Cappelli & googles

di Arydubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ATTO I: cappelli che sopravvivono - cappello nero e googles azzurri ***
Capitolo 2: *** ATTO II: cappelli che arrivano- cappello bordeaux e googles gialli ***
Capitolo 3: *** ATTO III: cappelli che riassumono una vita ***



Capitolo 1
*** ATTO I: cappelli che sopravvivono - cappello nero e googles azzurri ***


ATTO I: Cappelli che sopravvivono
-cappello 
nero e google azzurri
-
 
“Riammelo!” urlava Sabo, 11 anni, guardando in cagnesco la ragazzina di fronte a lui.
“Te lo puoi scordare!” gli rispose in tono canzonatorio quella, che gli stava parata davanti con fare provocatorio, la lingua di fuori in una pernacchia. Si chiamava Koala e aveva appena un anno in più.

I due bambini stavano giocando a stuzzicarsi l’uno con l’altro nel patio all'aria aperta della sede dei Rivoluzionari quando, improvvisamente, Koala aveva agguantato di soppiatto il cappello in testa al compagno e si era messa a correre per il cortile, urlandogli: “Prendimi! Prendimi!”.

Una cosa normalissima per dei bambini che stavano tranquillamente passando assieme il tempo a giocare...o così almeno avrebbe dovuto essere in teoria.
Koala in tutta onestà non capiva la ragione per la quale Sabo ora se la stesse prendendo tanto…il suo compagno di giochi aveva un tono veramente infuriato e sembrava in procinto di dare in escandescenze.

“Te lo ripeterò ancora una volta: DAMMI. SUBITO. IL. CAPPELLO!”
Koala ci mise poco a capire di averla fatta davvero grossa stavolta...
 
Si conoscevano da parecchi mesi, ormai, quei due, ma Koala non lo aveva mai visto arrabbiarsi così. Non che Sabo tendesse a comportarsi in maniera accondiscendente e dimessa, per la carità; era facile vederlo sbraitare spazientito per qualcosa. Ma un conto era sbottare per fare scena...un conto era reagire a quella maniera, per una faccenda da nulla, poi. Lei gli veva solo sfilato dalla testa il cappello, perdinci! 
La ragazzina non aveva intenti dolosi; Sabo avrebbe dovuto saperlo, si diceva Koala…Lei stessa per prima aveva patito sulla sua pelle l’essere derisa dagli altri bambini, quando aveva fatto ritorno al suo villaggio dopo gli anni prigionia, perché considerata “strana” a causa delle due idee; Koala gli aveva raccontato dei soprusi subiti; non sarebbe stata certo lei a ripetere simili atteggiamenti derisori....Del resto, non lo stava mica vessando... Almeno non dal suo punto di vista: quello che aveva fatto poteva essere considerato in varia maniera, fuorchè come qualcosa di grave o irrispettoso...
Il cappello era stato solo un pretesto per rincorrersi, non intendeva rubarglielo davvero: aveva pensato che impossessarsene sarebbe stata una buona idea per "spronarlo" a giocare ad acchiapparella, per questo gilelo aveva sottratto sotto al naso. Voleva solo giocare. Tutto lì. Nulla di più, nulla di meno.
Si era aspettata proteste da parte del ragazzino e una bella corsa a perdifiato per i corridoi... una gara a nascondino magari. Di certo non quella reazione offesa e adirata cui si trovava ad assistere.

Tanto meno credeva di aver già instaurato con quel bambino un rapporto così profondo da potersi permettere di tutto…semplicemente non aveva pensato che prendere quel cappello e mettersi a correre con esso avrebbe costituito un vero e proprio casus belli;  mai più pensava che comportandosi così si sarebbe arrogata un diritto che evidentemente non aveva. Forse prendendogli il cappello lo aveva urtato in una qualche maniera che non capiva; magari senza accorgersene aveva fatto qualcosa che lo aveva indispettito…

Koala era mortificata.
Lei e Sabo erano gli unici due bambini nella base della Rivoluzione e piano piano erano diventati sempre più affiatati. Sabo le stava parecchio simpatico. Per questo le dispiaceva vedere di aver sbagliato. Non voleva perdere proprio ora l’unico amico che era riuscita a farsi e per una faccenda così stupida, peraltro.
Vedere il volto di Sabo scurirsi di rabbia l'aveva colpita profondamente: Koala si era sentita improvvisamente in colpa.

“Koalaaaaaaaaaaaaaa!”
All'ennesimo grido, la ragazzina si fermò di colpo, lasciandosi raggiungere.
Con uno slancio Sabo le fu addosso e le strappò di mano il cappello. Lei non oppose neppure resistenza.
“Scusa…” si limitò a mormorare Koala. “Non pensavo fosse così importante per te” spiegò veramente dispiaciuta. 
Il suo tono era quello rammaricato di chi sa di aver sbagliato e se ne fa un problema. Teneva gli occhi bassi e faticava a guardarlo in faccia.
Anche Sabo, il fiato corto per la corsa e per le urla, si accorse di quanto Koala ci fosse rimasta male.
Dopo qualche attimo di imbarazzato silenzio “Scuse accettate” borbottò Sabo con finta indifferenza, ricacciandosi in testa il cappello e strofinandosi il naso.
Anche lui si sentiva stranamente in fallo, adesso.
Forse se l’era presa troppo con lei…non che Koala sembrasse il tipo da mettersi a piangere per così poco, ma era chiaro che il suo pentimento era assolutamente sincero.

“E’ che ci tengo…al cappello intendo” disse, per abbozzare una spiegazione.
“E’ per gli occhiali? Hai paura che si rompano?” Koala, incuriosita, si era portata dietro l’orecchio una ciocca di capelli mentre pronunciava quelle parole. Aveva parlato con esitazione per paura di peggiorare le cose, ma Sabo, una volta riottenuto il cappello, sembrava tornato lo stesso di sempre.
“I googles? No, questi affari sono indistruttibili, fidati, ne hanno passate di cose e ne sono usciti sempre meglio conciati di me.” e per rafforzare il concetto picchiettò con le nocche le lenti.
Sabo vide che un timido sorriso si affacciava sul volto di Koala, mentre riprendeva il coraggio di incrociare lo sguardo con lui.

Il ragazzino si sedette su un gradino delle scale esterne della base, subito imitato dalla compagna.
Aveva deciso di raccontarle un po’ di più della storia di quegli oggetti.
 ”Sono molto legato a questo cappello. Dragon, indovinando che l’oggetto mi appartenesse, quel giorno in cui mi ha salvato, l’aveva raccolto tra i relitti del mio affondamento causato dal Drago celeste, e l’aveva portato con sé per puro caso. Ma è stata una fortuna che l’abbia fatto. Tutto quello che si era salvato dall’affondamento erano essenzialmente questo cappello e la mia persona, col resto dei vestiti che mi portavo addosso. Quando mi risvegliai dopo essere stato ripescato da Dragon, totalmente dimentico di chi fossi a causa della mia amnesia, è stato essenzialmente questo cappello ad aiutarci a ricostruire un minimo il mio passato”
Sabo si tolse il cappello nuovamente e fece segno a Koala di osservare una piccola scritta a ricamo sul bordo interno del cilindro.
“Uno degli uomini di Dragon si accorse di queste quattro lettere cucite sul lembo del cappello, perciò controllando anche il resto dei miei effetti personali e trovando altre scritte di questo tipo dedussero che questo fosse il mio nome”
Koala non si era minimamente aspettata questa rivelazione.
“Quindi non sai se ti chiami veramente Sabo o no…?” chiese, quasi scioccata.
Koala restava sempre stupita per come Sabo riuscisse a parlare del suo non-passato con tranquillità.
“Io sono Sabo –replicò con forza il ragazzino, facendo spallucce –il bambino dei rivoluzionari c'est moi e si chiama Sabo. Anche perché, ti dirò…mi piace questo nome” concluse, dandosi un contegno.
Faceva quasi ridere vederlo così, tutto impettito, calcare il tono della voce nel definirsi un "rivoluzionario". “E’ carino in effetti" poi si affrettò a precisare: "come nome”.
. “Be’ carino non è esattamente l’aggettivo che si addice a un futuro eroe…”
"Eroe, adesso..."
lo canzonò guardandolo ironica. Koala finalmente sorrideva distesa. Sabo pure.
Pace era fatta.

“Ma i googles…?” chiese, incuriosita, Koala. Oramai aveva riacquisito tutto il suo coraggio.
“Ah, quelli c’erano già! Quando Dragon mi ha ripescato erano montati sul cappello. Te l’ho detto che ne hanno passate…”
“Ma non hanno un graffio…”
“Infatti li ho eletti a mio portafortuna. E’ per questo che non mi piace separarmi da loro e da questo cappello. Non so, ma ho come l’impressione di essere connesso a questi occhiali da un legame particolare…credo che se si rompessero si spezzerebbe qualcosa in me. E lo stesso vale per il cappello. E’ con me da prima di quanto io ricordi. Anche lui deve averne viste, di cose. E' come se oramai queste cose facessero parte della mia essenza...Non so, forse sbaglio, però credo che un giorno questi due oggetti potranno aiutarmi a capire altri elementi del mio passato, forse proprio a recuperare qualche ricordo”
Koala tornò a sentirsi pentita scoprendo quale valore affettivo avesse quel cappello occhialuto per il suo amico. 
E lei ci aveva giocato. Anche se solo per scherzo, aveva sottratto a Sabo un oggetto di grande importanza…
Si sarebbe presa a calci da sola.
“Scusami...io...”

Non si aspettava che, per tutta risposta, Sabo si mettesse ad armeggiare col cappello.
“Provali!” disse a Koala, allungando alla ragazza i googles che aveva staccato dal cappello.
Koala lo guardava incredula.
“Posso?”
“Se te lo dico io…”
Koala indossò con cura i googles, mentre Sabo la squadrava: “Mmmm…”
“Che c’è?”
“Prova questo anche” disse, porgendole il cappello.
Senza fiatare, Koala mise in testa il cilindro.
Sabo continuava a fissarla, come a valutare qualcosa. Koala si sentiva profondamente in imbarazzo, non era da lei fare da modella ed essere osservata e quella cosa sembrava a lei assai simile a una sfilata di moda, anche si trattava solo di un cappello.
A un tratto Sabo scosse la testa come a dire “no” e le disse di levarsi solo gli occhiali, che prontamente furono restituiti al legittimo proprietario.
“Aspetta!” le disse scattando in piedi, in un tono così repentino da spingere la ragazzina a fare lo stesso.
Incurante del fatto che Koala fosse più alta di lui di 5 buoni centimetri, Sabo fece del suo meglio per infilare i googles di nuovo sul cappello che la ragazza ancora aveva in testa. Accorgendosi della sua difficoltà, Koala si piegò leggermente in avanti per facilitargli l’operazione, arrossendo appena un pochino.
Chissà cosa stava cercando di fare Sabo…
Quando tornò a guardarla, Sabo sembrava soddisfatto.
“Sai, stai bene così. Però il cilindro non è un modello adatto a te e anche il tuo viso si adatterebbe meglio a forme diverse da quelle squadrate, tipo rotonde, ecco, sì, sarebbero perfetti…anche l'azzurro...naaaaa!”
Koala lo guardava incredula e scoppiò a ridere, una risata cristallina, divertita.
“Non sapevo fossi uno stilista…”
“Non lo sono, infatti, però ho occhio” disse, facendole l’occhiolino “ e ripeto, non porti il tutto bene come il sottoscritto, ma ti dona questo stile.”
“Ma sentilo…!”

Quand'ebbe finito di ridere, Koala fece per restituire definitivamente il cappello a Sabo, ma questi ricominciò a parlare senza riprenderselo, con tono serio, guardando lei anziché il cappello.
“Bene, ho deciso”
“Che cosa?”
“Da oggi tu sarai la mia personale curatrice del cappello “
“Che cosa???”
“Quando sarò in missione, quando saremo più grandi…sarà a te che affiderò questo cappello quando avrò paura che si rovini.”
Koala non avrebbe mai immaginato che Sabo potesse dirle una cosa simile. Non dopo tutto il putiferio che era successo…
Strinse il cappello che teneva tra le braccia come un grosso pacco regalo per la cui sorpresa un bambino freme estasiato. 
Annuì vigorosamente. 
Capiva perfettamente l’importanza di quel gesto. 
Sabo le stava davvero concedendo un grande onore.

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Capitolo 2
*** ATTO II: cappelli che arrivano- cappello bordeaux e googles gialli ***


ATTO II:  cappelli che arrivano
-cappello
 bordeaux e google gialli-
*Alcuni giorni dopo*
 
Che cosa fosse un compleanno Sabo lo aveva completamente dimenticato. Anche perché lui, quando fosse nato, non se lo ricordava proprio.
Non che lì tra i Rivoluzionari avessero tempo per idiozie del genere. Tuttavia, ogni tanto qua e là capitava che qualcuno in nome di questa cosa, il “compleanno”, facesse un po’ di festa, ottenesse un permesso speciale, addirittura ricevesse un regalo.
Non era una cosa rara, a ben vedere. Essenzialmente dipendeva da quanta importanza dava alla cosa il festeggiato.
A lui del proprio compleanno non è che importasse granchè, e senza rancore, ma aveva capito che, in sostanza non era così per tutti. C’era chi aveva piacere nel sentirsi fare gli auguri.
Se solo lo avesse avuto, probabilment,e non sarebbe dispiaciuto nemmeno a lui festeggiare il proprio compleanno. E alle volte provava a immaginarlo, il giorno del suo compleanno, a immaginare cosa avrebbe fatto se fosse caduto d’estate o d’inverno, oppure durante le mezze stagioni…perchè il compleanno doveva essere proprio una cosa divertente, anche se lui non lo aveva.

Sabo non sapeva perché quei pensieri gli stessero balenando in testa proprio ora…ma si risolse a fare una domanda:
“Tu quand’è che compi gli anni, Koala?”
 
I due erano appena usciti dalla palestra della base dei Rivoluzionari, alla fine della sessione d’allenamento del giorno. Con le ossa scricchiolanti e ancora affannati, si stavano dirigendo dalle docce per riprendersi dalle enormi fatiche a cui erano sopravvissuti anche stavolta.
Koala avanzava con la schiena inarcata, stiracchiandosi una spalla.
A quella domanda guardò Sabo con un’espressione strana, che il ragazzino fece fatica ad identificare. Aveva arricciato il naso e sospirato?
“Il 27 luglio”
“Ma…è…domani!” escamò Sabo tra lo stupito e l'interdetto.
Quello sì che si chiamava tempismo
“Già…”
“Ma allora potremmo fare…”
“No, non possiamo fare niente.”
L'esaltazione era morta sulle labbra di Sabo là dove era appena nata.

Erano ormai arrivati ai bagni comuni; Koala si fiondò sulla destra senza aggiungere altro, sparendo dalla vista del ragazzino. Sabo entrò lentamente nella porta a sinistra, che conduceva alla sezione maschile, guardandola scomparire obiettivamente corrucciata.
Mentalmente, prendeva nota: a Koala non piaceva parlare del proprio compleanno.
Sapeva di gente che al compleanno non dava importanza, ma gli sembrava strano che per qualcuno costituisse un cruccio da tragedia greca, anche se Koala apparteneva chiaramente a quest'ultima categoria.
Si chiese, mentre cominciava a spogliarsi e a piegare i vestiti, se forse, anziché chiederle quand’era, avrebbe dovuto piuttosto domandarle se teneva al suo compleanno…ma per quanto logica, si rendeva conto di quanto potesse sembrare stupida quella domanda se pronunciata davvero. Suonava così male
Chi al mondo tra le persone normali non teneva al proprio compleanno?
Ma forse era quello il punto: Koala –come lui, del resto- non rientravano esattamente nel novero delle persone “normali”...e specie non nel novero di quelle “dal passato felice”…
E da buona persona "non normale" Koala e i compleanni non andavano d'accordo.
 
Sotto la doccia, intanto, Koala stava ripensando a quella domanda tutto fuorchè provvidenziale .
Perché mai a Sabo era venuta in mente quella cosa del compleanno? Certo che farle quella domanda proprio il giorno prima della fatidica data…altro che sesto senso! Le veniva quasi da ridere: e lei che quasi sperava di essersela scampata per quest'anno la faccenda del compleanno, essendo finalmente lontana da casa...! Sola, col suo dolore che nessuno al villaggio aveva mai potuto capire...

Era una brutta data per lei, il 27 luglio. In quel giorno era nata, ma sempre in quella data era stata ricondotta dai pirati del sole al proprio villaggio dopo anni di prigionia al servizio dei Draghi celesti; un avvenimento per cui esultare, in effetti, se non fosse stato che i suoi compaesani avevano chiamato la marina e fatto uccidere Fisher Tiger appena dopo che questi l’aveva salutata, fiero di averla riportata a casa sana e salva. Si era trattato di un tradimento così basso da essere semplicemente incommentabile.
Quello era il giorno in cui lei, di nuovo, era come morta dentro: perché per la seconda volta l’umanità l’aveva delusa.
Per questa ragione lei non aveva più alcuna voglia di festeggiare. Le sarebbe sembrato un affronto nei confronti di quella persona, quell’uomo-pesce che per lei aveva ridato la vita. Doveva essergli grata e onorarne la memoria…il che voleva dire serbare nel proprio cuore quel lutto come un costante memento.
No, decisamente non aveva un bel niente da festeggiare .

Mentre si lavava via sabbia e sporco, anche qualche macchiolina di sangue rappreso attorno a graffi più o meno profondi, rifletteva su cosa Sabo potesse avere in mente ora che aveva visto la sua reazione indispettita.
Cosa avrebbe pensato quello stupido, qualche muro più in là?

Fu allora che comparve.
Forse sotto sotto ti piacerebbe festeggiare…ancora una volta…come un tempo...come prima di essere venduta, di essere diventata schiava...

Eccola, la vicina che la tormentava da giorni. Una vocina a cui Koala sapeva benissimo che nome dare: senso di colpa.
Ci conviveva da due anni, oramai, col senso di colpa: era un dolore quotidiano, ma programmaticamente, nel periodo del suo compleanno, all'improvviso esso diventava più forte della sua forza di volontà, invadendo tutti i suoi pensieri, sussurrando malignità e facendola stare male.
E lei doveva lottare contro il sentimento di profonda impotenza e inutilità che la invadeva.
Aveva fatto davvero del suo meglio per non dare a vedere a nessuno il turbamento che l'avvinghiava da dentro negli ultimi giorni. Ci era pure riuscita brillantemente tanto che nessuno si era accorto della sua lotta interiore...
Se solo non fosse arrivata quella domanda di Sabo...
Onestamente, non si capacitava nemmeno del perché avesse ceduto così facilmente a rivelargli la propria data di nascita…

Poi la vocina si intromise di nuovo: 
Se solo gli abitanti di Fullshout non avessero venduto la vita di Fisher Tiger per la tua, per convincere la marina a tacere il tuo essere una schiava fuggitiva...Fisher Tiger sarebbe ancora vivo...

Scacciò via quel pensiero molesto con uno scrollone della testa e una sciabordata di acqua gelida.
Quante volte si era detta che quei pensieri erano inutili?

Se solo Fisher Tiger ti avesse ignorata e si fosse rifiutato di portarti al tuo villaggio...

Quante volte ancora avrebbe dovuto ripeterselo?

E' tutta colpa tua...

...Era vero.

Dillo che vorresti festeggiare! Sennò perchè avresti parlato a Sabo del tuo compleanno? Potevi mentire, fingere di averli già compiuti… continuava a infierire la vocina.

Ma Koala sapeva che la vocina sbagliava, che se gli avesse risposto in quella maniera Sabo avrebbe semplicemente continuato a fare domande; era semplicemente stata colta alla sprovvista…e quella era stata una maniera improvvisata per tagliar corto. Dargli un contentino e zittirlo per il resto. Aveva semplicemente risposto a una domanda di Sabo, punto. E di quell’informazione Sabo non se ne sarebbe fatto nulla.

Doveva ammetterlo comunque: ignorare una vocina costante nella propria testa era cosa più facile che svicolare una domanda a bruciapelo posta da un’altra persona.

Magari basterebbe un nuovo regalo per scacciare il ricordo di Fisher Tiger…magari un regalo di Sabo...insinuò malliflua la vocina.
Bugia!

Fu un pugno contro le mattonelle della doccia a zittire la vocina, stavolta. Una ragnatela di crepe che avrebbe reso fiero Hack si formò tutt'attorno al suo piccolo pugno.
No, era una pura menzogna! E poi, chi voleva dimenticare Fisher Tiger? Non certo lei...Anzi, se avesse potuto farlo anche solo per un secondo, probabilmente ora non si sarebbe trovata a dialogare con sè stessa come una pazza con crisi d'identità. E poi lei non voleva...non c'era altro che le rimaneva di Fisher Tiger se non il ricordo.
Una persona sola sapeva del suo compleanno, Dragon e questo per motivi pratici. Non aveva intenzione di dare a Sabo altre spiegazioni, intrattenerlo sul perché odiasse il proprio compleanno, nè concedergli di fare alcunchè o ottenere qualcosa da lui. Preferiva tenerlo fuori da quella questione e sperava che quella scenata fosse stata abbastanza per convincerlo a desistere da un nuovo assalto. 

Si sbrigò a terminare la doccia e indossò una tuta pulita, raccattando più veloce che poteva il resto delle sue cose. Voleva tornare alla svelta in camera. Se si fosse sbrigata, avrebbe potuto chiudercisi dentro dopo aver preso qualcosa dalla mensa.
Magari, l’indomani, Sabo si sarebbe astenuto da ulteriori indagini e avrebbero potuto allenarsi assieme come ogni altro giorno…sempre che lei avesse deciso di uscire dalla propria camera. Improvvisamente le sembrava una buona idea nascondercisi dentro finchè quel fatidico 27 luglio non fosse passato…
 
Quando Sabo uscí dalla doccia, contrariamente al solito, non c'era nessuna Koala ad aspettarlo.
Strano. In genere chi finiva prima si sedeva ad aspettare pazientemente l'altro sulla panca fuori dai bagni comuni. Ma nessun rumore proveniva dalle docce femminili né alcun oggetto personale di lei era più in vista.
Il sua sguardo cadde su un fogliettino minuscolo appoggiato alla panca: “Sono stanchissima, vado a letto. A domani”
Balle.
Cioè, lo stava evitando?
Sabo storse il naso, piccato.
Doveva avere toccato un tasto davvero dolente…
Aveva imparato a conoscere Koala: sapeva che quando faceva così la ragazzina voleva evitare domande. Un modo implicito, forse un pelo scortese, sicuramente introverso, per dire a chi la stava importunando di piantarla lì.

Tirò un sospirone, non sapeva bene se di sollievo o cosa. Perlomeno a ‘sto giro aveva evitato le botte, si diceva, e comunque la situazione non era troppo grave, pensava; forse Koala si era indispettita, ma a lui la ragazzina era parsa triste più che arrabbiata.
E contro la tristezza c’erano vari metodi…
Di una cosa era certo: voleva capire cosa la turbasse nel suo compleanno, possibilmente senza turbare di nuovo lei.

A cena scese pensieroso.
Non conosceva Koala così bene da capire da solo l’arcano mistero celato dietro la data sua di nascita. Se fosse stato così, del resto, quella sua ricerca attuale non sarebbe servita; non avrebbero anzi a priori litigato. Non stava dimenticando qualcosa, sbagliando nel ricollegare degli elementi…aveva proprio la sensazione di essere all’oscuro di qualche elemento fondamentale della storia di Koala.
Andò con la mente all'equivoco del cappello accaduto appena qualche tempo prima. Decisamente, ne avevano di scheletri nell'armadio con cui fare i conti, tutti e due.
Fu così che l’operazione “staniamo il segreto di Koala” ebbe inizio.

La prima occasione di scoprire qualcosa gli si presentò proprio a mensa.
Ivankov si era avvicinato a lui col solito sorriso stampato sull’enorme faccione e gli si era seduto davanti. Aveva sempre un atteggiamento materno quell’uomo.
“Ohlà, Sabo, come va? Come mai non sei in compagnia della dolce pulzella Koala?”
“Ha detto che si sentiva stanca e ha preferito andare a riposarsi in stanza…” rispose il ragazzo con tono che sperava suonasse noncurante.
"Detto" era un parolone, visto che Koala si era limitata a un bigliettino...ma a Sabo non sembrava il caso di puntualizzare.
Iva lo guardò interrogativo.
“Vi ha strapazzati ben bene il caro vecchio Hack…oppure c’è dell’altro? Avete per caso discusso? Mmmm?”
Quanto diavolo era divenuto normale vederli assieme se alla prima volta in cui l’uno o l’altra si trovavano separati la gente pensava che avessero litigato?
Era vero, per la carità, avevano litigato, ma era preoccupante che la cosa fosse così evidente...
Ma Emporio Ivankov era uno di quelli che in generale la sapeva lunga…aveva occhi e orecchie ovunque…e non solo per via del suo enorme faccione.
Tuttavia, pensò Sabo, forse proprio per quella ragione il caro vecchio Iva-chan avrebbe potuto rivelarsi un buon informatore...

Decise di provare, rimanendo sul vago.
“Secondo te, perché a una femmina parlare del proprio compleanno dovrebbe dare fastidio?”
Faceva un certo effetto rivolgere quella domanda a Ivankov.
“Oh, figliolo, - rispose quello in tono civettuolo- ma perché a una ragazza non piace che si scopra quanti anni abbia! Arriva un certo punto in cui una donna smette di aumentarsi gli anni…in genere verso i 35…io stessa ho 35 anni da più di 15 anni…”
Era una cosa stupida ma sensata allo stesso tempo, la paura di invecchiare. Ma per il caso di Koala sembrava una cosa improbabile: era solo una bambina.
Quindi fuori l'opzione numero uno: non era una ragione “femminile” a spingerla a odiare il compleanno.
“Ma se la ragazza in questione fosse molto più piccola di quella età di sicuro…e pure facesse mistero del proprio compleanno?”
“Be’, un tal caso, io dedurrei che la ragione di un simile comportamento sia un qualche ricordo non piacevole associato a quella data”
Conclusione: Koala odiava il compleanno per qualcosa a lei capitato.
Magnifico. Non aveva la minima idea di cosa potesse esserel capitato il 27 di luglio in passato.
Sabo si sentiva tornato al punto di partenza.

Il ragazzino si trovò a sospirare di nuovo. Tanto valeva giocare a carte scoperte...anche se era evidente che Ivankov fosse anch’egli a corto di informazioni…perché suo malgrado si capiva benissimo di chi stessero parlando.
“Si può sapere cos’è successo tra te e Koala?” domandò Iva togliendolo dall'impiccio di ulteriori spiegazioni.
“Niente di che. Ero curioso e le ho chiesto quando fosse il suo compleanno. Stavamo battibeccando su questioni di forza comparate all’età…e niente, le ho fatto questa domanda. Al che si è rabbuiata”
“Capisco…sai, magari, senza volerlo, sei andato a ficcanasare in cose su cui preferisce mantenere il silenzio”
“Io non voglio farmi i fatti suoi, ha il diritto di avere i suoi segreti, se vuole. Solo che…mi ha detto quale fosse la sua data di nascita…però poi si è andata a nascondere. Mi dispiace sia rimasta turbata, tutto lì, io non volevo…”
“Ti ha detto quand’è la sua data di nascita?”
Sabo scosse la testa in segno di assenso.
“Per questo è strano. Poteva non rispondere. Poteva non dirmi nulla. Non sarebbe stata la prima, qui dentro, a non voler far sapere la data del proprio compleanno…Io stesso non saprei come risponderle…ma l’ha fatto e poi mi ha piantato in asso!”
Ora le cose cominciavano a diventare più chiare a Iva-chan. Non sapeva cosa avesse causato quella reazione da parte di Koala, ma cominciava a capire perché la faccenda stesse particolarmente a cuore a Sabo.
“Mi dispiace che lei, che può… non…voglia festeggiare” concluse Sabo con un tono di voce sempre più fievole.
Ivan mandò giù una cucchiaiata di zuppa prima di parlare. “Non so che cosa la turbi nel giorno del suo compleanno…ma è triste che una ragazzina così giovane tema questo giorno e non lo festeggi” commentò concentrato.
“Esatto, penso la stessa cosa!- disse Sabo come infervorato, picchiando il cucchiaio sul tavolo – quando ho provato a proporle qualcosa come festeggiamento è stato come se le avessi chiesto non so, di andare al cimitero!”
Improvvisamente, ebbero come una folgorazione. Si guardarono.
Cimitero?
Come aveva fatto a non pensarci prima! Magari il 27 era legato a un lutto di qualche tipo...
“Stai pensando a quello che sto pensando io?” chiese Ivan.
“Se riguarda morti e cimiteri allora sì”
“Allora vai all’archivio e tenta di scoprire cosa è successo il…”
“27 luglio” concluse Sabo.
27 luglio, 27 luglio…quella data ricordava qualcosa a Emporio, anche se non ricordava bene cosa…Era certo di avere letto di recente qualcosa riguardo al 27 luglio di qualche anno prima…giù, in archivio...
E mentre Sabo ingollava l’ultimo boccone di zuppa prima di sparire oltre la scaletta che conduceva all’archivio, con il pollice all’insù ad indicare che era pronto alla missione, Iva si permise di pensare a quanto la venuta di Koala stesse facendo crescere quello sfaccendato di Sabo. Era carino quanto si preoccupasse per lei.
Una frase di tutto il discorso di Sabo gli era però rimasta impressa: “Lei che può festeggiare il compleanno è triste che non lo voglia fare…Io non saprei come risponderle…”.
Decisamente dovevano fare qualcosa anche per quella faccenda
 
Giù nell’archivio, Sabo stava litigando con volumazzi più alti di lui.
A suo avviso era un folle chi aveva rilegato quella roba a quella maniera.
Era nella sezione dell’emeroteca e stava sfogliando pagine e pagine di vecchi giornali quotidiani.
Certo che ne scrivevano di belinate sul Quotidiano del mare…
Era arrivato al nonsisapevapiùqualesimo volume, dopo aver passato uno per uno i giornali del 27 luglio e i giorni limitrofi a partire dall’anno di nascita di Koala, quando finalmente arrivò a una sconvolgente notizia piazzata giusto giusto in prima pagina in data 28 luglio, appena due anni prima: “Successo del blitz della marina a Full Shout-Fisher Tiger è morto”.

Full Shout?
Fisher Tiger?
Quello era il nome del pirata che aveva accompagnato Koala a casa…appunto un villaggio di nome Full Shout.
Si mise a leggere ad alta voce l’articolo col cuore che tremava.
“Appena sbarcato… grazie all’avviso dei coraggiosi abitanti di Full Shout…circondato dalla marina … 52 proiettili?...riportato sulla nave…l’annuncio del decesso è stato inviato alla Marina questa notte alle ore 3, ma la morte sembra essere sopraggiunta nel tardo pomeriggio di ieri, sabato 27 luglio. Il pericoloso pirata della stirpe degli uomini-pesce non infesterà più con la sua infausta presenza le acque del Governo Mondiale”.
Sabo piazzò una manata sulla brutta faccia dei marines esultanti ritratti nella foto a fianco al trafiletto, come a scacciare quelle parole.
L’amaro che questa lettura gli aveva lasciato in bocca non era descrivibile a parole.
L’avevano venduto! I compaesani di Koala avevano venduto il suo salvatore il 27 luglio!
Ecco perché Koala odiava quella data.
Era stata riportata a casa lo stesso giorno del suo compleanno e in quell’occasione il suo salvatore era morto proprio per quel gesto caritatevole, tradito da coloro che più avrebbero dovuto essergli grati.
Poteva capire benissimo il rifiuto di Koala per quella data.
Sapeva che il suo salvatore era morto, era stata Koala stessa a dirglielo, sapeva già della brutta storia del tradimento…ma la data, quella infausta data no.

Si appoggiò al tavolo coi gomiti, tenendo il capo tra le mani.
Aveva davvero infilato il naso in faccende estremamente private.
E ora che avrebbe dovuto fare?
Scusarsi con lei? Si sarebbe offesa sapendo che lui si era messo a giocare al piccolo investigatore? Dopotutto c'era interessamento dietro al suo gesto, dietro alla sua domanda...
Ignorare la cosa? Era fuggita, Koala, chiudendosi in camera: forse lasciarla in pace davvero sarebbe stata la cosa giusta da fare…evitare accuratamente l’argomento e lasciare che il 27 luglio scivolasse via come se nulla fosse…
Fu con un tonfo pesante come il suo cuore che Sabo richiuse il volume prima di riporlo.
 
L’indomani mattina Sabo uscì dalla base con in tasca un piccolo gruzzoletto di soldi.
Aveva passato tutta la notte a meditare su cosa fare e alla fine aveva concluso che la cosa migliore per appianare l’alterco con Koala sarebbe stato farle un regalo.
Non era la cosa più logica da fare, ma si era risolto a questa soluzione per alcuni motivi:
  1. Riteneva assolutamente ingiusto che una bambina non festeggiasse il proprio compleanno. Non servivano feste, torte o regali ma ogni persona almeno il giorno del proprio compleanno ha il diritto di sorridere; col suo regalo pensava di strappargliene almeno uno;
  2. Doveva scusarsi con lei, perché effettivamente era stato un impiccione;
  3. Oramai che si era impicciato, tanto valeva aiutarla a capire che stava sbagliando…;
  4. Gli era tornata in mente la discussione di qualche giorno prima, quando aveva fatto provare a Koala il proprio cappello coi googles e aveva deciso che le avrebbe comprato qualcosa di simile che le si addicesse.
Sabo aveva chiarissimo in mente cosa stava cercando: un cappello basso, meglio ancora se morbido e un paio di googles rotondi di colore chiaro. Non era esperto di compere, ma confidava che setacciando bene bancarelle e negozi avrebbe trovato ciò che desiderava. Inoltre il gruzzoletto che aveva racimolato confidava sarebbe bastato per quelle piccole spese…
Con questi propositi nel cuore e nella mente si era dunque diretto al mercato dopo avere avvisato Hack di alcuni imprevisti che doveva per forza risolvere.
 
Quello che Sabo non sapeva era che anche Koala era andata al mercato cittadino, quella mattina. Era passata lei stessa poco prima dall’uomo-pesce ad avvisarlo che per quella mattina avrebbe saltato gli allenamenti. Aveva “cose importanti da fare”, aveva detto.
Perciò quando anche il ragazzino venne da Hack ad avvisarlo di come anch’egli avrebbe dato forfait, nessuno lo avrebbe potuto biasimare per essere sbottato:”No, ma ditelo che le mie lezioni vi fanno schifo”.
Ma Sabo se ne era già andato senza sentirlo…e Hack aveva perso per la giornata i suoi due allievi, peraltro giustificatisi con palesi scuse e tergiversazioni.
 
Koala stava passeggiando per le bancarelle con le mani incrociate dietro la schiena. Prestava poca attenzione a quello che le sfilava attorno, alla marea di mercanzia esposta, piena di colori invitanti.
Non era uscita per fare compere, lei, anche se prima di chiudersi la porta della propria camera dietro alle spalle aveva portato con sé qualche soldo.
Aveva bisogno di uscire dalla base, di respirare un po’ di aria diversa, di distrarre la mente, di sbollire e di tranquillizzarsi; di smetterla di litigare con quella vocina nella sua testa che l’assillava con pensieri a proposito del 27 luglio, oggi, il suo compleanno.
Soprattutto, voleva evitare Sabo e venire al mercato le era sembrata una mossa parecchio azzeccata per raggiungere lo scopo. 
“Un posto così femminile non lo attirerà mai”, si era detta.
E a proposito di femminile, proprio in quel momento una bellissima bancarella di cappelli colorati da donna aveva attratto la sua attenzione.
Sabo era un cretino alle volte, ma qualche giorno prima le aveva dato una buona idea…aveva sempre desiderato un cappello…e riteneva fosse utile per mimetizzarsi.

Quando spuntò, la fastidiosa vocina sembrava aver preso la rincorsa. 
Ah-ah, eccola che è uscita a farselo da sola, il regalo, la piccola Koala. Dì la verità, parli tanto di portare rispetto alla morte di Tiger, ma in realtà non te ne importa nulla!
No!
Egoista!
No...
E per tutta risposta si calcò in testa un cappello qualsiasi.  
Una terza persona, quella mattina, si aggirava per il mercato intenta a far compere per la base. Iva-chan.
Scorse Koala in contemplazione della bancarella di cappelli e fu felice di vederla all’aria aperta. Se l’era immaginata tutta depressa chiusa in camera…
“Che cos’è questo nuovo look?”
La voce di Ivon-chan era giunta alle spalle di Koala senza che se la ragazzina se lo aspettasse.
Con un sussulto, Koala si era voltata, nascondendo dietro alla schiena quella cosa che fino a pochi minuti prima aveva avuto sulla testa.
“Ecco, be’, cioè…io…insomma..”
“Stavi bene – le disse Ivankov con tono rassicurante, posandole una mano sulla testa e pescando con l’altra da dietro di lei ciò che inutilmente stava nascondendo–ti dona questo cappello”
Koala si sentì arrossire ancora di più di fronte alla sua palese incapacità di dissimulare l’imbarazzo. Doveva decisamente migliorare. Era stata colta sul fatto come una pollastra. Pensava a come Hack l’avrebbe sgridata, se solo l'avesse scoperto…altro che incognito!
Con uno sbuffo, decise di mettere a parte di propri dubbi il compagno più grande. Dopotutto era lui che si era fatto gli affari suoi…evidentemente una dote piuttosto comune tra i rivoluzionari di sua conoscenza!
Si voltò cominciando a provare nuovi cappelli.
“Sì, il modello mi piace – ammise Koala- ma è il colore che…”
Il cappello che si stava provando era di uno sgargiante verde fosforescente. Un colore che decisamente non riteneva consono ai suoi intenti di cercare un cappello causal.
“Magari dovrei provarlo nero?”
“Naaaah è elegante, ma anche un pelo funereo…Prova questo!”
Iva stava mostrando un cappello bordeux, dello stesso modello che piaceva a Koala.
Lì per lì lo aveva scartato.
“Non è troppo audace?”
“Ah, suvvia sei giovane…e poi l’audacia è donna, no?” disse facendole l’occhiolino, una mossa che aveva un che di inquietante.
Un po’ Iva aveva ragione. Le stava bene quel colore.

Provò ad abbozzare un sorriso, ma le riuscì meglio una smorfia.
“Magari la settimana prossima tornerò a comprarlo…”
“Dossier n°201, Koala – cominciò a recitare Ivon-chan sottovoce. “Femmina, Altezza 1, 30 cm, Occhi azzurri, Capelli: arancioni, Data di nascita: 27 luglio 968 della Prima era dei Pirati”
Koala rimase a bocca aperta di fronte allo sciorinamento dei suoi dati personali. Certo, Iva era tra gli ufficiali di più alto rango della Rivoluzione, doveva immaginare che l’accesso a certe informazioni non gli fosse interdetto.
“Vedendoti qui avevo quasi sperato che l’apprensione di Sabo fosse eccessiva, ma vedo che aveva ragione…”
“Come fai…?- la risposta era più che ovvia; sentì la rabbia montare come la panna sbattuta a gran velocità –Sabo, QUEL…”
“Era molto preoccupato per te, ieri sera…”
“Be’ poteva farne a meno. Uno può arrabbiarsi ogni tanto, o no? È un delitto essere tristi?”
Sabo. Che grande IMPICCIONE.
“Sì, è lecito. Ma è brutto quando a essere triste è un bambino, in questo caso una ragazzina. Ieri sera Sabo stava disperatamente cercando di capire cosa ti avesse fatto arrabbiare, perché quella domanda sul compleanno ti avesse fatta intristire tanto. Non so se oramai lo abbia capito o no, ma io credo di esserci arrivato, al motivo per cui odi il tuo compleanno…”
“Emporio, ti prego, lasciamo stare…”
“No, Koala, ascoltami, Sabo ha ragione, tu meriti di festeggiare il tuo compleanno, anzi devi, perché quando i pirati del sole ti hanno accolta tra di loro…”
A quelle parole Koala capì che Ivan sapeva davvero.
“Lascia perdere, ti prego!”
Non si aspettava che Iva la afferrasse saldamente per le spalle.
“Koala, se vuoi quel cappello, se vuoi regalartelo per il tuo compleanno puoi, se vuoi festeggiare, ridere PUOI. Fisher Tiger sarebbe contento di vederti ridere, festeggiare e vivere. Ha dato la sua vita per la tua perché la vivessi appieno, al meglio. In te ha riposto speranza, ogni sua azione è stata mirata a restituirti la gioia di vivere. Anche la sua morte. Non ti si chiede di ignorare la sua scomparsa, il dolore che hai patito, è molto coscienzioso e maturo il volerlo onorare. Ma in te Fisher Tiger voleva piantare il seme della speranza e della tolleranza, non quello della tristezza. Fisher Tiger ti ha insegnato a piangere perché potessi ridere ancora più forte.”
La presa di Iva si era fatta più leggera mano a mano che parlava e Koala si trovò abbracciata a Iva ancor prima di essersene resa conto.
“Non portare sulle tue spalle il peso di un peccato commesso da altri. La tua vita è un dono, non un affronto al tuo Capitano. E’ stato il secondo, dopo i tuoi genitori, ad averti fatto il dono della vita. Cosa gli sia capitato per questa sua scelta non è colpa tua.”

Non era colpa sua.
NON ERA COLPA SUA.
Un urlo, capace di zittire definitivamente quella vocina insinuante nella sua testa.
Le lacrime scendevano copiose dagli occhi di Koala. Piangeva, ma senza emettere singhiozzi. Era un pianto dignitoso, il suo, come quello che Fisher Tiger le aveva insegnato.
“E adesso…-disse Iva prendendola in braccio- compriamo questo cappello! Sai che ora che ci penso assomigli a Sabo con questo coso addosso?”
“E’ stato lui a darmi l’idea qualche giorno fa…”
“Non mi dire…”
Evidentmente il ragazzino la sapeva più lunga di quanto volesse dare a intendere...
 
A tutta birra, dalla parte opposta della strada, proprio in quel momento stava correndo verso di loro una figura che entrambi i due rivoluzionari conoscevano sin troppo bene…
Sabo.
E dietro di lui…un mercante.
"Ma quello è il negoziante di occhiali e strumenti ottici all'angolo?" chiese Koala stupita.
"Sì..." rispose Ivankov tetro, presagendo guai.
“Torna qui, brutto ladruncolo!” urlava intanto l'attempato signore all'inseguimento del ragazzino.
“Non mi chiami così! Le ho lasciato una rata sul bancone…!” 

Sabo non si era accorto di stare correndo proprio in direzione di Koala.
Non si era nemmeno accorto che quella si era messa in una pericolosa posizione del Karate degli uomini-pesce. 
Anche il calcio arrivò in pieno sulla sua nuca senza che neanche se ne fosse reso conto.
Sabo crollò a terra palesemente stordito, dando tutto il tempo al negoziante di raggiungerlo.
“Bel colpo” commentò Iva. 
Quella ragazzina era davvero pericolosa…e Sabo si era decisamente cercato una bella gatta da pelare.
Solo quando fu con la schiena a terra Sabo riconobbe Koala.
“Koala, fiao! Che fi fai fui?” sbiascicò Sabo stordito dal calcio.
“Sabo! –esclamò Koala con un ringhio, per decidere poi di ignorarlo- Cosa ha fatto l’imbecille…?” chiese in tono spazientito, rivolta al signore che lo stava inseguendo.
“Koala, poffo fpiegare…” non si capiva bene come, visto che la suola di Koala era piazzata sul suo viso.
“Ha rubato un paio di googles dal mio negozio…e dei più belli tra l’altro, sono di un particolare metallo resistente ai graffi e anche le lenti sono di un vetro particolare, specchiante e sono pure impermeabili…”
Tra le mani, infatti, Sabo stringeva un pacchetto regalo, che stava tendendo in direzione di Koala.
“Fieni, fono il fuo fegalo di compleaffo”
“Non mi puoi regalare una cosa che hai rubato...” gli fece notare Koala, piegata sopra di lui.
In realtà non poteva credere alle proprie orecchie…aveva detto…regalo? Googles? 
Anche Iva-chan tratteneva a stento una risata sorniona.
“È lui che non accetta rate!” tentò di giustificarsi Sabo, ancora a terra, ma finalmente libero dalla inquietante morsa di Koala.

“Siamo alle solite...lo perdoni, è una brutta abitudine che Sabo si porta dietro dal passato...” commentò scuotendo la testa Iva con tono sconsolato.
“Ah sì?" Chiese Koala interessata, neanche lei ne sapeva niente.
“Abbiamo scoperto che aveva il vizio di rubare ancora prima di capire il suo talento nel combttere- confermò Iva, un pelo di amarezza nella voce - ha un vero e proprio talento per lo scippo. Qualcuno nei primi giorni lo ha soprannominato "manolesta” perché i portafogli, puff, sparivano
Koala scoppiò a ridere a quella rivelazione: “Quanto manca a completare la cifra, signore?”
“Shh, non dirglielo!” proruppe Sabo ancora a terra guardando il negoziante, guadagnandosi un nuovo spintone di Koala che lo fece rimanere supino.
Gli occhi di Sabo imploravano pietà.
Pietà perchè Koala smettesse di picchiarlo...ma soprattutto pietà perchè davvero il mercante non dicesse nulla.
Questi, dal canto suo, non comprendeva appieno la dinamica di quanto stesse accadendo; ignorava chi fossero i tizi che aveva di fronte, ma di una cosa era certo: il ragazzino (Sabo?) aveva rubato per fare un regalo di compleanno a quella ragazza (Koala?)...restava un ladruncolo, ma rendere plateale così la cifra di quell'oggetto gli sembrava quantomeno ingiusto...anche se visto l'alto prezzo forse lei avrebbe solo avuto di che gioire, comprendendo quanto fosse importante per lui.
Intuendo la sua esitazione, Iva fece segno al negoziante e a Sabo di avvicinarsi a lui.

Il ragazzino fu felice di sottrarsi alle grinfie di Koala, che lo lasciò andare senza opporre resistenza.
“Allora, quanto costa questo gingillo?” chiese Iva sottovoce per non farsi sentire da Koala.
“Fhfhfhila berry” sussurrò pianissimo Sabo, tanto da rendere comprensibile solo il nome della moneta.
“2000 berry” tradusse a decibel udibili da orecchio umano il negoziante.
Ivan sarebbe di sicuro caduto dalla sedia, se solo fosse stato seduto.
“Eh? Ma di cosa sono fatti, d'oro?”
“In parte...”
Queste due parole Sabo le aveva annunciate distintamente, con orgoglio.
Iva guardò Sabo con un'occhiataccia che esprimeva incredulità, mente l’ottico riattaccava la spiegazione di tutte le qualità dell’oggetto: “…è un artefatto di altissima qualità, che ha…”
“Sì sì, basta, basta! 2 mila berry?” ripetè con voce strozzata Iva.
“Sì 2000.”
“Due-mila.”
“E dimmi, Sabo, tu quanto hai pagato?”
“1000…ma non volevo rubare…con il tempo avrei racimolato su altrettanti berry…per l’altra metà…”
Quindi ne restavano fuori “appena” 1000...
“Con te farò i conti più tardi…-disse Iva rivolto a Sabo, poi tornò a rivolgersi al mercante- dunque potremmo fare così: pagherò io il resto dei berry e lei dimenticherà tutta questa faccenda…”
“Per me non ci sono problemi…basta essere pagato”

Iva, brontolando, allungò all'uomo una vivre-Card a suo nome come garanzia: “Tenga- le farò avere il resto del denaro tra qualche ora, giusto il tempo di recuperare il denaro dei fondi dei Rivoluzionari e portarglieli”
A quella rivelazione però il mercante sembrò pietrificarsi. Guardava a intermittenza Iva e i bambini.
“Co-co-che cosa? Siete dei rivoluzionari?” balbettava il signore alla vista del foglietto.
“Be’…sì e queste sono nostre due reclute, storie difficili, sa…” il tono di Iva si era fatto melodrammatico, pensando che fosse una maniera per ottenere uno sconto. Non stava neppure mentendo, per la carità, la storia i quei due ragazini era terribile...ma svenderli così, gli faceva un po' specie.
La scena che seguì aveva dell’incredibile. Neanche Iva si era aspettato che il suo stratagemma funzionasse così bene. 
“No no, certo capisco…guardi…ci ho ripensato, tenete quegli occhiali.”
Iva trattenne a stento l'esultanza. Quella si chiamava fortuna! Infinocchiato al primo giro…
“Qualche anno fa voi rivoluzionari avete salvato il mio negozio dalla distruzione durante uno scontro tra pirati e marina. Non ho mai avuto occasione di ripagarvi, fino ad ora...ma finalmente posso saldare il mio debito-disse, restituendo il foglietto a Emporio Ivankov- E poi sa- aggiunse il mercante- alla fine, mi sta simpatico il ragazzo. Voleva compiere una buona azione, alla fin fine…e poi, se non scommettiamo un po’ sui giovani…”.
Il signore stava sorridendo nel vedere Koala che piazzava una tremenda ramanzina a Sabo.

“Sei uno stupido, non dovevi!- gli stava dicendo Koala su tutte le furie –guarda in che situazione ti sei cacciato e che figura ci hai fatto fare…”
“Ma tu eri così triste ieri ...e poi potevi ignorarmi quando mi hai visto…avresti anzi dovuto coprirmi...” sottolineò lui con finta superirità
“NON-SI-RUBA!”
“Ma è l’istinto del pirata che è in me, il desiderio di compiere grandi avventure e accumulare tesori…”
tentò di giustificarsi quello di fronte all'ira irrfrenabile dell'amica. Sabo non lo vide neanche arrivare il pugno di Koala. Di nuovo.
“Te la faccio passare io questa fissa dei pirati! Sei un rivoluzionario ora! E smettila di parlare come se sapessi tutto di pirateria…!”

Anche Iva si era messo a guardarli sghignazzando. Forse, si disse Iva, non aveva infinocchiato proprio nessuno. 
Erano Sabo e Koala a saper andare dritti al cuore delle persone.

“La facevo più avido” ammise candidamente Iva.
“Che vuole, resto un mercante, ma sono anche un uomo…e sarei stupido a non aiutare con una bazzeccola del genere gente come voi che sta cercando di migliorare questo mondo…Direi che con quello che fate mi ripagate abbastanza.”
“La ringrazio” disse Iva tendendogli la mano.
“Però io vedrei di fargliela passare la cleptomania…anche se vedo che qualcuno è già immerso nei tentativi” ridacchiava il mercante, indicando Koala.
“Ci può contare! …Sicuro di non volere null'altro in cambio, come risarcimento per questo disturbo?”
“Se proprio insistete…stavo giusto cercando un assistente che mi aiutasse a spolverare e riordinare e riassettare il negozio…”
“Due volte alla settimana mezza giornata?”
“Ci può stare”
“Affare fatto. Sabo è suo.”
 
Quando Sabo vide che Iva si avvicinava verso di lui, si preparò a dire addio alla vita.
“Saboooooo! Adesso mi devi spiegare da dove vengono i “tuoi” 1000 berry…”
“Lavoretti e donazioni. Leciti.”
“Oh, sì, come no”
“In quanto tempo ti dovrò restituite…”
“Non mi dovrai restituire niente…ma smettila si sgraffignare cose…e da domani aiuterai quel vecchio al negozio.”
“Ma questo è schiavismo!”
Il vocione di Iva si fece cupo, gettando un'occhiata a Koala, come a controllare che non avesse sentito Sabo pronunciare quelle parole.
“Non dirlo neanche per scherzo. Ulteriori dettagli nel mio ufficio stasera dopo cena. Dileguossi!” e per tutta risposta, Iva se ne andò.
Aveva alcune cose importantissime da fare: lasciare un rapporto a Dragon su quanto successo…e c’era poi una festa di compleanno da organizzare, la vera questione per cui quella mattina aveva lasciato la base.
 
In mezzo alla strada, Sabo e Koala si rendevano conto di aver dato sin troppo spettacolo.
Almeno Koala non sembrava più arrabbiata.
“Andiamo laggù –fece segno Koala, indicando una viuzza dimessa che portava al parco – almeno lo apro.”
Con tutto quel macello, Sabo pareva quasi essersi dimenticato di tutta la faccenda di Fisher Tiger, del rifiuto di Koala per i compleanni, dell’imbarazzo che li aveva divisi…e forse non solo lui. Forse il suo piano aveva funzionato, visto che la ragazza lo stava trascinano per mano su una panchina. Sorrideva di nuovo.
Certo che Koala cambiava umore con la velocità con cui mutava il tempo nel West Blue…

Quando furono seduti, la ragazza scartò il regalo con trepidazione. Era così un peccato, riflettè Sabo, che già sapesse cosa ci fosse dentro…
Quando ebbe ammontichiato a lato tutto l'imballaggio, Koala si ritrovò tra le mani un bellissimo paio di googles rotondi, grandi e gialli, con un rilievo a pallini tutto attorno al circolo delle lenti blu iridescenti e una fascia a maglie di metallo smaltate di bianco, larghe e ergonomiche per fermarli alla testa.
Koala non sapeva cosa dire. Erano davvero splendidi.
Li provò immediatamente.
“Te l’avevo detto che così ti sarebbero stati meglio dei miei. Mi dispiace solo non avere anche un capp..”
Ma Koala lo abbracciò e gli rifilò un bacio sulla guancia, facendolo arrossire: “Grazie”
Koala decisamente aveva qualche problema di bipolarità, si trovò a pensare Sabo..
“P…prego. Che fai?”
“Aspetta” Koala stava armeggiano con un sacchetto. Ne estrasse un cappello a baschetto che calcò sulla testa posizionandovi poi sopra i googles.
“Che te ne pare?”
Che gliene pareva…
“Stai bene! Molto…stai persino meglio di me.”
“Devo ammettere che sei bravo a dare consigli- replicò contenta Koala prima di cambiare repentinamente tono- Mi dispiace per come mi sono comportata”
Sabo scosse la testa. “Fidati, dispiaceva più a me vederti così triste per…delle cose. Mi stai più simpatica quando sorridi. Persino quando mi picchi.”
E siccome quel discorso si stava facendo molto imbarazzante e troppo serio, quando la serietà era una cosa che lui rifuggiva come la peste, al diavolo i discorsoni, decise di aggiungere provocatorio: “Comunque ci ho messo un sacco a trovare un paio di occhiali che ti stessero bene…hai degli occhi così grandi…secondo te è per quello che i tuoi ti hanno chiamato Koala…?”
“…come se i tuoi ti avessero chiamato così perché sapevano che saresti diventato ignorante come una scarpa*…” rispose di tutto punto Koala, tirandogli una gomitata.
 
Quando alla sera tornarono a mensa, Koala non si aspettava di trovarla addobbata con enormi striscioni con scritto “buon compleanno”, gente che a tutti i cantoni fischiava nelle trombette e gettava coriandoli. Persino Hack, cui avevano brutalmente tirato pacco, manifestava la sua allegria con urla di giubilo. Era addirittura stata preparata una grandissima torta piena di candeline.
In un angolo, un po’ al buio, un figura intabarrata si godeva la scena. Dragon. Sorrideva. Storto, ma sorrideva.
“E’ stato Ivon-chan a predisporre tutto” spiegò loro la gente della base vedendo la loro faccia stupita “dietro consiglio di Sabo…”
Koala era come imbambolata…e pensare che il giorno prima neanche voleva sentire parlare di compleanno…

“Be’, vai, è la tua festa!” le disse Sabo piazzandole grandi pacche sulla schiena.
Koala restò un attimo in silenzio, poi si voltò a guardarlo. Le luccicavano gli occhi.
“Quando…potrò ricambiare?”
Per un attimo a Sabo sfuggì il senso della frase, snocciolata tutta d’un fiato.
Poi comprese…
Oh…
“Be’ io non lo so quando sono nato. Diciamo che allo scadere dell’anno mi sono arrogato il diritto di ritenermi più vecchio di un anno. Quando mi sono svegliato dopo l'incidente sapevo solo quanti anni avessi -almeno quello-, non quando li compissi…quindi non ho una data di nascita ben definita”.
“Compiamoli assieme. Tanto con cappelli e googles oramai sembriamo fratello e sorella…”
Il colore del volto di Koala non differiva di molto da quello del suo nuovo cappello.
Che idea balzana, pensò Sabo.
Solo a una spostata come Koala poteva venire in mente una soluzione del genere: sono i gemelli a compiere gli anni lo stesso giorno. 
Tuttavia non se la sentì di rifiutare.
Era la prima volta che la proposta di qualcuno di fissare una data vera per il suo compleanno non lo disturbva.
Per un attimo si sentì fortunato: non solo aveva la possibilità di decidere la data del suo compleanno, ma anche di farlo combaciare con una data importante della vita della sua amica. In genere la gente faceva il contrario, riteneva una data importante perché associata al proprio compleanno. Ma appunto quella era roba da gente normale

“Ci sto!” disse Sabo sorridendo “Buon compleanno Koala!”
“Buon compleanno Sabo.”

Una mano si posò sulle loro spalle.
“Iva!” esclamarono all'unisono.
“Fisher Tiger sarebbe proprio fiero di te!- disse sorridendo a Koala -…e TU- snocciolò guardando in cagnesco Sabo- goditi la festa…nel mio ufficio ci verrai domani mattina, presto”
E se ne andò a ubriacarsi con gli altri, giulivo.
Ivankov non avrebbe potuto dirsi più soddisfatto e felice. Anche Koala era una brava ragazza, doveva ammettere: aveva appena fatto a Sabo uno dei più bei regali della sua vita, restituendogli un compleanno.

“Credi che ti farà restituire i soldi…?” chiese Koala a Sabo, indicando Iva, quando furono di nuovo senza nessuno attorno. Un po' le discpiaceva aver accettato un regalo così controverso...
“Quello che devo al negoziante no, siamo d’accordo che l’aiuterò in altra maniera…credo si tratti dell’anticipo…”
“Li hai rubati, Sabo?”
“No…”
Koala lo gurdava poco convinta.
“Facciamo così, siccome è anche il tuo compleanno e io non ho un regalo da darti, ti faccio questa promessa: farò sì che tu non debba più rubare.” disse tendendo il mignolo in direzione dell’amico.
“Più che un regalo mi sembra una minaccia…A ‘sto giro puoi saltare il regalo, è stata una cosa così improvvisa…puoi darmelo più avanti”
“Sabo…”
“E va bene! Allora ti chiedo di mantenere anche un’altra promessa: quel cappello e quegli occhiali…non toglierteli mai a meno che non sia strettamente necessario” e pronunciando questa frase avvolse il suo mignolo attorno a quello della compagna.
 
[*Sabo mi ricorda la pronuncia di sabot, un tipo di calzatura, anche se l'accentazione è diversa]

*-*-*

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Capitolo 3
*** ATTO III: cappelli che riassumono una vita ***


ATTO III: cappelli che riassumono una vita
*Alcuni anni dopo*
 
Passi famigliari risuonavano nel corridoio, andandosi a fermare proprio davanti alla porta di Koala. La ragazza li aveva sentiti mentre ancora erano distanti, ma il loro ritmo lo avrebbe riconosciuto fra mille.
Prima ancora che alla porta risuonasse un allegro bussare o che una voce chiamasse il suo nome, la ragazza, sdraiata sul suo letto, tirò un sospiro di sollievo.
Era andato tutto bene.

TOC TOC TO-TOC
“E’ permesso? Koala, sei qui?”
Koala scese dal letto simulando calma, quando invece avrebbe solo voluto saltare al collo della persona che stava oltre la porta. Il cuore le scoppiava nel petto…saperlo lì la rendeva felice...
Quando l’aprì la figura di Sabo, sorridente, si stagliò di fronte a lei. Illeso. I capelli biondi quasi rilucevano alla luce delle lanterne.
Koala si concesse un sospiro di sollievo e un sorriso di benvenuto prima di lasciarlo entrare.
“Bentornato, Sabo. Come è andata a finire?”
Erano partiti assieme per una missione piuttosto complessa, ma a un certo punto, per cause di forza maggiore, si erano risolti a seguire ciascuno una pista diversa, che li avrebbe portati a ritornare alla base separatamente. Si erano separati a malincuore.

Lei era stata la prima a fare ritorno e da allora aveva atteso nella sua stanza, abbracciata al cappello di Sabo.
“Tieni, te lo affido” le aveva detto Sabo, semplicemente.
Era divenuta la prassi da anni, ormai, quella, da quando erano entrati in servizio a tempo pieno per la Rivoluzione: se la missione che Sabo si apprestava a compiere gli puzzava di complicazioni, si toglieva il cappello e lo affidava alla sua migliore amica. 
Quindi, quando anche questa volta si era trovata il cappello di Sabo in mano era stato con un misto di orgoglio e preoccupazione. C’era abituata, oramai: non bastavano le dita per contare le volte in cui si erano salutati a quella maniera e Koala si era poi ritrovata da sola, nel suo letto, ad aspettare il ritorno di Sabo, abbracciata al cappello di lui.
Scambiava i reciproci googles, indossava il cilindro, ci giocava per ammazzare il tempo in attesa del suo ritorno.
Ma ora non c’era più nulla di cui preoccuparsi: il legittimo padrone del cilindro e dei googles blu era tornato, anche questa volta.

Fu senza sorpresa da parte di Koala che Sabo si inchinò di fronte a lei. Koala gli riposizionò il cappello badando che fosse dritto, proprio come piaceva a lui.
Si guardarono un attimo negli occhi. Quello era il loro personale rito, che non aveva bisogno di tante parole e cerimonie. Era l’atto che sanciva che anche stavolta ce l’avevano fatta.
Era strano per Koala pensare che solo qualche anno prima era lei a doversi inchinare di fronte a lui perché era la più alta. Tutte le volte la veniva da sorridere…

Anche il volto di Sabo lasciva trasparire senza filtri la felicità e l'orgoglio.
“E’ andata alla grande, come al solito, ho recuperato tutti i documenti e li ho già consegnati. Tu?” rispose Sabo alla sua domanda. Essenziale ma esaustivo. Avrebbe avuto parecchie ore per raccontarle tutto per filo e per segno.
Voleva sapere di lei...
“Bah, nulla di che, è stata una cosa tranquilla…mi è quasi mancata un po’ di azione. Qualche imprevisto, ma niente che abbia dato noie al tuo cappello”
Per la verità non era stato così facile farla franca, ma non aveva intenzione di farlo preoccupare raccontandogli ogni minimo dettaglio.
Sabo sapeva benissimo che la ragazza stava mentendo. Aveva notato subito una piccola bruciatura in cima al cilindro, molto piccola, quasi impercettibile, ma che prima non c’era. Odorava leggermente di polvere da sparo. Poteva solo immaginare quali evoluzioni Koala si era trovata a compiere per custodire quell’oggetto. Altro che mancanza di azione…
“Grazie Koala” le disse, posando una mano sul suo cappello rosso.
Lei scosse la testa in senso di diniego. “Grazie a te per la fiducia, Sabo”
 
Il cappello nero di Sabo era stata l’ultima cosa a volare via.
Prima era stato il turno del cappotto di lui e della blusa di lei, poi della camicia e del reggiseno. Si erano ammonticchiati in completo disordine ai piedi del letto, presto ricoperti dal resto degli indumenti, gonna, pantaloni, biancheria.
Sabo e Koala, l’uno in fronte all’altra, si guardavano nudi, contemplando le reciproche forme, i loro corpi nella loro completezza. Tremavano e  ansimavano in un misto di eccitazione ed emozione.
“E’ arrivato il momento di separarci anche da loro…” aveva detto Koala indicando le falde dei cappelli.
Sabo ridacchiò. “Già”

Avevano depositato i loro sacri cimeli a terra, con una cura tutta particolare.
Li avevano osservati ancora un attimo, intrecciando le dita delle mani, prima di tornare a incrociare gli sguardi e baciarsi.
Quei cappelli li accompagnavano da quando avevano 11 e 12 anni, quello nero di Sabo ancora da prima. Erano stati testimoni di ogni cosa, ogni loro litigio, ogni loro risata.
Erano sopravvissuti a tutto.
Adesso sarebbero stati testimoni anche del loro amore.



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