Unexpected

di foggy_SnowDay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


 

Lunghissima n.d.a (se volete subito la storia, vi conviene andare diverse righe più in basso u.u)

Bene, non so da dove cominciare... facciamo dall'inizio va: ho scoperto la serie per caso, da piccola, scorrendo una sera fra i canali in tv e mi sono vista quell'episodio trovato per caso.
Rimasta subito colpita -che carina la lucertolaaa- attendo impaziente gli episodi successivi... Mai capito perché non arrivassero (avevo dodici anni e internet per me esisteva solo per i giochini xD).
Passano gli anni.
Guardando in giro per il web, in tempi più recenti, eccola lì: l'intera serie disponibile in streaming. Tutta felice inizio a guardarmela dall'inizio. Ovviamente, arrivata a metà che cosa scopro? Che in realtà si tratta di una serie CANCELLATA!
"eccooooo perché non ci sono mai stati altri episodi" ho pensato. Poi questo è stato il ragionamento che mi sono fatta: “ma sì dai, ormai finiscila tutta che voi che sia.... tanto mica ti ci fissi" .
Ebbene, cosa più stupida non potevo farla.
Ultimo episodio: noooooo e ora come cavolo faccio? E dopo cosa succede? Come hanno potuto obliterarla dalla faccia dell'universo?!
Lo ammetto, mi sono innamorata di questa serie, mi sono affezionata ai personaggi, alla narrazione, ma soprattutto a Nim, Miles e al loro stupendo legame..... e beh, visto che avete aperto questa pagina, immagino che sappiate cosa voglia dire amare un racconto ed essere destinati a non sapere come sarebbe andato a finire (=odio profondo).
In seguito poi, guardando in giro per internet ho notato che ci sono pochissime fanfiction riguardanti questa serie ed è un vero peccato, perché secondo me meritava davvero un po' di attenzione. Quindi, visto che qualcuno si è preso la briga di lasciarci tutti quanti a bocca asciutta con un odioso cliffhanger alla fine della stagione, volevo provare a pubblicare una mia versione dei fatti, sempre sperando che qualcuno l'apprezzi.

Percio' eccomi qua.... a cercare di rsuscitare un fandom praticamente defunto.

Piccola premessa: negli avvertimenti ho messo what-if, ma non sono esattamente sicura che si possa definire tale dato che tecnicamente nessuno sa come avevano intenzione i produttori di mandare avanti il racconto... mbah. In ogni caso state tranquilli, non cambierò quasi nulla della trama principale, le più grandi differnze riguarderanno più che altro piccole aggiunte alla vecchia stagiome accennate qua e la durante il racconto della "nuova".

Ah e un ultima cosa prima di cominciare: siccome sto scrivendo questa fic anche in inglese, è probabile che passerà un po' di tempo fra la pubblicazione di un capitolo e l'altro, ma in base al feedback che riceverò sceglierò a quale delle due versioni dare la precedenza... percio' se vi interessa sapere come continua e non amate le lunghe attese... beh, l'unica soluzione è recensire u.u

...e siccome mi sono dilungata anche troppo con questa n.d.a che son sicura molti non leggeranno neanche, adesso me ne starò zitta e vi lascerò leggere in pace ;D 


 

 

 

Confusione.
Per un attimo fu quella l'unica cosa che riuscisse a provare.
Poi i pensieri lo investirono come un treno in corsa.

Piccole creature dall'aspetto familiare lo seguivano sott'acqua... luci verdastre illuminavano a tratti le profondita' dell'oceano... la piacevole sensazione dell'acqua che gli carezzava la pelle... piccole bollicine che sfuggivano dalle sue labbra dopo che l'ultima traccia di ossigeno abbandonava i suoi polmoni.... e quei sussurri. Tanti, prepotentissimi sussurri sfioravano gli angoli più remoti della sua mente.

Nuota

Caccia

Vieni con noi, gli dicevano senza parlare.

... e l'istinto di seguirli, un istinto più forte di qualsiasi altra cosa avesse mai provato, più forte persino della sua stessa volontà...


Miles stava ancora nuotando quando riuscì a tirarsi fuori da questi ricordi.
I battiti del suo cuore gli rimbombavano nelle orecchie e un'ormai familiare scarica elettrica si faceva strada nelle sue vene appena si rese conto che il suo corpo aveva seguito una scia in autopilota mentre la sua testa si era fatta abbindolare da quei sussurri fastidiosi che sembravano volerlo trascinare verso le profondità marine.
Era diversi metri sotto la superficie dell'acqua, ma c'era comunqe abbastanza luce da permettergli di vedere chiaramente attraverso il nulla che lo circondava. Il borbottio dei motori del traghetto che si era lasciato alle spalle rimbombava ancora nelle vicinanze.
Quella situaziome, il fatto d trovarsi in quel particolare tipo di penombra -quella semi-oscurità oleosa tipica del mondo sottomarino- e anche il fatto che nonostante tutto stesse ancora respirando, avrebbe dovuto spaventarlo... come avrebbero dovuto spaventarlo quelle voci che non erano voci ma che in qualche maniera lui riusciva lo stesso a sentire.
E per un breve mometo ebbe paura. Quello che stava facendo, il posto in cui si trovava.... quello che sarebbe successo se avesse perso il controllo delle sue azoni un'altra volta. Erano tutti dei validi motivi per essere spaventato.
Quella strana notte -quella sulla quale i suoi pensiero si erano appena soffermati, la notte in cui aveva guidato quelle creature lontano dai suoi concittadini a Compton Marsh- era come se il suo cervello si fosse completamente spento.
Ricordava solo immagini ed emozioni molto confuse... ma la presenza di quei pensieri alieni -quegli stessi pensieri che percepiva pure adesso- era ancora vivida nella sua memoria traumatizzata. Quella notte la loro insistenza era riuscita chissà come a sopprimere la sua idetità, costringendolo a fare quello che loro gli avevano bisbigliato... e sarebbe successo di nuovo se poco prima non fosse riuscito a tirarsene fuori.
La loro voce, se cosi' poteva essere definita, era sempre lì nell'acqua e sembrava stesse aspettando impazientemente qualcosa.... o qualcuno.
Per un momento si era spaventato certo, perché anche se aveva amato il fatto di possedere un'istinto che l'aveva aiutato a sopravvivere in acqua, non aveva amato per niente svegliarsi in spiaggia senza ricordare un accidente di come ci fosse finito. Ed era sicurissimo che il merito di ciò appartenesse a quei pensieri non suoi che stavano di nuovo cercando di controllarlo.
Solo che questa volta il motivo che l'aveva spinto a tuffarsi in acqua era più che sufficiente per tenerlo aggrappato alla realtà.
Doveva trovarla. Sì. Doveva raggiungerla.
Il tempo stava scadendo.
Miles non sapeva come ci stesse riuscendo, come potesse essere così sicuro che quella fosse la rotta giusta da seguire. Di nuovo, quest'assoluta certezza avrebbe dovuto spaventarlo, ma le uniche sensazioni sulle quali decise di concentrarsi furono le piacevoli carezze dell'acqua e la costante furia che gli permetteva di nuotare velocememte verso la sua destinazione.
E, riguardo a questo, era come se qualcosa lo stesse letteralmente attirando in quella direzione, come se il suo corpo fosse un specie di bussola capace di sapere dove si trovasse il nord -nel suo caso la sua abitazione- senza aver bisogno di una mappa per orientarsi.
Non aveva bisogno di concentrarsi -beh, escludendo ovviamente la concentrazione che stava gia' impegnando per resistere all'altra forza che voleva portarselo via- ma gli bastava semplicemente lasciare che il suo corpo facesse da sé.... e per il momento decise che era meglio non chiedersi come o perché fosse possibile.
Lo strano rivolo magnetico che aveva iniziato a percepire da che si era tuffato, lo stesso rivolo che adesso lo stava guidando verso casa, vacillò anch'esso all'isistenza degli altri. Il loro richiamo era così potente... tanto che il piccolo flusso di pensieri che l'aiutava era pure lui tentato di arrendersi. Fortunaramente il legame che lo univa al ragazzo era molto più potente e familiare della loro insistenza e questo fu abbastanza per mantenere la connessione stabile.
Miles però sapeva che, nel caso in cui quella piccola ancora che lo teneva ancora aggrappato alla realtà avesse smesso di combattere con lui unendosi alle altre voci, niente gli avrebbe più dato la forza di resistere al loro richiamo.
Ora che però si trovava molto più vicino, riusciva a pensare anche più chiaramente.
Si fece strada attraverso le acque del canale. La luce era fioca e oleosa in quel punto, ma questo non gli impedì di riconoscere il luogo in cui si trovava.
Una sagoma dall'aspetto familiare iniziò ad emergere di fronte ai suoi occhi: colonne di legno che sorreggevano una struttura orizzzontale... altrimenti nota come il pontile dietro casa sua. Dal punto in cui stava nuotando poteva persino vedere la chiglia della barchetta dei suoi genitori.
Il suo cuore fece una capriola.
Finalmente, pensò. Era arrivato.
Affiorò silenziosamente, uscendo dall'acqua senza preoccuparsi più di tanto del fatto che avesse appena percorso a nuoto l'intera distanza fra il molo dove partivano i traghetti e casa sua, né esssendo minimamente infastidito dal fatto che non fosse stata l'aria la sostanza che aveva respirato per tutto quel tempo. Solo uno strano solletico alle vie respiratorie lo avvertì che forse avrebbe dovuto importargli la differente consistenza dell'ossigeno che penetrava nei suoi polmoni, ma in ogni caso non si soffermò più di tanto su questo pensiero.
Infatti, adesso che era arrivato a destinazione, adesso che l'acqua non lo cullava più come prima calmando l'agitazione che sapeva di dover provare, tutto il pericolo della situazione gli piombò addosso come una montagna.
Un ondata di paura e frustrazione gli infuocò le guance mentre camminava sul pontile, ma la sua determinazione spazzò via tutto il resto: trovarla era la cosa piu' importante, anche più importante della sua stessa vita adesso che la vicinanza dello tsunami era diventata più reale che mai.

Poteva quasi percepirlo fra le sottili linee d'aria della brezza che gli pizzicava la pelle bagnata. L'atmosfera era elettrica tanto quanto lui... ed il suo istinto
l'avvertiva che non era per niente sicuro rimanere lì per troppo tempo.
Nonostante ciò, non si pentì della sua decisione.
Senza esitare ulteriormente s'incamminò oltre il pontile.
«Caytlyn» gridò.
Silenzio.
Cominciò a correre.
«CAITLYN!»
Ancora niente.
Il panico gli stava già consumando lo stomaco.

 

Era in salotto adesso. La tv era ancora accesa sul notiziario, proprio come l'avevano lasciata i suoi. Un giornalista stava annunciando che l'onda avrebbe travolto Wilminghton -la sua città- nel giro di 22 minuti.
La notizia lo fece sentire ancora peggio: doveva trovare la sua amica e poi insieme avrebbero dovuto trovare il modo di scappare.. e non era sicuro che il tempo sarebbe bastato per fare enstrambe le cose.
Una sensazione familiare strattonò i suoi pensieri ricordandogli del piccolo aiuto che l'aveva guidato fino a casa. Come un fievole brusio nelle orecchie che gli suggeriva istintivamente cosa fare, capì che il suo amicp era nelle immediate vicinanze... esattamente nella stessa stanza in cui adesso si trovava anche lui.
«Nim» sussurrò voltandosi verso sinistra. La strana lucertola lo guardò profondamente, aguzzando i grandi occhi grigi, e gorgogliò qualcosa, per poi filarsela verso la porta.
Nella mente di Miles, la comunicazione fu più chiara che mai: "seguimi", gli aveva fatti intendere senza parole.
Il ragazzo obbedì correndogli dietro ed insieme si diressero verso il garage.
«Caitlyn?» chiamò di nuovo finendo solo per pietrificarsi alla vista di un certo qualcosa abbandonato sul pavimento: un casco. Il SUO casco.
Un'ondata di rabbia e paura si impossessò di lui mentre lo ispezionava. Se quel ragazzo col maglione nero non le avesse rubato lo scooter tutto quel trambusto non sarebbe stato necessario: l'amica non si sarebbe trovata ancora in pericolo ma sarebbe stata sul traghetto assieme lui e alle persone a cui teneva, dritti verso l'entroterra, invece che bloccati lì con un onda distruttiva in pericoloso avvicinamento.

Dove sei finita?

Ricominciò a correre dietro all'amico squamoso, che adesso si stava dirigendo verso la strada. Il battito del suo stesso cuore gli rimbombava nelle orecchie ed il panico stava prendendo il sopravvento.... che sarebbe successo se non l'avesse trovata in tempo?
Più ci pensava più sentiva crescere dentro di sè la paura. Adesso anche il suo istinto di sopravvivenza si era messo a tormentarlo insistendo perché provvedesse a mettersi in salvo, ma Miles lo ignorò. Si concentrò piuttosto su Nim: forse lo stava portando da lei, c'era ancora tempo, doveva solo continuare a cercare.

 -xxx-

«Caitlyn» chiamò per quella che gli sembrò la centesima volta.
Stava correndo lungo il viale sterrato di fronte a casa sua. Nim era in fondo e lo stava aspettando.
Non appena svoltò l'angolo...
«Caitlyn?!»
La ragazza era stesa sull'erba, svenuta. Nim era lì vicino e la stava annusando.
Miles si pietrificò sul posto, terrorizzato. Che cosa le era successo? Che ci faceva lì per terra?
Le parole del ragazzo sul traghetto gli pulsarono nelle orecche
Non le ho fatto niente amico, le ho solo preso lo scooter, nient'altro.
E questo che cosa significava allora? Perché Caitlyn era a terra allora?
Si costrinse a muoversi, il cuore minacciava di schizzargli via tanto gli batteva veloce nel petto. Un passo dopo l'altro giunse di fianco a lei, si chinò e pallido in viso si costrinse a capire se fosse viva.... oppure no.
«Caitlyn?» domandò incerto posandole una mano sulla spalla. Si accorse che stava ancora respirando.... e questo bastò a fargli coraggio.
Cominciò a scuoterle le spalle.
«Caitlyn svegliati! Caitlyn ti devi svegliare! Avanti» le sfiorò il viso con le dita. «Caitlyn, ti prego... siamo in pericolo»
La ragazza strizzò piano gli occhi, aprendoli a fatica... e un sorriso debole ma genuino si fece strada fra le sue labbra non appena si rese conto che di fronte aveva proprio lui.
«Miles»
Gli occhi le si erano illuminati di gioia.... e questo bastò a spazzar via ogni traccia di paura nel cuore del ragazzo.
Lei stava bene e questo per ora gli sarebbe bastato.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


LEGGETE QUI PRIMA DI INZIARE!!!
Questo avviso è più che altro indirizzato a chi non è la prima volta che entra in questa storia e ha già letto il primo capitolo prima che l'aggiornassi: ci sono dei cambiamenti nella parte finale, quindi forse è meglio che andiate a controllare se nn volete confondervi (la parte cambiata si trova dopo questo simbolo: -xxx- ) E' stata un po' una cosa impulsiva.... lo so che di solito non si fa, però ho avuto un idea migliore riguardo alla storia e ho deciso di cambiare alcune cose per renderla un po' meno what if e più fedele alla serie originale ... ma soprattutto per differenziarla da quella in inglese perché onestamente non amo scrivere le stesse cose ottocento volte (se vi interessa darle un occhiata a proposito potete andare su fanfiction.net nella sezione Surface; il titolo è lo stesso di questa).
Spero di non avervi confuso le idee con questo cambiamento (che però non dirò quale sia per non confondere chi invece è la prima volta in assoluto che entra qui xD)
Mi scuso ancora, spero che in questo modo si capisca lo stesso e che il racconto sia più dinamico.

Buona lettura ;)


 

 

 

 

Miles stava correndo a perdifiato lungo un corridoio austero. Caitlyn e la coppia di sconosciuti che avevano incontrato pochi minuti prima lo stavano seguendo altrettanto concitati, mentre dietro di loro il piccolo Nim chiudeva la fila saltellando.

L'acqua sgorgava copiosa dalle finestre in frantumi riempendo rumorosamente la parte bassa dell'edificio, il che ricordava loro costantemente di sbrigarsi se non volevano finire sommersi dalla corrente. Puntavano dritti verso la porticina in fondo alla galleria sopra le navate, perché era lì che si accedeva al campanile, il posto in alto più vicino che gli fosse venuto in mente.

Miles aprì la porta frertolosamente e si insinuò per primo dentro la piccola sanza mentre gli altri lo seguivano a ruota.

Si ritrovarono tutti di fronte ad una scala e Rich, il tizio nuovo, fu il primo a salirvi, solo che non appena raggiunse la cimaa si accorse che la botola sulla quale si affacciava era chiusa.
«Mi serve qualcosa di pesante!» incalzò. «Qualcosa per rompere il lucchetto! Qualsiasi cosa!»
Gli altri iniziarono a guardarsi intorno.
«Lì!» disse la donna indicando il gruzzolo di mattoni impilati nel sottoscala.
«Sì ecco» fece Miles afferrandone uno e porgendolo all'uomo.
«Questo andrá bene» approvò la donna.
Rich iniziò a sbatacchiarlo contro il lucchetto mentre altri lo guardavano in silenzio. L'edificio nel frattempo gorgogliava, cigolava e si lamentava sotto i potenti colpi dell'acqua. Era un suono terrificante. La struttura vibrava e si contorceva mentre le onde l'aggredivano senza pietà emettendo un rombo continuo, quasi a volerne annunciare l'imminente crollo.
Miles faceva avanti ed indietro di fronte alle veneziane -impaurito, preoccupato e col cuore che gli batteva a mille nel petto per l'agitazione- mentre Caitlyn si sedette terrorizzata in fondo alle scale.
La paura che l'edificio piombasse loro addosso cresceva ogni secondo che passava.... pareva non aver mai fine. Finché, ad un certo punto, tutto iniziò a scemare: i muri smisero progressivamente di tremare, l'acciaio cessò di emettere urla agonizzanti … persino Rich smise di colpire la botola, quasi temesse che il minimo rumore potesse incoraggiare il crollo di qualcosa.
Il campanile stava tornando silenzioso.
Lo scroscio dell'acqua e le occasionali lamentele dell'edificio erano le uniche cose che si potevano sentire... il tempo si era come fermato.
Nel silenzio della torre, Caitlyn affogò il viso fra le mani e cominciò a singhiozzare disperata. La donna, di cui ancora non sapevano il nome, se ne accorse e l'avvolse in un abbraccio istintivo.
«Ehi» mormoravaa carezzandole i capelli. «Avanti, non piangere»
«Voglio rivedere mio padre!» fu la protesta della ragazza.
«Ssh» bisbigliò l'altra posandole le mani sulle guance e costringendola con delicatezza ad incrociare il suo sguardo. «Calma, smettila» le carezzava il viso «Buona, Caitlyn. Non piangere, lo rivedrai tuo padre»
«Com fai a dirlo?!» ribattè l'altra in lacrime «Tu non lo sai che gli è successo!»
La donna l'abbracciò di nuovo permettendole di piangere sulla sua spalla.
«Invece lo so, devi credermi» insisteva. «Lo rivedrai tuo padre»
Miles le guardava sofferente non sapendo cosa fare.
Caitlyn era la sua amica no? Doveva essere lui quello che la confortava dicendole che tutto si sarebbe sistemato, eracompito suo perlomeno provarci..... ma allora perché non se la sentiva? La risposta si insinuò nella sua testa come un tarlo fastidioso: anche la sua famiglia era chissá dove, probabilmente in pericolo. Questo era il mitivo principale del suo sentirsi incapacitato: come poteva assicurarle che sarebbe andato tutto bene, che le cose si sarebbero sistemate e che le loro famiglie stavano bene se neanche lyi be era convinto?
Al solo pensiero del piccolo traghetto sul quale li aveva visti l'ultima volta un brivido gli percorse tutta la schiena: se lo tsunami li aveva colpiti mentre attraversavano il canale le chance che fossero ancora vivi erano poche.... o addiruttura nezsuna.
No, si sgridò mentalmente. Non posso pensare così, DEVO essere positivo. Per loro... e per Caitlyn. Non è il momento di pensare al peggio. Sono al sicuro, stanno bene, se ne sono andati in tempo
Ma questo gli fece solo salire le lacrime agli occhi.
Distolse lo sguardo.
Non voleva piangere, non quando farlo era la cosa di cui l'amica aveva meno bisogno.
Poi i suoi pensieri finirono sui due sconosciuti: non era sicuro che i due fossero una coppia, perciò non seppe dire se avevano figli... però che dire della loro famiglia? Avevano genitori anziani? Amici? Forse anche loro stavano pensando a chi forse rischiavano di perdere.
Decise che non voleva pensarci, almeno non ancora. Dovevano salvarsi, poi si sarebbero occupati del resto.
Si avvicinò alla porta e sgusciò con lo sguardo sul piccolo oblò che vi si apriva sulla cima. Da lì ispezionò l'oceano abusivo che occupava la parte bassa della chiesa e un'ondata di sollievo lo alleggerì dall'ansia non appena si accorse che le acque si stavano placando.
«Guardate» disse attirando l'attenzione degli altri mentre un piccolo sorriso si fece strada fra le sue labbra. «Credo... credo che sia finita» fissava l'acqua quasi ridendo. «Sì, è finita!»
«No, non lo è» affermò la donna che stava continuando ad abbracciare Caitlyn. «Gli tsunami vengono a ondate» spiegò. «Ci sarà un onda, poi un altra.... e un altra ancora»
La notizia rese il pianto di Caitlyn ancora più disperato di prima, mentre ogni traccia del sorriso che aveva illuminato il volto del ragazzo svanì nel nulla.
Il suo sguardo era di nuovo fisso fuori dell'oblò, dove l'acqua continuava a gogliare imperterrita.
No, non era ancora finita.
Ma non fu quella la notiza peggiore del momento: un brusio familiare in fondo ai suoi pensieri ed uno strano formicolio alla base del collo lo informarono della vicinanza di qualcosa di molto possente.... una presenza che Miles aveva imparato a riconoscere ma che allo stesso tempo era molto diversa da ciò a cui era abituato. 
«Oh mio dio»
Le parole gli sfuggirono di bocca prima che riuscisse a controllarle.
«Cosa c'è?» domandò la donna prestandogpi attenzione. Miles, non sapendo cosa dire, le lanciò uno sguardo spaventato. Come poteva spiegarle il fatto che poteva sentire la presenza di quelle creature quando neanche lui sapeva come fosse possibile?
«Aspetta qui» bisbigliò la donna a Caitlyn prima di avvicinarsi a Miles. Il suo sguardo guizzò fuori della porta, permettendole di scoprire da sé quale fosse il motivo per cui il ragazzo si fosse così spaventato: una sagoma scura era affiorata fuori dall'acqua per poi sparirvi di nuovo.
Paura fu l'emozione che le si dipinse immediatamente sul volto: una di quelle creature -uno degli ADULTI- stava nuotando proprio dentro la chiesa!

Miles sapeva della sua vicinanza ancor prima di averla vista. L'elettricità che la cereatura stava emanando valeva più di mille parole e rendeva il ragazzo perfettamente consapevole della sua presenza... per non parlare poi di quello che stava facendo alla sua testa: era travolgente.
Anche se ormai era quasi abituato a sentire queste creature, la vicinanza di questa lo spaventava cento volte di più della situazione di costante pericolo che li aveva accompagnati fino a quel momento.
L'animale stava cercando qualcosa: del cibo, comprese il ragazzo.
Era affamato -davvero molto affamato- e la sua elettricità era già caricara a pennello per colpire qualsiasi cosa somigliasse ad uno spuntino.
Poi uno strano pensiero si fece strada nella sua mente: nella testa di Miles fu recepito come una sensazione di profonda confusione, che però era condita da una buona dose di curiosità.
Qualcosa di estraneo ma familiare si trovava nelle immediate vicinanze, qualcosa che incuriosiva la creatura..... qualcosa che in quel preciso momento stava pensando intensamente a lei.
Miles sgranò gli occhi.
Stava sentendo lui.  
Il ragazzo percepì muoversi nell'acqua, ma prima che riuscisse a capire cosa stava succedendo, la vide sbucare davanti all'oblò, sul bordo della galleria... proprio sotto il suo naso. Stava annusando l'aria curiosamente.
Sa che siamo qui, per colpa mia adesso ci sta cercando, pensò Miles terrorizzato.
Il ragazzo non poteva dire quali fossero i pensieri esatti della creatura -che aveva infatti un modo comletamente diverso di comunicare rispetto a quello umano- ma se avesse deciso di attaccarli, lui avrebbe potuto fare ben poco per salvare la sua e la pelle altrui. Il fatto poi che persino Nim era innervosito dalla sua presenza non lo rilassava neanche un po'.
Scambiò un occhiata sconcertata con la dottoressa ed entrambi rimasero immobili come statue in un silenzio condiscendente: meglio non fare rumore se volevano rimanere vivi.... dquesto in sostanza era il loro mutuo accordo. 
La creatura stava ancora annusando nella loro direzione e Miles fu quasi sicuro che li avesse trovati, stava persino iniziando a percepire l'inconfondibile vibrazione che precedeva la scarica elettrica quando qualcos'altro catturò l'attenzione dell'animale: un altro flusso di pensieri..... un altra creatura.
Miles era abituato a percepirne più di una contemporaneamente, era come se fossero sempre tutte collegate fra di loro: i pensieri delle altre erano sempre presenti, come un lieve brusio di sottofondo nella mente della creatura sulla quale si stava concentrando.
Questa volta però era diverso: i pensieri di sottofondo furono prepotenti, come se la loro fonte stesse urlando forte e chiaro non solo nella mente della creatura, ma pure nella sua. Non era un'eco come quelli a cui era abituato, ma un vero e proprio grido silenzioso, un emozione talmente forte che se la sentì scendere fin nelle ossa.
Ma non fu solo la portata di quel grido a terrorizzarlo.
C'era dell'altro in quei pensieri, qualcosa che lui non aveva mai percepito, neppure con Nim: non erano state le solite semplici emozioni, le solite immagini dal significato immediato a spuntare estranee nella sua testa, ma era stato un significato logico e razionale ad arrivare forte e chiaro nel suo cervello.
Quelle che aveva sentito erano state delle vere e proprie parole. Parole diverse, non esattamente pronunciate nella sua lingua, ma il loro sigificato era stato più che chiaro: VATTENE VIA.
E la creatura miracolosamente le aveva capite e, ancora più sorprendente, aveva obbedito subito con uno sbuffò rabbioso, immergendosi in acqua e allontanandosi in un baleno da lui e dai suoi compagni.
«Se ne è andata» mormorò la donna scioccata. Miles le rivolse uno sguardo altrettanto sconvolto, poi tornò a guardare con insistenza la piscina fuori della porta come se stesse per esplodere.
Qualcosa li aveva appena salvati, qualcosa aveva scacciato via la creatura.
E non solo... quel qualcosa aveva pure parlato.
Com'era possibile? Com'era possibile che una di quelle creature avesse parlato?
Nim gorgogliò dall'angolo della stanza.
Sei stato tu? Si chiese meravigliato. Ma la domanda gli occupò la mente solo per poco.
Pochi istanti dopo infatti la terra ricominciò a tremare, solo che questa volta, nessuna parola fu pronunciata fra gli occupanti della piccola stanza per un po'.
L'unico a fare rumore era Rich col suo continuo sbatacchiare.
Poi, come se si fosse appena svegliata da un incubo, la Dottoressa -come aveva iniziato a chiamarla Miles- si rese conto di quel che stava avvenendo e corse al suo fianco incoraggiandolo a colpire più velocemente.
«Sto colpendo più forte che posso!» affermò l'altro seccato. «Ci sono quasi»
«Forza, forza!» incalzava la donna. Gli altri si erano tutti catapultati sulle scale adesso. «Avanti Rich!»
Bonk bonk bonk... SQEECK
«fatto!» esultò l'uomo aprendo la botola con un colpo deciso delle braccia.
Gli altri iniziarono a salire, uno dopo l'altro, metre Rich stava in cima aiutandoli ad uscire.
Il vetro delle veneziane si ruppe alle loro spalle schizzando ovunque, ma li lasciò illesi. La scala proseguiva per altre due rampe prima di sbucare sul tetto del campanile attraverso un'altra botola, questa volta aperta. 
Miles e Cait furono i primi ad uscirne e si accucciarono in fretta sul pavimento alla base della guglia, mentre la dottoressa gli si mise dietro circondavandoli con le braccia in un gesto protettivo.
Rich fu l'ultimo.
«Attenti!» disse schiacciandoli a terra quando un getto d'acqua oltrepassò il bordo del parapetto colpendo il pavimento «State giù»
Rimasero così, l'uno spiaccicato contro l'altro, per un bel po'.
Cait e Miles si tenevano le mani mentre Rich circondava tutti da dietro con le braccia in un gesto goffo ma protettivo. Caitlyn stava piangendo abbracciata a Miles che, nonostante cercasse di sembrare coraggioso, anche lui tratteneva a stento le lacrime.
Persino gli adulti si lamentavano quietamente mentre l'edificio tremava tutt'intorno a loro.
La paura era palpabile, pulsava nell'aria con una vita a sé stante.
Nessuno parlava, non ce ne era bisogno: stavano tutti aspettando.
Aspettando di morire, di vivere, di vedere illuminarsi la speranza che ce l'avrebbero fatta una volte per tutte.
Sembrò durare un'eternità. L'edificio fu sul punto di collassare un paio di volte, ma alla fine rimase in piedi.  Come era accaduto poco prima, tutto iniziò a scremare. Inizialmente fu impercettibile, poi tutto si fece sempre più tranquillo finchè ad un tratto il tremore cessò definitivamente.
«Bene» mormorò Rich nervosamente. «Bene»
Caitlyn tremava come una foglia accanto a Miles mentre la dottoressa respirava veloce in preda alla paura guardandosi intorno quasi incredula del fatto che il campanile avesse resistito ad un'altra onda distruttiva. .
«perfetto, benissimo... è passato» borbottava Rich quasi per convincersene «state tutti bene?».
«Sì» rispose Cait un po' incerta.
Stiamo ancora respirando, pensò Miles con sollievo ed incredulità. Dopo tutto quel che avevano passato, dopo tutto quel che era successo, erano ancora VIVI.
Poi un gorgoglio familiare si fece strda fra le lamentele dell'edificio ed il suo sollievo diventò presto una vera e propria folata di gioia.
«Nim» mormorò con un sorriso. La creaturina saltò giù dal cornicione dove se ne era rimasta fino a quel momento, emettendo fusa di gioia.
Era felice che stessero bene... e Miles era felice che fosse lì con loro.
«eehhr... è domestico, vero?» domandò Rich con cautela.
«Ma certo» mugolò il ragazzo assentemente. «Tranquillo»
Rich però se ne dimenticò presto. Si alzò lentamente, guardando preoccupato ciò che si trovava oltre la balaustra che preventivava loro di cadere di sotto.
Gli altri ne seguirono presto l'esempio, alzandosi piano, uno dopo l'altro.
Centinaia di emozioni coloravano i loro sguardi mentre fissavano increduli il paesaggio che li circondava.

Paura.

Preoccupazione.

Meraviglia.

La vista di fronte a loro era a dir poco surreale.
I pochi tetti e le cime degli alberi che erano rimasti ancora in piedi erano gli unici indizi a testimoniare che in mezzo all'oceano di acque torbide e gorgogianti che li crcondava, un tempo c'era un cittá.

«Questo.... è un nuovo mondo» Qualcuno mormorò dopo un lungo istante.
Ed era roprio vero: era la fine di un mondo.... e l'inizio di un altro.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il cuore gli pulsava nelle orecchie.

Uno strano mix di emozioni differenti lottavano dentro di lui per prevalere : da un lato il sollievo di essere tutti e quattro vivi, dall'altro la terribile sensazione di non essere del tutto fuori pericolo.

Miles osservava incredulo l'oceano che ribolliva più in basso, chiedendosi se fosse davvero finita o se sarebbero arrivate altre onde come aveva detto la dottoressa quando si trovavano ancora nel sottoscala. Sicuramente sperava di no: non era sicuro che il campanile avrebbe resistito ad una altro impatto con l'acqua e nonostante in quei giorni nuotare non l'aveva per niente infastidito , l'idea di immergersi in quella turbinante massa di acqua sporca e detriti non lo allettava neanche un po'.
Ogni tanto qualcuno batacchiava nel fianco della chiesaproducendo un rombo sordo che risuanava nelle pareti e faceva tremolare l'edificio.

Il piccolo gruppo sulla cima del campanile osservava scioccato il terribile spettacolo che si parava di fronte ai loro occhi.

Ognuno di loro aveva una diversa espressione a colorargli lo sguardo: Laura osservava pensierosa l'orizzonte come se stesse cercando di capire che cosa si nascondesse dietro l'apparente calma piatta che ne delineava il profilo, Rich fissava l'acqua come se fosse l'essere più disgustoso dell'universo, mentre Caitlyn da parte suo teneva d'occhio i detriti attorno a loro come se si rattasse di mostri pronti a mangiarsela da un mokmento all'altro.

«l'acqua è davvero molto alta» commentò quest'ultima ad un certo punto e Miles si voltò piano verso di lei per ispezionarne l'espressione. Il ragazzo poteva quasi vedervi riflesse le immagini di Puerto Rico che avevano visto alla televisione quella mattina, immagini alle quali la ragazza stava sicuramente pensando mentre fissava l'acqua «Perché non si sta abbassando?»

Non l'aveva chiesto a nessuno in particolare, ma la dottoressa si voltò come se la domanda fosse stata rivolta proprio a lei. Nonostante ciò, era palesemente incerta sul cosa dirle.
«Di solito ci vuole un po' perché ritorni come prima» rispose infine increspando le labbra e detto questo gettò una veloce occhiata verso l'oceano turbolento che li circondavano, quasi ad accertarsi che fosse sempre lì.

«C'è un però, non è così?» incalzò Miles incupendosi.

La donna distolse per un attimo lo sguardo tempestoso e si mordicchio' le labbra pensierosamente, per poi tornare a fissare i due giovani con un'espressione indecifrabile montata in viso. Miles non sapeva che cosa stesse accadendo nella sua testa, ma poté capire che sicuramente non si trattava di belle notizie.

«Avanti Laura» la incoraggiò Rich incrociando le braccia. «Diglielo» e nonostante la frase riguardasse i ragazzi, era piuttosto palese che anche lui fosse ansioso di ricevere una risposta alla domanda implicita che tutti si erano posti: cosa dovevano aspettarsi adesso?
La dottoressa tirò fuori un sospiro di rassegnazione, chiaramente non entusiasta riguardo a quello che stava per dire.
«Come tutti sicuramente sapete, uno tsunami generalmente è la conseguenza di un potente  terremoto che avviene in mezzo o nelle vicinanze del mare ... ma una serie di onde come quelle di oggi, voglio dire... è stata colpita l'intera costa orientale! Non era mai successo prima, almeno non a memoria d'uomo. Uno tsunami come quest deve averlo generato per forza uno spostamento senza precedenti delle placche oceaniche!»
«La radio» mormorò Miles ricordando la sera precedente quando il poliziotto aveva zittito tutti i presenti per far ascoltare un bollettino sismico.
«Come dici?» domandò Laura.
Miles si scosse dai suoi pensieri.
«Ieri sera un tizio alla radio parlava di un terremoto di magnitudo 9 punto qualcosa vicino a San Juan»spiegò Miles «potrebbe essere quello il terremoto di cui parli?»
La donna annuì.
«Decisamente» fece poi. «vicino san Juan hai detto?»
«Sì, mi pare fosse lì»
La donna sembrò un attimo pensierosa.
«E' così grave?» domandò Miles cercando di decifrare la sua espressione.
«Temo proprio di sì» fece la donna contraendo le sopracciglia. «Un terremoto del genere non avviene senza grandi cambiamenti. È successo anni fa, 1960, a Valdivia: il più grande terremoto che si sia mai sentito sulla terraferma. Dopo quello un antico vulcano inattivo si è svegliato, i fiumi della zona si sono trasformati in paludi, il livello del mare di p alzato di 1 metro, e come nel nostro caso la zona poi è stata colpita da una serie di tsunami»

«ma con questo dove vuoi arrivare?» domandòò Caitlyn. 

«beh, considerando che l'epicentro allora non era in mezzo all'atlantico come oggi, eppure ci sono stati lo stesso così tanti cambiamenti...beh se il nostro terremoto era della stessa potenza di quello a Valdivia.... è molto probabile che le placche lì vicino a san juan un enorme cambiamento, un cambiamento tale che... esitò guardando le espressioni cupe negli sguardi degli alte.
«che?» incalzò la ragazza.
«Tale che non credo questa città tornerà mai come prima»
Le sue parole rimasero un momento sospese nell'aria, come se ogni singolo presente stesse cercando a modo suo di metabolizzarle. Miles da parte sua fissava le piastrelle del pavimento scioccato . La sua città? Mai più come prima? Assurdo!
«Ma tu come fai a sapere tutte queste cose?» domandò Caitlyn, forse nella speranza che la donna si sbagliasse.
«Sono un'oceanografa» rispose l'altra posando le mani sulla balaustra e tirando un lungo sospiro. «E' il mio lavoro saperle»

«Oh» mormorò la ragazza avvilita distogliendo lo sguardo.

«Com'è possibile che nessuno abbia potuto prevederlo?» domandò Miles. «Cioè, lo so che ci sono terremoti continuamente, ma un terremtoto così potente..... possibile che non ci siano stati dei segmali? che nessuno se l'aspettasse ?»
«qualcuno che se l'aspettava c'è stato» intervenne Rich.
«Chi?» domandarono Miles e Cqitlyn praticamente all'uniscono.
I due adulti si sambiarono una strana occhiata ed in quell'istante Miles capì che quel che stava per seguirne non sarebbe stato un argomento facile da digerire.
«La Iderdex» rapose Laura infine «sapevano dello tsunami, sapevano dei cambiamenti climatuci e soprattutto... sapevano delle creature»
Il ragazzo sgrano' gli occhi sorpreso, ma prima che potesse aprir bocca caitlyn lo precedette.
«Perché non fanno avvertito nessuno allora? E voi due come fate a saperlo?» domandò d'un fiato, iniziando ad alternarsi.
«È una lunga storia» ripose laura «davvero, diciamo soltanto che siamo stati beh... degli ospiti indesiderati nella loro sede, ma siamo rimasti abbastanza da sapere per certo che la compagnia era preparata all'arrivo dello tsunami» la sua espressione si fece più dura e distante, quasi i suoi pensieri la stessero trasportando ben più in là di quanto le sue parole lasciassero intendere «erano pronti già da molto tempo prima che le autorità mandassero l'allerta, addirittura penso che lo fossero dal momento in cui hanno iniziato a costruire la loro sede qui a Wilmington»
«E perché non ci hanno avvertito allora?» domandò la ragazza con voce strozzata «Erano qui! Proprio qui! Perché non l'hanno detto a nessuno? I danni sarebbero stati molto minori! Perché non l'hanno fatto?»
«Non lo so, Caitlyn» disse la donna abbassando lo sguardo «tutto cio' che io e Rich siamo riusciti a scoprire è che loro -o per meglio dire l'azienda per cui lavorano- sono la causa dell'esistenza delle creature. Perché le hanno programmate per scavare nei fondali marini o perché in primo luogo le hanno create, è ancora un mistero»
«Aspetta aspetta aspetta, cos'è che hai appena detto?» intervenne Miles sobbalzando. «Create? Programmate? Cosa vorresti dire esattamente?!»
«beh» fece la donna lanciando una veloce occhiata in direzione di Nim che se ne stava beatamente appollaiato sulla balustra. «le creature sono state progettate artificialmente in un laboratorio. Sono state create Dall'uomo»
«Create dall'uomo?!» ripeté il ragazzo incedulamente. Milioni di domande iniziarono ad affollargli il cervello. Quando? Come? PERCHÉ? «e come è anche solo possibile una cosa del genere? E voi che lo sapevate perche' non l'avete detto a nessuno?»
«Perché nessuno ci ha creduto!» era Rich ed il suo tono era tutto all'infuori che amichevole «abbiamo buttato via questi ultimi mesi rischiando la nostra vita per capire che cosa stava succedendo, lasciando le nostre famiglie abbandonate a sè stesse: abbiamo passato giorni interi in una discarica arrugginita a studiare mappe e rilevazioni nel tentativo di capire quale fosse il luogo in cui le creature si nascondevano, siamo quasi affogati a cinquemila piedi di profondità per filmarle e siamo quasi morti ammazzati perché un agenzia segreta pensava sapessimo troppo... e che altror? ah si: quando la nostra scoperta è passata al notiziario è stata etichettata come una bufala e tirata nel cestino, così che casino non è servito ad un accidenti!» stave paticamente fulminando il ragazzo adesso . «ecco perché nessuno lo sapeva»
Miles lo fissava a bocca spalancata, un misto fra senso di colpa ed incredulità iniziò ad attorcigliarglisi nello stomaco. Un'agenzia segreta? Una compagnia che creava una nova specie e la nascondeva al resto del mondo? Era semplicemente troppo assurdo per poterci credere.
Si appoggiò alla balaustra debilitato.
«Rich! Non prendertela col ragazzo» lo riprese Laura con un'occhiataccia, poi si voltò verso Miles «abbiamo fatto il possibile per informare le persone di ciò che stava accadendo, ma nessuno ci ha creduto, almeno non chi poteva prevenire il disastro. In ogni caso non sappiano perché la compagnia abbia creato qulle cose. Sappiamo solo che le hanno programmate per scavare immensi crateri nelle pofonità oceaniche -che temo siano proprio la causa dello tsunami- e non hanno voluto che si sapesse in giro. Salvo questo, ne sappiamo quanto voi, mi spiace»
Miles fissava scioccato l'acqua alla base del campanile mentre il cuore gli martellava nelle orecchie. Non poteva crederci, non voleva crederci. Tutto quello che stava accadendo -le creature, lo tsunami... il suo mutamento- era opera di una misteriosa azienda.
«E adesso che si fa?» domandò quasi in un sussurro fissando l'acqua metri più in basso.
Inizialmente la domanda rimase sospesa in aria, senza risposra. La notizia che Laura aveva appena dato loro doveva essere ancora metabolizzata. Poi Rich si risvegliò dallo shock decidendosi ad intervenire.
«Troviamo un modo per andarcene da qui, ecco cosa facciamo» mormorò.
«E come? Siamo in trappola!» obbiettò Caitlyn indicando enfaticamente il paesaggio che li circondava .
Alla sua uscita Rich sorrise furbamente.
«Non se possiamo chiamare aiuto» annuncio' tirando fuori dalla tasca un certo qualcosa che fece sgranare gli occhi alla ragazza per la sorpresa.
«Hai un telefono!» esclamò tutta felice.
Questa si che era una bella notizia! Pensò Miles con un sorriso nuovamente su di morale.
«Si» rispose Rich mentre armeggiava coi tasti «Non rimarremo di nuovo bloccati in mezzo al nulla»
«Di nuovo?» domandò Miles confuso lanciando un'occhiata interrogativa in direzione della dottoressa, che si limitò ad increspare le labbra senza dir nulla.
Rimasero tutti col fiato sospeso mentre attendevano una qualsiasi reazione da parte di Rich, che per ora si limitava a fissare l'oceano col telefono all'orecchio mentre aspettava che qualcuno rispondesse. L'ottimismo di tutti però cedette presto il posto alla sconsolazione non appena l'espressione serena sul viso dell'uomo lasciò il posto ad una smorfia rabbiosa.
«Cosa c'è?» domandò Laura temendo chiaramente la risposta.
«Le linee sono andate» rispose lui a denti stretti richiudendo il telefono.
«Riprova, magari è solo temporaneo, non è detto che siano proprio andate» » incoraggiò la dottoressa nervosamente «Nel mentre io provo col mio» aggiunse poi tirandolo fuori dalla tasca.
Rich non sembrò molto convinto, ma in ogni caso riprovò pure lui. Pochi tentativi dopo però fu chiaro che la soluzione al loro problema non l'avrebbero trovata grazie ai cellulari: le linee non funzionavano, né chiamando i soccorsi, né chiamando qualsiasi altro numero.
Erano completamente isolati dal resto del mondo.
«I ripetitori» mugugnò Rich sedendosi per terra sconsolato. «lo tsunami deve averli messi k.o.»
«Come facciamo allora?» domandò la ragazza sconsolata «Non possiamo lasdciare la città a nuoto!»
«E se provassimo con un telefono pubblico?» suggerì Miles. Gli altri lo guardarono un po' perplessi «Ho visto in un film che non sono come i cellulari ma anzi a volte funzionano lo stesso anche dopo un disastro naturale*»
«Miles» fece Caitlyn un po' scettica. «nei film si dicono un sacco di stupidaggini»
«No no no» la interruppe Rich «Invece il ragazzo ha ragione» Un barlume di entusiasmo si era riacceso nel suo sguardo «I fili dei telefoni pubblici scorrono sotto terra e vengono alimentati dalla corrente del loro operatore, per questo quando non c'è elettricità in città si può sempre contare su si loro!»
«E dove cavolo lo troviamo un telefono pubblico che non sia già sommerso?» domandò Laura scetticamente «E anche ammettendo che lo trovassimo, come possiamo essere sicuri che funzioni ancora? Rischieremmo la nostra via per nulla! La corrente è ancora troppo forte, chi entra in acqua rischia di essere portato via... per non parlare poi di quella creatura che abbiamo visto poco fa, sono certa che è sempre qua in giro -non sola- ancora in cerca di qualcosa da sgranocchiare» aggiunse poi «No, mi rifiuto, aspetteremo i soccorsi. Abbiamo rischiato la vita anche troppo quest'oggi!»
«I soccorsi potrebbero non arrivare mai» ribatté l'uomo increspado le folte sopracciglia «Dovrei forse ricordarti quanto tempo abbiamo trascorso in balia delle onde l'ultima volta?»
«L'ultima volta eravamo sperduti in mezzo al Pacifico, Rich... e nessuno apparte Jackson lo sapeva!» rimandò lei infervorita. A nominare quel nome uno strano guizzo le era balenato negli occhi. «Questa volta è diverso! Siamo lontani dall'acqua, abbiamo un tetto sopra la testa ed il resto del mondo sa che cosa è successo qua» poi puntò lo sguardo verso i ragazzi. «e sono assolutamente certa che le loro famiglie siano già sulle loro tracce. Dobbiamo solo avere pazienza, i soccorsi arriveranno... se non per noi, certamente lo faranno per loro!»
Miles era sobbalzato alla parola famiglia. Ma cercò di non darlo troppo a vedere.
Rich da parte sua sembro sul punto di dire qualcos'altro, poi però lasciò perdere. Questo incoraggiò Laura. «dobbiamo rimanere quassù per adesso, se vediamo che le cose non migliorano entro un tempo ragionevole, allora inventeremo qualcosa... adesso però è troppo pericoloso lasciare il campanile»
«Ha ragione» intervenne Miles puntando l'indice verso il basso. «Guardate»
dove aveva indicato un enorme luce verde brillava dal fondale mentre un potente suono iniziò a riverberare attraverso le pareti del campanile.
Un ringhiio. Rimbombante, poderoso e molto, molto arrabbiato.
Laura aveva ragione: la creatura era ancora in giro e probabilmente none era l'unica.
«E' una di loro» mormorò Rich. Nei suoi occhi non c'era più traccia della precedente testardaggine.
«Dobbiamo stare qui, dove siamo al sicuro» ripetè più convinta che mai. «I soccorsi arriveranno, dobbiamo solo avere pazienza»
«E che dire delle creature?» domandò Caitlyn un po' preoccupata.
«oh, non ci disturberanno» la rassicurò la donna «Non ci possono raggiungere quassù in cima»
Rich sospirò rumorosamente.
«D'accordo, restiamo qui» convenne poi increspando le sopracciglia. «Ma se entro domani non vediamo o sentiamo niente, cercheremo un'altra soluzione, intesi?»
«Andata» concordò la donna soddisfatta.
«Bene» ribatté Rich andandosi a sedere «Aspettiamo allora»
E così fecero.

Il sole era quasi sull'orizzonte e una lieve brezza serpeggiava in mezzo agli edifici mezzi sommersi. Altre onde -assai meno potenti- avevano colpito la città durante il pomeriggio, ma erano state niente in confronto a quelle che si erano abbattute su di loro quella mattina: l'acqua si era ancora alzata, ma giusto un pelino impercettibile.
Rich aveva ripetuto un paio di volte che non gli piaceva per niente starsene seduto lì a non far niente prima di decidere di scendere le scale e dare un'occhiata più da vicino. Era durato poco però: dopo una finestre rotta, una passeggiata sul tetto ed un bell'attacco di cuore per lo spavento, aveva risalito i gradini borbottando qualcosa che riguardava il suo 'odio per quelle cose' e il come 'le avrebbe sistemate per le feste se avesse auto il suo arpione con sé'.
Il suo ritorno aveva destato qualche risata fra i ragazzi, ma subito dopo l'umore generale era ritornato sotto terra.
Miles aveva tenuto d'occhio le creature dal parapetto del campanile per un po' prima di decidersi ad unirsi agli altri seduti sul pavimento. Le creature si erano fatte rivedere un altro paio di volte in superficie, ed ogni volta il suo corpo era subito andato in modalità massima-allerta-pronti-a-fulminare, così che alla fine aveva preferito evitare direttamente ogni possibile contatto con loro allontanandosi dal ciglio.
In ogni caso, escludendo questi brevi attimi di agitazione, le cose si erano fatte molto calme... forse anche troppo. Noia ed impazienza infatti erano i migliori aggettivi possibili per descrivere il clima generale che si respirava lì sul campanile.
Miles era seduto sul pavimento e Nim dormicchiava sulle sue ginocchia, Caitlyn invece era accovacciata di fronte a loro con la schiena poggiata al parapetto, mentre i due adulti invece si erano seduti poco distanti l'uno accanto all'altra. In quel poco che aveva capito riguardo a quei due era riuscito ad inquadrare l'uomo come un tipo molto testardo, impulsivo... e decisamente poco paziente. La sua compagna di avventure invece suggeriva l'esatto contrario: paziente e riflessiva. Due opposti, che però in qualche maniera avevano collaborato fino a quel momento affrontandone di tutti i colori. Ogni tanto li vedeva mentre si scambiavano qualche parola che a malapena registrava.
Da parte sua il ragazzo aveva preso ad osservare il cielo meccanicamente, ad intervalli regolari: nessun elicottero, nessuna barca o indizio che una squadra di soccorso li stesse cercando si era fatto vedere per tutto il giorno. E questa particolare mancanza di eventi aveva permesso al suo cervello di iniziare a galoppare per la sua strada, senza che lui potesse tenere a bada o dare un limite ai suoi pensieri.
Non riusciva a far a meno di pensare all'assurdità della situazione in cui si trovavano: erano riusciti a scampare non ad uno, ma a ben due tsunami, senza contare ovviamenmte le piccole ondate successive... per poi rimanere bloccati sulla cima di un campanile senza alcuna scelta se non aspettare inermi che qualcuno li salvasse.
Aspettare fermi senza far niente poi non era esattamene piacevole, soprattutto se il tempo scorreva lento in un silenzio piuttosto desolato che permetteva ai pensieri di circolare liberi e felici. La sua testa infatti ebbe la brillante idea di rivivere daccapo la giornata assurda cheaveva appena passato, di pensare ai suoi genitori e al fatto che non aveva la più pallida idea di dove fossero finiti... o se anche solo fossero ancora vivi. Questa per conto suo era una bella preoccupazione, ma poi a questo si aggiunse pure tutto ciò che aveva portato a quella particolare situazione, dalle prime volte che aveva avuto contatti con le creatture, partendo dall'inizio -una serata passata con gli amici a fare wakeboard, finita col il terrore di essere mangiato vivo da qualche mostro invisibile- per poi passare alla spirale di eventi subito successivi che si erano praticamente accavallati l'uno sull'altro: un uovo trovato nella baia in mezzo ad altre migliaia, il volto contratto di sua mamma alla vista del loro acquario frantumato, una strana lucertola nel bagno di sua sorella, uno scherzo sfociato in un pranzo a base di barboncino, una lunga corsa su una macchina rubata, il morso sulla sua gamba, l'ospedale, il ritorno di Nim dal mondo dei morti... la sua mutazione.
Sia ben chiaro, non si stava pentendo affatto di tutto quel che aveva passato per proteggere Nim anzi, l'avrebbe fatto e rifatto altre cento volte se questo gli avesse permesso di preservare la loro amiciia.... ma quello che aveva fatto all'ex di sua sorella, quello che stava per fare al ragazzo sul traghetto, la costante elettricità che percepiva dal momento in cui era stato dimesso dall'ospedale ed i pensieri estranei che da quel momento avevano iniziato ad invadere i suoi... non poteva far a meno di esserne spaventato. Era successo così all'improvviso, ma in modo così radicale, che gli era quasi impossibile non pensarci.
Le fusa di Nim lo riportarono coi piedi per terra.
Il suo amico.
Il legame che li univa era unico, speciale, e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. Niente di tutto quello che nella sua vita aveva provato era mai stato così intenso come ciò che lo univa al piccolo Nim. Con lui intorno si sentiva veramente a casa... era quasi una specie di fratello, e avrebbe fatto di tutto pur di protgggerlo..
Ma poi....

Fatto dall'uomo

Questo pensiero spuntò nella sua mente cadendogli addosso come una montagna . Se l'era quasi dimenticato: quelle erano state le parole della dottoressa.... e l'avevano a dir poco sconvolto.
Il piccolo Nim? Risultato di un esperimento?
Aveva sempre pensato a lui come ad un mistero svelato degli abissi: un mostro marino, una creatura leggendaria... non un esperimento andato storto. La notizia della creazione della sua specie avvenuta in laboratorio e la vista di un esemplare adulto lo avevano reso più simile ad una pericolosa invenzione che ad un affettuoso amico a quattro zampe... anche se alla fin fine, questo spiegava anche se in minima parte come mai gli stessero accadendo tutte quelle cose: la mutazione, l'elettricità, i pensieri... il fatto che le creature potessero addirittura parlare. Non avrebbe dovuto sorprenderlo la notizia che si trattava del frutto di un esperimenti portato avanti da un gruppo di scienziati pazzi: la natura non avrebbe mai messo al mondo dei mostri capaci di distruggere il fragile equilibrio del suo ecosistema... o di cambiare in generale le caratteristiche di un altro essere vivente. Solo gli esseri umani potevano fare qualcosa di così stupido.
L'immagine della sua pupilla ridotta ad un fessura sbucò immediatamente nel suo cervello, quasi come il ricordo di un incubo... come se i sussurri che sentiva di continuo nei suoi pensieri da soli non bastassero a ricordargli che non era più lo stesso di prima....

Fino a che punto il suo corpo stava cambiando? La cosa era già giunta al termine o doveva aspettarsi dell'altro, magari una coda od un bel paio di artigli, con tanto di pelle squamosa?

Al solo pensiero un brvido freddo gli percorse la schiena: un mostro. Questo stava diventando... e non poteva fare niente per impedirlo se non sperare che non peggiorasse ulteriormente.

Le fusa di Nim attirarono di nuovo la sua attenzione. Un'ondata di affetto fluì gentilmente nel suo sistema mentre incrociava lo sguardo del piccolo amico: Nim gli stava più o meno dicendo che gli dispiaceva che era triste e che voleva aiutarlo ad essere di nuovo felice. Questo lo fece sorridere di gioia e orgoglio, mentre un'ondata di odio per se stesso e per quello che aveva appena pensato gli riempì il cuore di ritorno.
Qualsiasi cosa mi stia accadendo non cambia niente, pensò mentre gli carezzava un orecchio. Resti sempre il mio migliore amico.
Una serie di fusa e pigolii furono la risposta.
E tu sei il mio, era il pensiero privo di parole che li aveva accompagnati.
Questo gli fece tornare alla mente quella voce che aveva sentito mentre erano ancora all'interno della chiesa. Ovviamente quello che aveva appena fatto Nim non vi aveva niente a che vedere: erano state sensazioni ed immagini ad arrivargli questa volta, mentre nell'altra occasione anche se non ne era per nientre sicuro delle parole -parole nella sua lingua -erano come comparse dal nulla fra i suoi pensieiri sembrando sue, addirittura suonando come sue, ma non essendone affatto. Era stato come se qualcuno avesse usato la sua voce interiore per parlare nella sua testa.
No, era stato diverso da quello che era abituato a sentire con Nim... ma se non era stato lui, allora che cosa era stato?
Eri tu? Gli chiese mentalmente fissandolo con insistenza. Ma Nim semplicemente battè gli occhi, come se non avesse capito, per poi distogliere lo sguardo iniziando a leccarsi una zampa.
Forse me la sono solo immaginata, pensò Miles, o forse sto veramente diventato un pazzo squilibrato con problemi di doppia personalità come ho sempre pensato...

Questi erano i pensieri che, nonostante i suoi disperati tentativi di disfarsene, il suo cervello insisteva a ripetere in circolo: la sua mutazione, le creature, la sua città, la sua famiglia... era così snervante che si ritrovò ad odiare con tutto sè stesso l'azienda apparentemente inesistente di cui gli adulti avevano parlato. Alla fine, se loro erano gli effettivi artefici, pure quello che gli stava accadendo era colpa loro.
Non di Nim. Non delle creature. Ma esclusivamente Loro.
«Ti stanno tremando le mani» mormorò Cait ad un tratto, dopo aver notato il suo cattivo umore. «Che hai?»
«Niente, sto bene» rispose lui con un sorriso tirato... ma lo sguardo di lei alla “guarda che non abbiamo ancora finito” affermava chiaramente che non se l'era bevuta. Attendeva una risposra sincera, ma Miles si rese conto di non essere affatto pronto per dargliene una: sapeva ovviamente che lei era l'unica con cui poteva parlare -dopotutto, era l'unica a sapere del suo piccolo problema- ma lui non si sentiva ancora a suo agio per quel tipo di conversazione -e forse non vi si sarebbe sentito mai- specialmente se nel frattempo la conversazione era aperta pure alle orecchie dei due estranei che sedevano accanto a loro.

La ragazza recepì il messaggio e cambiò velocemente argomento.

«Sai Miles...» mormorò invece «mi sono accorta che non ti ho ancora ringraziato»
L'altro batté le palpebre perplesso e le rivolse un occhiata confusa.
«Per cosa?» domandò.
La ragazza si lasciò sfuggire una mezza risata.
«Per quello che hai fatto oggi sciocco, per cosa altrimenti?» fece poi con un sorriso «Se non fosse per te sarei ancora stesa su quel marciapiede»
«Oh» fece lui arroseendo. «Non era niente, davvero... e poi è stato Rich a portarci fin qui»
«Niente? Stai scherzando?» ribatté lei scettica . «hai rischiato la tua vita tornando indietro a cercarmi, mentre avresti potuto benissimo andare per la tua strada... e ci hai salvati guidando quell'auto lontano da casa tua. Se non ti fossi preso questa responsabilità probabilmente nessuno di noi adesso sarebbe in vita!»
«Certo» intervenne Rich con un sorriso furbesco «Se non si conta il fatto che ci hai quaso fatto fuori nel mentre»
Il ragazzo arrossì violentemente alla sua affermazione «Mi- mi... mi dispiace, non volevo» mormorava distogliendo lo sguardo «Non sapevo che fare, ero così spaventato che..»
«Ehi amico» lo interruppe l'altro con una risata dandogli una pacca sulla spalla «Stavo solo scherzando. Sarebbe stato difficile per un adulto, figuriamoci per un ragazzino!» poi si fece serio -beh, quasi «questo ovviamente non ti autorizza a guidare un'auto senza patente»
A Caitlyn sfuggì una risata e presto gli altri si unirono a lei.
Miles si rilassò e la conversazione presto prese una piega più amichevole. Lui e la dottoressa iniziarono a raccontare ai ragazzi delle creature, del modo in cui si erano incontrati, la loro immersione nell'oceano, i crateri, la loro “vacanza” di quatro giorni su un canotto in mezzo all'oceano, la conversazione con un'impiegata dell'Azienda che aveva rivelato loro l'origine della specie, un certo Lee che aveva catturato e quasi ucciso laura...
Più gli adulti parlavano più Miles capiva che quei due meritavano molto più che un semplice grazie: il loro peregrinaggio era costato loro tutto ciò che amavano. Rich aveva perso suo fratello, la fiducia di sua moglie e le sue figlie, mentre laura aveva perso la sua carriera ed era stata costretta ad allontanarsi dal figlio per proteggerlo. Avevano proprio lasciato tutto come Rich aveva detto. Ancehse i risultati non erano quelli desiderati, Miles si sentì in colpa per aver dubitato di loro e si ritrovò a provare un sincero rispetto per questi due estranei che avevano fatto così tanto per tutti quanti.
Poi arrivò il turno dei ragazzi. Ognuno di loro raccontò la propria versione dei fatti: Caitlyn raccontò della morte dei suoi amici, delle creature che ogni tanto venivano avvistate, mentre Miles si limitò a raccontare di Nim, di come l'aveva trovato e cresciuto.... ovviamnte tenendosi alla larga dal menzionare le sue nuove strane abilità.
Continuarono a parlare per un po', di cose pressochè poco interessanti: l'acquario, la scuola, il tempo. Piccole cose che li tenevano occupati e ben lontani dal chiedersi che cosa fosse accaduto alle loro rispettive famiglie e ai loro amici... e presto gli argomenti a disposizione si esaurirono.
C'era di nuovo silenzio sulla cima del campanile.
Ancora nessuno si era fatto vivo per portarli in salvo.
Rich aveva ricominciato ad agitarsi dopo un po', ma la sua promessa di aspettare fino all'indomani -e forse pure il fatto che delle sagome verdastre ogni tanto affioravano vicino alla chiesa.- lo tennero coi piedi ben saldi sul tetto del campanile.
La rassegnazione iniziò a farsi strada far gli umori con l'avanzamento di stanchezza e fame: se le cose non fossero cambiate in mattinata , avrebbero avuto bisogno di un'altra soluzione.... e tutte quelle disponibilli includevano attraversare l'acqua. Nessuno l'aveva ancora menzionato, ma l'idea di nuotare in quell'oceano infestato da mostri-mangia-uomini non allettava proprio nessuno.
La sera era appena scesa sulle loro teste e la stanchezza aveva presto sopraffatto quasi tutti.
Qualcuno, come Rich per esempio -nonostante la sua iniziale volontà di fare il primo turno nel caso qualcuno si fosse presentato durante la notte- russava alla grande sdraiato sul pavimento, profondamente addormentato in un sonno piuttodsto tranquillo. Qualcun'altro invece era riuscito soltanto a dormire un pochino prima di ritrovarsi con gli occhi spalancati a fissare il cielo cupo e nuvoloso.
Miles non era più iuscito ad addormentarsi da quando le nuvole si erano accalcate sopra la sua testa.
L'aria era fredda ed il vento soffiava irritante, ma non era questo a disturbare il ragazzo Concentrato come era sui lampi verdi che esplodevano all'orizzonte, il freddo non lo infastidita neanche un po' : una tempesta si stava avvicinando... ed era la sua presenza a fargli a pezzi i nervi.

Le creature erano vicine: lo tsunami sembrava averne attirate delle altre piuttosto che allontanarle. Miles non sapeva dire con certezza quante fossero, ma poteva facilmente immaginarlo dalla pirtata dei pensieri che bisbigliavano confusionariamente nei suoi: erano così tanti e così forti che trovava difficile persino concentrrarsi sui suoni nelle immediate vicinanze. Come i suoi, i loro pensieri erano tutti collegati alla tempesta e gli impedivano di dormire.

Gli altri, d'altro canto, erano tutto tranne che svegli: i loro respiri lenti e regolari ne erano una conferma: Caitlyn per esempio era sdraiata accanto a liu, tutta spiaccicolata contro la sua schiena per sfuggire al freddo. Ma nonostante la sua vicinanza, tutto quello a cui il ragazzo riusciva a pensare era l'elettricità viva che riverberava dall'atmosfera al suo cervello e che gli pungeva la pelle con mal voluta insistenza.

Si sentiva nervoso ed irritabile, pronto a sbottare da un momento all'altro.

Ricordava di aver già provato una cosa simile poche sere pruma: una furia priva di senso che prendeva il controllo del suo volere, una furia alla quale era riuscito a resistere a malapena chiudendosi nel bagno.
La pazzia delle creature lo aveva contagiato allora.... e lo stava facendo anche adesso. Erano affamate, proprio come lui. solo che il tipo di fame che li accomunava era ben diverso da cio' che il ragazzo era abituato a sentire: quello che stava provando in quel momento era più un malessere generico che un buco allo stomaco... un malessere che necessitava una cosa soltanto per poter essere acquietato.
Altri lampi brillarono all'orizzonte. Le nuove sopra la sua testa si accumula va no prepotenti ed invitanti.
Alcune delle creature erano molto vicine adesso, isolati più in là, e continuavano ad avvicinarsi come attirate in quella direzione.
Le nuvole si dimenavano sopra la sua testa, pretendendo a gran voce tutta la sua attenzione.
Altri lampi illuminarono la notte. Partivano dalle nuvole e colpivano il mare in punti precisi e ciclici.
«Rich» la voce della dottoressa spostò la sua attenzione lontano dalle luci, seppur per un breve istante. Miles si voltò per guardarlae notò si era svegliata e si era rizzata a sedere per guardare l'orizzonte. La sua espressione di sconcerto era chiara come la luce del sole agli occhi del ragazzo nonostante l'oscurità in cui erano immersi.
«Che c'è?» domandò l'uomo stropicciandosi gli occhi.
«Guarda il mare» suggerì la donna puntando l'indice verso l'orizzonte. L'uomo obbedì assonnato, ma quando i suoi occhi si posarono sui lampi verdastri non più così lontani, li sgranò spaventato alzandosi in piedi.
«Le creature» bisbigliò poggiando le mani alla balaustra.
Laura era al suo fianco adesso e fissava preoccupata l'orizzonte insieme a lui. «Stanno avvicinando la tempesta» mormorò lei.
Le nuvole si accavallavano sopra la loro testa e la loro presenza nell'aria pareva essere l'unica cosa sulla quale Milesi riuscisse a concentrarsi.
Le creature... pensò faticosamente. Poi sgranò gli occhi LE CREATURE!
Erano le creature la causa dei fulmini!
Quello che stava provando iniziava ad aver un senso finalmente: stavano attirando i fulmini.... se ne stavano cibando!
Frammenti di ricordi iniziarono ad affollare il suo cervello: i cavi elettrici nelle vicinanze quando i piccoli l'avevano morso , i fulmini in mare la notte in cui Matthew e Johnathan erano morti, Nim che infilava la lingua nelle prese .... ed i suoi riscoperti problemi con le lampadine di casa .
Quando iniziò a capire che cosa stava succedendo, iniziò a girargli la testa per l'agitazione.
Le nuvole sopra la sua testa diventarono più minacciose che mai adesso che sapeva quale fosse il motivo della loro presenza.
Rendendosi conto di quanto fosse diventata pericolosa la situazione, si allontanò silenziosamente dagli altri rifugiandosi dall'altro lato del campanile.
Il richiamo dal mare era irresistibile. Sentiva quello strano istinto, lo stesso che si era impadronito d lui sere prima, farsi vivo ancora una volta altrettanto prepotente.
Le mani gli sudavano, una strana sostanza appiccicosa gli ricopriva le dita: un'altra delle nuove stranezze che si rirpresentava pgni qualvolta la situazione diventava molto stressante. Per distrarsi si aggrappò al parapetto con quanta forza aveva, tanto che le nocche gli diventarono bianche. Sentiva l'elettricità crescergli nelle vene... un'energia liquida che alimentava l'istinto irrefrenabile di prendere e andare da loro e quello altrettanto insistente che cercava di convincerlo a cedere alla stessa strana rabbia che si era già una volta impossessato del suo sistema nervoso.
Basta pensò. Basta!
Ma con questo non ottenne altro se non una maggiore insistenza da parte delle creature che ora sembravano essersi pienamente accorte della sua presenza e avevano intensificato i loro sforzi per convincerlo. Nim nel frattempo si era svegliato ed era lì con lui che ringhiava a qualsiasi cosa si trovasse oltre la balaustra.


BASTA!


La rabbia che cresceva come un fuoco nelle sue vene
Le nuvole cariche di elettricità.
Un esplosione di luce nel cielo.
Un colpo come di una bomba che esplode .

Furono le ultime cose di cui ricordò prima di scivolare nell'oscurità.

 

 

 

 

 

a.n: arieccomi! Scusate per l'attesa e per il capitolo un po' statico oh voi pochi che mi seguite (ihihih) nel prossimo ci sarà un po' più d'azione -spero xD.  

Fatemi sapere che ne pensate per piacere *-*

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