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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologue: the End of the Journey. *** Capitolo 2: *** Chapter one: Play and Escape. *** Capitolo 3: *** Chapter two: Enemies of the Heir, beware *** Capitolo 4: *** Chapter three: The Boy and the Phoenix. *** Capitolo 5: *** Chapter Four: A starry, dancing night. *** Capitolo 6: *** Chapter Five: A change in the mood. *** Capitolo 7: *** Chapter Six: the power of Will. *** Capitolo 8: *** Chapter Seven: ‘….Who effaces his tracks in the sand with his tail.’ *** Capitolo 9: *** Chapter Eight: In the dark of the Night. *** Capitolo 10: *** Chapter Nine: As light as thoughts. *** Capitolo 11: *** Chapter Ten: Fear wears Black. *** Capitolo 12: *** Chapter Eleven: ‘And I am mad’ *** Capitolo 13: *** Chapter Twelve: Hot like the Dragon’s breathe. ***
Capitolo 1 *** Prologue: the End of the Journey. ***
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Premessa: Prima di
tutto, grazie per aver anche solo aperto questa storia.
È stata scritta tra il 2010 e il 2011 e quindi, quando per
puro caso qualche giorno fa l’ho ri-aperta, sono morta di orrore.
Una pena.
Personaggi andati totalmente OOC, una Marie Sue senza
precedenti e tanti altri dettagli che vi risparmio.
Per questo e tanti altri motivi, la storia andava
cancellata.
Però era la mia prima ff, quella che ti rimane un po’ nel
cuore e che vorresti sistemare.
Quindi, perché non farlo?
Ho cinquanta sei capitoli da mettere a posto e almeno una
decina da scrivere per darle una conclusione e ho intenzione di farlo, ogni
volta che ne avrò il tempo.
Ho cambiato molte cose, a partire dai nomi dei miei
personaggi e in particolare della protagonista, che da Kailey Drake è diventata
Dahlia Blake (perché, lo spiegherò strada facendo)
Sono state rimosse scene che rovinavano l’atmosfera e
aggiunti plot twist strani ed eventuali.
In altre parole, sono diventata radical chic (??) e mi sono
data al recupero di questa storia.
Spero di ottenere un buon risultato, perché trecentocinque
recensioni a quella di prima erano sprecate.
Spero in questa!
Ci sentiamo presto, cercherò di caricare celermente i primi
capitoli.
Buona lettura,
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Prologue: the End of the
Journey.
Il miosangue
era caldo,la suaconsistenza era fastidiosa.
In qualchemodo, eroriuscita
a praticarmi un incantesimodiguarigione, ma la sensazionecheprovavo, quellaperditadicaloredalcorpo verso l’esterno, rimaneva.
La gambafaceva
male, un male dannato, mentresentivounastranapressionesulpetto.
Forse era unacostolarotta, forse era ildoloreche era così forte dadiventarefisico.
La pausatra
un atto e l’altrodiquellabarbarabattagliatenevacolfiatosospesotutti, ma unavoltarientratinellasala Grande, oraadibita a macabrorifugio dove avevamosistematoicaduti,
la pauraavevalasciatoilposto
a un grandesconforto.
Mi sentivostrana, chiusa in unabolla, come se tuttoattorno a me mi fosse improvvisamenteestraneo.
Sedutasuquellabrandina, accanto al corposenza vita del miotutore, il tempo sidilatòtantocheparvefermarsi per qualcheminuto.
Dovevaesserecosì, quindi, la morte?
Un’attensalungauna vita, nellaqualesiprotende
verso la negazione? Assurdo.
Erocosìstancache non riuscivonemmeno a piangere la perditadell’ennesimomembrodiquellache,
ormai, era diventata la miafamiglia.
Semplicemente, appoggiaiunamanosullaspalladiLupin, guardandoilsuovoltorilassatonelsonnoeterno e domandandomicosaavesseprovato.
Forseavevapensato a suofiglio, allasua
vita, al fattoche non avrebbepotutooffrirglipiùquelsostegnocheogni padre desidera dare al propriopargolo.
Quantiorfani.
La Guerra avevageneratopiùorfanichescontri, piùabbandonichevittorie.
Bisognaesseredavverostupidi, mi dissi, per permettere un tale scempio e anzi, farne parte.
Quanta morte.
Quanta paura.
Anche la speranza,
ultimaguardiana e spintamotricedella nostra determinazione, avevaabbandonatoilmiocuore.
Negliocchideimieicompagnipotevoleggeresolamentequestosentimento, unapacata e mutarassegnazione.
A faticafecilevasullagambasana, alzandomi
e zoppicandoqualchepasso, prima diriuscire a piegaredinuovoilginocchio.
Per quantofossisfinita, sapevoperòchel’epilogo era ancoralontano, così mi avvicinai al ragazzoche mi avevachiamatauna, due, cento volte. Non sapevodirlo.
Ciscambiammounosguardo e lui non dissenulla.
Fuiio
a parlare, dopo aver mestamenteannuito, come per confermarequelle parole a me stessa e non al miointerlocutore.
“Sonopronta.”
Mentiied Harry, con la stessabugianelcuore, dissed’esserloanchelui.
Ma ora, fermiamoci
qui.
Perchèpartire
a narrareunastoriadalla fine?
Cisonogiorni in cui mi sembratuttocosìcupo
e oscuro, cheriportareallamentequandotutto
era ancorabello e felicefatroppo
male, per questo la memoriasolidadiquellagiornata mi tieneancorataallarealtà.
Tutt’oggi, cisonoferiteche non possonoguarire, cicatricicosìprofondecherimangonoindelebili per l’eternità.
Tutt’oggi, mi interrogosuquanto ho fatto e mi domando, cercandounarispostasincera, se non avessipotuto in qualchemodoevitare un po’ disofferenza
a colorocheamo.
Purtroppo, ognirisposta, è unacoltellata al cuore.
Riaffrontoora,
dinuovo, questopercorso, mettendo in filaciòche è stata
la mia vita, le cui memoriesono come filidilanaannodati
in un canestrodigomitoli.
Come ricordispezzati al centrodi un Pensatoio, cheaspettano solo chequalcunolirimetta in fila, da capo…
Sononata
in un freddopomeriggiodigennaio, in un appartamento piccolo che non era una casa, ma un rifugio per tenere me e la miafamiglianascosti. Lìsiamorimasti,
fino a che un giorno la luce ha trionfatosul male, dipanandone la contrefumosa e liberandocosì un cielostellato.
Quello fu ilgiorno in cui Coluiche non DeveEssereNominatovennesconfitto. Quelgiornoio non avevonemmeno due anni, per cui
non ho ricordo del nostrotrasferimento in quellache era stata la casa deigenitoridimiamadre.
La miafamiglia è semprestata molto numerosa e la casa, diconseguenza, rumorosa e pienadi vita.
Ero la quarta di cinque sorelle, tutte figlie femmine.
La maggiore, Linnea, aveva dieci anni tondi più di me ed era, in un certo
senso, la causa del matrimonio dei nostri genitori. Niente fraintendimenti,
però; Margaret e Peter Blake si amavano molto quando hanno concepito Linnea, il
sesto anno di corso ad Hogwarts, nonostante le pessime voci che trapelarono dal
fatto decisero comunque di creare questa famiglia. Una famiglia nata quasi per
incindente, ma che era destinata a progredire, nonostante la giovaneetà dei miei genitori. Linnea è sempre stata
un po’ una mamma per tutte noi, la più dotta e di certo la più mite di tutte
con un grande cuore e un cervello da vera Corvonero. È entrata a far parte del
Ministero della Magia poco tempo dopo aver terminato la scuola, luogo di lavoro
anche dei nostri genitori, lavorando sodo per entrare a far parte degli Auron.
La seconda in ordina era Primerose, Serpeverde come papà e molto
più acuta e scaltra della maggiore. Da lei andavo sempre quando avevo un
problema da risolvere il prima possibile, era la sorella maggiore che dava
consigli e aiutava ad organizzare piccole cospirazioni domestiche ai danni un
po’ di tutti i residenti della casa. La sua gemella, Iris, invece è sempre
stata più propensa a farsi i fatti suoi. Era uguale alla mamma e come lei della
casata di Corvonero.
Due anni dopo di loro
nacqui io, la quarta per l’appunto, ed infine mia sorella minore, Violet,
un anno più giovane. Eravamo tutte piuttosto simili nell’aspetto fisico, tanto
che gli amici di papà lo prendevano in giro quando eravamo piccole, sostenendo
che si vedeva che venivamo tutte dallo stesso calderone. Nostra
madre, Margaret, dava tutta se stessa nel suo lavoro al Ministero della
Magia, sezione dedicata ai rapporti con i Babbani, così tanto che noi non
la vedevamo mai. Di lei non ricordo molto, purtroppo, ma a casa abbiamo sempre
avuto un intero ripieno pieno di sue foto. Aveva due bellissimi occhi di un
verde così smeraldino da farli sembrare due pietre preziose, perennemente
piegati in una virgola seria, e teneva i capelli lisci e biondi sempre stretti
in un ciglion alto sulla nuca. Aveva un indole molto rigida, ma
quando guardava le sue figlie si scioglieva sempre in un dolce sorriso. Di lei
ricordo soprattutto questo. Un bellissimo sorriso, che mi dava calore e asciugava
le mie lacrime. Non ho memoria della sua voce, del suo profumo o selle sue
carezze, ma quel sorriso non abbandonerà mai la mia mente.
Mio padre, Peter Blake,
aveva dedicato tutta la sua vita a perseguire il mestiere dei suoi padri:
allevatori di draghi. Era un mestiere che la nostra famiglia portava avanti da
più di cinque secoli, destinato a passare per la prima volta nelle mani di una
signorina, come ci ricordava sempre papà, visto che non aveva avuto figli
maschi. Non che ne avesse mai voluti, sosteneva che noi fossimo più che portate
per il lavoro.
Però, anche lui a casa
non c’era mai.
Di lui ho moltissimi
ricordi. Era un bel uomo, con il corpo temprato dal duro lavoro e la mente
aperta dai lunghi viaggi che lo tenevano perennemente impegnato all’estero. Bulgaria,
Cina, Americhe,Giappone e molti altri posti alle nostre orecchie
irraggiungibili ed esotici. Adoravamo sederci tutte attorno a lui appena
rincasava e ascoltare le sue storie strette sul divano. Viveva una eccitante che non pareva voler sacrificare
solo perché aveva messo su, forse ingenuamente, una famiglia tanto numerosa.
Portava i capelli corti e di un castano chiaro quasi ramato e aveva due occhi
azzurri molto espressivi, che aveva trasmesso a tutte le sue figlie.
Durante le loro frequenti
assenze, noi venivamo affidate alla nostra adorata bambinaia, una donna incredibilmente
dolce e comprensiva che ci allevò all’interno del grande maniero di casa Blake,
lontano da ogni etichetta sociale. Per gli altri, noi eravamo una famiglia nobile
di maghi purosangue ben nota e rispettata, ma fra le mura domestiche questi
argomenti non potevano venire affrontati per volontà di mia madre, che
detestava di riferirsi alla nostra famiglia come membri di una casta. Diceva
sempre che le ricordava troppo i ‘giorni oscuri’, ma noi non sapevamo cosa
significasse. Non le importava se le persone le dicevano che doveva guardare
meglio le sue amicizie o se papà le ricordava che avevano una reputazione. Lei
amava passare del tempo in compagnia delle persone normali, i Babbani. Diceva
di ammirarne la cultura e la storia. Passava molto tempo in ufficio con un suo
colleva, Arthur Weasley, a fare teorie su manufatti strani, ma di uso comune, a
parlare e a ridere di coloro che sostenevano che entrambi stavano perdendo del
tutto la loro credibilità.
Papà non aveva ‘troppi
pregiudizi’, però ci teneva molto alla reputazione. Nonostante questo, amava
troppo mia madre per impedirle di far ciò che riteneva opportuno. O iscrivere
noi a una scuola Babbana. O di riempire la casa di strani oggetti, curiosi ma inutili
per un mago.
Come ho già detto, crebbi
assieme a Laureen, la mia balia. Lei era una nata Babbana, quindi fu molto
brava a crescerci così, in bilico fra due mondi. Mi diede lezioni di
pianoforte, sia a me che a Iris, mentre le altre si dilettavano in altre
attività. Crebbi circondata da persone provenienti da tutte le realtà che
potevo vivere. Nonostante la mancanza costante dei miei genitori potevo dirmi felice.
A spezzare quella
fragile armonia, costruita in bilico su sottili gambe di cristallo, bastò un
soffio di vento contrario.
Avevo otto anni quando
nostra madre morì in seguito alla complicazioni di una bruttissima forma
influenzale che aveva contratto in un viaggio in Cambogia, una di quelle rare
volte in che decise di accompagnare papà.
Fu straziante per tutti
noi, visto che ciò accadde in un tempo brevissimo.
Papà si strinse attorno
a tutte noi, sconvolto da quel avvenimento e dal nostro modo di reagire a quella
tragedia.
Capì che lui e la mamma,
per noi, erano quasi al pari di due estranei e si ripromise di
starci accanto affinché anche noi potessimo sentire il calore famigliare che ci
mancava dalla nascita.
Iniziò ritirdando tutte
noi dalla scuola Babbana e pagandoci un maestro privato, mentre dietro le
nostre spalle riprendeva a ricostruire un po’ il suo nome. Detta così, può
sembrare crudele, ma da adulta ho capito le motivazioni che l’hanno portato a
ripristinare quel muro tra noi e il regno non magico che la mamma aveva
abbattuto.
Gli serviva sostegno e i
soli amici che aveva coltivato, erano coloro che non devevano di buon occhi le
manie ‘babbanofile’ della signore Blake. I soli con i quali non perse mai i
contatti rimasero, comunque, i signori Weasley, che aiutarono molto quando la
mamma se ne andò.
Tutto ciò, papà lo fece
continuando, però, il suo mestiere e quindi trasferendolo a casa. Ci
trasferimmo in un paese più piccolo, non troppo lontano da quello in cui
vivevamo prima, fuori Reading. La villa era grande, ma mi sembrava fredda e
sempre troppo silenziosa. Dietro c’era un gigantesco bosco, di nostra
proprietà, che papà incantò per renderlo utile al suo scopo.
Mi svegliai una mattina
con un Norvegese che mi fissava dalla finestra della mia stanza, e quello fu il
mio primo incontro con un drago. Urlai, più sorpresa che spaventata e mio padre
corse da me. Aprì la finestra, tenendomi la mano mentre la appoggiavo sul muso
della bestia, chiuso con pesanti lacci di cuoio per impedirgli di aprire le fauci.
Non mi pervero necessarie, però, perché sembrava tranquillo. Molto più di me,
per lo meno.
“Non devi temere mai
quando sono con te, Dahlia” furono le parole che papà mi sussurrò in quel
momento, prima di richiudere la finestra e andare ad aiutare i suoi assistenti.
Papà è sempre stato l’eroe leggendario nella mia mente, la persona che più
stimavonella vita, anche quando organizzava grandi feste per ritornare a
integrarsi nella società e io ero costretta a starmene tutta la sera impomatata
in mezzo a maghi dall’aria cenciosa, che mi guardavano dall’alto verso il
basso. Uno fra questi era Lucius Malfoy, che era cresciuto con mio
padre e di cui era molto amico. Fin da piccola, mi dava sensazioni strane e
contrastanti, così come suo figlio Draco.Il ragazzo, così ossequoso e spavaldo, aveva la mia stessa età, così mi
rassegnai in fretta al fatto che saremmo diventati compagni di scuola.
Il primo anno alla
scuola di magia e stregoneria di Hogwarts finalmente arrivò anche per
me.
Ero stanca di vedere le mie
sorelle partire senza di me, quello era il mio anno.
Il giorno in cui papà mi
portà a Diagon Alley per prendere la mia prima bacchetta ero elettrizzata.
Legno di cigliegio, nove pollici e mezzo, con anima in crine di unicorno.
Chiesi a papà se mai avesse avuto l’occasione di vederne uno a Hogwarts e la
sua risposta fu un sorrisetto divertito e un no al quale non credetti per
nulla.
Comprai tutto il
necessario, libri di testo e divise, ma papà si oppose all’acquisto di un
manico di scopa. La cosa non mi turbò molto, non avevo mai volato se non su un
drago e accettai il fatto che almeno per il primo anno, avrei usato quelle
della scuola. Il calderone pesava, pieno di libri e calamai, ma non me ne
curai, perché avevo anche io un animale domestico personale, ora. Una piccola
gattina, tutta nera, che divenne sin da subito una compagnia inestimabile.
Il primo settembre
arrivò in fretta. Attraversato il binario nove e tra quarti mi ritrovai di
fronte, per la prima volta, all’Espresso di Hogwarts. Sedetti in uno dei vagoni
insieme ad una mia vecchia amica, Fay Murray e alle mie due sorelle
gemelle, fino ad arrivare a destinazione e non mi staccai da loro nemmeno per
il tragitto in barca, dove solo quelli del primo anno potevano andare.
“Quello con Weasley chi
è?” chiesi a Fay, visto che stava fissando il moro da più di cinque minuti e
lei subito mi guardò stupita, come se quella mancanza fosse incolmabile.
“Come chi è? È Harry
Potter!”
Ovviamente conoscevo la
storia prodigiosa del ragazzo e mi ritrovai a fissarlo stupita con gli occhi
sgranati. Persi però subito l’interesse, perché non potevo non guardarmi
attorno mentre ci incamminavano verso la sala grande del castello. Mi
incuriosiva molto quel Potter e, come tutti quanti, nutrivo dentro di me il
desidero di scoprire quanto fosse davvero speciale, ma ero appena arriva nel
luogo in cui avrei trascorso sette anni della mia vita ed era tutto così grande
e incantevole che non riuscii a concentrarmi su altro.
Il momento più
importante di tutti arrivò: lo Smistamento, ovvero il momento in cui sarei
stata mandata in quella che sarebbe stata la mia Casa da lì a sette anni. Era
davvero importante, quindi, che la
scelta del cappello parlante fosse ben studiata. Allora non lo sapevo, ma il
Cappello Parlante non era solo un ottimo compositore di finastrocche. Non
sbagliava mai la collocazione.
“Blake, Dahlia”
Fay mi sorrise per
incoraggiarmi, ma io di certo non ne
avevo bisogno di essere ulteriormente esortata. Mi sentivo come se tutta la mia
vita dipendesse da quell’unico istante. Andai a sedermi sullo sgabello, di
fronte a tutti quegli studenti e di spalle ai professori e un senso di
inadeguata paura mi colse. Però era solo il cambiamento, papà l’aveva detto che
sarebbe successo, così concentrandomi su quelle parole, attesi che la
professoressa McGrannit appoggiasseil
vecchio e liso copricato sul mio capo biondo.
“Mhm… Vediamo un po’
dove collocare questa giovane.” Iniziò a brontolare subito il magico
oggetto, mentre io attendevo “Vedo fierezza, determinazione e intelligenza.
Vedo una testa che non ha paura di fare ciò che la sua stessa coscienza le
dice, anche a discapito delle regole. Vedo astuzia, ma anche una certa, velata
insicurezza.” Mi morsi il labbro, chiedendomi se io fossi davvero così come mi
stava descrivendo “C’è gentilezza, in te, spirito di iniziativa, ma la tua
ambizione offusca un po’ il tuo giudizio. Vuoi diventare importante, come tuo
padre e tua madre prima di te, vuoi che tutti sappiano di chi sei figlia…Non penso ci sia un posto più
azzeccato di… Serpeverde!”
Fu come se un grosso
peso da novanta mi fosse appena stato levato dalle spalle. Ero finita nella
Casata di Prime, di mio padre e di suo padre prima di lui. Il luogo in cui
avevo sperato di appartenere.
Al tavolo venni accolta
da applausi e un abbraccio di mia sorella, mentre Fay veniva smistata a
Tassorosso. Persi quindi quella momentanea compagna di viaggio, sicura che ne
avrei però acquistati molti altri. Lì, seduti attorno a me, c’erano già alcuni
volti conosciuti, come quello di Theodore Nott e Draco Malfoy, ma anche altri
nuovi che conobbi appena seduta, come Blaise Zabini o Pansy Parsons. Per me, ai
tempi, erano solo volti, ma presto sarebbero diventati figure importanti, nella
mia vita.
La cerimonia terminò e
il cibo apparve non appena Silente lo chiamò.
Divorammo tutti quel
banchetto sfizioso con entusiasmo poi lasciammo alzare i ragazzi più
grandi affinchè si ritirassero nel dormitorio, come ci chiesero di
fare i Prefetti, che poi ci scortarono verso i sotterranei.
L’accesso era dietro a
un corridoio lungo, di fronte a una parete di roccia all’apparenza spoglia. La
parola d’ingresso ci venne comunicata, così come fare
Per reperire quella
nuova di volta in volta che essa veniva cambiata.
Quando per la prima
volta entrai nella sala comune, me ne innamorai. Essa era una stanza molto
ampia, ma dal soffitto piuttosto basso. Tutto attorno ad essa c’erano molto
archi che condicevano ai corridoi dove erano situati i dormitori, il tutto
illuminato da lanterne che irradiavamo una cupa luce verdognola. Attorno a me
c’erano alcune teche, contenenti dei serpenti vivi e vegeti che strisciavamo
tra foglie e rami secchi, mi avvicinai curiosa ad una di esse e un pitone
albino mi ricambiò lo sguardo vitreo.
Il corridoio degli
alloggi del primo e del secondo anno era il primo sulla sinistra. Lo imboccai
per prima, appena i Prefetti ci mandarono a letto, curiosa di visitare quel
luogo per me ancora inesplorato. Riconobbi subito il mio baule appena aperta la
porta e corsi a liberare Ophelia, la mia gattina, dalla gabbia.
Questa, riconoscente, si strusciò contro al mio fianco mentre mi sedevo sul
copriletto verde e trapuntato del letto a baldacchino. Faceva un po’ freddo,
nonostante il focolare al centro della stanza e c’era molta umidità. Sapevo il
motivo, però, Prime mi aveva messa al corrente del fatto che il dormitorio
fosse sotto al lago nero.
I letti erano quattro in
tutto, visto che avevo da spartire la stanza con appena tre compagne di classe
del primo anno. La prima che nella stanza, si
chiamava Adrianne Dixon e strinsi sin da subito amicizia molto
bella con lei, trovandola una persona frizzante e divertente. Suo padre gestiva
una delle più grosse fabbriche di calderoni esistenti ed era piuttosto famoso.
Un’altra era Jenna Bell,
la figlia di Thomas Bell, vice segretario del Dipartimento sulle Catastrofi e
gli Incidenti Magici. Era una ragazza strana, con lunghi capelli biondo cenere
e grandi occhi grigi che scrutavano quasi assenti tutto ciò che le capitava
attorno. Non era molto estroversa ed anzi, preferiva isolarsi chiudendo le
tende verde smeraldo del letto a baldacchino, passando le sue serate a leggere.
Ci misi molto più tempo a conquistarla, ma una volta fatto, divenne
inseparabile da me e Adrianne.
Infine
veniva Pansy Parkinson, che aveva il problema inverso: la troppa
voglia di parlarci di cose totalmente noiose ed inutili. Fin dalla prima sera
iniziai a covare sentimenti poco gentili nei suoi riguardi, fino ad arrivare al
non poterla vedere proprio.
Altre tre ragazze del
nostro anno avevano la stanza di fronte alla nostra. Tracy Davis non era male,
ma tendeva a vantarsi un po’ troppo. Lo stesso valeva per Daphne Greengrass,
che oltre al vantarsi, aveva l’insopportabile mania di lanciare velatissimi
insulti a tutte le altre ragazze che la circondavano. Ovviamente alle spalle.
L’altra era Millicent, una nerboluta ragazzona che, fra tutte, era la meno
antipatica. Almeno non parlava quasi con nessuno. Avrei preferito mille volte
avere lei in camerata, rispetto alla Parsons.
Il primo anno volò
velocemente e mi trovai con eccellenti doti in Pozioni e un quasi disastro in Trasfigurazione.
Il mio rapporto con Adrianne e Jenna crebbe e assieme ci coalizzammo
in modo piuttosto evidente per tenere la Parkison il più lontano
possibile e fuori dai nostra affari, visto che tutte e tre avevamo di meglio da
fare che sentirla sproloquiare dal mattino alla sera su Draco Malfoy.
Mi stupii molto nel
conoscere Harry Potter, lo trovavo un ragazzo particolare ma interessante,
anche se la nostra amicizia non fu nulla di più di una banale conoscenza dovuta
al passare quasi ogni giorno agli stessi corsi. Poi con lui c’era sempre
un’altra persona, che sopportavo davvero a piccole dosi, ovvero Hermione Granger, la so tutto
di turno che ogni anno ha.
Avevo molti amici nelle
altre casate, così come diversi altri del mio corso, ma naturalmente c’è sempre
chi si crede migliore degli altri e deve sempre parlare e dire la sua.
Nel mio caso, questa
fantomatica figura era Draco Malfoy.
Il primo anno non
eravamo amici, non parlavamo e nessuno dei due evitava l’altra. Semplicemente
non avevamo niente a che spartire. Papà mi scriveva spesso chiedendomi di fare
amicizia con lui, con il figlio del suo vecchio amico, ma io non ci ho mai
davvero provato e nemmeno Draco pareva interessato alla mia esistenza. Di tutte
le volte che abbiamo avuto a che fare, ricordo solo una con precisione.
Questo fatto avvenne
verso la fine del primo anno, ed è davvero il solo degno di nota in cui parlai
sia con Harry Potter che con Draco Malfoy. Al secondo, fra l’altro, per
cantagliele….
“Ciao Lia, come stai?” alzai gli occhi dal
libro di Incantesimi, scontrandoli con quelli chiari di Harry. Si sedette sotto
all’albero dove io stavo studiando, stupendomi di quella strana intrusione. Non
si era mai seduto accanto a me prima, ne per una lezione, né a natale quando il
castello si era svuotato ed eravamo rimasti in pochi.
Curiosa, appoggiai il
libro contro la mia coscia, guardandola come ogni dodicenne curiosa poteva
fare.
Il leggendario bambino
che era sopravvissuto alla morte voleva parlare con me, doveva esserci un
motivo, no?
A quanto pare no.
“Non male, anche se sono
un po’ preoccupata per la verifica finale ce ci farà domani il
professor Vitious.” Fu la mia risposta tranquilla. Lui annuì appena
osservando il mio libro “Ho sentito cosa hai combinato nei sotterranei della
scuola” insistetti. Tutti lo sapevano e lui sorrise appena un po’ intimidito
per tutta quell’ulteriore popolarità.
“Sicuramente le persone
stanno esagerando. Se non fosse stato per Hermione e Ron io
non avrei mai…”
“Ma bene! Cosa vedo!”
alzammo gli occhi in contemporanea trovandoci davanti Malfoy che
sogghignava “Non dovresti socializzare
con certi scarti della società, Blake, oppure ti abbasserai al
loro livello e la gente inizierà a parlare.”
A quell’età, non sapevo
bene cosa rispondere a una simile provocazione.
Non ero cresciuta come
lui, in un mondo di regole non scritte e facciate che valevano più della
realtà.
Semplicemente mi
aggiustai il mantello della divisa, prima di guardare il biondo di rimando “Non temere Draco” iniziai con tono
leggero, eppure provocatorio “So scegliere da sola chi è uno scarto e chi non
lo è” detto ciò, tornai ad aprire il libro e finsi di leggere con non curanza
una formula, come facevo da bambina quando Laureen mi chiamava e io mi mostravo
indaffarata verso altro. Il biondo mi riservò uno sguardo fortemente risentito
e dopo aver esternato con un’orrenda
espressione il suo disappunto, se ne andò via. Senza Tiger e Goyle non osava
troppo “Non devi farci caso” dissi ad Harry, che mi guardò stupito
“Draco si crede superiore a tutto e tutti.”
Harry ridacchiò appena,
annuendo alle mie parole “Grazie.” Disse alla fine, per ciò che avevo detto.
“Quando sono arrivato credevo che tutti i Serpeverde fossero come lui, ma
sbagliavo.”
“Pensavi male, Potter.”
Risposi, prima di sistemarmi con la schiena contro al tronco dell’albero “Draco appartiene
ad una casa tutta sua, dove può burlarsi di tutto e tutti. Perché sei venuto a
cercarmi?”
Harry iniziò,
imbarazzato, a chiedermi un paio di cose su una lezione di pozioni che per ovvi
motivi lui e i suoi due amici avevano saltato e io fui ben contenta di passargli
i miei appunti, pensando nella mia testa che sarebbe potuta diventare
un’amicizia producente quella con lui.
Non intendevo
sicuramente entrare nei suoi affari, ma quello era Harry Potter e tutti avevano
un debole per lui.
Incredibile la piega che avrebbe preso la mia
vita da quel momento in poi.
Nda: Buongiorno a
tutti! Contrariamente ad ogni previsione, qualcuno che segue questa storia c’è!
Quando ho dato un occhiata se c’erano persone a seguirmi,
sono rimasta sorpresa e ringrazio tutti questi osservatori silenziosi, insieme
alla ragazza che ha recensito ed è stata così gentile.
Questo capitolo è leggermente più vivace dell’altro, quindi
confido che avrà più successo.
Grazie davvero a chi mi segue!
Non avendo appunti particolari da fare, vi lascio al
capitolo.
Buona lettura,
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter one: Play and Escape.
Papà aveva ragione, quando diceva che una
voltache avrei iniziato a frequentare
Hogwarts, il tempo sarebbe volato.
L’estante tra il primo e il secondo anno
fu sprovvista di eventi degni di nota, ma a posteriori ne sarei stata grata.
Passai la maggior parte del tempo a casa
di mio nonno Horas, che aveva deciso di trascorrere i suoi ultimi anni in
Germania, insieme alle mie sorelle più giovani, mentre mio padre e Linnea
rimanevano in Inghilterra, nel piccolo paese di Northleach , nel
Gloucestershire.
Una piccola oasi non troppo distante da
Oxford, per essere precisi.
Lì papà aveva deciso di costruire la
nostro ultima e definitiva dimora, lontano da occhi indiscreti, dove poteva
stregare un bosco e costruire una grande stalla per i draghi che addestrava.
Difficilmente potevano scoprirci, in quel
luogo, visto che le poche anime che lo dimoravano si facevano gli affari loro
e, citando mio padre, ingannare gli occhi dei Babbani è più semplice che pelare
una patata dopo aver preso in mano la bacchetta.
Nonostante la testa perennemente fra le
nuvole, avevo portato a termine tutti i compiti che ci avevano assegnato
durante l’estate praticamente appena tornata a casa. Adoravo quella scuola e
non vedevo l’ora che agosto arrivasse al suo epilogo per tornarvi.
I buoni risultati che avevo ottenuto
durante il primo anno andavano surclassati, dato che ormai mi ero ambientata e
quindi potevo dimostrare al meglio le mie capacità. Non ero un genio come Prime
o Iris, dovevo studiare parecchio per ottenere risultati eccellenti in materie
in cui ero portata come Pozioni,o in
altre in cui faticavo di più come Trasfigurazioni. Non mi abbattevo mai, però.
Così come aveva detto il Cappello Parlante ero ambiziosa e decisa; avevo
obiettivi importanti, tra cui il rendere mio padre fiero. Nonostante fossi
molto giovane, avevo imparato in fretta a capire quanto il signor Blake
adorasse vantarsi delle sue figlie e in una casa dove ve ne sono ben quattro
agli studi c’è molta, molta competizione. Pane per i miei denti.
Prima di tornare, però, era necessario un
altro giro a Diagon Alley, dove io e le gemelle potevano rimpinguare le scorte
e prendere i libri del nuovo anno e dove Melanie poteva finalmente comprare la
sua prima bacchetta. “Sono felicissima” mi disse, così tanto eccitata da
arrivare quasi a saltellare lungo il viale ciottolato verso il negozio di
Olivander, “Non vedo l’ora di iniziare!”
“Ci credo” le risposi mentre Prime e Iris
si separavano da noi andando a salutare un paio di compagni di corso “Anche io
non vedo l’ora di riprendere.”
Papà controllava la lista dei libri di
tutte e quattro e con uno sbuffo “Non finiremo mai! Forse dovremmo studiare un
piano. Dividiamoci!” esclamò infine, facendoci ridere entrambe.
“Ti capisco, Peter.” una voce alle nostre
spalle ci fece voltare colte alla sprovvista, trovandoci così di fronte il viso
rotondo e sorridente della signora Weasley “Ma avere molti figli costringe i
genitori a comprare molti libri! Come state tutti?”
“Molto bene, ti ringrazio, Molly” ricambiò
il saluto papà, con un sorriso cordiale “Anche Ginny inizia quest’anno come la
mia piccola Melanie vero?” chiese papà portando unbraccio attorno alle spalle di mia sorella,
che arrossì subito a disagio.
“Eh si!” rispose la signora Weasley,
accarezzando il mantello della figlia come per lisciare le pieghe “Sarà triste
la casa senza nessuno dei ragazzi!”
“Io invece sono pronto a godermi la pace,
finalmente!” Scherzò papà, prima di rivolgersi all’uomo che ci stava
raggiungendo “Arthur, buongiorno! Da quanto tempo!”
“Ciao, Ron.” salutai con un sorriso
leggero il ragazzo accanto a lui, che ci mise un po’ a rispondere con un cenno
goffo del capo, come se un mio saluto non se lo aspettasse affatto.
I Weasley, come ho già affermato in
precedenza, erano dei cari amici di famiglia, poiché la mamma lavorava con il
signor Weasley al Ministero. Dopo la morte di mamma loro ci sono stati molto
vicini, nonostante con mio padre non avessero lo stesso legame. Papà, anni dopo
quel nostro incontro a Diagon Alley, mi confidò di vergognarsi molto per come
si era comportato con i Weasley, negli anni in cui Voi Sapete Chi aveva
infestato come un cancro il nostro mondo. Si era vergognato di come aveva
sempre nutrito verso di loro un certo distacco, di come non li aveva mai
considerati alla pari di molti altri maghi che, alla fine, si erano rivelati
solo dei folli. Si era molto ricreduto proprio dopo la morte della moglie, oltre
che dopo la fine della Guerra. Nei due momenti in cui, alla fin fine, i suoi
‘amici’ si erano rivelati chi erano davvero.
“Ci siamo persi Harry” mi disse di punto
in bianco Ron con tono un po’ impacciato, come per voler in quanche modo
iniziare un discorso.“Ha sbagliato con la Metropolvere e ora è disperso”
proseguì il rosso, con un cipiglio serio. Papà mi appoggiò una mano sulla
spalla prima ancora che io potessi rispondere a Ron, dicendomi di aspettarlo
con i Weasley mentre lui andava con Melanie a prendere la bacchetta e io
acconsentii iniziando una disquisizione su dove potesse essersi cacciato
Potter.
Riapparve in fretta, salvato da Hagrid e
poi raccolto da Hermione, che l’aveva portato da noi, al Ghirigoro.
Non avevo idea di cosa fosse successo, solo
che aveva avuto un problema con la Metropolvere. Non cercai di origliare o
altro. Volevo tenermi lontana dai guai almeno per il momento e dopo i racconti
che si erano sparsi per la scuola circa la loro avventura con un grosso cane a
tre teste e una scacchiera magica, non volevo davvero prendere parte al loro
gruppetto.
Senza contare che erano diversi da me,
sotto ogni punto di vita. Perché avrei dovuto preoccuparmi di essere loro amica
quando, istintivamente, erano i primi ad escludermi. Ero una Serpeverde, loro
tre Grifondoro col pedigree. Andava bene così, non sentivo la mancanza di
emozioni. Non ancora, almeno.
Al Ghirigoro vidi per la prima volta il
futuro professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un certo Gilderoy Allock,
che presentava il suo ultimo libro a ragazzine dall’aria svampita, come mia
sorella Iris e donne di mezza età con dubbi gusti letterali, tra cui la signora
Weasley. A me non piaceva a pelle, né come scrittore né tanto meno come figura
pubblica.
“L’ho sempre pensato che sei sveglia,
Blake” mi disse Fred,picchiandomi piano
il gomito contro al fianco e facendomi ridere, mentre assistevamo alla scena
patetica di Harry che veniva acchiappato da quel dubbio mago.
“Leviamo le tende prima che decida di
scrivere qualcosa sulla tua vita!” Rilanciò George, mentre Harry sbuffava
sconsolato. Visto che mio padre era dato ancora per disperso – da Olivander ci
voleva del tempo, dopotutto - mi spostai con loro verso l’ingresso del negozio.
Lì qualcuno attirò la nostra attenzione, scendendo rapidamente le scale che
conducevano al piano superiore.
“Scommetto che ti è piaciuto Potter. Il
famoso Harry Potter. Anche se entri in una libreria finisci in prima pagina.”
Draco Malfoy, il solito sbruffone.
Per istinto, mi tirai indietro, usando i
gemelli come scudo per evitare di essere vista. Fu un comportamento vile, che
sicuramente attirò su di me più di uno sguardo deluso dalla famiglia dai
capelli rossi, ma non potevano sapere cosa significasse vivere in Serpeverde.
La perenne competizione porta ad essere cauti circa le proprie amicizie, per
evitare che gli altri potessero in qualche modo parlar male.
Non mi vergognavo di loro, ma di me
stessa.
E ancora mi vergogno, ripensandoci.
Tornando a quel momento, Ginny si fece
avanti a difendere Potter, con una tenacia che non le avrei mai attribuito a
colpo d’occhio “Lascialo in pace.”
Draco rise apertamente “Guarda Potter, ti
sei trovato la ragazza!”
Ad interrompere quello scambio di battute pover
ci pensò il signor Malfoy in persona, intimando al figlio di addottare un modo
più educato, prima di rivolgersi ad Harry presentandosi.“La tua cicatrice è
leggenda, come d’altronde il mago che te l’ha procurata.”
Mi sentii schifata da quel uomo così viscido,
tanto che decisi di strisciare dietro il signor Weasley per uscir fuorirespirare a fondo l’aria fresca. Lo odiavo,
la sua sola vista mi dava un senso di repulsione e non riuscivo a spiegarmelo.
Chiamiamolo istinto, chiamamola lungimiranza, ma mi sarebbe servita in futuro
quella diffidenza.
Mio padre arrivò in quel attimo e
guardandomi lasciò morire il sorriso che portava sulle labbra, mentre parlava
con Melanie “Dahlia, ma cosa..?”
Ci scambiammo uno sguardo, ma non riuscii
a dirgli nulla, perché l’oggetto della mia repulsione uscì dalla libreria
proprio in quel frangente. “Peter Blake. Da quanto tempo.” Disse Lucius,guardando anche me con quel sorriso falso a
storcere le labbra sottili.
“Troppo, Malfoy.” rispose papà, con un
sorriso sincero. Erano molto amici in quanto avevano frequentato la scuola
nello stesso periodo, appartenendo anche alla stessa Casa “Non dovremmo far
passare tanto tempo da un incontro all’altro”
“Ora che i nostri figli vanno a scuola,
dovremmo organizzare una cena. Narcissa sarebbe felicissima di far cucinare i
nostri Elfi per te. Solo, se posso ovviamente, vorrei darti un consiglio.”
Papà incrociò le braccia sul petto, certo
che sarebbe arrivato qualcosa di non richiesto. Voleva bene a quell’uomo ai
miei occhi così indegno, ma lo conosceva bene. “Certo Lucius, dimmi pure”
“Sono anni che tento di farti capire che
frequentare i Weasley è… Controproducente alla tua immagine. Non dovresti
abbassarti a mostrarti assieme a certe persone.”
“Infatti” sottolineai io con tono leggero,
ma non meno coperto di insolenza. Attirai così tutti gli sguardi su di me, ma
non me ne preoccupai sul momento. Avevo una frase, appoggiata sulla punta della
lingua da anni ormai. “Non capisco perché parli ancora con il signor Malfoy. È
davvero controproducente alla tua immagine.”
“Dahlia!” mi riproverò subito papà, per
niente stupito. Avevo la lingua biforcuta come un serpente, in certe occasioni
e lui lo sapeva bene.
Lucius Malfoy non si offesa. Anzi, rise
apertamente, appoggiando la mano guantata di nero sulla spalla del figlio,
ritto accanto a lui come un palo “Avevi detto bene, Draco, quando sostenevi che
la signorina qui presente ha un certo caratterino.” Non so dire se in quel
momonto mi stesse guardando, perché io ero troppo presa a chiedermi perché
Draco aveva parlato di me al padre.
Con questa domanda in testa, mi allontanai
per raggiungere le gemelle, intente ad ammirare l’autografo di Allock sulla
copertina interna del libro.
Cosa diavolo voleva da me, Draco Malfoy?
Bel dilemma.
Non ottenni risposta, una volta tornata ad
Hogwarts, per il semplice fatto che riprendemmo ad ignorarci come avevamo
sempre fatto. Entrai nella Sala Grande con un sorriso luminoso a contornarmi il
viso, sedendo insieme ad Adrienne e Jenna come sempre. Il biondo prese posto
davanti a me, senza rivolgermi la parola, vantandosi della sua bella estate con
la Parkinson e i suoi scagnozzi.
“Nott, quella è la mia sorellina” dissi a
Theo, seduto alla mia destra, indicando Melanie che avanzava un po’ spaesata
assieme a tutti i ragazzini del primo anno “Quasi del tutto sicuramente però
non si unirà a noi.” Aggiunsi, portando una mano alla treccia bionda che mi
scendeva sulla spalla, tirandone appena le punte come se ad essere nervosa
dovessi essere io.
“Di certo.” sottolineò Prime, mentre Theo
guardava Melanie.
“Siete fatte con lo stampino, per caso?”
chiese divertito afferrando il calice e bevendo. Io alzai la mano e gli diedi
un’amichevole pacca sul braccio.
“Tappati la bocca, Theo.” lo zittì
divertita, mentre la McGrannit presentava la scuola ai ragazzi come faceva ogni
anno. Poi iniziò lo smistamento e quando toccò a mia sorella scambiai uno
sguardo con Primerose, seduta a qualche metro da me.
Il Cappello venne appoggiato sulla
testolina biondadi Melanie e iniziò a
parlare “Oh, l’ennesima Blake! Vediamo un po’, se bene ricordo la tua famiglia
è sempre stata divisa fra Serpeverde e Corvonero. Audaci e fieri da una parte e
grandi menti studiose dall’altra, ma per te io vedo qualcosa di diverso, molto
diverso. Infatti ritengo che il posto giusto per te sia… Grifondoro!”
Rimasi del tutto spiazzata e anche Mel, a
giudicare dalla faccia con cui andò a sedersi lentamente al tavolo rosso-oro.
“Questa si che è bella.” disse Malfoy
schermendomi, mentre io e Prime ci guardavamo stupite. Ma quello non fu l’unico
colpo dell’anno, e non voglio nemmeno accennare al affatto di Harry e Ron che
avevano deciso di venire a scuola a bordo di un auto volante…
Ma di qualcosa di ancor più sconvolgente.
A sostituire lo scomparso professor Raptor
in Difesa Contro le Arti oscure arrivò Gilderoy Allock. Non sembrava molto
cosciente di se stesso, quindi figurarsi se poteva insegnare. La sola cosa
positiva era, quasi del tutto sicuramente, il suo aspetto fisico. Al secondo
anno, però, non avevo ancora iniziato a guardare i ragazzi, come è normale che
fosse, troppo persa nel mio mondo favoloso e alla continua ricerca di un
unicorno.
Era quello il mio obbiettivo, vedere un
unicorno, la meravigliosa bestia il cui crine era racchiuso nell’anima della
mia bacchetta.
Chiesi circa gli unicorni ad Hagrid, il
guardiacaccia della scuola, che mi promise che una volta mi avrebbe portato con
sè mostrandomi quelle meravigliose creature, ma che ancora riteneva la foresta
attorno al castello un posto troppo pericoloso per una ragazzina.
Al tempo non capivo l’importanza di quelle
parole, ne del regolamento studentesco, perché Harry Potter aveva fatto ciò che
aveva fatto l’anno precedente e diciamocelo: non sono mai stata troppo brava a
giocare ‘secondo le regole’.
Le giornate passavamo lente, giorno dopo
giorno, lezione dopo lezione.
Rotolo di pergamena per Piton dopo rotolo
di pergamena.
Ci pensò Adrienne a distrarmi, entrando
nel dormitorio con un sorrisetto smaliziato che, sul momento, non seppi
interpretare.“Andiamo a vedere gli allenamenti del Serpeverde! Alzati e indossa
il mantello!”
“E perché mai, scusa?” le domandai senza
nemmeno alzare gli occhi dal libro che stavo leggendo, guadagnandomi una più
che meritata cuscinata in viso.
“Jenna ha una cotta per Marcus Flint!”
rispose lei, facendo arrossire la nostra amica, che tentò anche, invano, di
negare la cosa. Acconsentii di accompagnarle, senza però sapere cosa mi
aspettava al campetto di Quidditch.
“Malfoy è nella squadra?” chiesi stranita
guardando il biondino sfrecciare sopra alla mia testa, mentre i cacciatori si
passavano la pluffaper riscaldarsi.
“A quanto pare.” Rispose distaccata Jenna,
senza staccare gli occhi dal capitano.
Non è bello ciò che bello, ma doveva
esserci un limite.
“Sembra un castoro.” decretai ridacchiando
e beccandomi un’occhiataccia, mentre Adrianne scoppiava a ridere divertita.
“E Malfoy sembra un lattante” rispose
Jenna.
La guardai, senza capire. Non stavo recitando
o dissimulando, non arrivai davvero a capire come quella cosa avrebbe dovuto in
qualche modo ferirmi.
“Certo” fu la risposta sarcastica di Jenna
“Non fai altro che fissarlo a lezione, a tavola…”
“Nella sala comune, in biblioteca”
continuò l’elenco Adrianne, alzando le dita come per enumerare ogni singolo
posto “Sei davvero facile da cogliere in fallo, sai?”
Sgranai gli occhi, attonita.
“Non me n’ero mai accorta. Sarà il
disgusto!”
Le mie compagne di stanza si scambiarono
uno sguardo complice “Dicono tutte così”
Riportai gli occhi sul cielo, godendomi un
passaggio di Adrian Pucey così perfetto da sembrar fatto col goniometro.
Passai l’allenamento a osservare tutto con
distacco, soppesando attentamente le parole delle mie amiche e cercando così di
darci un senso. Davvero mi interessava Draco Malfoy? No. Semplicemente no,
doveva essere un interesse di un altro tipo.
Avevo la mania di cercare di capire le
persone a colpo d’occhio incomprensibili come lui.
Non sto cercando una giustificazione,
perché sarebbe molto superificiale dire ‘mi accorsi di essermi innamorata di
lui in modo del tutto naturale’. Mentirei. A dodici anni a mala pena pensavo a
cosa avrei fatto il giorno successivo, non avevo idea di come sarebbe stato
avere un ragazzo.
Forse, Draco mi incuriosiva perché
nonostante la faccia di bronzo, era una persona molto decisa. Non giusta, ma
determinata.
Avrei presto avuto modo di conoscerlo
meglio, comunque.
Non so perché l’ho fatto.
Non mi ricordo di preciso le motivazioni
che mi hanno portata, quella notte, a fare qualcosa di così stupido, però mi
ricordo che volevo uscire dal castello.
Avevo litigato con Jenna, che più
precocemente di me, voleva pedinare ad ogni costo ogni singolo membro della squadra
del Serpeverde. Io lo trovavo stupido, un dispendio di tempo e di energie, ma
lei e Adrianne mi avevano semplicemente definito una bambina e avevano detto
che avrebbero fatto ciò che volevano anche senza di me.
Quando sono arrabbiata, non riesco a dormire.
E, a quanto pare, faccio cose stupide.
Come, per l’appunto, quella notte.
Afferrai la bacchetta e il mantello, per
poi scendere fino alla sala comune, che ero convinta avrei trovato deserta.
Stavo legando i capelli in una treccia pratica, quando una voce mi fece
sobbalzare dalla sorpresa.
“Che diavolo stai facendo, Blake?”
Persi un battito.
Draco Malfoy sedeva su uno dei divanetti,
con un libro dalla copertina di pelle nera fra le mani e una elegante vestaglia
di seta verde a coprire il pigiama. Sempre altezzosamente elegante.
“Non riesco a dormire” gli rivelai con non
curanza, appoggiandomi al divano per spiare le pagine del manuale, che non era
scolastico “Pensavo di andare alle cucine.”
“A me sembra un po’ tardi per una
scampagnata nottura.”
Storsi il naso di fronte al suo tono
acido.
“Si Malfoy è tardi. Tornatene a letto… O,
non lo so, ad ingellarti i capelli. Immagino che ci voglia molto tempo per
farlo.”
Lui mi guardò male, sbuffando scocciato
per quella presa in giro “Sai che ti dico, stupida ragazzina? Mettiti pure nei
guai, a me non importa niente di te.”
Tornò alla sua lettura e io alla mia fuga.
Se Harry Potter poteva prendere e fare ciò
che voleva, perché io non avrei potuto?
Feci il più piano possibile, se mai mi
avessero scoperta avrei passato un sacco di guai e non era il caso di far
perdere punti alla Casa, solo perché avevo un momento di ribellione
adolescenziale.
Mi ero scaldata di nuovo, così arrabbiata
decisi di virare e non andare alle cucine, bensì uscire dal castello. Le porte,
i primi anni, erano sempre aperte, come un tacito messaggio di accoglienza.
Camminai e camminai, cercando di capire
perché stavo così male. Adrianne e Jenna erano le mie migliori amiche, era
normale che mi sentissi scocciata di fronte a un litigio con loro, ma Malfoy?
Era livida, e le ultime parole che mi
aveva riservato mi rimbombavano nella testa come una lenta litania.
Passo dopo passo, arrivai al limite della
Foresta e la mia intenzione non era affatto quella di addentrarmi lì dentro.
Anzi, stavo per fare retro front, quando qualcosa catturò la mia attenzione.
Fra i rovi alti, addocchiai una bestia dal manto argentato. Sembrava proprio un
unicorno.
Feci mente locale, mentre la bestia se ne
doveva essere già andata, decidendo alla fine di fare la cosa più stupida di
tutte. Presi coraggio ed entrai nella Foresta Proibita, facendomi strada fra la
vegetazione.
“Lumus!” il buio era impenetrabile e ogni
minimo rumore alle mie spalle era un tuffo al cuore.
A un certo punto, desiderai tornare
indietro, ma non avendo seguito un percorso logico, non sapevo come. Dieci
minuti dopo essere entrata nella Foresta ero già nel panico più totale.
Sospirai ricacciando indietro le lacrime per il nervoso e cercai di pensare a
mente lucida. C’era un incantesimo, che avevamo solo accennato a lezione, per
ritrovare la via…. Così mi concentrai per cercare di riportarlo alla mente.
L’ennesimo rumore mi pietrificò. Stavolta,
però, non era solo la paura. Di lato, su una roccia sporgente, si stagliava il
contorno netto di un grosso lupo. Agii di impulso e presi a correre il più
velocemente possibile, per sfuggire a quelle che si rivelarono due bestie, ma
alla fine mi ritrovai con le spalle al muro contro una parete rocciosa di un
piccolo burrone. Non avevo scampo. Ero così spaventata che nemmeno riuscii a
pensare a uno schiantesimo. Rimasi ferma, con la bacchetta puntata e le labbra
socchiuse, incapace di fare nulla se non osservare i lupi che si avvicinavano
lentamente, mostrando i denti. Chiusi gli occhi, quando mi furono praticamente
di fronte, pronta a essere azzannata alla gola quando una voce che conoscevo
fin troppo bene si stagliò nella notte.
“Stupeficium!”
Riaprì gli occhi in tempo per vedere un
lupo cadere a terra, mentre l’altro scappava, spaventato.
Malfoy mi guardò, più stupito di quanto lo
fossi io “Volevi farti uccidere, razza di cretina mentecatta?” domandò poi con
tono allibito, avanzando di un paio di passi nella mia direzione.
“Io…” non sapevo cosa rispondere. Mi
limitai a portare una mano alla bocca, mentre con gli occhi sgranati osservavo
il lupo schiantato, meditando attentamente su cosa sarebbe potuto succedermi.
In due falcate, Malfoy mi fu davanti,
lasciando oscillare il mantello che, scostandosi, rivelò che il ragazzo era
ancora in pigiama. Si era infilato scarpe e mantello e mi aveva seguita. Mi
aveva salvata.
“Dobbiamo tornare subito al castello, se
Gazza ci ha visti-” non riuscì a terminare la frase, perché gli buttai le
braccia al collo, stringendomi a lui. Rimase del tutto spiazzato, tanto da non
ricambiare il contatto che fu, comunque, molto breve.
Ci allontanammo in simultanea, entrambi
straniti e vagamente imbarazzati per quella situazione ai limiti del reale, poi
mi lasciò un istante per permettermi di asciugarmi gli occhi, che si erano
inumiditi. Mi prese per un polso, iniziando a camminare oltre il margine della
Foresta, trovando la strada anche se con un poco di difficoltà.
Ad aspettarci, sul bordo esterno della
selva, c’era una comitiva di persone che speravo di non vedere mai irate con
me. Prima fra tutti, la professoressa McGrannit, che appena ci vide ci venne
incontro visibilmente alterata “Cosa da pazzi!” sbraitò, scostando con un gesto
seccato la treccia che le cadeva sulla spalla. Quando vide quanto ero pallida,
il viso si ammorbidì, ma solo di poco “Malfoy! Cosa è successo alla signorina
Blake? Sembra parecchio scossa!” si strinse addosso la vestaglia lilla, mentre
mi esaminava per constatare che stessi bene.
“Cosa diavolo credevate di fare?” ci
sbraitò addosso Hagrid, bianco come un cencio prima di rivolgersi a me “Ti
avevo detto che la Foresta Proibita non è posto per una ragazza del secondo
anno!”
“Penso che dovreste andare dal Preside…
Ora.” asserì pacato come al solito Piton, senza farci alcun rimprovero
personalmente. A quelle parole sbiancammo. Ci aspettavamo una punizione diretta
da parte sua, il fatto che Silente volesse vederci di persona denotava quanto
grave fosse la situazione.
Draco mi lanciò un occhiataccia, la colpa
dopotutto era solo mia. Mi lasciò il polso, avviandosi per primo verso
l’ufficio del Preside di Hogwarts.
Ho sempre avuto rispetto per Albus
Silente, trovandolo un mago unico nel suo genere, saggio e capace, ma anche
perché Harry mi aveva raccontato una sera molto tempo dopo, cose straordinarie
su di lui.
Ed eccolo lì, pronto a riceverci con un
sorriso sul viso e gli occhi curvati in un’espressione divertita da dietro agli
occhiali a mezza luna “Oh ecco i fuggitivi! Avete fatto preoccupare tutti
sapete? Quando Mastro Gazza ha visto il signor Malfoy sfrecciare giù per il
campo, alla volta della Foresta abbiamo capito che doveva essere successo
qualcosa di serio.”
“Mi dispiace.” dissi col capo chino,
sentendomi di nuovo sul punto di piangere per tutto ciò che avevo provocato,
mentre Draco se ne stava impassibile al mio fianco “è tutta colpa mia, Draco
non ha fatto nulla di male, non voleva trasgradire nessuna regola, stanotte. Voleva
solo…”
Cosa voleva fare Draco? Salvarmi? Si era
preoccupato per me?
Non era nell’indole del giovane rampollo
dei Malfoy, provare preoccupazione per gli altri. Quindi non seppi spiegare
niente. Ci scambiammo un’occhiata e, per un attimo, il biondo sembrò in attesa
di una risposta.
Silente aspettò un paio di istanti, prima
di parlare nuovamente.
“La cosa fondamentale è che entrambi
stiate bene, anche se una punizione e cinquanta punti inmeno a Serpeverde sono d’obbligo. E
avvertiremo le vostre famiglie.” guardai Draco, che mi rimandò la stessa
espressione fredda di prima, quindi abbassai gli occhi sulle mie scarpe “Ora
andate a letto, domani il professor Piton vi dirà in cosa consisterà la vostra
punizione. Buonanotte ad entrambi.”
Annuimmo, salutando rispettosamente, per
poi tornandocene con la coda fra le gambe tra le pareti accoglienti e sicure
della nostra saletta. Appena giunti lì Draco fece per scappare nel suo
dormitorio, ma io lo fermai prendendogli la mano e stringendola fra le mie.
Lui non si voltò nemmeno a guardarmi in
faccia.
“Io… voglio ringraziarti, Draco. Se non
fosse stato per te io ora non sarei quie-”
“Taci, stupida.” disse secco strappando la
mano dalle mie e avviandosi alle scale “A causa tua abbiamo perso molti punti e
guadagnato una punizione. Spero che tu sia contenta, pensaci la prossima volta
che non riuscirai a dormire per delle sciocchezze.”
Io rimasi in silenzio, guardando la sua
figura sparire nel corridoio sulla destra, verso le camerate dei ragazzi. Mi
fece più male quel rimprovero che quello della McGrannit, la rabbia e lo
spavento di Hagrid e la freddezza di Piton messi insieme.
E ripensai alle parole di Jenna, qualche
settimana prima, mentre assistevamo agli allenamenti di Quidditch, iniziando a
chiedermi se forse, inconsciamente, le avessi dato motivo di pensarci sul
serio.
Capitolo 3 *** Chapter two: Enemies of the Heir, beware ***
11
Nda: Postando in
notturna.
Purtroppo il lavoro di questa settimana non mi ha permesso
di farlo ad un orario decente.
Poco male, lo faccio ora per le poche anime che mi seguono!
Non ho appunti per questo capitolo, siamo ancora solo al
secondo libro/film, quindi senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura.
Ringrazio solamente coloro che leggono. Pochi ma buoni!
Grazie davvero e al prossimo!
Buona lettura,
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter three: Enemies of the
Heir, beware
Il giorno
successivo Piton ci annunciò che, per punizione, avremmo dovuto
riordinare il suo magazzino personale, ogni sera dopo cena per tutte le sere
necessarie, dividendo tutte le scorte al suo interno per tipo e sistemarle in
ordine alfabetico, sostituendo tutte le etichette che il tempo aveva rovinato.
Era una punizione lunga
e noiosa, ma siamo stati anche troppo fortunati. A conti fatti, Piton avrebbe
potuto chiederci di fare qualcosa di gran lunga più sgradevole.
Tutto sommato, era una
punizione di gran lunga migliore di quella che ci venne imparatita dai nostri
compagni di Casa o quanto meno coloro che avevano abbastanza confidenza con
Draco per permettersi di non avere peli sulla lingua. Quella sera stessa,
durante lacena, diedero il meglio di loro. Il primo ad iniziare fu Nott,
che ci guardòentrambi,
ridacchiando “Non ci posso vi abbiano beccati davvero nella Foresta. A far
cosa, Malfoy?” domandò con uno strano ghigno sul viso.
Al massimo, a quell’età,
avrei ipotizzato un casto bacio sulle labbra – massima fantasia che lo stesso
Theodore deve aver avuto, conoscendolo - ma arrossii comunque. Ci pensò
Malfoy a liquidarlo brevemente, senza nemmeno dargli la soddisfazione di
guardarlo “Taci Nott, se devi dar fiato alla bocca almeno fallo con
intelligenza.”
“Argomento delicato?”
domandò divertito Blaise, che poi si voltò verso di me picchiandomi le costole
con un gomito delicatamente “Allora? Parla Blake.”
“Non c’è nulla da
raccontare.” Fu la mia risposta sardonica, mentre accoltellavo una coscia di
pollo, visibilmente a disagio nonostante i miei tentativi per non sembrarlo.
“Abbiamo perso cinquanta
punti a causa vostra” si intromise Tracy Davis, un po’ irritata, ma più
incuriosita. Scostò una ciocca biondo paglierino dalla spalla, portando una
gamba sotto al sedere per sollevarsi e guardare meglio entrambi “Meritiamo di
sapere il motivo.”
Tutti gli occhi attorno
a noi erano incollati sul mio volto e su quello di Malfoy, che però non pare
turbato. Anzi, continuava a mangiare imperterrito, tirando su lo sguardo
solamente per afferrare il calice e bere un po’ di succo di zucca.Sapeva gestire molto bene la pressione, cosa
che io non ho mai saputo fare.
A quel punto, quindi, mi
rassegnai. Appoggiai una forchetta e tutta l’attenzione si concentrò su di me,
mettendomi, se possibile, ancor di più in imbarazzo.
Non riuscii però a dire
niente.
“Lei non aveva sonno e ha deciso che aveva
voglia di farsi uccidere da un branco di lupi.” asserì Draco, precedendomi,
mentre tutti si voltavano verso di lui “Io l’ho solo seguita perché non volevo
che si facesse ammazzare. Cinquanta punti, grazie alle sue pozioni, li
raccimogliamo in poco tempo.”
“Oh Draco, sei
così eroico!” cinguettò Pansy, con gli occhi sognanti e pronta ad
aggrapparsi al suo braccio, mentre Adrianne mi guardava scettica. Io
annuii, confermando le sue parole, visto cheinfondo erano veritiere.
Dette da Malfoy,
suonarono ancora più stupide di quanto già la realtà non fosse.
Non dissi altro per il
resto della cena e, per fortuna,il discorso si spostò su altro. Ci alzammo da
tavola una mezzoretta più tardi, diretti nelle sale comuni. Io e Draco avevano
giusto una mezzoretta, prima delle nove, ora in cui il professore aveva fissato
la punizione. Stavo parlando con Jenna e Adrianne, quando qualcosa bloccò la
fila nello svincolo di due corridoi, mandandomi a sbattere contro la schiena di
Millicent Bulstrode.
“Cosa succede, adesso?”
Chiese Jenna con tono leggermente stizzito, mentre io provavo ad alzarmi sulle
punte, per spiare avanti. Non vedevo nulla, così iniziai a passare fra le
persone, ferme e borbottanti, arrivando fino all’inizio della fila, dove per
altro trovai Malfoy.
Lì, su una parete del
corridoio, scritta in vermiglie lettere di sangue, c’era una minacciosa
scritta.
La camera dei segreti è stata aperta. Nemici dell’Erede… temete.
Senzavolerlo i miei occhi incontrarono quelli di
Ron Weasley, al centro della stanza insieme a Potter e la Granger, e sembrava agghiacciato
quanto me. Non ci scambiammo né una parola né un cenno, ma quel fugace sguardo
mi bastò per avvertire la paura del ragazzo. Appesa ad una fiaccola,
all’apparenza morta, c’era la gatta di Gazza, Miss Purr. Silente e gli altri
professori ci esortarono a tornare velocemente nei dormitori così, raccolti
nella Sala Comune, tutti iniziarono a fare ipotesi e a parlare di leggende
delle quali io ero del tutto all’oscuro.
Lo avrei chiesto dopo
a Draco, con la consapevolezza che qualcosa lui doveva pur saperlo.
La sua espressione soddisfatta parlava da sola.
Presi posto sul
bracciolo della poltrona su cui sedeva Theodore Nott e rimasi li ad ascoltare i
suoi discorsi sgangherati di Blaise e Adrianne, fino a che
l’ingresso di Piton nella sala comune non zittì la stanza intera
“Basta con queste chiacchiere da salotto” disse a gran voce “Se già di per
loro, le regole della scuola non dovessero essere chiare, vi esorto a seguire
quanto meno la direttiva che impone agli studenti di non bighellinare per la
scuola, questa notte. Questo ridicolo scherzo potrebbe creare dei tafferugli e
non voglio che nessuno della mia Casata venga coinvolto.” Passò gli occhi su
gli studenti, quasi come se stesse ammonendo uno alla volta, ogni giovane
Serpeverde lì presente. Poi si fermò su di me. Alzando il mento “Blake e
Malfoy, seguitemi.”
“Non è pericoloso per
loro?” domandò Adrianne, senza pensarci, con tono alto. Quando il professore la
spiò dall’alto del suo cipiglio serio, arrossì per l’imbarazzo.
“Non si preoccupi
signorina Dixon, prenderò tutte le precauzioni del
caso affinchè entrambi rimangano al sicuro.” Furono le sue ultime
parole, prima di raccogliere il mantello e avviarsi.
“Fai attenzione” mi
disse Jenna, per nulla convinta, prendendomi un attimo il braccio. Io
annuii, per poi seguire il professore fuori dalla Sala Comune, lungo il
corridoio dei sotterranei fino ad arrivare di fronte alla porta dietro alla
quale era custodita la sua scorta personale di ingredienti.
Ci lasciò lì,
garantendoci che eravamo al sicuro e che sarebbe tornato dopo un’ora per
prelevarci e condurci a letto.
Presi a trafficare con
tutte le fialette e i contenitori del primo ripiano,iniziando a controllare le etichette,
mentre Draco si guardava attorno con l’umore nero “Poteva
venire Nott con te. Ti saresti divertita di più, dico bene Blake?”
Io ignorai il tono
falsamente disinteressato con cui lo aveva detto e alzai gli occhi per
guardarlo “Sicuramente ci avrei guadagnato in compagnia.”
Ci lanciammo un lungo
sguardo, a metà strada tra la sfida e il risentimento, prima di metterci al
lavoro.
Senza accordi verbali,
ci dividemmo i compiti e mentre io raccoglievo le boccette e le mettevo in
ordine, lui riscriveva le etichette diventate poco chiare. La sua scrittura era
bella, armonica ed elegante al contrario della mia, che forse ero semplicemente
sfavorita dalla natura, in quanto mancina. Ero brava a sporcare di inchiostro
le pergamene, mentre lui sembrava nato per trascrivere.
Rimanemmo parecchio in
silenzio, fino a che la curiosità non vinse sull’antipatia che provavo per il
biondo.
“Malfoy, posso chiederti una cosa?”
azzardai e lui alzò appena gli occhi grigi nei miei.
“Spero non sia
l’ennesima sciocchezza, Blake.”
“Cos’è la Camera dei Segreti?”
Lui rimase zitto per un
breve momento, prima di rivelarmi ciò che sapeva.
“Molti dicono che sia
una leggenda. Altri sostengono che esista davvero. Si sa poco di cosa
sia e cosa contenga, ma mio padre mi ha raccontato che più di mille anni fa,
quando fu fondata questa scuola, Salazar Serpeverde non capiva gli altri
fondatori, ritenendoli smidollati e troppo poco selettivi. Lasciò il castello
decidendo di portare il suo sapere altrove, ma tutti dicono che prima
di fuggire avesse costruito un posto dove nascose qualcosa… Un
posto che nessuno poteva trovare se non il suo vero Erede.”
La domanda successiva mi
nacque spontanea “Cosa c’era in questa stanza?”
“Un orribile creatura”
mi rispose con tono quasi eccitato all’idea “Una creatura così orripilante e
spaventosa in grado di farti morire solamente guardandola. Per lo spavento,
credo. Solo l’Erede è in grado di controllarlo affinchè adempia al
suo compito.”
“E questo compito quale
sarebbe?”
“Depurare la scuola da
tutti coloro che non sono degni di frequentarla, ovvero i
mezzosangue, Babbani di nascita come la Granger, ad esempio.”
Rimasi in silenzio per
diversi minuti, vagliando le ipotesi circa il sorrisetto che era nato sulle
labbra di Malfoy durante quel racconto. Non era normale essere contenti per un
potenziale mostro a spasso per il nostro istituto o per il potenziale pericolo
a cui tutti eravamo esposti, mezzosangue o meno.
L’ultima domanda che
feci, smise di far sorridere il biondo.
“Si sa chi è questo Erede?”
Si fece improvvisamente
più serio, smettendo di scrivere e adagiando la piuma nel calamaio. Io
appoggiai sul tavolo un ampolla piena di un liquido nero denso, aspettando il
responso.
Nemmeno questa volta,
deluse le mie aspettative “Nessuno lo sa. Tutto ciò che so è ciò che mio padre
mi ha raccontato.” Fece una pausa, come se stesse vagliando l’ipotesi di
mettermi al corrente o meno della cosa. Complice il mio sguardo incuriosito e
la sua voglia di parlarne, alla fine svuotò il sacco “Molto tempo fa, almeno
cinquant’anni, la Camera dei Segreti è stata aperta. Non ha voluto dirmi chi
l’ha aperta, ma fu espulsa una persona e un mezzosangue è rimasto ucciso.”
Rimasi ammutolita,
stavolta in via definitiva. Guardai Draco con gli occhi pieni di paura a quella
rivelazione, scatenando così il suo divertimento “Sei ridicola, Blake. Tu non
hai nulla da temere, esattamente come me. Il retaggio del nostro sangue ci
rende intoccabili.”
Gli scioccai un’occhiata
furente, perchè il nostro sangue sarà anche stato fra i più puri, ma molte
persone che conoscevo non potevano dire lo stesso.
“Sei un idiota.”
Asserii, proprio mentre Piton veniva a riprenderci. Mi guardò alzando
un sopracciglio, ma io ero mi limitai ad avvertire il suo sguardo su di me,
troppo impegnata a sostenereil contatto
visivo con Draco. Entrambieravamo
irritati. “Sei disgustoso Malfoy, e pessimo.”
E queste furono le
ultime parole che gli dedicai prima di girare sui tacchi e lasciare per prima
la dispensa.
Il giorno successivo, a
Trasfigurazioni, la professoressa McGrannit spiegò su richiesta
di Hermione la storia nello stesso modo in cui l’aveva riportata a
me Malfoy, anche se ovviamente utilizzando altri toni. Sul viso
di Draco era dipinta una strana espressione di compiacimento, che
urtava non solo me.
“È lui”
disse Adrianne, mentre camminavamo veloci verso il cortile interno della
scuola “Malfoy è quello che ha scritto sul muro. Ce l’ha scritto in
faccia!”
“Era a cena con noi” risposi io, scettica.
“Deve averlo fatto
prima.”
I dubbi su di lui, li
avevano in molti. Io però non vedevo in Malfoy una minaccia concreta. Mio padre
mi aveva parlato spesso di quella famiglia, e nonostante la pessima
reputazione, lui non li riteneva così tanto pericolosi come molti andavamo
millantando.
Non era il momento
giusto per pensarci, però. C’era una sola cosa ad Hogwarts in grado di
distrarre professori e studenti da qualsivoglia problema e affanno: l’inizio
della stagione del Quidditch e la partita che tutti attendevamo con
ansia.
Serpeverde contro Grifondoro.
Harry Potter contro
Draco Malfoy
Quel giorno il cielo non
sarebbe potuto essere più bello nemmeno per magia.
Ad ottenebrare un po’ il
sole c’era una personalità poco gradevole, un ospite seduto nella tribuna dei
professori accanto a Piton, il signor Malfoy. Riteneva opportuno
verificare ce il suo investimento, ovvero le nuove scope comprate a tutta la
squadra, fossero di buon uso.
Draco si era
comprato il posto in squadra con quello stratagemma, ma andava detto che era
molto bravo. Volava bene, era veloce e chirurgico nelle manovre. Anche io
dovevo ammettere che faceva la sua figura.
“Smettila di fissarlo,
lo maledirai non intenzionalmente.” mi disse Jenna schernendomi.
“Oliver Baston è una
visione migliore.” Le risposi un po’ acidamente, non riuscendo però a non
arrossire lievemente sulle guance “E tu torna a dedicarti a quel castori di
Flint.”
Non feci praticamente in
tempo a finire la frase che Baston venne disarcionato. Le ragazze mi presero in
giro, ma non era più possibile distrarsi, visto che Potter si era appena
beccato un Bolide Furfante. Un istante dopo, senza preavviso, entrambi
partirono alla caccia del boccino, sempre con quel maledetto Bolide attaccato
alla coda della scopa.
“Ti piace molto il Quiddicht vero,
Blake?” chiese insolente Adrianne, senza però guadagnarsi la mia
attenzione. Non mi ero nemmeno accorta che mi ero aggrappata al parapetto con
le unghie, mentre seguivo l’intero inseguimento con le labbra socchiuse.
Quando sparirono nel
basamento dello stadio, tutti ci alzammo in piedi dalle tribune sperando di
spiarli. Malfoy fu il primo a riapparire, volando sull’erbetta verde con un
capitombolo.
Mi convinsi che la mia
preoccupazione era data da un fattore umano, visto che lui mi aveva salvato la
vita nel bosco e niente più.
“Suo padre” sussurrò
Jenna a me e Adrianne, come se temesse di farsi sentire “Si sta vergognando.
Dico, tuo figlio è appena caduto in quel modo dalla scopa e tu ti vergogni?”
Scossi il capo,
lanciando uno sguardo a Malfoy Senior e seppur distante, il disappunto sul suo
viso era palese.
Potter afferrò il
Boccino, senza però che si riuscisse ad impedire al bolide impazzito di
continuare a minacciare la sua vita, fino all’arrivo di qualche amico sul
campo. Fu ovviamente la Granger a sistemare la questione.
Scesi anche io in campo,
quasi istintivamente, andando verso il punto in cui si trovava Malfoy con passo
svelto. Fui la prima a raggiungerlo e a chinarmi su di lui.
“Principino delle serpi,
avverti un qualche dolore?” gli chiesi prendendolo in giro con il mio solito
tono canzonatorio.
“Vattene all’inferno,
Blake.” fu la sola risposta che ottenni, visto che sembrava più preoccupato di
tenersi il costato piuttosto che badare a me. Per una volta aveva ragione a
mandarmi all’inferno, visto che sembrava parecchio dolorante. La caduta era
stata alquanto brutta, dopotutto.
“Ti sei fatto male?”
chiesi, stavolta con tono leggermente preoccupato.
Non rispose, troppo
orgoglioso per ammetterlo ad alta voce, ma annuendo mentre mi guardava con gli
occhi un po’ lucidi.
Allungai una mano,
accarezzandogli i capelli i capelli sul capo. Fu istintivo, sul momento non me
ne resi conto. “Ora ti portiamo da Madama Chips, lei ti rimetterà
in sesto…”
Mi guardai attorno e
feci cenno a Tyger e Goyler di venire verso di noi. Assieme a loro c’erano
anche Blaise, Nott e la Parkinson.
“Che capitombolo Malfoy”
lo schernì Zabini, guardagnandosi un’occhiataccia e una mandata
all’inferno personalizzata, mentre aiutava il biondo a tirarsi prima seduto e
poi, lentamente, in piedi. “Amico mio, hai stile e talento, ma devi imparare a
cadere. Sei caduto su una parte che per noi uomini è parecchio delicata!”
“Penso di
essermene accorto, grazie.”
Presi la scopa del
ragazzo, seguendolimentre arrancavano
fino all’infermeria, lungo il crinale scosceso della collina. Lì rimasi per poco,
il tempo di vedere Malfoy steso sul lettino. Appoggiai la scopa contro al muro,
lanciandogli una semplice occhiata, che contraccambiò in silenzio.
Non rimasi oltre.
Draco non avrebbe avuto il tempo di considerarmi, circondato dai suoi
schiavetti e dalla Parkinson, che si voleva cimentare nell’arte
dell’infermierina premurosa. Poi perché avrebbe dovuto?
Non ci eravamo mai
sopportati.
Io lo ritenevo chiuso di
mentalità, codardo e insignificante. Quello che lui sapeva di me, poi, non
doveva essere particolarmente positivo.
Così semplicemente me ne
andai, chiedendomi perché diavolo mi stessi dando tanta pena per lui.
Ricordo bene che quella
sera, dopo la partita,accadde la prima
aggressione ai danni di uno studente. Canon, un ragazzino del Grifondoro fu
pietrificato, così come era accaduto alla gatta del custode. Fu tremendo.
Ricordo la paura negli occhi delle persone, il chiacchiericcio nella
Sala Comune…
Almeno avevamo la
certezza che non potesse trattarsi di Draco Malfoy, che se ne stava dolorante
nel suo letto.
Era vero quindi? La
Camera dei Segreti era stata aperta di nuovo?
Per la prima volta, ci
insegnarono a difenderci da soli. Fu indetto un Club dei Duellanti e il compito
fu affidato a quel incompetente di Allock, sotto la supervisione del Professor
Piton. Dubitavo che si fosse solo offerto di assistere.
Ovviamente si
ritrovarono sulla pedana Malfoy e Potter, per una dimostrazione che divenne a
tutti gli effetti un pretesto per provare a ferirsi a vicenda. Nessuno si stupì
dei trucchetti usati dal Serpeverde, né delle risposte di Potter.
Tutto cambiò quando il
giovane Grifondoro iniziò a sussurrare a un serpente, scaturito dalla bacchetta
di Draco.
Il silenzio che calò lo
ricordo ancora.
Così come le parole sussurrate
in quella lingua intraducibile. Era terrificante, soprattutto quando il
serpente si voltò verso Justin Finch-Fletchley, come aizzato da Harry.
La lezione fu sciolta
quando finalmente Piton riprese in mano la situazione e noi spediti, di nuovo, nei
nostri dormitori.
“Potter è un rettilofono” decretò ovvia
la Parkinso,stendendosi sul letto e
lasciando che la povera Millicent le sistemasse il mantello su di una
sedia“Pensate che colpo sarebbe per tutti se si venisse a scoprire che è lui il
vero Erede di Serpeverde!”
Io scambiai uno sguardo
con Jenna, che stava giocherellando con Ophelia,la mia gatta, sul
letto. Era un’ipotesi da non scartare, dopo ciò che avevamo visto.
La trama poi prese
tonalità ancora più cupe, per Potter, quando venne scoperto accanto ai corpi
pietrificati di Justin e Nick Quasi Senza Testa.
“Assurdo che non venga
sospeso ed incarcerato!” sentii sussurrare Hannah Abbot, quando le passai
accanto la mattina successiva al fatto, diretta al banco
con Adrianne, nell’aula di Trasfigurazioni “Insomma, prima ha aizzato
quel serpente contro Jus e poi è stato trovato sulla scena del
delitto! È davvero il cocco di Silente come tutti dicono.”
“Cosa ne pensi?” mi
chiese la mia compagna di banco, mentre la professoressa McGrannit entrava nell’aula
parlando sottovoce alla professoressa Sprite.
“Penso che, di solito,
le cose non sono mai come sembrano” mi limitai a rispondere, per poi lanciare
un’occhiata a Potter.
Lei annuì “Sono certa
della colpevolezza di Malfoy, io. Non cambierò idea.”
Non replicai a
quell’affermazione, limitandomi a prestare attenzione alla professoressa che ci
intimò di zittirci.
“Oggi impareremo a
trasformare un qualsiasi oggetto in un gufo. È molto utile nel caso in cui non
disponiate dell’animale e vi serva urgentemente per inviare un messaggio.
Ricordate che questo incanto non solo è reversibile, ma ha anche una durata.
Appena consegnata la missiva infatti il volatile tornerà ad essere l’oggetto di
partenza. Coraggio, ora afferrate una di queste pietre e poi aver agitato per
due volte la bacchetta sopra di esso pronunciate chiaramente l’incantesimo.
Ricordate la regola d’oro della Trasfigurazione: se l’incanto non è chiaro, non
uscirè nulla!”
Adrianne mi passò
un sasso bianco e io lo guardai crucciata “Senti, Dahlia, devo dirtelo
francamente.” mi disse sorprendendomi “Se ti sei presa una cotta per
Malfoy non hai comunque una valida ragione per difenderlo, sbaglio?”
“Non hai le prove per
accusarlo, quindi non hai valide ragioni per dire che è stato lui. E poi non lo
sto difendendo, stavo ignorando un discorso trito e ritrito.” sbottai irritata
prima di trasformare quella pietra in un barbagianni che mi guardò in attesa.
“Molto bene, signorina
Blake!” La McGrannit, che stava esaminando l’allocco appena trasfigurato dalla
Granger, venne verso di me “Ha fatto davvero notevoli progressi, cinque punti
al Serpeverde per questa eccellente esecuzione.” LaMcGrannit mi
sorrise incoraggiante ma pur sempre altera, accarezzando le piume color panna
del volatile, prima di darmi le spalle e andare da Paciock.
“Ma che diavolo è?”
Mi voltai verso
Weasley,che osservava schifato il suo
sasso. Non aveva affatto l’aspetto di un gufo, ma era bensì una sorta di
schifosissima sostanza appiccicaticcia.
“Devi assolutamente
sostituire la bacchetta.” gli disse Hermione, mentre il ragazzo
prendeva a punzecchiare quel viscidume.
“Lo credo anche io.”
replicò asciutta la professoressa, prima di tornare alla cattedra, scoccando
uno sguardo a Ron e poi a ciò che aveva erroneamente creato.
Draco, che sedeva di
fronte a Potter e Weasley, si voltò a guardarli e ridacchiando prese
in mano quella cosa.
“Assaggiala Weasley,
potresti trovarla migliore di quella roba che ti cucina tua madre.” disse con
cattiveria, facendo infuriare il pel di carota.
“Pensa alla tua di
madre, Malfoy, che non solo non sa cucinare, ma ha anche partorito te.”
Draco si alzò
furente “Come osi parlare così di mia madre, inutile sfigato?!” urlò,
lanciandogli contro la pietra di gelatina.
on la evitò scansandosi
e quella prese a rimbalzare per tutta la stanza, scatenando le ire della
professoressa, visto la quantità di oggetti che si stavano rompendo. Nel resto
della classe rimbombavano risate. Quello strano oggetto, ormai veloce quanto
una palla di cannone di diresse verso di me così velocemente mi spinsi giù
dalla sedia. Non caddi, però. Anzi, mi ritrovai quella cosa in mano, mentre
l’altra si appoggiava in terra per evitare che sbattessi sul pavimento
dell’aula. Così, in equilibrio precario, rimasi immobile.
Ero sbalordita.
La professoressa McGrannit mi
guardò stralunata, prima di sistemarsi gli occhiali a mascherina “Bella mossa,
signorina Blake, altri dieci punti al Serpeverde, che vanno a compensare i
dieci persi a causa di Malfoy che ha dato il via all’inferno. Rimanga
qui, dopo, così possiamo discutere sui suoi modi.”
Mi rimisi diritta,
aiutata da Zachary e dalla mia compagna di banco, guardando la pietra che era
tornata di solida roccia, fra le mie mani.
“Come hai fatto?” mi
chiese Adrianne, mentre riponevamo i libri nella borsa, alla fine
della lezione.
“Non ne ho idea, te lo giuro.”
Lasciammo la classe, sotto lo sguardo della professoressa McGrannit, che ancora
stava sgridando Malfoy per quella trovata. Jenna, che aveva diviso il banco con
la Davis, si affiancò a lui.
Aveva una strana espressione “Hai mai pensato che potresti essere predisposta
per diventare un animago?”
No che non ci avevo mai pensato.
Non era esattamente il tipo di cosa che una persona pensa tutti i giorni.
Quelle parole però aprirono la mia curiosità.
Forse avevo davvero una predisposizione?
Come ogni giovane tredicenne, mi si aprì la
mente.
Capitolo 4 *** Chapter three: The Boy and the Phoenix. ***
11
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter three: The Boy and the
Phoenix.
La situazione continuò a degenerare dopo la pausa natalizia
che, come l’anno precedente, avevo passato al castello con tutte le mie
sorelle.
Era sera tarda quando mi misi a letto, con un libro fra le
mani mentre le mie due amiche discutevano riguardo il motivo per il quale era
stata annullata la partita fra i Tassorosso e i Grifondoro. Fingevo disinteresse, loro erano già abbastanza
allarmate senza che dicessi qualcosa a mia volta, ma ascoltavo attentamente le
loro supposizioni.
“Non sapete cosa mi ha detto CalìPatil!” Pansy arrivò nel
dormitorio, facendo ondeggiare allegra il caschetto moro. Smisi di prestare
attenzione al libro nell’esatto istante in cui la sua vocetta
insopportabile mi arrivò alle orecchie “La partita è stata appena annullata
perché hanno trovato pietrificata HermioneGranger! Non è splendido?”
Rimanemmo tutte e tre basite. Adrianne
si mordicchiò l’unghia del pollice, prima di dire ciò che tutti stavano
pensando “Inizia a diventare pericolosa questa scuola, se anche una secchiona
come la Granger non può salvarsi.”
“Per noi non c’è nessun pericolo” disse altezzosa la
Parkinson “Dopotutto siamo tutte e quattro di buona famiglia, dico bene?”
Io guardai le mie amiche e solo Jenna annuii, intimorita più
che fiera, mentre Adrianne sospirava “Io non lo so.”
rispose solamente, mentre la Parkinson la scrutava bramosa di sapere oltre “Io
sono stata adottata che ero una bambina in fasce e non ho idea di chi siano i
miei veri genitori.”
“Oh! Non sei una Dixon quindi!”
replicò Pansy sedendosi accanto a lei, sul letto, con
lo sguardo di chi sta fingendo buonismo.
“Si che lo è. I genitori non sono quelli che ti mettono al mondo, ma coloro che
ti allevano. Sbaglio?” dissi io iniziando ad irritarmi, guadagnandomi uno
sguardo pieno di ringraziamento di Adrianne e uno
irato della Parkinson.
Ad interromperci ci pensò Blaise,
che entrò nel dormitorio dopo aver educatamente bussato “Ragazze scendete nella
sala comune, Piton vuole parlarci.”
Ci affrettammo, prima di essere rimproverate. Trovammo il
professore al centro della sala, che ci accolse con uno sguardo torvo “La
faccenda si è fatta, se possibile, ancora più complessa.” disse con voce
sottile, appoggiando una mano sulla spalla di Flitt,che
lo guardava crucciato, mentre gli passava accanto “Indi per cui abbiamo
stabilito delle nuove regole che varranno per tutti voi, nessuno escluso: Gli
studenti dovranno rimanere nelle loro case di appartenenza per tutto il tempo e
tutti gli studenti verranno accompagnati da un docente ad ogni loro spostamento
al di fuori del dormitorio. Nel caso in cui non dovessero cessare le
aggressione, il preside presuppone la chiusura immediata della scuola. Detto
questo, vi esorto a non bighellonare per la scuola, rispettando le regole, che entrano in vigore immediatamente” Fece una
breve pausa, in cui sembrò soppesare qualcosa. Ma non lo fece “È tutto.”
Il professore se ne andò così come era venuto, in fretta e
silenziosamente. Scambiai uno sguardo con Theo, seduto sul divanetto nero al
mio fianco, ma entrambi abbassando lo sguardo senza proferire parola..
La situazione si aggrava di giorno in giorno.
L’arrivo del signor Malfoy non
doveva portare nulla di buono. Questo fu il mio pensiero, quando lo vidi
entrare nella Sala Grande con il solito passo elegantemente misurato e lo
sguardo fiero. Si avvicinò a noi, chinandosi su Draco
e sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Vidi un sorriso increspargli le labbra,
ma non commentò. Si limitò ad alzarsi e sparire con suo padre oltre i pesanti
portoni di legno massello.
“Vorrai tanto sapere cosa diavolo ha da ridere.” sussurrò Adrianne stringendo i pugni sul tavolo. Io e Jenna ci
scambiammo un’occhiatina, poi tornai a dedicarmi alla mia colazione, sapendo
per certo che l’avrei scoperto presto o tardi.
“Il guardiacaccia è
stato incarcerato ad Askaban e Silente non è più il
preside della scuola, almeno per il momento.”
“Siamo tutti morti, allora.” Sentenziai senza colore, mentre
Blaise si sedeva sul letto di Adrianne,
abbastanza vicino da sfiorare la spalla con la sua“Volete che lasci la stanza
così potete rimanere soli?” chiesi ironica, per stemperare la tensione, ma
l’ingresso di Theo permise ai due di non rispondere.
“Ragazzi, venite un secondo nel dormitorio dei ragazzi? Sta
succedendo qualcosa di strano.”
Attraversammo il
pianerottolo recandoci nella stanza di fronte alla nostra e trovandoci davanti Malfoy, che osservava accigliato qualcosa a terra, accanto
a un angolo della stanza semi circolare, notando una serie di ragni che da
sotto i letti correva verso un anfratto e in esso spariva “Ma che diavolo…?”
“Ci mancavano anche i ragni a rendere la situazione meno
inquietante” disse Theo passandosi una mano fra i capelli neri, spostandoli
così nelle direzioni più improbabili.
Io annuii, sedendomi sul letto più vicino, che si rivelò
essere quello di Malfoy. Questi ridacchiò divertito,
prima di guardare l’amico come se fosse stupido. Alzò anche gli occhi al cielo,
ripetendo a mantra la stessa identica frase che diceva sempre in quelle
occasioni “Noi non dobbiamo preoccuparti. Non ci verrà fatto nulla..”
“Ma tutti gli altri studenti?” intervenne subito Adrianne, che davvero non gliele lasciava passare una, al
biondo. Non poteva sopportarlo “Non puoi sempre e solo pensare a te stesso,
dannazione!”
“Io penso solo che tu non sia una vera Serpeverde,
Dixon”si limitò ad affermare il ragazzo, guardandola
con disprezzo “Se no non te ne cureresti minimamente come facciamo tutti noi.”
“Anche io me ne curo.”dissi guardandolo storto e lui,
ovviamente, rise.
“Tu non sai curarti di te stessa,Blake, e vorresti farci
credere che sei preoccupata? Secondo me la tua solo preoccupazione è egoista:
non vuoi che la scuola venga chiusa!”
Mi morsi le labbra guardandolo male. Poi mi alzai, stirando
le pieghe della gonna a balze. “Sei ridicolo, ogni giorno che passa, sempre di
più.”
Lasciai la stanza, non avendo altro da dirgli. Di certo non
avrei ammesso mai e poi mai che, sotto sotto, lui
aveva centrato il segno.
La svolta a tutta quella faccenda ci fu verso il finire dell’anno
accademico.
Io ero riuscita a distaccarmi da un gruppo di studenti che
avevano richiesto al professor Vector di portarli in
biblioteca, ma il mio isolamento ad un tavolo più appartato mi aveva lasciata
sola. Mi accorsi che tutti se ne erano andati quando ormai era tardi, quindi mi
sbrigai per non essere beccata fuori dal dormitorio durante il coprifuoco. Non
volevo punizioni, mi erano bastate quelle con Malfoy.
Sistemai il libro di Erbologia che avevo usato nel
suo ripiano e misi gli appunti nella mia borsa, prima di incamminarmi verso le
scale per arrivare nel sotterraneo, quando la voce della McGrannit
rimbombò per il corridoio. -Tutti gli studenti sono pregati di
tornare immediatamente nei loro dormitori, mentre i professori devono accorrere
al secondo piano.-
Rimasi ferma sulle scale, come una cretina.
Se c’è una cosa che ogni Serpeverde
possiede è l’istinto di autoconservazione. Se l’avessi avuto, sarei corsa
subito nella mia sala comune, mandando al diavolo tutto. Eppure, quella era la
sola caratteristica che non mi apparteneva. Così come aveva detto il Cappello
parlante un anno e mezzo prima, ero avventata, istintiva.
Così decisi di andare a spiare cosa stava succedendo. Volevo
delle risposte, da riportare nel dormitorio. Volevo sapere qualcosa, ero
curiosa e non pensavo alle conseguenze. E poi ero vicinissima, così vicina che
mi sarebbe bastato poco per raggiungere il secondo piano.
Ci andai. Scivolai per i corridoio, evitando Gazza e
iniziando a pensare che forse, sotto sotto, Jenna
aveva ragione e potevo studiare per diventare un Animagus.
Raggiunsi con così tanta facilità la mia destinazione senza destare sospetti
che quella convinzione si rafforzò.
Mi acquattai dietro a un angolo del corridoio, distante dai
professori per potermela dare a gambe in ogni caso, ma godendo comunque di una
buona acustica grazie all’eco. Rimasi quindi in ascolto.
“Quello che temevamo si è avverato, una studentessa è stata
rapita e portata nella camera del mostro.” trattenni il respiro mentre
ascoltavo quelle parole. Una mano si appoggio sulle mie labbra e subito presi a
dimenarmi per liberarmi, in presa al panico.
“Siamo noi, Dahlia, non agitarti”
mi sussurrò nell’orecchio una voce che, ahimè, conoscevo bene.
“Potter?”mi voltai e
vidi sia lui che Weasley, che mi guardarono perplessi
e stupiti, prima di riportare la loro attenzione sui professori. Avevano
davvero il complesso dell’eroe come diceva sempre Malfoy.
Non ero stupita per nulla di vederli lì e se non si fosse trovata pietrificata
ci sarebbe stata pure la Granger. Quei tre ci
sguazzavano nei guai mentre io ero li solo per curiosità, non ero intenzionata
a far nulla. Dovevo solo raccogliere informazioni e tornamene nel mio
dormitorio.
Ciò che sentii però non mi piacque per nulla. La scuola
stava per essere chiusa e Allock era appena stato
incaricato di andare nei sotterranei della scuola alla ricerca della
studentessa sarcastica.
“Siamo a cavallo” dissi ironica, guardando il professore
andare via. Non sembrava per niente convinto. “Chi salverà il salvatore a
questo punto?”
Ron mi guardò e, senza volerlo si ritrovò a ridacchiare. Il
sorriso gli morì sulle labbra, sentendo l’ultimo scambio di battute tra Madama Chips e la professoressa McGrannit.
“Minerva, chi è la ragazza rapita?”
“GinnyWeasley.”
Ron trattenne il respiro, mentre le due donne si
allontanavano al seguito degli altri professori, lasciandoci così aperta la
visuale ad una scritta sul muro, simile alla prima, che risplendeva tetra di un
rosso vermiglio.
Il
suo scheletro giacerà nella Camera per sempre..
“Ginny…” sussurrò senza fiato il
rosso, mentre Harry si alzava in piedi “Dobbiamo fare qualcosa.” Gli disse Weasley e subito Potter annuì, prima di guardare me.
“Dahlia, devi decidere se venire
con noi o meno. Qualsiasi cosa deciderai, devi tenerlo per te. Non devi andare
da Piton.”
Anche io mi alzai, guardandolo allibita “Venire con voi?? A
fare cosa?? Non vorrete andare la sotto! Vi farete uccidere!”
“Dobbiamo fare qualcosa!” insistette Ron, passando il peso
da un piede all’altro, nel panico.
Harry sospirò, prima di guardarmi negli occhi “Va pure, ma
non dire niente a nessuno.” Poi fece un cenno a Ron e presero a correre verso
le scale.
Avevo tre secondi netti per decidere e, nel dubbio, decisi
di seguirli. Non volevo davvero farlo, ma il modo in cui si era rivolto a me
Potter, il suo modo di insinuare che fossi pronta a fare la spia perché ero nei
Serpeverde….
Smosse qualcosa, in me. “Hai un piano?” domandai,
affiancandoli mentre scendevano le scale, infilandoci nell’aula di Difesa
contro le Arti Oscure.
“Allock
sarà anche inutile, ma tenterà di entrare nella camera.” Mi rispose Harry,
salendo le scale verso lo studio.
“Ma non sa nemmeno cosa dovrà affrontare!” dissi io fermandomi
in cima ad esse.
Harry si fermò a guardarmi, con una mano sulla porta dello
studio “Si invece, un Basilisco.” rimasi immobile, mentre loro entravano nell’ufficio,
assimilando lo shock per quella scoperta. L’immagine di una grossa serpe si
manifestò davanti ai miei occhi. Mi chiesi come facessero a sapere sempre tutto
e, alla fine, entrai anche io nello studio “… Come se ne sta andando?” alla
domanda del signor Potter, non mi stupii nel vedere il professore chino a
chiudere un baule.
“Che coincidenza!” sbottai irritata e sarcastica, portandomi
una mano alla fronte. Mi ero rassegnata subito davanti a tanta inettitudine, ma
qui c’era molto di più di una brutta figura in ballo.
“E non pensa a mia sorella??” chiese il rosso, con l’ansia
nella voce.
“Certo è molto sfortunata, nessuno è più rammaricato di me.”
tentò di dire l’uomo, mente accatastava tutte le sue cose in fretta furia.
Non riuscii a trattenermi dall’alzare i toni, frustrata“Lei è l’insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure, per Merlino! Non può andarsene ora!”
“Signorina Blake, quando ho accettato il lavoro fra le mansioni
non c’era niente riguardo a-”
“Sta scappando?” Chiese Harry incredulo, mentre io sbuffavo.
Si che stava scappando e mi sarei molto stupita del contrario “Dopo tutte le
cose che ha fatto nei suoi libri?”
“I libri possono forviare…”
“Li ha scritti lei!”
Guardavo Harry e il professore, chiedendomi perché il Grifondoro facesse delle domande così banali. Io lo avevo
capito dall’inizio che era un impostore, si vedeva benissimo che non era in
grado di far nulla di tutto quello che si vantava. Il professor Piton aveva sbattuto il suo fondoschiena sulla pedana da
duello così tante volte che non si contavano più.
“Usa il tuo buon senso! Avrebbero venduto la metà se la
gente non avesse creduto che io ho
fatto quelle cose.”
“Lei è un
imbroglione, si è preso il merito per quello che hanno fatto altri maghi!”
“C’è qualcosa che lei sa fare?” chiese Ron, mentre fremeva
per l’agitazione. Mi chiesi come faceva a starsene li ad assistere a quelle
scene prive di qualsivoglia senso logico, quando sua sorella rischiava la
morte.
“Oltre alla fuga, ovviamente.” aggiunsi io, ironicamente.
“Si, ora che me lo chiedete, ho un talento per gli
incantesimi di memoria. Non volevo che tutti quei maghi andassero in giro a
piagnucolare e io non avrei venduto più un libro. Infatti, adesso,dovrò fare la
stessa cosa a voi!”
Si voltò verso di noi brandendo la bacchetta, ma se ne trovò
tre puntate sul naso.
“Non ci pensi nemmeno.” gli disse secco Harry, facendogli
riabbassare subito la bacchetta.
“Cosa facciamo adesso?” chiesi io, senza abbassare la
guardia e Harry ci pensò su un attimo.
“Andiamo tutti e quattro da Mirtilla
Malcontenta.”
Non avevo mai visto questo famigerato spirito, che infestava
il bagno delle ragazze del secondo piano. Sapendo della sua presenza, mi ero
sempre tenuta a debita distanza da quel luogo. Giravano voci fra le ragazze e
nessuno ci teneva ad incontrarla.
Harry le chiese come fosse morta e io collegai tutto. Era
lei la vittima del Basilisco, la ragazza morta cinquanta anni prima. Era ovvio!
Lei prese a fluttuarci attorno mentre rispondeva “è stato orribile…. Èstato
qui, in questo cubicolo. Mi ero nascosta perché mi prendevano in giro per i
miei occhiali. Stavo piangendo e poi ho sentito entrare qualcuno…”
Harry la spinse a continuare “Chi era, Mirtilla?”
“Non lo so! Ero sconvolta!Ma ha detto qualcosadi buffo… In una
lingua inventata. Ma ho capito che era un ragazzo, così ho aperto la porta per
dirgli ‘vattene via!’ e oh… Sono morta.”
“Ma tutto ad un tratto? Ma come?”
“Ricordo solo un paio di enormi occhi gialli, proprio lì,
vicino al lavandino.”
Mi avvicinai circospetta assieme a Potter e lui trovò subito
un serpente inciso nel metallo delle tubature, sul lavandino. Ci guardammo un
istante negli occhi.“ Questa è l’entrata
della camera.” disse pensieroso.
“Come la apriamo?” chiesi nervosa, guardandomi attorno, alla
ricerca di un modo. Ci pensò Ron.
“Dì qualcosa in serpentese!”
Harry eseguì, facendomi venire di nuovo i brividi, come la
prima volta che l’avevo sentito. Così facendo si aprì l’ingresso. Il caro
professor Allock provò a fuggire, ma invece godette
dell’onore di essere scaraventato nella camera per primo da Ron.
“… è piuttosto
sudicio qua giù…” disse da laggiù e io mi sporsi per
vedere se riuscivo a scorgerlo nell’ombra.
Harry mi portò le mani sulle spalle “Ascoltami bene, ok?
Adesso tu devi andare a cercare un modo per contattare Silente.”
Lo guardai stralunata. Alla fine mi stava coinvolgendo più
di quello che avrei mai desiderato. “Come?”
“Non lo so ma trova un modo. Chiedi alla professoressa McGrannit, magari. Ma aspetta un po’ di tempo, così noi
possiamo scendere senza essere fermati da nessuno.”
Ci pensai attentamente, ai pro e ai contro di quella mia
scelta, ma il suo sguardo mi mise fretta e così mi limitai ad annuire. Li
guardai scendere nella Camera dei Segreti e rimasi lì anche quando furono
spariti dalla mia vista. Mi misi a sedere a terra, con le gambe a penzoloni nel
vuoto, ripensando a quello che mi stava accadendo. Quello poteva considerarsi
come un’alleanza con Potter?Mi portai
una mano alla fronte, pensando a come poter chiedere l’aiuto di Silente e dal
nulla uscì di nuovo il fantasma di Mirtilla
Malcontenta, che sorrise affabile.
“Ma tu sei una piccola Serpeverde.”
dissi girandomi attorno, come per volermi esaminare affondo “Non si era mai
vista una Serpe che aiuta un Leone, lo sai?”
Io non risposi. Non avevo scusanti.
Chi mi era preso?
“Io non dovrei essere qui, in effetti.” dissi di punto
inbianco, più a me stessa che a lei
“Insomma, che diavolo credo di fare? Voglio entrare nel club esclusivo di
Potter? Non credo proprio. Solo che non potevo andarmene e far finta di nulla,
quando ho sentito di GinnyWeasley.
È la compagna di stanza di mia sorella. Io vorrei una mano se facessero del
male alla mia famiglia.”
Lei mi guardò inclinando il capo verso destra “Sei così
dolce e buona che non sembri affatto una Serpeverde
sai? Sembri così piccola e fragile” continuò a canzonarmi e io mi irritai.
“Taci!” sbottai infastidita alzandomi in piedi “Quale
critica può mai venirmi da una persona che si chiude in un bagno a piangere
invece di affrontare i suoi problemi?”
Lei mi guardò, da prima infastidita, poi esplose in un
lamento disperato “Mi sbagliavo su di te! Sei davvero cattiva!”
La guardai gettarsi in una canaletta di scolo, prima di
tornare a guardare il vuoto. Era passata già una buona mezzora da quando erano
scesi, o almeno credevo, quindi potevo agire.
Uscii circospetta dal bagno, dirigendomi dalla sola persona
che, ero convinta, mi avrebbe aiutata.
Arrivai davanti all’ufficio del professor Piton e presi a bussare insistentemente alla porta della
sua stanza “Professore! Professore la prego mi apra!”
Luiaprì la porta di
scatto, trovandosi me davanti “Cosa
succede, signorina Blake? Non dovrebbe trovarsi nel dormitorio già da un pezzo?”
chiese con voce melliflua, guardandomi però come se infondo si fosse
preoccupato nel trovarmi lì a quell’ora.
“Dobbiamo contattare il professor Silente!” dissi concitata,
mentre lui corrugava la fronte “Harry Potter e Ron Weasley
sono scesi nella Camera dei Segreti insieme a Allock!”
Lui alzò gli occhi al cielo, sopprimendo la frustrazione,
prima di sospirare “Allora forse il professore ha speranze di non farsi
uccidere. Almeno non subito…”
“Dobbiamo contattare il professor Silente! Potter ha detto-”
“Poco mi importa dei piani di Potter, dei quali mai mi sarei
aspettato che lei rientrasse, signorina Blake!” mi sbottò addosso con un certo
rammarico nella voce. Poi però mi appoggiò una mano sulla spalla, ammorbidendo
anche se di pochissimo il tono “Andiamo dalla professoressa McGrannit,
è incaricata di sostituire il preside e saprà lei cosa fare.”
Andammo così dalla professoressa, che non sembrava né contenta
né sorpresa quando venne a conoscenza dell’accaduto. Insieme a lei girovagammo
per la scuola, raccogliendo anche il professor Vitius
e la professoressa Sprite.
Quando passammo per la terza volta davanti ai portoni della
Sala Grande, non mi trattenni. “Dobbiamo avvertire Silente! Harry e Ron stanno
affrontando un Basilisco da soli!”
“C’è il professor Allock con loro”
disse Vitius, per salvare le apparenze, ma sia io che
gli altri professori lo guardammo con ovvietà. L’aiuto di Allock
era nullo “Dobbiamo trovare Silente!” ribadii decisa, quando una voce mise fine
a quella situazione.
“Sono qui, signorina Blake.”
Mi voltai, trovandomi di fronte la figura del preside, che
mi squadrava con un mezzo sorriso e gli occhi che mi parvero quasi divertiti,
da dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna. “Professore! Dobbiamo andare
subito-”
“Da Potter e Weasley?” chiese lui
con un sorrisetto “Forse non ho capito bene, ma dopo averlo ripetuto per tre
volte di seguito, ormai il concetto suona chiarissimo.” Arrossii fino alle
punte delle orecchie mentre, il preside si avvicinava a noi salutando tutti i
professori “Ora vieni con me, nel mio ufficio” mi disse mettendomi una mano
sulla spalla e conducendomi li. Solo quando entrammo recuperai un po’ di colore
e di coraggio.
“Ma loro-”
Lui mi indicò un trespolo vuoto, poi con un sorriso
tranquillo, mi disse di non preoccuparmi affatto per loro che, a suo parere non
era saggio scendere visto che sentiva che la questione era quasi conclusa a
favore di Potter.
Aveva ragione.
Ero li con il preside da un paio di ore, quando una
bellissima fenice venne ad appoggiarsi sul trespolo. Dopo pochi minuti
apparvero anche Ron ed Harry, brandendo una spada insanguinata e un vecchio
diario dalla copertina dilaniata e sporca di inchiostro secco.
Ci trovammo schierati tutti e tre davanti al preside in
attesa del giudizio dopo soli cinque minuti.
“Vi renderete conto senza dubbio, che nelle ultime, ore
avete violato almeno una dozzina di regole della scuola?” chiese con voce un
po’ severe. Noi ci scambiammo un’occhiata prima di rispondere tutti e tre
insieme.
“Sì, signore.”
“E che ci sono prove sufficienti a farvi espellere?”
“Sì, signore.” fu di nuovo la nostra risposta all’unisono,
mentre sentivamo la paura scorrerci nelle vene più di prima. Mio padre mi
avrebbe uccisa.
“Pertanto, è necessario che tutti e tre riceviate un encomio
speciale, per i servizi resi alla scuola.”
Rimasi spiazzata.
“Grazie, signore.” Disse Ron con un sorriso.
“Ma, Professor Silente” dissi io guardandolo senza capire
“Io non ho fatto nulla.”
“Non è vero” disse Harry, precedendo il preside e
guardandomi riconoscente “Hai deciso di aiutarci, nonostante non fossi tenuta a
farlo. Sei corsa dal professor Piton e anche se il
professor Silente è tornato alla scuola senza che ricevesse il messaggio, hai
fatto quanto in tuo potere per non startene con le mani in mano. Anche tu hai
aiutato affinché tutto si risolvesse. Penso sia giusto ringraziarti.” concluse
poi con l’appoggio di Ron.
Silente sorrise prima di rivolgersi al rosso “E ora signor Weasley, dai ad un gufo questi documenti di scarcerazione
da consegnare ad Askaban. Credo che tutti rivogliamo
indentro il nostro custode. Vai con lui, signorina Blake.”
Annuimmo uscendo, diretti alla voliera dove lui prese il suo
gufo. “Non sarà il caso di prenderne uno della scuola?” chiesi, mentre guardavo
scettica il volatile che non sembrava particolarmente in forma.
Ron non mi ascoltò lasciandolo volare via con la lettera in
bocca, non prima sbattere un’ala contro la finestra nel tentativo di uscire.
“Sai, Dahlia” mi disse un po’
impacciato, mentre scendevamo le scale
per tornare al castello “Non sei male, per essere una Serpe.”
“E tu non sei poi così scemo per essere un Leone.”
Ci scambiammo un ultimo sorriso, prima di vederlo rapito dai
suoi fratelli gemelli, Fred e George, che iniziarono a fargli le feste per aver
trovato Ginny anche se, come sempre, il lavoro grosso
doveva averlo fatto Potter.
Non sapendo cosa fare e curiosa di sentire la versione di
Harry, tornai verso l’ufficio di Silente. Appena messo piede nel corridoio, mi
trovai davanti LuciusMalfoy,
che volò a terrà colpito dall’incantesimo di un piccolo elfo domestico.
Riuscii non so come a non scoppiare a ridere quando me lo
ritrovai praticamente davanti ai piedi.
“Questa è una
promessa Potter. Anche tu farei la stessa brutta fine dei tuoi.” E dopo questa frase ad effetto, un po’
spettinato, ci guardò male entrambi e sgattaiolò via. Io lo guardai
allontanarsi,scansandomi per farlo passare, e poi andai verso Harry e l’elfo
che mi si presentò col nome di Dobby.
“Devi raccontarmi tutto.” dissi e lui mi abbracciò
brevemente lasciandomi senza parole. Era affetto quello che iniziavamo a
provare l’una per l’altro? Amicizia che andava oltre la normale conoscenza fra
compagni di scuola? Volente o nolente, tra di noi quella notte si era
instaurata una nuova fiducia. Poi mi rapì in via definitiva, raccontandomi di un certo Tom Riddle,
Basilischi e fenici… E per finire la spada di Grifondoro, estratta dal Cappello Parlante. Sembravano le
favole che la mamma ci leggeva quando eravamo piccole. Sembrava un racconto
fantastico.
“Ora so che sono nella Casa giusta.” mi rivelò mentre
entravamo nella Sala Grande, piena di persone scese per la colazione.
“A me verranno dei dubbi se verrò coinvolta di nuovo.” Gli dissi
ironicamente, sentendo però che sotto sotto, poteva
essere una domanda legittima. Ancora non mi ero data un motivo soddisfacente
per cui mi ero azzardata ad aiutarli.
“Io penso che tu lo sia” mi disse sicuro “Sei avventata e
hai giocato molto bene le tue carte, con astuzia. Sono cose che ritengo
perfette per una Serpeverde.”
“Potter, io non ho fatto niente.” Ripetei più a me stessa
che a lui, prima di salutarlo con una pacca sulla spalla prima di andare a
sedermi al tavolo dove Adrianne mi aspettava
preoccupata.
“Dove sei stata?! È tutta la notte che siamo in pena!” mi
disse, mentre Jenna annuiva, guardandomi in cagnesco.
Io le guardai, prendendo un po’ di porrige,
prima di sorridere divertita anche se stanca morta “Stanotte ho contribuito a
salvare il mondo.”
Loro mi chiesero dettagli, che io non mi risparmiai di
elargire.
Non scorderò mai l’espressione negli occhi di Draco, mentre ascoltava impassibile la storia di ciò che
era avvenuto quella notte e di come avevo dato una mano a Potter. Se il
disappunto fosse stato una persona vivente, certamente sarebbe stato lui.
Capitolo 5 *** Chapter Four: A starry, dancing night. ***
11
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Four: A starry, dancing
night.
L’annosiconcluse come quelloprecedente, ovvero con ilnomedi
Harry Potter sullaboccaditutti. Però,
per la prima volta, accostatoallasuacompagniadipivelli
in cercadiavventure, c’eraancheilmio,
dinome. Fu strano come la miabuonavolontàdi
fare la cosagiusta mi si fosse ritortacontro. Mi sorbii la miabuona dose diprese in giro,
ovviamentecapitanatedaMalfoy e la Parkinson, manon so da dove trovai la maturitàdiignorarli.
Non mi eropentitadiquellocheavevofatto, anche
se non era neimieipianiproseguire con quellefollie.
Sull’Espresso, diritornodascuola,
rimasiinsiemeallemiesorelle,
Adrianne e Jenna, passandoqualcheorainsieme prima dellaseparazione per itremesisuccessivi.
A prenderci alla stazione trovai mio padre e Linnea,
entrambi felici di vederci.
Vidi con la coda dell’occhio Malfoy
e suo padre avanzare verso di noi e subito Prime mi prese da parte. Insieme alle
nostre sorelle ci allontanammo verso la fine del binario e in cuor mio sperai
di non rivedere un solo Malfoy fino all’inizio della
scuola.
Tutte le mie speranze morirono nell’arco di pochi giorni,
dato che mia sorella maggiore decise che si sentiva pronta a convogliare a
nozze. Il suo fidanzato storico, Tim Elliot, era davvero un simpatico ragazzo, gentile e molto
educato, più grande di lei di un paio di anni. Si erano conosciuti al lavoro e
fin dal primo giorno si era accesa una scintilla, che li aveva portati a
compiere insieme il grande passo.
Adoravo Tim, tanto che quando appresi la lieta notizia,
appena tornati a casa, fui davvero felice per loro. Linnea mi mostrò tutto ciò
che aveva preparato, dal modo in cui desiderava l’abito alle decorazioni per i
gazebo che aveva intenzione di montare in giardino. Il mio occhio cadde su una
pergamena dall’aria usata e riusata, sulla quale, con diverse calligrafie erano
segnati gli invitati alla cerimonia. In basso, a destra, mio padre aveva
segnato anche il nome della famiglia Malfoy.
Non ne fui per niente felice, tanto che obiettai a mia
sorella quella scelta e le dissi che in fondo, la sposa era lei. Non potevano
costringerla ad invitare anche persone con cui, sotto sotto,
non aveva rapporto.
Ancora mi bruciavano le parole crudeli che Draco mi aveva riservato negli ultimi giorno di scuola e
proprio non volevo vederlo. Litigai anche con mio padre, che fu irremovibile.
“I Malfoy sono amici della nostra
famiglia da generazioni, non fare la bambina Dahlia.”
“Pensa solo a tua sorella” sussurrò al mio orecchio Laureen, mentre mi spazzolava i capelli, che si erano
allungati tanto dal mio primo anno di scuola. Ad Hogwarts
riuscivo a sfuggire alle sue forbici assetate di punte“Pensa alla felicità di Linnea e ignora
coloro che tu non ritieni essere degni di attenzioni.”4
Per risposta annuii, non molto convinta, persa in un unico
pensiero: perché mi davo tanta pena per la presenza dei Malfoy?
Perché mi interessava così tanto? Avevo paura di conoscere bene la risposta,
purtroppo.
“Sei cresciuta
moltissimo” mi disse, con un sorriso commosso, sistemandomi la spallina del
vestito “state diventando tutte troppo grandi per me.” aggiunse con un
singhiozzo, portandosi una mano al viso per asciugarsi una lacrima che le era
sfuggita“Oggi Linnea si sposa e prima
ancora che tutti possiamo rendercene conto, verrà anche il tuo turno.”
Mi alzai per abbracciarla, prima di guardarla un po’
dubbiosa. “Tanta acqua passerà sotto ai ponti prima che io prenda marito, posso
garantirtelo.” Ci sorridemmo complici, mentre Iris passava affacciandosi alla
porta aperta, rivelandoci che diversi invitati erano già arrivati.
Laureen
mi sorrise e scendemmo insieme, mentre la donna mi teneva un braccio stretto al
suo, guardandosi attorno. Al centro del giardino troneggiava un grande tendone
bianco e argento, che papà aveva provveduto egli stesso a erigere e che avrebbe
ospitato la cerimonia e l’intera festa.
Fu davvero una bella serata, non ho mai visto mia sorella
così bella e felice. Invidiai per poco l’amore che covava dentro ai suoi occhi
color acquamarina, desiderando io stessa di trovare un ragazzo che mi guardasse
come Tim faceva con Linn. Quando apparve a braccetto
con nostro padre, bellissima in un abito candido e vaporoso come una soffice
nuvola, gli occhi del giovane si illuminarono e Laureen
mi rivelò che ora era certa che mia sorella avesse fatto la giusta scelta,
scegliendo lui.
La cerimonia fu veloce, niente di troppo sfarzoso. Si
giurarono amore davanti a tutta la famiglia e i conoscenti, che non si
risparmiarono un boato e un applauso al primo bacio della coppia sposata. Ci
alzammo tutti in piedi e in uno sventolio di bacchette, gli stessi sposi fecero
evanescere le tavolate per la cena, la pista da ballo
e l’orchestra, che prese a suonare da subito, incantata.
“Voglio un matrimonio esattamente come questo.” Sussurrò
Iris mentre mi prendeva la mano, facendomi fare una piccola giravolta, al
margine della pista da ballo.
“Io non voglio nemmeno pensarci a un matrimonio.” Borbottò
sommessa Primerose, incrociando le braccia sull’abito
di macramè cremisi identico a quello della gemella. Come potessero due persone
essere così uguali, ma così diverse, ancora mi sfugge.
Dopo la prima portata, tutti volevano già scatenarsi sulla
pista da ballo, così alternammo il pasto con lo svago. Ero vicina a mio padre,
quando il momento che tanto avevo sperato di evitare alla fine arrivò.
“Draco, vieni a salutare il padrone di casa! Adesso!”
Mi voltai assieme a mio padre al suono delle voce musicalmente acuta di NarcissaMalfoy e la vidi
arrivare verso di me a braccetto con il marito, Lucius.
Draco scontrò i miei occhi per un istante, ma non lo
vidi bene. stava parlando con TheodoreNott e mi teneva le spalle, quindi io stessa scostai lo
sguardo sulle mie scarpe, lasciando il braccio di mio padre per unire le mani sul
vestito color argento. Cercavo, ovviamente, una via di fuga rapida.
“Sii brava e ti premierò.” mi disse mio padre, sorridendo ai
Malfoy e trattenendomi per un braccio, impedendomi
quindi di sfuggire.
“Voglio un altro gatto.” Sussurrai con tono basso, tirando
il mio sorriso migliore. O peggiore, dipende da quanto brutto possa sembrare un
sorriso fasullo.
“Buona sera, Peter.” disse LuciusMalfoy prima di guardare anche me. Dietro all’apparenza
gentile e posata, lessi nei suoi occhi ancora l’indisposizione di quella volta,
alla fine del mio secondo anno, in cui me l’ero ritrovato davantialle punte delle scarpe. “Ma questa è… La signorina Dahlia. Devo dire
Peter che è sorprendente quanto sia sbocciata in questi mesi.”
“Come il nostro Draco.” sottolineò
Narcissa con una certa fierezza, prendendo il figlio
per le spalle e parandoselo davanti.
Rimasi senza parole.
I capelli non erano più tirati all’indietro sul capo, imprigionati
in quel modo ridicolo, bensì erano lasciati liberi sul capo e un po’ lunghetti scendevano
perfettamente pettinati sul viso. Anch’esso mi sembrava a sua volta cambiato,
più spigoloso, meno da bambino. Ma gli occhi…. Quelli erano sempre gli stessi. Grigi, un po’
spenti e sempre contratti in una virgola strafottente.
Anche lui sprecò qualche istante ad osservarmi, dopotutto il
signor Malfoy non aveva sbagliato, anche io ero cresciuta
e non solo i capelli, come ho accennato prima. Stavo iniziando a subire dei
cambiamenti, ad avere delle forme decisamente più femminili e gentili. Il mio
seno era aumentato, il bacino era più femminile e la pelle più delicata, frutto
dello sviluppo.
Ci squadrammo poco discretamente, poi spostammo lo sguardo
entrambi con imbarazzo, seccati, facendo ridere mio padre.
“Draco” lo richiamò Lucius “Perché non inviti la signorina Blake a ballare,
mentre noi adulti parliamo? Abbiamo tanto da dirci, per aggiornarci. Sempre se
per Peter va bene, ovviamente.”
“A nessuno interessa se a me va bene?” sottolineai
indispettita, troppo imbarazzata dallo sguardo che il mio coetaneo mi aveva
riservato, ma papà mi sospinse appena verso il giovane rampollo.
“Sii educata Lia, vai a ballare con Draco.”
Non avevo altra scelta, se non seguire il biondo sulla pista
da ballo, accettando anche la mano che mi aveva elegantemente porto.
Quando mi mise la mano sul fianco andai letteralmente a
fuoco, così decisi di concentrarmi sulla musica.
DracoMalfoy, per me, era un vile e un poco di buono, ma il
galateo ce l’aveva nel sangue. Danzava magnificamente ed era un eccellente porter. Quando la canzone terminò, mi staccai comunque più
che volentieri. Ero a disagio, anche se era difficile capire il perché.
“Credevo che avrei visto anche Potter.” Buttò fuori a quel
punto il biondo, guardandomi con quella scintilla di cattiveria che
caratterizzava il suo sguardo tagliente “Siete diventati così intimi.”
Io sbuffai una risata senza colore, prima di assottigliare
gli occhi per guardarlo “Sarebbe una compagnia più piacevole.” Sussurrai, prima
di dargli le spalle e allontanarmi da lui, godendomi lo spettacolo di mio padre
e LuciusMalfoy che se la
ridevano, guardando nella nostra direzione.
Non volendo sapere oltre, decisi di andare verso Prime e Violet, rimanendo con loro per la maggior parte della
serata, contenta quando a noi si aggiunse anche Theo. Di tanto in tanto, però,
cercavo Malfoy fra la folla, scambiando con lui non
pochi sguardi, fino a che entrambi non riabbassavamo gli occhi, imbarazzati e
orgogliosi. Potevamo far finta di niente, ma quando qualcun altro parve notare
quello scambio di sguardi, arrossii violentemente.
“Non vorrei
allarmarti” mi disse Ron Weasley, che si era
avvicinato insieme a Ginny per parlare con Violet, mentre un anfora incantata ci riempiva di idromele
i calici “Però Malfoy sembra volere qualcosa da te…”
“Cosa te lo fa pensare?” domandai vaga, prendendo un sorso
anche troppo generoso della bevanda alcolica. Iniziava già a girarmi la testa.
“Sta guardando nella nostra direzione ormai da un po’.”
“Che faccia ciò che vuole. Non mi interessa.”
Mi alzai in piedi traballando, rendendomi conto in quel
frangente che l’alcool non aveva un buon effetto su di me. “Devo prendere una
boccata d’aria fresca.” dissi al mio compagno di scuola, che annuì offrendosi
di accompagnarmi “No, non preoccuparti. Vado sola.”
Mi incamminai un po’ incerta all’uscita del gazebo, verso il
campo che attraversai per arrivare al ruscello al limitare del boschetto. Li mi
misi a sedere su un masso, portandomi le mani al viso “Smetti di girare
maledizione.” intimai alla mia testa, che però non pareva interessata a darmi
retta. Non avevo mai bevuto prima di allora.
Stavo ancora cercando di calmarmi, quando avvertii qualcuno
alle mie spalle. La risata di schermo che mi riservò lo smascherò
immediatamente, tanto che non dovetti nemmeno alzare gli occhi su di lui, né
attendere che parlasse per capire chi fosse.
“Ma bene, Blake. Abbiamo alzato il gomito, a quanto vedo.”
“Malfoy, vattene.” Fu la sola cosa
che dissi, mugolando per la brutta sensazione alla bocca dello stomaco che
avvertii in quel momento. Qualcosa mi diceva che poco aveva a che vedere con l’alcool.
Lui però mi ignorò e prese posto accanto a me. Rimase in
silenzio per alcuni minuti, il tempo sufficiente per farmi passare il malore. Quando
mi sentii meglio alzai il capo, spostando un ciuffo di capelli biondi dal
volto, per poterlo guardare di sbieco “Cosa vuoi, Malfoy?”
Lui sbuffò, scocciato “Sono un gentil’uomo.” Fu la risposta
serafica “Credi che me ne andrei se ti vedessi star male?”
“Sì?” fu la mia risposta sarcastica. Riuscii ovviamente a
farlo alterare, ma non si alzò né se ne andò. Bizzarro, mi dissi. Alla fine
però cedetti per prima, visto che sotto sotto stava
cercando di fare il mio bene “Solidarietà quindi?” domanda, sistemando le
pieghe del vestito che indossavo.
Lui si grattò il capo e mi parve quasi imbarazzato “Diciamo
di sì. Poi siamo amici no?”
Quello non me lo aspettavo. Lo guardai come se fosse matto “Da
quando? Ti devo ricordare quanto mi hai presa in giro per tutta l’ultima
settimana di scuola?”
“Solo perché hai aiutato Potter…
Ma ti ho perdonata.”
Sbuffai alzandomi dal masso “Che fortuna, mi hai perdonata. Chissà
cosa avrei fatto se no.”
Draco
rimase a guardarmi in silenzio, rimanendo seduto “Come ti senti?” mi chiese di
punto in bianco.
“Come nuova.” dissi passandomi una mano fra i capelli per
spostarli dietro alla schiena “Forza, torniamo alla festa.”
La risposta fu sorprendente. Senza replicare, mi seguì lungo
al campo fino al gazebo. Una tornati fra
gli altri mi accertai che mio padre non si fosse accorto della nostra
sparizione simultanea e quindi mi voltai a guardare Malfoy.
Lui parve di nuovo a disagio e fece per andarsene, ma io lo bloccai con una
domanda “Un ultima cosa: perché mi avresti ‘perdonata’ ?”
Lui mi guardò in tralice, come se non sapesse cosa
rispondermi. Poi si avvicinò a me e si chinò per sussurrarmi qualcosa all’orecchio,
come avrebbe fatto un bambino di fronte a un segreto inestimabile. “Perché sei
diventata più bella di quello che mi aspettavo.”
..E detto questo di dileguò fra la folla, lasciandomi li a
riflettere su quello che aveva appena detto, con il cuore che mi batteva forte
nel petto e le guance vermiglie.
Mi sentii strana per molti motivi. Primo fra tutti, avevo
preso ormai coscienza del fatto che il rampollo dei Malfoy
non mi era per niente indifferente. Perché avrebbe dovuto esserlo, dopotutto? Ero
un bel ragazzo, figlio di buona famiglia, cosa che ai tempi per mio padre
faceva la differenza. Aveva un carattere pessimo, ma dovevo ammettere a me
stessa che non lo conoscevo affatto.
Non avevo intenzione di diventare la nuova Parkinson, una
sua estimatrice assatanata, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per un minimo di
attenzioni. Però non potevo nemmeno negare a me stessa che mi era piaciuto da
morire danzare insieme a lui.
Il suo profumo era dolce, i suoi occhi mi erano sembrati
meno freddi. Aveva le mani calde, cosa che mai e poi mai avrei detto e vestiva
in modo impeccabile.
Io non ero da meno, perché anche se non era da me vantarmi,
sapevo che non ero affatto una brutta ragazza. Il mio corpo, che aveva preso a
sviluppare, era snello senza essere troppo asciutto, i miei capelli erano belli
e avevo la pelle del colore della porcellana. Gli occhi, chiari ma caldi, erano
sinceri. Lo sarebbero stati anche con lui, se me l’avesse concesso.
La festa per fortuna stava giungendo al termine, così da
evitarmi di raggiungere una temperatura tale da andare in auto
combustione.Molti invitati se ne erano
già andati quando tornai da papà, pronta a dirgli che avevo bevuto troppo e andavo
a letto. Lo trovai immerso in una discussione insieme ad Arthur Weasley e un altrouomo, che non riconobbi. Appena papà mi vide si rivolse proprio a
quest’ultimo, presentandomelo come Remus Lupin.
“Piacere mio.” rispose lui, stringendomi la mano con
gentilezza.
“Stavamo parlando di SiriurBlack” disse serio mio padre “Dovete davvero stare attente
quest’anno a Hogwarts, anche se ora che so che Remus diventerà un professore della scuola, mi sento molto
più sicuro.”
“Oh” rimasi sorpresa nell’apprende che sarebbe diventato il
nuovo professore di difesa contro le arti oscure e lui mi sorrise appena
alzando il calice verso di me, tornando poi al discorso iniziale. “Non so
quando sarò utile io contro Black, Peter.”
Papà mi aveva raccontato alcune cose su quel uomo a cuiandava attribuito il primato di essere evaso
da Azkaban. Sapevo che era strettamente legato all’omicidio
dei Potter, ma chi non lo sapeva, dopotutto? Papà, memore delle mie avventure
con Harry, mi aveva chiesto di non parlarne mai col ragazzo, ma io l’avevo
assicurato che non c’era possibilità che succedesse. Non eravamo così amici e
io non ero solita ficcare il naso laddove non c’entravo nulla.
Non ancora, per lo meno.
Lasciai la festa poco
dopo, chiedendomi perché mai Black sarebbe dovuto
entrare nella scuola. Mi sarei risposta solo da lì a qualche mese.
Tornare ad Hogwarts fu, come
sempre, una gioia. Fra quelle mura tutti ci sentivamo intoccabili e invulnerabili.
Rivedere Adranne e Jenna fu come
sempre bellissimo, mi erano mancate molto anche se non era passata una
settimana senza uno scambio costante di gufi, tale da indispettire non poco mio
padre. A tavola ero accanto a loro e, nel mentre quelli del primo anno venivano
smistati, non riuscivamo a smettere di ridere e parlare concitate, nonostante
non avessimo fatto altro per tutto il viaggio in treno. Non potei fare a meno
di notare le continue occhiate che mi lanciava Malfoy,
sempre seduto di fronte a me come l’anno precedente, ogni qualvolta ne aveva
l’occasione. Io non sapevo bene come interpretarlo, così preferii lasciar
correre.
Silente riportò su di sé l’attenzione degli studenti appena
concluso lo smistamento. “Benvenuti ad un altro anno ad Hogwarts”
iniziò allargando le braccia come se volesse abbracciare tutta la stanza “Ora,
vorrei dire due parole prima che ci intontisca tutti troppo il nostro ottimo
banchetto. Per prima cosa, do il benvenuto al professor R. J. Lupin, che ha
gentilmente accettato il ruolo di insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.
Buona fortuna, professore.” guardai Lupin alzarsi e ricevere gli applausi di
tutti, poi Silente spiegò che l’insegnante di Cura delle Creature Magiche per
il nuovo anno sarebbe stato niente popò di meno cheRubeusHagrid ”Infine passiamo a cose più inquietanti: su richiesta
del Ministero della Magia, Hogwarts ospiterà i Dissenatori di Azkaban, fino al
momento della cattura di SiriusBlack.
I Dissennatori saranno di guardia ad ogni accesso
alla scuola. Ora, pur se rassicurato che la loro presenza non disturberà le
nostre normali attività, un avvertimento: i Dissennatori
sono creature malvagie, non faranno differenza fra colui a cui danno la caccia
e coloro che si trovano sul loro cammino; per tanto devo avvertire tutti,
intendo ognuno di voi, di non dar loro alcun motivo di farvi del male. Non è
nella natura di un Dissennatoreperdonare…
Ma sapete, la felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi…Se solo uno si ricorda, di accendere la luce.”
Rimasi in silenzio, pensando alla
sensazione che avevo provato quando uno dei quei mostri si era avvicinato alla
cabina dove io e le mie amiche stavamo parlando. Avevo sentito il treno
mancarmi da sotto ai piedi, la luce spegnersi nei miei occhi. Era stato
orribile, fino a che il Dissennatore non aveva deciso
di passare oltre. Speravo di non averne mai più uno così vicino.
Appena entrate nel dormitorio mi accorsi che la stanza era
molto più grande e che i letti non erano più quattro, bensì sette.
“Ci hanno unite??” chiese con un singhiozzo strozzato Adrianne e la risposta giunse assieme all’arrivo di Millicent, la quale si era fatta più grossa durante l’estate,
che ci guardò in cagnesco prima di andare a sedersi sul suo letto facendo cigolare
le molle. Nei due anni precedenti eravamo divise in due stanze, ma non so per quale motivo il terzo anno mi
ritrovai sia lei, che Daphne che Tracy insieme a me, Adrianne, Jenna e la Parkinson. Insieme a Pansy, non erano umanamente sopportabili.
“Iniziamo proprio bene.” esternò
Jenna, guardando Pansy, che si vantava del suono
nuovo taglio di capelli con le altre Serpi, le quali non mancarono nemmeno una
moina, falsa come un galeone di cioccolato.
Capitolo 6 *** Chapter Five: A change in the mood. ***
11
Nda: Citengo
a ringraziaredicuoretuttiglispettatorisilenziosidiquestastoria.
Non avreimaipensatoche le letturesarebbero state cosìalte, nonostante
non abbiariscossoancoraabbastanzasuccesso per averedellerecensioni, sonodavvero content ache la storia non restiignorata!
Grazie a tutticolorocheleggono e hannoprontamenteinseritoquestomiolavorofra le preferite e le seguite.
Ho notatoche in moltiscelgono un prestavolto per ilorooc e ho decisodi non esseredameno.
Per ilmomento, ho decisoche Dahlia avrà come voltoquellodellabellissimaLauren
de Gaaf. Presto sceglieròanchequellidellesorelle, del padre eccettera, fino ad averetuttimieiocfacilmentecollocabilianchesul piano visivo.
Grazie ancora al
mio piccolo pubblico e buonalettura!
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Five: A change in the
mood.
Il nuovo anno si prospettava
interessante almeno dal punto di vista didattico, visto che furono introdotte
diverse nuove materie.
Dopo aver passato un intera estate a
studiarmi quali materie fosse opportuno o meno seguire, e dopo aver chiesto
anche alle mie sorelle maggiori, scelsi Divinazione, Cura delle Creature Magiche
e Antiche Rune, che andavano a sommarsi a tutte le altre ovvero Pozioni,
Trasfigurazione, Incantesimi, Erbologia, Difesa
Contro le Arti Oscure, Storia della Magia e Astronomia.
Non avevo ancora idea di cosa avrei
fatto un giorno della mia vita, ma avevo ancora di fronte diversi anni di
studio e sapevo quali erano le materie in cui andavo forte.
Poi, più che donna in carriera mi
vedevo bene come donna con un lavoro che ama e con famiglia. Immaginavo una
piccola villetta immersa nella campagna, un bambino che corre felice nei campi
rincorso da un cane e un uomo ad attenderlo sullo stipite della porta. Non
immaginavo nessun elfo domestico intento a disporre la tavola per la cena, ma
io stessa, appoggiata al focolare, mentre preparavo la cena con un sorriso
divertito sulle labbra, nonostante l’espressione stanca.
Non riuscivo ancora ad immaginarmi
come madre, anche se mi sarebbe piaciuto molto crearmi un nucleo famigliare
tutto mio, grande come quello da cui provenivo, ugualmente rumoroso e allegro.
Ma ero ancora al mio terzo anno di
scuola e, per qui progetti, avevo tutto il tempo.
Il primo giorno del nuovo anno si
aprì con due ore filate di Divinazione, così mi diressi assieme a Adrianne e Jenna, che condividevano quasi tutti i corsi
eccetto Antiche Rune (avevano scelto Aritmanzia, ma
io odiavo la matematica quindi era impossibile applicarmi a quella materia.),
alla torre della professoressa Cooman. Donna strana,
molto strana, ma allo stesso tempo trovavo piacevole il suo modo di insegnare. Era
strano, perché esprimeva con enfasi concetti che noi non prendevamo troppo
seriamente.
Iniziammo con qualcosa che lei
definiva estremamente semplice, ovvero l’analisi del futuro attraverso i fondo
del teh.
Ci scambiammo le tazzine e io presi
quella di Adrianne, mentre Jenna prendeva la mia e la
ricciolina quella della bionda “C’è una specie di mano” dissi alla mia migliore
amica che prese a ridacchiare divertita, smettendo appena la Cooman ci arrivò alle spalle “La mano significa…
Amicizia” dissi leggendo dal libro “Però potrebbe essere anche un sole, ovvero
felicità duratura… Quindi sarai molto felice con i
tuoi amici.
“Molto bene signorina.” mi disse la
professoressa, guardando un punto imprecisato oltre la mia testa, mentre Jenna
guardava scettica la mia tazza “Dia a me, signorina”
La Cooman
prese la tazza dalla quale avevo bevuto
e iniziò a guardarla con interesse crescente “Una luna. Questo significherebbe
che l’amore è alle porte” mi disse, scatenando subito un paio di ghigna poco
raccomandabili sui volti delle mie compagne di Casa “Però…
Potrebbe quasi sembrare un serpente raggomitolato e allora significherebbe che
la persona di cui ti innamorerai in realtà è falsa e ti ingannerà.”
“Ci mancherebbe solo questo” dissi sottovoce
quando la professoressa si fu allontanata, cercando di capire dove poteva aver
visto un serpente raggomitolato quella donna.
“Tua nonna sta bene ragazzo? Non ne sarei
così sicura se fossi in te.” La sentii dire a Neville e la cosa ci strappò un’espressione
un po’ allarmata. “Dovrebbe lavorare un po’ su come dare le brutte notizie,
dovrebbe essere importante nel suo lavoro.” Sussurrai a Jenna, facendola
ridere.
Nel tavolo affianco al nostro, Blaise e Draco presero a fare il
loro solito casino “Ciao Lia.” mi disse il moro, guardandomi con un sorrisetto
“Sai, è da ieri sera che volevo dirti che sei sbocciata. Hai mangiato qualcosa
di particolare, quest’estate?”
“Stai zitto Blaise”
lo intimò Draco, sibilando la frase fra i denti
insieme a un’espressione gelida.
Mi rigirai verso le mie amiche, che
guardavano scettiche i due ragazzi, poi sospirando dissi “Secondo voi perché i
ragazzi sono così stupidi?”
“Mia madre dice che sono gli ormoni.”
ci confessò con tono cospiratorio Adrianne “Quanto
parte è la fine.”
Risi assieme a Jenna, proprio nel
mentre la Cooman gridava, facendoci sobbalzare “Ragazzo… Povero ragazzo…” disse
rivolta vero Harry “Tu hai il gramo!”
Nessuno si scompose. Era risaputo
che per ogni classe, ogni anno, era destinato a morire almeno uno studente per
la Cooman ed era palesemente scontato che sarebbe
stato Harry. E chi se no?
Nelle ore successive uscimmo fuori,
sospinti verso la capanna di Hagrid da un’arietta calda
del tutto fuori stagione, per goderci la prima vera lezione di Cura delle
Creature Magiche.
“Secondo me la Cooman
è totalmente pazza.” Disse Jennam mentre seguivamo Hagrid nella foresta.
“A me piace.” Le risposi, alzando le
spalle, prima di portare una piuma fra i capelli per fermarli in cui crocchio
alto “Divinazioni è davvero interessante
come materia.”
“Interessante?” mi domandò la Granger, un po’ scettica, suonando però irritante “Cosa c’è
di interessante in una serie di delirii di una
vecchia pazza?! Insomma, non è nemmeno uno studio esatto! Dovreste venire con
me ad Aritmanzia!”
Harry mi si affiancò, sorridendomi
“Non farci caso.” ci spiegò.
Ron intervenì
in soccorso dell’amico “Vuole solo qualcuno che vada con lei a Aritmanzia, visto che noi ci rifiutiamo.”
Ridacchiai, prendendo a braccetto Potter mentre Hermione e Jenna si mettevano a discutere della precisione
millimetrica della divinazione in Aritmanzia. Scambiammo qualche parola per tutto il
tragitto, poi una volta arrivati in uno spiazzo erboso, io e le mie amiche
andammo a sederci su un muretto, lasciando i Grifoni ad aiutare Neville con la
sua copia del Libro Mostro.
“Guarda chi arriva”
disse Jenna,facendomi alzare gli occhi dalla copertina pelosa del voluminoso
volume. Non mi sorpresi.
“Ciao Malfoy.” Dissi distrattamente,
mentre il biondo buttava la sua cartella accanto a me, per poi appoggiarsi al
muretto.
“Ciao Blake” disse con un’inflessione allegra della voce che
mi fece alzare un sopracciglio, sistemandosi il mantello sulle spalle “Non ti
sembra allucinante che quello zotico ci insegni?”
“A dire il vero io trovo che Hagrid
sia-Ahia!” Il libro mi aveva appena morsa, assurdo! Lo lasciai cadere a terra
portandomi una mano alle labbra, succhiando lievemente il sangue che stava
fuoriuscendo dal taglio da carta. Draco lo raccolse
restituendomelo.
“Devi accarezzargli il dorso, così..” alzò un mano,
sfiorandomi il viso con una mano fredda mentre sentivo gli occhi di tutti i Serpeverde, Parkinson e Greengrass
comprese, incollati a noi e a quel singolo gesto che lui stava facendo.
Diventai di tutti i colori dell’arcobaleno in due secondi.
Adrianne
si schiarì la voce così mi accorsi che mi ero incantata a guardarlo negli occhi,
godendomi un gesto che non mi spiegavo nemmeno. Arrossii vistosamente, mentre
lui riabbassava la mano dandomi le spalle e mi concentrai sul mio libro.
“Non dire nulla.” Le intimai, mentre Draco
decideva di dare spettacolo come suo solito. Quella volta però lo ringraziai, perché
così come mi aveva messa a disagio, stava risolvendo da solo la situazione.
“Dio come è caduto in basso questo posto! Quando mio padre
sarà che Silente ha messo questo zotico ad insegnare…”
caricò con particolare disgusto l’ultima parte, facendo ridacchiare come due
ebeti Tyger e Goyle.
Harry avanzò deciso verso di lui, guardandolo malissimo”Sta
zitto Malfoy!”
“Ohoh!” dissero in coro il diretto
interessato e i suoi due scagnozzi prima che Draco
lasciasse la borsa a Tyger e avanzasse qualche passo
verso Harry, guardandolo con strafottenza.
“Oggi non torna a casa sano.” disse Jenna mentre Adrianne ci sperava seriamente. Io non dissi nulla
limitandomi ad osservarlo con afflizione. Perché doveva sempre comportarsi da
gradasso?
Lo vidi sollevare il capo, per poi arretrare di colpo,iniziando ad indicare un punto imprecisato
urlando “Dissenatore! Dissennatore!”
Tutti ci voltammo a guardare spaventati, Harry in
particolare ma poi, ritornando a posare gli occhi su Malfoy
ci accorgemmo che stava solo facendo lo stupido. Si esibì anche in una scenetta
con i suoi degni compari e la Parkinson, con tanto di cappucci sulla testa, in
un’orrenda interpretazione di un Dissennatore.
“Madonna che scemo” disse Jenna, mentre Hagrid
tornava tenendo con sé un magnifico esemplare di Ippogrifo.
Era meraviglioso, così tanto che tutti ci fermammo per
guardarlo, ma nessuno era abbastanza coraggioso per sfidare quegli artigli.
Alla domanda del professore su chi volesse accarezzarlo
tutti ci ritirammo di un paio di passi indietro, a parte Harry che pareva un
po’ scioccato. Si ritrovò quindi ad essere l’ignaro ‘volontario’, sospinto
anche da Weasley.
Che bella l’amicizia.
Malfoy
e gli altri presero a ridacchiare mentre Harry si inchinava all’Ippogrifo e per
un attimo ebbi la netta impressione che la bestia stesse per staccargli di
netto il capo dal collo, ma quella si chinò a sua volta. Mi alzai avvicinandomi
di pochissimo, per vedere meglio, seguita poco dopo da Malfoy
che iniziò a mangiucchiare una mela. Mi voltai a guardarlo con un sopracciglio
alzato ma lui era troppo intento ad denigrare Potter per considerarmi.
“Bravo Harry, complimenti!” disse Hagrid
mentre partiva un coro di applausi per Harry, che era riuscito ad accarezzare
l’animale sul muso “Ora credo che si lascerà cavalcare.” disse il mezzo
gigante, afferrando Harry e caricandolo sul dorso della bestia. Quella partì al
galoppo con Harry che gridava a pieni polmoni verso destinazioni sconosciute,
lasciandoci tutti stupidi.
“Che drago che è Potter” disse Jenna facendo annuire quasi
tutti. Io mi voltai a guardarla. alzando un sopracciglio.
“Che fai? Tradisci Flitt?”
Era risaputo che ormai i due si frequentavano, doveva solo
ammetterlo. Ovviamente non lo fece. Si limitò al contrattacco “Lo sapevo che ti
piaceva Potter!”
Harry tornò quasi dieci minuti dopo, mentre io mi allentavo
il nodo della cravatta verde-argento, accaldata da quel sole settembrino
decisamente troppo scottante.
Tutti applaudimmo mentre Hagrid lo
aiutava a scendere, mettendosi poi a parlare con lui, in disparte. Draco spinse via Dean e Lee facendosi largo verso
l’Ippogrifo. Lo guardai sconvolta “Tu non sei pericoloso, vero?”
“Draco!” Lo seguii cercando di
afferrarlo per il cappuccio, ma non arrivandoci.
“Brutto bestione.”
“Malfoy!”
La bestia si alzò sulle gambe posteriori e sia io che Malfoy ci immobilizzammo immediatamente. Mi ero avvicinata
troppo nel tentativo di fermare quello stupido e per un attimo ebbi come l’impressione
di essere diventata un bersaglio delle ire dell’Ipogrifo, che iniziò a svendolare le ali in nostra direzione. Draco
si portò del tutto davanti a me, portando una mano dietro di sé per tenermi indietro, mentre alzava l’altra
appena in tempo per proteggersi il viso dagli artigli affilati della bestia,
che aprirono due grandi tagli sul suo braccio.
Caddi a terra, sotto al suo peso e battendo il sedere,
mentre Hagrid si parava tra noi e la bestia
cacciandola lontano. Io portai le mie mani sulle spalle di Draco,
mentre lui si teneva il braccio che perdeva molto sangue.
Ero scioccata, così tanto che per qualche secondo non feci
nulla.
“Mi ha ucciso! Mi ha ucciso!” prese a lamentarsi, mentre io
guardavo le condizioni della ferita sgranando sino all’inverosimile gli occhi.
“Calmati… È solo un graffio!”
“Hagrid! Va portato in infermieria!” disse la Granger e
subito il gigante me lo alzò di dosso prendendo in braccio.
“Te ne pentirai…” sussurrò Draco, mentre Hagrid ci diceva
che la lezione era terminata “Tu e il tuo maledetto pollo…”
Adrianne
corse da me, mettendomi le braccia sotto alle ascelle per alzarmi su.
Mi tremavano visibilmente le gambe.
“Oddio Lia, stai bene? Per un attimo mi ero figurata che
quel mostro ti avrebbe decapitata!” mi disse iniziando a pulirmi la gonna e la
camicia dalla polvere mentre io guardavo la mia mano, che si era coperta non so
come del sangue vermiglio di Draco “Quell’idiota di Malfoy per poco ti fa uccidere!”
Senza pensarci due volta mi allontanai afferrando il mio
mantello ed infilandomelo, prendendo poi la mia borsa e caricandomela sulle
spalle. BLaise mi passò la tracolla di Draco, come se mi stesse leggendo nel pensiero così da
prima la guardai senza capire, poi mi ricordai che si, stavo andando proprio da
lui.
“Grazie” gli sorrisi poco convincente, prendendola prima di
partire di gran carriera verso la scuola.
“Dove stai andando, Blake?” mi urlò dietro Pansy Parkinson, ma io presi camminare velocemente
lasciandola in dietro. Dopo, venni a sapere che ci avevano pensato Adrianne e Jenna a rallentarla. Arrancai su per il campo e
quando arrivai, stremata, alla porta dell’infermeria mi chiesi cosa diavolo ci
facessi lì.
Rimasi un attimo immobile fuori dalla porta senza
capire,poi, visto che ormai ero li, entrai trovando Silente, Piton e Hagrid che discutevano
davanti a letto di Malfoy, mentre Madama Chips si appropinquava a sistemargli il braccio.
Al mio ingresso tutti gli occhi furono su di me, così mi
immobilizzai.
“S-scusate.” dissi facendo per
uscire, ma Silente mi riprese, chiamandomi per nome. Quando mi fece cenno di
avvicinarmi al letto, non potei tirarmi indietro. Arrivai fino a trovarmi al
fianco di Draco, dalla parte opposta rispetto quella
in cui Madama Chips stava lavorando, e appoggiai
entrambe le cartelle a terra.
Il biondo mi guardò un secondo senza capire poi, come se si
fosse ricordato di qualcosa, guardò furente Hagrid
“Esigo che mio padre sia avvertito immediatamente! Starà poi a lui prendere
provvedimenti!”
“Signor Malfoy, è un suo diritto
avvertire suo padre” disse il preside, tenendomi una mano sulla spalla “Ma non
sta poi a lui decidere cosa fare in merito alla questione, ma al consiglio.”
“Questo lo vedremo” sussurrò sotto voce e insolente il biondo,
mentre Madama Chips fasciava il braccio “Non così
stretto, ho detto!”
“Stai zitto Malfoy” sbottò la
donna irritata “Io il mio lavoro di infermiera lo so fare. Tu, a quanto pare,
il tuo di studente no!”
“Provvederemo subito a scrivere a villa Malfoy
una lettera.” disse Silente rivolto a Piton “Venite,
lasciamo che sia la signorina Blake a calmare l’animo del signor Malfoy.”
Lo guardai perplessa ed imbarazzata allo stesso tempo,
mentre Hagrid passava gli occhi da me al biondino perplesso.
Uscirono tutti silenziosamente e dopo un ultima occhiata
severa, Piton si chiuse la porta alle spalle.
AncheMadama Chips
ci lasciò e nel passarmi accanto mi sussurrò un sarcastico in bocca al lupo,
prima di sparire nel suo ufficio.
“Se si lamenta troppo chiamami e provvederò a metterlo a
tacere”
“Una pozione soporifera?”
“No, una mazzata in testa.”
Draco
la guardò indignato “In questa scuola lavorano solo dei poveri mentecatti.”
disse portandosi una mano al braccio bendato con espressione sofferente “Gente
che non sa insegnare e infermiere che non sanno curare.”
Presi fra le mani un bicchiere di vetro pieno di un liquido
opaco “Oh è radice di Asfodele. Ci vorranno almeno
dieci minuti prima che faccia effetto. Quando ero bambina e mi facevo male mia madre…” mi fermai non terminando la frase. Riappoggia semplicemente
il bicchiere e Draco
rimase in silenzio, a guardarmi, prima di farmi segno di sedermi sul letto
accanto a lui. Lentamente eseguii “Ti ho portato la borsa.”mi limitai a sottolineare
l’ovvio, visibilmente a disagio.
Lui aveva tutta l’aria di qualcuno che non sapeva bene come
reagir “Grazie” e che non avrebbe fatto nulla per dissimularlo. “Sei stata molto… Gentile.”
“Per Merlino, Malfoy, sembra che
nessuno ti abbia mai fatto un favore.” Sussurrai in un soffio, cercando di
mandare via inutilmente le farfalle che volavano indisturbate nel mio stomaco. Non
ci avevo ancora pensato su, ma non eravamo mai rimasti soli dopo il matrimonio
di mia sorella.
Quando aveva deliberatamente affermato che per lui ero bella.
“In effetti, di solito rispondono ai miei ordini.” Fu la
risposta sprezzante del ragazzo dopo minuti di strano silenzio. Sbuffai.
“Se speri di dar ordini a me, Malfoy,
mettiti il cuore in pace.”
Lui non rispose, anche se glielo leggevo negli occhi che
aveva qualcosa di acido e pronto da sputarmi in viso. Si morse le labbra, prima
di sospirare, tirandosi seduto più comodamente, passandosi la mano sulla
fasciatura.
Rimasi seduta sul letto, facendogli compagnia seppur non
parlavo, guardando di tanto in tanto oltre le grandi vetrate, verso il cortile
interno, dove gli studenti iniziavano ad ammassarsi, avvertendoci che quindi le
lezioni dovevano essere finite. Ulteriore conferma arrivò quando Blaise, Tyger, Goyle e Pansy, fecero il loro
ingresso nella lunga stanza adibita ad infermeria. Io e Draco
non ci stavano toccando, non ci stavamo parlando, ma questo non impedì lo stesso
alla Parkinson di odiarmi così come non aveva mai odiato nessun altro, a
giudicare dallo sguardo che mi rivolse.
“Come stai, Draco?” domandò Goyle, parlando per primo.
“Forse stava meglio prima che entrassimo” sussurro divertito
Blaise, guardando verso di me con i suoi espressivi
occhi violacei. Riusciva a leggermi l’anima, con quello sguardo, ne ero certa. Per
questo arrossii nonostante non stesse succedendo niente.
Niente. Non era successo niente per quasi un ora e iniziavo
a chiedermi perché.O se volessi che
prima o poi si arrivasse a un punto, con Malfoy.
Non rimasi molto oltree non appena mi alzai, Pansy occupò il mio
posto con prepotenza, calpestando l’orlo del mio mantello mentre mi chinavo a
recuperare la mia tracolla.
“Ci vediamo in Sala Comune, Malfoy.”
Gli dissi, caricandomi sulla spalla la cartella, dopo aver strappato di
prepotenza il mantello da sotto il calcagno da giocatrice di bocce della
Parkinson.
“Ci vediamo dopo.” Fu la risposta stranamente gentile del
biondo, che sembrava quasi dispiaciuto del fatto che me ne stavo andando. Per questo
motivo gli concessi un breve sorriso, ma dicendo così salvo solo le apparenze. Quel
sorriso scappò repentino dalle mie labbra, ma il fatto che non venne ricambiato
lo fece morire subito.
Me ne andai nel dormitorio, pronta per un pomeriggio su Pozioni,
sicura che non avrei dovuto darmi pena per Malfoy. Di
fatto, Draco fu spedito nel suo dormitorio la sera
stessa e il giorno successivo riprese le lezioni come se nulla fosse successo.
Mi stupii quando si mise a sedere accanto a me, per la prima volta in due anni
e due giorni di scuola, anziché nel posto di fronte.
“Inizio favoloso di anno scolastico, Malfoy”
gli disse con tono irriverente Adrianne, che si era
vista spodestare il posto, mentre lui si versava un po’ di teh
caldo nella tazza.
“C’è sempre spazio per i miglioramenti, Dixon”
rispose il biondo senza colore, non voltandosi nemmeno a guardarla, prima di
afferrare un biscotto secco e iniziare a mangiucchiarlo.
Pansy
si mise a sedere davanti a noi, guardando malissimo me prima di girarsi verso Draco e rivolgendogli un enorme sguardo mortificato “Ti fa
tanto male Draco?” chiese lacrimevole, allungando la
mano verso la fasciatura.
Il biondo si guardò il braccio, stendendolo come per
mostrare che aveva ancora tutte le dita “Si, molto. Ma sono stato fortunato. Ancora
un po’ e potevo rimetterci il braccio.”
“Oh Malfoy, sei una fonte di
ispirazione per ognuno di noi.” Ironizzai io, senza però la solita cattiveria
nella voce. Aveva perso molto sangue, è vero, ma non era stato reciso nulla che
potesse compromettergli per sempre il braccio e portarlo all’amputazione
dell’arto!
Lui mi diede una spintarella con braccio che definirei quasi
giocosa, tanto che lo guardai stranita, tenendo in mano la mia tazza ricolma di
latte e miele, pronta a commentare quello strano comportamento con qualche
aggettivo che lui avrebbe odiato, come ‘sentimentale’. Venni però distratta da
qualcosa di più impellente.
“SiriusBlack
è stato avvistato vicino ad Hogwarts!”
Alzai gli occhi verso il tavolo dei Grifondoro,
dove tutti si erano radunati attorno ad un numero della Gazzetta del Profeta. Non
seppi il motivo preciso, ma mi irrigidii. Sentivo la schiena dura come una
tavola al pensiero checon quell’assassino
nei paraggi, i Dissennatori si sarebbero fatti più
irrequieti. Sicuramente sarebbero arrivate delle conseguenze non gradite.
Trattenni addirittura il fiato, mentre la mano che reggeva
la tazza tremava. Non dissi niente, però, ma qualcuno accanto a me parve lo
stesso notare il mio stato d’animo. Draco si appoggiò
con la spalla alla mia e fu un fugace momento, un istante, ma lo sentii. Ripresi
a respirare normalmente e fu come se metà della tensione si fosse appena
dissipata.
Allora e solo allora arrivai a capire che DracoMalfoy non era più
semplicemente quel ragazzino fastidioso, per me. Stava diventando molto di più,
giorno dopo giorno, e tutto era iniziato silenziosamente.
Era letteralmente entrato nella mia vita senza bussare,
senza chiedere e, soprattutto, senza rendersene conto.
Capitolo 7 *** Chapter Six: the power of Will. ***
11
Nda: Ho
finitodicorreggere un altro capitol, cosìeccolo a voi.
Ho decisodiinserire un nuovopersonaggio, la professoressadiAstronomiaPenelope
Herschel per due motivi: il
primo, sisa molto pocodi Aurora Sinistra, la veradetentricediquelruoloneiromanzidella Rowling e ancheperchèio
ho un problema, ovvero non sopportoNymphadoraTonk. È più forte di me, come personaggio non mi piace e non lo vedobene con ilpoveroRemus, al quale (sempresecondol’ideache mi sonofattaio, non voglioconvinceredinientenessuno)
è stataaffabbiataunamoglie a casa.
Mi serviva un personaggio
per riempireilvuotolasciatodaTonksall’internodellanarrazione, soprattuttoquandoarrivò a parlaredellevicendecheruotanoattorno al quintolibro.
Il nome non è statoscelto a caso, ma mi sonoispirata a quell’Herschelche, scoprendochec’eraqualcosaoltreSaturno, ha rivoluzionato del tutto lo studio delle nostra galassia e, successivamente, dellospaziointero.
La stoancoracaratterizzando, ma ho qualcheideuzza e magari un giorno, se ilpersonaggioincuriosirà, scriveròqualcosaanchesudi lei. Intanto
è appenaaccennata, presto faràqualcosadiimportanteanche lei.
Non vi tediooltre, buonalettura.
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Six: the power of
Will.
Ricordo molto nitidamente la prima lezione del professor
Lupin, come se fossero passati solamente una manciata di giorni, invece che
così tanti anni.
Lui era un personaggio davvero strano, pittoresco. Non lo
sapevo inquadrare sul momento, ma mi piaceva. Mi piaceva davvero molto come
insegnava ed era un uomo di straordinaria umanità. Una sera, per esempio, fu
lui a trovarmi in biblioteca ben oltre l’orario concesso agli studenti per
sostare al di fuori del dormitorio e invece di levare punti alla mia casa e
spedirmi da Piton per una punizione, si informò del
motivo per cui una studentessa del terzo anno dovesse ricercare fra dei tomi di
magia avanzati la risposta a chissà quale domanda.
Era questo il suo metodo istruttivo: chiedere, domandare con
gentilezza per evitarsi un bel grattacapo a posteriori. Sta di fatto che quei
primi giorni di scuola erano stati così pieni che non ero riuscita a cercare
nulla sull’argomento Animagus e quindi mi ero arresa
a dirigermi in biblioteca ben oltre l’orario per potermi fare un idea di cosa
fare. Lui ascoltò estremamente interessato la mia spiegazione e quando mi
chiese perché proprio quell’argomentosuscitava
il mio interesse io lo liquidai dicendogli che ne avevo semplicemente sentito
parlare. Inutile dire che non ero convincente. Lui mi esortò a tornare nel mio
dormitorio in fretta, ma non prima però di avermi detto che c’era un manuale
molto bello di un certo Calcius, su come sviluppare
le doti che, ipoteticamente, avrebbero potuto portare uno studente a diventare
un animago.
Prima ancora della sua prima lezione mi aveva, quindi,
conquistata. Essa fu la conferma tangibile che lui era in assoluto il miglior
professore che avessimo mai avuto, di quella materia. Non che ci volesse molto
a battere Allock e per Raptor,
a sua discolpa, non si capiva nulla quando parlava.
La prima lezione di Lupin fu, per iniziare, una lezione
pratica, cosa che un po’ tutti ci aspettavamo di vedere prima o poi in un corso
di Difesa. Essa consisteva nell’affrontare un Molliccio e io mi interrogavo su
cosa potesse mai diventare il mio, mentre assistevo al modo sublime in cui
Neville stava ridicolizzando il professor Piton.
Certo, fu crudele, ma allo stesso tempo anche divertente e mi dispiacque solo a
posteriori per il capo della mia Casa.
“Molto bene! Tutti in fila!”
Io finii dietro a Cali Patì e davanti a Potter. Gli rivolsi
un breve sorriso, tra il divertito e il nervoso, mentre Ron faceva letteralmente
‘pattinare’ via il grosso ragno che si era ritrovato di fronte. Calì fece lo stesso, trasformando un grosso serpente in un
altrettanto inquietante pupazzo a molla. Per me faceva più paura il risultato
dell’originale.
“Molto bene Calì! Avanti Dahlia!”
Lanciai uno sguardo al professore, mentre mi facevo avanti.
Il pupazzo a molla si scompose in uno sciame di api e io mi sentii male. Odiavo
le api con tutta me stessa. Da bambina ero quasi morta, quando una di quelle
piccole infami si era infilata nella mia maglietta, pungendomi ben tre volte
prima di lasciare il pungiglione. Ero sola nel bosco e non riuscivo a
respirare, così dovetti fare leva su tutte le mie forze per trascinarmi verso
il campo, dove per fortuna, Prima mi trovò in tempo.
Le api comunque non erano facili come un grosso ragno o come
un serpente grosso come una carrozza. Iniziarono a volarmi attorno, sempre più
vicino. Le sentivo ovunque, nei capelli, sul mantello, nei vestiti. Per il
panico mi sfuggì mi mano la bacchetta, che rotolò via.
Harry che provò ad avvicinarsi, ma il professore lo fermò.
“Dalle solo la bacchetta!” disse con tono concitato, ma sicuro.“Deve farcela da sola!”
Potter diede un piccolo calcio alla mia bacchetta, che
arrivò davanti ai miei piedi. Io la sentii contro il tacco delle ballerine che
indossavo, ma non avevo il coraggio di smettere di agitarmi e abbassare le
braccia per cercarla con lo sguardo.
“Coraggio Dahlia, puoi farcela!”
mi disse il professor Lupin “So che puoi farcela! Non può ferirti, può solo
spaventarti e questo puoi impedirlo!”
Vero, potevo impedirlo. Dovevo, perché non era reale. Non
era reale e potevo combatterlo. A tentoni mi chinai, sempre cacciando via le
api da davanti al mio viso. Dopo un paio di tentativi trovai la bacchetta e, puntandola
davanti a me, cercai di essere il più convincente possibile. “Riddikulus!”
Una ad una, tutte le api iniziarono ad esplodere in un
vortice colorato di coriandoli.
Affannata, spettinata e poco convinta, guardai quel tripudio
di girandole colorate, non riuscendo poi a non sorridere. “Bravissima, sapevo
che ci saresti riuscita.” Il professore mi fu accanto in un attimo e mi
appoggiò una mano sulla schiena “Vieni, siedi un momento, è stato intenso.”
“Lo è stato davvero.” Ammisi, mentre mi sistemavo su una
sedia, accanto al gramofono, lasciando il posto a chi
veniva dopo di me.
“Nonostante ciò te la sei cavata egregiamente.” Mi confidò,
prima di voltarsi di nuovo verso la fila. Lo vidi impallidire quando vide che
toccava a Potter. Impossibilitato a trattenersi, il professore si frappose tra
Harry e il Molliccio, che aveva mutato la sua forma in un Dissennatore.
Osservai la luna che era apparsa ora al posto del mostro e
corrugai la fronte, non capendo a cosa si riferisse ora il molliccio. Lupin lo
rinchiuse nuovamente nell’armadio e poi ci congedò in fretta e furia, senza
nemmeno darci una spiegazione logica, ma scatenando solo domande che non
sembravano voler trovare una risposta.
Il libro che Lupin mi aveva consigliato era illuminante.
Tappa dopo tappa, esso prometteva di aiutare qualunque mago
o strega a sviluppare l’attitudine necessaria per diventare un Animagus. Non senza faticare parecchio, però.
-Solo
stregoni potenti e qualificati sono in grado di diventare Animagi.
Il processo è lungo, arduo e non privo di rischi, infatti, la trasformazione
può fallire o peggio ritorcersi contro lo sventurato neofita, con terribili
conseguenze. Tuttavia, una volta che la formazione è completata, un Animagus può cambiare a piacimento in qualsiasi momento,
con o senza bacchetta. A causa della complessità della magia richiesta per
diventare Animagus, maghi e streghe con questa
abilità sono davvero rari, inoltre, non è escluso che per sviluppare questa
abilità sia necessaria anche una naturale predisposizione…-
Jenna, che avevano dalla sua una madre in grado di diventare
una splendida aquila, sosteneva che io avevo un ché, qualcosa che mi avrebbe
facilitato la trasformazione.
Io, che volevo farlo più per ambizione di poter vantare una
simile abilita che per altro, non avevo niente da perdere, quindi mi di
applicai.
Il primo passo era quella che Calcius
chiamava ‘preparazione mentale e scolastica’. Ovvero, trecento pagine di teoria
magica sull’argomento, che mi lessi con calma durante la prima settimana da
quando mi ero permessa di prendere quel volume in biblioteca senza passare per
la signorina Price. Mi avrebbe uccisa per questo, ma ci avrei pensato poi.
-Un
Animagus può trasformarsi in un solo animale e questo
non viene scelto dal mago ma è determinato dalla sua personalità e dai suoi
tratti innati. Inoltre, ogni Animagus, quando assume
la forma animale, è contraddistinto da un “marchio di identificazione” che è
causato da un tratto caratteristico del suo corpo umano. Questa può essere una
peculiarità fisica, come la struttura dentale, oppure un tratto acquisito, come
gli occhiali.-
Leggevo tutto con molta, molta attenzione, mentre attorno a
me le altre ragazze si preparavano a dormire, non risparmiandosi nemmeno un
pettegolezzo.
“Ho sentito dire che la professoressa Herschel
e il professor Lupin sono stati avvistati parecchie volte insieme.” Stava
cincischiando la Parkison mentre si pettinava i
capelli, parlando con voce cospiratoria.
“La professoressa di Astronomia?” chiese Adrianne
scettica, mentre io giravo la pagina, imparando che dovevo usare un incantesimo
per stregare i miei vestiti, prima di una trasformazione, per evitare di
rimanere nuda dopo “Ma non è molto più giovane di lui?”
“Non troppo.”Si
intromise la Davis, che sembrava aver studiato le generalità dei professori per
potersi permettere quel parere azzardato.
“La professoressa Herschel è
arrivata l’anno scorso!” insistette Adrianne,
ricordando a tutti come un malore avesse portato la professoressa Sinistra,
ormai in la con l’età, a lasciare la cattedra alla nuova leva, a metà febbraio
dell’anno precedente “Avrà si e no ventiquattro anni!”
“Si veste come se ne avesse il doppio.” Fu il commento
malevolo della Greengrass, che scatenò le risatine
delle sue amichette e la chiusura delle tende del mio baldacchino, con annesso
incantesimo insonorizzante.
Non mi interessavano quei discorsi, mi interessava arrivare
al secondo passo, ovvero quello della preparazione fisica.
Il terzo sarebbe stato, poi, la trasformazione.
Mi sarei applicata ogni singolo giorno per arrivarci,
finalmente anche io avevo un obiettivo che non fossero semplicemente i voti
scolastici e che non riguardasse clubs o il Quidditch.
Non so perché lo volevo così tanto, ma sentivo che era la
cosa che faceva per me.
Sarei diventata un Animagus, era
nel mio destino, anche se sarebbe stato difficile. Non avevo mai visto degli
incantesimi così difficili in tutta la mia vita.
Il coronamento del terzo anno fu il primo viaggio di piacere
nel paesino di Hogsmeade, alla fine del primo mese di
scuola.
Passai il mio permesso, firmato da papà, a Gazza, che a sua
volta li passò tutti alla Professoressa McGrannit.
Lei non si risparmiò di certo le solite raccomandazioni, soprattutto circa il
comportamento da tenere in visita, ma non ci trattenne oltre.
Partii decisa assieme alle mie due migliori amiche e insieme
visitammo più o meno tutti i negozi più belli. Prima di chiuderci in qualche
locale per bere qualcosa di caldo –non faceva ancora freddo, ma il vento
settembrino non era comunque piacevole – proposi di andare a vedere anche la
Stamberga Strillante e sia Adrianne che Jenna
accettarono più che volentieri.
C’erano delle leggende, dietro a quel luogo, che tutte
conoscevamo e ci facevano accapponare la pelle esattamente come la prima volta
che le avevano sentite, nella Sala Comune, raccontate dai ragazzi più grandi.
“Fino ad alcuni anni fa si sentivano delle urla disumane.”
disse Jenna mentre ce ne stavamo appoggiate alla recinzione a guardare verso la
decadente struttura. “Me l’ha detto mia zia, vive ad Hogsmeade
da quando ha iniziato a lavorare all’ospedale delle Creature Magiche.” Gli
occhi chiari della ragazza saettarono sulle finestre, come se fossero alla
ricerca di qualcosa “Chissà come mai ora non si sente più niente.”
“Avranno traslocato” disse Adrianne,
ridacchiando come se quella fosse una battuta geniale.
Presa come ero da quell’orrore di battuta, che mi portò a
spingere la mia amica, non mi accorsi che qualcuno si stava avvicinando a noi.
Una mano mi pizzicò il fianco facendomi sobbalzare, mentre Adrianne,
che venne alzata da terra da due braccia forti, lanciò addirittura un urlo
niente male, sopratutto per qualcuno che sostiene di non aver paura delle
storielle da campeggio.
“Ragazze, dovreste vedervi.” disse Nott,
che si era scostato abbastanza velocemente da me da evitare una gomitata, mentre
Blaise lasciava andare Adrianne.
“Sembrate ancora scosse.” aggiunse Zabini,
sorridendo alla mia amica come per farsi perdonare. Lei lo guardò stizzita i
primi secondi, prima di cedere a quella che ormai era una cotta non da poco.
Non mancava nemmeno Malfoy
all’appello. Mi guardò mentre arrivava con tutta calma, tenendo le mani ben
piantate nelle tasche. Aveva un’espressione da schiaffi, come al solito “Venite
a bere qualcosa con noi o preferite rimanere qui a guardare un mucchio di
rovine decadenti?”
“Sembri molto sicuro di te.” Affermai, incrociando le braccia
sul poncio azzurro di lana che portavo per contrastare il freddo “Scommetto che
però non hai il coraggio di entrare nella Stamberga.”
“Come, Blake? Vuoi sfidarmi?” mi domandò sprezzante, prima di indicare il sentiero che
portava alla casa in rovina con la mano ancora fasciata. “Andiamo allora.
Insieme.”
Io non mi mossi per un attimo, chiedendomi dove avesse
trovato tutto quel coraggio che, di sicuro, non era una sua prerogativa. Poi, per
paura di perderci la faccia, mi sbrigai a precederlo, passando oltre il
cancelletto scardinato da anni. Sentivo dei passi dietro di me, insieme alle
risate dei ragazzi e le richieste di tornare indietro delle mie amiche.
Se sperava di spaventarmi, non ci sarebbe riuscito, anche se
dovevo ammettere che più mi avvicinavo, più la Stamberga mi faceva paura. Mi si
stringeva lo stomaco e anche lui sembrava aver perso tutta la sua sbruffonaggine “Facciamo così” disse di punto in bianco, prendendomi
il polso e facendomi fermare ai piedi della scalinata di pietra che portava
all’ingresso della casa. A nasconderci c’erano delle rocce, infatti non vidi
Jenna e Adrianne quando mi voltai “Diciamo agli altri
che siamo entrati, ok? Non dobbiamo farlo per forza.”
“Hai paura Draco?”
“Mai come te. Se vuoi entrare, continuiamo.”
Io mi morsi il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. Non
volevo entrare, non era nello spirito di autoconservazione di un Serpeverde voler rischiare di rompersi una gamba per
niente, ma ero nel contempo troppo orgogliosa per fare una così pessima figura
agli occhi degli altri. Così decisi di essere ragionevolmente furba.
“Ok, diremo così.” Asserii alla fine, facendolo sospirare
sollevato “Ci fermiamo qui per qualche minuto? Dobbiamo perdere un po’ di tempo
o capiranno che mentiamo. O peggio. Penseranno che siamo scappati di corsa.”
Lo guardai annuire e sedersi sul primo gradino, lanciandosi
prima un’occhiata alle spalle. Io lo imitai, abbracciandomi le ginocchia e
tenendo gli occhi sulla pavimentazione brulla sotto i miei piedi per tutto il
tempo che riuscii. Lui, però, non mi stava rendendo facile il momento. Sentivo i
suoi occhi sul mio profilo.
Alla fine cedetti, voltandomi a mia volta “Cosa c’è?” chiesi
con tono stanco, pronta a una freddura o una battuta, che però non arrivò. Lui
rimase fermo, con gli occhi grigi ben piantati nei miei, impantanando il mio
sguardo nel suo. Anche volendolo, non sarei riuscita a spostare gli occhi, un
po’ per paura di perdermi qualcosa un po’ perché mi piaceva, quel momento,
seppur mi facesse sentire così strana…
Vulnerabile.
Draco,
però, aveva un bel piano in testa. Ci mise diversi minuti a prendere il
coraggio a due mani, ma alla fine portò un braccio dietro alla mia schiena e si
fece più vicino. Ciò che seguì fu il mio primo bacio.
Trattenni il respiro per un istante, mentre lo guardavo chinarsi su di me, sempre senza
staccare gli occhi dai miei. C’era qualcosa di incredibilmente goffo e
romantico in quel suo gesto, qualcosa che ancora mi fa scaldare il cuore.
All’inizio fu esattamente come se il mio cervello stesse
rigettando l’idea che quelle sulle mie erano le labbra di Malfoy.
Poi, lentamente, l’imbarazzo iniziò a diminuire e riuscii a chiudere gli occhi,
ricambiando l’attenzione con la stessa timida inesperienza dell’altro.
Fu un bacio casto, di una dolcezza che forse non avrei mai
attribuito a DracoMalfoy.
Mi sarei messa a ridere se la Cooman me l’avesse
predetto, eppure eccomi lì, a stringermi piano contro di lui, mentre la mia
mano saliva verso il suo collo, sfiorandone la base come spaventata di
interrompere la magia.
Era piacevole.
Era il mio primo bacio.
La mano salì ancora, seguendo i contorni un po’ spigolosi
del viso del biondo, per poi andare ad appoggiarsi alla spalla.
Ci staccammo quando un tonfo sordo, proveniente dalla casa,
ci fece trasalire. Entrambi schizzammo in piedi, prima di renderci conto che il
bacio aveva la priorità. Passammo da spaventati a imbarazzati in un secondo e
distogliemmo lo sguardo l’uno dall’altra.
“Cosa facciamo ora?” chiesi per rompere il silenzio,
mordendomi nervosa l’unghia del pollice. Lui si prese un altro paio di secondi
e poi, stupendomi, tornò a sedersi sul gradino, facendomi segno di accomodarmi.
“Aspettiamo ancora un po’, o non saremo credibili.” mi disse
calmo, nonostante tutto, attendendo che avessi ripreso posto prima di parlare
nuovamente “Parlami di te” disse di punto in bianco.
Lo guardai stranita. Che diavolo di richiesta era quella? Draco non sembrava il tipo di persona che si sedeva e
semplicemente chiacchierava del più e del meno “Cosa dovrei dirti? Mi conosci
da anni.”
“No, ti ho incontrata da anni. Ma conoscere una persona vuol dire altro. Dimmi qualcosa di te.”
Borbottò un po’ scocciato, ma sapevo che doveva essere l’intera situazione di
imbarazzo. Decisi di accontentarlo, così sparai la prima cosa che mi venne in
mente.
“Non saprei che dirti, così di punto in bianco. Quando si
parla di me, a casa, di solito mio padre mi guarda e dice sempre che sono il
contrario di mia madre.”
Draco
mi guardò stupito e sinceramente lo ero anche io. Non parlavo mai di lei.
Nemmeno le mie sorelle o lo stesso Peter Blake parlavano mai di Margaret.
“Com’era?” mi chiese il biondo, evitando accuratamente di guardarmi.
“Molto bella.” Fu la sola cosa che mi venne da dire, in quel
momento.
“Allora sì che sei diversa.” decretò ironico, facendomi ridacchiare piano.
“Era una donna davvero particolare, buonissima, forse
troppo. Teneva al suo lavoro più di qualsiasi altra cosa, e questo, a noi, è
costato caro. Io di lei ho pochissimi ricordi.” ammisi, torturandomi le mani.
Non avevo mai fatto quell’ammissione a nessuno, nemmeno a Jenna e Adrianne.
“Deve essere stata dura.” disse Draco,
pensieroso. Non lo credevo capace di discorsi così seri. “Mia madre, al
contrario, è fin troppo protettiva.”
“Per me è lo è papà. Lui è fondamentale per noi.” gli dissi,
senza quasi rendermene conto, iniziando a parlare a ruota libera “Lui tiene
unita la famiglia. Se non ci fosse stato lui, sarebbe stato molto peggio
crescere senza la mamma.”
Parlare a Draco, denudare in un
certo senso la mia anima davanti a lui, fu fin troppo facile, perché anche lui
prese ad abbattere tutte quelle barriere che aveva posto davanti a sé per schermarsi.
Davanti a me non c’era il solito, spavaldo Malfoy, ma un normale quattordicenne con i suoi problemi e
i suoi pensieri.
A me, quel ragazzino, piaceva davvero molto.
Alla fine, decidemmo di tornare dagli altri, ma dovevamo aver perso anche troppo tempo perché al
nostro arrivo dove ci eravamo separati non trovammo nessuno. Scambiai uno
sguardo con Draco e lui alzò le spalle con non
curanza “Andiamo ai Tre Manici di Scopa. Li troveremo lì.”
Annuii e quando lui mi porse il braccio con fare galante, io
lo afferrai senza troppi pensieri. Camminavamo verso l’osteria in silenzio,
come se tutto l’imbarazzo si fosse manifestato così, all’improvviso. Arrivati
alla nostra meta ci sedemmo un po’ in disparte, al solo tavolino libero. Subito
ci arrivarono le Burrobirre calde e esse aiutarono
non poco l’atmosfera. Riprendemmo a parlare, anche se questa volta ci
concentrammo su Draco e i suoi allenamenti di Quidditch, un argomento quindi molto più leggero.
Guardai alla mia destra, sentendomi osservata con
insistenza, e scontrai gli occhi con quelli serpentini di DaphneGreengrass e sua sorella Astoria. Lei due mi
salutarono con falsa allegria, prima di iniziare a borbottare fra loro.
L’espressione che avevano mi piacque molto poco.
Non sapevo se avevo in qualche modo fatto breccia nel cuore
di Draco, era presto per dirlo, ma in ogni caso,
avrei tenuto a portata di mano la mia bacchetta.
Giorno e notte.
Alla fine rimasi sola con Draco
tutto il giorno e non mi ricongiunsi alle mie amiche fino a sera. Ero già
pronta alle battutacce e al terzo grado, ma qualcosa di grave mi salvò.
Infatti, al ritorno nel castello ci attese un’amara
sorpresa: SiriusBlack era
riuscito ad entrare nella scuola, cercando di fare irruzione nella Sala Comune
dei Grifondoro. Aveva distrutto il quadro della Signora
Grassa, prima di sparire nel nulla, come vapore. Il professor Silente ci chiese
di radunarci tutti quanti nella Sala Grande per passare li la notte,
controllati dai professori.
Io mi sentivo nervosa, ricordo bene che mi guardavo attorno
intimorita. Papà mi aveva raccontato tante cose su quell’uomo, ma ciò che mi
sconvolgeva era altro: come aveva fatto ad entrare nel posto più sicuro al
mondo? Quella era la nostra casa, un luogo in cui sentirci al sicuro, protetti.
Per me, non aveva alcun senso.
Mi misi a sedere su una delle brandine, accanto a Adrianne, mordendomi le unghie come sempre quando ero
nervosa. Draco prese posto in quella libera alla mia
destra “Che ti prende?” mi chiese, guardandomi stranito.
Io alzai le spalle “Un po’ di fifa credo” ammisi con un
sorrisetto.
Lui nonricambiò il
sorriso, sistemando la brandina e slacciandosi la vestaglia, per potersi
stendere.“Non dovresti aver paura.”
“Mi difendi tu?” lo presi un po’ in giro e lui alzò un
sopracciglio. Lo guardai spingere la sua brandina più vicina alla mia, prima
sfilarsi la vestaglia,rivelandomiil suo pigiama nero.
“I professori lo faranno, ma io posso tenerti d’occhio da
vicino.” mi disse, stendendosi. Non smise però smettere di guardarmi negli
occhi “Rilassati, non ci accadrà nulla. Silente non lo permetterebbe mai.”
Sapevo che Adrianne non si stava
perdendo nemmeno una battuta, ma non me ne curai in quel momento. Annuii e mi
sdraiai a mia volta su un fianco, e così fece anche lui. Potevamo continuare a
guardarci negli occhi, così.
Gli altri, attorno a noi, parlavano fra loro ma io che ero
sempre stata un ottima ascoltatrice, non mi infilai in nessun discorso.
Continuavo a scambiare occhiate con Draco, che invece
non si risparmiava un commento, ma però poi tornava a guardare verso di me.
Alla fine, ilprofessorVitiuos chiese a
tutti di dormire e fece spense simultaneamente tutte le candele.
“Cosa pensate che sia accadendo?” chiese a bassa voce Theo,
da qualche parte dietro di me.
“Lo stanno cercando.” si limitò a rispondere Malfoy, mentre Blaise sbuffava.
“Ancora non ci credo che è entrato nel castello..” sussurrai
con voce impastata, mentre tenevo già gli occhi chiusi nella vana speranza di
calmarmi e dormire. Quel giorno sarebbe così finito e io avrei potuto
conservare solo i bei ricordi di ciò che avevo vissuto, per la prima volta,
vicino alla Stamberga Strillante. Sentii la mano di Draco
appoggiarsi al mio fianco, delicata, per darmi la buona notte. Senza pensarci
due volte scesi ad afferrarla, stringendola nella mia e tenendola stretta.
Mi dava coraggio e mi fece calmare subito.
Quando mi addormentai, poco dopo, ero convinta che Draco stesse ancora vegliando su di me.
Capitolo 8 *** Chapter Seven: ‘….Who effaces his tracks in the sand with his tail.’ ***
11
Nda: In
questocapitolo, finalmente, scopriamocheanimago è la nostra Dahlia! Qualcunoci ha giàpensato? Sonoaperte le scommesse! Cisentiamo con dellepiccole note alla fine, così non rovino la sorpresa a nessuno!
Buonalettura
NN
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Seven: ‘….Who effaces
his tracks in the sand with his tail.’
Piton
che entrava tutto trafelato nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure e
chiudeva tutti gli infissi per far buio non era una cosa che si vedeva tutti i
giorni, ma io ebbi la fortuna di assistervi. “Andate a pagina 394”.
La lezione l’avrebbe dunque tenuta lui. Non sembravano
esserci errori.
Scambiai uno sguardo con Draco,
che ormai da qualche giorno era diventato il mio compagno di banco, seppur non
ci fossero stati ulteriori sviluppi amorosi fra noi due, che mi sorrise soddisfatto prendendo il libro.
Io, che invece
apprezzavo moltissimo le lezioni di Lupin, non piacque molto quello scambio. Piton era uno dei miei professori preferiti, ma vederlo al
di fuori dell’aula di Pozioni mi mise in allerta.
“Secondo te cosa è successo a Lupin?” sussurrai verso il
biondo, che stava scarabocchiando qualcosa su di un foglio. Un disegno a dir
poco osceno, ma non tanto per come era disegnato, ma per cosa c’era raffigurato
“Ma dai, perché devi fare sempre lo stupido?!” Guardai la caricatura di Harry
Potter in groppa alla sua scopa e, appena il biondo appoggiò al disegno la
bacchetta, fu colpito da bolidi e fulmini.
Lo guardai ridacchiare “Mettere sotto pressione Potter è un
divertimento costante.” Rispose, iniziando a piegare il foglietto sapientemente.
Decisi di ignorarlo per concentrarmi sulla lezione, dedicata
ai lupi mannari. La Granger non perse occasione di
dimostrarsi come al solito la più intelligente e alla domanda di Piton sulle differenze tra lupi mannari e Animagus, alzò la mano per prima.
“Nessuno?” domandò il professore, deciso ad ignorarla. A
quel punto alzai anche io la mano, visto che la differenza mi era ben chiara.
L’avevo letta sul manuale di Clasius qualche sera
prima. Piton si voltò e appena vide la mia mano
alzata fece un breve sorrisetto. “Signorina Blake, sono tutto orecchie.”
“Un Animagus è un mago che sceglie
di trasformarsi in animale di sua spontanea iniziativa, dopo mesi di lavoro
passato su pratiche magiche di alto livello, ben oltre il livello del
Fattucchiere Ordinario.” Iniziai a sciorinare, mentre il professore mi guardava
già con soddisfazione malcelata dal cipiglio severo. “Un lupo mannaro, al
contrario, non ha scelta. Ad ogni luna
piena quando si trasforma, perde ogni libero arbitrio. Non risponde a niente e
nessuno, se non al richiamo della sua stessa specie.”
Draco
si voltò verso di me emettendo un acuto ‘Auuuuh!’ da
lupo che fece ridere mezza classe e fu anche approvato dal professore.
“Grazie signor Malfoy.” Disse Piton, appoggiandosi al nostro banco “E grazie anche alla
signorina Blake per questa eccellente risposta. Cinque punti al Serpeverde.”
Ringraziai il professore con uno sguardo, prima di prendere
in mano la penna.
Poi guardai Draco, mentre lui
inviava il foglietto a Harry con un ghigno crudele. Mi piaceva averlo vicino
tutto quel tempo, non potevo negarmelo. Abbassai gli occhi sul libro,
ascoltando la spiegazione del professore e cercando di non pensare a
nient’altro.
A niente di troppo compromettente, nella fattispecie.
Il rumore della pioggia mi distrasse da ogni pensiero e
riflettei sul fatto che, il giorno successivo, la partita di Quiddicht tra Tassorosso e Grifondoro, sarebbe stata parecchio umida, se il tempo non
si fosse quietato.
La mia avventura dell’anno precedente, che mi aveva portata
a una punizione insieme a Malfoy all’interno del
magazzino di Piton mi aveva insegnato a tenermi
lontana dalla Foresta Proibita, ma non a restarmene di notte nel mio
dormitorio.
Non avevo più trasgredito il coprifuoco se non per rimanere
più tempo in biblioteca, però quando passai alla fase tre del mio percorso da Animagus, una volta passate le vacanze di Natale, mi urgeva
avere più spazio e più tempo senza essere disturbata.
All’inizio iniziai a provare la mutazione nelle ore di buco
pomeridiane, ma le mie sparizioni improvvise attiravano le domande dei miei
compagni di Casa e la cosa non mi stava bene per niente. Dovetti quindi tornare
ad uscire da sola la notte.
Stavo attenta a non incontrare nessuno, non volevo che
qualcuno si mettesse nei guai per me. Se fossi stata scoperta, non avrei avuto
un Malfoy a prendersi la colpa, questa volta.
Uscire dalla scuola, per noi Serpeverde,
non era poi così difficile. Non come per un Grifondoro
o un Corvonero, per lo meno e perché mai un Tassorosso avrebbe dovuto anche solo provarci? Mentre le
altre due case dovevano scendere dalle torri e la terza non si poneva nemmeno
il problema –davvero, cosa facevano tutto il giorno per divertirsi??- noi
potevano contare su Prefetti che proprio non avevano voglia di pattugliare i
corridoi e vie di fuga più rapide. Il solo problema era rappresentato dal
portone, perché esso iniziò a venir chiuso tutte le sere, dopo la retata di Black.
Fortunatamente, nel mio peregrinare per la scuola senza
senso, trovai una stanza che si prestava più facilmente al mio scopo, nel terzo
piano della scuola. Era difficile raggiungerla senza destare sospetti, ma dopo
qualche tentativo andato a vuoto, riuscii a impararmi i ritmi di ronda dei
Prefetti di Corvonero, fin troppo precisi a darsi il
campo e andare a letto. Almeno potevo sperare di stare un po’ di al caldo,
all’asciutto e non rischiavo di rimanere chiusa fuori.
Raggiungere la stanza era difficile, ma venivo ripagata di
ogni sforzo quando mi ritrovavo da sola, per almeno un paio di ore, a
concentrarmi e studiare. Mi sentivo sempre più vicina, più sicura di arrivare
al risultato sperato, così continuavo ad insistere, notte dopo notte, per tre
notti a settimana.
All’inizio di marzo, le notti diventarono quattro ogni
sette. Come sempre fingevo di andare a letto, aspettavo che le altre
crollassero addormentate e poi mi infilavo qualcosa di veloce e uscivo dal
dormitorio con il mio libro sotto il braccio, la bacchetta e il mantello
allacciato a metà per la fretta.
Attraversavo veloce i sotterranei, uscivo qualche scalinata
più avanti per evitare la Sala Grande e poi iniziavo a salire fino al terzo
piano, dove rimanevo così tanto che, al ritorno, non era necessario far troppa
attenzione. Non trovavo mai nessuno.
Si sa però, troppa leggerezza porta a fare errori stupidi.
Erano da poco passate le quattro, quando troppo stanca per
continuare, decisi di tornarmene a letto. Ogni volta che mi avvicinavo di più
alla mia meta diventavo più bramosa e quindi dover rinunciare per riposarmi mi
atterriva un po’. Sul libro c’era scritto a chiare lettere che non sarei
diventata una Animagus dall’oggi al domani, ma
speravo di avere qualcosa di davvero speciale che potesse portarmi a riuscire
prima. Non sembrava così, quindi con non poca amarezza, lasciai la stanza,
chiudendomi la porta alle spalle.
Con un po’ troppa enfasi, oserei dire, visto che il tonfo
rimbombò per tutto il corridoio e oltre le scale, insieme a una voce, che proveniva
proprio da esse.
“Hai sentito?”
Mi acquattai dietro al corrimano, notando il Professor Lupin
e la professoressa Herschel. Se ne stavano in piedi,
con il naso rivolto verso di me. Mi misi a sedere in terra contro la balaustra
di pietra, con il cuore a battermi nelle orecchie e la paura di essere stata
scoperta.
Nonostante parlassero entrambi piano, l’eco delle voci dei
professori mi rimandava il loro discorso, facendomi sentire cosa dicevano
“Potrebbe essere uno studente fuori dal letto.” Fu il commento divertito della
professoressa di Astronomia.
“O uno spiffero.” Fu quello di Lupin, che seguì poco dopo,
facendomi sospirare sollevata. Se avevo fortuna, non avrebbero indagato “Ti
ringrazio per la serata, Penny.” Stavo giusto per sgattaiolare via, ma quel
soprannome così intimo mi fece desistere. Alla fine la Davis e la Parkinson
avevano ragione?? “Non mi capita mai di vedere così nitidamente le stelle.”
“lo capisco.” Fu la risposta, pronunciata con tono morbido
dalla Herschel, “Tra due giorni ci sarà la luna
piena. Se hai bisogno di qualsiasi cosa sai-”
“Lo apprezzo davvero molto.” la interruppe Lupin e i due
rimasero in silenzio per un minuto almeno. Forse si stavano baciando? O
semplicemente guardando? Non potevo alzarmi per controllare e la curiosità mi
stava mangiando viva “Buonanotte.”
“Buonanotte, Remus.”
Un paio di piedi scesero le scale, gli altri due le
salirono. Attesi di non sentire più passi, prima di muovermi. Anche volendo non
avrei potuto raccontare alle altre cosa avevo visto o mi sarei ritrovata a
giustificarmi per un’uscita notturna e io odiavo giustificarmi.
Però avrei dovuto comunque farlo, quella notte.
Infatti, girato l’angolo, pronta a scendere le scale nord
del terzo piano per arrivare precisamente di fronte alla parete della Sala
Comune dei Serpeverde, mi ritrovai di fronte Remus Lupin con addosso l’espressione meno sorpresa della
storia.
Io, al contrario, sbiancai.
Doveva aver fatto il giro molto velocemente per sorprendermi
lì, segno che mi aveva vista benissimo mentre mi nascondevo e origliavo la sua
conversazione con la professoressa Herschel. Fantastico.
“Buonasera, Dahlia. Un po’ tardino
per un incontro notturno, non credi?” mi disse con tono vagamente divertito, ma
non per questo meno serio.
Io deglutii “Buonasera, professore. Sì io….
Ha ragione.”
Mi guardò, poi guardò il libro che tenevo fra le mani. Alla
fine parve soppesare qualcosa e io pensai che la domanda fosse ‘quanta voglia
ho di portare una studentessa ora da Piton?’. Sì,
sembrava che sarebbe finita così, ma invece il professor Lupin decise di
stupirmi.
“Vieni con me, forza.”
Inutile dire che mi ritrovai nel suo ufficio, pensando
rapidamente a una scusa da propinargli mentre aspettavo una gran bella
ramanzina.
“Non riesco a dormire, professore” Buttai lì, mentre il
libro che tenevo in mano veniva appoggiato al centro della sua scrivania. Se si
fosse sentito preso in giro, ne avrebbe avuto motivo. “Pensavo che un giretto
all’aria fresca potesse conciliarmi il sonno…”
“Un giretto usuale, immagino” si alzò, andando verso il
camino ancora acceso per controllare un vecchio petolino pieno di acqua. Vi
versò dentro qualcosa, prima di tornare da me “La prossima volta che vorrai
conciliarti il sonno vieni qui da me” disse, acchiappando un paio di tazze e
tornando alla scrivania solo per sedersi, porgendomi una delle due, quella non
sbeccata “Questa tisana ti aiuterà, e un sorso aiuterà anche me.”
“Grazie.” Dissi cortese, stringendo fra le mani la
porcellana che andava via a via scaldandosi.
Lui si concesse il tempo di tre sorsi, prima di domandare.
“Da quanto tempo cerchi di diventare un Animagus?”
“Meno di un anno, professore.” Gli risposi, prendendo una
zolletta di zucchero per aggiungerla alla bevanda amarognola. Sapeva di
liquerizia, quando fu opportunamente corretta.
“Quest’idea da dove viene?” chiese ancora, senza particolare
inflessione nella voce. Sembrava semplicemente curioso.
“L’anno scorso, durante una lezione della McGrannit, ho avuto i riflessi molto pronti.” Gli confidai,
decisa a dire la verità “Jenna sosteneva che, secondo lei, avevo delle
potenzialità nascoste.”
“Affascinante. La signorina Bell però non ha saputo fornirle
altri dettagli, immagino.”
“No, professore.”
“L’ho fatto io…” mormorò
distrattamente, aprendo il libro e sfogliandone le pagine con poca attenzione,
fermandosi qua e la a guardare immagini. Sembrava conoscerlo molto bene, quel
manuale “Dahlia, non c’è niente di male in quello che
stai facendo. Eccetto trasgredire le regole sul coprifuoco, ovviamente.” Mi
disse, sorprendendomi “Mi sta bene, se vuoi diventare un Animagus.
Lo trovo un modo bellissimo di esprimere potere magico e sa essere anche utile.
Ma non posso permetterti di scorrazzare per la scuola la notte, viste anche le
recenti complicazioni che la presenza di Black ha
portato.”
“Ma professore, non posso studiare queste cose davanti agli
altri.” Provai a giustificarmi “Ho bisogno di silenzio e precisione. Nel
dormitorio non posso assolutamente esercitarmi.”
“Lo capisco. Ma ho promesso a Peter di tenerti al sicuro.”
Quando citò mio padre, io non riuscii a trattenere un sospiro “Se tu vai in giro la notte, io non posso far
molto.”
“Papà non sa nulla della mia… nuova
fissazione” ammisi e annuì lentamente, chiudendo il libro per recuperare la
tazza e prendere un nuovo sorso “E poi SiriusBlack cosa mai può fare contro un animale? Potrei diventare
una pantera! Oppure qualcosa di molto piccolo, che non può essere visto nei
corridoi bui.” Le ipotesi erano così tante che avevo l’imbarazzo della scelta,
se volevo giustificarmi “Non lascio la scuola, professore, e non faccio nulla
di male. Tutto questo è a fine accademico, dopotutto.”
“Una pantera si può uccidere, se si ha una bacchetta in mano”
mi freddò il professore, con tono di chi non ammette replica “Avere gli artigli
e le zanne potrebbe non salvarti affatto e l’animale più piccolo può comunque
cacciarsi in brutte situazioni.” Fece una pausa, unendo le mani sotto al mento
“Capisco, capisco davvero e non sai quanto. Però, se ti troverò di nuovo in
giro la notte, dovrò fare rapporto al professor Piton
affinché ti assegni una punizione. Non posso coprirti, lo capisci, vero? Le
regole valgono per tutti allo stesso modo.”
“Ha ragione. Mi scusi .” presi a sorseggiare la tisana,
sentendomi anche vagamente in colpa per aver provato a convincere un professore
a coprirmi le spalle.
“Sai, Dahlia” il suo tono
addolcito mi portò a rialzare gli occhi nei suoi, che però ora guardavano il
libro con espressione assorta “Quando avevo la tua età, anche a me piaceva
gironzolare la notte per il castello.” mi raccontò. “Io e i miei amici ne
abbiamo fatte di tutti i colori, cercando di non essere scoperti. W anche se
l’atto in sé nonpuò venire
giustificato, non c’era nessun assassino a piede libero, allora.”
“Davvero?” non capii perché me lo stava confidando. Lupin
sembrava un uomo molto introverso, che si faceva gli affari suoi, così azzardai
un ipotesi “Anche lei è un Animagus?”
Immerse il viso nella tazza per prendere l’ultimo sorso, prima di sorridermi appena “No, non lo sono.
Ma avevo altri… Ehm, modi per farmi gli affaraccimiei… Erano tempi
diversi, anche se non si dovrebbe infrangere le regole a prescindere. Ora, come
hai potuto vedere, non ho più bisogno di sgattaiolare in giro.”
Visto che aveva tirato fuori lui quell’argomento, mi sentii
quasi in dovere di fare un commento. Seppur rispettosamente, sorrisi,
appoggiando la tazza per dissimulare le mie parole e nasconderle dietro quel
movimento “La professoressa Herschel è molto carina.”
Buttai lì, spingendo la tazza verso l’uomo e guardandolo.
Lui ridacchiò, visibilmente in imbarazzo “Molto, è vero. È
anche molto gentile. Ha conoscenze di Astronomia che vanno ben oltre quel che
mi aspettavo ed è stata così gentile da tenere per me una lezione sui cicli
lunari.” Fece una pausa, passandosi una mano sui baffi, prima di sospirare
“Domani è sabato, dopotutto. Possiamo rimanere a dormire tutti fino a tardi.”
“Come ha ragione, professor Lupin.” Annuii, mentre un primo sbadiglio mi sorprendeva “Penso
che stia facendo effetto.”
“Confermo, sta
facendo effetto anche a me. Forza, vai a riposare.” mi esortò nuovamente,
restituendomi il libro di Calcius prima di alzarsi
per aprirmi la porta “Ah, solo una cosa.” Lo vidi tentennare, come indeciso se
dire o meno qualcosa. Alla fine, una decisione dentro di lui prese il
sopravvento, perché parlò di nuovo “Non andare in giro per la Foresta Proibita,
specialmente nelle notti di luna è piena, quando sarai in grado di trasformarti.
In tesi?”
Io lo guardai annuendo e poi lasciai il suo studio,
perplessa, dopo avergli augurato la buonanotte. Una volta arrivata alla sala
comune, mi sedetti sul divanetto, tenendo il libro sulle ginocchia. Qualcosa,
nella mia testa, scricchiolava. Una reminescenza della lezione con Piton di qualche mese fa.
Animagus.
Lezioni sui cicli lunari. Notti di luna piena.
Alzai di colpo il capo, boccheggiando un istante. E se il
professor Lupin….
No, sicuramente mi sbagliavo.
Dopotutto, quale pazzo avrebbe permesso a un lupo mannaro di
insegnare? Mi diedi della stupida, per averci anche solo pensato. Il professor
Lupin era un ex Auror, ne aveva viste tante nella
vita, ed era malato. Per quello mancava spesso.
Anche se….
No, non poteva essere.
Mi alzai andando a letto, decidendo di non chiedermi altro.
Perché era assurdo quel pensiero che mi era balenato nel cervello.
Lupin poteva stare tranquillo, perché ci misi ancora diversi
mesi a prenderci la mano.
Non ottenni risultati tangibili, fino a fine aprile.
Fu un una primaverile nottata, a metà settimana, che
qualcosa cambiò. Me lo sentivo che ci sarei riuscita, non so perché, ma avevo
la percezione che ogni mio senso fosse pronto per accettare la mia controparte
animale, finalmente.
Quando successe, fu strano.
Sapevo che sarebbe successo, certo, ma non come sarebbe successo.
Fu come fare una doccia gelata.
Una serie di brividi partì dalla nuca, scendendo lungo la
schiena e fermandosi nel mio ventre, insieme a una sensazione di calore.
Il mondo, attorno a me si fece improvvisamente più grande,
profumato e distinto. Più il mio mondo si ampliava, più mi sentivo in simbiosi
con l’ambiente che mi circondava. Quando quella sensazione di profondo
scombussolamento terminò, mi rimasero solo il raziocinio, di umano.
Ogni altro senso si era acutizzato oltre ogni dire, soprattutto
l’olfatto, l’udito e la vista. Cercai di abbassare il muso, visto che la vista
laterale era un po’ meno buona e non vidi altro che due zampe nere. Distinguendo
i colori del libro di Clasius, dedussi che dovevo
essere un gatto.
Non era male, i gatti sono veloci e sfuggenti e dentro al
castello se ne potevano trovare moltissimi. Non avrei destato troppi sospetti.
Decisi di inaugurare per la prima volta la venuta mutazione
con un giro per il castello.
La porta della stanza in cui mi trasformavo non si chiudeva
mai troppo bene, per colpa di una singolarità del pavimento, così non fu troppo
difficile aprirla col muso.
Ero veloce, molto, molto veloce. Riuscivo a sfrecciare per
le scale senza scivolare, scenderle e salire. Non era la sola bella notizia.
Seppur non perfettamente, vedevo al buio. Abbastanza da non
dover ricorrere alle luci e grazie agli odori nell’aria, amplificati nel mio
naso, riuscivo a capire sempre dove mi trovavo, nonostante mi spostassi molto
rapidamente e senza una logica.
Arrivai fino al bagno di Mirtilla
Malcontenta, ma non vi entrai visto che era allagato. Non che fosse una novità,
una volta al mese il fantasma tormentato della ragazza trovava un pretesto per
far scoppiare qualche tubatura. L’acqua che correva per il corridoio
incontrava, in un punto posto sotto una delle finestre, la luce argentea della
luna.
Lì mi avvicinai, sentendo il bisogno di bere un po’. Un piccolo
verso uscì fuori dalle mie fauci quando, specchiandomi nel riflesso dell’acqua,
mi resi conto di cosa veramente fossi.
Ci misi qualche secondo a registrarlo, però. Il muso
allungato, le orecchie diritte, il corpo snello e la coda folta. Ero una volpe.
Ma non una volpe ordinaria. Non avevo un singolo ciuffo
rosso sulla pelliccia. Invece, al suo posto, si trovava un manto a sprazzi
grigio e nero, come quello delle volpi del nord. Un paio di occhi scuri
spiavano l’immagine, espressivi e grandi notando che, qua e là, il pelo grigio
assumeva una sfumatura leggermente più vivace, bionda come i miei capelli.
Di tutti gli animali, ero una volpe.
Non ci avevo mai pensato, avevo sempre ipotizzato un animale
più domestico, come il gatto o magari una topolino. Invece, la mia indole si
rispecchiava nella natura della volpe e non me ne lamentai.
Ero veloce e invisibile.
Ero un’ombra.
Nda2: Eccoilrisultato finale!
Chi avevapensato a unavolpe? Non è un animale molto usuale, sopratuttodiquestacategoria.
Dahlia, infatti, è unavolpeargentata, un animaledavverobellissimo.
Per la precisione, eccovi
due foto per farvicapireprecisamente come la immagino: foto
uno foto
due
Animali meravigliosi, le volpi. Tra i miei preferiti.
Ad essi è anche richiamato il titolo del capitolo, una citazione di Niels H. Abel, che completa sarebbe “Heislike the fox, whoeffaceshistracks in the sandwithhistail.’’ Detto questo vi lascio con una piccolissima richiesta: odio chi chiede le
recensioni, lo trovo poco bello e poco elegante, ma sono ormai otto capitolo
dalla pubblicazione della storia e non sto trovando molto riscontro il quel
senso.
Non smetterò di scrivere né di impegnarmi, ma mi farebbe davvero molto, molto
piacere poter leggere qualche parere, negativo o positivo che sia.
Mi sento un po’ sola così, ecco, visto che le letture ci sono e sono molte
(cosa per cui ringrazio davvero tanto)
Passate una buona domenica e a presto!
Capitolo 9 *** Chapter Eight: In the dark of the Night. ***
11
Nda: Grazie
a chi ha commentato e anche
solo a chi legge.
Buoncapitolo,
NN
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Eight: In the dark of
the Night.
Con una raccapricciante nitidezza, ricordo
quella che catalogherei come la terza notte più spaventosa della mia vita.
Meritava il podio, e presto anche voi capirete il motivo, ma non fu comunque
intensa abbastanza da prendere le prime due posizioni.
Come sempre, però, tendo a mettere il carro di
fronte ai buoi. Andiamo quindi per gradi.
Quel pomeriggio mi trovai a perder tempo nella
Sala Comune delle Serpi, intenta a leggere un vecchio tomo sulla fauna boschiva
trovato in biblioteca, partecipando di tanto in tanto alla conversazione che mi
vedeva coinvolta insieme a Theodore e a Jenna
riguardo la nostra cara Adrianne, che, da quando si
trovava costretta a frequentare i
ragazzi a causa della pressante presenza di Draco
attorno a me, spariva sempre più spesso senza dire cosa stava facendo. E con
lei spariva anche Blaise.
“Ironia della sorte” disse Theo mentre mi
prendeva il libro, proprio mentre stavo facendomi una cultura sugli ecosistemi
“La freddissima Adrianne si sta per fidanzare con Zabini!” concluse plateale al fine di farsi sentire con più
persone possibili, prima di buttare un occhio all’immagine di una volpe, che
svettava a piè pagina.
“Ma smettila!” lo ribeccai io, riprendendomi il
volume senza troppe cerimonie, pronta ad inventare una scusa nel momento esatto
in cui mi avesse chiesto perché stavo leggendo ‘quella roba’.
Non mi chiese nulla, a quanto pare si era arreso
esattamente come tutti gli altri alle mie stranezze.
“Appoggia quel libro, Blake. Se continui così,
diventerai come la Granger.”
Alzai gli occhi,sorridendo sghemba a Draco, che mi passò
accanto dirigendosi verso di noi, con al seguito i soliti Tyger e Goyle.
“Dove vai?” domandai, alludendo alla leggera
giacca che indossava. Lui fece spallucce, sistemandosi un binocolo sul petto
“Dai, vengo con te.” Conclusi, infilando il libro nella mia tracolla e
alzandomi in piedi.
“Ma non sai dove sto andando.” replicò
lentamente, mentre io mi infilavo la giacchetta che avevo appoggiato allo
schienale della poltrona, su cui poi mi ero seduta. Amavo la sala comune dei Serpeverde, ma era costantemente umida, in ogni stagione.
Avevamo sempre a portata di mano un indumento pesante, soprattutto chi soffriva
il freddo come me.
Alla fine della fiera, Malfoy
sbuffò e accettò il fatto che sarei andata con lui. Dopotutto, solo lui poteva
pedinarmi e occupare il posto accanto a me a lezione e a cena, senza chiedere?
Iniziava a piacermi sul serio, passavamo un quantitativo imbarazzante di ore
insieme. Doveva accettare anche che fossi io a prendere l’iniziativa, prima o
poi.
“Ma dove siamo diretti?”
Lui non fece una piega, mentre scendevamo
insieme i gradini dell’ingresso, diretti nel piazzale di fronte al portone
dell’istituto “Oggi si terrà l’esecuzione di quel maledetto pollo che si è
permesso di sfregiarmi il braccio, all’inizio dell’anno”
Mi fermai, al sentire la natura di quell’uscita
pomeridiana e anche lui smise di camminare, voltandosi per guardarmi. I miei
occhi scesero sui binocoli dorati che avevo notato anche prima e poi parlai,
prima che potesse farlo lui. “Malfoy, ti prego non
dirmi che vuoi assistere a una cosa del genere!”
Mi prese la mano, mentre Tiger e Goyle si scambiavamo uno sguardo che, costatai per nulla
sorpresa, sembrava confuso. Quando il biondo prese a tirarmi verso di sé, per
continuare a camminare mentre si giustificava per una cosa così ignobile,
cedetti e lo seguii.
“Blake, è una creatura pericolosa.” mi disse,
mentre scendevamo lungo il pendio scosceso, fino alla ristretta piana dove dei
monoliti rocciosi spiccavano verso il cielo.“Merita questa fine, poteva
ucciderci entrambi.”
“Ma non lo ha fatto. Ha solo punito un ragazzino
che l’ha insultato.” Portai le mani al viso, portando via poi una ciocca di
capelli, che tirai dietro all’orecchio “Se dovessi punire tutti coloro che ti
insultano, rimarremmo in sei a scuola. E io non sono così certa di scampare
alla selezione!”
Inutile sottolineare che fece orecchie da
mercante.
Insieme agli altri due scimmioni, Draco prese posto, iniziando poi a tubare e ridacchiare,
manco si trovassero allo stadio. Era in quei momenti che proprio non potevo
soffrirlo.Fierobecco
aveva davvero tentato di farci del male, era un dato oggettivo,e con lui ci era riuscito. Ma Hagrid lo aveva fermato. Mio padre lavorava con i draghi,
sapevo benissimo che quel tipo di cose succedeva ogni giorno, quindi era ovvio
che quello era un torto personale e non era affatto giustizia.
Non so di preciso in quale momento arrivarono,
ma dal nulla sbucarono Potter, Weasley e la Granger. Questa, diretta di gran carriera verso Draco, sembrava avere un solo obiettivo nella vita. Ora gli molla un pugno, pensai infatti,
mentre Draco li scherniva “Vi godete lo spettacolo?”
chiese con il solito tono sbruffone, ma si ritrovò presto attaccato alla roccia
con la bacchetta di Hermione puntata la viso.
“Tu! Brutto, perfido, lurido scarafaggio!”
“Hermione no!” la
richiamò il rosso, mentre Draco iniziava a
piagnucolare con gli occhi chiusi “Non ne vale la pena…”
Io e la ragazza ci scambiammo uno sguardo,
mentre abbassava la bacchetta. Io non dissi nulla perché la scena fu molto
veloce e perché sapevo che, sotto sotto, Malfoy meritava una punizione. Draco
guardò i suoi amici con un ghigno soddisfatto che si trasformò in una smorfia
di dolore appena il pugno della giovane Grifondoro
impattò il suo viso.
Sapevo che sarebbe successo, glielo si leggeva
in viso ad Hermione che stava aspettando solo un
pretesto.
Draco scappò via subito dopo, seguitoo da e Goyle- che avevano ancora una faccia abbastanza
perplessa salita “Mi sono sfogata” disse la ragazza, più che altro rivolta alla
sottoscritta.
Alzai le spalle “Non credo ne morirà!” convenni
con tono vago, prima di sorridere divertita.
“Miseriaccia! Non grande…
Magnifica” replicò sognante il rosso, mentre Hermione
abbassava gli occhi imbarazzata.
“Vado a tamponare il sangue” dissi con un
sorrisetto, passando accanto a Harry che mi fermò, guardandomi con .
“Vuoi venire con noi?” domandò, guadagnandosi
un’espressione un po’ sorpresa dai due soci “Andiamo da Hagrid,
sperando di tirarlo su di morale. Scommetto che gli farebbe piacere se ci fossi
anche tu.”
“Questa volta passo” gli risposi gentile,
passando una mano sul suo braccio con fare amichevole “Poi siamo quasi alla
fine dell’anno, non vorrei che si trasformasse in una nuova ed eccitante
avventura!”
Salutai i tre, prima di tornare verso il
castello, con le mani nelle tasche del giacchetto.
Mi pentii però di non aver accettato
quell’invito. Malfoy era una iena e fu difficile per
me riuscire a farlo sedere per verificare i danni. Sarebbe rimasto bello, se
era quello che lo preoccupava.
E, alla fine, curare l’orgoglio ferito di Draco fu molto più faticoso da sistemargli del il naso, che la signorina Granger
aveva comunque intaccato in modo piuttosto pesante.
Non riuscii a dormire quella notte, ma non era
per il povero Fierobecco. Non dormivo bene in quel
periodo e iniziavo a farci l’abitudine. Senza contare che, da quando avevo
iniziato a mutare nella mia forma animale, per prendere sempre più confidenza
con quel corpo che sì era mio, ma era al contempo nuovo, ogni scusa era buona
per correre fuori.
Pensandoci a posteriori, il Destino doveva
averci messo lo zampino.
Mi vestii e uscii dalla stanza in silenzio, non
guardandomi attorno. Scesi le scale lentamente, trovando Blaise
e Adrianne addormentati su uno dei divani, la testa
di lui appoggiata su quella di lei e le loro mani intrecciate.
Sorrisi coprendoli con una delle coperte verdi
ed argento che sostavamo su divani e poltrone, per poi uscire, mutando nella
volpe argentata appena messo piede fuori
dallaSala Comune. Anzi, la zampa.
Trovai il portone aperto, cosa strana a cui non
diedi però troppo peso e uscii fuori. Solevo correre per i campi, verso il
limitare della foresta e poi verso di essa, senza inoltrarmi troppo. Quella
sera, però, il piano mutò bruscamente. Il mio percorso si interruppe
bruscamente, quando raggiunsi il Platano Picchiatore.
Sentii delle voci e qualche grido. Prima mi
immobilizzai, fiutando l’aria e sentendo più di un odore conosciuto, e poi una
voce nuova e mai sentita che disse “Remus! Amico
mio!” con tono concitato mi attirò del tutto.
Accovacciata fra i cespugli, immobile, lo vidi.
Il professor Lupin, ero certa fosse lui, nonostante non fosse più lui.
Un lupo mannaro. Lo sapevo. Lo sapevo!
Mi si gelò il sangue nelle vene, mentre rimanevo
immobile, pietrificata dal muso alla punta della coda, ad osservare come quel
grosso mostro si stesse avvicinando a… Erano proprio
loro. Ron, Harry ed Hermione.
Perché mi sorpresi?
In uno primo momento non reagii, cosa potevo
fare infondo, poi l’arrivo del professor Piton dai
meandri del Platano mi rincuorò. Dopotutto era un professore! E nemmeno il più
sprovveduto.
….Ok, un professore che finì subito al tappeto.
A quel punto l’istinto ebbe la meglio sulla
ragione euscii dal nascondiglio e con
un paio di balzi ben calcolati mi ritrovai verso la foresta, di nuovo nel
campo. Come potevo andarmene così?? Se fossero morti?? Non me lo sarei mai
perdonata.
Controvoglia e spaventata, corso verso la zona
calda emi ritrova dietro il licantropo,
mordendolo forte nelle zampe posteriori.
Lui cadde in avanti, facendo leva sulle braccia
lunghe, ma non gli ci volle molto a realizzare cosa fosse la fonte di quel dolore.
Riuscì a colpirmi così forte da farmi rotolare per qualche metro.
Mi rialzai con una zampa dolorante, ma non avevo
intenzione di demordere. Mostrai i denti, prima di emettere un paio di versi
lunghi e molto, molto acuti in direzione del professor Lupin. Era una sfida,
che speravo non si sarebbe conclusa con la mia morte.
Sul quartetto era calato il silenzio, che però
venne presto rotto.
“Oh miseriaccia!” gridò Weasley
stringendo la spalla di Potter.
Lupin non si spaventò affatto ma, anzi, si
avvicinò ulteriormente, fino a fermarsi a poco più di un metro, fissandomi
negli occhi. Io restavo ferma, acquattata e con le orecchie girate, a fissarlo
con occhi attenti. Dovevo essere cauta…
Avevo paura di essere morsa o graffiata, perché
nonostante sapessi che gli animali non potevano essere trasformati, non sapevo
se lo stesso valeva per gli Animagus.
Fu veloce e non riuscii ad impedirgli di
afferrarmi per la gola, sollevandomi da terra senza fatica. Rispetto a lui,
dovevo sembrare una cosina minuscola.Riuscii
in qualche modo a graffiarlo nel muso,
evitando che lui facesse lo stesso, prima di morderlo forte. Mi lanciò. a terra
con violenza rompendomi un paio di costole. Le sentii spezzarsi, mentre rantolavo e
cercavo di rimettermi diritta, perché stava per attaccarmi di nuovo e lo
sapevo. Fu in quel momento, quando ormai non sapevo più cosa inventarmi, che un
grosso cane nero venne in mio aiuto. Mi alzai, continuando ad attaccare il
retro delle zampe del licantropo mentre il cane lo tirava per le braccia, ed
insieme riuscimmo ad allontanare il licantropo dagli altri.
Il cane cadde a terra gemendo e anche io ormai
non riuscivo più a rialzarmi. Mi leccai una zampa che perdeva sangue,guaendo per il dolore e poi appoggiai anche il muso a
terra, stremata.
Harry si mise in mezzo e io vedi un brutto
epilogo passarmi davanti agli occhi, ma grazie al cielo un ululato dal bosco
attirò il lupo lontano da noi.
Mi accorsi subito che era stato qualcuno e non qualcosa, ma non ero abbastanza forte per curarmele. Ero viva, non
ero stata morsa, ma non avevo più un osso sano o almeno la sensazione era
quella.
Harry mi passò accanto, ignorandomi
platealmente, e gridando “Sirius!”
Sirius? SiriusBlack?
Quel cane era l’assassino che tutti stavano cercando!?
Al diavolo, non mi interessava al momento. Mi
alzai a fatica sulle quattro zampe,zoppicando
fino ad arrivare da Piton che mi osservava
attentamente. Doveva aver intuito che ero uno studente, anche perché non era un
comportamento molto da volpe, quello che avevo tenuto.
Non mutai nella mia forma umana fino a che non
fui davanti a lui. Prontamente, il professore mi prese al volo prima che
potessi anche cadere a terra.
“Signorina Blake!” Disse completamente attonito,
con la faccia più gloriosa che mai avrei sognato di vedergli. Era allibito
“Come si sente?”
“Sono stata meglio” ammisi, guardandomi le gambe e le braccia distrutte da
graffi a causa delle numerose cadute. Per non parlare dei i vestiti insanguinati
e lacerati. La mano sinistra aveva un taglio così profondo che fu impossibile
bloccare l’afflusso di sangue così, su due piedi. Si intravedeva l’osso “Ma non
sono stata ne morsa ne graffiata, per fortuna.” spiegai mentre l’uomo si
strappava un pezzo di mantello e lo stringeva sul palmo ferito.
“Signorina Granger,
aiuti la signorina Blake mentre io accompagno il signor Weasley
fino infermeria.”
Hermione mi aiutò, passandosi il
mio braccio sulle spalle e camminando lentamente arrivammo fino da Madama Chips che mi fece stendere su di un letto. Fu il cammino
della speranza, perché ad ogni passo sentivo un nuovo dolore. Non credevo di
avere così tante parti del corpo che potessero soffrire insieme.
“Grazie”La donna subito prese a medicarmi la
mano che smise di buttare fuori tutto quel sangue solo dopo un altro paio di
minuti.
Non ero nemmeno preoccupata che il mio segreto
rimanesse al sicuro con i Grifondoro e il professore.
Ero troppo malconcia per preoccuparmene e non potevo non pensare che Potter era
ancora la fuori a fare chissà cosa.
Riportarono anche lui dopo almeno mezzora. Era
svenuto, ma non ci mise molto a riprendersi, iniziando a sbraitare che Black era innocente. Non ci stavo capendo assolutamente
nulla, ma ciò si aggiunse alla lista di cose che continuavano a non stupirmi
affatto. Era diventata bella lunga ormai.
Un'altra ancora: Potter e la Granger
iniziarono a farneticare con Silente, portandomi a pensare che forse avevo
anche un trauma cranico. Due secondi e poi sparirono davanti a me e Ron,
lasciandoci senza parole quando riapparvero poi, subito dopo, alla porta che
Silente si stava chiudendo alle spalle.
Mi appoggiai al cuscino, stanca di tutto quel
rumore per nulla “Devo aver preso una botta fortissima in testa.” Mormorai, con
la mano sana – anzi, meno ferita- sugli occhi.
Harry si sedette sul mio letto con un sorrisetto,
iniziando a raccontarmi tutto e anche di
più.
SiriusBlack era innocente ed era il suo
padrino.
Un tale Peter Minus lo
aveva incastrato.
Harry e la Granger
erano tornati indietro nel tempo salvando sia Fierobecco
che Black, che era scappato sull’ippogrifo verso una
libertà a metà, ancora braccato.
Ero stralunata, stonata da quella mole di
informazioni, ma credevo ad Harry. Alla fine, gli sorrisi stancamente “Tutto è
bene quel che finisce bene.”
Avevo preso più botte di un sacco per la boxe Babbana, ma avevo salvato delle vite. Non come l’anno
scorso, avevo davvero fatto qualcosa di concreto in quell’occasione.
Inutile dire che né io né Weasley
riuscimmo a dormire per bene, pieni di dolori.
Alle prime luci della mattina, la porta
dell’infermeria si aprì e Piton entrò, tenendo poi
aperta la porta e facendo cenno a qualcuno fuori dove ero stesa.
Draco entrò di gran carriera, bianco in volto. Appena vide come ero
conciata diede di matto “Cosa ti è successo?” mi chiese, boccheggiando mentre
osservava tutti i graffi visibili sul mio viso e le mie braccia. Non riuscii
nemmeno a schiudere le labbra per rispondere “Potter! Quando ci sei tu ci sono
sempre guai!” inveii poi contro al ragazzo che stava a sua volta per
rispondere.
Io e Harry ci scambiammo uno sguardo e poi lui
mi chiese con lo sguardo cosa ci facesse Malfoy.
Peccato che feci anche io la stessa cosa, rivolta verso di lui. Ero contenta
che fosse lì per me, va bene, ma perché?
La McGrannit ci
interruppe, venendoci incontro preoccupata e pretendendo le solite spiegazioni
che nessuno sapeva, come solito, darle.
“Draco.” Lo chiamai
per nove, una novità assoluta. In quel momento non ero in me e avevo bisogno di
sostegno. Allungai la mano tremolante e lui la prese con gentilezza fra le sue,
sempre fredde, ma rassicuranti. Si sedette sul letto, così come avevo fatto io
quando lui era rimasto ferito a lezione di Cura delle Creature Magiche, poi
esattamente come in quell’occasione, nessuno dei due parlò.
Rimase con me tutta la mattina, a vegliare
quegli sprazzi in cui dormivo, senza proferire una parola nemmeno contro i Grifondoro. Non si spostò di lì nemmeno per andare in
bagno, fino a che tutte quelle pozioni non presero a farmi effetto e iniziai a
ristabilirmi.
Ci misi diversi giorni a riprendermi. Il primo
da cui mi recai, nel momento esatto in cui le mie gambe decisero che potevano
provare a sostenere il mio peso, fu il professor Lupin.
Ero molto combattuta circa la questione, ma alla
fine il senso di colpa per averlo ripetutamente morso aveva avuto la meglio.
Lo trovai nel suo ufficio, con la testa fra le
mani ed i gomiti appoggiati alla scrivania. Bussai per annunciarmi e appena lui
mi vide si alzò, aiutandomi a sedermi su una sedia. Appoggiai a terra la
stampella con la quale mi aiutavo sorreggendomi e lo guardai mortificata,
mentre un dedalo di graffi gli percorrevano tutto il viso sfregiandolo più
delle cicatrici che già normalmente aveva.
“Mi dispiace professore” gli dissi, mortificata
come mai in vita mia “Non avrei mai voluto attaccarla, ma non sapevo come fare.
Volevo allontanarla, ma non ho mai fatto nulla di simile e-”
“Ti dispiace?” mi interruppe, incredulo “Dahlia, io ti ho quasi uccisa e tu mi vieni a porgere delle
scuse?”
Abbassagli gli occhi sulle mani, mordendomi le
labbra. Ero davvero rammaricata per l’accaduto, visto con quanto accanimento mi
ero lanciata sul professore per evitargli di uccidere Piton
e i Grifondoro.
Lupin si alzò, venendo ad inginocchiarsi davanti
a me e prendendomi le mani fra le sue. Mi sorrise, con la solita dolcezza e
bontà che aveva sempre messo in ogni suo gesto e in ogni sua lezione, “Hai
avuto un coraggio che a molti tuoi coetanei non è dato avere. Hai salvato il
professor Piton e tre tuoi compagni di corso,
mettendo a rischio la tua incolumità. Nonhai nulla di cui scusarti ma, al contrario, sono io che devo chiederti
perdono per averti messa in gravissimo pericolo Dahlia.
Ho promesso a tuo padre che ti avrei tenuta d’occhio, quest’anno. Ma sei tu
che, alla fine, hai salvato me e tutti gli altri.”
“Non ho fatto nulla” dissi spostando lo sguardo
sulle sue mani rovinate.
“No” disse alzandosi “Non hai fatto nulla… Hai fatto tutto.” si alzò e mi diede le spalle chiudendo lo
stipetto mentre io guardavo la sua roba, accatastata per tutta la stanza,
notandola per la prima volta da quando ero entrata “Sei una delle allieve più
brillanti che abbia avuto in quest’anno, scommetto che avevi già capito che ero
un licantropo.” Si fermò e mi guardò, mentre io annuivo lentamente “Lo
immaginavo, sai? E ti ringrazio per non averlo detto a nessuno. Ora, però, la
notizia è di dominio pubblico e tempo che non ci sia più posto per me, qui.”
“Ma professore, lei non se ne può andare!” no,
non poteva. Era il professore migliore che avessi mai avuto, umano e riflessivo
come nessun altro del corpo docenti. “Non importa se lei è un licantropo… è il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure
migliore che abbiamo mai avuto! Non può abbandonarci così!”
Sorrise e io notai una leggera commozione che
però fu bravo a sconfiggere. Tornando davanti alla scrivania, colpì con una
bacchetta un foglio di pergamena dall’aria usurata, appoggiato sulla superficie
davanti a me “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!”
Mi sporsi a guardare, incuriosita.
Messer
Cosaliscia, Lunastorta,
Felpato e Ramoso sono lieti di mostrarvi la Mappa del Malandrino…
Rimasi senza parole, leggendo i nomi delle
persone che si spostavano per il castello “Ma professore…
Questa è…” rimasi scioccata “Geniale”
“Appartiene ad Harry” mi spiegò indicandolo “Che
penso si stia dirigendo qui…”
Rievocai i nomi una, due volte, mentre il
professore apriva la mappa in tutta la usa dimensione “Codaliscia,
Felpato e Lunastorta…” alzai gli occhi sull’uomo, che
mi sorrise quasi furbescamente “Lei è Lunastorta, SiriusBlack, che Harry mi ha detto essere quel cane deve essere
Felpato e quell’altro impostore è Codaliscia? Il topo
di Ron intendo.”
Detta così, la storia sembrava ancora più
assurda che uscita dalle labbra di Potter. Il che era tutto dire, perché tra
cani, topi e licantropi niente sembrava aver senso.
“Molto bene, signorina Blake. Si Peter Minus era Codaliscia, un caro
amico che poi non si è rivelato tale.”
“E Ramoso?”
Il professore si chinò nella scrivania,
prendendo un paio di libri e riponendoli con cura in un baule “Era James Potter… E con lui il quartetto si chiude.”
Ero affascinata “Era veramente un piantagrane
anche lei, vero professore? Non le ho creduto, quella notte, quando mi ha
sorpreso per la scuola. Ora invece vedo che si è dato da fare.”
Lui ridacchiò “Si, come te e i tre giovani Grifondoro. Non avevo molto rispetto per le regole. Te l’ho
mostrata perché so che aiuti Harry, quindi un giorno potrebbe servirti saperla
attivare.”
Non storsi il naso, quando mi affibbiò un posto
nella Triade Miracolosa di Potter, ma non credevo fosse corretto ciò che aveva
detto. “Non è propriamente così. Diciamo che mi trovo spesso nel posto giusto
al momento giusto.”
Lui sorrise sghembo, come se non mi credesse,
poi con un movimento veloce indicò la cravatta che portavo al collo “Sono
colori che denotano un’astuzia particolarmente acuta quelli che indossi, lo
sai? Essere Serpeverde non deve avere una
connotazione negativa solo perché la sua casata sforna Maghi Oscuri da secoli.
I Serpeverde osano,e solo osando si ottengono i risultati più evidenti, sia nel bene che
nel male. Non vergognarti di aver aiutato Harry. Il tuo è un grande merito.”
Poi, guardandomi negli occhi, disse qualcosa che
mi rimase nell’anima e che, tutt’ora,è
indelebile nella mia mente. “Ricorda sempre una cosa, Dahlia.
Non sono dei colori a definire ciò che siamo, ma le scelte che facciamo. Lascia
sempre che sia la tua ultima scelta a definirti.”
Quelle parole mi colpirono come una lancia nel
cuore. Sentii un magone salirmi sulla gola, che schiarii, prima di recuperare
la stampella. “Non lo dimenticherò” gli dissi, alzandomi “Così come non
dimenticherò tutto quello che mi ha insegnato, professore.”
Lui mi allungò la mano e io la strinsi, con un
sorriso un po’ commosso “Ti auguro ogni bene. Che tu possa portare un po’ di
pace anche nella vita del signor Malfoy, Dahlia” mi stupì, con quell’affermazione “Porta i miei
saluti a tuo padre.”
“Grazie Professore, abbia cura di lei.”
Uscii dall’ufficio, salutando Harry che si
apprestava ad entrarvi.
Zoppicavo fra i corridoi come una vecchia
stroncata dai reumatismi e tutti mi guardavano, nascondendo la propria bocca
con la mano per non farmi capire cosa stessero pensando di me. Chissà che voci
e che leggende si stavano già spargendo a macchia d’oli per la scuola. Non mi
importava, avevo fatto la cosa giusta e questo mi garantiva un sorriso fiero e
radioso sul viso.
Arrivai fino all’ingresso e li intravidi Draco, uscire assieme ad un piccolo drappello di Serpi. Mi
affrettai, per quanto le miei condizioni me lo permettessero, per raggiungerli.
Appena mi vide, contrariamente all’anno precedente in cui mi aveva ghettizzata,
allungò il braccio per aiutarmi a scendere i due gradini fino allo spiazzo.
Sorrisi, nonostante lo sguardo rancoroso della Parkinson.
“Allora, eroina” mi schernìil biondo, con una sfumatura morbida nella
voce “Perché non ci racconti per filo e per segno come hai fatto a lottare con
un licantropo ed essere qui per raccontarlo?”
“Ti crescerà il pelo alla prossima luna?”
domandò graffiante Pansy, ma io mi limitai a ridere.
“Mi dispiace deluderti ma no, niente pelo. Diciamo
che la mia è stata solo una botta di fortuna.” Con la mano fasciata cercai la
mano di Draco, prendendola nella mia senza incontrare
le resistenze del ragazzo che anzi, si fece più vicino.
Piton mi aveva ringraziata a modo suo, decantando le mie doti di
combattente davanti a tutta la classe di Pozioni, mentre ancora vegetavo
nell’infermeria, trascurando però il dettaglio della mia natura nel momento
della battaglia.
Lo ringrazio tuttora per quel gesto.
“Potevi lasciare che si pappasse Potter però” mi
disse Draco e io ridacchiai.
“E tu su chi ti saresti accanito poi? Non volevo
che poi ti ritrovassi ad annoiarti!” dissi ridendo con lui e il resto delle
Serpi, prima di notare un piccolo gruppo uscire insieme a noi, parandosi pochi
metri più avanti “Oh, si parlava di Potter?” chiesi facendo, un cenno verso il
ragazzo in questione, che era arrivato di gran carriera con una Firebolt nuova fiammante in mano.
Lo guardai a bocca aperta e divertita, mentre
partiva a tutta birra verso il cielo.
Anche il terzo anno era finito e ancora una
volta pagavo il prezzo dell’aver aiutato i salvatori della scuola. Preferivo di
gran lunga il dolore fisico a ciò che mi era stato riservato l’anno precedente,
perché avere attorno a me i miei compagni di Casa intenti a fare battute
divertenti su di me, prendendomi in giro bonariamente, era esattamente ciò che
mi aspettavo da loro in quel momento.
Sarei tornata l’anno successivo, ferma nella
consapevolezza che, fino a che Potter fosse rimasto lì, nel mio stesso corso,
non avrei mai passato un solo anno ad annoiarmi.
Capitolo 10 *** Chapter Nine: As light as thoughts. ***
11
Nda:Questo è un capitol un po’ particolare.
Non voglio dire troppo, ma ho provato ad immaginare Draco in una situaziona
anomala e… Spero di non averlo mandato OC! Per qualsiasi precisazione o
commento, anche negativo, benvenga.
Aiuta a migliorare.
Grazie a chi mi ha commentato, anche se in mp, il precedente capitolo. Lo
apprezzo sempre molto.
Buona lettura!
NN
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter Nine: As light as
thoughts.
“Lucius non
temere, mi preoccuperò della salute di tuo figlio così come faccio con le mie!”
“Ne sono
certo, Peter.”
Osservavo
mio padre e il signor Malfoy parlare, mentre Draco si guardava attorno curioso
e attento, quasi come se non fosse mai entrato nel salotto di casa mia. Al
contrario, ero io che non avevo mai visto la sua, visto che avevo declinato
quasi una settimana prima, l’invito a recarmi al Malfoy Manor in
villeggiatura.Il motivo di quel
quell’invito e della presenza di Draco a Northleach era chiara: di li a tre
giorni si sarebbe tenuta la finale della Coppa del Mondo di Quiddicht e il
signor Malfoy aveva provveduto a riservare un posto nella Tribuna d’Onore anche
per la “fidanzatina’’ del giovane Draco. Da parte mia, invece, c’era la
credenza che la signora Narcissa non avesse intenzione di partecipare, e che
quindi quel posto sarebbe rimasto comunque vuoto.
Per quanto
tutta quell’ufficialità mi sembrasse un po’ fuori luogo – io e Draco non
avevamo mai parlato del fatto che forse, sotto sotto, eravamo davvero una
coppia, acerba ma pur sempre una coppia- ero parecchio eccitata all’idea di
vedere la partita da una posizione così prestigiosa.
“Devo dire,
Lucius, che è stato molto nobile da parte tua invitare mia figlia.”
“Draco ha
fatto subito il suo nome, quando gli ho proposto di invitare qualcuno. Quindi è
a lui che devi porgere i tuoi ringraziamenti.”
A quelle
parole, mi voltai verso il biondo, che però finse disinteresse, nonostante un
leggero imbarazzo. Sorrisi divertita, mentre mio padre si voltava verso di me
“Chiedi a Twiggy di portare la roba del giovane Malfoy nella stanza degli
ospiti, Lia.”
Annuii, poi
con grazia, alzai il braccio. Mossi il braccialetto che tenevo al polso, a cui
erano fissate sei campanelle argentate, e sentendo il richiamo, apparve il
nostro elfo domestico.
“Avete
cercato Twiggy, signorina Blake?” mi chiese, facendo un piccolo inchino e
sorreggendo i bordi della gonnellina di pizzi blu.
“Si, porta
la valigia nella stanza degli ospiti, per cortesia.” le dissi, indicando la
valigia di pelle che giaceva nell’ingresso.
“Twiggy lo
farà immediatamente, signorina Blake”, con un ultima riverenza la guardai
sparire assieme a ciò che le era stato affidato.
“Che strani
abiti veste la vostra serva” disse Lucius, sfilandosi i guanti di pelle nera e
guardandosi attorno con l’occhio critico mal celato. Mio padre ridacchiò,
appoggiandosi alla balaustra delle scale, mentre infilava la mano libera nella
tasca del mantello nero.
“Non è una
serva, in effetti” spiegò al vecchio amico, e non mi sfuggì che parve un po’ a
disagio nell’aggiungere l’ultima parte “Twiggy è libera, è qui per sua scelta.
L’ha liberata anni fa Maggie.”
“Molto
nobile” fu il solo commento che uscì dai denti stretti del signor Malfoy,
mentre riprendeva l’ispezione del salotto, senza però spostarsi dalla sua
posizione.
“Posso offrirti una tazza di the, Lucius? O
magari qualcosa di più forte, anche se sono solo le sei del pomeriggio” gli
propose papà, prima di rivolgersi a me “Dahlia, accompagna il giovane Draco di
sopra, magari vorrà riposarsi un istante prima di uscire.”
Il ragazzo
mi seguì appena gli feci cenno e insieme salimmo le scale. Alzò un
sopracciglio, spiandomi da dietro “Perché, andiamo da qualche parte?”
“Pensavo di
farti vedere il paese. Ho un paio di amici che mi piacerebbe salutare, qui.”
Gli risposi candidamente, lanciandogli una veloce occhiatina.
“Ci sono dei
nostri compagni di scuola qui attorno? Non lo sapevo.”
Aprii la
porta della stanza, facendomi da parte per farlo entrare per primo. La stanza
degli ospiti era grande e luminosa, bellissima. La più bella della casa. Era la
stanza dei miei genitori, ma dopo la morte della mamma, mio padre aveva deciso
di trasferirsi in una camera più piccola, al piano di sotto. Diceva di non
riuscire a dormire più dove aveva stretto fra le braccia la sola donna che
aveva amato in vita.
“Loro non
vengono ad Hogwarts.” Commentai, richiudendo la porta dietro di me e
seguendolo, mentre lui si chinava sul baule, aprendolo. Si bloccò, prima di
voltare il capo verso di me.
“Non saranno…”
“Babbani?
Esatto.”
“Sei
impazzita?!” Mi chiese, arrivandomi di fronte per guardarmi direttamente negli
occhi. Mi staccava diversi centimetri in altezza, ma alla fine sarei diventata
più alta di lui “Io non mi mischio con i Babbani!”
Gli riservai
uno sguardo di ghiaccio e subito lui perse tutta la sua nobiltà “Sono miei.
Dovrai solamente stringere loro la mano e bere una soda tutti insieme. Puoi
resistere un’ora d’orologio.”
A
quell’affermazione alzò un sopracciglio “Si può sapere come diavolo li hai
conosciuti?”
“Ho
frequentato per qualche anno una scuola Babbana” gli spiegai, sedendomi sul
letto e guardandolo mentre faceva lo stesso. Aveva una faccia che definire
allucinata era un eufemismo “Poi la mamma è morta e papà ci ha ritirate. Alcuni
amici però sono rimasti. Una di loro vive in fondo alla via.”
“Affascinante”
sussurrò a denti stretti, facendomi ridere. Non era affatto contento, ma quello
che disse dopo mi fece sorridere “Solo un ora, Blake. Dopo di che me ne tornerò
qui, anche da solo. Tanto quanto grande potrà mai essere questo buco di paese??
Troverò la strada.”
Mi sporsi
verso di lui e lo baciai dolcemente. Lui ci mise un secondo netto a ricambiare,
portando il braccio dietro ai miei fianchi. Era passato un po’ dalla fine della
scuola e, dovevo ammetterlo, mi era mancato.
Quando
sentii dei passi pesanti per le scale mi staccai, guardandolo negli occhi
“Scegli cosa metterti e rilassati.” Gli dissi, alzandomi in piedi. Lui mi prese
la mano, ma non disse niente “Ci vediamo tra poco.”
Annuì,
stringendomi un istante la mano e obbligandomi quindi a chinarmi per baciarlo
nuovamente. Solo allora mi lasciò la mano, permettendomi di uscire dalla
stanza, con il sorriso più bello che avesse coronato le mie labbra in
quattordici anni di vita.
Papà era sul
divano con Prime e Violet,quando li
raggiungemmo “Uscire ora?” chiese papà, tornando a nascondere il naso dietro
alla Gazzetta del Profeta, mentre Violet lanciava un rapido sguardo al biondino
dietro di me.
“Si papà.
Prendo le chiavi.”
“A casa
entro mezzanotte” mi disse, con il tono di chi non ammetteva repliche. “E Tieni
Draco lontano da cose pericolose…”
Risi e lo
rassicurai, prima di prendere la mano del biondo per trascinarlo fuori. Dire
che non era convinto è poco. Ci avviammo a piedi e lui intrecciò le dita alle
mie, facendo scottare così le mie guance. Non avevo mai tenuto per mano un
ragazzo, prima di allora. Non così. Per strada, nessuno guardòDraco in modo strano, nessuno si curò più di
lui. Dopotutto era vestito completamente di nero, nulla di strano anche se
forse, agli occhi Babbani, poteva sembrare un po’ troppo formale.
“Vivete
quasi in mezzo ad un paese” soppesò Malfoy dopo qualche minuto di silenzio
“Come fate ad allevare i draghi qui?”
“Il bosco
dietro casa” mi limitai a rispondere.
Lui si voltò
guardando la villa, corrugando la fronte“Non c’è nessun bosco” asserì tentennando appena. “Eppure l’ho visto,
dalla finestra della camera degli ospiti.”
“Magia” gli
sussurrai nell’orecchio, prima di riprendere a camminare. “Papà ha stregato la
casa e il bosco, così da non esserevisibilee nemmeno avvicinabile.
Tutto quello che accade lì non è percepibile dall’esterno.”
Draco aveva
smesso di ascoltarmi, però. Si guardava attorno curioso, mentre le macchine
sfrecciavano sulla strada alla nostra sinistra, attirando la sua attenzione.
“Questi Babbani sono davvero noiosi” mi disse di punto in bianco, guardando una
donna che cercava di pulire il vestitino della figlia, sporco di gelato “Senza
magia è tutto più faticoso.”
“Loro non
sanno cosa si perdono, quindi sono felici così.” gli dissi, ricordando ciò che
mi aveva detto una volta Laureen,mentre
la bambina smetteva di piangere alla vista del nuovo gelato che uno zelante
papà le porgeva “La magia sta nel cuore delle persone, secondo me. Non solo
nell’anima di una bacchetta.”
Lui mi
lanciò un’occhiatina, prima di ridacchiare sotto ai baffi.“Sei una
sentimentale, lo sai?”
Stavo per
ribattere ma qualcuno chiamò il mio nome, così fui costretta a voltarmi,
notando una ragazza di colore che sventolava le braccia per farsi notare “Ci siamo”
dissi tranquilla a Draco“Per evitare qualsiasi tipo di problema, tu cerca di
parlare il meno possibile. Risponderò io per te, ok?”
“Penso sia
la cosa più intelligente che tu abbia mai detto da quando ti conosco.” Fu la
sua sola risposta, serafica come al solito.
Lo guardai
senza entusiasmo poi, sempre tenendolo per mano, ci avvicinammo al molo sul
quale, oltre alla ragazza di colore erano sedute altre due figure. Un ragazzo
ed una ragazza.
“Ciao Lia!”
Sheila mi abbracciò di slancio, facendomi perdere il contatto con Draco “E lui
deve essere…” disse poi guardandolo con un sorriso curioso sulle labbra.
“Lei è
Sheila” dissi indicandola e lei allungò la mano, che lui strinse un po’
titubante “E loro sono Eva” continuai, mostrandogli anche la ragazza mora che
sorrideva timida “Ed Eddy” completai indicandogli il biondino, che se ne stava
meditativo in disparte “Ragazzi, lui è-”
Non avevo
pensato al nome. Era un problema. Insomma, mettendomi nei panni di un Babbano
che vedeva un ragazzo che si presentava come-
“Draco
Malfoy.”
Ecco sì, le
reazioni dei miei amici furono comprensibili.
Eddy
trattenne a stento una risatina, che stemperò fingendo di tossire, mentre le
mie due amiche si guardavano stranite “Nome… Particolare” disse poi Sheila,
tentando di rompere il gelo che si era creato “Allora, Lia ci ha parlato molto
di te. Ci ha detto che vi siete conosciuti in quel collegio dove suo padre l’ha
spedita tre anni fa. Come
si chiama?”
“Il Sant Cristopher Istitute, vicino ad
Edimburgo” risposi, per poi guardare Draco in modo eloquente. Lui si limitò ad
annuire.
“Prima
eravamo in classe insieme.” disse annoiato Eddy “Poi puff. Questa sparisce e
scappa in Scozia, dove incontra un bello ma dannato. Sembra una storia da
film.”
Dalla sua
espressione, Draco non ci stava capendo nulla. E la serata era appena iniziata.
Al locale,
come avevo immaginato, non ci furono ulteriori imbarazzi, perchè con la musica
alta non si capiva assolutamente un accidenti di quello che diceva “Ma questi
Babbani, per Circe, come possono vivere così?” chiese riferendosi al volume
sparato dalle casse.
Io risi,
prima di porgergli una lattina di soda che lui guardò non molto convinto.
Quella sì
che sarebbe stata una serata che avrei raccontato, una volta tornati a scuola.
“Ammettilo,
ti sei divertito.” dissi a Draco mentre aprivo il cancello della villa,
facendolo entrare per poi richiuderlo.
“Sono rozzi,
questi Babbani. Parlano di cose senza senso, come scene vista dentro ad una
scatola che tengono in salotto davanti al divano o partite di sport senza
senso, dove i giocatori si limitano a prendere a calci una stupida palla. Senza
contare che non hanno il senso del ritegno. Accanto a me è passata una ragazza,
prima,che non indossava nemmeno un
sorriso a coprirla..”
Trattenni
una risata “Io vivevo così, prima di venire a Hogwarts.”
“Nuda??”
“Ma no,
demente.” entrammo in casa e ci prendemmo un attimo, passato per la cucina per
beve un bicchiere d’acqua prima di coricarci “Con ragazzi della mia età, senza
magia. Sono fra queste pareti essa non mi è mai mancata. Quando finivano le
lezioni con il precettore che papà pagava per venire qui ogni giorni, andavo da
quei ragazzi e mi sentivo meno sola.”
Opheliac
saltò sul bancone della cucina e io passai una mano sul suo pelo nero e lucido.
Draco fece lo stesso, grattando la gatta sotto al mento “Ti manca questa vita?”
domandò, con tono pensieroso.
“Sicuramente?”
lui annuiie io per risposta gli sorrisi
“No,non mi manca. Hai ragione tu. I maghi sono molto meno noiosi. Però ho bei
ricordi di questo posto.”
Ci
scambiammo un breve sorriso, prima di bere. Salimmo insieme le scale, ma ci
separammo di fronte alla porta della stanza degli ospiti. Non volevo nemmeno
immaginare cosa avrebbe fatto mio padre se ci avesse trovati, a notte fonda,
nella stessa camera. Prima, però, presi la mano di Draco e appoggiai le labbra
contro alle sue. Ci avrei fatto volentieri l’abitudine, al bacio di buonanotte.
“Dahlia,
ormai sei grande e visto che a quanto pare è una cosa seria, dovrei farti un discorso
riguardo le api ed i fiori.”
“Una cosa
seria?” chiesi ironica, mentre mi sedevo su una sedia, al tavolo dellacucina. Draco dormiva ancora al piano di
sopra, nella sua stanza, ma nonostante questo, mi padre sembrava sicuro che
avevamo imbrogliato e solo perché mia sorella Primerose imbrogliava sempre
quando invitava a casa i ragazzi. “Ma poi davvero, papà? Le api e i fiori?”
“Sono tutte
bugie, nel mondo reale si resta incinta.”
Spalancai la
bocca “Papà, ma questo è davvero un discorso che vuoi affrontare alle nove del
mattino”
“Ora che ci
siamo, tanto vale levarsi questo dente dolente!” disse, gesticolando, senza
nemmeno provare a nascondere il divertimento che provava in modo evidente
“Avrei dovuto anche spiegarti che non si affrontano i lupi mannari. Non l’ho
fatto e guarda come è finita. Per fortuna non ti cresce il pelo con la luna
piena!”
Mi appoggiai
con la fronte al ripiano della cucina. Sospirai, contenta del fatto che il mio
segreto, l’essere un animagus, fosse rimasto tale nonostante tutto. “Papà, ti
prego, non ho nove anni. E il lupo mannaro non sono andata a cercarmelo io.”
“Appunto. Se
tu avessi nove anni, il problema non sussisterebbe.” Mi disse ridacchiando alla
vista della tonalità vermiglia che le mie guance avevano assunto. Ci pensò
anche Laureen a imbarazzarmi ulteriormente.
“Dovrei
prepararle un po’ di latte di papavero?” chiese seriamente e io decisi che la
conversazione andava chiusa.
“Papà, oggi voglio portare Draco a fare un
giro su Landa” dissi, interrompendo una discussione piuttosto accanita riguardo
i metodi contraccettivi magici ancora agli inizi.
Lui annuii
“Stai attenta però, lo sai che è gelosa. Non vorrei che Lucius perdesse il suo
unico erede. Non credo che mi perdonerebbe facilmente poi.”
Ridacchiai,
mentre lui mi passava un paio di Guanti Ignifughi e le chiavi della stalla
“Staremo attenti. Ora vado a svegliarlo e poi-Ah no, a quanto pare non ce ne
sarà bisogno.”
Draco entrò
in quel momento, con addosso vestiti sempre molto eleganti, ma più estivi e da
casa del completo della sera prima. Papà lo studiò con attenzione “Sei la sola
persona elegante che sosta in questa casa da tempo, giovane Draco. L’altra era
mia figlia Scilla ma ora vive con suo marito lontano da qui.”
Malfoy parve
molto compiaciuto “La ringrazio, signor Blake, è molto gentile”
“Lei sarà
meno gentile.” aggiunse mio padre ridacchiando, prima di indicarmi divertito
“Non so se ti piaceranno i programmi che ha in mente per oggi.”
“Zitto!”
ordinai, dando un piccolo schiaffo sul suo braccio “Voglio che sia una
sorpresa!”
“Ok, ma sarò
meglio che vi sbrighiate. Oggi pomeriggio farà troppo caldo per lei.” mi disse,
e io capii al volo di chi si riferiva.
La colazione
fu veloce e io esortai Draco a mangiare il fretta, guadagnandomi qualche
occhiataccia e più di uno sbuffo. Una volta finito, il biondo mi seguì mentre
mi addentravo per il sentiero lungo il bosco, iniziando a tempestarmi di
domande sul luogo in cui ci stavamo recando. Appena vide l’enorme stabile
davanti al quale mi bloccai, estraendo dalla tasca dei pantaloncini una chiave,
rimase di sasso “Lia, ma questa non è una gigantesca stalla,vero?”
“Invece si.”
risposi spalancando il grande portone e permettendo così alla luce del sole
mattutino di illuminare l’interno “Benvenuto nell’azienda di famiglia.” Draco
fece qualche passo in avanti, mentre molti ruggiti si levavano nell’ombra.
Pensavo si
sarebbe spaventato, invece mi stupì, “Sono magnifici.”
“Lo so, ma
stai attento ora, stammi vicino e non allungare alcun arto. Non vorrei che ti
ritrovassi senza un braccio o la testa” Camminai lungo i boxe, indicandogli i
draghi “Questo è un bellissimo Petardo Cinese.” dissi accarezzando il muso di
un drago snello e verde che scrutò Draco con gli occhi rossi.
“Perché
hanno la bocca sigillata?”
“Non
vogliamo finire né divorati né abbrustoliti. Hanno un caratterino niente male,
queste creature.” mi limitai a dire, grattando il muso del drago attorno alla
pesante imbragatura di cuoio e metallo che gli bloccava le fauci “Quello è
particolarmente bello vero? È un Mangiafuoco della Romania, mentre invece
quello accanto è un Sacro Giapponese. Laggiù in fondo c’è un Ungaro Spinato,
non ti avvicinare, è particolarmente irascibile.”
“Questo è un
Dorso Rugoso di Norvegia?”
“Esatto e
quello è un Birmano dalla Coda Biforcuta”
Li osservò
tutti con attenzione e stupore misto ad una certa adulazione per quelle bestie
imponenti e leggendarie “E questo?? Ha due teste??”
“Sì.” mi
limitai a ridacchiare “Un Bicapo Argentino. Ma noi siamo qui per qualcuno di
speciale.” Lo condussi in fondo alla stalla, dove se ne stava un boxe più
piccolo, imbellito con stelline e altri disegnini infantili “Landa.” chiamai
con tono dolce e un bellissimo drago bianco dalle scaglie azzurrine sul capo e
il dorso si affacciò leccandomi la guancia con la lingua biforcuta “Non è
magnifico? È un Cristallo Siberiano.”
Draco
sbiancò “Perché questo non ha la museruola?”
“Perché
Landa è diversa da tutti gli altri.” gli spiegai accarezzando il muso del drago
“Lei è con noi da quasi otto anni e ti posso assicurare che dolcissima. Pensa
che era poco più grande di un cane quando papà la portò a casa, di ritorno da
un viaggio in Russia.”
Lei guardò
Draco, prima di spalancare la bocca e soffiargli addosso un alito gelido “Cosa
vuole da me?!”
“Non ti
preoccupare, è solo che sei uno straniero per lei quindi dovrà adattarsi un
po’. Non agitarti, i draghi sentono la paura sulla punta della lingua.” Spiegai
come avrei fatto con un bambino,afferrando un guinzaglio di cuoio mentre aprivo il boxe. Misi il
moschettone saldo all’anella del collare che indossava sul petto e la portai
fuori dalla stalla mentre Draco ancora non poteva crederci “Andiamo a fare un
giro.” gli spiegai, mentre lui sgranava gli occhi osservando quel colosso che
apriva le ali stiracchiandole.
Le sbatté
per sgranchirle, scatenando un vento abbastanza forte che mi fece ridacchiare
“Ora fai un attimo la brava.” le dissi mentre lei chinava il muso su di me in
cerca di carezze e passai la corda a Draco “Prendo la sella per due persone, tu
reggila un attimo.”
“No
aspetta.” provò a dirmi, ma appena si trovò davanti il muso del drago si zittì.
Li guardai mentre Landa lo scrutava attentamente con i grandi occhi viola e
poi, di punto in bianco, aprì la bocca andando a leccare anche il viso del
ragazzo.
“Hai fatto
colpo.” Dissi, mentre con una fatica non da poco portavo la grande sella fuori
“Giù!”urlai e lei si acquattò. Misi un panno sul suo dorso, incastrato fra le
scaglie, e poi appoggiai la sella “Ora su!” Eseguì anche questo comando
alzandosi e così io potei fissarla agganciando tutte le fibbie “Ecco fatto, ora
possiamo andare.”
“No
aspetta.” disse tentennante il ragazzo, dimostrandosi il solito cuor di leone,
mentre Landa muoveva la lunghissima coda serpentina, come se scodinzolasse
felice all’idea di volare “Io non credo sia il caso.”
“E perché?”
“I Babbani
potrebbero vederci.”
“Impossibile”
gli dissi accarezzando il collo del drago “Il colore di Landa diventa
indistinguibile nel cielo. Nella terra in cui dimorano sono costretti a lottare
contro feroci draghi Corazzati Neri e questo è il solo stratagemma che hanno
per salvarsi, visto che sono molto meno forti e meno potenti.”
“E come
mai?”
“Lei è un
drago di ghiaccio.” Dissi, continuando ad accarezzarla “Non sputa fuoco e una
fiammata da un drago Corazzato la potrebbe uccidere.”
Papà arrivò
da noi indossando la tenuta ignifuga, seguito da un ragazzo con i capelli rossi
e l’aria divertita. “Ciao Landa.” disse al drago che subito prese a fare le
feste anche a lui “State per partire? Questa non me la perdo!”
“Papà dai.”
Lo guardai divertita, ma cercando di ammonirlo, mentre alzavo la mano per
salutare Charlie che proseguì verso la stalla. Sapevo cosa stava per dire.
“Perché
mai?” chiese Draco allarmato e il mio vecchio ridacchiò.
“Diciamo che
Landa è un po’ esuberante.”
“Sto a
terra.”Draco mi diede la corda e io
alzando gli occhi al cielo, scambiai uno sguardo con il drago che sembrò capire
alla perfezione visto che con la coda avvolse Draco portandoselo sul dorso “No!
Aiuto!”
Papà entrò
nella stalla prendendo una vecchia macchina fotografica, mentre io slegavo
Landa imbrigliandola “Vi faccio una foto?”
“Sì, ti
prego.” Risposi io, mentre il drago si abbassava permettendomi di infilare un
piede nella staffa. Draco mi aiutò a sedermi davanti a lui, stringendosi poi
addosso a me come se avesse già paura di cadere.
“Sorridete!
Che bella foto.” disse appena questa venne sputata fuori dalla macchina “Dopo
ricordati di prenderla. Ora andate e tornate per pranzo. Laureen ha preparato
qualcosa di buonissimo a giudicare dall’odorino.”
“Ok papà! A
dopo.” tirai le briglie e Landa si alzò sulle zampe posteriori “Ok Landa vai… E
ricordati come mi piace volare.” Le dissi e lei parve capirmi per davvero.
Partì con
una piccola corsetta, mentre dietro di me sentivo Draco irrigidirsi e stringesi
di più. Spiccammo il volo lasciando il piazzale poco prima del limitare degli
alberi. Ero convinta che papà stesse ridendo dell’urlo lanciato dal biondo alle
mie spalle. Io stavo ridendo.
Landa si
esibì in un paio di capovolte e di torsioni ad alta velocità prima che le
imponessi un volo più tranquillo “Tutto ok?” chiesi a Draco, voltandomi appena
verso di lui e trovandolo più tranquillo del previsto, ma con un sorriso sulle
labbra.
“A parte l’inizio
è davvero-Mio Dio è magnifico.”
Gli sorrisi
di rimando e lui mi baciò di slancio.
Non doveva
farlo.
Landa si
tuffò un picchiata, fuori controllo iniziando ad agitarsi e ci misi un po’ a
calmarla “Dimenticavo di dirti che è lievemente gelosa.”
“Me ne sono
accorto.” risposestizzito Draco,
abbassandosi i capelli che erano partiti in tutte le direzioni.
“Sai a cosa stavo pensando?” gli chiesi, ad un
certo punto, richiamando la sua attenzione “A tutte le volte che ho immaginato
di fuggire, andarmene via per sempre, non tornare alla stalla e vedere fin dove
posso spingermi volando.”
Lui rimase
in silenzio, prima di sporgersi verso di me, stupendomi “Un giorno lo faremo.”
“Ci conto”
fu la sola cosa che riuscii a rispondere, prima di tornare a voltarmi in
avanti, sentendo le braccia del biondo farsi più molli attorno ai miei fianchi,
come se si fosse tranquillizzato.
Chissà come
sarebbe stata la vita se davvero l’avessimo fatto. Se fossimo semplicemente
scappati.
Capitolo 11 *** Chapter Ten: Fear wears Black. ***
11
Nda:Arieccomi
con ilnuovocapitolo!
Grazie alle due ragazzechehannocommentato
lo scorsocapitolo! Sonocontentaditrovare un riscontro, finalmente^^
A voidedicoquestonuovo, buonalettura,
NN
Tell me, whoyoukill,
tosaveyourlife?
Chapter Ten: Fear wears Black.
La coppa del mondo di Quidditch è
un evento che attirava streghe e maghi da ogni parte del globo, da secoli.
Avevo sempre desiderato prendervi parte, ma mio padre non
era mai stato particolarmente tifoso, al contrario di mia sorella Primerose, che giocava anche nel Serpeverde.
Io non ero mai stata una sportiva particolarmente accanita, ma mi piaceva
seguire dagli spalti i volteggi e le azioni.
Per questo mi sentivo su di giri al pensiero di assistere
alla finale, che quell’anno si teneva fra le squadre di Irlanda e Bulgaria.
“Non sarei nemmeno mai riuscita a immaginarle così tante
persone tutte insieme!” dissi, non riuscendo a non sorridere come una scema,
mentre camminavo accanto a mio padre e a mia sorella Iris. Draco
era poco lontano da me, preso da una pesante discussione sportiva con mio
cugino Leonard.
“Dove dovete incontravi con Lucius?”
chiese papà, rivolto al biondino, il quale prese dalla tasca un foglietto stropicciato.
“Alla tenda. Ho tutto segnato qui, signor Blake” disse con
la solita educazione verso mio padre, prima di prendermi un braccio“Andiamo?”
Annuii e dopo aver salutato tutti quanti ed essermi sorbita
le raccomandazioni di mio padre, seguii Draco lungo
le file di tende. La sola nube, all’orizzonte in quella bella giornata, era il
pensiero che avrei passato così tanto tempo con il signor Malfou.“Mio padre non ha mai mangiato nessuno, suppongo.
Sicuramente non una ragazza.” disse Draco, porgendomi
il braccio che accettai non appena sistemato lo zainetto verde che portavo
sulla schiena“Tu gli piaci molto.”
A quelle parole pensai ovviamente che doveva essere per la
mia famiglia, per il sangue puro e tutte queste altre bazzecole. Non lo dissi a
Draco, limitandomi a sorridere ironica “Ora si che mi
sento meglio”. Draco sbuffò, mentre affrettava il
passo mugugnando solo un ‘donne’ a
fior di labbra. Un paio di voci praticamente identiche ci fece rallentare di
molto il passo.
“Ma guarda chi c’è! Una coppia di biondi!”
“Biondi, Fred? A me sembrano una coppia di bianchi! Sbaglio
o a stare con un uno sbiadito, sta sbiadendo anche la nostra Lia?”
“Non sbagli George, temo che tu abbia ragione!”
Sorrisi ai due gemelli, che ci stavano venendo incontro,
uscendo del tutto dalla loro tenda, mentre Draco
storceva il naso “Ciao ragazzi!” li trovavo esilaranti ed ero certa di non
essere la sola. “Qui anche voi?”
“Si!” rispose prontamente Fred mentre anche Harry Potter in
persona ci raggiungeva, sorridendomi “Giornata divina per il Quidditch, non trovi Malfoy?”
“Per me senz’altro, Weasley”
rispose Draco, buttando uno sguardo sia a lui che a
suo fratello gemello. Fortuna non si vedeva Ron all’orizzonte, o sarebbe scoppiato
l’ennesimo bisticcio “Ma per voi non deve essere così semplice. Cosa avete
venduto per comprarvi i biglietti? La casa? O magari uno di voi, tanto vi
riproducete rapidamente.”
“Dai Draco.” Sussurrai, portandomi
una mano agli occhi. Mi vergognai per un istante di essere lì con lui. Mi
staccai anche da lui, sfilando il braccio dal suo e facendo un passo verso
Potter, che intanto si era affiancato ai gemelli, per niente offesi, anzi. Come
se la ridevano!
“Ciao Lia, è sempre un piacere vederti.” disse Harry con un
sorrisetto, prima di perderlo guardando Draco “Vorrei
poter dire lo stesso per te, Malfoy.”
“Anche per me è un piacere. Ora sarà meglio andare, ci rivedremo
sicuramente dopo.” Tentai di metterci una pezza, ma il biondo aveva sentito
forte e chiaro. Si iniziava un nuovo round dell’eterno incontro fra quei due.
“Oh, ma c’è anche lo sfregiato!” Draco
finse di averlo visto solo in quel momento e, ridacchiando sommessamente, disse
“Ma come? Ai vermi è permesso assistere alle partite di Quidditch?”
“A quanto pare si, Malfoy, o tu non
saresti qui in questo momento.” Rilanciò immediatamente Harry, facendo anche un
passo nella nostra direzione.
“Adesso basta!” disse Hermione,
che era uscita dalla tenda in tempo permettendosi in mezzo “Sembrate due bambini!”
“Precisamente” la appoggiai, prendendo la mano di Draco e ritandolo “Andiamo si o
no?!”
“Andiamo, ma non finisce qui, Potter.” Ovviamente. Salutai
con la mano i ragazzi, poi mi rivolsi di nuovo al ragazzo in mia compagnia, che
però mi impedì di dire qualsiasi cosa “Non mi fare la predica, Lia, potrei
risponderti male.”
“Perché solitamente mi rispondi così bene, vero Malfoy?” gli risposi sarcastica, chiudendomi poi nel
mutismo. La giornata proseguiva proprio bene. Ed era solo l’inizio.
Quel pomeriggio lo passai con il signor Malfoy,
a fingere di ascoltarlo mentre parlava della sua nobile famiglia, della sua
bella casa, del suo lavoro al Ministero e accennava qualcosa su una potenziale
discendenza, che fece arrossire sia me che Draco
nonostante non fossero stati fatti apertamente i nostri nomi.
Di maggiore interesse fu la partita.
Arrivammo lì sotto lo sguardo della maggior parte dei maghi
li presenti. I Malfoy erano una casata antica e
piuttosto temuta,rispettata dal mondo
Magico. Il fatto che io sfilassi avvolta da un meraviglioso vestito nero, alquanto
elegante per l’occasione (era stata una richiesta specifica di Draco, che mi abbigliassi come si conveniva), a braccetto
con il rampollo Malfoy destò un certo
chiacchiericcio. Giungemmo allo stadio, quindi, osservati e quando fummo li incontrammo
di nuovo Harry e gli altri,con tanto di
Weasley senior al seguito.
“Accidenti papà! Ma a che altezza siamo?” fu il commento che
sentii uscire dalle labbra di Ron e che mi rivelò la loro presenza,
un’impalcatura sopra alla nostra testa.
Ci pensò Lucius a smorzargli l’entusiasmo
“Mettiamola così, se piovesse, saresti il primo a saperlo.”
Draco
sghignazzò divertito, prima di prendere a vantarsi. Una scena vista e rivista.
“Noi tre saremo nella Tribuna personale del ministro, su invito di CorneliusCaramell stesso!”
Scambiai uno sguardo con Hermione, che aveva più o
meno la mi stessa espressione.
“Non vantarti, Draco!” gli disse
il padre colpendolo, con il bastone al centro del petto “Con questa gente non
ce n’è bisogno”Harry fece per allontanarsi, ma Malfoy
senior glielo impedì, “Divertiti mi raccomando. Finché puoi..”
Io guardai la scena senza parole, riservando a Malfoy uno sguardo impietoso, prima di venir sospinta dal biondino gli
spalti e quindi verso i nostri posti. Mi costa ammetterlo, ma dalla Tribuna
D’onore si vedeva davvero magnificamente.
“Certo che Victor Krum è davvero
un bel ragazzo.” Disse sottovoce la ragazza che sedeva alla mia destra e io
annuì vistosamente.
“Secondo me è solo un capoccione” farneticò Draco, mostrando un po’ di gelosia. Decisa a dimenticare la
scena a cui avevo assistito poco prima, gli presi la mano e la strinsi.
“Ho una predilezione per i capoccioni.” Lo presi in giro
bonariamente, riuscendo a strappargli un sorrisetto.
“Per questa volta te la cavi, Blake.”
La partita fu davvero emozionante. Vinsero gli Irlandesi, ma
il boccino lo prese ugualmente Krum.Dopo il fischio conclusivo, il cercatore bulgaro
planò sulla tribuna d’onore con il boccino stretto fra le mani e io mi aspettai
che lo regalasse al Ministro della Magia, ma non fu così.
Mi porse la mano e io rimasi interdetta poi la afferrai
timidamente e lui mi fece alzare,
schioccandomi un paio di baci sulle guance e lasciandomi poi in mano il Boccino
luccicante, ripartendo sulla scopa a tutta velocità.
“Come si è permesso, quello?” sbottò Draco,
alzandosi a sua volta, mentre Caramell ridacchiava.
Il Ministro parlò guardandomi negli occhi, mentre il biondo ancora inveiva.
“Oh, stavolta è stata questa giovane la fortunata a ricevere
il boccino di Krum!”
Mi ripresi e guardai l’autentica fortuna che stringevo fra
le mani. Se avessi venduto quel Boccino ci avrei fatto parecchi galeoni, ma per
il momento ero decisa a tenermelo, come ricordo.Lo infilai in borsa, in una piccola bustina
dove riponevo sempre i trucchi, per evitare che mi sfuggisse.
L’uscita dallo stadio la passai cercando di diventare una
maratoneta, per seguire il mio accompagnatore “Non te la vorrai prendere con me
vero?” chiesi a Draco, mentre faticavo a stargli
dietro.
Lui si voltò, prendendomi la mano con una faccia da bambino
capriccioso che ricordo molto bene “Certo che no,ma se mai ne avrò le possibilità, spezzerò
personalmente la scopa di quel capoccione sulla sua schiena.”
Arrivammo la tenda dopo qualche minuto e il Signor Malfoy la tenne aperta per farci entrare. Poi si rivolse al
figlio “Ho degli affari da sbrigare. Draco, sai cosa
devi fare.”
“Rimanere nella tenda.” rispose secco il giovane. Guardai il
signor Malfoy lasciar ricadere i lembi dell’ingresso
della faraonica tenda in cui dormivano, prima di rivolgermi al ragazzo,
confusa.
“Cosa intendeva tuo padre, scusa?”
Draco
mi guardò incerto, come se non fosse sicuro di volere o no dirmi qualcosa e
alla fine optò per un’alzata di spalle “Ci sono molte persone ubriache in giro,
non vorrà che ci facciamo male. Sei sotto la sua tutela dopotutto…”
Ovviamente non credetti a quella
scusa “Sì, ma io voglio uscire a festeggiare.” Lo guardai con un sorriso
divertito, prendendogli la mano e tirandolo verso l’uscita. “Stiamo fuori poco
e torniamo, non se ne accorgerà!”
“Lia, mio padre ha detto che-”
“Ho visto Nott, prima.” mi
impuntai, lasciandogli la mano e andando verso la zona dove dormivo. Lasciai
che la tende mi nascondesse e mi sfilai il vestito, infilando una gonna a balze
ed una maglietta con sopra un maglioncino leggero, così da stare più comoda
“Voglio salutarlo!”
“Non se ne parla! Tra poco torneremo a scuola, lo saluterai
allora.”
“Dammi una motivazione concreta e
allora starò qui con te.” Rilancia, tornando da lui e guardandolo con le
braccia incrociate sotto al seno. Lui
sembrò pensarci su, ma non mi diede una risposta così io afferrai la borsa “Se
non vuoi disubbidire a tuo padre, puoi sempre rimanere qui. Starò fuori poco.”
Feci appena in tempo ad uscire dalla
tenda, mettendo fuori entrambi i piedi,prima di trovarmelo alle spalle “Non posso lasciarti sola” mi disse con
un tono strano, più cupo, come se si aspettasse chissà cosa.
“Hai davvero così paura che un
ubriaco possa farmi del male?” gli chiesi, alzando un sopracciglio.
Lui scosse il capo “No. Non è
questo.”
Io lo guardai senza capire e lui mi prese
la mano, intrecciando le nostre dita “La tenda di Nott
è laggiù.” gli dissi, indicando davanti a me “L’ho visto entrarvi prima.”
Qualcosa non andava, non mi piaceva
la piega preoccupata che gli occhi di Draco avevano
presto “Però stammi vicino, ok?”
Lo strinsi a me, portandogli le
braccia attorno alla vita ed appoggiando il mento al suo petto, per poterlo
guardare negli occhi “Va bene così, signor Malfoy?”
Lui annuì con un leggero sorriso,
baciandomi piano le labbra. Riprendemmo a camminare verso la tenda diNott che, però,
sembrava deserta “Chissà come mai ora non c’è nessuno” dissi confusa e
allontanandomi di un paio di metri da Draco, per
guardarmi attorno “Dici che è in giro a festeggiare?”
“Non lo so dove potrebbe-” Non
sentii la fine della frase, perché un boato coprì ogni altro suono e una luce
potentissima mi abbagliò per qualche istante. Dal luogo dell’esplosione si
sollevò un colpo d’aria potentissimo che mi spettinò i capelli e mi fece volare
addosso qualche detrito. Si levò un vento fortissimo, anche se solo per qualche
istanto, ma che mi impedì di orientarmi
definitivamente.
Nonpotevo più vedere dove fosse finito Draco. La
folla, arrivata da chissà dove, mi
investì, spingendomi ancora più lontana da lui. Nel mentre, provavo a chiamarlo
con tutto il fiato che avevo in gola.
Non sapevo cosa fare, ma sapevo che
così mi sarei solo allontanata di più. Dovevo fermarmi in un punto e lasciare
che la folla diminuisse, così da cercarlo. Riuscii ad entrare in una tenda per
pura fortuna e lì mi fermai, in attesa. Non sapevo cosa stava succedendo, ma
non era nulla di buono. Avevo la bacchetta in borsa, ma non mi era concesso
usarla al di fuori della scuola, così decisi che, in caso di necessità, avrei
contato solo sulle mie doti da Animagus. Avevo paura,
continuavo a sentire le urla e mi chiesi cosa avesse scatenato tutto ciò. Forse
i festeggiamenti avevano preso una brutta piega?
La luce della lanterna accanto a me
si spense, lasciandomi al buio.
“Magnifico.” sussurrai sottovoce chinandomi
accanto all’entrata. Sentivo le urla sempre più distanti.
Misi la testa fuori, per scrutare
attorno a me e vidi avvicinarsi un gruppo di uomini, ammantati di nero con
delle maschere sul viso e delle fiaccole fra le mani.
Le loro bacchette erano levate.
Tornai dentro velocemente,
rannicchiandomi dietro ad un piccolo divano e sperando così di non essere vista.
Sapevo chi erano.
Erano Mangiamorte.
Papà me li aveva descritti una
volta, anni prima, quando l’avevo tempestato di domande su chi fosse Voi Sapete
Chi. Rimasi immobile, con le mani sulla bocca per impedirmi di emettere un solo
sono, mentre le ombre sfilavano davanti alla tenda. Sentivo i loro passi
scricchiolare sull’erba. Rimasi ferma anche quando avvertì qualcuno affacciarsi
nella tenda prima di uscirne ed appiccare il fuoco.
Ero in trappola.
Decisi cosa fare in fretta, come se
la mia mente posta sotto pressione lavorasse più in fretta invece di
paralizzarmi dal terrore.
Presi la mia borsa, fissandomela
lenta al collo per evitare di strozzarmi e poi mi trasformai. Mi guardavo
attorno consapevole che potevo uscirne. Dovevo, non sarei morta così. Notai che
nel tessuto della tenda si stava formando un foro a causa delle fiamme e
decretai che dovevo passarci attraverso.
Sono
una maledetta volpe, posso fare un balzo e uscire.
Quello fu il mio solo pensiero.
Presi il coraggio e lo feci. Ero
sana e salva, ma mi ritrovai in mezzo al nulla. Ripresi le mie sembianze umane
e mi alzai in piedi per guardarmi attorno sperando di vedere qualcuno, ma dei Mangiamorte e delle persone non c’era più traccia. I resti delle
tende bruciacchiate si spargevano a macchia d’olio davanti e dietro di me.
Colonne di fumo si stagliarono nel
cielo nero della notte.
E io ero sola.
Dove era Draco?
Mi stava cercando? Quella era l’unica certezza a cui mi aggrappai, mentre
iniziavo a sentirmi abbandonata. Nel panico, presi a chiamarlo “Draco!” ma la mia voce tornava indietro da sola, tremolante
e insicura. Chissà quando lontano mi aveva trascinata la folla. Forse mi stava
cercando in tutt’altro posto.
Sentii dei rumori alle mie spalle.
Presi la bacchetta da da dentro la borsa, pronta a
usarla se ce ne fosse stato bisogno.
“Lia? Sei tu?”
“Hermione?”
Vidi la ragazza avvicinarsi
preoccupata, affiancata da Ron che mi guardò “Perdi sangue.” Mormorò, indicando
la mia spalla. Dovevo essermi graffiata uscendo dalla tenda.
“Possibile che tutte le volte che ci
incontriamo io debba sanguinare?” sdrammatizzai, perché la situazione s’era
fatta insostenibile.
“Che ci fai qui? Perché non sei
scappata?” mi chiese Hermione, con tono coincitato.
“Ho perso Draco,
eravamo insieme, ma poi le persone ci hanno separati.” le spiegai sospirando “E
immagino che voi non lo abbiate visto.”
Ron scosse il capo “A noi è successa
la stessa cosa con Harry.”
“Aiutiamoci a vicenda.” proposi e
loro annuirono.
Iniziammo così a cercare Harry e Draco anche se, come disse il rosso, sicuramente non li
avremmo trovati insieme intenti a parlare dei bei, vecchi tempi andati. Camminammo
per non so quanto, in mezzo a quella che pareva una città fantasma divorata dalle
fiamme. Hermione chiamava Harry mentre io chiamavo Draco.
Weasley
alternava un ‘Harry’ ad un ‘Malefica Serpe’ per aiutare un po’ entrambe a
ritrovarli.
Speravo che avesse trovato suo padre
e si fosse messo in salvo. Lo speravo davvero con tutta me stessa, ma allo
stesso tempo temevo che mi avesse abbandonata.
Trovammo Potter che si guardava
attorno circospetto e lo raggiungemmo subito. “Ti cerchiamo da una vita” disse Ron, mentre Hermione lo afferrava per le braccia costringendolo a
voltarsi verso di noi “Ti credevamo disperso.”
Harry però sembrava preso da
qualcosa, così anche noi alzammo gli occhi. Sopra di noi, un bagliore verdastro
illuminava la notte e io mi sentii gelare il sangue nelle vene. Il calore… Sembrava che me l’avessero portato via tutto.
“Cosa è?” chiese Ron senza capire, mentre anche la Granger si fossilizzava incredula. Harry si portò una mano
sulla fronte, gemendo dolorante, mentre io cercavo le parole per spiegare
quanto eravamo nei guai.
Il Marchio Nero, ecco cosa era. Guardai spaventata il
teschio nel cielo, dal quale usciva un serpente direttamente dalla bocca, ma
Ron mi strascinò a terra, stringendomi a sé, e interrompendo così la vista
macabra. Un gruppo di maghi si era materializzato attorno a noi gridando ‘Stupeficium’, cercando di schiantarci tutti e quattro.
Non ci colpirono per pura fortuna e riflessi pronti.
“Fermi! Quello è mio figlio!” gridò una voce che identificai
come quella di Arthur Weasley.
“E quella è mia figlia! Dahlia!”
“Papà!” mi alzai in piedi e lui corse subito da me,
abbracciandomi.
“Chi di voi lo ha evocato? Ditelo! Siete stati scoperti
sulla scena del reato!” un uomo parecchio ansioso ci puntò in faccia la
bacchetta subito mio padre lo fulminò.
“Spero tu stia scherzando, Crouch.”
“Sono solo dei ragazzi!” gli diede man forte il padre di
Ron. Tutta la paura che avevo provato prima si riversò su di me in quel
momento. Iniziai a tremare da capo a piedi, come se stessi congelando, mentre sentivo
le lacrime premermi forte negli occhi. Papà se ne accorse e mi strinse di più a
se.
Ascoltai Harry che, dopo aver appreso a cosa servisse il
Marchio nel cielo, chiedeva se quelli che avevano appiccato il fuoco fossero
seguaci di Tu Sai Chi. Era strano per me vederlo, proprio lui, che non sapeva
nulla di quelle faccende.
Fu destabilizzante.
“Papà!” dissi presa dalla foga e attirando l’attenzione di
tutti “Draco! Io… l’ho
perso! Ci siamo separati ad un certo punto e non sono più riuscita a trovarlo!
Se gli è successo qualcosa? E se-”
“Draco? DracoMalfoy?” chiese una strega dai capelli color topo,
stranita, ed io annuii. Lei scoppiò in una risatina sarcastica “Non credo che i
Mangiamorte farebbero mai nulla ad un Malfoy, cara.”
Io la guardai senza capire, ma mio padre si rivolse a lei
burbero “Non è compito tuo dare giudizi, Donna. Portiamoli al sicuro.” concluse
poi rivolto Arthur, afferrando Hermione per le spalle
ed esortandola a camminare. Non mi leverò mai dalla testa il modo in cui quella
strega mi buttò in faccia una verità scomoda della quale ero del tutto
all’oscuro.
Raggiungemmo lo spiazzo illuminato in cui si erano radunati
in molti. Medimaghi e Auror
andavamo un po’ qua e un po’ la, aiutando e facendo domande. Lì, mentre parlava
in modo frenetico con Nott, vidi Draco.
Appena il moro gli fece un gesto nella mia direzione, lui si
voltò a guardarmi e poi corse da me. Lasciai papà e feci un paio di metri di
corsa facendomi poi stringere dal biondo e lasciando che le lacrime cadessero a
fiumi liberandomi.
“Per Merlino, stai bene.” mi sussurrò fra i capelli.
Papà si avvicinò a noi, appoggiandomi una mano sulla schiena
e facendo sciogliere il nostro abbraccio “Andiamo a casa, coraggio. Draco, dove è tuo padre?” chiese cauto, guardando con un
cipiglio severo il biondo, che non seppe cosa rispondere.
“Sarà qui nei paraggi, signore.” Mormorò tentennate.
Interruppi la loro conversazione, dispiaciuta per il modo in
cui Draco guardava fisso a terra, lontano dagli occhi
di mio padre. “Papà, posso salutare un attimo Draco?”
Lui annuì appena “Fai presto però. Tanto vi rivedrete sull’Espresso
per Hogwarts” mi rispose secco, ancora teso, prima di
avvicinarsi a Prime e Iris, che stavano consolando una povera Laureen, del tutto traumatizzata.
“Tu lo sapevi” gli dissi e Draco
mi guardò prima senza capire e poi impallidendo “Sapevi che sarebbe successo
tutto questo, ecco perché volevi tenermi nella tenda.”
“Non dire sciocchezze, Blake.” Mi ribeccò, ma io non
abboccai.
“E lo sapeva anche tuo padre.” Continuai, assottigliando gli
occhi “Per questo ci aveva intimato di non uscire dalla tenda. Scommetto che se
vado a controllare, è l’unica ancora in piedi.”
“Lia…”
“Parla.”
Draco
si guardò attorno, circospetto.Poi
tornò ad abbracciarmi, anche se brevemente, sussurrandomi in un orecchio “Non
ora. Ti giuro che tornati a scuola te ne parlerò.”
Non ero convinta, ma mi limitai a ricambiare l’abbraccio.
Avrei ottenuto poche risposte in quel momento, intanto. “Va bene.”
Dopo di che si allontanò da me “Ora vai a casa. Hai bisogno
di riposare, sei bianca come un fantasma.”
Lo guardai tornare da Nott, non
aggiungendo altro. Avvertii improvvisamente freddo, mentre lo guardavo andare
via, tenendo gli occhi sulla sua schiena.
Solo braccia di Draco mi avevano
fatta sentire meglio.
“Per Ecate, deve essere stato
orribile.”
Adrianne
mi guardava preoccupata, mentre teneva la mano stretta in quella di Blaise, al suo fianco. In quello scompartimento, oltre a
me, Draco e loro due, c’erano anche Theo e Pansy. Entrambi sembravano disturbati da qualcosa. Per
quanto riguardava la Parkinson lo potevo immaginare, ma Nott…?
“Per fortuna non ti è successo nulla.” disse Draco passandomi un braccio attorno alle spalle in un
improvviso slancio di affetto “Ho seriamente temuto di doverti riportare a tuo
padre dentro ad una tabacchiera.”
“Grazie.” Risposi, alzando un sopracciglio“Per fortuna ho
incontrato qualcuno che mi ha aiutata. Non avevo molto sangue freddo in quel
momento.”
“Il Trio dalla Salvezza” disse ridacchiando Nott “Sei spesso con loro, vero Lia?”
“Li ho incontrati per caso.” Dichiarai sincera, ma nessuno,
nemmeno Draco, sembrava credermi davvero “Ve lo
giuro!”
“Immagino che anche le altre volte tu li abbia incontrati
per caso” disse Pansy e io non riuscii a non pensare
che sembrava poco credibile, anche se era vero “Stranamente Potter ti coinvolge
nelle sue avventure.” Poisi azzardò
anche a insinuare “Forse anche il Cappello Parlante sbaglia a collocare,
avvolte..”
Mi alzai di scatto, fulminandola “Sai cosa c’è Parkinson? Ti
donano i capelli lunghi. Almeno hai smesso di farti quell’osceno taglio a
scodella e il ciuffo ti copre quell’orribile grugno che ti ritrovi. Però
dovresti lavarli più spesso, a nessuno piacciono le cose unte.”
“Ahia.” disse sottovoce Blaise,
mentre Adrianne ridacchiava.
Uscii dallo scompartimento, mentre Draco
provava a fermarmi “Dove stai andando??”
“A cercare il carrello, ho voglia di qualcosa di dolce.”
“Ti farà bene, acida come sei!” mi urlò dietro Theo
ridacchiando, prima di rinfilarsi nello scompartimento. Ero piuttosto su di
giri, odiavo quando le persone non mi credevano. Una serie di sfortunati eventi
mi avevano portata ad avvicinarmi al famoso Harry Potter e io non l’avevo mai
chiesto. Mai, nemmeno una volta.
Presi una brioche alla zucca e quando mi voltai mi trovai
davanti Pansy Parkinson con un ghigno. Aveva davvero
avuto il coraggio di seguirmi?? “Dimostrerò a tutti chi sei in realtà, Blake.”
mi sussurrò a due centimetri dalla faccia “Così che anche Draco
possa vedere cosa sei capace di fare.”
Io morsi con non curanza la pasta, superandola “Spera di non
essere tu a vedere cosa sono capace di fare, Parkinson.”
Era ossessionata da Draco e io la
ritenevo solo una poveraccia. Avrebbe venduto sua mamma per un singolo
complimento da parte di Malfoy.
Il treno continuò il suo percorso e io passai il resto del
viaggio a parlare con le sorelle Greegrass, in un
altro scompartimento. Daphne non aveva più interessi
in nessuno della nostra casata, bensì in un giovane Corvonero
del sesto anno.
Arrivammo come sempre puntuali e, pronti con la divisa
fresca di lavaggio addosso, ci recammo tutti a cena. Ad attenderci nel castello
ci fu una grossa sorpresa. Niente Quiddicht per tutto
l’anno e in sostituzione…
“Hogwarts è stata scelta per
ospitare un evento leggendario! Il Torneo Tre Maghi!” ci disse Silente, mentre
fra gli studenti si diffondeva un certo brusio. Io sorrisi entusiasta, mentre Draco storceva un po’ il naso. Niente Quidditch.
Mentre Silente spiegava in cosa consisteva tutto ciò a chi
non ne sapeva nulla, io mi voltai verso Draco “Non è
emozionante? Potresti candidarti come Campione di questa scuola.”
Lui sbuffò “Ma così non ci sarebbe più competizione.” disse
gasandosi e io alzai gli occhi al cielo.
“Voglio essere chiaro.” disse il preside attirando su di se
le mie attenzioni e quelle dei miei compagni. Il tono era serio, ora “Chi viene
scelto sarà da solo. E fidatevi se vi dico che queste gare non sono per i
deboli di cuore. Ma di questo ne riparleremo. Per ora, diamo il benvenuto alle
incantevoli signorine dell’accademia di Magia di Beauxbatons
e alla loro preside, Madame Maxime!”
Le porte si spalancarono e da essere entrarono delle
bellissime fanciulle che fecero accelerare la salivazione e il battito del
cuore dei ragazzi presenti in sala. Adrianne diede un
pestone a piede di Blaise, mentre io mi limitavo a
sbuffare “Sono troppo belle, rispetto a noi.” dissi alla mia amica visibilmente
alterata “Arrendiamoci.”
Draco
mi diede un leggero colpo alle costole, guardandomi con un sorrisetto sghembo
che mi fece ridacchiare. Portai le braccia attorno al suo collo, baciandolo
sulla guancia, mentre Silente prendeva nuovamente la parola.
“Ed ora i nostri amici del nord! Accogliete i superbi figli
di Dumstrang e il loro preside, Igor Karkaroff”
A quel punto fu il turno delle donzelle sentire i bollori.
“Che uomini” disse Daphne
sottovoce, guadagnandosi tutto il mio consenso mentre Jenna spalancava la bocca
scioccata. Lei era anche libera di sbavare, visto che Flitt
aveva terminato la scuola l’anno prima.
Uno in particolare dei giovani maghi di Durmstrang
calamitò il mio sguardo, tanto da rimanere a bocca aperta per un paio di
istanti.
Sapevo chi era, anche se ci avevo messo un attimo a
riconoscerlo.
“Lia, Victor Krum sta guardando
nella tua direzione o sbaglio?” chiese a voce alta Nott,
beccandosi una spallata da Blaise, che esplose a
ridere.
“Per Circe.” Mormorai, portandomi una mano alla fronte
mentre Draco farneticava qualcosa a bassa voce. Sarebbe
stato un anno duro e lungo.
Capitolo 12 *** Chapter Eleven: ‘And I am mad’ ***
11
Tell me, whoyoukill,
tosaveyourlife?
Chapter Eleven: ‘And I am mad’
Mi alzai dal tavolo a cena ultimata.
Le due delegazioni ospiti lasciarono per prime il salone,
tornando verso il loro mezzo con cui erano arrivate e portando così sé sussurri
e occhiate curiose. Io vidi di nuovo Krum guardare
nella mia direzione, ma scostai gli occhi subito dopo, sentendomi un po’ in
imbarazzo. Stavo giusto sorbendomi le frecciatine della Parkinson, quando alle
mio orecchie arrivò una voce ruvida e sconosciuta.
“Cravatta verde-argento,
capelli quasi bianchi” mi voltai e vidi che il nuovo professore di Difesa contro
le Arti Oscure si stava rivolgendo a Draco,
soppesando ogni aspetto in lui evidente. “occhi insolenti ma spento. Espressione
da piccolo sfrontatello, che si sente superiore. Tu devi il figlio di LuciusMalfoy.”
Mi avvicinai di qualche passo, per ascoltare la risposta“DracoMalfoy” disse altezzoso il
giovane.
Lui ridacchiò “Dì a tuo padre che Malocchio Moody lo saluta. Lo sa benissimo chi sono io.” Il suo
occhio finto saettò su di me, perforandomi con quel blu elettrico. Non mi disse
nulla, semplicemente si allontanò zoppicando.
“Mette ansia, non trovi?” dissi a Draco,
mentre ci affrettavamo a scendere nei sotterrane, verso i nostri dormitori.
“Mio padre mi ha parlato di lui, sostenendo che è solo un
vecchio pazzo. Acromantula!” La porta si aprì permettendoci
dientrare.
Ogni pensiero pesante scomparve. Ero a casa.
“Che ne dite di parlare un po’, prima di andare a letto?”
propose Nott, una volta scesi nella sala comune. Occupammo
un paio di divanetti, sotto gli sguardi curiosi di quelli del primo anno
“Secondo voi questo limite di età per partecipare al torneo, imposto da Crouch e appoggiato da Silente, è giusto?”
“Secondo me, sì.” disse Jenna, sedendosi accanto a me “Trovo
stupido che uno studente al di sotto del GUFO possa anche solo pensare di
cavarsela.”
“Io avrei provato.” disse Blaise
alzando le spalle, portando il braccio attorno alle spalle di Adrianne “Eterna gloria. Solletica a molti, vero Draco?”
Malfoyfece spallucce, fingendo disinteresse
“Sì, non sarebbe stato male, ma se a noi fosse concesso di partecipare lo
sarebbe anche a San Potter. E si sa che in quel caso uscirebbe il suo nome. È
scontato come il disappunto di Piton quando guarda Paciock.”
Io annuii, pensierosa. “Harry ha una capacità unica di
cacciarsi nei guai.” mi voltai verso Draco,
appoggiando il naso contro alla sua spalla e guardandolo dal basso. Gli
sorrisi, quando voltò il viso per guardarmi,prima di rialzare il volto e sussurrare “Devi ancora spiegarmi cosa è successo
alla Coppa del Mondo o sbaglio?”
Lui si fece reticente, in un primo momento, poi annuendo mi
fece alzare. “Non qui.” Sussurrò, mi faceva cenno col capo di andare con lui.
“Ma dove andate?!” chiese scocciata la Parkinson, mentre Nott e Zabini guardavamo l’amico
con un sorrisetto furbo sul volto.
Draco
sbuffò “A farci un calderone di affari nostri, Pansy”
rispose scocciato, mentre io scoppiavo a ridere, seguendolo nel corridoio degli
studenti del quarto e quinto anno. Arrivati nel dormitorio maschile, chiuse la
porta,applicando addirittura un incantesimo
insonorizzante alle pareti, per evitare che qualcuno potesse sentirci.
“Quello che sto per rivelarti non deve uscire da questa
stanza.” mi disse, serio come non lo avevo mai visto, puntandomi un dito sotto al
naso “Ho deciso di dirtelo perché mi fido di te, quindi non farmene pentire.
Nessuno deve saperlo, nemmeno e soprattutto il tuo amico Potter.”
“Non dirò nulla a nessuno, te lo prometto.” Gli dissi
ignorando il riferimento acido a Harry elui annuì sospirando. Mi fece segno di accomodarmi sul letto prima di
mettersi accanto a me.
Mi prese la mano, avvicinandosi ulteriormente così da
potermi bisbigliare “Mio padre era al corrente di tutto perché, negli anni in
cui il signore Oscuro era al massimo delle sue forze…
Era un suo seguace.”
Sgranai gli occhi fino all’inverosimile trovando risposta
alle parole della vecchia collega di papà. Rimasi un attimo in silenzio,
assimilando la cosa, prima di schiarirmi la voce. “Tuo padre era un Mangiamorte?”
“Sì.”
“E l’altra sera era tra coloro che-”
“Penso di si.”
Rimasi in silenzio, sentendomi anche un po’ stupida. Perché
ne ero così sorpresa?
LuciusMalfoy non era solo l’uomo più viscido e meschino che
avessi mai incontrato in tutta la mia vita. Era anche un Mangiamorte.
Non chiesi quello che Draco
pensava di quella faccenda, forse spaventata da quella che sarebbe potuta
essere la sua risposta. Nonchiesi
nemmeno il perché di quell’atto. Voi Sapete Chi era scomparso molti anni prima,
che senso aveva quindi, l’atto alla Coppa del Mondo? Non ero pronta a saperlo. .
Draco
mi guardò, quando decretò che mi aveva lasciato abbastanza tempo per pensare.
“Questo non cambia nulla, vero?” mi chiese, un po’ incerto e io scossi il capo.
“Niente.” gli sussurrai, prima di appoggiare le labbra alle
sue “Tu per me sei sempre Draco.”
Mi guardò con espressione indecifrabile, poi mi chiese
insicuro “Staresti al mio fianco in qualsiasi caso?”
Non risposi subito, perché il mio cuore aveva mancato di un
battito a quelle parole. Non mi era piaciuta come domanda e lui parve
ritirarla, perché non mi disse altro. Lasciò scivolare una mano tra i miei
capelli, prima di baciarmi ancora e ancora, tornando ad essere un
quattordicenne qualsiasi, senza pensieri per la testa.
Quel discorso, però, mi aveva turbata parecchio perché,
anche se in modo molto lato, Draco mi aveva appena
rivelato qualcosa sulle sue future intenzioni. Qualcosa che non avrei mai
immaginato e che in quell’istante non colsi.
Se anche l’avessi capito, però, non sarebbe cambiato nulla.
Uscii dalla classe di Difesa con una certa fretta, seguita
da Draco pallido come un cencio. Mi appoggiai alla
finestra e lui fece lo stesso, continuando a farneticare come uno squilibrato “…e di capire che non deve mettersi contro di me! Dirò a mio
padre che mi ha messo un ragno mortale sulla faccia e lui provvederà a
sbatterlo fuori a calci. Ogni anno la decadenza di questo posto si fa più
evidente e io non sopporto più di…”
Si interruppe, costringendomi ad alzare gli occhi. Davanti mi
trovai il professor Moody, che mi osservava
silenzioso con il suo occhip vero mentre quell’altro,
frenetico e sempre in movimento, sfrecciava su Draco,
fulminandolo “Può rientrare in aula, signorina Blake? Avrei un paio di domande
da farle. Lei no!” puntò il bastone al petto di Draco,
che aveva provato a seguirmi.
Mi voltai verso il ragazzo, porgendogli la mia borsa “Dì a Vitious che sono qui… Appena
finito ti raggiungo a lezione.”
Lui annuì, evitando di guardare verso il professore una seconda
volta. Si defilò così in fretta che in poco più di tre secondi era sparito
oltre l’angolo del corridoio.
“Un cuor di leone, devo ammetterlo.” disse burbero l’uomo,
prima di precedermi nella sua aula “Chiuda la porta, signorina Blake.”
Io eseguii riluttante, seguendolo poi su per le scale sino
all’ufficio che, l’anno precedente, era appartenuto a Remus
Lupin. Mi mancava, con quella gentilezza unica che mi aveva dato fiducia in me
stessa e aiutata per un intero anno scolastico. Tutto il contrario di come mi
faceva sentire l’ex Aurur.
“Non si preoccupi.” mi disse, forse notando la mia
espressione reticente, colpendo con il bastone la sedia innanzi alla scrivania
e invitandomi così a sedermi. Mi guardai attorno e notai un osceno barattolo di
vermi appoggiato accanto al calamaio, che si dimenavano in una piccola zolletta
di terra. Era davvero grottesco quel posto.
Perché Lupin se n’era andato. Me lo chiesi più che mai.
“Di cosa voleva parlarmi professore?” domandai con voce un
po’ tentennante, mentre lui mi offriva dei biscotti che sembravano delle
pietre, tanto erano vecchi. Scossi il capo, reclinando gentilmente.
“Volevo sapere come sta suo padre. Peter Blake.” mi spiegò
pratico “Eravamo molto amici un tempo. Non so se lo sa.”
Scossi lievemente il capo, stupita. Papà mi aveva parlato di
Malocchio Moody, ma era famoso ai più per ciò che
aveva fatto in vita. Papà non mi aveva mai detto che erano amici. “Mio padre
sta bene.” Risposi alla domanda “Ora è in nord America, per cercare di
catturare un Dragone Acquatico del Mississipi.”
Lui annuì “Portagli tutti i miei più cari saluti.”
“Lo farò!” feci per alzarmi, ma lui me lo impedì.
“Non è la sola cosa di cui volevo parlare conte” mi impose di risedermi con lo sguardo e io lo feci, nonostante in
cuor mio desiderassi solamente scappare a gambe levate alla lezione di
Incantesimi “Lei lo sa che io sono un ex
Auror.” Annuii “E sa quali sono i compiti di un Auror?”
“Dare la caccia ai maghi malvagi, Giusto?”
Lui sorrise sghembo “Esatto, signorina Blake. Non avrei
saputo dirlo con parole migliori in effetti. Lei ha centrato in pieno il punto.
Sa che il padre del suo attuale fidanzatino è un pericolosissimo Mangiamorte?”
La mia bocca si spalancò da sola e se non fosse stato per la
pelle e i muscoli facciali, la mandibola mi sarebbe caduta sino al pavimento.
Con quale faccia osava venire a dirmi una cosa del genere? Senza il minimo
tatto? “Sono sicura che questa sia un’informazione riservata della quale io non
dovrei essere a conoscenza” dissi sulla difensiva, prima di aggiungere “E il
fatto che io passi del tempo in compagnia di DracoMalfoy non comprende in alcun modo suo padre. Lui non è
come suo padre.”
“Lei ne è veramente convinta, signorina Blake?” mi chiese
prendendo un sorso dalla fiaschetta che teneva nella tasca interna del mantello
“Crede davvero che Draco sia colui che cambierà le
cose all’interno della dinastia dei Malfoy,
discostandosi dai suoi avi che per secoli hanno praticato le Arti Oscure, come
noi ora stiamo tranquillamente discorrendo? Fossi in lei non mi farei
illusioni.”
Mi mordicchiai le labbra, poi cercando di essere convincente
dissi “Draco non è come suo padre. Draco non-”
Lui esplose in una risata fragorosa, che riecheggiò per
tutte le pareti dello studio “Credimi, Bambolina. Appena verrà il tempo più
propizio il tuo Draco sarà il primo a mettersi in
fila per farsi marchiare.”
Il momento propizio? A cosa? Cosa sarebbe venuto? Troppe
domande che non potevo fargli. Mi alzai di scatto, sistemandomi il mantello “Ho
la lezione di Incantesimi” dissi frettolosa, rimettendo a posto la sedia con
una spinta secca “Arrivederci Professor Moody.” detto questo uscii fuori, con le sue risate
che ancora mi seguivano.
Ebbi un piccolo crollo, infatti non andai a lezione bensì
uscii nel cortiletto interno appoggiandomi con entrambe le mani ad un albero.
Dovevo ancora capire che non sarebbe stato DracoMalfoy a cambiare il
destino della dinastia Malfoy, bensì un ragazzino di
nome Scorpius, che allora non era neanche una favilla
illusione.
Mi lasciai cadere sul letto di Draco
ancora incredula. Lui si mise al mio fianco, stendendosi completamente nella
mia stessa posizione, con le gambe fuori dal materasso e gli occhi puntati sul
baldacchino verde-argento.
“Harry Potter campione Tre Maghi!” disse Blaise,
con il tono di un menestrello medievale, pomposo. “Il Bambino che è
Sopravvissuto che riprova di nuovo, per il quarto anno di seguito, a non
sopravvivere oltre. Solo io sono profondamente irritato dal fatto che per lui
non valgano le regole?? Theo? Dracy?”
“Se mi chiami un'altra volta così ti crucio.”
Lo ammonì il biondo, sbuffando seccato “A me poco importa, anzi, sarà
bellissimo vedere quel pezzente di San Potty fatto a
pezzi durante una delle gare.Non ha
speranze contro Krum, la biondina dell’altra scuola
di cui nemmeno mi ricordo il nome-”
“FleurDelacoir”
gli suggerii io.
“Esatto lei, e quel cervellone di CedricDiggory. Non vedo l’ora di vederlo scavarsi la fossa
da solo.”
Io sospirai, realmente preoccupata per le sorti di Harry.
Iniziavo a pensare che qualcuno lo volesse morto, doveva essere così se no non
si spiegava come il suo nome fosse finito nel Calice di Fuoco! Poteva anche essere Harry Potter, ma non era
mai stato un pozionista o un mago particolarmente
dotato. Era nella media, nulla che potesse battere la linea dell’età imposta
dal preside, per Diana!
“Lia, mi stai ascoltando?”
Riportai la mia attenzione su Draco,
che aveva voltato il capo verso di me per potermi guardare. Feci lo stesso,
incrociando le mani sul petto. “Scusami, mi sono smarrita in un pensiero.
Dicevi?”
“Stavo dicendo che se Potter ha chiesto a qualcuno più
grande di lui di mettere il nome del calice si è dimostrato l’esaltato di
sempre. Non ti pare?”
“Mah,secondo me sei
più innamorato di Harry della metà delle sue fan. Potter di qua, Potter di la.
Bella ossessione, la tua.”
Draco
mi guardò oltraggiato, assottigliando gli occhi, mentre si sollevava,
appuntellandosi con i gomiti al materasso “Perché non chiudi quella bocca, Blake?”
Alzai gli occhi al cielo “Tutta questa cattiveria prima o
poi ti si ritorcerà contro.” gli dissi, mentre lui fingeva di non interessarsi
al mio pensiero. Peccato che la vena sulla sua fronte, che si gonfiò per
l’indignazione, lo tradì.
Spesso mi sono chiesta perché Draco
non mi ha mai allontanata. Litigavamo spesso, lo riprendevo e lo sminuivo.
Eppure nonostante il suo essere spesso infimo, nonostante
lanciasse frecciatine a destra e a manca, sapevo che a me ci teneva perché
trovava sempre il modo di farsi perdonare. O di perdonarmi.
Ai tempi pensavo fosse amore. Poi mi sono ritrovata a
pensare che eravamo solo due ragazzini. Adesso sono più certa che mai che
fossero entrambe le cose.
Stavo studiando in biblioteca assieme a Nott
e Draco, quando la professoressa McGrannit
venne a prelevarmi “Per favore, seguirmi signorina Blake. Lascia pure la borsa
al signor Malfoy, non credo gli peserà portartela al
dormitorio.”
Io mi infilai il mantello, prima di chinarmi su Draco a lasciargli un bacetto in fronte “Non so se hai
notato, ma tra un po’ passo più tempo con i professori che con te e gli altri.”
Lui ridacchiò dandomi una pacca scherzosa sul braccio e
subito Theo lo fulminò.Quello sguardo
assassino non passò inosservato e decisi che gliene avrei parlato per capire
come mai fosse così strano in quel periodo. Ma andando per gradi, dovevo prima
vedere cosa volesse la Professoressa da me.
La seguii e a noi si unì anche Ron Weasley
“Presto!” ci esortò a seguirla.
seguendola “Dove stiamo andando?” chiesi al rosso stranita e
lui alzo le spalle.
“Non ne ho idea.” Mi rispose candidamente “Stavo per farti
la stessa domanda” aggiunse mentre lasciavamo alle nostre spalle il portone
d’ingresso e ci avventuravamo fuori dalla scuola, al calare della sera.
Arrivammo fino alla capanna di Hagrid,
che ci venne in contro con un sorriso molto esaltato “Ora li prendo io,
professoressa.”
“Se non ti dispiace, Hagrid,
vorrei venire con voi.” disse cauta la donna e subito lui accettò, facendoci strada
dentro alla Foresta Proibita. Camminammo per più di mezzora, sempre più
straniti, sino a giungere in uno spiazzo dove vidi mio padre intento a tirare
le catene dell’Ungaro Spinato.
“Non posso crederci… Questi sono i
nostri Draghi!” mi voltai verso la McGrannit, che
guardava con apprensione la scena “Non mi dica che Harry dovrà-”
Lei annuì mestamente “Credo proprio di sì, signorina Blake.”Sospirai
avviandomi, verso mio padre per raggiungerlo, ma fui subito richiamata
“Signorina Blake, torni qui subito!”
“Non si preoccupi professoressa, ci sono abituata” le
risposi senza fermarmi, mentre il Petardo Cinese si voltava a guardarmi,
riconoscendomi all’istante. Si curvò su di me e la professoressa si lasciò
scappare un gridolino che io coprì con una risata, visto che il Drago aveva
preso a leccarmi la faccia solleticandomi “Ciao bello, è da tanto che non ci
vediamo.” gli dissi, accarezzandogli il muso mentre questo si prendeva
volentieri le mie carezze.
Papà venne verso di me con un sorriso “Vedo che stai salutando
Loyal.” disse abbracciandomi “Gli sei mancata, ma
Landa sta molto peggio!”
“Appena torno la porto subito a fare un giro, magari
possiamo arrivare fino in Siberia.” gli dissi, mentre lui continuava a
sorridermi.
“Vado a tranquillizzare la tua professoressa, non voglio
attacchi di cuore qui!”
Lo guardai parlare un po’ con la McGrannit,
che si sincerò con lui dei miei voti, sostenendo che nonostante l’inizio della
mia carriera scolastica in Trasfigurazioni non fosse stata proprio rosea, ero
migliorata parecchio. Ron venne verso di noi con un ragazzo molto simile a lui.
Charlie Weasley.
Collaborava da anni con papà, lo conoscevo bene infatti.
“Vorrei salutare
Silente” disse papà alla McGrannit, che acconsentì
ben lieta di riportare due studenti dentro al castello, mentre io tenevo la
briglia del Dorsorugoso di Norvegia da far vedere a
Ron “Dai Grey a Noel” mi
disse papà e io ubbidii portando il Drago a uno dei dipendenti padre prima di
incamminarci alla volta del castello.
Una volta li papà, prese a guardarsi attorno con gli occhi
lievemente lucidi iniziando a ricordare tutto quello che aveva passato fra
quelle quattro mura.
“Signorina Blake” Mi chiamò la McGrannit
una volta arrivati di fronte alla porta della Sala Grande “Può andare a chiamare
il preside?” chiese gentile, ma con una certa fretta nella voce. Acconsentii,
salendo le scale e sfrecciando fino alla statua che faceva da guardiana
all’ufficio del preside.
“Lupus in Fabula” bisbigliai, ricordando la parola d’ordine
che mi aveva sussurrato la professoressa. Subito il gargoyle
si spostò permettendomi di accedere. Bussai un paio di volte, ma non ottenni
risposta. Aprii appena la porta, accostandola per potervi parlare attraverso
“Professor Silente?È permesso?”
La aprii del tutto e vidi che dell’anziano preside non vi
era traccia. La chiusi alle mie spalle iniziando a guardarmi attorno curiosa.
Ero stata in quel ufficio solo due volte in tutta la mia vita. La prima volta
quando io e Draco fummo mandati li dopo esser stati
scoperti a gironzolare per la Foresta di notte e poi quando, alla fine del
secondo anno, aspettai il ritorno di Potter dalla Camera dei Segreti.
In tutti e due i casi, l’ansia non mi aveva permesso di
analizzare a fondo quell’angolo privato della vita di Silente così decisi che,
insolentemente, avrei atteso la sua apparizione recuperando. Tutto era
incredibilmente ordinato, soprattutto la scrivania e i ripiani contenenti una
miriade di oggetti dei quali, per la maggior parte, non ne conoscevo l’esatto
utilizzo. Mi avvicinai alla libreria iniziando a guardare i volumi in essa
contenuti e invidiai Silente per quella vasta raccolta di preziosi ed antichi
volumi che anche io avrei voluto avere nella mai stanza.
Uno in particolare attirò la mi attenzione.
Il Necronomicon, l’unico libro di
magia scritto da un Babbano. O almeno il solo che dicesse
cose ritenute dai più attendibili.
Lo presi fra le mani, aprendolo per leggere curiosa le prime
righe. Un alito di vento e sabbia del deserto uscì dalle pagine di pergamena
ingiallite dal tempo e io fui costretta a chiudere gli occhi, prima di
riaprirmi e trovarmi davanti righe scritte in latino antico.
Ero piuttosto brava a tradurre il latino, così mi immersi
nella lettura della prefazione.
-La notte s'apre sull'orlo dell'abisso. Le porte
dell'inferno sono chiuse: a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà
qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all'umanità: ecco le chiavi.
Cerca le serrature; sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred: per primo io le ho trovate: e sono matto.-
“Ma bene! La signorina Blake che legge un libro
di Magia Oscura?!” sobbalzai guardandomi attorno mentre riponevo
frettolosamente il volume. Non vidi nessuno dietro di me. “Alza gli occhi,
giovane ragazza, e mi vedrai.”
Lo feci e mi trovai a scrutare il Cappello
Parlante, posto sulla libreria, che mi aveva appena colta in fallo “Ero solo
curiosa.” dissi sbrigativa, cercando di non sembrare nervosa.
Lui ridacchiò, a presa in giro “Andiamo
signorina, ti ricordo che quattro anni fa mi hanno appoggiato sulla tua testa.
Forse da oggi abbiamo la certezza che ti ho collocata nella casa giusta, non ti
pare?”
Io storsi il nas “Solo
perché ho dato un’occhiata a quel libro, non significa che io abbia propensione
verso le Arti Oscure.”
“Non ho detto questo. Solo che la tua non è
semplice curiosità.” Si schiarì la voce prima di prendere a cantare “E per Serpeverde la pura ambizione, vale assai più di ogni nobile
azione.”
Lo guardai con la sfida a bruciare nei miei
occhi“Io non sono così. Non lo sarò mai.”
“E cosa sei, allora? Sei nobile e pura d’animo o
solo di sangue? Mi stai dicendo che dovevi essere collocata tra i Leoni?”
Mi morsi la lingua. Scacco matto. “No” risposi, ricordando
le parole di Lupin “Solo che indossare i colori verde e argento non significa
essere votati al lato oscuro, ma semplicemente avere doni diversi da quelli di
altri.”
“Mi dispiace interrompere questa divertente
contesa.” mi voltai trovandomi davanti il preside, che sembrava preso dal
nostro intrattenimento “Ma se la signorina Blake è qui è perché, evidentemente,
ha premura di parlare con me, o sbaglio Cappello?”
“Non sbagli Albus”
rispose lui annoiato “E nemmeno io ho sbagliato nella collocazione. È testarda
e permalosa come tutte le Serpi.”
“Ma senti…” mi portai
le mani hai fianchi, prima di decidere di ignorarlo e dedicarmi al preside “Mio
padre desidera parlare con lei, signore.”
Lui annuì facendomi segno di precederlo, ma io
prima feci lanciai un’occhiataccia al Cappello, oltraggiandolo, mentre il
preside liberava una risatina “Non temere, Dahlia” mi
disse appoggiandomi una mano sulla spalla “Sai, è nella natura del Cappello
mettere in dubbio le persone.”
Io annuii per nulla convinta, perché dentro di
me mi sentivo fragile.
Ero davvero nel posto giusto? E se sì, perché?
Chi ero davvero?
Cosa sarei diventata?
Non fu semplice chiarirmi le idee.
E un episodio, avvenuto il giorno successivo
alla schermaglia col Cappello, non fece altro che farmi sentire di nuovo in
bilico. Mi trovavo in giardino, a godermi una giornata delle ultime giornate
assolte, visto che iniziavamo ad inoltrarci nell’autunno che in quell’angolo di
Scozia era particolarmente rigido.
Guardai la spilla che Draco
mi stava porgendo e alzai il sopracciglio “Ti ho detto che non indosserò una
cosa del genere!”
Lui sbuffò “Perché c’è scritto ‘Potter fa schifo’, immagino.”
“Precisamente.” Asserii, sporgendomi verso di
lui, aggrappandomi al ramo dell’albero sul quale entrambi eravamo seduti.
Lui non rispose, rimettendosela in tasca con un’espressione
un po’ offesa. Mi avvicinai, sedendomi proprio al suo fianco, ed appoggiando le
gambe sulle sue “Andiamo, ti stai offendendo per una cosa così stupida?”Lui mi
guardò scettico, prima di scrollare le spalle.
“Ci vuole molto di più per offendermi, Blake.”
“Non mi sembrava, Malfoy.”
Presi io l’iniziativa, sporgendomi per baciarlo,
ma non ci riuscii perchèTyger
ci interruppe, chiamando il biondo “Che diavolo vuoi?” fu la risposta secca di Draco e il tirapiedi gli indicò qualcuno di fronte a noi.
“C’è Potterino tutto
solo” lo beffeggiò un altro Serpeverde del terzo anno
di cui non conoscevo (e non conosco tutt’ora) nemmeno il nome.
Draco sorrise beffardo facendomi spostare le gambe. Io alzai gli occhi
al cielo, decisa a non sottostare a quella scena patetica, così mi staccai
sedendomi sul ramo di fronte. “Perché così teso Potter?” gli chiese
ridacchiando e il ragazzo fece finta di nulla continuando a guardare davanti a
se “Mio padre ed io abbiamo scommesso. Io ho detto che non duri più di dieci
minuti.” disse scendendo con eleganza dall’albero mentre Harry si fermava a guardarlo
con disprezzo. Sapevo che era in arrivo l’ennesima scenetta“Lui non è d’accordo. Secondo lui neanche
cinque.” terminò Draco, ridacchiando assieme a quei
quattro rincitrulliti che lo circondavano.
“Non me ne importa un
accidente di quello che dice tuo padre, Malfoy” Disse
Potter, arrivandogli davanti e appoggiandogli le mani al petto, spingendolo. Mi
drizzai sul ramo, sentendo odore di guai.
“Ehy!”
sbottò Draco, stranito da quell’eccesso di ira. Harry
doveva avere i nervi a fior di pelle, era naturale reagisse in quel modo
dopotutto.
“Lui è vile e crudele. E
tu sei patetico” terminò il Leone prima di dargli le spalle e fare per
allontanarsi. Successe in un lampo.
Vidi Draco
afferrare la bacchetta, ripetendo fra i denti ‘patetico’. Così scesi dall’albero per impedirgli di attaccare
Potter. “Draco!”
Ci pensò qualcun altro a
frapporsi fra i due.
“Eh no, figliolo!”
Malocchio entrò in scena con la bacchetta già alzata e quando mi rivoltai verso
Draco, lui era sparito, lasciando al suo posto un
tenero furetto bianco che si guardava attorno terrorizzato “Ti insegno io a non
fare incantesimi a chi è di spalle!” Disse iniziando a sbatterlo in giro come
se fosse una pezzuola.
“Professore! Si fermi!”
Gli dissi io scioccata, mentre tutti gli altri studenti si radunavano attorno a
noi ridendo assieme a Potter. Istintivamente, alzai a mia volta la bacchetta.
“Stia indietro signorina
Blake o leverò cento punti al Serpeverde!” mi
minacciò prima di tornare a dedicarsi a Draco
“Schifoso, codardo, lurido!”
La professoressa McGrannit, attirata da tutto quel fracasso, accorse subito
guardando Moody come se fosse un pazzo. Lo era
“Professor Moody! Ma cosa sta facendo?!”
“Insegno.” fu la
risposta secca dell’uomo.
“Insegna?”Domandò la McGrannit sconvolta “Quello è uno studente?!” si voltò a
guardarmi e dalla mia espressione stavolta arrivò a capire, di certo, che
doveva essere Draco.
“Tecnicamente è un
furetto.” proseguì con non curanza Moody prima di
ficcare Draco nei pantaloni di Tyger.
“Dannazione! Faccia
qualcosa!” dissi rivolta alla McGrannit, che sembrava
sconcertata dalla situazione. Feci per disarmare da sola Moody,
ma lui fece saettare l’occhio artificiale verso di me e fu più veloce.
“Oh signorina Blake se
vuole aiutare il signor Malfoy, mi permetta di passarglielo!”
Malocchio spinsela bestiola
direttamente nel mio mantello, facendolo passare da dietro al collo. Presi ad
agitarmi. Draco mi stava graffiando la schiena e
ovviamente non era affatto piacevole.
Riuscii in qualche modo a
prendere Draco in mano, e immediatamente la
professoressa mi fece segno di appoggiarlo a terra. Lo fece tornare un ragazzo
immediatamente. Guardai Draco alzarsi da terra ancora
barcollante, i capelli spettinati e il viso stravolto e ancora più pallido del
solito. Si voltò verso Moody guardandolo da prima
spaventato, poi sfrontato “Mio padre lo verrà a sapere!”
“Questa è una
minaccia?!” chiese l’uomo abbandonando il bastone e prendendo a rincorrerlo
zoppicando, mentre Draco si dava alla fuga codarda “è
una minaccia?! Potrei raccontare storie su tuo padre che potrebbero far
arricciare persino i tuoi capelli untimi strinsiil mantello addosso, ancora imbarazzata per
quell’umiliazione, mentre rivolgevo un’occhiata glaciale a quel folle che
ancora sbraitava “E non finisce qui!” infine, la McGrannit
gli puntò la bacchetta in viso.
Io mi accostai appena a
lui, rossa di rabbia e vergogna e lo guardai negli occhi altera “Anche per lei
non finisce qui.” Sibilai, con un coraggio che non avevo mai avuto verso un
professore. Detto questo presi, a camminare spedita verso il dormitorio sotto
lo sguardo divertito di tutti.
La cosa se possibile mi
fece infuriare ancora di più, tanto che mi rivolsi a Justin, Tassorosso, che rideva indicandomi ai suoi compagni“Cosa
ridi, sporco Sanguemisto?” ringhiai, con cattiveria, senza pensare “Proprio tu
ridi di me? Uno come te che osa tanto?”
Ci fu un istante in cui
realizzai cosa avevo detto. Forse lo sguardo negli occhi del giovane, sconvolto
da tanta crudeltà o forse il sentire la mia voce, come se fosse uscita dalle
labbra di qualcun altro. Qualcuno che non conoscevo.
Rientrai nel porticato,
appoggiandomi ad una colonna e pensai a tutto quello che avevo detto, agli sguardi
che avevo lanciato.
Poteva un semplice
episodio, che nemmeno mi riguardava del tutto visto che quello imbarazzato
doveva essere Draco, rendermi così fredda e crudele?
Stringendo maggiormente la presa sul mantello e capii quello che intendeva il
Cappello.
Che io lo volessi o meno
qualcosa di strano c’era in me. Qualcosa di diverso. E dovevo accettarlo,
volente o nolente.
Capitolo 13 *** Chapter Twelve: Hot like the Dragon’s breathe. ***
11
Tell me, whoyoukill,
tosaveyourlife?
Chapter Twelve: Hot like the
Dragon’s breathe.
Lupin una volta mi ha
detto che ognuno di noi è artefice del proprio destino e che dobbiamo lasciare
che siano le nostre scelte a definirci. Non si può incolpare la Casa di
appartenenza se si prendevano determinate decisioni, non era la sorte ad agire,
ma la persona che apre la bocca.
Chiesi scusa a Justin,
dicendogli che non era mia intenzione trattarlo in quel modo e lui, seppur con
un sorriso decisamente tirato, accettò di perdonare le mie parole esagerate. Lo
ringrazia, decisa a farmi perdonare a fatti, prima o poi, e tornai verso il
tavolino che dividevo con Draco, nell’aula di
Divinazione.
“Non avresti dovuto
scusarti.” mi disse Malfoy non appena appoggiai il
sedere sul cuscino. “Questo è un segno di debolezza.”
“Io lo avrei definito un
segno di intelligenza, invece.” sottolineai aprendo il libro su un capitolo in
particolare, visto che di fronte a noi c’era un oggetto magico particolarmente
famigerato: una tavola Ouija. Quando la professoressa
entrò nella classe, urtando tutto quello che incontrò sul suo cammino, notai
che gli altri studenti, o almeno la maggior parte, non avevano idea di che
diavolo fosse. Compreso il ragazzo accanto a me.
“Che strana.” disse Draco, guardandola, mentre Potter prendeva posto nell’unico
tavolino rimasto libero. Naturalmente quello davanti al nostro “Oh ma guarda chi-”
“Se dici qualcosa,
metterò in pratica quello che Malocchio ci ha insegnato.” gli sibilai
nell’orecchio, e lui intese al volo visto che smise immediatamente di guardare Potter
con quel ghigno malefico e tornò a fissare un po’ scocciato la tavola.
“Chi sa dirmi cosa c’è
su ognuno dei vostri tavolini?” chiese la professoressa e io subito alzai la
mano. Lei strinse gli occhi, avvicinandosi per poter capire chi fossi. Si
appoggiò alla superficie di legno e si chinò su di me, scrutandomi ad un palmo
dal naso dietro alle lenti spesse, prima di sorridere. “Signorina Blake,
prego.”
“Questa è una tavola Ouija” spiegai mentre lei annuiva freneticamente “Serve per
l’evocazione degli spiriti e dei demoni e soprattutto per porvi delle domande.
Il nome deriva dall’unione di Oui che significa sì in francese, e Ja, che ha lo stesso significato
in lingua tedesca, Può essere chiamata anche Yesda
ovvero col lo stesso significato main
inglese ein russo.”
“Come facciamo a porre
le domande e soprattutto a leggere le risposte?” domandò la professoressa.
“Tramite una medium
molto potente che faccia da intermediario” spiegai afferrando la moneta
d’argento sul tavolo “lo spirito, tramite la medium, sposterò la moneta e
quindi le mani di coloro che richiedono la consulenza sulla tavola. Ci sono
solo tre regole: Non consultare mai la tavola da soli, porre sempre domande
semplici e non lasciare aperto il canale una volta concluso.”
“Molto bene.” disse entusiasta
“Venti- anzi, venticinque punti al Serpeverde per la
brillante spiegazione della signorina Blake! Ora noi useremo una moneta, ma
originariamente si usava una lancetta mobile detta ‘planchette’.”
“Ma professoressa?”
chiese Ron, perplesso “Questa non è Magia Oscura?”
“Lo diventa solo se lo
scopo che si vuole raggiungere è malvagio.” Spiegò la donna, senza capire da
dove venisse la voce direttamente “Non lo useremo solo per chiedere consigli
sul futuro! Quindi proviamoci. Ho chiesto ad alcuni spiriti del castello di
aiutarci. Uno alla volta fate delle domande, anche solo sussurrate e vedete la
risposta!”
“Se ci è capitato il
Barone Sanguinario, allora ci prenderà in giro.” disse Draco,
prima di guardare Potter e ridacchiare “Vediamo cosa dice il tuo futuro,
Sfregiato”
“Chiudi il becco,
Furetto” rilanciò malignamente Harry, facendolo cadere in un silenzio irato..
“A te l’onore di iniziare…” mi disse scocciato e io gli scoccai un bacio
rumoroso sulla guancia. Ridacchiai sotto voce, prima di appoggiare la moneta
sul tavolo e appoggiarvi sopra il dito indice, accanto a quello di Malfoy.
Ci pensai su, poi dissi
“Pioverà domani?” chiesi, iniziando con qualcosa di semplice.
Sussultai, quando la
moneta prese a muoversi, spostandosi assieme alle nostre dita sino al ‘no’.
“Sono il più bello della scuola?” chiese Draco con un sorrisetto storto e io scoppiai a ridere
quando la non si mosse per niente, rimanendo ferma sul ‘no’ “Credo sia ovvio
che è rotto!” disse stizzito allontanando la mano.
“Non possono rompersi
gli spiriti, Draco.” Lo ripresi divertita, pensando
ad un'altra domanda. Approfittai della distrazione del biondo, che si era
voltato verso Blaise e Theo, per porre una domanda
che non volevo che lui sentisse assolutamente “Dovrei aiutare Harry a superare
i draghi?”
La moneta non si mosse
così tolsi il dito sospirando.
Evidentemente non
dovevo. Sarebbe stato come mettere una mano al destino, oltre che trasgredire
la parola data alla professoressa McGrannit. Però non
era molto giusto, perché Harry era per di suo svantaggiato.
Cercai di seguire il
discorso dei ragazzi dietro di me, per distrarmi, ma visto che non avevo voglia
tornai a posare gli occhi sulla moneta che, senza bisogno della mia mano, si
era posata sul sì…
Entrai nella biblioteca
che era ormai l’una di notte. Saltai con un balzo su uno dei tavoli guardandomi
attorno, poi ripresi la mia forma umana, sedendomi sul legno, puntando gli
occhi sulla stampa colorata del pantalone del pigiama.
Non attesi molto, prima
di sentire un rumore di passi avvicinarsi a me. Anche l’odore della persona che
mi stava raggiungendo era unico e lo fiutavo dalla mia posizione.“Harry, grazie per essere venuto.”
Il ragazzo si tolse il
Mantello dell’Invisibilità e mi guardò in attesa “Volevi vedermi, Dahlia?”
Io annuii, afferrando un
foglietto dalla tasca e porgendoglielo “Volevo darti questo, visto che immagino
che tu sappia in cosa consisterà la tua prova.”
Lui lo prese leggendo
attentamente “Ma questi sono-”
“I punti di forza e di
debolezza dei miei Draghi.” gli spiegai sospirando “Il Gallese Verde, il
Petardo Cinese e il Grugnocorto Svedese. Sull’Ungaro
Spinato, purtroppo, so troppo poco. Papà non mi ha mai permesso di interagire
con lui in quanto a violenza e cattiveria li batte tutti. Nessuno è riuscito
nemmeno vagamente a domarlo in otto anni da quando l’abbiamo portato nella
stalla la prima volta.” Spiegai, mentre Harry annuiva leggendo con attenzione
il mio elenco “Per favore non fare male al Petardo Cinese, se dovesse
capitarti.” gli dissi “A lui sono particolarmente affezionata. Se puoi non
ferirne nessuno…”
Lui annuì sospirando
“Spero che siano loro a non ferire me.”
Gli sorrisi
incoraggiante “I Draghi non sono poi molto diversi da tutti gli altri animali,
Harry. Sono solo più grossi e sputano un po’ di fuoco. Certe volte sono un po’
irascibili, ma puoi affrontarli”
Lui mi sorrise grado e avvicinandosi
mi coinvolse in un veloce abbraccio. Aveva bisogno di riposare, la gara sarebbe
stata massacrante.
La prima prova del
Torneo Tremaghi si tenne sotto ad un cielo grigio,
coperto da nubi che promettevano pioggia in abbondanza. Mi misi a sedere accanto
a Draco e lui rise “La mia ragazza”disse a voce alta,
per farsi sentire “è decisamente più preoccupata per le sorti di draghi
piuttosto che per quelle dei concorrenti. Io non posso fare a meno che
condividere questa sua preoccupazione!”
Adrianne lo guardò male, prima di appoggiarmi una mano sulla spalla. Ero
davvero in fibrillazione, temevo sia per Harry che per quelle bestie che amavo
fin da quando ero bambina “Vedrai che non gli succederà nulla, cosa potranno
mai fare dei ragazzi contro ad un drago?”
Io annuii ed il colpo di
cannone che segnò l’inizio della sfida mi fece trasalire. Il primo a scendere
nell’Arena rocciosa fu Diggory assieme al Grugnocorto e lui risolse il tutto piuttosto in fretta
trasfigurando una pietra in un cagnolino, che attirò il drago lontano dal
ragazzo che prese l’uovo brillantemente.
Guardai papà incatenare Loyal saldamente prima di lanciare un’occhiata incerta
verso l’ingresso dei concorrenti. Capii subito perché.
Mi morì un gemito in
gola quando vidi Krum entrare con l’acclamazione
della folla “Proprio lui?” sbottai istericamente rivolta alla mia amica che
alzò le spalle.
“Uno solo contro un
enorme drago, Lia.” Mi ripetè mentre io stringendo
spasmodicamentel’orlo della giacca in
mano. Lo leggevo negli occhi di quel pallone gonfiato nordico che aveva
qualcosa di grosso in mente.
Quando accecò il drago
per poco non caddi in avanti, tanto mi ero sporta per vedere. Guardai il povero
Loyal dimenarsi e sbattere la coda in giro mentre Krum afferrava l’uovo beccandosi, però, un colpo nella
schiena.
“Ben gli sta!” dissi
alzandomi in piedi e correndo poi già dalla scalinata. Mentre Draco mi chiamava. Lo ignorai,ma vidi comunque con la cosa dall’occhio Adrianne che mi seguiva “Torna su! Io voglio solo vedere cosa
ha fatto al drago e torno” dissi alla mia amica, ma lei non volle sentire
ragioni e, aggrappandosi al mio braccio, mi seguì fino al luogo in cui tenevano
i draghi, sotto all’arena.
Non mi stupii di trovare
l’Ungaro completamente legato in un angolo mentre papà e Sebastian, il veterimago dei Draghi, curavano il povero Loyal. Mi stavo comportando da bambina, ma avevo tanti
ricordi legati a quella creatura. Era stato il primo drago che papà mi aveva
mostrato. Il primo che avevo cavalcato. Per la mia famiglia, non c’era molta
differenza tra un gatto e una di quelle lucertole un po’ troppo cresciute.
“Sapevo che saresti
arrivata.” disse mio padre, mentre mi chinavo sulla bestia per accarezzargli il
muso. Il dottore terminò di somministragli delle gocce sugli occhi e poi glieli
bendò.
“Starà bene?” chiesi
nervosa e papà annuì.
“Non era un incantesimo
teso ad accecarlo in via definitiva, ma abbastanza forte ma metterlo KO per
alcuni giorni. Oh, ciao Adrianne!”
“Salve signor Blake.”
disse lei nervosa, sobbalzando ad ogni singolo movimento del drago che stavo
accarezzando, cosa che fece ridere mio padre.
Ci misi alcuni minuti a
convincerla ad avvicinarsi per allungare la mano sulle scaglie lucenti della
corazza“Tu sei pazza Lia, a stare seduta sulla zampa di un drago.”
“Sono animali fieri e
piuttosto irascibili,” le spiegai, mentre un baffo di Loyal
mi solleticava il collo “Ma quando si affezionano danno fedeltà eterna al loro
proprietario. Sono le creature più affidabili dell’intero mondo magico. Forse anche
le più temute ed incomprese.”
“Lia, i draghi uccidono
e sfregiano i domatori!”
“Pensaci su.” Dissi,
continuando quella mia crociata “Ti strappano dalla tua terra, ti legano e ti
trasportano chissà dove. Anche io, se potessi, sputereifuoco alle volte.”
Lei ridacchiò, mentre
papà tornava con il Gallese incolume “Lia, sta attenta ad Adrianne,
portiamo l’Ungaro fuori, ora.”
Di tutti i draghi che
mai io avessi visto (e sono stati molti) l’Ungaro Spinato è stato in assoluto
quello con il temperamento peggiore. I suoi occhi assottigliati emanavano più
fiamme della bocca e la sua coda, letale, ero convinta potesse tranciare in due
un uomo con un solo tocco.
Mi appoggiai alle porte
che davano sull’arena assieme ad Adrianne e insieme
osservammo Potter fare il suo ingresso, acclamato dalla folla.
“Il solo drago su cui
non avevo informazioni.” Bisbigliai, scuotendo il capo “Ma quanto sei
sfortunato, Harry?”
In un primo momento non
vidi una via di uscita per il povero Potter, che però stupì tutti evocando la
sua scopa con un semplice Accio.
“Semplice, ma efficace.”
disse mio padre guardando il ragazzo “Il giovane Potter, il bambino che è
sopravvissuto non delude le aspettative. E vola magnificamente!”
Lo guardai esibirsi in
un paio di torsioni e poi, drammaticamente, il drago ruppe la catene librandosi
libero nell’aria. Papà prese ad agitarsi e con lui anche Charlie tutti gli
altri “Questo non era previsto” disse il rosso portandosi una mano alla fronte
“Che facciamo, Peter?”
“Non possiamo
interrompere la prova.” disse papà, scuotendo il capo.
“Ma la prova ormai non è
più valida!” dissi io, mentre il drago ed Harry si allontanavano nell’arena,
alla volta della scuola “Va fatto qualcosa.”
“Non possiamo fare
niente, deve terminare questa prova da solo.”
I minuti passarono,
sfociando in un silenzio che non presagiva niente di buono. Tra le tribune si
diffuse un mormorio che si alzò sempre di più. Solo quando mio padre si sporse
in avanti, indicandomi un punto all’orizzonte, ripresi a respirare. Vidi Harry avvicinarsi
un po’ traballante sulla scopa, alla volta dell’uomo, che avrebbe di lì a poco
afferrato, ponendo fine alla prova.
“E l’Ungaro?” chiesi
allarmata. Papà si sbrigò ad allontanarsi, andando a risolvere il problema.
Solo quando Harry fece
un giro dell’arena con l’uomo in mano, il cannone suonò di nuovo, ponendo fine
alla prima prova del Torneo Tre Maghi.
La sala comune di Leoni
aveva un’atmosfera più accogliente della nostra. Mi ritrovai alla festa per
celebrare Potter come unica outsider, trascinata da Harry in persona, che mi
disse che voleva ringraziarmi, nonostante le mie informazioni gli fossero
servite a poco, offrendomi del buon idromele fatto in casa che i gemelli
avevano trovato chissà dove.
Mi misi a sedere su un
divanetto, abbandonando qualsiasi aria leggermente altera da Serpe in virtù di
un sorriso radioso e divertito. Ero sollevata che la giornata fosse finita.
“Allora Dahlia, come ci si sente a stare dalla parte dei belli, per
una volta?” mi chiese Fred, sedendosi accanto a me e circondandomi le spalle
con un braccio.
“Io ci sono sempre dalla
parte dei belli, Weasley.”
“Andiamo, vuoi dire che Malfoy è più bello di noi?” mi chiese il suo gemello e poi,
fingendosi oltraggiato alla mia risata si alzò “Andiamo a deliziare qualcuno di
più meritevole!”
Io risi più forte,
mentre loro prendevano sulle spalle Potter che, aprendo l’uovo, scatenò un
autentico caos con tanto di urla raccapriccianti provenienti da quel oggetto
tanto agognato.
“Miseriaccia, che cosa
era?” chiese Ron prima di scambiare un lungo sguardo con Potter. Sapevo che tra
loro due le cose non andavano bene, che non si parlavano più, me l’aveva detto
Harry stesso, ma io ero sempre la prima a sostenere che le vere amicizie
andavano ben oltre a stupide incomprensioni.
Scesi dal divanetto, uscendo
dalla sala dei Grifondoro e salutando tutti con un
gesto della mano, appoggiandomela poi sul capello che portavo in testa da tutto
il giorno e sfilandolo. Feci qualche passo per il corridoio sovrappensiero,
felice che le cose si fossero svolte senza morti/mutilazioni/sofferenze di
alcun tipo.
Quasi non mi accorsi
della figura che mi si era parata davanti e sussultai appena “Oddio!” dissi
portandomi una mano al petto. “Theo.” sussurrai poi, felice di vederlo. Si avvicinò a me con uno sguardo strano, cupo.
Senza contare che stava palesemente evitando di guardarmi negli occhi “Ma
qualcosa non va?”
“Lascia perdere. Malfoy ti cercava.”
“Ma cosa…
? Theo aspetta!” mi parai davanti a lui, portando le mani aperte sulle sue
braccia “Mi dici cosa ti sta succedendo, per favore?”
Lui rimase, zitto con
sfuggendo gli occhi ai miei “Draco e Blaise sono i miei migliori amici, ma forse Malfoy di più.”
Io annuii lentamente “Lo
so” gli risposi senza capire “E quindi?”
“Se non lo capisci da
sola” sbottò irritato “non sarò io a dirtelo, Blake. Ora cammina, il tuo
ragazzo si starà preoccupando visto che stai facendo tardi per festeggiare lo
Sfregiato.”
Lo guardai allontanarsi
senza aspettarmi. Velocemente, mi affrettai a seguirlo dentro alla sala comune
dei Serpeverde. Stavo iniziando a capire il motivo di
tutta quella diffidenza nei miei confronti, quella freddezza che mai aveva
avuto.
Era uno dei due migliori
amici di Draco, è vero, ma lo era sempre stato anche
per me e non intendevo perderlo per una banale cotta nata per chissà quale
motivo.
Andava affrontato il
discorso, prima o poi.
“IlBallo del Ceppo è una tradizione del Torneo Tremaghi che io abolirei con il sorriso sulle labbra,ma visto che per ora dobbiamo subirlo, per il
momento, vediamo di fare le cose come si deve!”
Guardai Piton fare su e giù per la sala comune dei Serpeverde,con
un’aria per nulla soddisfatta. Visto che non ne sapevo molto, alzai la mano. Appena
lui mi diede il permesso gli domandai “Quindi è una sorta di…
Ballo?” chiesi senza capire.
Adrianne mi diede man forte “Una di
quelle bruttissime ricorrenze in cui agghindarsi in modo eccessivo, che fanno
crollare l’autostima se non si riesce ad invitare o a non essere invitato? È
una di quelle serate in cui tutti si fingono amici per salvare le apparenze?”
“Non avrei saputo
definirlo in modo più appropriato, signorina Dixon.”
commentòlui alzando gli occhi al cielo
“Al solo pensiero mi si storcono le budella, ma il mio buon senso mi suggerisce
di rammendarvi che, poiché siete una Casa che annovera le Famiglie più nobili
di tutto il mondo magico vi consiglio caldamente di non fare la figura degli zotici.
Le conseguenze potrebbero essere, come dire, sgradevoli.” Guardò Tyger e Goyle prima di spostare
lo sguardo su Millicent e sospirare.
“Ma professore…”
chiese Edgar Nogar, un ragazzo del secondo anno
brufoloso e dai esasperatamente eleganti. Solitamente, però, perché in quel
momento pareva tutto ma non spocchiosamente deciso “Non dobbiamo ballare… Vero? Intendo dire, nonostante sia un ballo, non
esistono obblighi nel prendere parte alle danze, o sbaglio?”
Un brusio si diffuse per
la stanza, mentre tutti gli studenti di sesso maschile guardavano increduli il
ragazzo, come se avesse appena detto un’ovvietà. Ovvio che per loro potevano
anche non ballare!
“Ovvio che no, signor Nogar.” rispose calmo Piton, con
la sua solita vervè“Ma se tu non ballerai, e questo vale anche
per i tuoi esigui colleghi, ti costringerò a pulire tutto il pavimento del
sotterraneo, compresi i bagni, con la lingua.” Il ragazzo lo guardò con gli
occhi sgranati, mentre Theo lasciava cadere la testa contro il tavolino di
legno al quale era appoggiato “Tutti dovrete venire in compagnia e tutti
dovrete ballare. Non permetterò che la mia Casa si conceda di fare la zotica,
mentre gli altri danzano educatamente!”
Silenzio.
“La casa di Salazar Serpeverde, lo ripeto per imprimerlo a modo nei vostri
cervelletti atrofizzati, è la più nobile del castello! Dovrete essere sinuosi
come serpi durante le danze, eleganti e sobri al tempo stesso. Non mi aspetto
che lo siate tutti, ma la maggior parte dovrà impegnarsi al fine di non
sembrare una ciurma di scalmanati bucanieri in osteria.”
“Come si fa?” chiese
un’altra ragazza, penso del sesto anno guadagnandosi un’occhiata annoiata.
“Non mi metterò di certo
a dimostrarvelo ora, in questo posto.” rispose secco aggiustandosi il mantello
“Vi rimetto al vostro buon senso. Buona giornata.”
Lo guardai uscire con un
sopracciglio alzato, mentre Draco si voltava nella
mia direzione con un sorrisetto “Ricordo quando abbiamo danzato insieme, al matrimonio
di Linnea.” mi disse passandomi un braccio attorno alle spalle e avvicinandosi
a me “Sembravi davvero una serpe. Una serpe che aveva mangiato pesante però!”
“Non siamo tutti
ballerini provetti come te, Draco.” gli risposi a
tono “E poi chi ti dice che verrò al ballo con te?”
“Touchè”
gli disse Blaise , ridacchiando mentre Draco sbadigliava annoiato.
“Perché, chi altri
potrebbe invitarti dopo l’uscita infelice dell’altro giorno con quello stupido Tassorosso?”
Non so precisamente cosa scattò in me in quel
frangente.
Forse fu orgoglio o Merlino sa solo cos’altro,
ma mi sentii offesa e risentita. In quel momento, mi parve qualche la colpa di
tutto ciò che mi era successo fosse in parte colpa di Draco.
L’impopolarità fuori e dentro la casa in primis, le frecciatine dei gemelli, le
parole dure a Justin.
Fu allora, in un moto di stizza, che lo guardai
seria e dissi l’ultima cosa che tutti si aspettavano di sentire.
Me stessa compresa.
“Non dovresti dare per scontato che verrò
insieme a te. E il motivo è semplice: non ho intenzione di venire al ballo con
te se non hai nemmeno il buon gusto di chiedermelo!”
Draco reagì di conseguenza, alzandosi in piedi di scatto con il viso
contorto in una smorfia “Io non devo chiederti proprio niente, Blake. Tu
dovresti solo sentirti onorata nel venire al ballo insieme a me!”
“Chi ti dice che ci verrò?”
“Non mi importa se verrai o meno, perché sono io
che non voglio andarci insieme a una come te!”
La discussione aveva monopolizzato l’attenzione
generale.
Io ero ferita, lui furibondo.
Senza aggiungere altro girai suoi tacchi e lo
lasciai lì, a sbraitare contro chi osservava la scena con tanta passione.
Non lo ammisi mai, ma in quel momento, mi sentii
una vera stupida.
Sapevo però che nessuno dei due si sarebbe mai
scusato per primo.