Psychopath-Chara & Asriel's story

di FedyOoO
(/viewuser.php?uid=609049)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buttercups ***
Capitolo 2: *** Nothing to do ***
Capitolo 3: *** Sorry, you were right ***



Capitolo 1
*** Buttercups ***


«Non puoi scappare a lungo, ti prenderò prima o poi!»
«Certo, quando congelerà l’inferno!»
Chara svoltò agilmente l’angolo tra il soggiorno e la cucina, per poi arrampicarsi sulla credenza, saltare oltre la testa di Asriel che lo aveva raggiunto e correre di nuovo verso la cameretta. Nel frattempo il capretto continuava a seguirlo ansimando, finché non si accasciò a terra stanco morto.
«C-come riesci a correre t…tanto veloce e per tanto…tempo?» chiese a Chara, che nel frattempo si era buttato addosso a lui così come stava per terra e lo abbracciava ridendo. Il bambino si alzò in piedi e diede una mano a sollevarsi anche all’altro, poi gli rispose facendo l’occhiolino.
«È un segreto!»
«Uffa! Ogni volta che ti chiedo come riesci a fare qualcosa dici sempre così! Almeno questo dimmelo, per favore!» brontolò Asriel strattonando leggermente la maglietta verde con la fascia gialla di Chara. Questi sospirò rassegnato ma divertito.
«Accidenti, sei proprio un bambino!»
«Anche tu lo sei, Chara!» ribatté il capretto mettendo il broncio e incrociando le braccia.
«Dai Asriel! Lo sai che scherzo»
«Va bene, va bene»
Restarono un po’ in silenzio, che fu rotto poi da Chara, che si era fatto improvvisamente serio.
«Ehi, Asry. Ti va di andare in quel posto?»
«Ah…d’accordo…»
I due bambini avvertirono madre e padre che stavano uscendo e si allontanarono dalla casa. Mentre percorrevano la strada per raggiungere la propria destinazione, Asriel era un po’ in ansia: se stavano andando proprio lì, significava che c’era una situazione davvero seria di cui Chara doveva informarlo. Dopo aver camminato un bel po’, raggiunsero l’ampio atrio di una caverna con una grande apertura sulla sommità. Era il posto dove si erano incontrati la prima volta e quell’apertura era il cratere da cui Chara era caduto. Appena arrivati, si sedettero sul campetto di fiori dorati e rimasero per un pochino ad ammirare la luce che filtrava dall’alto fornendo un’illuminazione suggestiva alla camera sotterranea. Da quando era arrivato, per Chara e Asriel era una tradizione andare lì ogni volta che dovevano dirsi qualcosa di importante che gli adulti non avrebbero dovuto sapere. Avevano condiviso molti segreti seduti su quel praticello, con la luce dell’alba o del tramonto che creava giochi luminosi sia sulle pareti che sul viso dei due bambini.
~ «Quindi, Asriel, cosa volevi dirmi?»
«Sai, pensavo…ci sono volte che ti vedo un po’ giù. Sei proprio sicuro che la tua vita in superficie non ti manchi?»
Chara si sbatté una mano in fronte con disappunto.
«No, deficiente, quante volte devo ripetertelo? Quante volte vuoi cavarmi di bocca il fatto che mi sono trovato bene qui? Diamine, saremo venuti nel nostro posto almeno sei volte affinché tu mi chiedessi sempre questa cosa. Cambia disco, per favore»
Asriel fece un sorrisetto nervoso e prese a grattarsi la nuca.
«I-in realtà…stavolta ho una ragione ben precisa…senti, stai con me, mamma e papà da un po’ di tempo, vero?»
«Beh, sì. Ma ora che diavolo c’entra?»
Chara era confuso: non capiva esattamente perché il capretto avesse tirato fuori un discorso del genere. Intanto, questi prese a spiegare.
«Quello che mi stavo chiedendo era se volessi andare da qualche parte…oppure…se volessi rimanere con noi. A me e ai miei genitori piaci tanto. Perché non entri a far parte della nostra famiglia?»
Il bambino gelò sul posto. Famiglia? Quella parola era nuova per lui. Non che non ne sapesse la definizione da vocabolario…ma il significato era un’altra cosa. Lui, una famiglia, non ce l’aveva mai avuta. Non aveva idea di cosa volesse dire  vivere con persone che si prendessero cura di lui e lo amassero, quindi in quel momento proprio non sapeva cosa dire o fare. Inoltre, non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di dipendere da qualcuno per vivere. Quando è così, ci si fa male. Per questo il primo partito che gli venne in mente fu quello di rifiutare.
«C-che? Grazie dell’offerta, mi fa piacere e tutto, ma me la posso cavare da solo. E poi, quando mai piaccio a qualcuno, io? Avete provato solo pietà perché ero ferito. Ma ora sto bene, non avete più motivo per provvedere anche a me…»
«Dev’esserci per forza un motivo, Chara? Non ti basta che ti vogliamo bene, come ragione per tenerti con noi?»
Asriel era deciso, mentre Chara stava cominciando a sciogliersi. Quell’altra espressione che non aveva mai sperimentato, il “voler bene”, lo faceva sentire ancora più confuso di prima. Non riusciva nemmeno più a mettere insieme un discorso coerente.
«Volermi…bene?»
«È così strano?» ribatté il capretto.
Chara ci rifletté un attimo che ad Asriel parve un’eternità, poi rispose.
«…va bene»
«Uh?»
«Ho detto che accetto! Uffa, si può sapere perché certe volte sei così tardo a capire le cose?»
Il bambino voleva fare il duro, ma non si era accorto che la sua espressione commossa e gli occhi lucidi lo tradivano in modo evidente.
«Chara…sono lacrime quelle?»
Solo quando glielo disse Asriel, Chara realizzò di star piangendo. Ma non avrebbe mai dato al capretto la soddisfazione di sentirselo dire a parole da lui.
«Cosa? Niente affatto, mi sa che hai visto male»
«E invece no, sono proprio lacrime!»
«Stai zitto!»
«Eh eh!»
«…»
«…»
«Asriel»
«Sì, Chara?»
«Anche…anche tu mi piaci» ~
L’atmosfera era tesa. Asriel continuava a deglutire in attesa che Chara iniziasse a parlare, mentre lui aveva un’espressione indecifrabile, sembrava che non provasse nulla.
«Asriel. Te lo ricordi il nostro primo tentativo di cucinare qualcosa?»
Detto così, sembrava una domanda stupida. In due anni e mezzo però, Asriel aveva imparato a conoscere bene il fratello: anche quando diceva delle cose apparentemente banali, alla fine si trasformavano sempre in discorsi di un certo peso. Lo assecondò dunque, dandogli una risposta affermativa.
«Cosa? Oh, sì, ricordo. Quando provammo a fare quella torta al caramello per papà, giusto? Avevamo interpretato male la ricetta e per sbaglio ci mettemmo dei ranuncoli»
«Non ti viene in mente nient’altro?» continuò Chara. Aveva gli occhi vuoti, un po’ come quando faceva le sue “facce inquietanti” che facevano tanto ridere Asriel. Ma per una volta, il capretto non trovava divertente quell’espressione.
~ Il piccolo mostro aveva una telecamera in mano e stava cercando di filmare un momento di gioco con il fratello.
«Okay, Chara, sei pronto? Fai la tua faccia inquietante!»
Il bambino prese un profondo respiro, abbassò la testa e poi la rialzò, mostrando un paio di occhi spiritati di un rosso intenso e un sorriso strano, che fece urlare un attimo Asriel per lo spavento. Tuttavia, subito dopo prese a ridere divertito. Poi si frenò di scatto.
«Oh, aspetta! C'era ancora il copri-obiettivo sulla lente!»
Nel frattempo il volto di Chara ritornò normale. Questi scosse la testa e incrociò le braccia sorridendo in modo provocatorio.
«Non ho intenzione di ripeterlo, sappilo!»
Asriel fece una faccia delusa.
«Cosa? Non lo farai di nuovo?»
«Te lo scordi, bello!»
 «Andiamo, smettila di prendermi in giro!» ~
Cercò di riordinare le idee per un nanosecondo, poi riprese a raccontare a Chara ciò che rammentava dell’episodio da lui richiamato.
«Quei fiori fecero stare papà davvero male. Mi sentivo molto in colpa: mamma era molto dispiaciuta. Forse avrei dovuto riderci sopra, come facesti tu...ma, Chara…come mai mi stai parlando di questo?»
L’espressione di Chara divenne di nuovo umana e sorrise teneramente al fratello. Tuttavia, il suo sorriso celava un velo di malinconia che Asriel non poté far a meno di notare.
«Sono fiero di te. Sapevo che anche dopo tutto il tempo passato, avresti ricordato ogni singolo momento che abbiamo trascorso insieme. Comunque, se ho riportato alla luce questo avvenimento è perché mi ha fatto venire in mente un piano»
Asriel non sapeva se essere preoccupato o no in quel momento. In qualche modo però, era curioso di sapere cosa Chara volesse dire esattamente, quindi incalzò facendogli delle domande.
«Che piano? Per fare cosa? E che c’entra la torta che preparammo per papà?»
«Una cosa per volta, Asriel! Allora…iniziamo dallo scopo. Questo piano che ho ideato ha come obiettivo quello di restituire la libertà alla nos…alla tua gente. Cosa c’entra quello che ti ho detto prima a proposito dei ranuncoli? Beh…ho deciso che ne raccoglieremo altri e li mangerò io. Quando sarò morto…tu assorbirai la mia anima e attraverseremo la barriera. Poi, in superficie, ci procureremo le sei anime mancanti e la distruggeremo definitivamente. Capito?»
Già alla frase “sarò morto” Asriel spalancò gli occhi incredulo. Poi, assorbire addirittura la sua anima…Tutte quelle informazioni insieme avevano turbato così tanto il cuore del piccolo che questi incominciò a piangere.
«M-ma, Chara…non c’è un altro modo? Io…io non voglio che tu muoia…Questo piano non mi piace per niente!»
Chara roteò gli occhi infastidito. In quel momento era strano, incoerente. Prima faceva e diceva una cosa, poi un’altra e un’altra ancora. Suo fratello non riusciva a interpretare le sue azioni e reazioni e probabilmente nemmeno lui era così lucido da capire cosa stava dicendo e facendo.
«Va sempre a finire così…non si può dire nulla che ti metti subito a piangere. E piantala, per una volta!»
«H-hai ragione…è inutile piangere…»
Chara lo guardò per un attimo negli occhi: si vedeva lontano un miglio che Asriel non era per nulla convinto.
«Ehi, Asriel…non sarà mica che non ti fidi più di tuo fratello…?»
«Eh? No! Non dubiterei mai di te, Chara...mai!»
«Allora piantala di guardarmi così, per favore»
La voce del bambino sembrava stanca ora; continuava a cambiare atteggiamento come le modelle cambiano i vestiti durante una sfilata. Asriel cercò il più possibile di stargli dietro: quell’idea non gli andava per nulla a genio, ma per il suo amato Chara, avrebbe fatto qualsiasi cosa…anche ucciderlo, se solo lui glielo avesse chiesto esplicitamente, come aveva appena fatto.
«S-sì! Dobbiamo essere forti per liberare tutti i mostri»
«Bene, allora. Mi fa piacere che tu abbia compreso. Che ne dici di darci da fare subito?»
«Sì, Chara! Andiamo a prendere i fiori!»

Note dell'autrice
Salve a tutti! Innanzitutto vorrei ringraziare gli utenti Lioncer(se si chiama ancora così, lol), Kishin Shruikan e Gatta Nera per aver recensito il prologo di questa fanfiction, che ho pubblicato pochi giorni fa sotto forma di one-shot.
Un avviso che vorrei dare è che questo primo capitolo è ancora provvisorio, quindi sarà soggetto a modifiche nella forma e aggiunte nel contenuto. Purtroppo ciò è successo perché non ho avuto tempo di riguardarlo troppo bene, per cui potrebbe esserci qualche problema che dovrei provvedere a risolvere. Intanto ecco la prima stesura, affinché abbiate più o meno l'idea di quali potrebbero essere gli sviluppi (come se non avessi già scritto abbastanza nell'introduzione xD) Detto questo, grazie mille a chi leggerà e un biscotto come bonus per chi recensisce :3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nothing to do ***


«Figlio mio, come ti senti?»
«Per ora non troppo bene, mamma. Ma tranquilla, mi rimetterò presto»
Toriel sorrise forzatamente. C’era tutt’altro che stare allegri, in quella situazione.
«Sei un bambino forte, Chara»
La madre adottiva gli accarezzò la testa affettuosamente scompigliandogli i capelli. Se ne ritrovò alcuni tra le mani: da quando si era ammalato, Chara ne perdeva più del solito. Peggiorava di giorno in giorno. All’inizio era solo un po’ spossato, ma la cosa non sembrava tanto seria. Semplicemente,  Asriel riusciva finalmente a batterlo nel gioco dell’acchiapparello. I membri della famiglia avevano cominciato a preoccuparsi  quando aveva smesso di reggersi bene in piedi: cadeva ogni tre passi che provava a fare. Era bloccato a letto da allora e non riusciva nemmeno ad alzarsi da solo per andare a bagno, così Asriel lo accompagnava e lo assisteva in tutto. Contemporaneamente però, lo stava lentamente conducendo alla sua fine contro la propria volontà, perché gli aveva fatto una promessa. Quando Toriel ebbe abbandonato la stanza, il capretto comparve davanti alla porta.
«Mamma, posso entrare?»
«Sì, tesoro, Chara è sveglio al momento. Cosa farete oggi?»
«Uhm…credo che gli leggerò una storia. Prima riusciva almeno a muovere le mani per disegnare, così dipingeva il suo mondo in superficie per farmelo vedere…ma adesso non ce la fa più, è troppo debole»
«Capisco…»
Toriel abbassò lo sguardo affranta e sospirò. Non aveva affatto buoni presentimenti e giorno dopo giorno, ora dopo ora, era sempre più preoccupata per il suo bambino. E le dispiaceva anche per il piccolo Asriel, che soffriva più di lei, benché cercasse di non darlo a vedere. Toriel guardò amorevolmente il figlio.
«Divertitevi, allora. Vi lascio soli»
Detto questo, si avviò stanca verso la cucina, sperando che preparare una torta la potesse distrarre almeno un po’. Nel frattempo, nella cameretta dei due, Asriel tirò fuori da uno zainetto una manciata di ranuncoli.
«Chara, eccone degli altri…»
«Perfetto. Stai facendo un ottimo lavoro, Asriel»
«Già…»
Asriel non riusciva a guardare in faccia Chara. Anche se era lui ad averglielo chiesto, si sentiva terribilmente in colpa per ciò che stava facendo al fratello. In pratica lo stava ammazzando, e ciò lo faceva stare malissimo. Perché arrivare a quel punto, si chiedeva. Era abbastanza, avrebbe tanto voluto smetterla di assecondare quel piano insensato, dare un bel ceffone a Chara e farlo rinsavire, poi curarlo e dimenticare quella parentesi buia della loro felice vita nel Sottosuolo. Ma non era abbastanza forte caratterialmente e per questo si sottometteva al volere dell’altro bambino senza ribattere.
«Asriel» lo chiamò Chara destandolo dai suoi pensieri.
«Uh, sì?»
«Mi porti a fare una passeggiata?»
«Cos…sei uscito fuori di testa? Non riesci a muovere nemmeno un muscolo…come dovrei portarti in giro? È già abbastanza difficile aiutarti a raggiungere il bagno…»
Chara ridacchiò debolmente.
«Scherzavo, idiota. Però se muori dalla voglia di prendermi in braccio, sono troppo debole per opporre resistenza, quindi serviti pure! E poi…»
«Mh?»
«Aspetta, mi è venuta un’idea migliore. Perché non vieni sotto le coperte, come quella volta?»
Asriel arrossì leggermente ripensandoci. Era stato parecchio tempo prima, in circostanze molto diverse.
~Doveva fare davvero cattivo tempo in superficie. Lì nel Sottosuolo non c’era un vero e proprio clima, ma in base a dove ci si trovava le zone esse risentivano di quello del Mondo di Sopra. Quella notte si sentivano fortissimi rumori, tuoni, che Chara avrebbe distinto benissimo come tali ma che per i mostri del Sottosuolo erano un fenomeno misterioso.
«Sniff…sniff…»
Mentre stava dormendo beatamente, Chara sentì all’improvviso qualcosa che gli tirava la manica del pigiama e aprì pigramente un occhio.
«Uh…Asriel, sei tu? Cosa c’è?» chiese mettendosi seduto e strofinandosi gli occhi. Dall’altra parte non arrivò una risposta, solo singhiozzi sommessi. Nel sentirli, Chara si riprese improvvisamente e fece una faccia preoccupata.
«A-Asry…va tutto bene? Che è successo? Hai avuto un incubo?»
Nella penombra, Asriel scosse la testa, con le lacrime che sbrilluccicavano sulle sue guance.
«Cosa, allora…?» continuò a chiedere Chara sulle spine, deciso a sapere cosa avesse il fratello.
«Q-questi ruggiti…f-f-fanno tanta p-paura, Chara…» riuscì a pronunciare il capretto tra i singhiozzi.
«Di che stai-»
In quel momento un altro tuono echeggiò nella stanza, come se il temporale fosse direttamente nel Sottosuolo. L’espressione di Chara mutò da preoccupata a scocciata. Asriel era decisamente un piagnucolone: riusciva a piangere per qualsiasi cosa, anche la più stupida. Lo trovava davvero un imbecille, quando faceva così, ma allo stesso tempo, era pervaso da una sorta di tenerezza…che ovviamente avrebbe tenuto ben nascosta.
«Asriel, cretino di un fratello, possibile che tu debba fare un dramma per ogni minima cosa? Quei rumori non sono nulla. Sta solo piovendo in superficie, e a volte insieme all’acqua piovono scariche elettriche chiamate fulmini, che fanno quel rombo che senti, conosciuto anche come “tuono”. Ora che sai che nessuno vuole mangiarti, sei più tranquillo? Posso tornare a dormire? Bene, ‘notte»
«A-aspetta…» fece timidamente Asriel «Ti dispiace se…ecco…ti dispiace se per stanotte dormo nel tuo letto? Ormai non riesco più ad addormentarmi…però magari con te a fianco mi sentirei più sicuro e…»
«Non. Se. Ne. Parla» rispose Chara, scandendo in particolare la parola “non”. Asriel biascicò un “okay” in modo malinconico e fece per avviarsi di nuovo verso il proprio letto, quando il fratello sospirò rassegnato.
«Solo per questa volta, sporco frignone. Alla prossima ti caccio dalla stanza»
E gli permise di sistemarsi nel letto. In realtà, non lo avrebbe mai cacciato, né tantomeno gli dava fastidio che Asriel dormisse con lui. Il fatto è che aveva quella sorta di blocco che spesso gli impediva di essere gentile senza fatica, una corazza che si era costruito negli anni e non gli permetteva di essere premuroso con la gente. Di norma, alla fine cedeva, ma lo faceva sempre in modo un po’ acido. Quando però si ricompose per addormentarsi un’altra volta, sorrideva, e quasi in automatico cinse con le esili braccia il corpo di Asriel, il cui respiro tornò normale. Prima che Morfeo accogliesse i due bambini tra le proprie braccia, si sentì un sussurro di Asriel.
«Grazie»
«Sei uno scemo»
Ed entrambi chiusero gli occhi.~
«D’accordo, se ti fa piacere…» rispose Asriel sistemandosi sotto le coperte accanto a Chara. Rimasero lì per un bel po’ di tempo: all’inizio il capretto lesse al fratello delle leggende da un gigantesco volume rimediato nella fornita libreria della madre, poi presero a parlare di svariati argomenti, finché Chara non si addormentò. Nel frattempo, Asriel osservava i ranuncoli mezzi smangiucchiati dall’altro bambino.
«Chi è l’idiota adesso, Chara?»
Il capretto spostò poi lo sguardo dai fiori al soffitto e rimase a fissarlo per molto tempo con gli occhi vuoti. Qualche ora dopo, Toriel e il marito Asgore, sentendo il silenzio totale, andarono a controllare la cameretta. Lì trovarono i due figli che dormivano, Chara con la testa poggiata sul petto di Asriel mentre questi sbavava sul cuscino ronfando beatamente. Quella scena così buffa quanto tenera fece nascere per un attimo un sorriso compiaciuto sul volto dei due adulti, sorriso che svanì subito quando si concentrarono sul viso malaticcio di Chara. Toriel si lasciò andare una lacrima, mentre Asgore cercava di incoraggiarla a sperare nel meglio. A dire la verità, ormai, nessuno sperava più nulla. Avevano già dato il bambino per spacciato.
«Non abbiamo altra scelta, Asgore»
Il caprone guardò smarrito la moglie. Cosa voleva dire con quella frase? Intanto, lei continuò.
«Devi chiedere aiuto allo scienziato di corte…per quanto detesti che quello psicopatico si avvicini al mio bambino…»
L’ultima frase la disse guardando da un’altra parte, con un espressione di disappunto mista a rassegnazione. Il re aveva già proposto quell’idea, ma Toriel, che non vedeva affatto di buon occhio gli esperimenti che lo scienziato di corte conduceva nel suo laboratorio, aveva bocciato il partito. Ora però si stava ricredendo. Per quanto privo di qualsiasi etica, lo studioso era davvero bravo nel suo lavoro, quasi quanto era fedele al re. Sarebbe bastata una parola di Asgore per convincere lo scienziato a spendere tutte le energie, giorno e notte, alla ricerca di un modo per salvare Chara.
«Capisco, cara, capisco…» esordì il sovrano «Andrò immediatamente da Gaster».
Asgore si mise in viaggio verso Hotland, dove arrivò dopo qualche ora di cammino. Entrò con nonchalance nel laboratorio facendo cadere qualcosa come era suo solito fare a causa della sua stazza e della poca delicatezza delle sue movenze. Quel giorno però, non sentì la voce dello scienziato rimproverarlo. Era strano, molto strano. Si fece largo nella stanza dove Gaster conduceva le sue ricerche. Nulla. Tornò indietro e prese un altro corridoio, poi svoltò verso una stanza dalla porta socchiusa. Si sentivano delle voci provenire dall’interno, voci di ragazzini.
«Shh Pap, non c’è bisogno di piangere…ti proteggo io»
Il re si avvicinò quanto più cautamente gli era possibile senza sembrare il solito elefante in un negozio di cristalleria e aprì la porta. Dentro c’erano solo due mostriciattoli sconvolti, che avevano le sembianze di scheletri; uno doveva essere appena un adolescente e l’altro un bambino in età prescolare.
«S-salve, bambini» li salutò in modo impacciato «Sapreste dirmi dov’è Gas…ehm, lo scienziato di corte? Avrei una richiesta urgente da fargli, quindi mi preme trovarlo il prima possibile…»
«Se cerchi papà, è scomparso» fece il più grande dei due senza mezzi termini.
«Scomparso?»
Stavolta fu il piccolo a rispondere, annuendo con il suo teschietto. Asgore era sconvolto: non solo gli stava per morire un figlio, ma aveva anche perso uno dei suoi più fidati collaboratori. Cosa avrebbe fatto a questo punto? In quel momento però un altro pensiero si fece largo nella sua mente: anche i due ragazzini che aveva davanti avevano perso qualcosa. Anzi, per l’età che avevano tutto era perduto: il loro unico genitore non c’era più. Decise quindi che, quantomeno, li avrebbe aiutati.
«Da quanto tempo siete qui da soli?»
Il più giovane fece il numero tre con la manina.
«Tre giorni?»
«Sì…» rispose l’altro.
«Sapete…» iniziò il re grattandosi la nuca e sorridendo in modo nervoso ai due piccoli scheletri «…io, ecco…non credo di essere all’altezza di sostituire vostro padre. Però, almeno, lasciate che vi offra un posto meno tetro in cui vivere»
«…grazie, Vostra Maestà…» fece il più grande.
«Ah ah, non c’è bisogno di essere così formali. Chiamami pure “Gorey”»
«Uh, okay…»
Asgore prese il ragazzino per mano, mentre con l’altro braccio reggeva il fratello minore e insieme uscirono dal laboratorio. Attraversarono Hotland e le Waterfalls, fermandosi davanti a una bella casetta a Snowdin.
«Che io sappia, qui non ci abita nessuno» li informò Asgore «Potete vivere qui e non avrete bisogno di pagare tributi a nessuno. È vostra».
Non aspettò la risposta dei due, si voltò e riprese la strada verso casa. Toriel lo avrebbe sgridato sapendo che la spedizione era stata un fallimento, ma non poteva fare altro che dirglielo. Quando arrivò, la regina capì immediatamente che qualcosa non andava.
«Si è rifiutato, quell’essere immondo, vero?»
«N-no, è che…»
«Sì, ho capito. Abbattere la Barriera è più importante della vita del figlio del re, vero? Ah, lo sapevo. Non si può contare su quel…»
«Tori, Tori, calma, fammi spiegare. È morto»
L’espressione di Toriel mutò. Era scioccata.
«È…morto?»
«Sembra proprio di sì…»
«Quindi ora…non ci rimane che accettare la morte di nostro figlio?»
«Mi dispiace tanto, cara»
Toriel iniziò a piangere nascondendo il viso con il petto del marito. Nulla avrebbe potuto colmare il vuoto che Chara avrebbe lasciato.
Intanto, nell’altra stanza, Chara stesso stava ascoltando. Tutto stava andando come aveva pianificato. In realtà, gli dispiaceva un pochino far soffrire i genitori, ma la sua causa era più importante. Si sarebbe sacrificato per salvarli tutti. E al tempo stesso, avrebbe avuto la sua vendetta.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sorry, you were right ***


Erano passate tre settimane dal viaggio di Asgore a Hotland. Il piccolo umano era steso sul letto in fin di vita e ormai era quasi incapace perfino di parlare, il respiro diventava sempre più affannoso e la sua vitalità era sfiorita completamente. In quel momento, Asriel entrò nella loro cameretta per riposare un po’. Nel vedere Chara ridotto in quel modo ebbe un colpo al cuore, come se lo avessero trafitto con una lama. Ripensò alla proverbiale agilità del fratello che lo batteva sempre quando giocavano a rincorrersi, alla sua rumorosa risata e agli occhi rosso cremisi vispi e luminosi. Adesso era lì immobile e silenzioso, lo si poteva sentire solo quando tossiva e dagli occhi, chiusi per la maggior parte del tempo, trasparivano solo dolore e sofferenza.
«A-Asriel» chiamò con voce roca e a malapena udibile Chara appena si accorse della presenza del capretto. Anche i suoi riflessi e la sua capacità di percezione erano parecchio alterate, quindi ci aveva messo un po' a rendersi conto che il piccolo mostro era lì.
«Sì, Chara» fece Asriel prendendogli la mano «Sono qui, fratello mio. Non ti lascio»
Era troppo triste perfino per accorgersene, ma probabilmente stava piangendo, come era solito fare in quelle situazioni. Intanto Chara stava facendo uno sforzo immane per parlare, il suo pallore diventava sempre più accentuato e respirava peggio che quando stava in silenzio.
«M-me lo...faresti un...f-favore?»
«Tutto quello che vuoi, Chara»
«Anche se qui -coff coff- mi trovavo b-bene, c'è sempre...stata -coff coff- una cosa della superficie che...mi...mi mancava»
«Che cosa? Farò il possibile per procurarmela» disse deciso Asriel stringendo più forte la manina semi-atrofizzata dell'altro.
«I-io...voglio rive...dere i fiori -coff coff- del mio villaggio...puoi portar...»
Chara non riuscì a terminare quella frase, perché il suo cuore smise di battere prima. Quando se ne rese conto, Asriel si gettò sul corpo senza vita del fratello abbracciandolo forte e scoppiando in un pianto copioso. Staccatosi, posò un bacio sulla guancia di Chara e, asciugandosi il viso, sussurrò: «Non è giusto però...mi avevi promesso che saremmo usciti insieme...»
Allora notò che una sostanza rossa e non corporea a forma di cuore era uscita dal petto del fratello. Curioso di capire cosa fosse, Asriel allungò la mano verso quella cosa, che entrò dentro di lui, provocandogli una strana sensazione. Sconvolto, il capretto corse a guardarsi allo specchio e si rese conto, con sorpresa e terrore al tempo stesso, di aver cambiato aspetto. Sembrava più adulto, e sul suo viso erano comparsi dei segni neri. Mentre era indeciso se mettersi a urlare oppure cercare di ragionare da solo con calma sentì una voce famigliare.
«Allora, Asriel? Mi porti a vedere i fiori?»
~ «Chara, dimmi una cosa»
«Mh?»
«Com’era la vita in superficie?»
Calò il silenzio, mentre Chara ebbe una scossa lungo la schiena. Evidentemente non gli andava di ricordare. Fissò il vuoto per un po’, poi si ricompose e diede la sua risposta.
«Nulla di che»
«Come? Non hai proprio niente da raccontare?»
«Niente»
Stettero di nuovo zitti, concentrandosi sui rispettivi disegni sui quali stavano lavorando già da un po’. Asriel aveva notato che, dopo che gli ebbe fatto quella domanda, Chara si era fatto pensieroso, dopodiché aveva stracciato il foglio con il disegno che stava realizzando, un ritratto di sé stesso che teneva la mano al capretto, entrambi sorridenti. Sbirciando, Asriel si accorse che ora stava impapocchiando su un altro foglio strane forme e colori che non aveva mai visto prima. Dopo un paio d’ore Chara lo chiamò.
«Visto che ti interessava tanto…»
Il bambino gli mostrò un foglio colorato quasi interamente di arancione e giallo, con un po’ di marrone. Era raffigurata una vista del monte Ebott al crepuscolo e l’enorme palla gialla che spuntava da dietro il rilievo doveva essere il sole.
«Sembra bello…che cos’è?»
«Si chiama tramonto. È un fenomeno che si verifica in superficie alla fine di ogni giornata. Dato che eri così curioso e questa era l’unica cosa che potesse piacerti che mi era venuta in mente…ho pensato di farti un disegno cosicché lo potessi vedere anche tu»
«…e quella gigantesca sfera gialla dietro la montagna?»
«È il sole, quella cosa che illumina il nostro mondo»
«Si tratta della stessa luce che vediamo quando andiamo nel nostro posto?»
«Proprio quella»
«Chara…»
«Sì?»
«Un giorno mi piacerebbe vedere il sole con te»
«Uh? Una volta che ti ci abitui non è poi così fantastico. Voglio dire…»
«Con te è fantastico anche il buio di queste grotte» lo interruppe Asriel. Per un po’ cessarono di parlare, poi fu Chara a riprendere il discorso.
«Affare fatto, Asry. Un giorno vedremo un tramonto insieme, te lo prometto»
«Davvero?»
«Davvero. Usciremo di qua, tutti quanti» assicurò Chara porgendo il mignolo ad Asriel, che intese subito e porse il proprio di rimando, stringendo così la promessa con il fratello.~
«Vedi? Non ho tradito la nostra promessa, Asriel. Lo faremo insieme, come deciso»
Asriel stava in piedi davanti alla Barriera, con l'anima di Chara dentro di sé, che il capretto sentiva chiaramente parlare. In qualche modo era sollevato dal fatto che fosse ancora lì, che non avesse cessato di esistere. Certo, il corpo del bambino che teneva in braccio era senza vita, ma non sentiva la mancanza del fratello. Del resto, era lui che in quel momento gli parlava.
«Ehi, Asry! Che fai lì impalato? Attraversiamo la Barriera!»
«Sì, Chara»
Asriel fece un passo in avanti e oltrepassò l'ostacolo che per decenni aveva intrappolato i mostri nel Sottosuolo, emergendo in superficie. Rimase stupefatto nel vedere il panorama che si apriva davanti a lui una volta uscito. Un fantastico tramonto faceva da sfondo a una natura rigogliosa, la luce creava straordinari effetti che nemmeno i due bambini erano capaci di riprodurre quando dipingevano; persino i suoni che si sentivano erano fantastici: il cinguettio delle rondini che tornavano al nido per la notte, il fruscio delle foglie e il soffio della brezza autunnale erano come una musica mai udita da Asriel. Con il benestare di Chara, il capretto si fermò un attimo ad ammirare tutto ciò.
«Chara, è...è bellissimo. Ancora meglio dei tuoi disegni»
«Vorresti dire che disegno di merda?» fece l’anima del bimbo con un tono che, se avesse potuto essere abbinato a un’espressione facciale, questa sarebbe stata sicuramente accigliata.
«Cosa…no, no! Dicevo solo che vederlo dal vivo così è ancora meglio di una mera immagine disegnata su un foglio…» si affrettò a correggere Asriel, il quale riconosceva che, pur impegnandosi a fondo, il fratello non fosse esattamente un artista.
«Comunque hai ragione: qui è tutto stupendo…tranne loro»
«Loro chi?»
«Gli umani. Sono meschini...cattivi...non guardano in faccia a nessuno»
«Ma Chara...Perché parli così? Non sei umano anche tu?»
«Sì, Asriel...e lo odio. Ho sempre odiato la mia orribile esistenza. Tu...lo sai perché mi sono buttato nel cratere del monte Ebott?»
«N-no...non me l'hai mai detto...ogni volta che te lo chiedevo cambiavi sempre discorso oppure ti arrabbiavi e non mi parlavi per giorni...»
«È giunto il momento allora: adesso posso dirtelo. Io...ho fatto delle cose molto brutte in passato. E altrettante cose brutte sono state fatte a me. Volevo solo farla finita, perché nulla per me aveva uno straccio di senso. Ma poi...poi ho incontrato te, Asriel. Eri un tale idiota che ho pensato "Ehi, ma questo qui è davvero così scemo che mi tratta da amico? Non sa che potrei ucciderlo in qualsiasi momento, se solo ne avessi voglia?". Ma poi ho capito una cosa. Non eri un idiota. Eri solo capace di provare quella cosa che gli umani chiamano "Amore", che tanto cantano ma poi non mettono mai in pratica. Ci ho provato anch'io quindi. E la cosa sorprendente...è che ci sono riuscito. Io ti amo, Asriel. Amo te e tutti i mostri del sottosuolo. Per questo andremo al villaggio, ci procureremo altre sei anime e apriremo la Barriera definitivamente. E poi...poi saremo noi, con il nostro infinito potere, a sigillare l'umanità sottoterra. Cosa ne pensi, Asriel?»
Il capretto spalancò gli occhi stupefatto per quella rivelazione, anche se ancora parziale. Aveva sempre creduto che Chara fosse semplicemente quel tipo di persona che ci impiega un po' di più ad aprirsi con gli altri, e che anche dopo che si è relazionato con qualcuno resta comunque un po' sulle sue. Non avrebbe mai pensato che invece dipendesse tutto da un tetro passato che Chara si portava appresso, né tantomeno che così giovane gravassero già sulle sue spalle pesanti peccati di natura ignota. Non sapeva nemmeno cosa dire. E poi c'era quella cupa proposta...se aveva sul serio imparato ad amare...se era stato proprio Asriel stesso a insegnarglielo...perché aveva ancora desideri di vendetta? Voleva fermare i suoi propositi in qualche modo, ma sapeva che Chara non era il tipo da farsi convincere facilmente. Ci provò comunque, benché non sperasse in ogni caso in grandi risultati.
«Chara...io...io non so cosa ti abbiano fatto gli altri esseri umani, però...non penso che siano così cattivi. Tu ne sei un esempio, giusto? Facciamo così...ti porterò a vedere i tuoi amati fiori e poi torneremo a casa. Okay?»
«Okay, allora, come vuoi tu...tanto al villaggio ti renderai conto di cosa sono veramente capaci quei...demoni»
Non senza un po' di ansia e paura addosso, dopo che Chara ebbe pronunciato quella frase, Asriel si incamminò verso il villaggio natale del ragazzino, guidato da lui stesso. Aveva un'ottima memoria e anche dopo tutto quel tempo ancora ricordava la strada. Dopo una quarantina di minuti, arrivarono davanti a un convento abbandonato, circondato da un giardino di fiori dorati, e Asriel fece per posare su di essi il corpicino di Chara. Ma prima che potesse anche solo inginocchiarsi, un gruppo di umani che tornava dal lavoro nei campi lo vide.
«Oddio, cos'è quella cosa?»
«Ha un bambino in braccio!»
«L'ha ucciso!»
«Vai via, mostro!»
Gli uomini presero il fucile, le donne le forche e iniziarono ad attaccare Asriel senza alcuna pietà, sparandogli e trafiggendolo con qualsiasi oggetto appuntito capitasse loro a tiro.
«Hai capito adesso? Non ti chiedono nemmeno ragioni: ti attaccano e basta...forza, Asriel, distruggiamoli. Come siamo ora, possiamo farlo senza problemi. Facciamogliela vedere. Compiamo un GENOCIDIO»
Chara aveva preso il controllo del corpo di Asriel e stava per rispondere agli attacchi degli umani con i poteri che avevano acquisito.
«No, fermo! Non possiamo fare del male a delle persone, Chara. Anche se mi stanno ferendo...voglio provare a dialogarci! Se spiegassi...»
«Cosa vuoi spiegare? Che mi hai avvelenato con dei fiori su mia richiesta in modo che potessi donarti la mia anima? Che è stato un incidente? Che in realtà vuoi loro bene? Anche se fosse vero non ti crederebbero. Loro credono che tu sia un assassino, a loro non importa nemmeno per quale ragione hai ucciso, e questo fa di te automaticamente un soggetto da eliminare. Falli fuori, altrimenti saranno loro ad ammazzarti!»
Nonostante l'opposizione di Chara, Asriel non contrattaccò, ma scappò via cercando di tornare alla Barriera, quando si accorse che la situazione stava diventando critica. Tuttavia il suo corpo era stato troppo danneggiato: quando si trovò davanti al castello, le sue gambe cedettero e cadde a terra. Prima di morire, sotto lo sguardo scioccato dei genitori che erano andati a soccorrerlo, disse solo: «Mi dispiace, Chara. Avrei dovuto ascoltarti»

Angolo dell'autrice
Ma salve! Credevate che fossi morta ma per vostra sfortuna non è così! E niente, per vari motivi non aggiorno questa fanfic da un mese ma beh, finalmente ho trovato un buco libero per pubblicare questo capitolo...e va be', beccatevelo tutto perché da ora in poi l'intreccio si farà sempre più complesso. Pace e spero che la storia continui a essere interessante. Al prossimo capitolo! 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3384326