato. Il professor Lupin era un ex Auror, ne aveva viste tante nella vita, ed era malato. Per quello mancava spesso.

Anche se….

No, non poteva essere.

Mi alzai andando a letto, decidendo di non chiedermi altro. Perché era assurdo quel pensiero che mi era balenato nel cervello.

 

 

Lupin poteva stare tranquillo, perché ci misi ancora diversi mesi a prenderci la mano.

Non ottenni risultati tangibili, fino a fine aprile.

Fu un una primaverile nottata, a metà settimana, che qualcosa cambiò. Me lo sentivo che ci sarei riuscita, non so perché, ma avevo la percezione che ogni mio senso fosse pronto per accettare la mia controparte animale, finalmente.

Quando successe, fu strano.

Sapevo che sarebbe successo, certo, ma non come sarebbe successo.

Fu come fare una doccia gelata.

Una serie di brividi partì dalla nuca, scendendo lungo la schiena e fermandosi nel mio ventre, insieme a una sensazione di calore.

Il mondo, attorno a me si fece improvvisamente più grande, profumato e distinto. Più il mio mondo si ampliava, più mi sentivo in simbiosi con l’ambiente che mi circondava. Quando quella sensazione di profondo scombussolamento terminò, mi rimasero solo il raziocinio, di umano.

Ogni altro senso si era acutizzato oltre ogni dire, soprattutto l’olfatto, l’udito e la vista. Cercai di abbassare il muso, visto che la vista laterale era un po’ meno buona e non vidi altro che due zampe nere. Distinguendo i colori del libro di Clasius, dedussi che dovevo essere un gatto.

Non era male, i gatti sono veloci e sfuggenti e dentro al castello se ne potevano trovare moltissimi. Non avrei destato troppi sospetti.

Decisi di inaugurare per la prima volta la venuta mutazione con un giro per il castello.

La porta della stanza in cui mi trasformavo non si chiudeva mai troppo bene, per colpa di una singolarità del pavimento, così non fu troppo difficile aprirla col muso.

Ero veloce, molto, molto veloce. Riuscivo a sfrecciare per le scale senza scivolare, scenderle e salire. Non era la sola bella notizia.

Seppur non perfettamente, vedevo al buio. Abbastanza da non dover ricorrere alle luci e grazie agli odori nell’aria, amplificati nel mio naso, riuscivo a capire sempre dove mi trovavo, nonostante mi spostassi molto rapidamente e senza una logica.

Arrivai fino al bagno di Mirtilla Malcontenta, ma non vi entrai visto che era allagato. Non che fosse una novità, una volta al mese il fantasma tormentato della ragazza trovava un pretesto per far scoppiare qualche tubatura. L’acqua che correva per il corridoio incontrava, in un punto posto sotto una delle finestre, la luce argentea della luna.

Lì mi avvicinai, sentendo il bisogno di bere un po’. Un piccolo verso uscì fuori dalle mie fauci quando, specchiandomi nel riflesso dell’acqua, mi resi conto di cosa veramente fossi.

Ci misi qualche secondo a registrarlo, però. Il muso allungato, le orecchie diritte, il corpo snello e la coda folta. Ero una volpe.

Ma non una volpe ordinaria. Non avevo un singolo ciuffo rosso sulla pelliccia. Invece, al suo posto, si trovava un manto a sprazzi grigio e nero, come quello delle volpi del nord. Un paio di occhi scuri spiavano l’immagine, espressivi e grandi notando che, qua e là, il pelo grigio assumeva una sfumatura leggermente più vivace, bionda come i miei capelli.

Di tutti gli animali, ero una volpe.

Non ci avevo mai pensato, avevo sempre ipotizzato un animale più domestico, come il gatto o magari una topolino. Invece, la mia indole si rispecchiava nella natura della volpe e non me ne lamentai.

Ero veloce e invisibile.

Ero un’ombra.

 

 

Nda2:  Ecco il risultato finale!
Chi aveva pensato a una volpe? Non è un animale molto usuale, sopratutto di questa categoria.
Dahlia, infatti, è una volpe argentata, un animale davvero bellissimo.
Per la precisione, eccovi due foto per farvi capire precisamente come la immagino:
foto uno
foto due
Animali meravigliosi, le volpi. Tra i miei preferiti.
Ad essi è anche richiamato il titolo del capitolo, una citazione di Niels H. Abel, che completa sarebbe “He is like the fox, who effaces his tracks in the sand with his tail.’’
Detto questo vi lascio con una piccolissima richiesta: odio chi chiede le recensioni, lo trovo poco bello e poco elegante, ma sono ormai otto capitolo dalla pubblicazione della storia e non sto trovando molto riscontro il quel senso.
Non smetterò di scrivere né di impegnarmi, ma mi farebbe davvero molto, molto piacere poter leggere qualche parere, negativo o positivo che sia.
Mi sento un po’ sola così, ecco, visto che le letture ci sono e sono molte (cosa per cui ringrazio davvero tanto)
Passate una buona domenica e a presto!

NN

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Chapter Eight: In the dark of the Night. ***


11

Nda:  Grazie a chi ha commentato e anche solo a chi legge.

Buon capitolo,

NN


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Eight: In the dark of the Night.

                                    

Con una raccapricciante nitidezza, ricordo quella che catalogherei come la terza notte più spaventosa della mia vita. Meritava il podio, e presto anche voi capirete il motivo, ma non fu comunque intensa abbastanza da prendere le prime due posizioni.

Come sempre, però, tendo a mettere il carro di fronte ai buoi. Andiamo quindi per gradi.

Quel pomeriggio mi trovai a perder tempo nella Sala Comune delle Serpi, intenta a leggere un vecchio tomo sulla fauna boschiva trovato in biblioteca, partecipando di tanto in tanto alla conversazione che mi vedeva coinvolta insieme a Theodore e a Jenna riguardo la nostra cara Adrianne, che, da quando si trovava costretta a frequentare i ragazzi a causa della pressante presenza di Draco attorno a me, spariva sempre più spesso senza dire cosa stava facendo. E con lei spariva anche Blaise.

“Ironia della sorte” disse Theo mentre mi prendeva il libro, proprio mentre stavo facendomi una cultura sugli ecosistemi “La freddissima Adrianne si sta per fidanzare con Zabini!” concluse plateale al fine di farsi sentire con più persone possibili, prima di buttare un occhio all’immagine di una volpe, che svettava a piè pagina.

“Ma smettila!” lo ribeccai io, riprendendomi il volume senza troppe cerimonie, pronta ad inventare una scusa nel momento esatto in cui mi avesse chiesto perché stavo leggendo ‘quella roba’.

Non mi chiese nulla, a quanto pare si era arreso esattamente come tutti gli altri alle mie stranezze.

“Appoggia quel libro, Blake. Se continui così, diventerai come la Granger.”

Alzai gli occhi,  sorridendo sghemba a Draco, che mi passò accanto dirigendosi verso di noi, con al seguito  i soliti Tyger e Goyle.

“Dove vai?” domandai, alludendo alla leggera giacca che indossava. Lui fece spallucce, sistemandosi un binocolo sul petto “Dai, vengo con te.” Conclusi, infilando il libro nella mia tracolla e alzandomi in piedi.

“Ma non sai dove sto andando.” replicò lentamente, mentre io mi infilavo la giacchetta che avevo appoggiato allo schienale della poltrona, su cui poi mi ero seduta. Amavo la sala comune dei Serpeverde, ma era costantemente umida, in ogni stagione. Avevamo sempre a portata di mano un indumento pesante, soprattutto chi soffriva il freddo come me.

Alla fine della fiera, Malfoy sbuffò e accettò il fatto che sarei andata con lui. Dopotutto, solo lui poteva pedinarmi e occupare il posto accanto a me a lezione e a cena, senza chiedere? Iniziava a piacermi sul serio, passavamo un quantitativo imbarazzante di ore insieme. Doveva accettare anche che fossi io a prendere l’iniziativa, prima o poi.

“Ma dove siamo diretti?”

Lui non fece una piega, mentre scendevamo insieme i gradini dell’ingresso, diretti nel piazzale di fronte al portone dell’istituto “Oggi si terrà l’esecuzione di quel maledetto pollo che si è permesso di sfregiarmi il braccio, all’inizio dell’anno”

Mi fermai, al sentire la natura di quell’uscita pomeridiana e anche lui smise di camminare, voltandosi per guardarmi. I miei occhi scesero sui binocoli dorati che avevo notato anche prima e poi parlai, prima che potesse farlo lui. “Malfoy, ti prego non dirmi che vuoi assistere a una cosa del genere!”

Mi prese la mano, mentre Tiger e Goyle si scambiavamo uno sguardo che, costatai per nulla sorpresa, sembrava confuso. Quando il biondo prese a tirarmi verso di sé, per continuare a camminare mentre si giustificava per una cosa così ignobile, cedetti e lo seguii. 

“Blake, è una creatura pericolosa.” mi disse, mentre scendevamo lungo il pendio scosceso, fino alla ristretta piana dove dei monoliti rocciosi spiccavano verso il cielo.“Merita questa fine, poteva ucciderci entrambi.”

“Ma non lo ha fatto. Ha solo punito un ragazzino che l’ha insultato.” Portai le mani al viso, portando via poi una ciocca di capelli, che tirai dietro all’orecchio “Se dovessi punire tutti coloro che ti insultano, rimarremmo in sei a scuola. E io non sono così certa di scampare alla selezione!”

Inutile sottolineare che fece orecchie da mercante.

Insieme agli altri due scimmioni, Draco prese posto, iniziando poi a tubare e ridacchiare, manco si trovassero allo stadio. Era in quei momenti che proprio non potevo soffrirlo.  Fierobecco aveva davvero tentato di farci del male, era un dato oggettivo,  e con lui ci era riuscito. Ma Hagrid lo aveva fermato. Mio padre lavorava con i draghi, sapevo benissimo che quel tipo di cose succedeva ogni giorno, quindi era ovvio che quello era un torto personale e non era affatto giustizia.

Non so di preciso in quale momento arrivarono, ma dal nulla sbucarono Potter, Weasley e la Granger. Questa, diretta di gran carriera verso Draco, sembrava avere un solo obiettivo nella vita. Ora gli molla un pugno, pensai infatti, mentre Draco li scherniva “Vi godete lo spettacolo?” chiese con il solito tono sbruffone, ma si ritrovò presto attaccato alla roccia con la bacchetta di Hermione puntata la viso.

“Tu! Brutto, perfido, lurido scarafaggio!”

Hermione no!” la richiamò il rosso, mentre Draco iniziava a piagnucolare con gli occhi chiusi “Non ne vale la pena…

Io e la ragazza ci scambiammo uno sguardo, mentre abbassava la bacchetta. Io non dissi nulla perché la scena fu molto veloce e perché sapevo che, sotto sotto, Malfoy meritava una punizione. Draco guardò i suoi amici con un ghigno soddisfatto che si trasformò in una smorfia di dolore appena il pugno della giovane Grifondoro impattò il suo viso.

Sapevo che sarebbe successo, glielo si leggeva in viso ad Hermione che stava aspettando solo un pretesto.

Draco scappò via  subito dopo, seguitoo da e Goyle  - che avevano ancora una faccia abbastanza perplessa salita “Mi sono sfogata” disse la ragazza, più che altro rivolta alla sottoscritta.

Alzai le spalle “Non credo ne morirà!” convenni con tono vago, prima di sorridere divertita.

“Miseriaccia! Non grande… Magnifica” replicò sognante il rosso, mentre Hermione abbassava gli occhi imbarazzata.

“Vado a tamponare il sangue” dissi con un sorrisetto, passando accanto a Harry che mi fermò, guardandomi con .

“Vuoi venire con noi?” domandò, guadagnandosi un’espressione un po’ sorpresa dai due soci “Andiamo da Hagrid, sperando di tirarlo su di morale. Scommetto che gli farebbe piacere se ci fossi anche tu.”

“Questa volta passo” gli risposi gentile, passando una mano sul suo braccio con fare amichevole “Poi siamo quasi alla fine dell’anno, non vorrei che si trasformasse in una nuova ed eccitante avventura!”

Salutai i tre, prima di tornare verso il castello, con le mani nelle tasche del giacchetto. 

Mi pentii però di non aver accettato quell’invito. Malfoy era una iena e fu difficile per me riuscire a farlo sedere per verificare i danni. Sarebbe rimasto bello, se era quello che lo preoccupava.

E, alla fine, curare l’orgoglio ferito di Draco fu molto più faticoso da sistemargli del  il naso, che la signorina Granger aveva comunque intaccato in modo piuttosto pesante.

 

 

Non riuscii a dormire quella notte, ma non era per il povero Fierobecco. Non dormivo bene in quel periodo e iniziavo a farci l’abitudine. Senza contare che, da quando avevo iniziato a mutare nella mia forma animale, per prendere sempre più confidenza con quel corpo che sì era mio, ma era al contempo nuovo, ogni scusa era buona per correre fuori.

Pensandoci a posteriori, il Destino doveva averci messo lo zampino.

Mi vestii e uscii dalla stanza in silenzio, non guardandomi attorno. Scesi le scale lentamente, trovando Blaise e Adrianne addormentati su uno dei divani, la testa di lui appoggiata su quella di lei e le loro mani intrecciate.

Sorrisi coprendoli con una delle coperte verdi ed argento che sostavamo su divani e poltrone, per poi uscire, mutando nella volpe argentata  appena messo piede fuori dalla  Sala Comune. Anzi, la zampa.

Trovai il portone aperto, cosa strana a cui non diedi però troppo peso e uscii fuori. Solevo correre per i campi, verso il limitare della foresta e poi verso di essa, senza inoltrarmi troppo. Quella sera, però, il piano mutò bruscamente. Il mio percorso si interruppe bruscamente, quando raggiunsi il Platano Picchiatore.

Sentii delle voci e qualche grido. Prima mi immobilizzai, fiutando l’aria e sentendo più di un odore conosciuto, e poi una voce nuova e mai sentita che disse “Remus! Amico mio!” con tono concitato mi attirò del tutto.  

Accovacciata fra i cespugli, immobile, lo vidi. Il professor Lupin, ero certa fosse lui, nonostante non fosse più lui.

Un lupo mannaro. Lo sapevo. Lo sapevo!

Mi si gelò il sangue nelle vene, mentre rimanevo immobile, pietrificata dal muso alla punta della coda, ad osservare come quel grosso mostro si stesse avvicinando a… Erano proprio loro. Ron, Harry ed Hermione.

Perché mi sorpresi?

In uno primo momento non reagii, cosa potevo fare infondo, poi l’arrivo del professor Piton dai meandri del Platano mi rincuorò. Dopotutto era un professore! E nemmeno il più sprovveduto.

….Ok, un professore che finì subito al tappeto.

A quel punto l’istinto ebbe la meglio sulla ragione e  uscii dal nascondiglio e con un paio di balzi ben calcolati mi ritrovai verso la foresta, di nuovo nel campo. Come potevo andarmene così?? Se fossero morti?? Non me lo sarei mai perdonata.

Controvoglia e spaventata, corso verso la zona calda e  mi ritrova dietro il licantropo, mordendolo forte nelle zampe posteriori.

Lui cadde in avanti, facendo leva sulle braccia lunghe, ma non gli ci volle molto a realizzare cosa fosse la fonte di quel dolore. Riuscì a colpirmi così forte da farmi rotolare per qualche metro.

Mi rialzai con una zampa dolorante, ma non avevo intenzione di demordere. Mostrai i denti, prima di emettere un paio di versi lunghi e molto, molto acuti in direzione del professor Lupin. Era una sfida, che speravo non si sarebbe conclusa con la mia morte.

Sul quartetto era calato il silenzio, che però venne presto rotto.

“Oh miseriaccia!” gridò Weasley stringendo la spalla di Potter.

Lupin non si spaventò affatto ma, anzi, si avvicinò ulteriormente, fino a fermarsi a poco più di un metro, fissandomi negli occhi. Io restavo ferma, acquattata e con le orecchie girate, a fissarlo con occhi attenti. Dovevo essere cauta…

Avevo paura di essere morsa o graffiata, perché nonostante sapessi che gli animali non potevano essere trasformati, non sapevo se lo stesso valeva per gli Animagus.

Fu veloce e non riuscii ad impedirgli di afferrarmi per la gola, sollevandomi da terra senza fatica. Rispetto a lui, dovevo sembrare una cosina minuscola.  Riuscii in qualche modo  a graffiarlo nel muso, evitando che lui facesse lo stesso, prima di morderlo forte. Mi lanciò. a terra con violenza rompendomi un paio di costole.  Le sentii spezzarsi, mentre rantolavo e cercavo di rimettermi diritta, perché stava per attaccarmi di nuovo e lo sapevo. Fu in quel momento, quando ormai non sapevo più cosa inventarmi, che un grosso cane nero venne in mio aiuto. Mi alzai, continuando ad attaccare il retro delle zampe del licantropo mentre il cane lo tirava per le braccia, ed insieme riuscimmo ad allontanare il licantropo dagli altri.

Il cane cadde a terra gemendo e anche io ormai non riuscivo più a rialzarmi. Mi leccai una zampa che perdeva sangue,  guaendo  per il dolore e poi appoggiai anche il muso a terra, stremata.

Harry si mise in mezzo e io vedi un brutto epilogo passarmi davanti agli occhi, ma grazie al cielo un ululato dal bosco attirò il lupo lontano da noi.

Mi accorsi subito che era stato qualcuno e non qualcosa, ma non ero abbastanza forte per curarmele. Ero viva, non ero stata morsa, ma non avevo più un osso sano o almeno la sensazione era quella.

Harry mi passò accanto, ignorandomi platealmente, e  gridando “Sirius!”

Sirius? Sirius Black? Quel cane era l’assassino che tutti stavano cercando!?

Al diavolo, non mi interessava al momento. Mi alzai a fatica sulle quattro zampe,  zoppicando fino ad arrivare da Piton che mi osservava attentamente. Doveva aver intuito che ero uno studente, anche perché non era un comportamento molto da volpe, quello che avevo tenuto.

Non mutai nella mia forma umana fino a che non fui davanti a lui. Prontamente, il professore mi prese al volo prima che potessi anche cadere a terra.

“Signorina Blake!” Disse completamente attonito, con la faccia più gloriosa che mai avrei sognato di vedergli. Era allibito “Come si sente?”

“Sono stata meglio” ammisi,  guardandomi le gambe e le braccia distrutte da graffi a causa delle numerose cadute. Per non parlare dei i vestiti insanguinati e lacerati. La mano sinistra aveva un taglio così profondo che fu impossibile bloccare l’afflusso di sangue così, su due piedi. Si intravedeva l’osso “Ma non sono stata ne morsa ne graffiata, per fortuna.” spiegai mentre l’uomo si strappava un pezzo di mantello e lo stringeva sul palmo ferito.

“Signorina Granger, aiuti la signorina Blake mentre io accompagno il signor Weasley fino infermeria.”

Hermione mi aiutò,  passandosi il mio braccio sulle spalle e camminando lentamente arrivammo fino da Madama Chips che mi fece stendere su di un letto. Fu il cammino della speranza, perché ad ogni passo sentivo un nuovo dolore. Non credevo di avere così tante parti del corpo che potessero soffrire insieme.

“Grazie”La donna subito prese a medicarmi la mano che smise di buttare fuori tutto quel sangue solo dopo un altro paio di minuti.

Non ero nemmeno preoccupata che il mio segreto rimanesse al sicuro con i Grifondoro e il professore. Ero troppo malconcia per preoccuparmene e non potevo non pensare che Potter era ancora la fuori a fare chissà cosa.

Riportarono anche lui dopo almeno mezzora. Era svenuto, ma non ci mise molto a riprendersi, iniziando a sbraitare che Black era innocente. Non ci stavo capendo assolutamente nulla, ma ciò si aggiunse alla lista di cose che continuavano a non stupirmi affatto. Era diventata bella lunga ormai.

Un'altra ancora: Potter e la Granger iniziarono a farneticare con Silente, portandomi a pensare che forse avevo anche un trauma cranico. Due secondi e poi sparirono davanti a me e Ron, lasciandoci senza parole quando riapparvero poi, subito dopo, alla porta che Silente si stava chiudendo alle spalle.

Mi appoggiai al cuscino, stanca di tutto quel rumore per nulla “Devo aver preso una botta fortissima in testa.” Mormorai, con la mano sana – anzi, meno ferita- sugli occhi.

Harry si sedette sul mio letto con un sorrisetto, iniziando a raccontarmi tutto e anche  di più.

Sirius Black era innocente ed era il suo padrino.

Un tale Peter Minus lo aveva incastrato.

Harry e la Granger erano tornati indietro nel tempo salvando sia Fierobecco che Black, che era scappato sull’ippogrifo verso una libertà a metà, ancora braccato.

Ero stralunata, stonata da quella mole di informazioni, ma credevo ad Harry. Alla fine, gli sorrisi stancamente “Tutto è bene quel che finisce bene.”

Avevo preso più botte di un sacco per la boxe Babbana, ma avevo salvato delle vite. Non come l’anno scorso, avevo davvero fatto qualcosa di concreto in quell’occasione.

Inutile dire che né io né Weasley riuscimmo a dormire per bene, pieni di dolori.

Alle prime luci della mattina, la porta dell’infermeria si aprì e Piton entrò, tenendo poi aperta la porta e facendo cenno a qualcuno fuori dove ero stesa.

Draco entrò di gran carriera, bianco in volto. Appena vide come ero conciata diede di matto “Cosa ti è successo?” mi chiese, boccheggiando mentre osservava tutti i graffi visibili sul mio viso e le mie braccia. Non riuscii nemmeno a schiudere le labbra per rispondere “Potter! Quando ci sei tu ci sono sempre guai!” inveii poi contro al ragazzo che stava a sua volta per rispondere.

Io e Harry ci scambiammo uno sguardo e poi lui mi chiese con lo sguardo cosa ci facesse Malfoy. Peccato che feci anche io la stessa cosa, rivolta verso di lui. Ero contenta che fosse lì per me, va bene, ma perché?

La McGrannit ci interruppe, venendoci incontro preoccupata e pretendendo le solite spiegazioni che nessuno sapeva, come solito, darle.

Draco.” Lo chiamai per nove, una novità assoluta. In quel momento non ero in me e avevo bisogno di sostegno. Allungai la mano tremolante e lui la prese con gentilezza fra le sue, sempre fredde, ma rassicuranti. Si sedette sul letto, così come avevo fatto io quando lui era rimasto ferito a lezione di Cura delle Creature Magiche, poi esattamente come in quell’occasione, nessuno dei due parlò.

Rimase con me tutta la mattina, a vegliare quegli sprazzi in cui dormivo, senza proferire una parola nemmeno contro i Grifondoro. Non si spostò di lì nemmeno per andare in bagno, fino a che tutte quelle pozioni non presero a farmi effetto e iniziai a ristabilirmi.

 

 

 

 

Ci misi diversi giorni a riprendermi. Il primo da cui mi recai, nel momento esatto in cui le mie gambe decisero che potevano provare a sostenere il mio peso, fu il professor Lupin.

Ero molto combattuta circa la questione, ma alla fine il senso di colpa per averlo ripetutamente morso aveva avuto la meglio.

Lo trovai nel suo ufficio, con la testa fra le mani ed i gomiti appoggiati alla scrivania. Bussai per annunciarmi e appena lui mi vide si alzò, aiutandomi a sedermi su una sedia. Appoggiai a terra la stampella con la quale mi aiutavo sorreggendomi e lo guardai mortificata, mentre un dedalo di graffi gli percorrevano tutto il viso sfregiandolo più delle cicatrici che già normalmente aveva.

“Mi dispiace professore” gli dissi, mortificata come mai in vita mia “Non avrei mai voluto attaccarla, ma non sapevo come fare. Volevo allontanarla, ma non ho mai fatto nulla di simile e-”

“Ti dispiace?” mi interruppe, incredulo “Dahlia, io ti ho quasi uccisa e tu mi vieni a porgere delle scuse?”

Abbassagli gli occhi sulle mani, mordendomi le labbra. Ero davvero rammaricata per l’accaduto, visto con quanto accanimento mi ero lanciata sul professore per evitargli di uccidere Piton e i Grifondoro.

Lupin si alzò, venendo ad inginocchiarsi davanti a me e prendendomi le mani fra le sue. Mi sorrise, con la solita dolcezza e bontà che aveva sempre messo in ogni suo gesto e in ogni sua lezione, “Hai avuto un coraggio che a molti tuoi coetanei non è dato avere. Hai salvato il professor Piton e tre tuoi compagni di corso, mettendo a rischio la tua incolumità. Non  hai nulla di cui scusarti ma, al contrario, sono io che devo chiederti perdono per averti messa in gravissimo pericolo Dahlia. Ho promesso a tuo padre che ti avrei tenuta d’occhio, quest’anno. Ma sei tu che, alla fine, hai salvato me e tutti gli altri.”

“Non ho fatto nulla” dissi spostando lo sguardo sulle sue mani rovinate.

“No” disse alzandosi “Non hai fatto nulla… Hai fatto tutto.”  si alzò e mi diede le spalle chiudendo lo stipetto mentre io guardavo la sua roba, accatastata per tutta la stanza, notandola per la prima volta da quando ero entrata “Sei una delle allieve più brillanti che abbia avuto in quest’anno, scommetto che avevi già capito che ero un licantropo.” Si fermò e mi guardò, mentre io annuivo lentamente “Lo immaginavo, sai? E ti ringrazio per non averlo detto a nessuno. Ora, però, la notizia è di dominio pubblico e tempo che non ci sia più posto per me, qui.”

“Ma professore, lei non se ne può andare!” no, non poteva. Era il professore migliore che avessi mai avuto, umano e riflessivo come nessun altro del corpo docenti. “Non importa se lei è un licantropo… è il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure migliore che abbiamo mai avuto! Non può abbandonarci così!”

Sorrise e io notai una leggera commozione che però fu bravo a sconfiggere. Tornando davanti alla scrivania, colpì con una bacchetta un foglio di pergamena dall’aria usurata, appoggiato sulla superficie davanti a me “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!”

Mi sporsi a guardare, incuriosita.

Messer Cosaliscia, Lunastorta, Felpato e Ramoso sono lieti di mostrarvi la Mappa del Malandrino…

Rimasi senza parole, leggendo i nomi delle persone che si spostavano per il castello “Ma professore… Questa è…” rimasi scioccata “Geniale”

“Appartiene ad Harry” mi spiegò indicandolo “Che penso si stia dirigendo qui…

Rievocai i nomi una, due volte, mentre il professore apriva la mappa in tutta la usa dimensione “Codaliscia, Felpato e Lunastorta…” alzai gli occhi sull’uomo, che  mi sorrise quasi furbescamente “Lei è Lunastorta, Sirius Black, che Harry mi ha detto essere quel cane deve essere Felpato e quell’altro impostore è Codaliscia? Il topo di Ron intendo.”

Detta così, la storia sembrava ancora più assurda che uscita dalle labbra di Potter. Il che era tutto dire, perché tra cani, topi e licantropi niente sembrava aver senso.

“Molto bene, signorina Blake. Si Peter Minus era Codaliscia, un caro amico che poi non si è rivelato tale.”

“E Ramoso?”

Il professore si chinò nella scrivania, prendendo un paio di libri e riponendoli con cura in un baule “Era James Potter… E con lui il quartetto si chiude.”

Ero affascinata “Era veramente un piantagrane anche lei, vero professore? Non le ho creduto, quella notte, quando mi ha sorpreso per la scuola. Ora invece vedo che si è dato da fare.”

Lui ridacchiò “Si, come te e i tre giovani Grifondoro. Non avevo molto rispetto per le regole. Te l’ho mostrata perché so che aiuti Harry, quindi un giorno potrebbe servirti saperla attivare.”

Non storsi il naso, quando mi affibbiò un posto nella Triade Miracolosa di Potter, ma non credevo fosse corretto ciò che aveva detto. “Non è propriamente così. Diciamo che mi trovo spesso nel posto giusto al momento giusto.”

Lui sorrise sghembo, come se non mi credesse, poi con un movimento veloce indicò la cravatta che portavo al collo “Sono colori che denotano un’astuzia particolarmente acuta quelli che indossi, lo sai? Essere Serpeverde non deve avere una connotazione negativa solo perché la sua casata sforna Maghi Oscuri da secoli. I Serpeverde osano,  e solo osando si ottengono i risultati più evidenti, sia nel bene che nel male. Non vergognarti di aver aiutato Harry. Il tuo è un grande merito.”

Poi, guardandomi negli occhi, disse qualcosa che mi rimase nell’anima e che, tutt’ora,  è indelebile nella mia mente. “Ricorda sempre una cosa, Dahlia. Non sono dei colori a definire ciò che siamo, ma le scelte che facciamo. Lascia sempre che sia la tua ultima scelta a definirti.”

Quelle parole mi colpirono come una lancia nel cuore. Sentii un magone salirmi sulla gola, che schiarii, prima di recuperare la stampella. “Non lo dimenticherò” gli dissi, alzandomi “Così come non dimenticherò tutto quello che mi ha insegnato, professore.”

Lui mi allungò la mano e io la strinsi, con un sorriso un po’ commosso “Ti auguro ogni bene. Che tu possa portare un po’ di pace anche nella vita del signor Malfoy, Dahlia” mi stupì, con quell’affermazione “Porta i miei saluti a tuo padre.”

“Grazie Professore, abbia cura di lei.”

Uscii dall’ufficio, salutando Harry che si apprestava ad entrarvi.

Zoppicavo fra i corridoi come una vecchia stroncata dai reumatismi e tutti mi guardavano, nascondendo la propria bocca con la mano per non farmi capire cosa stessero pensando di me. Chissà che voci e che leggende si stavano già spargendo a macchia d’oli per la scuola. Non mi importava, avevo fatto la cosa giusta e questo mi garantiva un sorriso fiero e radioso sul viso.

Arrivai fino all’ingresso e li intravidi Draco, uscire assieme ad un piccolo drappello di Serpi. Mi affrettai, per quanto le miei condizioni me lo permettessero, per raggiungerli. Appena mi vide, contrariamente all’anno precedente in cui mi aveva ghettizzata, allungò il braccio per aiutarmi a scendere i due gradini fino allo spiazzo. Sorrisi, nonostante lo sguardo rancoroso della Parkinson.

“Allora, eroina” mi schernì  il biondo, con una sfumatura morbida nella voce “Perché non ci racconti per filo e per segno come hai fatto a lottare con un licantropo ed essere qui per raccontarlo?”

“Ti crescerà il pelo alla prossima luna?” domandò graffiante Pansy, ma io mi limitai a ridere.

“Mi dispiace deluderti ma no, niente pelo. Diciamo che la mia è stata solo una botta di fortuna.” Con la mano fasciata cercai la mano di Draco, prendendola nella mia senza incontrare le resistenze del ragazzo che anzi, si fece più vicino.

Piton mi aveva ringraziata a modo suo, decantando le mie doti di combattente davanti a tutta la classe di Pozioni, mentre ancora vegetavo nell’infermeria, trascurando però il dettaglio della mia natura nel momento della battaglia.

Lo ringrazio tuttora per quel gesto.

“Potevi lasciare che si pappasse Potter però” mi disse Draco e io ridacchiai.

“E tu su chi ti saresti accanito poi? Non volevo che poi ti ritrovassi ad annoiarti!” dissi ridendo con lui e il resto delle Serpi, prima di notare un piccolo gruppo uscire insieme a noi, parandosi pochi metri più avanti “Oh, si parlava di Potter?” chiesi facendo, un cenno verso il ragazzo in questione, che era arrivato di gran carriera con una Firebolt nuova fiammante in mano.

Lo guardai a bocca aperta e divertita, mentre partiva a tutta birra verso il cielo.

Anche il terzo anno era finito e ancora una volta pagavo il prezzo dell’aver aiutato i salvatori della scuola. Preferivo di gran lunga il dolore fisico a ciò che mi era stato riservato l’anno precedente, perché avere attorno a me i miei compagni di Casa intenti a fare battute divertenti su di me, prendendomi in giro bonariamente, era esattamente ciò che mi aspettavo da loro in quel momento.

Sarei tornata l’anno successivo, ferma nella consapevolezza che, fino a che Potter fosse rimasto lì, nel mio stesso corso, non avrei mai passato un solo anno ad annoiarmi.

 

Continua…

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Capitolo 10
*** Chapter Nine: As light as thoughts. ***


11

Nda:   Questo è un capitol un po’ particolare. Non voglio dire troppo, ma ho provato ad immaginare Draco in una situaziona anomala e… Spero di non averlo mandato OC! Per qualsiasi precisazione o commento, anche negativo, benvenga.
Aiuta a migliorare.
Grazie a chi mi ha commentato, anche se in mp, il precedente capitolo. Lo apprezzo sempre molto.
Buona lettura!

NN


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Nine: As light as thoughts.

                                    

“Lucius non temere, mi preoccuperò della salute di tuo figlio così come faccio con le mie!”

“Ne sono certo, Peter.”

Osservavo mio padre e il signor Malfoy parlare, mentre Draco si guardava attorno curioso e attento, quasi come se non fosse mai entrato nel salotto di casa mia. Al contrario, ero io che non avevo mai visto la sua, visto che avevo declinato quasi una settimana prima, l’invito a recarmi al Malfoy Manor in villeggiatura.  Il motivo di quel quell’invito e della presenza di Draco a Northleach era chiara: di li a tre giorni si sarebbe tenuta la finale della Coppa del Mondo di Quiddicht e il signor Malfoy aveva provveduto a riservare un posto nella Tribuna d’Onore anche per la “fidanzatina’’ del giovane Draco. Da parte mia, invece, c’era la credenza che la signora Narcissa non avesse intenzione di partecipare, e che quindi quel posto sarebbe rimasto comunque vuoto.

Per quanto tutta quell’ufficialità mi sembrasse un po’ fuori luogo – io e Draco non avevamo mai parlato del fatto che forse, sotto sotto, eravamo davvero una coppia, acerba ma pur sempre una coppia- ero parecchio eccitata all’idea di vedere la partita da una posizione così prestigiosa.

“Devo dire, Lucius, che è stato molto nobile da parte tua invitare mia figlia.”

“Draco ha fatto subito il suo nome, quando gli ho proposto di invitare qualcuno. Quindi è a lui che devi porgere i tuoi ringraziamenti.”

A quelle parole, mi voltai verso il biondo, che però finse disinteresse, nonostante un leggero imbarazzo. Sorrisi divertita, mentre mio padre si voltava verso di me “Chiedi a Twiggy di portare la roba del giovane Malfoy nella stanza degli ospiti, Lia.”

Annuii, poi con grazia, alzai il braccio. Mossi il braccialetto che tenevo al polso, a cui erano fissate sei campanelle argentate, e sentendo il richiamo, apparve il nostro elfo domestico.

“Avete cercato Twiggy, signorina Blake?” mi chiese, facendo un piccolo inchino e sorreggendo i bordi della gonnellina di pizzi blu.

“Si, porta la valigia nella stanza degli ospiti, per cortesia.” le dissi, indicando la valigia di pelle che giaceva nell’ingresso.

“Twiggy lo farà immediatamente, signorina Blake”, con un ultima riverenza la guardai sparire assieme a ciò che le era stato affidato.

“Che strani abiti veste la vostra serva” disse Lucius, sfilandosi i guanti di pelle nera e guardandosi attorno con l’occhio critico mal celato. Mio padre ridacchiò, appoggiandosi alla balaustra delle scale, mentre infilava la mano libera nella tasca del mantello nero.

“Non è una serva, in effetti” spiegò al vecchio amico, e non mi sfuggì che parve un po’ a disagio nell’aggiungere l’ultima parte “Twiggy è libera, è qui per sua scelta. L’ha liberata anni fa Maggie.”

“Molto nobile” fu il solo commento che uscì dai denti stretti del signor Malfoy, mentre riprendeva l’ispezione del salotto, senza però spostarsi dalla sua posizione.

 “Posso offrirti una tazza di the, Lucius? O magari qualcosa di più forte, anche se sono solo le sei del pomeriggio” gli propose papà, prima di rivolgersi a me “Dahlia, accompagna il giovane Draco di sopra, magari vorrà riposarsi un istante prima di uscire.”

Il ragazzo mi seguì appena gli feci cenno e insieme salimmo le scale. Alzò un sopracciglio, spiandomi da dietro “Perché, andiamo da qualche parte?”

“Pensavo di farti vedere il paese. Ho un paio di amici che mi piacerebbe salutare, qui.” Gli risposi candidamente, lanciandogli una veloce occhiatina.

“Ci sono dei nostri compagni di scuola qui attorno? Non lo sapevo.”

Aprii la porta della stanza, facendomi da parte per farlo entrare per primo. La stanza degli ospiti era grande e luminosa, bellissima. La più bella della casa. Era la stanza dei miei genitori, ma dopo la morte della mamma, mio padre aveva deciso di trasferirsi in una camera più piccola, al piano di sotto. Diceva di non riuscire a dormire più dove aveva stretto fra le braccia la sola donna che aveva amato in vita.

“Loro non vengono ad Hogwarts.” Commentai, richiudendo la porta dietro di me e seguendolo, mentre lui si chinava sul baule, aprendolo. Si bloccò, prima di voltare il capo verso di me.

 “Non saranno…”

“Babbani? Esatto.”

“Sei impazzita?!” Mi chiese, arrivandomi di fronte per guardarmi direttamente negli occhi. Mi staccava diversi centimetri in altezza, ma alla fine sarei diventata più alta di lui “Io non mi mischio con i Babbani!”

Gli riservai uno sguardo di ghiaccio e subito lui perse tutta la sua nobiltà “Sono miei. Dovrai solamente stringere loro la mano e bere una soda tutti insieme. Puoi resistere un’ora d’orologio.”

A quell’affermazione alzò un sopracciglio “Si può sapere come diavolo li hai conosciuti?”

“Ho frequentato per qualche anno una scuola Babbana” gli spiegai, sedendomi sul letto e guardandolo mentre faceva lo stesso. Aveva una faccia che definire allucinata era un eufemismo “Poi la mamma è morta e papà ci ha ritirate. Alcuni amici però sono rimasti. Una di loro vive in fondo alla via.”

“Affascinante” sussurrò a denti stretti, facendomi ridere. Non era affatto contento, ma quello che disse dopo mi fece sorridere “Solo un ora, Blake. Dopo di che me ne tornerò qui, anche da solo. Tanto quanto grande potrà mai essere questo buco di paese?? Troverò la strada.”

Mi sporsi verso di lui e lo baciai dolcemente. Lui ci mise un secondo netto a ricambiare, portando il braccio dietro ai miei fianchi. Era passato un po’ dalla fine della scuola e, dovevo ammetterlo, mi era mancato.

Quando sentii dei passi pesanti per le scale mi staccai, guardandolo negli occhi “Scegli cosa metterti e rilassati.” Gli dissi, alzandomi in piedi. Lui mi prese la mano, ma non disse niente “Ci vediamo tra poco.”

Annuì, stringendomi un istante la mano e obbligandomi quindi a chinarmi per baciarlo nuovamente. Solo allora mi lasciò la mano, permettendomi di uscire dalla stanza, con il sorriso più bello che avesse coronato le mie labbra in quattordici anni di vita.

 

 

Papà era sul divano con Prime e Violet,  quando li raggiungemmo “Uscire ora?” chiese papà, tornando a nascondere il naso dietro alla Gazzetta del Profeta, mentre Violet lanciava un rapido sguardo al biondino dietro di me.

“Si papà. Prendo le chiavi.”

“A casa entro mezzanotte” mi disse, con il tono di chi non ammetteva repliche. “E Tieni Draco lontano da cose pericolose…”

Risi e lo rassicurai, prima di prendere la mano del biondo per trascinarlo fuori. Dire che non era convinto è poco. Ci avviammo a piedi e lui intrecciò le dita alle mie, facendo scottare così le mie guance. Non avevo mai tenuto per mano un ragazzo, prima di allora. Non così. Per strada, nessuno guardò  Draco in modo strano, nessuno si curò più di lui. Dopotutto era vestito completamente di nero, nulla di strano anche se forse, agli occhi Babbani, poteva sembrare un po’ troppo formale.

“Vivete quasi in mezzo ad un paese” soppesò Malfoy dopo qualche minuto di silenzio “Come fate ad allevare i draghi qui?”

“Il bosco dietro casa” mi limitai a rispondere.

Lui si voltò guardando la villa, corrugando la fronte  “Non c’è nessun bosco” asserì tentennando appena. “Eppure l’ho visto, dalla finestra della camera degli ospiti.”

“Magia” gli sussurrai nell’orecchio, prima di riprendere a camminare. “Papà ha stregato la casa e il bosco, così da non essere  visibile  e nemmeno avvicinabile. Tutto quello che accade lì non è percepibile dall’esterno.”

Draco aveva smesso di ascoltarmi, però. Si guardava attorno curioso, mentre le macchine sfrecciavano sulla strada alla nostra sinistra, attirando la sua attenzione. “Questi Babbani sono davvero noiosi” mi disse di punto in bianco, guardando una donna che cercava di pulire il vestitino della figlia, sporco di gelato “Senza magia è tutto più faticoso.”

“Loro non sanno cosa si perdono, quindi sono felici così.” gli dissi, ricordando ciò che mi aveva detto una volta Laureen,  mentre la bambina smetteva di piangere alla vista del nuovo gelato che uno zelante papà le porgeva “La magia sta nel cuore delle persone, secondo me. Non solo nell’anima di una bacchetta.”

Lui mi lanciò un’occhiatina, prima di ridacchiare sotto ai baffi.“Sei una sentimentale, lo sai?”

Stavo per ribattere ma qualcuno chiamò il mio nome, così fui costretta a voltarmi, notando una ragazza di colore che sventolava le braccia per farsi notare “Ci siamo” dissi tranquilla a Draco“Per evitare qualsiasi tipo di problema, tu cerca di parlare il meno possibile. Risponderò io per te, ok?”

“Penso sia la cosa più intelligente che tu abbia mai detto da quando ti conosco.” Fu la sua sola risposta, serafica come al solito.

Lo guardai senza entusiasmo poi, sempre tenendolo per mano, ci avvicinammo al molo sul quale, oltre alla ragazza di colore erano sedute altre due figure. Un ragazzo ed una ragazza.

“Ciao Lia!” Sheila mi abbracciò di slancio, facendomi perdere il contatto con Draco “E lui deve essere…” disse poi guardandolo con un sorriso curioso sulle labbra.

“Lei è Sheila” dissi indicandola e lei allungò la mano, che lui strinse un po’ titubante “E loro sono Eva” continuai, mostrandogli anche la ragazza mora che sorrideva timida “Ed Eddy” completai indicandogli il biondino, che se ne stava meditativo in disparte “Ragazzi, lui è-”

Non avevo pensato al nome. Era un problema. Insomma, mettendomi nei panni di un Babbano che vedeva un ragazzo che si presentava come-

“Draco Malfoy.”

Ecco sì, le reazioni dei miei amici furono comprensibili.

Eddy trattenne a stento una risatina, che stemperò fingendo di tossire, mentre le mie due amiche si guardavano stranite “Nome… Particolare” disse poi Sheila, tentando di rompere il gelo che si era creato “Allora, Lia ci ha parlato molto di te. Ci ha detto che vi siete conosciuti in quel collegio dove suo padre l’ha spedita tre anni fa. Come si chiama?”

 “Il Sant Cristopher Istitute, vicino ad Edimburgo” risposi, per poi guardare Draco in modo eloquente. Lui si limitò ad annuire.

“Prima eravamo in classe insieme.” disse annoiato Eddy “Poi puff. Questa sparisce e scappa in Scozia, dove incontra un bello ma dannato. Sembra una storia da film.”

Dalla sua espressione, Draco non ci stava capendo nulla. E la serata era appena iniziata.

Al locale, come avevo immaginato, non ci furono ulteriori imbarazzi, perchè con la musica alta non si capiva assolutamente un accidenti di quello che diceva “Ma questi Babbani, per Circe, come possono vivere così?” chiese riferendosi al volume sparato dalle casse.

Io risi, prima di porgergli una lattina di soda che lui guardò non molto convinto.

Quella sì che sarebbe stata una serata che avrei raccontato, una volta tornati a scuola.

 

 

“Ammettilo, ti sei divertito.” dissi a Draco mentre aprivo il cancello della villa, facendolo entrare per poi richiuderlo.

“Sono rozzi, questi Babbani. Parlano di cose senza senso, come scene vista dentro ad una scatola che tengono in salotto davanti al divano o partite di sport senza senso, dove i giocatori si limitano a prendere a calci una stupida palla. Senza contare che non hanno il senso del ritegno. Accanto a me è passata una ragazza, prima,  che non indossava nemmeno un sorriso a coprirla..”

Trattenni una risata “Io vivevo così, prima di venire a Hogwarts.”

“Nuda??”

“Ma no, demente.” entrammo in casa e ci prendemmo un attimo, passato per la cucina per beve un bicchiere d’acqua prima di coricarci “Con ragazzi della mia età, senza magia. Sono fra queste pareti essa non mi è mai mancata. Quando finivano le lezioni con il precettore che papà pagava per venire qui ogni giorni, andavo da quei ragazzi e mi sentivo meno sola.”

Opheliac saltò sul bancone della cucina e io passai una mano sul suo pelo nero e lucido. Draco fece lo stesso, grattando la gatta sotto al mento “Ti manca questa vita?” domandò, con tono pensieroso.

“Sicuramente?” lui annuii  e io per risposta gli sorrisi “No,non mi manca. Hai ragione tu. I maghi sono molto meno noiosi. Però ho bei ricordi di questo posto.”

Ci scambiammo un breve sorriso, prima di bere. Salimmo insieme le scale, ma ci separammo di fronte alla porta della stanza degli ospiti. Non volevo nemmeno immaginare cosa avrebbe fatto mio padre se ci avesse trovati, a notte fonda, nella stessa camera. Prima, però, presi la mano di Draco e appoggiai le labbra contro alle sue. Ci avrei fatto volentieri l’abitudine, al bacio di buonanotte.

 

 

“Dahlia, ormai sei grande e visto che a quanto pare è una cosa seria, dovrei farti un discorso riguardo le api ed i fiori.”

“Una cosa seria?” chiesi ironica, mentre mi sedevo su una sedia, al tavolo della  cucina. Draco dormiva ancora al piano di sopra, nella sua stanza, ma nonostante questo, mi padre sembrava sicuro che avevamo imbrogliato e solo perché mia sorella Primerose imbrogliava sempre quando invitava a casa i ragazzi. “Ma poi davvero, papà? Le api e i fiori?”

“Sono tutte bugie, nel mondo reale si resta incinta.”

Spalancai la bocca “Papà, ma questo è davvero un discorso che vuoi affrontare alle nove del mattino”

“Ora che ci siamo, tanto vale levarsi questo dente dolente!” disse, gesticolando, senza nemmeno provare a nascondere il divertimento che provava in modo evidente “Avrei dovuto anche spiegarti che non si affrontano i lupi mannari. Non l’ho fatto e guarda come è finita. Per fortuna non ti cresce il pelo con la luna piena!”

Mi appoggiai con la fronte al ripiano della cucina. Sospirai, contenta del fatto che il mio segreto, l’essere un animagus, fosse rimasto tale nonostante tutto. “Papà, ti prego, non ho nove anni. E il lupo mannaro non sono andata a cercarmelo io.”

“Appunto. Se tu avessi nove anni, il problema non sussisterebbe.” Mi disse ridacchiando alla vista della tonalità vermiglia che le mie guance avevano assunto. Ci pensò anche Laureen a imbarazzarmi ulteriormente.

“Dovrei prepararle un po’ di latte di papavero?” chiese seriamente e io decisi che la conversazione andava chiusa.

 “Papà, oggi voglio portare Draco a fare un giro su Landa” dissi, interrompendo una discussione piuttosto accanita riguardo i metodi contraccettivi magici ancora agli inizi.

Lui annuii “Stai attenta però, lo sai che è gelosa. Non vorrei che Lucius perdesse il suo unico erede. Non credo che mi perdonerebbe facilmente poi.”

Ridacchiai, mentre lui mi passava un paio di Guanti Ignifughi e le chiavi della stalla “Staremo attenti. Ora vado a svegliarlo e poi-Ah no, a quanto pare non ce ne sarà bisogno.”

Draco entrò in quel momento, con addosso vestiti sempre molto eleganti, ma più estivi e da casa del completo della sera prima. Papà lo studiò con attenzione “Sei la sola persona elegante che sosta in questa casa da tempo, giovane Draco. L’altra era mia figlia Scilla ma ora vive con suo marito lontano da qui.”

Malfoy parve molto compiaciuto “La ringrazio, signor Blake, è molto gentile”

“Lei sarà meno gentile.” aggiunse mio padre ridacchiando, prima di indicarmi divertito “Non so se ti piaceranno i programmi che ha in mente per oggi.”

“Zitto!” ordinai, dando un piccolo schiaffo sul suo braccio “Voglio che sia una sorpresa!”

“Ok, ma sarò meglio che vi sbrighiate. Oggi pomeriggio farà troppo caldo per lei.” mi disse, e io capii al volo di chi si riferiva.

La colazione fu veloce e io esortai Draco a mangiare il fretta, guadagnandomi qualche occhiataccia e più di uno sbuffo. Una volta finito, il biondo mi seguì mentre mi addentravo per il sentiero lungo il bosco, iniziando a tempestarmi di domande sul luogo in cui ci stavamo recando. Appena vide l’enorme stabile davanti al quale mi bloccai, estraendo dalla tasca dei pantaloncini una chiave, rimase di sasso “Lia, ma questa non è una gigantesca stalla,vero?”

“Invece si.” risposi spalancando il grande portone e permettendo così alla luce del sole mattutino di illuminare l’interno “Benvenuto nell’azienda di famiglia.” Draco fece qualche passo in avanti, mentre molti ruggiti si levavano nell’ombra.

Pensavo si sarebbe spaventato, invece mi stupì, “Sono magnifici.”

“Lo so, ma stai attento ora, stammi vicino e non allungare alcun arto. Non vorrei che ti ritrovassi senza un braccio o la testa” Camminai lungo i boxe, indicandogli i draghi “Questo è un bellissimo Petardo Cinese.” dissi accarezzando il muso di un drago snello e verde che scrutò Draco con gli occhi rossi.

“Perché hanno la bocca sigillata?”

“Non vogliamo finire né divorati né abbrustoliti. Hanno un caratterino niente male, queste creature.” mi limitai a dire, grattando il muso del drago attorno alla pesante imbragatura di cuoio e metallo che gli bloccava le fauci “Quello è particolarmente bello vero? È un Mangiafuoco della Romania, mentre invece quello accanto è un Sacro Giapponese. Laggiù in fondo c’è un Ungaro Spinato, non ti avvicinare, è particolarmente irascibile.”

“Questo è un Dorso Rugoso di Norvegia?”

“Esatto e quello è un Birmano dalla Coda Biforcuta”

Li osservò tutti con attenzione e stupore misto ad una certa adulazione per quelle bestie imponenti e leggendarie “E questo?? Ha due teste??”

“Sì.” mi limitai a ridacchiare “Un Bicapo Argentino. Ma noi siamo qui per qualcuno di speciale.” Lo condussi in fondo alla stalla, dove se ne stava un boxe più piccolo, imbellito con stelline e altri disegnini infantili “Landa.” chiamai con tono dolce e un bellissimo drago bianco dalle scaglie azzurrine sul capo e il dorso si affacciò leccandomi la guancia con la lingua biforcuta “Non è magnifico? È un Cristallo Siberiano.”

Draco sbiancò “Perché questo non ha la museruola?”

“Perché Landa è diversa da tutti gli altri.” gli spiegai accarezzando il muso del drago “Lei è con noi da quasi otto anni e ti posso assicurare che dolcissima. Pensa che era poco più grande di un cane quando papà la portò a casa, di ritorno da un viaggio in Russia.”

Lei guardò Draco, prima di spalancare la bocca e soffiargli addosso un alito gelido “Cosa vuole da me?!”

“Non ti preoccupare, è solo che sei uno straniero per lei quindi dovrà adattarsi un po’. Non agitarti, i draghi sentono la paura sulla punta della lingua.” Spiegai come avrei fatto con un bambino,  afferrando un guinzaglio di cuoio mentre aprivo il boxe. Misi il moschettone saldo all’anella del collare che indossava sul petto e la portai fuori dalla stalla mentre Draco ancora non poteva crederci “Andiamo a fare un giro.” gli spiegai, mentre lui sgranava gli occhi osservando quel colosso che apriva le ali stiracchiandole.

Le sbatté per sgranchirle, scatenando un vento abbastanza forte che mi fece ridacchiare “Ora fai un attimo la brava.” le dissi mentre lei chinava il muso su di me in cerca di carezze e passai la corda a Draco “Prendo la sella per due persone, tu reggila un attimo.”

“No aspetta.” provò a dirmi, ma appena si trovò davanti il muso del drago si zittì. Li guardai mentre Landa lo scrutava attentamente con i grandi occhi viola e poi, di punto in bianco, aprì la bocca andando a leccare anche il viso del ragazzo.

“Hai fatto colpo.” Dissi, mentre con una fatica non da poco portavo la grande sella fuori “Giù!”urlai e lei si acquattò. Misi un panno sul suo dorso, incastrato fra le scaglie, e poi appoggiai la sella “Ora su!” Eseguì anche questo comando alzandosi e così io potei fissarla agganciando tutte le fibbie “Ecco fatto, ora possiamo andare.”

“No aspetta.” disse tentennante il ragazzo, dimostrandosi il solito cuor di leone, mentre Landa muoveva la lunghissima coda serpentina, come se scodinzolasse felice all’idea di volare “Io non credo sia il caso.”

“E perché?”

“I Babbani potrebbero vederci.”

“Impossibile” gli dissi accarezzando il collo del drago “Il colore di Landa diventa indistinguibile nel cielo. Nella terra in cui dimorano sono costretti a lottare contro feroci draghi Corazzati Neri e questo è il solo stratagemma che hanno per salvarsi, visto che sono molto meno forti e meno potenti.”

“E come mai?”

“Lei è un drago di ghiaccio.” Dissi, continuando ad accarezzarla “Non sputa fuoco e una fiammata da un drago Corazzato la potrebbe uccidere.”

Papà arrivò da noi indossando la tenuta ignifuga, seguito da un ragazzo con i capelli rossi e l’aria divertita. “Ciao Landa.” disse al drago che subito prese a fare le feste anche a lui “State per partire? Questa non me la perdo!”

“Papà dai.” Lo guardai divertita, ma cercando di ammonirlo, mentre alzavo la mano per salutare Charlie che proseguì verso la stalla. Sapevo cosa stava per dire.

“Perché mai?” chiese Draco allarmato e il mio vecchio ridacchiò.

“Diciamo che Landa è un po’ esuberante.”

“Sto a terra.”  Draco mi diede la corda e io alzando gli occhi al cielo, scambiai uno sguardo con il drago che sembrò capire alla perfezione visto che con la coda avvolse Draco portandoselo sul dorso “No! Aiuto!”

Papà entrò nella stalla prendendo una vecchia macchina fotografica, mentre io slegavo Landa imbrigliandola “Vi faccio una foto?”

“Sì, ti prego.” Risposi io, mentre il drago si abbassava permettendomi di infilare un piede nella staffa. Draco mi aiutò a sedermi davanti a lui, stringendosi poi addosso a me come se avesse già paura di cadere.

“Sorridete! Che bella foto.” disse appena questa venne sputata fuori dalla macchina “Dopo ricordati di prenderla. Ora andate e tornate per pranzo. Laureen ha preparato qualcosa di buonissimo a giudicare dall’odorino.”

“Ok papà! A dopo.” tirai le briglie e Landa si alzò sulle zampe posteriori “Ok Landa vai… E ricordati come mi piace volare.” Le dissi e lei parve capirmi per davvero.

Partì con una piccola corsetta, mentre dietro di me sentivo Draco irrigidirsi e stringesi di più. Spiccammo il volo lasciando il piazzale poco prima del limitare degli alberi. Ero convinta che papà stesse ridendo dell’urlo lanciato dal biondo alle mie spalle. Io stavo ridendo.

Landa si esibì in un paio di capovolte e di torsioni ad alta velocità prima che le imponessi un volo più tranquillo “Tutto ok?” chiesi a Draco, voltandomi appena verso di lui e trovandolo più tranquillo del previsto, ma con un sorriso sulle labbra.

“A parte l’inizio è davvero-Mio Dio è magnifico.”

Gli sorrisi di rimando e lui mi baciò di slancio.

Non doveva farlo.

Landa si tuffò un picchiata, fuori controllo iniziando ad agitarsi e ci misi un po’ a calmarla “Dimenticavo di dirti che è lievemente gelosa.”

“Me ne sono accorto.” rispose  stizzito Draco, abbassandosi i capelli che erano partiti in tutte le direzioni.

 “Sai a cosa stavo pensando?” gli chiesi, ad un certo punto, richiamando la sua attenzione “A tutte le volte che ho immaginato di fuggire, andarmene via per sempre, non tornare alla stalla e vedere fin dove posso spingermi volando.”

Lui rimase in silenzio, prima di sporgersi verso di me, stupendomi “Un giorno lo faremo.”

“Ci conto” fu la sola cosa che riuscii a rispondere, prima di tornare a voltarmi in avanti, sentendo le braccia del biondo farsi più molli attorno ai miei fianchi, come se si fosse tranquillizzato.

Chissà come sarebbe stata la vita se davvero l’avessimo fatto. Se fossimo semplicemente scappati.

 

Continua…

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Capitolo 11
*** Chapter Ten: Fear wears Black. ***


11

Nda:   Arieccomi con il nuovo capitolo!
Grazie alle due ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo! Sono contenta di trovare un riscontro, finalmente^^
A voi dedico questo nuovo, buona lettura,

NN


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Ten: Fear wears Black.

                                    

La coppa del mondo di Quidditch è un evento che attirava streghe e maghi da ogni parte del globo, da secoli.

Avevo sempre desiderato prendervi parte, ma mio padre non era mai stato particolarmente tifoso, al contrario di mia sorella Primerose, che giocava anche nel Serpeverde. Io non ero mai stata una sportiva particolarmente accanita, ma mi piaceva seguire dagli spalti i volteggi e le azioni.

Per questo mi sentivo su di giri al pensiero di assistere alla finale, che quell’anno si teneva fra le squadre di Irlanda e Bulgaria.

“Non sarei nemmeno mai riuscita a immaginarle così tante persone tutte insieme!” dissi, non riuscendo a non sorridere come una scema, mentre camminavo accanto a mio padre e a mia sorella Iris. Draco era poco lontano da me, preso da una pesante discussione sportiva con mio cugino Leonard.

“Dove dovete incontravi con Lucius?” chiese papà, rivolto al biondino, il quale  prese dalla tasca un foglietto stropicciato.

“Alla tenda. Ho tutto segnato qui, signor Blake” disse con la solita educazione verso mio padre, prima di prendermi un braccio“Andiamo?”

Annuii e dopo aver salutato tutti quanti ed essermi sorbita le raccomandazioni di mio padre, seguii Draco lungo le file di tende. La sola nube, all’orizzonte in quella bella giornata, era il pensiero che avrei passato così tanto tempo con il signor Malfou.  “Mio padre non ha mai mangiato nessuno, suppongo. Sicuramente non una ragazza.” disse Draco, porgendomi il braccio che accettai non appena sistemato lo zainetto verde che portavo sulla schiena“Tu gli piaci molto.”

A quelle parole pensai ovviamente che doveva essere per la mia famiglia, per il sangue puro e tutte queste altre bazzecole. Non lo dissi a Draco, limitandomi a sorridere ironica “Ora si che mi sento meglio”. Draco sbuffò, mentre affrettava il passo mugugnando solo un ‘donne’ a fior di labbra. Un paio di voci praticamente identiche ci fece rallentare di molto il passo.

“Ma guarda chi c’è! Una coppia di biondi!”

“Biondi, Fred? A me sembrano una coppia di bianchi! Sbaglio o a stare con un uno sbiadito, sta sbiadendo anche la nostra Lia?”

“Non sbagli George, temo che tu abbia ragione!”

Sorrisi ai due gemelli, che ci stavano venendo incontro, uscendo del tutto dalla loro tenda, mentre Draco storceva il naso “Ciao ragazzi!” li trovavo esilaranti ed ero certa di non essere la sola. “Qui anche voi?”

“Si!” rispose prontamente Fred mentre anche Harry Potter in persona ci raggiungeva, sorridendomi “Giornata divina per il Quidditch, non trovi Malfoy?”

“Per me senz’altro, Weasley” rispose Draco, buttando uno sguardo sia a lui che a suo fratello gemello. Fortuna non si vedeva Ron all’orizzonte, o sarebbe scoppiato l’ennesimo bisticcio “Ma per voi non deve essere così semplice. Cosa avete venduto per comprarvi i biglietti? La casa? O magari uno di voi, tanto vi riproducete rapidamente.”

“Dai Draco.” Sussurrai, portandomi una mano agli occhi. Mi vergognai per un istante di essere lì con lui. Mi staccai anche da lui, sfilando il braccio dal suo e facendo un passo verso Potter, che intanto si era affiancato ai gemelli, per niente offesi, anzi. Come se la ridevano!

“Ciao Lia, è sempre un piacere vederti.” disse Harry con un sorrisetto, prima di perderlo guardando Draco “Vorrei poter dire lo stesso per te, Malfoy.”

“Anche per me è un piacere. Ora sarà meglio andare, ci rivedremo sicuramente dopo.” Tentai di metterci una pezza, ma il biondo aveva sentito forte e chiaro. Si iniziava un nuovo round dell’eterno incontro fra quei due.

“Oh, ma c’è anche lo sfregiato!” Draco finse di averlo visto solo in quel momento e, ridacchiando sommessamente, disse “Ma come? Ai vermi è permesso assistere alle partite di Quidditch?”

“A quanto pare si, Malfoy, o tu non saresti qui in questo momento.” Rilanciò immediatamente Harry, facendo anche un passo nella nostra direzione.

“Adesso basta!” disse Hermione, che era uscita dalla tenda in tempo per  mettendosi in mezzo “Sembrate due bambini!”

“Precisamente” la appoggiai, prendendo la mano di Draco e ritandolo “Andiamo si o no?!”

“Andiamo, ma non finisce qui, Potter.” Ovviamente. Salutai con la mano i ragazzi, poi mi rivolsi di nuovo al ragazzo in mia compagnia, che però mi impedì di dire qualsiasi cosa “Non mi fare la predica, Lia, potrei risponderti male.”

“Perché solitamente mi rispondi così bene, vero Malfoy?” gli risposi sarcastica, chiudendomi poi nel mutismo. La giornata proseguiva proprio bene. Ed era solo l’inizio.

 

 

Quel pomeriggio lo passai con il signor Malfoy, a fingere di ascoltarlo mentre parlava della sua nobile famiglia, della sua bella casa, del suo lavoro al Ministero e accennava qualcosa su una potenziale discendenza, che fece arrossire sia me che Draco nonostante non fossero stati fatti apertamente i nostri nomi.

Di maggiore interesse fu la partita.

Arrivammo lì sotto lo sguardo della maggior parte dei maghi li presenti. I Malfoy erano una casata antica e piuttosto temuta,  rispettata dal mondo Magico. Il fatto che io sfilassi avvolta da un meraviglioso vestito nero, alquanto elegante per l’occasione (era stata una richiesta specifica di Draco, che mi abbigliassi come si conveniva), a braccetto con il rampollo Malfoy destò un certo chiacchiericcio. Giungemmo allo stadio, quindi, osservati e quando fummo li incontrammo di nuovo Harry e gli altri,  con tanto di Weasley senior al seguito.  

“Accidenti papà! Ma a che altezza siamo?” fu il commento che sentii uscire dalle labbra di Ron e che mi rivelò la loro presenza, un’impalcatura sopra alla nostra testa.

Ci pensò Lucius a smorzargli l’entusiasmo “Mettiamola così, se piovesse, saresti il primo a saperlo.”

Draco sghignazzò divertito, prima di prendere a vantarsi. Una scena vista e rivista. “Noi tre saremo nella Tribuna personale del ministro, su invito di Cornelius Caramell stesso!” Scambiai uno sguardo con Hermione, che aveva più o meno la mi stessa espressione.

“Non vantarti, Draco!” gli disse il padre colpendolo, con il bastone al centro del petto “Con questa gente non ce n’è bisogno”Harry fece per allontanarsi, ma Malfoy senior glielo impedì, “Divertiti mi raccomando. Finché puoi..”

Io guardai la scena senza parole, riservando a Malfoy uno sguardo impietoso,  prima di venir sospinta dal biondino gli spalti e quindi verso i nostri posti. Mi costa ammetterlo, ma dalla Tribuna D’onore si vedeva davvero magnificamente.

“Certo che Victor Krum è davvero un bel ragazzo.” Disse sottovoce la ragazza che sedeva alla mia destra e io annuì vistosamente.

“Secondo me è solo un capoccione” farneticò Draco, mostrando un po’ di gelosia. Decisa a dimenticare la scena a cui avevo assistito poco prima, gli presi la mano e la strinsi.

“Ho una predilezione per i capoccioni.” Lo presi in giro bonariamente, riuscendo a strappargli un sorrisetto.

“Per questa volta te la cavi, Blake.”

 

 

La partita fu davvero emozionante. Vinsero gli Irlandesi, ma il boccino lo prese ugualmente Krum.  Dopo il fischio conclusivo, il cercatore bulgaro planò sulla tribuna d’onore con il boccino stretto fra le mani e io mi aspettai che lo regalasse al Ministro della Magia, ma non fu così.

Mi porse la mano e io rimasi interdetta poi la afferrai timidamente  e lui mi fece alzare, schioccandomi un paio di baci sulle guance e lasciandomi poi in mano il Boccino luccicante, ripartendo sulla scopa a tutta velocità.

“Come si è permesso, quello?” sbottò Draco, alzandosi a sua volta, mentre Caramell ridacchiava. Il Ministro parlò guardandomi negli occhi, mentre il biondo ancora inveiva.

“Oh, stavolta è stata questa giovane la fortunata a ricevere il boccino di Krum!”

Mi ripresi e guardai l’autentica fortuna che stringevo fra le mani. Se avessi venduto quel Boccino ci avrei fatto parecchi galeoni, ma per il momento ero decisa a tenermelo, come ricordo.  Lo infilai in borsa, in una piccola bustina dove riponevo sempre i trucchi, per evitare che mi sfuggisse.

L’uscita dallo stadio la passai cercando di diventare una maratoneta, per seguire il mio accompagnatore “Non te la vorrai prendere con me vero?” chiesi a Draco, mentre faticavo a stargli dietro.

Lui si voltò, prendendomi la mano con una faccia da bambino capriccioso che ricordo molto bene “Certo che no,  ma se mai ne avrò le possibilità, spezzerò personalmente la scopa di quel capoccione sulla sua schiena.”

Arrivammo la tenda dopo qualche minuto e il Signor Malfoy la tenne aperta per farci entrare. Poi si rivolse al figlio “Ho degli affari da sbrigare. Draco, sai cosa devi fare.”

“Rimanere nella tenda.” rispose secco il giovane. Guardai il signor Malfoy lasciar ricadere i lembi dell’ingresso della faraonica tenda in cui dormivano, prima di rivolgermi al ragazzo, confusa.

“Cosa intendeva tuo padre, scusa?”

Draco mi guardò incerto, come se non fosse sicuro di volere o no dirmi qualcosa e alla fine optò per un’alzata di spalle “Ci sono molte persone ubriache in giro, non vorrà che ci facciamo male. Sei sotto la sua tutela dopotutto…

Ovviamente non credetti a quella scusa “Sì, ma io voglio uscire a festeggiare.” Lo guardai con un sorriso divertito, prendendogli la mano e tirandolo verso l’uscita. “Stiamo fuori poco e torniamo, non se ne accorgerà!”

“Lia, mio padre ha detto che-”

“Ho visto Nott, prima.” mi impuntai, lasciandogli la mano e andando verso la zona dove dormivo. Lasciai che la tende mi nascondesse e mi sfilai il vestito, infilando una gonna a balze ed una maglietta con sopra un maglioncino leggero, così da stare più comoda “Voglio salutarlo!”

“Non se ne parla! Tra poco torneremo a scuola, lo saluterai allora.”

“Dammi una motivazione concreta e allora starò qui con te.” Rilancia, tornando da lui e guardandolo con le braccia incrociate sotto al seno.  Lui sembrò pensarci su, ma non mi diede una risposta così io afferrai la borsa “Se non vuoi disubbidire a tuo padre, puoi sempre rimanere qui. Starò fuori poco.”

Feci appena in tempo ad uscire dalla tenda, mettendo fuori entrambi i piedi,  prima di trovarmelo alle spalle “Non posso lasciarti sola” mi disse con un tono strano, più cupo, come se si aspettasse chissà cosa.

“Hai davvero così paura che un ubriaco possa farmi del male?” gli chiesi, alzando un sopracciglio.

Lui scosse il capo “No. Non è questo.”

Io lo guardai senza capire e lui mi prese la mano, intrecciando le nostre dita “La tenda di Nott è laggiù.” gli dissi, indicando davanti a me “L’ho visto entrarvi prima.”

Qualcosa non andava, non mi piaceva la piega preoccupata che gli occhi di Draco avevano presto “Però stammi vicino, ok?”

Lo strinsi a me, portandogli le braccia attorno alla vita ed appoggiando il mento al suo petto, per poterlo guardare negli occhi “Va bene così, signor Malfoy?”

Lui annuì con un leggero sorriso, baciandomi piano le labbra. Riprendemmo a camminare verso la tenda di  Nott che, però, sembrava deserta “Chissà come mai ora non c’è nessuno” dissi confusa e allontanandomi di un paio di metri da Draco, per guardarmi attorno “Dici che è in giro a festeggiare?”

“Non lo so dove potrebbe-” Non sentii la fine della frase, perché un boato coprì ogni altro suono e una luce potentissima mi abbagliò per qualche istante. Dal luogo dell’esplosione si sollevò un colpo d’aria potentissimo che mi spettinò i capelli e mi fece volare addosso qualche detrito. Si levò un vento fortissimo, anche se solo per qualche istanto, ma che mi impedì di orientarmi definitivamente.

Non  potevo più vedere dove fosse finito Draco. La folla, arrivata da chissà dove,  mi investì, spingendomi ancora più lontana da lui. Nel mentre, provavo a chiamarlo con tutto il fiato che avevo in gola.

Non sapevo cosa fare, ma sapevo che così mi sarei solo allontanata di più. Dovevo fermarmi in un punto e lasciare che la folla diminuisse, così da cercarlo. Riuscii ad entrare in una tenda per pura fortuna e lì mi fermai, in attesa. Non sapevo cosa stava succedendo, ma non era nulla di buono. Avevo la bacchetta in borsa, ma non mi era concesso usarla al di fuori della scuola, così decisi che, in caso di necessità, avrei contato solo sulle mie doti da Animagus. Avevo paura, continuavo a sentire le urla e mi chiesi cosa avesse scatenato tutto ciò. Forse i festeggiamenti avevano preso una brutta piega?

La luce della lanterna accanto a me si spense, lasciandomi al buio.

“Magnifico.” sussurrai sottovoce chinandomi accanto all’entrata. Sentivo le urla sempre più distanti.

Misi la testa fuori, per scrutare attorno a me e vidi avvicinarsi un gruppo di uomini, ammantati di nero con delle maschere sul viso e delle fiaccole fra le mani.

Le loro bacchette erano levate.

Tornai dentro velocemente, rannicchiandomi dietro ad un piccolo divano e sperando così di non essere vista.

Sapevo chi erano.

Erano Mangiamorte.

Papà me li aveva descritti una volta, anni prima, quando l’avevo tempestato di domande su chi fosse Voi Sapete Chi. Rimasi immobile, con le mani sulla bocca per impedirmi di emettere un solo sono, mentre le ombre sfilavano davanti alla tenda. Sentivo i loro passi scricchiolare sull’erba. Rimasi ferma anche quando avvertì qualcuno affacciarsi nella tenda prima di uscirne ed appiccare il fuoco.

Ero in trappola.

Decisi cosa fare in fretta, come se la mia mente posta sotto pressione lavorasse più in fretta invece di paralizzarmi dal terrore.

Presi la mia borsa, fissandomela lenta al collo per evitare di strozzarmi e poi mi trasformai. Mi guardavo attorno consapevole che potevo uscirne. Dovevo, non sarei morta così. Notai che nel tessuto della tenda si stava formando un foro a causa delle fiamme e decretai che dovevo passarci attraverso.

Sono una maledetta volpe, posso fare un balzo e uscire.

Quello fu il mio solo pensiero.

Presi il coraggio e lo feci. Ero sana e salva, ma mi ritrovai in mezzo al nulla. Ripresi le mie sembianze umane e mi alzai in piedi per guardarmi attorno sperando di vedere qualcuno, ma dei Mangiamorte e delle persone non c’era più traccia. I resti delle tende bruciacchiate si spargevano a macchia d’olio davanti e dietro di me.

Colonne di fumo si stagliarono nel cielo nero della notte.

E io ero sola.

Dove era Draco? Mi stava cercando? Quella era l’unica certezza a cui mi aggrappai, mentre iniziavo a sentirmi abbandonata. Nel panico, presi a chiamarlo “Draco!” ma la mia voce tornava indietro da sola, tremolante e insicura. Chissà quando lontano mi aveva trascinata la folla. Forse mi stava cercando in tutt’altro posto.

Sentii dei rumori alle mie spalle. Presi la bacchetta da da dentro la borsa, pronta a usarla se ce ne fosse stato bisogno.

“Lia? Sei tu?”

Hermione?”

Vidi la ragazza avvicinarsi preoccupata, affiancata da Ron che mi guardò “Perdi sangue.” Mormorò, indicando la mia spalla. Dovevo essermi graffiata uscendo dalla tenda.

 “Possibile che tutte le volte che ci incontriamo io debba sanguinare?” sdrammatizzai, perché la situazione s’era fatta insostenibile.

“Che ci fai qui? Perché non sei scappata?” mi chiese Hermione, con tono coincitato.

“Ho perso Draco, eravamo insieme, ma poi le persone ci hanno separati.” le spiegai sospirando “E immagino che voi non lo abbiate visto.”

Ron scosse il capo “A noi è successa la stessa cosa con Harry.”

“Aiutiamoci a vicenda.” proposi e loro annuirono.

Iniziammo così a cercare Harry e Draco anche se, come disse il rosso, sicuramente non li avremmo trovati insieme intenti a parlare dei bei, vecchi tempi andati. Camminammo per non so quanto, in mezzo a quella che pareva una città fantasma divorata dalle fiamme. Hermione chiamava Harry mentre io chiamavo Draco.

Weasley alternava un ‘Harry’ ad un ‘Malefica Serpe’ per aiutare un po’ entrambe a ritrovarli.

Speravo che avesse trovato suo padre e si fosse messo in salvo. Lo speravo davvero con tutta me stessa, ma allo stesso tempo temevo che mi avesse abbandonata.

Trovammo Potter che si guardava attorno circospetto e lo raggiungemmo subito.  “Ti cerchiamo da una vita” disse Ron, mentre Hermione lo afferrava per le braccia costringendolo a voltarsi verso di noi “Ti credevamo disperso.”

Harry però sembrava preso da qualcosa, così anche noi alzammo gli occhi. Sopra di noi, un bagliore verdastro illuminava la notte e io mi sentii gelare il sangue nelle vene. Il calore… Sembrava che me l’avessero portato via tutto.

“Cosa è?” chiese Ron senza capire, mentre anche la Granger si fossilizzava incredula. Harry si portò una mano sulla fronte, gemendo dolorante, mentre io cercavo le parole per spiegare quanto eravamo nei guai.

Il Marchio Nero, ecco cosa era. Guardai spaventata il teschio nel cielo, dal quale usciva un serpente direttamente dalla bocca, ma Ron mi strascinò a terra, stringendomi a sé, e interrompendo così la vista macabra. Un gruppo di maghi si era materializzato attorno a noi gridando ‘Stupeficium’, cercando di schiantarci tutti e quattro.

Non ci colpirono per pura fortuna e riflessi pronti.

“Fermi! Quello è mio figlio!” gridò una voce che identificai come quella di Arthur Weasley.

“E quella è mia figlia! Dahlia!”

“Papà!” mi alzai in piedi e lui corse subito da me, abbracciandomi.

“Chi di voi lo ha evocato? Ditelo! Siete stati scoperti sulla scena del reato!” un uomo parecchio ansioso ci puntò in faccia la bacchetta subito mio padre lo fulminò.

“Spero tu stia scherzando, Crouch.”

“Sono solo dei ragazzi!” gli diede man forte il padre di Ron. Tutta la paura che avevo provato prima si riversò su di me in quel momento. Iniziai a tremare da capo a piedi, come se stessi congelando, mentre sentivo le lacrime premermi forte negli occhi. Papà se ne accorse e mi strinse di più a se.

Ascoltai Harry che, dopo aver appreso a cosa servisse il Marchio nel cielo, chiedeva se quelli che avevano appiccato il fuoco fossero seguaci di Tu Sai Chi. Era strano per me vederlo, proprio lui, che non sapeva nulla di quelle faccende.

Fu destabilizzante.

“Papà!” dissi presa dalla foga e attirando l’attenzione di tutti “Draco! Io… l’ho perso! Ci siamo separati ad un certo punto e non sono più riuscita a trovarlo! Se gli è successo qualcosa? E se-”

Draco? Draco Malfoy?” chiese una strega dai capelli color topo, stranita, ed io annuii. Lei scoppiò in una risatina sarcastica “Non credo che i Mangiamorte farebbero mai nulla ad un Malfoy, cara.”

Io la guardai senza capire, ma mio padre si rivolse a lei burbero “Non è compito tuo dare giudizi, Donna. Portiamoli al sicuro.” concluse poi rivolto Arthur, afferrando Hermione per le spalle ed esortandola a camminare. Non mi leverò mai dalla testa il modo in cui quella strega mi buttò in faccia una verità scomoda della quale ero del tutto all’oscuro.

Raggiungemmo lo spiazzo illuminato in cui si erano radunati in molti. Medimaghi e Auror andavamo un po’ qua e un po’ la, aiutando e facendo domande. Lì, mentre parlava in modo frenetico con Nott, vidi Draco.

Appena il moro gli fece un gesto nella mia direzione, lui si voltò a guardarmi e poi corse da me. Lasciai papà e feci un paio di metri di corsa facendomi poi stringere dal biondo e lasciando che le lacrime cadessero a fiumi liberandomi.

“Per Merlino, stai bene.” mi sussurrò fra i capelli.

Papà si avvicinò a noi, appoggiandomi una mano sulla schiena e facendo sciogliere il nostro abbraccio “Andiamo a casa, coraggio. Draco, dove è tuo padre?” chiese cauto, guardando con un cipiglio severo il biondo, che non seppe cosa rispondere.

“Sarà qui nei paraggi, signore.” Mormorò tentennate.

Interruppi la loro conversazione, dispiaciuta per il modo in cui Draco guardava fisso a terra, lontano dagli occhi di mio padre. “Papà, posso salutare un attimo Draco?”

Lui annuì appena “Fai presto però. Tanto vi rivedrete sull’Espresso per Hogwarts” mi rispose secco, ancora teso, prima di avvicinarsi a Prime e Iris, che stavano consolando una povera Laureen, del tutto traumatizzata.

“Tu lo sapevi” gli dissi e Draco mi guardò prima senza capire e poi impallidendo “Sapevi che sarebbe successo tutto questo, ecco perché volevi tenermi nella tenda.”

“Non dire sciocchezze, Blake.” Mi ribeccò, ma io non abboccai.

“E lo sapeva anche tuo padre.” Continuai, assottigliando gli occhi “Per questo ci aveva intimato di non uscire dalla tenda. Scommetto che se vado a controllare, è l’unica ancora in piedi.”

Lia…

“Parla.”

Draco si guardò attorno, circospetto.  Poi tornò ad abbracciarmi, anche se brevemente, sussurrandomi in un orecchio “Non ora. Ti giuro che tornati a scuola te ne parlerò.”

Non ero convinta, ma mi limitai a ricambiare l’abbraccio. Avrei ottenuto poche risposte in quel momento, intanto. “Va bene.”

Dopo di che si allontanò da me “Ora vai a casa. Hai bisogno di riposare, sei bianca come un fantasma.”

Lo guardai tornare da Nott, non aggiungendo altro. Avvertii improvvisamente freddo, mentre lo guardavo andare via, tenendo gli occhi sulla sua schiena.

Solo braccia di Draco mi avevano fatta sentire meglio.

 

“Per Ecate, deve essere stato orribile.”

Adrianne mi guardava preoccupata, mentre teneva la mano stretta in quella di Blaise, al suo fianco. In quello scompartimento, oltre a me, Draco e loro due, c’erano anche Theo e Pansy. Entrambi sembravano disturbati da qualcosa. Per quanto riguardava la Parkinson lo potevo immaginare, ma Nott…?

“Per fortuna non ti è successo nulla.” disse Draco passandomi un braccio attorno alle spalle in un improvviso slancio di affetto “Ho seriamente temuto di doverti riportare a tuo padre dentro ad una tabacchiera.”

“Grazie.” Risposi, alzando un sopracciglio“Per fortuna ho incontrato qualcuno che mi ha aiutata. Non avevo molto sangue freddo in quel momento.”

“Il Trio dalla Salvezza” disse ridacchiando Nott “Sei spesso con loro, vero Lia?”

“Li ho incontrati per caso.” Dichiarai sincera, ma nessuno, nemmeno Draco, sembrava credermi davvero “Ve lo giuro!”

“Immagino che anche le altre volte tu li abbia incontrati per caso” disse Pansy e io non riuscii a non pensare che sembrava poco credibile, anche se era vero “Stranamente Potter ti coinvolge nelle sue avventure.” Poi  si azzardò anche a insinuare “Forse anche il Cappello Parlante sbaglia a collocare, avvolte..”

Mi alzai di scatto, fulminandola “Sai cosa c’è Parkinson? Ti donano i capelli lunghi. Almeno hai smesso di farti quell’osceno taglio a scodella e il ciuffo ti copre quell’orribile grugno che ti ritrovi. Però dovresti lavarli più spesso, a nessuno piacciono le cose unte.”

“Ahia.” disse sottovoce Blaise, mentre Adrianne ridacchiava.

Uscii dallo scompartimento, mentre Draco provava a fermarmi “Dove stai andando??”

“A cercare il carrello, ho voglia di qualcosa di dolce.”

“Ti farà bene, acida come sei!” mi urlò dietro Theo ridacchiando, prima di rinfilarsi nello scompartimento. Ero piuttosto su di giri, odiavo quando le persone non mi credevano. Una serie di sfortunati eventi mi avevano portata ad avvicinarmi al famoso Harry Potter e io non l’avevo mai chiesto. Mai, nemmeno una volta.

Presi una brioche alla zucca e quando mi voltai mi trovai davanti Pansy Parkinson con un ghigno. Aveva davvero avuto il coraggio di seguirmi?? “Dimostrerò a tutti chi sei in realtà, Blake.” mi sussurrò a due centimetri dalla faccia “Così che anche Draco possa vedere cosa sei capace di fare.”

Io morsi con non curanza la pasta, superandola “Spera di non essere tu a vedere cosa sono capace di fare, Parkinson.”

Era ossessionata da Draco e io la ritenevo solo una poveraccia. Avrebbe venduto sua mamma per un singolo complimento da parte di Malfoy.

Il treno continuò il suo percorso e io passai il resto del viaggio a parlare con le sorelle Greegrass, in un altro scompartimento. Daphne non aveva più interessi in nessuno della nostra casata, bensì in un giovane Corvonero del sesto anno.

Arrivammo come sempre puntuali e, pronti con la divisa fresca di lavaggio addosso, ci recammo tutti a cena. Ad attenderci nel castello ci fu una grossa sorpresa. Niente Quiddicht per tutto l’anno e in sostituzione…

Hogwarts è stata scelta per ospitare un evento leggendario! Il Torneo Tre Maghi!” ci disse Silente, mentre fra gli studenti si diffondeva un certo brusio. Io sorrisi entusiasta, mentre Draco storceva un po’ il naso. Niente Quidditch.

Mentre Silente spiegava in cosa consisteva tutto ciò a chi non ne sapeva nulla, io mi voltai verso Draco “Non è emozionante? Potresti candidarti come Campione di questa scuola.”

Lui sbuffò “Ma così non ci sarebbe più competizione.” disse gasandosi e io alzai gli occhi al cielo.

“Voglio essere chiaro.” disse il preside attirando su di se le mie attenzioni e quelle dei miei compagni. Il tono era serio, ora “Chi viene scelto sarà da solo. E fidatevi se vi dico che queste gare non sono per i deboli di cuore. Ma di questo ne riparleremo. Per ora, diamo il benvenuto alle incantevoli signorine dell’accademia di Magia di Beauxbatons e alla loro preside, Madame Maxime!”

Le porte si spalancarono e da essere entrarono delle bellissime fanciulle che fecero accelerare la salivazione e il battito del cuore dei ragazzi presenti in sala. Adrianne diede un pestone a piede di Blaise, mentre io mi limitavo a sbuffare “Sono troppo belle, rispetto a noi.” dissi alla mia amica visibilmente alterata “Arrendiamoci.”

Draco mi diede un leggero colpo alle costole, guardandomi con un sorrisetto sghembo che mi fece ridacchiare. Portai le braccia attorno al suo collo, baciandolo sulla guancia, mentre Silente prendeva nuovamente la parola.

“Ed ora i nostri amici del nord! Accogliete i superbi figli di Dumstrang e il loro preside, Igor Karkaroff

A quel punto fu il turno delle donzelle sentire i bollori.

“Che uomini” disse Daphne sottovoce, guadagnandosi tutto il mio consenso mentre Jenna spalancava la bocca scioccata. Lei era anche libera di sbavare, visto che Flitt aveva terminato la scuola l’anno prima.

Uno in particolare dei giovani maghi di Durmstrang calamitò il mio sguardo, tanto da rimanere a bocca aperta per un paio di istanti.

Sapevo chi era, anche se ci avevo messo un attimo a riconoscerlo.

“Lia, Victor Krum sta guardando nella tua direzione o sbaglio?” chiese a voce alta Nott, beccandosi una spallata da Blaise, che esplose a ridere.

“Per Circe.” Mormorai, portandomi una mano alla fronte mentre Draco farneticava qualcosa a bassa voce. Sarebbe stato un anno duro e lungo.

Me lo sentivo…

 

 

Continua…

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Capitolo 12
*** Chapter Eleven: ‘And I am mad’ ***


11


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Eleven: ‘And I am mad’

                                    

Mi alzai dal tavolo a cena ultimata.

Le due delegazioni ospiti lasciarono per prime il salone, tornando verso il loro mezzo con cui erano arrivate e portando così sé sussurri e occhiate curiose. Io vidi di nuovo Krum guardare nella mia direzione, ma scostai gli occhi subito dopo, sentendomi un po’ in imbarazzo. Stavo giusto sorbendomi le frecciatine della Parkinson, quando alle mio orecchie arrivò una voce ruvida e sconosciuta.

 “Cravatta verde-argento, capelli quasi bianchi” mi voltai e vidi che il nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure si stava rivolgendo a Draco, soppesando ogni aspetto in lui evidente. “occhi insolenti ma spento. Espressione da piccolo sfrontatello, che si sente superiore. Tu devi il figlio di Lucius Malfoy.”

Mi avvicinai di qualche passo, per ascoltare la risposta“Draco Malfoy” disse altezzoso il giovane.

Lui ridacchiò “Dì a tuo padre che Malocchio Moody lo saluta. Lo sa benissimo chi sono io.” Il suo occhio finto saettò su di me, perforandomi con quel blu elettrico. Non mi disse nulla, semplicemente si allontanò zoppicando.

“Mette ansia, non trovi?” dissi a Draco, mentre ci affrettavamo a scendere nei sotterrane, verso i nostri dormitori.

“Mio padre mi ha parlato di lui, sostenendo che è solo un vecchio pazzo. Acromantula!” La porta si aprì permettendoci di  entrare.

Ogni pensiero pesante scomparve. Ero a casa.

“Che ne dite di parlare un po’, prima di andare a letto?” propose Nott, una volta scesi nella sala comune. Occupammo un paio di divanetti, sotto gli sguardi curiosi di quelli del primo anno “Secondo voi questo limite di età per partecipare al torneo, imposto da Crouch e appoggiato da Silente, è giusto?”

“Secondo me, sì.” disse Jenna, sedendosi accanto a me “Trovo stupido che uno studente al di sotto del GUFO possa anche solo pensare di cavarsela.”

“Io avrei provato.” disse Blaise alzando le spalle, portando il braccio attorno alle spalle di Adrianne “Eterna gloria. Solletica a molti, vero Draco?”

Malfoy  fece spallucce, fingendo disinteresse “Sì, non sarebbe stato male, ma se a noi fosse concesso di partecipare lo sarebbe anche a San Potter. E si sa che in quel caso uscirebbe il suo nome. È scontato come il disappunto di Piton quando guarda Paciock.”

Io annuii, pensierosa. “Harry ha una capacità unica di cacciarsi nei guai.” mi voltai verso Draco, appoggiando il naso contro alla sua spalla e guardandolo dal basso. Gli sorrisi, quando voltò il viso per guardarmi,  prima di rialzare il volto e sussurrare “Devi ancora spiegarmi cosa è successo alla Coppa del Mondo o sbaglio?”

Lui si fece reticente, in un primo momento, poi annuendo mi fece alzare. “Non qui.” Sussurrò, mi faceva cenno col capo di andare con lui.

“Ma dove andate?!” chiese scocciata la Parkinson, mentre Nott e Zabini guardavamo l’amico con un sorrisetto furbo sul volto.

Draco sbuffò “A farci un calderone di affari nostri, Pansy” rispose scocciato, mentre io scoppiavo a ridere, seguendolo nel corridoio degli studenti del quarto e quinto anno. Arrivati nel dormitorio maschile, chiuse la porta,  applicando addirittura un incantesimo insonorizzante alle pareti, per evitare che qualcuno potesse sentirci.

“Quello che sto per rivelarti non deve uscire da questa stanza.” mi disse, serio come non lo avevo mai visto, puntandomi un dito sotto al naso “Ho deciso di dirtelo perché mi fido di te, quindi non farmene pentire. Nessuno deve saperlo, nemmeno e soprattutto il tuo amico Potter.”

“Non dirò nulla a nessuno, te lo prometto.” Gli dissi ignorando il riferimento acido a Harry e  lui annuì sospirando. Mi fece segno di accomodarmi sul letto prima di mettersi accanto a me.

Mi prese la mano, avvicinandosi ulteriormente così da potermi bisbigliare “Mio padre era al corrente di tutto perché, negli anni in cui il signore Oscuro era al massimo delle sue forze… Era un suo seguace.”

Sgranai gli occhi fino all’inverosimile trovando risposta alle parole della vecchia collega di papà. Rimasi un attimo in silenzio, assimilando la cosa, prima di schiarirmi la voce. “Tuo padre era un Mangiamorte?”

“Sì.”

“E l’altra sera era tra coloro che-”

“Penso di si.”

Rimasi in silenzio, sentendomi anche un po’ stupida. Perché ne ero così sorpresa?

Lucius Malfoy non era solo l’uomo più viscido e meschino che avessi mai incontrato in tutta la mia vita. Era anche un Mangiamorte.

Non chiesi quello che Draco pensava di quella faccenda, forse spaventata da quella che sarebbe potuta essere la sua risposta. Non  chiesi nemmeno il perché di quell’atto. Voi Sapete Chi era scomparso molti anni prima, che senso aveva quindi, l’atto alla Coppa del Mondo? Non ero pronta a saperlo. .

Draco mi guardò, quando decretò che mi aveva lasciato abbastanza tempo per pensare. “Questo non cambia nulla, vero?” mi chiese, un po’ incerto e io scossi il capo.

“Niente.” gli sussurrai, prima di appoggiare le labbra alle sue “Tu per me sei sempre Draco.”

Mi guardò con espressione indecifrabile, poi mi chiese insicuro “Staresti al mio fianco in qualsiasi caso?”

Non risposi subito, perché il mio cuore aveva mancato di un battito a quelle parole. Non mi era piaciuta come domanda e lui parve ritirarla, perché non mi disse altro. Lasciò scivolare una mano tra i miei capelli, prima di baciarmi ancora e ancora, tornando ad essere un quattordicenne qualsiasi, senza pensieri per la testa.

Quel discorso, però, mi aveva turbata parecchio perché, anche se in modo molto lato, Draco mi aveva appena rivelato qualcosa sulle sue future intenzioni. Qualcosa che non avrei mai immaginato e che in quell’istante non colsi.

Se anche l’avessi capito, però, non sarebbe cambiato nulla.

 

 

Uscii dalla classe di Difesa con una certa fretta, seguita da Draco pallido come un cencio. Mi appoggiai alla finestra e lui fece lo stesso, continuando a farneticare come uno squilibrato “…e di capire che non deve mettersi contro di me! Dirò a mio padre che mi ha messo un ragno mortale sulla faccia e lui provvederà a sbatterlo fuori a calci. Ogni anno la decadenza di questo posto si fa più evidente e io non sopporto più di…

Si interruppe, costringendomi ad alzare gli occhi. Davanti mi trovai il professor Moody, che mi osservava silenzioso con il suo occhip vero mentre quell’altro, frenetico e sempre in movimento, sfrecciava su Draco, fulminandolo “Può rientrare in aula, signorina Blake? Avrei un paio di domande da farle. Lei no!” puntò il bastone al petto di Draco, che aveva provato a seguirmi.

Mi voltai verso il ragazzo,  porgendogli la mia borsa “Dì a Vitious che sono qui… Appena finito ti raggiungo a lezione.”

Lui annuì, evitando di guardare verso il professore una seconda volta. Si defilò così in fretta che in poco più di tre secondi era sparito oltre l’angolo del corridoio.

“Un cuor di leone, devo ammetterlo.” disse burbero l’uomo, prima di precedermi nella sua aula “Chiuda la porta, signorina Blake.”

Io eseguii riluttante, seguendolo poi su per le scale sino all’ufficio che, l’anno precedente, era appartenuto a Remus Lupin. Mi mancava, con quella gentilezza unica che mi aveva dato fiducia in me stessa e aiutata per un intero anno scolastico. Tutto il contrario di come mi faceva sentire l’ex Aurur.

“Non si preoccupi.” mi disse, forse notando la mia espressione reticente, colpendo con il bastone la sedia innanzi alla scrivania e invitandomi così a sedermi. Mi guardai attorno e notai un osceno barattolo di vermi appoggiato accanto al calamaio, che si dimenavano in una piccola zolletta di terra. Era davvero grottesco quel posto.

Perché Lupin se n’era andato. Me lo chiesi più che mai.

“Di cosa voleva parlarmi professore?” domandai con voce un po’ tentennante, mentre lui mi offriva dei biscotti che sembravano delle pietre, tanto erano vecchi. Scossi il capo, reclinando gentilmente.

“Volevo sapere come sta suo padre. Peter Blake.” mi spiegò pratico “Eravamo molto amici un tempo. Non so se lo sa.”

Scossi lievemente il capo, stupita. Papà mi aveva parlato di Malocchio Moody, ma era famoso ai più per ciò che aveva fatto in vita. Papà non mi aveva mai detto che erano amici. “Mio padre sta bene.” Risposi alla domanda “Ora è in nord America, per cercare di catturare un Dragone Acquatico del Mississipi.”

Lui annuì “Portagli tutti i miei più cari saluti.”

“Lo farò!” feci per alzarmi, ma lui me lo impedì.

“Non è la sola cosa di cui volevo parlare con  te” mi impose di risedermi  con lo sguardo e io lo feci, nonostante in cuor mio desiderassi solamente scappare a gambe levate alla lezione di Incantesimi “Lei lo sa che io sono un  ex Auror.” Annuii “E sa quali sono i compiti di un Auror?”

“Dare la caccia ai maghi malvagi, Giusto?”

Lui sorrise sghembo “Esatto, signorina Blake. Non avrei saputo dirlo con parole migliori in effetti. Lei ha centrato in pieno il punto. Sa che il padre del suo attuale fidanzatino è un pericolosissimo Mangiamorte?”

La mia bocca si spalancò da sola e se non fosse stato per la pelle e i muscoli facciali, la mandibola mi sarebbe caduta sino al pavimento. Con quale faccia osava venire a dirmi una cosa del genere? Senza il minimo tatto? “Sono sicura che questa sia un’informazione riservata della quale io non dovrei essere a conoscenza” dissi sulla difensiva, prima di aggiungere “E il fatto che io passi del tempo in compagnia di Draco Malfoy non comprende in alcun modo suo padre. Lui non è come suo padre.”

“Lei ne è veramente convinta, signorina Blake?” mi chiese prendendo un sorso dalla fiaschetta che teneva nella tasca interna del mantello “Crede davvero che Draco sia colui che cambierà le cose all’interno della dinastia dei Malfoy, discostandosi dai suoi avi che per secoli hanno praticato le Arti Oscure, come noi ora stiamo tranquillamente discorrendo? Fossi in lei non mi farei illusioni.”

Mi mordicchiai le labbra, poi cercando di essere convincente dissi “Draco non è come suo padre. Draco non-”

Lui esplose in una risata fragorosa, che riecheggiò per tutte le pareti dello studio “Credimi, Bambolina. Appena verrà il tempo più propizio il tuo Draco sarà il primo a mettersi in fila per farsi marchiare.”

Il momento propizio? A cosa? Cosa sarebbe venuto? Troppe domande che non potevo fargli. Mi alzai di scatto, sistemandomi il mantello “Ho la lezione di Incantesimi” dissi frettolosa, rimettendo a posto la sedia con una spinta secca “Arrivederci Professor Moody.”  detto questo uscii fuori, con le sue risate che ancora mi seguivano.

Ebbi un piccolo crollo, infatti non andai a lezione bensì uscii nel cortiletto interno appoggiandomi con entrambe le mani ad un albero.

Dovevo ancora capire che non sarebbe stato Draco Malfoy a cambiare il destino della dinastia Malfoy, bensì un ragazzino di nome Scorpius, che allora non era neanche una favilla illusione.

 

 

Mi lasciai cadere sul letto di Draco ancora incredula. Lui si mise al mio fianco, stendendosi completamente nella mia stessa posizione, con le gambe fuori dal materasso e gli occhi puntati sul baldacchino verde-argento.

“Harry Potter campione Tre Maghi!” disse Blaise, con il tono di un menestrello medievale, pomposo. “Il Bambino che è Sopravvissuto che riprova di nuovo, per il quarto anno di seguito, a non sopravvivere oltre. Solo io sono profondamente irritato dal fatto che per lui non valgano le regole?? Theo? Dracy?”

“Se mi chiami un'altra volta così ti crucio.” Lo ammonì il biondo, sbuffando seccato “A me poco importa, anzi, sarà bellissimo vedere quel pezzente di San Potty fatto a pezzi durante una delle gare.  Non ha speranze contro Krum, la biondina dell’altra scuola di cui nemmeno mi ricordo il nome-”

Fleur Delacoir” gli suggerii io.

“Esatto lei, e quel cervellone di Cedric Diggory. Non vedo l’ora di vederlo scavarsi la fossa da solo.”

Io sospirai, realmente preoccupata per le sorti di Harry. Iniziavo a pensare che qualcuno lo volesse morto, doveva essere così se no non si spiegava come il suo nome fosse finito nel Calice di Fuoco!  Poteva anche essere Harry Potter, ma non era mai stato un pozionista o un mago particolarmente dotato. Era nella media, nulla che potesse battere la linea dell’età imposta dal preside, per Diana!

“Lia, mi stai ascoltando?”

Riportai la mia attenzione su Draco, che aveva voltato il capo verso di me per potermi guardare. Feci lo stesso, incrociando le mani sul petto. “Scusami, mi sono smarrita in un pensiero. Dicevi?”

“Stavo dicendo che se Potter ha chiesto a qualcuno più grande di lui di mettere il nome del calice si è dimostrato l’esaltato di sempre. Non ti pare?”

“Mah,  secondo me sei più innamorato di Harry della metà delle sue fan. Potter di qua, Potter di la. Bella ossessione, la tua.”

Draco mi guardò oltraggiato, assottigliando gli occhi, mentre si sollevava, appuntellandosi con i gomiti al materasso “Perché non chiudi quella bocca, Blake?”

Alzai gli occhi al cielo “Tutta questa cattiveria prima o poi ti si ritorcerà contro.” gli dissi, mentre lui fingeva di non interessarsi al mio pensiero. Peccato che la vena sulla sua fronte, che si gonfiò per l’indignazione, lo tradì.

Spesso mi sono chiesta perché Draco non mi ha mai allontanata. Litigavamo  spesso, lo riprendevo e lo sminuivo.

Eppure nonostante il suo essere spesso infimo, nonostante lanciasse frecciatine a destra e a manca, sapevo che a me ci teneva perché trovava sempre il modo di farsi perdonare. O di perdonarmi.

Ai tempi pensavo fosse amore. Poi mi sono ritrovata a pensare che eravamo solo due ragazzini. Adesso sono più certa che mai che fossero entrambe le cose.

 

 

 

Stavo studiando in biblioteca assieme a Nott e Draco, quando la professoressa McGrannit venne a prelevarmi “Per favore, seguirmi signorina Blake. Lascia pure la borsa al signor Malfoy, non credo gli peserà portartela al dormitorio.”

Io mi infilai il mantello, prima di chinarmi su Draco a lasciargli un bacetto in fronte “Non so se hai notato, ma tra un po’ passo più tempo con i professori che con te e gli altri.”

Lui ridacchiò dandomi una pacca scherzosa sul braccio e subito Theo lo fulminò.  Quello sguardo assassino non passò inosservato e decisi che gliene avrei parlato per capire come mai fosse così strano in quel periodo. Ma andando per gradi, dovevo prima vedere cosa volesse la Professoressa da me.

La seguii e a noi si unì anche Ron Weasley “Presto!” ci esortò a seguirla.

seguendola “Dove stiamo andando?” chiesi al rosso stranita e lui alzo le spalle.

“Non ne ho idea.” Mi rispose candidamente “Stavo per farti la stessa domanda” aggiunse mentre lasciavamo alle nostre spalle il portone d’ingresso e ci avventuravamo fuori dalla scuola, al calare della sera.

Arrivammo fino alla capanna di Hagrid, che ci venne in contro con un sorriso molto esaltato “Ora li prendo io, professoressa.”

“Se non ti dispiace, Hagrid, vorrei venire con voi.” disse cauta la donna e subito lui accettò, facendoci strada dentro alla Foresta Proibita. Camminammo per più di mezzora, sempre più straniti, sino a giungere in uno spiazzo dove vidi mio padre intento a tirare le catene dell’Ungaro Spinato.

“Non posso crederci… Questi sono i nostri Draghi!” mi voltai verso la McGrannit, che guardava con apprensione la scena “Non mi dica che Harry dovrà-”

Lei annuì mestamente “Credo proprio di sì, signorina Blake.”Sospirai avviandomi, verso mio padre per raggiungerlo, ma fui subito richiamata “Signorina Blake, torni qui subito!”

“Non si preoccupi professoressa, ci sono abituata” le risposi senza fermarmi, mentre il Petardo Cinese si voltava a guardarmi, riconoscendomi all’istante. Si curvò su di me e la professoressa si lasciò scappare un gridolino che io coprì con una risata, visto che il Drago aveva preso a leccarmi la faccia solleticandomi “Ciao bello, è da tanto che non ci vediamo.” gli dissi, accarezzandogli il muso mentre questo si prendeva volentieri le mie carezze.

Papà venne verso di me con un sorriso “Vedo che stai salutando Loyal.” disse abbracciandomi “Gli sei mancata, ma Landa sta molto peggio!”

“Appena torno la porto subito a fare un giro, magari possiamo arrivare fino in Siberia.” gli dissi, mentre lui continuava a sorridermi.

“Vado a tranquillizzare la tua professoressa, non voglio attacchi di cuore qui!”

Lo guardai parlare un po’ con la McGrannit, che si sincerò con lui dei miei voti, sostenendo che nonostante l’inizio della mia carriera scolastica in Trasfigurazioni non fosse stata proprio rosea, ero migliorata parecchio. Ron venne verso di noi con un ragazzo molto simile a lui. Charlie Weasley.

Collaborava da anni con papà, lo conoscevo bene infatti.

 “Vorrei salutare Silente” disse papà alla McGrannit, che acconsentì ben lieta di riportare due studenti dentro al castello, mentre io tenevo la briglia del Dorsorugoso di Norvegia da far vedere a Ron “Dai Grey a Noel” mi disse papà e io ubbidii portando il Drago a uno dei dipendenti padre prima di incamminarci alla volta del castello.

Una volta li papà, prese a guardarsi attorno con gli occhi lievemente lucidi iniziando a ricordare tutto quello che aveva passato fra quelle quattro mura.

“Signorina Blake” Mi chiamò la McGrannit una volta arrivati di fronte alla porta della Sala Grande “Può andare a chiamare il preside?” chiese gentile, ma con una certa fretta nella voce. Acconsentii, salendo le scale e sfrecciando fino alla statua che faceva da guardiana all’ufficio del preside.

“Lupus in Fabula” bisbigliai, ricordando la parola d’ordine che mi aveva sussurrato la professoressa. Subito il gargoyle si spostò permettendomi di accedere. Bussai un paio di volte, ma non ottenni risposta. Aprii appena la porta, accostandola per potervi parlare attraverso “Professor Silente?  È permesso?”

La aprii del tutto e vidi che dell’anziano preside non vi era traccia. La chiusi alle mie spalle iniziando a guardarmi attorno curiosa. Ero stata in quel ufficio solo due volte in tutta la mia vita. La prima volta quando io e Draco fummo mandati li dopo esser stati scoperti a gironzolare per la Foresta di notte e poi quando, alla fine del secondo anno, aspettai il ritorno di Potter dalla Camera dei Segreti.

In tutti e due i casi, l’ansia non mi aveva permesso di analizzare a fondo quell’angolo privato della vita di Silente così decisi che, insolentemente, avrei atteso la sua apparizione recuperando. Tutto era incredibilmente ordinato, soprattutto la scrivania e i ripiani contenenti una miriade di oggetti dei quali, per la maggior parte, non ne conoscevo l’esatto utilizzo. Mi avvicinai alla libreria iniziando a guardare i volumi in essa contenuti e invidiai Silente per quella vasta raccolta di preziosi ed antichi volumi che anche io avrei voluto avere nella mai stanza.

Uno in particolare attirò la mi attenzione.

Il Necronomicon, l’unico libro di magia scritto da un Babbano. O almeno il solo che dicesse cose ritenute dai più attendibili.

Lo presi fra le mani, aprendolo per leggere curiosa le prime righe. Un alito di vento e sabbia del deserto uscì dalle pagine di pergamena ingiallite dal tempo e io fui costretta a chiudere gli occhi, prima di riaprirmi e trovarmi davanti righe scritte in latino antico.

Ero piuttosto brava a tradurre il latino, così mi immersi nella lettura della prefazione.

-La notte s'apre sull'orlo dell'abisso. Le porte dell'inferno sono chiuse: a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all'umanità: ecco le chiavi. Cerca le serrature; sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred: per primo io le ho trovate: e sono matto.-

“Ma bene! La signorina Blake che legge un libro di Magia Oscura?!” sobbalzai guardandomi attorno mentre riponevo frettolosamente il volume. Non vidi nessuno dietro di me. “Alza gli occhi, giovane ragazza, e mi vedrai.”

Lo feci e mi trovai a scrutare il Cappello Parlante, posto sulla libreria, che mi aveva appena colta in fallo “Ero solo curiosa.” dissi sbrigativa, cercando di non sembrare nervosa.

Lui ridacchiò, a presa in giro “Andiamo signorina, ti ricordo che quattro anni fa mi hanno appoggiato sulla tua testa. Forse da oggi abbiamo la certezza che ti ho collocata nella casa giusta, non ti pare?”

Io storsi il nas “Solo perché ho dato un’occhiata a quel libro, non significa che io abbia propensione verso le Arti Oscure.”

“Non ho detto questo. Solo che la tua non è semplice curiosità.” Si schiarì la voce prima di prendere a cantare “E per Serpeverde la pura ambizione, vale assai più di ogni nobile azione.”

Lo guardai con la sfida a bruciare nei miei occhi“Io non sono così. Non lo sarò mai.”

“E cosa sei, allora? Sei nobile e pura d’animo o solo di sangue? Mi stai dicendo che dovevi essere collocata tra i Leoni?”

Mi morsi la lingua. Scacco matto. “No” risposi, ricordando le parole di Lupin “Solo che indossare i colori verde e argento non significa essere votati al lato oscuro, ma semplicemente avere doni diversi da quelli di altri.”

“Mi dispiace interrompere questa divertente contesa.” mi voltai trovandomi davanti il preside, che sembrava preso dal nostro intrattenimento “Ma se la signorina Blake è qui è perché, evidentemente, ha premura di parlare con me, o sbaglio Cappello?”

“Non sbagli Albus” rispose lui annoiato “E nemmeno io ho sbagliato nella collocazione. È testarda e permalosa come tutte le Serpi.”

“Ma senti…” mi portai le mani hai fianchi, prima di decidere di ignorarlo e dedicarmi al preside “Mio padre desidera parlare con lei, signore.”

Lui annuì facendomi segno di precederlo, ma io prima feci lanciai un’occhiataccia al Cappello, oltraggiandolo, mentre il preside liberava una risatina “Non temere, Dahlia” mi disse appoggiandomi una mano sulla spalla “Sai, è nella natura del Cappello mettere in dubbio le persone.”

Io annuii per nulla convinta, perché dentro di me mi sentivo fragile.

Ero davvero nel posto giusto? E se sì, perché? Chi ero davvero?

Cosa sarei diventata?

 

Non fu semplice chiarirmi le idee.

E un episodio, avvenuto il giorno successivo alla schermaglia col Cappello, non fece altro che farmi sentire di nuovo in bilico. Mi trovavo in giardino, a godermi una giornata delle ultime giornate assolte, visto che iniziavamo ad inoltrarci nell’autunno che in quell’angolo di Scozia era particolarmente rigido.

Guardai la spilla che Draco mi stava porgendo e alzai il sopracciglio “Ti ho detto che non indosserò una cosa del genere!”

Lui sbuffò “Perché c’è scritto ‘Potter fa schifo’, immagino.”

“Precisamente.” Asserii, sporgendomi verso di lui, aggrappandomi al ramo dell’albero sul quale entrambi eravamo seduti.

Lui non rispose, rimettendosela in tasca con un’espressione un po’ offesa. Mi avvicinai, sedendomi proprio al suo fianco, ed appoggiando le gambe sulle sue “Andiamo, ti stai offendendo per una cosa così stupida?”Lui mi guardò scettico, prima di scrollare le spalle.

“Ci vuole molto di più per offendermi, Blake.”

“Non mi sembrava, Malfoy.”

Presi io l’iniziativa, sporgendomi per baciarlo, ma non ci riuscii perchè Tyger ci interruppe, chiamando il biondo “Che diavolo vuoi?” fu la risposta secca di Draco e il tirapiedi gli indicò qualcuno di fronte a noi.

“C’è Potterino tutto solo” lo beffeggiò un altro Serpeverde del terzo anno di cui non conoscevo (e non conosco tutt’ora) nemmeno il nome.

Draco sorrise beffardo facendomi spostare le gambe. Io alzai gli occhi al cielo, decisa a non sottostare a quella scena patetica, così mi staccai sedendomi sul ramo di fronte. “Perché così teso Potter?” gli chiese ridacchiando e il ragazzo fece finta di nulla continuando a guardare davanti a se “Mio padre ed io abbiamo scommesso. Io ho detto che non duri più di dieci minuti.” disse scendendo con eleganza dall’albero mentre Harry si fermava a guardarlo con disprezzo. Sapevo che era in arrivo l’ennesima scenetta  “Lui non è d’accordo. Secondo lui neanche cinque.” terminò Draco, ridacchiando assieme a quei quattro rincitrulliti che lo circondavano.

“Non me ne importa un accidente di quello che dice tuo padre, Malfoy” Disse Potter, arrivandogli davanti e appoggiandogli le mani al petto, spingendolo. Mi drizzai sul ramo, sentendo odore di guai.

Ehy!” sbottò Draco, stranito da quell’eccesso di ira. Harry doveva avere i nervi a fior di pelle, era naturale reagisse in quel modo dopotutto.

“Lui è vile e crudele. E tu sei patetico” terminò il Leone prima di dargli le spalle e fare per allontanarsi. Successe in un lampo.

Vidi Draco afferrare la bacchetta, ripetendo fra i denti ‘patetico’. Così scesi dall’albero per impedirgli di attaccare Potter. “Draco!”

Ci pensò qualcun altro a frapporsi fra i due.

“Eh no, figliolo!” Malocchio entrò in scena con la bacchetta già alzata e quando mi rivoltai verso Draco, lui era sparito, lasciando al suo posto un tenero furetto bianco che si guardava attorno terrorizzato “Ti insegno io a non fare incantesimi a chi è di spalle!” Disse iniziando a sbatterlo in giro come se fosse una pezzuola.

“Professore! Si fermi!” Gli dissi io scioccata, mentre tutti gli altri studenti si radunavano attorno a noi ridendo assieme a Potter. Istintivamente, alzai a mia volta la bacchetta.

“Stia indietro signorina Blake o leverò cento punti al Serpeverde!” mi minacciò prima di tornare a dedicarsi a Draco “Schifoso, codardo, lurido!”

La professoressa McGrannit, attirata da tutto quel fracasso, accorse subito guardando Moody come se fosse un pazzo. Lo era “Professor Moody! Ma cosa sta facendo?!”

“Insegno.” fu la risposta secca dell’uomo.

“Insegna?”Domandò la McGrannit sconvolta “Quello è uno studente?!” si voltò a guardarmi e dalla mia espressione stavolta arrivò a capire, di certo, che doveva essere Draco.

“Tecnicamente è un furetto.” proseguì con non curanza Moody prima di ficcare Draco nei pantaloni di Tyger.

“Dannazione! Faccia qualcosa!” dissi rivolta alla McGrannit, che sembrava sconcertata dalla situazione. Feci per disarmare da sola Moody, ma lui fece saettare l’occhio artificiale verso di me e fu più veloce.

“Oh signorina Blake se vuole aiutare il signor Malfoy, mi permetta di passarglielo!” Malocchio spinse  la bestiola direttamente nel mio mantello, facendolo passare da dietro al collo. Presi ad agitarmi. Draco mi stava graffiando la schiena e ovviamente non era affatto piacevole.

Riuscii in qualche modo a prendere Draco in mano, e immediatamente la professoressa mi fece segno di appoggiarlo a terra. Lo fece tornare un ragazzo immediatamente. Guardai Draco alzarsi da terra ancora barcollante, i capelli spettinati e il viso stravolto e ancora più pallido del solito. Si voltò verso Moody guardandolo da prima spaventato, poi sfrontato “Mio padre lo verrà a sapere!”

“Questa è una minaccia?!” chiese l’uomo abbandonando il bastone e prendendo a rincorrerlo zoppicando, mentre Draco si dava alla fuga codarda “è una minaccia?! Potrei raccontare storie su tuo padre che potrebbero far arricciare persino i tuoi capelli untimi strinsi  il mantello addosso, ancora imbarazzata per quell’umiliazione, mentre rivolgevo un’occhiata glaciale a quel folle che ancora sbraitava “E non finisce qui!” infine, la McGrannit gli puntò la bacchetta in viso.

Io mi accostai appena a lui, rossa di rabbia e vergogna e lo guardai negli occhi altera “Anche per lei non finisce qui.” Sibilai, con un coraggio che non avevo mai avuto verso un professore. Detto questo presi, a camminare spedita verso il dormitorio sotto lo sguardo divertito di tutti.

La cosa se possibile mi fece infuriare ancora di più, tanto che mi rivolsi a Justin, Tassorosso, che rideva indicandomi ai suoi compagni“Cosa ridi, sporco Sanguemisto?” ringhiai, con cattiveria, senza pensare “Proprio tu ridi di me? Uno come te che osa tanto?”

Ci fu un istante in cui realizzai cosa avevo detto. Forse lo sguardo negli occhi del giovane, sconvolto da tanta crudeltà o forse il sentire la mia voce, come se fosse uscita dalle labbra di qualcun altro. Qualcuno che non conoscevo.

Rientrai nel porticato, appoggiandomi ad una colonna e pensai a tutto quello che avevo detto, agli sguardi che avevo lanciato.

Poteva un semplice episodio, che nemmeno mi riguardava del tutto visto che quello imbarazzato doveva essere Draco, rendermi così fredda e crudele? Stringendo maggiormente la presa sul mantello e capii quello che intendeva il Cappello.

Che io lo volessi o meno qualcosa di strano c’era in me. Qualcosa di diverso. E dovevo accettarlo, volente o nolente.

 

Continua…

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Capitolo 13
*** Chapter Twelve: Hot like the Dragon’s breathe. ***


11


Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter Twelve: Hot like the Dragon’s breathe.

                                    

Lupin una volta mi ha detto che ognuno di noi è artefice del proprio destino e che dobbiamo lasciare che siano le nostre scelte a definirci. Non si può incolpare la Casa di appartenenza se si prendevano determinate decisioni, non era la sorte ad agire, ma la persona che apre la bocca.

Chiesi scusa a Justin, dicendogli che non era mia intenzione trattarlo in quel modo e lui, seppur con un sorriso decisamente tirato, accettò di perdonare le mie parole esagerate. Lo ringrazia, decisa a farmi perdonare a fatti, prima o poi, e tornai verso il tavolino che dividevo con Draco, nell’aula di Divinazione.

“Non avresti dovuto scusarti.” mi disse Malfoy non appena appoggiai il sedere sul cuscino. “Questo è un segno di debolezza.”

“Io lo avrei definito un segno di intelligenza, invece.” sottolineai aprendo il libro su un capitolo in particolare, visto che di fronte a noi c’era un oggetto magico particolarmente famigerato: una tavola Ouija. Quando la professoressa entrò nella classe, urtando tutto quello che incontrò sul suo cammino, notai che gli altri studenti, o almeno la maggior parte, non avevano idea di che diavolo fosse. Compreso il ragazzo accanto a me.

“Che strana.” disse Draco, guardandola, mentre Potter prendeva posto nell’unico tavolino rimasto libero. Naturalmente  quello davanti al nostro “Oh ma guarda chi-”

“Se dici qualcosa, metterò in pratica quello che Malocchio ci ha insegnato.” gli sibilai nell’orecchio, e lui intese al volo visto che smise immediatamente di guardare Potter con quel ghigno malefico e tornò a fissare un po’ scocciato la tavola.

“Chi sa dirmi cosa c’è su ognuno dei vostri tavolini?” chiese la professoressa e io subito alzai la mano. Lei strinse gli occhi, avvicinandosi per poter capire chi fossi. Si appoggiò alla superficie di legno e si chinò su di me, scrutandomi ad un palmo dal naso dietro alle lenti spesse, prima di sorridere. “Signorina Blake, prego.”

“Questa è una tavola Ouija” spiegai mentre lei annuiva freneticamente “Serve per l’evocazione degli spiriti e dei demoni e soprattutto per porvi delle domande. Il nome deriva dall’unione di Oui che significa sì in francese, e Ja, che ha lo stesso significato in lingua tedesca, Può essere chiamata anche Yesda ovvero col lo stesso significato ma  in inglese e  in russo.”

“Come facciamo a porre le domande e soprattutto a leggere le risposte?” domandò la professoressa.

“Tramite una medium molto potente che faccia da intermediario” spiegai afferrando la moneta d’argento sul tavolo “lo spirito, tramite la medium, sposterò la moneta e quindi le mani di coloro che richiedono la consulenza sulla tavola. Ci sono solo tre regole: Non consultare mai la tavola da soli, porre sempre domande semplici e non lasciare aperto il canale una volta concluso.”

“Molto bene.” disse entusiasta “Venti- anzi, venticinque punti al Serpeverde per la brillante spiegazione della signorina Blake! Ora noi useremo una moneta, ma originariamente si usava una lancetta mobile detta ‘planchette’.”

“Ma professoressa?” chiese Ron, perplesso “Questa non è Magia Oscura?”

“Lo diventa solo se lo scopo che si vuole raggiungere è malvagio.” Spiegò la donna, senza capire da dove venisse la voce direttamente “Non lo useremo solo per chiedere consigli sul futuro! Quindi proviamoci. Ho chiesto ad alcuni spiriti del castello di aiutarci. Uno alla volta fate delle domande, anche solo sussurrate e vedete la risposta!”

“Se ci è capitato il Barone Sanguinario, allora ci prenderà in giro.” disse Draco, prima di guardare Potter e ridacchiare “Vediamo cosa dice il tuo futuro, Sfregiato”

“Chiudi il becco, Furetto” rilanciò malignamente Harry, facendolo cadere in un silenzio irato..

“A te l’onore di iniziare…” mi disse scocciato e io gli scoccai un bacio rumoroso sulla guancia. Ridacchiai sotto voce, prima di appoggiare la moneta sul tavolo e appoggiarvi sopra il dito indice, accanto a quello di Malfoy.

Ci pensai su, poi dissi “Pioverà domani?” chiesi, iniziando con qualcosa di semplice.

Sussultai, quando la moneta prese a muoversi, spostandosi assieme alle nostre dita sino al ‘no’.

 “Sono il più bello della scuola?”  chiese  Draco con un sorrisetto storto e io scoppiai a ridere quando la non si mosse per niente, rimanendo ferma sul ‘no’ “Credo sia ovvio che è rotto!” disse stizzito allontanando la mano.

“Non possono rompersi gli spiriti, Draco.” Lo ripresi divertita, pensando ad un'altra domanda. Approfittai della distrazione del biondo, che si era voltato verso Blaise e Theo, per porre una domanda che non volevo che lui sentisse assolutamente “Dovrei aiutare Harry a superare i draghi?”

La moneta non si mosse così tolsi il dito sospirando.

Evidentemente non dovevo. Sarebbe stato come mettere una mano al destino, oltre che trasgredire la parola data alla professoressa McGrannit. Però non era molto giusto, perché Harry era per di suo svantaggiato.

Cercai di seguire il discorso dei ragazzi dietro di me, per distrarmi, ma visto che non avevo voglia tornai a posare gli occhi sulla moneta che, senza bisogno della mia mano, si era posata sul sì…

 

 

Entrai nella biblioteca che era ormai l’una di notte. Saltai con un balzo su uno dei tavoli guardandomi attorno, poi ripresi la mia forma umana, sedendomi sul legno, puntando gli occhi sulla stampa colorata del pantalone del pigiama.

Non attesi molto, prima di sentire un rumore di passi avvicinarsi a me. Anche l’odore della persona che mi stava raggiungendo era unico e lo fiutavo dalla mia posizione.  “Harry, grazie per essere venuto.”

Il ragazzo si tolse il Mantello dell’Invisibilità e mi guardò in attesa “Volevi vedermi, Dahlia?”

Io annuii, afferrando un foglietto dalla tasca e porgendoglielo “Volevo darti questo, visto che immagino che tu sappia in cosa consisterà la tua prova.”

Lui lo prese leggendo attentamente “Ma questi sono-”

“I punti di forza e di debolezza dei miei Draghi.” gli spiegai sospirando “Il Gallese Verde, il Petardo Cinese e il Grugnocorto Svedese. Sull’Ungaro Spinato, purtroppo, so troppo poco. Papà non mi ha mai permesso di interagire con lui in quanto a violenza e cattiveria li batte tutti. Nessuno è riuscito nemmeno vagamente a domarlo in otto anni da quando l’abbiamo portato nella stalla la prima volta.” Spiegai, mentre Harry annuiva leggendo con attenzione il mio elenco “Per favore non fare male al Petardo Cinese, se dovesse capitarti.” gli dissi “A lui sono particolarmente affezionata. Se puoi non ferirne nessuno…

Lui annuì sospirando “Spero che siano loro a non ferire me.”

Gli sorrisi incoraggiante “I Draghi non sono poi molto diversi da tutti gli altri animali, Harry. Sono solo più grossi e sputano un po’ di fuoco. Certe volte sono un po’ irascibili, ma puoi affrontarli”

Lui mi sorrise grado e avvicinandosi mi coinvolse in un veloce abbraccio. Aveva bisogno di riposare, la gara sarebbe stata massacrante.

 

La prima prova del Torneo Tremaghi si tenne sotto ad un cielo grigio, coperto da nubi che promettevano pioggia in abbondanza. Mi misi a sedere accanto a Draco e lui rise “La mia ragazza”disse a voce alta, per farsi sentire “è decisamente più preoccupata per le sorti di draghi piuttosto che per quelle dei concorrenti. Io non posso fare a meno che condividere questa sua preoccupazione!”

Adrianne lo guardò male, prima di appoggiarmi una mano sulla spalla. Ero davvero in fibrillazione, temevo sia per Harry che per quelle bestie che amavo fin da quando ero bambina “Vedrai che non gli succederà nulla, cosa potranno mai fare dei ragazzi contro ad un drago?”

Io annuii ed il colpo di cannone che segnò l’inizio della sfida mi fece trasalire. Il primo a scendere nell’Arena rocciosa fu Diggory assieme al Grugnocorto e lui risolse il tutto piuttosto in fretta trasfigurando una pietra in un cagnolino, che attirò il drago lontano dal ragazzo che prese l’uovo brillantemente.

Guardai papà incatenare Loyal saldamente prima di lanciare un’occhiata incerta verso l’ingresso dei concorrenti. Capii subito perché.

Mi morì un gemito in gola quando vidi Krum entrare con l’acclamazione della folla “Proprio lui?” sbottai istericamente rivolta alla mia amica che alzò le spalle.

“Uno solo contro un enorme drago, Lia.” Mi ripetè mentre io stringendo spasmodicamente  l’orlo della giacca in mano. Lo leggevo negli occhi di quel pallone gonfiato nordico che aveva qualcosa di grosso in mente.

Quando accecò il drago per poco non caddi in avanti, tanto mi ero sporta per vedere. Guardai il povero Loyal dimenarsi e sbattere la coda in giro mentre Krum afferrava l’uovo beccandosi, però, un colpo nella schiena.

“Ben gli sta!” dissi alzandomi in piedi e correndo poi già dalla scalinata. Mentre Draco mi chiamava. Lo ignorai,  ma vidi comunque con la cosa dall’occhio Adrianne che mi seguiva “Torna su! Io voglio solo vedere cosa ha fatto al drago e torno” dissi alla mia amica, ma lei non volle sentire ragioni e, aggrappandosi al mio braccio, mi seguì fino al luogo in cui tenevano i draghi, sotto all’arena.

Non mi stupii di trovare l’Ungaro completamente legato in un angolo mentre papà e Sebastian, il veterimago dei Draghi, curavano il povero Loyal. Mi stavo comportando da bambina, ma avevo tanti ricordi legati a quella creatura. Era stato il primo drago che papà mi aveva mostrato. Il primo che avevo cavalcato. Per la mia famiglia, non c’era molta differenza tra un gatto e una di quelle lucertole un po’ troppo cresciute.

“Sapevo che saresti arrivata.” disse mio padre, mentre mi chinavo sulla bestia per accarezzargli il muso. Il dottore terminò di somministragli delle gocce sugli occhi e poi glieli bendò.

“Starà bene?” chiesi nervosa e papà annuì.

“Non era un incantesimo teso ad accecarlo in via definitiva, ma abbastanza forte ma metterlo KO per alcuni giorni. Oh, ciao Adrianne!”

“Salve signor Blake.” disse lei nervosa, sobbalzando ad ogni singolo movimento del drago che stavo accarezzando, cosa che fece ridere mio padre.

Ci misi alcuni minuti a convincerla ad avvicinarsi per allungare la mano sulle scaglie lucenti della corazza“Tu sei pazza Lia, a stare seduta sulla zampa di un drago.”

“Sono animali fieri e piuttosto irascibili,” le spiegai, mentre un baffo di Loyal mi solleticava il collo “Ma quando si affezionano danno fedeltà eterna al loro proprietario. Sono le creature più affidabili dell’intero mondo magico. Forse anche le più temute ed incomprese.”

“Lia, i draghi uccidono e sfregiano i domatori!”

“Pensaci su.” Dissi, continuando quella mia crociata “Ti strappano dalla tua terra, ti legano e ti trasportano chissà dove. Anche io, se potessi, sputerei  fuoco alle volte.”

Lei ridacchiò, mentre papà tornava con il Gallese incolume “Lia, sta attenta ad Adrianne, portiamo l’Ungaro fuori, ora.”

Di tutti i draghi che mai io avessi visto (e sono stati molti) l’Ungaro Spinato è stato in assoluto quello con il temperamento peggiore. I suoi occhi assottigliati emanavano più fiamme della bocca e la sua coda, letale, ero convinta potesse tranciare in due un uomo con un solo tocco.

Mi appoggiai alle porte che davano sull’arena assieme ad Adrianne e insieme osservammo Potter fare il suo ingresso, acclamato dalla folla.

“Il solo drago su cui non avevo informazioni.” Bisbigliai, scuotendo il capo “Ma quanto sei sfortunato, Harry?”

In un primo momento non vidi una via di uscita per il povero Potter, che però stupì tutti evocando la sua scopa con un semplice Accio.

“Semplice, ma efficace.” disse mio padre guardando il ragazzo “Il giovane Potter, il bambino che è sopravvissuto non delude le aspettative. E vola magnificamente!”

Lo guardai esibirsi in un paio di torsioni e poi, drammaticamente, il drago ruppe la catene librandosi libero nell’aria. Papà prese ad agitarsi e con lui anche Charlie tutti gli altri “Questo non era previsto” disse il rosso portandosi una mano alla fronte “Che facciamo, Peter?”

“Non possiamo interrompere la prova.” disse papà, scuotendo il capo.

“Ma la prova ormai non è più valida!” dissi io, mentre il drago ed Harry si allontanavano nell’arena, alla volta della scuola “Va fatto qualcosa.”

“Non possiamo fare niente, deve terminare questa prova da solo.”

I minuti passarono, sfociando in un silenzio che non presagiva niente di buono. Tra le tribune si diffuse un mormorio che si alzò sempre di più. Solo quando mio padre si sporse in avanti, indicandomi un punto all’orizzonte, ripresi a respirare. Vidi Harry avvicinarsi un po’ traballante sulla scopa, alla volta dell’uomo, che avrebbe di lì a poco afferrato, ponendo fine alla prova.

“E l’Ungaro?” chiesi allarmata. Papà si sbrigò ad allontanarsi, andando a risolvere il problema.

Solo quando Harry fece un giro dell’arena con l’uomo in mano, il cannone suonò di nuovo, ponendo fine alla prima prova del Torneo Tre Maghi.

 

La sala comune di Leoni aveva un’atmosfera più accogliente della nostra. Mi ritrovai alla festa per celebrare Potter come unica outsider, trascinata da Harry in persona, che mi disse che voleva ringraziarmi, nonostante le mie informazioni gli fossero servite a poco, offrendomi del buon idromele fatto in casa che i gemelli avevano trovato chissà dove.

Mi misi a sedere su un divanetto, abbandonando qualsiasi aria leggermente altera da Serpe in virtù di un sorriso radioso e divertito. Ero sollevata che la giornata fosse finita.

“Allora Dahlia, come ci si sente a stare dalla parte dei belli, per una volta?” mi chiese Fred, sedendosi accanto a me e circondandomi le spalle con un braccio.

“Io ci sono sempre dalla parte dei belli, Weasley.”

“Andiamo, vuoi dire che Malfoy è più bello di noi?” mi chiese il suo gemello e poi, fingendosi oltraggiato alla mia risata si alzò “Andiamo a deliziare qualcuno di più meritevole!”

Io risi più forte, mentre loro prendevano sulle spalle Potter che, aprendo l’uovo, scatenò un autentico caos con tanto di urla raccapriccianti provenienti da quel oggetto tanto agognato.

“Miseriaccia, che cosa era?” chiese Ron prima di scambiare un lungo sguardo con Potter. Sapevo che tra loro due le cose non andavano bene, che non si parlavano più, me l’aveva detto Harry stesso, ma io ero sempre la prima a sostenere che le vere amicizie andavano ben oltre a stupide incomprensioni. 

Scesi dal divanetto, uscendo dalla sala dei Grifondoro e salutando tutti con un gesto della mano, appoggiandomela poi sul capello che portavo in testa da tutto il giorno e sfilandolo. Feci qualche passo per il corridoio sovrappensiero, felice che le cose si fossero svolte senza morti/mutilazioni/sofferenze di alcun tipo.

Quasi non mi accorsi della figura che mi si era parata davanti e sussultai appena “Oddio!” dissi portandomi una mano al petto. “Theo.” sussurrai poi, felice di vederlo.  Si avvicinò a me con uno sguardo strano, cupo. Senza contare che stava palesemente evitando di guardarmi negli occhi “Ma qualcosa non va?”

“Lascia perdere. Malfoy ti cercava.”

“Ma cosa… ? Theo aspetta!” mi parai davanti a lui, portando le mani aperte sulle sue braccia “Mi dici cosa ti sta succedendo, per favore?”

Lui rimase, zitto con sfuggendo gli occhi ai miei “Draco e Blaise sono i miei migliori amici, ma forse Malfoy di più.”

Io annuii lentamente “Lo so” gli risposi senza capire “E quindi?”

“Se non lo capisci da sola” sbottò irritato “non sarò io a dirtelo, Blake. Ora cammina, il tuo ragazzo si starà preoccupando visto che stai facendo tardi per festeggiare lo Sfregiato.”

Lo guardai allontanarsi senza aspettarmi. Velocemente, mi affrettai a seguirlo dentro alla sala comune dei Serpeverde. Stavo iniziando a capire il motivo di tutta quella diffidenza nei miei confronti, quella freddezza che mai aveva avuto.

Era uno dei due migliori amici di Draco, è vero, ma lo era sempre stato anche per me e non intendevo perderlo per una banale cotta nata per chissà quale motivo.

Andava affrontato il discorso, prima o poi.

 

 

“Il  Ballo del Ceppo è una tradizione del Torneo Tremaghi che io abolirei con il sorriso sulle labbra,  ma visto che per ora dobbiamo subirlo, per il momento, vediamo di fare le cose come si deve!”

Guardai Piton fare su e giù per la sala comune dei Serpeverde,  con un’aria per nulla soddisfatta. Visto che non ne sapevo molto, alzai la mano. Appena lui mi diede il permesso gli domandai “Quindi è una sorta di… Ballo?” chiesi senza capire.

Adrianne mi diede man forte  “Una di quelle bruttissime ricorrenze in cui agghindarsi in modo eccessivo, che fanno crollare l’autostima se non si riesce ad invitare o a non essere invitato? È una di quelle serate in cui tutti si fingono amici per salvare le apparenze?”

“Non avrei saputo definirlo in modo più appropriato, signorina Dixon.” commentò  lui alzando gli occhi al cielo “Al solo pensiero mi si storcono le budella, ma il mio buon senso mi suggerisce di rammendarvi che, poiché siete una Casa che annovera le Famiglie più nobili di tutto il mondo magico vi consiglio caldamente di non fare la figura degli zotici. Le conseguenze potrebbero essere, come dire, sgradevoli.” Guardò Tyger e Goyle prima di spostare lo sguardo su Millicent e sospirare.

“Ma professore…” chiese Edgar Nogar, un ragazzo del secondo anno brufoloso e dai esasperatamente eleganti. Solitamente, però, perché in quel momento pareva tutto ma non spocchiosamente deciso “Non dobbiamo ballare… Vero? Intendo dire, nonostante sia un ballo, non esistono obblighi nel prendere parte alle danze, o sbaglio?”

Un brusio si diffuse per la stanza, mentre tutti gli studenti di sesso maschile guardavano increduli il ragazzo, come se avesse appena detto un’ovvietà. Ovvio che per loro potevano anche non ballare!

“Ovvio che no, signor Nogar.” rispose calmo Piton, con la sua solita vervè  “Ma se tu non ballerai, e questo vale anche per i tuoi esigui colleghi, ti costringerò a pulire tutto il pavimento del sotterraneo, compresi i bagni, con la lingua.” Il ragazzo lo guardò con gli occhi sgranati, mentre Theo lasciava cadere la testa contro il tavolino di legno al quale era appoggiato “Tutti dovrete venire in compagnia e tutti dovrete ballare. Non permetterò che la mia Casa si conceda di fare la zotica, mentre gli altri danzano educatamente!”

Silenzio.

“La casa di Salazar Serpeverde, lo ripeto per imprimerlo a modo nei vostri cervelletti atrofizzati, è la più nobile del castello! Dovrete essere sinuosi come serpi durante le danze, eleganti e sobri al tempo stesso. Non mi aspetto che lo siate tutti, ma la maggior parte dovrà impegnarsi al fine di non sembrare una ciurma di scalmanati bucanieri in osteria.”

“Come si fa?” chiese un’altra ragazza, penso del sesto anno guadagnandosi un’occhiata annoiata.

“Non mi metterò di certo a dimostrarvelo ora, in questo posto.” rispose secco aggiustandosi il mantello “Vi rimetto al vostro buon senso. Buona giornata.”

Lo guardai uscire con un sopracciglio alzato, mentre Draco si voltava nella mia direzione con un sorrisetto “Ricordo quando abbiamo danzato insieme, al matrimonio di Linnea.” mi disse passandomi un braccio attorno alle spalle e avvicinandosi a me “Sembravi davvero una serpe. Una serpe che aveva mangiato pesante però!”

“Non siamo tutti ballerini provetti come te, Draco.” gli risposi a tono “E poi chi ti dice che verrò al ballo con te?”

Touchè” gli disse Blaise , ridacchiando mentre Draco sbadigliava annoiato.

“Perché, chi altri potrebbe invitarti dopo l’uscita infelice dell’altro giorno con quello stupido Tassorosso?”

Non so precisamente cosa scattò in me in quel frangente.

Forse fu orgoglio o Merlino sa solo cos’altro, ma mi sentii offesa e risentita. In quel momento, mi parve qualche la colpa di tutto ciò che mi era successo fosse in parte colpa di Draco. L’impopolarità fuori e dentro la casa in primis, le frecciatine dei gemelli, le parole dure a Justin.

Fu allora, in un moto di stizza, che lo guardai seria e dissi l’ultima cosa che tutti si aspettavano di sentire.

Me stessa compresa.

“Non dovresti dare per scontato che verrò insieme a te. E il motivo è semplice: non ho intenzione di venire al ballo con te se non hai nemmeno il buon gusto di chiedermelo!”

Draco reagì di conseguenza, alzandosi in piedi di scatto con il viso contorto in una smorfia “Io non devo chiederti proprio niente, Blake. Tu dovresti solo sentirti onorata nel venire al ballo insieme a me!”

“Chi ti dice che ci verrò?”

“Non mi importa se verrai o meno, perché sono io che non voglio andarci insieme a una come te!”

La discussione aveva monopolizzato l’attenzione generale.

Io ero ferita, lui furibondo.

Senza aggiungere altro girai suoi tacchi e lo lasciai lì, a sbraitare contro chi osservava la scena con tanta passione.

Non lo ammisi mai, ma in quel momento, mi sentii una vera stupida.

Sapevo però che nessuno dei due si sarebbe mai scusato per primo.

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Continua…

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