Il diario di Sheyla

di sheyla_swan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - 1 - ***
Capitolo 2: *** - 2 - ***
Capitolo 3: *** - 3 - ***



Capitolo 1
*** - 1 - ***


- 1 -


La mia vita sta per ricominciare nuovamente: ho sedici anni e ho deciso di tornare a vivere con mio padre a Rumford, il mio paese natale, nello stato del Maine.
Per quattordici anni ho vissuto in Australia con mia madre e Larry, il suo fidanzato. Vedevo mio padre ogni anno durante le vacanze estive. I miei genitori si sono separati quando avevo due anni: mia madre non sopportava vivere a Rumford, perché, come dice sempre "non succede mai niente in quel paese, piove spesso, è umidissimo e... non c'è niente da fare". Lei è abituata al sole, al mare e al caldo dell'Australia: Sydney è una delle città più importanti e più caotiche del continente australiano.
Voglio molto bene a mia madre, e negli ultimi anni mi sono affezionata anche a Larry: è un tipo simpatico, sportivo e alla mano, uno che non fa troppe domande. Però non ho mai sopportato vivere nel caos di Sydney; poi non mi piace il mare, odio il caldo e la confusione continua di questa città. Per questo ho deciso di tornare a vivere con mio padre a Rumford.
Non poteva esserci occasione migliore di questa: mia madre e Larry stanno per trasferirsi, per il lavoro di lui, in Europa, a Berlino. Nonostante mia madre abbia insistito e abbia cercato di convincermi in ogni modo possibile affinché io li seguissi entrambi, io non ho voglia di cambiare nuovamente città, soprattutto una città ancora più caotica di Sydney. Non sono più la bambina piccola di tanti anni fa, quasi capace di adattarsi ovunque: ora sono grande, so cosa voglio, ma di sicuro so quello che non voglio: vivere nel caos. Amo la tranquillità, sono una ragazza solitaria e preferisco vivere in un piccolo paese, anche piovoso, piuttosto che in una grande città.
E così eccomi in viaggio verso il Maine: non rimpiangerò niente dei quattordici anni australiani, non ho mai avuto amici là.
Vivere con mio padre non sarà un problema: noi due siamo molto simili e anche lui, come me, è di poche parole. Questo è perfetto. Ancora meglio è che Rumford è un paese tranquillo.
Mi mancherà mia madre, ma conoscendola mi chiamerà su skype ogni sera, se non anche la mattina prima di andare a scuola, e tutti i momenti che potrà: sarà come averla in casa, già lo immagino.
L'aereo sta per atterrare: tra poco sarò a casa con mio padre, nella mia camera americana, per sempre.

 

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Capitolo 2
*** - 2 - ***


L'aereo è atterrato in perfetto orario: Frank mi stava aspettando all'uscita dall'aeroporto. Ho sempre chiamato per nome mio padre, da quando ho iniziato a parlare ricordo di averlo sempre chiamato "Frank", mai "babbo" o "papà". Non saprei spiegare il motivo, ma ormai la mia abitudine è questa e non ho intenzione di cambiarla dopo sedici anni. In auto non ci siamo parlati molto, ma tra noi è sempre stato così: giusto qualche parola, qualche scambio di battute sul tempo, ma mai niente di impegnativo. Per me va benissimo, non ho voglia di raccontare troppe cose di me, soprattutto perché non ho molto da raccontare. Eccomi finalmente arrivata. La mia camera è sempre la stessa. Ho sempre amato questa stanza, in mansarda, con una finestra sopra al mio letto, la luce che mi sveglia la mattina e la luna che mi sussurra la buonanotte. Ho già iniziato a sistemare le mie cose, ma ho poca roba con me: non ho molti vestiti, vesto sempre allo stesso modo, sportivo e comodo. Non amo seguire le mode del momento: ho la mia personalità e le mie idee, su tutto. Frank mi ha anche liberato in po’ di spazio in bagno. Questa è l'unica cosa spiacevole, ma più che altro scomoda: convivere con un solo bagno, ma a tutto ci si abitua. Dopotutto Frank non è quasi mai a casa: è comandante dei vigili del fuoco della regione e la mattina esce sempre molto presto. Anche adesso, ad esempio, sono rimasta sola in casa perché è stato chiamato d'urgenza dalla centrale; la cosa non mi dispiace affatto, così posso sistemarmi con tutta calma e riposarmi un po’ prima di andare a cena. Mentre cerco di sistemare al meglio la mia camera, ascolto musica, che mi fa sempre molta compagnia e mi rilassa. Improvvisamente avverto qualcosa, come se in casa ci fosse qualcuno. Impossibile, Frank è uscito da appena mezz’ora: non può essere sia già tornato a casa. Scendo al piano di sotto per accertarmi che veramente non ci sia qualcuno. Guardo in ogni stanza per essere davvero sicura e togliermi ogni dubbio. Torno in camera e chiudo la porta della camera. Adesso non sento più nulla. Forse è la stanchezza. Il viaggio dall’Australia è stato lungo e in aereo non ho dormito quasi per niente. Mi sdraio sul letto, sempre con la musica che risuona nella stanza, e inizio a pensare, finché non mi addormento.

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Capitolo 3
*** - 3 - ***


Ieri mi sono addormentata quasi senza accorgermene. Non ricordo quasi niente, se non il fatto che dalla stanchezza mi sembrava che in casa ci fosse qualcuno. Questa mattina mi ha svegliata Frank, con una spremuta d’arancia e una brioche: ho apprezzato molto il gesto, non l’aveva mai fatto prima. Si capisce che è contento che io sia tornata a vivere qui. Dopo colazione sono stata a iscrivermi alla mia nuova scuola: Frank mi ha accompagnata, come d'accordo, anche perché doveva firmare dei moduli. La scuola è a circa quarantacinque minuti di macchina, e in zona non ci sono autobus. La sorpresa più grande è stato il regalo che mi ha fatto Frank: quando siamo usciti dalla scuola, dopo l’iscrizione, siamo stati al rifugio dove vive il suo amico Sam: insieme avevano trovato un’auto di seconda mano e Sam l’ha sistemata per me. Sembra nuova, è splendida: sembra un piccolo furgoncino, ma è perfetta, rispecchia anche il mio stile. “Buon compleanno, Sheyla!” – hanno detto in coro mio padre e Sam appena arrivati al rifugio, mentre scendevo dall’auto. Poi Sam ha scoperto l’auto, aggiungendo: “Questa è per te, da parte mia e di tuo padre: l’abbiamo scelta insieme per te, io l’ho sistemata. Spero che ti piaccia”. Ero commossa, non sapevo cosa dire. Non pensavo neanche che Frank si ricordasse il giorno del mio compleanno. Mi sono uscite solo due o tre parole, per l’emozione non riuscivo ad aggiungere altro: “Grazie, è bellissima!”. Siamo rimasti un po’ al rifugio, poi io e Frank siamo tornati a casa: Sam era dietro di noi, guidando la mia auto. Il rifugio non è lontano da casa nostra: Sam è tornato a casa a piedi. Mi dispiace non aver visto Stephan, il figlio di Sam: ha circa cinque anni più di me. Quando trascorrevo le vacanze qui a Rumford, eravamo sempre insieme. Lui mi ascoltava, chiacchieravamo per ore, e facevamo lunghe passeggiate insieme: è sempre stato il mio unico amico. Volevo chiedere di lui, ma non ho avuto occasione. Chiederò a mio padre, o magari la prossima volta che rivedrò Sam: lui e mio padre si vedono ogni giorno, magari la prossima volta ci sarà anche Stephan, o magari mi farà una sorpresa venendomi a trovare, appena saprà che sono tornata in paese.

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