Un giorno il Diavolo venne da me

di piperina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Devil ***
Capitolo 2: *** Gemma ***
Capitolo 3: *** Hello Boss! ***
Capitolo 4: *** Excuse Moi ***
Capitolo 5: *** Get The Party Started ***
Capitolo 6: *** Paradise n.7 ***
Capitolo 7: *** Just Add Water ***
Capitolo 8: *** Night, Light, Books and Kisses ***
Capitolo 9: *** Whatever You Want ***
Capitolo 10: *** The Lake Under The Stars ***



Capitolo 1
*** Devil ***


Salve a tutti!

Ecco a voi il primo capitolo di una storia che mi è venuta in mente quasi senza motivo, solo sentendo le parole di un paio di canzoni e usando una piccola idea che avevo avuto parecchio tempo fa – e per parecchio intendo anni, al solito ci metto una vita a concretizzare le cose.

Il titolo è ispirato alla canzone “Sacumdì Sacumdà” di Mina, leggermente adattato.


Dedicata a Ilaria, Valentina e Serena ♥

 

Buona lettura!

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act I*

Devil

 

 

 

 

«Devil.»

Non era una buona giornata. Decisamente non lo era, e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare che la falce della disgrazia si abbattesse su di sé. Del resto, che diritto aveva di lamentarsi? Si era ficcato da solo in quella situazione.

Beh, non esattamente da solo: quella stupida scommessa gli era valsa una convocazione dai piani alti, sapeva che sarebbe successo, che avrebbe perso e ci sarebbe stato un pegno grande quando l’Inferno stesso da pagare… ma non sapeva resistere alle tentazioni, soprattutto se le tentazioni venivano a lui in forma di scommessa.

«Diavoli della malora.»

Quei deficienti dei suoi compagni sapevano del suo debole per le sfide impossibili: più la posta in gioco era alta più lui si eccitava nell’impresa. Nessuno avrebbe mai rischiato la morte e avevano tutta l’eternità davanti a loro per scontare le eventuali punizioni delle loro malefatte.

Ma… oh, tentare di rubare un oggetto prezioso proprio al capo era qualcosa di assolutamente proibito. Certo, si sapeva che le prove di coraggio tra diavoli viaggiavano indisturbate sull’onda dell’indecenza e Lui ne era più che consapevole. Sembrava quasi che si divertisse a guardare i suoi fedeli tentare l’impossibile, rischiando sempre di più ogni volta.

Ovviamente non poteva che trarre piacere dall’elargire maledizioni e pene da scontare a destra e a manca, come i paggetti che, sorridendo, spargono petali di candidi fiori prima del passaggio della sposa. Lui gettava i suoi diavoli tra le fiamme nere, faceva a pezzi i loro corpi e li riassemblava in modo scomposto, toglieva loro i poteri o la facoltà di fare una cosa piuttosto che un’altra. Non era esattamente un paggetto sorridente.

Devil camminava con passo strascicato ma dall’andatura piuttosto sostenuta. Dopo quello che aveva combinato non poteva esattamente prendersela comoda alla convocazione del capo. Non sapeva se l’avrebbe trovato furioso o ghignante. Sperò che fosse furioso, perché quando ghignava non c’era da aspettarsi nulla di buono.

Sospirò, gettando del fumo nero dalla bocca, segno di agitazione. Sputava sempre fumo nero quando non si sentiva a proprio agio, o quando sapeva di aver fatto una cazzata apocalittica e attendeva di subire la punizione di tale cazzata apocalittica. Niente fiamme, quelle le soffiava quando era arrabbiato.

Lui incendiava qualsiasi cosa praticamente a qualsiasi ora del giorno e della notte. E succedeva quando era di buonumore.  Se era arrabbiato le fiamme, da rosse e aranciate, diventavano blu e viola. Quelle nere speravano tutti di non vederle mai, perché erano la punizione peggiore che veniva inflitta.

Se ghignava invece…

«Cristo, sono fottuto.»

«Devil non bestemmiare, lo sai che mi infastidisce.»

Si trattenne dal cacciare un’altra bestemmia rivolta ai Piani Altissimi e fissò il capo dei capi da sotto l’arco del grande portone spalancato che aveva appena raggiunto.

Eccolo, stava proprio lì. La sua condanna, la promessa che avrebbe subìto una delle punizioni più noiose e lunghe nel tempo che c’erano a disposizione. Era in bella vista perché i denti bianchi spiccavano in contrasto con le labbra color pece e la pelle rosso carminio.

Il Ghigno di Lucifero.

«Non indugiare. Avvicinati.»

Ma anche no, pensò intimamente mentre, tuttavia, faceva come gli era stato ordinato.

«Ma anche sì.»

Perché continuava ad affossarsi da solo? Si diede mentalmente dello stupido, e il ghigno del Signor Diavolo si ampliò. Leggeva nel pensiero. Non lo faceva così spesso ma si divertiva immensamente a sfogliare la mente dei suoi seguaci quando erano al suo cospetto per ricevere una punizione.

C’erano solo loro due nella Sala delle Fiamme. L’imponente trono su cui sedeva Lucifero era completamente avvolto dalle fiamme. Rosso e arancione. Devil si chiese se sarebbero rimaste di quel colore o se, disgraziatamente per lui, si sarebbero scurite.

Non aveva mai dovuto affrontarle fino a quel momento, ma chi ci era passato aveva giurato che sarebbe diventato un cagnolino ubbidiente e non avrebbe mai, mai più fatto qualcosa di tanto grave da meritarle una seconda volta.

«Mio Signore» piegò il capo in un inchino rispettoso, le lunghe corna ricurve in quel momento gli pesavano come una condanna a morte.

«Devil» ripeté l’altro, «spiegami perché ti sei fatto coinvolgere in quella che volgarmente potrei definire la cazzata del secolo

Non era una vera domanda. Sì, lo era, ma conosceva già la risposta. Se però non avesse affondato il coltello nella piaga che razza di Signore degli Inferi era? La reputazione era importante. Al giorno d’oggi era più importante del vero carattere e della personalità. Lui lo sapeva bene.

«Ho accettato una scommessa, Mio Signore» rispose il diavolo.

«Non potevi rifiutare?» sembrava che lo stesse prendendo in giro.

Che razza di domanda. «Avrei potuto, ma non l’ho fatto.»

Un rumore di tacchi, anzi di zoccoli per la precisione, segnalò l’ingresso di una diavolessa. Le diavolesse erano tutte belle. Il rosso della loro pelle era meno intenso di quello dei compagni maschi, avevano le corna più affusolate e aggraziate da vedere e i capelli erano sempre perfettamente acconciati, così come il trucco le rendeva, se possibile, ancora più belle.

Erano estremamente sensuali, si divertivano a provocare gli altri diavoli, ma erano anche terribilmente permalose e cattive. Il loro piacere risiedeva nella caccia e nella circuizione più che nell’atto stesso della consumazione, cosa cui invece miravano i maschietti. Sembrava che avessero tratto particolare ispirazione dal modo di comportarsi di molte donne umane: attirare l’attenzione dell’uomo, raggirarlo e lasciarlo in mutande. Insoddisfatto, il più delle volte.

Ma non era certo delle diavolesse che doveva preoccuparsi in quel momento. Stupido donnaiolo di un Devil che non era altro! Si insultò col pensiero mentre Lucifero ascoltava ciò che la diavolessa gli stava dicendo. Il Signore degli Inferi allargò il suo ghigno e la congedò.

«Ottimo lavoro» poi rivolse di nuovo la sua attenzione all’adepto da punire. «Immagini cosa ti aspetta?»

«Onestamente… no, Mio Signore.»

L’altro fece un movimento con la mano destra, nella quale apparve una pietra nera lucente finemente levigata. Oh, cazzo. Devil giurò a se stesso di non accettare mai più sfide proposte da quegli idioti dei suoi compagni di girone, e di alzare il forcone su ognuno di loro se ci avessero riprovato.

«Confisco i tuoi poteri

Il diavolo venne avvolto da una fiamma verde smeraldo. Il suo forcone gli si materializzò accanto e volò dritto dritto ai piedi di Lucifero, mentre del fumo rosso sangue prese ad uscirgli dalla bocca, dagli occhi, dalle orecchie a punta e da sotto le unghie ad artiglio delle mani.

I suoi poteri. Confiscati.

La pietra nera si librò in aria e iniziò a tremare, subito dopo il fumo rosso estratto dal corpo di Devil la colpì con scintille bianche e gialle, e dopo pochi istanti a mezz’aria rimase solo la pietra, più lucente di prima e bollente come se fosse appena stata estratta dal cratere di un vulcano in eruzione.

I suoi poteri. Sarebbero stati…

«Gemma verrà affidata ad un umano. Non ho potere di decidere chi, ma rinascerai in qualcuno di abbastanza vicino a questa persona.»

Non riuscì a dire nulla nell’immediato. Rinascere come essere umano e trascorrere tutta la vita mortale alla ricerca del custode dei suoi poteri… era una punizione terribile, ma accidenti se l’era cercata. Un tentato furto al Signore degli Inferi, quale che fosse il motivo, era un gesto davvero troppo avventato.

« Mio Signore…» quasi incespicò nelle parole «come farò a capire chi avrà Gemma?»

Lucifero, che durante quegli ultimi minuti era stato particolarmente serio, si lasciò andare ad un altro ghigno. Un lampo attraversò le sue iridi scarlatte. Si alzò, ergendosi nei suoi due metri abbondanti di altezza, e spalancò le immense ali nere.

Devil ebbe l’impulso di arretrare, ma non lo fece. Avrebbe indispettito Il Diavolo e non era proprio la ciliegina che avrebbe addolcito la torta su quella tavola imbandita di disgrazie. Da una parte voleva scappare, dall’altra non riusciva a staccare gli occhi da quell’ammasso di piume e fumo e infinito che erano le ali del suo padrone, magnifiche e dai contorni non definiti, come una pennellata lasciata a metà da un pittore stanco o pigro.

«Vedrai una luce sul petto del Custode» spiegò. «Dopo la definitiva sconfitta di Lord Voldemort…»

«Chi?» gli scappò di bocca.

Chi cavolo era Lord Voldemort? Non aveva mai sentito pronunciare quel nome. In che razza di casino era andato a ficcarsi, accidenti a lui…

Lucifero ghignò di gusto. «Non è ancora nato. Manca poco comunque. Inizierà a praticare Il Male molto presto, dovrai aspettare all’incirca sessant’anni prima di vedere il Custode.»

Devil non esplose nel fiume di bestemmie colossali che gli annegarono la mente in quel momento. Ses… sessant’anni di attesa? Senza poteri? Che cavolo avrebbe fatto per tutto quel tempo? Innanzitutto il primo punto sulla sua lista di cose da fare era sicuramente sgozzare quei deficienti di…

«Congedati, Devil» la voce di Lucifero interruppe il flusso dei suoi pensieri. «Trovati qualcosa da fare nel frattempo.»

Gli sembrò di sentire la sua risata sadica e compiaciuta anche se non stava realmente ridendo. Ma stava parlando con il Signore degli Inferi, ovviamente era in grado di ridere non ridendo.

«Ti chiamerò quando sarà arrivato il momento.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5 giugno 1980

Al San Mungo, ospedale magico di Londra, una donna respirava a fatica. Un’intera equipe medica le stava intorno, fornendole tutta l’assistenza necessaria.

Avrebbe voluto gridare come una pazza per il dolore che sentiva, per la stanchezza, lo sforzo, la tensione… ma non lo fece. Gridare non l’avrebbe aiutata, esternare a voce il suo malessere fisico avrebbe solo fatto sorridere chi l’avrebbe sentita e disturbato chi stava dormendo, dato che era notte fonda.

«Coraggio signora, ancora poco» la incitava un’infermiera a cui stava stritolando il braccio. «Spinga, ora!»

Fece come le era stato detto, stringendo da una parte il braccio dell’infermiera e dall’altro quello di suo marito. Era più pallido di lei, con gli occhi spiritati e visibilmente in agitazione, oltre che in imbarazzo. Mai e poi mai avrebbe voluto assistere al parto di sua moglie ma a lei non era rimasto nessuno, solo due sorelle con cui non aveva più rapporti idilliaci.

Anzi, una era letteralmente fuori dalla famiglia, l’altra la compativa e la sopportava.

«Amore» disse il ventiseienne mago accanto a lei, «è quasi fatta. Sei bravissima.»

Si sforzò di sorridere. L’avrebbe ringraziato per anni per l’enorme sforzo che stava facendo in quel momento, starle vicino nonostante l’istinto cercasse di fargli perdere i sensi. Quella era una bella prova d’amore per lui.

«E’ nato! esclamò il medico, sovrastato quasi subito da un pianto disperato. «Complimenti signora, un bel maschietto!»

Il bambino venne affidato alle cure di due infermiere, mentre una terza rinfrescava il viso della giovane paziente e l’aiutava ad essere presentabile e pronta per riposare.

«Ti amo.»

Non lo faceva mai in pubblico, era una persona estremamente riservata soprattutto riguardo il rapporto con sua moglie. Ma chissene fregava dei medici! Avevano appena avuto un bambino ed era felice.

Si chinò per darle un bacio, la vide sorridergli con gli occhi che brillavano, e le strinse forte la mano.

«Signori» li interruppe il medico, «come si chiama questo bel giovanotto?»

Lei bevve un po’ d’acqua che le aveva portato la gentile infermiera, mente il marito si voltò a guardare l’altro uomo.

«Draco Lucius Malfoy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

Ad un certo punto sentì un brivido percorrergli la spina dorsale e mozzargli il respiro in gola. Lo scompartimento fu avvolto da una luce tanto accecante da costringerlo a chiudere gli occhi e portarvi davanti una mano come ulteriore riparo.

Quando li riaprì, quasi instabile sulle gambe, vide che quel fascio di luce si era ridotto ad una piccola sfera bianca, e stava proprio…

Che Salazar mi aiuti! Pensò, guardando Gemma brillare.

 

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Capitolo 2
*** Gemma ***


Buona lettura!

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act II*

Gemma

 

 

 

 

 

Non era un mistero ciò che era successo quell’estate. Precisamente, l’estate del 1996 sarebbe stata ricordata per sempre come la Fine della Seconda Guerra Magica e Definitiva Sconfitta di Lord Voldemort.

Solo i babbani ignoravano il grande gesto che il sedicenne Harry Potter aveva compiuto per salvare il mondo, magico e non, mettendo in gioco la sua stessa vita. La ricerca degli Horcrux era stata veloce e serrata, fatta di brevi scontri, fughe dell’ultimo minuto, litigi all’interno del Golden Trio e una buona dose di fortuna.

Harry, dopo aver scoperto di essere l’ultimo Horcrux, aveva rafforzato il presentimento che da settimane gli aveva dilaniato il petto: doveva morire o non sarebbe finito nulla.

Di certo non aveva creduto di poter sopravvivere una seconda volta all’Avada Kedavra, si era sentito davvero fortunato quando i suoi occhi si erano riaperti per davvero e non nel mondo dell’Aldilà. Alla faccia del Prescelto… più che Prescelto di sentiva Raccomandato.

Non amava neanche particolarmente la notorietà, anzi, soprattutto perché in passato gli aveva procurato parecchi problemi. Ma il boato di grida e applausi che ricevette dai suoi compagni appena salito sull’Hogwarts Express dovette ammettere che lo emozionò molto.

Tutti gli studenti che lo vedevano passare nello stretto corridoio, seguito da Ron ed Hermione, gli andavano incontro per ringraziarlo o stringergli la mano. Anche quelli del primo anno, o chi non aveva mai parlato con lui.

Subito dopo la sconfitta di Lord Voldemort, Harry aveva evitato la pubblicità come la peste, decidendo di rilasciare un solo comunicato in cui annunciava la vera fine di tutto, per poi chiudersi non si sapeva dove fino all’inizio della scuola. Anche gli altri due membri del Golden Trio erano stati irraggiungibili, così come l’intera famiglia Weasley.

Quindi, quella sull’Hogwarts Express era la prima apparizione di Harry James Potter in pubblico, pronto a riprendere a pieni ritmi la sua vita.

A fatica raggiunse uno scompartimento vuoto dove già sedevano i membri del Silver Trio: Ginny, Luna e Neville, anche loro assaliti di applausi e abbracci al loro arrivo a King’s Cross e sul treno. Ginny sorrise e fece segno ad Harry di sedersi accanto a lei.

Dopo la fine della guerra si erano allontanati di comune accordo: avevano bisogno di ritrovare una quotidianità persa o, nel caso di Harry, mai avuta. Dovevano tornare ad essere loro stessi, a sorridere, e svegliarsi la mattina senza la paura che potesse essere l’ultima volta, o con il terrore di chiedersi chi fosse morto durante la notte.

Avevano così deciso di rivedersi direttamente sull’Hogwarts Express e ricominciare da zero. Insieme.

«Ciao, ragazzi» salutò Harry, entrando e puntando direttamente a sedersi accanto a Ginevra. Gli era mancata da morire, vederla gli aveva acceso una luce nuova negli occhi.

Ron ed Hermione fecero altrettanto e solo dopo una ventina di minuti abbondanti la gente smise di entrare a salutare, stringere mani o fare fotografie.

«Potter.»

La voce di Draco Lucius Malfoy attirò l’attenzione dei sei ragazzi. Non c’erano arroganza né strafottenza nel suo tono, solo la solita nota strascicata e una buona dose di supponenza che gli veniva dal cuore. Non si sentiva superiore a tutto il mondo, ma neanche alla base della piramide sociale. Sapeva ancora essere odioso quando voleva, faceva scherzi con i suoi compagni e camminava a testa alta e naso all’insù.

L’anno precedente aveva accettato l’aiuto che Silente e il professor Piton gli avevano insistentemente offerto. Si era limitato a fare quanto gli era stato detto e a sperare che Voldemort non riuscisse in nessun modo a trovare i suoi genitori e vendicarsi, come promesso, su di loro.

Fortunatamente era andato tutto bene, il Lord Oscuro era stato distrutto definitivamente e Lucius e Narcissa Malfoy erano ancora vivi e in buona salute. A Draco non importava altro. Il pensiero di diventare depresso e antipatico come Potter, l’Orfano del Mondo, gli aveva fatto venire i brividi.

Mosse un passo all’interno dello scompartimento, restando sull’uscio, e tese la mano in avanti. Harry si alzò e, dopo uno sguardo di intesa, gliela strinse. Non si era fidato subito di lui, anzi, era sicuro che fosse una spia, invece Malfoy l’aveva sorpreso: pur evitando gesti eroici ed un’eccessiva esposizione al pericolo, aveva alzato la bacchetta sui Mangiamorte, combattendo dalla parte giusta.

«Malfoy» rispose al saluto.

Luna sorrise. «Ciao, Draco. È bello vederti qui.»

Lasciò la mano di Potter e spostò l’attenzione sulla Corvonero. Non aveva mai provato a capire quella ragazza, e neanche avrebbe tentato in futuro: viveva in un mondo tutto suo senza infastidire gli altri, anzi, ogni volta che parlava lo faceva ridere per una buona mezz’ora.

«Luna» aveva imparato quasi subito a chiamarla per nome e non per cognome, dato che lei non l’aveva mai chiamato Malfoy. Gli aveva anche sempre rivolto un sorriso cortese, soprattutto sincero.

Ad un certo punto sentì un brivido percorrergli la spina dorsale e mozzargli il respiro in gola. Lo scompartimento fu avvolto da una luce tanto accecante da costringerlo a chiudere gli occhi e portarvi davanti una mano come ulteriore riparo.

Quando li riaprì, quasi instabile sulle gambe, vide che quel fascio di luce si era ridotto ad una piccola sfera bianca, e stava proprio…

Che Salazar mi aiuti! Pensò, guardando Gemma brillare.

…sul petto di Hermione Granger.

Fissò la ragazza con gli occhi sbarrati, sordo alla voce di Potter che gli chiedeva se si fosse sentito male. Nessuno aveva visto la luce, nessuno poteva vedere Gemma.

Nessuno sapeva che quel momento gli aveva rovinato l’esistenza.

«Sto bene» masticò, tornando a guardare il Grifondoro che ancora gli stava davanti.

«Non direi, sembrava che stessi per svenire.»

«Ci vediamo al castello. Buon viaggio» tagliò corto e si allontanò velocemente, con mille pensieri in testa e un macigno grande quanto Hogwarts che gli pesava addosso.

Perché il destino era stato così beffardo con lui? Perché proprio la Granger? Si sentiva sfortunato, estremamente sfortunato. Se avesse saputo che lei era la Custode avrebbe cercato di trattarla meglio in quegli anni.

Invece la sua Custode era proprio la ragazza che aveva insultato per i dentoni, per i capelli a cespuglio, per l’essere una secchiona insopportabile e per essere di origini babbane. Di certo nessuna ragazza si sarebbe volentieri data ad uno che per cinque anni e mezzo l’aveva trattata come una pezza da piedi.

Cinque e mezzo, perché la seconda metà del sesto anno, facendo la scelta giusta, si era avvicinato molto al Golden Trio e aveva smesso di usare i termini Zannuta e Sanguesporco.

Ora la chiamava per cognome, oppure Mezzosangue in tono neutro, che lei aveva imparato a conoscere e per il quale aveva smesso di sentirsi offesa. Aveva definitivamente eliminato Sanguesporco dal proprio vocabolario. Non aveva più parlato del suo non essere una bomba sexy, ma neanche si era profuso in mille complimenti adulatori.

Certo, crescendo era diventata una ragazza carina, nella norma, ma non aveva mai pensato a lei in quel senso, né aveva creduto che proprio lei potesse avere Gemma nel petto.

Dannazione, era fregato, decisamente fregato! Sentì che non sarebbe mai riuscito a recuperare i poteri perduti. Fanculo Lucifero e fanculo le scommesse idiote!

 

 

 

***

 

 

 

Nelle prime due settimane di scuola Draco era stato al suo posto. Si era limitato ad osservare la Granger, annotarsi i suoi orari, quello che mangiava e beveva, gli appuntamenti fissi con la Biblioteca, quanto tempo ci restava in media, a che ore si alzava e a che ora andava a dormire.

Uno stalker, in pratica.

Agire d’impulso tentando un approccio qualsiasi non avrebbe mai funzionato: Hermione era una ragazza intelligente, se si fosse subito mostrato interessato a lei avrebbe sicuramente capito che qualcosa non andava, si sarebbe insospettita e impuntata sul non cedere a lui per nessun motivo.

Per questo aveva deciso di conoscere il proprio nemico prima di agire. Aveva bisogno di un piano, di idee, di sotterfugi da usare per restare da solo con lei il più possibile senza destare sospetti. Doveva sembrare tutto normale, forse con un susseguirsi un po’ anormale di coincidenze una dopo l’altra.

Un paio di volte gli era sembrato di sentirsi particolarmente osservato. Era successo in Biblioteca, sia la prima che la seconda volta. Si era seduto ad un tavolo distante da quello dove stava la Granger, ma in modo che potesse sempre vederla. Forse aveva destato l’attenzione la sua frequentazione eccessiva di quel posto, dove di solito non stava più di due ore, forse era stato beccato ad osservarla una volta di troppo.

Poco male, aveva pensato. Guardare da lontano una ragazza è un modo non invasivo di mostrare il proprio interesse. Pensò di poter usare a suo favore quei due episodi, in modo che l’approccio pratico con la Granger non le sembrasse troppo improvviso e inaspettato.

L’obiettivo principale era uno solo: far sua Hermione Granger prima della fine della scuola, perché fuori da lì non avrebbe mai avuto l’occasione di vederla tutti i giorni.

Fallire dentro le mura scolastiche sarebbe stato un suicidio. Trovare idee e modi di incontrarla casualmente per strada non era affatto facile. Inoltre c’erano gli studi, gli esami da preparare, un eventuale lavoro, e la possibilità che nel frattempo altri ragazzi le si avvicinassero.

No, doveva assolutamente riuscire nella sua impresa prima dei M.A.G.O.

Una cosa positiva della sua situazione era di avere la possibilità di sfruttare quel poco di poteri che gli erano rimasti. Non poteva fare molto, ma ammaliare le persone come facevano i vampiri era un’ottima cosa.

Uno sguardo particolarmente intenso e un po’ di concentrazione erano riusciti a fregare Anthony Goldstein ed Ernie McMillian: per tutto l’anno lui ed Hermione avrebbero fatto insieme le ronde per i corridoi di Hogwarts.

Quello gli avrebbe permesso di trascorrere molto tempo da solo con lei, vedere come reagiva in sua presenza, solo loro due, di sera tardi. Non era molto, ma era un inizio.

E da qualche parte si deve pur cominciare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

«Sì Ginny» rispose meccanicamente, cosa che fece infuriare l’amica: era già la quinta volta che Hermione le diceva “Sì Ginny” mentre stava ancora parlando.

Così, le afferrò la stoffa della camicia e diede uno strattone violento che quasi le fece finire addosso la ragazza, costretta a quel punto a guardare lei e non più Malfoy.

 

 

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Capitolo 3
*** Hello Boss! ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act III*

Hello Boss!

 

 

 

 

«Scusate il ritardo!»

La porta della Sala Prefetti&Caposcuola venne spalancata di colpo, facendo sobbalzare gli occupanti della stanza. Hermione Jane Granger entrò con il fiato corto, le guance rosse per la corsa e i capelli più scompigliati del solito.

«Scusatemi, davvero» continuò, posando la borsa su una sedia e iniziando a rovistarci dentro. «Sono stata trattenuta e…»

«Granger, rilassati» le rispose la voce di Draco Malfoy, da un punto indefinito alle sue spalle. «Hai tardato solo cinque minuti.»

«A me non piace fare tardi.»

Sorrise quando trovò ciò che stava cercando, ovvero una bacchettina cinese decorata a mano con motivi floreali. Se la portò alla bocca, incastrandola tra i denti, mentre con le mani si portava su i capelli e iniziava ad arrotolarli. Prese poi la bacchetta e la infilò in mezzo allo chignon scomposto che aveva creato velocemente, fermandolo con essa in modo che non crollasse dopo pochi minuti, nonostante le ciocche più corte fossero già sfuggite al suo controllo e le solleticavano le guance.

Draco la osservò in silenzio.

«Davvero, tranquilla» le sorrise pacato Anthony Goldstein. «Vorrà dire che la prossima volta tarderemo noi.»

La ragazza rispose al sorriso e salutò lui ed Ernie McMillian. Il loro turno di controllo dei corridoi della prima fascia oraria era terminato, mentre il suo della seconda stava iniziando. Era la terza ronda che faceva, sempre con Malfoy.

Quando, quasi due settimane prima, aveva chiesto come mai tutte le sue ronde fossero con il Serpeverde, le era stato risposto che erano usciti loro due ad ogni estrazione casuale delle coppie di pattugliamento. Lei aveva risposto con un’espressione scettica, senza però aggiungere altro. Non era il caso di mettersi a fare polemica per le ronde.

«Dove siamo stasera?» chiese Hermione, uscendo dalla stanza affiancata da Malfoy. «Sesto e settimo piano?»

«Esatto» annuì lui, che non pensava affatto a cosa dovessero pattugliare. Quella sera voleva iniziare ad avvicinarsi alla Granger.

Passarono venti muti e pesanti minuti quando decise di parlare.

«Come mai così silenziosa?» chiese, voltando il capo verso la ragazza.

Lei fece spallucce. «Sono un po’ stanca.»

«Studiato troppo?» cercò di suonare più divertente che sprezzante. «Venivi dalla Biblioteca?»

«Sì, ad entrambe le domande» annuì con un sospiro. «Ho terminato la relazione di Piton per settimana prossima e aiutato Ginny a trovare alcuni libri che non sapeva dove cercare.»

«Hai già finito la relazione di Pozioni?» chiese, sorpreso. «Io devo ancora iniziarla» ridacchiò.

«Avevo tempo» lei abbozzò un sorriso e continuò a guardare davanti e sé.

Sembrava poco incline al dialogo, ma disponibile a scambiare comunque due parole. Forse, si disse Draco, quella non era la sera giusta per iniziare un approccio pratico.

Poco dopo sentirono dei rumori provenire dall’interno di un’aula. La mano di Hermione scattò subito alla bacchetta e il suo sguardo si fece attento. Sembrava pronta a difendersi o attaccare in caso di bisogno.

«Cos’era?»

«Non lo so. Andiamo a vedere.»

Parlavano a voce bassa, bacchette alte davanti al viso.

Draco aprì la porta ed entrò per primo, subito seguito dalla Grifondoro, che con un incantesimo accese tutte le candele presenti nella stanza.

Le guance della ragazza divennero immediatamente rosse e aprì la bocca in una grande O. Draco invece rimase serio un istante, poi iniziò a sogghignare.

Due studenti del sesto anno erano piuttosto impegnati in discorsi seri sull’importanza del dialogo e dell’articolato uso della favella. La ragazza scattò immediatamente in piedi e voltò le spalle ai due intrusi, mentre Hermione si copriva gli occhi con le mani.

Draco le passò un braccio intorno alle spalle e la fece voltare verso di sé, in una specie di abbraccio. Hermione era morbida. «Si stanno rivestendo. Aspetta ancora un attimo» le sussurrò, abbassando un po’ la testa, ma senza staccare lo sguardo divertito dai due piccioncini imbarazzati.

«Venti punti in meno per ognuno di voi» disse, mentre entrambi si stavano infilando il maglione.

Ebbero la decenza di non obiettare quella sottrazione di punti più che giustificata. Essere beccati mezzi nudi in atteggiamenti più che espliciti da due Caposcuola non era proprio il massimo. Di certo non entrava nei loro programmi piccanti per la serata.

Hermione spostò le mani dal viso solo quando sentì passi affrettati superarla e il rumore della porta che si chiudeva.

«Accidenti a loro!» esclamò, facendo un passo indietro.

«Ti hanno traumatizzata, Granger?» ridacchiò lui, con una punta di tensione nella voce: e se lei fosse stata inesperta? Se non avesse mai avuto seri contatti fisici con un ragazzo? Ci avrebbe messo anni a sedurla!

«No, so come si fanno i bambini» replicò, piccata, con un leggero rossore che le velava le guance. «E’ solo che non mi aspettavo una scena simile, tutto qua.»

Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, incapace di infilarla nello chignon in quanto troppo corta, e uscì dall’aula.

Il resto della ronda proseguì tranquilla, senza intoppi né altri incontri spiacevoli o imbarazzanti, niente braccia e gambe avvinghiate a cui togliere punti.

Hermione si sentiva stupida per aver reagito in quel modo davanti a Malfoy: anche se da quasi un anno si era comportato da essere umano, nulla gli impediva di prenderla comunque in giro. Decise di non pensarci, mentre apriva la porta della Sala Prefetti&Caposcuola per stilare il rapporto di quella sera.

Ci mise pochi minuti, poi si alzò e si avviò verso il corridoio.

«Ti accompagno alla Torre» Draco la seguì, ma lei si girò e alzò una mano.

Sorrise, colpita per quella domanda. «Grazie, sei gentile. Ma non è necessario.»

Gli voltò le spalle ma lo sentì dire «Magari la prossima volta.»

Lo salutò con un cenno della mano e tornò al proprio dormitorio.

 

 

 

***

 

 

 

Draco Malfoy era solo nella stanza che condivideva con Zabini, Nott, Tiger e Goyle. Sempre loro da un secolo e mezzo, erano stati in camera insieme fin dal primo giorno di convivenza ad Hogwarts.

Non li odiava, ma neppure avrebbe donato un rene per loro. Erano amici non troppo amici, così li aveva definiti nella sua mente. Il Serpeverde medio è un buon amico, ma mette la propria persona davanti a qualsiasi cosa.

Tiger e Goyle erano troppo stupidi per poter sostenere una conversazione sensata con qualcuno, Zabini era un amante della parola, sorrideva in modo malizioso e sapeva sempre tutto di tutti, mentre Nott era un donnaiolo della peggior specie.

Sbuffando, ma contento che i ragazzi non fossero lì a vederlo sbuffare, si portò davanti allo specchio del bagno e allentò il nodo della cravatta. Si sentiva soffocare. Passò entrambe le mani tra i capelli, lentamente, come per godersi quel momento di pace che stava vivendo.

Ma qualcosa, o qualcuno, non era d’accordo.

Improvvisamente lo specchio non rifletteva più la sua immagine, ma una coltre di nubi nere. Draco assottigliò lo sguardo, scrutando tra quel grigiore, chiedendosi cosa stesse succedendo, quando un volto apparve gradualmente là dove doveva esserci il suo.

«Ma che diavolo…»

« Sì, sono io. »

«Opporcaputtana!»

Fece un balzo indietro, sorpreso e spaventato al tempo stesso per quell’immagine decisamente meno gradevole da guardare del proprio riflesso. Pelle rossa, labbra nere, occhi infuocati, corna grandi e maestose e un ghigno che sembrava non finire più.

«Cosa cavolo ci fai nel mio specchio?!» esclamò, ancora troppo sconvolto per rendersi conto del modo in cui aveva parlato.

Quando se ne accorse sbarrò gli occhi e sentì di iniziare a sudare freddo. Deglutì lentamente e si diede un contegno, prima di tornare a rivolgersi a Lui.

«Mio Signore…» abbassò il capo in segno di riverenza «Mi avete sorpreso.»

« Credo di averlo notato. »

Si morse l’interno delle guance per non bestemmiare, non avrebbe giovato alla sua situazione.

« Pensavi che ti avrei lasciato tutto solo in quest’impresa? » che cavolo aveva da ghignare in quel modo solo lui lo sapeva. « Ora che hai visto dov’è Gemma voglio assistere alla vicenda. »

«Voi lo sapevate?» alzò gli occhi grigi su quelli scarlatti di Lucifero. «Sapevate l’ubicazione di Gemma?»

Quello gli rivolse uno sguardo che doveva essere offeso, ma che in realtà risultò ancora più sprezzante.

« No, te l’ho detto. Non è qualcosa sotto al mio controllo » spiegò con gentilezza, il che era piuttosto inquietante, trattandosi di lui. « Ma ammetto di essere piuttosto divertito da quest’opera della Divina Provvidenza. »

Le nuvole alle spalle di Lucifero continuavano a vorticare, in un movimento agitato, teso, nervoso. Cosa riflettevano, esattamente? Erano lo specchio del suo stato d’animo o della cattiveria del suo Signore?

« Volevo ricordarti qualche regola » continuò Il Diavolo, senza perdere il suo ghigno splendente, contornato della pece delle sue labbra. « Niente incantesimi. Niente filtri né pozioni. Se prendi la ragazza tramite uno di questi mezzi, soggiogandola, perderai per sempre i tuoi poteri e il diritto di tornare qui. »

Non era sicuro di voler tornare all’Inferno, di certo non nell’immediato. Se si fosse trovato lì avrebbe fatto una strage di diavoli, vendicandosi di quelli che gli avevano proposto la scommessa e di quelli che l’avevano spinto ad accettarla. Poi si sarebbe punito da solo per circa duecento anni per aver ceduto ad una sciocchezza simile.

«Lo so» ringhiò quasi; conosceva benissimo cosa poteva e cosa non poteva fare. In pratica non poteva fare assolutamente nulla, se non puntare sul suo bell’aspetto, sulla redenzione dell’anno passato e buttarsi alla cieca in una corte sfrenata alla Granger, sperando che la Fortuna si togliesse quella cazzo di benda dagli occhi e la infilasse a quella troia della sorella Sfiga.

« Niente violenza. »

Gli sembrò di scorgere un lampo negli occhi rossi di Lucifero. Niente violenza, questo era ovvio, senza contare che non avrebbe mai voluto né potuto fare una cosa del genere. Ma Il Diavolo, che tutto sapeva e tutto vedeva delle sorti terrene dei suoi seguaci, non era proprio un tipo accomodante.

Non concedeva una seconda occasione dopo una punizione educativa, non si perdeva in parole né si rivolgeva in modo particolarmente dolce a chi aveva di fronte. Amava la violenza, la crudeltà, le torture, il sangue che scorreva a fiumi intorno a lui e la brutalità.

Neanche a dirlo, era l’unico a cui le Diavolesse si concedevano senza fare quei giochetti che tanto facevano impazzire i poveri Diavoli, vittime delle loro false lusinghe. Se Lui voleva, Lui aveva, e le Diavolesse, masochiste amanti del sadismo in ogni sua forma, godevano di ciò.

Forse una piccola – neanche tanto – parte di Lui sperava che Draco si lasciasse andare ai suoi istinti infernali e facesse a Hermione ciò che Diavoli e Diavolesse facevano tra loro. Anzi, sicuramente avrebbe pagato per vedere una scena simile, la rovina eterna di un Diavolo che non è in grado di riprendersi i suoi poteri.

Ma Devil non era all’Inferno. Era sulla Terra, in mezzo agli umani, maghi e non maghi, e lui era a tutti gli effetti Draco Malfoy.

«La farò mia con la sua volontà.»

«Draco? Sei in bagno?»

Si voltò di scatto verso la porta nel sentire la voce di Blaise dall’altra parte. Tornò a guardare lo specchio, ma di Lucifero neanche l’ombra. Il riflesso era di nuovo tutto suo, e del Signore delle Tenebre era rimasto l’eco agghiacciante che gli riempiva la mente.

            La sua risata.

Uscì dal bagno pochi istanti dopo, e dal sorrisetto che aleggiava sulle labbra del suo compagno capì che avrebbe dovuto trattarlo particolarmente male per essere lasciato in pace. Quando a Blaise brillavano gli occhi in quel modo significava che aveva voglia di spettegolare, sulle vite altrui ovviamente, e di cercare intorno a sé quante più notizie potesse trovare.

Oh, era un buon amico, indubbiamente, e l’aveva dimostrato aiutando Draco nei mesi passati, quando solo lui, il professor Piton e il preside Silente sapevano cosa stava davvero accadendo ad Hogwarts.

Ma amava di più se stesso e non si metteva mai veramente in gioco senza avere in mano quante più carte scandalose esistessero contro chi aveva di fronte. In quel caso non aveva granché su Draco, per questo di tanto in tanto lo tampinava e cercava di fargli scucire qualcosa di sé.

Ragazze, solitamente, perché erano le sue maggiori ascoltatrici e diffusori di notizie tra le mura del castello. Amavano spettegolare tanto quanto lui amava essere il nodo che chiudeva la via e attraverso il quale bisognava assolutamente passare, pena lo Stop definitivo.

Cercò di parlare, ma fu subito fermato dalla mano alzata di Draco.

«Sono di cattivo umore, Zabini» era un brutto segno quando lo chiamava per cognome. «Non ho voglia di sentire le tue stronzate.»

«Non ho detto nulla» Blaise mostrò un’espressione talmente innocente che avrebbe fatto sentire in colpa chiunque lo guardasse in quel momento.

Draco lo fissò per qualche secondo, poi scosse la testa. «Meglio così.»

Chiuse le tende del proprio baldacchino e si lasciò cadere mollemente sul letto. Quell’incontro intimo con Lucifero l’aveva spaventato e messo in guardia. Poteva raggiungerlo e parlare con lui, lo osservava, guardava tutto ciò che faceva da solo e quando era con Hermione.

Si sentiva spiato e non aveva affatto torto, perché di sicuro Lucifero non si sarebbe perso un solo istante di quell’interessante e divertente corte programmata ad una ragazza difficile da conquistare.

Tra una punizione e un colpo di frusta, una maledizione e un corpo fatto a pezzi, Lui lo osservava. Era quello il vero messaggio dell’apparizione nello specchio.

            « Stai attento a quello che fai, Devil. Io ti vedo sempre. »

Grazie a quella spiacevole visita, l’umore di Draco restò nero fino al mattino successivo.

Theodore Nott non era una persona cattiva e non gli interessa il gossip o la nobile arte della rottura di palle.

Non se lo meritava proprio quel biglietto di sola andata per il paese più famoso del mondo, solo per aver detto “Buongiorno” al biondo isterico, che era saltato giù dal letto e l’aveva guardato malissimo, poi si era chiuso in bagno.

«Non chiederlo a me» si difese anticipatamente Blaise, alzando le mani e scuotendo la testa. «E’ così da ieri sera.»

Nott alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Che qualcuno mandi una ragazza per il nostro amico, le pippe non bastano a calmare il suo isterismo mestruale.»

Si sentì una bestemmia dall’altro lato della porta ma nessuno dei due si curò di chiedere il bis. Uscirono da dormitorio, lasciando che Draco li raggiungesse da solo, preferibilmente più calmo.

In effetti in Sala Grande era calmo: non parlava con nessuno, al limite grugniva. Iniziò la colazione con poco appetito, lo sguardo fisso su qualcosa o qualcuno che i suoi compagni di Casa non notarono.

            Hermione Granger.

Dopo un quarto d’ora buono la ragazza si era sentita un poco osservata. Fece correre lo sguardo lungo tutto il salone, cercando di capire chi la stesse fissando tanto intensamente e a lungo da farle venire i brividi.

Quando controllò il tavolo di Serpeverde si fermò su una figura che sembrava pietrificata. Draco Malfoy, era lui che la fissava. Si sentì a disagio, ma provò il desiderio di metterlo alla prova.

            La guardava? Lei avrebbe fatto lo stesso.

Hermione ricambiò apertamente il suo sguardo, stupendolo un poco, e passarono così pochi minuti. Non sapevano chi avrebbe ceduto per primo, ma nessuno aveva intenzione di perdere.

«...a quel punto ho pensato che sarebbe stato…»

«Sì Ginny» rispose meccanicamente, cosa che fece infuriare l’amica: era già la quinta volta che Hermione le diceva “Sì Ginny” mentre stava ancora parlando.

Così, le afferrò la stoffa della camicia e diede uno strattone violento che quasi le fece finire addosso la ragazza, costretta a quel punto a guardare lei e non più Malfoy.

«Ma che fai?» esclamò, stupita, lisciandosi la manica stropicciata.

Quella alzò una mano e la mosse a mo’ di saluto. «Ehi, Hermione, ciao… stai parlando con me, lo sai?»

Ricevette uno sguardo colpevole in risposta. «Scusami, non ti ascoltavo.»

«Ma dai, non me ne ero accorta.»

Hermione sorrise. «Prometto di ascoltarti adesso» e di non guardare Malfoy né chiedermi perché oggi abbia tanta voglia di fissarmi.

Ginevra non sembrava molto convinta, ma lasciò perdere e riprese il discorso.

«Ti stavo parlando di Harry.»

Sorrise. «Come stanno andando le cose?»

«Benissimo» la sua espressione si fece radiosa, era felice. «Stare lontani quest’estate ci ha fatto bene, avevamo bisogno di… ritrovarci, ecco. Stare bene con noi stessi prima che come coppia.»

Hermione annuì. «Capisco cosa intendi. Lo penso anch’io. Dopo aver sconfitto Voldemort, tornare alla normalità non è stato facile per nessuno.»

Quell’estate era successo davvero di tutto. Il Golden Trio si era allontanato per portare la battaglia fuori da Hogwarts e lontano dagli studenti. Erano andati via solo loro tre, avevano discusso molto, Ron li aveva lasciati soli per quasi due settimane e al suo ritorno era stato di nuovo tutto come prima.

Si volevano troppo bene per mantenere l’offesa. La tensione era stata troppa, la paura di perdere le persone amate una crudele compagna in ogni momento di quella missione suicida.

Il pensiero di essere grati per ogni minuto in più che potevano vivere… li aveva consumati.

«Sono contenta che le cose tra voi vadano bene» strinse la mano dell’amica. «Credo che adesso Harry possa davvero dedicarsi a te completamente, senza il terrore di perderti o di dover affrontare altre minacce.»

«Sì» annuì Ginevra. «C’era sempre questo velo scuro su tutti noi, non riuscivamo ad essere davvero liberi.»

«Adesso lo siamo» sorrise. «Tu ed Harry lo siete. Dobbiamo solo occuparci di essere felici.»

 

 

 

***

 

 

 

Hermione, dopo cena, era andata di nuovo in biblioteca. Madama Pince era già andata via, ma aveva lasciato la porta aperta, sicura che la ragazza non avrebbe rinunciato ad una serata sui libri. Ormai era un’abitudine passare da lì prima di andare alla Torre o nella Sala Prefetti&Caposcuola, inoltre la bibliotecaria di Hogwarts si fidava ciecamente di lei.

Harry e Ginny le avevano chiesto di stare in Sala Comune con loro e la cosa le avrebbe fatto piacere, ma i due erano ancora ai primi gradini di quel nuovo percorso insieme e non voleva disturbarli. Ron si era proposto per un paio di partite a scacchi con l’amico in attesa del suo ritorno e lei aveva promesso di tornare in tempo per farsi mangiare tutte le pedine da lui.

Sorridendo aprì la porta della Biblioteca, diretta verso uno scaffale quasi in fondo alla lunga sala. Sapeva già che libro prendere, tuttavia non riuscì ad evitare di scorrere un’altra volta i titoli di altri volumi che aveva intorno.

In quegli anni di scuola li aveva letti tutti: alcuni li conosceva da prima di essere smistata, gli altri avevano avuto breve vita sotto i riflettori della non conoscenza con Hermione Granger. Compresi quelli custoditi nella Sezione Proibita.

Aveva appena preso in mano il libro desiderato quando qualcosa attirò la sua attenzione.

            Un gemito. Uno sbuffo. Un rumore.        

Se sono ancora quei due imbecilli del sesto anno li mando da Silente così come li trovo! Pensò, sfoderando la bacchetta e avvicinandosi alla fonte del gemito, dello sbuffo e del rumore.

Superò un paio di scaffali e vide una gamba – maschile – e un pezzo di mantello. Poi nel suo campo visivo apparve una mano con una bottiglia vuota.

«Ma che cavolo… Malfoy!»

Il ragazzo era malamente seduto a terra con la divisa in disordine e una bottiglia di FireWhiskey in mano. Vuota.

«Cosa stai facendo?» abbassò la bacchetta e si inginocchiò accanto a lui. «Stai male? Non è che…»

Draco aveva lo sguardo luccicante e confuso che aveva visto altre volte nei suoi compagni di casa. Sembrava che la testa gli pesasse troppo e dovesse per forza farla ciondolare di qua e di là, mentre si perdeva in espressioni ridicole.

«Sciaaao…» biascicò.

«…sei ubriaco marcio!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

Hermione rimase immobile qualche istante. Ma che cavolo… Non ci pensò due volte. Strinse la presa sulla bacchetta e schiantò il Serpeverde seduta stante.

«Maniaco» mormorò guardandolo, accasciato a terra privo di sensi.

Lo fece levitare grazie ad un semplice Levicorpus e se lo portò in giro per la scuola, attenta a non farsi beccare da nessuno, fino alle scale che portavano ai sotterranei.

Lo lasciò lì, steso a terra come un sacco di patate, cosa non molto adatta ad un Malfoy che se l’era tirata per tutta la vita e senza dargli una seconda occhiata si voltò e marciò verso la Torre di Grifondoro.

 

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Capitolo 4
*** Excuse Moi ***


 

 

Buona lettura!

 


 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act IV*

Excuse Moi

 

 

 

 

 

«Sei un imbecille!»

Hermione fece evanescere la bottiglia dalla mano del Serpeverde e gli passò un braccio intorno alle spalle per aiutarlo ad alzarsi. Lui mosse le gambe per sorreggersi, ma non aveva abbastanza presa e scivolò di nuovo.

Sbuffando e imprecando, la ragazza lo abbracciò alla vita e un po’ faticosamente riuscì a rimetterlo in piedi, facendolo appoggiare con la schiena allo scaffale. Non ci poteva credere: quel cretino di Malfoy era andato ad sbronzarsi proprio in Biblioteca. Perché non in un luogo dove i suoi amici l’avrebbero trovato, invece di procurare altre rogne a lei?

Evitò di chiedersi perché il babbeo si fosse ubriacato e pensò al da farsi. Innanzitutto non potevano restare lì impalati fino al mattino. Malfoy aveva bisogno di acqua fresca, e non tutta da bere, di un ricostituente e di qualcosa per farlo dormire come un angioletto tutta la notte.

Stava pensando a tutto ciò quando improvvisamente lui alzò una mano e gliela posò sulla spalla.

«Malfoy, se devi vomitare non farlo addosso a me» lo avvertì, e per essere più credibile mise la bacchetta tra loro, per fargli capire che non avrebbe esitato a usarla.

Lo vide fissarla con occhi poco attenti, seppur irremovibili dai suoi. Quando il ragazzo chinò la testa in avanti, Hermione pensò che stesse davvero per donarle l’anima direttamente dallo stomaco sulla sua divisa immacolata – e sul suo viso soprattutto – ma quello che ricevette fu un bacio.

Un semplice sfiorarsi di labbra che durò poco più di tre secondi. Poi la mano che aveva sulla spalla ricadde a peso morto lungo il fianco dell’ubriaco, che raddrizzò la schiena.

Hermione rimase immobile qualche istante. Ma che cavolo… Non ci pensò due volte. Strinse la presa sulla bacchetta e schiantò il Serpeverde seduta stante.

«Maniaco» mormorò guardandolo, accasciato a terra privo di sensi.

Lo fece levitare grazie ad un semplice Levicorpus e se lo portò in giro per la scuola, attenta a non farsi beccare da nessuno, fino alle scale che portavano ai sotterranei.

Lo lasciò lì, steso a terra come un sacco di patate, cosa non molto adatta a un Malfoy e senza dargli una seconda occhiata si voltò e marciò verso la Torre di Grifondoro.

 

 

 

***

 

 

 

Il mattino seguente il sole si alzò glorioso in cielo, illuminando attraverso le grandi vetrate del castello il viso pensieroso e assonnato di Hermione Granger. Aveva dormito poco e niente, un po’ perché aveva ripassato qualcosa sotto le lenzuola, un po’ – un tanto po’ – perché qualcosa le aveva completamente annebbiato la mente.

Draco Malfoy l’aveva baciata!

Di sicuro era stato a causa della sbronza. Si era chiesta cosa l’avesse spinto ad ubriacarsi in quel modo indegno senza trovare una risposta. Il punto era che l’idiota l’aveva baciata, e lei si sentiva tremendamente in imbarazzo.

Continuava a pensarci e temeva che le si leggesse in faccia quello che era successo, come se avesse il marchio del Serpeverde sulle labbra, come se lui fosse ancora lì, a rubarle l’ossigeno con quel contatto quasi impercettibile.

Scosse vigorosamente la testa per scacciare quell’immagine da davanti ai suoi occhi e si vestì, pronta per la giornata. Si svegliava sempre prima delle sue compagne di stanza per potersi preparare in pace, prendere tutti i libri necessari per le lezioni mattutine e ripassare qualcosa in Sala Comune.

Quel giorno Hermione fece parecchia fatica nel suo ripasso pre-lezioni, fortunatamente però non aveva perso la concentrazione mentre sentiva la spiegazione di due ore di Antiche Rune. Aveva preso perfettamente tutti gli appunti necessari, intervenendo e rispondendo alle domande, in modo da guadagnare anche 40 punti in favore della sua Casa.

Al cambio d’ora però, che già la preoccupava dato che ad Incantesimi avrebbe diviso la classe con le serpi, fece un incontro molto poco casuale, perché Draco Malfoy la stava giusto aspettando fuori dall’aula di Antiche Rune.

«Granger, buongiorno.»

Aveva le occhiaie e sembrava più pallido del solito, ma la divisa non aveva una piega e i capelli erano in ordine. Solo il suo sguardo e i segni grigiastri sotto agli occhi facevano intendere che non avesse trascorso una notte di sano riposo.

«Malfoy» masticò a denti stretti. «Buongiorno a te.»

Fece per sorpassarlo e andarsene ma lui le si parò davanti, alzando le mani in segno di resa e abbozzando un sorriso imbarazzato. «Non so cos’è successo ieri sera, ma credo di essere arrivato nel mio letto grazie a te.»

Hermione lo fissò, muta, non sapendo se e cosa lui ricordasse della notte precedente. Provò ad andare per gradi per sondare la sua memoria. «Eri ubriaco.»

«Ho bevuto parecchio, sì.»

«In Biblioteca.»

Lui fece una strana espressione, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Oh, certo, la Biblioteca. «Ricordo di esserci andato.»

«E…?» provò lei. «Cos’altro ricordi?»

            Il bacio no, il bacio no, ti prego il bacio no!

Lo vide alzare le spalle. «C’eri tu, un po’ sfocata ma eri tu. Hai detto qualcosa che non ho capito, e poi mi sono risvegliato nel mio letto. Tutto qui.»

Hermione ebbe l’istinto di sospirare e rilassare i nervi ma resistette, non voleva assolutamente che l’idiota ubriacone indagasse oltre sulla notte precedente. «Tutto qui» ripeté semi convinta. «Ti ho lasciato nei sotterranei, i tuoi compagni di Casa ti avranno portato dentro.»

Draco annuì. «Volevo… uhm… beh, ringraziarti» sembrava in imbarazzo e un po’ impacciato. «Avrebbe potuto trovarmi qualcuno di meno gentile di te, o un professore… o nessuno.»

«Che fortuna, eh?» iniziò a muoversi per andare in classe e scollarselo di dosso, ma lui le camminò accanto.

«Vorrei ringraziarti.»

«L’hai appena fatto.»

«In modo adeguato» precisò il biondo. «Un caffè.»

Si voltò a guardarlo. «Un caffè?»

«Sì. Alla prossima uscita ad Hogsmeade» sorrise, questa volta come faceva di solito, e cioè con un ghigno velato di malizia. «Lasciati offrire un caffè come ringraziamento.»

Hermione si sentì avvampare. Sembrava un appuntamento, e di lunga data anche. «Malfoy, davvero, non è necessario.»

«Sì che lo è. Per me lo è» continuò, e la fissò negli occhi senza mai distogliere lo sguardo. «E’ solo un caffè.»

«Io…» era nervosa, cosa doveva fare? Accettare o andare avanti a rifiutare?

Le si fece appena più vicino. «Te lo offrirò anche se continuerai a dirmi di no.»

Alla fine parlò con un sospiro. «Ok, va bene.»

Il sorriso che gli vide in volto la stupì, perché non c’era più malizia, era un semplice sorriso come tanti altri, ma sulla bocca di Malfoy era piuttosto difficile vederlo. La bocca di Malfoy. Oh, cacchio, la stava fissando senza accorgersene!

«Buona lezione» disse frettolosamente, prima di correre in classe e fiondarsi al suo solito posto.

Harry la vide arrivare tutta trafelata, ma non le chiese cosa fosse successo, gli sembrava anche un po’ nervosa. Malfoy entrò in aula poco dopo, guardò la ragazza con uno strano sorrisetto in viso, che lo fece solo irritare, e poi non la degnò più di uno sguardo fino alla fine della lezione di Incantesimi.

Concluse che Hermione quel giorno non era poi così diversa, le cose da femmine spesso la innervosivano più del solito.

Ma la cara Hermione Granger non era nervosa per le sue cose da femmine, tutt’altro: erano le cose da maschio che la turbavano, e non poco!

Con Malfoy si era instaurato un rapporto di civile cortesia in seguito alla saggia decisione presa l’anno prima, ma non c’era mai stato niente di più. Si salutavano, non si insultavano, ogni tanto era capitato anche di scambiare due parole. I problemi il ragazzo li aveva con Harry, ma erano legati allo sport, tanto per cambiare, e altre piccole sciocchezze da ragazzi.

Il problema di Hermione era che Malfoy sembrava fin troppo ben disposto nei suoi confronti: quell’invito di lunga data a prendere un caffè era insolito, forse sospetto, e la sua mente era offuscata dall’esperienza della sera precedente.

Malfoy l’aveva baciata, accidenti a lui!

Era stato solo uno sfioramento, ma c’era stato, e lei non riusciva a capacitarsi di essere stata così a stretto contatto con lui. Tanto stretto da farsi baciare.

 

 

 

***

 

 

 

Harry Potter trovò una gradita sorpresa all’uscita dall’aula: Ginevra lo stava aspettando fuori dalla porta. Quando lo vide le si illuminò il viso, e a lui si scaldò il cuore. Quell’estate aveva sentito terribilmente la sua mancanza, ma ricominciare a frequentarsi subito dopo la fine della guerra sarebbe stato un suicidio di coppia.

Entrambi dovevano elaborare i fatti, i lutti, il cambiamento… la cicatrice che non bruciava più ed era tornata ad essere una semplice cicatrice come tante altre.

«Ciao» gli andò incontro Ginny. «Hai fame?»

Era l’ora di pranzo. «Molta» fece per incamminarsi verso la Sala Grande, ma lei lo fermò tirandolo per la manica.

«Non di là» disse. «Seguimi.»

Si lasciò condurre in silenzio nel grande giardino che circondava il castello, fino ad una piccola macchia di alberi, sotto i quali Ginny si fermò. Si voltò e gli sorrise.

«Ti va un picnic?»

Gli mostrò un piccolo cestino che aveva tenuto in borsa, senza smettere di sorridere: aveva bisogno di passare del tempo con lui come due normali fidanzati.

Harry si sentì pervadere da un’emozione calda che aveva temuto di non poter provare più. Le si avvicinò, la guardò negli occhi – i suoi erano lucidi – e la abbracciò di slancio.

«Mi va eccome» sussurrò al suo orecchio, il viso nascosto tra i suoi capelli e il collo. «Mi va tantissimo.»

La ragazza trasse un profondo respiro e ricambiò l’abbraccio con la mano libera. «Grazie

 

 

 

***

 

 

 

Non ci fu neanche bisogno di cercare il colpevole. Pregiudizi a parte, Severus Piton sapeva che l’unico in grado di far esplodere un calderone un giorno sì e l’altro pure non poteva che essere Neville Paciock.

Il ragazzo era completamente nero in volto e sulle mani, il suo calderone era sciolto, così come buona parte del banco. Ingredienti e provette erano sparsi a terra. Fortunatamente Hermione Granger, accortasi dell’esplosione imminente, era riuscita a spostarsi in tempo, salvando se stessa e il proprio lavoro.

Inutile dire che i Serpeverde se la stavano ridendo di gusto. In modo elegante, ma di gusto.

«50 punti in meno a Grifondoro» sentenziò il professore, guardando disgustato il tremolante Neville, per poi spostare gli occhi sulla ragazza che gli stava accanto. «Signorina Granger.»

«Signore» deglutì, temendo che volesse darle parte della colpa dell’esplosione.

«Non può continuare a lavorare qui. Il signor Paciock ha provveduto a sciogliere il banco» non mancò un gemito strozzato proveniente dalla gola del Grifondoro. «Vada a sedersi da un’altra parte.»

Hermione passò gli occhi su tutta l’aula, e l’unico posto libero, notò con un tuffo al cuore, era proprio…

«Accanto a Malfoy c’è un posto libero. Il signor Nott è assente» le suggerì Piton, voltandosi ad indicare il ragazzo con un pigro cenno della mano. «Si muova.»

Obbedì, seppur con il cuore che correva come un pazzo, e fece levitare le sue cose dietro di sé, mentre Piton tornava alla cattedra e Neville usciva dall’aula per darsi di nuovo un aspetto umano.

«Granger» sorrise il ragazzo.

«Malfoy» rispose senza guardarlo, sperando che fosse sufficiente giustificarsi sistemando borsa ed ingredienti sul banco.

Una boccetta perse l’equilibrio e rotolò sul tavolo fino a spiccare il volo verso il pavimento. Hermione si mosse per prenderla, ma Draco fu più veloce – riflessi da Cercatore, ovviamente.

Afferrò la boccetta e la posò nel palmo aperto di Hermione, non senza sfruttare la casuale occasione di accarezzarle la mano qualche secondo di troppo.

«Grazie» mormorò lei ritirando la mano.

Pochi minuti più tardi fu uno degli ingredienti di Draco ad invadere la metà banco di Hermione. Aspettò giustamente che lei posasse la mano lì vicino per accorgersi dell’ingrediente mancante, e toccarle il braccio col proprio mentre lo recuperava.

Poi la piuma gli scivolò accidentalmente dalle mani mentre prendeva appunti sull’andamento della pozione, e finì proprio vicino ai piedi della ragazza. Le sfiorò la gamba nuda con la mano e con i capelli, piegandosi un po’ troppo per dover raccogliere una semplice piuma.

Hermione aveva pochi dubbi: Malfoy le stava lanciando dei segnali fin troppo chiari, ma il problema era… perché? Aveva scoperto un certo interesse per lei, voleva solo stuzzicarla o prenderla in giro?

Proseguì in quel modo fino alla fine della lezione, lui sorrideva, lei arrossiva. Poco distanti, Ron aveva fatto un commento acido sul biondo – non riusciva proprio a farselo piacere nonostante le buone intenzioni dimostrate l’anno prima – ed Harry si era chiesto, come Hermione, perché lui le stesse riservando tutte quelle attenzioni.

Non seppe darsi una risposta, ma sperava che non fosse niente di simile alla Sindrome del Salvatore: Hermione era stata la prima e la più convinta credente della buona fede di Malfoy, sia prima che dopo aver saputo quale tremenda missione gli fosse stata affidata.

Lui e Ronald avevano creduto che non volesse uccidere Silente, ma era sempre Malfoy, sempre viziato, sempre snob, sempre antipatico. Sempre più simile a suo padre.

Harry sperò con tutto il suo cuore che il Serpeverde non decidesse di tornane alle vecchie abitudini e tradire la fiducia di Hermione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

«Chi ha proposto Hermione?»

Harry si voltò di scatto verso Ronald. «Non sei stato tu?»

L’amico negò col capo. «Volevo farlo, ma non riuscivo a decidermi e alla fine ho rinunciato.»

Ron non era stato, lui neanche – e comunque non avrebbe proposto la sua migliore amica, ma la sua ragazza. Chi altri poteva essere interessato a Hermione?

 

 

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Capitolo 5
*** Get The Party Started ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act V*

Get The Party Started

 

 

 

 

 

Halloween era arrivato. La festa che tutti aspettavano e di cui tutti parlavano.

La Sala Grande era stata allestita in modo divertente e bizzarro dai professori. C’erano candele nere con ali da pipistrello, ragnatele in ogni angolo e un filo di nebbia a terra, oltre a tendaggi strappati e impolverati.

La musica era alta e piaceva quasi a tutti gli studenti, infatti molti ragazzi stavano già ballando al centro dell’enorme salone.

«Hermione!»

La ragazza, stretta in un abito in stile Maria Antonietta in minigonna, si voltò e rimase a bocca aperta: Harry Potter indossava un completo nero gessato con tanto di fucile a pompa, cappello e fiore all’occhiello.

«Sei un… boss mafioso?» chiese, incredula.

«Ti piace?» fece un giro su se stesso per farsi ammirare dall’amica. «Ho pensato che fosse originale.»

«E’ terrificante. Originale e terrificante.»

«Tu sei splendida» commentò lui, squadrandola dall’alto al basso e dal basso all’alto circa tre volte. «Sei molto… francese

Hermione scosse la testa, trattenendo a stento una risata. «Sono una versione sexy di Maria Antonietta» spiegò, conscia che Harry avesse azzeccato per puro caso parte dell’ispirazione del suo costume.

L’abito, sui toni del celeste pastello e dell’oro, consisteva in un corsetto steccato che le strizzava i polmoni – e non solo quelli – pieno di ricami, gemme, passamanerie e decori vari, con le maniche a sbuffo e rouche di pizzo ovunque fosse stato possibile inserirle.

La gonna era corta, molto corta, e mostrava un paio di gambe che quasi nessuno aveva avuto il piacere di vedere, dato che Hermione non amava andare in giro con scollature all’ombelico e spacchi ascellari. Anche quella era decorata fino alla nausea, resa gonfia da un sottogonna in tulle rigido in ben cinque strati.

Volendo osare un po’ più del solito, Hermione aveva abbinato un paio di parigine color panna con nastri e fiocchetti ai bordi e scarpe in tinta con l’abito; un ventaglio di pizzo, capelli abboccolati grazie a tre confezioni di prodotti fissanti super forti e l’immancabile neo vicino alla bocca. Un esperto di moda le avrebbe fatto i complimenti.

Ron li raggiunse e fissò Hermione quasi con la bava alla bocca. Lui aveva una coroncina di alloro in testa, un fulmine magico stretto in una mano e un lenzuolo bianco gettato addosso senza un vero senso.

«Ti sei vestito da Zeus?» la ragazza non riuscì a trattenere la perplessità nella voce.

«Perché, non si vede?» Ron aprì le braccia, indicandosi interamente con le mani. «So che Zeus non aveva i capelli rossi, ma…»

«Non sono i capelli, è che non hai sistemato bene il costume. Ti sei vestito al buio?» Hermione gli si avvicinò e iniziò ad aggiustare la stoffa, tirandola in modo da darle una forma ben definita e posizionando gli accessori nei punti giusti.

Si allontanò di un metro, osservò il lavoro finito e annuì, soddisfatta. «Ora sei perfetto. Stai benissimo.»

Ron arrossì e balbettò un ringraziamento indefinito, prima di restare a bocca aperta, con gli occhi che lanciavano davvero saette e l’indignazione dipinta sul volto.

«Che succede?» Harry lo affiancò e guardò nella sua stessa direzione e anche lui rimase a bocca aperta, ma per l’improvvisa ed eccessiva produzione di saliva.

Hermione lo imitò e scoppiò a ridere, essendo l’unica a conoscenza del costume di Ginny.

La Weasley si era presentata vestita da sexy infermiera. Molto, molto sexy.

Il suo abito non era particolarmente scollato – purtroppo lei non godeva di un décolleté generoso – ma era in latex bianco con i bordi rossi e una grande croce scarlatta sul seno sinistro, aderente come una seconda pelle, tanto che le si potevano quasi contare i pori.

I capelli rossi erano sciolti e mossi, un po’ spettinati; sul capo faceva bella mostra di sé un cappellino, mentre sulla gamba destra sfoggiava una giarrettiera rossa con una siringa infilata in mezzo e le scarpe erano degli stivali bianchi sotto al ginocchio.

«Cosa diavolo ti sei messa addosso?!» esclamò Ronald, attirando ancora di più l’attenzione di chi gli stava intorno. «Sei praticamente nuda!» puntò l’indice contro il bordo del vestito, che arrivava a pochi centimetri sotto la curva del sedere.

«È l’ultimo Halloween che passiamo tutti insieme qui» rispose lei con un’alzata di spalle. «Voglio divertirmi. E poi sono con Harry, non corro pericoli.»

Oh, di pericoli, vestita così, probabilmente ne correva molti più in compagnia di Harry. Ma Ron non voleva pensare a una cosa del genere. Lei era la piccola di casa, fine della storia. Si passò una mano tra i capelli, rischiando di far cadere a terra la ghirlanda l’alloro, e borbottò che sarebbe andato a cercare Neville.

«Weasley, stasera ti si nota parecchio» questo commento giunse da una voce alle loro spalle, una voce che Hermione conosceva bene e che non era sicura di voler sentire quella sera.

Draco Malfoy era… molto Malfoy.

Harry non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, divertito. «Ti sei vestito da diavolo

«Con la fantasia che ti ritrovi scommetto che credevi di vedermi vestito da serpente» replicò l’altro.

«Io sono originale!»

«Ma certo, Boss.»

Hermione non riusciva a parlare. Draco indossava dei pantaloni di pelle rossi, abbastanza stretti da mettere in mostra un didietro davvero gradevole, e una camicia di pizzo bianca. Tra i capelli biondi spiccavano due corna rosse e sulla guancia destra era stato disegnato un piccolo serpente.

«Sei imbarazzante» fu il suo commento, emesso senza prima essere passato dal cervello. «Ti manca solo un boa di struzzo e sei pronto per la tangenziale.»

«Tangeche?» lui aggrottò le sopracciglia, confuso. «Ma di cosa parli? Maria Antonietta, sei già ubriaca?»

Lei prese un respiro profondo e finse accondiscendenza. In realtà pensava che Malfoy stesse davvero bene vestito così, e quei pantaloni… meglio non soffermarsi su quei pantaloni. «Ti prendevo in giro.»

«Ma dai» Draco la fissò intensamente – e l’occhio gli cadde sulla generosa scollatura, ma non era colpa sua, era il seno di Hermione che gridava Guardami, guardami!

«Draco!» una voce femminile attirò l’attenzione del gruppetto.

Una Pansy Parkinson in tuta nera con baffi da gatta e unghie affilate – e un rossetto rosso che si notava a miglia di distanza – affiancò il Serpeverde. «Tieni Nott lontano da me!»

«Perché?»

«Perché ci sta provando in tutti i modi e non capisce che io la zuppa riscaldata non la voglio.»

Troppi dettagli personali in una frase sola. Ginevra sogghignò sotto i baffi, mentre Harry si sentì subito in imbarazzo. Perché la Parkinson doveva sbandierare ai quattro venti gli affari suoi?

«Scommetto che si è vestito in modo imbarazzante.»

«Eccessivamente imbarazzante» confermò la ragazza, annuendo vigorosamente col capo, facendo così notare delle carinissime orecchie a punta. Guardandole, Hermione ricordò il suo primo, tragico esperimento con la Pozione Polisucco.

«Vi lascio ai vostri drammi» annunciò. «Devo controllare che tutto stia andando bene.»

Draco si voltò subito verso di lei. «Ti raggiungo fra poco!»

Lei lo guardò senza dire niente, colpita dalla velocità con cui le aveva risposto, poi salutò i ragazzi con un mezzo sorriso e sparì tra la folla – ma fece in tempo a vedere un Theodore Nott nei panni di uno Spartano con slip, sandali e un’armatura che lasciava molto a desiderare in quanto a fedeltà storica.

Sorpassò un Blaise Zabini molto affascinante che si era cosparso di glitter e andava in giro a cercare la propria Bella. Pessimo modo per rimorchiare, ma lui era un buon partito, di sicuro qualcuna avrebbe abboccato.

Anthony Goldstein, vestito da creatura di Frankenstein, fermò Hermione dopo due giri di ricognizione intorno alla sala. «Eccoti.»

«Anthony» sorrise, «hai bisogno di qualcosa?»

«Sì» il ragazzo agitò una cartellina davanti a sé. «Fra poco inizia l’asta dei balli, ho bisogno che tu mi dia una mano.»

Hermione ebbe la tentazione di alzare gli occhi al cielo. Un’asta. Niente di più banale. «Ok, dai. Prima finiamo, meglio è.»

Non le erano mai andate a genio le aste durante gli eventi scolastici o le feste: finiva sempre che qualcuno sfoderava la bacchetta e i professori intervenivano togliendo punti come se non ci fosse un domani.

Troppe volte lei aveva perso punti faticosamente guadagnati con le sue interminabili ore di studio, soprattutto considerato che Piton continuava a penalizzare Grifondoro per qualsiasi motivo.

«Non ti piace ballare?» chiese il Corvonero camminando accanto a lei. Di tanto in tanto osservava la situazione, controllando che tutti si stessero divertendo in modo tranquillo, almeno finché si trovavano insieme ai professori – la Mcgranitt era una vera iena quando si trattava di vigilare gli studenti in certe occasioni.

«Non mi piacciono le aste, o i balli su richiesta… cosa del genere, insomma. Le trovo noiose e poco spontanee» spiegò la ragazza. «Se non altro, visto che sono un Caposcuola e che ti aiuto nell’organizzazione, non avrò tempo per ballare.»

Goldstein non disse nulla, si limitò a raggiungere la piccola pedana dalla quale avrebbero gestito la piccola Asta Dei Balli. Lesse i nomi sulla lista, guardò Hermione scrutare la folla – in cerca di qualcuno, forse? – e sogghignò. Ci sarebbe stato da divertirsi parecchio quella sera.

Con un incantesimo Sonorus richiamò l’attenzione dei presenti e annunciò l’Asta.

«Le ragazze che nominerò sono pregare di raggiungermi sul palco» disse con un gran sorriso. Quella cosa sembrava divertirlo molto, chissà perché. «Quando sarete tutte qui, si faranno avanti i pretendenti. Ricordo che l’Asta consiste in un e un solo lento. Non avanzate altre richieste, a meno che non siano ben accette.»

La McGranitt tossì rumorosamente da un angolo del salone e Goldstein si fece più piccolo stringendosi nelle spalle.

Hermione sentì chiamare le gemelle Patil, la Parkinson, la Abbott e altre tre ragazze di cui non aveva capito bene i nomi a causa degli incitamenti del pubblico. Stava perlustrando il fondo della sala, era vicino al banco dei dolci quando sentì il proprio nome.

«Hermione Granger!» esclamò la voce di Anthony, forte e chiara, inconfondibile. Lei si gelò sul posto. «Hermione Granger, sei stata nominata, vieni sul palco!»

Un fascio di luce la investì in pieno e lei avanzò come un automa. Salì sul palchetto, guardandosi intorno con aria confusa. Si sentì improvvisamente troppo nuda nel suo costume. Dopo di lei vennero chiamate altre due ragazze, ma lei non ascoltò.

«Chi ha proposto Hermione?»

Harry si voltò di scatto verso Ronald, quasi più sorpreso di quella domanda che della nomina dell’amica. «Non sei stato tu?»

L’amico negò col capo. «Volevo farlo, ma non riuscivo a decidermi e alla fine ho rinunciato.»

Ron non era stato, lui neanche – e comunque in caso non avrebbe proposto la sua migliore amica, ma la sua ragazza. Chi altri poteva essere interessato a Hermione?

La fila scorreva, ma lei non veniva a capo di quella cosa. Quando Goldstein annunciò il suo turno, Hermione vide con orrore e raccapriccio Cormac McLaggen farsi subito avanti tra il pubblico, con aria tronfia e spavalda. Oh no, no, Merlino no!

Scrutò febbrilmente la folla nella speranza che qualcuno arrivasse in suo soccorso, magari Harry o Ronald, anche Luna, insomma chiunque ma non lui. Più cercava di tenerlo alla larga più lui tornava alla carica.

«Hermione Granger ballerà con me» disse una voce alla sua sinistra.

McLaggen ringhiò per l’affronto, furente. Già pregustava quel ballo, appiccicato alla ragazza per vari minuti. «Malfoy. Vattene, c’ero prima io.»

Draco si esibì in un ghigno da Oscar. «Sì, ma sono stato io a richiederla.»

Gli studenti rimasero interdetti a quell’uscita, ma Goldstein prese subito la parola e posò un braccio intorno alle spalle di Hermione, mettendola ancora di più sotto i riflettori – e in imbarazzo.

«Hermione, per te ci sono due pretendenti. La regola vuole che sia la ragazza a decidere» spiegò. «Quindi, con chi ballerai? McLagg-»

«Malfoy» disse lei senza aspettare che finisse di parlare – e senza guardare nessuno dei due. «Scelgo Malfoy.»

McLaggen protestò e si allontanò ancora più furioso di prima. Un’altra occasione andata in fumo.

Draco si avvicinò al palco e porse la mano alla sua dama. «Ottima scelta.»

«Non ne avevo, vorrai dire.»

Le ultime due ragazze vennero assegnate ai propri fidanzati e quando la musica iniziò, Malfoy condusse Hermione al centro della sala, dove le altre coppie si erano radunate per ballare.

Draco tenne le mani al di sopra della vita della ragazza – per dimostrare che non era un poco di buono, ovviamente – mentre lei le mise dietro il collo di lui, che la strinse a sé quanto bastava per avere il maggior contatto possibile.

Era difficile dire chi dei due avesse più pizzo addosso. Il corpetto impediva alle mani del ragazzo di sentire la morbidezza del corpo di Hermione, ma dovette ammettere che la strizzava in modo davvero sexy.

«Spero che questo ballo non ti dispiaccia» disse poco dopo.

«Preferisco avere un appuntamento con Piton che ballare con McLaggen» rispose lei, che aveva una gran voglia di parlar male del povero rifiutato. Se Malfoy non si fosse fatto avanti, a quest’ora lei starebbe lottando per la propria vita, stretta tra i tentacoli del polipo e cercando di schivare i suoi baci.

Draco sorrise. «Posso chiederti cosa ti ha fatto?»

«È un maiale, in tutti i sensi!» si sfogò la ragazza. «Siamo usciti una volta e non riuscivo a capire quante mani avesse. Continua a tampinarmi, detesto il contatto fisico non desiderato.»

Lui allora giocò un’altra carta e assunse un’aria contrita. «Allora devo scusarmi per averti costretta a ballare con me.»

«…non mi dispiace ballare con te.»

Testa bassa, guance arrossate. Hermione si sentiva in imbarazzo, ma di sicuro Malfoy era meglio del polipo a mille mani. Le vennero in mente il bacio rubato in Biblioteca, l’appuntamento promesso, la strana lezione di Pozioni… e ora quello. Malfoy ci stava davvero provando con lei.

Decise di rilassarsi e, con un’audacia che di solito non le apparteneva, decise di posare la testa sulla spalla di lui, che in risposta la strinse un po’ di più. Di sicuro molti li stavano guardando, Harry e Ronald in primis, ma ormai era andata.

E poi, qualcosa fece bollire Hermione come una pentola a pressione. Divenne un pezzo di legno, le guance rosso fuoco. Quello era…

«Mi dispiace. È l’effetto che mi fai» confessò il ragazzo a bassa voce.

Draco Malfoy era eccitato! Da lei!

«Non so cosa dire» disse lei in tutta sincerità, senza osare guardarlo. A parte McLaggen, nessuno si era mostrato interessato a lei in quel senso. Con Krum c’erano stati solo dei baci, non solo perché si erano frequentati poco, ma anche perché lei aveva appena quattordici anni e non era il caso.

Adesso era quasi maggiorenne, ben cosciente di come andavano certe cose e altrettanto ben cosciente del proprio corpo, in tutti i sensi.

Lui allora si piegò per parlarle con la bocca a pochi centimetri dal suo orecchio. «La festa continua in privato.»

Hermione raddrizzò la schiena e lo guardò confusa, dimenticandosi subito dell’imbarazzante presenza. «Di che stai parlando?»

«Credevi che la festa finisse qua?»

«Ehm… sì?»

Lui sorrise e smise di ballare. «Andiamo nella Stanza Delle Necessità.»

Prese Hermione per mano e la condusse fuori, dove lei si sorprese di vedere molti studenti incamminarsi verso la loro stessa direzione. Cosa stava succedendo? Perché lei non era stata informata?

Nella Stanza Delle Necessità c’era già molta gente, compreso Anthony Goldstein, in piedi su un piccolo pulpito.

Cosa avrebbero fatto lì dentro? Bevuto fino alla nausea? Suonato musica rock-metal? Fatto giochi zozzi? Si guardò intorno e notò che lì non c’era praticamente nulla, solo un gran numero di cuscini enormi addossati alle preti e qualche tavolo con cibo e bevande.

«Signore e signori, benvenuti alla vera asta!» l’annuncio di Goldstein venne accolto da un boato di approvazione. «Le regole prevedono che i ragazzi abbiano la proprietà delle ragazze fino all’alba.»

Hermione rimase di stucco.

«Ovviamente non deve succede niente che nessuno dei due non voglia» fischi allupati si alzarono da un gruppo di studenti in fondo alla sala, «quindi state buoni, non voglio sentir brutte cose da parte della ragazze. L’unica tappa obbligatoria sono i Sette Minuti In Paradiso

Hermione non poteva credere a tutto ciò.

Draco la teneva ancora per mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

«Hermione» disse lui, stringendola di nuovo tra le braccia. «Non voglio che tu faccia qualcosa che non vuoi. Non ti costringerei mai, spero che tu lo sappia.»

Lei gli rivolse un’occhiata storta, poi sbuffò di nuovo. «Certo che lo so.»

«Ma ti chiedo un bacio.»

Lei rimase a bocca aperta. «Hai appena detto…»

«Un bacio basterà» la interruppe, serio. «Uno solo.»

 

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Capitolo 6
*** Paradise n.7 ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act VI*

Paradise n.7

 

 

 

 

 

«Non ci posso credere!»

«Oh, credici invece.»

Hermione si voltò verso Malfoy come un’arpia. «Avresti dovuto dirmelo.»

«Pensavo che lo sapessi» fece spallucce lui. Ovviamente non credeva affatto che lei fosse a conoscenza di quel festino privato, ma doveva pur coprirsi le spalle in qualche modo. «Te l’avrei detto.»

«Sì, certo» sbuffò la ragazza.

«Hermione» disse lui, stringendola di nuovo tra le braccia, «non voglio che tu faccia qualcosa che non vuoi. Non ti costringerei mai, spero che tu lo sappia.»

Lei gli rivolse un’occhiata storta, poi sbuffò di nuovo. «Certo che lo so.»

«Ma ti chiedo un bacio.»

Lei rimase a bocca aperta, le guance ancora rosse. «Hai appena detto…»

«Un bacio basterà» la interruppe, serio. «Uno solo.»

Senza attendere risposta, Draco si chinò e riuscì a baciare Hermione, proprio davanti agli altri studenti. Ron compreso, che si frappose tra i due con rabbia, spingendo Malfoy lontano dalla ragazza.

«Lasciala stare!» sbraitò in faccia a Malfoy. «Sei un viscido, lo sapevo che non ci si poteva fidare di te!»

L’altro non fece una piega. Lo guardò male e si sistemò i capelli con le mani, attento a non toccare le corna da diavolo. «Weasley, non è colpa mia se non hai avuto le palle di provarci. Io l’ho fatto e ora lei è mia fino all’alba. Datti pace.»

Con un gesto rapido Draco allungò il braccio e afferrò la mano di Hermione, tirandosi addosso la ragazza. Poi disse «Sette minuti» e attorno a loro comparvero quattro pareti che li chiudevano in un buco di un metro per un metro.

Hermione, di nuovo, era senza parole.

«Non avresti dovuto!»

«È una tappa obbligatoria.»

«Potevi chiedermelo prima!»

Era nervosa e non solo per essere stata ingannata, ma anche perché quella situazione le risvegliava istinti a cui non voleva pensare. Lei e Malfoy a così stretto contatto per sette minuti.

Oh, quei minuti sarebbero stati di sicuro i più lunghi della sua vita.

«Rilassati, non ho intenzione di saltarti addosso» la rassicurò lui alzando le mani, ma lo spazio era così ridotto che, nel farlo, aveva toccato la sua ampia gonna.

Poi, Hermione realizzò una cosa. «Mi hai baciata!» esclamò.

«L’ho fatto.»

«Davanti a tutti» precisò.

«Esatto.»

La ragazza non seppe cosa pensare. Quindi Malfoy ci stava davvero provando con lei… ormai la cosa era chiara e innegabile. E questo come la faceva sentire? Non era abituata alla corte di un ragazzo, di certo non in quel modo.

Krum era stato piuttosto discreto e gentile, Ron sempre impacciato e inconcludente, tanto che la cotta che aveva avuto per lui si era raffreddata col passare del tempo.

E adesso Malfoy. Cielo, mai e poi mai avrebbe immaginato di ricevere delle avances così sfacciate proprio da parte di Malfoy. Anzi, quando mai aveva pensato che lui potesse farle delle avances? Mai, appunto.

Ora, invece, si trovava in quella situazione calda e imbarazzante che la rendeva nervosa ed eccitata al tempo stesso. Quanto era passato? Mezzo minuto? Lui la fissava in un modo che la faceva sentire nuda e vulnerabile. Avrebbe voluto cavargli gli occhi. E poi baciarlo.

«Hermione» il ragazzo fece un passo avanti e lei si schiacciò ancora di più contro la parete – come se ci fosse spazio, poi. «Non voglio sprecare quest’occasione con te.»

Lei scosse la testa poco convinta. Quando sentì una mano di lui sul fianco fremette senza volerlo. Ripensò al bacio sbronzo in Biblioteca, al bacio di poco prima… al lento eccitato. Quel pensiero la fece avvampare ancora di più.

«Non sono sicura che sia una buona idea.»

«Perché?»

Una mano sulla guancia. Per essere un serpente velenoso era caldo e confortevole. Le piaceva il suo tocco.

«Perché… perché non lo penso» rispose, sempre meno convinta.

«Se mi dai un buon motivo mi fermo» disse Malfoy avvicinandosi col viso al suo.

«Se mi baci ti picchio.»

Lui sorrise divertito. Hermione Granger era davvero interessante. «Correrò il rischio.»

Sfiorò appena le sue labbra e la sentì rigida come una lastra di marmo. Insistette, stringendola a sé, schiacciandola un po’ tra il suo corpo e la parete magica. Le accarezzava il viso per farla rilassare e pian piano sembrava riuscirci.

Di sicuro lei aveva paura di qualche strana mossa, ma non ci sarebbe riuscito neanche volendo, vestita com’era: il corpetto era strettissimo e la gonna enorme, avrebbe dovuto toccarle sfacciatamente il seno o infilare una mano sotto il vestito, sperando di trovare qualcosa tra i mille strati di tulle.

No, sarebbe stato troppo anche per lui e avrebbe rischiato di rovinare tutto. Non voleva neanche farlo… compromettere un momento come quello, la fiducia che si stava guadagnando.

Erano passati quasi quattro minuti quando, tra un bacio incerto e l’altro, Hermione finalmente si rilassò e decise che poteva fidarsi di lui. Rispose volentieri ai baci e si strinse a lui. Le labbra di Malfoy erano morbide e caspita se ci sapeva fare! Era impossibile non lasciarsi andare.

Ormai erano lì, nessuno poteva vederli – anche se potevano immaginare di tutto – e la vicinanza con Malfoy le faceva abbassare il Q.I. vertiginosamente. Cavolo, era attrazione fisica quella? O era solo dovuta alla situazione? Quindi quello era ciò che veniva chiamato vivere il momento?

Beh, lei lo stava vivendo eccome il momento.

I baci con Malfoy si fecero piuttosto appassionati quando, finalmente, lei schiuse le labbra per permettergli usare la lingua. Lui la stringeva come per paura di vederla svanire davanti ai suoi occhi e a lei piaceva sentirsi desiderata in modo così sincero. Forse troppo sincero, perché avvertì di nuovo quel qualcosa che aveva sentito durante il ballo. Decise di non pensarci, il carico di quella sera era già pesante.

Da una parte voleva continuare a pomiciare con lui, dall’altra le stavano montando dentro rabbia e indignazione per essere stata ingannata sulla festa e sull’asta.

Il tempo stava per scadere ed Hermione recuperò i punti Q.I. che Draco le aveva rubato ritrovando anche il contegno, allontanandosi da lui.

Quando le pareti dei Sette Minuti svanirono, ciò che i loro compagni videro fu la mano di Hermione che lasciava una vistosa cinquina sulla faccia del biondastro.

Poi lei scappò dalla Stanza Delle Necessità in fretta e furia e lui la seguì pochi istanti dopo.

La raggiunse che era già in fondo al corridoio. «Aspetta! Ti accompagno alla Torre.»

«Non ne ho bisogno!» ringhiò lei senza voltarsi, continuando a camminare come una furia.

«Vestita così? Certo che ne hai bisogno» rispose lui affiancandola.

«Hai ragione, chi meglio del maniaco è adatto a scortarmi?»

Draco rise divertito, di nuovo. «Mi stai abbandonando, lascia almeno che stia con te ancora qualche minuto.»

«Hai avuto abbastanza minuti per stasera.»

Hermione era arrabbiata, ma non sapeva se lo fosse di più con lui o con se stessa. Perché, certo, Malfoy l’aveva ingannata, ma lei non aveva opposto reale resistenza alle sue avances.

Giunsero alla Torre più tranquilli. Hermione camminava con calma ed era visibilmente più rilassata di poco prima. Rifletteva sulle azioni di Malfoy, pensando che forse non si era comportato poi così male. In fin dei conti aveva solo fatto ciò che poteva per avere un bacio – molti baci – dalla persona che gli piaceva.

Lei non avrebbe forse fatto lo stesso? Non avrebbe cercato di farsi notare e avere dei contatti con chi le faceva battere il cuore?

«Siamo arrivati» si fermò vicino al quadro della Signora Grassa, che dormiva di gusto. Quasi le dispiaceva svegliarla. O forse voleva restare ancora un po’ con lui. Era confusa e detestava esserlo.

«Mi concedi il bacio della buonanotte?»

Hermione lo guardò male, ma durò poco. «Perché dovrei?»

«Perché gli altri non ti sono dispiaciuti» rispose lui, sorridendo quando la vide arrossire. «E perché dovresti stare con me fino all’alba.»

Velocemente, si chinò su di lei e le rubò l’ennesimo bacio a fior di labbra. Hermione non si mosse, ancora imbarazzata dalle sue parole.

«Non mi arrenderò finché non avrò avuto tutto ciò che mi spetta.»

Con quell’ultima frase voltò le spalle alla ragazza e sparì nei buio dei corridoi.

 

 

 

***

 

 

 

Il giorno dopo Hermione si svegliò già nervosa. Aveva sognato mani da polipo e baci appassionati, la faccia arrabbiata di Ron e la McGranitt che fumava dalle narici. Pessima, pessima notte.

Si trascinò in bagno per una doccia rinfrescante, indossò la divisa e con altrettanta voglia di vivere raggiunse i suoi compagni di casa in Sala Grande per la colazione.

Si sedette mormorando un saluto assonnato e iniziò a mangiare con molta lentezza.

I suoi neuroni ripresero a funzionare solo quando vide entrare Draco Malfoy, che però la degnò di una sola occhiata. Si sentiva nervosa, doveva tenerlo d’occhio.

Harry e Ron arrivarono poco dopo ed era sicura che avrebbero avuto molto da dire su quanto successo alla festa, ma erano troppo assonnati e l’espressione furbetta di Ginny le fece capire che poteva stare tranquilla: ci aveva pensato lei a quei due, avvertendoli di non infastidire Hermione.

La ragazza non sapeva cosa fosse meglio o peggio. Forse una strigliata dei suoi amici l’avrebbe fatta rinsavire, ma non aveva davvero voglia di sentirsi urlare addosso domande su cosa le avesse fatto quel porco di Malfoy, povera e indifesa Hermione.

«Meglio il silenzio» borbottò tra sé e sé.

Inutile dire che il nervosismo l’accompagnò per tutto il giorno e quelli seguenti. Malfoy la guardava, ogni tanto le sorrideva con malizia, ma non si era avvicinato per parlare né altro. Chissà come mai.

A metà settimana Hermione si era messa l’anima in pace, tranquilla nella convinzione che, probabilmente, Malfoy aveva capito che il suo interesse non era ricambiato e quindi aveva deposto le armi. Non ne era davvero sicura, ma perché fasciarsi la testa prima di romperla?

Decisa a lasciarsi tutta quella storia alle spalle – nonostante sguardi e risatine di tanto in tanto – Hermione concluse la sua settimana scolastica felice e contenta, con tutti i compiti fatti e una vagonata di punti guadagnati per Grifondoro.

E poi giunse il primo turno di ronda notturna dalla festa di Halloween. Turno con Malfoy, ovviamente.

Hermione era già nella sala Prefetti&Caposcuola quando lui si fece vedere.

«Ciao.»

«Ciao.»

Wow, che calore.

Sicura della propria incolumità, Hermione annunciò la zona di ronda e uscì dalla stanza. Affiancò con grande tranquillità il biondo malefico nei pattugliamenti dei corridoi. Non c’era quasi nessuno in giro, quei pochi studenti che incontrarono furono spediti subito nei dormitori. Per fortuna, nessuna coppia oscena in vista.

Fu un’ora dopo l’inizio della ronda che successe qualcosa. Con un gesto rapido Malfoy strinse a sé Hermione, sempre continuando a camminare.

«Cosa stai facendo?»

Lo sguardo che lui le rivolse era… beh ad Hermione fece uno strano effetto.

Senza preavviso, lui si chinò e le rubò l’ennesimo bacio.

«La smetti di baciarmi a tradimento?» esclamò lei, presa alla sprovvista. «Cos’è, un vizio?»

«Forse» ridacchiò lui, sempre più divertito dalla ragazza. «Perché, ti dispiace?»

«Non è questo il punto.»

«Oh sì che lo è.»

Si piantò in mezzo al corridoio, con la ragazza sempre ben stretta a sé. Hermione si sentiva soffocare, ma dal nervosismo. Provò di nuovo l’impulso di baciarlo e schiaffeggiarlo allo stesso tempo. Non era normale.

«Adesso si inizia a fare sul serio, Hermione.»

 

 

 

 

 

Next:

«Dammela!»

«Ormai è mia.»

«No, è mia, me l’hai rubata.»

«Sei stata tu a farmene dono, Hermione.»

«Non ti ho donato proprio un bel niente, l’hai presa con l’inganno!»

«Un inganno piacevole se ben ricordo.»

 

 

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Capitolo 7
*** Just Add Water ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act VII*

Just Add Water

 

 

 

 

 

 

Ronald Weasley era in guerra. Nessuno lo sapeva, ma era così. Odiava Draco Malfoy con tutte le sue forze, poco importava che avesse dimostrato di essere un bravo ragazzo aiutandoli contro Voldemort, per lui era e restava un delinquente. Un poco di buono. Uno stronzo di prima categoria.

Quel viscido stava sempre appiccicato a Hermione. La abbracciava, la baciava, la prendeva per mano nei corridoi, per non parlare del suo comportamento a lezione… non faceva che mandarle baci e bigliettini tutto il tempo.

Non si stupiva che per i loro compagni fossero una vera coppia. E poi pochi giorni prima c’era stata quell’assurda scena con la pergamena nei corridoi…

 

«Dammela!»

«Ormai è mia.»

«No, è mia, me l’hai rubata.»

«Sei stata tu a farmene dono, Hermione.»

«Non ti ho donato proprio un bel niente, l’hai presa con l’inganno!»

«Un inganno piacevole se ben ricordo.»

 

Qualcuno ancora ne parlava.

Harry e Ginny a quel punto erano preoccupati, anche se avevano deciso di non intervenire. In fin dei conti Hermione era grande e capace di badare a se stessa, se davvero non voleva le attenzioni di Malfoy erano sicuri che gliel’avrebbe fatto capire.

Ma a Ron, che era stato costretto a star zitto e buono, la cosa dava comunque fastidio. Proprio in quel momento vide Malfoy scrivere qualcosa su un pezzo di carta, piegarlo e farlo volare sulle gambe di Hermione, che gli dava la schiena seduta nella fila davanti a lui.

La vide irrigidirsi, poi voltarsi verso Malfoy con la faccia tutta rossa. Chissà cosa le aveva scritto quel porco! Però era vero, lei non rifiutava, quindi lui continuava.

Hermione a questo non pensava proprio. Era così presa da quell’assurda – ma divertente – situazione che non le era neanche passato per la mente la possibilità di dare a Malfoy un due di picche secco.

Gli rimandò indietro il biglietto con un’imprecazione scritta su. Lui sghignazzò, poi si ricompose e ne scrisse un altro. Maledetto, la distraeva. Questa volta il biglietto le finì dritto nella camicia.

Hermione si irrigidì subito e cercò di recuperare il pezzo di carta senza farsi vedere, ma era difficile infilarsi una mano nella camicia e ravanare alla ricerca di qualcosa e passare inosservata.

Ecco perché il nuovo biglietto che spedì a Malfoy fu incantato affinché si infilasse nei pantaloni.

Con quel clima poco piacevole, tra bigliettini, sguardi, sorrisi e baci dati in pubblico si arrivò a Natale. Hermione sorprese tutti quando disse di voler restare a scuola.

«È l’ultimo anno, voglio godermi il castello tranquillo» disse lei con un sorriso colpevole. In realtà il motivo non era solo quello: pochi giorni prima Draco le aveva detto che avrebbe trascorso le vacanze a scuola e lei non aveva resistito all’idea di vederlo anche in quei giorni.

«Sei sicura?» le chiese Harry. «Malfoy cosa fa?»

«Non ne ho idea» rispose lei, forse un po’ troppo in fretta per essere credibile, ma non aggiunse altro. «Andrà tutto bene, tranquillo.»

Salutati gli amici, Hermione trasse un profondo sospiro e rientrò nel castello.

 

 

 

***

 

 

 

Per due giorni fu un vero paradiso. Pochi studenti, nessun orario. La pace totale.

E poi, il caos.

Da ogni rubinetto iniziò a sgorgare acqua come da un torrente. Non c’era modo di fermarla. Hermione provò ogni incantesimo di sua conoscenza, ma l’acqua continuava a uscire. In men che non si dica il bagno e la stanza erano allagati.

Corse ad avvisare gli altri studenti nella Torre, dicendo di radunarsi in Sala Comune e chiamare la McGranitt.

«Tutti fuori!» gridò di porta in porta. «Si sta allagando la Torre, uscite subito!»

Contò velocemente i ragazzi in Sala Comune e quando l’acqua scese dalle scale dei Dormitori li condusse tutti fuori. Per fortuna l’allagamento non oltrepassò il quadro della Signora Grassa, ma poteva comunque farlo da un momento all’altro.

La McGranitt arrivò tutta trafelata e quasi si sorpresa nel vedere gli studenti già fuori pericolo. «Oh, siete tutti qui.»

«Professoressa, li ho contati, siamo tutti e nessuno si è fatto male» intervenne Hermione.

«Meno male che ci sei tu signorina Granger. Tutti i dormitori sono allagati. Sono venuta qui per portarvi in Sala Grande.»

La donna scortò i ragazzi a destinazione, dove era già stati radunati Tassorosso e Serpeverde. I Corvonero giunsero pochi minuti dopo e subito Silente prese parola.

«I Direttori delle Case stanno già provvedendo ad arginare il problema. Restate qui in attesa di notizie, Gazza si occuperà di voi.»

Nel brusio generale, Hermione si chiedeva come fosse possibile che tutti e quattro i dormitori fossero invasi dall’acqua. Doveva essere stato uno scherzo, ma se non c’erano dormitori liberi, in caso dove avrebbero trascorso la notte?

La risposta arrivò due ore dopo quando, un po’ sconsolato, Silente annunciò ai ragazzi che avrebbero dormito in Sala Grande fino a che il problema non fosse stato risolto.

«Lo sapevo, che palle.»

«Non è possibile!»

«Secondo me è una cosa figa.»

«Ma taci.»

«Io voglio il mio letto!»

Le proteste degli studenti erano rumorose, ma vennero messe a tacere dal Preside, che fece spostare i ragazzi in modo da poter allestire il necessario nel salone. Ognuno di loro aveva un futon e una bella coperta con cui scaldarsi.

Rassegnata, Hermione scelse un posto a caso, posò la borsa a terra e si sedette per leggere un libro, tanto non c’era altro che potesse fare ed era già ora di dormire. A breve le candele fluttuanti sarebbero state spente, quindi voleva approfittare della luce disponibile per leggere.

Cosa che ovviamente non riuscì a fare, perché il solito biondo da strapazzo prese posto accanto a lei. «Buonasera.»

«Cos’è quel sorrisone?» chiese lei senza rispondere al saluto.

«È un sorriso da “Non tutto il male viene per nuocere”, Hermione. Non pensi anche tu?»

Lei continuò a tenere gli occhi fissi sul libro. «E quale sarebbe il lato positivo di questa sera?»

«Che posso passare la notte con te.»

BAM! Colpita e affondata. Hermione chiuse il libro con uno scatto e si voltò verso di lui, decisa a insultarlo, ma ottenne un bacio sulla guancia e un sorriso sexy.

Piton, con la sua solita gentilezza, annunciò agli studenti di mettersi sotto le coperte e spense di botto le candele con un gesto stizzito della bacchetta. Hermione fece come ordinato e voltò le spalle a Malfoy, che invece continuava a fissarla solo per metterla a disagio. Poi, però, finì per addormentarsi anche lui.

Nel sonno lui si girò sulla schiena e lei dal suo lato. Mosse un braccio che gli finì dritto sul naso. Draco si svegliò di colpo e si massaggiò la parte indolenzita, poi la vide addormentata serena e sorrise. Era carina.

Approfittò del fatto che non potesse insultarlo nel sonno e le prese la mano, chiuse gli occhi e si addormentò di nuovo.

Fu così che vennero trovati il mattino seguente da Colin Canon, che aveva la macchina fotografica piantata in fronte come un terzo occhio. E come poteva trattenersi dal fotografare una scena simile?

Draco Malfoy ed Hermione Granger che dormivano uno accanto all’altra, semi abbracciati, tenendosi la mano. Adorabili.

 

 

 

 

 

Next:

«Datti un contegno» mormorò a se stessa scuotendo il capo, per poi correre verso il proprio posto stando attenta a non farsi sentire né svegliare nessuno. L’ultima cosa che voleva era ritrovarsi a spiegare a un professore cosa avesse fatto con Malfoy fino alle tre di notte.

 

 

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Capitolo 8
*** Night, Light, Books and Kisses ***



Buona lettura!

 


 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act VIII*

Night, Light, Books and Kisses

 

 

 

 

 

 

Di una cosa era certa Hermione Granger: a Hogwarts non ci sarebbe mai stato un giorno tranquillo. L’aveva imparato praticamente subito ed era sempre stata una regola fissa.

Si era svegliata con qualcosa in faccia e quel qualcosa era una foto. Chi vi era ritratto? Lei, ovviamente, che dormiva mano nella mano con Malfoy. Mano nella mano! Quando era successo? Ricordava benissimo di avergli voltato le spalle prima di addormentarsi. E anche se si fosse girata nel sonno, come avrebbe finito per afferrare la sua mano?

«Accidenti a lui…» mormorò strappando la foto.

Purtroppo di quelle ce n’erano molte copie. Perfetto, era di nuovo il pettegolezzo della scuola. Ovvio poi che tutti credessero che lei e il malefico furetto stessero insieme.

Si rintanò in un’aula a studiare per tutto il giorno, con porta e finestre ben sigillate. Non aveva voglia di sentirsi chiedere come fosse essere la ragazza di Malfoy dopo tutti quegli anni di antipatia e ancor meno aveva voglia di vedere Malfoy.

Lui doveva aver capito e si era intelligentemente fatto da parte anche durante i pasti. Hermione gradì il gesto, soprattutto quando i professori avevano annunciato che anche quella sera avrebbero campeggiato in Sala Grande e lei aveva preso posto a dormire ben lontano dalla sera precedente.

Più chiaro di così…

Capendo che il suo stato d’animo in quel momento era simile a quello di un drago inferocito, nessuno si era azzardato a disturbarla. Hermione non aveva rivolto la parola a nessuno durante i pasti e il resto della giornata l’aveva trascorso di nuovo da sola a studiare.

Era sicura che il problema dei Dormitori si sarebbe risolto a breve ed era contenta di essere lasciata in pace – anche se c’era qualcosa che non andava, ma aveva rifiutato di pensarci.

Fu comunque la terza sera a sorprenderla.

Hermione si stava di nuovo preparando per la notte quando Draco, che le aveva dato tutto lo spazio del mondo negli ultimi due giorni, le si parò davanti.

«Hai bisogno di qualcosa?»

«Vieni con me» le porse la mano.

Lei era titubante. «Perché?»

«Fidati.»

Fidarsi. Certo, come no. Accettò comunque l’invito, gli strinse la mano e lo seguì fuori dalla Sala Grande. Dove? In Biblioteca.

«Cosa ci facciamo qui?» chiese, curiosa.

«Lo vedrai subito.»

Nell’angolo più solitario e lontano dall’ingresso dell’enorme Biblioteca era stata allestita una scena che colpì in pieno il cuore di Hermione: c’erano due futon uno vicino all’altro, una cinquantina di candele fluttuanti, vari tipi di fiori di tutti i colori, libri, frutta e dolci da stuzzicare.

«Questo…» si ritrovò a balbettare, «l’hai fatto per me?»

«Non ti piace?»

Hermione scosse il capo e non disse niente. Seguì Draco, che ancora la teneva per mano, e si accomodò per terra. Era tutto troppo bello, troppo romantico, troppo perfetto. Mai nessuno aveva fatto qualcosa di simile per lei.

Si sentì quasi commossa.

«È un bel pensiero» disse poco dopo, allungando la mano verso una coppa colma di chicchi d’uva.

«Non ne ero del tutto sicuro.»

«Scherzi? È perfetto!» ribatté lei in tutta sincerità, sorridendo.

L’atmosfera era calda, familiare. Era come essere a casa anche se non c’erano né la sua famiglia né i suoi amici. Il pensiero di sentirsi a casa in compagnia di Malfoy era così strano e al tempo stesso giusto.

Che male c’era?

Stuzzicarono un po’ di frutta parlando di quegli strani allagamenti.

«Secondo te chi è stato?» chiese Draco con curiosità. «È strano che Silente non abbia ancora sistemato la cosa.»

Hermione assunse un’aria molto seria. Un nuovo mistero da risolvere?

«Non ne ho idea, ma ci siamo solo noi studenti e qualche professore. Un incantesimo tanto resistente deve richiedere un grande controllo e una vasta conoscenza» analizzò l’accaduto come aveva fatto ogni volta che si presentava un problema, di solito con Voldemort, Mangiamorte ed Harry nell’equazione.

Draco la osservò mentre si infilava in bocca un chicco d’uva. Era intelligente, sveglia, aveva una mente analitica davvero interessante. Si chiese quante cose sarebbe stata in grado di fare e ottenere. In quel momento era totalmente affascinato da lei. Come aveva potuto non accorgersi prima di lei?

«Uno studente può averlo fatto?»

«Ne dubito. Ma se non è stato uno studente deve essere stato un adulto.»

«Un professore?» sghignazzò il ragazzo. «Magari si stavano annoiando…»

Lei lo guardò come a chiedergli se la stesse prendendo in giro. «Seriamente?»

Scosse la testa. «No, figurati se lo penso davvero. Magari è stato solo un incantesimo fuori controllo e proprio perché senza controllo si fa fatica a scioglierlo.»

«Può essere.»

«Beh, lo vedremo nei prossimi giorni. Ora basta parlare di acqua nei dormitori.»

Hermione non fece in tempo a voltarsi verso di lui che, di nuovo, si ritrovò le sue labbra sulle proprie. Baciarla a tradimento ormai era diventato un vizio, o un nuovo hobby per lui.

«Sei un maniaco.»

Il maniaco in questione le passò un braccio intorno alle spalle. «Non ti baciavo da un po’.»

«Sempre a tradimento, eh?» si voltò dall’altro lato, dandogli una visuale ravvicinata dei suoi capelli. Fingeva di essere offesa, in realtà non voleva che la vedesse imbarazzata.

Adorava i suoi baci.

«Hai ragione» ammise lui. «Posso baciarti?»

Hermione sbuffò, esasperata, anche se divertita al tempo stesso. «Non ho detto che devi chiedermi il permesso, ma almeno smettila di farlo all’improvviso.»

Draco le regalò un sorriso da seduttore. «Sei bella quando non te l’aspetti.»

Accidenti se era diretto…

«Beh…» e ora perché si ritrovava a balbettare? Cavolo, una corte così sfacciata e sincera non l’aveva mai ricevuta. Era davvero spiazzata dal suo modo di fare.

«Sto per baciarti» disse a un certo punto il ragazzo con aria estremamente seria.

«Cos’è, l’avviso di chiamata?»

Stavolta quello esasperato era lui. «Se non ti va bene niente, allora continuiamo a modo mio.»

Baciò Hermione appena pronunciate quelle parole.

Lei rimase immobile qualche istante, poi rispose. Le labbra di Draco erano morbide, calde… e baciava sempre benissimo. Si lasciò andare, decisa a godersi quel momento e quella sera.

In fin dei conti lui le aveva preparato una scenografia che rispecchiava perfettamente i suoi gusti. Aveva fatto centro il biondastro.

Questa volta non gli fece attendere molto per approfondire il bacio perché, pensò quasi sconvolta, era lei stessa a volerlo. Desiderava che lui la baciasse per minuti, ore, forse giorni interi e non c’era niente di male in tutto quello.

La sua mente scattò sull’attenti quando, dopo un bel po’ di tempo, le labbra di Draco si spostarono sulla sua guancia e, molto lentamente, scesero verso il collo. Le mani erano sempre ben salde sulla vita e sulla schiena e lei apprezzò molto quell’accortezza.

Inclinò la testa in modo da dargli più spazio e un brivido intenso la fece tremare: adorava i baci sul collo e adorava la bocca di Draco Malfoy. Era delicato e sensuale al tempo stesso, sospettava che lui volesse fare di più, eppure si limitava a cose semplici senza chiederle nulla.

Hermione si ritrovò a stringere la stoffa del suo maglione per impedire a se stessa di mettergli le mani addosso in modo molto più esplicito di quanto stesse facendo lui, ma non era il momento giusto né il tempo, non voleva lasciargli fare tutto e subito.

Pomiciarono così fino a tarda notte. Parlare, smangiucchiare e baciarsi per qualche ora era stato davvero piacevole per entrambi. Certo, Draco avrebbe voluto stendersi piuttosto che restare seduto, ma si sarebbero presentate altre occasioni e dovette ammettere a se stesso che quella sera era perfetta così com’era.

«Accidenti, sono le tre…» Ecco perché si sentiva stanca; Hermione sbadigliò, avvertendo in quel momento tutto il sonno perduto fino a quell’ora.

«Sistemo e torniamo in Sala Grande.»

Con pochi rapidi tocchi di bacchetta Malfoy riordinò ogni cosa, assicurandosi che di loro non restasse alcuna traccia. Poi, come di consueto ormai, prese la mano di Hermione e non la lasciò fino all’ingresso della Sala Grande.

«Allora… buonanotte» si sentiva impacciata, altro che strega più brillante della sua età. «Grazie per questa sera, mi è piaciuta tantissimo.»

«A me di più» la prese in giro lui, poi si chinò per un altro bacio e si diresse verso il posto che aveva occupato la sera prima, lontano da lei.

Hermione provò una punta di delusione. Apprezzava il fatto che Malfoy non le facesse troppa pressione, ma… ma voleva stare ancora un po’ con lui. Dormire vicini. Guardarlo dormire, magari. Parlare ancora un po’.

«Datti un contegno» mormorò a se stessa scuotendo il capo, per poi correre verso il proprio posto stando attenta a non farsi sentire né svegliare nessuno. L’ultima cosa che voleva era ritrovarsi a spiegare a un professore cosa avesse fatto con Malfoy fino alle tre di notte.

Al sicuro sotto la calda coperta, Hermione avvertì delle pericolosissime farfalle nello stomaco. Si ritrovò a ridacchiare da sola, non riusciva a smettere di sorridere, era più forte di lei.

Si passò le dita sulle labbra e il viso le prese praticamente fuoco. Che serata…

Era abbastanza intelligente e razionale da ammettere, almeno a se stessa, di essere attratta da Malfoy, sia fisicamente che emotivamente. Quel suo strano modo di farle la corte l’aveva stupita, era anche piuttosto divertente.

Decise di dargli una possibilità, anche se non voleva gettarsi subito tra le sue braccia. Voleva essere sicura di ciò che provava e di potersi fidare ciecamente di lui.

Con quei pensieri Hermione Granger si addormentò in pochi minuti, mentre qualcun altro era ben sveglio.

Draco Malfoy, in tenuta da notte, uscì dalla Sala Grande per dirigersi in bagno. Niente di più, niente di meno. Se un professore o Gazza l’avesse visto non avrebbe di certo potuto contestargli un bisogno fisiologico notturno.

Appena varcata la soglia notò lo specchio nero. Ghignò tra sé e sé, portandosi davanti al grande lavandino, in attesa. Le nubi iniziarono a vorticare con furia e il volto di Lucifero apparve, maestoso come sempre.

«Mio signore» un inchino col capo.

« Mio diletto » la voce giunse dritta al suo cervello, con una forte eco che quasi lo destabilizzò.

«Grazie per quest’opportunità» continuò il ragazzo. «Silente ha agito esattamente come previsto.»

Le labbra nere di Lucifero si tesero in un ghigno inquietante. « È stato un diversivo interessante. Silente è davvero un grande mago. Mi piacerebbe conoscerlo » anche se, ovviamente, neanche Silente poteva contrastare un incantesimo scagliato dritto dritto dal signore degli inferi. « Sono curioso di vedere i prossimi sviluppi, Devil. Molto, molto curioso. »

Il diavolo non disse nulla. Si limitò ad annuire e osservò lo specchio tornare alle sue solite sembianze. Si fissò e osservò attentamente il proprio riflesso. Era sempre lui, stessa faccia, stesso atteggiamento… ma aveva uno sguardo diverso dal solito.

Lui si sentiva diverso.

Era come se ci fosse una luce nuova nei suoi occhi. Scosse la testa, deciso a non indagare oltre. Hermione Granger aveva fatto più che colpo, non voleva continuare a rimuginare su di lei e su quella sera, almeno per quella notte.

Pensava cose pericolose e non poteva permetterselo: in fin dei conti era un diavolo incarnato che cercava di riappropriarsi dei poteri perduti. Doveva far cedere la ragazza, non sbavarle dietro come un morto d’amore.

Tornò in Sala Grande, ma il suo sonno fu comunque permeato dalla sensazione delle labbra di Hermione contro le sue.

Dannazione.

 

 

 

***

 

 

 

La mattina successiva Hermione aveva dormito più del dovuto e si era svegliata ben riposata. Aveva studiato fino all’ora di pranzo chiusa in un’aula vuota. La prima opzione, come sempre, era stata la Biblioteca, ma non sarebbe riuscita a concentrarsi in alcun modo, non a poche ore da quel fantastico picnic notturno con Malfoy.

La sua mente era ancora invasa dal suo profumo, la sua voce, la sensazione delle sue labbra contro le proprie, sul collo… le mani che le stringevano i fianchi, il respiro veloce… no, la Biblioteca non era un’opzione quella mattina.

Aveva così terminato tutto ciò che era stato assegnato e si era portata avanti con il programma, come da abitudine. Fu il brontolio del suo stomaco a farle alzare gli occhi verso l’orologio appeso alla parete sopra la cattedra.

«Ecco perché ho così fame» commentò, notando che era ora di pranzo. Probabilmente mancava solo lei a tavola.

Raccolse libri, piuma e pergamena, li infilò in borsa e corse verso la Sala Grande. Cercò subito Draco con lo sguardo e lo vide in fondo alla tavolata, immerso in una conversazione con alcuni suoi compagni di Serpeverde.

Si sedette al primo buco libero che trovò e mangiò di gusto, era davvero affamata, oltre che di ottimo umore. Chissà come mai era così ben disposta… chissà grazie a chi…

E non solo lei, infatti Silente si alzò in piedi e attirò l’attenzione degli studenti facendo tintinnare un bicchiere con la forchetta.

«Sono lieto di comunicarvi che stamattina il problema degli allagamenti è stato risolto.» Un boato di gioia accolse quelle parole. «I vostri effetti personali sono salvi, non c’è stato alcun danno. Stanotte potrete tornare a dormire nei vostri letti.»

Si alzò subito un forte chiacchiericcio mentre il preside si sedeva di nuovo. Erano tutti felici di non dover più “campeggiare in Sala Grande come dei fottuti scout”, citando testualmente una Corvonero dei quinto anno. Una notte sì, ma non oltre. I ragazzi avevano bisogno di un po’ di privacy e niente era più comodo del proprio letto.

Hermione si voltò e incrociò subito lo sguardo di Draco. Accennò un sorriso e riprese a mangiare.

Era contenta di poter rimettere piede nel dormitorio, senza ombra di dubbio, ma un po’ le dispiaceva. Draco non ci sarebbe stato e lei si stava quasi abituando all’idea di aprire gli occhi, alzare il capo e vederlo dormire nella stessa stanza.

Le sarebbe mancato non poter dormire con lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

«Non so come dirtelo.»

Le venne da ridere. «Vuoi che parli io?»

«E come sai cosa ti voglio dire?»

Le ragazze lo guardarono in un modo che lo fece arrossire fino alle orecchie.

«Dunque» prese parola Hermione, «immagino che vorrai parlare del mio rapporto con Malfoy.»

«Eh… beh, sì… sembrate una coppia.»

«E ti dispiace?»

«Veramente vorrei sapere io se e quanto ti piace Malfoy.»

 

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Capitolo 9
*** Whatever You Want ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act IX*

Whatever You Want

 

 

 

 

 

 

Harry Potter era contento di tornare a Hogwarts. Non che si fosse trovato male alla Tana, anzi, ma gli era mancata Hermione in quei giorni e quello era il loro ultimo anno di scuola. In più, per tutto il tempo aveva avuto la sensazione che lei non fosse rimasta solo per godersi il castello a Natale.

Parte dei suoi dubbi ebbe risposta appena entrato nel dormitorio. Gli studenti che non erano partiti stavano aggiornando quelli appena tornati su quanto accaduto durante le vacanze.

Sentita la parola “allagamento”, Harry mostrò il suo interesse avvicinandosi a un gruppo di ragazze del quarto e quinto anno.

«Scusate, ho sentito che c’è stato un allagamento? Dove?»

Una delle ragazze, mingherlina e con lunghi capelli color rame, si voltò subito per rispondergli. Era una delle tante ad avere una cotta segreta per il Salvatore del Mondo Magico, parlare con lui le faceva sempre girare la testa.

«Tutti! All’improvviso si sono allagati tutti e quattro i dormitori. Abbiamo dormito in Sala Grande per tre notti, meno male che non è stato danneggiato niente.»

«Accidenti… e chi è stato?» chiese di nuovo Harry, ignaro dell’effetto che aveva su quella ragazza.

Lei scosse la testa. «Non lo sappiamo.»

«Però abbiamo questa» intervenne una sua compagna, più alta di Harry e con un neo sulla tempia destra. «È da giorni che fa il giro della scuola.»

Gli porse la fatidica foto del misfatto e lui rimase di stucco nel vedere la sua migliore amica dormire mano nella mano con Malfoy. Hermione, cosa cavolo stai facendo?

«Grazie» mormorò prima di defilarsi, deciso a parlare con l’amica il prima possibile. Non aveva intenzione di fare scenate né altro, ma voleva sapere quale fosse la reale situazione tra lei e Malfoy.

Lasciò perder per il momento, deciso a ricoprire il ruolo dell’osservatore silenzioso prima di fare un passo avanti e affrontare apertamente l’amica.

Fu impossibile fingere di non vedere gli sguardi che passavano da Malfoy a Hermione e viceversa durante Erbologia. Pur essendo lontani i due continuavano a lanciarsi occhiate ora languide, ora maliziose, ora divertite. Malfoy sembrava non poter togliere gli occhi da lei, che arrossiva e a volte sembrava infastidita, ma che ricambiava sempre. Era anche arrossita.

Inutile dire che Harry combinò un disastro e rischiò di farsi mangiare una mano dalla pianta con cui stava lavorando.

A fine lezione si avvicinò a Ron ed Hermione per andare insieme a ripassare qualcosa durante l’ora buca che avevano, ma lei disse di dover prendere alcune cose da una delle serre.

«Ma io volevo chiederti una cosa sul compito di Transfigurazione» piagnucolò Ronald, che già vedeva la McGranitt stampargli una T in mezzo agli occhi.

«Non ci metto molto, promesso» sorrise l’amica, che infilò la mano in borsa per cecare qualcosa. «Prendi i miei appunti, leggili intanto che arrivo.»

Gli occhi del ragazzo brillarono di gratitudine mentre prendeva la pergamena dalle sue mani. «Sei sempre la migliore, Mione.»

«Ci vediamo dopo.»

Ronald non ci fece caso, ma Harry notò il lieve rossore sulle guance di Hermione, la fretta dei suoi movimenti… era chiaro che non vedeva l’ora di andare a prendere quelle foglie nella serra. Foglie. Certo.

Con la scusa di andare in bagno lasciò l’amico da solo e seguì Hermione a breve distanza, ma attento a non farsi scoprire. Non era ancora ben sicuro di quale fosse la situazione e non voleva fare pressioni su di lei… ma era anche incuriosito, non poté negarlo.

Hermione entrò davvero in una serra e si mise a studiare le piante mentre lui studiava lei da fuori. Forse ci aveva visto male, si disse. Il suo intuito aveva fallito spesso in passato, questa poteva essere una di quelle volte.

Si sentì invece molto figo quando vide Malfoy raggiungere Hermione, non senza guardarsi le spalle un paio di volte e, senza esitazione, stringerla tra le braccia.

Harry non voleva fare il guardone, ma si avvicinò fino all’entrata per osservare e, in caso, ascoltare qualcosa di interessante.

Chiuse gli occhi quando li vide baciarsi con trasporto, Malfoy che teneva le mani ben salde sui fianchi di Hermione, lei che sembrava apprezzare di gusto.

Qualche minuto dopo decise di andarsene, aveva capito che ai due piaceva parecchio pomiciare negli angoli bui della scuola, non era necessario assistere ad altro. Si mosse furtivamente quando sentì la voce di Hermione.

«Cosa siamo?» disse con il fiato un po’ corto. «Noi… cosa siamo?»

Bella domanda. Se lo stava chiedendo anche lui. Una curiosità folle si impadronì di lui nella breve pausa di silenzio prima che Malfoy rispondesse.

«Possiamo essere quello che vuoi.»

Bella risposta.

Stavolta se ne andò davvero, Hermione sarebbe stata di ritorno a breve e Ronald era rimasto solo con gli appunti di Trasfigurazione. Mentre camminava in corridoio Harry si pose molte domande, ma pensò di aver trovato anche qualche risposta.

Forse a Malfoy piaceva davvero Hermione. Che lei fosse interessata era palese, magari stavano iniziando a frequentarsi… voleva tanto chiederglielo, ma temeva di risultare opprimente. Pensò che il loro interesse fosse sincero, seppur strano. Si trattava sempre di Malfoy.

Hermione però era stata la più accogliente quando il ragazzo aveva deciso di accettare l’aiuto di Silente e anche prima era stata quella che più di tutti aveva preso le sue difese. Dovevano essersi avvicinati già dall’anno precedente.

Raggiunto Ronald, che sembrava in crisi mistica a causa dei compiti, Harry decise di parlarne prima con Ginny: lei era amica di Hermione, era una ragazza, di sicuro capiva la situazione molto meglio di lui. E avrebbero deciso insieme cosa fare con Ron, che ancora vantava un certo possesso dell’amica.

 

 

 

***

 

 

 

Fu con grande coraggio – e il supporto della propria ragazza – che Harry Potter avvicinò Hermione quella sera in Sala Comune. C’erano solo loro tre e due primine che studiavano dall’altra parte della stanza, era un buon momento per parlare.

«Tutto bene? È successo qualcosa?»

«Tutto bene, tranquilla. Volevo solo parlarti.»

Hermione lo guardò scettica, ma si sedette sulla poltrona accanto al divano dove c’erano lui e Ginny. Ovviamente aveva già un’idea di quale sarebbe stato l’argomento di conversazione, ma era insicura sui toni della discussione.

«Non so come dirtelo.»

Le venne da ridere. «Vuoi che parli io?»

«E come sai cosa ti voglio dire?»

Le ragazze lo guardarono in un modo che lo fece arrossire fino alle orecchie.

«Dunque» prese parola Hermione, «immagino che vorrai parlare del mio rapporto con Malfoy.»

«Eh… beh, sì… sembrate una coppia.»

«E ti dispiace?»

«Veramente vorrei sapere io se e quanto ti piace Malfoy» ribatté lui, che all’improvviso si sentiva sotto esame. Non doveva essere lei a fargli le domande, era lui che voleva sapere qualcosa di più di quella situazione.

Hermione sorrise. «Se devo essere sincera, sì, mi piace molto.»

«Ti ha fatto una bella corte» intervenne Ginevra, divertita da quella situazione. «Ci manca solo che scriva dediche d’amore sui muri della scuola o che ti canti una serenata sotto la Torre.»

Harry mostrò un’espressione disgustata solo al pensiero, mentre Hermione scoppiò a ridere.

«Comunque stai tranquilla» riprese la ragazza, «non ti giudicheremo per questo. Lui ha fatto le scelte giuste e se vi piacete… insomma avete diritto di stare insieme e vedere come va.»

«Ron?»

I due fidanzati si scambiarono un’occhiata strana. Hermione sapeva che Ronald non si era mai fidato davvero di Draco ed era sicura che non avrebbe apprezzato una sua relazione con lui, anche se in effetti sembravano già una coppia, come aveva detto Harry poco prima.

«Calmarlo dopo Halloween non è stato facile, era… indignato» spiegò ancora Ginny.

«Indignato» ripeté Hermione.

«Crede che Malfoy ti stia prendendo in giro.»

Scosse la testa. «Non è così, ma se anche fosse sarebbero affari miei.»

«Hai ragione. Insomma, per noi è ok, l’importante è che Malfoy non ti faccia soffrire e per ora sembra andare tutto bene… giusto?»

«Giusto» confermò lei, ripensando ai momenti nella serra quel pomeriggio. «È gentile, un po’ sfacciato, ma sincero. E mi piace davvero, Harry… voglio dargli una possibilità e in futuro si vedrà, potremmo continuare a stare insieme o capire di non essere fatti l’uno per l’altra, ma vale la pena tentare. Io voglio tentare.»

Lui rimase in silenzio dopo quelle parole. Hermione aveva ragione e lui non trovava motivi per intromettersi o impedirle di frequentare chicchessia. Il loro passato con Malfoy non era roseo, ma i loro rapporti ora erano tranquilli e civili, avevano collaborato, trascorso molto tempo insieme… se era davvero interessato alla sua amica, beh, lui non era nessuno per fare scenate.

Hermione era grande e vaccinata e perfettamente in grado di badare a se stessa e lui si fidava del suo giudizio. Sarebbe stato al suo fianco in ogni caso.

«Parlerò con Ron in questi giorni, sono sicuro che capirà. Non è cattivo, è solo un po’… come dire…» si passò la mano tra i capelli in un gesto nervoso.

«Arretrato» concluse per lui la fidanzata.

Hermione rise, contenta che ai suoi amici andasse bene una sua eventuale relazione con Draco Malfoy, quando qualcosa attirò la sua attenzione: una piccola gru di carta si era infilata dalla finestra semi aperta e stava volando verso di lei.

Le planò sulle gambe ed Hermione aprì il foglietto – sicura che fosse di Draco – per leggere il messaggio.

«Cosa dice?» chiese Harry, allungando il collo per leggere.

«Che vuole vedermi.»

«A quest’ora? Non è tardi?»

Hermione sorrise. «Aspettate un attimo.» Corse per le scale verso il dormitorio femminile e tornò un paio di minuti dopo con una macchina fotografica babbana in mano.

Gli apparecchi elettrici non funzionavano a Hogwarts, ma quella era una vecchia Polaroid a batterie e solo un paio d’anni prima Hermione aveva scoperto che funzionava all’interno del castello.

«Fammi una foto» disse, sedendosi di nuovo e porgendo l’oggetto a Harry, che rise e scosse la testa.

«Siete fatti uno per l’altra» ridacchiò Ginny, che tentava di immaginare nella mente la reazione del ragazzo nel vedersi arrivare una fotografia.

Harry scattò, afferrò la foto appena stampata e vide il mezzobusto sorridente di Hermione prendere forma. «Sono sicuro che apprezzerà.»

«Lo spero per lui» ghignò Hermione, che incantò la fotografia con un colpo di bacchetta e la vide volare via, diretta ai dormitori di Serpeverde.

Poco dopo i ragazzi andarono a dormire e la notte fu serena per tutti. Hermione infatti si svegliò il mattino dopo tranquilla e rilassata. Le veniva da ridere ogni volta che pensava alla sera precedente.

Quelle erano le piccole cose che le piacevano in un rapporto ed era strano averle trovate proprio con Draco Malfoy, ma la vita era piena di imprevisti e lei era decisa a viverli, a maggior ragione se erano tutti come quello.

Attese gli amici in Sala Comune – con un libro sulle gambe come sempre – per andare tutti insieme a fare colazione. Era di ottimo umore, entrò il Sala Grande e abbracciò la folla di studenti con un gran sorriso.

La colazione era ottima, come tutti i giorni da quando aveva messo piede a Hogwarts. Draco arrivò qualche minuto dopo di lei e lo vide puntarla subito appena entrato nel salone.

Hermione non staccò gli occhi da lui mentre lo vedeva avvicinarsi al tavolo Grifondoro, ma non mancò di notare varie teste che si giravano al suo passaggio. Ebbe il presentimento che il pettegolezzo riguardo lei e Draco non sarebbe scemato tanto presto.

«Buongiorno» disse educatamente Draco, che si fermò davanti a Hermione e si chinò posando le mani sul tavolo ai lati del suo corpo.

«Buongiorno a te» rispose lei facendo finta di niente – e ignorando i battiti subito impazziti del suo cuore.

«Grazie per questa» Draco le sventolò davanti al naso la fotografia che aveva ricevuto la sera prima. «Me la tengo volentieri, anche se preferisco l’originale.»

Con quelle parole, senza darle tempo di ribattere, si piegò di più e catturò le sue labbra in un bacio che era decisamente un fantastico e passionale bacio del buongiorno. Uno di quei baci in grado di far venire i brividi in tutto il corpo e le ginocchia molli.

«Ti scrivo più tardi.»

Mostrò a Hermione un ghigno soddisfatto e sensuale e, come se nulla fosse, si allontanò per dirigersi al tavolo della sua Casa.

In quel momento Hermione sentì di essere davvero cotta di lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Erano trascorse tre settimane da quel giorno e la vita di Hermione Granger sembrava rose e fiori, prati verdi e unicorni che volavano su cieli azzurri pieni di arcobaleni dai colori brillanti.

In poche parole, era innamorata.

 

 

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Capitolo 10
*** The Lake Under The Stars ***


 

 

Buona lettura!

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act X*

The Lake Under The Stars

 

 

 

 

 

Erano trascorse tre settimane da quel giorno e la vita di Hermione Granger sembrava rose e fiori, prati verdi e unicorni che volavano su cieli azzurri pieni di arcobaleni dai colori brillanti.

In poche parole, era innamorata.

La sfacciata e divertente corte di Draco Malfoy aveva colpito nel segno e lei era capitolata tra le sue braccia. Non era riuscita a resistere ai suoi sorrisi, ai baci che continuava a rubarle a tradimento, alle piccole sorprese che organizzava solo per lei.

Il ricordo della notte in Biblioteca durante l’allagamento si era impresso nel suo cuore e non voleva saperne di schiodarsi da lì. E lei non voleva che lo facesse, perché nessuno aveva mai fatto una cosa tanto semplice ma bellissima per lei, neanche gli amici che la conoscevano da tanti anni.

Lui era riuscito a sorprenderla e continuava a farlo giorno dopo giorno.

Era bello sentirsi innamorata con la consapevolezza di poterselo permettere: da quando la lotta tra Harry e Voldemort era diventata una vera e propria guerra, ogni cosa buona le era sembrata un miracolo. Ora era finalmente libera di pensare alle leggerezze della vita, a godersi gli amici, a sorridere dalla mattina alla sera pensando al suo ragazzo.

Ciò che in quel momento la rendeva particolarmente allegra era il programma del giorno: l’uscita a Hogsmeade. La famosa uscita per cui Draco si era prenotato in largo anticipo, estorcendole in modo gentile un appuntamento per bere un caffè insieme.

Ancora le veniva da ridere al pensiero di quel giorno, aveva cercato in tutti i modi di rifiutare, ora invece era impaziente di vederlo e trascorrere del tempo insieme a lui fuori da Hogwarts. La mattina sarebbe stata dedicata agli amici, il pomeriggio all’amore, e forse anche la sera, chissà.

«Ma guardatela…» la voce di Ginny la riscosse dai suoi pensieri, «Malfoy ti fa un brutto effetto, Hermione.»

«Cosa? Perché?»

Calì le fece l’occhiolino. «Sei cotta a puntino, tesoro. Stasera consumerete?»

Hermione divenne immediatamente rossa in viso e fece un salto sulla sedia. «Cosa stai dicendo?!» esclamò con voce acuta.

L’altra scrollò le spalle. «State insieme da un po’, è San Valentino… e lui è piuttosto figo.»

«Non sono affari tuoi, Calì.»

«Però è così romantico…» si intromise Luna, togliendosi gli Spettroccoli dal naso. «Sono sicura che lui ci stia pensando.»

«E poi non è la tua prima volta, no?»

Hermione guardò Padma e scosse la testa, ancora imbarazzata per il tono di quella conversazione. «No, non lo è.»

«E allora buttati, tesoro!» Calì le diede una sonora pacca sulle spalle. «Prendi il tuo uomo e fagli vedere le stelle fino a domattina.»

Inutile dire che Hermione era sempre più a disagio, nonostante fosse ormai abituata a sentire certi discorsi tra ragazze. Certo che ci aveva pensato, eccome… Draco non era affatto un brutto ragazzo e lei era davvero cotta di lui, aveva già immaginato di fare qualcosa di speciale per quel giorno.

Il problema era che non era riuscita a organizzare nulla di carino. Non sapeva cosa fare dopo aver passato il pomeriggio insieme. Una passeggiata nei giardini? In riva al Lago Nero? Draco aveva molte attenzioni nei suoi confronti e lei non voleva essere da meno. Voleva fargli capire quanto intensi fossero i sentimenti che provava per lui.

Ma come? Voleva che la loro prima volta insieme fosse speciale, ma tutto ciò che le era venuto in mente era San Valentino… un po’ banale, ma non c’erano molte altre occasioni e non voleva rimandare ancora quel momento.

Hermione perse convinzione e decise di rimandare la questione a più tardi. Non voleva tenere il muso durante il pranzo con le amiche e tanto meno voleva rovinare quel pomeriggio con Draco. Le sarebbe venuta qualche idea entro sera, ne era certa.

 

 

 

Quella sera Hermione era sia esausta che su di giri. Era una sensazione strana. Aveva camminato molto per tutto il giorno, era stanca e molto felice. Le veniva da ridere ogni volta che ripensava agli sguardi che lei e Draco avevano ricevuto quel pomeriggio.

Ovviamente lui non aveva perso l’occasione di dare spettacolo, stringendola e baciandola con grande trasporto in mezzo alla strada, davanti a tutti. Si era divertito parecchio e un po’ si era divertita anche lei. Non era abituata a fare quelle cose, di solito stava sotto i riflettori per aver salvato la vita di Harry mille volte, non per avere una relazione sentimentale scandalosa e di dominio pubblico. Avevano attirato parecchi sguardi quando erano entrati mano nella mano ai Tre Manici di Scopa. Draco anche insistito per imboccarle uno dei pasticcini che aveva ordinato apposta per completare il quadro “coppia sdolcinata”, come l’aveva definita lui.

Accanto a Draco, però, tutto sembrava diverso, in qualche modo divertente e lei si sentiva leggera, spensierata, sempre allegra. Forse era l’amore, forse era il fatto di aver scoperto il vero carattere del ragazzo, qualunque fosse il motivo Hermione era felice e voleva continuare ad esserlo.

In quel momento il breve biglietto che aveva ricevuto dal suo ragazzo era una grande fonte di gioia – non riusciva a smettere di sorridere. Le aveva chiesto di incontrarsi alle serre dopo cena e lei si stava dirigendo proprio lì.

Era incredibile che dopo un pomeriggio passato insieme lui avesse ancora voglia di stare con lei. Di solito le persone la sopportavano per un tempo limitato, Draco invece sembrava non riuscire a starle lontano. Gli piaceva ascoltarla mentre parlava dei libri che aveva letto o di quelli che progettava di leggere; le faceva domande mirate, si interessava alle sue teorie, aveva davvero voglia di stare in sua compagnia.

Mentre camminava, stando attenta a non percorrere i corridoi più trafficati, Hermione si rimproverò di non essere riuscita a risolvere il suo dilemma del giorno: organizzare qualcosa di speciale per lei e Draco. Si chiese dove potessero trascorrere del tempo in intimità senza la paura di essere beccati da Gazza o da un professore e, purtroppo, le opzioni erano tutte poco invitanti.

«Che tristezza…» sospirò, uscendo in giardino e raggiungendo la serra indicata sul biglietto.

C’era una manciata di candele fluttuanti a illuminare il posto. Sorrise quando individuò Draco poco lontano – tra le braccia aveva un enorme bouquet con tutti i fiori esistenti al mondo, non ce n’erano due uguali ed erano coloratissimi. Probabilmente qualcuno era anche velenoso, si disse.

«Mi inviti nelle serre per regalarmi dei fiori? Che originalità.»

Draco le sorrise con fare malizioso e fece volare il regalo verso di lei. «Era da un po’ che volevo regalarti dei fiori,» disse facendo spallucce, come se fosse una cosa da niente.

Alla luce delle candele Hermione era molto bella e sembrava davvero felice: le brillavano gli occhi e aveva un’aura di gioia intorno a sé. Draco rimase a guardarla in silenzio tanto a lungo da metterla a disagio, ma non poteva farne a meno.

I suoi capelli erano un disastro e non era truccata, eppure lui la trovava splendida. Si rimproverò mentalmente e decise di passare alla fase successiva: in fin dei conti era San Valentino e loro due si erano limitati a uscire insieme. Era il momento di fare qualcosa di diverso.

Fece un passo verso di lei e con un movimento della bacchetta fece levitare il mazzo di fiori accanto a loro.

«Vieni, andiamo a fare un giro.»

Hermione prese la sua mano e intrecciò le dita con le sue. «Dove?»

«Fuori.»

Lei non chiese altro e Draco rimase in silenzio. La condusse in giardino camminando con calma, una lenta passeggiata al chiaro di luna. Una cosa molto romantica per un povero diavolo come lui.

Scesero fino al Lago Nero e arrivarono alla rimessa delle barche. Draco si godette la sorpresa sul volto di Hermione quando raggiunsero la piccola barca che fluttuava a pochi centimetri dall’acqua.

Era piena di piccole luci magiche che ricordavano le lucciole dei boschi, coperta come se fosse una tenda e con morbidi, invitanti cuscini bianchi che sembravano risplendere nella notte. Non era moto grande, ma abbastanza da starci comodi in due.

«Questo è…» disse sorpresa la ragazza. «Draco, cos’è?»

«Il nostro San Valentino,» rispose lui, sfiorandole il viso con la punta delle dita e chinandosi per darle un casto bacio sulle labbra.

La fissò negli occhi, in quegli occhi castani così profondi in cui avrebbe potuto perdersi, e sentì una morsa allo stomaco – che decise di ignorare, perché non era proprio il caso di perdersi davvero.

«Volevo stare da solo con te, ma qui a scuola è difficile… e volevo che fosse speciale.»

Hermione aveva gli occhi lucidi. «Mi dispiace di non aver fatto niente di carino per oggi, giuro ci ho pensato tanto, ma non avevo idee e –» Draco la zittì posandole un dito sulle labbra.

«Ti va di salire?»

Incapace di articolare frasi di senso compiuto, lei si limitò a fare cenno di sì con la testa. I fiori vennero posati con cautela sul prato e Draco aiutò la ragazza a salire.

Decise di porre fine ai suoi dubbi quando vide la sua espressione diventare seria e anche un po’ preoccupata.

«La barca è incantata, nessuno può vederla tranne noi e non sarà di disturbo alle creature magiche qui intorno,» spiegò, godendosi il suo breve momento di saputello.

«Sei sicuro?» gli chiese Hermione, poco convinta, e questo lo fece scoppiare a ridere.

«Dubiti delle mie capacità?» rispose alzando le sopracciglia in un’espressione veramente buffa e divertita al tempo stesso.

Lei mostrò la lingua. «Un po’.»

Draco si sedette sui cuscini ed Hermione prese posto accanto a lui. Le cinse subito le spalle con un braccio, attirandola a sé, mentre con un colpo di bacchetta la barca iniziò a dondolare dolcemente sulla superficie del Lago Nero.

Il cielo era abbastanza limpido e si vedevano molte stelle, una gran fortuna, oltre che una grande casualità, pensò lui. Decise di non porsi altre domande e si rilassò quando Hermione posò la testa sulla sua spalla.

«Mi fai il solletico con i capelli» ridacchiò.

«Abituati,» fu la risposta della ragazza.

Hermione era incredibile, mai al mondo Draco avrebbe immaginato che la so-tutto-io avesse una tale vena ironica e fosse così divertente. Un piccolo tarlo nella sua mente lo fece pentire di averla trattata tanto male senza essersi mai preoccupato di conoscerla come persona, ma giudicandola solo in base al suo sangue. Era stato stupido e superficiale. Avrebbe risparmiato a lei delle sofferenze e a se stesso la figura dell’idiota bigotto con la mente sigillata nel pregiudizio.

Per non parlare del fatto che alla fine proprio lei si era rivelata fondamentale per il recupero dei suoi poteri perduti.

«Draco?» La voce di Hermione lo riscosse dai suoi pensieri.

«Sì?»

«Vorrei stare qui tutta la notte.»

Il cuore del ragazzo perso un paio di battiti. Era pronto a fare il primo passo, non a riceverlo. Hermione continuava a stupirlo e in quel momento desiderò che non smettesse mai. Era pazzo di lei, era impossibile negarlo.

Lei si scostò appena per poterlo guardare in viso. Era emozionata e glielo si leggeva in viso, nelle guance arrossate e negli occhi lucidi. Non era mai stata più bella di così. Forse, tra i due, il più emozionato era proprio lui – perché nessuno l’aveva mai guardato in quel modo.

Fu lei a farsi avanti di nuovo, baciandolo quasi con incertezza. Draco dimenticò ogni proposito, ogni cosa riguardasse la sua vita precedente, ogni tipo di piano e macchinazione atto alla riconquista dei suoi poteri. In quel momento non poteva importargli di meno dei poteri – aveva Hermione, di che altro poteva mai aver bisogno?

La strinse in modo quasi doloroso a quella rivelazione interiore e lei approfondì il bacio. Entrambi avevano avuto esperienze in passato, ne avevano parlato casualmente qualche settimana prima, eppure si sentivano emozionati come se fosse la prima volta. Forse perché il sentimento era diverso, o perché erano più grandi, o perché il momento sembrava perfetto, assolutamente perfetto. Magico.

Hermione lasciò che Draco l’aiutasse a stendersi sui cuscini e aprì gli occhi. Su di loro c’era uno splendido cielo stellato. Lui la guardava con una tale intensità da farle sentire le capriole nello stomaco. Non si era mai sentita così, neanche con Victor, che tra centinaia di ragazze si era interessato proprio a lei; neanche con il suo primo ragazzo con cui le cose erano andate fino in fondo.

Draco le faceva provare sensazioni così intense da spaventarla e farla impazzire di gioia al tempo stesso. Un lato di lei voleva afferrarlo e non lasciarlo andare mai più; un altro lato voleva scappare a gambe levate, sparire e allontanarsi il più possibili da quei sentimenti troppo forti. Faceva paura sapere di essere vulnerabili, mettere il proprio cuore in mano a un’altra persona.

Sorrise e alzò una mano per accarezzargli il viso, sfiorandolo piano, in modo delicato – come se un poco di energia in più avesse potuto rompere l’incantesimo.

«Mi fai girare la testa,» disse in un sussurro.

Lui rispose con il suo solito mezzo ghigno. «Posso farla girare ancora di più se vuoi.»

«Vediamo se ne sei capace…»

Draco non se lo fece ripetere due volte.

 

 

 

 

 

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