I'll take you away.

di Rey_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ray of sunshine. ***
Capitolo 2: *** Back home. ***
Capitolo 3: *** New host. ***
Capitolo 4: *** True friend. ***
Capitolo 5: *** Pool, abs and smiles. ***
Capitolo 6: *** Cookies and pancake. ***
Capitolo 7: *** Message. ***
Capitolo 8: *** Turn back time. ***
Capitolo 9: *** Nickname. ***
Capitolo 10: *** You like her. ***
Capitolo 11: *** Mark. ***
Capitolo 12: *** Nothing. ***
Capitolo 13: *** Memories. ***
Capitolo 14: *** Family. ***
Capitolo 15: *** I wanna kiss you again. ***
Capitolo 16: *** Trust. ***
Capitolo 17: *** Thunderstorms. ***
Capitolo 18: *** Broken shower. ***
Capitolo 19: *** Harry Styles. ***
Capitolo 20: *** Misunderstanding. ***
Capitolo 21: *** I'm not running away. ***
Capitolo 22: *** Things happen. ***
Capitolo 23: *** You're wrong. ***
Capitolo 24: *** Dublin. ***
Capitolo 25: *** It's just you and me. ***
Capitolo 26: *** I'm here now. ***
Capitolo 27: *** Tears and pain. ***
Capitolo 28: *** Lean on me. ***
Capitolo 29: *** Louis Tomlinson. ***
Capitolo 30: *** In love with you. ***
Capitolo 31: *** Questions. ***
Capitolo 32: *** Don't give up. ***
Capitolo 33: *** Birthday. ***



Capitolo 1
*** Ray of sunshine. ***








1. Ray of sunshine.


 


Raggio di sole. Era quello che significa il suo nome, quello che la colpì dritta negli occhi quella mattina di giugno, la prima mattina dopo la fine della scuola, svegliandola decisamente più presto di quanto avrebbe voluto.
Eileen sbruffò silenziosamente, odiando il suo sonno leggero e detestando il fatto che le bastasse un piccolo rumore o, appunto, un semplice raggio di sole per riportarla nel mondo dei vivi.
Sua madre le aveva messo quel nome perché, aveva imparato la sua risposta a memoria per tutte le volte che gliel’aveva detto, lei era stata come il primo raggio di sole all’alba, come quando le nuvole si spostano per lasciare spazio alla luce del sole, era stato il risvolto che le aveva migliorato la vita. Lei, Eileen, l’aveva resa felice al primo singhiozzo di pianto dopo essere uscita dalla sua pancia.
Quando era piccola e la mamma le ripeteva quelle parole, Eileen faceva una faccia schifata, non sopportando tutta quella dolcezza e pulendosi la guancia con la manica della maglia quando la mamma gliela riempiva di baci dopo quella confessione. Andando avanti con gli anni, Eileen però si era ritrovata ad ascoltare sempre più affascinata quelle parole, pronunciate da una voce così dolce e soave, a volte un po’ da bambina, senza ancora capire quanto potesse essere importante.
A diciannove anni, rimpiangeva tutte le volte che non aveva abbracciato forte sua mamma, tutte le volte che aveva schifato un suo bacio, tutte le volte che non le aveva risposto che anche lei, anche se odiava dirlo, le voleva bene. A diciannove anni, Eileen sarebbe voluta tornare indietro nel tempo per dire alla mamma, prima che se ne andasse via per non tornare più, che doveva resistere perché aveva bisogno di lei.
Ma non l’aveva fatto, e lei se ne era andata lasciandola sola.
La sua mamma era stata sempre una persona dolce, affettuosa e decisamente troppo fragile per sopportare tutto il male che c’era al mondo.
Quindi aveva deciso di andarsene, senza considerare il fatto che in quel mondo Eileen sarebbe rimasta sola e avrebbe dovuto imparare a cavarsela.
Fortunatamente però Eileen aveva lo stesso carattere del padre, cosa che non faceva molto piacere; era forte, fiera e pronta a qualsiasi cosa.
Per questo, quella mattina, ignorando il fatto che sicuramente avrebbe trovato Mark Walsh al piano di sotto, intento già a quell’ora di mattina a cercare una qualche lattina di birra, si alzò dal letto e mise in moto tutta la sua materia grigia.
Era una ragazza intelligente, Eileen, talmente intelligente da uscire dal liceo con il massimo dei voti, così intelligente da passare intere giornate a scuola, iscrivendosi a tutti i corsi pomeridiani esistenti. Tutto, pur di passare il minor tempo possibile a casa.
Stropicciandosi gli occhi con le mani e stiracchiandosi per bene, facendo scricchiolare tutte le sue articolazioni, si costrinse ad alzarsi e a trascinarsi con passo pesante nel bagno della sua camera.
Sedici Giugno, ore 7.30 ed era già sveglia.
Se l’avesse raccontato alle sue compagne di classe non ci avrebbero mai creduto, o meglio, l’avrebbero odiata, considerando il fatto che non c’era un giorno che non arrivasse tardi a lezione, interrompendo ogni volta e costringendo tutti i suoi compagni ad ascoltare di prima mattina la solita ramanzina dei professori.
Ma lei non poteva farci niente, se la sera si dimenticava di fissare la sveglia, ma si accertava che le serrande fossero chiuse abbastanza bene da non lasciar passare neanche uno spiraglio di luce mattutina.
Per quello solitamente si svegliava con i grugniti di Mark che si trascinava in bagno barcollando e sbattendo contro qualche mobile. Lei non lo chiamava più ‘papà’, perché non meritava neanche quell’appellativo, ma sapeva che doveva essergli riconoscente per averla svegliata tutte le mattine ricordandole che doveva alzarsi per andare a scuola.
Quella mattina però ci aveva pensato quel fastidioso raggio di sole a farlo e, ci avrebbe scommesso, non era stato Mark, perché sicuramente era già andato, addormentato su quella sua sudicia poltrona davanti a uno schifoso programma tv.
Lo odiava, con tutta se stessa, perché lui le tappava le ali, le toglieva il sorriso e non le permetteva di sentirsi viva come avrebbe voluto.
Ritrovandosi davanti allo specchio, quasi urlò dallo spavento. La sera prima si era dimenticata di struccarsi, troppo stanca e troppo brilla a causa dei cocktail mandati giù per festeggiare la fine della scuola con le sue amiche, di conseguenza la matita le era colata sotto gli occhi, facendola somigliare ad un panda.
Chiudendo la porta a chiave per evitare inutili assalti o fastidiose sorprese, cominciò a spogliarsi per infilarsi sotto la doccia e risvegliarsi finalmente lasciandosi alle spalle i postumi della serata precedente.
Le sue amiche Sophie e Anne l’avevano convinta ad andare con loro al locale vicino alla scuola e a Riley non gli ci era voluto molto a convincerla a divertirsi. La conosceva bene e sapeva quali metodi usare per costringerla a lasciarsi andare. D’altra parte Eileen si fidava di lui, le era venuto spontaneo farlo da quando, giocando al parco a sette anni, l’aveva difesa da un bulletto precoce che voleva rubarle le bambole per lanciarle nel laghetto per far giocare le paperelle.
Riley aveva scacciato malamente il ragazzino, nonostante avesse solo sette anni e fosse alto a malapena per arrivare a rubare i biscotti che la nonna poggiava sulla credenza.
Da quel giorno, Eileen e Riley erano diventati inseparabili, ritrovandosi a frequentare la stessa scuola , la stessa classe, fino al diploma.
Adesso che il liceo era finito, non gli sarebbe mancato lo stesso perché, se fosse riuscita ad andare al college come voleva, sarebbe stato lo stesso di Riley.
In caso contrario, aveva in programma di andarsene ugualmente da quella città, per rifarsi una nuova vita, migliore, e lasciarsi alle spalle tutto il dolore che aveva provato.
Erano destinati a stare insieme per sempre.
Ma, ovviamente, come in tutte le storie imperfette, loro due erano solo amici, nient’altro.
Non che gli abitanti di Mullingar, dove abitavano, non avessero mai espresso dubbi sul tipo di rapporto che c’era tra Eileen e Riley, ma loro avevano sempre messo in chiaro che non ci sarebbe potuto essere nient’altro che amicizia tra loro due. Si conoscevano troppo bene e sapevano troppe cose l’uno dell’altra per innamorarsi.
E poi, Riley era felicemente fidanzato da tre anni con Heidi, ed Eileen era schifosamente felice per loro, perché erano la dimostrazione che l’amore vero, quello semplice, che nasce tra piccoli sorrisi e sguardi sfuggenti ed è destinato a durare per sempre, esiste.
Asciugandosi velocemente e lasciando i capelli lunghi e biondi leggermente umidi, tanto si sarebbero asciugati con il calore del sole, tornò in camera da letto per infilarsi una semplice t-shirt e un paio di jeans chiari, il tutto accompagnato dalle sue inseparabili converse bianche. O almeno erano così quando le aveva comprate.
Infilò tutto il necessario per sopravvivere fuori casa nella sua borsa e poi si affacciò titubante dalla porta. Il corridoio del secondo piano era deserto, ma quello l’aveva immaginato. Doveva solo sperare che Mark fosse abbastanza distratto da non sentirla uscire o troppo impegnato per porle anche la minima domanda.
Voleva fuggire in silenzio e rientrare la sera tardi quando Mark sarebbe stato già nel mondo dei sogni, anche se sapeva che un confronto con lui prima o poi l’avrebbe avuto. Dopotutto abitavano sotto lo stesso tetto, era impossibile non incontrarsi, per questo stava cercando in tutti i modi di rimediare e l’unico modo in cui poteva farlo era andarsene il più lontano possibile da Mullingar.
Cercando di non fare rumore, scese le scale una per una, attenta a non mettere il piede sul quarto scalino, che sapeva avrebbe scricchiolato anche sotto il suo leggero peso, e poi controllò che Mark non fosse nei paraggi, per poi avanzare per il corridoio a testa alta, senza guardare nelle stanze, sperando che sei lei l’avesse ignorato, allora anche lui avrebbe ignorato lei.
Stava per tirare un sospiro di sollievo, ormai arrivata alla porta, in cerca delle chiavi per aprirla, quando Mark, con il suo passo pesante sbucò fuori dalla cucina con in mano, appunto, una lattina mezza vuota di birra, di sicuro non la prima.
Eileen lo guardò e le venne il voltastomaco: la barba incolta, gli occhi pesti e il solito sorriso sghembo sulle labbra. Quello non era suo padre, non voleva e non poteva credere che un essere del genere fosse causa della sua esistenza, non poteva sopportarlo.
«Dove stai andando? » biascicò, guardandola dall’alto in basso, per poi fare una smorfia e portarsi la lattina di birra alla bocca.
Eileen strinse le labbra e raddrizzò la schiena, sforzandosi di mostrarsi sicura e per niente infastidita da chi aveva davanti, anche se quell’odore di alcool di prima mattina le dava decisamente la nausea.
«A fare un giro». Mark rise di cuore, per poi barcollare leggermente all’indietro. A Eileen scappò un verso disgustato e allora Mark strizzò gli occhi per concentrarsi.
«Tu non vai proprio da nessuna parte, signorina» proclamò, alzando la lattina di birra come se fosse una qualche arma da poter utilizzare contro di lei.
«Come scusa? »
«Ho detto che non vai da nessuna parte» ribadì Mark. Eileen respirò profondamente e strinse i pugni, puntando i suoi occhi verdi su Mark, cercando di mantenere la calma ma allo stesso tempo di fargli capire che non era per niente intimidita dalla sua finta autorità. Non era nessuno per lei e non poteva neanche pensare di poterla comandare.
«Io invece dico che non resto qui dentro per un secondo di più. Non voglio di certo fare la tua fine, vado a cercarmi un lavoro perché ti informo che presto me ne andrò da questa merda, così potrai affogare con tutto l’alcool che ti pare» sibilò, facendo un passo avanti continuando a stringere i pugni talmente forte da sentire le sue unghie smaltate di blu tagliarle i palmi.
Mark strinse gli occhi e aprì la bocca per ribattere, ma Eileen sapeva che quello che aveva appena detto era passato nella sua testa senza essere recepito dal cervello.
Quindi con uno sbuffo si voltò e, ignorando le urla che Mark le lanciò dietro, si chiuse la porta di quella che odiava considerare casa e poi corse via, il più veloce possibile.
 
 
Il parco le era sempre piaciuto, soprattutto quello della sua città. Le piaceva passeggiare per quelle vie affollate contornate da prati infiniti e salutare le persone che passavano, perché nel suo quartiere conosceva di vista più o meno tutti.
Eileen aveva sempre un sorriso a portata di mano, un po’ per tutti, un sorriso che convinceva le persone a ricambiarlo. Non era un sorriso insulso, scemo o fatto tanto per. Era un sorriso che coinvolgeva veramente, che scrutava: lei cercava il buono in ogni persona che incontrava, e si convinceva del fatto che ce ne fosse sempre, anche se non era evidente al primo sguardo.
Voleva credere che il mondo non era così brutto come si diceva, le persone non erano crudeli. Voleva credere che tutto il male che poteva provare era causato solamente dall’uomo che viveva con lei, e  che nessun’altra persona sarebbe stata ingiusta con lei.
Ogni volta che andava al parco le piaceva sedersi su quella panchina sotto la quercia, magari con un buon libro in grembo, o semplicemente ad osservare i bambini che si rincorrevano e ridevano.
Le piaceva pensare di ricordarsi di quando era così piccola anche lei, di quando con Riley giocavano a nascondino o si dondolavano sull’altalena, ridendo senza alcun pensiero. Ma la verità era che da quando sua madre se n’era andata, Eileen aveva cercato di imprimersi a mente ogni singolo istante passato con lei e di conseguenza tutti gli altri ricordi erano sfumati via.
Però le piaceva pensare che anche lei aveva corso per quelle strade, magari era caduta e poi dopo era corsa dalla mamma per farsi consolare.
Ma non se lo ricordava, ed era terribilmente frustrante, come se lei non avesse avuto un’infanzia felice. Ma sapeva dentro di se che lei felice lo era stata, come tutti i bambini, finché all’età di dodici anni era rimasta sola.
Scosse la testa per scacciare quei maligni pensieri e tirò fuori dalla sua borsa la sua copia di Orgoglio e Pregiudizio, sgualcita per quante volte lo aveva letto.
Stava per immergersi in quelle righe conosciute ormai a memoria, per essere trasportata in quei tempi dove l’unica preoccupazione di una ragazza era di essere abbastanza attraente e scaltra per trovare marito in giovane età, quando si sentì tamburellare su un ginocchio.
Alzò lo sguardo e incrociò un paio di vispi occhi azzurri che la guardavano speranzosi.
Piegò un poco la testa di lato, intenerita dal piccolo bambino che le stava davanti, una piccola macchinina rossa stretta tra le mani e i capelli biondo scuro che gli ricadevano scomposti sulla fronte.
«Ehi piccolo, cosa succede? » si ritrovò a mormorare con voce dolce, mentre il piccolo tirava su con il naso e la guardava con quegli occhi in cerca d’aiuto. Si chinò su di lui e gli scostò i capelli dalla fronte, sorridendogli per cercare di tranquillizzarlo. Il bambino tirò su con il naso e due grandi lacrime apparvero ai lati dei suoi occhi, così chiari che sembravano trasparenti.
«Mamma» biascicò, con un singhiozzo. Eileen sentì una fitta al cuore, il respiro che le si bloccò per un secondo in gola.
«Oh, ti sei perso» mormorò, guardandosi intorno sperando di scorgere una donna disperata alla ricerca del proprio bambino sperduto. Strinse le labbra quando non notò strani movimenti lì intorno. Tornò con gli occhi sul bambino, il viso arrossato e le prime lacrime che scendevano sulle guance e si alzò, tendendogli la mano.
«Vieni, piccolo. Andiamo a cercare la tua mamma» gli disse con un sorriso. Il bambino la guardò dritta negli occhi per qualche secondo, poi guardò la mano tesa verso di lui, e poi di nuovo gli occhi di Eileen, come se stesse decidendo di fidarsi o meno di una completa sconosciuta.
Eileen gli sorrise per fargli coraggio, allora il piccolo tirò di nuovo su con il naso, strinse la sua macchinina rossa in una mano e con l’altra afferrò quella calda e grande di Eileen.
La ragazza gli sorrise di nuovo e cominciò a camminare per il parco, guardandosi intorno attentamente, mentre il bambino le camminava accanto in silenzio, stringendo ogni tanto quella mano che gli stava offrendo aiuto.
Camminarono per un bel po’ di metri, entrambi in un silenzio imbarazzante: Eileen non sapeva che dire per tranquillizzare il bambino, anche perché non aveva mai avuto a che fare con una persona al di sotto dei dieci anni, il piccolo invece si stava fidando ciecamente di lei, e non aveva bisogno di parlare per sapere che quella ragazza con gli occhi così grandi e sinceri l’avrebbe riportato dalla sua mamma.
Quando, svoltando la curva nei pressi di un parco giochi, Eileen vide sul viso del bambino spuntare un sorriso entusiasta, alzò gli occhi e vide una giovane donna con l’espressione terrorizzata.
Sospirò di sollievo mentre quest’ultima, il corpo minuto e le mani tra i capelli biondi, quasi non scoppiò a piangere quando riconobbe il bambino che Eileen teneva per mano.
«Dylan! » urlò, correndo verso di loro con un enorme sorriso. Il bambino lasciò la mano di Eileen e corse verso la sua mamma, per poi buttarsi tra le sue braccia e affondando il visino nel suo collo.
«Oh, sia ringraziato il Signore» esclamò la donna, chiudendo gli occhi e stringendo suo figlio al petto. Eileen sorrise, senza però riuscire ad evitare di provare una piccola fitta di gelosia per quel quadretto di famiglia felice.
Fortunatamente però non ebbe il tempo di rimuginarci troppo a lungo, perché la donna alzò gli occhi verso di lei e le lanciò uno sguardo riconoscente. Si avvicinò e mise il suo bambino a terra, senza però lasciargli la mano.
«Grazie per avermelo riportato» le disse con sguardo pieno di gratitudine e un sorriso smagliante sulle labbra. Eileen si sentì arrossire e fece un gesto secco con la mano.
«Figurati»
La donna le tese la mano, che Eileen strinse prontamente.
«Piacere, Denise. Non so cosa avrei fatto senza di te» le disse, sorridendole calorosamente.
Eileen ricambiò il sorriso e si presentò, prima di accucciarsi e scompigliare i capelli al bambino, che ridacchiò mostrando una tenera fossetta sul mento.
«Può capitare a tutti» mormorò. Denise sospirò esasperata, senza però riuscire a nascondere il sorriso di sollievo.
«Già, ma è la terza volta che questa piccola peste mi scappa. Sento che impazzirò da un momento all’altro, se non trovo qualcuno che mi aiuti» mormorò, carezzando i capelli al bambino.
Eileen a quelle parole si illuminò, Denise se ne accorse e le lanciò un’occhiata curiosa, per poi continuare il suo discorso.
«E’ stata anche una fortuna che si sia fidato di te: di solito non da confidenza a nessuno, devi avergli fatto un bell’effetto» rise, facendo arrossire il bambino. Eileen sorrise e gli fece l’occhiolino, poi Denise sospirò.
«Sto cercando di convincere mio marito a prendere una baby sitter, non posso stare dietro a lui e al lavoro, ma lui ancora non si sente sicuro a lasciare il piccolo in mano ad uno sconosciuto» mormorò sconsolata, «Beh, dopo oggi credo che appoggerà ogni mia richiesta»
«Potrei aiutarti io» azzardò Eileen, cercando di sorridere convincente.
Denise si fermò con una mano a mezz’aria, chiudendo la bocca e guardando Eileen con sguardo sospettoso. Eileen chiuse per un secondo gli occhi, sperando di non essere sembrata troppo affrettata e pregando che l’unica idea decente che le fosse venuta nell’ultimo periodo non le sfuggisse dalle mani per il suo troppo entusiasmo.
«Beh, Eileen, mi sembri una ragazza a posto» mormorò Denise, scrutandola con sguardo deciso. Eileen trattenne il respiro, intuendo che quello fosse il momento del giudizio.
«Ma non ti conosco, non so niente di te» sospirò infine, facendo una piccola smorfia di disappunto.
Eileen però non si perse d’animo, perché vide la piccola smorfia del bambino alle sue parole e soprattutto perché aveva bisogno di quella specie di lavoro. Sapeva che probabilmente stava esagerando e che sicuramente se si fosse data da fare avrebbe trovato qualcos’altro da fare durante l’estate: dopotutto aveva diciannove anni, era intelligente, sveglia e con tanta voglia di fare.
Ma sentiva che voleva ottenere quell’incarico, perché era una cosa nuova e perché Dylan era semplicemente adorabile e sentiva che non sarebbe stato difficile prendersi cura di lui.
«Senti, Denise» cominciò Eileen, assumendo un’aria seria e professionale, «Perché non ti fai offrire un caffè, cosi parliamo un po’?» propose, chiudendo tutto con uno dei suoi migliori sorrisi.
Denise la guardò per qualche secondo in silenzio, pensierosa, poi fu Dylan a prendere la decisione per lei. Senza lasciare la mano della mamma, allungò l’altra piccola manina e afferrò quella di Eileen, stupendo entrambe.
«Gelato» proclamò, scoccando un sorriso alla mamma, mostrando di nuovo quella tenera fossetta sul mento. Denise alzò gli occhi al cielo esasperata ed Eileen sorrise.
«Va bene, andiamo Eileen, prima che si metta ad urlare e a sbattere i piedi» borbottò Denise, cominciando ad avviarsi verso la caffetteria più vicina con gli altri due al seguito.












 










BAAAM! Ciao a tutte!
Okay, lo so che avevo detto che sarei stata lontana da questo sito per un bel po', so che avrei un progetto più grande a cui lavorare e so che mi sto mettendo nei casini da sola cominciando questa storia ma...è stato più forte di me, non ho  potuto resistere.
Non posso stare senza pubblicare una long. Il fatto è che fa caldo, passo le giornate a casa senza fare niente, quando voglio uscire piove e quindi mi sento totalmente inutile al mondo.
Ecco, è in questi momenti che mi prendono le idee fulminanti e da un piccolo sogno senza senso è nata un'itera fanfiction.
Bene, è solo il primo capitolo, ma spero vi abbia incuriosito. 
Beh, in questo caso mi farebbe piacere saperlo, quindi lasciate una piccola recensione :3
In caso contario, fatelo lo stesso, lol.
Okay, dopo questa me ne vado.
Hope u like it.
Sara.


Ps. Giorni fa ho pubblicato un'os su Louis. Beh, è lì tutta sola, quindi se ne avete voglia, andatele a fare compagnia ;)
When I was your man.

CIAAAAO :D

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Capitolo 2
*** Back home. ***


 

 




2. Back home.

 




 
Niall odiava gli aerei, odiava il rumore che facevano sulla pista quando partivano e odiava la sensazione di vuoto allo stomaco che provava quando l’aereo prendeva quota.
Non sopportava le hostess vestite di tutto punto che con sorrisi fintissimi gli offrivano quelle disgustose noccioline. Aveva il palato delicato, Niall, amava mangiare, ma quello che mangiava doveva essere di buona qualità.
E poi odiava dover stare seduto per ore su quei scomodi sedili; non gli piaceva viaggiare in prima classe, lo faceva sentire uno di quei vip con la puzza sotto il naso, e poi non riusciva proprio a sopportare quei denti bianchissimi delle hostess che erano ostentati maggiormente se sedevi in prima classe. Era come se volessero perennemente rimorchiare i viaggiatori e, anche se in fondo gli faceva piacere sapere che le ragazze lo notavano, lui odiava i sorrisi falsi, quelli fatti per circostanza, quasi per obbligo.
Ogni volta che gliene rivolgevano uno del genere, lui sentiva un prurito in fondo allo stomaco e la voglia di urlare che non se ne faceva niente di un fottuto sorriso falso, avrebbe preferito che facessero vedere cosa provavano sul serio, tanto lui lo capiva lo stesso.
Niall era bravo a leggere gli occhi delle persone. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima; Niall, osservando lo sguardo di una persona, riusciva a capire cosa stesse provando in quel momento, era bravo, forse per questo i suoi amici lo adoravano e trovavano impossibile tenergli nascosto qualsiasi cosa.
Era un po’ il diario segreto di tutti, soprattutto dei suoi quattro migliori amici: quando avevano bisogno di parlare, di sfogarsi, di un consiglio, correvano da lui. E lui era felice di aiutarli, perché si sentiva utile e importante, e poi perché per lui ormai quei quattro erano come fratelli.
Niall faceva parte di una band, una band di grande successo, che aveva fatto impazzire il mondo in un minimo di tempo impensabile, e quando le ragazze lo fermavano per strada, o i paparazzi gli scattavano mille fotografie, o un’arena intera cantava insieme a lui le loro canzoni, ecco, lui si sentiva in capo al mondo.
Ed era sicuro che fosse lo stesso per i suoi amici, ma a volte gli altri sentivano il bisogno di prendersi una pausa, di tornare dalle loro famiglie, di rilassarsi con le loro ragazze.
Niall invece era instancabile, o forse non li capiva perché lui una ragazza non l’aveva. Fatto sta che quando gli dissero che i tre mesi estivi li avrebbero passati ognuno a casa propria, con la famiglia, senza andare in giro per il mondo a cantare come facevano per tutto il resto dell’anno, si sentì sprofondare.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto in quei tre lunghissimi mesi, sapeva solo che sicuramente avrebbe preferito rimanere nella sua casa a Londra a far impazzire Liam con i suoi scherzi o a condividere qualche silenzio per niente imbarazzante con Zayn. Sapeva che sicuramente gli sarebbero mancate le battutine di Harry e la risata squillante di Louis.
Ma loro volevano tornare a casa, e lui non poteva certo costringerli a passare il tempo insieme. Per quello era salito su quel maledetto aereo pieno di ragazze sorridenti vestite di blu, diretto a Dublino, dove suo fratello Greg sarebbe andato a prenderlo per poi tornare nella sua Mullingar.
Gli mancava la sua città, stava bene prima di partire e diventare famoso: aveva i suoi amici, il loro posto di ritrovo, la sua scuola e la sua famiglia.
Ma dopo aver visto il mondo intero, aveva paura che tornare in quella piccola cittadina non sarebbe stato entusiasmante.
Da quando poi i suoi genitori si erano trasferiti, vendendo la casa in cui era cresciuto, sentiva che non aveva più un punto di riferimento e che tornare lì non l’avrebbe più fatto sentire a casa.
Quando finalmente l’aereo atterrò, Niall tirò un sospiro di sollievo e si affrettò a scendere, recuperando poi la sua valigia e uscendo finalmente dall’aeroporto, respirando l’aria fresca di Dublino e osservando il cielo privo di nuvole, se non per qualche batuffolo bianco qua e là.
Quando riportò gli occhi a terra, incrociò lo sguardo curioso di una ragazza lì vicino a lui, che probabilmente aspettava un taxi, e allora si ricordò ciò che Paul, la guardia del corpo sua e degli altri ragazzi, si era raccomandato di fare non appena avesse messo piede fuori da qualsiasi edificio sicuro. Velocemente si infilò il cappellino da baseball rosso che gli aveva regalato Zayn e cercò gli occhiali da sole nel suo zaino, infilandoseli e sentendosi immediatamente più rilassato.
Soffriva di claustrofobia, e ogni volta che troppe persone gli si facevano intorno, rischiava un attacco di panico. Amava le sue fan, era al corrente del fatto che senza di loro lui non sarebbe stato niente, ma odiava quando gli mancava il respiro, quando non riusciva a muoversi schiacciato tra una folla, quando le urla gli invadevano le orecchie.
Niall era un ragazzo tranquillo, e nonostante fossero almeno tre anni che la sua faccia si ritrovava su tutti i giornali, ancora non si era abituato al fatto che non potesse più uscire di casa senza che almeno una ventina di ragazze lo seguisse in cerca di una foto o di un autografo.
Pensandoci bene, si era dimenticato l’ultima volta che una persona l’aveva fermato semplicemente per chiedergli delle indicazioni, o che una ragazza gli avesse sorriso solo per il gusto di farlo.
Gli piaceva la sua vita, con i suoi amici e il suo successo, ma a volte, di notte, quando non riusciva proprio a dormire, si ritrovava a pensare a come sarebbe stato se non avesse fatto quel provino.
Come sarebbe uscito dal liceo, se i suoi amici sarebbero rimasti sempre gli stessi, se avrebbe conosciuto una ragazza, con la quale magari avrebbe passato il resto della vita.
Era un tipo abbastanza romantico, si, ma non si era mai innamorato di nessuno. A parte un paio di cotte quando era ancora piccolo e qualche storiella da una sola notte da quando era diventato famoso, Niall non aveva avuto relazioni.
 Almeno non di quelle serie, dove passi la notte sveglio a pensare a lei, dove guardi ogni trenta secondi il cellulare sperando in un suo messaggio, dove poi quando finalmente la vedi la stringi in un abbraccio che non finisce più.
Niall non sapeva cosa si provava ad avere una persona così vicino, e a dirla tutta non era neanche curioso di scoprirlo: era romantico, sentimentale, ma non stupido. Sapeva che di conseguenza all’amore ci sarebbe stata la frustrazione, la nostalgia e molte volte il dolore, soprattutto nella situazione in cui si trovava lui.
Gli bastava vedere cosa dovevano passare i suoi amici con le loro ragazze per convincersi del fatto che forse in quel momento stava bene da solo.
E poi, sentiva come se non poteva più fidarsi di nessuno, al di fuori delle persone che conosceva già, perché non poteva sapere se qualcuno si interessasse a lui per Niall Horan, membro di una famosa band, o solo per Niall, un ragazzo di Mullingar che è riuscito a realizzare il suo sogno.
Non si sentiva solo, ma a volte provava quella strana sensazione alle braccia, come se gli mancasse qualcuno da stringere tra di esse, qualcuno da abbracciare, stringere e amare che non fosse uno dei suoi quattro migliori amici.
Con un sospiro si riscosse dai suoi pensieri e si allontanò dalla folla, ancora incredulo di non essere stato riconosciuto da nessuno, tirando fuori dalla tasca dei jeans il suo cellulare per cliccare sul terzo nome tra le chiamate rapide.
Il primo, ovviamente, era la mamma, il secondo Louis e il terzo…
«Fratellino!» la voce acuta di Greg gli fece storcere il naso e allontanare il telefono dall’orecchio.
«Greg, perché non sei ancora arrivato? Sai che cosa rischio se…»
«Oh, merda!» esclamò il fratello interrompendolo, e Niall poté quasi immaginarlo mentre chiudeva gli occhi e si sbatteva una mano sulla fronte, probabilmente ricordandosi solo in quel momento del suo arrivo a Dublino. Niall sospirò mentre Greg riprendeva a parlare, agitato.
«Ti prego, dimmi che oggi non è giovedi e che non dovevo venirti a prendere all’aeroporto» mormorò Greg, facendo sbuffare Niall, esasperato.
«Merda, me ne sono dimenticato» borbottò ancora, capendo dal silenzio del fratello più piccolo che quello che aveva appena detto fosse la pure realtà.
«Va bene, non fa niente, chiamo papà e…» provò a ragionare Niall.
«No, no!» lo interruppe ancora il fratello, facendogli stringere di nuovo le labbra e alzare gli occhi al cielo, «Non voglio sentirti dire che vai a stare dai vecchi, ti ho detto che passerai l’estate da noi, Denise ha già preparato tutto e non vede l’ora. Solo…ora sono bloccato al lavoro, non puoi trovare un modo per arrivare a Mullingar senza fare troppo casino?» parlò a raffica, senza dargli neanche il tempo di riflettere sulle sue parole e lasciandolo qualche secondo senza niente da dire.
Prese fiato per replicare, poi però riuscì solo a sbuffare, chiudendo gli occhi.
«Okay, Greg, vedo quello che posso fare» mormorò infine. Sentì un grande sospiro di sollievo dall’altra parte della cornetta.
«Grande! Scusami fratellino, ci vediamo stasera. E cerca di non fare troppe conquiste» ammiccò con una risatina, prima che Niall chiudesse la conversazione.
Ecco, era in quei momenti che avrebbe preferito di gran lunga restarsene a Londra, nella casa che divideva con Harry e da qualche mese anche con Liam, magari a guardare la tv, o a chiamare il fattorino delle pizze facendolo impazzire per tutte le volte che i ragazzi cambiavano idea.
Ma loro avevano deciso di passare le vacanze estive dalle loro famiglie, e lui doveva fare lo stesso, anche se era sicuro che nessuno dei loro familiari si sarebbe dimenticato di andarli a prendere all’aeroporto, o alla stazione, o da qualsiasi altra parte.
Con un profondo sospiro, si voltò verso la strada, notando con orrore l’infinita fila di persone sul marciapiede nell’attesa di un taxi e decise che non era proprio il caso di mettersi tra loro.
Cercando di farsi notare il meno possibile, si calò il cappellino di più sulla testa e sgusciò tra la folla, incamminandosi a piedi verso il centro, alla ricerca di un autobus, o un treno, o una qualsiasi anima buona che l’avrebbe portato nella sua Mullingar.
Stava per attraversare la strada per dirigersi a piedi alla stazione, se non ricordava male dove si trovava, quando alzando la testa i suoi occhi si posarono su un’insegna che attirò all’istante la sua attenzione.
Sorrise, forse il primo, vero e genuino sorriso della giornata, sentendo lo stomaco brontolargli in risposta al nome del suo ristorante preferito, e decise che forse era meglio che mettesse qualcosa nello stomaco prima di partire, anche perché voleva togliersi dalla bocca quel sapore orrendo delle noccioline mangiate per disperazione sull’aereo.
Con passo deciso si avviò verso la porta, inspirando profondamente una volta entrato, sentendo lo stomaco contorcersi dalla fame e l’acquolina che gli solleticava la bocca.
Cercò un posto abbastanza appartato dove sedersi, per evitare un assalto improvviso da parte delle fan, consapevole che ormai si trovassero dappertutto, e per godersi tranquillamente il suo pranzo. Non appena si rilassò sulla sedia, togliendosi occhiali e cappuccio e poggiando il suo zaino a terra, come se fosse sbucata da una botola sul pavimento comparì proprio accanto a lui una ragazza di più o meno della sua età che dal sorriso di circostanza e la divisa impeccabilmente rossa, capì che lavorasse li.
Niall indietreggiò con la testa, sorpreso, mentre poteva vedere chiaramente ogni singola emozione sul volto della ragazza, espressa maggiormente dagli occhi azzurri che sembravano brillare: dalla solita noia del servire un altro ennesimo cliente, passò alla più gradita sorpresa se non alla meraviglia nel riconoscere il ragazzo di fronte a lei.
Niall ebbe giusto qualche secondo di tempo per osservarla; i capelli neri erano raccolti in una coda alta, gli occhi azzurri erano lucidi e le sue labbra fini erano spalancate.
Poi la ragazza lanciò un urletto che fece si che tutti gli occhi dei presenti, fortunatamente per Niall non molti, si voltassero verso di loro.
«Ma…ma tu sei…» balbettò la ragazza, squittendo qualcosa di incomprensibile, le gote rosse e l’espressione emozionata.
Niall si costrinse a non sbruffare e correre via di li come avrebbe voluto, stiracchiando le labbra in un sorriso che chiunque lo conosceva sapeva non somigliasse neanche minimamente al suo solito, bello, genuino e sincero.
«Si, sono proprio io» sussurrò, osservando le sue guance farsi sempre più rosse. La ragazza si portò le mani davanti alla bocca trattenendo un’esclamazione sicuramente poco educata e Niall si lasciò sfuggire un altro sorriso.
«Oh mio Dio, non ci posso credere» mormorò, continuando a guardarlo come se davvero non riuscisse a realizzare che fosse realmente lui in carne ed ossa.
Era orribile pensarlo, ma Niall si gonfiò di soddisfazione e alzò il mento, provando ad assumere quell’aria strafottente che aveva sempre Harry davanti ad una delle loro fan.
Peccato che quegli occhi e quel faccino da angioletto non lo aiutavano affatto e davanti al sorriso che doveva sembrare provocante, la ragazza vacillò e rischiò di cadere a terra. Niall si alzò di scatto e la afferrò al volo prima che si schiantasse al suolo sbattendo la testa.
Un mormorio di sorpresa si levò dagli altri tavoli e il pensiero che attraversò Niall prima che i colleghi della ragazza che stava stringendo tra le braccia lo raggiungessero, era che, per forse la prima volta, avrebbe fatto meglio a non mangiare niente e andarsene dritto a casa.
Però in quel momento si trovava proprio lì, davanti alle espressioni disgustate e diffidenti dei presenti, che lo guardavano come se fosse tutta colpa sua. Che poi in parte era cosi, ma lui non poteva farci niente se ogni ragazza che lo riconosceva rischiava di cadere a terra svenuta. Ancora doveva farci l’abitudine, forse per questo non riusciva mai a prevederlo per magari provare a limitare i danni.
Una volta sistemata la ragazza, che si riprese in pochi minuti riprendendo a sorridere nonostante il colore biancastro della pelle, un suo collega, questa volta maschio, si affrettò a servirlo, anche se in quel momento non aveva più così tanta voglia di mangiare.
«Diamine, scusa amico, Sasha è proprio fuori» esclamò il ragazzo, mettendogli sotto gli occhi il piatto che aveva ordinato. Niall gli sorrise e si strinse nelle spalle.
«Può capitare a tutti, magari è stato solo un calo di zuccheri» provò a giustificare, ma davanti a quelle parole il ragazzo scoppiò a ridere.
«No, fidati, quella è completamente persa. Non fa altro che parlare di voi e, senza offesa, non riesco proprio a capire come le piaccia sclerare ogni volta che fate qualcosa» affermò ridacchiando, «Sicuramente quando ti ha visto avrà pensato che fossi una visione».
Niall storse le labbra davanti a quell’affermazione: non gli piaceva il tono in cui stava parlando quel ragazzo e sicuramente gli stava dando fastidio il fatto che stesse chiaramente prendendo in giro la sua collega senza farsi il minimo scrupolo.
A gli altri forse sarà sembrata una cosa strana, ma Niall aveva come un istinto protettivo verso le sue fan che lo spingeva ad accontentare ogni loro richiesta, anche quelle fastidiose e indecenti, pur di vederle sorridere e di sapere che le stava ricambiando per tutto l’amore che avevano mostrato per lui e per gli altri ragazzi.
Era come se si sentisse in dovere verso di loro. Per questo, dopo che il ragazzo accanto a lui esclamò «Chi sa quanto rimpiangerà il fatto di essere svenuta davanti a te senza riuscire a dirti quanto ti ama» scimmiottando la voce della ragazza, Niall si alzò in piedi bloccando la sua risata e guardandolo seriamente.
«Vorrei vedere come sta» annunciò, lasciando stare il suo pranzo e fissando il ragazzo, di cui sinceramente non voleva neanche sapere il nome. Questo boccheggiò per qualche secondo, facendo qualche passo indietro colpito dalla durezza della voce di Niall, prima di scuotere la testa e tornare a sorridere.
«Stai dicendo sul serio, amico? Non è stato già abbastanza imbarazzante?» ghignò. Niall lo fulminò con lo sguardo e lo scansò, oltrepassandolo e dirigendosi a passo spedito verso l’area riservata ai dipendenti dove avevano accompagnato la ragazza ancora leggermente instabile per poterci arrivare da sola.
«Ehi, dove vai? Non puoi andare lì dentro!» lo richiamò il ragazzo, correndogli dietro e cercando di fermarlo.
Ma Niall lo ignorò completamente andando per la sua strada. Non poteva sopportare che qualcuno stesse male per lui mentre lui se ne stava tranquillo a mangiare senza fare niente per rimediare.
Non era nel suo essere ignorare i sentimenti altrui, non ci si vedeva a comportarsi da snob e a fregarsene. Lo sapevano tutti, quanto era buono; lo sapeva la madre, i suoi amici, il fratello, e lo sapevano anche le fan, o almeno lo immaginavano.
Per questo, quando Niall raggiunse la ragazza e la strinse in un abbraccio innocente, di quelli dati solo per fare del bene, lei non sembrò affatto sorpresa e ricambiò la stretta come se non stesse aspettando altro da tutta la vita.
 
 
 
Quella giornata gli sembrava infinita: era partito di mattina da Londra e non aveva avuto neanche un attimo di pausa. Aveva dovuto salutare i ragazzi, colpire Louis con un pugno sulla spalla per farlo reagire prima che si mettesse a piangere, chiamare la madre per dirle che avrebbe passato le vacanze da Greg e sentirsi le sue lamentele infinite, per poi ritrovarsi da solo in un aeroporto senza avere idea di come andare a casa. Come se non bastasse Greg si era anche dimenticato del suo arrivo e lui aveva dovuto assistere all’ennesimo evento che l’avrebbe segnato a vita.
Si ricordava che un giorno una ragazza per attirare la loro attenzione si era tolta maglietta e reggiseno, scatenando reazioni fintamente eccitate da parte dei ragazzi, ma lui non era riuscito a fingere e si era voltato disgustato.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che una ragazza potesse arrivare a tanto, a perdere tutta la sua dignità solo per farsi notare da cinque semplici ragazzi diversi dal normale solo perché avevano realizzato il loro sogno.
Aveva pensato subito che lui non avrebbe mai voluto conoscere una persona del genere; spogliarsi in pubblico voleva dire non avere ritegno, un minimo di pudore e neanche di femminilità. E poi, sapeva che loro al momento erano solo una moda: se anche quella ragazza fosse riuscita a fare breccia nel cuore di uno di loro, come poteva poi quello fidarsi del fatto che lei non avrebbe fatto la stessa cosa per un altro cantante, o attore che in futuro le sarebbe piaciuto?
Era inconcepibile un comportamento del genere e se avesse potuto Niall sarebbe sceso da quel palco, sarebbe andato da quella ragazza e le avrebbe detto di rivestirsi e di aspettare di essere notata per quello che era, non certo per essere passata per la ragazza facile di turno.
Comunque, anche se può sembrare gratificante, non è bello veder mancare una persona davanti a te per di più a causa tua. Niall non riusciva a smettere di pensarci e sapeva che quell’immagine l’avrebbe tormentato per giorni, finché i ragazzi non ci avrebbero riso e scherzato su, magari sdrammatizzando con qualche battuta.
Ma in quel momento, su quel treno, lui era solo e non poteva fare a meno di pensare a quel sorriso e a quel «Grazie» che gli aveva rivolto la ragazza prima che lui se ne andasse.
Con un sospirò si tolse il cappellino e si passò una mano tra i capelli, cominciando già ad odiare quell’estate che era iniziata nel peggiore dei modi.
Cercando di trovare la posizione più comoda possibile, infilò le cuffiette e provò a schiacciare un pisolino, inspiegabilmente stremato anche se non aveva fatto niente.
Quando si risvegliò, riportato alla realtà dalle parole ‘Stazione di Mullingar’, si affrettò a riprendere le sue cose e a scendere dal treno, respirando finalmente l’aria della sua città, che non l’avrebbe pensato, ma gli era mancata sul serio.
Sentendosi un po’ più leggero, prese il suo cellulare dalla tasca dei jeans per avvisare Greg di essere arrivato, trovandolo però spento, sicuramente per la batteria completamente scarica. Con un grugnito maledisse mentalmente Harry e quando gli permetteva di giocare con il suo telefono: glielo aveva detto di non usarlo fino a tardi la sera prima, ma ovviamente lui non era stato a sentirlo.
Con uno sbuffo, arrendendosi ormai al fatto che quella giornata ormai sarebbe finita nella lista delle peggiori, si avviò a piedi, ringraziando che almeno la casa che avevano comprato Greg e sua moglie non fosse tanto distante dalla stazione.
Quando arrivò, notò che non c’era nessuna macchina parcheggiata nel vialetto, segno che né Greg, né Denise erano ancora rientrati in casa e che probabilmente lui avrebbe potuto rilassarsi senza le urla del suo piccolo e adorabile nipotino.
Ma quando aprì la porta con le doppie chiavi che gli aveva dato Greg per qualsiasi evenienza, rimase bloccato e sorpreso dalla vista di una sconosciuta che se ne stava seduta sul tappeto accanto a Dylan circondata da costruzioni e macchinine.
«E adesso chi sei tu?» si lasciò scappare, forse con troppa esasperazione nella voce attirando la loro attenzione.


















Lalala!
Eccomi qui con il secondo capitolo, che è tutto sul nostro Nialler :3
Allora allora, come vi sta andando quest'estate?
La mia sta passando decisamente trooooppo in fretta çç
Ho paura di svegliarmi domani e di realizzare che devo andare a scuola, sto andando troppo in paranoia.
Ma parliamo di cose serie:
cavolo, quasi non mi ricordo come si inizia una fanfiction, è tipo un anno che non lo faccio più e sto impazzendo! o.o
Allora, vi piace? Non vi piace? E' troppo pallosa, o scontata, da chiudermi in una stanza e murare la porta?
Vi prego, ditemi cosa ne pensate o mi faccio prendere da mille dubbi e rischio di non uscirne viva! 
Okay, torno in me, giuro che mi calmo *respira profondamente*
Ecco, fatto.
Ora vado, esco a prendere un po' d'aria sperando di incontrare quel figo di Malik 2 che non vedo decisamente da troooppo tempo.
Spero vi piaccia, fatemi sapere :)
A presto.
Sara.

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Capitolo 3
*** New host. ***






3. New host.

 


 
 
Era ormai una settimana che Eileen passava intere giornata a casa Horan a prendersi cura di Dylan. Ci aveva messo due ore buone a convincere Denise, davanti a quel caffè ormai diventato freddo, che fosse la ragazza adatta per controllare Dylan quando lei e suo marito non potevano o erano trattenuti al lavoro.
A Eileen piaceva pensare che fosse riuscita a convincere Denise grazie al suo carattere tranquillo, al suo già volere in qualche modo bene a Dylan e alla sua innaturale professionalità in una ragazza di soli diciannove anni. Ma in fondo sapeva quale era stato il punto di svolta nella loro conversazione che aveva convinto Denise ad assumerla a tempo pieno: la sua espressione impassibile a sentire il cognome acquisito dal marito.
Eileen sapeva chi era, o meglio aveva sentito molte volte quel cognome volare di radio in radio o letto su qualsiasi giornale.
Ma non le interessava minimamente chi fosse lui e i suo amici con i quali stava facendo impazzire tutta la popolazione femminile ormai da qualche anno.
Eileen aveva ben altro a cui pensare, l’unico punto a favore di quel ragazzo di cui non ricordava neanche il nome era che portava con fierezza la bandiera irlandese sulle spalle.
Ma la sua conoscenza in quell’argomento finiva lì, per questo Denise fu molto stupita di vederla semplicemente annuire e sorridere come se nulla fosse dopo averle detto nome e cognome del marito, e di conseguenza del fratello, decisamente più conosciuto.
Se fosse stata qualsiasi altra ragazza, sicuramente avrebbe cominciato ad urlare e a saltellare per tutto il locale, ripetendo a Denise quanto fosse stata fortunata a trovarla e quest’ultima avrebbe preso Dylan e sarebbe scappata a gambe levate sperando di non incontrarla mai più.
Ma Eileen non aveva intenzione di fare niente di tutto questo, perciò Denise, con un gran sorriso sollevato, le dettò l’indirizzo e il numero di cellulare, chiedendole se volesse iniziare proprio quel pomeriggio, nel quale ci sarebbe stata anche lei, almeno per familiarizzare un minimo con Dylan e imparare a muoversi nella loro umile casa.
Ovviamente Eileen accettò, non poteva essere più felice, e da quel momento passò tutti i giorni a casa di Denise, mattina e pomeriggio, a giocare con Dylan.
Doveva ammettere che inizialmente era stata un po’ impacciata, indecisa su come comportarsi e su cosa far fare al bambino per farlo divertire. Ma Dylan, passato l’imbarazzo iniziale che con Eileen non aveva proprio avuto, era capace di coinvolgere chiunque nelle sue avventure da bambino di tre anni, tanto che quasi era lui a essersi preso il compito di far divertire Eileen e aiutarla a dimenticare tutto ciò che la aspettava fuori da quella casa in cui regnavano l’amore e l’armonia.
Stava diventando sempre più facile per Eileen, una volta tornata a casa la sera tardi, ignorare i grugniti di Mark e le urla piene di insulti che come al solito le rivolgeva. Passare il tempo con quel dolce bambino, rilassarsi e divertirsi almeno per la maggior parte della giornata, le stava dando la forza per affrontare gli scontri che aveva con il padre: d’altra parte, lui la aspettava in piedi davanti alla porta per farle il solito interrogatorio al quale lei ovviamente non rispondeva, per poi schizzare in camera sua e chiudersi a chiave mentre Mark, ubriaco come sempre, bussava senza sosta finché la voglia di scolarsi un’altra birra non diventava più forte di quella di torturare la figlia.
Ma Eileen era forte, o almeno si convinceva di esserlo, e riusciva a passare sopra a tutto questo, grazie anche al pensiero che la mattina dopo si sarebbe dovuta alzare per un motivo ben preciso ed era importante per lei sapere che finalmente aveva qualcosa da fare e la sua esistenza non era completamente inutile.
Quel pomeriggio Dylan era stranamente inquieto, Eileen non riusciva a gestirlo perché il suo umore era piuttosto altalenante: non le aveva detto il perché, ma dall’impazienza e l’entusiasmo, passava a sbruffare e a lamentarsi tutto il tempo ripetendo «Quando arriva, quando arriva?». Eileen pensava che si riferisse a Greg, che quella mattina era uscito di casa prima che lui si svegliasse e probabilmente Dylan faceva i capricci perché non era riuscito a salutarlo. Così continuava a ripetergli che il papà sarebbe tornato presto, doveva solo aspettare che il sole scomparisse dietro le montagne lasciando il posto alla luna.
Ma Dylan quel pomeriggio sembrava proprio non volerla ascoltare, come se le sue parole fossero rivolte ai muri, ed Eileen aveva dovuto fare ricorso a tutta la sua pazienza per non gridare esasperata. Aveva pensato che un lavoro del genere sarebbe stato semplice da svolgere, non aveva messo in conto che i bambini di tre anni molte volte possono essere terribilmente irritanti.
Scuotendo la testa si impose di smettere di pensare negativo e di respirare profondamente e ritrovare il controllo: era impossibile che solo in una settimana avesse esaurito tutta la sua pazienza, doveva darsi una calmata e sotterrare ogni singolo spiraglio di cattivo umore. D’altra parte Denise l’aveva assunta anche perché le era sembrata una ragazza tranquilla e responsabile, quindi doveva dimostrare di esserlo davvero e di saper mantenere la calma anche con i lamenti infiniti di Dylan nelle orecchie.
Non sapendo nemmeno come, riuscì a distrarre Dylan da qualsiasi cosa lo preoccupasse, convincendolo a giocare con le nuove costruzioni che Greg gli aveva regalato il giorno prima. Con un entusiasmo che non si sarebbe mai aspettata rovesciò tutte le costruzioni sul tappeto del salone e si accomodò a terra accanto a Dylan, mentre lui elettrizzato le chiedeva di costruirgli un enorme castello. Eileen ridacchiò e provò ad accontentarlo, mentre lui provava a costruire una macchinina che somigliasse vagamente alla sua preferita, quella rossa, che in quel momento giaceva dimenticata da qualche parte sul pavimento.
Proprio mentre era riuscita a far ridere di gioia Dylan, permettendogli di distruggere con la sua costruzione, che sembrava tutto tranne una macchina, il castello che lei aveva appena finito di costruire, sentì le chiavi girare nella toppa della porta di casa, facendola voltare di scatto.
Era strano, Denise e Greg le avevano chiesto se si sarebbe potuta trattenere fino a tardi, visto che loro sarebbero stati bloccati al lavoro: Greg avvocato e Denise la sua assistente, era più il tempo che passavano nel loro studio legale che a casa con il loro bambino.
Ma nonostante questo erano genitori amorevoli e il poco tempo libero che avevano lo spendevano interamente con Dylan.
«Guarda Lee, guarda!» richiamò la sua attenzione Dylan, strillando e ridendo. Eileen si voltò verso di lui e gli sorrise, ma poi una voce la costrinse a voltarsi di nuovo verso la porta, così come fece il bambino.
«E adesso chi sei tu?». Una voce maschile, stanca ed esasperata fece appena in tempo a giungerle alle orecchie prima che venisse sovrastata dall’urlo di pura gioia che cacciò Dylan, per poi alzarsi in piedi e schizzare verso la porta.
«Zio!» urlò Dylan, catapultandosi tra le braccia del ragazzo che era sulla porta, che fece appena in tempo a lasciar cadere a terra il suo zaino per afferrare il bambino.
«Ciao ometto» esclamò il ragazzo, ridacchiando e facendo girare Dylan. Eileen sorrise, sentendosi incredibilmente in imbarazzo, mentre osservava attentamente il ragazzo cercando di cogliere ogni singolo particolare.
Era alto, sicuramente molto più di lei, il fisico asciutto con appena un accenno di muscoli. Aveva i capelli biondi, chiaramente tinti, e un paio di occhi azzurri cristallini che ogni tanto le lanciavano uno sguardo curioso.
Non era strano che le sembrasse un viso familiare, sicuramente qualche sua foto le era capitata sotto gli occhi, ma comunque non riuscì a trattenere un’espressione stupita, sentendo gli occhi spalancarsi e qualcosa agitarsi dentro di lei.
Dopotutto era sempre una persona famosa, e le possibilità di ritrovarselo davanti erano diventate piuttosto rare a causa del costante aumento dei fan e di conseguenza delle misure di sicurezza. Anche se per lei non aveva tutta questa importanza vederlo, piuttosto si ritrovò a chiedersi con orrore per quale motivo si trovasse lì, cominciando a temere per la sorte del proprio lavoro.
Quando finalmente il bambino saltò giù dalle sue braccia, corse verso Eileen e le prese la mano con un gran sorriso, mentre il ragazzo la guardava dubbioso.
«Lei è Lee» farfugliò il bambino. Eileen ridacchiò e il ragazzo sorrise spontaneamente, mettendo in mostra una fila di denti perfetta, chiaro segno che avesse portato l’apparecchio.
Il ragazzo le si avvicinò tendendo una mano.
«Ciao, io sono Niall, il fratello di Greg» si presentò. Eileen strinse goffamente la mano destra di Niall con la sinistra, perché la destra la teneva stretta Dylan.
«E io sono Eileen, la baby sitter di Dylan» rispose lei, con voce un po’ strana, perché sentiva improvvisamente la gola secca. Niall alzò impercettibilmente un sopracciglio e piegò un poco la testa di lato.
«Greg non mi aveva detto di aver assunto una baby sitter» osservò, chiaramente dubbioso. Eileen sentì il sangue colorarle le guance e si strinse nelle spalle senza sapere come rispondere.
«Guarda zio, guarda cosa ha costruito Lee» strillò di nuovo Dylan, togliendo i due ragazzi da quel silenzio imbarazzante. Niall sorrise al bambino e lo seguì in salotto, accucciandosi accanto a lui mentre gli mostrava il castello ormai mezzo distrutto.
«Oh, è brava la tua amica» commentò Niall. Eileen si morse il labbro inferiore per frenare quell’improvvisa voglia di sorridere e Niall si voltò verso di lei lanciandole uno sguardo sfuggente, leggermente rosso sulle guance.
«Si» gongolò Dylan, facendo uno splendido sorriso ad entrambi, gli occhi, identici a quelli di Niall, che gli brillavano di gioia. All’istante Eileen capì a cosa era dovuto il suo strano comportamento: sicuramente Greg gli aveva detto che lo zio doveva arrivare e lui, da bravo bambino, non riusciva a non essere elettrizzato per qualsiasi novità.
Niall si tirò di nuovo su, mentre Dylan riprendeva a giocare con la sua macchinina, tutta l’inquietudine spazzata via dall’arrivo del ragazzo, ignorandoli completamente  e permettendo ai due di fissarsi senza ritegno, ognuno con mille domande in testa, sicuramente di natura diversa ma alle quali avrebbero voluto immediata risposta.
«Denise non è in casa?» chiese Niall, superando Eileen e dirigendosi in cucina. Eileen deglutì, lanciò un’occhiata a Dylan che era perso nel suo mondo, poi decise di seguire Niall che nel frattempo era arrivato al frigorifero e stava cercando qualcosa da mangiare.
«No, lei e Greg rientreranno tardi questa sera» rispose Eileen, seguendo con gli occhi ogni suo singolo movimento, leggermente infastidita dal fatto che lui si comportasse come se fosse a casa sua. Era una sensazione decisamente fuori luogo e ingiustificata, ma si sentiva stranamente in imbarazzo e non riusciva a capire come gestire la situazione.
Niall, trovato quello che stava cercando, si tirò su e puntò nuovamente i suoi occhi su Eileen, immobilizzandola sul posto con quelle iridi talmente chiare e profonde che le sembrava poterci annegare dentro.
«Da quanto tempo, ehm, lavori qui?» le chiese, scuotendo leggermente la testa e arricciando il naso, probabilmente trovando assurda la domanda.
Eileen respirò e tentò di distogliere lo sguardo, trovandolo dannatamente difficile; era come se i suoi occhi fossero il polo di una calamita e quelli di Niall il polo opposto.
«Una settimana» rispose, riuscendo finalmente a guardare da un’altra parte, ovvero le sue dita che giocherellavano nervose con il cordoncino del braccialetto che le aveva regalato Riley l’estate scorsa. Ci aveva fatto incidere le loro iniziali sopra e Eileen l’aveva amato così tanto da non toglierselo mai, così che a causa del sole e della pallida abbronzatura sul suo braccio rimanesse lo stampo di quel bracciale che sarebbe rimasto indelebile come la loro amicizia. Quando riportò gli occhi su Niall, lo trovò a fissarla curioso, portandosi la lattina di birra alle labbra e bevendone un sorso. Eileen ebbe un singulto e fece inconsciamente un passo indietro, attirando l’attenzione del ragazzo che dopo quella mossa la guardò con un filo di preoccupazione, probabilmente pensando che fosse pazza.
Ma Eileen non ebbe il tempo di preoccuparsi di questo, perché sentì la porta di casa spalancarsi e, in una reazione automatica, corse da Dylan, per pararsi davanti a lui preoccupata.
Non era paranoica, né troppo apprensiva, ma aveva ascoltato bene le raccomandazioni che Denise le aveva dato il primo giorno: c’erano stati diversi furti in quella zona della città, anche in pieno giorno, per quello le aveva quasi ordinato di chiudere sempre la porta a chiave quando lei e Dylan erano soli in casa. Probabilmente Niall non ne era al corrente e non l’aveva fatto, per questo Eileen si precipitò da Dylan, per poi scorgere con sollievo la figura di Denise fare l’ingresso in casa.
«Eileen, perché c’era la porta di casa aperta? Ti avevo detto di chiuderti dentro sempre, per l’amor di Dio!» Esclamò Denise, posandosi una mano sul cuore nel vedere che il bambino e la sua baby sitter erano sani e salvi nel suo salotto di casa. Denise sospirò e Eileen fece appena in tempo a prendere fiato per giustificarsi, quando sentì una presenza alle sue spalle e capì che Niall l’aveva seguita probabilmente per capire il motivo di quella strana reazione. Denise si illuminò in un sorriso ed Eileen si voltò per vedere Niall fare lo stesso, per poi poggiare la lattina di birra su una mensola e superarla a braccia aperte.
«Niall, sei già arrivato!» esclamò Denise, stringendolo in un abbraccio. Lui ridacchiò mentre Dylan saltava in piedi per battere le mani e aggrapparsi alla gamba della mamma, evidentemente geloso.
«Si e tuo marito mi ha mollato all’aeroporto» scherzò, facendo sbuffare esasperata Denise.
«Immaginavo si sarebbe dimenticato, però la colpa è anche un po’ mia: con tutto il lavoro che abbiamo negli ultimi giorni mi è passato completamente di mente, così ho preso un permesso appena mi sono ricordata» si giustificò, gesticolando animatamente. Niall rise ed Eileen sentì qualcosa contorcersi nel suo stomaco. Ci mise una mano sopra, per paura che fosse una reazione alla fame che cominciava a sentire e che il rumore potesse arrivare alle orecchie dei presenti.
A quel punto Denise si voltò verso di lei e le sorrise, poggiando entrambe le mani sulle spalle di Niall e facendolo voltare verso di lei. Niall arrossì e le lanciò uno sguardo veloce, per poi guardare leggermente allarmato Denise.
«Spero vi siate già presentati, Eileen» cominciò, con un sorriso entusiasta, «Niall si fermerà da noi tutta l’estate» annunciò con entusiasmo. Eileen si sforzò di sorridere, mentre dentro di se si sentiva sprofondare.
«Andiamo, cosa sono quelle facce imbarazzate? Non fate i timidi, dovrete stare praticamente tutti i giorni insieme! » esclamò, dando una leggera spintarella a Niall in direzione di Eileen. I due si guardarono per una frazione di secondo e arrossirono entrambi, poi Dylan si alzò dal tappeto lasciando stare le sue costruzioni e salvandoli di nuovo dall’imbarazzo di non saper cosa dire.
«Si, zio e Lee giocano insieme a Dylan!» squittì, prendendo la mano dello zio e allungando l’altra verso Eileen. Denise scoppiò a ridere mentre i due si guardavano di nuovo, rossi fino alla punta dei capelli.
«Si, Dylan, certo» acconsentì Denise, scompigliandogli i capelli e facendolo ridacchiare, mentre lui rinunciava a prendere la mano di Eileen, completamente immobilizzata sul posto, accontentandosi di suo zio che si buttò praticamente sul tappeto accanto a lui con un gran sorriso. Dylan batté di nuovo le mani e rise, mentre Niall cominciava a fargli il solletico.
«Bene, io vado a preparare la cena. Niall, tu dormi nella camera degli ospiti, quando vuoi andare a sistemarti fai pure» gli disse con un sorriso affettuoso. Il ragazzo annuì ridacchiando senza smettere di giocare con il bambino. Quando Denise richiamò l’attenzione di Eileen, si accorse che stava sorridendo da un tempo indefinito e si impose di assumere un’espressione neutra per non destare strani e inutili sospetti.
«Vuoi fermarti a cena, Eileen?» le chiese Denise.
Eileen tornò all’improvviso in se e scosse la testa, rifiutando con un sorriso.
«No, grazie, è meglio che torni a casa» mormorò frettolosamente, constatando che la sua presenza non fosse più indispensabile, cominciando a recuperare le sue cose. Denise aggrottò le sopracciglia e fece una smorfia di disappunto.
«Ma no, ti avevo chiesto di rimanere fino a tardi questa sera, magari ti ho anche impedito di prendere altri impegni» ci riprovò Denise, ma Eileen ormai aveva ritrovato la sua borsa e si stava avviando verso la porta d’ingresso. Passò accanto a Dylan e, trattenendo il respiro ed evitando di guardare quel paio di occhi azzurri che la stavano fissando, stampò un piccolo bacio sulla guancia morbida del bambino, che le fece un gran sorriso.
«No, tranquilla Denise, non voglio essere d’impiccio. Ci vediamo domani» le disse, con un sorriso. La donna si arrese con un sospiro fintamente esasperato.
«Come vuoi, allora. Grazie per oggi» le disse, mentre lei apriva la porta.
«Dovere» rispose facendole un piccolo sorriso, per poi voltarsi verso Niall e arrossire, sforzandosi di mantenere lo stesso sorriso sulle labbra.
«C-ciao» balbettò, facendo un gesto con la mano. Il ragazzo ricambiò, aggiungendoci anche un sorriso che per un secondo fermò il cuore di Eileen, prima che lei riuscisse finalmente a chiudersi la porta alle spalle per tornare a respirare.
 
 
Quando arrivò a casa era ormai scesa la sera e fu stupita di scorgere una sagoma seduta sulle scale d’ingresso. La paura non la sfiorò nemmeno per un secondo, perché avrebbe riconosciuto quel profilo tra milioni: il naso perfetto, le labbra scolpite e la mascella forte, da vero duro. Ma Riley era tutto tranne che duro, era un ragazzo adorabile, gli si leggeva in quegli occhi caramello che amava il mondo e si capiva dal suo sorriso dolce che non avrebbe mai fatto del male neanche ad una mosca. Eileen ricambiò il suo sorriso, sedendosi accanto a lui sull’ultimo scalino, sfiorandogli i capelli scuri con la mano.
«Ciao» lo salutò, poggiando la testa sulla sua spalla. Riley sospirò e sorrise, stringendole un braccio intorno alle spalle. Era una settimana che non si vedevano, precisamente dalla festa di fine anno, e quattro giorni che non si sentivano, cioè da quando Riley l’aveva chiamata per chiederle se si fosse ripresa dalla sbronza che l’aveva costretto ad accompagnarla fino in camera sua perché lei era troppo brilla anche solo per poter camminare e salire le scale senza rotolare giù.
Se ci pensava quello era stato decisamente il periodo più lungo in cui erano stati lontani, probabilmente a causa del nuovo lavoro di Eileen che le aveva impedito di presentarsi a casa sua tutti i pomeriggi come era solita fare.
«Tuo padre non c’è» la informò Riley, accennando al fatto che le luci in casa fossero tutte spente e che mancasse la macchina del diretto interessato parcheggiata come sempre davanti al vialetto. Eileen si strinse nelle spalle facendo una smorfia.
«Strano, deve essersi ricordato che ha un lavoro e una figlia da mantenere»
«Tu ti mantieni benissimo da sola, lo hai sempre fatto» replicò al volo Riley, guardandola e sorridendole. Eileen gli diede una spallata giocosa e lui le fece l’occhiolino.
«Già»
Dopotutto il lavoro del padre non era dei migliori, e anche quando si presentava non guadagnava niente di che, il giusto indispensabile per rifornire il frigorifero di birre e altri alcolici. Faceva il magazziniere, non a tempo pieno, e veniva chiamato solo quando c’era veramente bisogno di lui. Eileen fino a quel momento era andata avanti con i soldi che lo stato le forniva per la morte della madre.
«A proposito, sono giorni che sei introvabile. Dove vai a fare casini?» le chiese lui, assumendo un finto tono autorevole e facendola tornare alla realtà. Eileen lo guardò alzando entrambe le sopracciglia.
«Stupido, io sono una ragazza per bene. Ho trovato lavoro come baby sitter, per la fine dell’estate conto di mettere da parte i soldi per partire con voi» lo informò facendo poi un gran sorriso che fu immediatamente ricambiato da quello piacevolmente sorpreso del suo amico.
«A Dublino con noi, dici sul serio?»
«Si, se riesco a mantenermi il lavoro. Voglio andarmene di qui»
«Ma è fantastico, Leen!» esclamò Riley. Lei lo guardò sorridendo, cercando di mantenere la calma e di non lasciarsi troppo andare alla speranza.
«Si, ma frena l’entusiasmo. Non sono così sicura di potercela fare»
«Perché?» chiese lui, abbassando il tono di voce, scrutandola preoccupato. Lei prese un bel respiro ed esternò la preoccupazione che l’aveva colpita dall’arrivo di quel ragazzo in città.
«Beh, oggi, tanto per ricordarmi quanto la fortuna gira dalla mia parte, lo zio del bambino è tornato in città e si fermerà per tutta l’estate. Ho paura che dato il fatto che c’è lui mi manderanno a casa»
«Oh, accidenti» si lasciò sfuggire Riley. Eileen sospirò abbattuta, guardandosi la punta delle scarpe.
«Si, lo so»
«Beh, chiedi a lui di aiutarti. Magari è tornato per rilassarsi e non ha voglia di stare dietro a un bambino capriccioso» si riprese Riley, facendole un sorriso incoraggiante e cercando come sempre di vedere il lato positivo di qualsiasi cosa. Eileen a quel punto non poté fare a meno di sentirsi un pochino meglio, Riley ci riusciva sempre, e fece un piccolo sorriso.
«Lo spero. Io…io ho bisogno di quei soldi. Voglio andarmene via di qui, non voglio più avere niente a che fare con Mark» mormorò, un nodo che le chiuse improvvisamente la gola e gli occhi che le cominciarono a bruciare. Riley si accorse all’istante del cambiamento dell’atmosfera e la strinse ancora più forte, baciandole la testa.
«Ce la farai, Leen. Ti aiuteremo noi» le sussurrò, sfregando la mano sul suo braccio. Eileen a quelle parole fece uno scatto, allontanandosi il possibile per guardarlo bene negli occhi.
«No, non voglio i vostri soldi, avete già abbastanza cose da pagare» gli ripeté per l’ennesima volta, facendolo sbuffare e alzare gli occhi al cielo.
«Oh, andiamo Leen! Sai che mi finanzia tutto mio padre, non farti questi problemi! Me li ridaresti, con gli interessi se vuoi» ammiccò, ammorbidendo la sua espressione esasperata con un sorriso. Eileen tirò su con il naso e si sfregò gli occhi con le dita per evitare di piangere.
«Grazie, Riley» borbottò. Lui scoppiò a ridere e all’istante tutta l’atmosfera si alleggerì.
«Beh, intanto per farti ripagare potresti farmi entrare in casa e ordinare una bella pizza. Il mio stomaco ha fame» scherzò, alzandosi in piedi e tendendo una mano a Eileen per aiutarla a fare lo stesso.
«Come mai non sei con Heidi sta sera?» le chiese lei, mentre apriva la porta di casa con le chiavi, rientrando per una volta senza la paura di incontrare e dover discutere con Mark.
«Volevo passare una serata tra amici» rispose Riley, stringendosi innocentemente nelle spalle. Eileen lo guardò per qualche secondo con un sopracciglio alzato, infine lui le scoccò un grande sorriso che le fece capire tutto.
«Heidi è a cena dal padre vero?»
«Già»
«Così mi offendi signor Lockwood, mi fai sentire un ripiego» borbottò Eileen mettendo il broncio. Riley scoppiò a ridere e l’abbracciò.
«Stupida, lo sai che ti voglio bene». Eileen si strinse al suo petto, rilassandosi tra quelle braccia così calde e familiari e sospirò.
«Si, solo quando ti pare» mormorò, facendolo ridacchiare.
«Dai, chiama la pizzeria, io intanto scelgo un film da guardare, ti faccio compagnia finché non torna Mark» disse Riley, sciogliendo l’abbraccio e guardandola quel poco per accorgersi dell’ombra che si impossessò del suo viso a sentire quel nome. Ma non fece in tempo a dirle o a chiederle niente, perché Eileen schizzò in cucina prendendo il telefono e a Riley non rimase altro che buttarsi sul divano e scegliere qualcosa di divertente da guardare per tirare un po’ su di morale la sua amica.
 











Lui è Riley :3





Ciaaaao splendori! :D
Oddio, in questi giorni stanno succedendo tante di quelle cose che non so da che parte cominciare o.o
Allora, la canzone?
Si, la canzone.
jahdaicnaèdskj ** sarà commerciale, sarà simile a tutte le altre, sarà che tutti si aspettavano qualcosa di più ma...
dio, io la amo **
Sul serio, da quando l'hanno fatta sentire la prima volta alla radio (ed io erano ben 3 ore che ero sintonizzata e penso di aver minacciato di morte in tutti i modi possibili quel tizio che parlava, ogni volta che diceva Best song ever e poi mandava qualche altra fottuta canzone), beh, non riesco a smettere di sentirla, è più forte di me.
Credo che arriverò ad odiarla prima o poi se continuo così....HAHAHAHA ma che dico? :')
Comunque, sto pubblicando oggi perchè so che se lo facessi domani non saprei cosa dire.
Primo, perchè sarò rincoglionita tutto il giorno a vedere e rivedere il video.
Secondo, perchè sarò occupata tutto il giorno a piangere perchè domani sono tre anni...e loro stanno crescendo...e mi mancano i ragazzi delle scale...e...ooookay, basta!
Passiamo alle cose importanti (?)
Finalmente i due si incontrano! :3
Lo so che è ancora un po' confuso, e magari può anche annoiare, ma io spero che abbiate un po' pazienza e che seguirete questa storia.
Sono solo i primi capitoli, Niall ed Eileen hanno ancora tantissime cose da dirvi ;)
Poooi, in questo capitolo c'è un nuovo personaggio :D
Io, personalmente, lo adoro :3
Voi che ne pensate?
Dai, fatevi sentire, lo so che ci siete...io ne ho bisogno!
Ora vado, spero vi piaccia :)
Sara.

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Capitolo 4
*** True friend. ***






 


 

4. True friend.

 




 
Quando finalmente, quella sera, Greg rientrò in casa, Niall poté tirare un sospiro di sollievo e alzarsi in piedi dal tappeto sotterrato da costruzioni per sgranchirsi le gambe. Da quando era arrivato, Dylan non gli aveva dato un attimo di tregua, costringendolo a giocare tutto il tempo con lui, minacciando di mettersi a piangere se non gli avesse dato retta.
Niall, per amore di Denise che era impegnata a cucinare la cena anche per lui, accontentò le richieste del piccolo senza fare tante storie, anche perché sperava che per Dylan fosse solo la novità e che si stancasse presto di giocare con quello zio piuttosto disponibile.
Denise di sicuro era in debito con lui per quella sera, debito che sperava ripagasse subito con una delle sue squisite cene che era solita preparargli le poche volte che passava a trovarli.
Greg e Denise erano sposati da tre anni e lui era stato il loro testimone, sicuramente la causa per la quale il matrimonio, quel giorno, stava per andare all’aria: appena si erano venuti a sapere il luogo e l’ora del matrimonio, decine di fan avevano circondato la chiesa, rischiando di rovinare il giorno più importante della loro vita. Niall si sentiva infinitamente colpevole, ma non aveva potuto farci niente, aveva dovuto abbozzare e cercare di firmare più autografi possibile e a sorridere a tutte le foto che gli erano state richieste, o altrimenti sarebbe passato per la super star scorbutica che odiava i propri fan.
Ovviamente non era così, ma dentro di se sapeva che quel giorno le sue fan avevano davvero esagerato, mettendolo in imbarazzo con tutta la sua famiglia che per l’intera cerimonia e durante il ricevimento gli avevano lanciato occhiatacce bisbigliando qualcosa di maligno tra di loro.
Solo quando la sera, verso la fine del ricevimento, Denise l’aveva trovato raggomitolato sotto un albero in giardino, scuro in viso mentre torturava delle margherite, aveva capito che lui non c’entrava niente, o almeno non direttamente.
Denise, incurante del fatto che il suo vestito bianco dovesse rimanere immacolato o quanto meno presentabile, si lasciò cadere accanto a lui e gli posò una mano sul ginocchio, attirando il suo sguardo e sorridendogli rassicurante.
«Smettila di torturarti, Niall, non è colpa tua» gli aveva detto con quella sua voce dolce.
«Ti ho rovinato il matrimonio, se non ci fossi stato io sarebbe stato tutto perfetto»
«Non hai rovinato proprio un bel niente! E se non ci fossi stato tu sarebbe stato uno schifo. Sai che certe cose mi elettrizzano; scappare dal retro della chiesa è stato eccitante! Andiamo, chi lo vuole un matrimonio noioso e vecchio stile?» aveva ribattuto Denise con una risata.
Niall adorava quella donna, ormai era ufficiale, ed era veramente felice che Greg avesse trovato una come lei.
Per questo, ogni volta che aveva un attimo di pausa con i ragazzi, e Denise lo invitava a stare un po’ a casa loro, lui non riusciva mai a rifiutare e correva. Un giorno avrebbe dovuto portarci anche i ragazzi, si sarebbero divertiti con Dylan e finalmente avrebbero capito per quale motivo Niall avesse sempre un così buon appetito: le donne irlandesi erano ottime cuoche.
«Fratellino, quanto tempo!» la voce squillante e un po’ brusca di Greg lo riportò alla realtà, appena in tempo per essere stretto in un abbraccio da orso.
Greg era alto quanto lui ma un po’ più robusto, prima che il lavoro lo assorbisse interamente andava regolarmente in palestra tre volte a settimana. Da quando era nato Dylan la sua palestra era corrergli dietro quando lo portava al parco e sopportare tutti i suoi capricci, ma nonostante questo aveva mantenuto la sua massa muscolare, per questo non gli fu difficile sollevare da terra il suo fratellino.
Quando Niall non sentì più il pavimento sotto i piedi lo colpì con un debole pugno sulla schiena che lo fece ridacchiare, anche se secondo Niall sarebbe dovuto servire a fare altro.
Tipo almeno a provocargli anche il minimo dolore costringendolo a rimetterlo a terra.
Come sempre, però, ci pensò Dylan a riportare tutti all’ordine.
«Papà» urlò, con un cipiglio frustrato sul volto. Greg finalmente lasciò andare Niall, che riprese finalmente a respirare, e sollevò in aria il bambino che cominciò a ridacchiare.
«Ciao, ometto!» lo salutò, lanciandolo in aria e riprendendolo al volo, per baciargli la guancia.
«Oh Cielo! Greg, mettilo giù!» capitolò Denise, con una mano sul cuore e gli occhi sbarrati alla vista del suo bambino lanciato in aria. Niall ridacchiò, mentre Greg riprendeva Dylan e lo posava a terra, facendolo imbronciare, sotto lo sguardo fulminante di Denise.
«Andiamo, donna, non ti fidi di me?» le chiese ridendo, per poi fare due passi lunghi e afferrarla per la vita. Lei cercò di divincolarsi senza riuscire a trattenere il sorriso, mentre Dylan ridacchiava e Niall li guardava a braccia incrociate scuotendo la testa divertito.
Greg lasciò andare Denise solo dopo essere riuscito a scoccare un bel bacio sulle sue labbra sorridenti, per poi concentrare tutta la sua attenzione su Niall, che lo guardava con un sopracciglio alzato.
«Non devi dirmi niente, fratello?» ammiccò Niall, facendogli roteare gli occhi al cielo.
«Oh, andiamo, mi dispiace! Non è colpa mia se avevo la giornata piena di appuntamenti, non vorrai portarmi rancore a vita per non esserti venuto a prendere»
«Greg, stavo scherzando» si affrettò a precisare Niall davanti alle lamentele del fratello, che fece sparire subito quell’espressione scocciata, per sostituirla con un gran sorriso. Gli mollò una pacca sulla spalla e Niall roteò gli occhi al cielo, sorridendo.
«Allora, com’è andato il viaggio?» gli chiese, mentre Denise portava loro due birre e con un altro dolce sorriso si ritirava in cucina a finire di cucinare. Nel frattempo Dylan era stato completamente assorbito da un cartone animato che stavano trasmettendo alla tv e i due erano liberi di parlare in tranquillità, come non facevano da forse troppo tempo.
Il lavoro di Niall lo teneva lontano dalla sua famiglia per periodi a volte troppo lunghi da sopportare, impedendogli anche solo di poter fare una semplice telefonata, e i due non si parlavano come si deve da almeno due mesi, se non si consideravano i messaggi telegrafici e le telefonate fatte di «Allora, stai bene?», «Si, tutto a posto», «Ti chiamo appena ho tempo».
Tempo che purtroppo Niall non riusciva a trovare mai e, forse, da quel punto di vista era un bene che avessero quei tre mesi di pausa, aveva un sacco di cose da recuperare, come il fatto che si stesse perdendo gli anni più belli del suo nipotino, che era riuscito a vedere al massimo cinque volte dal giorno della sua nascita.
Quindi con un bel sorriso e un sospiro raccontò a Greg del viaggio, di Londra, dei suoi amici, lo aggiornò su tutto quello che aveva fatto dall’ultima volta che si erano visti, e Greg invece lo mise al corrente di tutte le cose che invece si era perso lui.
Era come se si stessero leggendo ognuno il diario dell’altro, le frasi e le parole si accavallavano per la fretta con cui venivano pronunciate, come se avessero paura di dimenticarsele e facendo si che l’altro si perdesse una parte importante.
Non erano andati sempre d’accordo; come tutti i fratelli, quando erano più piccoli non facevano che litigare, soprattutto per il fatto che Niall pretendeva di uscire con lui e con i suoi amici. Ma Greg era più grande di due anni e non era certo un onore portarsi dietro il fratellino più piccolo. Ma crescendo avevano lasciato da parte tutte le loro ostilità e si erano scoperti ottimi amici tra di loro, ottimi confidenti sui quali potevano sempre e comunque fare affidamento. Perché si sa, al mondo, ci si può fidare ciecamente solo della propria famiglia.
«Allora…» cominciò Niall, schiarendosi la gola nervosamente dopo qualche minuto di silenzio ognuno perso tra i proprio pensieri, «Non mi avevi detto che avevi assunto una baby sitter».
Greg alzò immediatamente gli occhi su di lui, sorpreso dallo strano tono di voce, fissandolo sospettoso. Niall corrugò le sopracciglia e si schiarì di nuovo la gola.
«Insomma, sai che ho rischiato ucciderla? O cominciare ad urlare? Pensavo volesse rapire Dylan!» esclamò, allargando le braccia. Greg scoppiò a ridere e Dylan lanciò ad entrambi un’occhiata di fuoco per averlo distratto dal suo cartone animato.
Greg frenò subito la sua risata e lanciò un’occhiata a Niall, che aspettava leggermente impaziente la sua risposta.
«Io non avevo intenzione di assumere nessuno, ma a quanto pare per Denise era indispensabile» cominciò, alzando gli occhi al cielo e sbruffando. Niall si mise comodo, stranamente interessato al racconto.
«Da una parte ha ragione: il ragazzino è un po’ difficile da tenere buono, e con il nostro lavoro è praticamente impossibile. Ma la cosa che mi scoccia è che ha fatto tutto da sola senza consultarmi!» esclamò, lanciando un’occhiata alla porta della cucina, preoccupato che sua moglie avesse potuto sentirlo. Abbassando la voce, si avvicinò ancora di più a Niall, chiarendo che quella conversazione dovesse rimanere tra loro due.
«Tu hai rischiato di urlare, figurati io che mi sono trovato una sconosciuta in casa che teneva in braccio mio figlio!». Niall ridacchiò sotto i baffi, immaginandosi la scena e la quasi sicura reazione spropositata di Greg. La verità era che lui non aveva neanche avuto il tempo di pensare di fare qualcosa, perché Dylan gli era schizzato tra le braccia e aveva pensato lui a presentargli la ragazza, chiarendogli subito che non fosse un’estranea in procinto di rapirlo.
Ma doveva ammettere che se il ragazzino gli avesse dato mezzo secondo di più avrebbe iniziato sul serio a preoccuparsi.
«E poi odio quando Denise mi tiene all’oscuro di tutto» riprese Greg, lanciandogli un’occhiata esasperata a cui lui ricambiò con un sorrisetto,  «Mi ha detto solo: “Fidati, è una brava ragazza, non metto nostro figlio in mani sbagliate”. Nient’altro. E conosci Denise, potevo obiettare? Certo, mi sembra una brava ragazza, e non dubito che lo sia, Dylan si diverte con lei, ma sono ancora titubante sul fatto di lasciare il piccoletto nelle mani di una sconosciuta. Quindi mi chiedevo se tu…» Greg ormai si era lasciato andare a un completo monologo e Niall aveva deciso di lasciarlo fare, probabilmente aveva bisogno di sfogarsi. Solo quando gli lanciò quell’occhiata e Niall vide il solito leggero rossore che appariva sul suo viso quando doveva fare una richiesta, collegò le sue parole alla sua espressione. Si allarmò all’istante e alzò le mani davanti a se, bloccando quel fiume di parole senza fine.
«Oh, frena fratello!» esclamò, lanciando un’occhiata di sfuggita a Dylan, che li ignorava completamente. Abbassò la voce e scosse la testa, guardando seriamente suo fratello.
«Non provarci neanche, quando mi hai detto che potevo venire a stare da te nell’offerta non era incluso il dove fare da baby sitter al marmocchio» gli ricordò. Greg strinse le labbra e Niall alzò gli occhi al cielo, capendo in pieno le sue intenzioni.
«Ma sei suo zio, lui ti adora»
«Si, anche io e non vorrei che questo cambiasse dovendomi trovare a stretto contatto con lui ventiquattro ore al giorno. Mi piacciono i bambini, ma solo quando posso giocare con loro decidendo quando smettere, senza alcun obbligo. Ti ricordo che io sono in vacanza» gli disse con voce decisa, lasciando per una volta da parte quella sua mania di accontentare qualsiasi richiesta; era felice di trovarsi lì, anche se avrebbe preferito rimanere a Londra con i suoi amici, ma sicuramente non aveva intenzione di mettersi a lavorare, perché proprio di un lavoro si trattava, forse il più faticoso e stressante di tutti. E lui era li, fondamentalmente, per rilassarsi.
«Come vuoi, era solo un idea» borbottò Greg, sventolando una mano in aria con espressione esageratamente delusa. Niall alzò gli occhi al cielo e si impose di non ripensarci, per una volta voleva preoccuparsi per prima cosa della sua salute mentale.
«Ecco, vedi di non fartene venire altre. E poi avete appena assunto quella ragazza…com’è che si chiama?» si illuminò, trovando una scusa che gli sembrava più che giusta per rifiutare.
«Eileen». A quel nome, non sapeva perché, ma sentì un brivido. Comunque lo ignorò, per riservare un sorrisetto convincente a Greg, che lo guardava con un sopracciglio alzato.
«Ecco, l’avete appena assunta non potete mandarla via subito, non senza un buon motivo. E poi si vede che Dylan già le vuole bene, ci rimarrebbe male se sparisse da un giorno all’altro» disse, stringendosi nelle spalle soddisfatto. Greg grugnì qualcosa e con un sorriso esasperato gli lanciò un’occhiataccia.
«Sei proprio uno stronzetto»
«Ho ripreso tutto da te, fratello» gli scoccò un gran sorriso e Greg sbruffò, dandogli una spintarella sulla spalla.
«Si, e dovresti ritenerti fortunato»
«Ragazzi, è pronta la cena!» li chiamo Denise dall’altra stanza, interrompendo i loro discorsi e facendo illuminare i visi di entrambi.
«Andiamo a riempire questi stomaci brontolanti» disse Greg, battendosi una mano sullo stomaco. Niall schizzò in piedi, già sentendo l’acquolina in bocca e qualcosa dentro di se attivarsi.
«Non potevi dire cosa migliore».
 
 
 
Dopo aver divorato con gusto fino allo sfinimento la cena preparata da Denise, che mentre mangiava lo guardava con un misto di disgusto e soddisfazione, Niall si lasciò andare con la schiena all’indietro, poggiandosi sulla sedia e portandosi le mani sullo stomaco ormai pieno.
«Dio, Denise, se mi sei mancata» esclamò con un gran sorriso, sospirando di sollievo e facendo scoppiare a ridere la donna, che si alzò scompigliandogli i capelli.
«Anche a me è mancato veder qualcuno mangiare con così tanto gusto» commentò lei in risposta, per poi lanciare un’occhiata esplicita al marito, che alzò gli occhi al cielo continuando a piluccare svogliatamente quello che era rimasto nel suo piatto.
Da quel punto di vista, Greg e Niall non si somigliavano per niente. Mentre Niall era un pozzo senza fondo e non si sognava neanche di rifiutare qualsiasi cosa che rientrasse nella categoria cibo, Greg da quando aveva smesso di andare in palestra era come ossessionato dal suo peso e ci teneva a non ingrassare troppo, per non finire come quei classici uomini sposati tutta pancia e poltrona. Per questo non finiva quasi mai quello che aveva nel piatto, costringendo Denise a cucinare sempre di meno e Niall a schifare il suo piccolo stomaco.
Proprio in quel momento, infatti, lo stava guardando con aria sconsolata.
«Se non fossi completamente pieno, fratello, ti farei vedere io come si svuota un piatto»
«Lo hai già dimostrato perfettamente, simpaticone» replicò al volo Greg facendogli una smorfia divertita. Denise sorrise davanti a quello scambio di battute e prese in braccio Dylan, che cominciava a ciondolare dal sonno.
«Okay, ragazzi, io porto Dylan a dormire. Greg, per favore, potresti sparecchiare la tavola e lavare i piatti? » chiese, sbattendo ripetutamente le palpebre, mentre il piccolo Dylan chiudeva gli occhi e si accoccolava in braccio alla mamma.
Greg saltò in piedi scoccandole un bel sorriso.
«Certo, amore! » esclamò, provocando la risata di Niall, che si alzò dietro di lui con meno agilità e sentendosi decisamente più appesantito.
Dopo aver aiutato Greg a sparecchiare, annunciò che sarebbe andato a fare una passeggiata per sgranchirsi le gambe e per respirare un po’ di aria fresca.
Greg neanche lo ascoltò, impegnato a lavare i piatti, così Niall prese il cellulare, con la batteria di nuovo carica, il suo cappellino da baseball e uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle e prendendo un bel respiro.
A Niall piaceva camminare, fosse stato per lui l’avrebbe fatto per ore intere. Gli piaceva essere da solo e ascoltare i rumori attorno a lui, finché questi non fossero stati coperti dal rumore dei suoi pensieri che avevano bisogno di venire alla luce. Ma quella sera era stanco, aveva avuto una giornata pesante e piena di novità, non aveva voglia di pensare a niente. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era sentire una voce amica che l’avrebbe riportato per un po’ alla normalità.
Camminando lentamente sul marciapiede, la strada quasi deserta e illuminata solo dalla luce della luna e dei lampioni posizionati ogni due metri, prese il suo cellulare e chiamò il secondo numero che aveva tra le chiamate rapide.
Louis rispose al secondo squillo, sull’attenti come sempre, e il suo «Ciao, irlandese!» praticamente urato con la sua voce squillante, fece subito sorridere Niall, colpito improvvisamente da un’ondata di nostalgia.
«Ehi, Lou» lo salutò, mentre sentiva la risata del suo amico dall’altra parte della cornetta. Rispondere alla domanda «Perché vuoi bene a Louis?» era semplice. Era la cosa più facile da fare per Niall: voleva bene a Louis semplicemente perché era Louis, perché aveva sempre il sorriso sulle labbra, anche quando chiunque al posto suo avrebbe voluto urlare dalla frustrazione. Era sempre allegro, voleva bene al mondo ed era sempre disponibile con tutti. Ma Niall, sostanzialmente, gli voleva bene perché gli bastava vederlo, o appunto sentirlo, per tornare a sorridere.
«Sei arrivato adesso? Com’è andato il viaggio? Tutto bene? Hai mangiato?» Louis lo tempestò con quella raffica di domande preoccupato, facendolo scoppiare a ridere.
«Louis, prendi fiato! Sto bene, sono arrivato all’ora di pranzo. E si, ho mangiato, ma sai che non c’era neanche bisogno di chiederlo. Ho praticamente svuotato il frigorifero di Greg». Louis rise di nuovo e schioccò la lingua.
«Questo è il mio ragazzo!» esclamò, facendolo sorridere.
«Tu invece? Come va a casa?» chiese Niall, calciando un sassolino e continuando a camminare. Sentì Louis sbuffare dall’altra parte e sapeva che sicuramente stava per lamentarsi di quanto fossero insopportabili le sue quattro sorelle.
«Oh, una meraviglia!» esclamò sarcastico, «Siamo riusciti a mantenere la calma per cinque minuti buoni, prima che l’anima delle streghe si impossessasse di loro e cominciassero a torturarmi» sbuffò. Niall alzò gli occhi al cielo davanti all’esagerazione dell’amico: le sue sorelle erano adorabili, un po’ fuori di testa, ma non così insopportabili come le descriveva. E Louis le adorava, poteva dire quello che voleva, ma Niall lo sentiva quando bisbigliava al telefono con Lottie e vedeva la sua faccia quando poi chiudeva la chiamata.
«Dai, l’hai detto tu che ti mancavano e che non vedevi l’ora di tornare a casa» gli ricordò Niall, riportando le sue esatte parole usate nella conversazione della sera prima, quando i ragazzi erano ancora increduli del fatto che i manager avessero dato loro un periodo di pausa così lungo.
«Si, certo» replicò Louis, ma poi Niall sentì un trambusto dall’altra parte della cornetta e la voce di Louis arrivargli leggermente ovattata.
«No…Phoebe, dammi subito quel cellulare! Mamma!» urlò. Niall scoppiò a ridere, capendo al volo cosa fosse successo.
«Oh, andiamo, Lottie, non ti ci mettere anche tu, stavo parlando con Niall! No…Lottie!» protestò ancora Louis, per poi essere sovrastato da un’altra voce melodiosa e femminile.
«Ehi, ciao irlandese» esclamò squillante al suo orecchio. Niall si ritrovò a sorridere, riconoscendo al volo la voce della più grande delle quattro sorelle.
«Ciao, Lottie»
«Non dirmi che hai chiamato perché ti manca mio fratello! Oh, andiamo è impossibile, io te lo spedirei lì in Irlanda a calci nel sedere!!» continuò a parlare a raffica Lottie, con la stessa cadenza e lo stesso tono di Louis, facendo divertire Niall, immaginandosi la faccia di Louis e i suoi tentativi di riprendersi il cellulare.
«Non essere cattiva, lui è tornato a casa anche per stare con te» le ricordò Niall con voce dolce. Lottie schioccò la lingua.
«No, è tornato a casa per urtarmi il sistema nervoso e…oh, aspetta, Lou!» la sua voce venne di nuovo interrotta da una strana confusione, poi una porta che veniva chiusa sbattendo e la voce di Louis che tornava a prendere il comando.
«Eccomi, scusa, sono chiuso in bagno. Qui non verrò assalito da quelle quattro streghe»
«Ma dai, sono simpatiche» esclamò Niall ridacchiando.
Dall’altra parte della cornetta poteva sentire Lottie bussare insistentemente alla porta e urlare di salutarle “quell’adorabile irlandese”. Louis sbruffò e Niall sorrise.
«Si, certo, solo perché non sei costretto ad avere a che fare con loro ventiquattro ore al giorno»
«Ricordati che io ho a che fare con un bambino di tre anni»
«Beh, uno è sicuramente meglio di quattro, femmine. Prova a capirmi, non fanno altro che parlare di ragazzi, smalti, profumi e vestiti. Non ne posso più!» sbottò esasperato.
«Beh, da questo punto di vista sono stato più fortunato di te. Quando Dylan parla è per chiedere da mangiare o per giocare, ancora nessuna lamentela»
«Vedi? Sono sicuro che rimpiangerò di non essere rimasto a Londra. E poi, Niall, mi manca Harry» mugugnò, cambiando improvvisamente tono di voce e sospirando abbattuto. Niall si rattristò all’istante e il sorriso gli scomparve dalla faccia.
Sapeva perfettamente che prima o poi gliel’avrebbe detto; con lui si confidava sempre e ormai aveva perso il conto delle volte in cui avevano parlato di quell’argomento, la maggior parte finita con le lacrime amare e silenziose di Louis e il cuore spezzato di Niall che cercava di consolarlo.
«Vai a trovarlo» gli consigliò, anche se sapeva che era un’opzione che non poteva prendere in considerazione.
«Scherzi? Se faccio una cosa del genere e qualcuno mi vede si scatena di nuovo l’inferno. Lo sai che al massimo possiamo solo sentirci, siamo entrambi stufi di questa situazione» mormorò infatti Louis.
Niall sospirò, dandogli mentalmente ragione. La verità era che tutti erano un po’ stufi del fatto che quei due non potessero neanche guardarsi in faccia o avrebbero pensato che fossero gay e stavano insieme. Era diventato assurdo il modo in cui le loro fan creavano storie e vedevano particolari ai quali loro non facevano neanche caso.
Quelle voci insistenti stavano rovinando la loro amicizia, e non ne potevano davvero più.
La verità era che loro solo potevano sapere come stavano le cose e le loro fan dovevano accettarlo, possibilmente lasciandogli vivere la loro vita, senza fastidiosi intralci.
«Lo so, hai ragione» borbottò Niall.
«Già»
«Dai, cerca di non pensarci…Eleanor che dice?» cercò di cambiare discorso, perché non ce la faceva a pensare a Louis triste, era inconcepibile.
«Oh, anche lei se ne sta in vacanza con la sua famiglia, tornerà solo la prossima settimana e già non ne posso più» esclamò il suo amico, riprendendo un po’ della sua solita vitalità. Niall tornò a sorridere e alzò gli occhi al cielo.
«Louis, tu ti stanchi troppo facilmente, hai resistenza zero»
«Puoi dirlo forte! Tu invece, hai adocchiato qualche bella ragazza irlandese pronta a cucinare per te?» gli chiese con voce provocante. Niall si bloccò improvvisamente sul posto, mentre il pensiero della ragazza che aveva trovato in casa gli invase la mente. Sentì una strana vibrazione all’altezza del petto al ricordo di quel paio di occhi verdi che lo scrutavano curiosi e quel rossore che le aveva colorato le guance leggermente paffute. Senza rendersene conto, Niall si chiese come sarebbe stato sfiorarle con le dita, sentire la loro consistenza che a prima vista sembrava incredibilmente morbida.
«No, direi di no» mentì, scuotendo la testa per scacciare quell’assurdo pensiero.
«Beh, non ti abbattere, sei arrivato solo oggi. Hai tutta l’estate per spezzare un po’ di cuoricini» cercò di tirarlo su Louis, ridacchiando e dimenticandosi del fatto che neanche due secondi prima era lui quello che aveva bisogno di essere rincuorato.
«Non ho intenzione di farlo, lo sai»
«Oh, già, tu sei quello sensibile che preferisce stare da solo per non far soffrire nessuno. Beh, se continui così mi diventerai cieco, amico» esclamò, per poi scoppiare a ridere da solo alla sua squallida battuta.
«Oh, Louis!» replicò Niall, facendo una smorfia e sentendosi avvampare.
«Che vuoi? Lo sappiamo tutti che cosa fai quando rimani in bagno per…» Louis si interruppe per mezzo secondo e poi esplose, chiaramente non rivolto a lui.
«Che c’è?! Si, si, arrivo! Dio, non ho un attimo di tregua qui dentro!» sbottò, per poi tornare ad un tono di voce normale.
«Niall, ti devo salutare, il mondo ha bisogno di me»
«Certo, superman, vai a fare del bene» rispose Niall ridendo.
«Ci puoi contare, biondino. Si, Lottie, si, te lo saluto il tuo tenero irlandese. Mi chiedo ancora perché non ti chiede il numero, o ti scrive su facebook, invece di far fare il tramite a me!»
«Non essere scorbutico. Dai, ci sentiamo»
«Okay, fai il bravo e mangia poco!» urlò di nuovo, per poi scoppiare a ridere.
«Ciao, Lou» mormorò Niall, chiudendo la chiamata.
Con un sospiro, infilò il telefono nella tasca dei jeans e tornò indietro, senza smettere di sorridere. Gli era bastata una telefonata di dieci minuti per ricordarsi che non era solo e che, probabilmente, anche gli altri ragazzi sentivano la sua mancanza come lui sentiva la loro.






 











 








*vengo in pace!*
Ciao a tutte!
Allora, prima che iniziate ad odiarmi, ad avercela con me e ad insultare,
ci tengo a precisare che io rispetto le idee di tutti e non volevo offendere nessuno.
Se non avete capito di cosa sto parlando, cerco di spiegarlo:
non sono una Larry shipper, ho sempre pensato che tra quei due ci sia una bellissima amicizia che,
per qualsiasi ragione, ormai è stata rovinata.
Sinceramente non mi interessa cosa ne fanno della loro vita, hanno il diritto di scegliere chi amare,
chi portarsi a casa e tutto il resto.
L'importante è che continuino ad essere uniti e a fare quello che amano e che amiamo noi.
Comunque, ho voluto precisare questo perchè nella mia storia, i miei Louis e Niall pensano in quel modo, questo non vuol dire che però sia così nella realtà ;)
Okay, detto questo passiamo alle cose un po' più leggere.
Allora, questo è un altro capitolo di passaggio, lo so, ma dovete sapere che sono piuttosto paranoica
e ho bisogno di spiegare ogni singolo particolare perchè non voglio che vi sfugga niente.
Quindi ci andrò piano, credo, molto piano, e probabilmente dovrete aspettare un po' prima di vedere un po' di azione tra i due.
Che altro posso dire?
Ah, si.
FA CALDO.
Dio, sento che mi scioglierò da un momenento all'altro, non ce la faccio più çç
Spero vivamente che ovunque siate non sia così caldo come qui da me.
Okay, penso che andrò a stringere amicizia con il ventilatore.
Spero vi piaccia e...lasciate qualche recensione, please!
Ci tengo a questa storia e mi dispiace vedere che quasi nessuno la segue çç
A presto.
Sara.

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Capitolo 5
*** Pool, abs and smiles. ***









5. Pool, abs and smiles.

 



 
«Allora, qui c’è la colazione per Niall, sta ancora dormendo, quindi cerca di tenere buono Dylan almeno per un’altra ora» si raccomandò Denise, farneticando e muovendosi velocemente per la cucina. Eileen era arrivata da si e no due minuti e a quanto sembrava Denise la stava aspettando sulla porta perché era già in ritardo per il lavoro. Nonostante questo ci teneva a darle le solite ultime raccomandazioni, probabilmente per non fare brutta figura con il suo nuovo ospite.
Con un po’ di disappunto Eileen cominciò a chiedersi se adesso che era arrivato si sarebbe dovuta occupare anche di lui oltre che del ragazzino. Non che fosse schifata all’idea di passare del tempo con lui, a Eileen piaceva conoscere gente nuova, ma sentiva come se lui fosse un intruso arrivato a rovinare i suoi piani per il futuro.
Anzi, era sorpresa del fatto che Denise ancora non le avesse annunciato che non avevano più bisogno di una baby sitter, ora che c’è lo zio a prendersi cura di Dylan. Tanto sapeva che prima o poi sarebbe successo e lei si sarebbe ritrovata senza niente da fare per racimolare quei pochi soldi che le servivano per andarsene da quel posto.
Le bastava poco, solo lo stretto indispensabile per partire e stare bene qualche tempo, poi avrebbe trovato un lavoro ovunque sarebbe andata e sarebbe vissuta bene solo con le sue forze, come d’altronde aveva fatto fino a quel momento.
«Ah, poi dì a Niall che se vuole farsi un bagno in piscina o, che so, chiamare qualche amico, può fare come vuole, okay?» chiese ancora, con un piede già fuori di casa. Eileen si bloccò e annuì meccanicamente, mentre Denise sospirava, già esausta di prima mattina, e le lanciava un sorriso.
«Tornerò per pranzo, cucinerò qualcosa e poi tornerò al lavoro» le disse infine, per poi lanciare un bacio a Dylan, che la salutava con la manina, mentre l’altra era stretta in quella di Eileen.
«Vado, cercate di sopravvivere senza di me» esclamò ridacchiando e facendo loro un occhiolino, prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciar calare il silenzio in casa.
Eileen e Dylan si guardarono per qualche secondo, poi lui le fece un gran sorriso, le lasciò la mano e a passo traballante si avviò verso le scale.
Eileen roteò gli occhi al cielo: ovviamente, il bambino non aveva nessuna intenzione di renderle le cose facili.
Già si sentiva in imbarazzo al pensiero che un ragazzo, per di più super star in fuga dall’orda di fan e paparazzi, stesse dormendo al piano di sopra e che presto si sarebbe svegliato, costringendola a ritrovarsi faccia a faccia con il suo problema; ci si doveva mettere anche Dylan che a quanto sembrava non aveva nessuna intenzione di ascoltare le raccomandazioni che Denise aveva appena fatto loro e che anche lui aveva sentito.
«Ehi, dove vai? Vieni qui» scattò Eileen, afferrando Dylan con per un braccio e facendolo girare sul posto. Lo guardò dritto in quegli occhi azzurri trasparenti e scosse la testa.
«Hai sentito la mamma, zio sta ancora dormendo». Dylan si imbronciò e sbatté i piedi per terra.
«Ma io voglio giocare con lui!»
«Lo so, aspetta un pochino che si sveglia, poi potrai giocarci tutto il giorno» tentò di calmarlo, sorridendogli dolcemente. Dylan però la guardò male e tentò di sfuggirle.
«Io voglio giocare!» quasi urlò ed Eileen si trovò a sospirare esasperata. Di certo quella giornata non stava iniziando nel migliore dei modi.
«Dylan, ascoltami» richiamò la sua attenzione, accucciandosi davanti a lui e guardandolo seriamente, come se davvero potesse fare un discorso che sarebbe stato recepito e ascoltato, quasi dimenticandosi che aveva a che fare con un bambino di tre anni e non con un normale adulto.
Il piccolo la guardò, sporgendo il labbro inferiore e smettendo per un attimo di dimenarsi.
«Lo zio in questo momento sta dormendo, è stanco, ci ha messo tanto per arrivare qui. Se tu vai a svegliarlo, lui si arrabbierà e non giocherà più con te» mormorò, carezzandogli la guancia, «Aspetta che si svegli da solo, solo un altro po’, nel frattempo puoi giocare con me» gli propose, mettendo su uno dei suoi più entusiasti sorrisi.
Dylan sembrò pensarci, piegando un po’ la testa di lato e guardando Eileen negli occhi, per poi lanciare uno sguardo sfuggente alle scale e stringersi nelle spalle.
Eileen sospirò di sollievo quando lo vide arrendersi e tornarsene in salotto, dove aveva abbandonato le sue macchinine sul morbido tappeto.
Lo seguì, scuotendo la testa e complimentandosi per essere riuscita a salvare la situazione: erano solo le nove del mattino e già era riuscita a fare qualcosa di buono.
Forse quella giornata non sarebbe andata troppo male.
Forse, perché proprio quando formulò quel pensiero, dei passi strascicati la fecero voltare di scatto verso le scale, nello stesso momento in cui Dylan schizzava in piedi e si precipitava a dare il buongiorno a suo zio, che si stava passando una mano tra i capelli scompigliati, gli occhi ancora mezzi chiusi e solo i pantaloni della tuta che gli cadevano sui fianchi in un modo che fece inaspettatamente arrossire Eileen.
«Zio sei sveglio!» urlò Dylan, buttandosi tra le sue braccia. Eileen chiuse gli occhi, immaginando che Niall fosse troppo assonnato per recepire il fatto che suo nipote stesse praticamente volando verso di lui, non voleva assolutamente vedere lo schianto del piccolo sulle scale. Ma quando sentì la sua risata, insieme ad un grugnito del ragazzo, tirò un sospiro di sollievo e riaprì gli occhi, scoprendo quelli assurdamente chiari di Niall a fissarla, con una smorfia curiosa sulle labbra.
«Non ancora del tutto sveglio, ragazzino» borbottò Niall, un cipiglio infastidito sul volto, posando a terra il bambino e sforzandosi di rilassare l’espressione.
Eileen lo guardò alzando le sopracciglia, constatando che non fosse poi così felice di essere lì quella mattina, o più probabilmente non era un tipo mattiniero e gli ci voleva del tempo prima di svegliarsi del tutto e far affiorare quel sorriso che aveva colpito subito Eileen al primo sguardo.
Il bambino nel frattempo era rimasto in silenzio, leggermente imbronciato, mentre Niall si avviava verso la cucina con passo pesante.
«Adesso giochiamo!» esclamò poi Dylan, per niente scoraggiato dall’evidente nervosismo dello zio, che alzò gli occhi al cielo.
«No, adesso mangiamo!» ribatté velocemente Niall alla proposta del bambino, per poi guardare Eileen e fare un piccolo cenno del capo.
«Ciao» le disse, improvvisamente più tranquillo. Eileen sentì il respiro bloccarsi in gola ed evitò accuratamente di guardare al di sotto del mento di Niall, anche se non fu così difficile, perché i loro occhi erano praticamente incatenati.
«B-buongiorno» balbettò, arrossendo e chiudendo gli occhi stizzita una volta che Niall entrò in cucina, dandosi mentalmente dall’idiota.
Insomma, aveva visto altri ragazzi nudi, due per la precisione, e quando andava al mare aveva una vasta scelta di ragazzi in costume da poter guardare.
Forse il suo imbarazzo era dovuto al fatto che era stata una cosa improvvisa, quella di ritrovarsi un ragazzo senza maglia davanti, o forse perché i suoi occhi erano saettati veloci su quel corpo leggermente muscoloso, facendo accelerare i battiti del suo cuore e facendole capire che c’era qualcosa che non andava dentro di se.
Dylan trotterellò leggermente imbronciato dietro a suo zio e Eileen, imponendosi di darsi un contegno e di non avere strani pensieri, decise di seguirlo.
Niall era fermo in mezzo alla stanza e si grattava la nuca confuso, guardandosi intorno con aria spaesata, allora Eileen sospirò e si avvicinò al bancone accanto ai fornelli, dove Denise aveva lasciato la colazione per lui. Niall si accorse di lei e la seguì con lo sguardo in silenzio, facendola inspiegabilmente arrossire e sentire goffa come non era mai stata.
Sforzandosi di incrociare il suo sguardo senza avere strani cedimenti, gli indicò il piatto pieno di frittelle.
«Denise ti ha lasciato la colazione» gli disse, schiarendosi la gola, «E ha detto che se vuoi farti il bagno o…insomma, usare la piscina o qualsiasi altra cosa, puoi fare come se fossi a casa tua». Perché diavolo doveva sentirsi così impacciata a riportare semplicemente le parole di Denise?
Il caldo le stava facendo male, quello era sicuro. O più probabilmente il poco riposo di quella notte, dovuto al tardo rientro rumoroso di Mark che l’aveva svegliata impedendole di riprendere sonno per tutto il resto della notte, le stava impedendo di pensare lucidamente.
Deglutì, lo sguardo fisso di Niall che la metteva in soggezione, poi il ragazzo annuì distrattamente e si avvicinò a lei, per prendere il piatto sul bancone. Nel farlo, le loro braccia si sfiorarono e Eileen poté chiaramente sentire uno strano brivido risalirle la schiena, prima che Dylan interrompesse quel silenzio richiamandola nell’altra stanza, capendo probabilmente che lo zio non gli avrebbe dato retta almeno finché non si fosse svegliato del tutto.
Lanciando un ultimo sguardo a Niall, che ormai sembrava perso nel mondo del cibo, tornò da Dylan, accontentando la solita richiesta di giocare con le macchinine e chiedendosi mentalmente come avrebbe dovuto comportarsi con il ragazzo nell’altra stanza.
Non si era mai sentita così goffa e imbarazzata, forse perché nessun ragazzo della sua scuola era così carino e con nessuno di loro si era mai trovata a stretto contatto. A parte Riley e i due ragazzi che aveva avuto, che poi erano stati tutti e due durante l’estate e quindi conosciuti fuori dall’ambiente scolastico, Eileen non aveva avuto nessun’altra relazione con persone del sesso maschile, nessun tipo di rapporto, né di amicizia o altro.
Niall semplicemente la innervosiva, perché la metteva in difficoltà e perché lo conosceva da solamente un giorno e dentro di se già si stava facendo mille problemi, dandogli tutta l’attenzione che sicuramente lui pretendeva ma che non meritava. Non almeno da parte sua: lei era lì solo ed esclusivamente per Dylan, avrebbe dovuto ignorare tutte le altre cose, incluso Niall e quello che faceva in giro per casa.
Proprio in quel momento, come se lui stesse ascoltando i suoi pensieri e volesse farle capire che sarebbe stato impossibile ignorarlo, Niall tornò in salotto con uno splendido sorriso, stordendola leggermente.
Solo fino a cinque minuti prima era imbronciato e stranamente irritabile, in quel momento sorrideva soddisfatto e i suoi occhi sembravano brillare di felicità.
Possibile che solo una semplice colazione era capace di fargli quell’effetto?
«Ehm, io vado a buttarmi in piscina» annunciò, passandosi una mano tra i capelli perfettamente biondi e fissando spudoratamente Eileen, che si limitò ad annuire, prima di voltarsi nuovamente verso Dylan che stava bellamente ignorando lo zio, continuando a giocare.
Probabilmente era offeso dal suo comportamento ma Eileen lo conosceva abbastanza per sapere che non gli avrebbe tenuto il muso a lungo, era un bambino abbastanza solare e gli bastava un niente per dimenticare qualsiasi cosa l’avesse turbato.
Per questo, quando Niall scese di nuovo dalla sua camera, con solo il costume da bagno indosso e un asciugamano in spalla, e uscì dalla porta a vetri sul retro, Eileen avrebbe dovuto immaginarsi che Dylan gli sarebbe corso dietro. Ma forse troppo distratta dalla vista del ragazzo che si immergeva nell’acqua trasparente della piscina nel giardino sul retro, non si accorse che il bambino, fino a due secondi prima seduto accanto a lei, in quel momento stava correndo verso la porta lasciata aperta.
Riscuotendosi dal suo stato di momentaneo standby, si affrettò a corrergli dietro, ma ormai era troppo tardi.
Dylan, con un gran sorriso e urlando «Zio, prendimi!» attirando l’attenzione del ragazzo che stava proprio in quel momento riemergendo dall’acqua, si tuffò in piscina sprofondando giù. Eileen si bloccò nel bel mezzo della sua corsa, serrando gli occhi e pregando chiunque ci fosse lassù che non fosse successo veramente.
«Dylan accidenti!» grugnì Niall. Eileen aprì gli occhi e respirò di nuovo, vedendo il ragazzo afferrare Dylan e tirarlo fuori dall’acqua, mentre questo rideva e batteva le mani, tossicchiando leggermente probabilmente per aver ingoiato un po’ d’acqua. Eileen sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie e ci posò una mano sopra, ringraziando che non le si fosse fermato completamente dall’orribile spavento.
«Ancora! Ancora!» sghignazzò il bambino, mentre Niall, spazzando via l’espressione spaventata si lasciava andare ad un mezzo sorriso, trascinandolo sul bordo della piscina e mettendolo in piedi, di nuovo a terra. Eileen lo raggiunse immediatamente e si chinò davanti a lui, guardandolo duramente.
«Dio, che spavento» mugugnò, tastando il bambino e accertandosi che fosse ancora intero, sano e salvo accanto a lei.
«Dylan, non farlo mai più!» lo sgridò, ignorando completamente il fatto che Niall stesse uscendo dalla piscina facendo leva sulle sue braccia e issandosi proprio accanto a loro, a una distanza minima per cui Eileen potesse mantenere il respiro regolare.
Il bambino smise all’istante di ridere e la guardò non capendo bene, allora intervenne Niall, che gli lanciò lo stesso sguardo di ammonimento.
«Si, Dylan, non si fa cosi. Se vuoi farti il bagno devi dirlo a Eileen. Non puoi buttarti in piscina così, è pericoloso» proclamò con voce seria. Eileen sussultò a sentirlo pronunciare il suo nome e si voltò verso di lui, facendo il più grande sbaglio che potesse fare.
Il respirò le si bloccò e stava per strozzarsi con la sua saliva, mentre osservava una gocciolina d’acqua cadere dai suoi capelli, scivolare sulla sua guancia fino al mento e poi spiccare il volo in caduta libera fino ad atterrare sul suo petto pallido e scolpito.
Si sforzò di deglutire, imponendosi di lasciare la gocciolina alla sua sorte, limitandosi a immaginare il continuo del suo percorso, per evitare di avere pensieri improponibili, almeno non con gli occhi di Niall puntati addosso.
«Ma io…» provò a protestare il bambino, per poi incrociare stizzito le braccia al petto e far la linguaccia a tutti e due. Niall si lasciò scappare un sorriso e Eileen sospirò, tirandosi su e scompigliando i capelli al bambino, per poi guardare verso di Niall, che stava scuotendo la testa divertito.
«E’ tutto suo zio» commentò, strizzandogli una guancia e facendolo dimenare. Eileen si morse il labbro inferiore per evitare di sorridere, poi Niall la guardò, e lei non riuscì più a trattenersi.
«Forse è meglio asciugarlo e cambiarlo, prima che torni Denise e lo trovi in queste condizioni. Andrebbe su tutte le furie» mormorò Niall, lo sguardo rilassato e gli occhi azzurri puntati in quelli verdi di Eileen.
«Hai ragione» bisbigliò Eileen, prendendo Dylan per mano e trascinandolo dentro.
«Andiamo piccola peste» mugugnò, mentre lui borbottava sbattendo i piedi però seguendola, Eileen sperava perché si fosse reso conto di quello che aveva fatto, ma probabilmente era perché con i vestiti bagnati sentiva freddo.
Prima di rientrare in casa, però, Eileen non poté fare a meno di lanciare un’occhiata a Niall, che si stava tuffando in acqua, con un arco perfetto e facendo pochi schizzi. Eileen perse un battito a vedere i suoi muscoli tesi e quelle goccioline d’acqua che gli scivolavano sul corpo.
Ma Dylan, fortunatamente, la riscosse dai suoi pensieri, chiamandola con un lamento e stringendosi le braccia al petto, tremando di freddo.
Tornando in se e riacquistando la sua natura matura, responsabile e per niente distratta da ragazzi bellissimi in costume da bagno, tornò in casa e si affrettò a sistemare Dylan prima che gli prendesse un brutto raffreddore.
 
 
 
 
Dopo il pranzo cucinato da un’indaffarata Denise che fece appena in tempo a sedersi cinque minuti prima di schizzare in piedi e correre di nuovo al lavoro, Eileen prese un ciondolante Dylan in braccio e lo portò in salone, sedendosi sul divano assieme a lui.
Un po’ titubante e chiudendosi nel silenzio imbarazzato che era totalmente sparito nell’arco di tempo in cui era stata presente Denise, Niall li seguì e si accomodò sul loro stesso divano, tenendosi però a debita distanza.
Eileen fece stendere Dylan accanto a lei, con la testa sul suo grembo, prendendo a carezzargli i capelli biondi, sentendolo sospirare e rilassare i muscoli. Dopo neanche cinque minuti vide le palpebre di Dylan tremare e chiudersi lentamente. Sorrise, senza smettere di carezzargli i capelli e, sentendosi osservata, alzò gli occhi incrociando quelli di Niall, incredibilmente azzurri e destabilizzanti.
Il ragazzo le fece un piccolo sorriso, che lei faticò a ricambiare, poi indicò il bambino che ormai si stava inoltrando nel mondo dei sogni.
«Sei brava a farlo addormentare, si rilassa facilmente tra le tue braccia» sussurrò Niall, indicandolo e sorridendo ancora. Eileen sussultò leggermente sentendo il cuore accelerare, sperando che nel silenzio della casa interrotto solo dai loro sospiri non si sentisse facendola sprofondare nell’imbarazzo più completo.
Deglutendo a fatica, si strinse nelle spalle e guardò Dylan; tutto, pur di perdere il contatto con quegli occhi che le facevano provare quella fastidiosa sensazione allo stomaco.
«Ho solo capito che lo rilassa quando gli accarezzo i capelli» mormorò in risposta. Lo sentì sospirare amaramente e spostarsi sul divano, allora fu costretta a guardarlo, notando l’espressione frustrata che stonava completamente sul suo viso.
«Non si è mai addormentato con me, a dir la verità non mi ha lasciato mai avvicinare così tanto a lui. Non dà confidenza a chiunque e, dato il fatto che non mi vede tanto spesso, deve considerarmi quasi come un estraneo» confessò sospirando abbattuto.
Fu in quel momento che Eileen si sentì totalmente e completamente confusa dai suoi sentimenti.
Quando vide le labbra di Niall imbronciarsi leggermente e le sue sopracciglia corrugarsi, in un chiaro segno di frustrazione, Eileen si sentì come in dovere di rassicurarlo, di fare in modo che sul suo viso tornasse a splendere quel sorriso che Eileen cominciava ad apprezzare fin troppo. Scosse la testa e si costrinse a guardarlo, assumendo un’espressione dolce e rassicurante.
«Non credo, lui… sapeva che saresti venuto e ti stava aspettando, piuttosto impaziente» confessò, riuscendo finalmente a sorridere. Niall sospirò e distolse lo sguardo, ma Eileen notò gli angoli delle sue labbra sollevarsi leggermente.
«I bambini sono sempre entusiasti delle novità»
«Beh, hai comunque un’intera estate per farti conoscere. E’ vero che è un bambino un po’ chiuso, ma gli sei simpatico, non ci vorrà molto per entrare nelle sue grazie» replicò al volo, non capendo perché si sentisse in dovere di dirgli quelle cose, ma non riusciva a restare in silenzio e a vedere quel ragazzo apparentemente sempre allegro così giù di morale.
Dylan si stiracchiò tra le sue braccia e i due si ammutolirono per un istante, posando gli occhi su di lui, che però era ancora profondamente addormentato.
«Su questo hai ragione, l’importante è che non mi chieda di giocare appena sveglio. Non riesco a sopportare niente e nessuno prima di aver fatto colazione» esclamò, ritrovando il sorriso e lanciando un’occhiata d’intesa a Eileen, che arrossì e sorrise.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei suoi pensieri, e Eileen si ritrovò a pensare alle parole di Riley della sera prima e tutte le preoccupazioni sul suo lavoro tornarono a galla.
Lanciò un’occhiata di sottecchi a Niall, che sorrideva tra se e se, e decise che forse era quello il momento di intavolare quella conversazione, almeno per capire che intenzioni avesse riguardo a Dylan.
«Senti, Niall» deglutì imbarazzata per quanto fosse strano pronunciare il suo nome, «Devo chiederti un favore» attirò la sua attenzione, respirando profondamente. Niall la guardò per qualche secondo, leggendo qualcosa nel suo sguardo che lo fece sbruffare, leggermente esasperato.
«Sapevo che questo momento sarebbe arrivato… Okay, dimmi: vuoi un autografo?» mormorò stancamente. Eileen indietreggiò con la testa e corrugò le sopracciglia, ma Niall non la stava guardando.
«Cosa?»
«…o una foto? Come la vuoi, che ti baci la guancia? Tranquilla, me ne hanno chieste di peggio» continuò lui, sempre con quel tono scocciato. Eileen gonfiò le guancie e si innervosì, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto; era chiaro che Niall aveva frainteso, ma lei si stava indignando per le sue insinuazioni.
«Ma cosa stai dicendo?» sbottò, mantenendo però il tono di voce basso, per non rischiare di svegliare Dylan.
«Ho capito, vuoi che ti dica qualche scoop sul nuovo album» si arrese Niall, finalmente guardandola negli occhi, che si spalancarono quando notarono la sua espressione sorpresa e leggermente innervosita.
«Fermo, fermo. Vuoi farmi parlare?». Niall corrugò le sopracciglia e arrossì violentemente, socchiudendo la bocca.
«Oh, non vuoi un autografo?» mugugnò a voce bassissima.
«Perché diavolo dovrei volere un autografo da te?»
«Scherzi? Hai acceso per caso la televisione negli ultimi tre anni?»
«Certo che l’ho fatto». Eileen era incredula, non riusciva a capire come la conversazione si fosse spostata su quell’argomento, lei voleva solo chiedergli se poteva tenersi il suo dannato lavoro!
«No, aspetta, ho capito!» esclamò Niall, senza darsi per vinto e illuminandosi in un gran sorriso,  «Tu sei una di quelle che fa finta di non conoscerci per fregarci. Poi magari quando staremo per fare sesso in camera tua mi troverò con decine di nostri poster attaccati al muro ad osservarci. Non che mi dispiaccia, eh. Ma fare sesso con quel pervertito di Harry che ti fissa…»
«Okay, tu sei fuori. Vuoi smetterla di parlare senza senso? Mi stai spaventando» disse Eileen con voce seria, gli occhi spalancati e il cuore a mille per le parole di Niall.
«Okay, ma tu…Sai chi sono io?» le chiese Niall piegando un poco la testa di lato, il sorriso incerto e le guance rosse.
«Certo che so chi sei, è impossibile il contrario. Le vostre facce sono dappertutto!» sibilò Eileen, per poi calmarsi leggermente quando sentì Dylan muoversi infastidito da tutta quella confusione che stavano creando.
«E allora…» cominciò incerto Niall. Eileen gli lanciò uno sguardo mezzo esasperato.
«Perché so chi sei tu e i tuoi amici, non significa che ho bisogno di un tuo autografo o una tua foto» spiegò, con voce fastidiosamente saccente. Niall strabuzzò gli occhi e boccheggiò, evidentemente non si aspettava quella reazione, come se non fosse una cosa normale.
«Dici sul serio?»
«Certo! Che me ne faccio di un pezzo di carta firmato da… te?» replicò, balbettando l’ultima parte della frase.
Se proprio doveva, preferiva avere qualcos’altro da lui. Arrossì violentemente e scosse la testa per cercare di scacciare quell’assurdo e indecente pensiero.
«Okay, scusa allora. Cosa volevi chiedermi?» tornò in se Niall, ancora leggermente titubante, ma concentrandosi totalmente su Eileen, che si sentì improvvisamente sotto pressione. Cercò di sfuggire in tutti i modi a quel paio di occhi azzurri che la stavano fissando spudoratamente, ma era maleducato parlare con qualcuno senza guardarlo in faccia, quindi si costrinse a legare i loro sguardi pregando di riuscire a mantenere la concentrazione. Strinse le mani tra di loro e tossicchiò.
«Beh, ecco…so che non ti importa, ma io ho davvero bisogno di questo lavoro e non vorrei che con il fatto che adesso ci sei tu…» cominciò, ma venne subito interrotto dalla risatina di Niall. Lo guardò e notò che fosse veramente divertito.
«Stai scherzando? Io sono in vacanza, per quanto adori questo marmocchio non ho intenzione di stargli dietro» rispose, con le uniche parole che Eileen voleva sentirsi dire in quel momento.
«Oh, grazie davvero» si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, senza neanche rendersi conto di sorridere, finché non venne ricambiata da un sorriso alquanto felice e soddisfatto di Niall.
«Quindi niente autografo, foto…» ci riprovò. Eileen scosse la testa e ridacchiò.
«Direi di no». Niall arricciò il naso divertito e Eileen ridacchiò ancora, ignorando il cuore che correva decisamente veloce  e lo strano rossore sulle guance di Niall.
«Oh, okay, tanto so che prima o poi me lo chiederai» mormorò lui facendole una piccola smorfia.
«Forse, quando te ne andrai e avrò bisogno di una prova di averti conosciuto» scherzò, stando al gioco.
Niall scosse la testa e sorrise di nuovo, lasciando cadere il discorso. Eileen sospirò e tornò ad accarezzare i capelli di Dylan, trovando che quel gesto avesse un effetto rilassante anche su di lei.
Solo dopo qualche minuto di pensieri silenziosi, si accorse che il sorriso non se ne era ancora andato dal suo viso, come non succedeva da anni.
Allora guardò Niall di sottecchi, chiedendosi se quel ragazzo con cui aveva avuto un approccio piuttosto imbarazzante, fosse la causa della pace interna che sentiva in quel momento.


























 

Hi girls!
Allora, come va?
Io, come al solito, ho caldo D:
Non vedo l'ora di andarmene al mare ashdsoajdi *.*
Comunque, parliamo di cose serie.
Che ne pensate del capitolo? E di Niall? Di Eileen? Dylan (che è il bimbo nella gif che io adoro, grazie alla mia amica per averlo trovato :3)?
Su, su, fatevi sentire!
Insomma, non vorrei vi sentiste obbligate, ma mi piacerebbe sapere se vi piace, oppure no, accetto le critiche, ma per favore, non abbiate paura a scrivere! çç
Mi sento un po' sola qui e...boh, non mi piace pubblicare e portare avanti una storia che non si caga quasi nessuno.
Dopotutto io passo intere giornate a scrivere per voi e sarebbe carino un piccolo commento per sapere se almeno non fa così tanto schifo :)
So, ora arrivano le brutte notizie u.u
In settimana parto per le vacanze e torno il 25.
Non credo che riuscirò a postare, anche se dove vado c'è la linea wi-fi non mi porto il computer quindi sarà un po' complicato.
Quindi credo dovrete fare a meno dei miei capitoli...HAHAHAH come se interessasse a qualcuno çç
Okay, me ne vado che sto diventando pesante.
Spero che il capitolo vi piaccia e che abbiate un po' di pazienza, le cose tra loro cominceranno a smuoversi.
Un po' piano, ma lo faranno ;)
E spero che con il fatto che queste due settimane non pubblicherò voi non mi abbandoniate. E poi boh...se torno e non è cambiato niente non so se andrò avanti çç
Ricordatevi che la mia sanità mentale dipende da voi!
Ahaha.
Meglio che vado, eh?
Alla prossima, con amore.
Sara.


Ps. Ah, tempo fa ho pubblicato un' os su Louis. Se proprio non avete niente da fare...

When I was your man.

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Capitolo 6
*** Cookies and pancake. ***





*Immaginate il banner, mentre io cerco disperatamente il modo corretto per metterlo çç*





6. Cookies and pancake.

 



 
 
Niall era ormai entrato nella famosa routine delle vacanze estive. Era quasi una settimana che era tornato in Irlanda e già sentiva tutto lo stress e l’ansia causati dal suo spostarsi perennemente da un Paese all’altro scivolare via, lasciandolo in quell’oblio di pace e tranquillità che gli permettevano di sorridere tutto il giorno.
Le sue giornate erano favolose e incredibilmente soddisfacenti: si svegliava quando voleva, durante la giornata faceva ciò che voleva, e andava a dormire quando voleva, senza la preoccupazione che fosse troppo tardi e che poi la mattina dopo non ce l’avrebbe fatta ad alzarsi.
In tutto quel rilassamento, stava quasi per dimenticarsi cosa significava avere un programma da seguire ogni giorno, con tanto di orari precisi in cui mangiare, andare in bagno, respirare.
A volte si chiedeva se i loro produttori pensassero che fossero macchine, pronte a fare qualsiasi cosa richiesta, o più semplicemente se proprio fossero senza cuore: era impossibile dettare regole e ordini a dei ragazzi in quel modo, senza neanche pensare che magari loro avevano qualcosa da ridire, o forse avevano bisogno di più di cinque minuti di pausa tra una cosa e l’altra.
Spesso Niall si sentiva chiuso in una gabbia e sarebbe voluto scappare, lontano da tutto quel caos e da tutte quelle persone a cui rendere conto e dare ragione anche quando invece avrebbe voluto urlargli contro.
Ma in quel momento era a casa, lontano da tutto e tutti e, nonostante gli mancasse la vita a Londra, con i suoi amici, i concerti e tutto il resto, non poteva non ritenersi felice di non ricevere ogni mattina un foglio con su scritto tutto quello che avrebbe dovuto fare durante la giornata.
Finalmente era libero, e la cosa che non lo faceva cadere nel terrore di non avere più niente da fare era che sapeva che quel periodo era limitato e che presto tutto sarebbe tornato come prima. Anzi, quella consapevolezza lo spingeva a viversi al meglio quelle giornate rilassanti e inaspettate, apprezzando di queste ogni minima cosa, come se per la prima volta sentisse il bisogno di vivere ogni singolo secondo come se fosse l’ultimo.
Si sentiva un idiota, perché aveva pensato che tornare a casa sarebbe stato noioso, i primi giorni si era ripetuto a mente talmente tante volte che avrebbe preferito rimanere a Londra da convincersene, senza rendersi conto che sicuramente Mullingar quei giorni gli stava dando più di quanto Londra avesse fatto negli ultimi anni.
Mullingar gli aveva permesso di sentirsi di nuovo in una famiglia, anche se senza i genitori perché non erano presenti, passare del tempo con Greg e Denise lo faceva sentire a casa. Mullingar gli aveva permesso di rivedere il suo nipotino come avrebbe voluto fin dalla sua nascita, permettendogli di conoscerlo e di recuperare tutto ciò che si era perso in quegli anni in cui era stato lontano.
Ma soprattutto, Mullingar, gli aveva permesso di conoscere Eileen.
Niall si era accorto subito che quella ragazza aveva scatenato in lui un interesse strano e inspiegabile; appena l’aveva vista, appena lei gli aveva permesso di incrociare il suo sguardo per più di tre secondi come non aveva fatto i primi giorni, Niall si era reso conto che Eileen aveva qualcosa da raccontare, e lui avrebbe tanto voluto ascoltarla.
Era come se in quel fisico minuto ma ben proporzionato ci fosse un concentrato di emozioni che non vedevano l’ora di venire fuori, Niall lo poteva vedere da quel paio di occhi verdi, grandi e profondi che erano la chiave dei suoi infiniti pensieri.
Ma lei, a differenza sua, non sembrava avesse il suo stesso interesse, o più semplicemente aveva imparato cosi tanto a tenersi le cose per se da non voler più dare confidenza a nessuno.
Era questo che si ripeteva Niall quando pensava che, dopo più di una settimana in cui passavano quasi tutte le ore della giornata nella stessa casa, non era riuscito a fare nessun passo avanti e che quegli occhi non gli avevano ancora rivelato niente se non una velata tristezza che suscitava ancora di più la curiosità di Niall. Dopo quel giorno in cui lei stava quasi per implorarlo di aiutarla a tenersi il suo lavoro, non avevano più parlato.
Così lui si limitava ad osservarla, a scambiare qualche parola con lei solo quando era strettamente necessario e a fingersi totalmente indifferente come voleva passare lei nei suoi confronti.
Dalle sue occhiate di sottecchi che aumentavano sempre di più, si era accorto che Eileen sorrideva sempre, anche quando nessuno la stava guardando, e molto spesso arrossiva, soprattutto quando si accorgeva che gli occhi di Niall erano fissi su di lei.
E la voglia di sfiorare quelle guance con le sue dita ancora non era scomparsa, anzi, aumentava sempre di più con il passare dei giorni. Sentiva che sarebbe arrivato il momento in cui non avrebbe più resistito e avrebbe fatto qualche mossa avventata che sicuramente l’avrebbe fatto passare per pazzo.
Forse per questo cercava in tutti i modi di tenersi a debita distanza da Eileen. D’altra parte lei non gli rendeva certo le cose difficili; erano rare le volte in cui lei gli rivolgeva la parola se non per chiedergli qualche piccolo favore riguardo Dylan, come per esempio tenerlo d’occhio per qualche minuto mentre lei si assentava per andare in bagno, o per rispondere alle rare telefonate che riceveva.
I loro scambi di parole finivano lì, l’unico argomento che riguardava le loro conversazioni era Dylan, e presto Niall si convinse che fosse meglio così, ignorando il desiderio di conoscere di più su quella ragazza che sorrideva sempre, ma aveva gli occhi così tristi.
Se non altro erano arrivati a chiamarsi per nome e a passare leggermente ad un tono più confidenziale, che permetteva a Niall di fare una battuta ogni tanto riuscendo anche a strapparle un sorriso.
Ma aveva capito che a Eileen piaceva il silenzio, così, nei rari momenti in cui Dylan era preso da un cartone alla tv, o giocava tranquillo nel suo mondo, o dormiva, Niall non disturbava il momentaneo riposo di Eileen, evitando di intavolare una qualsiasi conversazione e limitandosi a strimpellare qualche canzone con la sua chitarra.
Quella mattina, nonostante fu svegliato dall’urlo che Dylan riservò accuratamente per le sue orecchie, Niall si accorse che stava sorridendo.
Se ne rese conto a malapena però, distratto all’istante a Dylan che cominciò a saltare sul letto e a scuoterlo.
Dopo un piccolo sospiro, Niall si costrinse ad aprire gli occhi e ad afferrare Dylan, per poi farlo stendere sul letto e cominciare a fargli il solletico.
«No, zio!» urlò lui, cominciando a ridere e facendo ridacchiare anche Niall, che dopo un po’ si fermò, dandogli tregua.
«Piccola peste, cosa ti ho detto sul fatto che non devi svegliarmi?» gli chiese, facendogli una piccola smorfia e strizzandogli dolcemente il nasino. Dylan sbarrò gli occhi un po’ preoccupato, poi però Niall lo lasciò andare e lo rimise a terra, allora lui sorrise mostrando la sua fossetta sul mento.
«Però giochi con me lo stesso?» gli chiese, sbattendo le palpebre e guardandolo con quegli occhi che erano spaventosamente uguali ai suoi ma, d’altra parte, gli occhi azzurri erano il segno caratteristico dei maschi Horan.
«Certo, piccolino!» lo rassicurò, scompigliandogli i capelli e spingendolo poi delicatamente verso la porta, «Adesso però andiamo a fare colazione» e a quelle parole, il buonumore di Niall aumentò ancora di più.
Dylan con un gran sorriso, forse per la prima volta, ascoltò le parole dello zio e schizzò al piano di sotto, canticchiando una canzone improvvisata e sicuramente inventata tutta da lui. Niall stava per seguirlo, quando si accorse di come era vestito. Era un tipo caloroso, e di notte, anche d’inverno, tendeva a scalciare le coperte per trovare un po’ di fresco. Per quello aveva preso l’abitudine di dormire solo con i pantaloni del pigiama, che poi erano solo un paio di pantaloncini sgualciti.
Fosse stato per lui sarebbe sceso così com’era, anche perché era fine giugno e il caldo cominciava a farsi sentire, ma ricordava perfettamente come il viso di Eileen aveva preso colore quando il primo giorno l’aveva visto scendere le scale senza maglietta. Deglutì, un brivido che gli percorse la spina dorsale al ricordo degli occhi verdi di Eileen che percorrevano il suo corpo, e in un lampo di lucidità afferrò la prima maglia che gli capitò sott’occhio e la infilò, per evitare strani pensieri da parte sua, ma soprattutto l’imbarazzo di Eileen.
Scese le scale due a due, sentendo strani rumori provenire dalla cucina e un forte odore di bruciato. Passò davanti al salotto, dove Dylan stava facendo avvenire uno dei più grandi incidenti stradali mai visti al mondo con le sue macchinine, e si diresse a passo spedito verso la cucina.
Appena entrò e diede un’occhiata a come era ridotta la cucina, il suo primo impulso fu di mettersi le mani tra i capelli e gridare di orrore, ma poi gli occhi di Eileen si alzarono dal pasticcio che stava combinando e lo immobilizzarono. Niall si limitò a fissarla in silenzio, senza riuscire a trattenere l’espressione quasi terrorizzata ed Eileen arrossì vistosamente, abbozzando un piccolo sorriso e soffiando per far svolazzare un po’ della farina che le impregnava il viso.
«Buongiorno» iniziò, tossicchiando per far tornare la sua voce ad un tono normale. Niall scosse la testa per riprendersi e percorse la cucina con lo sguardo: circa cinque secondi per constatare che i danni si concentravano tutti sul bancone e sui fornelli dove Eileen stava lavorando. Allora si concentrò su di lei e osservò i suoi capelli ricci e biondi legati in una coda alta, i suoi occhi verdi che sembravano chiedere scusa, le labbra rosee piegate in un sorriso imbarazzato, le piccole mani che trafficavano con un vassoio pieno di qualcosa di informe e bruciacchiato e la sua faccia completamente ricoperta di spruzzi di farina.
«Ma che diavolo è successo?» si lasciò scappare Niall, allargando le braccia e lasciandosi andare ad una piccola risata, storcendo il naso all’odore di bruciato che impregnava la cucina. Eileen arrossì ancora e poggiò il vassoio sui fornelli, facendo sobbalzare il suo contenuto non pienamente identificabile ed  evitando di incrociare il suo sguardo, le guance rosse dall’imbarazzo.
«Scusa, non sono riuscita a trattenere Dylan, ero impegnata qui, e lui mi è scappato…sapevo che sarebbe venuto a svegliarti, ma non sapevo come trattenerlo, e…» Eileen cominciò a parlare a raffica, lanciando occhiate a Niall da sotto le lunghe ciglia, agitandosi e gesticolando animatamente, continuando a lanciare occhiatacce verso il forno aperto. Niall trattenne a stento una risata e bloccò le mani di Eileen con le sue, ignorando lo strano fremito che lo percorse al contatto.
«Eileen» iniziò, vedendola rabbrividire, «Calmati, va tutto bene» cercò di tranquillizzarla, scoccandole un gran sorriso e lasciandola andare. Lei sospirò e allungò le mani per sistemarsi un riccio che era sfuggito alla sua coda, per poi arricciare il naso e sporgersi per aprire la finestra e far entrare un po’ di aria respirabile.
Niall le si avvicinò e si poggiò con la schiena al frigorifero, osservandola a braccia conserte.
«Non importa per Dylan, ero già sveglio» mentì, rassicurandola con un sorriso. Lei sospirò ancora e tentò di ricambiare, ma tutto ciò che uscì fu una piccola smorfia quando i suoi occhi caddero sulla cucina.
«Mi spieghi cosa stavi cercando di fare?» chiese Niall, non riuscendo più a trattenersi e lasciandosi andare ad una piccola risata, fissandola spudoratamente con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito.
Eileen aggrottò impercettibilmente le sopracciglia e arrossì ancora, stringendosi nelle piccole spalle.
«Beh, Denise e Greg dovevano uscire più presto del solito questa mattina, mi hanno fatta venire qui verso le sette e già erano sulla porta pronti ad andare…Dylan era già sveglio e Denise già gli aveva fatto fare colazione, poi ho visto che si era dimenticata di lasciarti qualcosa da mangiare, così ho pensato che potessi…ma quel libro delle ricette è quasi scritto in arabo! Dylan faceva i capricci, voleva venirti a svegliare, così ho provato a trattenerlo, ma poi mi è sfuggita di mano la situazione e…» lo sproloquio di Eileen si interruppe solo quando sentì Niall scoppiare a ridere guardandola e sicuramente trovandola più buffa del solito.
In un lampo Niall si rese conto che non l’aveva mai sentita parlare così tanto e si accorse che la sua voce aveva un suono dolce, quasi da bambina, soprattutto in quel momento che era così imbarazzata. La sua risata si bloccò all’istante e la guardò, mentre lo fissava con una smorfia frustrata sulle labbra e le mani sui fianchi. Allora Niall la percorse con lo sguardo e si accorse che le sue gambe erano fasciate in un paio di pantaloncini corti, che mettevano in mostra la sua pelle candida e per niente abbronzata, e sopra indossava una semplice canottiera bianca semi trasparente che faceva intravedere il reggiseno sotto, e Niall intuì fosse rosa scuro.
Deglutì rumorosamente e riportò gli occhi sul viso di Eileen, che lo guardava imbronciata.
Le sorrise e il suo viso si ammorbidì leggermente.
«Quindi stavi cercando di preparare la colazione» commentò, riportando la concentrazione sul discorso di prima e sperando che Eileen avesse ancora voglia di parlare come aveva fatto prima, perché sentiva il bisogno di ascoltare ancora e ancora la sua voce.
Eileen annuì e si strinse nelle spalle con un piccolo sorriso.
«In un certo senso»
«E cosa volevi preparare?» le chiese, avvicinandosi a lei e allungando il collo per cercare di vedere cosa stava combinando. Eileen si spostò davanti a lui per coprirgli la visuale, senza rendersi conto che in quel modo sarebbero finiti pericolosamente vicini.
Niall trattenne il respiro e per un attimo scivolò tutto via, si dimenticò persino che stava aspettando una risposta alla sua domanda, troppo preso a fissare gli occhi di Eileen, ad osservare tutte le loro sfumature, a volte anche tendenti al giallo.
Fu Eileen a riportarlo alla realtà, muovendo quelle labbra che Niall era appena sceso ad osservare.
«Biscotti». Niall a quella parola si riscosse dai suoi pensieri e la guardò incredulo.
«E ti serviva il libro delle ricette per cucinare dei biscotti?» le chiese, tossendo improvvisamente per mascherare la sua risata, non riuscendoci affatto. Eileen incrociò le braccia al petto e gli lanciò un’occhiataccia, alzando il mento a mo’ di sfida.
«Si, non sono brava a cucinare, e allora?» replicò. L’incredulità di Niall aumentò a dismisura e gli fece sbarrare gli occhi e sbuffare dal naso per non scoppiare a riderle in faccia, sarebbe stato decisamente poco educato e lui non voleva per nessun motivo che quella conversazione finisse così presto.
«Eileen -perché gli piaceva cosi tanto pronunciare il suo nome?-  ti rendi conto che hai appena ammesso di non saper cucinare dei biscotti? Uno dei dolci più semplici da fare?» la prese in giro con delicatezza. Lei si imbronciò ancora di più e sbatté i piedi a terra.
«Si, lo so, ma non ne sono capace, non posso farci niente». A quel punto Niall non resistette più e scoppiò a ridere davanti all’assurdità della situazione, sentendo male allo stomaco e piegandosi in due, con le lacrime agli occhi. Con uno sguardo veloce si accorse che anche Eileen stava sorridendo, allora capì che non aveva azzardato troppo e si lasciò andare.
«Si, tu ridi» borbottò lei, incrociando le braccia al petto e girandogli attorno per allontanarsi dal bancone della cucina, «Allora la colazione te la prepari da solo» continuò a bassa voce, cercando di sistemare il disastro che aveva combinato e buttando nel cestino della spazzatura i biscotti totalmente bruciati. A Niall servì qualche secondo per calmarsi e recepire le parole di Eileen, ascoltarle, farle entrare nel cervello e poi stupirsi del fatto che le avesse dette sul serio. La guardò curioso, mentre lei evitava di incrociare il suo sguardo, cercando in tutti i modi di ripulire il bancone.
Niall le si avvicinò ancora e, poggiandosi al bancone accanto a lei, vide le sue spalle irrigidirsi leggermente.
«Perché, era per me che lo stavi facendo?» le chiese sussurrando. Lei gli lanciò un’occhiata che durò appena mezzo secondo, poi il sangue le colorò le guance e si concentrò di nuovo su quello che stava facendo. Dopo qualche minuto di silenzio prese un respiro profondo e lasciò stare, voltandosi verso di Niall che attendeva in silenzio senza distogliere lo sguardo.
«Beh, io ho solo pensato che…insomma, di solito è Denise a farlo, ma se n’è dimenticata e io… Oh, volevo solo essere gentile, ecco» farfugliò, ricominciando a gesticolare animatamente. A Niall scappò un sorriso, mentre sentiva il cuore cominciare a battergli più veloce del normale, facendolo leggermente preoccupare.
«Non ce n’era bisogno, sono in grado di prepararmi la colazione da solo» si ritrovò a mormorare, imbarazzato. Eileen accennò un sorriso e puntò gli occhi in quelli di Niall, facendogli girare la testa.
«E sicuramente meglio di me» lo interruppe con un’occhiata divertita. Niall ricambiò prontamente il sorriso, facendola arrossire ancora di più.
«Comunque grazie. E’stato…carino da parte tua, davvero». Non era mai stato così impacciato con qualcuno, solitamente lui era un tipo alla mano, riusciva a far amicizia con tutti e subito, mostrando la sua vena allegra e senza pensieri.
Ma con Eileen a quanto par non e era così; quando si trattava di parlare con lei sentiva come se dovesse riflettere fino allo sfinimento sulle parole da dire, per paura di sbagliare, di dire qualcosa che la facesse di nuovo chiudere in se stessa. Erano così poche le volte che gli rivolgeva la parola, che lo faceva entrare, anche se solo per qualche attimo, nel suo mondo, che lui sentiva che non doveva rischiare di perdere l’occasione per qualche parola o battuta fuori luogo.
«Non c’è di che» rispose Eileen in un soffio, rivolgendogli ancora quel piccolo sorriso che lo costringeva a ricambiare in automatico, come se le sue labbra fossero dotate di vita propria. Finalmente Niall si rese conto che forse avrebbe dovuto fare qualcosa, magari cercare di aiutarla, invece che starsene lì a fissarla fino allo sfinimento, assorbendo ogni singolo particolare di lei, come se volesse imparare a conoscerla a memoria.
Si avvicinò, affiancandola e facendo sfiorare le loro braccia.
«Lascia, sistemo io qui e cerco di recuperare il recuperabile» le disse ammiccando e guardando gli ingredienti che erano rimasti e con cui si poteva ancora fare qualcosa. Eileen sussultò e annuì.
«Okay…io allora pulisco» mormorò, aspettando forse qualche secondo di troppo per allontanarsi e interrompere quel leggero contatto.
Ma poi lo fece, e Niall sentì un brivido fastidioso percorrerlo, prima che si concentrasse su altro.
In cucina calò un silenzio quasi rilassante, mentre i due si occupavano uno di cucinare dei pancake per colazione e l’altra di pulire il disastro che aveva combinato provandoci. Niall quella volta non si stranì per l’insistente silenzio e apparente indifferenza di Eileen, perché sentiva come se per la prima volta stessero condividendo qualcosa e, anche se non si stavano dicendo niente e lei era persa nei suoi pensieri che lui avrebbe tanto voluto conoscere, per la prima volta Niall continuò a sorridere e apprezzò quegli istanti di calma e tranquillità insieme a lei.
Ovviamente quel momento di pace fu interrotto da Dylan, che capitolò in cucina con una smorfia sulle labbra, probabilmente perché era appena finito il suo cartone preferito.
«Ho fame» annunciò. I due si guardarono e si sorrisero complici, poi Eileen si pulì le mani e andò verso Dylan.
«Tranquillo, ometto, ci pensa lo zio a preparare la colazione» scherzò Niall, beccandosi un’occhiata di sottecchi da parte di Eileen.
«Si, ancora cinque minuti e sono pronti i pancake» sussurrò Eileen, carezzando i capelli al bambino, che sorrise raggiante.
«Pancake!» esultò, ridacchiando e battendo le mani. Eileen sorrise e gli scompigliò i capelli.
«Dai, vai a giocare di là, ti chiamo quando sono pronti» gli disse, e lui ubbidì subito, stupendo entrambi e sparendo di nuovo nell’altra stanza. Eileen si affacciò per controllare cosa stesse facendo e lo vide perso nel suo mondo a giocare con le macchinine, così più tranquilla tornò in cucina, dove l’aspettava Niall con sguardo trionfante mentre i pancacke a forma tonda cuocevano sui fornelli.
«Visto? Non ci voleva tanto» scherzò Niall, seguendo il suo sguardo quasi di ammirazione. Eileen lo guardò e sbatté le palpebre, lasciandosi scappare una piccola smorfia che fece allargare il sorriso di Niall.
«La mia idea era un po’ più complicata» gli fece notare, incrociando le braccia al petto, «E poi non è colpa mia se non sono brava a cucinare» borbottò Eileen fingendosi indignata, il sangue che le colorò furiosamente le guance facendo intuire a Niall che si trovasse leggermente a disagio a scherzare in quel modo con lui come non avevano mai fatto.
Senza lasciarsi prendere da troppi pensieri, ignorò  quella preoccupazione per non lasciarsi scappare l’occasione di far crollare almeno un pochino quel muro che sentiva tra di loro.
«Tua madre dev’essere un’ottima cuoca gelosa della sua cucina. E’ impossibile che non ti abbia insegnato a cucinare niente!» esclamò, guardandola con un sorriso ammiccante. A quelle parole però, Niall poté vedere distintamente un’ombra impossessarsi del viso della ragazza e la sua espressione gli fece capire che il muro in quel momento era appena diventato più indistruttibile che mai.
«Non sono portata per stare ai fornelli, tutto qui» soffiò, distogliendo lo sguardo. Niall boccheggiò, facendo per dire qualcos’altro, ma il leggero tremore delle spalle di Eileen lo fermò, e lui si limitò ad osservarla in silenzio mentre lei quasi si buttava sui piatti nel lavello, come se dovesse trovare assolutamente qualcosa da fare per distrarsi dai suoi pensieri.
«Uhm, ti serve una mano?» balbettò dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio passato a cercare di escogitare un modo qualsiasi per salvare la situazione.
Eileen sussultò e piegò la testa di lato abbastanza perché Niall potesse notare l’angolo delle sue labbra sollevarsi in un accenno di sorriso.
«Ti conviene controllare i pancake, se non vuoi che si brucino» replicò lei e Niall sobbalzò, ricordandosi improvvisamente della sua colazione sui fornelli.
«Oh accidenti!» esclamò, affrettandosi a toglierli dal fuoco e bruciacchiandosi le dita.
«Cazzo, cazzo, merda!» imprecò, quasi lanciando i pancake sul piatto, saltellando e soffiandosi sulle dita. Eileen riuscì a trattenersi solo qualche secondo, guardandolo con un sopracciglio alzato, poi scoppiò a ridere davanti a quella scena esilarante. Niall si bloccò solo per lanciarle un’occhiata stralunata, leggermente divertito, prima di ricominciare a soffiare sulle dita, con le sopracciglia corrugate dal dolore.
Eileen scosse la testa divertita e si asciugò le mani, per avvicinarsi a Niall e prendere le sue.
«Vieni, bagnale con l’acqua fredda» sussurrò, tirandolo per la mano e aprendo il rubinetto. Niall deglutì a fatica, il dolore alle dita già non lo sentiva più, troppo concentrato sulla piccola mano di Eileen che stringeva la sua.
Era morbida, chiara e le dita erano piccole ma affusolate, le unghie curate e colorate di blu.
Niall si accorse a malapena del getto dell’acqua fredda che alleviava il dolore delle bruciature, alzò gli occhi e guardò Eileen, che fissava concentrata la mani di Niall sotto l’acqua.
«Ecco» esclamò dopo un po’, chiudendo il rubinetto e alzando gli occhi verdi, scontrandosi automaticamente con quelli azzurro ghiaccio di Niall.
Arrossì all’istante e ritirò la mano, facendo un piccolo sorriso.
«Va meglio?»
Niall si schiarì la gola e si sforzò di sorridere, cercando di decifrare l’ondata di emozioni che lo stava travolgendo in quel momento, senza riuscirci.
«Si, grazie». Si scambiarono un altro sorriso, entrambi rossi in viso, e Niall si chiese se un giorno tutto quell’imbarazzo sarebbe sfumato via, perché era stufo di sentirsi inappropriato e di avere paura di dire sempre qualcosa di sbagliato.
«Beh, direi che adesso puoi chiamare Dylan, sempre che tu non voglia mangiarti tutti i pancake da solo» mormorò Eileen, con tono divertito. Niall rise.
«Vieni Dylan, adesso finalmente possiamo fare colazione!» esclamò, sentendo in risposta i passi veloci di Dylan che lo raggiungeva in cucina.
Mentre Eileen aiutava Dylan a sedersi e poggiava sul tavolo il piatto pieno di pancake e una tazza di the, si rese conto che era passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta in cui non aveva risposto o trattato male qualcuno prima di aver fatto colazione.
Era una cosa insolita, perché lui odiava tutto il mondo se aveva lo stomaco vuoto.
Guardò Eileen di sottecchi e si accorse che, di nuovo, stava sorridendo senza ragione. Allora stupidamente si chiese se era proprio quello che gli aveva permesso di dimenticarsi del suo stomaco brontolante; era di quel sorriso che si era sfamato quella mattina.
E, con una semplicità che gli fece quasi paura, si ritrovò a pensare che se fosse stato sempre rivolto a lui come quella mattina, avrebbe fatto volentieri a meno della colazione pur di vederlo.





















 

 








 

Lalala! Sono tornataaaaaa :D
Come state ragazze?
Scusate per il ritardo di un giorno ma, dopo 9 ore di nave e 6 di macchina, ieri ero troppo stremata per aggiornare.
Ma oggi sono qui tutta bella pimpante per voi, per ringraziarvi delle recensioni al capitolo (adesso vado a risponderere :3) e per dirvi che questa vacanza mi ha fatto decisamente rilassare o ho deciso che continuerò a pubblicare questa storia.
Perchè ormai ci tengo, a me piace, e non mi importa se nessuno se la caga, evidentemente non merita poi così tanto. L'importante è che piace a voi poche che mi seguite e solo il fatto che leggete e apprezzate per me è proprio tanto :')
Quindi, in poche parole, non vi libererete di me u.u
So, vado di corsa che ho un saaaaacco di cose da fare aksjskldnmcd 
Spero che il capitolo vi piaccia e, se qualche anima buona sa come diavolo si mette il banner, per favore, mi contatti. Sto impazzendo çç
A presto, allora.
Taaaaanto amore :D
Sara.

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Capitolo 7
*** Message. ***





7. Message.
 
 




Eileen odiava le sorprese più di ogni altra cosa. Di qualsiasi tipo fossero, Eileen non sopportava trovarsi impreparata senza sapere cosa fare e cosa dire. E soprattutto, odiava svegliarsi presto il sabato mattina, con il pensiero fisso di andare al lavoro e la tranquillità di avere la giornata già pienamente impegnata, senza doversi preoccupare di escogitare qualche assurdo piano per occupare il tempo o trovare una qualsiasi scusa per restare fuori casa, e poi arrivare lì e sentirsi dire da Denise che poteva anche tornare a casa perché Dylan aveva la febbre e lei si era presa la giornata libera per occuparsi di lui.
A quelle parole e davanti all’espressione un po’ frustrata e stanca di Denise, Eileen boccheggiò, totalmente impreparata e presa in contropiede. Il sorriso che si era preparata per accogliere Dylan e dargli il buongiorno era ormai completamente sparito ed Eileen stava cadendo nello sconforto al pensiero che proprio quel giorno Mark era in casa ed era riuscita ad evitarlo per un pelo; tornando indietro sicuramente l’avrebbe incontrato, perché da come era sdraiato sul divano circondato dal suo amato alcool, i suoi programmi erano facilmente intuibili. Niente l’avrebbe fatto uscire di casa ed Eileen non aveva per niente voglia di trovarsi a meno di dieci metri di distanza da lui.
«Mi dispiace non averti avvisata prima, ma ieri sera Dylan stava davvero male e non ho avuto un attimo di pace» spiegò Denise, scusandosi ancora con un’atterrita Eileen. Questa cercò di riprendersi e di sforzarsi di sorridere.
«Tranquilla, non è un problema, mi sarei svegliata presto comunque» mentì, facendo un gesto veloce con la mano. Denise sorrise e si passò stancamente una mano tra i lunghi capelli biondi.
«Non mi ha fatto chiudere occhio tutta la notte, la febbre era salita e ha cominciato ad avere gli incubi» mormorò, poggiandosi allo stipite della porta. Eileen sospirò e fece una piccola smorfia, lo stomaco chiuso in una morsa di preoccupazione.
«Mi dispiace, adesso come sta?»
«Meglio, si è addormentato da poco. La febbre è scesa, ma non di molto»
«Sei sicura che non ti serve una mano? Posso fermarmi, non ho…» le parole speranzose di Eileen vennero bloccate dalla comparsa sulla porta di Niall, che sorrideva completamente riposato, segno che non aveva per niente sentito i deliri di Dylan la notte passata.
«Ehi, Eileen» la salutò, agitando la mano. Eileen boccheggiò leggermente, travolta da tutto quell’entusiasmo, le facoltà mentali momentaneamente assenti davanti a quel sorriso.
«Ciao» sussurrò, rimediando un altro sorriso. Poi Niall si voltò verso una ciondolante Denise e le scoccò un leggero bacio sulla guancia.
«Denise io esco, vado a trovare i miei vecchi amici!» annunciò superando entrambe, ancora ferme sulla porta, e uscendo alla luce del sole. Denise annuì vagamente, accennando un sorriso.
«Okay, ma non cacciarti nei casini»
«Tranquilla, mamma» ammiccò Niall, scoppiando a ridere e facendo ridacchiare Denise, che poi alzò gli occhi al cielo. Niall si voltò verso Eileen e le fece l’occhiolino, sorprendendola e facendola bloccare sul posto.
«Ci si vede» le disse, saltando poi con un passo i tre scalini all’ingresso.
«Certo» balbettò ancora Eileen, prima che lui si allontanasse, infilandosi il cappellino rosso e canticchiando qualche canzone a mezza voce.
Eileen lo seguì con lo sguardo, sentendo il sangue colorarle le guance e il cuore rimbombarle fin nelle orecchie.
Non l’aveva mai visto così allegro e, anche se erano rare le volte in cui non sorrideva, quella mattina era particolarmente felice ed era una gioia per gli occhi di chiunque vedere quelle labbra e quegli occhi sorridenti.
Denise tossicchiò attirando la sua attenzione e dall’occhiata che le riservò Eileen si rese conto che forse si era attardata troppo a seguire Niall con lo sguardo. Arrossì e si sforzò di sorridere e assumere un’espressione indifferente.
«Comunque, non voglio che tu sia preoccupata, ci sono io qui con Dylan» riprese Denise, con un sorriso incoraggiante, «E’ sabato, è anche giusto che ti prenda un giorno di pausa, da quando ti ho assunta non ti ho lasciata libera neanche un minuto. E poi non voglio che Dylan contagi anche te. Ha solo un po’ di febbre, ma ho bisogno di te in forma da lunedì»
«Ma…» provò a protestare Eileen, cercando di farle capire che avere la giornata libera era proprio l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
«Dai, non preoccuparti, Leen! Sono sicura che tu abbia di meglio da fare, me la caverò, tu và a divertirti» la spronò ancora Denise, senza lasciarle il modo di parlare e continuando a sorriderle. Eileen si arrese con un sospiro; non aveva senso continuare ad insistere, ormai Denise aveva preso la sua decisione e lei non voleva sembrare troppo invadente.
«Okay, Denise. Allora a lunedì, salutami Dylan» borbottò cercando di non far trasparire la sua delusione, probabilmente riuscendoci a malapena. Ma comunque Denise non ci fece molto caso, perché le tirò un bacio con la mano e le fece un gran sorriso.
«Certo, tesoro. A lunedì» esclamò, prima di chiudere la porta.
Eileen sospirò amaramente, girandosi e allontanandosi dalla casa che in quei giorni era riuscita a distrarla da tutto ciò che era la sua vita. Si era così attaccata alla speranza, al fatto di avere una via di fuga da quell’inferno, che ritrovarsi chiusa fuori la fece sprofondare di nuovo giù. Non aveva idea di cosa fare, si sentiva totalmente persa ed era seriamente intenzionata a tornare indietro e a dire a Denise che era disposta a prendersi qualsiasi malattia pur di non dover tornare a casa sua o essere costretta a vagare tutto il giorno in giro per Mullingar come faceva prima di trovare Dylan e quel lavoro che, oltre darle la possibilità di trovare i soldi per andarsene una volta per tutte, l’aveva aiutata a ritrovare il sorriso e la tranquillità che di solito era normale in una ragazza di diciannove anni.
Si accorse di aver continuato a camminare, persa nel filo dei suoi tristi pensieri, solo quando guardandosi intorno si rese conto che i suoi piedi l’avevano portata in un quartiere che conosceva bene e nel quale aveva passato il maggior tempo durante tutta la sua infanzia e adolescenza.
Quasi senza pensarci si avvicinò alla dependance dei signori Lockwood, costruita appositamente per il figlio desideroso di indipendenza già all’età di quindici anni, e titubante bussò alla porta, rendendosi conto dell’ora solo quando sentì un’imprecazione dall’altro lato.
Stringendo gli occhi pregò che Riley non la mandasse via per tornare probabilmente a dormire, come facevano tutte le persone sane di mente alle otto e trenta del mattino, perché a quel punto non avrebbe proprio saputo cos’altro fare.
Riley era la sua unica speranza, la persona da cui lei correva ogni volta che aveva bisogno e viceversa. Lui c’era sempre per lei così come lei c’era per lui.
Sperò che se lo ricordasse, ma per non rischiare quando Riley, assonnato e con un cipiglio frustrato sul volto, le aprì la porta gli scoccò all’instante un gran sorriso.
Riley appena la riconobbe sbruffò, passandosi stancamente una mano sul viso e stropicciandosi gli occhi.
«Ciao straniera. Cosa ci fai qui?» mormorò, poggiandosi allo stipite della porta e rivolgendole un piccolo sorriso, rincuorandola e perdonandola in silenzio.
«Giornata libera oggi» lo informò. Riley sorrise di nuovo, scuotendo la testa divertito e sbadigliando.
«E quindi hai pensato bene di venire a rompere le scatole al tuo migliore amico?»
«Scusa per essere piombata qui senza preavviso, non mi ero accorta di che ora fosse» mormorò, arrossendo e guardandolo dritto negli occhi. Riley scosse la testa e sorrise, facendole capire che non importava, allora continuò, sforzandosi di mantenere un tono di voce neutro.
«Ma Mark è in casa e non ho intenzione di mettere piede lì dentro e avere a che fare con lui tutto il giorno». Un lampo di comprensione passò negli occhi di Riley, ma fu bravo a nasconderlo subito e ad assumere un’aria vagamente divertita e strafottente.
«Mh, e cosa ti fa pensare che io sia d’accordo a passare il mio prezioso tempo con te?» le chiese. Eileen sorrise e fece per ribattere, ma una voce da dentro la casa la anticipò.
«Il fatto che tu non hai mai niente da fare, amore! »urlò Heidi, ridacchiando. Riley alzò gli occhi al cielo e Heidi li raggiunse sulla porta.
Eileen non poté fare a meno di sorridere davanti a quel vulcano di energia. Heidi era semplicemente adorabile e Riley aveva avuto una gran fortuna a trovarla e a farla innamorare: era bella, alta, con un fisico perfetto e le forme al punto giusto. Gli occhi azzurri e il sorriso smagliante completavano il pacchetto rendendola la ragazza più desiderabile di tutta Mullingar. Ma il fatto che lei probabilmente non si rendeva conto della sua bellezza e ignorasse qualsiasi tipo di vanità la rendeva a dir poco perfetta agli occhi di Riley, che si era innamorato di lei al primo sguardo.
«Oh, non sei solo. Ciao Heidi!» esclamò Eileen, mentre questa ridacchiando si sporgeva verso di lei per stringerla in un frettoloso abbraccio.
«Ciao, tesoro. Vieni, entra, non ascoltare questo idiota» le disse, facendo una smorfia a Riley, che ricambiò prontamente. Eileen ridacchiò e seguì Heidi in casa, stampando un bacio sulla guancia di Riley quando gli passò vicino. Lui le scompigliò i capelli e le diede un calcetto sul sedere facendola squittire divertita.
Heidi scosse la testa sorridendo e si affrettò a mettere su il caffè. Riley le si avvicinò e le cinse la vita con un braccio, mettendo il broncio.
Eileen si accomodò su una sedia e li osservò sorridendo.
Quei due erano adorabili insieme, sembravano fatti apposta l’uno per l’altra ed Eileen sapeva che tra loro non sarebbe mai finita: si percepiva a miglia di distanza il loro amore, ed era quasi fastidioso guardarli mentre si scambiavano quelle occhiate cariche di significato, come se si leggessero nel pensiero o conversassero solo con lo sguardo.
Ma Eileen ormai ci aveva fatto l’abitudine, dopo tutto il tempo che aveva passato con loro, e più volte si era trovata a fantasticare se, quando avrebbe trovato anche lei l’amore, sarebbe stato come era tra loro due. Dentro di se lo sperava ardentemente.
«Comunque, fino a prova contraria, questa è ancora casa mia e decido io chi far entrare» borbottò Riley, ammiccando verso Eileen, che alzò gli occhi al cielo in contemporanea ad Heidi, che si strinse innocentemente nelle spalle.
La verità era che Eileen considerava più casa quella dependance fatta da camera, cucina e bagno, che la sua, per tutto il tempo che ci aveva passato dentro. E anche Heidi non era da meno perché, da quando stavano insieme o almeno da quando avevano fatto il grande passo, due notti su tre lei dormiva lì, quindi era come se vivessero insieme.
«Okay, come vuoi, allora usciremo noi» affermò incurante, scoccandogli un sorrisetto.
Si allontanò da lui e fece l’occhiolino ad Eileen.
«Vado a vestirmi e andiamo a farci una passeggiata»
«Ci sto» affermò Eileen, facendo la linguaccia a Riley che le guardava oltraggiato.
«Ehi, qui stiamo scambiando i ruoli!» si indignò, seguendo Heidi, che gli sbatté la porta del bagno in faccia.
«Sono io il suo migliore amico, è venuta qui per vedere me!» le urlò. Eileen scosse la testa e sentì la risata di Heidi che fece sorridere anche Riley.
«Ma se neanche volevi farla entrare!» gli rispose. Riley corrugò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto.
«Non è vero. L’avrei fatta soffrire un altro po’, ma poi l’avrei fatta entrare» affermò, girandosi verso Eileen e scoccandole un gran sorriso.
«Ehi!» esclamò lei , alzandosi in piedi.
Riley scoppiò a ridere e corse da lei per stringerla in un abbraccio. Eileen provò a divincolarsi, ma le braccia di Riley erano forti, e in fondo anche lei voleva quell’abbraccio fraterno, era impossibile rifiutarlo.
«Antipatico» gli bisbigliò, lasciandosi stringere. Lui le lasciò un bacio tra i capelli e ridacchiò.
«Quanto mi vuoi bene?»
«Per niente»
«Oh non è vero. Tu mi adori» affermò, distanziandosi un pochino per guardarla negli occhi e sbattere più volte le palpebre, teatralmente. Eileen alzò gli occhi al cielo e piegò le labbra in un sorriso esasperato.
«Okay, forse un pochino» ammise. Riley scoppiò a ridere proprio nel momento in cui Heidi usciva dal bagno, vestita e pronta, in soli cinque minuti.
«Ehi, ehi, troppi ruoli si stanno scambiando» esclamò, fingendosi indignata, per poi ridacchiare dopo mezzo secondo. Riley allargò un braccio, senza lasciare Eileen, e Heidi ci si tuffò, affondando il viso nel suo petto e facendo l’occhiolino all’amica.
«Le mie donne» mormorò Riley stringendole a se. Eileen ridacchiò e sciolse la presa, sentendosi leggermente di troppo.
«Okay, adesso andiamo?» chiese Heidi, dopo aver sciolto l’abbraccio e stampato un bacio sulle labbra di Riley.
Eileen annuì e afferrò la sua borsa, pronta ad uscire.
«Ehi aspettatemi, vengo con voi!» esclamò Riley. Le ragazze lo guardarono, ancora con il pigiama e i capelli scompigliati, e si sorrisero.
«E chi ti ha detto che noi vogliamo passare il nostro prezioso tempo con te?» chiese Eileen, scimmiottando la sua voce. Riley le fece una smorfia e le scompigliò i capelli.
«Spiritosa»
«Vado a vestirmi, aspettatemi qui» disse, per poi chiudersi in bagno frettolosamente.
Heidi si lasciò cadere sul divano ed Eileen la seguì, improvvisamente in imbarazzo.
«Uhm, però se vi ho rovinato i piani io posso sempre…» cominciò, cercando di chiarire che non erano obbligati a passare il tempo con lei se non volevano. Heidi le scoccò un’occhiataccia e le sorrise.
«Non dire sciocchezze, il programma di Riley era rimanersene a casa tutto il giorno davanti alla tv. Io avevo intenzione di uscire comunque, con o senza di lui»
«Sicura? Non vorrei impicciarmi, posso trovare qualcos’altro da fare» ci riprovò. Prima che Heidi potesse rispondere uscì Riley dal bagno e la prese per un braccio, facendola alzare con un gran sorriso.
«Leen, piantala. Sai che se fossi di troppo te lo direi» mise fine alla discussione, lanciando un’occhiata ad Hedi, che annuì vigorosamente. Eileen sospirò, più tranquilla.
«Oh, su questo non c’è dubbio. Hai il tatto di un elefante» lo accusò, beccandosi un suo sorriso fiero.
«Appunto. Adesso smettila di farti paranoie e andiamo a divertirci da qualche parte»
«Che proponi, genio?» chiese Heidi, prendendo la borsa e uscendo di casa, seguita dagli altri due.
«Beh, visto che abbiamo tutta la giornata potremo andare a Dublino a vedere l’appartamento e poi starcene in giro lì» rispose Riley, stringendosi nelle spalle e poggiandosi al cofano della sua macchina.
«Avete preso un appartamento insieme?» chiese Eileen stupita, alternando lo sguardo da Riley, che sembrava pienamente fiero di se, a Heidi, che era arrossita e si era stretta al fianco di Riley, abbracciandolo.
«Beh, non so come farò a vivere con questa signorina qui che respira la mia stessa aria, ma sarà più comodo dividersi le spese» replicò Riley scoppiando a ridere. Heidi alzò gli occhi al cielo, ignorando la sua battuta, e guardò Eileen con un sorriso.
«E c’è anche la camera degli ospiti, se vorrai venire a trovarci»
«Heidi, lo sai che non voglio la carità» rispose subito lei, rabbuiandosi.
«Chi ha parlato di carità? Ti sto solo invitando a stare un po’ da noi quando ti pare!»
«Grazie, ci penserò» borbottò Eileen, sperando di chiudere la questione. La verità era che più volte le avevano proposto di andare a Dublino con loro, offrendole un tetto sotto cui dormire e i soldi per tirare avanti almeno finché non avesse trovato una sistemazione tutta sua. I genitori di Riley se la passavano bene e i soldi per lui non erano mai stati un problema, ma Eileen non voleva approfittarsene e non voleva sentirsi affatto una mantenuta, non dal suo migliore amico.
Aveva provato a farglielo capire in tutti i modi ma Riley, che sapeva quanto Eileen desiderasse andarsene da Mullingar, continuava a insistere anche perché non voleva lasciarla sola in quella città: lui era l’unica persona che le era rimasta.
«La porta è sempre aperta per te, Leen» le disse, abbassando il tono di voce e guardandola dolcemente. Eileen capì tutti i significati e i pensieri che erano nascosti dietro quella frase e quello sguardo, così gli sorrise grata, sentendo gli occhi pizzicare.
«Lo so» sussurrò, cercando di mandare giù il nodo che improvvisamente le chiudeva la gola.
«Okay, adesso basta. Cambiamo discorso, non mi piace vedere quel musetto triste» esclamò, ritrovando l’allegria di prima e aprendo la macchina per saltare su.
«Andiamo, Dublino ci aspetta!»
Heidi ed Eileen ridacchiarono e salirono in macchina, chiacchierando spensierate finché Riley non accese la radio e cominciò a cantare, continuando per tutto il viaggio e coinvolgendo anche le ragazze.
 
 
La casa che Riley ed Heidi avevano comprato era a dir poco perfetta. Era un grande passo per Riley trasferirsi in un vero appartamento, con due camere da letto, due bagni, un salone e una cucina, dopo essere vissuto per quattro anni in quella dependance che era appena un quarto di quella che sarebbe stata la sua nuova casa.
Aveva affermato che aveva paura di perdersi lì dentro e che avrebbe dovuto mettere i segnali stradali per trovare la strada per il bagno.
Ovviamente, per quell’osservazione idiota tipica delle sue, le ragazze risero per mezz’ora ed Eileen si chiese come sarebbe stato vivere con loro, stare a stretto contatto con il suo migliore amico tutto il giorno. Sicuramente sarebbe stato uno spasso, non avrebbe più dovuto pensare e preoccuparsi di trovare il momento giusto per uscire dalla sua camera per paura di incontrare Mark e avrebbe potuto girare tranquilla per casa facendo quello che voleva. Anche se probabilmente di notte avrebbe sentito rumori strani e ambigui provenire dalla camera di Riley e Heidi, la cosa sarebbe potuta essere sopportabile, d’altra parte le due camere da letto erano abbastanza distanti, divise da un enorme salotto con divano e tv.
Quando sarebbe andata in quella cucina con i mobili nuovi e bianchi, avrebbe potuto aprire il frigorifero e non trovarlo pieno di lattine di birra ma di cibo, e magari Heidi avrebbe anche potuto insegnarle a cucinare qualcosa.
Così Niall non l’avrebbe più presa in giro per il fatto che non ne fosse capace.
A quel pensiero arrossì e sentì lo stomaco contorcersi: non sarebbe stato possibile riscattarsi. Il suo programma era quello di andarsene da Mullingar e non tornarci, quindi quello avrebbe comportato il fatto di non rivedere mai più Niall.
Proprio mentre cercava di decifrare quello strano sconforto che la pervase al pensiero di non vedere più quegli occhi e quel sorriso, il cellulare di Riley squillò e dopo una breve chiamata di soli cinque minuti il suo amico annunciò che sarebbero dovuti tornare in fretta a Mullingar perché il padre aveva bisogno di lui.
Eileen tornò alla realtà, chiudendo tutti i pensieri di quegli ultimi minuti in un cassetto e riacquistando il sorriso, mentre Heidi borbottava qualcosa sul fatto che non potevano mai passare una giornata tranquilla.
Riley cercò di tranquillizzarla con un bacio e poi le costrinse a salire in macchina per mettersi subito in viaggio.
Quando arrivarono a Mullingar, Riley fece appena in tempo a salutare Eileen prima di schizzare in casa a vedere cosa volesse il padre, e le due ragazze rimasero sole.
«Vado a trovare mia sorella più tardi, tanto Riley avrà da fare tutto il pomeriggio» le disse Heidi, entrando in casa e buttando la sua borsa sul divano.
«Vuoi venire con me?» chiese, sorridendo a Eileen.
Lei scosse la testa senza allontanarsi dalla porta, pronta ad andarsene e a tornare alla realtà del suo mondo.
«No, tranquilla. Torno a casa e cerco di combinare qualcosa. Magari vedo un film» mormorò, trovando assurda quell’osservazione, perché sicuramente avrebbe trovato Mark davanti alla tv, quindi l’intero salone sarebbe stato impraticabile e come sempre lei avrebbe dovuto chiudersi nella sua camera a leggere qualche libro.
«Sicura? Puoi venire, non è un problema» insistette Heidi, con un sorriso incoraggiante.
Eileen scosse di nuovo la testa e aprì la porta.
«No, davvero. Vado a casa, ci sentiamo»
«Come vuoi» si arrese Heidi, scoccandole un bacio sulla guancia. Eileen sorrise e uscì.
«Salutami Riley» le disse, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Sospirò amaramente e cominciò a camminare verso casa, cercando di pensare positivo: almeno la presenza dei due amici le aveva permesso di ritardare il suo ritorno a casa, se non fosse stato per loro l’avrebbe dovuto fare già da un pezzo.
Quando arrivò in prossimità del parco accanto a casa sua, prese un bel respiro, sperando che svoltando l’angolo avrebbe trovato il vialetto di casa sua vuoto, segno che Mark era uscito. Ma sapeva che non era possibile, quindi non si stupì quando capì che le sue preghiere erano state inutili: non solo Mark era in casa, in quel momento era fuori in giardino, intento a strappare le erbacce ai lati del vialetto.
Eileen si stupì che stesse facendo qualcosa per casa, così si avvicinò titubante, pensando che magari l’avrebbe trovato di buon umore e non l’avrebbe torturata.
Quando Mark però alzò gli occhi su di lei, capì che di nuovo le sue speranze erano state inutili.
«Dove sei stata?» abbaiò, lanciandole un’occhiataccia. Eileen rabbrividì e gli passò accanto, sforzandosi di non mostrare la sua paura. Puzzava di alcool, niente fuori dal normale quindi.
«Non sono affari tuoi» mormorò con la gola secca. Mark si voltò di scatto verso di lei, smettendo di strappare le erbacce e fissandola con astio.
«Come hai detto?»
«Ho detto che non sono affari tuoi!» ribadì Eileen, tremando leggermente quando Mark le si avvicinò con aria minacciosa.
«Non usare questo tono con me, signorina!» le intimò, alzando il tono di voce. Non sapeva perché, ma Eileen non riuscì a trattenersi, come se ascoltare i suoi ordini gli avrebbe dato potere su di lei, e lei non poteva permetterglielo.
«Io uso il tono che mi pare! Tu non sei nessuno per darmi ordini» sbottò infanti, stringendo i pugni e fissandolo senza mostrare la paura che invece sentiva sotto la pelle.
«Io sono tuo padre e il tuo culo è riparato dal mio tetto, quindi devi portarmi rispetto»
«Tu non meriti niente da me» sibilò, assottigliando gli occhi. Sapeva che probabilmente stava esagerando: Mark era già fuori di se e il fatto che si trovassero ancora nel vialetto di casa sotto gli occhi dei passanti non l’avrebbe trattenuto dal fare scenate.
«Sei una puttanella. Proprio come tua madre». Quelle parole la colpirono e le fecero più male di un pugno nello stomaco. Indietreggiò di mezzo passo e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
«Non parlare di lei così. E’ colpa tua se se n’è andata» sussurrò, la gola secca e le mani tremanti.
«Certo! L’avevo detto che non ci stava con la testa. Quale persona sana di mente si butterebbe in quel sudicio fiume?» sbottò Mark, facendo un altro passo avanti e costringendola contro il muro di casa. Eileen gli lanciò un’occhiata spaventata che lui però non colse.
«Se l’ha fatto era perché non voleva più vedere questa faccia di merda» sillabò, capendo dallo sguardo di Mark di aver passato il segno. L’uomo l’afferrò per un braccio e la scosse, stringendo la presa.
«Attenta con le parole, ragazzina» minacciò, arrivandole ad un palmo dal viso e facendole storcere il naso a quell’odore sgradevole.
«Mi stai facendo male»
«Tu impara a tenere la bocca chiusa» replicò, stringendo ancora più forte il suo braccio. Eileen sentì le lacrime spuntarle dagli occhi ma strinse i denti per evitare di piangere davanti a lui.
«Lasciami andare, Mark» mormorò, quasi pregandolo perché la sua stretta ferrea le stava facendo davvero male e sicuramente quelle dita tozze le avrebbero lasciato un brutto livido sul braccio. Mark allentò di un poco la presa, senza però lasciarla andare del tutto.
«Pensi di essere forte, ma sei proprio come lei. Non riusciva a comandarmi e si è ammazzata, tu farai la sua stessa fine» dichiarò. Eileen scosse la testa e sentì un paio di lacrime scivolarle sulle guance. Chiuse gli occhi e a quel punto Mark la lasciò andare.
«No, non ti permetterò di rovinare anche me. Io me ne andrò» sussurrò, quasi a se stessa. Mark fece una risata sprezzante e Eileen aprì gli occhi.
«Si, ti voglio proprio vedere, senza neanche un soldo!» esclamò, allontanandosi quel tanto per lasciarle lo spazio di scappare in casa e chiudersi la porta alle spalle.
Mark continuò a borbottare qualcosa che Eileen si rifiutò di sentire, correndo in camera e chiudendo a chiave la porta, per poi scivolarci contro e sedersi a terra.
Non poteva andare avanti cosi, sentiva che stava per sprofondare, Mark le toglieva ogni energia e speranza, aveva bisogno di un salvagente che l’avrebbe tenuta a galla.
Proprio in quel momento, sentì il telefono vibrarle in tasca e, con le lacrime che le appannavano gli occhi, lo prese e aprì il messaggio che le era appena arrivato.
 
Ehi ho rubato il tuo numero dalla rubrica di Denise. Non prendermi per pazzo, ma avrei bisogno del tuo aiuto. Possiamo vederci al parco il prima possibile? -Niall.
 
Eileen, improvvisamente, sorrise. Come se in qualche modo lui avesse sentito il bisogno di lei di evadere da quella prigione che era diventata la sua camera, le aveva teso la mano che l’avrebbe riportata in superficie.
Non ci pensò due volte a rispondere al messaggio e ad accettare il suo, anche se inconsapevole, aiuto.
 
Arrivo.











 








 


CIAO! :)
Allora allora, ecco un nuovo capitolo!
Lo so, non è il massimo dell'azione e probabilmente vi avrà annoiate perchè Niall non c'è quasi per niente, come il contatto tra i due.
Ma è un capitolo di passaggio, si capisce di più il rapporto tra Eileen e Riley e soprattutto si vede il comportamento di Mark.
Devo ammettere che mi gasa troppo scrivere certe scene acjasdnncm
E posso anticiparvi che non sarà l'ultima di questo genere, quindi preparatevi.
Si, Mark è uno stronzo e lo farà vedere a tutti gli effetti u.u
Poooi, spero davvero che non vi annoi questa storia, lo so, mi rendo conto che sto andando piuttosto lenta con le cose, ma ci tengo a precisare tutto e odio quando le situazioni sono troppo veloci.
Però vi prometto che nei prossimi capitoli ci sarà un po' d'azione, insomma potete anche immaginare cosa succederà nel prossimo dallo scambio di messaggi di quei due ammmmori.
Boh, è strano che li shippo insieme? BUAHAHAH.
Okay, la pianto.
Ah, un'ultima cosa: ho detto che sarei andata avanti con la storia, e lo farò, perchè mi piace scriverla e sono già un bel pezzo avanti.
Ma aggiornerò solo quando e se aumenteranno le recensioni.
Insomma, so che magari non vi interessa, ma è sconfortante passare le ore a scrivere e le giornate ad aspettare qualche commento, per poi rimanere delusa ad accettare il fatto che questa cacchetta rimane sconosciuta e non considerata.
Ecco.
Detto questo, vado a rispondere alle recensioni -meravigliose **- che mi avete lasciato.
A presto, dolcezze! 
Sara.

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Capitolo 8
*** Turn back time. ***


 



8.  Turn back time.
 
 




Quel giorno Niall si sentiva particolarmente positivo. Non sapeva perché, ma da quando aveva messo piede fuori dal letto nessun pensiero negativo l’aveva neanche sfiorato e aveva la vaga sensazione che sarebbe stata una giornata tranquilla, senza intralci o situazioni spiacevoli.
Il fatto di essere uscito dalla sua temporanea stanza e aveva incrociato Denise in corridoio, con l’aria esausta e due occhiaie che le arrivavano quasi ai piedi, e di aver ascoltato durante la colazione le sue lamentele su quanto Dylan fosse stato insopportabile durante la notte, non lo scalfì minimamente.
Non aveva affatto il sonno leggero, e quello era stato un bene. Mentre dormiva sarebbe potuta anche scoppiare la terza guerra mondiale e lui non se ne sarebbe accorto, forse per quello rimase leggermente spaesato quando Denise gli chiese se le urla e i deliri di Dylan l’avessero disturbato.
Così con una scrollata di spalle e un sorriso si alzò per andare a prepararsi, proprio mentre il campanello di casa suonava e Denise si trascinava ad aprire la porta.
Quel giorno avrebbe dovuto incontrare i suoi vecchi amici, quelli che c’erano fin da prima che lui diventasse famoso e che vedeva troppo di rado per i suoi gusti.
Erano passati due mesi dall’ultima volta che aveva sentito Simon e, anche se continuava a scambiarsi e-mail con la sua sorella gemella, gli mancava chiacchierare con quello che una volta era stato il suo migliore amico. Sapeva che probabilmente era offeso dal fatto che non si facesse mai sentire e che non metteva piede a Mullingar ormai da un tempo indefinito, ma sapeva che Allison era più intelligente di lui e capiva le ragioni di Niall, quindi poteva contare su di lei per tenere buono il fratello.
Infatti era stata proprio lei a rispondere al cellulare di Simon quando la sera prima Niall si era deciso a chiamarlo: non aveva detto a nessuno dei suoi vecchi amici che sarebbe tornato a Mullingar per l’estate e aveva paura che Simon gli avesse direttamente attaccato il telefono in faccia, senza neanche dargli il tempo di salutarlo.
Ma fece di peggio: lasciò rispondere alla sorella, facendo capire a Niall che non aveva nessuna voglia neanche di sentire la sua voce.
Allison però era evidentemente felice di sentirlo e gli assicurò che l’indomani anche Simon ci sarebbe stato perché, anche se non l’avrebbe mai ammesso, gli era mancato ed era impaziente di rivederlo.
Scherzava quando da piccolo ripeteva sempre ai due fratelli che madre natura aveva avuto una gran preferenza nei confronti di Allison, donandole tutta l’intelligenza e la bontà che era riservata ai due fratelli, quello di cui però era sicuro era che quella ragazza era di una dolcezza infinita ed era sempre pronta a perdonare.
Così si ritrovò a sorridere per tutta la serata e a risvegliarsi con la stessa espressione, convinto delle parole di Allison e con la speranza di riuscire a recuperare quel rapporto che, consapevolmente o no, era stato lui stesso a rovinare.
Era talmente euforico che quasi non si accorse neanche che davanti a Denise, sulla porta di casa, c’era Eileen, finché questa non posò gli occhi su di lui e arrossì.
Decise di non lasciarsi scalfire e di smetterla di trattenersi, così la salutò dimostrando tutto il suo entusiasmo e le scoccò anche un occhiolino, sicuramente azzardando troppo, ma non aveva tempo per pensarci perché doveva correre dai suoi vecchi amici, alla sua vecchia vita.
Sicuramente una parte di lui sarebbe voluta rimanere lì, ad ascoltare la voce quasi implorante di Eileen e ad osservare i suoi occhi tristi e le sue labbra piegate all’ingiù. Una parte di lui avrebbe voluto prenderla per mano e portarla via, per farle conoscere i suoi amici che sicuramente le sarebbero piaciuti e per cercare di farle tornare sul viso quello splendido sorriso che faceva sorridere lui di rimando.
Ma aveva fretta, sapeva che non avrebbe mai trovato il coraggio di farlo o più probabilmente lei non avrebbe mai accettato, quindi non ci provò neanche e schizzò via prima di ripensarci o di rimanere imbambolato da quello sguardo.
Quando arrivò al parco, solito punto d’incontro stabilito con i suoi amici fin da quando avevano solo cinque anni, ci mise un bel po’ per attribuire ai due ragazzi seduti sul muretto i visi dei suoi migliori amici che aveva tra i suoi ricordi.
Allison era cresciuta, nonostante la sua statura fosse rimasta più o meno la stessa. Era cresciuta nel viso, nei modi e nello sguardo. Niall si accorse subito da come era seduta sul muretto, con le gambe accavallate e la schiena dritta, che la sua compagna di giochi, di rincorse nel fango e di prese in giro contro Simon, non c’era più.
Stentò a riconoscerla, fermandosi a qualche metro da loro e osservandoli attentamente prima di avvicinarsi, ma bastò che lei alzasse gli occhi scuri su di lui e che le sue labbra fine si piegassero in un sorriso pieno di gioia per far capire a Niall che, in quel momento, era proprio nel posto giusto.
«Horan!». Anche la voce era cambiata, constatò Niall, mentre quella ragazza completamente cresciuta, con le gambe corte ma affusolate e qualche taglia in più di seno, saltava giù dal muretto e con un gran sorriso correva verso di lui.
Niall fece appena in tempo a sorridere e allargare le braccia, prima che Allison si scontrasse con il suo petto, passandogli le braccia intorno ai fianchi e stringendolo talmente forte da togliergli il respiro.
«Ciao, Lily» le sussurrò Niall all’orecchio, scompigliandole i lunghi capelli castani, più lisci e morbidi di quanto ricordava, e sentendo gli occhi stranamente pizzicare.
Allison ridacchiò, alzando il viso verso di lui e poggiando il mento sul suo petto, guardandolo dal basso.
«Ti sei alzato?» gli chiese, facendo una piccola smorfia. Niall roteò gli occhi al cielo e le batté una mano sulla testa.
«No, Lily, sei tu che rimani sempre una nana» scherzò, non trovando minimamente strano che, nonostante fossero passati almeno due anni, la loro confidenza era sempre la stessa e che negli occhi di Allison leggesse lo stesso affetto che c’era l’ultima volta che si erano visti.
«E tu ricordi ancora quell’assurdo nomignolo» replicò lei, con la sua nuova voce, da ragazza e non più da bambina. Niall sorrise, mentre Allison scioglieva l’abbraccio.
Odiava le abbreviazioni, a lui piaceva usare i nomi delle persone per intero, perché dicevano chi erano e raccontavano la loro storia. Abbreviarli per lui era come nascondersi, celare una parte di se stessi.
Non l’aveva mai spiegato agli amici che lo guardavano male ogni volta che usava i loro nomi per intero, sapeva da solo che era un ragionamento piuttosto strano, il suo.
Quindi se lo teneva per se e, per non sembrare strano agli occhi degli altri, se proprio doveva usare un nomignolo ne inventava uno di sana pianta che avrebbe usato solo lui, che avrebbe raccontato la storia di quella persona da quando c’era lui.
«Probabilmente è l’unica cosa che si ricorda di te, Allie» interruppe i suoi pensieri una voce maschile, diffidente e piuttosto scocciata.
Niall si sporse oltre le piccole spalle di Allison per vedere un ragazzo leggermente più alto di lei, ma con gli stessi occhi scuri e lo stesso colore dei capelli, saltare giù dal muretto con agilità e infilarsi tra le labbra una sigaretta.
Niall sussultò, osservando i lineamenti marcati e duri di quello che una volta era il suo migliore amico, e si impose di stendere le labbra in un sorriso abbastanza convincente.
«Ciao, Simon» lo salutò, puntando i suoi occhi azzurri su di lui e osservandolo gettare la sigaretta a terra e pestarla con il piede, per poi alzare lo sguardo su di lui ed espirargli una nuvola di fumo in faccia.
Niall arricciò il naso e Allison grugnì di fastidio, lanciando un’occhiataccia al fratello.
«Ehi Horan, come mai da queste parti? Hai preso una pausa dalla tua vita da star?».
Niall sospirò, abbassando le spalle e rassegnandosi al fatto che si meritava tutta quella freddezza e quel tono saccente da parte del suo amico: erano mesi che non si faceva sentire ed era consapevole del fatto che non poteva pretendere di tornare a casa e di trovare tutto come era prima. La vita era andata avanti per lui come per i suoi amici, ed era impossibile che loro fossero rimasti ad aspettarlo.
«Simon, piantala» sibilò Allison, accorrendo come sempre in sua difesa. Quando erano bambini, e i due bisticciavano per qualsiasi cosa, era la saggia Lily a riportare tutto all’ordine, costringendoli a fare pace per non rompere l’equilibrio del fantastico trio.
Peccato che il peggio per cui potessero tenersi il muso fossero delle figurine, o chi arrivava primo al parco e riusciva a prendersi l’altalena che non cigolava.
In quel momento i problemi erano altri e leggermente più difficili da risolvere, Lily non poteva fare più di tanto.
Simon, infatti, le lanciò uno sguardo sprezzante e schioccò la lingua.
«Piantala tu, Allie! Non lo vedi che ci ha chiamati solo perché è da solo? Pensi che se ci fossero stati i suoi amici qui lui si sarebbe ricordato di noi? Ancora non capisco perché mi sia fatto convincere a venire qui» sibilò, parlando di Niall come se non fosse proprio a due metri da lui, facendo innervosire il diretto interessato.
 Strinse i pugni e Allison aprì la bocca per replicare, ma venne battuta sul tempo da Niall.
«Ti sei lasciato convincere perché sai che tutto quello che hai detto sono stronzate! Lo sai che non vi ho dimenticati e non mi sogno neanche di farlo» sibilò Niall, ammorbidendo però il suo tono di voce e accennando un sorriso.
«No che non lo so! Sono mesi che non ti fai sentire»
«Andiamo, Simon, lo sai che non…»
«Non è colpa tua?» esplose il ragazzo, strabuzzando gli occhi e scoppiando in una risata amara.
Allison sospirò, lanciando un’occhiata di scuse a Niall e affiancando il fratello, posandogli una mano sul braccio per cercare di calmarlo.
«No, scusa, hai ragione» mormorò Niall, anticipandolo sul tempo per evitare che cominciasse ad urlare e ad accusarlo di colpe che sapeva di avere.
«E’ colpa mia, perché avrei potuto trovare sempre due minuti per chiamarti, o per scriverti. Sarei voluto tornare più spesso a casa per passare il pomeriggio tutti e tre insieme, come quando eravamo piccoli, al parco, o a vedere un film a casa vostra. Ma non potevo, non era proprio fisicamente possibile, e chiamarvi mi sembrava crudele, come se volessi imporvi di pensare a me e di sentire la mia mancanza. Non volevo che voi provaste le stesse cose che provavo io. Ecco, Simon, perché non ho più chiamato» confessò Niall, guardandolo dritto negli occhi, parlando con tutta la sincerità possibile.
Simon sospirò, abbassando lo sguardo, e Niall lanciò un’occhiata fugace a Allison, che si torturava le mani tra di loro e tratteneva a stento le lacrime. Le sorrise intenerito ma non si azzardò ad avvicinarsi, sapeva che lei aspettava l’approvazione del fratello prima di aprire di nuovo il cuore al suo vecchio amico.
«Abbiamo sentito la tua mancanza lo stesso, stronzo» bisbigliò Simon, per poi alzare la testa e far affiorare un mezzo sorriso sulle sue labbra.
Niall si lasciò andare ad un piccolo sospiro, mentre il sorriso sulle labbra di Allison cominciava a diventare terribilmente contagioso.
«Mi dispiace, ho cercato di fare del mio meglio». Simon scosse la testa e lo scrutò ancora, poi sospirò.
«Sai qual è il problema, Niall?» cominciò, lanciando una piccola occhiata ad Allison, che si mordeva le labbra ansiosa. Niall piegò un po’ le testa di lato e Simon sospirò di nuovo.
«Se io adesso accetto il fatto che tu sei tornato e ti faccio entrare di nuovo nelle nostre vite, soprattutto in quella di mia sorella, tu devi essere consapevole che non potrai andartene di nuovo in quel modo, perché non ti permetterò di farle ancora del male» gli disse, facendolo sentire il ragazzo peggiore del mondo. Allison fece una smorfia e arrossì, imbarazzata dalle parole del fratello e dal fatto che l’avesse messa a nudo confessando a Niall quanto aveva sofferto la sua mancanza.
«Capisci, Niall? Non voglio che lei si senta ancora come quando tu te ne sei andato» continuò Simon, la sofferenza che gli velava gli occhi scuri.
E allora Niall capì che Simon non stava parlando solo di Allison. Simon gli stava dicendo che gli era mancato, che ci aveva messo tempo per superare il fatto che se ne fosse andato, e che non voleva passarci di nuovo.
Simon stava parlando di se stesso, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo. Niall si ritrovò a sorridere e ad annuire.
«Ti capisco, Simon. Io…non posso prometterti che tornerò spesso e che sarò libero di chiamare tutti i giorni, ma adesso sono qui. E mi siete mancati. E rivoglio indietro i miei due migliori amici». Appena Niall riprese fiato, dopo aver confessato tutto quello che sentiva senza un filo di vergogna, perché gli piaceva essere sincero con le persone che amava, Allison spintonò il fratello, superandolo e buttandosi di nuovo tra le braccia di Niall.
Lui scoppiò a ridere, stringendola al petto e sentendo le sue piccole spalle scosse da singhiozzi.
«Non sentire quel coglione, tu non sei mai uscito dalla mia vita e io ti voglio bene come prima» gli mormorò contro il petto, aggrappandosi con le dita alla sua maglietta.
Niall la strinse più forte e lanciò un’occhiata a Simon, che allargò le braccia alzando gli occhi al cielo.
«Sapevo che sarebbe finita così»
«Oh, smettila di fare il coglione e vieni qui» lo richiamò Allison, staccandosi da Niall quel tanto che bastava per afferrare la mano del fratello e trascinarlo in quell’abbraccio.
I due ragazzi si guardarono, per niente imbarazzati, e con gli occhi si dissero tutto quello che si erano taciuti in quegli ultimi tempi, chiedendo scusa e perdonandosi per tutti gli sbagli che avevano fatto.
«Mi sei mancato, amico» gli disse Simon. Niall gli scoccò un gran sorriso e gli batté una mano sulla spalla, sentendo Allison sorridere tra di loro.
«Anche tu».
Rimasero lì, stretti in quell’abbraccio rappacificatore per qualche minuto, prima che Allison si schiarisse la gola e riportasse tutti agli ordini, scoccando ad entrambi un gran sorriso.
«Bene, ora che il fantastico trio è riunito, che ne dite di fare qualcosa?».
 
 
 
 
Purtroppo fu costretto a salutare presto i suoi due ritrovati amici, costretti a tornare a casa; Simon perché aveva appuntamento a cena con una ragazza, Allison perché doveva dare una mano alla madre in casa. Ma si promisero che il giorno dopo si sarebbero rivisti, e così per tutta l’estate, perché non avevano intenzione di farsi scappare l’occasione di stare insieme per tutto quel tempo, facendoli sentire come se Niall non fosse mai partito e diventato famoso, come se fosse ancora un ragazzetto di paese come loro con le tasche piene di sogni.
Ma Niall i suoi sogni li aveva più o meno tutti realizzati. Anche se i due ragazzi, dopo le iniziali domande di rito e prese in giro, avevano smesso di sentire la differenza tra di loro perché, nonostante Niall avesse fatto successo, era rimasto sempre lo stesso.
Li aveva appena visti scomparire dietro la curva, quando il cellulare cominciò a vibrargli in tasca, facendolo sobbalzare.
Quando rispose, Denise non gli diede neanche il tempo di fiatare.
«Niall, scusa se te lo chiedo, ma Greg ha appena chiamato e ha detto che torna tardi e io non ho fatto in tempo a fare la spesa, e a casa non c’è niente da mangiare, anche perché tu hai svuotato il frigorifero. Non te lo chiederei se non fosse strettamente necessario, ma non posso uscire e lasciare Dylan da solo con la febbre…perché diavolo ho mandato a casa Eileen proprio non lo so! Quindi mi chiedevo, visto che sei in giro, se potevi prendere almeno qualcosa per cena. Ah, ovviamente qualcosa di sano, sai che Dylan è allergico a quelle porcherie che mangi tu. Oh, devo andare, grazie eh! A dopo!». Niall guardò confuso lo schermo del telefono ormai spento, cercando di ricollegare le frasi sconnesse e veloci di Denise, per dare loro un senso e per attivare il cervello.
L’unica cosa che afferrò e che lo fece cadere nel panico fu che doveva andare a fare la spesa, ergo girare da solo in un supermercato circondato da scaffali pieni di cibo e doversi limitare a prendere roba sana.
Solitamente, quando era a Londra, andavano lui e Liam a fare la spesa. Harry aveva imparato a mandare il supervisore perché erano più le volte che Niall tornava a casa con le buste piene di dolci piuttosto che di cibo commestibile. Così, mentre lui riempiva il carrello di qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, Liam lo svuotava e ci metteva dentro cibo normale che avrebbero mangiato anche lui ed Harry.
Ma in quel momento Liam non c’era, ovviamente, e Niall aveva afferrato anche qualcos’altro tra le parole veloci di Denise, un nome sussurrato quasi come un’imprecazione, quel nome che lui aveva immediatamente collegato a quel verde smeraldo che gli era balenato in testa facendolo rabbrividire.
Probabilmente non se ne rese nemmeno conto, ma prese di nuovo il suo telefono e cominciò a scorrere i numeri salvati in rubrica, trovando quello rubato appena il giorno prima dal telefono di Denise, e mandò velocemente un messaggio, prima che la parte consapevole del cervello si risvegliasse impedendogli di fare quella pazzia.
Sentì il panico immobilizzargli le gambe solo quando il telefono lo avvisò che il messaggio era stato inviato correttamente. Il cuore gli schizzò in gola e fissò lo schermo del telefono come se facendolo potesse riprendersi il messaggio ed eliminarlo.
Passò esattamente un minuto e trentasette secondi, Niall li contò in silenzio, poi il telefono gli vibrò tra le mani e quasi gli sfuggì, per quanto era ansioso di leggere la risposta.
Una parola, semplice e diretta, che lo risvegliò e gli fece spuntare un sorriso automatico sulle labbra.
Sembrò tornare alla realtà, anche se il panico sembrò non abbandonarlo costringendolo a camminare avanti e indietro per un tempo che gli sembrò interminabile, finché non vide una chioma riccia spuntare da dietro l’angolo.
Gli bastò incrociare quello sguardo per fermarsi a sorridere e per regolarizzare i suoi pensieri, anche se il cuore non la voleva proprio smettere di correre veloce.
Lo ignorò, preparandosi ad inventarsi una scusa convincente per averla fatta correre lì a quell’ora del pomeriggio, quando lei probabilmente aveva qualcosa di meglio da fare.
Ma lui non sapeva niente della sua vita, non poteva immaginare quali fossero i suoi passatempi, e improvvisamente la curiosità di scoprirli gli mozzò il respiro.
Lei gli si avvicinò e si fermò a qualche metro da lui, con il fiato leggermente corto e gli occhi preoccupati.
Niall si rese conto che probabilmente la sua preoccupazione era dovuta al messaggio leggermente frettoloso che le aveva mandato, quindi capì che doveva sbrigarsi a rassicurarla, se voleva che quell’espressione scomparisse da quel viso solitamente tranquillo, quasi impassibile.
«Eccoti! Ciao, io…scusa se ti ho chiamato così all’improvviso, ma ho davvero bisogno di te!» cominciò Niall, arricciando poi il naso rendendosi conto di essere stato ancora troppo tragico. Insomma, doveva solo chiederle di dargli una mano a fare la spesa!
«Certo, tranquillo!» esclamò Eileen, sbarrando gli occhi, «Cosa è successo?”.
Niall la guardò, e si sentì un completo idiota.
Eileen era lì, davanti a lui, con il fiatone, le guance arrossate e gli occhi verdi puntati nei suoi solo perché glielo aveva chiesto.
Aveva mentito a se stesso, dicendosi che l’aveva chiamata per chiederle aiuto, ma la verità era che avrebbe fatto di tutto pur di perdersi in quegli occhi come stava facendo in quel momento.
Era un idiota, perché Eileen gli piaceva più del dovuto e avrebbe voluto dirglielo, le parole gli sfiorarono le labbra, ma non poteva, non in quel modo. L’avrebbe spaventata, e lei avrebbe eretto l’ennesimo muro intorno a lei.
Sospirò ed Eileen sembrò calmarsi davanti alla sua espressione apparentemente tranquilla, anche se la curiosità di sapere il motivo per cui si trovava lì era facilmente leggibile nei suoi occhi.
«Ecco, io…Denise mi ha chiesto andare a fare un po’ di spesa e di prendere roba sana, Dylan ha ancora la febbre e lei non poteva uscire. Io ero già in giro, così mi ha chiamato. Ma sai com’è fatta, non mi ha lasciato neanche il tempo per rifletterci che ha chiuso la chiamata» cercò di riassumere il tutto, frettolosamente, notando di come un sorriso cominciasse a spuntare sulle labbra rosee della ragazza.
«Ed io a cosa ti servo?». Niall deglutì, sentendo il sangue colorargli le guance.
«Beh, tu conosci molto meglio di me Dylan e io non ho idea di quali sono tutte le cose di cui è allergico. Non so di cosa potrebbe avere bisogno e sto andando nel panico» confessò, allargando le braccia e guardandola speranzoso. Eileen resistette due secondi circa, poi scoppiò a ridergli in faccia, riempiendo l’aria con la sua risata cristallina e contagiosa che lo fece sorridere di riflesso.
«Che c’è? Perché ridi?» le chiese, ammirandola mentre piegava la testa all’indietro e poi la scuoteva leggermente, per prendere due respiri profondi e cercare di calmarsi.
«Ti rendi conto che mi hai chiamata facendomi preoccupare perché…non sai fare la spesa?» esclamò, guardandolo con un gran sorriso sulle labbra. Niall si sentì incredibilmente stupido e si schiarì la gola.
«Beh, io ero preoccupato!» esclamò. Eileen scosse la testa e si lasciò scappare un sospiro divertito.
«Sei incredibile». Niall sorrise a quelle parole, consapevole che stava esagerando a prenderle come complimento, ed Eileen arrossì quando si rese conto di averle dette veramente.
«Ehi, tu non sei capace a cucinare, io a fare la spesa. Siamo pari, smettila di sfottere» la salvò dall’imbarazzo Niall, facendole una piccola smorfia. Eileen si rilassò e schioccò la lingua, avvicinandosi a lui.
«Okay, tregua. Denise quindi non ti ha detto niente?» gli chiese, aggrottando impercettibilmente le sopracciglia e concentrandosi sul motivo per cui era lì, anche se Niall avrebbe preferito continuare a giocare e scherzare con lei, per sentirla vicina.
«No, solo di prendere qualcosa per Dylan. Ha detto: “Roba sana, non quelle porcherie che mangi tu”» le disse, cercando di imitare malamente la voce di Denise e strappando un altro sorriso divertito ad Eileen, che poi annuì e gli fece un cenno.
«Okay, ci penso io. Andiamo». Niall la condusse verso la sua macchina parcheggiata poco lontana, camminandole accanto e facendo accidentalmente sfiorare le loro braccia.
«Non so come ringraziarti» le disse, una volta saliti in macchina. Lei non lo guardò, impegnata ad allacciarsi la cintura, ma Niall vide le sue labbra piegarsi in un piccolo sorriso.
«Basterà che porti tu le buste cariche di spesa fino alla macchina e siamo pari» replicò, ancora senza guardarlo e quindi senza vederlo alzare gli occhi al cielo.
«L’avrei fatto lo stesso». Eileen finalmente alzò gli occhi e gli sorrise, facendogli attorcigliare lo stomaco.
«Perfetto, allora». Niall ricambiò il sorriso e puntò gli occhi sulla strada, concentrandosi sulla guida cercando di non pensare al fatto che forse per la prima volta era a meno di un metro di distanza da lei, che erano soli ed era tutta per lui, senza Dylan, o Denise a disturbarli.
Forse, con un po’ d’astuzia sarebbe riuscito a capire qualcosa di più di lei.
Forse, con un po’ di dolcezza sarebbe riuscito a farla aprire con lui.
Forse, con un po’ di speranza sarebbe riuscito a piacerle almeno la metà di quanto lei piaceva a lui.

















 










Ciaaaaao! *schiva un pomodoro*
Oh, andiamo, cosa vi aspettavate?
Okay, okay, lo so che magari pensavate chissà cosa potesse essere successo da spingere Niall a mandare un messaggio ad Eileen, ma per il mio Niall quello era un problema più che grande u.u
HAHAHAHAH. No, vabbè, mi dispiace se ci siete rimaste male, ma vi giuro che manca pochissimo e i due si avvicineranno davvero.
ahsoajdhcmnfws non vedo l'ora di postarvi il prossimo capitolo... e quello dopo ancora! *.*
Però, lo sapete, dipende tutto da voi.
In teoria non avrei neanche dovuto postare oggi, mi ero detta di mettere un capitolo a settimana, ma non resistevo più.
E poi ho troppo bisogno di sclerare perchè domani vado a Roma a vedere il film asdjdhddfd :')
Io lo so che ci morirò in quel cinema.
E se rimarrò viva per miracolo, mi dovranno trascinare via a forza.
Oddio, non vedo l'oraaaa!
Okay, basta. 
Mi calmo e vado a rispondere alle recensoni :)
Spero che il capitolo vi piaccia e che vi facciate sentire.
Il prossimo è proprio qui che aspetta solo voi.
Tanto amore.

Sara.

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Capitolo 9
*** Nickname. ***


9.  Nickname.
 



 
 
«Tieni, prendi questo»
«Si, capo».
Il loro dialogo andava avanti così da almeno mezz’ora. Da quando erano entrati nel super mercato Niall le era andato dietro in silenzio, mettendosi completamente nelle sue mani e trascinando il carrello che lei riempiva con cibi sani e salutari, ricordandosi di quelli che non poteva prendere a causa delle allergie di Dylan a determinati prodotti.
Solo due volte Niall si era fermato nel bel mezzo di una corsia, facendola andare avanti da sola, per poi tornare indietro e trovarlo a fissare con aria sognante qualche pacchetto di merendine o vaschetta di gelato.
Doveva ammettere che passare il tempo con Niall era stranamente divertente: lui era spensierato, semplice e si mostrava per quello che era, come se non avesse affatto paura di non piacere o di sembrare strano agli occhi degli altri.
Il suo perenne sorriso sulle labbra era come se volesse dire “Ehi, io sono così. Prendere o lasciare”.
Ed Eileen in quel momento stava prendendo, perché Niall era una persona piacevole e soprattutto le stava facendo dimenticare tutto quello che c’era ad aspettarla a casa.
Quando era con lui, era come se la portasse in una bolla protettiva in cui potevano entrare solo loro e in cui sorrisi, batticuori e strani brividi andavano a sostituire le paure, i cattivi pensieri e i problemi.
Per questo camminava tranquilla sorridendogli di tanto in tanto e permettendogli di infilare tra tutti quei cibi sani qualcuna delle cose che fissava con bramosia, quasi con la bava alla bocca.
«Ehi Eileen, possiamo prendere questi?» le chiese Niall improvvisamente, distogliendola dai suoi pensieri e facendola inspiegabilmente arrossire.
Non si era ancora abituata alla voce di Niall che chiamava il suo nome, e ogni volta era sempre più strana la sensazione che le provocava il suo nome pronunciato da quelle labbra all’apparenza piene e morbide.
Si schiarì la gola e distolse lo sguardo dai suoi occhi cristallini, per concentrarsi sulla domanda espressa con voce leggermente cantilenante e sulle sue mani che tenevano quasi come se fosse un vaso di ceramica una confezione di biscotti al cioccolato.
Roteò gli occhi al cielo e fece un mezzo sorriso, incrociando di nuovo lo sguardo di Niall che la fissava con occhi quasi imploranti.
«Niall, hai già preso tre pacchi di merendine. Non voglio impedirti niente, ma non vorrei che Denise si arrabbiasse» rispose, stringendosi innocentemente nelle spalle.
Dopotutto era Niall che doveva tornare a casa con le buste della spesa ed era lui che doveva comprare tutta quella roba, era anche giusto che prendesse quello che voleva. Lei era lì solo per dargli una mano e per assicurarsi che Dylan avesse del cibo almeno per cena.
Niall la osservò per qualche secondo, facendola deglutire più volte alla ricerca di qualche appiglio per distogliere lo sguardo, ma come al solito, i suoi occhi sembravano incatenati a quelli azzurri del ragazzo, senza via di scampo.
Quando alla fine lui sospirò e posò sullo scaffale il pacco di biscotti, distogliendo l’attenzione da lei, Eileen tirò un sospiro più che di sollievo e, sentendosi leggermente instabile sulle gambe, tornò a poggiarsi sul carrello.
«Okay, allora li lascio qui» mugugnò Niall, con una smorfia triste. Eileen ridacchiò e riprese a camminare, sentendo il ragazzo andarle dietro.
Passarono qualche minuto in religioso silenzio, Niall perso tra i suoi pensieri ed Eileen distratta dal respiro fresco di lui che le solleticava il collo.
Aveva tirato su i capelli in una coda alta, la infastidivano quando doveva concentrarsi su qualcosa da fare, ma se ne stava pentendo: Niall le camminava talmente vicino da farla rabbrividire ogni volta che respirava e lei non riusciva proprio a pensare ad altro.
«Ehi Eileen» la richiamò Niall, dopo parecchio tempo in cui non aveva aperto bocca e stranamente non aveva assalito i frigoriferi davanti ai quali stavano passando, pieni di vaschette gelato di ogni tipo.
Eileen si costrinse a guardarlo, mentre lui la affiancava con un gran sorriso, riducendo ancora di più le distanze tra di loro e di conseguenza l’autocontrollo della ragazza.
«Stavo pensando…perché non prendiamo gli ingredienti per fare i biscotti?» le chiese, fissandola nuovamente con quegli occhi azzurro chiaro, quasi ghiaccio, e facendole dimenticare per un secondo perfino il suo nome.
«Cosa?» gli chiese, confusa da quel sorriso e da quell’espressione speranzosa.
Niall si strinse nelle spalle.
«Si, ecco, ho pensato che potrei insegnarti a fare i biscotti, insomma, potremo farli insieme, visto che non ne sei capace…e che mi hai fatto rimettere a posto quelli di prima…al cioccolato…fondente…» la sua voce si perse mentre lui ripensava a quei dannatissimi biscotti, per poi guardare di nuovo Eileen e scoppiare a ridere probabilmente della sua espressione spaesata.
La ragazza si perse per qualche secondo a guardare quel sorriso e ad ascoltare quella risata contagiosa, mentre lo stomaco le si attorcigliava e il cuore sussultava al pensiero di come fosse stato semplice per lui mettere un ‘noi’ come soggetto della frase e di come a lei, inspiegabilmente, piacesse più del dovuto.
«Allora, che ne dici? Cosi saremo sicuri che non ci sia qualcosa a cui è allergico Dylan, o almeno lo sapresti tu, perché io non ne ho idea» corrugò le sopracciglia gesticolando animatamente e dando così il tempo a Eileen di riprendersi e mettere su un’espressione neutra, pronta a celare tutte le strane sensazioni che stava provando in quel momento.
Gli sorrise, un po’ divertita e un po’ offesa, poi si strinse nelle spalle.
«Penso che si potrebbe fare» esclamò infine, rimediandosi un altro splendente sorriso da parte di Niall, per poi alzare le mani davanti a se.
«Ma io non ho intenzione di rischiare di nuovo di bruciare tutto, quindi lascio tutto in mano tua».
Niall scoppiò a ridere davanti alla smorfia di Eileen e allungò una mano verso di lei, forse per darle un buffetto sulla guancia, o sulla spalla. Ma gli bastò vedere l’espressione quasi terrorizzata di Eileen per ritirarla immediatamente e infilarla con forza nella tasca dei jeans. Si limitò a farle l’occhiolino e a stringersi nelle spalle.
«Tranquilla, ci penso io alla cucina di Denise». Eileen si schiarì la gola e si sforzò di sorridere mentre i battiti del suo cuore le rimbombavano perfino nelle orecchie.
«Bene, andiamo allora» gracchiò, riprendendo a camminare mentre Niall prendeva il controllo del carrello.
«Ehi Eileen» la chiamò di nuovo Niall, facendola sorridere impercettibilmente prima di voltarsi verso di lui con aria interrogativa. Lui prese un bel respiro, il sangue che gli colorava leggermente le guance. Si schiarì la gola e si passò una mano nervosamente nei capelli, per poi guardarla attentamente e pronunciare la domanda che aveva avuto bisogno di tutta quella preparazione prima di venire fuori.
«Perché lavori per Denise e Greg?» chiese tutto d’un fiato, puntando gli occhi in quelli di Eileen facendole fermare il cuore.
Lei corrugò le sopracciglia e Niall sbuffò, passandosi di nuovo una mano tra i capelli, visibilmente in imbarazzo.
Non aveva idea del perché le avesse fatto quella domanda, del perché lui fosse così curioso, ma capì che non era certo la prima cosa che gli era passata per la mente: ci stava pensando, o almeno l’aveva fatto, perché non era possibile che quella curiosità l’aveva colpito così all’improvviso.
Eileen deglutì rumorosamente e distolse lo sguardo, il sorriso ormai spento e le spalle rigide.
Non le piaceva pensare al perché lo stesse facendo, voleva bene a Dylan e le piaceva passare il tempo con lui. Non voleva pensare che lo faceva solamente perché non vedeva l’ora di andarsene da quella città per lasciarsi il passato alle spalle.
 «Beh, io…» si schiarì di nuovo la gola, rigirando il braccialetto sul suo polso, cercando di mostrarsi disinteressata, mentre invece stava provando un’inspiegabile paura.
«Non sono affari tuoi» mormorò poi, con un filo di voce.
«Oh» esclamò Niall e a lei bastò un’occhiata fugace per capire che era rimasto male della sua risposta fredda e tagliente. Sospirò, abbassando le spalle e guardandolo di nuovo.
«Scusa» mormorò sinceramente, «Non volevo offenderti, è solo che…»
«Non fa niente, non devi dirmelo se non vuoi» la interruppe Niall, fermando le mani che avevano preso a gesticolare con le sue e rivolgendole un piccolo sorriso. Eileen sbatté le palpebre più volte, prima di scuotere la testa e ritirare le mani dalla presa calda di Niall.
«No, davvero. Sono stata odiosa, è che mi hai preso in contropiede, tutto qui» tentò di giustificarsi.
«Uhm, okay».
Eileen sospirò e parlò senza guardarlo, concentrandosi sui prodotti che sfilavano accanto a lei mentre continuavano a camminare.
«Lavoro perché voglio trovare i soldi per andare a Dublino con i miei amici»
«Una vacanza?» chiese Niall, con una punta di entusiasmo negli occhi. Eileen sospirò di nuovo e scosse la testa.
«No»
«E perché…»
«Oh, ecco! Guarda cos’ho trovato: gocce di cioccolato per i nostri biscotti! Perfetto, credo che adesso possiamo anche andare alle casse» lo interruppe Eileen, ringraziando il fatto di essere arrivati proprio al reparto dolci e di aver trovato qualcosa con cui distrarlo. Gli sorrise cercando di essere convincente mentre gli mostrava la scatolina, ma dal suo sguardo capì che non era riuscita a distrarlo completamente e che lui aveva capito che quella era solo una scusa per farlo.
Ma nonostante questo, le sorrise e lasciò correre, prendendo dalle sue mani la scatolina ed esultando.
«Con queste saranno decisamente perfetti!» esclamò, per poi guardare improvvisamente l’orologio che aveva al polso e corrugare le sopracciglia.
«Hai ragione, credo sia meglio andare, si sta facendo tardi» le disse spingendo il carrello verso le casse. Lei annuì e lo seguì, per poi mettere i prodotti nelle buste mentre lui pagava.
Cercò di aiutarlo a portare le buste in macchina, ma lui con una risata glielo impedì, ricordandole che aveva accettato di aiutarlo solo se quel compito poi l’avrebbe svolto lui.
Lei si imbronciò, sentendosi leggermente inutile, ma sorridendo a sentire la risata squillante di Niall. Lo osservò mentre caricava le buste nel cofano della sua macchina, seguendo con gli occhi ogni suo movimento: i muscoli delle braccia che si piegavano, il collo rigido e le smorfie che faceva con le labbra quando una busta era più pesante delle altre, il sorriso soddisfatto mentre chiudeva il cofano, la mano che corse a scompigliare i capelli ed infine gli occhi che si posarono su di lei.
«Che fai ancora li?» le chiese, piegando le labbra in un sorriso. Eileen si sentì arrossire e lui ridacchiò.
«Dai, sali in macchina che andiamo!» esclamò, facendo il giro e scomparendo dietro la macchina.
Eileen chiuse gli occhi per un secondo, dandosi dell’idiota, poi aprì lo sportello e saltò su, sedendosi accanto a Niall, che con un sorriso si infilò gli occhiali da sole scuri e mise in moto.
Le sorrise un attimo, prima di concentrarsi sulla guida e cominciare a canticchiare qualche canzone sottovoce.
Eileen automaticamente sorrise, trovando meravigliosa la sua voce e sentendo milioni di piccoli brividi risalirle fastidiosi la schiena.
Sfortunatamente il viaggio durò davvero poco, un po’ perché la strada non era molta, un po’ perché la voce di Niall la distrasse per tutto il tempo impedendole di concentrarsi sulla strada e di capire dove si trovasse.
Quindi rimase leggermente interdetta quando sentì Niall frenare a spegnere la macchina, mentre salutava con la mano Greg che scendeva proprio in quel momento dalla sua appena parcheggiata.
«Siamo arrivati» si lasciò sfuggire, guardandosi intorno confusa. Niall si voltò verso di lei e sorrise, guardandola divertito.
«Eh, già. E sono le otto, quindi il mio stomaco reclama cibo» esclamò poi, togliendosi gli occhiali e saltando giù dalla macchina.
Eileen lo seguì, raggiungendolo dietro al cofano mentre lui si affrettava a scaricare le buste.
Ne prese una e fece per aiutarlo, ma lui la bloccò con un’occhiata.
«Che fai?»
«Il patto era che tu le avresti caricate in macchina. Quindi ora posso aiutarti» gli rispose prontamente, scoccandogli un sorriso convincente. Lui aprì la bocca ma, non avendo niente con cui ribattere, la richiuse subito scuotendo la testa divertito e passandole una busta più leggera.
«Ciao ragazzi» li salutò Greg, raggiungendoli mentre cercava di allentarsi il nodo della cravatta.
Eileen gli sorrise cordialmente.
«Ciao fratello» esclamò Niall, sbucando fuori dal cofano e affiancando Eileen, barcollando leggermente per il peso delle buste e scontrandosi con lei. Arrossì e lui le lanciò un’occhiata veloce.
Greg seguì quello scambio di sguardi alzando le sopracciglia, per poi corrugarle quando notò le mani di Eileen.
«Oh fratellino, non ti ho insegnato niente?» mormorò brusco, togliendo le buste della spesa dalle mani della ragazza, che protestò flebilmente.
«Non si fanno faticare le ragazze» lo sgridò. Niall arrossì violentemente e boccheggiò, indicandola.
«Ma è stata lei a insistere!» esclamò. Greg roteò gli occhi al cielo e si avviò verso casa.
«Si certo, usa un’altra scusa, scansafatiche» borbottò. Niall lo guardò oltraggiato e poi guardò Eileen come a chiederle di intervenire, ma lei scoppiò a ridere, divertita dalla scena.
«Oh fanculo, in un modo o nell’altro è sempre colpa mia» lo sentì borbottare, mentre seguiva il fratello, che gli mollò una pacca sulla nuca, rimediandosi una sua occhiataccia.
Eileen rimase ferma lì accanto alla macchina, impacciata e indecisa sul da farsi.
Niall sembrò improvvisamente ricordarsi di lei e si voltò a guardarla, indicandole la casa con un cenno della testa.
«Vieni?»
Eileen arrossì e scosse la testa, stringendosi nelle spalle.
«No, io…credo che tornerò a casa e…»
«Non voglio neanche sentire queste cose!» la interruppe Greg, la voce burbera addolcita da quel sorriso che era incredibilmente simile a quello del fratello.
«Non te ne puoi andare così. Dopo aver sopportato mio fratello mentre faceva la spesa come minimo ti meriti una cena perfetta della signora Horan, e non voglio sentire repliche» proclamò, girandosi di nuovo come se davvero Eileen non aveva voce in capitolo.
Rimase ferma, indecisa mentre si dondolava sui talloni.
Ma poi Niall le sorrise, poggiò una busta a terra e tornò indietro da lei per prenderle la mano.
«Andiamo, non scherza quando dice che non vuole sentire repliche» le disse, tirandola verso la casa.
Eileen si sforzò di non farsi venire un infarto alla sensazione della sua mano stretta in quella incredibilmente calda di Niall e accennò una protesta, che venne subito interrotta dallo sguardo del biondino.
«Sul serio, Eileen. Mangiamo e poi ti riporto a casa, non dire di no. E poi sono sicuro che sei mancata a Dylan e non vede l’ora di rivederti» le disse sorridendole ancora.
A quel punto Eileen non sapeva più come opporsi: un po’ perché Dylan era mancato anche a lei, le era mancata la normalità di una giornata passata con lui a pensare a come fargli passare il tempo, un po’ perché proprio non aveva la forza di sciogliere la presa della mano di Niall.
Così si fece trascinare in casa per venire accolta dall’urlo di pura gioia di Dylan non appena la vide e dal sorriso sorpreso e anche un po’ felice di Denise, che la guardava come se avesse visto un miracolo.
Niall le lasciò la mano solamente quando Dylan le si buttò tra le braccia e lei aveva bisogno di averle libere per afferrarlo e stringerlo a se.
«Lee!» esultò Dylan, ridacchiando mentre Eileen veniva distratta dalla strana sensazione di freddo alla mano, dove poco prima c’era quella di Niall. Lo guardò e fece appena in tempo a vederlo sorridere con una strana espressione negli occhi, mentre aiutava Greg a portare le buste della spesa in cucina.
«Ciao piccolino» gli disse, scompigliandogli i capelli e facendolo ridacchiare ancora.
«Oddio Leen, non sai quanto sono felice che tu sia qui» esclamò Denise, raggiungendola e baciandole la guancia. Eileen la guardò e notò la sua espressione esasperata, i suoi capelli scompigliati e gli occhi stanchi.
«Sei stata tu a mandarmi via questa mattina» le ricordò con un sorrisetto. Denise alzò gli occhi al cielo.
«Lo so e non immagini neanche quanto mi sia pentita» le disse, mentre Dylan saltava giù dalle sue braccia, l’entusiasmo di vederla a quanto pareva già scemato via, e trotterellava in cucina seguendo gli altri due Horan.
Denise le circondò le spalle con un braccio e la guardò complice.
«Non so davvero come fai a sopportarlo tutto il giorno. Amo il mio bambino, ma a volte sa essere terribilmente insopportabile. Quando gli è scesa la febbre è diventato irritante, ti giuro che non sapevo più cosa fare» le confessò bisbigliando all’orecchio. Eileen scoppiò a ridere e si divincolò dalla presa di Denise.
Si strinse nelle spalle mentre Denise le sorrideva.
«Non è così male, basta capire cosa lo distrae dall’essere capriccioso». Denise ridacchiò chiudendo il discorso con un gesto della mano.
«Allora, ti fermi a cena?» le chiese, raccogliendo da terra i giocattoli sparsi da Dylan.
«Beh, veramente…»
«Certo che si ferma a cena! Donna, perché non prepari qualcosa come solo tu sai fare per il mio vecchio stomaco brontolante?» la interruppe ancora Greg, uscendo dalla cucina e facendole l’occhiolino. Poi guardò Denise, che stava sorridendo, l’afferrò per la vita e le scoccò un bel bacio sulle labbra dischiuse, non indugiando ad approfondirlo, nonostante non fossero affatto soli in quella stanza.
Eileen si sentì improvvisamente in imbarazzo e distolse lo sguardo, incrociando inevitabilmente quello di Niall che stava uscendo dalla cucina con Dylan tra le braccia.
«Io vado a farmi una bella doccia rilassante adesso» annunciò Greg, richiamando l’attenzione e lasciando andare i fianchi di Denise, che barcollò leggermente rossa in viso. Eileen le sorrise mentre Greg ridacchiava e si avviava su per le scale.
«Bene, ehm…Leen, fai come se fossi a casa tua» le disse Denise, sistemandosi l’orlo della maglia e arrossendo. Eileen annuì leggermente divertita, poi Denise scrollò le spalle e sparì in cucina.
Allora guardò Niall e le bastarono due secondi per scoppiare a ridere insieme a lui, beccandosi entrambi un’occhiata stranita di Dylan, che scese giù dalle braccia dello zio per tornare a giocare con le costruzioni rimaste sul tappeto.
Niall si lasciò andare sul divano ed Eileen, stranamente senza imbarazzo, lo seguì, sedendosi accanto a lui e continuando a ridacchiare.
«Mio fratello è proprio senza pudore» esclamò calmandosi e scuotendo la testa. Eileen gli sorrise e si strinse nelle spalle.
«E’ innamorato e lo dimostra» tentò di giustificarlo. Niall la guardò improvvisamente interessato ed Eileen si sentì leggermente sotto pressione, fissata da quel paio di occhi azzurri che la confondevano.
«Tu sei buona, Eileen» mormorò all’improvviso, con voce dolce, sincera, quasi inconsapevole. Eileen sbarrò gli occhi e sentì la gola seccarsi, mentre si accorgeva improvvisamente che Niall era vicino, troppo vicino, decisamente più del dovuto, e che il suo respiro fresco le stava solleticando piacevolmente le labbra.
«C-come?» balbettò, sbattendo le palpebre totalmente rapita dai suoi occhi.
Niall si schiarì la gola e piegò le labbra in un piccolo sorriso, senza allontanarsi di un centimetro, puntando solo per un millesimo di secondo gli occhi più in basso del naso di Eileen, e lei non voleva proprio pensare cosa stesse guardando.
«Sei buona» ripeté, tornando ad incatenare i loro sguardi, «Cerchi di giustificare ogni cosa, hai una pazienza disumana con il ragazzino e sorridi sempre».
Eileen lo guardò quasi spaventata, non capendo dove volesse andare a parare con quello strano discorso, il cuore che le batteva talmente forte quasi da coprire il suono della sua voce.
«Io…non è vero che sorrido sempre» si ritrovò a balbettare la prima cosa che le passò per la mente, senza sapere bene cosa dire, o fare, per tirarsi fuori da quella situazione. Non era spiacevole, e stranamente nemmeno imbarazzante. Ma era sconosciuta, ed Eileen odiava trovarsi impreparata, odiava non sapere quali fossero le intenzioni di Niall e cosa sarebbe successo se avessero continuato a rimanere vicini in quel modo.
Il sorriso di Niall si allargò e un minuscola, quasi invisibile, tenera fossetta apparve sulla sua guancia.
«Si, invece. Non te ne accorgi, ma sorridi sempre e sei…dolce»
«Perché mi dici questo?» chiese Eileen improvvisamente, il cuore a mille e le mani che le sudavano.
Niall si strinse nelle spalle senza smettere di sorriderle.
«Perché è quello che penso» le rispose semplicemente. Eileen aprì la bocca per ribattere, ma venne interrotta da Dylan, che trotterellò vicino a loro, curioso di cosa stessero parlando e tamburellando sul suo ginocchio.
Non seppe con quale forza distolse gli occhi da quelli di Niall per guardare Dylan e concentrarsi sul suo piccolo broncio sulle labbra e la testa piegata leggermente di lato.
«Giochi con me, Lee?» le chiese, sorridendo e facendo apparire la sua piccola fossetta sul mento. Eileen si sciolse e per poco si dimenticò di Niall, sorridendo al bambino e scompigliandogli i capelli biondi.
«Certo, piccolo» gli disse, facendo per alzarsi. Prima che potesse farlo, però, Niall le sfiorò il ginocchio con la mano e i suoi occhi corsero automaticamente a quelli del ragazzo, che la stava fissando sorridendo.
Non disse niente e ritirò la mano, lasciando una scia di fuoco nel punto in cui l’aveva toccata e permettendole di seguire il bambino sul tappeto, per giocare con lui, mentre Niall recuperava la sua chitarra cominciando a strimpellare pensieroso qualche canzone per fare da sottofondo.
La ricomparsa di Greg, fresco e profumato, dalle scale coincise perfettamente dal richiamo di Denise che annunciava che la cena era pronta. I due ragazzi si alzarono contemporaneamente, lanciandosi uno sguardo veloce, poi Eileen prese Dylan tra le braccia e seguì Greg in cucina, ignorando il respiro e i passi di Niall dietro di lei.
«Leen, spero che ti piaccia quello che ho preparato, è stata una cosa piuttosto veloce quindi…» cominciò a scusarsi Denise, indicandole la sedia in cui sedersi, accanto a quella dove si era appena seduto Niall.
«Amore, stai tranquilla. Tutto quello che cucini è delizioso, vero Niall?» esclamò Greg, accomodandosi alla destra del fratello. Denise sorrise e si mise accanto a lui, mentre Niall annuiva con enfasi, rosso in viso.
«Ecco, quindi puoi stare tranquilla Leen, Niall è un intenditore di queste cose» le disse Greg, facendole l’occhiolino.
Eileen si limitò a sorridere, mentre tutta l’attenzione degli adulti veniva assorbita da Dylan, che non stava un attimo fermo e non faceva che lamentarsi.
I due ragazzi quindi in teoria avrebbero avuto tutto il tempo e il modo possibile per chiacchierare e farsi i fatti loro, ma un leggero imbarazzo era calato, dividendoli, ed Eileen aveva paura che con i complimenti –se si potevano considerare tali- di prima, Niall avesse aperto un varco verso di lei. Quindi, spaventata, si chiuse dietro al suo muro per evitare qualsiasi problema e non proferì parola per tutta la cena, lasciando chiacchierare i membri della famiglia Horan intervenendo solo lo stretto necessario.
Solo quando rischiò di strozzarsi con l'acqua che stava bevendo capì che forse era arrivato il momento che tornasse a casa.
Non era possibile che solo perché la mano delicata di Niall si era poggiata sulla sua gamba sopra al ginocchio, sfiorandola appena, il cuore le fosse schizzato in gola e l’acqua andata di traverso.
Cominciò a tossire furiosamente, attirando tutta l’attenzione dei presenti, soprattutto quella del ragazzo seduto accanto a lei che, preoccupato, con la stessa mano che l’aveva quasi uccisa le dava dei colpetti sulla schiena per farla riprendere.
«Eileen, tutto bene?» le chiese, fissandola con quegli occhi splendenti e innocenti, come se non immaginasse minimamente il motivo per cui lei aveva quasi rischiato di soffocare.
Tossicchiò ancora, annuendo e lanciandogli un’occhiataccia, mentre Greg ridacchiava e Denise li guardava con una strana espressione, come se fosse soddisfatta di qualcosa.
«Si, scusate. Credo sia ora che io vada» esclamò imbarazzata, lanciando un’occhiata all’orologio appeso sul muro e constatando che fosse davvero tardi e che doveva tornare a casa se voleva limitare ad un livello almeno sopportabile le sicure lamentele e minacce di Mark.
Si alzò con un sorriso di scuse guardando esplicitamente Denise, che capì al volo tutte le sue preoccupazioni e annuì, alzandosi insieme a lei e riacquistando la sua facciata neutra.
«Tranquilla, tanto abbiamo finito e qui ci pensiamo noi, vero Greg?» chiese al marito, lanciandogli un’occhiata carica di sottintesi. Lui schizzò in piedi e cominciò a sparecchiare.
«Certo, certo» mormorò, passando accanto a Niall e dandogli, forse volutamente, una spallata. Quello sembrò risvegliarsi da uno stato di trance, passato con gli occhi fissi su Eileen, e balzò in piedi, arrossendo e passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
«Ti accompagno» le disse, guardandola dritto negli occhi. Eileen ricambiò il suo sguardo, dopotutto non poteva fare altro, e scosse velocemente la testa accennando un sorriso.
«No, tranquillo faccio una passeggiata». Niall scosse la testa e le sorrise, affiancandola e prendendo le chiavi della macchina.
«Scherzi? Non ho neanche bevuto la birra per guidare tranquillo»
«Beh, allora non puoi proprio rifiutare Leen» intervenne Greg, facendole l’occhiolino e beccandosi un’occhiata complice da Denise, che alzò le spalle. Eileen sospirò e guardò Niall, capendo che non poteva davvero rifiutare, che in quel momento avrebbe fatto di tutto per continuare ad avere quegli occhi su di lei.
«Uhm, okay». Il sorriso di Niall si allargò facendo perdere un battito al suo cuore.
«Andiamo». Lei annuì e lo seguì, per poi voltarsi verso Greg e Denise che li stavano guardando in silenzio.
«Grazie per stasera» disse loro, arrossendo e sforzandosi di sorridere.
«Non dirlo neanche, tesoro. Ci vediamo lunedi» le disse Denise con un gran sorriso.
«Certo, buonanotte» borbottò, per poi salutare Dylan con la mano.
«Ciao piccolo»
«Ciao ciao» rispose lui leggermente assonnato.
Prendendo un respiro profondo, seguì Niall sulla macchina e si preparò ad affrontare un altro viaggio imbarazzante accanto a lui, probabilmente sprofondando nel silenzio e impazzendo per trovare qualsiasi cosa da dire.
Sapeva che non poteva stare tranquilla, perché era consapevole del fatto che quando si trovava in queste situazioni tendeva sempre a dire qualcosa di fuori luogo o imbarazzante.
 «Posso chiederti una cosa?» se ne uscì infatti dopo due secondi, non riuscendo a frenare quella curiosità che l’aveva colpita improvvisamente. Sapeva che non era una buona idea, ma non riuscì comunque a tenere la bocca chiusa. Niall sussultò leggermente e si voltò appena verso di lei, per sorriderle.
«Certo»
«Perché ti ostini a chiamarmi Eileen?» sputò fuori la domanda, arrossendo violentemente e torturandosi le mani.
Non poteva credere di averglielo chiesto veramente, si sentiva terribilmente ridicola. Guardò Niall attentamente e lo vide corrugare confuso le sopracciglia, prima di aprire la bocca per rispondere.
«Non è quello il tuo nome?»
«Si, certo» sospirò, volendosi sotterrare, «Intendo…perché lo usi per intero? Voglio dire, tutti usano un’abbreviazione, è più semplice e…meno serio» balbettò, cercando di spiegarsi, sentendo il viso andarle a fuoco.
Niall improvvisamente sorrise e scosse impercettibilmente la testa, come se avesse detto qualcosa che solo lui poteva capire.
«Non so. Mi piace il tuo nome e ho sempre odiato le abbreviazioni» le rispose semplicemente.
«Beh, a me non piace il mio nome intero. Mi fa sentire ancora a scuola e come se non ci conoscessimo. E’ troppo formale» borbottò. Il sorriso di Niall si increspò leggermente e alzò le spalle, lanciandole un’occhiata veloce.
«Uhm, scusa allora» mormorò.
Calò di nuovo il silenzio tra di loro, mentre Eileen si torturava per trovare qualcos’altro da dire possibilmente non imbarazzante, per recuperare l’assurda figura che aveva appena fatto.
Dopo qualche minuto però fu Niall a prendere parola, sorridendo di nuovo.
«Sai, credo di aver trovato il soprannome perfetto per te» annunciò, fiero. Eileen lo guardò alzando le sopracciglia.
«Davvero?»
«Già» il suo sorriso si allargò, contagiando anche Eileen.
«E quale sarebbe?». Lui ridacchiò e scosse la testa.
«Oh, così è troppo facile. Arriverà il momento in cui capirai»
«Sei strano, sai» si lasciò sfuggire Eileen, però non era un accusa, considerando il tono di voce dolce che aveva usato. Niall rise di gusto.
«C’è di peggio, fidati» le assicurò, accostando e spegnendo la macchina. Eileen guardò confusa fuori dal finestrino, accorgendosi di essere arrivata davanti casa sua.
Il rumore dello sportello di Niall che si apriva le fece dimenticare di chiedergli come facesse a sapere dove abitava, mentre lo guardava fare il giro della macchina per andare ad aprirle lo sportello.
«Prego, signorina» le disse ridacchiando, facendola scendere per poi richiudere lo sportello. Eileen gli sorrise divertita e si avviò verso la porta di casa recuperando le chiavi dalla sua borsa.
Le infilò nella toppa e si voltò verso di Niall, in silenzio dietro di lei con le mani nelle tasche dei jeans.
Improvvisamente arrossì, notando di come i suoi occhi sembravano brillare alla luce della luna e di quanto, stupidamente, lo trovasse bello in quel momento.
«Beh, allora buonanotte» gli disse, deglutendo a fatica. Lui si limitò a sorriderle e a continuare a fissarla. Allora lei annuì e si voltò per aprire la porta.
Il suo sussurro le arrivò più vicino del dovuto, il suo respiro che le solleticò la nuca e le fece venire i brividi sulla schiena.
«Buonanotte, Cookie».
Eileen si voltò di scatto, trovando il viso di Niall a pochi centimetri di distanza.
«Come…come mi hai chiamato?» chiese con voce strozzata. Niall non si spostò, limitandosi a sorridere furbetto, allora Eileen si costrinse a pensare, riflettere, a concentrarsi nonostante quelle iridi azzurre la stessero come al solito confondendo.
Il sorriso di Niall si allargò sempre di più, finché Eileen non capì e spalancò la bocca, lanciandogli un’occhiata mezza esasperata.
«Non ci credo! E’ per i biscotti, vero? Fino a quando me lo rinfaccerai?» gli chiese, leggermente divertita ma anche stranamente emozionata.
Niall rise e fece un passo indietro, lasciandole lo spazio per respirare e alzando le spalle.
«In memoria di quei poveri biscotti che hai ucciso lasciandoli bruciare penso proprio che ti chiamerò così» affermò soddisfatto. Eileen roteò gli occhi al cielo ma non poté fare a meno di sorridere, perché il buonumore di Niall era troppo contagioso.
«Come vuoi»
«Ti va di venire in piscina domani? Ci saranno anche i miei amici e ti prometto che terrò Dylan lontano» propose improvvisamente, mentre camminava all’indietro per non distogliere lo sguardo da lei.
Eileen avrebbe voluto dire qualcosa di divertente, magari provare a rifiutare, a chiedere perché avesse invitato proprio lei.
Ma tutto quello che riuscì a dire fu un semplice «Si» che fece illuminare Niall in un sorriso mentre saliva sulla macchina.
«Allora buonanotte, Cookie» la salutò, facendole l’occhiolino.
Eileen deglutì e aprì la porta di casa, guardando Niall accendere la macchina e scomparire dietro la curva, il cuore in gola e una nuova, sconosciuta sensazione che le stringeva lo stomaco.
 


















 










 
ajsjndbskncicn ciaaaao splendori! :)
Lo so, lo so, sono di nuovo qui in anticipo ma proprio non ci riesco ad aspettare!
E' che ho questo capitolo pronto da tempo e non vedevo l'ora di postarvelo **
Dai, dai che le cose cominciano a smuoversi!
Oddio, non vedo l'ora di andare avanti :')
Bene, basta, sto sclerando un po' troppo.
E ringraziate che non mi è venuta la malsana idea di postare quando ero ancora traumatizzata per il film, perchè non ho idea di cosa avrei potuto scrivere.
No, vabbe, ma l'avete visto? **
E' stato PERFETTO.
Cioè, loro erano li e...in un certo senso è stato come il concerto a cui non sono andata.
Calcolate che sono uscita dal cinema con le gambe tremanti e non ho proferito parola per almeno un'ora, mia cugina pensava fossi impazzita.
No, ero solo traumatizzata, tutto qui u.u
Okay, la pianto.
Spero che il capitolo vi piaccia perchè a me piace, e la cosa è abbastanza strana jdahnjdn
E spero anche che le recensioni aumentino, su, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto, spero.
Tanto amore.
Sara.

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Capitolo 10
*** You like her. ***




10. You like her.



 
 
 
Niall era euforico. Non era una cosa strana, perché solitamente quello era l’aggettivo che i suoi amici gli attribuivano più spesso. Era strano il fatto che non avesse un motivo ben preciso per esserlo e mentalmente ringraziava il fatto che Louis non fosse lì perché sicuramente, astuto e furbo com’era, lo avrebbe capito ancora prima che lo stesso Niall realizzasse il suo stato. Non aveva dormito per tutta la notte; dopo aver riaccompagnato Eileen a casa, con lo stomaco sottosopra e una vaga sensazione di sconforto che gli stringeva il cuore, gli era stato impossibile chiudere gli occhi e rilassarsi. Non voleva pensare al motivo, anche se lo immaginava vagamente mentre il ricordo delle labbra di Eileen così vicine alle sue gli invadeva la mente, così si affrettò a chiamare i suoi due amici, anche se era piuttosto tardi, pregandoli di raggiungerlo in piscina la mattina dopo. Simon accettò di buon grado senza fare domande; amava nuotare e certamente non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di passare una giornata intera in piscina invece che sciogliersi al calore del sole che stava diventando con il passare dei giorni sempre più insopportabile. Anche Allison era entusiasta di quell’invito, ma Niall sapeva che sospettosa com’era aveva capito che dietro quella chiamata fatta all’ultimo secondo ci fosse qualcosa che nascondeva.
Ma era sua amica, quindi gli avrebbe appoggiato qualsiasi piano, anche di quelli più subdoli.
La verità però era che Niall non ci aveva dovuto riflettere molto: non aveva invitato Eileen per un secondo fine, non aveva organizzato la domanda minuti prima, né ci aveva pensato.
Le parole gli erano scivolate fuori dalle labbra automaticamente al pensiero che non l’avrebbe vista fino a lunedì. Non sapeva che nome attribuire a quella sensazione e a quello strano bisogno di vederla e di perdersi in quel paio di occhi verdi, sapeva solo che non sarebbe riuscito a passare un’intera giornata senza di lei, non nel momento in cui finalmente stavano facendo passi avanti.
A quel pensiero, sussultò.
Ancora sdraiato nel letto, con solo un paio di boxer addosso e un sorriso da ebete stampato sulle labbra, si tirò su di scatto, sedendosi e fissando il vuoto. Un lampo di consapevolezza gli fece capire che decisamente stava correndo troppo, che fino a quel momento non si era reso pienamente conto di quanto fosse avanzato il suo coinvolgimento e quanto stava rischiando di farsi del male da solo.
Dopotutto Eileen era lì per caso, di certo non per lui, ed era evidente che gli parlasse e sorridesse solo per cortesia, forse perché era obbligata a farlo.
Ma prima che quella sensazione fredda che sentiva stava nascendo lo travolgesse del tutto, si ricordò del rossore sulle sue guance la sera prima, del battito incontrollato del suo cuore che quasi aveva sentito e di quel piccolo «Si» quasi sussurrato che l’aveva fatto sorridere come non mai. Non ci sarebbe stato Dylan, o almeno lei non avrebbe dovuto occuparsene, gliel’aveva detto prima che lei accettasse.
Un piccolo sorriso cominciò ad affiorare sulle labbra di Niall mentre si affrettava a scendere dal letto: no, magari lei non era affatto coinvolta quanto lui, ma aveva accettato di passare la giornata insieme e Niall poteva ritenersi soddisfatto già così. Scese le scale sorridendo, la testa completamente leggera. Era talmente euforico che per poco non si mise a saltellare.
«Ehi, da dove viene quel sorriso di prima mattina?» gli chiese Denise non appena lo vide entrare in cucina. Niall la guardò e le scoccò un bel bacio sulla guancia, aprendo il frigorifero in un gesto automatico, cercando il the freddo. Denise ridacchiò mentre lui, sempre con il sorriso stampato sulle labbra, sbirciava i fornelli su cui Denise stava preparando la colazione.
«Hai dormito bene?» gli chiese scompigliandogli i capelli, contagiata dal suo buonumore.
«Non ho dormito» rispose facendo spallucce e sedendosi. Denise si voltò verso di lui fissandolo con un sopracciglio alzato e un vago sorrisetto sulle labbra.
«E allora perché sei così felice?» indagò. Niall si strinse di nuovo nelle spalle e mascherò un sorriso bevendo il the direttamente dalla bottiglia.
«Cos’è successo ieri sera, signorino?» insistette, piegando le labbra in una smorfia maliziosa, facendo tossire convulsamente Niall, che sputacchiò qua e là il the che stava bevendo. La guardò sbarrando gli occhi.
«Cosa dev’essere successo?»
«Non lo so…» mormorò Denise, assottigliando lo sguardo e facendolo arrossire. Niall si schiarì la gola e si guardò nervosamente intorno, sentendosi decisamente sotto esame.
«Dove sono Dylan e Greg?» chiese, per cercare di cambiare discorso, tornando a guardare Denise che non aveva ancora smesso di fissarlo.
«Dormono» rispose automaticamente. Niall annuì e si passò una mano tra i capelli.
«Uhm, ho invitato un paio di amici in piscina, oggi» annunciò, scatenando la curiosità di Denise che finalmente smise di fissarlo come se fosse un imputato sotto accusa.
«Oh, bene! Sono contenta, pensavo non avessi più contatti con nessuno». Niall sorrise e scosse la testa.
«Anche io lo pensavo. Invece ci sono ancora»
«Bene» annuì Denise, con un gran sorriso, voltandosi di nuovo verso i fornelli e lasciando il discorso in sospeso.
«Ehm, ho invitato anche Eileen» soffiò dopo qualche minuto, guardando titubante Denise, che si voltò di scatto con un gran sorriso sulle labbra.
«Davvero?» gli chiese, con gli occhi che brillavano. Niall deglutì e annuì, per poi alzare una mano davanti a se.
«Ma le ho promesso che avrei tenuto Dylan lontano, quindi non verrà qui per lavorare» si affrettò ad aggiungere, lanciandole uno sguardo implorante. Il sorriso di Denise si allargò e Niall tirò un sospiro di sollievo.
«Certo che no! Verrà qui per stare con te» squittì poi, facendolo gelare sul posto, mentre Denise cominciava a battere le mani e a sospirare sognante. Se non avesse avuto la fede al dito e le prime rughe sulla fronte, in quel momento Niall avrebbe pensato che fosse ancora una ragazzina innamorata e alle prese con la prima cotta. Corrugò le sopracciglia mentre lei lo guardava tutta contenta.
«Denise, cosa…?» provò a chiedere, ma venne zittito dallo sguardo dritto di Denise e dal suo dito puntato contro.
«Lei ti piace» affermò, rossa in viso e totalmente sicura di quello che stava dicendo.
«Cosa?» esclamò Niall, il cuore che perse un colpo e il respirò che gli si bloccò in gola. Si sentì decisamente colto con le mani nel sacco e dall’espressione furba di Denise era sicuro che lei l’aveva capito.
«Si, ti piace, l’ho visto da come la guardi! Signorino, a te le cose si leggono in faccia!» esultò, battendo le mani. Niall la guardò inorridito, pensando che da un momento all’altro si sarebbe messa a saltellare per la stanza.
«Non capisco di cosa parli» provò a negare, anche se sentiva le guance andargli a fuoco e il cuore rimbombargli nelle orecchie. Denise aveva ragione, non era mai stato bravo a tenersi le cose per se, il suo viso era talmente pulito e sincero che quasi i pensieri gli si potevano leggere sulla fronte.
«Non fare l’idiota con me, confessa! Lei ti piace» insistette infatti Denise, guardandolo maliziosa, fermamente convinta dei suoi sospetti. Niall si ritrovò a sospirare, capendo che era inutile negare e che forse parlandone con qualcuno avrebbe capito meglio cosa provava in realtà, dato il fatto che ancora non era riuscito a decifrare i suoi assurdi sentimenti in merito.
«Non lo so, è…strana» sussurrò, distogliendo lo sguardo per cercare di concentrarsi sui suoi pensieri, anche se il cuore che correva ad un ritmo così veloce al solo pensiero di quegli occhi e quel sorriso non glielo rendeva affatto facile.
«Uh, che vuoi dire?» chiese Denise, con voce improvvisamente seria e interessata. Niall sospirò di nuovo e si costrinse a guardarla.
«Non so…a volte è come se si chiudesse in se stessa e non mi permette di parlarle, di…capirla. Altre volte invece è simpatica e solare. Sono confuso»
«Si, ma ti piace» ribadì Denise, facendogli l’occhiolino. Niall roteò gli occhi al cielo e si ritrovò a sorridere anche lui.
«Mi piace il suo sorriso» confessò di getto, senza neanche pensarci.
«Lo sapevo!» esultò Denise, scoppiando a ridere. Niall sbarrò gli occhi, scuotendo la testa e dandosi mentalmente dell’idiota.
«Eh, cosa? No, no. Cancella, io non ti ho detto niente!» esclamò, alzandosi frettolosamente, con le mani tese davanti a lui.
«Troppo tardi, ragazzo»
«Denise, ti prego non…»
«Tranquillo, è una cosa tra me e te, ho capito» lo interruppe Denise, notando il suo sguardo terrorizzato e tranquillizzandolo all’istante; Niall sapeva che di lei ci si poteva fidare. Sospirò e accettò di buon grado le frittelle che gli passò Denise, cominciando a mangiare mentre lei ripuliva la cucina.
«Tu…tu sai perché ha bisogno di questo lavoro?» chiese dopo un po’, titubante ma desideroso di sapere di più di quella ragazza così chiusa. Denise si irrigidì leggermente, fissandolo con intensità, per poi sospirare abbattuta.
«Certo che lo so. Per assumerla dovevo sapere chi è, e lei ha dovuto dirmi tutto della sua vita» rispose, guardando gli occhi di Niall farsi sempre più interessati, le labbra imbronciate in una piccola smorfia.
«E allora perché non ha risposto a me?». Denise sospirò e gli scompigliò i capelli con fare materno, facendogli un piccolo sorriso.
«Niall, Eileen non ha una storia semplice. Devi avere pazienza e tatto se vuoi conquistarti la sua fiducia» gli disse. Niall si imbronciò ancora di più, perché non aveva idea di come sfondare quel muro che Eileen si era costruita attorno. Ci aveva provato ed era sicuro che fosse riuscito a creare qualche crepa, ma dalle parole di Denise capì che distruggerlo del tutto era ancora più difficile di quanto pensasse.
«Cosa vuoi dire con questo? Che problemi ha?» si affrettò a chiederle, anche se dentro di se già sapeva che sarebbe stato inutile. Infatti Denise strinse le labbra in un sorriso e scosse la testa.
«Deve parlartene lei, se vuole. Ma non forzarla, in quel modo rischieresti di allontanarla ancora di più» gli consigliò, dandogli un buffetto sulla guancia.
«Ci voglio provare davvero» sussurrò quasi tra se e se, fissando la sua colazione quasi intatta nel piatto. Denise non si voltò nemmeno a guardarlo.
«Lo so. E ne vale la pena» gli disse, prima di uscire dalla cucina e lasciarlo solo con i suoi pensieri. Niall finì la sua colazione lentamente, quasi senza accorgersene, perché la sua mente aveva preso a vagare senza meta, distraendolo da tutto il resto. Per questo si accorse minimamente di Greg e Dylan che scendevano al piano di sotto già vestiti e pronti per uscire, nonostante avessero ancora stampato in faccia il segno del cuscino, seguiti da Denise che aveva un’espressione a dir poco cospiratoria.
«Biondino noi usciamo. Greg ci porta a Dublino, cercate di non fare danni voi ragazzi» si raccomandò, zittendo le iniziali lamentele di Dylan che era evidente non volesse affatto uscire di casa.
«Già, cercate di non copulare in acqua, ricordati che è la mia piscina» si aggiunse Greg, frustrato, beccandosi un colpetto sulla nuca da Denise. Niall arrossì violentemente e si affrettò a scuotere la testa.
«Vengono due miei amici, fratello. Non è mica un rave party». Greg schioccò la lingua e roteò gli occhi al cielo, mentre Denise già apriva la porta e trascinava fuori Dylan.
«Si, certo, amici» grugnì, sottolineando la parola con un’occhiata maliziosa. «Farò finta di crederti, ma tu cerca di tenere il tuo amico buono nei pantaloni» si raccomandò.
«Greg!» esclamò Denise, lanciandogli uno sguardo furioso per richiamarlo all’ordine. Lui le fece un sorrisetto e la raggiunse sulla porta.
«Torniamo oggi pomeriggio, tesoro. Divertiti!» esclamò Denise, per poi sorridergli e sbattere fuori Greg chiudendosi la porta alle spalle. Niall rimase imbambolato per alcuni minuti, non riuscendo a credere che Denise avesse tirato suo marito e suo figlio giù dal letto solo per lasciargli casa libera e, secondo lei, via libera con Eileen. Decisamente aveva capito male le sue intenzioni. Probabilmente pensava che volesse in qualche modo saltarle addosso. Ma la verità era che lui voleva solo farla sorridere, gli sarebbe bastato quello.
Scosse la testa cercando di riprendersi appena in tempo per sentire il suono del campanello della porta. Automaticamente il cuore gli schizzò in gola e si diede una veloce occhiata per constatare che non aveva avuto il tempo di andare a cambiarsi e che era ancora in boxer, sicuramente con i capelli scompigliati e decisamente non presentabile. Il campanello suonò di nuovo, questa volta più a lungo, quindi decise di ignorare il suo improvviso pudore ed andare ad aprire, sperando ardentemente che non fosse Eileen, o l’avrebbe terrorizzata se l’avesse visto in quello stato. Chiuse gli occhi mezzo secondo prima di aprire la porta e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo quando Simon lo abbagliò con un sorriso, alzando la mano a mo’ di saluto.
«’Giorno» gli disse, passandogli accanto senza neanche aspettare il suo invito.
«Ciao, Simon» lo salutò Niall, per poi voltarsi di nuovo verso la porta e trovare Allison, con una macchinetta fotografica tra le mani e un sorriso malizioso sul viso.
«Apri sempre la porta così, Horan?» gli chiese, guardandolo attentamente. Niall arrossì e si scompigliò i capelli, spostandosi di lato per lasciarla entrare e poi chiudere la porta.
«No, Lily. Mi sono appena svegliato» le spiegò, mentre lei lasciava cadere la sua borsa a terra e raggiungeva il fratello che si guardava attorno cercando di capire dove si trovasse la piscina.
«Horan, io muoio di caldo» si arrese infine, voltandosi verso di lui con espressione sofferente. Niall ridacchiò e gli indicò la porta che dava sul giardino sul retro.
«La piscina è li. Vado a mettermi il costume e arrivo» disse loro, schizzando su per le scale. Si cambiò a tempo di record, aveva paura che anche Eileen potesse arrivare da un momento all’altro e voleva esserci lui quando sarebbe successo, o Simon avrebbe potuto traumatizzarla con una delle sue battute sconce e idiote che era solito fare. Rischiò di inciampare sull’ultimo scalino e finire faccia a terra, ma riuscì miracolosamente a tenersi in equilibrio e a raggiungere i suoi due amici, constatando che la persona che stava aspettando con tutta quella impazienza fortunatamente non fosse ancora arrivata.
«Eccoti» gli disse Allison, puntando l’obiettivo della macchina fotografica su di lui e scattando la prima foto della giornata. Niall strizzò gli occhi infastidito dal flash e Allison sorrise soddisfatta.
«Che hai intenzione di fare con questa macchinetta?» le chiese titubante. Allison ridacchiò e Simon alzò gli occhi al cielo.
«Oggi ci bombarderà di fotografie, preparati» lo avvisò con un bisbiglio. Niall corrugò le sopracciglia mentre Allison gli scattava un’altra fotografia.
«Da quando ti piace fare foto?» le chiese, mettendosi una mano in faccia per farla smettere. Era costantemente davanti all’obiettivo, tutti i giorni, non aveva bisogno che anche la sua amica si mettesse a fargli foto su foto, non l’avrebbe sopportato. Allison si strinse nelle spalle facendo un piccolo sorriso.
«Da quando ho capito che dobbiamo tenerci stretti i ricordi, e che le piccole cose vanno apprezzate»
«Allie, non dire stronzate. E’ solo la tua fissa del momento, massimo due mesi e ti stuferai anche di questo» mormorò Simon, incurante dell’occhiataccia che gli rivolse la sorella.
«Fino a due mesi fa, per esempio» continuò, rivolgendosi a Niall che li guardava divertito, «Aveva la fissa per i disegni manga. Si era comprata tutte le guide per imparare e per tre mesi la casa è stata tappezzata da disegni di occhi a mandorla. Avevo gli incubi, ti giuro». Niall scoppiò a ridere davanti all’espressione fintamente terrorizzata di Simon, mentre Allison si imbronciava, incrociando le braccia al petto e guardandoli male.
«Ma bene, vedo che vi divertite a prendermi in giro» borbottò. Niall smise di ridere e si avvicinò, facendo per abbracciarla, ma lei si scansò continuando a tenere il broncio.
«Ecco che adesso fa l’offesa. Non ti si può proprio dire niente, Allie!» esclamò Simon esasperato. Lei gli lanciò un’occhiataccia.
«Perché non vai ad affogarti in piscina?»
«Dai, ragazzi smettetela. Non litigate proprio adesso, cerchiamo di divertirci» si intromise Niall, mettendosi tra i due che si stavano guardando in cagnesco. Allie fu la prima ad arrendersi, sospirando e guardando l’amico sforzandosi di sorridere.
«Lo faccio solo per te, Horan. Se fosse per me lo affogherei in questo preciso momento». Niall le sorrise e le scompigliò i capelli, facendola ridacchiare.
«Grazie Lily». Lei gli fece una smorfia e Niall ridacchiò. Simon scosse la testa osservando la scena e fece per avvicinarsi al bordo piscina, ma fu interrotto dalla voce improvvisamente titubante dell’amico.
«Tra poco arriverà anche una mia…amica» annunciò, arrossendo. Allison lo guardò alzando entrambe le sopracciglia mentre Simon si voltava di scatto con un gran sorriso.
«Oh, il signor Horan già ci prova con qualcuna! Dillo che vuoi darti da fare in quest’estate da ragazzo libero!» esclamò. Niall gli lanciò un’occhiataccia e sentì lo stomaco stringersi in una morsa.
«No davvero, è solo un’amica. Neanche quello forse» mormorò l’ultima parte della frase, realizzando che non c’era ancora un modo per definire cosa erano loro due. Non erano certamente amici, non ancora.
Né tantomeno qualcosa di più.
Non ancora.
«Uhm, allora se è carina ci provo io» replicò Simon, alzando e abbassando le sopracciglia in modo teatrale, un vago sorrisetto malizioso sulle labbra. Niall si sentì arrossire improvvisamente e la mano si strinse in un pugno.
«Beh…» provò a protestare in una reazione automatica. Ma non ci riuscì perché Simon prese la rincorsa e urlando «Banzai!» si tuffò in piscina. Allora Allison gli si avvicinò, togliendosi il vestitino che portava sopra il costume e dandogli una leggera pacca sulla spalla.
«Non ascoltarlo, è un coglione» gli disse con talmente tanta serietà da farlo sorridere.
«Questo lo so Lily, glielo ripeti almeno cento volte al giorno»
«Mi piace essere sincera» affermò scoccandogli un sorrisetto che Niall ricambiò prontamente.
«E allora io cosa sono?» le chiese, alzando un sopracciglio. Lei si ammorbidì e si tuffò tra le braccia di Niall, stringendosi al suo petto.
«Sei il mio migliore amico che mi è mancato da morire» mormorò contro la sua pelle. Niall sorrise e la strinse carezzandole i capelli.
 «Anche tu mi sei mancata» rispose lasciandole un bacio sulla testa. Lei ridacchiò e sciolse l’abbraccio, allontanandosi e indicandosi con aria altezzosa.
«Lo so, a chi non mancherei, andiamo!»
«A volte mi sembri tuo fratello» replicò scuotendo la testa. Lei corrugò le sopracciglia. «Attento, non lo prendo come un complimento»
«Perché non lo è affatto!» esclamò scoppiando a ridere. Allie spalancò la bocca oltraggiata e arricciò il naso.
«Molto spiritoso» mormorò, per poi spingerlo con tutta la forza che aveva e farlo cadere in acqua nel bel mezzo di una risata.
«Lily!» esclamò lui una volta tornato in superficie, togliendosi i capelli dalla fronte e scoppiando a ridere.
«Te la sei cercata» gli disse, incrociando le braccia al petto.
«Dai, Allie, buttati anche tu!» la chiamò il fratello, facendole un gran sorriso forse per farsi perdonare. Allison non se lo fece ripetere due volte e raggiunse il bordo piscina, pronta a tuffarsi, ma una voce alle sue spalle la fece sussultare dallo spavento e si bloccò all’ultimo istante per vedere da chi provenisse.
«Ciao» balbettò Eileen, muovendo la mano a mo’ di saluto, le guance rosse e la gola secca. A Niall bastò sentire quella parola sussurrata per voltarsi di scatto e illuminarsi in un gran sorriso.
«Ciao, Cookie!» esclamò, avvicinandosi al bordo piscina e facendo leva sulle braccia per uscire. Non vedeva l’ora di vederla per chiamarla in quel modo, come se avesse bisogno di ribadire il concetto per paura che lei durante la notte se lo fosse dimenticato, o peggio fosse tornata di nuovo dietro quel muro. Ma dal sorriso che gli riservò capì che forse quell’ostacolo era pienamente superato e che cominciava a fare passi avanti.
Era consapevole del fatto che fossero passi verso l’ignoto, ma se quel luogo sconosciuto era il cuore di Eileen lui avrebbe rischiato tutto pur di arrivarci.
«Buongiorno» disse lei, arrossendo sempre di più e concedendosi un’occhiata veloce al corpo gocciolante e seminudo di Niall. Lui la notò, ma fece finta di niente, più per non andare in iperventilazione che per non metterla in imbarazzo.
«Sono felice che tu sia venuta!» esclamò lui, raggiungendola e fermandosi a mezzo passo di distanza, puntando finalmente lo sguardo in quel paio di occhi che l’avevano tormentato per tutta la notte. Le sue guance diventarono se possibile ancora più rosse e si schiarì la gola, torcendosi le mani visibilmente in imbarazzo.
«Si vede, idiota» sentì mormorare alle sue spalle da Allison, con voce divertita. Niall si irrigidì ed Eileen distolse lo sguardo, puntandolo sulla ragazza che li stava guardando maliziosa.
«Ciao» le disse, titubante. Niall sembrò tornare improvvisamente alla realtà e si scostò, guardando Allison che gli lanciò un’occhiata più che divertita.
«Oh, Cookie, lei è la mia amica Allison» le disse. Eileen le sorrise e Allison ricambiò prontamente, alzando impercettibilmente il sopracciglio a sentire quello strano nomignolo.
«Ehm Lily, lei è Eileen» finì le presentazioni, arrossendo. Le due si strinsero la mano e si sorrisero di nuovo, mentre Simon usciva dalla piscina e le raggiungeva fissando spudoratamente Eileen.
«E quindi tu sei l’amica di Niall» cominciò, piegando le labbra in un sorriso malizioso. Niall avvampò e strinse i pugni, preso da un’improvvisa e incontrollata rabbia.
Lo irritava lo sguardo di Simon fisso su Eileen.
Lei sbatté confusa le palpebre per qualche secondo, poi allungò una mano verso di lui accennando un sorriso.
«Sono Eileen…Leen» precisò, lanciando un’occhiata di sottecchi a Niall, che automaticamente sorrise, complice.
«Io sono Simon. Ed è un piacere conoscerti» le disse languidamente, stringendole la mano. Eileen arrossì, non sapendo bene come comportarsi davanti a quel sorriso allusivo. Allora Allison si intromise e spinse il fratello lontano, per sorridere incoraggiante a Eileen.
«Allora, Leen, come mai conosci Niall?» le chiese, mentre Niall sembrava riprendersi e si limitava a lanciare un’occhiataccia a Simon, che si strinse nelle spalle fintamente innocente.
«Uhm, io…lavoro per Denise e Greg. Cioè, sono la baby sitter di Dylan» spiegò in imbarazzo, schioccando le dita. Niall la guardò e gli bastò una sua piccola smorfia per capire che era arrivato il momento di salvarla.
«Ragazzi, evitate gli interrogatori e lasciatela in pace» sbottò, guardando esplicitamente Allison che sapeva stava morendo di curiosità e che se non l’avesse fermata sarebbe andata avanti con le domande finché Eileen non fosse scappata esasperata.
«Bene, allora buttiamoci in piscina che sto rischiando di sciogliermi» esclamò Simon, sorridendo ammiccante un’ultima volta a Eileen, per poi afferrare sua sorella per il braccio e trascinarla in piscina. Finalmente soli, Niall tirò un sospiro di sollievo e la guardò, mentre anche lei si rilassava e si voltava a sorridergli.
«Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Loro…»
«Tranquillo, Niall. Va tutto bene» lo interruppe, piegando un po’ la testa di lato e facendolo rabbrividire a sentire il suo nome pronunciato da quelle labbra.
«Uhm, okay» si arrese Niall, passandosi una mano tra i capelli e sorridendole.
«Andiamo, allora» continuò, tendendole istintivamente la mano. Eileen sussultò e fissò la sua mano per qualche secondo, arco di tempo in cui il cuore di Niall si fermò, lo stomaco gli fece due o tre capriole e le mani cominciarono a tremargli.
Poi però, quasi come se fosse una cosa naturale, Eileen mise la sua mano decisamente piccola in quella calda e umida di Niall, facendolo arrossire ancora di più e sentendo la sua pelle bruciare al contatto. Cercò di mostrarsi il più indifferente possibile, anche se poteva sentire il battito accelerato del suo cuore rimbombargli nel petto, mentre accompagnava Eileen verso la piscina e le lasciava la mano per permetterle di togliersi la maglia e i pantaloncini che indossava sopra il costume. Provò seriamente a contenersi e a non guardarla spudoratamente. Era davvero intenzionato a mantenere la calma e gli ormoni al loro posto, ma a quanto pare gli fu impossibile.
Il fatto era che appena vide la maglietta gialla scivolare via dalle spalle di Eileen non poté fare a meno di puntare gli occhi sul suo corpo dalla pelle chiara.
I suoi fianchi erano morbidi, non troppo magri, ma tondi al punto giusto. Il suo petto era piccolo, nascosto da due triangoli blu. Deglutì rumorosamente, mentre osservava le piccole mani di Eileen scendere a slacciare il primo bottone dei pantaloncini e in quel momento si sentì davvero un depravato, quindi si costrinse a distogliere lo sguardo e a puntarlo sui suoi due amici che stavano facendo la lotta in acqua, minacciando di affogarsi reciprocamente. Si concentrò sulle loro risate e i loro insulti, cercando di non pensare che accanto a lui Eileen stava rimanendo solo in costume da bagno, con la pelle chiara e morbida visibile in punti in cui lui non aveva ancora posato gli occhi.
«Ecco» mormorò Eileen, attirando la sua attenzione e facendolo voltare di scatto. Accennò un sorriso mentre poggiava i suoi vestiti su una sdraio e si voltava di nuovo verso di lui, pronta ad entrare in piscina.
«Andiamo» le disse, teso, cercando di sorridere anche se sentiva le labbra tremare. Lei annuì e si avvicinò al bordo piscina con lui ma, mentre Niall si tuffò senza indugio, lei fissò dubbiosa la superficie dell’acqua e decise di sedersi sul bordo, immergendo solo i piedi.
«Leen, vieni a farti il bagno!» la chiamò Allison, mentre veniva raggiunta da Niall. La ragazza scosse la testa abbozzando un sorriso.
«Aspetto un altro po’» si giustificò, cercando di essere convincente. Allison si strinse nelle spalle e tornò a giocare con il fratello. Niall la guardò corrugando le sopracciglia e piegò un po’ la teta di lato mentre lei si sforzava di sorridergli. Non aspettò neanche mezzo secondo prima di avvicinarsi a lei con due bracciate veloci.
«Che succede?» le chiese con un sorriso luminoso, le gocce d’acqua che gli ricadevano sugli occhi e i capelli schiacciati all’indietro. Eileen gli fece un sorriso sconvolgente, uno di quelli che non aveva mai visto sulle sue labbra, che gli immobilizzarono il cuore per almeno due secondi. Sbatté le palpebre leggermente abbagliato, mentre lei si stringeva innocentemente nelle spalle.
«Niente, prendo un po’ di sole e vengo anch’io. Vai a divertirti» gli disse, annuendo. Ma Niall non sarebbe riuscito ad allontanarsi da lei neanche volendo, quindi le sorrise e, senza ascoltarla, uscì dalla piscina e si sdraiò accanto a lei, chiudendo gli occhi e godendosi il calore del sole sulla pelle.
«Ti faccio compagnia. Ho bisogno di abbronzarmi un po’ se non voglio sembrare un fantasmino» le disse convinto, piegando le labbra in un sorriso. Non poté vedere l’espressione di Eileen alle sue parole, ma la sentì ridacchiare e questo gli bastò per rilassarsi.
«Come vuoi allora, fantasmino» gli fece il verso lei, facendolo sorridere. Tra di loro calò un silenzio rilassante, per niente imbarazzato, o bisognoso di essere interrotto. Entrambi si stavano godendo il calore del sole senza fiatare, tranquilli, ascoltando le grida e le risate dei due fratelli che invece si stavano scannando in piscina.
Dopo qualche minuto, Niall sentì distintamente le dita di Eileen posarsi delicate sulla sua spalla. Sussultò e sentì il suo tocco leggero penetrargli nella pelle, nei muscoli, fin nelle ossa. Il cuore accelerò automaticamente e si sentì bruciare, mentre le dita di Eileen percorrevano titubanti tutto il suo braccio, fermandosi al polso per qualche secondo.
Sembrò pensarci su, mentre Niall continuava a tenere gli occhi serrati e tratteneva il respiro in attesa di una sua prossima mossa. Esitando, le dita di Eileen tornarono sulla sua spalla, questa volta per scendere sul petto. A quel puntò Niall non riuscì più a trattenersi e tremò.
«Cookie, che stai facendo?» sussurrò piano, per non spaventarla. Lei ritirò le dita in un punto meno sensibile, sulla spalla, tracciando piccoli disegni senza forma precisa.
«Scusa, non volevo disturbarti» mormorò infine, ritirando del tutto la mano. Niall aprì gli occhi e la osservò, sorridendo leggermente teso e accaldato.
«Non mi stavi dando fastidio, volevo solo sapere cosa stavi facendo» replicò, leggermente deluso dal fatto che lei avesse smesso.
«Mi piace la tua pelle, è liscia, morbida come quella di un bambino» confessò Eileen con un filo di voce, talmente bassa che lui faticò a sentirla.
«E’ la birra» replicò di getto, attirando la sua attenzione.
«Come?»
«Si. Non lo sai che la birra ha effetti benefici sulla pelle?» spiegò, accennando un sorriso. Eileen ridacchiò e fece una smorfia divertita.
«E questa dove l’hai sentita?»
«E’ vero. Ho la pelle morbida perché bevo tanta birra» insistette lui, tirandosi su a sedere, per guardarla dritto negli occhi.
«Non mi piace la birra» commentò lei, facendo una smorfia e rabbuiandosi.
«L’hai mai bevuta?»
«No»
«E allora come fai a dire che non ti piace?» le chiese ancora, sorridendo e sperando che il famoso muro che era in agguato se ne rimanesse in disparte, senza circondarla e chiuderla dietro come faceva sempre.
«Non mi piace l’effetto che ha sulle persone» spiegò cauta.
«Io reggo bene la birra. Una volta ne ho bevute quindici bottiglie in una sera, limitandomi a vomitare» commentò Niall, senza perdersi d’animo, continuando a sorridere e sospirando di sollievo quando vide sorridere anche lei.
«Ah bene!» esclamò guardandolo divertita.
«Ehi, che vorresti dire con quella faccia?»
«Niente, quale faccia?» replicò fingendosi innocente. Niall assottigliò lo sguardo e il sorriso sul suo viso si allargò.
«Mi stai prendendo in giro, Cookie?», un brivido lo percorse quando disse quel nome.
«Io? No!»
«A me sembra di si»
«Ti sbagli» affermò fintamente seria, distogliendo lo sguardo e cercando di non sorridere.
«Io non sbaglio mai, Cookie, mai» la avvisò circa mezzo secondo prima di afferrarla senza tanti complimenti e buttarsi in acqua insieme a lei.
«Niall!» esclamò risalendo in superficie e cominciando a schizzarlo con l’acqua. Lui scoppiò a ridere e cercò di ripararsi gli occhi, mentre Simon e Allison si voltavano verso di loro.
«Questa è guerra!» esclamò Simon, avventandosi su di loro mentre Allison usciva dall’acqua per prendere la sua macchinetta fotografica.
«No, Simon, fermo!» esclamò Niall, mentre lui aiutava Eileen a riempirlo d’acqua. La ragazza scoppiò in una risata cristallina che fermò il cuore di Niall, poi Simon si avventò contro di lei, costringendola ad indietreggiare verso il bordo della piscina.
«Che ridi tu? Ora tocca a te!» esclamò, schizzandole più acqua possibile. Niall la sentì tossire tra le risate e decise di avvicinarsi, per intrufolarsi tra lei e Simon che stava scatenando davvero una specie di tempesta, senza fermarsi un secondo.
«E’ proprio un coglione» rise, mettendosi tra Eileen e gli schizzi, senza neanche accorgersi di quanto fosse vicino a lei, schiacciata contro il muro della piscina, gli occhi rossi e un bellissimo sorriso sulle labbra. Niall cercò di farle scudo ed era appena consapevole del fatto che i loro corpi ormai non erano divisi neanche da uno strato d’aria, erano completamente a contatto, pelle contro pelle.
Fu solo quando nello spostarsi per ripararla meglio che una gamba di Niall finì tra quelle di Eileen che si accorse che erano decisamente troppo vicini.
O forse fu grazie a Simon che smise improvvisamente di agitarsi, o Allison che gridò un «Sorridete!» che li costrinse a voltarsi verso di lei inginocchiata sul bordo con l’obiettivo puntato su loro due.
O forse fu lo sguardo improvvisamente liquido di Eileen, le mani che erano corse a posarsi sulle sue spalle, probabilmente per tenersi in equilibrio, ma facendoli finire ancora più vicini.
Alla fine fu una serie di eventi che fecero ritrovare gli occhi di Niall incatenati a quelli di Eileen, le loro labbra a pochi millimetri di distanza e il desiderio di Niall di baciarla che era quasi schiacciante, e lo costrinse ad allontanarsi il più velocemente possibile se non voleva rischiare di annullare davvero la poca distanza che c’era tra di loro e combinare qualche casino. Tutto questo accadde in così poco tempo che gli altri due neanche se ne accorsero, ma lo sguardo di Eileen parlava chiaro: aveva capito cosa stava passando per la testa di Niall in quel momento. Lui provò a sorriderle, anche se probabilmente ne uscì fuori solo una smorfia insensata, e si allontanò il più possibile, mollando una pacca sulla testa a Simon mentre gli passava accanto.
«Ehi!» protestò lui.
«Hai rischiato di affogarci, cretino»
«L’ho detto che è un coglione, io» affermò Allison, allungando una mano verso Eileen per aiutarla ad uscire.
«Simpatici, davvero» commentò Simon facendo una smorfia, «Vado a mangiare qualcosa. Niall, posso aprire il frigorifero o mi uccidi?» gli chiese, avviandosi verso la porta. Niall grugnì ed uscì dall’acqua, afferrando l’asciugamano per asciugarsi, passandolo poi a Eileen che arrossì senza guardarlo.
«Fai come se fossi a casa tua, Simon» gli disse, ma il suo amico ormai era entrato in casa e avrebbe fatto comunque di testa sua anche senza permesso, Niall lo sapeva bene. Allison scosse la testa sconsolata e si buttò su una sdraio libera.
«Io prendo un po’ di sole, cercate di fare piano che se ci scappa faccio anche un pisolino» si raccomandò, chiudendo gli occhi. Niall si voltò verso Eileen e notò che stava sorridendo, di nuovo, come se non avesse paura che qualcuno la vedesse. Allora la domanda sorse spontanea sulle labbra di Niall, che non riuscì a fermarla.
«Posso farti una domanda?» le chiese improvvisamente, mentre lei gli ripassava l’asciugamano. Lo guardò curiosa e annuì.
«Certo»
«Perché sorridi sempre?», secco e deciso. Eileen sussultò e si strinse nelle spalle, puntando gli occhi verdi in quelli azzurri di Niall con una sicurezza che lui non le aveva mai visto.
«Perché se mi fermo a pensare sono nella merda più totale».










 










 
CIAAAAAAO! :)
Scusate per il ritardo, avrei voluto postare prima ma, ehm, la scuola me lo ha un po' impedito.
Non ci posso credere, quattro giorni e in più con l'orario ristretto e già sono stremata çç
Non oso immaginare come starò da domani, che inizierò a fare sei ore al giorno, aiutatemi.
Credo che, aggiungendoci anche gli allenamenti di pallavolo, non avrò più il tempo di scrivere. O almeno di farlo con la costanza di questi giorni.
Pregate per me che non sia così, perchè potrei uccidermi e voi non saprete mai come finisce questa cacchetta.
ajdeafhvujn no, okay, torno in me.
Parliamo del capitolo:
Non so, ma a me stranamente piace. Mi piace scrivere dal punto di vista di Niall e mi viene più facile rispetto a quello di Eileen.
Forse perchè lui lo vedo un po' come me, almeno nella mia storia, e boh mi gaso troppo quando mi rendo conto che devo scrivere di lui.
Okay, devo scappare. Provo a rispondere alle recensioni, ma non so se ce la farò çç
Fatemi sapere cosa ne pensate, please!
Tanto amore.
Sara.

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Capitolo 11
*** Mark. ***




11. Mark.
 
 


 
Salutare Niall quel pomeriggio fu una vera sofferenza. Simon e Allison erano andati via da qualche ora ed Eileen si era trovata sola con Niall in una casa totalmente vuota, senza le urla e le risate di Dylan, i richiami di Denise o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto distrarla da quel paio di occhi e quel sorriso che le stavano facendo provare sensazioni completamente sconosciute.
Per la prima volta non era mai calato un silenzio imbarazzante tra i due e avevano chiacchierato amabilmente tutto il tempo, senza prendersi neanche un minuto di pausa, come se dovessero dirsi più cose possibili senza sprecare neanche un secondo di tempo.
Ovviamente Eileen si era trattenuta nei suoi confini, più che altro aveva lasciato parlare Niall, che le aveva raccontato della sua vita, dei suoi amici e di Londra, intervenendo solo quando era necessario e sviando le domande del ragazzo quando si facevano troppo personali.
Inspiegabilmente, sentiva come se si potesse fidare di lui. Il suo viso così puro, delicato e semplice, la tranquillizzava, ma era troppo presto per renderlo partecipe di tutta la merda che era la sua vita. Non voleva spaventarlo, o che la prendesse per pazza. E poi, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche a se stessa, non voleva assolutamente che lui si allontanasse da lei, perché si era accorta, che lo volesse o no, che quando c’era lui, lei sorrideva sempre.
Era come se la sua presenza eliminasse ogni cattivo pensiero, anzi, li eliminava proprio tutti, perché per Eileen quando era con lui non esisteva nient’altro.
Era una cosa che le avrebbe fatto paura, se se ne fosse resa conto. Ma fortunatamente ignorava quegli strani sentimenti che le gonfiavano il cuore, quindi non si accorgeva nemmeno di quanto Niall la stesse coinvolgendo emotivamente.
Per questo non si accorse della morsa decisamente troppo stretta che le mozzò il respiro quando Niall,  dopo averla accompagnata alla porta di casa, smettendo di insistere per accompagnarla a casa, con un gran sorriso le schioccò un leggero bacio sulla guancia.
Eileen si limitò a guardarlo impassibile, accorgendosi subito del rossore sulle sue guance e sentendo qualcosa di strano all’altezza del suo stomaco.
Per non preoccuparsi ignorò il tutto e gli sorrise, dicendogli che si sarebbero rivisti l’indomani.
Fosse stato per Niall, Eileen si sarebbe dovuta fermare anche a cena, ma non voleva approfittarsi della gentilezza del ragazzo ed era meglio che se ne andasse prima che tornassero Denise e Greg, perché a quel punto sarebbe stata costretta da loro ad accettare.
La verità era anche che quella mattina era uscita piuttosto presto di casa, mentre Mark ancora dormiva, e sapeva che si sarebbe innervosito non trovandola in casa di domenica, quindi non voleva rischiare più di tanto una sua sfuriata, anche se sapeva che sicuramente ci sarebbe stata lo stesso.
Con un sospiro, si allontanò dal vialetto di casa Horan con il sorriso di Niall stampato negli occhi e il suo sguardo puntato sulla schiena. Si rifiutò di voltarsi di nuovo, perché ci avevano messo almeno dieci minuti solo per salutarsi e non voleva intraprendere l’ennesima stupida conversazione con lui che l’avrebbe ancora trattenuta, immobilizzata da quel paio di occhi azzurri talmente chiari che sembravano di ghiaccio, ma che bastavano due secondi per scaldarla completamente.
Appena girò l’angolo, sentì il telefono vibrarle nella tasca dei pantaloncini e il cuore le schizzò in gola al pensiero di chi potesse essere.
Quando sul display vide lampeggiare il nome “Riley” non riuscì a trattenere una piccola smorfia di delusione.
Scosse la testa e si schiaffeggiò piano il viso: cosa pensava, si erano salutati appena due minuti prima, cosa avrebbe dovuto dirle di così importante Niall da chiamarla al telefono?
«Ehi straniera!» la salutò Riley con la sua voce squillante e allegra non appena lei pigiò il tasto verde, senza neanche darle il tempo di fiatare.
«Ciao»
«Si può sapere che fine hai fatto? Sparisci sempre e mi ignori tutti i giorni. Non vorrei farti sentire in colpa, ma ieri ti sei dimenticata della nostra serata film» le disse con tono di voce divertito, senza però riuscire a eliminare una nota di risentimento.
Eileen serrò gli occhi e si sbatté una mano sulla fronte.
«Cavolo, Riley, mi dispiace!» esclamò, sentendosi un idiota per aver dimenticato quella che ormai da qualche anno era una tradizione per loro; qualsiasi cosa succedesse, il sabato sera era loro. Non c’erano ragazze, feste o amici che tenessero: sabato sera Riley ed Eileen erano occupati, lo sapevano tutti.
Anche Heidi ormai ci aveva fatto l’abitudine e dopo i primi mesi aveva smesso di arrabbiarsi con il suo ragazzo per lasciarla sola ogni settimana.
Quella volta però Eileen si era dimenticata di passare in videoteca ad affittare un film preso a caso dagli scaffali, raggiungere Riley a casa sua e ordinare la solita pizza margherita da mangiare davanti al film e tra le braccia del suo migliore amico.
Se n’era completamente dimenticata, non aveva chiamato per avvisarlo, anche se lui probabilmente aveva capito, tutto a causa di Niall.
Era colpa sua se era stata trattenuta per tutta la serata, colpa sua se aveva dimenticato il suo impegno, colpa sua se avrebbe litigato con Riley.
«Tranquilla, probabilmente eri stanca, stai lavorando parecchio in questi giorni, lo so» le rispose invece Riley, con voce comprensiva. Eileen si sentì ancora peggio, perché gli aveva dato buca per tutto tranne che per lavoro.
«Mi dispiace davvero, non so come chiederti scusa» mugugnò, arrossendo e nascondendo il viso tra le mani. La risata spensierata di Riley la sollevò un pochino, allentando la morsa di senso di colpa che le stringeva il cuore.
«Semplicemente sceglierò io il film per le prossime tre settimane. Accetta e siamo a posto»
«Mmh» mugugnò Eileen contrariata, sapeva che accettare significava sorbirsi film dell’orrore terrificanti da farle venire gli incubi la notte.
Riley ridacchiò.
«Questo o il silenzio, piccola»
«Vuol dire che non mi parleresti più?» indagò stizzita. Sentì Riley soffocare una risata.
«Già. E’ imperdonabile il fatto che ti sia dimenticata della nostra serata. E ringrazia che non ti chieda il perché e che ti dia una seconda possibilità» aggiunse con voce già vittoriosa, perché sapeva che bastava fare leva anche un minimo sul senso di colpa di Eileen per averla vinta su qualsiasi cosa.
Era troppo buona per dirgli di no.
«Okay, è andata» si arrese infine con un sospiro. Riley esultò ed Eileen non poté fare a meno di sorridere, mentre passava davanti al parco accanto a casa sua e svoltava per ritrovarsi davanti all’abitazione, constatando dalla vista della macchina parcheggiata sul vialetto che per sua sfortuna Mark era in casa.
«Preparati, signorina. Ti aspettano ore di puro terrore, ho già in mente qualche film che mi hai proibito di prendere» mormorò quasi tra se e se. Eileen alzò gli occhi al cielo, accorciando il passo per ritardare il più possibile il suo rientro in casa.
«Sai che se poi la notte avrò gli incubi tu sarai il primo che chiamerò?» lo minacciò con poca convinzione. Riley scoppiò a ridere.
«E chi ti ha detto che io ti risponda?»
«Sei crudele»
«Tu di più» ribatté lui, strappandole un sorriso. Sorriso che sapeva presto sarebbe scomparso, perché solo aprire la porta di casa e venire investita da una vampata di alcool le fece rivoltare lo stomaco.
Era sempre così quando rientrava in casa, l’odore della birra o di qualsiasi altra bibita alcolica era talmente forte che quasi la ubriacava.
E se quello era solamente l’odore, non osava immaginare quando alcool scorresse in quel momento nel corpo di Mark.
Come se si fosse sentito chiamare in causa, il diretto interessato fece il suo ingresso in scena, uscendo dalla cucina con ben due bottiglie di whisky in mano, diretto probabilmente in soggiorno da dove proveniva il rumore della tv accesa.
Le lanciò uno sguardo veloce e proseguì dritto come se non l’avesse vista, il passo barcollante, gli occhi pesti e il respiro pensante. Dopo appena due passi però si rese conto che lei era veramente lì e allora si voltò di nuovo, guardandola sprezzante.
«Sei tornata» biascicò, barcollando verso di lei. Eileen deglutì a fatica e lo ignorò, distogliendo lo sguardo e cercando di concentrarsi su Riley che ne frattempo aveva cominciato a farle la lista di tutti i film possibili che avrebbero visto nelle successive settimane.
«E poi c’è quello della bambina posseduta. Oh, quello si! Non vedo l’ora di vederti rabbrividire e urlare dal terrore» sghignazzò. Eileen non riuscì ad indignarsi, perché Mark si stava avvicinando e dalla sua espressione frustrata e poco lucida capì che stava aspettando una risposta.
«Leen, cosa succede?» le chiese Riley improvvisamente serio, probabilmente accorgendosi dello strano silenzio dell’amica.
«Dove sei stata?» insistette contemporaneamente Mark, poggiando una bottiglia sul ripiano all’entrata accanto al telefono, continuando a fissarla con odio, come se fosse la cosa più orribile che potesse vedere.
«Sei a casa?» intuì Riley, probabilmente riconoscendo la voce dell’uomo che si era fatta improvvisamente alta e insistente.
«Scusa, Riley, mi libero e sono da te» bisbigliò Eileen, guardando leggermente intimorita la figura di Mark che si era fatta troppo vicina. Infatti quest’ultimo le afferrò di scatto il polso, stringendo con forza, e le strappò di mano il telefono gettandolo poi a terra.
 «Ehi!» protestò Eileen, lanciando uno sguardo allo schermo nero del telefono che giaceva sul parquet. Poi tornò con gli occhi su Mark, rabbrividendo automaticamente.
«Ti ho fatto una domanda» grugnì questo, alitandole una nuvola d’alcool in faccia, facendole storcere il naso e salire i conati di vomito.
«Io stavo parlando al telefono» replicò lei, indietreggiando il più possibile contro il muro. Mark non le lasciò lo spazio per respirare, si avvicinò subito, sovrastandola con la sua altezza, unica cosa che Eileen non aveva ripreso da lui.
«Ti ho chiesto dove sei stata, sono giorni che esci la mattina e torni la sera» la accusò, puntandole un dito contro. Eileen socchiuse gli occhi e voltò la testa di lato per cercare un po’ d’aria respirabile, perché con Mark così vicino l’odore di alcool era insopportabile.
«Ma cosa vuoi da me?»
«Devi smetterla di trattare questa casa come se fosse un albergo!» urlò, gli occhi spalancati e rossi, l’espressione furiosa e le mani troppo vicine al viso di Eileen. Con un coraggio che non aveva idea di avere, si costrinse a spingere via Mark per riacquistare il suo spazio personale, inviperita da quell’ultima frase.
«Io? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Sei tu quello che gira per casa sempre ubriaco e non fa niente dalla mattina alla sera! Vai a guadagnarti i soldi per comprarti quelle cazzo di birre solo quando i tuoi schifosi colleghi ti ricordano che hai un lavoro e smettono di coprirti!» strillò in risposta, sentendo il cuore batterle a mille dalla rabbia, il sangue colorarle le guance e il respiro farsi sempre più corto. Nascondeva la paura che provava sempre in sua presenza con la sua maschera da ragazza forte. Ma sapeva che presto sarebbe crollata, come sempre, dopo un litigio con quello che non poteva considerare suo padre. La sua speranza era di riuscire ad arrivare in camera sua prima di lasciar scivolare fuori la sua debolezza.
«Attenta a come parli» la minacciò Mark, rifacendosi vicino al suo viso e alzando la bottiglia di whisky che teneva nella mano destra come se potesse essere un arma.
«Hai iniziato tu»
«Io sono tuo padre, posso dire quello che voglio, stronzetta» replicò alla flebile replica della ragazza. Eileen deglutì e strinse la mascella, appiattendosi il più possibile contro il muro.
«Ah si? E io non sono una ragazzina, e non sono tantomeno come mamma! Io non mi faccio mettere i piedi in testa da te, dico quello che voglio». Non sapeva perché continuava a sfidare la sorte in quel modo. Era consapevole del fatto che quando Mark era in quello stato era difficile per lui trattenersi e ragionare, ma proprio non riusciva ad abbozzare e a lasciarsi comandare da lui, era come se dovesse andare contro se stessa, ma sapeva che intestardirsi in quel modo non avrebbe portato a nulla di nuovo. Infatti non si stupì più di tanto quando Mark la spinse per una spalla facendola sbattere contro la superficie dura del muro.
«Abbassa la voce» la minacciò, con un dito puntato contro il suo viso. Eileen rabbrividì e sentì il terrore cominciare a impossessarsi di lei.
Il fatto che fossero soli, che Mark era decisamente poco lucido e che ormai aveva acceso la miccia non la tranquillizzava affatto. Cominciava ad avere paura di quello che sarebbe potuto succedere.
«Devi smetterla di tormentarmi» mormorò con un filo di voce, appena prima che Mark afferrasse con una mano il suo viso, guardandola dritto negli occhi, con quello sguardo totalmente fuori controllo.
«Non toccarmi» esclamò, tremando leggermente e spalancando gli occhi. Mark si lasciò andare ad una risatina sprezzante senza mollare la presa.
«Ti ho detto di abbassare il tono di voce»
«E io ti ho detto che non me ne frega un cazzo di quello che dici tu, lasciami!» protestò Eileen, divincolandosi e riuscendo a liberarsi per qualche secondo, prima che la mano libera di Mike le afferrasse il polso per impedirle di scappare e per farla scontrare di nuovo violentemente contro il muro. Eileen chiuse per un secondo gli occhi e fece una smorfia, smettendo di respirare per il contraccolpo.
«Sei proprio come tua madre. Cosa credi di fare?» le chiese, stringendole il braccio e scrollandola con violenza. Eileen si morse il labbro per evitare di piangere e si costrinse a guardarlo negli occhi, sperando quasi di cogliere un lampo di lucidità in quelli verdi di Mark così simili ai suoi ma cosi totalmente fuori controllo.
«Ti ho detto di lasciarmi»
«Non mi stupirei se tra qualche anno farai la sua stessa fine» mugugnò aumentando la presa, come se godesse delle smorfie e dei lamenti di dolore che Eileen si lasciava scappare senza riuscire a trattenersi.
«Mi stai facendo male»
«E’ quello che meriti!» urlò ad un palmo dal suo viso, sbattendola di nuovo contro il muro.
«Era meglio che morissi tu, non la mamma»
A quella frase appena bisbigliata, Mark uscì fuori di testa e lasciò la presa sul suo braccio solo per poterle tirare uno schiaffo talmente forte da sbilanciarla e farla cadere a terra. Eileen fece appena in tempo a sentire il bruciore del colpo sulla guancia, appena sotto l’occhio, prima che quel dolore venisse superato da uno ancora più forte dovuto al cozzare della sua testa contro lo spigolo del mobile accanto alla porta.
Vide delle ombre nere danzarle davanti agli occhi così li chiuse, sperando che le orecchie le smettessero di fischiare. Sentì qualcosa andare in frantumi accanto a lei e capì si trattasse della bottiglia di whisky che aveva in mano Mark solo quando questo la tirò di nuovo su afferrandola con forza per le spalle.
Serrò gli occhi, mentre sentiva per l’ennesima volta la superficie del muro contro la sua schiena.
«Non ti azzardare più a dire una cosa del genere, hai capito? Io non sono psicopatico come lei! Quella puttana si è uccisa per lasciare a me il peso di crescerti. E’ colpa tua se si è uccisa, è caduta in depressione quando sei nata tu!» urlò Mark, ma Eileen sentiva la sua voce ovattata, tutti i suoi sensi erano concentrati nel punto in cui la sua testa aveva sbattuto, le pulsavano le tempie e la testa cominciava a girarle.
«Non è vero. Lei mi voleva bene» sussurrò ormai allo stremo delle forze. Mark la scrollò di nuovo, facendola barcollare di lato e rischiando di cadere sui vetri della bottiglia lanciata a terra poco prima.
«No, lei ti odiava, ci hai rovinato la vita»
La frase piena di disprezzo di Mark venne interrotta da un bussare frenetico alla porta. Eileen sembrò risvegliarsi quel tanto per capire che chiunque fosse li dietro sarebbe potuto essere la sua salvezza.
Mark si voltò verso la porta nel momento in cui Eileen, appoggiandosi al muro per non capitolare a terra a causa del suo scarso equilibrio, cominciò ad allontanarsi verso chiunque stesse bussando.
«Ehi!». La voce di Riley fu come respirare di nuovo dopo ore di apnea. Deglutendo e serrando gli occhi per impedirsi di svenire, provò ad avvicinarsi alla porta, ma una mano forte e stretta sul suo braccio la costrinse a tornare indietro.
«Riley…» sussurrò, allungando la mano come se lui potesse vederla.
«Ehi!» continuò il suo amico lì fuori. «Eileen, apri questa cazzo di porta» le ordinò. Eileen avrebbe voluto ascoltarlo, avrebbe voluto rispondergli, ma proprio le mancavano le forze e la mano di Mark corse subito a tapparle la bocca per evitare qualsiasi suo tentativo.
«Eileen se entro tre secondi non apri entro lo stesso» minacciò Riley e se ne avesse avuto le forze Eileen avrebbe sospirato di sollievo. Fece appena in tempo a vedere gli occhi di Mark andare nel panico, prima che i suoi si chiudessero e le forze le venissero a mancare, ormai solo la presa di Mark la costringeva a stare in piedi.
Passati i tre secondi Riley non si fece alcuno scrupolo a spalancare la porta e a puntare i suoi occhi già arrabbiati su Mark, che allentò di riflesso la presa su Eileen. Era come se Riley avesse già immaginato cosa si sarebbe trovato davanti, era preparato, ed Eileen sperava con tutto il cuore che sarebbe riuscito a toglierle quell’essere spregevole di dosso.
«Lasciala andare subito o giuro che chiamo la polizia» esordì Riley, entrando in casa e avvicinandosi con sguardo minaccioso.
«Che cazzo vuoi, ragazzino?» esclamò Mark, alzando un sopracciglio e tentando in tutti i modi di prendere in mano la situazione. Ma Riley era forte, non era come Eileen, e il suo sguardo freddo, di ghiaccio, mise paura anche a lei.
«Lasciala. Andare. Subito» sillabò, facendo capire a Mike che non era aria di fare lo spavaldo e che aveva fin troppo esagerato quella volta. Con un sorriso sprezzante lasciò andare il braccio di Eileen, una fitta la colpì a causa del flusso del sangue che tornava a scorrerle nel punto che Mark aveva stretto così forte da fermarlo.
«Ma si, tienitela questa stronzetta! Portatela via, e fa che non torni più a casa o gliela faccio fare io la stessa fine della madre!» la spinse, letteralmente, tra le braccia di Riley, che la afferrò al volo prima che lei cadesse a terra.
«Andiamo» le sussurrò all’orecchio, prendendola in braccio dopo essersi reso conto che non aveva neanche la forza per reggersi in piedi. Lei annuì flebilmente e chiuse gli occhi, passandogli le braccia intorno alle spalle e intrufolando la testa nel suo collo.
Sentì Riley dire qualcosa a Mark, con tono minaccioso, ma si costrinse a non ascoltare, o più probabilmente non ci riuscì a causa delle orecchie che le fischiavano.
Riley con delicatezza la fece stendere in quello che doveva essere il sedile posteriore della sua macchina, poi chiuse la portiera e salì per mettere in moto e portarla finalmente lontano da quel posto.
Sempre ad occhi chiusi ed in silenzio si lasciò di nuovo prendere in braccio da Riley, che la portò in casa e la poggiò sul morbido materasso del suo letto, dove avevano passato interi pomeriggi insieme, decisamente più allegri e spensierati. Lei si rannicchiò, stringendosi le gambe al petto e respirando profondamente quando Riley la prese tra le braccia e le carezzò i capelli delicatamente, posandole un bacio sulla fronte.
«Leen, mi dispiace tanto» sussurrò. Eileen rabbrividì e serrò gli occhi, sperando con tutta se stessa che Riley la smettesse di parlare, perché non voleva sentirlo. Non voleva sentire lui, i suoi commenti, i suoi pensieri.
Voleva solo dimenticare tutto.
«Eileen, devi denunciarlo alla polizia» mormorò dopo qualche minuto di silenzio. Lei si irrigidì e aprì gli occhi di scatto, scuotendo la testa.
«Non posso farlo»
«Perché no?» le chiese subito, alzando di poco la voce. Eileen scosse di nuovo la testa e sospirò, un peso sul petto che le impediva quasi di respirare.
«Perché sarebbe inutile. Vincerebbe lui, come sempre, e io non posso mettermelo contro più di adesso; dopotutto abito con lui, è quella la mia casa e se mi buttasse fuori non saprei dove altro andare» un singhiozzo la scosse e si costrinse a schiarirsi la gola, mentre le lacrime cominciavano a scivolare silenziose fuori dai suoi occhi.
«Non dire stronzate, hai me. E poi perché dovrebbe vincere lui? Hai le prove!» esclamò Riley, allontanandola quel poco per guardarla negli occhi, innervosito dalla sua immediata resa.
«Quali prove, Riley? Mi considererebbero pazza, come mia madre. Dopotutto è lei che si è buttata da quel ponte perché nessuno faceva niente per fermare Mark. Nessuno le credeva, e sarebbe lo stesso per me» sussurrò, chiudendo gli occhi al ricordo di un Mark più giovane ma sempre con lo stesso odore che trattava con violenza la sua mamma, la donna che non ce l’aveva fatta più e si era tolta la vita, lasciando Eileen nelle mani di quel mostro.
«Ma io so che è vero»
«Riley, sei mio amico. Ti ringrazio, ma le tue parole non servirebbero a niente. La mia unica speranza è di andarmene via di qui. Per adesso devo solo sopportare in silenzio» ribadì Eileen, consapevole del fatto che nessuno le avrebbe creduto, che Mark l’avrebbe scampata e di conseguenza lei si sarebbe ritrovata senza una casa dove poter andare a dormire la notte. Riley la distrasse lasciandosi andare a un lamento.
«Non puoi…Leen non puoi subire e sopportare tutto questo»
«Ce la faccio, Riley, sta tranquillo» lo rassicurò lei, con un sussurro apparentemente calmo.
«Non ce la faccio io a vederti cosi. Guarda cosa ti ha fatto!» esclamò Riley, sfiorandole la guancia con una carezza. Eileen poteva solo immaginare a cosa si riferisse e strizzò gli occhi al dolore che quel tocco le provocò.
«Qualche giorno e passa tutto, è normale»
«No, non è normale, smettila di essere cosi indifferente, cazzo!» sbottò Riley, senza più riuscire a trattenersi davanti alla pacatezza innaturale di Eileen.
Era strano anche per lei il fatto che stesse riuscendo a mantenere la calma e a non cadere nel panico. Probabilmente era perché sentiva ancora l’adrenalina scorrerle nelle vene, ma sapeva che prima o poi quell’effetto sarebbe finito e lei si sarebbe dovuta ritrovare ad affrontare quello che era successo.
Sperava che la realtà non l’avrebbe sopraffatta e sarebbe riuscita a mantenere il controllo di se stessa, ma in quel momento non voleva pensarci, voleva solo provare a dimenticare.
«Adesso voglio solo dormire, okay? Lascia stare, per favore» lo implorò, chiudendo di nuovo gli occhi e affondando il viso nel petto dell’amico, in cerca di calore e conforto. Riley sospirò e sembrò capire, perché la strinse a se carezzandole i capelli.
«Okay, va bene».
Eileen finalmente sospirò e si lasciò andare, provando a rilassarsi e non pensare a niente, spengere totalmente il cervello e addormentarsi.
Sperava che quella notte passata tra le braccia del suo migliore amico l’avrebbe aiutata a farle passare di mente tutta quella merda, ma il giorno dopo si rese conto che non sarebbe stato così facile.
Le bastò guardarsi allo specchio del bagno di Riley la mattina dopo, per notare uno spaventoso livido farsi spazio sulla sua guancia nel punto in cui Mark l’aveva schiaffeggiata.
Le bastò vedere l’espressione furiosa di Riley quando uscì dal bagno e posò gli occhi su di lei, l’abbraccio in cui la strinse che la infastidì leggermente e l’insistenza che usò per convincerla a lasciarsi accompagnare al lavoro.
Le bastò vedere il sorriso smagliante con cui Niall le aprì la porta spegnersi improvvisamente due secondi dopo aver osservato il suo viso e sentire subito dopo la sua automatica domanda «Cosa ti è successo?», per capire che non poteva nascondere al mondo intero, né tantomeno a se stessa, cosa era successo.
















 















 
Hi girls!
Scusaaaate per il ritardo, ma a quanto pare il mio modem ha deciso di prendere la sua strada e di fare come vuole.
Praticamente ho internet un giorno si e dieci no. Oggi a quanto pare è il giorno si, ma potrebbe abbandonarmi da un momento all'altro quindi vado piuttosto di fretta.
Per prima cosa vorrei ringraziare infinitamente le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e alle quali purtroppo non posso rispondere, poi tutte quelle che leggono, che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate, seguite.
Insomma, tutte quelle che in qualche modo mi seguono, perchè siete importanti dalla prima all'ultima :')
Sul serio, sono di corsa.
Quindi vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, so che è un po' così, ma non vedo l'ora di postarvi il prossimo ajdnjsnm **
Se internet regge e le recensioni aumentano potrei aggiornare anche in settimana ;)
A presto, spero. Tanto amore.
Sara.









 

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Capitolo 12
*** Nothing. ***


12. Nothing.
 



 
Quella mattina a Niall bastò aprire la porta di casa al suono del campanello per intuire che non sarebbe stato un giorno normale, all’insegna della tranquillità. Solo il fatto che Denise lo aveva tirato giù dal letto alle sette del mattino perché a causa di un’emergenza lei e Greg dovevano correre al lavoro e non potevano lasciare un Dylan già sveglio e pimpante senza qualcuno che lo controllasse, gli fece capire che la fortuna quel giorno avrebbe girato proprio lontano da lui.
Eileen non era ancora arrivata e lui, con gli occhi ancora mezzi chiusi, era stato costretto a sorbirsi tutti i cartoni della mattina che Dylan era solito vedersi, se non voleva poi stare a sentire tutte le sue lamentele da bambino capriccioso.
Sembrava che da quando si era vantato con Louis del fatto che Dylan non fosse poi così fastidioso, il bambino facesse di tutto per fargli rimangiare la parola.
Per questo quando sentì il suono del campanello si alzò di scatto con un bel sorriso stampato sulle labbra, impaziente di aprire la porta e di scaricare il peso di Dylan su un altro paio di spalle. Anche se in fondo sapeva che tutta quella fretta nell’aprire era dovuta al fatto che non vedeva proprio l’ora di rivederla.
Ma, appunto, gli bastò posare gli occhi sul suo viso per far si che il sorriso scomparisse e che una sensazione di gelo, forse preoccupazione, si impossessasse del suo stomaco.
«Cosa ti è successo?».
La domanda gli uscì automatica, non ci pensò neanche un secondo a trattenerla, mentre osservava il viso di Eileen così diverso rispetto alla sera prima.
Era stanca, due profonde occhiaie le contornavano quei pozzi verdi che sembravano quasi bui, ma la cosa che gli saltò subito agli occhi fu il livido violaceo che si faceva spazio sulla sua guancia, partiva da appena sotto la tempia e percorreva tutto lo zigomo.
Il respiro gli si bloccò in gola
Incrociò il suo sguardo improvvisamente freddo, distaccato, triste.
«Buongiorno» rispose lei, con un filo di voce. Niall scosse velocemente la testa e solo in quel momento si accorse di una presenza estranea alle spalle di Eileen.
Appena si rese conto di essere osservato, il ragazzo si avvicinò a Eileen e rivolse un sorriso di cortesia a Niall, ancora immobilizzato e senza parole.
«Ciao» lo salutò. Eileen tossicchiò e allora Niall sembrò tornare alla realtà. Le lanciò uno sguardo veloce e poi si costrinse a sorridere allo sconosciuto.
«Uhm, ciao» gli tese la mano, che lui strinse velocemente. Niall lo guardò attentamente, gli occhi scuri, i capelli castani, il sorriso tirato, e poi fece una smorfia quando lui affiancò con tranquillità Eileen, quasi con fare protettivo.
Decise di ignorare quella strana sensazione all’altezza dello stomaco e si concentrò su Eileen che si stava schiarendo la gola, arrossendo leggermente.
«Ehm, Niall, lui è Riley. Riley, lui è…»
«Niall Horan. Chi non lo conosce?» lo interruppe il ragazzo con un sorriso cortese che Niall si affrettò a ricambiare.
«Già» mormorò Eileen, abbassando gli occhi e sospirando.
«Bene. Allora vado» mormorò Riley, guardando Eileen e sorridendole teneramente. Niall strinse il pugno e tese le labbra, osservando la scena.
Eileen annuì e allora lui le carezzò i capelli, sfiorandole poi la guancia e posandole un delicato bacio sulla fronte.
In tutto questo, Niall trattenne il respiro e non distolse gli occhi nemmeno per un secondo.
Non voleva pensare a cosa potesse rappresentare quel ragazzo per Eileen, ma il sospetto che fosse qualcosa di più di un amico lo sfiorò.
E poi solo il fatto che lui poteva avvicinarsi a lei come Niall non aveva il coraggio di fare lo fece bollire di rabbia.
«Okay»
«Passo a prenderti oggi pomeriggio» le bisbigliò il ragazzo.
«Riley, non serve…» provò a protestare Eileen. Ma lui le fece un sorrisetto e scosse la testa, carezzandole di nuovo la testa e provocando un’altra scarica di ingiustificabile rabbia in Niall.
«Non importa. Ci vediamo dopo» la zittì. Eileen sbuffò e controvoglia annuì sollevando le labbra in un accenno di sorriso.
Almeno Niall aveva la consolazione di averla vista sorridere davvero, per lui.
Finalmente il ragazzo distolse gli occhi da lei per guardare Niall che non si sforzò neanche di assumere un’espressione amichevole, era troppo nervoso e scocciato in quel momento.
«Ci vediamo, amico» lo salutò. Niall annuì freddo e allora Riley fece un sorrisetto ambiguo, prima di avviarsi verso la sua macchina e lasciare finalmente i due ragazzi soli.
Eileen lanciò uno sguardo di sottecchi a Niall e deglutì a fatica, girandogli intorno per entrare in casa.
Automaticamente Niall la seguì, chiudendosi la porta alle spalle, e corrugò le sopracciglia quando la vide poggiare la borsa sul divano e sfilarsi i sandali, probabilmente per stare più comoda.
Si avvicinò in silenzio e quando lei si accorse di essere fissata alzò gli occhi e incrociò quelli di Niall.
Si irrigidì leggermente e alzò le spalle.
«Che c’è?» gli chiese, rompendo quell’assordante silenzio. Niall sospirò e si perse ad osservare il suo viso, le mani leggermente tremanti.
«Cosa ti è successo, Cookie?» le chiese, ripetendo la domanda di prima che non aveva avuto risposta. La vide deglutire e i suoi occhi saettarono ovunque, pur di non scontrarsi di nuovo con quelli di Niall.
«Niente. Sono caduta dalle scale e ho sbattuto la testa» replicò in fretta.
Niall la guardò alzando un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, trovando poco credibile quella risposta.
Evidentemente però Eileen fraintese l’espressione scettica di Niall e gli lanciò un’occhiataccia.
«E non provare a prendermi in giro» gli disse puntandogli un dito contro e accennando un piccolo sorriso. Niall si rilassò un pochino e si lasciò andare ad un sorriso vero, alzando le mani davanti a se.
«Non avevo intenzione di farlo»
«Bene. Dov’è Dylan?»
Eileen non fece in tempo neanche a finire la frase che Dylan sbucò alle sue spalle e si lanciò letteralmente contro di lei, aggrappandosi alla sua schiena.
Niall vide distintamente Eileen irrigidirsi, fare una smorfia e mordersi il labbro con espressione sofferente probabilmente per trattenere un lamento di dolore.
Il cuore gli balzò in gola e si affrettò a toglierle Dylan di dosso e a metterlo a terra, mentre rideva e batteva le mani, evidentemente felice di vederla.
Eileen si tirò su a fatica, gli occhi chiusi e il labbro ancora stretto tra i denti.
«Tutto bene?» le sussurrò Niall preoccupato, poggiandole una mano sulla spalla. Lei aprì gli occhi di scatto e scivolò via, allontanandosi da lui.
«Si, tranquillo» mormorò frettolosamente, per poi sedersi sul tappeto accanto a Dylan.
«Giochiamo?» le chiese Dylan, gli occhi luminosi e il sorriso sulle labbra. Eileen sorrise e annuì, mentre Niall se ne rimaneva in piedi ad osservarla, con una marea di dubbi e pensieri che gli vorticavano nella testa.
Si distrasse solamente quando sentì qualcosa colpirlo sul ginocchio e abbassò gli occhi per vedere la costruzione lanciata da Dylan rimbalzare sul pavimento.
«Zio cattivo che non gioca con me!» esclamò il bambino, facendogli la linguaccia. Niall assunse un’espressione fintamente oltraggiata e Dylan scattò in piedi, intuendo le intenzioni dello zio.
Lanciò uno sguardo sfuggente ad Eileen, quel poco per vederla fare un piccolo sorriso che non raggiunse nemmeno gli occhi, poi partì alla rincorsa di quel piccoletto che ridacchiava e girava intorno al divano.
«Tanto ti prendo, piccola peste» grugnì facendolo ridere ancora più forte.
«No, no zio. Io sono veloce come un fulmine!» canticchiò il bambino tornando sul tappeto e mancando Eileen di qualche centimetro. La ragazza portò le gambe al petto per evitare di essere investita dai due, guardando preoccupata Niall che si avvicinava ridendo a tutta velocità.
Come se l’avesse previsto, Niall non si rese conto che era meno agile e scattante del bambino, o forse non si accorse che lo spazio in cui Dylan era passato fosse troppo ristretto per poterci passare anche lui, o forse non vide la macchinina sulla quale mise il piede scivolando rovinosamente a terra. Fatto sta che in meno di due secondi atterrò su una superficie morbida e calda, a dispetto di come sarebbe dovuto essere l’impatto con il pavimento.
Si accorse di essere finito sopra di Eileen, con il viso a due centimetri dal suo e i loro corpi completamente in contatto, solo quando vide gli occhi di lei spalancarsi di colpo, insieme alle labbra, e una pura espressione di terrore impossessarsi del suo viso fino a pochi secondi prima apparentemente tranquillo.
Niall la guardò confuso, non capendo il motivo di quella reazione, poi sentì Eileen tremare sotto di lui e la vide boccheggiare senza fiato.
«Togliti di dosso» mormorò con urgenza, spaventata, le lacrime a stento trattenute che le appannavano gli occhi spalancati.
Niall si spostò di lato immediatamente, sedendosi sul pavimento mentre Dylan si fermava a debita distanza da lui per osservare la scena curioso. Eileen si allontanò il più possibile strisciando sul pavimento e raggomitolandosi accanto al bracciolo del divano, tremando e fissando il vuoto, come se stesse pensando ad un brutto film, o qualcosa che era successa e che l’aveva spaventata.
«Cookie, che succede?» le chiese Niall con un sussurro, scivolando accanto a lei. Eileen si ritrasse e lo guardò con terrore.
«Non toccarmi» gli intimò, quasi pregandolo. Niall alzò le mani davanti a sè fissandola preoccupato, mentre un singhiozzo le scuoteva il petto e un tremore più forte le spalle.
«Devo…devo alzarmi. Io…perché? Cosa volevi fare?».
Le sue frasi erano incoerenti, dettate dal terrore che traspariva dal suo sguardo, e Niall non sapeva cosa dire o fare, era completamente spaesato.
«Eileen, sono caduto e ti sono finito addosso. Non volevo fare niente, non voglio farti del male, respira» tentò di rassicurarla, mentre lei continuava a tremare.
Eileen finalmente alzò gli occhi e li puntò in quelli di lui, guardandolo come se potesse in qualche modo salvarla da quello che stava provando.
«Okay» sussurrò. Niall si sforzò di sorridere, alzandosi in piedi e facendo un passo indietro.
«Non ti tocco più, promesso» le disse, facendo una piccola smorfia automatica a quelle parole. Lei annuì debolmente e si alzò, vagando con lo sguardo perso per la stanza, le guance rosse e le labbra tremanti. Niall la osservò in silenzio, aspettando qualche secondo che si calmasse, distogliendo gli occhi da lei quel poco per guardare Dylan che osservava la scena il silenzio, confuso dalla reazione di Eileen e dai suoi occhi tristi che probabilmente a lui erano sempre sembrati allegri. Probabilmente solo Niall si era accorto subito che in quella ragazza c’era qualcosa che non andava, qualcosa che le impediva di essere completamente felice.
Quando Niall però tornò con lo sguardo su di lei, vide piccole lacrime uscire dai suoi occhi e scivolarle sulle guance accese di un rosso innaturale.
«Eileen» mormorò allarmato, facendo automaticamente un passo avanti con le mani tese verso di lei.
«Io…lui…» singhiozzò, chiudendo gli occhi. «Non volevi farmi male» sussultò, stringendosi le braccia al petto continuando a piangere in silenzio. Niall andò nel pallone: non capiva cosa stava dicendo, cosa potesse essere successo per renderla così spaventata, triste e disperata come non l’aveva mai vista. E poi un senso d’impotenza gli stava stringendo il cuore, perché voleva fare qualcosa per lei ma non sapeva proprio cosa inventarsi.
Deglutì, teso e impacciato, poi si avvicinò a lei incurante del fatto che avrebbe potuto respingerlo. Con tutta la delicatezza possibile le posò una mano su un braccio, facendola sussultare e aprire gli occhi di scatto.
«Non voglio farti del male, Cookie. Sono io, okay? Calmati» le disse, guidandola verso il divano e facendola sedere, sempre occhi negli occhi e mantenendosi a debita distanza per non spaventarla e per lasciarle lo spazio per respirare. Eileen si ammutolì e sembrò perdersi negli occhi azzurri di Niall, le lacrime che continuavano a scendere ma un vago senso di consapevolezza che le accendeva pian piano lo sguardo.
Niall la vide prendere un bel respiro e annuire impercettibilmente, allora si lasciò andare ad un piccolo sospiro e le sfiorò la spalla.
«Ora vado a prenderti un bicchiere d’acqua» la avvisò, continuando a fissarla. Lei annuì di nuovo e poi sobbalzò quando Dylan, che nel frattempo si era avvicinato, le tamburellò le piccole dita sul ginocchio. Niall lo rimproverò con lo sguardo e allora lui si allontanò.
«Dylan, siediti li e stai buono» gli intimò con uno sguardo talmente serio che costrinse il bambino ad obbedire senza fiatare, sedendosi sulla poltrona lontana dal divano dove invece era appollaiata Eileen. Niall le lanciò un ultimo sguardo prima di schizzare in cucina a prenderle un bicchiere d’acqua e tornare da lei in meno di cinque secondi, con la paura che potesse di nuovo sprofondare nell’insensato terrore di poco prima.
«Ecco» le disse porgendole il bicchiere che lei scolò con un lungo sorso. Lo riprese e lo poggiò sul tavolino basso davanti al divano, per poi tornare a concentrarsi su Eileen, che si strinse le gambe al petto riuscendo a stento a trattenere le lacrime.
«Come stai?» azzardò la domanda, facendo si che gli occhi di Eileen si puntassero nei suoi.
«Scusa» mimò lei con le labbra, mormorando quella parola con un filo di voce appena udibile. Niall corrugò le sopracciglia e lei distolse lo sguardo.
«Cosa ti è successo?» ci riprovò, sperando che lei gli spiegasse il perché di quella sua reazione che non era di certo dovuta al fatto che Niall fosse inciampato e finito sopra di lei.
Era evidente che fosse successo qualcosa che l’aveva sconvolta e che la vicinanza di Niall aveva riportato a galla. Sicuramente c’entrava con il livido sulla guancia, gli occhi tristi e la smorfia di sofferenza che aveva fatto quando Dylan le si era buttato tra le braccia.
Niall non era stupido, aveva intuito che c’era qualcosa che non quadrava e aveva solo fatto finta di credere che tutto quello era dovuto ad una semplice e stupida caduta dalle scale. Era sicuro che ci fosse qualcos’altro sotto e, anche se in fondo quasi non voleva saperlo per non doversi preoccupare, decise che non poteva lasciar passare tutto cosi, che quella ragazza aveva bisogno di sfogarsi e di qualcuno che la capisse.
E lui non era nessuno per impedirsi di provare a farlo.
«Scusa» mormorò ancora lei, gli occhi che le si riempirono di nuovo di lacrime. Niall si accigliò e fremette.
«Smettila di scusarti. Rispondi alla mia domanda, per favore» sussurrò, lanciando solo uno sguardo a Dylan che si stava ritirando nella sua camera probabilmente annoiato da quella situazione.
Eileen sussultò e Niall scivolò ancora di più accanto a lei, guardandola dritto negli occhi.
Lei scosse la testa e un’altra lacrima le scivolò sulla guancia.
«Scusa, è stato solo un attacco di nervi. E’ solo che tu…no, non è colpa tua, scusa» ripeté facendolo leggermente innervosire.
«Eileen, smettila di dirlo. E non ci credo, non posso averti fatto tutto questo solo perché mi sono avvicinato troppo. Insomma…non penso di farti così schifo» mormorò con voce leggermente insicura, strappandole mezzo sorriso senza alcun motivo.
«Non mi fai schifo»
«E allora perché piangi?»
Eileen sussultò a quella domanda così diretta e si sfregò le guance con forza per eliminare ogni traccia di quelle gocce salate.
«Non importa, ormai è passato»
«Si che importa» si impuntò Niall, corrugando le sopracciglia. Eileen scosse la testa e gli regalò un sorriso spento che non aveva niente a che fare con quelli che, lo volesse o no, gli facevano fermare il cuore.
«Niall, posso chiederti una cosa?» mormorò dopo un po’, guardandolo con occhi pieni di speranza e di uno strano bisogno.
Niall annuì confuso ed Eileen arrossì, deglutendo a fatica.
«Mi abbracci?».
Quella domanda lo spiazzò. Un po’ perché appena sentì quelle parole scivolare fuori dalla bocca di Eileen si rese conto che aspettava quel momento da troppo tempo, un po’ perché fino a due secondi prima Eileen era terrorizzata dalla sua vicinanza e schifava anche il suo tocco.
Boccheggiò per qualche istante, ma gli occhi di Eileen erano talmente bisognosi in quel momento che non avrebbe potuto dirle di no neanche se avesse voluto.
E lui, ovviamente, non voleva farlo.
Senza dire niente scivolò il più possibile accanto a lei, eliminando qualsiasi millimetro di distanza e incollandosi al suo fianco. Lei sembrò trattenere il respiro, come se stesse soffrendo a quel contatto, ma prima che potesse ripensarci Niall allargò le braccia e allora ad Eileen non rimase altro da fare che tuffarsi tra di esse e stringersi a lui, perché era impossibile rifiutare un abbraccio di Niall.
Lui dava i migliori abbracci del mondo, gliel’avevano detto in tanti ma lui non aveva mai capito il senso di quelle parole.
Non capiva che lui, quando abbracciava le persone, ci metteva tutto il sentimento e l’emozione possibili. Lo sentiva un abbraccio, gli arrivava dritto al cuore e faceva in modo che anche per l’altra persona fosse lo stesso.
Per questo quando sentì la fronte di Eileen poggiarsi nello spazio tra la sua guancia e il collo, un brivido lo percorse e la strinse forte quasi per far sentire anche a lei quell’emozione così forte e indescrivibile che gli stava chiudendo lo stomaco e facendo tremare il cuore.
Sembrava quasi che il suo collo fosse fatto apposta per accogliere la testa di Eileen, combaciavano perfettamente, e dal sospiro quasi beato di lei Niall capì che ci era riuscito, a farla sentire meglio.
Era riuscito a farle dimenticare qualsiasi cosa l’avesse turbata. Erano bastati due secondi, due semplici secondi tra le sue braccia e lei si era rilassata. Mentre lui aveva il cuore che stava letteralmente per scoppiare.
«Mi dispiace per essere cosi strana» bisbigliò Eileen interrompendo quel silenzio così carico di aspettative.
Niall avrebbe voluto dire qualcosa, ma il profumo dolce, di shampoo alla camomilla di Eileen aveva ucciso tutte le sue facoltà mentali. Scosse la testa, cercando di tornare alla realtà e per negare quell’assurda affermazione.
«Non sei strana. Sei solo spaventata» mormorò lui in risposta. Sentì Eileen sospirare e con mano esitante le sfiorò la schiena, facendo si che di riflesso lei posasse una mano sul suo petto, proprio nel punto in cui il suo cuore rischiava di uscire fuori.
«Forse» acconsentì dopo qualche secondo, con un filo di voce.
Niall azzardò una mossa che sapeva gli avrebbe fatto rischiare la vita di quell’organo che pompava sangue più veloce del dovuto. Sperando che Eileen non lo respingesse, o peggio si spaventasse di nuovo, posò le labbra tra i suoi capelli, chiudendo gli occhi e inondandosi del suo profumo.
«Di cosa hai paura, Cookie?» le sussurrò tra i capelli, aprendo gli occhi e sentendola irrigidirsi tra le sue braccia.
Non si allontanò, e questo bastò per far sospirare Niall di sollievo e per tranquillizzarlo, finché le dita di Eileen non strinsero la sua maglietta e il cuore di Niall non partì di nuovo verso mondi sconosciuti.
«Del buio» iniziò con un filo di voce e stringendo la maglia tra le dita, facendolo infiammare. Niall di riflesso la attirò ancora di più contro il suo petto e lei con un piccolo sospiro continuò.
«Anche dei ragni, e dei tuoni durante i temporali» mormorò facendolo sorridere.
Eileen sospirò di nuovo, come se stesse pensando se andare avanti oppure no.
Allora Niall rimase in silenzio per darle il tempo di decidere e già che c’era le posò un altro bacio tra i capelli, sentendola rabbrividire tra le sue braccia.
«Ho paura delle persone» soffiò infine, il respiro caldo sul collo di Niall che lo fece tremare.
Solo in quel momento Niall si rese conto di quanto realmente fossero vicini, di come sarebbe bastato chinare il viso per perdersi in quel paio di occhi verdi che lo confondevano, di come avrebbe potuto posare un dito sotto al suo mento per alzarle il viso quel tanto per poterla baciare. Ma ovviamente non fece niente di tutto questo, non aveva abbastanza coraggio per sfidare la sorte in quel modo così sfacciato.
Così si limitò a ripetere «Delle persone?» con tono interrogativo, facendole intendere di doversi spiegare meglio.
Lei annuì e come se avesse letto nei pensieri di Niall alzò il viso verso di lui, incatenando i loro sguardi e facendogli fermare il respiro in gola.
«Si, mi spaventa il fatto che siano tutte diverse e che non sai mai cosa aspettarti. Ognuno ha i proprio pensieri e i propri sentimenti, tu non puoi fare niente per cambiarli o controllarli. Le persone ti fanno soffrire, perché entrano nella tua vita e poi se ne vanno proprio quando cominci ad amarle, sempre. Mi fanno paura perché decidono per loro e non si preoccupano di me, mi passano sopra senza neanche guardarmi o pensare che possano farmi del male. Sostanzialmente, ho paura di soffrire, e le persone fanno solo quello. Le persone fanno male» concluse il suo discorso fatto tutto d’un fiato distogliendo finalmente lo sguardo da lui, dato il fatto che non l’aveva fatto per tutto il tempo impedendogli di respirare regolarmente.
Con un vago senso di consapevolezza Niall si accorse che Eileen aveva parlato per più di due minuti con lui di se stessa. Gli aveva aperto una porta, gli aveva permesso di sbirciare attraverso quel muro che quella mattina gli era sembrato sempre più invalicabile.
Lei si era fidata, gli aveva parlato sul serio. E Niall non riusciva neanche a contare i battiti del suo cuore per quanto andava veloce, neanche avesse appena corso cento metri.
Quando Eileen alzò di nuovo il viso, Niall si accorse che aveva gli occhi lucidi e le guance rosse, le labbra dischiuse e l’espressione curiosa di sentire la sua risposta a quella che non poteva che essere una confessione.
Niall si sforzò di deglutire, le carezzò delicatamente la guancia colorata dal livido, sfiorando la sua pelle accaldata e morbida, e la fissò dritto negli occhi.
Azzurro contro verde.
Stomaco chiuso e mente vuota.
«Anche io ti faccio paura?»
Quella domanda la spiazzò. Niall non poteva immaginare cosa si aspettasse che le dicesse, ma fu sicuro che la sua domanda la stupì completamente lasciandola senza una risposta pronta come aveva sempre. La vide deglutire con difficoltà e si morse il labbro inferiore per trattenere un sorriso.
«No, tu no» disse infine, abbassando lo sguardo e sorridendo.
Niall non riuscì più a trattenere quel sorriso e allora si lasciò andare, perché non essere nell’elenco delle cose che facevano paura ad Eileen lo rendeva inspiegabilmente felice.
Eileen sospirò e si sistemò ancora una volta con la fronte poggiata nell’incavo del collo di Niall, facendogli il solletico con il suo respiro caldo e riportandolo parzialmente alla realtà, perché il calore del corpo di Eileen contro il suo gli faceva pensare troppe cose insieme e non riusciva a concentrarsi su nessuna di queste.
«Perché io no?» le chiese ancora con il fiato corto, le guance che gli andavano a fuoco insieme a qualcos’altro un po’ più in basso.
Lei lo guardò rimanendo in silenzio, le labbra tese che diedero a Niall l’impressione che non avesse nessuna intenzione di rispondergli.
Allora prima che potesse ripensarci, che le venisse qualche idea, qualche battuta da fare, qualsiasi cosa che avrebbe potuto rovinare l’atmosfera del momento, lo fece.
Senza pensarci, perché sicuramente se l’avesse fatto si sarebbe fermato all’istante, si chinò su di lei totalmente rapito e guidato dal verde dei suoi occhi.
Premette con dolcezza le labbra su quelle morbide e salate di Eileen, chiudendo gli occhi e sperando con tutto se stesso che lei non lo respingesse.
E invece lo fece.
Tremando e sbarrando gli occhi si tirò indietro appena cinque secondi dopo, Niall li contò con il cuore in gola, secondi che gli bastarono per fargli scoppiare il cuore, per respirare sulle sue labbra leggermente dischiuse e per bramare ancora di più quel sapore incredibilmente dolce nonostante le lacrime.
Ma Eileen appena si rese conto di cosa stava succedendo interruppe quel contatto, guardandolo come se avesse appena visto un fantasma.
Niall sapeva che prima o poi sarebbe successo, che non sarebbe riuscito a trattenersi, non quando lei gli si faceva così vicino. Ma comunque non era riuscito ad impedirlo.
E non c’era niente in quel momento che avrebbe potuto fargli più male dello sguardo spaventato e quasi oltraggiato che gli rivolse Eileen.
Gli aveva appena detto che non aveva paura di lui, a differenza delle altre persone, e lui come un coglione le stava facendo rimangiare la parola.
Almeno non gli aveva tirato uno schiaffo; era troppo sbalordita per farlo.
Quasi come se fosse una scena al rallentatore, la vide toccarsi le labbra con le dita, mentre i suoi occhi erano ancora fissi in quelli di Niall.
Vivi, accesi, verdi.
Cominciava a girargli la testa.
Niall dal canto suo non riuscì a fare a meno di passare la lingua velocemente sulle labbra, per sentire ancora quel sapore così dolce che sapeva non avrebbe dimenticato tanto facilmente.
«Eileen» cominciò quando si rese conto che lei non avrebbe proferito parola, guardandola attentamente per non perdersi neanche una sfumatura della sua reazione.
«Aspetta» mormorò lei frettolosamente. Lo guardò per qualche secondo, poi si alzò e camminò verso la porta, quasi senza rendersi conto di essere scalza, ancora con le guance bagnate e l’espressione sconvolta.
«Cookie, dove stai andando?» si preoccupò Niall, alzandosi e seguendola. Lei si voltò di scatto incatenando i loro occhi e respirando a fatica.
«Niall, cosa è successo?» gli chiese spaventata.
Allora Niall capì. Capì che quella domanda era un modo per dargli un’ultima possibilità di negare, come se dire che non era successo avrebbe eliminato il fatto stesso.
Sentì qualcosa incrinarsi all’altezza del petto, sbuffò e si passò nervosamente una mano tra i capelli, distogliendo lo sguardo.
«Non lo so, Eileen, cosa vuoi che sia successo?» le chiese invece di rispondere, perché non voleva negare, perché per lui tutto quello aveva un senso, ma aveva paura a dirle quello che stava provando in quel momento.
«Tu…» cominciò, poi sbarrò gli occhi e scosse la testa.
«Niente. Non è successo niente» affermò. Lo guardò come in cerca di una conferma e a Niall si strinse il cuore quando capì che lei non aveva affatto provato le sue stesse sensazioni.
Per lei era stato tutto un totale sbaglio e non avrebbe mai voluto che accadesse.
Niall annuì e la guardò duramente, trasmettendole tutto il suo disappunto.
«Bene. Allora non è successo niente» ripeté, facendosi del male da solo.
«Vado a vedere cosa sta combinando Dylan» continuò poi, dandole le spalle e avviandosi verso le scale.
Poi improvvisamente, anche se in quel momento avrebbe tanto voluto scomparire o trovarsi a chilometri di distanza da lei, si ricordò dello stato di Eileen fino a pochi minuti prima e quasi fu costretto dal suo cuore a fermarsi nel bel mezzo della stanza.
«Stai…» si schiarì la gola, stringendo le mani tra di loro, «Stai bene?» le chiese senza voltarsi.
La sentì sospirare.
«Si, sto bene. Grazie» mormorò. Niall annuì e puntò le scale davanti a se, senza degnarla di uno sguardo.
Il suo cuore non avrebbe retto, e poi non aveva idea di cosa avrebbe visto in quegli occhi, non voleva rischiare di nuovo.
 














 


















 
AHJSAMKFN ciao a tutte!
Dio, non vedevo l'ora di postarvi questo capitolo **
Non so a voi, ma a me piace, perchè finalmente Niall scopre le sue carte e tenta il tutto e per tutto.
Certo, Eileen non ha la migliore delle reazioni, ma le cose potrebbero cambiare.
Si lo so che dicendovi così e scontato che accada, ma vabbè u.u
Comunque, non ho postato prima per vari motivi:
-scuola
-stanchezza psicologica
-noia
-assenza di recensioni
Riassumendo, nonostante io sia stremata dalla scuola, continuo a scrivere, scrivere e scrivere per portare avanti questa storia.
Ma a quanto pare questo non interessa a nessuno, perchè le recensioni diminuiscono sempre di più e, anche se capisco che magari avete di meglio da fare, ci rimango male lo stesso.
Quindi ho deciso che se non raggiungo un numero di recensioni che mi faccia venire voglia di pubblicare, non lo farò.
Mi dispiace, ma andare avanti così mi sembra inutile.
Detto questo, scappo a scrivere che sono arrivata ad un capitolo troppo ancjakdn **
Tanto amore, come sempre.
Sara.



 

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Capitolo 13
*** Memories. ***


13. Memories.
 
 


Tornare in quella casa dopo quello accaduto il giorno prima fu una vera tortura per Eileen. Era sicura che se non avesse avuto così bisogno di quei soldi non avrebbe più messo piede lì dentro per l’imbarazzo, o il rimpianto, non era pienamente sicura dei suoi sentimenti.
Il fatto era che Niall l’aveva completamente sconvolta, presa in contropiede, e lei non aveva saputo come reagire.
Se fosse stata lucida sicuramente avrebbe trovato una giustificazione valida, o ci avrebbe scherzato su, o sarebbe rimasta tra quelle calde braccia perché lì si stava proprio bene.
Invece si era lasciata prendere dalla paura di non riuscire a decifrare quella cosa che le stava nascendo dentro tutto ad un tratto ed era schizzata il più possibile lontana da lui.
Sapeva che probabilmente l’aveva ferito con le sue parole, con la sua richiesta di negare tutto ad ogni costo.
Forse anche per quello aveva paura di suonare il campanello e di trovarsi davanti a quel paio di occhi azzurri che l’ultima volta che aveva visto erano talmente vicini da poter distinguere ogni loro sfumatura.
Dopo che Niall l’aveva baciata, faticava a pensarci senza che lo stomaco le si attorcigliasse, era letteralmente scappata. Aveva mandato un messaggio di scuse a Denise, tranquilla che tanto Dylan fosse con Niall, ed era corsa via da quella casa che era diventata leggermente opprimente.
Sapeva che stava sbagliando, era consapevole del fatto che si stava comportando da ragazzina spaventata, ma non aveva potuto farne a meno.
Così, la mattina dopo, con il cuore in gola e la speranza che Denise non la mandasse via a calci per la sua fuga ingiustificata, si costrinse a suonare quel dannato campanello e ad assumersi le sue responsabilità, pregando con tutto il cuore che Niall non ce l’avesse a morte con lei.
Quando vide la porta cominciare ad aprirsi davanti a lei, le tremarono le gambe e trattenne il respiro finché si accorse che al posto di un paio di occhi azzurri travolgenti e capelli biondi, c’era il viso tranquillo e rilassato di Denise.
«Ehi, ciao!» la salutò subito, abbagliandola con un sorriso. Eileen fece appena in tempo a riprendersi e a ricambiare il sorriso, che quello di Denise si spense osservandola.
«Cosa ti è successo?». Ancora quella domanda, Eileen doveva sapere che avrebbe avuto a che fare con la curiosità di chiunque la guardasse in faccia.
«Sono caduta dalle scale, rotolata giù e sbattuto la testa contro un mobile» elencò roteando gli occhi al cielo e fingendosi indifferente. Denise fece una smorfia e corrugò le sopracciglia, allungando una mano per sfiorare la guancia contusa di Eileen.
«Sei incredibile, come hai fatto a cadere dalle scale?» le chiese incredula, ma anche un po’ divertita. Eileen sospirò di sollievo constatando che Denise se la fosse bevuta al primo colpo, a differenza di Niall.
Aveva capito subito che Niall non le aveva creduto, quel ragazzo era intelligente e sicuramente pensava che ci fosse qualcos’altro sotto.
«Non chiedermelo, ero distratta e non ho visto dove ho messo i piedi» borbottò, sfuggendo automaticamente al tocco di Denise, sforzandosi di sorridere per risultare meno brusca e infastidita.
Denise le sorrise e si spostò per lasciarla passare, poi chiuse la porta alle sue spalle.
«Ciao, Lee!» urlò Dylan, non appena la vide, saltando giù dal divano e correndole incontro. Eileen non poté fare a meno di sorridere e questa volta si preparò, chinandosi e allargando le braccia per evitare la fitta alla schiena che l’aveva colpita il giorno prima quando il bambino si era aggrappato ai suoi fianchi.
Avrebbe dovuto saperlo che lo scontro con Mark oltre al livido sulla guancia e uno meno visibile sul braccio, qualche graffio sulla pelle a causa dei vetri rotti della bottiglia, le aveva procurato anche un forte mal di schiena a causa di tutte le volte in cui lui l’aveva sbattuta contro il muro.
Ma aveva evitato di pensare a tutti i danni che si portava dietro da quella discussione; cercava di dimenticare e di nasconderli il più possibile. Purtroppo non poteva certo girare con una busta in faccia per evitare le domande curiose su come si fosse procurata quel livido, ma sperava che una volta data una spiegazione alle persone con cui passava la maggior parte del suo tempo, avrebbe finito di preoccuparsi.
Si costrinse a concentrarsi sul presente e a bearsi del calore rassicurante del bambino che le si era buttato tra le braccia, accucciandosi con la testolina sotto il suo mento, e lo strinse forte come se lui potesse aiutarla a rimanere a galla e a non sprofondare tra i suoi brutti pensieri.
«Oggi mamma resta a casa!» squittì il bambino, sciogliendo l’abbraccio dopo un po’ e correndo verso Denise per prenderle la mano tutto sorridente. Eileen si tirò su sorpresa e Denise annuì.
«Sì, devo organizzare un viaggio di lavoro con Greg. Partiamo giovedì, andiamo a Londra nel weekend» le disse. Eileen spalancò gli occhi.
«Oh» riuscì solo a balbettare, mentre Dylan, improvvisamente disinteressato dal loro discorso, tornava sul divano a guardare la tv.
Eileen annuì flebilmente, riusciva solo a pensare al fatto che se loro non ci fossero stati, lei sarebbe dovuta tornare a casa. E stare tutto il giorno lì, senza nulla da fare.
A quel punto entrare in contatto con Mark sarebbe stato inevitabile.
Automaticamente rabbrividì e si sfiorò il braccio contuso con la mano; non avrebbe retto ad un’altra scenata del genere.
«A proposito di questo» richiamò la sua attenzione Denise, schiarendosi la gola. Eileen la guardò.
«Volevo chiederti se saresti disponibile a stare qui da noi fino a domenica sera. Non possiamo portare Dylan con noi e ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui».
A quelle parole, Eileen si illuminò; Denise, come se le avesse letto nel pensiero, l’aveva subito salvata dallo sconforto che le stava chiudendo lo stomaco.
«Oh, ma certo!»
«Ovviamente dovrai fermarti anche a dormire e verrai ripagata di tutto, so quanto può essere stressante Dylan giorno e notte» aggiunse con voce complice, strappandole una risata.
«Non c’è problema, Denise. Davvero, mi piace passare il tempo con Dylan» le assicurò, sorridendole. Denise roteò gli occhi al cielo.
«Lo so, tesoro, lo so. Ed è per questo che sono tranquilla» mormorò. Eileen annuì di nuovo, sorridendo entusiasta, poi improvvisamente si ricordò di un particolare.
Un particolare decisamente imbarazzante che stranamente ancora non aveva visto in giro, probabilmente perché stava ancora dormendo.
Il cuore le schizzò in gola quando realizzò il fatto che se si fosse fermata anche a dormire a casa loro, avrebbe avuto a che fare con Niall più spesso. E lei in quel momento aveva solo paura di incrociare il suo sguardo e leggerci anche la più piccola punta di risentimento nei suoi confronti.
Non avrebbe sopportato vedere dell’odio negli occhi dell’unica persona che aveva portato il sorriso nelle sue ultime giornate.
Arrossendo senza motivo, si guardò intorno titubante, quasi con la paura che lui potesse sbucare fuori da un momento all’altro.
«Lui non c’è» mormorò Denise, facendola sobbalzare. Eileen si voltò verso di lei e si accorse che la stava osservando in silenzio, con un vago sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
«Cosa?» balbettò, sorpresa. Il sorriso di Denise si allargò ed Eileen sentì il suo cuore aumentare i battiti.
«Niall non c’è, è dai suoi»
«Oh». Sentì il sangue colorarle le guance e distolse lo sguardo, a disagio. L’espressione di Denise era troppo saccente per i suoi gusti, come se sapesse qualcosa che non doveva sapere, qualcosa che in fondo non sapeva bene neanche lei.
«Già. E’ andato a trovare i genitori, ha detto che si ferma un paio di giorni» spiegò, gesticolando. Eileen deglutì a fatica e si costrinse a guardarla, sforzandosi di apparire indifferente alla notizia che non era stata richiesta, anche se sentiva un moto di delusione chiuderle lo stomaco.
Niall non c’era.
«Oh. Bene»
Se n’era andato, per qualche giorno dai genitori.
«E’ successo qualcosa?»
Probabilmente perché non voleva vederla.
«Leen?»
Magari si sarebbe fermato lì e lei non avrebbe potuto scusarsi. Per cosa poi, per essersi spaventata?
«Eileen!»
O forse era delusa perché avrebbe voluto che Niall ci riprovasse, a baciarla.
«Ehi, terra chiama Leen!» l’esclamazione quasi esasperata di Denise la riportò alla realtà, facendole intuire che si fosse persa troppo tra i suoi pensieri, mentre probabilmente Denise aveva continuato a parlarle.
«E’ successo qualcosa?» le chiese infatti questa, scrutandola sospettosa. Eileen avvampò, mentre le parole di Niall, dette con quella voce delusa e fredda come non era mai stata, le rimbombavano nella testa.
Allora non è successo niente.
Era stata lei a chiederglielo e quasi a pregarlo di negare, allora perché si sentiva tradita dal fatto che lui non avesse fatto niente per insistere e ribadire che quel bacio, oltre che gliel’aveva dato, gli era anche piaciuto?
«Cosa? No! No, assolutamente niente» si affrettò a negare, schiaffeggiandosi mentalmente per i suoi strani e contorti pensieri. Denise assottigliò lo sguardo e strinse le labbra, come a voler trattenere un sorriso.
«Sicura?»
«Sì». Eileen annuì vigorosamente per enfatizzare la sua risposta. Allora Denise si rilassò e le scoccò un sorriso sincero, anche se Eileen sapeva che continuava a sospettare qualcosa.
Denise era furba, sveglia, sicuramente aveva capito tutto. Anche prima di loro.
Sempre che poi ci fosse qualcosa da capire.
«Okay»
Eileen chiuse il discorso con un cenno del capo e provò a concentrarsi su Dylan, che aveva iniziato a costruire qualcosa di non identificabile con le sue costruzioni colorate. Si accomodò accanto a lui e gli scompigliò i capelli, per poi iniziare ad aiutarlo e rimediandosi uno dei suoi splendenti sorrisi contornati dalla sua tenera fossetta sul mento.
«Leen» la richiamò ancora Denise, questa volta con un tono di voce più tranquillo. La ragazza si voltò per vederla cercare indaffarata qualcosa nella sua borsa del lavoro.
«Sì?»
Denise non la guardò neanche, troppo impegnata nelle sue cose.
«Ho pensato che oggi, se vuoi, potresti portare Dylan al parco. E’ una bella giornata, e io qui a casa ho parecchio da fare, quindi…»
Eileen capì che quello era un modo delicato per dirle di togliersi dai piedi e di portare via anche Dylan, per evitare che la disturbasse durante i preparativi per quello che sembrava un viaggio abbastanza importante. Sorrise e scosse la testa, alzandosi da terra e porgendo la mano a Dylan per aiutarlo a fare lo stesso.
«Non c’è problema. Anzi, credo sia meglio uscire un po’ all’aria aperta, vero Dylan?» chiese al bambino, che si illuminò in un gran sorriso, battendo le mani entusiasta.
«Sì, sì!» gongolò, cominciando a saltellare.
Eileen rise e finalmente Denise tirò fuori la testa dalla sua borsa, per lanciarle uno sguardo pieno di gratitudine.
«Non so davvero cosa farei senza di te» ammise, mentre Eileen afferrava la sua borsa e la manina che Dylan le stava porgendo impaziente.
«E’ per questo che sono qui» replicò, facendole un piccolo sorriso, per poi chinarsi ad infilare le scarpe a Dylan e prendergli la mano. Non fece neanche in tempo a rendersene conto che Dylan schizzò verso la porta, trascinandola con sè.
«Tesoro, fai il bravo e tieni sempre la mano a Leen, d’accordo?» si raccomandò Denise, guardando seriamente il bambino, che annuì, prima di aprirsi in un altro sorriso eccitato.
«Eileen, mi raccomando, non abbassare mai la guardia» mormorò Denise, a bassa voce per non farsi sentire da Dylan. A quelle parole e davanti a quello sguardo preoccupato Eileen scoppiò a ridere.
«Denise, parli di tuo figlio come se fosse un diavoletto»
«Perché lo è!»
«Con me è sempre stato buono. Ma tranquilla, so come tenerlo a bada» le assicurò, sorridendole. Denise sospirò affranta, facendo una smorfia.
«Già, a quanto pare l’unica che non ci riesce sono io» mormorò tra sè e sè. Eileen si strinse nelle spalle, senza sapere bene cosa dire, e all’ennesimo lamento di Dylan che continuava a tirarla per la mano si decise ad assecondare le sue richieste e ad aprire la porta di casa.
«Tornate per pranzo» si raccomandò Denise, prima che i due uscissero di casa allontanandosi al ritmo del passo felice ed entusiasta di Dylan.
A dispetto di quanto diceva Denise, Dylan restò sempre al fianco di Eileen, ascoltando le sue raccomandazioni, e le lasciò la mano solo quando fu al sicuro nel parco, nell’area riservata ai bambini.
Sorrise un’ultima volta ad Eileen prima di saltellare verso lo scivolo e le altalene, dove almeno altri dieci bambini, tra maschi e femmine, stavano ridendo e giocando.
Eileen si scambiò un’occhiata complice con una donna che aveva appena lasciato andare la sua bambina, le sorrise e poi si lasciò cadere su una panchina libera, all’ombra di una quercia, dove avrebbe passato i prossimi minuti, o ore, ad osservare Dylan divertirsi.
Aveva intenzione di non perderlo di vista neanche un secondo, preoccupata che bastasse un attimo perché cadesse, o si facesse male, o scappasse. Non aveva certo dimenticato il modo in cui l’aveva conosciuto, aveva ben impressa nella testa l’immagine del viso distorto dalla preoccupazione di Denise quando pensava che non avrebbe ritrovato il suo bambino.
E lei ovviamente non voleva passarci, per questo continuava a seguire attenta ogni movimento di Dylan, che in quel momento stava salendo le scale dello scivolo blu, posizionandosi in fila dietro ad altri due bambini.
Ma il venticello fresco che si alzò in quel momento, i raggi del sole che le riscaldavano la pelle e i rumori delicati di risate, richiami lontani e scalpiccii dei piedi dei bambini sul terriccio, la distrassero, costringendola quasi a chiudere gli occhi e a rilassarsi, beandosi di quell’improvvisa sensazione di pace.
C’era un motivo per cui il parco le piacesse così tanto; amava passeggiare nella natura, lontano dai rumori della strada e dai pericoli della città. Le piaceva rilassarsi alla luce del sole, ascoltare il cinguettio degli uccelli, perdersi tra i suoi pensieri e sentirsi stranamente viva.
Per questo sobbalzò quando sentì una voce femminile, leggermente titubante, chiamarla.
«Eileen?». Aprì gli occhi di scatto, rendendosi conto solo in quel momento di averli chiusi e di aver perso di vista il suo obiettivo, cioè quel paio di gambette che erano improvvisamente scomparse.
Sentì il cuore schizzarle in gola e una sensazione di gelo si impossessò del suo corpo, ma prima che uscisse fuori di testa vide Dylan scivolare giù dalla lastra di metallo, alzando le braccia la cielo e ridendo.
Sospirò di sollievo, posandosi una mano sul cuore, e solo dopo quella rassicurazione si concesse un’occhiata veloce alla sua destra, in direzione della voce che l’aveva risvegliata.
Riconobbe subito la ragazza in piedi accanto alla panchina, gli occhi scuri, i capelli castani e il sorriso stupito e delicato.
«Oh, ciao Allison!» esclamò, sorpresa di vederla e soprattutto del fatto che lei l’avesse riconosciuta. Il sorriso di Allison si allargò e si avvicinò, sedendosi accanto a lei.
«Ehi, come stai?» le chiese con entusiasmo. Eileen non poté fare a meno di ricambiare il sorriso e scrollò le spalle, lanciando un’altra occhiata a Dylan, che stava di nuovo facendo la fila per lo scivolo.
«Bene» rispose tornando con gli occhi su di lei.
«Sei qui con Niall?». Quella domanda le bloccò il respiro, un nodo che le chiuse all’istante la gola rischiando di farla soffocare. Allison corrugò leggermente le sopracciglia, probabilmente non capendo il motivo di quella reazione, sorpresa dal fatto che ad Eileen fosse bastato sentire quel nome per arrossire violentemente e distogliere lo sguardo imbarazzata.
«No, io…ho portato Dylan a fare una passeggiata» mormorò, schiarendosi la gola e indicandole il bambino che in quel momento stava contemplando le due altalene vuote, probabilmente per decidere quale fosse meglio da usare.
«Capito! Accidenti, quel bambino è la fotocopia di Niall» esclamò Allison, sorridendo e scuotendo la testa scioccata. Eileen sorrise, sentendo una strana fitta colpirle il cuore.
«Già» sussurrò, poi decise di cambiare discorso, perché non voleva che Niall occupasse i suoi pensieri.
«Tu come mai sei qui?» le chiese, tornando a guardarla. Allison arrossì improvvisamente e si strinse nelle spalle.
«Oh, io sono uscita con un mio amico. E’ appena andato a comprarsi le sigarette» spiegò, indicando l’uscita del parco.
«Capisco»
«Niall dov’è?» le chiese Allison, pronunciando di nuovo quel nome e costringendo Eileen a trattenere ancora il respiro, mentre la sua mente veniva bombardata dall’immagine dei suoi occhi, del suo sorriso, delle sue labbra così vicine alle sue.
«E’ andato dai genitori» sputò fuori, come se la sua stessa voce potesse riscuoterla dai suoi pensieri e chiudere quelle immagini in un cassetto della sua mente, lasciandola libera di tornare a respirare.
«Ah, ecco perché non si è fatto più sentire!» esclamò Allison, illuminandosi, «Dovevamo uscire insieme dopodomani» mormorò poi, leggermente delusa. Un’altra fitta colpì il cuore di Eileen e lei non si azzardò neanche a chiedersi il perché.
«Probabilmente tornerà per quel giorno» cercò di rassicurarla, ignorando il fatto che quelle parole fossero cariche di speranza. Allison incrociò il suo sguardo, facendo una piccola smorfia.
«Dici?»
«Sì, Denise mi ha detto che si fermerà lì solo un paio di giorni» continuò, evitando di pensare che insisteva quasi per autoconvincersi che presto avrebbe rivisto Niall.
«Perfetto!» esclamò Allison entusiasta, per poi fare un’altra smorfia e lanciarle uno sguardo complice, «Beh, era chiaro che sarebbe dovuto andare a trovare i suoi. Maura sa essere abbastanza…apprensiva, quando vuole» le confessò. Quello bastò a risvegliare l’interesse di Eileen; solo in quel momento parve rendersi conto che, come Niall non sapeva praticamente niente di lei, neanche lei sapeva niente di lui.
Ed era curiosa.
«Si?»
«Già, mi ricordo che da bambini quando andavamo in gita scolastica restando fuori per qualche giorno, quando tornavamo lo costringeva a stare in casa almeno un giorno intero per recuperare il tempo in cui non erano stati insieme. Deve esserle mancato parecchio, considerando che sono mesi che non torna a casa» continuò Allison, sorridendo affettuosamente. Eileen deglutì, mentre un’immagine di Niall bambino la fece sorridere e le scaldò il cuore.
«Penso sia normale, per una…mamma…comportarsi cosi, ecco» balbettò, per accorgersi solo a metà frase della piega che il discorso stava prendendo. Inconsapevolmente stava dirigendo i suoi pensieri verso un territorio proibito, bandito proprio da lei.
Allison le sorrise, senza fare caso alle sue spalle improvvisamente rigide, ai suoi occhi spenti e improvvisamente scuri.
«Certo, certo. Ma sono convinta che come minimo lo terrà in ostaggio per qualche giorno e sarà difficile per lui riuscire ad andarsene» constatò, accennando una risata.
Eileen si sentì morire, sprofondando di nuovo nello sconforto: e se davvero Niall non fosse tornato?
Come avrebbe fatto lei a chiedergli scusa per il suo comportamento? Come avrebbe fatto a capire se anche lui si fosse pentito per quel bacio o se invece ci avrebbe riprovato?
E perché, perché voleva così tanto che lui lo facesse?
I suoi pensieri erano talmente confusi e senza senso che quasi ringraziò ad alta voce Allison quando la distrasse di nuovo, salvandola da quel groviglio di emozioni.
«Oh, eccolo finalmente!» esclamò, quasi tra se e se, puntando lo sguardo oltre le spalle di Eileen.
Lei, dopo aver lanciato un’altra occhiata a Dylan per assicurarsi che fosse ancora intero, seguì gli occhi di Allison e la testa le si svuotò improvvisamente, non appena riconobbe il ragazzo che si stava avvicinando a loro.
Stessa camminata fluida, stessi capelli neri scompigliati, stessi occhi verdi lucenti di qualche anno prima.
Frenkie Donovan si stava proprio avvicinando alla panchina su cui era seduta, le gambe lunghe e sicure, le spalle larghe e forti, gli occhi puntati sul cellulare che teneva tra le mani grandi che avevano toccato Eileen dappertutto, il sorriso sulle labbra che l’avevano sfiorata dappertutto.
Come se si trovasse ancora nell’estate di tre anni prima, sentì il cuore perdere un colpo, una fitta acuta colpirle il ventre e lo stomaco contorcersi nell’esatto istante in cui i ricordi le annebbiarono la vista.
«Eccomi qui, tesoro» esclamò Frankie, sorridendo ad Allison, senza ancora accorgersi di lei.
«Ehi, pensavo ti fossi perso!»
«Spiritosa, ci ho messo solo due…Eileen!?». Aveva appena iniziato a giustificarsi con quella sua aria strafottente, tirandosi fuori da qualsiasi accusa gli avrebbe rivolto Allison, quando finalmente alzò gli occhi e la vide.
«Ciao, Frankie» si sforzò di deglutire Eileen, distogliendo gli occhi e alzando un muro nella sua testa per impedire a quel ricordo di venire a galla.
«Ma guarda chi si rivede!» esclamò Frankie, mascherando subito la sua espressione stupita con il suo solito ghigno maligno, allargando le braccia. Allison alternò lo sguardo tra i due, aggrottando le sopracciglia confusa.
«Voi due vi conoscete?»
«Purtroppo…» sussurrò Eileen, nello stesso istante in cui Frankie esclamò: «Certo che ci conosciamo!».
«Da piccoli eravamo grandi amici, vero?» aggiunse poi, alzando le sopracciglia alludendo chiaramente a qualcosa.
«Già» grugnì Eileen, fissandolo con aria truce.
Quei due erano stati tutto tranne che amici e l’odio di Eileen era così spropositato nei suoi confronti che sentiva prudere le mani e il bisogno acceso di prendere a pugni quel viso che l’aveva prima sedotta e poi abbandonata.
«Oh, pensa che coincidenza!» esclamò Allison, entusiasta di tutto come sempre.
«Bellissimo» commentò acidamente Eileen, lanciando un’altra occhiataccia al ragazzo, che indifferente infilò le mani nelle tasche dei jeans, scrutandola attentamente.
«Sei piuttosto scontrosa, Lee Lee» osservò, sorridendo. Quel soprannome fu un pugno diretto nello stomaco, le mozzò il respiro e le fece tremare il cuore al ricordo di quanto aveva sofferto per lui.
«Non chiamarmi così» sibilò. Stava per aggiungere qualcos’altro, probabilmente una serie infinita di insulti, ma venne interrotta dalla voce cristallina di Dylan che si stava avvicinando a lei saltellando.
«Lee ho fame!» esclamò, quasi lanciandosi contro di lei, che aprì le braccia automaticamente e lo tirò su, stringendolo a se come se avesse il potere di farla calmare.
 «E’ stato un piacere rivederti, Allie» disse fredda, evitando accuratamente gli occhi di Frankie che sentiva puntati su di se, come sapeva che quel sorrisetto impertinente era indirizzato a lei.
«Già te ne vai?»
«Si, riporto Dylan a casa» rispose alla domanda quasi delusa di Allison, costringendosi a sorriderle. Lei annuì e cinse i fianchi di Frankie, facendo rabbrividire Eileen. Il ragazzo le posò un braccio sulle spalle ed Allison sorrise.
«Okay. Salutami Niall allora, quando torna»
«Certo» concesse Eileen, la morsa che le stringeva lo stomaco che si allentò di un poco a sentire quel nome.
«A presto» la salutò Allison.
«Ciao Lee Lee» le diede il colpo di grazia Frankie. Non lo guardò, sapeva cosa avrebbe visto, immaginava i suoi occhi maliziosi, il suo sorriso provocante e la sua espressione altezzosa.
Lo conosceva fin troppo bene, ormai, sapeva tutto di lui. E proprio per questo si chiese cosa diavolo l’avesse fatta innamorare di lui in quell’estate che, fosse stato per lei, avrebbe completamente cancellato.
 
 
 
Quando tornò a casa di Riley, quella sera, si sentiva come svuotata. Dylan era stato più attivo del solito e aveva esaurito tutte le sue energie e il livello di sopportazione per quella giornata.
Aveva quasi paura di pentirsi di aver accettato la proposta di Denise; se solo le giornate con lui erano così faticose, cosa l’avrebbe aspettata considerando il fatto che per quattro giorni praticamente avrebbe dovuto vivere con lui?
Sperava che almeno avesse un sonno profondo e che sarebbe durato per tutta la notte.
Poi, ad aumentare il suo nervosismo ci aveva pensato il caso, facendole incontrare il ragazzo che aveva sperato di non vedere più per il resto della sua vita.
Aveva buoni motivi per avercela con lui, per essersi costretta ad odiarlo quando invece l’unica cosa che il suo corpo provava per lui era ancora amore, dopo tutto quello che le aveva fatto.
Ovviamente, dopo tre anni, tutto quello che provava per lui era scomparso, ma il ricordo di quanto l’aveva fatta soffrire era ancora vivido nella sua testa: era ancora una ragazzina quando lui l’aveva ammaliata con i suoi occhi e il suo sorriso furbetto.
Era piccola, ingenua e innocente.
Per questo non capì all’istante che doveva tenersi alla larga da un tipo come lui, per questo invece si fidò delle sue belle parole e per questo lui riuscì a rubarle quell’innocenza che era l’unica cosa che le era rimasta, per poi lasciarla subito dopo. Vuota, tremante e sola.
D’altra parte per lui era stato anche facile prendersi tutto quello che Eileen aveva da dare: sua madre era morta, suo padre (se si poteva considerare tale) era incosciente la maggior parte del tempo e lei aveva bisogno di qualcuno che la facesse sentire amata.
Peccato che quel qualcuno aveva solo un obiettivo e, raggiunto quello, l’aveva lasciata di nuovo sola.
Non c’era da stupirsi se dopo quell’esperienza Eileen si fosse chiusa a riccio e nessuno, nessun ragazzo fosse riuscito ad oltrepassare quel muro. Nessuno l’aveva più toccata, sfiorata così intimamente. Nessuno aveva più avuto accesso al suo cuore.
«Ehi, sei tornata» la voce di Riley la riscosse dai suoi pensieri e lei automaticamente sorrise; Riley ovviamente era stato escluso da tutto quello. Lui era l’unico che occupava un posto nel cuore di Eileen e sarebbe stato per sempre così.
«Si, e fatico anche a reggermi in piedi» confessò, lasciandosi cadere sul divano. Riley sorrise e si buttò accanto a lei, sballottandola e facendola lamentare. Le sorrise raggiante e le carezzò la testa.
«Com’è andata?»
«Dylan è…sfiancante» ammise, chiudendo gli occhi e rilassandosi al tocco delle mani delicate di Riley che le lisciavano i capelli.
Quando però le sue dita fresche arrivarono a sfiorare la sua guancia contusa, Eileen si irrigidì e aprì gli occhi, trovando quelli preoccupati di Riley su di se.
«Che c’è?» gli chiese, capendo al volo che c’era qualcosa che l’amico non aveva il coraggio di dirle.
Infatti questo prese un bel respiro e si scusò con lo sguardo per quello che stava per dire.
«Mark ha chiamato, ha chiesto di te» le disse senza tanti giri di parole. Il corpo di Eileen ormai era diventato un pezzo di ghiaccio e Riley sospirò, mentre lei deglutiva a fatica, il cuore che le batteva a mille.
«Tu cosa gli hai detto?»
«Che sei qui da me e che ti farai viva quando e se vorrai»
«Bene» annuì con voce stridula. Poi si alzò, quasi meccanicamente, si passò una mano tra i capelli e afferrò la sua borsa. Riley la guadò corrugando le sopracciglia e si alzò per bloccarla, prendendole con delicatezza la mano.
«Dove stai andando?»
«A casa?» rispose lei, ma sembrava quasi una domanda. Riley strinse le labbra e scosse categoricamente la testa.
«Non puoi tornare a casa» si oppose. Eileen sospirò e alzò gli occhi al cielo, capendo al volo le preoccupazioni dell’amico.
«Riley, Mark era talmente ubriaco che se mi vedesse sarebbe anche capace di chiedermi come ho fatto a procurarmi questo» gli assicurò, indicandosi la faccia. Lo sguardo di Riley rimase fermo, così come la sua mano che strinse quella di Eileen senza nessuna intenzione di lasciarla.
«Non mi interessa, niente mi assicura che non possa succedere di nuovo»
«Te lo assicuro io. Mi ha sorpresa, tutto qui. E’ stata anche colpa mia, sapevo in che condizioni era e l’ho provocato. Imparerò a starmene buona e non accadrà più una cosa del genere» ci riprovò Eileen, addolcendo il tono di voce e strattonando la mano. Riley scosse di nuovo la testa.
«No, non ti lascio tornare a casa»
«Riley…» lo pregò con lo sguardo, ma lui sembrava irremovibile.
«Davvero, puoi dormire qui. Ti presto una mia tuta per dormire e per i vestiti puoi chiedere ad Heidi»
«Non coinvolgere anche lei in questa storia, Ry. Non avresti dovuto saperlo neanche tu» sbottò Eileen, lanciandogli un’occhiataccia.
«Se non mi fossi preoccupato del fatto che mi hai chiuso il telefono in faccia senza motivo, magari adesso non saresti qui» replicò lui con lo stesso tono di voce. Eileen sospirò e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi.
«Lo so, ma ci sono. E ti ringrazio. Quindi smettiamola di pensarci»
«Solo per stanotte, per favore» insistette lui, assumendo un’espressione eccessivamente preoccupata che fece sciogliere Eileen.
«Okay. Ma devo comunque passare a casa a prendere le mie cose. Mi fermo da Denise per il weekend, hanno un viaggio di lavoro e devo badare a Dylan» si arrese infine e si buttò a peso morto sul letto, troppo stanca per continuare a discutere, e chiuse gli occhi. Sentì Riley stendersi accanto a lei.
«Perfetto. Così ti terrai lontana da quello stronzo almeno fino a lunedi» mugugnò. Eileen sospirò e immaginò la sua faccia soddisfatta e sorridente.
«Già. Ora sei più tranquillo?»
«Decisamente»
«Perfetto. Dormi, allora» mormorò con un filo di voce, aprendo un occhio per vederlo accoccolarsi accanto a lei.
«Notte, Leen»
«Buonanotte» allungò una mano e a tentoni spense la luce, cercando di rilassarsi.
Proprio quando sentì il sonno cominciare ad impossessarsi di lei, Riley si mosse, avvicinandosi.
«Leen?» sussurrò al suo orecchio.
«Non stavi dormendo?»
«Cosa c’è tra te e Niall?» le chiese lui, ignorando la sua domanda scocciata.
«Cosa?» esclamò, tirandosi su di scatto e fissandolo sbalordita. Lui non si scompose e le scoccò un sorrisetto.
«Hai sentito»
«Cosa dev’esserci, Riley?» le chiese lei esasperata, lasciandosi ricadere sul cuscino, dandogli le spalle per evitare che vedesse la sua espressione, perché non sapeva bene neanche lei cosa stava provando in quel momento.
Sapeva solo che, come sempre, il nome di Niall le aveva fatto accelerare il cuore.
«Non lo so. Ma ho visto come mi guardava ieri; sembrava volesse uccidermi da un momento all’altro» rifletté, quasi come se stesse parlando da solo.
«Non dire stronzate» mormorò Eileen, anche se le farfalle avevano preso a svolazzarle nello stomaco.
«Ma è vero!» si impuntò Riley. Eileen decise di non rispondergli, di ignorare la sua insinuazione e soprattutto gli strani pensieri che aveva cominciato a fabbricare la sua testa.
Passarono abbastanza minuti silenziosi da farle credere che Riley si fosse addormentato ma, proprio quando cominciò a rilassarsi, lui parlò di nuovo.
«Ti sei addormentata?»
«Mh mh»
«Leen…lui ti piace?» le chiese in un sussurro. Dal suo tono di voce Eileen era sicura che stesse sorridendo.
«Riley, dormi per favore» mugugnò, schiacciando la faccia contro il cuscino.
«Okay, grazie della risposta» ridacchiò l’amico, interpretando le sue parole come una risposta positiva.
«Ti odio»
«Lo so. Buonanotte» replicò lui.
«Notte».
Eileen lo sapeva che non poteva nascondere niente a quel ragazzo, lui capiva cose che lei ancora doveva realizzare, anticipava i suoi pensieri come se fosse nella sua testa.
E indovinava sempre.
Ma in quel momento aveva troppo sonno per preoccuparsi di quella strana conversazione, così chiuse gli occhi e si rilassò, abbandonandosi tra le braccia di Morfeo.














 













 
 


 
 
Hello people! :)
Vi dico subito che devo ancora riprendermi dalle foto di Liam **
No, cioè, ma l'avete visto? Io lo odio. Dico io, come si fa a essere così...così...okay, non ci sono parole per descriverlo o.o
So solo che ogni volta che quei cinque lì vanno in Australia io rischio un collasso.
Comunque, tornando a noi, eccovi il capitolo!
Lo so, è un po' di passaggio e non succede niente di che ma, credetemi, stiamo arrivando alla parte bella asfghmsl **
Il capitolo 15 è in assoluto il mio preferito, o forse il 16...comunque non vedo l'ora di arrivarci amscnfd **
Però, come ho detto nello scorso capitolo, dipende tutto da voi e da quanto interesse dimostrate per questa storia.
Non è per essere presuntuosa o cosa, ma ci tengo davvero e vorrei che venisse considerata un po' di più.
Quindi ringrazio tutte quelle che hanno recensito, che l'hanno inserita tra le preferite/seguite/ ricordate e cose varie.
Ora corro a rispondervi, dolcezze.
Spero che il capitolo vi piaccia, tanto amore.
Sara.
 

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Capitolo 14
*** Family. ***


14. Family.


 
 
 
Aveva pensato che allontanarsi da Mullingar per qualche giorno lo avrebbe aiutato a rimettere in ordine i suoi pensieri e soprattutto a fargli dimenticare quello che aveva combinato e che sperava di lasciarsi alle spalle.
Come se un viaggio in treno verso Dublino, dove i suoi genitori aveva comprato casa, gli bastasse a togliersi dalla testa quegli occhi verdi spaventati, quelle labbra così morbide e quel sapore di una dolcezza che non aveva mai sentito prima.
Scosse la testa e si schiaffeggiò il viso non appena si rese conto che, appunto, ci stava ripensando.
Ormai sarebbe stato impossibile allontanare Eileen dalla sua mente, poteva solo sperare che stando via per qualche giorno e non vederla, avrebbe aiutato lei a far scemare l’odio che sicuramente provava per lui.
In poche parole era scappato per non affrontare la situazione.
La verità era che lui quel bacio l’aveva desiderato, sognato e l’aveva sentito. Fin nelle profondità del suo stomaco e aveva risvegliato qualcosa in lui che dormiva ormai da tempo.
E faceva male sapere che invece per Eileen probabilmente era stato tutto uno sbaglio.
Una morsa gli chiuse lo stomaco e lo costrinse a poggiarci una mano sopra, come se lo potesse aiutare a tornare a respirare.
Con una smorfia di sofferenza alzò gli occhi e incrociò quelli curiosi della donna che sedeva di fronte a lui sui sedili del treno che correva ad alta velocità.
Allora si impose di concentrarsi sul presente e di cercare di arrivare a Dublino con un’aria decente per non far preoccupare i suoi genitori.
Sua madre lo aveva chiamato la sera prima rinfacciandogli di non essere ancora andato a trovarli nonostante fosse rientrato in Irlanda da tre settimane, così lui aveva colto l’occasione e la mattina dopo, sicuramente troppo presto per i suoi standard, era salito sul primo treno sperando che questo si sbrigasse a partire portandolo il più lontano possibile da lì, dalla notte insonne che aveva passato e dalla paura di incrociare gli occhi freddi e sprezzanti di Eileen.
La verità era anche che aveva paura di rivedere i suoi genitori perché sapeva che si sarebbe sentito in imbarazzo: il loro divorzio li aveva portati quasi ad odiarsi e a non rivolgersi più la parola per almeno due anni.
Niall si era ormai abituato al fatto che i suoi fossero separati, a dover fare attenzione quando parlava di uno in presenza dell’altro.
Ma quello che non si sarebbe mai potuto immaginare era che il suo successo prima e la nascita di Dylan poi, li avrebbe fatti riavvicinare inevitabilmente e che i due, riscoprendo l’amore tra di loro, decidessero di tornare insieme.
Per questo avevano venduto la casa a Mullingar, troppi ricordi spiacevoli erano racchiusi lì dentro, per comprarne una più piccola e comoda al centro di Dublino.
Quando la madre lo aveva chiamato per dargli la notizia, Niall aveva subito pensato che lo stesse prendendo in giro, ma poi lei gli aveva passato il padre e solo il fatto che fossero insieme gli aveva fatto capire che quella era la pura realtà.
Da una parte era felice, anche perché si sentiva un po’ la ragione per cui i suoi fossero tornati ad amarsi: era a causa sua se erano stati costretti a vedersi più spesso, a viaggiare insieme per raggiungerlo a Londra quando sentivano il bisogno di vederlo, o fargli una sorpresa ad un suo concerto facendosi trovare tra il pubblico.
Niall si sentiva soddisfatto e per una volta importante: almeno era sicuro di aver fatto qualcosa di buono nella sua vita.
Il problema era solo l’imbarazzo che ancora provava, il non sapere bene come comportarsi con i due.
Doveva solo imparare ad accettare che erano di nuovo uniti, e sicuramente gli ci sarebbe voluto del tempo.
«Tutto bene, tesoro?»
Niall alzò gli occhi e si scontrò con quelli castano chiaro della signora, la donna che gli sedeva di fronte, un po’ avanti con l’età ma con un sorriso così dolce e l’espressione buona che la facevano sembrare sicuramente più giovane di quanto era.
Si sforzò di annuire e di sorridere convincente.
«Sicuro? Sei pallido, ragazzo» commentò la signora, corrugando le sopracciglia preoccupata. Niall deglutì e cercò di sorridere di nuovo.
«No, va tutto bene signora, grazie» le assicurò. La signora si portò una mano sulla guancia, continuando a guardarlo preoccupata.
«Hai fame?» gli chiese poi, notando di come si stringesse una mano sullo stomaco.
A quella domanda Niall scoppiò a ridere. Non sapeva bene perché, forse perché per una volta avrebbe risposto con un ‘no’ a quella richiesta.
«No, signora. Sto bene, davvero»
«Uhm, sei hai bisogno di qualcosa non avere paura a chiedere, tesoro» ribadì lei, sorridendogli con fare affettuoso.
Niall annuì di nuovo e, anche se sarebbe potuto sembrare sgarbato, si infilò le cuffie nelle orecchie e calò il cappellino di Zayn sulla sua testa, facendo intendere che non aveva nessuna voglia di parlare.
Voleva solo starsene da solo con i suoi pensieri, prepararsi psicologicamente a rivedere i suoi genitori dopo due mesi e convincersi che avrebbe passato almeno due giorni tranquillo senza pensare più a Mullingar e tutto quello che comprendeva. Soprattutto chi comprendeva.
Ci mise ben poco a scivolare in un sonno leggero, probabilmente la stanchezza della notte passata in bianco cominciava a farsi sentire, così si stupì quando sentì qualcuno scuoterlo e riportarlo alla realtà.
Sbatté le palpebre più volte prima di mettere a fuoco la donna che gli stava sorridendo e si stava alzando. Si tolse le cuffiette quando si accorse che gli stava parlando.
«Siamo arrivati a Dublino» gli annunciò. A quelle parole Niall si risvegliò del tutto e si alzò di scatto, recuperando il suo zaino e ringraziando la signora che, dopo averlo salutato, si affrettò a scendere dal treno e sparì presto tra la folla.
Niall scese dal treno con sicuramente meno fretta di lei, si mise lo zaino in spalla, infilò gli occhiali da sole scuri e si preparò ad affrontare la giornata.
Da quando era tornato in Irlanda fortunatamente non aveva avuto a che fare con fotografi o orde di fan impazzite. Probabilmente perché nessuno aveva voglia di seguirlo fin nella sua cittadina, o forse perché con un po’ di buon senso avevano deciso di lasciarlo in pace.
Era molto scettico al riguardo, ma presto si era dimenticato della possibilità che qualcuno lo riprendesse in qualche situazione sconveniente per la sua reputazione da star. Dopotutto era un ragazzo normale e faceva cose normali.
Ma sapeva che comunque trovarsi in una grande città aumentava le possibilità che qualcuno si accorgesse di lui, e l’ultima cosa che voleva era essere bloccato in strada da una folla di ragazze urlanti.
Era stanco, aveva sonno ed era anche piuttosto nervoso.
Non avrebbe reagito male, ma sicuramente una situazione del genere avrebbe fatto aumentare a dismisura il suo già cattivo umore.
Così cercò, come quando era arrivato tre settimane prima, di passare inosservato e di allontanarsi il prima possibile dalla stazione, questa volta ignorando di proposito il ristorante dall’altro lato della strada e puntando dritto alla fermata dell’autobus, deserta in quel momento.
Si accomodò sulla panchina di ferro, si guardò furtivamente intorno prima di togliersi il cappello e poi si scompigliò i capelli, lasciandosi scappare uno sbadiglio.
Dopo essersi tolto anche gli occhiali da sole ed essersi stropicciato gli occhi, si decise a prendere il cellulare e comporre il numero del padre che, come aveva immaginato, non si era fatto trovare fuori la stazione come aveva promesso.
Era la seconda volta che arrivava a Dublino e la seconda volta che si dimenticavano di lui.
«Pronto?» gracchiò una voce dall’altro lato del telefono, piuttosto scocciata e distratta.
Niall sospirò, immaginando che probabilmente l’aveva appena svegliato.
«Papà» cominciò, chiudendo gli occhi abbattuto, «Ti sei dimenticato di venirmi a prendere»
«Veramente io sarei qui…Ehi!» l’urlo di Bobby Horan costrinse il figlio ad allontanare il telefono dall’orecchio e fare una smorfia infastidita, mentre il suono di un clacson seguiva quell’esclamazione.
«Papà, che stai combinando?» gli chiese. Bobby grugnì qualcosa, poi lanciò un’imprecazione verso qualcuno e infine si concentrò di nuovo su Niall.
«Scusa, un coglione stava per tamponarmi facendo retromarcia» spiegò irritato, poi sembrò risvegliarsi, «Ma, ehi! E’ mezz’ora che ti sto aspettando qui davanti, si può sapere dove diavolo sei?» gli chiese.
Niall a quelle parole si alzò di scatto e si guardò intorno, in cerca della macchina del padre che probabilmente non aveva visto parcheggiata.
Quando focalizzò quel vecchio catorcio verde che poteva appartenere solo che a suo padre, sorrise e chiuse la chiamata, infilandosi il cappellino e correndo verso di lui.
Con un sorrisetto divertito guardò Bobby mandare al diavolo il telefono, minacciandolo di buttarlo via se non avesse smesso di fare come gli pareva, poi lo vide sobbalzare quando aprì lo sportello della macchina all’improvviso, saltando su e richiudendolo in fretta.
«Niall Horan, così mi fai prendere un infarto!» lo sgridò il padre, non appena si accorse che si trattava di suo figlio e tornò a respirare.
Niall lo osservò sorridendo; non era cambiato di una virgola. Stessi occhi azzurri, stessi capelli brizzolati e stessa espressione frustrata che però si aprì in un sorriso nostalgico dopo appena due secondi.
«Ciao papà»
Bobby lo guardò per qualche secondo tutto sorridente, poi si sporse verso di lui, allargando le braccia.
«Vieni qui, figliolo, mi sei mancato» gli disse, stritolandolo in un abbraccio. Niall scoppiò a ridere e si lasciò stringere, beandosi di quel calore e di quel senso di familiarità che era mancato anche a lui.
Poi si staccò, posandogli le mani sulle spalle e osservandolo attentamente.
«Allora, che dici?» gli chiese, con gli occhi azzurri leggermente luccicanti. Niall si rilassò, svuotò la mente e sorrise sincero.
«Ho fame» annunciò facendolo scoppiare a ridere.
«Allora andiamo a casa, tua madre non sta più nella pelle» annunciò e Niall si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo al pensiero che sicuramente sarebbe scoppiata a piangere non appena l’avrebbe visto.
Ma poi Bobby mise in moto e cominciò a fargli domande a raffica su cosa avesse combinato negli ultimi due mesi, così lui si concentrò sul rispondere e, finalmente, mise a tacere tutti i pensieri.
Come aveva previsto, Maura -di nuovo- Horan scoppiò a piangere non appena varcò la soglia di quella casa a lui sconosciuta.
Non fece neanche in tempo a guardarsi intorno che la madre lo strinse in un abbraccio soffocante, spegnendo i singhiozzi nel suo petto.
Niall con un sorriso sulle labbra tremolanti aveva lasciato cadere a terra il suo zaino e aveva ricambiato l’abbraccio della sua mamma.
Lei lo aveva lasciato andare dopo qualche minuto, gli occhi lucidi e le mani sulle sue guance, osservandolo emozionata, mentre Bobby chiudeva le tende delle finestre borbottando qualcosa infastidito.
Niall aveva parlato troppo presto e come a fargli capire che non aveva via di scampo scoprì una massa indefinita di fotografi ad aspettarlo davanti alla nuova casa dei genitori.
Anche in quel momento, non accontentandosi delle foto già scattate e di aver esaurito la pazienza del signor Horan, erano appostati fuori dalla porta, alla ricerca di chissà quale scoop, come se non fosse normale che un ragazzo andasse a trovare i suoi genitori.
«Mamma, così mi consumi» borbottò imbarazzato, il sangue che gli colorò piano le guance sotto lo sguardo di Maura.
«Sei proprio bello» sussurrò lei, lasciandolo finalmente andare e asciugandosi le guance.
Niall alzò gli occhi al cielo in contemporanea con il padre.
«Lo dici solo perché sei mia madre»
«E perché so di aver fatto un buon lavoro» aggiunse con aria soddisfatta.
Niall scoppiò a ridere e Bobby si avvicinò.
«Abbiamo» precisò con un sorrisetto, passando un braccio intorno ai fianchi della donna.
Niall si schiarì la gola, a disagio, ma si sforzò di sorridere.
Sapeva che gli ci sarebbe voluto molto tempo prima che si abituasse di nuovo a quelle manifestazioni d’affetto tra i suoi genitori.
Quando il padre schioccò un bacio sulla guancia alla madre e lei ridacchiò come se fosse una ragazzina di dodici anni, sentì lo stomaco rivoltarsi dalla nausea.
Così roteò gli occhi al cielo e li superò, guardandosi intorno con aria curiosa.
La casa era piccola ma accogliente. Nonostante ci abitassero da poco, sembrava pienamente vissuta, con i quadri sui muri e le foto di famiglia in ogni angolo di tutte le stanze. Era su un unico piano, il salone e la cucina facevano parte della stessa stanza e di fronte a sè aveva un lungo corridoio che probabilmente portava alle due camere da letto e al bagno.
Una classica casa per giovani sposini.
Solo l’idea gli faceva venire da ridere, al pensiero di quanto quei due in passato si fossero odiati e di come in quel momento si stessero abbracciando come se nulla fosse.
Era felice, ovviamente, ma non riusciva a credere quanto le persone a volte potessero essere ipocrite.
«Allora, dove dormo io?» si costrinse a chiedere, assumendo un’aria tranquilla, per interrompere quel silenzio e soprattutto i suoi pensieri che come al solito avevano cominciato a viaggiare veloci.
La madre gli sorrise e finalmente si allontanò da Bobby, che con un sorrisetto si trascinò sul divano e accese la tv.
«Nella camera degli ospiti, tesoro. C’è una bella sorpresa per te» gongolò sua madre, poggiandogli le mani sulle spalle e prendendo il suo zaino, spingendolo poi verso il corridoio.
Bobby scoppiò a ridere e allora Niall capì che quella sorpresa non gli sarebbe piaciuta per niente.
«Devo preoccuparmi, pà?» gli chiese. L’uomo continuò a ridere e gli lanciò un’occhiata complice.
«Fossi in te mi sotterrerei» mormorò. Niall rabbrividì e Maura alzò gli occhi al cielo, spingendolo verso il corridoio.
«Smettetela voi due. Niall, non ascoltarlo, è sempre il solito esagerato» borbottò, per poi sorridergli affettuosamente.
Niall scosse la testa divertito e le tolse lo zaino di mano.
«Mamma, ormai non mi stupisco più quando si tratta di te» le disse mettendo su il suo sorrisino angelico. La madre gli schiaffeggiò scherzosamente la guancia mentre Bobby scoppiava di nuovo a ridere.
«Non lo direi troppo forte» borbottò, prima che Maura riuscisse a spingerlo nel corridoio mettendo fine a quella discussione.
Niall sorrise ma, appena la madre aprì la porta di quella che sarebbe stata la sua camera almeno per due giorni, il sorriso gli scomparve automaticamente dalla faccia e, come aveva previsto il padre, la voglia di volersi sotterrare lo assalì.
Una sagoma di cartone a grandezza naturale che riproduceva la sua esatta copia di qualche tempo prima, con l’apparecchio a rovinare il sorriso e i capelli disordinati che gli cadevano sulla fronte, era proprio davanti a lui.
Spalancò gli occhi mentre la madre ridacchiava ed entrava nella stanza per passare un braccio intorno alle spalle di Niall versione sagoma di cartone.
«Non ci posso credere» soffiò lui, indeciso se scoppiare a ridere o mettersi a piangere dalla disperazione.
«Ti piace? L’ho trovata in un negozio e non ho potuto fare a meno di comprarla» squittì la madre, sorridendo così tanto che lui optò per una reazione più leggera delle due che aveva programmato.
«Ti prego, dimmi che non avete ospitato nessuno prima di me in questa stanza» mormorò, chiudendo per un secondo gli occhi per cercare di riacquistare il controllo.
Maura scoppiò a ridere, incurante dell’imbarazzo di Niall, accorgendosi a malapena del rossore sulle sue guance e dell’incredulità nei suoi occhi.
«No, sei il primo che la vede. Beh, a parte tuo padre. Ma dovevi vedere la faccia della commessa quando l’ho comprata!» continuò imperterrita, ignorando la sofferenza psicologica del figlio in quel momento.
Niall finalmente si decise ad entrare nella camera, a poggiare lo zaino a terra e ad ignorare accuratamente quella sua copia che lo fissava sorridente.
«Mamma, ti prego» mormorò, arrivato allo stremo delle forze; due minuti che era nella sua stessa stanza e già gli facevano male le orecchie, devastate dalla sua parlantina frenetica.
Maura sembrò capire, perché, con un sorriso rassegnato ma anche divertito, smise di ciarlare e gli carezzò la guancia per poi scompigliargli i capelli.
«Ho capito, ti lascio sistemare» mormorò, afferrandogli il mento con una mano e tirandolo vicino a sè per scoccargli un bacio sulla guancia. Niall arricciò il naso, ma sorrise.
«Hai fame?» gli chiese.
«Non dovresti neanche chiederlo» replicò con un ampio sorriso, facendo ridere di nuovo la madre, che uscì dalla stanza scuotendo la testa e mormorando un «Mi sei mancato» che gli gonfiò il cuore.
Finalmente solo, chiuse la porta e, continuando ad ignorare quella spaventosa copia di se stesso, si lasciò cadere di schiena sul letto, chiudendo gli occhi e immaginandosi ancora a Mulligar.
Forse, in fondo, avrebbe preferito incrociare gli occhi freddi di Eileen ed avere una qualche discussione con lei, invece di trovarsi li a ricambiare uno sguardo di cartone spaventosamente uguale al suo.
 
 
 
Fu proprio in quella posizione e con gli stessi pensieri nella testa che lo sorprese lo squillo del cellulare il pomeriggio dopo.
Niall sobbalzò, il telefono che vibrando si faceva strada sul suo stomaco, rischiando di rotolare giù dal letto se non l’avesse afferrato al volo.
Velocemente si sfilò le cuffiette dalle orecchie e si tirò su, mettendosi seduto sul letto nel quale stava trascorrendo il suo pomeriggio rilassante, sorridendo alla vista del nome che lampeggiava sullo schermo.
 «Ho scoperto su twitter che sei a Dublino dai tuoi» lo salutò la voce piacevole e pulita di Zayn. Il sorriso di Niall si allargò.
«Mi ero dimenticato cosa significasse avere fan che si danno allo spionaggio» replicò, facendo scoppiare a ridere l’amico.
«Per questo io me ne sto chiuso in casa giorno e notte, fratello»
«Scommetto che lo fai perché sono accampate fuori dalla tua porta e non ti lasciano uscire» insinuò Niall, non trovando per niente strano che scherzassero e si scambiassero battutine come facevano sempre, nonostante fossero passate settimane dall’ultima volta che si erano visti.
«Puoi dirlo forte!» esclamò infatti Zayn, scoppiando a ridere e trascinando anche con sè il biondino.
Dopo qualche secondo si calmarono entrambi e Niall stava per chiedergli il motivo di quella chiamata nel bel mezzo della giornata, quando Zayn lo anticipò rendendo la sua domanda inutile.
«Mi sei mancato Nialler, come stai?» gli chiese, improvvisamente serio e con una punta di nostalgia nella voce. Niall sospirò e si passò una mano tra i capelli, ignorando la fitta al cuore e l’improvvisa voglia di trovarsi a Londra per poter stringere il suo amico tra le braccia.
Si era quasi dimenticato, a causa di quei giorni di lontananza, quanto tutti e cinque fossero legati l’uno all’altro. Era come se fossero un’unica persona divisa in cinque parti ed era normale che Niall sentisse così forte la loro mancanza in quel momento.
Ma non poteva farci niente, non poteva certo passare per il telefono solo per vedere quegli occhi scuri e quel sorriso perfetto come faceva tutti i giorni prima di tornare in Irlanda.
«Bene, credo» rispose dopo un po’ alla sua domanda, con un filo di voce. Sentì un sospiro dall’altra parte della cornetta e capì che Zayn stava provando le sue stesse sensazioni.
«Ti stai divertendo?»
«Si, credo» mormorò ancora, sospirando pesantemente, «Tu come stai?» si affrettò a chiedere, perché non voleva che Zayn continuasse a fargli domande su domande accorgendosi presto che non stava affatto partecipando attivamente alla conversazione.
«Tutto bene. Sai, le cose sono un po’ noiose da quando ve ne siete andati, però tiro avanti» ridacchiò Zayn, cercando di alleggerire l’atmosfera. Niall sorrise e scrollò le spalle.
«Già»
«Allora, che combini?» riprese Zayn, con un filo in più di vitalità. Niall prese un bel respiro e ignorò la voglia di raccontargli tutto quello che gli era accaduto in quei giorni.
Era sempre così con Zayn; gli bastava sentire la sua voce rassicurante per partire con le sue confessioni alla ricerca di uno dei tanti consigli che il moro era solito dispensare.
«Niente. Mi fermerò qui per qualche giorno, credo» rispose, per poi lanciare un’occhiataccia a quella sagoma che non aveva avuto neanche il coraggio di toccare per spostarla, «Mia madre comincia già ad essere assillante» grugnì, ripensando al modo in cui l’aveva trattato la sera prima e quella mattina, come se fosse un ragazzo in fin di vita che non avrebbe rivisto mai più.
Capiva che aveva sentito la sua mancanza, ma a volte tendeva veramente ad esagerare.
O forse semplicemente Niall era troppo nervoso e irritabile in quel periodo da trovare difficile sopportare qualsiasi cosa.
«Okay, cosa succede?» sbottò Zayn dopo qualche secondo, con voce seria e leggermente esasperata.
«Perchè?» chiese subito Niall, ripercorrendo a mente la conversazione per capire cosa avesse detto di sbagliato.
«Chi è lei?». Una fitta violenta colpì il cuore di Niall e gli tremarono le mani.
«Lei chi?» chiese con voce flebile, non capendo come Zayn fosse giunto alla conclusione che ci fosse una “lei” a complicare i pensieri di Niall.
«Niall, hai detto tre volte la parola ‘credo’ in due minuti e tu odi chi lo fa» sospirò e quasi Niall lo immaginò alzare gli occhi al cielo.
«Dici che è sintomo di indecisione e insicurezza e solo chi ha da nascondere qualcosa si comporta così. E tu di solito non hai motivo per nascondere qualcosa a me, a meno che non sia qualcosa di estremamente imbarazzante come sbandare per una ragazza. Quindi adesso dimmi chi è quella che ti sta facendo impazzire» concluse con voce tranquilla, come se il suo ragionamento fosse talmente impeccabile da non fargli neanche dubitare di sbagliare.
«Mi ero dimenticato anche cosa significasse avere uno psicologo per amico» borbottò Niall, senza riuscire ad impedire ad un sorriso sconfitto di spuntare tra le sue labbra.
Se in quel momento Zayn fosse stato lì, insieme alla risata che gli arrivò alle orecchie, gli avrebbe sicuramente scompigliato i capelli con fare paterno.
«Dovresti saperlo che a me non puoi nascondere niente…Allora?» insistette, facendogli capire che il suo debole tentativo di cambiare discorso non sarebbe servito a niente.
«Si chiama Eileen» sospirò con voce arrendevole.
«Bel nome. Cos’altro mi dici?»
«E’ bellissima» sospirò ancora, il cuore a mille e il sangue che gli colorò inevitabilmente le guance, il volto di Eileen che sbucò prepotente tra i suoi pensieri.
«Ovvio, tu hai buon gusto»
«E lavora per mio fratello, è la babysitter di Dylan» continuò, mentre le sue dita correvano come dotate di vita propria a sfiorarsi le labbra, nel punto in cui avevano toccato quelle morbide di Eileen.
«E questo spiega come l’hai conosciuta. Quindi qual è il problema?» con quel tono di voce Zayn sembrava veramente il suo psicologo che analizzava i fatti per poi esporgli la sua teoria.
«Non so come comportarmi con lei, Zay» ammise con un sospiro, chiudendo gli occhi e cercando di scacciare quei pensieri.
«In che senso?»
«L’ho baciata, Zayn» un tremito gli scosse le spalle a quelle parole e serrò ancora più forte gli occhi per evitare a quel ricordo di venire a galla. Zayn schioccò la lingua.
«E, fammi indovinare, lei si è tirata indietro»
«Già»
«Perché…?»
«L’ho presa alla sprovvista, credo. Lei non è…non ha una situazione semplice, credo. Denise non mi ha voluto dire niente ma io so che c’è qualcosa che non va. Lo vedo dal suo sguardo, i suoi occhi sono così tristi» confessò, deglutendo a fatica e cercando di spiegare nel modo migliore quello che sentiva. Dalla risatina di Zayn capì di esserci riuscito almeno in parte.
«Ci siamo. Occhi che chiedono aiuto. Non hai più scampo, amico» mormorò Zayn, con il tono di chi la sapeva lunga. E in effetti era così; sapeva del debole che aveva Niall per le persone bisognose di aiuto e sapeva anche quanto avesse bisogno lui di rendersi utile e aiutarle.
«Io penso che prima di tutto devi diventarle amico e devi farla fidare di te. Non sarà difficile, il tuo faccino ispira fiducia e tenerezza» lo rassicurò con una risatina. Niall sorrise e alzò gli occhi al cielo, prima di rabbuiarsi improvvisamente.
«Ci ho provato, e sembrava anche che ci stessi riuscendo. Poi però non ho resistito più e ho rovinato tutto» grugnì frustrato.
«Smettila, non hai rovinato niente! Magari lei si è solo spaventata e non ha avuto il coraggio di dirtelo, dopo. Non ci hai più parlato?»
«No, perché sono venuto qui dai miei»
«Coglione, sei scappato come un ragazzino» commentò Zayn senza tanti giri di parole.
«Lo so»
«E questo mi fa capire che è più complicata di quanto pensi. Evidentemente ci sei già troppo dentro» continuò, incurante del fatto che ogni sua frase fosse come un pugno allo stomaco per Niall.
«Ricordami perché non sono rimasto a Londra con voi, ti prego» si lamentò, facendo una smorfia e affondando la testa nel cuscino. Zayn ridacchiò.
«Perché a Londra ci sono solo io e ho da fare giorno e notte con Perrie, se capisci cosa intendo» mormorò con voce maliziosa.
«Vorrei capirlo davvero» mugugnò Niall contro il cuscino.
«Ehi, non scoraggiarti così! Ce la farai, lo so»
«E come?»
«Beh, per prima cosa direi che potresti tornare a Mullingar e parlarle. Magari dirle perché l’hai fatto»
«Non credo mi ascolterebbe»
«Tu intanto provaci!»
«Zayn, io non sono…» cominciò, l’insicurezza radicata in lui che stava parlando al posto suo, portando a galla tutte le sue paure e i suoi pensieri più bui.
«Ehi! Non provarci neanche!» lo fermò subito Zayn, capendo al volo cosa stesse per dire. Niall sospirò e continuò, ormai era caduto di nuovo nella trappola dei dubbi e dei mille problemi.
«Ma è vero, lo sai. Io non esercito tutto il fascino che hai tu, non sono adorabile come Harry, né tantomeno bello come Louis»
«Argh, ti odio quando dici queste cose, Nialler! Giuro che se potessi passerei per il telefono e ti strangolerei con le mie mani» sbottò Zayn.
«Neanche dolce come Liam» continuò Niall.
«Smettila!». L’urlo di Zayn lo zittì e Niall abbassò gli occhi come se l’amico fosse davanti a lui e lo stesse sgridando.
«Cazzo, Niall! Come te lo devo dire? Tu sei tu. E questo basta a renderti speciale»
«Speciale non è uguale ad attraente» borbottò arrossendo.
«Niall, ci sono milioni di ragazze lì fuori che muoiono per te, questo ancora non ti basta per farti capire quanto sei splendido?» ci riprovò Zayn, questa volta con voce più dolce, rassegnato al fatto che quando il suo migliore amico partiva con quei pensieri non c’era molto che potesse fare per rassicurarlo.
«Ma non è da quelle ragazze che sono stato respinto»
«Oh, fanculo! Se un solo bacio di quella ragazza ti fa questo effetto, muovi il culo e vai subito a sistemare le cose con lei!» esclamò, lasciando subito da parte la dolcezza.
«Dovrei farlo»
«Si, cazzo!»
«Hai ragione. Scusa, Zay» borbottò Niall, riaprendo gli occhi, l’espressione determinata, deciso a lasciarsi alle spalle tutti i dubbi sul suo essere.
«Non dirlo neanche, io sono qui apposta per far tornare attivo il tuo cervellino» scherzò l’amico.
«Grazie»
«Và a dormire, Nialler» gli consigliò lui ridendo.
«Credo che lo farò, così domani mattina sarò fresco e sveglio per tornare a Mullingar»
«Era questo che volevo sentirti dire. Falla tua, fratello»
«Ci proverò» e con quel bisbiglio chiuse la chiamata, deciso a rendere vere le sue parole.
Non aveva considerato però quanto fosse facile parlare ed immaginare le situazioni lontano dal fatto stesso, e quanto fosse invece difficile metterle in atto.
Non pensava che non sarebbe stato così semplice tornare a Mullingar e chiarire con Eileen, o più semplicemente trattarla come se nulla fosse successo.
Ci sperava, ma in fondo al suo cuore sapeva che non sarebbe potuta andare come voleva lui.










 






 



 
Ciao ragazze!
Scusate se sarò breve e concisa, ma in questi giorni non ho molta voglia di ridere e scherzare.
Quindi vi dico solo che questo penso sia l'ultimo capitolo di passaggio almeno per un po', quindi preparatevi a vedere le cose svilupparsi, anche piuttosto velocemente.
Beh, da una parte era anche ora che Niall si smuovesse un po', no? 
E lo so che non c'entra niente, però dovevo inserire per forza Zayn, io amo quel ragazzo. Come tutti gli altri, che saranno presenti prima o poi. Però Zayn...boh, avrà un ruolo un po' particolare, diverso da come è descritto in tutte le altre fanfiction.
Almeno questa è la mia idea, poi può darsi che non riesca a svilupparla, lol.
Comunque, qui Nialler torna dai suoi genitori, ma a quanto pare la sua fuga non è destinata a durare a lungo.
E' evidente che non può stare senza Eileen u.u
Beh, che altro? Ditemi cosa ne pensate, cosa credete che succederà al suo ritorno, come sperate che Eileen reagisca...
Insomma fatemi sapere la vostra opinione, così capirò se quello che ho scritto è troppo scontato o almeno un po' possa stupirvi.
Ci sentiamo al prossimo capitolo, dolcezze.
Che sia presto o tardi dipende da voi ;)
Tanto amore.
Sara.

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Capitolo 15
*** I wanna kiss you again. ***


15. I wanna kiss you again.
 
 


Quando quella mattina Eileen aprì gli occhi era consapevole del fatto che in casa non ci fossero più solamente lei e Dylan.
Lo sentiva, che Niall era tornato. Era come se ci fosse una strana elettricità tra di loro che l’avvertiva che Niall era più vicino di quanto pensasse.
E considerando il fatto che era venerdì mattina, che sicuramente Denise e Greg avevano avvertito Niall della loro partenza e che i fatidici due giorni nei quali lui si sarebbe dovuto fermare dai suoi genitori erano passati, non le ci voleva tanto a realizzare che Niall fosse proprio tornato e che lei, più presto di quanto pensasse avrebbe dovuto affrontarlo.
Infatti proprio nell’istante in cui aprì la porta della camera di Dylan ancora addormentato per uscire, contemporaneamente si aprì la porta di fronte a lei, rivelandole un Niall assonnato, con i capelli scompigliati e solo una canottiera e i pantaloncini della tuta addosso.
Si bloccò sul posto, il cuore che le schizzò così forte in gola che per un attimo ebbe paura di sputarlo fuori.
Niall sembrò avere la stessa reazione, perché si bloccò con la mano a mezz’aria, gli occhi azzurri che si spalancarono di colpo e le labbra che si dischiusero.
Eileen non riuscì a calcolare il tempo in cui rimasero bloccati in quella posizione, ma quando lui finalmente si decise a respirare e a fare un mezzo sorriso, le sembrò passata un’eternità.
«Che ci fai qui?» soffiò, guardandola come se fosse frutto della sua fantasia. Eileen sentì il sangue colorarle le guance e il cuore, inevitabilmente, accelerare il battito.
Capì anche che trovava tremendamente difficile guardare Niall negli occhi senza ripensare a quel dannato bacio, così distolse lo sguardo da lui e si chiuse la porta della camera di Dylan alle spalle, facendo un piccolo passo avanti.
«Denise e Greg…loro sono partiti per un viaggio di lavoro. N-non ti hanno detto niente?», balbettò con un filo di voce, mentre anche Niall chiudeva la porta della sua stanza poggiandosi contro con le mani dietro la schiena, il tutto senza distogliere nemmeno un secondo gli occhi da lei.
«Oh. No, Greg non mi ha detto niente», rispose guardandola leggermente spaesato. Eileen si costrinse ad alzare la testa e ad incontrare appena per un secondo i suoi occhi, sentendo il cuore tremare.
«Tornano domenica sera, mi hanno chiesto di fermarmi per badare a Dylan», spiegò scrollando le spalle. Con la coda dell’occhio vide Niall annuire e staccarsi dalla porta.
Il cuore accelerò il battito e sobbalzò quando lui fece qualche passo per avvicinarsi.
«Capisco», mormorò passandole accanto per dirigersi verso le scale. Eileen lasciò andare il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento per la paura che lui si avvicinasse troppo.
Deglutì a fatica e si costrinse a mettere in moto i muscoli e a seguirlo, anche se non aveva idea di cosa dirgli, di come scusarsi e di come fare in modo che le cose tornassero ad essere come prima; quando ad entrambi bastava un sorriso e qualche frase di circostanza per vivere tranquilli.
Sapeva che aprirsi con lui non avrebbe portato a nulla di buono, e forse era andata troppo in là per credere davvero che potessero tornare ad essere due completi estranei.
Troppo distratta dai suoi pensieri e dal cuore che le batteva così forte da rimbombarle fin nelle orecchie, non si accorse di essere arrivata al primo scalino e di averlo mancato totalmente.
Ci vollero appena due secondi, prima che mettesse il piede in fallo e che scivolasse giù, rischiando di rotolare per tutte le scale se le braccia di Niall non l’avessero presa al volo.
Stava proprio per considerarsi fortunata, per ringraziare il fatto che anche lui in quel momento stesse scendendo al piano di sotto, quando un braccio di Niall scivolò più in basso, probabilmente a causa del suo peso o del loro scarso equilibrio, e una sua mano, grande e delicata, finisse sul suo fondoschiena.
Eileen si irrigidì e scattò come se fosse stata colpita da una scossa elettrica, il corpo tremante e bollente ovunque.
Ma prima che potesse rendersi conto di cosa fosse successo, ancora tra le braccia di Niall che la tenevano in piedi, lasciò partire la sua mano che si stampò perfettamente sulla guancia candida del ragazzo.
Niall la lasciò andare di colpo, fissandola stupito e portandosi una mano sulla guancia colpita, già chiazzata di rosso.
Eileen ansimò, strinse i pugni che tremavano e lo fissò duramente.
«Ma che diavolo…?» esclamò Niall, spalancando gli occhi, «Perché l’hai fatto?» chiese sbalordito, tenendosi ancora la mano sulla guancia. Eileen sbuffò dal naso e scese le scale a passo di furia, continuando a tremare, lo stomaco chiuso e il cuore che sobbalzava ad ogni respiro. Niall le andò dietro e lei, finalmente fuori pericolo dal suo scarso equilibrio, si voltò verso di lui per fronteggiarlo.
«E tu perché non tieni quelle mani a posto?» esplose, sentendo fin troppo caldo. Niall boccheggiò e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, incredulo.
«Eileen, Dio Santo, stavi per cadere!»
«Si, ma la tua mano…» cominciò lei, arrossendo e distogliendo lo sguardo. Niall sembrò capire perché si irrigidì improvvisamente e strinse i pugni, lo sguardo freddo, duro, come non era mai stato.
«Non l’ho fatto apposta! Perché devi farmi passare per maniaco ogni volta che ti tocco?» sbottò, arrossendo leggermente. Eileen prese fiato per rispondere.
«Tu…» ma non riuscì a dire nient’altro e boccheggiò per qualche secondo, finché lui non alzò gli occhi al cielo e schioccò la lingua.
«Fanculo a Zayn. Come diavolo faccio a sistemare le cose così?» borbottò, chiudendo per un secondo gli occhi, fremente di rabbia.
«Che…che stai dicendo?»
«Niente, lascia stare».
Niall riaprì gli occhi e quello che ci vide Eileen non le piacque per niente. Erano frustrati, rabbiosi, non c’era neanche traccia della dolcezza che li aveva caratterizzati fino a quel momento.
«Ti ha fatto male tornare dai tuoi genitori?» sputò allora velenosa Eileen, incrociando le braccia al petto. Lo sguardo di Niall saettò su di lei, che strinse le labbra.
«No, mi fa male non riuscire a parlare con te!»
«Io non ho niente da dirti», replicò a bassa voce, guardandolo mentre si passava frustrato una mano tra i capelli e respirava profondamente per cercare di riprendere il controllo.
Non l’aveva mai visto così arrabbiato e aveva paura a pensare che fosse solo a causa sua.
«Si, invece, ci sono un sacco di cose di cui dovremmo discutere», mormorò stanco.
«Tipo?» lo sfidò lei, riaccendendo la rabbia in quel paio di occhi azzurri.
«Tipo il fatto che mi hai mentito!» quasi gridò, stringendo di nuovo i pugni e alzando le braccia al cielo.
«Non urlare, sveglierai Dylan.»
«Vedi? Neanche mi rispondi.»
«Su cosa ti avrei mentito?» si costrinse a chiedergli, spostando il peso da un piede all’altro, nervosa.
«Hai detto che non avevi paura di me, invece non è cosi!» la accusò lui, senza accennare ad abbassare il tono di voce.
«Ma cosa stai dicendo?»
«La verità! Se tu non avessi paura di me non avresti quella faccia terrorizzata ogni volta che ti sfioro, cazzo», sbottò arrossendo e guardandola dritto negli occhi.
«E’ colpa tua che te ne sei uscito con quel…» si bloccò, arrossendo e schiarendosi la gola.
«Bacio?» continuò lui, lasciandosi andare ad un sorrisetto impertinente. Il silenzio che seguì quella parola gli fece capire di aver centrato il punto.
«E’ quello il problema? Io…ho solo agito d’impulso, non volevo mica violentarti!»
«Smettila di urlare», soffiò lei, senza trovare niente di meglio da dire, ormai sprofondata nell’imbarazzo e nell’incredulità.
Stava litigando con Niall Horan. Se glielo avessero detto tre settimane prima non ci avrebbe mai creduto, sarebbe scoppiata a ridere.
«E tu smettila di trattarmi da maniaco», replicò lui duramente. A quel punto Eileen si costrinse a guardarlo, fulminandolo con gli occhi.
«Ma chi sei tu? Manchi due giorni e quando torni sembri tutta un’altra persona!» lo accusò. Allora lui sospirò, strinse di nuovo i pugni e fece un passo avanti, verso di lei, che rimase ferma.
«Forse, Eileen, io sto provando a mettermi in gioco», confessò. Il cuore di Eileen perse un battito e sbatté le palpebre totalmente sorpresa, mentre lui continuava ad avanzare portandosi ad un passo da lei.
«Che significa questo?» sussurrò lei, ipnotizzata da quello sguardo intenso e fisso su di lei.
«Significa che dovresti iniziare ad aprire gli occhi», le consigliò con voce improvvisamente bassa, gli occhi che saettarono inevitabilmente sulle sue labbra, come se non potesse farne a meno. Eileen tremò e, spaventata da quello che sarebbe potuto succedere di nuovo, fece un passo indietro.
«Io…» provò a parlare, ma lo sguardo di Niall tornò improvvisamente di ghiaccio e ci pensò lui a mettere le distanze.
«Lascia stare, non dire niente», la bloccò distogliendo lo sguardo. Improvvisamente Eileen si rese conto di aver sbagliato tutto, di aver esagerato e di averlo portato al limite.
Aveva combinato un casino, tutto a causa della paura incoerente che aveva verso chiunque le si facesse troppo vicino.
«Niall…» provò a fare qualcosa per rimediare, ma non sarebbe stato affatto semplice.
«Fanculo», mormorò infatti lui, voltandosi per risalire le scale quasi correndo.
Eileen lo seguì con lo sguardo e sobbalzò quando sentì sbattere la porta della sua camera.
Tremante e con la mente annebbiata si trascinò sul divano, per sedersi e riprendere fiato.
Non fece neanche in tempo a riattivare il cervello per cercare di districare il groviglio di pensieri che aveva in testa, che Niall scese di nuovo le scale, questa volta vestito decentemente, e senza neanche degnarla di uno sguardo uscì di casa diretto chissà dove.
Allora Eileen si rannicchiò stringendo le ginocchia al petto e sprofondando la testa tra le mani, odiando tutta quella situazione, odiando se stessa per essere così dannatamente complicata e odiando Niall per essersi interessato a lei.
Non doveva avvicinarsi, non doveva provare ad oltrepassare il muro che si era costruita attorno con cura e ora non poteva rimproverarla per non essere riuscito a crearsi un varco.
Lei era fatta così, con mille problemi, preoccupazioni e paure.
Non poteva cambiare per lui, non poteva iniziare in quel momento a fidarsi di chiunque, anche se le sarebbe piaciuto riuscire a farlo.
 
 
 
Quando la sera sentì la porta di casa sbattere, aprì gli occhi di scatto. Per qualche secondo pensò che fosse solo un sogno, o più probabilmente la preoccupazione l’aveva così tanto assalita da condizionare i suoi pensieri e da costringerla a credere che qualcuno fosse davvero tornato a casa.
Era stata una giornata stressante, passata a distrarre Dylan e a cercare di mettere a tacere i pensieri che continuavano a chiederle dove potesse essere andato Niall e perché ancora non era tornato.
Ma quando sentì un tonfo e un «Cazzo» mormorato a mezza voce, capì che non era stata solo la sua immaginazione.
Schizzò in piedi come una molla e si affrettò a raggiungere l’ingresso, appena in tempo per vedere Niall barcollare pericolosamente e appoggiarsi al muro per non finire faccia a terra.
Uno scampanellio nella sua testa l’avvertì che c’era qualcosa che non andava e che, anche se non voleva crederci, quella situazione le sembrava terribilmente familiare.
«Niall, dove diavolo sei stato?» sbottò a bassa voce, per evitare di svegliare Dylan che dormiva al piano di sopra.
Erano almeno le dieci passate e lei non poteva credere di essersi addormentata sul divano solo per aspettarlo.
Ma sentiva che doveva parlare con lui, doveva chiarire, o almeno doveva provarci.
Niall alzò la testa verso di lei e sorrise, come se si accorgesse solo in quel momento che si trovava proprio lì davanti a lui.
«Ehi, Cookie!» la salutò, facendo un gesto con la mano e staccandosi dal muro per barcollare verso di lei.
Eileen lo guardò preoccupata, mentre instabile sulle sue stesse gambe faceva due passi e la raggiungeva.
«Ciao, Cookie», ripeté arrivando a un palmo dal suo viso. Eileen aprì bocca per ribattere, ma il fiato di Niall le fece realizzare la situazione.
Alcool. Il biondino puzzava di alcool.
Deglutì a vuoto, lo stomaco che si contorse e l’adrenalina che prese a scorrerle nelle vene mentre Niall con un altro passo eliminava tutta la distanza che c’era tra di loro.
Eileen finì inevitabilmente con le spalle al muro e si sentì morire, quando rivide in quella situazione le scene della “discussione” con Mark.
«Che c’è, eri preoccupata, Cookie?» le chiese Niall, strascicando le parole per poi scoppiare in una sonora risata. Eileen trattenne il respiro e schivò una sua carezza, così Niall si ritrovo a stringere delicatamente tra le dita una ciocca dei suoi capelli ricci.
«Vorrei vedere te. Sono ore che sei sparito», replicò dura, tremando leggermente perché le dita di Niall erano riuscite a raggiungere il suo viso.
Eileen cercò di appiattirsi il più possibile contro il muro, terrorizzata da quella vicinanza e familiarità, ma presto capì che il tocco di Niall non aveva niente a che vedere con quello di Mark. Le dita fredde di Niall erano delicate, leggere, non le facevano del male. E nonostante Eileen sentisse fin troppo forte l’odore di alcool provenire dal ragazzo schiacciato contro di lei e sapesse che ovviamente lui non era affatto lucido, rabbrividì di piacere.
«Lo sai che significa questo, Cookie?» mormorò Niall, distraendola dai suoi pensieri e fissandola con quegli occhi azzurri che in quel momento erano lucidi, grandi, liquidi. Eileen guardò il suo naso rosso, le guance chiazzate e le labbra sollevate in un sorrisetto e provò di nuovo a deglutire, stringendo i pugni lungo i fianchi per evitare di toccarlo.
«Cosa?»
«Che io ti piaccio, altrimenti non ti saresti preoccupata per me», affermò sicuro, ed Eileen vide distintamente il suo sorriso allargarsi, prima che lui poggiasse una mano sul suo fianco e l’altra, delicata, quasi come se avesse paura a toccarla, sulla sua guancia.
Eileen si accorse di quello che stava succedendo solo quando i loro nasi si sfiorarono e il respiro caldo di Niall le solleticò le labbra.
Non si era nemmeno resa conto che stava fissando spudoratamente la sua bocca, finché non si costrinse ad alzare gli occhi per incontrare quelli di Niall, trovandoli però chiusi.
Allora sembrò risvegliarsi e voltò la testa di lato schivando le labbra di Niall appena in tempo, poggiando le mani sul suo petto per cercare di allontanarlo.
«Oddio Niall, sei ubriaco», mugugnò con un lamento. Niall scoppiò a ridere, piegando la testa all’indietro e lasciandole lo spazio per respirare. Cercò di calmare le risate, sfiorandole ancora il viso con una mano e fissandola con quel paio di occhi più azzurri che mai.
«Si, e tu sei bellissima.»
Eileen sapeva che non doveva ascoltarlo, che quelle parole erano dettate dall’alcool che gli scorreva in corpo, ma comunque non poté fare a meno di arrossire e il suo cuore perse qualche battito.
«Niall…» protestò, mentre lui riprese ad avvicinarsi. All’ultimo istante si bloccò e fece una smorfia, lo sguardo vacuo e il viso improvvisamente più pallido del solito. Eileen lo guardò preoccupata e finalmente lui tolse la mano dal suo fianco per tapparsi la bocca.
«Devo vomitare», annunciò un secondo prima di cominciare a correre verso il bagno. Eileen rimase immobile per qualche secondo, ansante contro il muro. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, di far scivolare via tutte le sensazioni e le emozioni che stava provando; dalla paura, alla preoccupazione, all’eccitazione.
Si svuotò di tutto, concentrandosi solo sul fatto che Niall stava male, probabilmente in quel preciso momento era piegato sulla tazza del bagno e aveva bisogno di lei.
Prese due respiri profondi e si costrinse a muovere le gambe, che la portarono dritta verso il bagno.
La porta era aperta e lei si affacciò, trovando Niall seduto a terra, la schiena contro la vasca, la testa piegata sulla spalla e gli occhi chiusi.
Sospirò pesantemente e incrociò le braccia al petto, poggiandosi allo stipite della porta.
Come se si sentisse osservato, Niall aprì a fatica gli occhi e le scoccò un sorriso stanco.
«Non berrò più in vita mia», biascicò. Eileen schioccò la lingua e alzò gli occhi al cielo.
«Si, certo. Questo lo dicono tutti», mormorò, poi fece una smorfia disgustata quando Niall si affrettò a portare di nuovo la testa sul water e rigettare tutto quello che aveva nello stomaco.
Quando sembrò che i conati fossero finiti, si scostò a fatica, passandosi una mano tra i capelli e strisciando sul pavimento, stremato. A quel punto Eileen non resistette più e la bontà, o forse la pietà, che c’era in lei prese il sopravvento. Si avvicinò a lui e lo afferrò per un braccio, aiutandolo a tirarsi su.
«Mi scoppia la testa», si lamentò lui, mentre lei riusciva a farlo mettere in piedi a fatica.
«Ti sta bene», grugnì, mentre lui barcollava e le poggiava un braccio intorno alle spalle per tenersi in equilibrio.
«Sciacquati la faccia», gli ordinò aiutandolo a piegarsi sul lavandino. Ma i movimenti di Niall erano terribilmente lenti, teneva gli occhi chiusi e non aveva idea di cosa fare.
Allora Eileen esasperata prese in mano la situazione e aprì il rubinetto per schizzare un po’ d’acqua fredda sul viso del biondino, che rabbrividì e si ritrasse.
Barcollò all’indietro, una smorfia sulle labbra e gli occhi ancora chiusi.
«Attento!» esclamò Eileen, afferrandolo al volo prima che cadesse all’indietro nella vasca.
«Non urlare, per favore», protestò Niall, per poi scoppiare a ridere da solo.
Eileen sbruffò, constatando che fosse messo davvero male.
«Ma quanto hai bevuto?» gli chiese, mentre gli passava un braccio intorno ai fianchi e lui si poggiava totalmente a lei, lasciandosi trascinare in salotto.
«Avevo detto a Simon che volevo divertirmi. Lui non era tanto convinto, così ci ha pensato Frankie a me», biascicò ed Eileen a sentire quel nome si irrigidì.
«Immagino allora quanto ti sei divertito», borbottò contrariata, ricordandosi di quanto potesse perdere il controllo Frankie Donovan in certe situazioni.
Niall rise, facendoli sbilanciare, ed Eileen fu costretta a cingergli la vita anche con l’altro braccio se voleva evitare di farlo cadere a terra.
«Oh, non ho mai riso così tanto in vita mia», affermò continuando a ridere. Eileen sbuffò, facendo una smorfia; Niall era davvero pesante e non sarebbe riuscita a sorreggerlo ancora per molto, soprattutto se lui continuava a non collaborare.
«Certo, certo», rispose frettolosamente, arrivando finalmente accanto al divano e lasciandoci cadere sopra Niall.
Stremata, con il fiato corto e le braccia indolenzite, si lasciò andare accanto a lui, sedendosi e chiudendo gli occhi per cercare di riprendere fiato.
Ovviamente lui non gliene diede il tempo, perché in silenzio e con gli occhi chiusi strisciò accanto a lei, poggiando la testa sulle sue gambe e allungando il resto del corpo sul divano.
Eileen spalancò gli occhi e rimase immobile per qualche secondo, le braccia alzate e tese, indecisa su dove metterle, poi Niall sospirò, quasi abbattuto, e allora lei si rilassò.
«E’ stato divertente, si», mugugnò serrando gli occhi e facendo una piccola smorfia. Eileen sospirò e posò delicatamente una mano sulla sua spalla e l’altra sulla testa, tra i suoi capelli.
A quel contatto il viso di Niall si distese e la smorfia si trasformò in un sorriso. Rimase però ad occhi chiusi, così Eileen, sovrappensiero, cominciò ad accarezzargli i capelli come faceva sempre per far addormentare Dylan. Con la differenza però che in quel momento aveva il cuore in gola e sentiva le gambe diventarle di gelatina.
«Cookie?» mormorò Niall dopo un po’, interrompendo quel silenzio nel quale Eileen aveva pensato si fosse addormentato.
Evidentemente non era facile neanche per lui rilassarsi quando erano così vicini.
«Che c’è?»
«Ti ha fatto cosi tanto schifo il mio bacio?» le chiese, con una voce talmente insicura e tenera che la fece sorridere.
«Niall, dormi», mormorò dolcemente, sfiorandogli la guancia con una carezza, per poi riportare la sua mano tra i suoi capelli morbidi.
«Cookie?» la richiamò dopo qualche altro minuto di silenzio. Eileen sorrise di nuovo.
«Che c’è?», rispose vedendo le labbra di Niall piegarsi in un sorrisetto soddisfatto.
«Rispondi.»
Eileen sbruffò e alzò gli occhi al cielo, senza però trattenere un sorriso. Cosa le costava accontentarlo? Tanto sapeva che lui il giorno dopo non avrebbe ricordato niente.
«No, non mi ha fatto schifo.»
«E allora perché ti sei tirata indietro e non mi parli? Perché non mi lasci spiegare?» chiese lui, sorpreso e anche leggermente offeso. Eileen sospirò di nuovo, il cuore che ormai aveva preso a correre a ritmi indefiniti.
«Dormi, Niall.»
«Cookie?» la richiamò lui, portandola quasi all’esasperazione.
«Che c’è?!»
«Rispondi!»
Eileen trattenne un grugnito di frustrazione e roteò gli occhi al cielo, anche se sapeva che lui non poteva vederla, perché aveva gli occhi chiusi come se solo la luce debole della luna che filtrava dalla finestra potesse accecarlo.
«Non voglio complicazioni», confessò Eileen, una morsa che le strinse lo stomaco.
Niall aggrottò la fronte e si spostò leggermente sulle sue gambe, facendole trattenere il respiro.
«Io non sono complicato. Sono un tipo piuttosto semplice.»
Eileen scoppiò a ridere e gli carezzò la fronte, per distenderla e farlo rilassare.
«Lo so», sussurrò.
«E allora qual è il problema?» insistette lui, corrugando di nuovo le sopracciglia.
«Ma perché non dormi?»
«E tu perché non rispondi?»
Eileen sbruffò e si arrese, tanto non c’era niente da fare, quel ragazzo sapeva essere anche più esasperante di un bambino capriccioso.
«Sono io quella complicata», confessò, sentendo il sangue colorarle le guance e il peso di quelle parole calarle a forza sulle spalle.
Era vero, era lei quella complicata. Lei quella che aveva milioni di problemi, un passato e un dolore che si sarebbe portata per sempre dietro e trovava difficile anche solo aprirsi e parlare con un estraneo.
Niall sarebbe impazzito con lei, ed Eileen non voleva essere di peso a nessuno.
Scosse la testa per scacciare i suoi pensieri, sospirando di sollievo quando capì che con quella risposta carica di significati era riuscita a metterlo a tacere.
«A me piacciono le cose complicate», sussurrò invece lui dopo qualche minuto, con voce talmente flebile che lei faticò a sentire. Ma quelle parole puntarono dritte al suo cuore, fermandolo per poi farlo ripartire ancora più veloce.
Era possibile che qualsiasi cosa dicesse quel ragazzo dovesse fargli quell’effetto?
Lasciò andare il respiro che le si era impigliato in gola e passò di nuovo le dita tra quei capelli così soffici e rilassanti.
«Perché ti sei ubriacato Niall?» mormorò, cambiando discorso per evitare di rispondere a quell’affermazione sicuramente sincera.
Aveva imparato che l’alcool toglieva ogni freno e che le persone riuscivano a tirare fuori il meglio, o il peggio di loro in quei casi.
Niall mugugnò qualcosa e poi sospirò, stropicciandosi  un occhio e abbandonando poi la mano sul ginocchio di Eileen.
«Harry dice sempre che se non puoi essere felice, puoi essere sbronzo», rispose dopo un po’, ed Eileen capì dal tono della sua voce che stava sorridendo.
«Si vanta di aver inventato lui questa perla di saggezza, ma io lo so che l’ha sentita in una puntata di “Una mamma per amica”. Quel coglione non se lo ricorda che ero con lui mentre la guardava». Eileen rise e Niall si spostò, voltandosi a pancia in su, sempre ad occhi chiusi, ma almeno in quel modo Eileen poté vedere il sorriso divertito sulle sue labbra.
«E tu perché hai bevuto? Non sei felice?» gli chiese dopo un po’, tracciando con il dito indice il profilo del suo naso per poi passare alla guancia. Niall rabbrividì e corrugò le sopracciglia, sospirando pesantemente, gli angoli delle labbra che improvvisamente si piegarono all’ingiù.
«No, Cookie», affermò stanco. A Eileen si strinse il cuore e si ritrovò a deglutire a fatica, come se il pensiero che Niall fosse infelice facesse del male anche a lei.
Era assurdo, e preoccupante quello che stava provando in quel momento.
«Perché?» si sforzò di chiedergli, rilassandosi leggermente quando vide Niall sorridere di nuovo.
«E’ complicato.»
«Sai, sei più sveglio di quanto pensassi, nonostante sei ubriaco», replicò Eileen con una risata, quando collegò le parole e il tono di voce di Niall a quello che aveva detto lei poco prima. Il sorriso di Niall si allargò ancora di più e lui sospirò soddisfatto.
«Lo so, sono stupefacente.»
«Che ne dici se adesso dormi un po’, signor Stupefacente?» gli consigliò, sfiorando di nuovo la sua guancia con le dita. Niall annuì e si accoccolò sulle sue gambe, portando le mani sotto la testa per stare più comodo, senza pensare che in quel modo le sue mani erano sulle gambe di Eileen e che probabilmente quel contatto avrebbe causato un infarto alla diretta interessata.
«Credo che ti darò ascolto, per una volta», mormorò con un filo di voce, probabilmente già sulla via del sonno.
«Già, forse è meglio», sussurrò Eileen, riprendendo a carezzargli i capelli come faceva con Dylan, aiutandolo a rilassarsi.
«Cookie?» la richiamò lui dopo un po’.
«Che c’è?»
«Tanto lo so che domani non me lo ricorderò, quindi posso dirtelo.»
«Cosa devi dirmi?».
Niall non prese nessun respiro profondo, non si preparò neanche e non sembrò minimamente preoccupato.
Lo disse così, come se fosse la cosa più naturale e scontata del mondo.
«Tu mi piaci, Cookie. E non mi dispiace averti baciato, anzi vorrei farlo di nuovo.»
No, probabilmente lui il giorno dopo non si sarebbe ricordato di tutto quel delirio.
Ma Eileen sì. Come non sarebbe passata tanto facilmente la fitta di eccitazione che le colpì il ventre a quelle parole.
E il pensiero che sì, anche lei avrebbe voluto baciarlo di nuovo.



















 

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Capitolo 16
*** Trust. ***


16.  Trust.
 


 
Una fitta lancinante alla testa riportò bruscamente Niall alla realtà. Corrugò le sopracciglia mentre usciva velocemente dal sogno confuso in cui era riuscito a distinguere solamente lui, Eileen e un prato immenso ai loro piedi.
Strizzò gli occhi, cercando di trattenere quell’immagine così rilassante, felice, ma un’altra fitta alla testa lo costrinse a lasciarla andare, come se facendolo sarebbe stato meglio.
Quella scivolò via, lontana, scomparendo persino dai suoi ricordi, e Niall si ritrovò con gli occhi chiusi e un forte mal di testa che gli faceva fischiare le orecchie.
Ricordava vagamente di essere rientrato in casa la sera prima, ma non aveva idea di come fosse finito sul letto, o su qualsiasi altra superficie morbida in cui era steso in quel momento.
Cercò di concentrarsi, mettendo da parte la nebbia che gli avvolgeva la mente, e in un lampo di lucidità si rese conto che sotto di lui c’era fin troppo morbido ed era fin troppo caldo.
Spalancò gli occhi di colpo, ignorando il capogiro alla testa e si rese conto, con il cuore a mille, della situazione in cui si trovava: la testa sulle gambe di Eileen, le mani sulle sue ginocchia, ed Eileen addormentata con la testa poggiata sul bracciolo del divano e una mano tra i suoi capelli.
Ovviamente, il cuore gli schizzò in gola e si immobilizzò completamente, nel tentativo di non far capire alla ragazza di essere sveglio, imbarazzato e senza idea di cosa fare per togliersi da quell’impiccio.
Ma la sua improvvisa immobilità sembrò sortire l’effetto contrario, perché vide le palpebre di Eileen tremolare e un sospiro uscire dalle sue labbra dischiuse.
Il respiro di Niall accelerò e allora Eileen aprì piano gli occhi, confusa.
Lo guardò per qualche secondo, tornando alla realtà, poi il sangue le colorò le guance e allora Niall capì che fosse completamente sveglia.
Nonostante questo, aspettò che fosse lei a fare la prima mossa; forse perché la testa gli pesava in un modo assurdo, o forse perché aveva paura anche di muoversi.
Così quasi rotolò giù dal divano quando Eileen si raddrizzò di scatto, le guance che le andavano a fuoco e gli occhi che si posavano ovunque tranne che su di lui.
«Merda», si lasciò scappare quando alzandosi anche lui per assecondare i suoi movimenti, una fitta lancinante gli colpì la testa e strane ombre nere cominciarono a danzargli davanti gli occhi.
«Scusa! Mi sono addormentata», balbettò Eileen alzandosi in piedi e ravvivandosi i ricci con le mani, gli occhi verdi sbarrati e le guance rosee.
Niall arricciò il naso e si stropicciò gli occhi.
«Scusa tu, a quanto pare ti ho usata come cuscino», replicò riaprendo gli occhi e puntandoli su di lei. Sotto il suo sguardo, sembrò rilassarsi, abbassò le spalle e sollevò le labbra in un sorriso.
«Non fa niente» mormorò scacciando le sue parole con un gesto secco della mano.
Niall annuì e poi storse il naso; la testa gli girava e la luce del sole cominciava a fargli bruciare gli occhi.
Si passò una mano tra i capelli e provò a concentrarsi su Eileen, che se ne stava in piedi ad osservarlo.
«Cosa…» si schiarì la gola distogliendo lo sguardo, «Cosa è successo ieri sera?» si sforzò di chiederle, pregando che il fatto di essersi completamente abbandonato tra le mani di Frankie, mandando all’aria la sua lucidità, non avesse peggiorato la già problematica situazione tra di loro.
Ricordava ogni singola parola del loro litigio, così come ricordava il dolore insensato che aveva provato, la fitta allo stomaco e la disperata voglia di dimenticare tutto.
Allison l’aveva avvisato, gli aveva detto che non gli conveniva mettersi nelle mani di Frankie perché in certi casi non aveva limiti, ma neanche le raccomandazioni aggiuntive di Simon l’avevano fatto desistere: aveva bisogno di non pensare.
L’unico modo per farlo era divertirsi e senza l’alcool che gli scorreva nelle vene, la mente annebbiata e i pensieri chiusi dietro un muro, non ci sarebbe mai riuscito.
Il problema era che non aveva pensato che comunque a casa sarebbe dovuto tornare e che sicuramente avrebbe incrociato di nuovo Eileen.
Non ci aveva pensato, e aveva esagerato. La cosa brutta era che in quel momento non poteva prendersela con nessuno se non ricordava cosa fosse successo al suo rientro, ed era preoccupante, perché non aveva la più pallida idea di cosa avesse potuto dire.
Mentre rifletteva e cercava di passare tra la nebbia che gli avvolgeva il cervello, Eileen lo fissò con gli occhi ben attenti e le sopracciglia leggermente aggrottate, come se il fatto che lui non ricordasse niente la infastidisse.
«Ho detto…qualcosa che non dovevo dire?» si preoccupò allora, la voce leggermente stridula e sperando che Eileen dicesse qualcosa, perché l’ansia lo stava travolgendo.
Lei sembrò risvegliarsi e scosse la testa, distogliendo lo sguardo.
«No. Sei rientrato, hai barcollato un po’ fino al divano e poi sei crollato», rispose Eileen con voce inflessibile, guardandolo intensamente. Niall sentì il sangue colorargli le guance e si passò nervosamente una mano tra i capelli, accennando un sorriso.
«Non ho neanche vomitato?»
«Ah, si. Ma quella parte l’avevo rimossa», rispose Eileen facendo una piccola smorfia. Niall si lasciò andare ad una risatina.
«Almeno dimmi che ho fatto centro», la pregò sperando di alleggerire l’atmosfera stranamente tesa.
Eileen lo guardò confusa, poi scosse la testa e piegò le labbra in un sorriso di circostanza.
«Tranquillo, non hai fatto nessun danno», lo rassicurò. Allora Niall si lasciò andare ad un sospiro e si scompigliò i capelli.
«Mi dispiace che tu…insomma, non so cosa ho combinato e…»
«Niall, ho detto che non importa. Ho già dimenticato quello che è successo, tu neanche lo ricordi, quindi va bene», lo interruppe Eileen con voce secca, forse stanca del fatto che Niall provasse in tutti i modi a scusarsi di qualcosa di cui non era neanche a conoscenza.
Lui sospirò, arrendendosi e poi si avvicinò a lei.
«Vado a farmi una doccia», annunciò. Lei annuì e allora lui le si avvicinò ancora di più, per oltrepassarla e dirigersi alle scale.
Ma quando le fu vicino, non riuscì ad impedirsi di guardarla negli occhi e quello che ci vide lo bloccò: desiderio.
Si perse immediatamente in quelle iridi verdi, senza neanche rendersi conto di essersi bloccato nel bel mezzo della stanza, senza accorgersi che Eileen aveva cominciato a tremare leggermente e senza riuscire a pensare ad altro che a quegli occhi, a quello sguardo, a quelle labbra.
«C-che c’è?» balbettò Eileen, le guance in fiamme e gli occhi intrecciati ai suoi. Niall respirò tra i denti, i pugni stretti e le braccia che fremevano.
Non si sarebbe avvicinato neanche sotto tortura, lo desiderava con tutto se stesso, ma non aveva la minima voglia di sentirsi di nuovo come il giorno prima.
Non voleva che Eileen lo considerasse un maniaco, un depravato, non voleva invadere il suo spazio e aveva capito che evidentemente aveva i suoi tempi.
Anche se smaniava di sentire ancora la sua pelle sotto le dita, non avrebbe mosso un dito finché lei non avesse fatto qualcosa, qualsiasi cosa.
In quel momento gli bastava anche un minimo cenno per afferrarla, stringerla tra le braccia e imprimere l’impronta delle labbra sulle sue.
«Niall? Non dovevi...la doccia…» la voce di Eileen era sempre più flebile, probabilmente anche lei era completamente persa in quello sguardo, in quelle sensazioni così nuove, totali, brucianti.
Niall chiuse per un secondo gli occhi e tornò in sè, provando a sorridere.
Ma le sue labbra tremavano troppo per riuscirci, così si limitò ad annuire e a schizzare su per le scale, infilarsi in bagno e chiudersi velocemente la porta alle spalle, per poi poggiarsi contro il legno freddo e cercare di riprendere il respiro.
Non era possibile che Eileen gli facesse quell’effetto, non era normale che ogni volta che la guardava provasse l’irrefrenabile impulso di stringerla, sentire la consistenza di quel corpicino sotto le sue mani, la voglia di baciarla che gli faceva scoppiare il cuore.
E sentiva un dolore schiacciante allo stomaco ogni volta che poi si ritrovava a pensare che lei probabilmente non voleva lo stesso.
Doveva riprendersi, tornare sui suoi passi, scacciare quelle assurde sensazioni e sforzarsi di riuscire a convivere con lei senza rischiare un infarto ogni volta che gli si faceva troppo vicino.
Proprio mentre il respiro tornava quasi regolare, sentì i passi di Eileen sulle scale, la porta della stanza di Dylan aprirsi e la sua voce dolce che provava a svegliare il ragazzino.
Respirò profondamente, riaprendo gli occhi e approfittare del fatto che Eileen fosse impegnata, per riaprire la porta e andare in camera a prendere i vestiti e l’occorrente per la doccia.
Ma appena aprì la porta, gli bastò fare due passi per vedere Dylan schizzare davanti a lui, già completamente sveglio e arzillo, e per rendersi conto che non sarebbe riuscito nel suo intento.
Quasi per fargli capire che non sarebbe riuscito a mettere da parte tutte quelle emozioni, con un altro passo finì completamente addosso ad Eileen che era partita alla rincorsa di Dylan.
La sorpresa, il mal di testa e sicuramente lo scarso equilibrio, lo fecero barcollare pericolosamente, ma in un lampo di lucidità- o forse fu solo l’istinto- afferrò Eileen per la vita prima che cadesse all’indietro e il suo peso lo costrinse ad arretrare e a scontarsi contro il muro.
Eileen gli finì addosso, completamente spalmata contro il suo petto e in un attimo i loro sguardi si ritrovarono di nuovo intrecciati.
«Sembra proprio che tu non voglia farti questa doccia, eh?» riuscì a sillabare dopo qualche secondo Eileen, poggiando delicatamente le mani sul suo petto per ritrovare l’equilibrio. Il braccio di Niall non si spostò neanche di un millimetro, rimase ancorato alla sua vita anche quando lei fece un passo indietro, di nuovo salda sui suoi piedi.
«S-scusa. Pensavo…dovevo…prendere i vestiti in camera», rispose dopo un po’ allentando leggermente la presa, ma non si azzardò a lasciarla andare, come se avesse bisogno di quel contatto.
Improvvisamente però il ricordo di quello accaduto l’ultima volta che si erano trovati così vicini lo colpì, allora allentò ancora la presa, quasi lasciandola del tutto. Ma Eileen non si allontanò, e un lampo di lucidità nello sguardo gli fece capire che aveva compreso cosa gli stava passando per la testa.
«Tranquillo, non ho intenzione di tirarti uno schiaffo anche questa volta», mormorò infatti accennando un piccolo sorriso, le guance rosse.
«Vuol dire che non mi consideri più un maniaco», replicò al volo Niall senza riuscire a trattenere un tono di voce speranzoso. Eileen sospirò e puntò gli occhi nei suoi.
«In realtà non l’ho mai fatto.»
Il suo fu solo un sussurro, ma Niall lo sentì ugualmente, forse perché non vedeva l’ora di sentirsi dire quelle parole.
«E allora perché…»
«Lee! Ho fameee!». Lo strillo acuto di Dylan proveniente dal piano di sotto interruppe la sua domanda, così come il contatto tra loro, perché Eileen scivolò subito via dalle sue braccia, allontanandosi di qualche passo, distogliendo lo sguardo probabilmente per evitargli di leggere nei suoi occhi.
«Il lavoro chiama, scusa»
«Certo», mormorò Niall quasi deluso. Eileen gli lanciò uno sguardo e sollevò appena le labbra in un sorriso, prima di schizzare giù per le scale e lasciarlo di nuovo solo a chiedersi cosa fare, cosa pensare e come diavolo uscire da quella situazione.
 
 
 
 
Le ore quel giorno sembravano passare più velocemente del solito, o forse era lui troppo perso tra i suoi pensieri da non accorgersi di quello che gli accadeva intorno.
Il fatto era che stava provando in tutti i modi a ricordare cosa fosse successo la sera prima, se avesse detto qualcosa di inopportuno, qualcosa che aveva peggiorato ancora di più la situazione o, per miracolo, migliorato.
Per questo si accorse a malapena del pranzo improvvisato che tentò di preparare Eileen, costringendolo ad ordinare un paio di pizze tanto per mangiare qualcosa di commestibile, dell’insistenza di Dylan per andare a giocare fuori e dei nuvoloni che cominciavano ad addensarsi nel cielo grigio.
Solo l’urlo divertito di Dylan e l’esclamazione frustrata di Eileen lo riportarono per qualche minuto alla realtà, giusto il tempo per vedere Eileen trascinare Dylan in casa, leggermente umidi delle gocce di pioggia che cominciavano a scendere, per poi costringerlo a farsi un bagno caldo e cambiarsi vestiti, nonostante lui volesse decisamente rimanere fuori a giocare sotto la strana pioggia di luglio.
Le urla di protesta di Dylan gli arrivarono dritte alle orecchie, ma Eileen ci mise davvero poco a farlo calmare, a fargli fare ciò che voleva e poi a trascinarlo quasi stremato sul divano per avviarlo verso il suo riposino pomeridiano.
Niall si stupiva sempre di più dell’immensa pazienza e forza di volontà che aveva Eileen con quel bambino: lui non sarebbe mai riuscito a sopportare tutti i suoi capricci e sbalzi d’umore, ma per Eileen ormai erano normali e aveva imparato a gestirli perfettamente.
Per questo la guardò per niente stupito mentre lei si sedeva sul divano di fronte a quello in cui era seduto lui, con la testa di Dylan sulle sue gambe, gli occhi del piccolo già chiusi e la mano ad accarezzare i suoi capelli per farlo addormentare.
Il cuore gli tremò per un secondo e sentì una sensazione di calore tra i suoi, di capelli. Come se Eileen li stesse carezzando a lui invece che al nipotino. Una sensazione di deja-vu lo travolse, riportandolo a quella mattina, a quando si era svegliato con la mano di Eileen sulla sua testa, e si chiese se anche lui la sera prima fosse riuscito ad addormentarsi grazie a quelle carezze delicate.
«Passato il mal di testa?» la voce bassa e dolce di Eileen lo ricosse dai suoi pensieri e i suoi occhi guizzarono su di lei, trovandola stranamente concentrata sulla mano che pettinava i capelli biondissimi del bambino.
«Si, grazie», rispose subito scompigliandosi i capelli da solo per scacciare quell’assurda sensazione.
«Perché me lo chiedi?» gracchiò poi, facendo si che Eileen lo guardasse.
Sorrise e si strinse nelle spalle.
«Sei silenzioso.»
Niall riuscì quasi a rilassarsi, si lasciò scappare un sospiro e anche un sorriso sincero.
«Perché sto pensando.»
«A cosa pensi?» chiese interessata, continuando a guardarlo scatenando le stesse, solite emozioni in lui. Ormai cominciava a farci l’abitudine, o almeno non se ne stupiva più, come se fosse automatico e quasi dovuto quello strano batticuore.
«Se Dylan si addormenterà presto», rispose sincero. Eileen corrugò le sopracciglia, confusa da quella risposta.
«Perché?»
«Perché forse…forse avrei bisogno di parlare con te», confessò ancora mettendo da parte tutta la sua insicurezza, senza mostrare neanche un accenno della timidezza che era in lui.
Non poteva nascondersi più ormai, aveva bisogno di mettere in chiaro le cose.
«Oh.»
Quella fu l’unica cosa che Eileen riuscì a dire, perché la risposta di Niall l’aveva completamente spiazzata e lui riuscì a leggere nei suoi occhi la preoccupazione, ma anche la curiosità di sentire cosa aveva da dirle.
«Credo si sia addormentato», mormorò dopo qualche minuto indicando Dylan, che teneva gli occhi chiusi, il respiro regolare e i muscoli rilassati.
Era decisamente nel mondo dei sogni e Niall stava per giocarsi le sue carte.
Vide Eileen deglutire rumorosamente e guardarlo di sottecchi allora, come sempre quando era nervoso, prese la chitarra.
Era come se suonare potesse proteggerlo da qualsiasi cosa, con la chitarra era nel suo mondo e nessuno poteva fargli del male.
Eileen sospirò, adagiando Dylan sul divano più lontano da loro, per evitare di disturbarlo, poi tornò davanti a lui, ignorò il divano su cui era seduta prima e puntò quello in cui si era accomodato lui, lasciandosi andare e chiudendo gli occhi, forse per rilassarsi.
Niall deglutì e distolse lo sguardo, concentrandosi sulle sue dita che pizzicavano le corde, seguendo le note di una delle loro tante canzoni che aveva suonato milioni di volte durante i concerti.
Conosceva a memoria ogni singolo pezzo, non sbagliava mai, era come se quella musica gli scorresse nelle vene e automaticamente passasse alle sue dita che la mettevano in atto.
Se avesse dovuto dichiarare quale fosse la cosa che lo rilassava e lo faceva sentire vivo di più delle altre, sicuramente avrebbe detto suonare.
Quando alzò gli occhi, distratto da i suoi pensieri, e incontrò immediatamente quelli verdi di Eileen che lo stavano fissando, dovette ricredersi.
Anche perdersi in quel paio di pozzi verdi alla fine non era tanto male.
Stupito e preso in contropiede da quello sguardo decisamente troppo intenso, gli sfuggì la chitarra e per poco non gli scivolò di mano. Arrossì furiosamente, riposizionandosela bene sulle gambe, mentre Eileen sorrideva e continuava a guardarlo, puntando gli occhi sulle sue dita che avevano ripreso a pizzicare quasi timide le corde.
«Sai suonare?» le chiese improvvisamente, fermandosi e puntando gli occhi su di lei, quasi dimenticandosi delle sue intenzioni, troppo curioso di sapere se avessero almeno una cosa in comune.
Eileen arrossì e si strinse nelle spalle.
«Un po’.»
Allora Niall fece qualcosa che non aveva mai fatto prima, perché quella chitarra era la sua bambina e nessuno poteva suonarla come faceva lui.
Ma davanti a quell’espressione timorosa e imbarazzata, non riuscì proprio a trattenersi.
Scivolò seduto accanto a lei, decisamente più vicino del dovuto, e gliela porse, il cuore in gola e lo stomaco chiuso.
Eileen spalancò un po’ gli occhi, rossa fino alla punta dei capelli, ma accettò la sua offerta senza commentare, afferrando la chitarra con una delicatezza che quasi fece sciogliere Niall.
Lo guardò titubante, poi guardò la chitarra, e infine guardò di nuovo lui, fissando i suoi occhi mentre pizzicava la prima corda.
Fu un secondo, perché poi i suoi occhi si puntarono sulla chitarra, mentre le note di una canzone sconosciuta a Niall cominciavano a diffondersi tra di loro.
Era delicata, lenta, quasi soffice e il cuore di Niall si accese, mentre le sue dita si muovevano automaticamente, riconoscendo le note e immaginando di suonarle lui.
Guardò Eileen e la vide sorridere, allora scivolò ancora di più accanto a lei, attirato dalla vista della sua chitarra tra le mani di quella ragazza che sua non era, ma che avrebbe dovuto esserlo.
«E’ bella», sussurrò con gli occhi luccicanti, correggendosi automaticamente nella sua mente.
Tu sei bella.
Eileen lo guardò e gli sorrise, un sorriso sincero, cristallino, completamente aperto.
Niall se ne accorse immediatamente: il muro era crollato.
In quel momento, non c’era esattamente niente a dividerli e lui avrebbe potuto approfittarne per scoprire qualcosa di quella ragazza che lo affascinava così tanto.
«L’ha scritta mia madre. Me la suonava sempre prima di andare a dormire», rispose lei tornando con gli occhi sulla chitarra senza smettere di sorridere.
«E’ lei che ti ha insegnato?» chiese ancora Niall, con voce delicata, quasi con la paura di spaventarla o di vedere quel muro innalzarsi di nuovo. Ma a parte un leggero tremore delle spalle, Eileen non si scompose più di tanto.
«Si.»+
Niall si ammutolì, perdendosi ad ascoltare ma soprattutto ad osservare Eileen con la sua chitarra, trovando quell’immagine assurdamente tenera, o forse era il suo cuore completamente sciolto a farlo andare fuori di testa.
«Mi dispiace per averti urlato contro ieri», si costrinse a rompere il silenzio qualche minuto dopo, la voglia di scusarsi che lo costrinse a sputare fuori quelle parole, per cercare di sistemare ogni cosa. Anche se aveva la vaga sensazione che in qualche modo la sera prima, anche se era completamente ubriaco, l’avesse già fatto.
Non c’era altra spiegazione al fatto che Eileen non l’aveva aggredito quella mattina, o trattato freddamente come suo solito.
Era stata tranquilla, anche quando erano finiti vicini, troppo vicini.
Non si era spaventata, quindi era sicuro che qualcosa di importante fosse successa la sera prima.
Magari dovuta a ciò che lui aveva detto, o forse solo un cambiamento nei pensieri e nei sentimenti di Eileen.
E questo Niall lo sperava ardentemente.
«Non importa, avevi le tue ragioni», replicò lei senza spostare gli occhi dalla chitarra, alzando le spalle. Niall sospirò e si passò una mano tra i capelli, continuando a guardarla e a sperare che lei lo ricambiasse.
«Si, forse. Ma questo non giustifica il fatto che sia uscito di testa in quel modo.»
«Non importa. Le cose si sono risolte, no?»
Finalmente Eileen alzò gli occhi e Niall indietreggiò automaticamente con la testa, colpito da quella troppa intensità e bellezza.
«Tu dici?» balbettò dopo un po’. Eileen gli negò di nuovo il suo sguardo, abbassando la testa forse per non fargli vedere che era improvvisamente arrossita. Fece spallucce e rimase in silenzio, facendo capire a Niall che quella era la sua risposta.
Sbruffò piano, sentendo lo stomaco contorcersi per la conversazione che stava per intavolare. Sapeva che stava rischiando, ma non riusciva proprio a stare zitto.
Voleva e doveva capire.
 «Perché sei così spaventata da me? Perché non ti lasci avvicinare?» le chiese con voce quasi strozzata, stringendo le mani tra loro per evitare di toccarla, di spostarle quei ricci che le coprivano il viso, per vedere la sua espressione.
Lei scrollò le spalle e la sua voce arrivò flebile alle orecchie di Niall.
«Non ci conosciamo neanche.»
«Potremmo provare a farlo». Niall rispose con lo stesso tono di voce, spaventato dalla sua possibile reazione, terrorizzato di aver azzardato troppo.
Ma, in fondo, si era stancato di andarci con i piedi di piombo, doveva rischiare, se voleva ottenere qualche risultato, ormai l’aveva capito.
«Okay, allora. Raccontami qualcosa di te che nessuno sa.»
Quelle parole, dette con un coraggio che quasi non le apparteneva, la costrinsero ad alzare gli occhi su di lui e a guardarlo come se lo stesse sfidando. Ecco, quelle parole gli scaldarono completamente il cuore, facendogli capire che forse una speranza più che concreta c’era.
Ma allo stesso tempo quella proposta lo confuse, lasciandolo senza niente di decente da dire, forse per questo si ritrovò a confessare la prima cosa che gli passò per la testa.
«Uhm…la prima volta che mi sono fatto la tinta bionda, beccandomi una punizione indimenticabile insieme alle urla isteriche di mia madre, è stato perché la ragazza che mi piaceva andava dietro ad un ragazzo biondo platino ignorandomi completamente. Ci sono rimasto così male che ho pensato che magari diventando biondo anch’io la ragazza mi avrebbe notato. Ma purtroppo non è andata così» disse, arrossendo furiosamente e stringendosi nelle spalle. Eileen lo guardò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere, facendolo sciogliere al suono di quella risata così cristallina e contagiosa.
«Ho capito, non vuoi», mormorò scuotendo la testa divertita per poi lanciargli uno sguardo comprensivo, facendogli capire che non se la sarebbe presa se lui non voleva aprirsi e parlare di se stesso.
«Cosa vuoi tu, Eileen?» le chiese, non riuscendo a trattenere una nota di esasperazione nella voce. Lei se ne accorse, perché mise da parte la chitarra e sospirò, chiudendo gli occhi quasi abbattuta.
«Io vorrei…è difficile per me fidarmi delle persone. Te l’ho detto, mi fanno paura. Però tu…io vorrei fidarmi di te, ecco.»
«E cosa posso fare?» le chiese ancora, chinandosi verso di lei, pensando ad un qualsiasi modo per far scomparire la tristezza dai suoi occhi. Eileen sospirò profondamente e tornò a guardarlo, trasmettendo a Niall tutto quello che stava provando in quel momento.
Tristezza, rassegnazione, speranza e desiderio.
«Raccontami di te, parlami della tua vita. Non lo so», mormorò scrollando le spalle. Niall prese un bel respiro e cercò di tornare in se, di accontentarla, di farla davvero sua.
«Uhm, okay», borbottò schiarendosi la gola e guardando il vuoto per cercare di racimolare qualche idea.
Ma poi i suoi occhi si intrecciarono a quelli di Eileen, e la sua bocca prese il via, lasciando uscire un flusso di parole che non era lui a controllare, ma Eileen.
«Beh, da dove posso iniziare…il mio colore preferito è il verde. Un po’ perché è il colore della nostra nazione, un po’ perché è quello della speranza. E mi piace la speranza, perché è un sentimento forte che riesce a far sentire vivo anche chi non ha quasi più nulla per cui lottare», cominciò guardando un punto impreciso nella stanza, perdendosi nei suoi pensieri senza accorgersi di ciò che gli accadeva intorno, se non di Eileen che respirava piano sistemandosi comoda sul divano, così vicina a lui da sfiorargli il braccio con il suo.
«Mi piace la mia vita, e non lo dico tanto per dire, ma perché è vero. Mi piace ridere, scherzare con i miei amici e cantare. Ogni tanto mi fermo a pensare e mi rendo conto che non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo, ci sembra tutto dovuto, ma in realtà ci è andata proprio bene, perché ci sono persone che non se la passano per niente come noi e vorrei poter fare qualcosa per cambiare il corso delle cose, ma sono troppo piccolo e inutile, in questo mondo di giganti, per farlo.» Sospirò, tornò a guardare Eileen e riprese fiato.
Osservò le sue guance colorarsi di rosso e le sue labbra piegarsi in un piccolo sorriso, come ad incoraggiarlo ad andare avanti.
Allora lui pensò che magari, se si fosse aperto completamente, anche lei poi avrebbe fatto lo stesso.
Ma sicuramente non lo stava facendo solo per quello. Da una parte lui voleva che lei sapesse, che lo conoscesse e che smettesse di avere paura di lui, perché lui non sarebbe mai stato capace di farle del male. Così prese un altro respiro e andò avanti, tanto Eileen non aveva intenzione di intervenire né tantomeno di interromperlo.
«Sono un cacasotto, Louis me lo dice sempre. Ma mentre lui scherza, io lo so che è vero: ogni volta che discuto con qualcuno, anche per la cosa più stupida, dopo mi chiudo in stanza e mi sento una merda, perché odio litigare e odio pensare che qualcuno possa aver pensato male di me», tremò leggermente e sentì gli occhi pizzicare.
Ma fu distratto subito dalla mano piccola di Eileen che si fece spazio verso la sua, stringendola.
Allora lui, lanciandole uno sguardo di sottecchi lasciò scivolare le dita tra le sue, intrecciandole e stringendole forte come in cerca di conforto, o coraggio, o qualsiasi altra cosa potessero dargli.
«Sono sempre stato insicuro, sempre, e adesso sembra che le cose siano migliorate perché ho messo su un bel faccino e ho finalmente i denti dritti. Ma non è vero, io rimango sempre io, e ho sempre paura che possa fare qualcosa di sbagliato e che tutto questo possa finire. Vivo nel terrore che un giorno mi sveglierò e qualcuno verrà a dirmi “Ehi, è stato tutto uno scherzo, i One Direction non ci sono più, ora puoi anche tornare alla vita inutile e da sfigato che facevi prima” ».
Strinse di più la presa ed Eileen, consapevolmente o no, scivolò ancora di più accanto a lui e poggiò la testa sulla sua spalla, distraendolo per un attimo, facendogli battere il cuore talmente forte da non riuscire a sentire nessun altro rumore.
«Continua», gli bisbigliò dopo un po’ stringendo la sua mano. Niall sospirò e la accontentò subito.
«Tu…tu hai paura delle persone. Io invece  ho paura che possano dimenticarsi di me, quando io non scordo mai neanche uno sguardo, un sorriso, nonostante ne veda a migliaia. Odio pensare che quando tutto questo finirà io tornerò a non essere nessuno e anche i miei migliori amici si dimenticheranno di me, andando avanti con le loro vite lasciandosi indietro quella piccola parentesi in cui ci sono stato io», grugnì scuotendo la testa. Eileen strisciò la guancia contro la sua spalla e alzò il viso per guardarlo negli occhi, spingendolo a lasciare andare completamente i suoi pensieri e le parole che si teneva dentro da troppo tempo.
Il problema era che lui era il “diario segreto” dei suoi amici, ma nessuno di loro era il suo. Non almeno come lui, perché c’erano cose troppo imbarazzanti da dire senza ricevere in cambio risate e prese in giro.
Ma Eileen era diversa, lui sentiva che lei avrebbe potuto capire.
«Non sopporto vedere le persone tristi, davvero, non riesco a vedere una ragazza piangere perché automaticamente viene da piangere anche a me e non posso farlo. Vorrei poter abbracciare tutte le persone che mi sostengono ogni giorno, quelle che fanno i salti mortali solo per potermi vedere, e mi sento uno schifo quando qualcuno mi vieta di farlo ed io devo stare a sentire gli ordini. Odio quando le fan mi toccano il culo, o mi abbracciano solo per poi poter urlare al mondo di averlo fatto, lo trovo estremamente volgare. Amo invece quando qualcuna più timida mi si avvicina e mi chiede se può farlo. Ho pianto quando una ragazza, nel bel mezzo dell’abbraccio, mi ha sussurrato nell’orecchio un semplice “grazie” che racchiudeva tutto, per poi andarsene con un sorriso», si fermò e prese fiato per poi sorridere timidamente.
«Credo che…insomma per adesso ho parlato abbastanza, no?» mormorò, arrossendo furiosamente sotto lo sguardo attento di Eileen.
Lei si tirò su, tossicchiò, ma non lasciò andare la sua mano. Anzi, cominciò a passare delicatamente il pollice sul dorso, le labbra arricciate, come se si stesse concentrando su cosa dire.
«Sei una persona speciale, Niall, chiunque abbia il tuo affetto deve ritenersi proprio fortunato», sussurrò dopo qualche secondo rialzando lo sguardo e accennando un sorriso.
Niall si sentì morire, o forse erano talmente tante le emozioni che provò in quel momento che ebbe paura che il suo cuore potesse esplodere da un momento all’altro.
«Se vuoi tu puoi entrare a far parte di quel gruppo», sussurrò talmente piano che la paura che Eileen non l’avesse sentito lo sfiorò. Ma poi lei gli sorrise e alzò le sopracciglia.
«Prima dovrei meritarmelo», ammiccò e Niall scoppiò a ridere
«Oh, cosi mi fai arrossire», esclamò con un gesto della mano facendo ridacchiare Eileen.
La situazione si era improvvisamente alleggerita e i due si ritrovarono vicini, con le mani intrecciate e un peso in meno sul cuore. O almeno era così per Niall.
Ma poi Eileen sussultò, si rabbuiò e strinse di nuovo la mano di Niall, facendogli capire che il cuore di Eileen non era affatto libero come il suo.
«Mia…» prese un bel respiro, strizzò gli occhi e tremò, «Mia madre è morta», disse tutto d’un fiato, facendo fermare il cuore di Niall e lasciandolo completamente senza parole.
Ma comunque non avrebbe avuto il tempo di dire niente, perché lei continuò senza guardarlo.
«Se n’è andata quando avevo dodici anni», mormorò con un filo di voce. «E quando dico che se n’è andata, intendo che…lo ha deciso lei. Di morire.»
Un pugno nello stomaco gli avrebbe tolto meno fiato. Niall era strabiliato e provò un dolore all’altezza del petto lancinante, come se Eileen gli stesse trasmettendo tutto quello che sentiva lei.
«Io…»
«Non devi dire niente, Niall, non ce n’è bisogno», lo interruppe lei alzando appena il viso per sorridergli, ma senza incrociare il suo sguardo.
Allora Niall non resistette più e poggiò la mano libera sotto il suo mento, costringendola a voltare il viso verso di lui, per poi passare a sfiorare delicato la sua guancia, osservandola arrossire sotto le sue dita. Il respiro le si fece subito corto e le sue labbra tremolarono.
«Non volevo metterti in imbarazzo, volevo solo provare a farti capire…perché», mormorò fissandolo dritto negli occhi con i suoi improvvisamente lucidi. Niall corrugò leggermente le sopracciglia, continuando a sfiorare la sua pelle morbida e calda.
«Perché cosa?»
«Perché sono così. Perché non lascio avvicinare nessuno. Io…non sono fatta per essere amata», sussurrò e la sua voce si spezzò sull’ultima sillaba.
Di nuovo, il cuore di Niall si strinse e scosse velocemente la testa.
«Non dire questo.»
Eileen si tirò indietro sottraendosi al suo tocco, ma non lasciò andare la sua mano.
«Mia madre se n’è andata perché le ho rovinato la vita. Prima di me nella mia famiglia non c’erano problemi. E’ colpa mia, capisci?» mormorò con voce cupa, il viso di nuovo basso e le spalle tremanti.
«No, non è vero», si oppose a quella domanda retorica, spegnendo il cervello e qualsiasi freno, lasciando la sua mano per avere le braccia libere e accoglierla tra di loro.
«Tu non hai rovinato un bel niente, Cookie», le sussurrò all’orecchio mentre lei sprofondava la testa nel suo collo e poggiava le mani sul suo petto. La sentì sospirare ancora tremante e allora la strinse di più, poggiando la guancia tra i suoi capelli.
«Come fai a dirlo? Non lo sai…non lo puoi sapere.»
«Non puoi sapere neanche tu com’era prima che tu nascessi. Magari…magari aveva già dei problemi.»
«Forse. Ma era viva.»
A quel punto Niall non riuscì più a trattenersi e si lasciò scappare un piccolo lamento frustrato, perché quella conversazione era terribilmente pesante, perché non aveva idea di come rassicurarla, perché il suo dolore era troppo forte e lui non pensava che dietro a quegli occhi tristi ci fosse una storia così tragica.
«Scusa, la smetto», mormorò lei capendo al volo la sua frustrazione. Lui scosse la testa e la strinse se possibile più forte.
«No, io…va bene che tu mi parli di te. Vuol dire che…»
«Mi fido», interruppe lei il suo balbettio, facendogli fermare il cuore.
«E’ una cosa assurda Niall, non ti conosco, e me ne sto accorgendo adesso. Ma mi fido di te.»
«Non c’è cosa più bella che potessi dirmi, Cookie», le confessò dopo qualche secondo. Lei tirò su il viso per incrociare il suo sguardo brillante.
«Non esagerare», gli disse facendogli un piccolo sorriso.
«Non lo sto facendo», mormorò.
Un sonoro sbadiglio li distrasse all’istante, costringendoli a voltarsi verso la fonte di quel rumore, senza però accennare ad allontanarsi l’uno dall’altra.
Dylan si stava stiracchiando e dopo due secondi aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco la situazione.
«Zio e Lee si vogliono bene!» esclamò, facendo un gran sorriso e tirandosi su. Automaticamente i due schizzarono ai lati opposti del divano, senza riuscire ad evitarsi un’occhiata complice ma anche terribilmente imbarazzata, mentre Dylan raggiungeva Eileen e si buttava tra le sue braccia.
«Ci stiamo arrivando, piccolino», sussurrò Niall deglutendo e guardando Eileen negli occhi.
Lei non lo sentì, o forse fece finta di niente.
Ma il sorriso che nacque sulle sue labbra un secondo dopo, fu ugualmente splendido e provocò di nuovo la quasi morte del cuore di Niall.















 







 



 

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Capitolo 17
*** Thunderstorms. ***


17. Thunderstorms.
 
 


 
Piove. Eileen è affacciata alla finestra, con il suo orsacchiotto tra le braccia e guarda il sole calare dietro le montagne, il vetro bagnato dalle gocce d’acqua e le foglie degli alberi scosse dal vento.
Eileen guarda titubante le nuvole addensarsi e rendere il cielo nero, togliendo tutta la luce, e pensa che non vede l’ora che sia mattina, così il sole tornerà a splendere e ad illuminare la giornata.
Poi sente dei passi sulle scale e si volta. Quando riconosce la mamma le sorride, andandole incontro mentre lei si infila il cappotto.
«Dove vai?» le chiede quando la vede avvicinarsi alla porta. Lei si gira, le sorride e le scompiglia i capelli.
«A fare una passeggiata», le dice con quella sua voce tranquilla, dolce, quasi inflessibile. Eileen è confusa, non capisce.
«Ma sta piovendo.»
«Non fa niente», risponde la mamma stringendosi nelle spalle, ancora con quel sorriso beato sulle labbra, come se niente e nessuno potesse turbare la sua tranquillità.
«E se poi inizia un temporale?» si preoccupa Eileen, stringendo al petto il suo pupazzo, spaventata.
La mamma la capisce, sa che ha paura, sa che ha bisogno di lei.
Allora le passa di nuovo la mano tra i capelli, per poi carezzarle la guancia e baciarle la fronte.
«Torno presto, tesoro, sta tranquilla», le assicura, ma Eileen l’ha visto. Il guizzo della sua mascella che ha rischiato di far scomparire il sorriso, il rabbuiarsi dei suoi occhi e il leggero tremore delle mani.
«Okay», mormora e la guarda uscire, chiudersi la porta alle spalle, senza voltarsi nemmeno una volta indietro.
Ma Eileen non si fida, ha paura che la sua mamma si bagni e si prenda un brutto raffreddore. Così prende il suo ombrello con i fiorellini e la segue, senza farsi sentire, cercando di non mettere i piedi nudi nelle pozzanghere già formate.
E poi lo vede, il ponte.
Quel ponte così alto in cui passa tutte le mattine con la macchina per andare a scuola, quel ponte dal quale se ti affacci puoi vedere il fiume scorrere veloce, tra le rocce, i cespugli, gli arbusti.
Si avvicina titubante, senza togliere gli occhi dalla figura slanciata della madre, che a testa alta e passo sicuro si avvicina al bordo e si affaccia, poggiandosi con le mani e osservando in silenzio il fiume.
Eileen sorride, pensando di avvicinarsi e osservarlo con lei, ma poi la mamma si muove, costringendo Eileen a immobilizzarsi sul posto.
La guarda ma non capisce. Non capisce perché stia salendo sulla staccionata che divide la strada dal vuoto, non capisce perché stia lasciando il lampione sul quale si stava reggendo, non capisce perché chiude gli occhi e sorride.
Allora la chiama: «Mamma!». Ma il vento ulula forte, e lei non può sentirla.
Eileen comincia a correre, strizzando gli occhi infastidita dalle gocce di pioggia, corre finché un tuono squarcia il cielo e la fa sobbalzare.
Corre, la chiama di nuovo, e questa volta lei la sente.
La sua mamma si gira, i capelli schiacciati sulla testa, gli occhi castani puntati su di lei.
Sorride, apre la bocca per parlare, «Ti voglio bene.» le dice.
E poi salta, nell’esatto istante in cui il secondo tuono rimbomba nel silenzio.
Eileen urla, lei cade, il fiume scorre.
Un altro tuono squarcia il cielo.
 
 
Eileen si svegliò di scatto, il cuore a mille, il respiro affannoso e i pensieri confusi.
Si accorse immediatamente di trovarsi in un letto che non era il suo, in una stanza che non riconosceva, il buio interrotto solo da lampi nel cielo.
Sobbalzò quando un tuono rimbombò nel silenzio della notte e si costrinse a collegare il cervello per capire cosa fosse successo.
Ci mise qualche secondo, poi ricordò il sogno, così realistico e doloroso e una fitta le colpì il cuore, mentre un altro lampo illuminava la stanza.
Presa da una paura improvvisa, nascose la testa sotto al cuscino per attutire il rumore del tuono che l’avrebbe seguito.
Se c’era una cosa che la terrorizzava, quella erano i temporali. Fin da bambina aveva odiato quei lampi di luce così accecanti e il rumore forte che li seguiva.
Correva sempre dalla mamma quando ne cominciava uno, e solo le sue braccia calde e rassicuranti riuscivano a calmarla.
Forse per questo le era sembrato uno scherzo del destino venire a sapere che la madre se n’era andata proprio durante uno di quegli odiosi temporali.
E da quel momento ne fu completamente terrorizzata, tanto da cadere in mezze crisi di panico se non riusciva a distrarsi e se soprattutto non trovava un paio di braccia abbastanza forti da tenere incollati tutti i pezzi.
Quasi senza rendersene conto, scalciò le coperte del letto di Denise e Greg dove loro l’avevano costretta a dormire perché non ne volevano sapere di farle spezzare la schiena su uno dei divani, e balzò giù, le spalle scosse da insensati tremori e il cuore che batteva veloce, troppo veloce.
Deglutì a fatica, chiudendo per un attimo gli occhi e respirando profondamente. Provò a concentrarsi su cosa fare per non cadere nel panico e il primo pensiero che gli venne in mente fu: Dylan.
Un secondo dopo un fulmine illuminò la stanza e un tuono squarciò il cielo, rimbombandole fin nelle ossa.
Eileen squittì spaventata e i suoi piedi si mossero da soli, portandola davanti alla porta socchiusa della camera di Dylan.
Si affacciò cercando di non fare rumore, anche se sarebbe stato inutile, perché ci pensava quel maledetto temporale a far tremare le pareti intorno a lei, o forse era semplicemente il suo corpo che tremava ormai senza controllo.
Si tranquillizzò appena quando si rese conto che Dylan dormiva beato e indisturbato nel suo letto, con il suo peluche a forma di Saetta Mcqueen di “Cars” stretto tra le braccia.
Sorrise appena, accostando la porta e lasciandolo tranquillo.
Le bastò fare un altro passo per capire che quella che non sarebbe stata affatto tranquilla sarebbe stata lei, almeno per il resto della notte.
Aveva ascoltato le previsioni alla tv la sera prima e aveva constatato dalla pioggia che aveva iniziato a scendere nel pomeriggio che non sarebbe stata di certo una notte facile per lei.
Sobbalzò di nuovo per l’ennesimo tuono e si strinse le braccia al petto cominciando a camminare avanti e indietro per il corridoio, cercando di tranquillizzare il respiro corto e il battito del cuore accelerato: doveva mantenere la calma.
Un passo, un respiro.
Un altro passo, un altro respiro.
Un tuono e un salto talmente alto e improvviso che per poco non arrivò al soffitto.
Si lasciò scappare un lamento sofferente e si poggiò con la schiena al muro, strinse i pugni cercando di smettere di tremare, serrò le labbra tra i denti per trattenere il respiro e si concentrò sui battiti del suo cuore, ascoltando quel rumore fin troppo poco rassicurante per la sua velocità.
Ma almeno riuscì a distrarsi un poco, il respiro quasi di nuovo regolare.
Piano, con gli occhi chiusi e i pugni stretti scivolò con la schiena al muro, raggomitolandosi a terra.
Tenne gli occhi chiusi per qualche secondo, pensando che fosse tutto passato, che magari quella volta non avrebbe provato paura, non sarebbe uscita fuori di testa e non avrebbe visto il viso di sua madre ovunque.
Ma poi un altro tuono la fece sobbalzare e un lamento leggermente più forte uscì dalle sue labbra.
Allora poggiò la testa sulle ginocchia e la coprì con le braccia, dondolandosi sul posto, il terrore che le scorreva nelle vene, facendole sentire un freddo quasi congelante, bloccandole il respiro in gola e facendole girare la testa.
Un altro tuono la fece tremare e sentì le lacrime cominciare a scorrere sulle sue guance, mentre milioni di immagini di quando era bambina la travolgevano, mettendole davanti agli occhi quel viso così simile al suo, circondato da una cascata di ricci castano chiaro, quegli occhi scuri, quel sorriso dolce, quelle braccia forti che la stringevano come non stavano facendo in quel momento.
«Eileen?»
Una voce la fece sussultare, ma non si azzardò ad alzare la testa, continuando a dondolare raggomitolata, strizzando gli occhi per scacciare via quell’immagine, quel sogno assurdo, così reale.
«Cookie.»
Quel nome sussurrato, quelle mani delicate che si posarono sulle sue spalle…
«Cookie, che succede?»
Si costrinse ad alzare gli occhi appannati dalle lacrime e quando incontrò quelli di Niall capì di essere al sicuro.
Lui la osservò corrugando le sopracciglia preoccupato, le carezzò la testa chinandosi davanti a lei e portando il viso a pochi centimetri dal suo.
Eileen si morse il labbro inferiore e cercò in tutti i modi di smettere di tremare e piangere, ma era come se avesse perso il controllo del suo stesso corpo.
«Ehi, va tutto bene, guardami», le sussurrò quando lei tornò ad osservare il vuoto. Provò a concentrarsi, legando gli occhi a quelli azzurri e rassicuranti di Niall, mentre lui le prendeva con delicatezza il viso tra le mani.
«Cookie, calmati», mormorò.
E lei ci sarebbe riuscita, si sarebbe fidata e calmata, se un altro tuono non avesse rimbombato facendola cadere di nuovo nel terrore.
Squittì qualcosa di insensato, chiuse gli occhi e si lasciò guidare dall’istinto.
Sciolse la sua presa stretta sulle ginocchia e quasi si lanciò contro il petto di Niall, affondando la testa nel suo collo e chiudendo gli occhi, aggrappandosi a lui come se fosse la sua ancora di salvezza.
Lui la strinse immediatamente, mentre il tremore non accennava a smettere, e le carezzò la schiena con fare rassicurante.
«Ho paura», biascicò lei all’ennesimo tuono. Niall aumentò di riflesso la stretta, lasciandole un bacio tra i capelli.
«No, sono qui, stai tranquilla», le sussurrò cullandola tra le braccia per un tempo che le parve infinito.
Lei rimase accucciata contro di lui, il viso premuto sul suo petto, l’orecchio ad ascoltare i battiti del suo cuore stranamente accelerati e il tremore delle spalle che si faceva via via più debole.
«Va meglio?» le chiese lui dopo un po’, carezzandole di nuovo la schiena per tutta la sua lunghezza.
Lei annuì e a fatica tirò su il viso per guardarlo negli occhi.
Lui le sorrise e liberò un braccio da quella presa stretta e forte per asciugarle le guance con le dita.
«Scusa, non so cosa mi è preso», mentì abbassando gli occhi e arrossendo. Niall sorrise e le carezzò la guancia, costringendola a guardarlo.
«Smettila di scusarti per ogni cosa, Cookie.»
«E’ che…ho paura dei temporali, te l’ho detto. E mi sono svegliata da sola e…»
«E smettila anche di giustificarti per ogni cosa», la interruppe ancora lui poggiandole la mano sulla bocca per zittirla. Eileen si rilassò e si lasciò scappare un sorriso.
«Dai, torniamo a dormire», mormorò lui dopo un po’, alzandosi con un braccio ancora stretto ai suoi fianchi, costringendola a fare lo stesso.
A quelle parole Eileen rabbrividì, pensando che sarebbe dovuta tornare in quella camera buia, su quel letto immenso per una sola persona, per tutto il resto della notte.
Come per far aumentare la sua preoccupazione, il cielo mandò giù un’altra scarica di fulmini con conseguenti tuoni che la fecero sobbalzare e squittire impaurita. Fece un saltello e corse a rifugiarsi ancora tra le braccia di Niall, che si lasciò scappare un risata.
«Ho capito. Penso che per questa notte ho dormito abbastanza», mormorò stringendola al petto e sospirando divertito.
«Andiamo di sotto, hai bisogno di bere qualcosa», le disse poi cominciando a camminare.
Eileen annuì e passò un braccio dietro la sua schiena, aggrappandosi alla sua maglia.
L’ennesimo tuono la fece tremare e Niall si fermò per afferrare il suo mento con le dita e per guardarla dritto negli occhi.
«Smettila di tremare e avere paura. Ci sono io adesso, okay?»
Il suo sguardo era così intenso, dolce e tenero che Eileen non poté fare a meno di annuire e di fidarsi di lui.
Niall le sorrise e la spinse verso le scale, riprendendo a camminare con lei aggrappata al corpo.
Eileen passando per le stanze accendeva ogni luce, facendo ridacchiare Niall sotto i baffi, e  si staccò da lui solo quando arrivarono in salotto, correndo sul divano per raggomitolarsi stretta e accendere la tv per coprire il rumore dei tuoni.
Niall la osservò per qualche secondo in silenzio, a braccia conserte, poi quando lei ricambiò lo sguardo non riuscì a trattenere una risata.
«Non prendermi in giro, ognuno ha le sue paure», borbottò arrossendo. Niall scosse la testa divertito e alzò le mani davanti a se a mo’ di resa.
«Non intendevo farlo», si giustificò per poi scoccarle un gran sorriso.
«Vado a prendere un po’ d’acqua», le disse poi.
«Okay…sbrigati, però!» replicò lei, gli occhi ancora leggermente spaventati. Niall annuì e le sorrise, prima di sparire nell’altra stanza.
Rimasta sola, provò a concentrarsi, a calmarsi e a riflettere su quello che stava succedendo.
Sapeva il motivo per il quale aveva sognato sua madre, le succedeva sempre quando durante il giorno ci pensava.
Era come se la sua mente trattenesse il pensiero che solitamente era chiuso dentro un cassetto per poi riprodurlo nei suoi sogni la notte.
Ma aveva dovuto farlo, o almeno era quello di cui si era convinta.
In realtà non sapeva cosa le aveva detto la testa quel pomeriggio, quando aveva aperto la bocca e aveva lasciato scivolare fuori quelle parole, quella confessione così personale, che avrebbe rivelato così tanto, decisamente troppo, di lei.
Forse erano stati gli occhi di Niall, così chiari e limpidi.
O forse il suo sorriso, così genuino, spontaneo, bello.
O forse ancora il fatto che lui avesse appena fatto lo stesso con lei; le aveva parlato a cuore aperto, mettendosi in gioco, confessandosi e scoprendosi.
O forse, più semplicemente, era stato lui. Perché tutto di lui le ispirava fiducia e sicuramente rimpiangeva il fatto di non essersene accorta prima.
Non riusciva proprio a capacitarsi del fatto di averlo respinto, di averlo trattato male e di aver anche solo pensato che lui potesse farle del male come faceva Mark.
Si vergognava infinitamente di questo perché era evidente che Niall fosse di tutt’altro pianeta rispetto a quell’essere che oltre che suo padre, non poteva neanche essere considerato uomo.
Niall era migliore, Niall era buono, dolce, sensibile.
Forse, Niall era proprio ciò di cui Eileen aveva bisogno.
E magari era proprio questo che aveva spinto Eileen a parlare e ad aprire a Niall quella porta che aveva sbarrato al resto del mondo.
Comunque, ormai l’aveva fatto, si era fidata e non poteva più tornare indietro. E forse, in fondo, non voleva neanche farlo, perché dopo aver raccontato quella parte di lei a Niall, si sentiva incredibilmente più leggera e in quel momento sapere che c’era qualcun altro che la capiva, che poteva sopportare tutto quel dolore insieme a lei, la confortava.
«Ecco qui». La voce di Niall la distrasse dai suoi pensieri e lei si voltò di scatto per vederlo sedere sul divano accanto a lei e porgerle un bicchiere d’acqua che buttò giù tutto d’un fiato.
«Grazie», mormorò guardandolo mentre poggiava il bicchiere sul tavolo basso davanti al divano su cui erano seduti. Lui la guardò e le sorrise, avvicinandosi.
Allora lei sospirò, quasi abbattuta, e lo guardò come per scusarsi.
«No, davvero. Grazie. E’ la seconda volta che mi sopporti in queste specie di crisi isteriche.»
Niall puntò gli occhi su di lei e scosse la testa divertito.
«Non devi ringraziarmi di niente, Cookie. E’ questo che fanno gli amici, no?» replicò stringendosi innocentemente nelle spalle.
Eileen a quelle parole si sentì sprofondare.
Niall era così buono, così dolce e sensibile. E lei si accorse solo in quel momento che la parola “amici” stonava decisamente se messa tra i loro nomi.
«Certo», sussurrò infine distogliendo lo sguardo e tossicchiando per riprendere il controllo e per distrarsi da quegli occhi dannatamente belli.
«Bene. Adesso guardiamoci un bel film, perché da quanto ho capito non hai intenzione di tornare a dormire, giusto?» le chiese accennando una risata. Eileen si morse il labbro imbarazzata e scosse la testa, allora Niall ridacchiò e si sistemò meglio sul divano, prendendo il telecomando e sintonizzando la tv sul canale dei film.
Eileen si rannicchiò accanto a lui e appena mise gli occhi sullo schermo della tv un orribile zombie, o qualsiasi altro tipo di mostro fosse, per poco non la fece urlare dallo spavento.
Quasi saltò sul divano, coprendosi immediatamente il viso con le mani per poggiarlo poi sulla spalla di Niall, che scoppiò a ridere davanti a quella reazione.
«Hanno deciso proprio di terrorizzarmi, oggi», si lamentò mentre per ribadire il concetto i tuoni continuarono a fare il loro concerto fuori. Niall smise di ridere e le passò un braccio intorno alle spalle, con tranquillità, come se fosse una cosa totalmente normale.
E forse per lui lo era, ma ad Eileen schizzò il cuore in gola e per un secondo dimenticò tutto quello che aveva intorno.
«Dai, cambio canale», mormorò lui senza guardarla.
«Meglio», balbettò lei con un filo di voce senza distogliere gli occhi da lui, notando di come uno strano rossore cominciasse a colorargli le guance, di come teneva serrate le labbra e gli occhi fissi sullo schermo nonostante si fosse sicuramente accorto che lei lo stava guardando.
Allora pensando che forse per lui la situazione si fosse fatta troppo imbarazzante, in silenzio scivolò via dalla sua presa, senza però allontanarsi troppo e attirando finalmente il suo sguardo. Questa volta però fu lei a non ricambiarlo, costringendosi a guardare la tv, ancora sintonizzata sullo stesso canale di prima.
Allora corrugò le sopracciglia, confusa dal fatto che Niall si fosse dimenticato di cambiare, ma poi quando contemporaneamente ad un tuono quella specie di zombie squarciò completamente una ragazza in due, si ritrovò a sobbalzare dallo spavento e a nascondere il viso tra le mani.
«Niall, perché non hai cambiato canale?» sibilò mentre un altro tuono la faceva di nuovo sobbalzare.
Niall non rispose e lei infastidita da quell’improvviso silenzio alzò la testa, appena in tempo per vedere la sua espressione farsi improvvisamente seria e la sua mano allungarsi verso di lei.
«Vieni qui», mormorò afferrandole il polso e tirandola verso di sé. Eileen smise per qualche secondo di respirare, mentre si ritrovava improvvisamente stretta tra le braccia di Niall, la testa sul suo petto e le labbra di lui a contatto con la sua fronte.
Ma poi la voglia di sentire il suo odore, di rilassarsi e lasciarsi andare vinse su tutto e smise di pensare e di riflettere.
Non le importava il motivo di quell’improvviso abbraccio, lì si stava così bene, al caldo, che non avrebbe mai trovato la forza per protestare e tirarsi indietro.
Niall le baciò delicatamente la fronte e lei automaticamente chiuse gli occhi, tremando leggermente, ma questa volta non di paura.
«Non devi avere paura, ci sono io adesso», bisbigliò fraintendendo la sua reazione, magari collegandola all’ennesimo tuono che però lei non aveva sentito, troppo distratta dal suo profumo e dal battito del suo cuore.
«No», mormorò leggendo in quella frase milioni di significati che probabilmente lui non aveva nemmeno colto.
Però era vero; da quando c’era lui, lei non aveva più paura.
Le erano bastati i suoi occhi, le era bastato guardarli per un secondo per dimenticare tutto quello che aveva intorno.
E non solo quella notte, ma sempre. Ogni volta che lo guardava lui la salvava da tutta la merda che c’era nella sua vita.
E davvero non riusciva a capacitarsi del fatto che l’avesse respinto così tante volte, che si fosse convinta di essere spaventata da lui e da quello che poteva nascere tra di loro.
In quel momento lo capì: poteva cercare di evitarlo in tutti i modi, ma non sarebbe riuscita mai a scappare del tutto.
Niall era il polo opposto della calamita, le bastava avvicinarsi di qualche centimetro per essere attratta da lui inevitabilmente.
La mano di Niall che le risaliva la schiena la distrasse dai suoi pensieri e sussultò, mentre quella le carezzava i capelli, infilandosi tra i ricci, attorcigliandoli intorno alle dita.
Rabbrividì e di riflesso strinse la sua maglia tra le dita, sfiorando la pelle calda al di sotto e facendolo irrigidire.
Eileen deglutì a fatica, ma non ebbe il tempo di fare niente, né di muoversi, tantomeno di respirare, che la luce della lampadina tremolò e si spense all’improvviso, insieme alla tv che fece uno strano scatto.
Rimasero immobili per qualche secondo, nel più totale silenziò, finché questo non venne interrotto da un altro tuono. Eileen sobbalzò e Niall grugnì qualcosa.
«Merda. E’andata via la corrente», borbottò. Eileen andò nel panico, spalancando gli occhi e cercando di abituarsi al buio per vedere la figura di Niall, ma a parte la luce della luna non c’era altra illuminazione.
«E adesso? Se Dylan si sveglia? Che facciamo?» chiese con voce strozzata. Sentì Niall sospirare e allentare la presa, così lei si aggrappò con più forza alla sua maglia, spaventata che lui potesse lasciarla.
«Cookie, calmati», mormorò carezzandole la testa e sgusciando via.
«Dovrebbero esserci delle candele in cucina, vado a prenderle», le disse alzandosi dal divano e lasciandola lì.
«Oh. Okay», mormorò. Strizzò gli occhi e sentì i passi di Niall allontanarsi, allora provò a respirare profondamente ma a quanto sembrava il suo autocontrollo quella notte durava meno del normale, perché le bastarono un altro paio di tuoni per cadere totalmente nel panico.
Schizzò in piedi sulle gambe tremanti e provò a concentrarsi sulla stanza, per evitare di scontrarsi con qualche mobile e peggiorare la situazione.
Un altro tuono questa volta più forte degli altri la fece sobbalzare e le scappò un urletto spaventato. Si tappò la bocca con la mano e cominciò a correre, ignorando la fitta al ginocchio quando colpì uno dei mobili accanto al muro e si affrettò a raggiungere Niall in cucina, proprio mentre un lampo accecante illuminava la stanza quasi a giorno.
Ma non fece in tempo a guardare avanti a sé per orientarsi, che si scontrò completamente con Niall che era di ritorno.
Sentì le candele rotolare a terra mentre le braccia di Niall la circondavano per evitarle di cadere e proprio in quel preciso istante il tuono rimbombò nella stanza con una potenza che sentì fin nelle ossa.
«Oddio, oddio, questo è caduto proprio qui!» quasi strillò, saltellando e affondando il viso nel petto di Niall.
Lui scoppiò a ridere all’istante e la avvolse con le braccia, per cercare di fermare il tremore delle sue spalle.
«Non ti azzardare a lasciarmi ancora da sola al buio!» l’accusò lei con voce isterica e puntandogli un dito al petto. Poi alzò lo sguardo per osservare il suo profilo, mentre lui continuava a ridacchiare senza riuscire a dire niente. Sembrò calmarsi un poco, mentre lei gli dava una spintarella sulla spalla per allontanarlo, ma non troppo, perché un altro tuono la fece sobbalzare.
«E smettila di ridere! Distraimi ti prego, non ce la faccio più», sbottò chiudendo gli occhi e tappandosi le orecchie con le mani.
Allora Niall fece qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata, ma che desiderava con tutta se stessa.
Senza rifletterci un secondo di più, sciolse l’abbraccio. Lei provò a protestare, ma lui non gliene diede il tempo perché le afferrò il viso con entrambe le mani e spense quelle parole rabbiose sulle sue labbra, premendoci le sue così forte da mandarle il sangue al cervello.
Eileen rimase immobile per qualche secondo, ma quando la pressione di Niall si fece più forte, non poté fare a meno di lasciarsi andare e, con quello che non poteva essere altro che un gemito di piacere, dischiuse le labbra e permise a Niall di approfondire quel bacio che avevano entrambi un po’ troppo aspettato.
Così non si stupì affatto quando le mani di Niall lasciarono il suo viso e corsero a cingerle i fianchi. Anzi, completamente presa dal momento e dall’emozione, portò le sue ad accarezzare quei capelli così soffici e li strinse all’improvviso quando sentì le dita delicate e leggermente fredde di Niall a contatto con la pelle della sua schiena.
Tremò, e questa volta fu sicura che Niall non avesse frainteso, perché si lasciò scappare un verso d’approvazione mentre le mordicchiava il labbro inferiore per riprendere poi ad esplorare la sua bocca come se non potesse perdersene neanche un millimetro.
Aveva un sapore dolce, così tanto dolce che Eileen era completamente persa.
Le sue mani vagavano da sole, passando dai capelli alla nuca, al collo, le spalle.
Sfiorò ogni parte di quel corpo che non le era mai stato così vicino e Niall sembrò fare lo stesso, carezzandole la schiena e poi scendendo un po’ più giù, leggermente titubante, ma le braccia di Eileen che si allacciarono dietro al suo collo gli diedero il silenzioso permesso di continuare.
E lui lo fece, non ci pensò due volte, scese ancora più giù fino a cingerla appena sopra alle cosce e sollevarla.
Eileen smise di respirare e si staccò da quel bacio che sembrava quasi famelico, il cuore che le rimbombava fin nelle orecchie, sentendo caldo dappertutto.
Niall però non le diede tregua, passò a baciarle il collo ed Eileen si ritrovò a chiedersi cosa diavolo stesse succedendo al ragazzo tranquillo e pacato che aveva conosciuto fino a quel momento.
Ma non ebbe tempo di rifletterci troppo, perché Niall barcollò leggermente all’indietro e le sue braccia cedettero, così lei fu quasi costretta ad allacciare le gambe intono alla sua vita.
Niall grugnì qualcosa di incomprensibile e lei, non resistendo più, liberò una mano per afferrargli il mento e baciarlo di nuovo, per poi infilare quella stessa mano tra i suoi capelli per avvicinare il più possibile i loro visi.
Niall l’assecondò e, barcollando leggermente in avanti, un braccio intorno ai suoi fianchi e l’altro sotto il fondoschiena, raggiunse lo schienale del divano e la poggiò lì per stare più comodi e dedicarsi meglio a lei senza il problema di dover reggere entrambi i loro pesi.
Eileen smorzò un gemito nelle labbra di Niall quando lui le si fece più vicino, schiacciandosi completamente su di lei e mettendo in contatto parti dei loro corpi che in quel momento sembrarono risvegliarsi.
Erano al buio, ma dal muoversi delle labbra di Niall, Eileen capì che stava sorridendo. Così, presa da un’improvvisa sfacciataggine, afferrò il suo labbro inferiore tra i denti facendolo trasalire. Lui, per tutta risposta, allargò una mano sulla sua schiena per spingersela ancora di più contro e avvicinò il più possibile i loro bacini, facendola sussultare quando si accorse di quanto Niall fosse sveglio in quel momento.
Ormai non si accorse più del temporale che furioso mandava scariche di lampi e tuoni per cercare di spaventarla, non si accorse di essere finita per la prima volta così vicina ad un ragazzo dopo Frankie e tutto quello che aveva passato, non pensò neanche per un istante che tutto quello fosse sbagliato. Perché lì, con Niall, non c’era niente di più giusto che potesse fare.
Così lasciò le loro lingue intrecciarsi, i loro bacini venire a contatto, i loro respiri mischiarsi e la mano di Niall intrufolarsi tra i loro corpi.
Lasciò quella mano delicata e troppo fredda accarezzarle la schiena, giocare con l’orlo della sua maglia e passare al di sotto senza tanti indugi.
Rabbrividì e tremò, ancora persa in quel bacio, in quelle labbra morbide e dolci, quando la mano di Niall le sfiorò il ventre troppo caldo, giocando con la sua pelle per poi arrivare in punta di dita all’elastico dei suoi pantaloncini.
Fu proprio lì, in quel preciso istante, che Eileen capì che non l’avrebbe fermato.
Non sarebbe riuscita a farlo neanche se avesse voluto, e lei non voleva per nulla al mondo.
E non le interessava se era complicata, se tutto era complicato e doloroso. Ormai aveva passato il confine dell’indifferenza e i suoi sentimenti erano troppo forti per metterli a tacere.
Ma come ogni volta che una cosa è troppo bella per essere vera, ci pensò qualcos’altro a rovinare quel momento così carico di emozioni e aspettative.
O meglio, qualcuno, che Eileen aveva completamente dimenticato a dormire al piano di sopra.
«Mamma!» l’urlo strozzato di Dylan le giunse alle orecchie, risvegliandola dallo strano torpore in cui era caduta, insieme al rumore di un tuono, che probabilmente seguiva tutti quelli che lei si era persa.
Eileen si staccò immediatamente da quelle labbra tentatrici e boccheggiò cercando di riprendere fiato.
Ma Niall sembrò non accorgersi di niente, troppo concentrato a saltare quel maledetto elastico e ad intrufolarsi con le dita nella parte più nascosta di lei.
Eileen cadde di nuovo nell’oblio e sussultò quando Niall centrò l’obiettivo, richiudendo gli occhi e lasciandosi scappare un sospiro disgustosamente rumoroso.
Ma un altro tuono risuonò nel silenzio ed Eileen sentì distintamente il richiamo di Dylan.
«Mamma!» questa volta fu più forte, più acuto, più bisognoso. E lo sentì anche Niall.
Le sue dita si fermarono proprio sull’orlo delle sue mutandine, il suo corpo si irrigidì completamente e le labbra si staccarono dal punto sotto l’orecchio di Eileen che stavano torturando.
«Oh merda, Dylan!» esclamò, ritirando in fretta la mano e staccandosi di qualche centimetro.
Eileen si sentì bollire completamente e sciolse l’abbraccio, spingendolo delicatamente per avere lo spazio di saltare giù dal divano e rimettersi in piedi.
«Devo…devo andare», quasi singhiozzò cercando di sistemarsi freneticamente, ringraziando il cielo che il buio nascondesse la sua espressione e il viso che sicuramente stava andando a fuoco.
«S-si, certo», balbettò Niall indietreggiando di qualche passo e chinandosi per prendere le candele che aveva lasciato cadere a terra.
Fece scattare un accendino e le accese, porgendone una ad Eileen, che evitò di guardarlo, ma inevitabilmente i suoi occhi caddero sulla mano che teneva la candela e le cedettero le gambe.
«I-io vado a recuperare un paio di torce dal sottoscala», balbettò ancora Niall. Eileen annuì freneticamente e schizzò verso le scale, mentre sentiva Dylan piangere e chiamare la sua mamma in preda al terrore.
«Eileen.» La voce titubante di Niall però la bloccò, costringendola a voltarsi di nuovo verso di lui.
La candela che teneva in mano illuminava il suo viso e i suoi occhi liquidi, le guance rosse e le labbra gonfie di baci.
«Adesso…adesso è successo qualcosa?» le chiese, attorcigliando le dita tra di loro. Eileen capì all’istante a cosa si riferisse e sentì il cuore scoppiarle nel petto.
«Adesso sì», rispose sorridendo convinta.
Allora Niall piegò le labbra in quel suo sorriso timido che era totalmente disarmate ed Eileen si sciolse, e dovette costringersi a voltarsi di nuovo e salire le scale, anche se la voglia di correre di nuovo da lui e baciarlo era talmente forte da farle girare la testa.








 




















CIAO, BELLEZZE! :)
Lo so che mi sto presentando dopo due capitoli di completo mutismo, ma mi ero promessa di non rovinare questa parte tutta rose e fiori della storia con le mie sclerate...solo che non ci sono riuscita, lol.
In teoria sarei dovuta ricomparire tra due capitoli, ma proprio non ce la faccio a non scrivervi quì e poi io amo questo capitolo sdcjsfadmgjvkdvn **
Finalmente (era anche ora!) posso dire che si sta entrando nel vivo della storia. Sono riuscita, almeno spero, a scrivere un capitolo degno del rating arancione, o almeno a far capire il motivo per il quale l'ho messo, dato che fino ad adesso oltre che a sguardi smielati non c'è stato nient'altro tra quei due ammmori :')
Comunque, vi avviso che questo è niente, in confronto a quello che ho riservato per il prossimo capitolo skdjhadfacjaj
Basta, non posso dirvi nient'altro u.u
Ah! Ovviamente, grazie di cuore a tutte le ragazze che continuano a seguire questa storia, a leggerla, a lasciare un proprio parere, ecc ecc.
Scusate, ma non riesco proprio a rispondere alle recensioni, devo scappare a studiare filosofia çç
Salvatemi, vi prego.
Comunque, grazie grazie grazie! Siete tutte dolcissime e mi fate venire la voglia di scrivere nonostante ho una stanchezza psicologica che neanche potete immaginare :')
Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere.
Tanto amore.
Sara.

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Capitolo 18
*** Broken shower. ***


18.  Broken shower.
 


 
 
«Adesso si». Quelle parole avevano danzato nella sua testa per tutta la notte, da quando Eileen le aveva pronunciate fin quando, stanco e con le palpebre pesanti, era crollato sul tappeto della cameretta di Dylan.
Due parole, quattro sillabe, tre vocali e un solo, importante e immenso significato.
Solo a ripensarci Niall sentiva il cuore gonfiarsi nel petto come la notte prima, rischiando di scoppiare e di fargli urlare quanto fosse felice in quel momento.
Perché si, era felice.
Non gli ci voleva molto a capirlo, gli bastava ricordarsi di come la sera prima aveva sorriso quando aveva visto Eileen prendere tra le braccia un tremante Dylan e cullarlo come se fosse la cosa più delicata al mondo, con quelle stesse braccia che fino a pochi minuti prima erano intorno a lui e tastavano, sfioravano e stringevano il suo corpo.
Aprì gli occhi di scatto quando sentì uno strano calore nel basso ventre e si tirò su, sedendosi e sbattendo più volte le palpebre per mettere bene a fuoco la stanza in cui si trovava.
La notte prima, dopo aver…passato il suo tempo con Eileen, erano entrambi corsi nella stanza di Dylan che, terrorizzato dal buio e dal temporale, esigeva la sua mamma che lo consolasse.
Ma Denise era lontana, così toccò ad Eileen cercare di calmarlo prendendolo tra le braccia e a Niall farlo addormentare raccontandogli una storia inventata sul momento.
Fortunatamente aveva tanta fantasia e la sua voce tranquilla e bassa aveva trasportato velocemente Dylan nel mondo dei sogni. Eileen non ci mise molto a seguirlo quindi a Niall non rimase altro che prendere un cuscino e stendersi accanto al letto dove si erano addormentati per non lasciarli soli in caso di altri eventuali attacchi di panico da parte di uno dei due.
Ovviamente lui ci mise molto di più a rilassarsi, semplicemente perché c’era un bisogno un po’ più urgente da mettere a tacere, ma che purtroppo non poteva accontentare. Per questo, dopo una veloce visita al bagno, si limitò a chiudere gli occhi e a provare a smettere di pensarci, anche se il sapore delle labbra di Eileen era ancora impresso sulle sue e Niall sentiva il calore del suo corpo sotto le mani come se la stesse ancora stringendo.
Fu nello stesso modo e con gli stessi bollenti pensieri che si svegliò la mattina dopo, una fitta alla schiena che lo colpì quando si tirò su di scatto e l’improvviso bisogno di una doccia gelata per tenere a freno gli istinti che si erano risvegliati di colpo alla sola vista di Eileen che dormiva sul letto abbracciata a Dylan.
La voglia di svegliarla, prenderla e ricominciare da dove erano stati interrotti era decisamente schiacciante, e non seppe con quale forza si costrinse a scappare da quella stanza e a schizzare in bagno per infilarsi immediatamente sotto il getto freddo della doccia.
Lì cercò di rilassarsi, serrando gli occhi e chiudendo fuori tutti i pensieri che riguardavano Eileen, baci bollenti e superfici orizzontali.
Prese un respiro profondo e riaprì gli occhi per strofinare con vigore la spugna sulla sua pelle, per togliere ogni traccia di quell’odore dolce, di camomilla, che non faceva altro che distrarlo e costringerlo a tornare al punto di partenza.
Passò freneticamente lo shampoo tra i suoi capelli, rimodellandoli come voleva lui e togliendo loro la forma che aveva lasciato Eileen con le sue piccole dita.
Si sciacquò vigorosamente il viso e la bocca, per togliersi quel dannato sapore dalle labbra.
Ma qualsiasi cosa facesse, quelli che proprio non riusciva a pulire ed eliminare erano i pensieri, che volavano sempre e inevitabilmente verso l’altra stanza.
Grugnì qualcosa infastidito e, leggermente più calmo, uscì in fretta dalla doccia e si asciugò, infilando i boxer maledicendosi per la sua distrazione e per essersi dimenticato di passare prima in camera a prendere i vestiti.
Prese un altro respiro profondo, posizionandosi davanti allo specchio e lavandosi velocemente i denti.
Poi allungò una mano verso la maniglia della porta, per uscire, ma quella si abbassò e Niall fece appena in tempo a rendersene conto che la porta gli arrivò in testa, colpendolo esattamente al centro della fronte e facendolo cadere all’indietro.
 Gli occhi si chiusero automaticamente, lui sbatté le palpebre per cercare di riaprili e ombre nere gli danzarono davanti, seguite dalla fitta che gli colpì la testa appena due secondi dopo.
«Ahi», soffiò portandosi una mano sulla fronte e sdraiandosi all’indietro, la stanza che cominciò a girare.
«Cazzo!». Quell’esclamazione gli arrivò dritta nelle tempie facendole pulsare, mentre si costringeva a socchiudere gli occhi per vedere Eileen in piedi davanti a lui con gli occhi spalancati e le mani davanti alla bocca.
Non sapeva se perché era stordito, ma gli sembrò dannatamente bella e se la testa non gli stesse girando vorticosamente, probabilmente si sarebbe già alzato per schiacciarla al muro e baciarla.
Quasi come se gli stesse leggendo nel pensiero e avesse improvvisamente deciso di aiutarlo nel suo intento, Eileen cadde in ginocchio accanto a lui, gli occhi verdi spalancati e le labbra piegate in una smorfia di scuse. Si accucciò accanto a lui e allungò una mano per sfiorargli la fronte, ma si fermò a due centimetri dalla sua pelle, probabilmente per paura di fargli male.
«Oddio, ti ho fatto male? Scusa, scusa! Oddio, guarda, hai tutta la fronte rossa!» squittì, parlando velocemente, muovendo le mani frenetiche senza però posarle da nessuna parte, le guance rosse e lo sguardo che si posava ovunque tranne che su di lui.
Niall la capì a stento, la testa che gli girava ancora. Si sforzò di alzare il busto da terra e mettersi seduto, strizzando gli occhi.
«Cookie, tranquilla, non fa male», mentì riaprendo gli occhi appena in tempo per vederla allungare le sue piccole mani verso di lui per poggiarne una sulla fronte e l’altra sulla sua spalla nuda.
Solo in quel momento si ricordò di avere addosso solo i boxer e l’inevitabile rossore gli colorò le guance, mentre il cuore aumentava i battiti e i pensieri poco casti tornavano a fare visita alla sua mente confusa.
«Ma si sta gonfiando!» protestò lei, arricciando le labbra e puntando lo sguardo sulla ferita. Niall deglutì a fatica e si costrinse a guardarla in faccia, per evitare che di nuovo perdesse il controllo di se stesso. Ma lei non gli stava di certo rendendo le cose facili, perché era schifosamente piegata su di lui e gli sarebbe bastato allungare un braccio per afferrarle i fianchi e tirarla del tutto sopra di lui.
«Adesso… ci metterò un po’ di ghiaccio», rispose con voce strozzata tossicchiando per schiarirsi la gola.
In quel momento Eileen incrociò il suo sguardo e lui capì che, anche se magari non esagerati come quelli che aveva lui, i suoi pensieri viaggiavano verso la loro stessa direzione.
Così non si stupì affatto quando la mano di Eileen non si spostò dalla sua fronte, continuò ad accarezzarla come se solo il suo tocco potesse guarirla, e sorrise soddisfatto quando lei avvicinò ancora di più i loro visi, l’espressione improvvisamente seria.
Niall trattenne il respiro e strinse i pugni per evitare di fare qualsiasi mossa azzardata.
«L’altro giorno Denise ha detto una cosa a Dylan…», iniziò Eileen quasi sovrappensiero e mordendosi il labbro probabilmente per trattenere un sorriso, ma quella mossa apparentemente innocente non fece altro che far perdere il controllo a Niall. La sua mano scattò a sfiorarle il fianco e lei rabbrividì, ma non si allontanò di un millimetro.
Le sue labbra erano così vicine alla fronte, che Niall intuì, nonostante il suo cervello stesse per abbandonarlo, a cosa si riferiva Eileen.
«Quando è caduto e si è sbucciato il ginocchio?» le chiese, la voce quasi flebile e stremata per quanto si stava trattenendo in quel momento. Eileen intrecciò di nuovo i loro sguardi e Niall si sentì completamente andare a fuoco quando lei gli sorrise.
«Si.»
«L’ho sentita», sospirò pregando con tutto se stesso che la finisse di parlare, perché non resisteva più.
Era talmente preso da quella situazione che il pensiero che il Niall Horan di due settimane prima non si sarebbe mai comportato così, non avrebbe mai sentito il disperato bisogno di una persona, non lo sfiorò minimamente.
Per lui in quel momento c’era solo Eileen, le labbra morbide a pochi millimetri dalle sue e il suo corpo decisamente troppo vicino per essere ignorato.
«Già. Com’era…?» cominciò lei, sorridendo quasi innocentemente e chinandosi ancora di più. I ricci biondi gli solleticarono le guance e lui socchiuse gli occhi, allungando anche l’altro braccio e circondandole la vita per attirarla ancora più vicino.
«Un bacio e passa tutto», rispose frettolosamente, il respiro corto e il cuore che ormai non lo sentiva più per quanto batteva veloce.
«Si.»
Finalmente Eileen eliminò la distanza tra di loro e lui si preparò a sospirare di piacere anche se sapeva che le sue labbra si sarebbero posate sulla sua fronte.
Invece lei lo stupì completamente, prendendolo in contropiede e premendo le labbra sulle sue già dischiuse, inondandolo del suo sapore dolce e del suo profumo alla camomilla.
Niall sentì lo stomaco attorcigliarsi, ma non fece in tempo neanche a far riprendere il suo cuore che Eileen si staccò, allontanandosi di poco e fissandolo con quegli occhi brillanti.
Niall boccheggiò e allungò il collo, in una tacita richiesta. Lei sorrise e scosse lentamente la testa, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle.
«Fa ancora male?» gli chiese, passandosi la lingua sulle labbra.
Lo sapeva, Niall sapeva che quello era un fottuto gesto innocente. Probabilmente lei l’aveva fatto per sentire ancora il sapore delle sue labbra, ma ormai il suo cervello era partito e non connetteva più. Per questo senza tanti indugi mormorò un frettoloso «Si», e la afferrò di slancio facendola praticamente crollare su di sé, per poi stringerle la nuca con la mano e incollare di nuovo le labbra sulle sue.
Con un calcio chiuse la porta del bagno, e quel gesto trasportò entrambi in un’altra dimensione.
La strada per incontrare la sua lingua ormai la conosceva bene, per questo non ci pensò due volte e neanche se ne accorse che praticamente non trovò nessuna barriera a interromperlo: era come se sapesse che anche Eileen non aspettava altro che quel bacio.
Proprio in quel momento la sentì sussultare e allora si costrinse ad uscire dalla sua bolla di confusione e a concentrarsi su quello che stava succedendo: le sue braccia erano intorno ai suoi fianchi e la sua veemenza l’aveva praticamente costretta a sdraiarsi completamente su di lui, le mani sul petto nudo, le gambe intrecciate alle sue.
Si accorse all’istante del piccolo, o meglio grande, dettaglio che l’aveva fatta sobbalzare e che premeva sul suo ventre, era stato così preso da lei e dalla sua bocca che non si era reso conto che anche altre sue parti del corpo si stavano risvegliando.
Si lasciò scappare un piccolo lamento quando Eileen provò a spostarsi portando inevitabilmente i loro bacini a sfiorarsi e facendo aumentare il piacere di Niall.
«Merda», la sentì borbottare mentre cercava di rimanere immobile.
Niall sospirò e aprì gli occhi, puntandoli nei suoi in quel momento così liquidi e pieni di desiderio. Le sue mani si intrufolarono sotto la maglia, le carezzarono la schiena facendola rabbrividire e lei di riflesso spostò le mani sul suo petto, sfiorando la pelle liscia e ancora leggermente umida.
«Cookie…» il suo fu quasi un lamento appena accennato, poi le sue labbra furono immediatamente occupate a fare altro.
Il fatto era che la sua pelle era dannatamente morbida, il suo sapore troppo dolce, il suo collo decisamente invitante, e lui non poteva fare a meno di lasciarci milioni di piccoli baci su ogni centimetro, per non perdersi niente di quella meraviglia che si era tenuta fin troppo a distanza.
Lei sospirò e per tutta risposta carezzò il suo petto con le mani, le fece risalire sulle spalle e poi le infilò tra quei capelli che lui aveva così tanto strofinato per togliergli la forma delle sue dita. Ma non si sarebbe mai rifiutato, perché sentire le sue mani vagare per il suo corpo, su qualsiasi parte del corpo, lo mandava in estasi.
A quel pensiero, una fitta di calore gli schizzò nel basso ventre e di riflesso il suo bacino si alzò leggermente da terra per incontrare quello di Eileen, che con un gemito, Niall non riuscì a capire se di protesta o piacere, lo baciò di nuovo facendo intrecciare le loro lingue in una danza quasi frenetica.
Il lontano squillo di un telefono lo distrasse leggermente, ma gli bastarono le dita di Eileen perse sulla sua pelle per farlo tornare nella loro bolla personale.
Si dedicò completamente a quel bacio fin troppo passionale e urgente rispetto a quello della notte prima, lasciando anche la sua di mano a vagare sulla schiena di Eileen, libera finché non incontrò l’ostacolo del gancetto del reggiseno.
Sentì Eileen sussultare e allora pensò che forse si era spinto fin troppo in là, che magari stava azzardando, ma poi in contemporanea al fermarsi delle sue dita sul gancetto, quelle di Eileen cominciarono a scendere pericolosamente, curiose, delicate e leggere.
A Niall scappò un singulto e proprio quando la mano di Eileen raggiunse l’elastico dei suoi boxer, il gancetto si slacciò e la mano di Niall poté riprendere a vagare libera per la sua schiena.
Niall pensò di essere pronto a tutto, arrivato ormai a quel punto, ma quando le labbra di Eileen si staccarono dalle sue e si posarono sul suo mento, corrugò le sopracciglia confuso e si immobilizzò, curioso di vedere e capire cosa le stesse passando per la testa.
Lei sembrò non accorgersi della sua confusione e scese, lasciandogli un bacio appena sotto al mento e poi uno sul collo e sulla gola.
E allora gli ultimi neuroni rimasti in vita nel cervello di Niall si scollegarono e si sentì andare completamente a fuoco quando capì quali fossero le sue intenzioni. Gli tremarono le mani e sentì un sorriso da ebete spuntargli sulle labbra, che poi si morse quando le dita di Eileen presero a giocare con l’elastico dei boxer, oltrepassandolo per un secondo e poi tornando in territorio sicuro.
«Eileen», gli scappò con tono strozzato ormai al limite della sopportazione.
Chiuse gli occhi e sibilò quando le sue labbra arrivarono sul petto, continuando la loro discesa. Lei si fermò e lui riaprì gli occhi di scatto, contrariato, per incontrare i suoi che lo fissavano divertiti, o maliziosi, così diversi da come erano di solito che quasi non li riconobbe.
«Che c’è?» mormorò, alzando di poco la testa e ritirando le mani, facendogli scappare un lamento di protesta che la fece sorridere e arrossire.
«Per…per favore», esclamò ormai allo stremo delle forze. Eileen lo guardò per qualche secondo e scoppiò a ridere per poi non permettergli di replicare tornando con le dita al punto di prima e oltrepassare quel dannato elastico senza preavviso, facendolo irrigidire e sospirare senza fiato.
«Per favore cosa?» soffiò, baciandolo appena sopra l’ombelico.
Niall ebbe una specie di spasmo e le sue mani scattarono ad artigliare i fianchi di Eileen, la sua pelle calda che voleva saggiare con le labbra.
Ma in quel momento era completamente immobilizzato, aveva anche paura a muoversi, perché non voleva che lei smettesse per niente al mondo, qualsiasi cosa avesse in mente di fare.
E le labbra di Eileen continuavano a scendere e la sua mano…oh, la sua mano era calda, morbida, quasi timida.
«Cos’hai Niall?» insistette lei, esigendo una risposta alla domanda che Niall non aveva nemmeno sentito.
«Mmh.»
Non era capace di dire altro in quel momento, aveva il cervello in panne, il cuore ormai andato e il respiro  talmente corto che aveva paura di morire soffocato.
La guardò per un attimo e vide gli angoli delle sue labbra piegarsi appena prima che queste si posassero sull’ultimo lembo di pelle al di sopra dei boxer.
Ormai era al limite, gli mancava pochissimo per scoppiare davvero, in tutti i sensi, e probabilmente Eileen se ne accorse, perché lo aiutò e lo portò direttamente al paradiso. Perché era così che si sentì Niall in quel momento: in paradiso.
Sospirò beato ed Eileen tornò a stendersi su di lui, ritirando le mani e nascondendo il viso nel suo collo, sicuramente imbarazzata o forse pentita.
Ma Niall non voleva saperlo, così la strinse a sé con fare protettivo, baciandole la fronte e rilassandosi chiudendo gli occhi.
Non sapeva cosa avrebbe dovuto dire in quel momento. “Grazie” gli sembrava troppo banale, addirittura squallido. E non aveva neanche intenzione di pensare a frasi che chiedevano se avesse bisogno di essere ricambiata.
Così si limitò a stingerla in silenzio, finché quello strano squillo che aveva sentito anche prima non tornò a risuonare fuori dal bagno, per essere seguito da piccoli passi sulle scale e infine dal bussare leggero alla porta.
Si immobilizzò all’istante, sbarrò gli occhi ed Eileen si tirò su di scatto, mentre lui realizzava che quello squillo era del telefono di casa e che fuori dalla loro bolla c’era un mondo intero che loro avevano lasciato in pausa.
«Lee il telefono», la vocina di Dylan oltre la porta lo costrinse a tornare in sé e a schizzare in piedi con la stessa velocità di Eileen, che nel frattempo si stava lavando le mani.
«Arrivo, tesoro.»
La sua voce era roca, spezzata e a Niall balzò il cuore in gola.
Così fu quasi costretto ad afferrarle il polso prima che lei aprisse la porta del bagno, a tirarla di nuovo verso di sé e a scoccarle un bacio sulle labbra chiuse.
Eileen tremò e lui le carezzò la guancia con un sorriso prima di lasciarla andare, leggermente instabile sulle gambe e con il viso arrossato.
«Lee.»
Dylan bussò di nuovo alla porta e lei si voltò di scatto, aprendola e trovandosi davanti il bambino che la guardò curioso piegando la testa di lato.
«Il telefono», borbottò lui guardando poi Niall che tentò di nascondersi dietro la porta, spaventato di poterlo traumatizzare.
«Si, certo, rispondo subito!» squittì, schizzando fuori dal bagno e correndo a rispondere al telefono prima che questo smettesse di squillare.
«Oh, ciao Denise! Si scusa io…ero sotto la doccia», la sentì balbettare mentre Dylan se ne stava ancora lì davanti alla porta ad osservarlo.
Niall si sentì arrossire davanti a quell’espressione seria sul viso di un bambino e tentò di sorridergli incoraggiante.
«Sì, tutto bene. Anche qui, è andata via la corrente!» borbottò ancora Eileen.
«Perché tu e Lee eravate in bagno?» gli chiese Dylan, distraendolo dalla voce della ragazza. Niall deglutì a fatica e si lasciò scappare una mezza risata isterica.
«Ehm, si era…si era rotta la doccia e Lee aveva bisogno d’aiuto», improvvisò sorridendo incoraggiante.
Dylan lo osservò per un altro paio di secondi, poi alzò le spalle e se ne andò, annoiato da quella conversazione e stranito dall’imbarazzo dello zio.
Niall chiuse gli occhi e sospirò di sollievo chiudendo la porta del bagno, questa volta a chiave, per farsi la seconda doccia della giornata.
 
 
 
 
Dylan balzò giù dalla sedia non appena Eileen gli diede il permesso di farlo, facendo sospirare di sollievo Niall che non sopportava più le continue lamentele del ragazzino che voleva tornare a giocare.
Avevano appena finito di mangiare il pranzo che lui aveva preparato, chiudendosi in cucina per evitare di stare nella stessa stanza di Eileen, e Dylan era di nuovo scappato, lasciandoli soli come Niall aveva paura facesse.
Non che non volesse rimanere solo con lei, il problema era che non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi e semplicemente a intavolare una conversazione senza saltarle addosso.
Ma il bambino era corso via senza pensarci due volte e lui aveva ripiegato sullo sparecchiare per evitare di guardarla in faccia.
In silenzio, tolse tutto dalla tavola, poggiando i piatti e le posate nel lavandino che Eileen cominciò a riempire per poterli lavare.
Stranamente non si sentì in imbarazzo quando la affiancò e le tolse il primo piatto insaponato dalle mani per sciacquarlo, dimezzandole il lavoro e aiutandola, in modo che finisse presto per tornare sotto la supervisione di Dylan, dove non avrebbero potuto fare niente se non guardarsi e al massimo sorridersi.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Eileen alzò il viso verso di lui e intrecciò i loro sguardi per poi sorridere e arrossire.
 Niall non fece in tempo a riattivare il cervello che lei tornò a concentrarsi sul piatto che le era appena scivolato dalle mani ricadendo nel lavandino e schizzandola leggermente.
Sospirò e lo prese poi dalle sue mani, sfiorando leggermente la sua pelle e rabbrividendo.
«Cookie», cominciò non riuscendo più a trattenersi. Eileen sussultò e di nuovo le sfuggì quello che stava tenendo tra le mani.
Niall si sentì arrossire al pensiero di quanto invece fossero salde e attente quelle mani in altre situazioni e improvvisamente gli andò di traverso la saliva costringendolo a tossire convulsamente.
Eileen alzò il viso di scatto e, con le mani ancora insaponate, corse a dargli dei colpetti sulla schiena per farlo riprendere.
«Cosa ti prende?» gli chiese, quando lui tornò a respirare, le guance rosse e gli occhi lucidi.
«Niente, niente, scusa», mormorò frettolosamente passandosi una mano tra i capelli per poi sforzarsi di sollevare le labbra in un sorriso.
«Tutto bene, sicuro?»
«Si, io...volevo solo…», prese un bel respiro e puntò gli occhi in quelli verdi e attenti di Eileen. Lei aspettò in silenzio che continuasse, mordendosi il labbro inferiore e facendolo inevitabilmente parlare.
«…parlare!» esclamò infine, esalando un ultimo respiro profondo.
Gli occhi di Eileen si spalancarono e il sangue le colorò furiosamente le guance. Indietreggiò di qualche passo, poggiandosi con le mani al bordo del lavandino per tenersi in equilibrio, senza però distogliere lo sguardo da lui.
«Di cosa?» replicò con voce strozzata. Niall sospirò, cercando di tenere a freno gli istinti che cercavano di spingerlo ad avvicinarsi, prendere il suo mento tra le dita e saggiare di nuovo il sapore dolce delle sue labbra già deliziosamente dischiuse.
Come se di nuovo gli avesse letto i pensieri, serrò le labbra e fece un altro passo indietro, gli occhi inquieti e l’espressione vagamente imbarazzata.
«Di quello che…» la vibrazione del cellulare nella tasca dei jeans lo fece bloccare. Aggrottò le sopracciglia e sbruffò, prendendo poi il cellulare per leggere il messaggio che gli era appena arrivato.
 
Qui è una merda, la persona più giovane ha settant’anni e i ragazzi sono tutti in vacanza con le loro fidanzate. Rimaniamo solo noi Nialler, vuoi essere la mia ragazza?
-H.
 
Gli scappò un sorriso, pensando al viso corrucciato di Harry mentre scriveva il messaggio, sbagliando più volte i tasti a causa delle dita troppo grandi e lunghe.
Un’ondata di ricordi lo travolse e si ritrovò a scuotere la testa divertito, capendo che quella fosse una tacita richiesta di aiuto.
Quando alzò lo sguardo trovò Eileen a fissarlo con espressione curiosa e si strinse timidamente nelle spalle, sorridendole.
«E’…un mio amico, credo abbia bisogno di me», spiegò. Eileen sbatté più volte le palpebre e annuì vigorosamente.
«Oh. Beh, allora chiamalo.»
«Si, ma…»
«Abbiamo tempo per parlare, Niall», lo interruppe lei con un sorriso dolce facendogli fermare il cuore.
«Okay», mormorò titubante lui sapendo che probabilmente se non l’avesse fatto lui, lei non avrebbe mai riaperto il discorso.
Non tanto per il gesto stesso che aveva fatto, ma per quello che comportava emotivamente. Una strana paura gli chiuse lo stomaco e lo costrinse a voltarsi appena prima di uscire dalla cucina.
«Ehi!» la chiamò, la voce leggermente tremante. Quando lei si voltò di nuovo verso di lui e lo guardò negli occhi, Niall si tranquillizzò all’improvviso.
«E’ tutto apposto, però? Cioè…non torni ad ignorarmi, vero?».
Eileen sorrise, scuotendo la testa.
«No.»
Niall si rilassò all’istante e lasciò affiorare quel sorriso beato sulle sue labbra, sospirando di sollievo.
«Bene. Torno tra poco», borbottò frettolosamente per poi uscire in fretta di casa e prendere il cellulare per comporre il numero di Harry.
Come se lo stesse aspettando, l’amico rispose al primo squillo.
Sapeva che Niall c’era sempre, ad ogni singola richiesta d’aiuto, e che si poteva sempre e inevitabilmente contare su di lui.
«Nialler, non sai quanto sono felice di sentirti!» la voce roca di Harry lo avvolse, facendolo automaticamente sorridere.
«Che succede, Hazza?»
«Che succede?! Mi chiedi che succede? Niente! Assolutamente niente! Da quando sono tornato a casa sembra che tutti i giovani di questo posto se ne siano andati», sbottò facendo aumentare il divertimento di Niall mentre lo immaginava gesticolare animatamente come era solito fare quando parlava.
«Sono tre settimane che non vedo un paio di tette, Niall. Sto andando in crisi», a quelle parole dette con un tono decisamente troppo serio Niall scoppiò a ridere di gusto, scuotendo la testa.
«Sei sempre il solito pervertito, Hazza», commentò quando riuscì a frenare un minimo le risate. Sentì il suo amico sbruffare e di nuovo immaginò il suo viso imbronciato e le sopracciglia corrugate dalla frustrazione.
«Certo, è facile parlare per te! Lì in Irlanda sarà pieno di ragazze, mentre io qui ho a che fare con tutte vecchie ottantenni che mi vietano anche di sentire la musica in casa mia! Ma ci rendiamo conto?»
Niall di nuovo non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, facendo grugnire infastidito Harry, che minacciò di chiudergli il telefono in faccia se non avesse smesso all’istante.
«Okay, okay mi calmo», si arrese infine Niall asciugandosi gli occhi e scompigliandosi i capelli.
«Bene. Perché non ho bisogno anche delle tue prese per il culo. Ci ha già pensato Liam a mandarmi una foto di lui e Sophia felicissimi sotto la tour Eiffel», sputò con rabbia rischiando di far di nuovo scoppiare a ridere Niall.
«Perché non vieni a stare un paio di giorni da me?» propose di getto, senza pensarci due volte.
D’altra parte Denise non si sarebbe fatta problemi e lui sentiva davvero la mancanza del suo amico, di convivere con lui e di sgridarlo perché girava sempre per casa in mutande.
Harry rimase in silenzio, stupito dalla proposta.
«Mmh», mormorò pensandoci e riflettendo su tutti i pro e i contro.
«Beh, in effetti non sarebbe una cattiva idea: mamma è in vacanza con Robin, Gemma non c’è mai a casa, nessuno sentirebbe la mia mancanza. E l’Irlanda mi piace», elencò con la sua voce roca e strascicata.
Niall sorrise, capendo che gli avrebbe detto di sì.
«E dimentichi che qui ci sono io e non vedi l’ora di rivedermi», aggiunse con tono altezzoso.
Harry ridacchiò.
«Certo, certo, anche quello», acconsentì con voce annoiata. Niall schioccò la lingua e alzò gli occhi al cielo.
«Allora?» chiese. Sentì Harry sospirare, come se ci stesse ancora pensando.
«Credo che prenoterò un volo last minute. Voglio essere lì il prima possibile!»
«Così ti voglio, amico! Fammi sapere a che ora arrivi e vengo a prenderti all’aeroporto», gli disse.
«Okay, perfetto.»
Niall sorrise ancora e cominciò a tornare indietro, accorgendosi solo in quel momento che preso dalla conversazione si era allontanato fin troppo da casa.
«Ehi, Niall», lo chiamò Harry cambiando tono di voce e assumendo quello che solitamente voleva dire “So che mi stai nascondendo qualcosa, sputa il rospo o lo scopro da solo”, e Niall deglutì improvvisamente nervoso.
«Che c’è?» sibilò. Quasi immaginò Harry sfoggiare quel suo sorriso malandrino contornato dalle fossette che gli davano un’aria innocente che non gli apparteneva affatto.
«Ti stai dando da fare tu, vero? Ti ricordo che noi siamo gli ultimi due single e abbiamo tutti gli occhi puntati su di noi», mormorò infatti con voce maliziosa.
«E quindi?»
«Quindi», gli fece il verso, «Basta schioccare le dita per averne almeno dieci ai tuoi piedi, biondino.»
«Harry, quante volte te lo devo dire che…» provò a riprenderlo, con voce esasperata, ma l’amico lo interruppe all’istante.
«Non ricominciare, le vacanze sono fatte apposta per divertirsi! Ma tranquillo, se la tua anima da frate ti ha frenato fino ad adesso, ci penserò io a risvegliare il lato animale che c’è in te», gli assicurò con voce provocante. Niall scosse la testa divertito da quelle parole, sapendo che alla fine Harry non avrebbe combinato proprio un bel niente.
Lui era un tipo tutte parole, gli piaceva dire, raccontare, immaginare.
Ma poi alla fine non faceva niente di tutto quello che diceva, perché lui non era come si mostrava: era totalmente diverso dall’immagine che le persone si erano create di lui, solo che a forza di fingere per non deludere le aspettative si era disabituato ad essere se stesso.
«Sì Harry, sì. Come vuoi tu», lo prese in giro facendolo grugnire divertito.
«Vedrai. Adesso ti lascio Nialler, vado a cercare un volo. Se ho un po’ di fortuna domani sarò già lì», e quella sembrò quasi una minaccia.
Nel frattempo Niall era arrivato al vialetto di casa e stava salendo le scale che portavano alla porta d’ingresso.
«Non vedo l’ora», replicò prima di sentirlo scoppiare a ridere e poi chiudere la chiamata.
Sospirò e aprì la porta con un gran sorriso, l’idea che il suo amico il giorno dopo sarebbe stato lì che gli metteva il buonumore.
«Che succede?» gli chiese Eileen quando lui la raggiunse in salone e si accomodò sul divano accanto a Dylan che guardava la tv.
Niall la guardò senza smettere di sorridere e lei ricambiò, contagiata da tutta quella felicità.
«Domani arriva Harry, starà qui per qualche giorno», annunciò quasi gongolando. Il sorriso di Eileen si allargò e Dylan si avvicinò a lui curioso di sapere di più su quella novità.
«Sembri felice», commentò Eileen facendolo ridacchiare.
«Scherzi? Sono elettrizzato! Ti piacerà, è uno dei miei migliori amici!» esclamò, cingendole istintivamente le spalle con il braccio. Eileen arrossì furiosamente e si sforzò di sorridergli.
«Certo.»
«Si, sono proprio felice, Cookie», continuò lui avvicinandosi di slancio e stampandole un piccolo bacio sulle labbra, senza preavviso e senza preoccuparsi che Dylan li stava guardando con espressione confusa.
Era felice in quel momento, quasi non riusciva a credere che tutto sembrasse andare nel verso giusto.
Era felice e non vedeva l’ora che Harry arrivasse, senza immaginare che la sua presenza non sarebbe affatto stata positiva e piacevole come pensava.



















 























 
LALALA! Ciao dolcezze :)
Allora, vado di corsa che devo andare agli allenamenti.
Inizio con il ringraziare infinitamente tuuuutte le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, siete tutte dolcissime e scusate, scusate, scusate ma non riesco proprio a rispondere, ho i minuti contati! çç
Pppppoi...beh, che dire sul capitolo?
Spero che dica abbastanza senza miei commenti, e che vi piaccia asfghjkle
Anche perchè, non dovrei ma ve lo dico lo stesso, momenti come questo non ci saranno tanto presto.
Quindi godetevi i due che per adesso sono nel mondo degli unicorni e arcobaleni e preparatevi all'arrivo del nostro Hazza :')
Detto questo, me ne vado.
Ancora grazie a chiunque segua questa storia, siete importanti dalla prima all'ultima.
Fatemi sapere cosa ne pensate :3
Tanto amore.
Sara.

 

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Capitolo 19
*** Harry Styles. ***


19. Harry Styles.
 
 
 


Quella mattina Niall la salutò con un «Buongiorno!» quasi urlato, un sorriso talmente raggiante da arrivare a illuminargli gli occhi e un entusiasmo che per poco non la fece morire.
Eileen doveva ricordarsi di spiegarli, magari quando si sarebbe ripresa, o quando lui avesse smesso di abbracciarla, che non poteva prenderla in quel modo di prima mattina perché il suo cervello non era ancora abbastanza sveglio per sopportare tutte quelle emozioni.
E forse il fatto che ancora non fosse nel pieno delle facoltà mentali le risparmiò un infarto quando Niall, sciogliendo l’abbraccio ad una velocità sconvolgente e prendendole il viso tra le mani con lo stesso slancio, le baciò dolcemente le labbra.
Eileen rimase totalmente spiazzata, ma lui non se ne curò, o più probabilmente era troppo felice e su di giri per farsi scalfire dalle sue solite reazioni fredde.
Quindi premette le labbra sulle sue come se fosse questione di vita o di morte e la strinse a sé, respirando profondamente e poi lasciandola andare.
Eileen barcollò leggermente all’indietro, sentendo spuntare un sorriso ebete sulle labbra che sapevano ancora del sapore di Niall, e lui scoppiò a ridere sorreggendola per un gomito.
«Ancora nel mondo dei sogni, Cookie?» le chiese, con la sua voce squillante e allegra. Eileen sbatté più volte le palpebre cercando di attivare la sua materia grigia e scosse la testa.
«Sembra che tu abbia visto un fantasma», commentò Niall con un'altra risata, dandole un buffetto sulla guancia per poi indugiare con le dita sulla sua pelle liscia fino ad arrivare a sfiorarle le labbra con il pollice, facendole dischiudere tremanti.
«E’ tutta questa allegria che mi…scombussola, di prima mattina», balbettò posandosi una mano sul cuore e schiarendosi la gola. Niall scoppiò di nuovo a ridere, strappandole un sorriso automatico, e ritirò la mano facendo un saltello eccitato.
Sembrava un bambino il giorno di Natale quando scopre che sotto l’albero il pavimento è pieno di pacchi regalo.
«Lo so, ma sta arrivando Harry, e io non vedo l’ora!» esclamò, abbagliandola con un altro sorriso,  «Non vedo i miei amici da troppo tempo.»
«Ci credo, sono contenta», annuì Eileen sciogliendosi completamente alla vista di Niall così entusiasta.
Il viso era totalmente acceso dal suo sorriso, gli occhi gli brillavano, le guance erano rosse e la sua espressione troppo dolce per permetterle ancora di trattenersi.
Approfittando del fatto che fossero ancora vicini e che Niall avesse le braccia alzate al cielo, guizzò verso di lui e gli circondò la vita con le braccia.
Non sapeva da dove venisse quello slancio di affetto e dolcezza, sapeva solo che il bisogno di sentire il calore di Niall contro di sé era troppo forte per essere messo a tacere.
«Vedrai quanto ci divertiremo insieme, Cookie», le sussurrò lui all’orecchio per niente sorpreso a differenza sua di quel gesto. La abbracciò a sua volta come se fosse la cosa più naturale del mondo e le lasciò un bacio tra i capelli.
Eileen sussultò e rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva, quando le mani di Niall le carezzarono delicate la schiena.
«Certo», gracchiò schiarendosi la gola. Lo sentì sospirare ed era sicura del fatto che stesse sorridendo.
Ne ebbe la conferma quando lui dopo qualche secondo sciolse l’abbraccio e la guardò con occhi brillanti.
«Dylan si è svegliato? Perché ieri ha detto di volermi accompagnare a Dublino a prenderlo», le chiese avviandosi verso la camera di Dylan. Eileen prese due respiri profondi per riprendersi e poi gli corse dietro, bloccandolo prima che aprisse la porta e trasmettesse il suo entusiasmo a un Dylan ancora addormentato.
«No, sta ancora dormendo», gli disse e lui si fermò, posando gli occhi su di lei. Eileen lo guardò un po’ titubante, non sapeva esattamente come prendere il fatto che Niall volesse portare con sé Dylan.
Cioè, quello stava a significare che fosse scontato che lei da baby sitter quale era dovesse andare con lui?
E aveva il permesso di farlo?
«Ma…hai avvisato Denise? Io non so se…», cominciò balbettando e gesticolando animatamente. Niall ridacchiò e le bloccò le mani con le sue.
«Si, tranquilla. Ha detto che va bene se lo porto con me. E poi torneremo presto; il tempo di andare a Dublino, prendere Harry e tornare», le assicurò con l’ennesimo, grande sorriso.
Eileen si tranquillizzò all’istante, anche se una piccola punta di delusione si impossessò di lei. La ignorò, non capendo a cosa fosse dovuta, e si allontanò dalla porta davanti alla quale si era piazzata per lasciare libero il passaggio a Niall.
«Oh, okay», mormorò in un soffio distogliendo lo sguardo e voltandosi per non far vedere la sua espressione a Niall, non sicura di cosa ci avrebbe trovato esattamente.
Ma lui, ovviamente, non la lasciò fare.
Sembrava come se avesse sviluppato in quegli ultimi giorni una specie di potere psicologico che gli faceva capire ogni volta che c’era qualcosa che non andava in Eileen.
Prima che lei potesse allontanarsi troppo le afferrò il polso e la costrinse a voltarsi verso di lui. Le lanciò uno sguardo intenso, dannatamente timido e speranzoso.
Il cuore di Eileen partì come al solito verso mondi sconosciuti e sentì le gambe farsi di gelatina; se Niall non avesse smesso di fissarla in quel modo sarebbe crollata a terra.
Ma poi Niall parlò, e con una titubanza che fece fare le capriole al suo stomaco le chiese:
«Vuoi venire anche tu?»
Per un secondo la sfiorò l’idea di accettare, di andare a Dublino con lui, di salire in macchina e chiacchierare tutto il tempo. Magari poi fermarsi a quella gelateria che le aveva fatto vedere Riley e rilassarsi con lui, lontana da Mullingar e da tutti i ricordi e le paure che conteneva.
Ma poi si ricordò che Niall andava lì per un preciso motivo, che non sarebbero stati soli e che lui aveva bisogno di passare un po’ di tempo con il suo amico.
Quindi distolse velocemente lo sguardo e scosse la testa, accennando un sorriso, anche se la voglia di tapparsi la bocca e andare con lui era terribilmente schiacciante.
«No io…io vi aspetto qui. Magari passo a trovare Riley…», balbettò incerta lanciandogli uno sguardo di sottecchi.
Niall si irrigidì improvvisamente e i suoi occhi si assottigliarono un poco. Eileen non capì bene il motivo di quella reazione, ma non ne ebbe neanche il tempo perché mentre Niall mormorava un «Okay» poco convinto, la porta della camera davanti alla quale stavano parlando si aprì e ne uscì Dylan, l’espressione assonnata e il passo ciondolante.
«Ehi, piccolo!» esclamò Niall, ritrovando all’istante il sorriso.
Dylan si stropicciò un occhio con la manina e fece un piccolo sorriso.
Eileen dimenticò all’istante tutto il resto e le venne automatico chinarsi davanti a lui per scompigliargli i capelli, o prenderlo in braccio, o fare qualsiasi altra cosa perché in quel momento era dannatamente tenero.
Peccato che a Niall venne la stessa idea, quindi si ritrovarono entrambi accucciati davanti a Dylan, che sbarrò gli occhi sorpreso, sentendosi probabilmente in imbarazzo.
I due si lanciarono uno sguardo e si sorrisero, poi Niall prese in braccio Dylan e si alzò. Eileen fece lo stesso e si allungò per accarezzargli il viso, facendogli arricciare il naso divertito.
«Allora, piccolino, ci andiamo a prendere lo zio Harry che arriva con l’aereo?» chiese Niall, scendendo le scale con Dylan in braccio, che si illuminò all’istante in un sorriso.
«Si, si!» esclamò, battendo le mani, «Andiamo a vedere l’aereo, Lee!».
La ragazza ridacchiò e Niall le sorrise, prima di posizionare Dylan su una sedia mentre Eileen lo aiutava a fare colazione.
«Sarà bellissimo, vedrai», mormorò scompigliandogli i capelli. Dylan le regalò un ampio sorriso mettendo in mostra la sua fossetta sul mento e poi, ubbidiente e silenzioso come non era mai stato, cominciò a mangiare la sua colazione.
Niall si schiarì la gola per attirare l’attenzione di Eileen e quando lei alzò lo sguardo lui le sorrise, indicando le scale dietro di sé.
«Io vado a sistemare la camera, Harry dormirà con me», le spiegò passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
«Ci…ci pensi tu a Dylan?»
«Certo, finito qui lo vesto e sarà pronto per uscire», annuì Eileen improvvisamente impacciata.
Niall scrollò le spalle e con un altro sorriso sparì sulle scale, lasciandola sola con il bambino che continuava a saltellare impaziente sulla sedia.
Almeno, per quella mattina, sarebbe stata tranquilla e avrebbe potuto rilassarsi.
E poi in quel modo avrebbe anche avuto il tempo di ripensare a tutto quello successo negli ultimi due giorni, a mettere in chiaro le idee e ad accorgersi che quello che provava per Niall in quel momento era decisamente più forte di quanto sospettasse.
 
 
 
 
Odiava rilassarsi. Aveva pensato che starsene da sola le sarebbe piaciuto, ma la casa era terribilmente silenziosa, decisamente troppo grande e lei non sapeva cosa fare per passare il tempo.
Niall e Dylan erano usciti da un’ora passata, probabilmente erano arrivati da poco a Dublino e quindi nel giro di un’altra ora sarebbero tornati. A meno che non si fossero fermati a mangiare, o a fare il giro della città.
Per l’ennesima volta sbruffò, stiracchiandosi sul divano in cui aveva passato almeno gli ultimi quaranta minuti, spegnendo la tv e lanciando il telecomando il più lontano possibile da lei, stanca di fare zapping e cercare qualsiasi cosa di divertente da guardare.
Tanto era inutile, non sarebbe riuscita a concentrarsi su niente: i suoi sentimenti in quel momento si dividevano tra l’impazienza di rivedere gli occhi e il sorriso di Niall rivolto solo a lei, e la curiosità di conoscere questo fantomatico Harry.
Che poi alla fine un po’ già lo conosceva, aveva visto la sua faccia ovunque. Ma non le piaceva giudicare le persone al primo sguardo, quindi oltre che aveva un bel paio di occhi verdi e ricci scuri che le sembravano soffici, non poteva dire altro di lui.
Sbuffò di nuovo, infastidita dai suoi pensieri che viaggiavano ad una velocità troppo elevata per i suoi gusti, e quasi senza accorgersene si ritrovò con il cellulare in mano.
Prima che potesse fare qualche idiozia, premette il primo tasto delle chiamate rapide e portò il telefono all’orecchio, sperando che il suo amico rispondesse e riuscisse almeno un po’ a distrarla.
«Ehi, Leen!» esclamò Riley dopo almeno dieci squilli, con la voce talmente alta da perforargli il timpano, costringendola ad allontanare di un poco il telefono.
«Ciao, Ry», rispose sorridendo automaticamente. Sentì uno strano trambusto dall’altra parte della cornetta e corrugò le sopracciglia.
«No, quella dalla a me, Heidi!» esclamò a voce di nuovo troppo alta.
«Ma che stai combinando?»
«Oh, scusa Leen. Stiamo preparando le valigie e cercando di mettere più roba possibile nelle scatole. Non ho idea di come ci siano entrate tutte queste cose in questa casa», borbottò frettolosamente.
Eileen si immobilizzò del tutto, mentre una strana paura cominciò a congelarle il cuore.
«Perché dove…dove andate?» chiese con voce acuta.
«Oh», mormorò Riley, poi il completo silenzio. Come se quella parola avesse lanciato un allarme, anche il rumore di sottofondo si fermò, facendole capire che avessero smesso di fare qualsiasi cosa stessero facendo.
«Che significa, “Oh”?» chiese ancora Eileen, intuendo già il tutto, aspettando che fosse Riley a darle la botta finale.
Se ne sarebbe andato, lo sapeva.
Come sapeva che prima o poi sarebbe successo e che non doveva esserne sorpresa.
Però non pensava fosse così tanto prima.
Lo sentì sospirare e allora chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente al senso di nausea, nostalgia e solitudine che avrebbe provato di lì a pochi minuti.
Riley era l’unica persona che le era rimasta, aveva soltanto lui come alleato contro il mondo intero.
Se ne sarebbe andato, lei sarebbe rimasta sola.
«Leen», cominciò. «Sapevi che sarebbe successo. A ottobre iniziano le lezioni, so che ti sembra presto, ma Heidi vuole andare adesso. Dobbiamo organizzarci, abituarci alla vita lì, cercare lavoro», mormorò con voce stanca e sofferente come se quelle parole dovesse tirarle fuori a forza, perché sapeva che dicendole stava facendo del male alla sua amica, l’ultima cosa che voleva.
«Oh», replicò Eileen sentendo lo stomaco chiudersi in una morsa stretta.
«Quando…quando andate?» si costrinse a chiedere.
«Partiamo domani sera.»
Una coltellata dritta al cuore le avrebbe fatto meno male.
Partivano la sera stessa in cui lei sarebbe dovuta tornare a casa, dove avrebbe rivisto Mark. E magari lui l’avrebbe aggredita di nuovo.
Ma questa volta non ci sarebbe stato Riley a salvarla.
Lui aveva la sua vita, una ragazza a cui pensare e non poteva occuparsi di lei per sempre.
E anche se Dublino non era certo dall’altra parte del mondo, Eileen sapeva che niente sarebbe stato più come prima. La lontananza li avrebbe separati, avrebbe congelato i sentimenti tra di loro e presto Riley non si sarebbe più sentito responsabile della sua felicità.
Lo sapeva, ma pensare che non avrebbe più potuto contare sulla persona che gli aveva fatto da famiglia per tutti quegli anni, faceva male e la spaventava, perché non aveva idea di dove l’essere sola l’avrebbe portata.
A quel pensiero sussultò e sentì gli occhi pizzicare, così si costrinse a deglutire e a ricacciare giù le lacrime: non poteva piangere per ogni cosa che le succedeva, doveva imparare ad essere forte e ad affrontare la vita, da sola.
«B-bene. Buon viaggio, allora», si costrinse a dire. Riley sospirò di nuovo e quasi immaginò la sua espressione sofferente e dispiaciuta.
«Non devi fingere che vada bene, Leen. Lo so che non va bene questo per te.»
«Non importa quello che va bene per me, Riley», ribatté lei prontamente stringendo la mano a pungo e sospirando pesantemente per impedirsi di piangere almeno finché non avesse attaccato.
«Ha ragione Heidi, dovete entrare nella vostra nuova vita. E dovete farlo al più presto.» Senza riuscire a trattenerlo, le scappò un singhiozzo e si portò immediatamente la mano davanti alla bocca, sperando che Riley non l’avesse sentito.
Tutti i suoi sforzi non erano serviti a nulla: le lacrime erano state più forti di lei e in quel momento scorrevano beffarde sulle sue guance, appannandole la vista e facendola tremare.
«Dio, Leen, non fare così», mormorò Riley con voce strozzata.
Eileen scosse la testa e chiuse gli occhi.
«Va tutto bene. Non pensare a me, và ad aiutare Heidi, o dirà che le hai lasciato fare tutto il lavoro pesante», gli disse azzardando una risata che non fece altro che farlo preoccupare ancora di più.
«Eileen…»
«Io devo…devo andare adesso», lo interruppe lei aprendo gli occhi di scatto al rumore di una macchina che entrava nel vialetto.
Si asciugò in fretta le guance e pregò che Niall non si accorgesse che avesse pianto, non aveva la forza per rispondere alle sue sicure domande.
«Leen», la richiamò Riley con una nota esasperata nella voce.
Le si strinse il cuore a capire quanto fosse un peso per il suo amico e scosse di nuovo la testa, come se lui potesse vederla.
Sentì i passi nel vialetto e la risata squillante di Niall le fece balzare il cuore in gola.
«Davvero, è tornato Niall, con Dylan. Devo lavorare», disse frettolosamente. Riley sospirò, per niente convinto della sua giustificazione.
«Va bene. Ma stasera ti richiamo, dobbiamo parlare.»
«Non capisco di cosa, ma fai come vuoi.»
«Leen…» questa volta era davvero esasperato, ma Eileen non aveva tempo per discutere con lui, doveva lasciarlo andare.
«Devo andare. Ciao.»
«Ti voglio bene», ci riprovò Riley con voce dolce, ma ormai Eileen era distratta dalla porta di casa che si stava aprendo.
«Si, lo so. Salutami Heidi», lo declinò con fretta e decisione.
«Certo.»
Chiuse la chiamata e spense il telefono, infilandolo nella tasca posteriore dei jeans corti proprio nel momento in cui la voce allegra di Niall le arrivava alle orecchie.
«Siamo a casa, Cookie!»
Il primo che entrò nella stanza fu Dylan, che con passo saltellante schizzò tra le sue braccia già pronte ad accoglierlo.
«Ciao, piccolo», mormorò baciandogli la fronte. Dylan ridacchiò e le pizzicò la guancia, stringendo poi le braccia attorno al suo collo.
Il cuore di Eileen si sciolse completamente e tornò a sorridere, poi le comparì Niall davanti agli occhi e allora dimenticò tutto il resto del mondo.
Lui le sorrise e avanzò verso di lei, ma man mano che si avvicinava il suo sorriso si spengeva e gli occhi gli si facevano sempre più preoccupati.
Eileen deglutì a fatica, capendo che Niall si era accorto all’istante dei segni del suo pianto di poco prima.
Corrugò le sopracciglia, piegando un poco la testa di lato.
«Ehi, tutto bene?» le chiese con voce apprensiva. Eileen scrollò le spalle e si costrinse a sorridere, guardando poi Dylan per evitare gli occhi di Niall.
«Si, certo. Allora Dylan, com’era l’aereo?» gli chiese fingendosi entusiasta. Dylan si illuminò e batté le mani.
«Grandissimo, Lee! E bello», esclamò estasiato.
«Non tanto comodo aggiungerei. E con scarso personale», si aggiunse una voce sconosciuta, roca e quasi rilassante. Gli occhi di Eileen guizzarono verso la direzione da cui proveniva e incontrarono immediatamente quelli verdi di quello che non poteva che essere Harry Styles.
Non appena posò lo sguardo su di lui, si ritrovò a fissarlo completamente, dalla testa ai piedi, come se non potesse farne a meno.
Capì subito che Harry era un tipo piuttosto attraente, uno di quei ragazzi che se ti passavano vicino per la strada non potevi non girarti a guardarli.
Era di una bellezza sconvolgente, quasi assurda, che ti spingeva a chiederti se fosse reale.
E sicuramente ne era consapevole, perché non appena si accorse dello sguardo fisso di Eileen su di sé, le labbra piene si piegarono in un sorrisetto impertinente e due graziose fossette gli spuntarono sulle guance, dandogli un’aria assurdamente tenera, in contrasto con gli occhi grandi che avevano un non so che di provocante.
«Questo è perché a te piace solo lamentarti, Harry», intervenne Niall spezzando inconsapevolmente quello scambio di sguardi e riportando Eileen alla realtà, facendola arrossire e abbassare gli occhi su Dylan per evitare di ricadere nella trappola.
«Perché erano finiti i posti in prima classe», replicò Harry con la sua voce roca.
Lo sguardo di Eileen schizzò nuovamente su di lui, ma poi Niall ridacchiò e il suo cuore si fermò, costringendola a guardarlo per non perdersi neanche un istante di quella risata. Niall era bellissimo quando rideva ed era impossibile non guardarlo e non sorridere con lui.
Lui si accorse degli occhi di Eileen fissi su di sé e le sorrise al volo, facendola arrossire. Si avvicinò a lei e poi si voltò verso Harry, indicandola.
«Ah, Harry, lei è Eileen.»
Deglutendo rumorosamente, Eileen si costrinse ad incrociare nuovamente gli occhi magnetici di Harry e si sforzò di sorridergli, mentre lui la guardava da capo a piedi arricciando le labbra probabilmente per trattenere un sorriso.
Si voltò un secondo verso di Niall, che fissava Harry con aria divertita e con un sopracciglio alzato, allora si tranquillizzò e tornò a guardare il riccio, che le sorrise.
«Oh, certo. Eileen, è un piacere conoscerti. Non ti stupire se so già tutto di te, Niall non ha chiuso un attimo la bocca durante tutto il viaggio in macchina», le disse facendo qualche passo avanti per porgerle la mano.
Eileen la strinse senza indugiare, lanciando uno sguardo di sottecchi a Niall che arrossì e lanciò un’occhiataccia all’amico.
«Hazza», sibilò. Harry gli lanciò uno sguardo innocente e alzò le spalle.
«Che vuoi? Io sono un tipo sincero, lo sai», si giustificò per poi lasciare la mano di Eileen e farle l’occhiolino.
Lei ridacchiò e Niall arrossì ancora di più, mentre Dylan scalciava leggermente costringendo Eileen a metterlo giù.
Mentre lui si sedeva sul tappeto e recuperava le sue macchinine per giocare, Harry si passò una mano tra i capelli, scompigliandosi ancora di più i ricci senza forma precisa e si guardò intorno curioso.
Nel frattempo Niall si avvicinò a Eileen e le lanciò uno sguardo di scuse, lei gli sorrise scrollando le spalle e tornò ad osservare Harry curiosa.
«Allora, dov’è che dormo?» chiese infine lui, probabilmente arrendendosi al fatto che la casa era troppo grande per trovare da solo la sua camera. Niall alzò gli occhi al cielo ed Eileen ridacchiò, scuotendo la testa divertita e sedendosi accanto a Dylan.
«In camera con me, amore.»
«Oh, fantastico!» esclamò Harry, «L’importante è che tu tenga le tue manacce apposto, amore.»
Eileen tossicchiò per nascondere un’altra risata; quei due insieme erano due completi idioti, ma era piacevole sentirli battibeccare in quel modo, era ovvio che si volessero un mondo di bene.
«Senza offesa, Hazza, ma non sei decisamente il mio tipo», gli disse Niall con voce saccente. Harry scoppiò a ridere di gusto ed Eileen lo guardò, mentre piegava la testa all’indietro e si portava le mani grandi sullo stomaco.
«Non avevo dubbi, Nialler. Qui l’abbiamo capito chi è esattamente il tuo tipo», replicò lanciando un’occhiata languida ad Eileen, che arrossì violentemente.
«Okay, basta, porta il tuo culo secco sulle scale», si spazientì Niall, spingendolo lontano da lei e facendolo ridere più forte. Eileen distolse lo sguardo, mentre Harry alzava le braccia davanti a sé a mo’ di resa.
«Come vuoi. Prendi la valigia», disse poi a Niall che si bloccò fissandolo con le sopracciglia alzate.
Harry come se nulla fosse gli indicò il borsone abbandonato accanto alla porta e Niall scosse la testa esasperato.
«Puoi anche scordartelo.»
«Che razza di ospitalità, biondino!» esclamò Harry fingendosi oltraggiato e posandosi una mano sul cuore. Niall roteò gli occhi al cielo e gli diede un’altra spintarella.
«E’ esattamente quella che meriti», borbottò.
«Certo, certo». Harry prese la sua valigia e si voltò un’ultima volta per scoccare un sorrisetto ad Eileen, prima di salire le scale e sparire.
Niall lo seguì con lo sguardo, un sorriso affettuoso e sincero sulle labbra, poi si voltò di nuovo verso Eileen e sospirò.
Lei gli sorrise e lui si chinò accanto a lei, carezzando i capelli di Dylan che faceva scontrare in silenzio la macchinina contro quella che Eileen teneva in mano.
«Prima mi ha chiamato Denise, ha detto che tornano domani pomeriggio perché il loro volo è stato cancellato per un motivo che non ho ben capito. Sai quanto parla veloce quando è agitata», le disse Niall osservandola attentamente.
«Oh, okay», esclamò Eileen stupita, tranquillizzandosi all’istante perché in quel modo poteva passare un’altra notte fuori casa, lontana da Mark.
«Ha detto se non è un problema per te fermarti un’altra notte», continuò Niall stringendosi timidamente nelle spalle. Eileen gli sorrise e scosse la testa.
«No, non c’è problema. E poi…non posso certo lasciare Dylan.»
«Ma ci sarei io!» esclamò lui, corrugando le sopracciglia davanti alla sua occhiata maliziosa.
«E’ proprio quello il problema», replicò lei alzando il mento e mordendosi il labbro per non scoppiare a ridere. Niall spalancò la bocca.
«Ah, fai anche la spiritosa adesso?» esclamò, avventandosi su di lei per farle il solletico. Lei scoppiò a ridere e cercò di fermare le sue mani che si muovevano sui fianchi, ma Niall continuò imperterrito, ridacchiando.
«Niall, quando hai detto che avrei dormito con te, intendevi nello stesso letto?» la voce quasi spaventata di Harry proveniente dal piano di sopra li interruppe e Niall alzò gli occhi al cielo, sbruffando e lasciando andare Eileen che si tirò su ancora ridacchiando.
«Vado a vedere cosa sta combinando», borbottò alzandosi in piedi, non prima di averle però carezzato la guancia.
Eileen arrossì e si perse per un secondo in quel paio di occhi azzurri che la fissavano con una dolcezza quasi disarmante.
«Okay», annuì deglutendo.
Niall le sorrise di nuovo e poi schizzò su per le scale.
«Certo amore, così potrò stringerti a me tutta la notte!» lo sentì urlare. Scoppiò a ridere scuotendo la testa, ascoltando le proteste oltraggiate di Harry e pensando che sicuramente in quei giorni si sarebbe divertita e che finalmente aveva trovato qualcuno che non l’avrebbe fatta più sentire sola.
 
 
 
Si rigirò per l’ennesima volta nel letto, aprendo gli occhi e sbattendo le palpebre nel buio più totale.
Quella notte non riusciva proprio a prendere sonno.
Dopo aver passato l’intero pomeriggio a ridere con Harry, che non si era trattenuto dal prendere in giro Niall neanche per un secondo, quasi le faceva male la pancia.
Tutti e tre insieme avevano portato Dylan a fare una passeggiata al parco, Niall l’aveva fatta quasi morire quando, sotto gli sguardi arrabbiati di tutti i bambini, aveva insistito per scendere lo scivolo con Dylan in braccio.
Lei e Harry si erano guardati scuotendo la testa sconsolati e, una volta raggiunto il suo obiettivo, Niall li aveva costretti a tornare a casa per buttarsi in piscina.
Eileen era rimasta seduta sul bordo, per controllare la situazione e tenere d’occhio Dylan che con i suoi braccioli giocava in acqua con Harry e Niall.
Molto presto si era persa ad osservare ogni singola mossa del biondino: non l’aveva mai visto così felice e spensierato ed era una gioia per le orecchie sentire così spesso la sua risata squillante e contagiosa.
Se sapeva che avrebbe potuto bearsi di tutta quella bellezza e spensieratezza gli avrebbe detto prima di chiamare il suo amico Harry che, con le sue battute un po’ ambigue ma divertenti, lo aveva trasformato in tutt’altra persona.
Eileen allora si era chiesta come sarebbe stato vederlo con tutti e quattro i suoi  amici insieme, era curiosa e pensò che magari un giorno sarebbe potuto capitare.
Magari lui per il compleanno di Dylan che cadeva ad agosto avrebbe potuto invitarli, Eileen era curiosa di conoscere anche quella sua parte di vita e quella parte di Niall.
Erano quei pensieri che in quel momento le ronzavano nella testa impedendole di addormentarsi.
Dopo che Dylan era crollato, si era ritirata in camera anche lei, sentendo poi dai passi sulla scale che Harry e Niall l’avevano seguita poco dopo, probabilmente stanchi anche loro.
Ma nonostante il silenzio che avvolgeva completamente la casa e la stanchezza che le faceva pesare le palpebre, non riusciva proprio ad addormentarsi; era quel senso di inquietudine che provava costantemente al pensiero che sarebbe dovuta tornare a casa e che tutta quella tranquillità presto sarebbe finita.
Improvvisamente due colpi delicati alla porta la fecero sobbalzare. Si mise seduta sul letto di scatto e accese la luce sul comodino, fissando la porta e cominciando a pensare di essersi immaginata quel rumore.
Ma poi questa cominciò ad aprirsi lentamente, facendo entrare un po’ della luce accesa in corridoio.
Quando la testa bionda di Niall spuntò tra il muro e la porta si tranquillizzò leggermente.
«Cookie, posso entrare?» le chiese con un sussurro, aprendo un po’ di più la porta.
«Niall? Che ore sono?» chiese lei sorpresa del fatto che anche lui fosse ancora sveglio. Lui sospirò e finalmente entrò nella camera, chiudendosi la porta alle spalle.
«Le due. Stavi dormendo?» le chiese, avvicinandosi al letto. Lei lo guardò negli occhi cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa, ma lui sospirò di nuovo, quasi abbattuto.
«No.»
«Incubi?» chiese ancora, alzando di nuovo gli occhi su di lei e sedendosi sul bordo del letto, il più lontano possibile dal suo corpo rannicchiato sotto il lenzuolo.
«No.»
«Eri strana prima, quando siamo rientrati. Cosa ti è successo?» le chiese allora lui, fissandola senza ritegno. Lei arrossì e si maledisse per aver acceso la luce. Scosse la testa e distolse lo sguardo.
«Niente, Niall, non importa», mormorò. Allora lui si strinse le gambe al petto e poggiò il mento sulle ginocchia, continuando a guardarla con quell’aria timida che la fece quasi sciogliere.
«Puoi dirmelo, lo sai.»
«Non ne voglio parlare», replicò lei al suo sussurro. Lui schioccò la lingua infastidito.
«Odio quando ti chiudi dietro quel muro», borbottò lanciando un’occhiataccia ai suoi piedi scalzi. Eileen corrugò le sopracciglia e sentì il cuore perdere un battito, intuendo che Niall l’aveva capita più di quanto pensasse.
«Quale muro?» chiese con voce stridula. Niall tornò a guardarla e sospirò ancora.
«Quello che ti sei costruita intorno.»
«Non c’è nessun muro intorno a me.»
«Allora parlami», la sfidò piegando le labbra in un sorriso. Questa volta fu il turno di Eileen di sospirare abbattuta, capendo che Niall l’aveva fregata e anche che aveva bisogno di parlare con qualcuno, e non c’era nessuno migliore di Niall con cui poterlo fare.
«Riley se ne va», cominciò assumendo la stessa posizione di Niall, rannicchiandosi il più possibile e lanciandogli uno sguardo di sottecchi. Lui rimase in silenzio, così lei continuò.
«Si trasferisce a Dublino. A ottobre inizia l’università, Heidi vuole andare adesso per ambientarsi e abituarsi alla vita lì.»
«Heidi?» chiese Niall, corrugando leggermente le sopracciglia.
«La sua ragazza. Hanno comprato casa insieme», spiegò. Niall sembrò stupito, ma anche stranamente rassicurato.
«Oh. Non pensavo che…insomma voi due…» balbettò. Eileen lo guardò con un sopracciglio alzato, capendo vagamente dove volesse andare a parare.
«Cosa pensavi, Niall?»
«Non lo so, che…»
«Che io e Riley fossimo più che amici? E secondo te io mi sarei avvicinata in quel modo a te se fosse stato cosi?» chiese con una punta di ostilità e incredulità nella voce. Niall arrossì, accorgendosi della gaffe, e scosse la testa facendole un piccolo sorriso di scuse.
«No, hai ragione.»
Eileen ricambiò il sorriso e si strinse nelle spalle, poggiando di nuovo il mento sulle ginocchia.
«E’ il mio migliore amico. Solo amico.»
«Forse io non posso essere solo amico con te», sussurrò Niall tra sè e sè, troppo piano e con troppa titubanza da far capire ad Eileen che non voleva essere sentito.
Così lei ignorò la fitta allo stomaco e il cuore che si fermò per qualche secondo a quelle parole e rimase in silenzio, lanciandogli uno sguardo di sottecchi.
«Comunque, Dublino non è poi così lontana. Posso portarti io quando vuoi», aggiunse finalmente lui riacquistando la sua vitalità, alzando gli occhi e facendole uno splendido sorriso che lei non poté fare a meno di ricambiare.
«Sei gentile, Niall.»
«Lo so, Gentile è il mio secondo nome», esclamò lui per poi scoppiare a ridere e trascinare anche lei.
Dopo un po’ Eileen si calmò e scosse la testa divertita, mentre Niall si lasciava andare ad un sonoro sbadiglio.
«Hai sonno», commentò lei mentre lui si stropicciava con le dita gli occhi chiusi.
«Sì», mormorò sbadigliando di nuovo.
Eileen sorrise intenerita dalla scena e piegò un po’ la testa di lato.
«E allora perché sei ancora sveglio?»
«Harry russa. Me l’ero dimenticato», uno sbadiglio lo interruppe e lui sbatté le palpebre guardandola,  «E scalcia durante il sonno, Dio solo sa quello che si sogna. E’ praticamente impossibile dormire con lui» mormorò, poi chiuse gli occhi e poggiò la testa sul materasso.
«Posso…posso addormentarmi qui? Mi faccio piccolo piccolo e giuro che io non russo»
«Puoi fare quello che vuoi, Niall. Non è mio il letto», rispose lei sorridendo ancora e sentendo il cuore scoppiare davanti a tutta quella tenerezza.
Aveva una voglia quasi bruciante di abbracciarlo e stringerlo fino a togliergli il respiro.
«No, ma ci dormi tu», replicò lui con voce secca.
Lei si strinse nelle spalle e non rispose, allora lui sbadigliò di nuovo e si girò a pancia in giù, orizzontalmente rispetto a lei e con i piedi all’altezza dei suoi.
«Okay, lo prendo come un sì perché sono troppo stanco per alzarmi», borbottò lui schiacciando la guancia sul materasso e facendola ridacchiare.
«Buonanotte, Cookie», mormorò con un sospiro.
«’Notte», replicò lei allungandosi per spengere la luce. Posò la testa sul cuscino e si rannicchiò, ascoltando il respiro regolare di Niall.
Passarono qualche minuto in perfetto silenzio, tanto che Eileen pensò si fosse addormentato, poi però sentì la sua mano strisciare verso il centro del letto e allora lei allungò il braccio per afferrarla e intrecciare le dita tra le sue.
Pensò che quello le sarebbe bastato, ma sapere Niall così vicino a lei la metteva in agitazione e le loro mani intrecciate non facevano altro che farle desiderare di più. Così sciolse la presa, sgusciò fuori dal lenzuolo e strisciò accanto a lui.
Si rannicchiò accanto al suo fianco e passò un braccio intorno alla sua schiena.
Niall si girò verso di lei ed Eileen si avvicinò ancora di più, intrufolando il viso nell’incavo del suo collo. Niall la strinse automaticamente a sé con fare protettivo e lei finalmente si rilassò.
«Che c’è?» le bisbigliò tra i capelli, carezzandole la schiena. Lei tremò leggermente e si strinse ancora di più a lui.
«Niente. Non posso abbracciarti?»
Dal tremore del suo petto capì che stava ridacchiando, così sorrise anche lei mentre lui le carezzava i capelli.
«Puoi farlo quando vuoi, Cookie. Tutte le volte che ne hai bisogno.»
«Grazie, Niall», sussurrò lei sentendo gli occhi pizzicarle senza motivo, il cuore gonfio e lo stomaco chiuso.
«E’ un piacere», replicò lui lasciandole un bacio tra i capelli.
«Bisogna che mi trovi un soprannome, Cookie», mormorò lui dopo qualche minuto passato in un silenzio talmente rilassante che Eileen stava quasi per scivolare nel mondo dei sogni.
La voce assonnata di Niall la fece sobbalzare e lui automaticamente la strinse ancora più forte.
«Ci penserò», gli disse sbadigliando. «Adesso dormi.»
Niall non rispose, lei si rannicchiò ancora di più e insieme finalmente si addormentarono.













 

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Capitolo 20
*** Misunderstanding. ***


20. Misunderstanding.
 
 



Niall aveva sempre pensato che non ci fosse niente di più bello, delizioso e confortante di trovarsi nella sua casa di Londra, seduto accanto ad Liam che lo guardava schifato, mentre lui divorava il cibo da asporto proveniente direttamente dal suo ristorante preferito.
Liam, ogni volta che lui chiamava e si faceva portare almeno mezza riserva del ristorante, gli ripeteva che quelle erano solo schifezze che prima o poi gli avrebbero fatto scoppiare il fegato.
Ma Niall lo ignorava sempre, ripetendogli che quelle erano le uniche cose che riuscivano a riempirgli lo stomaco e a farlo sentire finalmente completo, pronto ad affrontare un’intera giornata piena di impegni.
Ed era vero, che la mattina riusciva ad alzarsi dal letto solo se Liam ordinava la colazione direttamente da Nando’s, qualsiasi cosa questa comprendesse.
Ma quella mattina, lontano da Londra, lontano da Liam e dalle sue vecchie abitudini, anche senza l’odore di cibo spazzatura a inondargli le narici, Niall si sentì completo.
Capire il motivo gli fu semplice, non ebbe neanche bisogno di aprire gli occhi per sapere che quello sarebbe stato il risveglio migliore di sempre. Gli bastò rendersi conto che se sentiva caldo in quel momento, tanto da farlo sudare e smaniare per togliersi la maglietta e tornare a dormire come faceva sempre, era perché stretto a lui c’era qualcun altro.
Qualcuno che dormiva profondamente, la testa incastrata nel collo di Niall, le braccia strette al petto e le gambe intrecciate alle sue.
Niall sentì il cuore schizzargli in gola rischiando di farlo strozzare e allora, con uno sbadiglio, si costrinse ad aprire gli occhi, attento a non muoversi e a non disturbare la ragazza che dormiva beata tra le sue braccia.
Appena posò gli occhi su di lei, sulle sue palpebre chiuse, le labbra leggermente sollevate agli angoli e il viso rilassato come non l’aveva mai visto, sorrise automaticamente.
Stranamente non aveva fame, non sentiva il bisogno di andare a fare colazione come avrebbe fatto qualsiasi altra mattina, voleva solo starsene lì, con le braccia attorno a lei e la sua piccola mano stretta alla sua maglietta.
Se fosse stato per lui non si sarebbe mai alzato, non finché non avesse visto gli occhi di Eileen aprirsi e la sua espressione a ritrovarsi tra le sue braccia.
Voleva sapere cosa provava lei nei suoi confronti, voleva essere sicuro che non gli fosse più così tanto indifferente, in qualche modo voleva essere rassicurato e smettere di sentirsi come l’unico che portava avanti qualsiasi cosa ci fosse tra di loro.
Ma, più di tutto, non voleva sentirsi solo.
Se fosse stato per lui l’avrebbe continuata a stringere fino all’eternità, ma evidentemente i suoi voleri non interessavano a nessuno, perché il rumore di una porta che sbatteva e qualcosa che rotolava a terra nel corridoio sgretolò tutta la magia e la dolcezza del momento.
Sbruffò piano, odiando chiunque fosse stato a far cadere qualsiasi cosa fosse caduta, rischiando di svegliare quella meraviglia che mugugnò qualcosa e si rigirò dando le spalle a Niall.
Allora a quel punto si decise a sciogliere l’abbraccio, le lasciò una piccola carezza tra i capelli e balzò giù dal letto, affrettandosi ad uscire dalla camera e a fulminare Harry con lo sguardo, che ricambiò con un sorrisetto furbo, prima di chinarsi a raccogliere il suo Iphone da terra.
«Harry», sibilò passandosi una mano tra i capelli mentre quello si accertava che il suo telefono funzionasse ancora.
Poi si grattò la pancia nuda e puntò i suoi occhi verdi su Niall, scoccandogli un altro sorrisetto.
«Oh, ecco dov’eri! Avevi detto che avremmo dormito insieme, invece mi sono svegliato solo», lo accusò con finto tono melodrammatico. Niall alzò gli occhi al cielo e gli fece segno di abbassare la voce, afferrandogli un braccio e trascinandolo lontano dalla camera di fronte alla quale stavano parlando.
«Non è colpa mia se russi e ti prendi tutto lo spazio. Per poco non finivo con il culo per terra», replicò. Harry scoppiò a ridere e si scompigliò i ricci con entrambe le mani.
«E quindi hai preferito dormire sul divano?» chiese, lanciandogli uno sguardo talmente malizioso che Niall capì al volo che Harry lo stava mettendo alla prova. Era evidente che fosse al corrente del fatto che non avesse affatto dormito sul divano, dopotutto l’aveva appena visto uscire dalla camera da letto.
«No, Harry, non ho dormito sul divano», rispose con un sussurro lanciandogli un’occhiata di sottecchi e arrossendo suo malgrado. Harry si morse il labbro inferiore probabilmente per evitare di ridere e lo fissò alzando un sopracciglio.
«E dove hai dormito, allora? Traditore!» lo accusò puntandogli un dito contro.
Niall roteò gli occhi al cielo e si lasciò scappare un sorriso, schiaffeggiando la mano tesa verso di lui e sorpassandolo per raggiungere le scale.
«Se stanotte non ti prenderai tutto il letto mi farò perdonare, tranquillo», scherzò voltandosi appena per lanciargli un sorrisetto degno del suo.
Harry scoppiò a ridere e scosse la testa, agitando i suoi ricci scomposti per poi sistemarli di nuovo con le mani, nella mossa che faceva sospirare ogni volta qualsiasi ragazza lo stesse guardando.
«Se mi assicuri che avrò la ricompensa, potrei anche pensarci», replicò alzando e abbassando le sopracciglia con fare malizioso.
Niall alzò gli occhi al cielo e scosse la testa divertito, indicandogli la sua camera.
«Vai a vestirti, Harry, non puoi girare anche qui in mutande», lo ammonì guardando contrariato il suo petto e le gambe lunghe nude.
Harry si schiaffeggiò la fronte, continuando a prenderlo in giro.
«Oh, giusto. Dimenticavo che abbiamo qualcuno che potrebbe morire vedendo tutto questo ben di Dio», ammiccò indicandosi.
Niall alzò di nuovo gli occhi al cielo, mordendosi la lingua per evitare di farsi scappare qualche battuta troppo tagliente, e senza dirgli nient’altro scese le scale a due a due, per arrivare in cucina e andare diretto dal suo primo grande amore: il frigorifero.
Harry lo raggiunse qualche minuto dopo, con un paio di jeans corti al ginocchio e una maglia troppo larga che lasciava intravedere le rondini tatuate sul petto.
Niall lo guardò, ma Harry non fece in tempo a dire niente che Dylan, arzillo ed entusiasta già di prima mattina, si precipitò per le scale e con un sorriso smagliante abbracciò le gambe di Harry rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
«Zio Harry!» esclamò alzando gli occhietti vispi per guardarlo. Harry, ritrovato l’equilibrio, sorrise e gli batté delicatamente la mano sulla testa, facendolo ridacchiare.
«Ecco, si è svegliato il ragazzino», commentò mentre questo continuava a stringergli la gamba costringendo Harry a trascinarlo fino alla sedia, dove si accomodò lasciando Dylan arrampicarsi in braccio a lui.
Niall ridacchiò osservando la scena e la smorfia infastidita che fece Harry quando Dylan, con una risata squillante, gli tirò i capelli.
«Ti adora», commentò rimediandosi una sua occhiataccia mentre cercava di scrollarselo di dosso.
«Che fine ha fatto la baby sitter?» si lamentò Harry, mentre Dylan gli si arrampicava sul petto per infilare il dito in una delle sue fossette. Niall scoppiò a ridere mentre Harry sbruffava e si lasciava torturare dal bambino.
«Lasciala stare, sta ancora dormendo», rispose lasciandosi scappare un piccolo sospiro e, ci avrebbe potuto giurare, un mezzo sorriso da ebete.
Harry schioccò la lingua e lo guardò male.
«E chi si occupa di questo piccolo koala?» chiese ancora, sforzandosi di sorridere mentre Dylan continuava a punzecchiargli le guance. Niall si strinse nelle spalle e inghiottì con un solo boccone un paio di biscotti.
«Noi», rispose con naturalezza. Harry sbarrò gli occhi e lo guardò a bocca aperta.
«Cosa?! Non avevi detto che non volevi avere certe responsabilità?»
Niall fece spallucce e scacciò le sue proteste con un gesto nella mano, inghiottendo un altro biscotto.
«Che sarà mai, Hazza? Anche Eileen ha bisogno di riposare, ci pensiamo noi al bambino», biascicò con la bocca piena. Harry scoppiò in una risata quasi isterica.
«Ah-ah. Togli il ‘noi’; nipote tuo, problema tuo», esclamò afferrando Dylan sotto le ascelle e porgendoglielo come se fosse un semplice bambolotto. Niall gli lanciò un’occhiataccia mentre Dylan scalciava nel vuoto e lo prese in braccio, stringendoselo al petto.
«Ma che razza di amico sei tu?»
Harry alzò le braccia davanti a sé a mo’ di resa.
«Uno che non vuole avere niente a che fare con urla, capricci e crisi isteriche.»
«Ma se tu adori i bambini!» gli ricordò Niall lanciandogli un’occhiata esasperata.
«Si, quando non sono sotto la mia responsabilità e posso mollarli quando voglio», replicò al volo lui, interrotto all’ultimo dallo scatto della tv che si accendeva nell’altra stanza e da una musica familiare che riempiva l’aria.
«Peppa Pig!» urlò Dylan scalciando per essere messo a terra da Niall e schizzando in sala proprio nel momento in cui Eileen faceva il suo ingresso in cucina, i pantaloncini troppo corti e la canottiera stropicciata. Sorrise al bambino quando le passò accanto e poi alzò gli occhi, tranquilli e solo leggermente assonnati, per incrociare immediatamente quelli di Niall.
«Buongiorno», salutò lanciando un’occhiata veloce ad Harry, per non sembrare completamente scortese, poi però tornò a perdersi nello sguardo di Niall, che le sorrise dolcemente.
«Ciao, Cookie», le disse sentendo il cuore gonfiagli il petto e lo sguardo di Harry perforargli la guancia.
«Cookie? Che razza di nome è?» esclamò Harry attirando l’attenzione. Niall finalmente riuscì a distogliere gli occhi da quelli magnetici e profondi di Eileen, per lanciare un’occhiataccia a Harry, che li fissava con il suo solito sorrisetto impertinente sulle labbra.
«E’ un soprannome, Hazza», precisò. Il sorrisetto si allargò e Harry alzò le spalle. Poi alternò lo sguardo da Niall a Eileen, alzando le sopracciglia in modo scettico e incrociando le braccia. Niall deglutì rumorosamente, capendo al volo che Harry stava per tirare fuori qualche osservazione che li avrebbe messi sicuramente in imbarazzo.
«Non c’è troppa confidenza tra voi due?» chiese infatti. Niall lasciò andare il respiro con uno sbuffo e sentì il sangue colorargli le guance, mentre Harry sfuggiva il suo sguardo per tenere gli occhi puntati su Eileen, per osservare ogni sua singola reazione.
Niall la sentì trattenere il respiro per qualche secondo e poi rispondere «Siamo solo amici.» con voce leggermente titubante e flebile. Gli occhi di Niall scattarono su di lei, che abbassò i suoi e arrossì.
Fece una smorfia, trovando quella osservazione assurdamente offensiva.
Non erano solo amici, non per lui almeno. E glielo aveva anche detto.
Quando Harry tossicchiò, Niall tornò a guardarlo, improvvisamente annoiato, e lo fulminò, stringendo i pugni.
«Certo certo», commentò lui ignorando la rabbia dell’amico e aprendosi in un altro sorriso tranquillo.
«Nialler, ho caldo», lo informò. Niall sospirò e scosse la testa sconsolato. Non c’era niente da fare, quel ragazzo aveva sbalzi d’umore capaci di concorrere con quelli di una donna in menopausa, ormai lo sapeva bene.
«Harry, la piscina è lì per quello», replicò decidendo di lasciar correre per quella volta. Harry gli scoccò un sorriso innocente, mettendo in mostra le sue fossette, e si strinse nelle spalle.
«Mi sembrava brutto non chiedere il permesso.»
A quel punto Niall scoppiò a ridere e scosse la testa, passandosi una mano sopra agli occhi.
«Perché questo a te sembra chiedere il permesso?!» esclamò, lanciando una veloce occhiata ad Eileen quando la sentì ridacchiare sottovoce. Harry sbuffò e allora Niall tornò a guardare verso di lui, che stava roteando gli occhi al cielo.
«In un certo senso.»
«Sei un caso perso», commentò lanciandogli un’occhiata sconsolata e rimediando un suo sorriso divertito.
«Perso in una piscina con l’acqua fresca, babe», precisò alzando un dito e assumendo un’espressione seria per circa due secondi, perché poi scoppiò a ridere da solo e, scompigliandosi i ricci, si diresse a passo veloce verso la piscina.
Quando sparì oltre la porta che dava sul giardino sul retro, Niall si rilassò e si sentì finalmente libero di incrociare gli occhi di Eileen e di sorriderle come avrebbe voluto fare da quando aveva sceso quelle scale.
Lei incrociò il suo sguardo e sembrò avere la sua stessa reazione, si lasciò andare ad un sospiro e le sue labbra piene si piegarono all’insù, mentre le guance le si arrossavano leggermente.
Niall fece un passo verso di lei, attratto come se fosse una calamita, ma la frase che seguì quel momento di silenzio smontò tutti i suoi piani.
«Ho tempo per una doccia veloce?» chiese lei, arrossendo ancora di più e fissandolo quasi speranzosa. Lui sbatté le palpebre leggermente confuso e annuì automaticamente, rimediando un altro suo splendido sorriso.
«Certo Cookie, non devi neanche chiederlo», esclamò. Lei alzò le spalle e lo guardò di sottecchi.
«Ci pensi tu a Dylan?»
«Cookie», mormorò alzando gli occhi al cielo. Lei sorrise ancora e fece un piccolo saltello.
Niall la trovò adorabile e si ritrovò a sorridere come un ebete.
«Dieci minuti e torno», assicurò mordendosi indecisa il labbro inferiore. Niall sbruffò e scacciò le sue parole con un gesto secco della mano, addolcendo il tutto con un sorriso dolce.
«Hai tutto il tempo che vuoi, tranquilla», sussurrò prima che lei annuisse e con un altro piccolo sorriso, saltellando, si girò e salì le scale per poi sparire in bagno.
Niall sospirò e cercò di tornare in sé e regolarizzare il respiro.
Se doveva essere sincero, quella mattina non sapeva proprio come comportarsi, non aveva idea di che atteggiamento assumere con Eileen e di come spiegare ad Harry qualsiasi cosa ci fosse tra loro.
Ed era decisamente imbarazzato dalla possibile reazione di Harry e dal fatto che sicuramente, qualsiasi cosa gli avesse detto, sarebbe corso a spifferarlo ai ragazzi.
Non che si vergognasse o che volesse tenerlo segreto per sempre, sentiva solo che Eileen era una cosa sua, che non voleva condividere con nessun altro.
O forse la sua paura era anche che, dato il fatto che Harry, ma soprattutto Louis, non sapevano tenere la bocca chiusa, le voci avrebbero potuto cominciare a girare. Sarebbe bastata una parola di troppo per scatenare l’inferno che a volte erano le menti delle loro fan e lui non era ancora pronto ad affrontarlo.
Non per qualcosa che non era ancora ben definito e sicuro.
Quando Eileen, esattamente dodici minuti dopo, scese le scale e li raggiunse in giardino, Harry stava cercando di imparare a Dylan a rimanere a galla, mentre Niall se ne stava seduto su una sdraio a strimpellare la sua chitarra.
Appena sentì dei passi veloci ma leggeri scendere le scale, Niall puntò gli occhi sulla porta, aspettando impaziente di vedere Eileen varcarla e, quando lei lo fece, con un paio di pantaloncini di jeans chiari e una semplice canottiera bianca, Niall sorrise automaticamente.
«Eccomi», esclamò Eileen ignorando tutti e tutto, perdendosi negli occhi di Niall che la fissavano luminosi, quasi a voler catturare esattamente ogni singolo dettaglio, per non lasciarsi scappare niente di quella meraviglia.
«Sei in ritardo di due minuti, Cookie», scherzò lui mettendo subito da parte la sua chitarra e alzandosi in piedi mentre lei si avvicinava al bordo piscina, tirandosi su i ricci e legandoli con un elastico, lasciando scoperta la linea morbida e pallida del collo.
Niall deglutì a fatica, infilando le mani nelle tasche della tuta per evitare di fare qualche mossa azzardata.
Dylan appena la vide scalciò contro Harry per farsi portare da lei, lanciando un urletto squillante e facendola scoppiare a ridere.
Niall si perse ad osservarla mentre aveva le labbra piegate in un sorriso quasi meraviglioso, gli occhi che sembravano brillare e l’espressione così tranquilla e felice che gli gonfiò il cuore.
Vide appena Harry che sbuffò contrariato e le lasciò Dylan, che si catapultò tra le braccia bagnandola tutta e facendola ridere di nuovo.
Come se fosse davvero un cucciolo di koala, il bambino si aggrappò al suo collo stampandole un bel bacio sulla guancia, lei gli scompigliò i capelli e arricciò il naso per poi strofinarlo contro il suo facendolo ridacchiare.
Niall a quella scena si sciolse completamente e, se Harry non fosse uscito dalla piscina per correre ad abbracciarlo con una risata divertita, sarebbe andato dritto da Eileen e avrebbe stretto entrambi tra le sue braccia.
«Togliti di dosso, Harry!» esclamò contrariato Niall, sentendo l’acqua penetrargli sotto la maglia facendolo rabbrividire. Harry rise più forte, stringendogli un braccio attorno al collo e scuotendo i ricci per bagnarlo ancora di più.
«Come, non vuoi abbracciarmi, love?» gli chiese con tono fintamente oltraggiato, attirando l’attenzione di Eileen che li guardò divertita, trattenendo a stento una risata mentre avvolgeva Dylan in un asciugamano e gli frizionava i capelli.
«Non quando sei zuppo. Staccati, Harry», grugnì Niall tentando di allontanarlo. Lui rise ancora più forte e gli scompigliò i capelli prima di lasciarlo andare e beccarsi una sua occhiataccia.
«Sei insopportabile quando fai così», sibilò sfilandosi la maglia ormai completamente bagnata e lanciandola a terra. Harry lo guardò alzando le sopracciglia e poi lanciò un’occhiata verso di Eileen, facendo allargare il suo sorriso.
Niall non si arrischiò a guardarla, non voleva vedere che reazione avesse avuto quella sua mossa e non voleva di certo perdere il controllo di fronte a quello sguardo su di sé.
«Ehm», tossicchiò però Eileen costringendolo a voltarsi verso di lei, anche se non si azzardò a guardarla negli occhi.
«Denise ha detto che se ci riescono saranno qui per l’ora di pranzo», lo informò lanciando un’occhiata a Dylan che correva in casa probabilmente per piazzarsi davanti alla tv.
«Oh», balbettò Niall scuotendo poi la testa per riprendersi. «Bene. Allora cucinerò qualcosa io per pranzo, per farle una sorpresa.»
Eileen gli sorrise e Harry schioccò la lingua, attirando l’attenzione.
«Anche se tu di certo non sei bravo quanto lei», affermò incrociando le braccia al petto. Niall alzò gli occhi al cielo, dandogli una spinta.
«Chi era quello che cucinava sempre a casa, Harry?»
«Ma se ordinavi tutte le sere da Nando’s!» esclamò il riccio, sbarrando gli occhi sbalordito e alzando le braccia al cielo.
«Dettagli, Harry, dettagli», borbottò zittendolo con un gesto della mano. Harry gli restituì la spinta sorridendo furbetto.
«Liam avrebbe da ridire su questo, se fosse qui», sussurrò a mezza bocca.
«Okay, vado a cambiare Dylan mentre voi due discutete», si congedò Eileen scuotendo la testa divertita.
Niall si bloccò nel bel mezzo del respiro e la seguì con lo sguardo. Quando lei rientrò in casa si voltò verso Harry, trovando i suoi occhi fissi su di sé.
«Che c’è?» chiese, sentendo  il sangue colorargli inevitabilmente le guance e la gola improvvisamente secca.
Harry alzò le sopracciglia e continuò a fissarlo spudoratamente senza dire una parola. Niall, in imbarazzo, tornò sul suo lettino e afferrò la chitarra, rifugiandosi come suo solito nella sua musica per sfuggire alle sicure insinuazioni del suo amico.
Infatti questo lo seguì, sdraiandosi sul lettino accanto a lui e calandosi gli occhiali da sole, quasi con l’intenzione di rilassarsi e magari schiacciare un pisolino.
Niall lo avrebbe preferito. Avrebbe preferito qualsiasi cosa invece di stare a sentire le parole che seguirono quel troppo breve silenzio.
«Eri l’unico che non voleva andarsene e poi secondo me sei quello che se la passa meglio», commentò Harry con la sua voce roca e decisamente troppo maliziosa per far passare quella frase come una semplice, innocente osservazione.
Le dita di Niall si bloccarono sulle corde e si voltò a guardarlo, ma Harry lo ignorò, le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi sotto gli occhiali scuri.
«Che vuoi dire?» si sforzò di chiedere, anche se non era sicuro di voler sentire la sua risposta.
Harry non si mosse di un millimetro, se non le sue labbra, che si piegarono in un sorriso vagamente malizioso.
«Voglio dire», cominciò leccandosi le labbra, «Che eri l’unico che voleva rimanere a Londra e non tornare a casa, ma sembra che ti sia andata piuttosto bene. Almeno meglio di come è andata a me, o a Lou», precisò.
«Non capisco di cosa stai parlando», chiarì Niall distogliendo lo sguardo e ricominciando a pizzicare le corde della sua chitarra. A quel punto Harry si tirò su di scatto e si sfilò gli occhiali, fissandolo improvvisamente eccitato.
«Lo sai che voglio dire, Nialler. Scommetto che non c’è cosa più elettrizzante di scoparsi la baby sitter con l’ansia di essere scoperti dal piccoletto. L’hai già aggiunta alla tua lista, eh?» insinuò fissandolo in attesa di una sua conferma. Il rumore di qualcosa che sbatté in casa, probabilmente in cucina, lo fece tornare alla realtà e realizzare che Harry gli aveva sul serio fatto quella squallida domanda.
Boccheggiò per qualche secondo poi, senza trovare un insulto adatto che racchiudesse tutto quello che pensava dell’ultima stronzata che Harry aveva tirato fuori, afferrò la sua maglietta e gliela tirò dritta in faccia.
«Sta zitto, idiota», sibilò mentre Harry ridacchiava e lanciava uno sguardo fintamente innocente alla finestra lì accanto a loro.
«Ops, questa è la finestra della cucina, vero?» sussurrò con un sorriso furbetto. Niall sentì il cuore perdere qualche battito e gli lanciò un’occhiataccia, mentre il rumore di una porta che sbatteva lo fece leggermente preoccupare.
«Okay, okay. Però puoi dirmelo, Niall. Lo sai che mi piacciono queste storie», insistette Harry incrociando le mani quasi a mo’ di preghiera. Niall non aveva nient’altro da tirargli in faccia, ovviamente non considerando la sua chitarra, così si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
«Non è come pensi tu, Hazza. Lei è…», si bloccò, il respiro che gli si impigliò in gola e il cuore che cominciò a correre come al solito troppo veloce. Il sorriso malizioso sparì dal viso di Harry, che lo guardò in silenzio, dandogli il tempo di rispondere.
«Lei è…importante, per me», si arrese Niall con un sospiro distogliendo lo sguardo imbarazzato.
«Oh», balbettò Harry sbattendo più volte le palpebre sorpreso.
«Già.»
«Importante quanto?» gli chiese, con una nota acuta nella voce. Niall scrollò le spalle e lo guardò quasi in cerca di aiuto.
«Non so spiegartelo», sussurrò con un filo di voce stringendosi nelle spalle. Harry corrugò le sopracciglia e strinse le labbra, continuando a fissarlo attentamente.
«Uhm…»
«Non provare a capire, Harry. Non lo so neanche io cosa sento, è impossibile che lo capisca tu», interruppe i suoi pensieri Niall capendo che Harry stava per dire la sua, ma evidentemente sapeva che non avrebbe mai capito, o forse aveva semplicemente paura che avrebbe detto ciò che non voleva sentirsi dire.
«Okay», si arrese lui alzando le mani davanti a sé. Niall sospirò e chiuse gli occhi, stropicciandoseli poi con le dita, il solito vuoto allo stomaco che provava quando pensava a lei che quasi gli impediva di respirare.
Improvvisamente sentì la voglia di sfogarsi, di tirare fuori i suoi pensieri e di scaricare almeno una parte del peso che portava sul petto su qualcun altro.
Harry era suo amico, certo non uno di quelli che dava consigli accettabili, ma sapeva ascoltare e rimanere serio per almeno cinque minuti buoni.
Forse per quella volta poteva accontentarsi.
«So solo che ho bisogno di vederla sorridere», mormorò titubante lanciando all’amico un’occhiata di sottecchi. Quello sbarrò gli occhi e fece una piccola smorfia.
«Ahia.»
«E’ tanto drammatico?» si preoccupò subito, stringendo gli occhi e sentendosi un completo idiota. Harry gli mollò una leggera pacca sulla spalla e Niall aprì gli occhi appena in tempo per vederlo sorridere.
«Conoscendoti, si.»
«Merda», si lasciò sfuggire facendo scoppiare a ridere Harry.
«Già, amico. Merda è la parola giusta. Sei fottuto», ridacchiò ancora alzandosi per scompigliargli vigorosamente i capelli.
«Non sei molto incoraggiante, sai?» borbottò lui, scacciando la sua mano. Harry fece spallucce e si allontanò, puntando la piscina.
«Sono solo realista, love», gli disse con un gran sorriso poi un urletto lo interruppe e lo fece voltare verso la porta da dove uscì Dylan che, correndo, si scontrò con lui e gli si aggrappò alle gambe.
«Oh, non di nuovo!» esclamò Harry, alzando gli occhi al cielo per poi guardare male il bambino che stringeva la sua gamba come se fosse una specie di salvagente.
Niall scoppiò a ridere e se lo gustò mentre cercava in tutti i modi di farlo staccare.
«Lee non vuole, zio Harry gioca tu con me!» esclamò Dylan, alzando il visino verso di lui e sorridendogli.
Harry si lasciò scappare un mezzo lamento frustrato e arrendevole e Niall si alzò facendogli l’occhiolino.
«E’ tutto tuo, Hazza.»
«Tu dove vai?» gli chiese allarmato, mentre Niall indietreggiava verso la casa con un gran sorriso sulle labbra.
«Torno tra poco», gli disse solo voltandosi e affrettando il passo.
«Oh, no no no! Niall, non lasciarmi da solo con questa specie di…sanguisuga!» gli urlò dietro Harry. Niall sorrise e si chiuse la porta alle spalle.
«Cookie?» chiamò, entrando in cucina. Gli bastò uno sguardo veloce per capire che Eileen non fosse lì, così passò per il salone vuoto e capì che probabilmente era al piano di sopra.
Con un sorriso sempre più grande sulle labbra salì le scale a due a due e si precipitò nella stanza di Denise e Greg, trovando Eileen di spalle che infilava i suoi vestiti nel borsone.
Non si preoccupò più di tanto; era normale che prendesse le sue cose, dato il fatto che presto sarebbero rientrati e che lei sarebbe dovuta tornare a casa.
Niall avrebbe preferito che quello non accadesse, perché avrebbe voluto ancora dormire con lei, stringerla tra le braccia e risvegliarsi con il suo profumo addosso.
Ma non aveva neanche uno straccio di scusa per trattenerla, quindi si sarebbe dovuto accontentare di vederla durante il giorno, per poi andare a dormire da solo impaziente che diventasse di nuovo mattina.
Scacciando quei fastidiosi pensieri entrò in camera e la affiancò.
Lei non lo degnò di uno sguardo e lui era troppo felice per accorgersi delle sue spalle improvvisamente rigide e delle labbra strette.
«Ehi, Cookie», sussurrò lui allungando una mano per toccarle il braccio. Lei sfuggì prima che lui potesse anche solo sfiorarla, lanciando con stizza le cose nel suo borsone.
Niall corrugò le sopracciglia e un campanello risuonò fastidioso nella sua testa facendogli capire che c’era qualcosa che non andava.
«Che vuoi?» sibilò infatti lei, chiudendo velocemente la lampo rischiando di incastrarci il dito indice. Imprecò a mezza bocca e se lo strinse al petto, alzando gli occhi al cielo.
«Che hai, sei nervosa?» azzardò la domanda Niall, piegando un po’ la testa di lato. A quelle parole Eileen sembrò accendersi dalla rabbia. Si voltò di scatto verso di lui, guardandolo con gli occhi fiammeggianti e duri, come lui non li aveva mai visti.
«E tu che vuoi, scoparmi per poi aggiungere un nome alla tua cazzo di lista?».
Quella domanda gli spezzò completamente il cuore, non quanto però i suoi occhi così arrabbiati, lucidi, feriti.
Niall sentì le gambe cedergli e il cervello spegnersi, abbandonandolo senza sapere cosa dire o fare, perché lo sguardo di Eileen era così sofferente che solo pensare che era per causa sua lo distruggeva.
«Merda», fu l’unica cosa che gli scappò. Eileen gli lanciò un’altra occhiataccia e afferrò la sua borsa, stringendola così forte che le nocche le diventarono bianche.
«Si, merda, Niall!» quasi urlò superandolo, attenta a non sfiorarlo neanche.
«Ho sentito e puoi anche smetterla di fare quel faccino innocente. Sai, c’eri riuscito a farmi fidare di te, ed ecco i risultati. Io me ne vado», concluse poi il suo discorso uscendo dalla camera.
Nei due secondi successivi Niall si diede del coglione almeno trecento volte, maledisse Harry altrettante volte e poi si prese a calci mentalmente perché era rimasto fermo in quella dannata camera lasciandola andare via.
Allora le corse dietro, raggiungendola alla fine della scale e afferrandole il polso per fermarla e farla girare verso di sé.
«Cookie, per favore fammi parlare. Stai calma», implorò. Lei ritirò la mano di scatto e lo fulminò di nuovo con lo sguardo.
«Non dirmi di stare calma quando non sono calma, perché non mi calma per niente!» sbottò, ricominciando a camminare verso la porta. Niall la fermò di nuovo e lei quasi lo uccise con gli occhi.
«Eileen aspetta, non è come pensi.»
«No, forse non hai capito», sibilò chiudendo per un secondo gli occhi forse per riprendere il controllo.
«Io non voglio pensare adesso. Non voglio più pensare a te, a qualsiasi cosa sia successa, a quel tuo cazzo di amico che ha solo combinato disastri, a Dylan, a Dublino, non voglio più pensare a niente, okay? Vaffanculo!».
Niall sperò che quello sfogo fosse anche per tutto il nervosismo che aveva accumulato in quelle giornate, sperò che non fosse tutto così irrecuperabile come sembrava, perché era evidente che Eileen avesse sentito solo una parte della conversazione avuta con Harry, la parte che non doveva sentire.
Se magari gliene avesse dato modo, lui le avrebbe spiegato che aveva frainteso, avrebbe chiamato Harry e, anche se sarebbe stato imbarazzante e decisamente troppo affrettato, le avrebbe detto tutto quello che provava, pur di non farla andare via in quel modo, arrabbiata con lui.
Quando si voltò di nuovo verso di lui, pensò che ci avesse ripensato e che gli avrebbe dato almeno due secondi per parlare, ma il suo sguardo era sempre lo stesso e quello che aveva da dirgli non era niente di piacevole.
Facendo un mezzo passo verso di lui e puntandogli un dito contro, lo colpì di nuovo al cuore.
«Sai cosa? Ho trovato il soprannome perfetto per te: stronzo!» sibilò, proprio nell’esatto istante in cui la porta di casa si apriva, seguita dal «Siamo tornati!» urlato da Denise e dallo squittio di Dylan che schizzava in casa per correre tra le braccia della madre.
Niall si voltò e trovò Harry a fissarlo con espressione sbalordita facendogli capire che avesse assistito almeno a buona parte di quella sfuriata da parte di Eileen.
«Ciao, Denise. Bentornato, Greg. Io sto andando a casa, grazie per avermi ceduto il vostro letto. Ci vediamo domani», borbottò Eileen con voce fredda e appena misurata, attirando nuovamente l’attenzione di Niall che cercò di raggiungerla.
«Eileen, aspetta», la implorò quando lei ormai era riuscita a sgusciare fino alla porta, sotto gli sguardi attoniti di Greg e Denise.
«Non provare a seguirmi, Niall Horan. Lasciami in pace», gli disse lei improvvisamente stanca, voltandosi appena verso di lui senza però incrociare il suo sguardo. Niall vide brillare qualcosa sulla sua guancia e il suo cuore andò in frantumi quando capì che Eileen stava piangendo.
Si bloccò immediatamente sul posto e la guardò andare via, chiudersi la porta alle spalle e scappare da quello che era solo un grande, odioso equivoco.
«Credo di aver combinato un casino», commentò Harry rompendo il silenzio che si era creato.
«Vaffanculo, Harry», sibilò Niall con voce rotta girandosi sui tacchi e puntando nuovamente le scale, sentendo come se potesse crollare da un momento all’altro.
«Okay, adesso io pretendo che qualcuno mi spieghi cosa diavolo sta succedendo qui», tuonò Greg spazientendosi.
«Fanculo», borbottò ancora Niall passandogli accanto.
«Niall!» lo chiamò Denise, mentre lui saliva velocemente le scale.
«Che razza di rientro», borbottò ancora Greg. Niall si chiuse la porta alle spalle e ci si poggiò contro chiudendo gli occhi e pregando che la frase «Lascia stare, Denise, vado a parlarci io» mormorata da Harry fosse solo frutto della sua immaginazione, perché in quel momento non aveva voglia di parlare proprio con nessuno.

















 
 











 
Salve bellezze!
Non so con quale coraggio mi ripresento quì dopo più di un mese in cui sono scomparsa, ma vabbè.
Non è completamente colpa mia, giuro!
E' solo che in questo periodo sono cambiate un po' di cose e praticamente, per vari motivi, ho smesso di scrivere.
Non sapete quanto mi sento una merda per questo, ma purtroppo è così, la mia ispirazione è completamente evaporata.
Sto pubblicando questo capitolo perchè l'ho scritto già da parecchio tempo e se ne stava lì pronto, quindi non ho idea se e quando posterò il prossimo.
Non credo tanto presto, comunque. Penso che sospenderò per un po' questa storia.
Non ho intenzione di eliminarla o abbandonarla, perchè è frustrante il fatto che ogni volta che scrivo di Niall va a finire che lascio perdere e non concludo niente. Non lo so perchè, è una specie di maledizione, diamine!
Comunque, ci tengo a questa storia, ai miei personaggi e a voi che la leggete (se ci siete ancora, lol), quindi non so quando, ma sarò di nuovo quì.
Tanto amore.
Sara.

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Capitolo 21
*** I'm not running away. ***



 
SAAAALVE A TUTTE!
Lo so che probabilmente non vi ricordate neanche chi sono, che non sapete neanche di chi sto parlando, che è passato troppo tempo da quando mi sono fatta viva su questo sito.
Ma eccomi quì.
Sinceramente non so bene neanche cosa dire, non mi ricordo neanche come si fa a pubblicare un capitolo, ma avevo promesso che non avrei abbandonato questa storia, e io amo mantenere le mie promesse.
Non sto quì a darvi tremila inutili giustificazioni (sempre che ci sia ancora qualcuno a cagarmi), la verità è che non ho più scritto per vari motivi e adesso quei motivi non ci sono più quindi ho deciso di riprendere in mano questa storia e far sapere anche a voi come finisce.
Perchè io ce l'ho tutta in testa e mi tormenta da almeno due settimane.
Niall ed Eileen vogliono il loro finale, e io glielo devo.
Quindi eccomi di nuovo qui, grazie in anticipo a chi leggerà e a chi si ricorderà di me e della mia storia.
Tanto amore,
Sara.







21. I'm not running away.
 
 
 
 
La vibrazione del cellulare sotto al cuscino fece sobbalzare Eileen, trascinandola fuori dal sogno confuso e anche leggermente spaventoso che stava facendo.
Inutile dire che il protagonista, come sempre da qualche settimana a quella parte, fosse Niall. Ma quella volta, invece di abbracciarla o sorriderle o cantarle una canzone come faceva sempre, se ne stava andando.
Eileen schiacciò la testa nel cuscino e si posò una mano sul petto, spaventata dal battito troppo irregolare del suo cuore, mentre l’immagine della schiena di Niall che si allontanava sempre di più fino a scomparire le invadeva la mente facendola rabbrividire.
Sapeva che il litigio del giorno prima non l’avrebbe resa poi così indifferente come sperava, le era bastato tornare a casa e sentirsi incredibilmente sola e indifesa, per capire che l’unica cosa che voleva in quel momento fosse tornare da Niall, buttarsi tra le sue braccia e risolvere tutto, anche se era furiosa con lui.
Ma ovviamente non l’aveva fatto, il suo orgoglio gliel’aveva impedito e anche la paura che Niall la respingesse, o confermasse quello che lei aveva sentito con le sue orecchie e che ancora faticava a credere; non era possibile che Niall pensasse sul serio quello che aveva detto Harry.
Dentro di sé sapeva che non poteva essere così, Niall non era così. Lui era buono, dolce, sincero.
Non le avrebbe mai mentito e non si sarebbe mai permesso di giocare con lei e i suoi sentimenti.
Lo sapeva, sentiva che doveva fidarsi, ma nonostante tutto non c’era riuscita e gli aveva urlato contro, per poi scappare via come un’idiota, senza neanche dargli il tempo di dire mezza parola.
Non si sarebbe stupita se quella mattina, dopo essere entrata in quella casa e averlo incrociato, lui non le avrebbe rivolto la parola.
Il cellulare vibrò di nuovo ed Eileen si rigirò nel letto, strizzando gli occhi e aprendoli, ritrovandosi a fissare il soffitto della sua camera.
Quando era rientrata a casa, il giorno prima, Mark c’era. Come suo solito era stravaccato sul suo sudicio divano, ma stranamente non c’era nessuna bottiglia di birra o qualsiasi altra bevanda alcolica intorno a lui.
Quando Eileen aveva messo piede in casa, attenta e preparata al peggio, Mark si era limitato a guardarla in silenzio per qualche secondo, fissandola negli occhi per poi passare ad osservare il livido sulla guancia.
«Sei tornata», le aveva detto con voce tranquilla. Eileen allora aveva lasciato andare il respiro trattenuto fino a quel momento e aveva annuito, stringendo i pugni e pregando che Mark non provasse neanche ad avvicinarsi.
E lui non lo fece, rimase dov’era e la guardò finché lei, annuendo di nuovo, salì le scale velocemente per chiudersi al sicuro nella sua camera.
Ripensandoci, Eileen era ancora incredula del fatto che non le avesse urlato contro per essere rimasta fuori casa per tutti quei giorni, senza farsi vedere né sentire. Evidentemente un lampo di lucidità l’aveva colpito e gli aveva fatto capire che il motivo per il quale lei non era rientrata, era prettamente collegato alla sua presenza in casa. Quindi l’aveva lasciata in pace tutta la serata, ma Eileen sentiva che i problemi non erano finiti affatto.
Quella era una semplice tregua momentanea, ne era sicura.
La vibrazione del telefono la fece sobbalzare per l’ennesima volta, così si decise finalmente, sempre ad occhi chiusi, a tastare con la mano sotto al cuscino fino a trovarlo e afferrarlo prima che scivolasse a terra. Dischiuse appena gli occhi e sbadigliò, portandosi il telefono all’orecchio e rispondendo senza neanche preoccuparsi di chi potesse essere.
«Pronto?» biascicò sbadigliando di nuovo e stropicciandosi gli occhi con le mani cercando di scacciare via quell’immagine inquietante di Niall così distante, di lei che provava a corrergli dietro ma che, come tutti i peggiori incubi, veniva bloccata da un’anomala pesantezza che le impediva di muoversi.
«Ti ho svegliata?» la voce di Riley riuscì finalmente a riportarla alla realtà, così allegra e familiare da farle sentire una sconfinata nostalgia del suo migliore amico, nonostante fossero solo pochi giorni che non lo vedeva.
«Come sempre», replicò facendolo ridacchiare. A quel suono Eileen sorrise automaticamente, immaginando il sorriso splendido su quel volto sempre allegro e le piccole rughe che sicuramente erano apparse ai lati dei suoi occhi castani.
«Mi dispiace signorina, non era mia intenzione riportarla indietro dal suo mondo dei sogni, volevo solo sentire la sua voce», ridacchiò Riley parlandole con la voce troppo seria per essere la sua naturale.
Eileen sbruffò, trattenendo un sorriso, e scosse la testa constatando quanto fosse alta la stupidità del suo amico.
«Allora sei perdonato, dai», mormorò. Sentì Riley tirare un finto sospiro di sollievo, poi però improvvisamente l’aria sembrò farsi tesa ed Eileen percepì il sorriso di Riley scomparire dal suo viso.
«Seriamente, scusa se poi non ti ho più chiamata, ma sono crollato», le disse serio. Eileen corrugò leggermente le sopracciglia, poi ricollegò le parole di Riley alla piccola discussione che avevano avuto due giorni prima.
Erano successe talmente tante cose che si sentì improvvisamente la peggiore amica del mondo per essersi dimenticata dell’imminente partenza del suo migliore amico, che molto probabilmente in quel momento si trovava proprio a Dublino.
«Non importa, avevamo già parlato», replicò al volo deglutendo a fatica. Riley sospirò, questa volta sinceramente dispiaciuto e ad Eileen si strinse il cuore ad immaginare il suo viso sconsolato.
«Sì, ma non di tutto.»
Eileen si innervosì e si tirò su a sedere nel letto, scostandosi con stizza i capelli dal viso, tutta la pseudo tranquillità che aveva provato che si dissolse in un battito di ciglia.
«Cos’altro c’è da dire, Riley?» mormorò spazientita, saltando giù dal letto e incastrando il telefono tra orecchio e spalla per pescare una maglietta e un paio di jeans dall’armadio, lanciando un’occhiata veloce alla sveglia sul comodino e accorgendosi del suo leggero ritardo nella tabella di marcia.
«Siamo arrivati a Dublino ieri sera», lanciò la bomba Riley costringendola a fermarsi nel bel mezzo della stanza per ritrovare il respiro e per non precipitare nell’ansia e nella sensazione di solitudine che sentiva cominciare a strisciarle intorno.
«Leen», la richiamò Riley dopo qualche minuto passato in religioso silenzio.
«Aspetta, devo un attimo realizzare», sibilò lei schiaffeggiandosi leggermente le guance e prendendo un bel respiro. Sentì Riley sospirare di nuovo mentre lei provava a decifrare la sensazione che sentiva al sapere che qualsiasi cosa fosse successa da quel giorno in poi, non sarebbe più potuta correre a rifugiarsi tra le braccia del suo migliore amico.
«Leen, sapevi che sarebbe successo. E comunque il fatto che mi sono trasferito non cambia niente», affermò Riley ormai rassegnato al silenzio di Eileen.
«Invece cambia tutto, Riley», si ritrovò a sussurrare lei, la voce strozzata e le lacrime che premevano per uscire. Scosse la testa velocemente e chiuse gli occhi per impedirsi di piangere ed essere debole.
Lei era forte, ce l’avrebbe fatta da sola.
«No, tra noi non cambia niente, okay?» ribadì Riley, alzando di poco il tono di voce. Eileen si ritrovò a sorridere amaramente e fece spallucce, anche se Riley non poteva vederla.
«Come vuoi», asserì per nulla convinta. Riley, nonostante fosse a chilometri di distanza, percepì comunque il suo disappunto e il suo scetticismo e grugnì qualcosa, irritato.
«Avanti, dimmi quello che pensi», sbottò infine. Eileen sospirò e si chiuse in bagno, aprendo l’acqua della doccia e cominciando a spogliarsi.
«Lo sai come la penso, Ry.»
«No, non lo so. Mi farebbe piacere se me lo dicessi», replicò lui. Eileen alzò gli occhi al cielo e perse del tutto la pazienza.
«Non ho voglia di dirtelo, okay? Non voglio parlarne. Non voglio pensare che tu adesso sei lì e non voglio sentire di quando mi vuoi bene, di come non mi dimenticherai e stronzate varie, va bene?» sbottò, il nervoso accumulato in quei giorni che prese il sopravvento, facendole dire cose che dentro di sé probabilmente neanche pensava.
«Non essere arrabbiata, Leen», mugugnò Riley. Eileen sospirò di nuovo e si sedette sul bordo della vasca, massaggiandosi le tempie con la mano per cercare di riprendere il controllo.
«Non sono arrabbiata, Riley», mormorò respirando a fondo. «Hai la tua vita, e non te ne faccio certo una colpa. E’ giusto così, è sempre stato così. Solo che finché eri qui potevo intrufolarmi per qualche tempo, adesso non potrò farlo più. Ma va bene.»
«Tu fai parte della mia vita, Leen, non dire così», replicò al volo Riley, la voce triste e abbattuta. Eileen sospirò piano e si strofinò con vigore gli occhi per evitare di piangere ancora.
«E’ successo qualcosa?» mormorò dopo un po’ Riley, probabilmente non sopportando più quell’assurdo silenzio. Eileen si rianimò all’istante e corrugò le sopracciglia.
«Che intendi?» chiese titubante.
«Intendo con Niall.»
Eileen strabuzzò gli occhi e il respiro le si bloccò per un secondo in gola, costringendola a tossire. Sentì Riley respirare e lo maledisse mentalmente.
«Ma come te ne esci adesso!?» esclamò incredula.
«Ho visto come sorridi e sei tranquilla da quando c’è lui. E adesso sei nervosa, intrattabile, anche se sai che lo rivedrai entro un’ora», spiegò con tono saccente, di nuovo tranquillo, come se la conversazione non fosse stata tesa e dolorosa fino a qualche secondo prima.
«Cosa è successo?» chiese di nuovo. Eileen si alzò, boccheggiando stizzita, poi scosse la testa e riprese il controllo della situazione.
«Riley, senti, mi sono appena svegliata. Non ho la testa per affrontare questi discorsi e sinceramente non so neanche come tu faccia a riflettere così tanto di prima mattina», replicò sviando prontamente la domanda.
«Oh, ma lo sai! Io ho un’intelligenza superiore alla norma, tesoro», si vantò lui.
«Certo, certo», replicò Eileen schiaffeggiandosi la fronte. Riley scoppiò a ridere ed Eileen scosse la testa divertita, dimenticandosi all’istante di qualsiasi sensazione negativa che potesse provare, perché le bastava sentire Riley ridere per sorridere anche lei.
Forse l’affetto che li legava era troppo forte per lasciarsi scalfire solo da qualche chilometro di distanza.
Forse Riley aveva ragione, magari nulla sarebbe cambiato. O magari si, però loro sarebbero rimasti gli stessi.
«Ho capito, hai da fare», borbottò dopo un po’ Riley. Eileen sorrise.
«Devo andare a lavorare.»
«Devi andare da Niall», precisò lui facendole alzare gli occhi al cielo.
«No, Riley. Devo andare a lavorare, da Dylan», ribatté. Riley scoppiò a ridere.
«Certo, come dici tu.»
«Ci sentiamo, allora. Salutami Hedi», chiuse il discorso Eileen.
«Va bene», mormorò. Eileen fece per chiudere la chiamata, ma Riley la richiamò con un sussurro.
«Leen?»
«Che c’è?»
«Ti voglio bene», le disse con la voce carica di affetto e sincerità. A Eileen si strinse il cuore e faticò a deglutire il nodo che le aveva chiuso improvvisamente la gola.
«Anch’io ti voglio bene, Ry. Lo sai», ammise chiudendo gli occhi per immaginare lo splendido sorriso soddisfatto sul volto dell’amico.
«Buon lavoro.»
Eileen finalmente chiuse la chiamata e riuscì a buttarsi sotto la doccia e a far scivolare via tutte quelle emozioni che di prima mattina erano veramente troppo per il suo fragile cuore.
Persa tra i suoi pensieri si preparò in fretta e, incredula del fatto che la fortuna avesse girato dalla sua parte portando Mark lontano da casa e facendola uscire tranquilla, si avviò verso casa di Denise.
La tranquillità dovuta alla doccia passò molto più veloce del dovuto, le bastava pensare che di lì a pochi minuti avrebbe dovuto affrontare Niall che un’inquietudine soffocante le chiudeva lo stomaco impedendole quasi di respirare.
Per questo non si stupì del fatto che, una volta arrivata sul vialetto di casa Horan, quasi le mancarono le forze per percorrere gli ultimi metri e suonare quel maledetto campanello.
Aveva paura anche solo di incrociare lo sguardo di Niall, non aveva per niente voglia di affrontare la situazione e di stare a sentire le sue scuse, o qualsiasi altra cosa avesse voluto dirle.
Con un bel respiro si fece coraggio e si costrinse a suonare il campanello, anche perché non sarebbe potuta rimanere lì fuori ancora per molto; il lavoro la chiamava, e probabilmente Dylan era già sveglio, pronto a distrarla con i suoi capricci e desideri.
Quando Denise le aprì la porta Eileen si sentì quasi sprofondare e capì che poteva convincersi di quello che voleva, ma la sua speranza era proprio quella che fosse stato Niall ad accoglierla, magari senza dirle niente, stringendola solo tra le braccia.
Invece dovette accontentarsi dell’espressione stranamente cupa sul volto di Denise e del suo «Buongiorno» appena mormorato.
Eileen ricambiò il saluto, seguendola in casa e carezzando i capelli di Dylan quando questo, correndo verso di lei, le abbracciò la gamba con slancio.
«Ciao, piccolo» gli disse, quando lui si staccò per abbagliarla con un sorrisone, che lei fu costretta a ricambiare.
Quando alzò lo sguardo però, vide qualcosa che all’inizio non riuscì bene ad interpretare.
Una valigia, abbandonata accanto alla porta, e due borsoni vicino ad essa.
Eileen la fissò per qualche secondo in silenzio, una strana morsa che le chiuse lo stomaco, poi un piccolo dettaglio la sollevò prima che sprofondasse nel terrore più profondo.
Il nome “HARRY” scritto a lettere maiuscole e con una grafia ordinata spiccava sulla targhetta del trolley di dimensioni esagerate che l’aveva quasi fatta soffocare dalla paura.
«Harry se ne va?» chiese con voce stridula. Denise non la guardò nemmeno, dirigendosi a passo pesante verso la cucina, allora Eileen si ritrovò a guardare Dylan, che era l’unico che le stava prestando attenzione.
Il piccolo annuì, sporgendo il labbro inferiore, triste.
«Zio Harry torna a casa», mugugnò corrugando le sopracciglia. Eileen si sciolse a quella vista e mise da parte la sua imminente gioia a quella notizia per chinarsi e prenderlo tra le braccia.
«Mi dispiace piccolo», mugugnò baciandogli la guancia. Il bambino si strinse nelle spalle e la guardò sofferente.
«Eileen, puoi venire un secondo?» la chiamò Denise dalla cucina. Eileen sobbalzò e mise a terra Dylan, scompigliandogli dolcemente i capelli.
«Torno tra poco, tesoro», gli bisbigliò per poi raggiungere a passo affrettato la cucina, guardandosi intorno quasi sperando di veder Niall sbucare fuori da qualche parte.
Non era sicura che fosse in casa, anche se la macchina di Denise era parcheggiata fuori, era possibile che lui fosse andato a fare una passeggiata a piedi, tutto magari pur di non incontrarla.
Quando raggiunse Denise e tossicchiò per attirare l’attenzione, questa si voltò verso di lei e cominciò ad osservarla con  una strana espressione sospettosa.
«Che succede?»  si costrinse a chiedere Eileen, la voce leggermente stridula.
Denise sospirò e le porse una bustina di carta bianca.
«Ti devo pagare la settimana», le spiegò. Eileen annuì velocemente, afferrandola e sforzandosi di sorridere.
«Oh, grazie», balbettò cercando di distogliere lo sguardo da quello fisso e sospettoso di Denise che la stava mettendo leggermente in imbarazzo.
Era come se sapesse qualcosa che non doveva sapere, qualcosa che l’aveva delusa, e aspettasse solo il momento in cui Eileen alla fine sarebbe crollata e avrebbe confessato.
«Ehm, è…è tutto?» si costrinse a chiedere, il volto in fiamme e il cuore a mille, sperando che Denise la congedasse in modo che potesse tornare da Dylan e smetterla con tutti i suoi assurdi pensieri.
«Cosa è successo in questi giorni, Leen?» le chiese Denise improvvisamente, ignorando la sua domanda. Eileen avvampò e cominciò a torturarsi le mani tra di loro.
«Che intendi?» esclamò, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa per cambiare discorso, perché non aveva proprio voglia di portare alla luce i suoi sentimenti.
Non in quel modo e soprattutto non con Denise.
«Lo sai», affermò Denise e quella sembrò quasi un’accusa. Eileen deglutì a fatica, mentre Denise continuava a fissarla senza battere ciglio.
«Perché tu e Niall avete litigato ieri?» le chiese poi, facendole fermare il cuore.
Per un paio di secondi le girò la testa e le si appannò la vista, probabilmente per il fatto che aveva smesso completamente di respirare.
Poi però il rumore di una porta che sbatteva al piano di sopra e la voce roca di Harry la riportarono alla realtà.
«Niall dove diavolo è il mio cellulare?» esclamò, probabilmente urlando da una stanza all’altra. Il cuore di Eileen cominciò a battere leggermente più veloce e, quando Niall urlò di rimando «Lo hai lasciato in bagno, idiota!», partì direttamente verso mondi sconosciuti.
La consapevolezza che Niall fosse in casa, a pochi metri di distanza da lei, le fece cedere le gambe.
Denise tossicchiò e lei improvvisamente si ricordò che stava aspettando una risposta alla domanda che non era stata affatto gradita.
«Denise, non offenderti, ma non ho voglia di parlarne», squittì sperando di non essere scortese. Lei la guardò e dopo qualche secondo sospirò abbattuta.
Denise non era un tipo che si immischiava negli affari degli altri, e se lo faceva non era per cattiveria o per poter poi giudicare. Semplicemente era una donna curiosa, molto curiosa, ma fortunatamente capiva anche quando non era proprio il caso di insistere.
«Okay, ma sono preoccupata», si arrese sospirando pesantemente e lanciandole uno sguardo apprensivo. Eileen si sforzò di sorridere e fare un gesto secco con la mano, cercando di mostrarsi tranquilla mentre dentro si sentiva morire.
«Non c’è niente per cui essere preoccupati. E’ stata solo una discussione, va tutto bene», affermò con voce tremante. Denise assottigliò lo sguardo e incrociò le braccia al petto, segno ben poco confortante.
«Se va tutto bene, perché Niall sta cercando un volo per tornare a Londra con il suo amico?»
Quelle parole furono come uno schiaffo in pieno viso. Uno schiaffo forte, preciso e capace di riportarla pesantemente alla realtà, mentre sentiva il cuore rompersi in tanti piccoli pezzettini.
«Niall cosa?» esclamò, la gola chiusa e lo stomaco serrato in una morsa a dir poco fastidiosa. Denise annuì e Eileen dovette poggiarsi al muro accanto a lei, presa da un improvviso capogiro.
Chiuse per un attimo gli occhi e si ricordò che le era necessario respirare se voleva rimanere lucida.
«Questa mattina, appena si è svegliato, mi ha detto che avrebbe cercato un volo last minute per tornare a Londra. Vuole andarsene, con Harry», spiegò, ogni parola che la uccideva sempre di più, rischiando di farla crollare lì, proprio in quel momento, davanti ad un’inconsapevole Denise.
Niall se ne sarebbe andato, il sollievo di aver visto solo la valigia di Harry accanto alla porta era stato solo un crudele scherzo del destino.
Probabilmente la valigia di Niall non era ancora pronta, ma lo sarebbe stata. E lui se ne sarebbe andato.
Magari per non tornare.
«Torna a Londra per restarci?» si costrinse a chiedere, dando voce ai suoi pensieri, posandosi una mano sul cuore come a ricordargli di continuare a battere.
«Questo non lo so», rispose Denise, «Capisci perché sono preoccupata, Leen? Manco per quattro giorni e quando torno ritrovo te che urli contro di lui e lui che non vede l’ora di andarsene. Cosa dovrei pensare?»
Eileen chiuse gli occhi e respirò profondamente.
«Non lo so, Denise», rispose.
In quel momento riusciva solo a pensare al fatto che era la seconda volta che discutevano, e per la seconda volta Niall se ne andava.
Il problema era che Londra non era vicina quanto Dublino. E se lui tornava a casa, dai suoi amici, alla sua vita, probabilmente si sarebbe dimenticato di Mullingar in un battito di ciglia.
Si sarebbe lasciato alle spalle quei due mesi di vacanze, di bagni in piscina, di uscite con gli amici e di pomeriggi passati a suonare la chitarra per Dylan.
Si sarebbe dimenticato di Eileen, e la cosa che le faceva più male era sapere che probabilmente se ne andava proprio per quello.
Evidentemente era stufo di provare a capirla, quando neanche lei sapeva cosa voleva veramente.
Da una parte era anche giusto così, Eileen sapeva che nessuno aveva la pazienza per starle dietro e questo la proteggeva da qualsiasi tipo di sentimento o emozione.
Ma Niall ci aveva provato, e lei come un’idiota ci era cascata.
La cosa per nulla divertente era che il suo muro era stato invalicabile per talmente tanto tempo che lasciar passare Niall era stato un grande passo per lei e, mentre lui ci avrebbe messo poco e niente a farselo passare di mente, lei non ne sarebbe uscita poi così facilmente.
«Cosa mi state nascondendo?» chiese ancora Denise, distogliendola dai suoi pensieri e attirando la sua attenzione.
Eileen sentì il nervoso e la frustrazione scorrerle nelle vene.
Improvvisamente era arrabbiata: con se stessa per aver permesso a Niall di avvicinarsi troppo, con Niall per averci anche solo provato quando sapeva che doveva tenersi alla larga da lei, e con Harry per essere arrivato e aver scatenato tutto quello.
«Oh, Denise, niente!», esplose quindi riprendendosela con la persona che era coinvolta di meno.
«Non ti stiamo nascondendo proprio niente!», esclamò alzando le braccia al cielo quasi esasperata. Denise la guardò sbigottita e fece per ribattere, ma poi i passi veloci nel corridoio al piano di sopra le risvegliarono qualcosa dentro che la costrinse ad indietreggiare e lanciare un’occhiata furiosa in direzione delle scale.
«Ora scusa, ma devo parlare con lui», affermò voltandosi senza lasciare a Denise il tempo di ribattere e puntando le scale per poi salirle velocemente e dirigersi verso la camera di Niall.
La porta era aperta, Niall le dava le spalle mentre armeggiava con la valigia sul letto. Ma Harry, seduto sul davanzale della finestra, che guardava l’amico con un sorrisetto divertito sulle labbra, si accorse subito di lei e balzò giù, facendosi improvvisamente serio.
Niall si voltò di scatto, preoccupato dall’espressione dell’amico, e si immobilizzò con le mani a mezz’aria.
Eileen si limitò a guardarlo in silenzio, il fiato corto e il cuore che pompava troppo veloce.
«Eileen», sussurrò Niall dopo un po’ lasciando cadere sul letto la canottiera che aveva in mano.
Lei continuò a fissarlo, come a trasmettergli con il pensiero quanto in quel momento si sentisse tradita e delusa.
«Ehm, io vado…a…ehm…», balbettò Harry rompendo quel silenzio e alternando lo sguardo dall’uno all’altra con fare nervoso.
Eileen gli lanciò un’occhiata e lui alzò le braccia al cielo, arrendevole.
«Al diavolo, vi lascio soli», sbottò scompigliandosi i capelli e uscendo dalla stanza. Quando passò accanto a Eileen, le lanciò uno sguardo quasi supplichevole e le sfiorò una spalla con la mano.
Lei si ritirò di scatto, ma Harry non le diede il tempo di dire niente perché sparì oltre le scale.
A quel punto Eileen si costrinse a guardare Niall, che la stava osservando nella stessa posizione di prima, gli occhi attenti e le labbra tese.
«Te ne stai andando», esordì Eileen ripetendosi nella mente di non mostrarsi affatto debole o anche solo minimamente toccata dalla cosa, sperando che Niall non la capisse al volo come faceva sempre.
Niall assottigliò gli occhi e strinse i pugni.
«No.»
«Denise me l’ha detto», spiegò lei, la voce incredibilmente calma, serafica.
«Adesso mi fai parlare?» replicò Niall, alzando un sopracciglio, scettico. Eileen prese un bel respiro e pregò che la voce non le tremasse, doveva assolutamente mantenere il controllo.
«Non ce n’è bisogno, rispondi solo alla mia domanda.»
«Non era una domanda», replicò Niall incrociando le braccia al petto senza distogliere per un attimo gli occhi da lei, che faceva di tutto per non incrociare il suo sguardo, consapevole che se l’avesse fatto, sarebbe crollata.
La paura di vederlo andare via, quando erano in quei rapporti, e sapere che non sarebbe più tornato, le chiudeva lo stomaco e le faceva venire voglia di urlare dalla frustrazione.
Lo odiava. Odiava lui e il suo essere stato così troppo dolce e comprensibile e di averla fatta affezionare a lui.
«Quindi torni a Londra?» sputò, con un tono che sapeva tanto di accusa, stanca di tutti quei giri di parole.
«Si.»
«Bene. Buon viaggio», gli augurò senza un minimo di sincerità, delusa dal fatto che stesse scappando al primo ostacolo.
Sì, anche lei lo aveva fatto, appena il pomeriggio prima. Ma lei era quella debole, che non si fidava di nessuno e teneva tutti lontano.
E anche se non era una giustificazione valida, almeno lei aveva da sempre messo in chiaro questo suo lato del carattere.
Niall invece le aveva detto che gli piacevano le cose complicate, però stava scappando, di nuovo.
«Non sto scappando, Eileen», mormorò Niall dopo un po’ a voce bassa. Eileen alzò gli occhi di scatto, sorpresa che Niall avesse intuito la direzione verso cui stavano volando i suoi pensieri.
«No?» ripeté, completamente rapita dai suoi occhi limpidi e sinceri. Lui scosse la testa e strinse impercettibilmente le labbra.
«No. Torno a Londra a trovare i miei amici.»
Eileen scosse la testa e cercò di riprendersi, tornando in sé ed evitando accuratamente di incrociare nuovamente gli occhi di Niall, che riuscivano a farle dimenticare anche il suo nome.
«Niall, tu puoi fare quello che vuoi, non devi giustificarti con me.  A me non importa», affermò sentendosi la persona peggiore del mondo per tutte le bugie che riusciva a racchiudere in una sola frase di nemmeno venti parole.
Sentì Niall sospirare quasi esasperato e azzardò un’occhiata veloce verso di lui appena in tempo per vedere un angolo della sua bocca sollevarsi in un mezzo sorriso amaro.
«Mi stai chiudendo di nuovo fuori», la accusò scuotendo la testa e voltandosi per continuare a piegare i vestiti per infilarli poi lentamente nella sua valigia.
Eileen deglutì a fatica e si strinse nelle spalle, osservando la sua schiena ampia e le sue spalle tese.
«Io non sto facendo proprio niente.»
«Sì, invece», insistette lui voltandosi appena per lanciarle un’occhiata carica di risentimento, lanciando con stizza un cappellino nella valigia. Poi si voltò verso di lei, il volto in fiamme e gli occhi che quasi brillavano per la troppa intensità dello sguardo.
«Ti sei di nuovo chiusa dietro quel cazzo di muro, lo fai ogni volta che c’è qualcosa che non va! Lo hai fatto anche ieri, non mi hai dato modo di parlare, di spiegare, sei saltata subito alle tue conclusioni e sei andata via», la accusò camminando poi verso di lei.
Eileen trattenne il respiro, ma lui la superò per dirigersi all’armadio e prendere altri vestiti da mettere in valigia.
«Cos’altro dovevo fare? Ho sentito cosa stavi dicendo al tuo amico, non c’era un bel niente da spiegare», replicò lei, la voce solo leggermente tremante.
Niall si lasciò scappare una mezza risata sprezzante e si allungò per prendere un paio di libri abbandonati sulla scrivania accanto a lei.
«Questo perché ti ostini a vedere solo quello che vuoi», ribatté ancora senza guardarla, troppo concentrato sulla sua dannata valigia. Lei aprì la bocca per replicare, ma lui si voltò di scatto, fissandola spudoratamente e avvicinandosi a lei con due passi veloci, confondendola.
Eileen trattenne il respiro, il cuore che partì veloce per l’improvvisa vicinanza e le mani strette a pugno per impedirsi di toccarlo come avrebbe voluto.
«Se mi lasciassi parlare», cominciò Niall, occhi negli occhi, voce bassa e terribilmente seducente, o forse erano solo gli ormoni di Eileen a vedere rosso ovunque.
«Ti direi che hai sentito solo una parte di quella dannata conversazione, non hai sentito cosa ho risposto io ad Harry. Tu non sai quello che provo io per te», a quelle parole Eileen vide le mani di Niall avvicinarsi fin troppo al suo viso e la paura che lui come sempre riuscisse a distrarla la aiutò a scostarsi e a tirarsi indietro, mettendo distanza tra di loro.
Si prese la testa tra le mani e la scosse, chiudendo gli occhi.
«Basta Niall, non voglio sentire altro, okay?» sbottò, per poi tornare a guardarlo.
«Torna a Londra, divertiti e smetti di pensare a me.»
«Perché fai così, dannazione?!» sbraitò Niall, guardandola quasi furioso, le braccia spalancate e leggermente tremanti.
«Così come?» mormorò lei, appiattendosi accanto alla scrivania, quasi a voler scomparire per non dover affrontare neanche un altro minuto di quella conversazione a dir poco sfiancante.
«Così!» sbottò Niall, avanzando verso di lei, «Parlami, Eileen! Guardami e dimmi quello che stai pensando!» quasi la pregò, e il suo sguardo era talmente sofferente che Eileen fu costretta a chiudere gli occhi per impedirsi di correre da lui e abbracciarlo.
«Senti, io non ho bisogno di un’altra persona che…che poi se ne va, il mio cuore non lo sopporterebbe», confessò con un filo di voce, stringendosi le braccia attorno al corpo, presa da un brivido improvviso.
«Chi te l’ha detto che io voglia andarmene?» sussurrò Niall dopo qualche secondo. Eileen si strinse nelle spalle e continuò a fissarsi le scarpe, il volto in fiamme e il cuore che quasi le pulsava di dolore.
«Perché prima o poi tutti se ne vanno. Mia madre è stata solo il principio, dopo di lei tutti se ne sono andati, lasciandomi sola. Nessuno rimane.»
«Ma non sei sola… hai il tuo amico, quello lì, Riley!» esclamò lui, avanzando di qualche passo, Eileen poteva vedere le sue scarpe farsi sempre più pericolosamente vicine alle sue.
Scosse la testa e chiuse gli occhi, cercando di mandare giù il nodo che le chiudeva la gola.
«Lui c’è da prima. C’è sempre stato, è una cosa diversa. E poi se ne sta andando anche lui.»
«Questo non vuol dire niente», insistette lui arrivando ormai a far sfiorare la punta delle loro scarpe.
Eileen lo sentiva, sentiva il calore del suo corpo che attraeva il suo come una calamita, ma aveva paura anche solo ad alzare il viso e ad incrociare il suo sguardo.
Il muro di cui lui parlava tanto, ancora una volta, era stato sgretolato.
E lei era improvvisamente vulnerabile.
«Sì invece», mormorò prendendo un bel respiro, «Niall, io…non posso sopportare di affezionarmi ancora a qualcuno. Non posso, non ce la farei a superare di nuovo tutto quel dolore, non voglio», ammise dandosi dell’idiota immediatamente dopo, accorgendosi che ormai era troppo tardi.
Il danno era già fatto e continuare a negare con le parole non sistemava di certo le cose.
«Quindi che farai? Mi ignorerai finché l’estate finirà e poi non ci vedremo più?» la stuzzicò lui, una nota di cattiveria nella voce. Eileen scosse la testa serrando gli occhi e trattenendo a stento un singhiozzo, le spalle tremanti.
Allora Niall non resistette più e allungò una mano verso di lei per sfiorarle la guancia e poi i capelli.
«Tu non capisci», mormorò Eileen tirandosi indietro automaticamente e alzando finalmente il viso verso di lui che, probabilmente ormai al limite, perse del tutto la pazienza.
«No, forse non capisco! Ma so che ti stai facendo condizionare dalla tua fottuta paura del mondo! Non capisci che così rischi davvero di rimanere sola? E’ vero, le persone se ne vanno, ma non tutte. Se tu non ci provi, non troverai mai chi è fatto per restare nella tua vita», esclamò gesticolando con vigore e intrappolando gli occhi con i suoi senza darle via di scampo.
«Non è il momento adesso di pensare a questo», balbettò lei con un filo di voce. Niall scosse la testa e sospirò, rassegnato dalla testardaggine di Eileen.
«Certo, come vuoi», si arrese per poi tornare a guardarla con intensità.
«Ma sappi che ogni lasciata è persa, poi non si può più tornare indietro.»
Questa volta fu il turno di Eileen di perdere la pazienza, era evidente che fossero entrambi nervosi e allo stremo della sopportazione, così anche lei non si impedì di sfogarsi e dare fiato ai suoi pensieri.
«Pensi che non lo sappia?» sbottò, «Io darei la vita per tornare a quando avevo dieci anni e nella mia famiglia c’era ancora uno straccio di felicità! Ma che ne vuoi sapere tu, la tua vita è sempre stata perfetta! Beh, sai che ti dico? Smettila di giudicarmi, non te lo permetto! Tu non sai niente di me e non puoi sputare sentenze solo in base a quello che vedi!»
Niall rimase di sasso davanti a quello sfogo e boccheggiò per qualche secondo mentre Eileen respirava profondamente per riprendere fiato e calmarsi.
Quando sembrò riuscire nel suo intento, Niall fece un passo indietro alzando le mani davanti a sé a mo’ di resa.
«Forse questi giorni di lontananza ci faranno bene.»
«Perché, tornerai?» lo stuzzicò lei, alzando un sopracciglio e guardandolo fin troppo scettica e maligna. Niall sorrise amaramente e la guardò come a dirle che poteva fingere quanto voleva, ma lui sapeva cosa stava pensando o provando in quel preciso istante.
Forse lo sapeva anche meglio di lei stessa.
«Te l’ho detto: io non me ne vado», mormorò alzando le spalle con fare noncurante.
«Cosa vorresti dire con questo? Cosa vuoi…dimostrarmi?» chiese Eileen con voce strozzata.
Niall sorrise.
«Hai detto che non vuoi sentire altro e ho capito che quando si tratta di sentimenti, è inutile parlare con te. Quindi non ci spreco neanche il fiato», rispose lui stringendosi di nuovo nelle spalle.
Eileen lo guardò incredula, non poteva pensare che d’un tratto riuscisse a mostrarsi così indifferente quando fino a due minuti prima era incredibilmente frustrato da quella conversazione e dal comportamento di Eileen.
«Forse quando sarò lontano riuscirai a realizzare cosa vuoi, cosa provi. Forse è questo che ti serve per capire: sentire la mia mancanza», continuò lui di nuovo serio e con l’intenzione di farla sciogliere solo con il suo sguardo.
«Non riesco a seguirti, cosa dovrei capire?» chiese lei, totalmente confusa da quegli occhi troppo profondi e caldi, perdendo all’istante il filo del discorso.
«Non provarci con me, Cookie. Sei una ragazza intelligente ma non mi freghi, so che sai di cosa sto parlando», ribatté lui confondendola se possibile ancora di più.
«Io davvero comincio a pensare che vi divertiate tutti a prendervi gioco delle mie facoltà mentali», borbottò tra sé e sé Eileen corrugando le sopracciglia e lanciando un’occhiataccia alla valigia di Niall, tanto perché fu la prima cosa che gli capitò sott’occhio.
«Cosa?» le chiese Niall, avvicinandosi per sentire meglio quello che Eileen aveva da dire. Ma lei scosse la testa stizzita e sgusciò di lato per appiattirsi contro il muro e mettere più distanza possibile tra di loro, frustrata dal fatto che le bastasse una minima vicinanza per mandare all’aria quel filo di intelligenza che c’era nel suo cervello.
Niall sbruffò quando lei, per l’ennesima volta, rifiutò qualsiasi contatto con lui e alzò le braccia al cielo esasperato, bloccandola prima che riuscisse ad arrivare alla porta per fuggire via.
«Okay, basta», cominciò attirando la sua attenzione, «So che non vuoi sentirtelo dire, ma così non ce la faccio. Io sono un tipo che le cose le dice in faccia, e con te mi sono trattenuto anche troppo.»
Eileen si immobilizzò e smise di respirare, di nuovo confusa dal cambio repentino dell’umore di Niall.
Cominciava a pensare che soffrisse di personalità multipla.
Cominciava, solo quello, perché ancora una volta Niall catturò il suo sguardo e lei si perse nei suoi occhi azzurro ghiaccio.
«Cosa stai dicendo?» soffiò, mentre lui le si faceva incredibilmente vicino e afferrava il suo viso con entrambe le mani.
«Eileen, io…»
Se avesse potuto bloccare il tempo una volta sola nell’arco della sua vita, Eileen l’avrebbe fatto proprio in quel momento.
Avrebbe fermato il tempo, si sarebbe sottratta dalla presa di Niall e avrebbe spinto Harry giù dalle scale, impedendogli di interromperli per poi tornare da Niall e lasciarlo parlare.
Ma purtroppo Eileen non aveva questo potere, quindi poté solo fulminare Harry con lo sguardo non appena questo passò davanti alla camera, distraendo Niall e costringendolo a mollare la presa e a fare un passo indietro.
«Hai finito con la valigia? Tra un’ora dobbiamo essere all’aeroporto», lo informò Harry lanciando ad Eileen un mezzo sorriso di scuse, approfittando del fatto di aver ormai lanciato la bomba per farla esplodere completamente.
Niall sospirò e lanciò un’occhiata sconsolata ad Eileen, ancora immobile schiacciata contro il muro.
«Ho quasi finito», mormorò. Harry annuì e gli scoccò un altro sorrisetto.
«Se vuoi ti aiuto», si offrì fermandosi sulla porta accanto ad Eileen.
Niall annuì e allora Harry entrò, avvicinandosi alla valigia ancora semivuota di Niall sul letto. Niall lo seguì con lo sguardo, poi tornò con gli occhi su Eileen, che li evitò di proposito e scivolò sempre di più verso la porta.
«Io…vado da Dylan», mormorò con un filo di voce, «Qualsiasi cosa dovrai dirmi, me la dirai al tuo ritorno. Se…se tornerai, ecco», concluse per poi voltarsi e andarsene, ma la voce di Niall la bloccò.
«Aspetta», mormorò senza riuscire a fermarsi. Eileen si voltò e, incrociando lo sguardo sbalordito di Harry, si ritrovò stretta tra le braccia calde di Niall, che la avvolsero completamente.
Quando Harry distolse educatamente lo sguardo, gli occhi di Eileen si chiusero automaticamente e poggiò le mani sul petto di Niall, mentre questo affondava il viso tra i suoi capelli e respirava forte.
«Fai buon viaggio», mormorò Eileen dopo un po’, ormai allo stremo della sopportazione, per poi fare forza sul suo petto e allontanarlo costringendolo a sciogliere l’abbraccio.
Non lo guardò, non aspettò neanche il tempo di un altro respiro, che sgusciò via, quasi correndo giù per le scale per poi fiondarsi in bagno davanti ad un’incredula Denise.
Un altro secondo e non avrebbe più resistito, Niall aveva quel potere assurdo di farle perdere del tutto il controllo.
E mentre cercava di riprendere il respiro, ad occhi chiusi, capì che non aveva bisogno che Niall partisse per realizzare che gli sarebbe mancato e che ormai, senza di lui, non sarebbe potuta più stare.
 

 

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Capitolo 22
*** Things happen. ***


22. Things happen.
 
 



«Secondo me sta pensando a cento modi in cui può uccidersi.»
«No, sta solo cadendo lentamente nella depressione.»
«Niall depresso? Oh, Liam, questa è la stronzata più grande che potessi dire!»
«Ma…guardalo
«Piantatela di stressarlo, ragazzi.»
Il brusio di voci che invadeva la testa di Niall, senza però riuscire a superare il rumore dei suoi pensieri, si interruppe per un secondo dopo quell’esclamazione fatta da una voce seria, scocciata, ma anche benevola.
«Tanto non ci sente, Zayn. E’ mezz’ora che lo stiamo fissando e non se n’è neanche accorto», le voci ripresero a parlare, e Niall si ritrovò a sbattere le palpebre e a riconoscere distrattamente quella di Liam.
Scosse la testa e si guardò intorno, realizzando di essere seduto su una poltrona, davanti alla tv, e di avere di fronte il divano della sua casa di Londra, in quel momento schiacciato dal peso dei suoi amici Liam, Harry e Zayn che gli lanciavano occhiate curiose, divertite e sconsolate.
«Secondo me è tornato a Londra ma la testa l’ha lasciata a Mullingar», commentò Liam avvicinando le labbra all’orecchio di Harry, per provare a non farsi sentire. Il riccio gli diede una spallata lanciando un’occhiata veloce a Niall e scosse la testa, piegando poi le labbra in un sorrisetto divertito.
«Nah, a Mullingar ci ha lasciato il cuore», replicò Harry con una nota maliziosa nella voce. A quelle parole gli occhi di Niall saettarono su di lui e si costrinse a scacciare quell’assurda nebbia che gli oscurava il cervello, per concentrarsi su quello che gli amici stavano farneticando.
«Oh, cos’è tutta questa dolcezza, Hazza?» si stupì Liam voltandosi verso di lui per guardarlo un po’ gongolante. Harry roteò gli occhi al cielo e questa volta fissò spudoratamente Niall, come a fargli capire che voleva che lo sentisse, che ascoltasse quello che lui pensava veramente.
«Io l’ho vista, Payno», disse guardando Niall ma rivolgendosi a Liam.
«E ho visto lui con lei», aggiunse poi piegando le labbra in quel suo solito sorrisetto provocante, contornato dalle sue fossette.
Niall sentì il suo cuore fare un tonfo e si schiaffeggiò mentalmente per costringersi a tornare alla realtà e a prendere in mano la situazione prima che degenerasse e soprattutto prima che i suoi amici cominciassero a trarre le loro assurde conclusioni.
«Cosa stai dicendo Harry?» sbottò arrossendo violentemente e stringendo le mani a pugno.
Tre paia di occhi si fissarono contemporaneamente su di lui: quelli di Harry tranquilli, furbetti, quelli di Zayn sorpresi e quelli di Liam quasi terrorizzati.
«Oddio!» esclamò infatti posandosi una mano sul cuore e sbruffando pesantemente.
«Niall! Avvisa prima di tornare in vita così all’improvviso», lo sgridò lanciandogli però un’occhiata bonaria. Niall lo ignorò completamente, concentrandosi su Harry che in quel momento si stava sbellicando dalle risate. Zayn roteò gli occhi al cielo e mollò una pacca sulla nuca di Liam, che lo guardò imbronciato.
«Piantala, Liam», lo riprese il moro con sguardo serio. Niall si spazientì, osservando Harry che proprio non la smetteva di ridere, come se gli fosse preso una specie di attacco isterico.
«Harry, ti ho fatto una domanda», cercò di richiamare la sua attenzione agitando le braccia davanti a lui. Harry si stropicciò gli occhi e tentò di calmarsi, posandosi una mano sullo stomaco e scompigliandosi i capelli con l’altra.
«Harry», borbottò Zayn a mezza bocca lanciando un’occhiata di sottecchi a Niall, che sentiva il viso andargli a fuoco. Strinse i pugni e sentì le braccia cominciare a tremargli, forse dalla rabbia, forse dall’impazienza.
Fatto sta che Harry si accorse della sua strana reazione nervosa e alzò le mani davanti a sé a mo’ di resa, facendo sparire finalmente quel sorrisetto impertinente dalla sua faccia e guardandolo con un accenno di serietà.
«Okay, biondino, calma. Stavo scherzando», mormorò lanciandogli un’occhiata mezza preoccupata.
«Niall, ti senti bene?» si preoccupò Liam piegando un po’ la testa di lato e scrutandolo con apprensione. Niall spostò gli occhi su di lui e si accorse di star trattenendo il respiro, così lo lasciò andare con uno sbuffo e si sentì leggermente meglio, la testa smise di girargli e le tempie di pulsare.
Chiuse gli occhi e prese un altro bel respiro, rilassando le mani.
«Scusate, ragazzi», mormorò con un filo di voce. Poi riaprì gli occhi e, evitando i loro sguardi, si alzò.
«Credo che me ne andrò un po’ in camera», annunciò loro, ma prima che riuscisse a fare anche solo mezzo passo, la voce di Zayn lo bloccò.
«Io penso che dovresti rimanere qui e parlarne con noi», disse serio e con quel tono di voce che era impossibile ignorare. Niall lo guardò, mentre quegli occhi scuri gli scavavano dentro, scovando ogni suo più piccolo segreto.
«Di cosa dovrei parlare?» replicò al volo fissandolo, mentre gli occhi di Liam e Harry seguivano velocemente il loro scambio di battute.
«Di cosa ti sta succedendo.»
«Non mi sta succedendo proprio un bel niente», si alterò di nuovo stringendo le mani a pugno. Zayn non si scompose minimamente e si limitò a fissarlo e a indicargli la poltrona con un cenno del mento.
«Siediti, Niall», quasi gli ordinò e Niall non poté fare a meno che ubbidirgli, perché il suo sguardo era troppo ipnotizzante e la sua espressione talmente decisa da fargli credere che se non avesse eseguito la sua richiesta, lo avrebbe tirato a forza su quella poltrona.
Così, con un sospiro, si lasciò cadere su quella superficie morbida e poggiò i gomiti sulle ginocchia, per chiudere gli occhi e massaggiarsi le tempie con le mani.
«Okay, credo che sia ora di preparare un bel tè», se ne uscì Liam schizzando in piedi e avviandosi a passo deciso verso la cucina.
Niall trattenne uno sbruffo; gli sembrava strano che Liam non avesse ancora preparato il primo giro di tè. Erano le sei del pomeriggio, lui e Harry erano arrivati quella mattina e a Niall quasi mancava quello che per Liam era la risoluzione a tutti i problemi.
Secondo lui bastava una tazza di tè e passava tutto, si stupiva che non ci avesse pensato prima.
Harry invece sbuffò, alzando gli occhi al cielo e tirando un cuscino a Liam, che schivò prontamente prima di entrare in cucina. Zayn gli lanciò un’occhiataccia e allora Harry, sbruffando di nuovo, si alzò per raccoglierlo, poi tornò sul divano e si sistemò a gambe incrociate di fronte a Niall, spegnendo la tv e guardando Zayn, in attesa.
Niall lo seguì, non sapendo cosa aspettarsi dal suo amico, che sapeva se ne sarebbe uscito con qualche frase ad effetto che avrebbe stupito tutti e che soprattutto l’avrebbe smascherato del tutto.
Zayn lo guardò profondamente, poi tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo pacchetto di sigarette e si schiarì la gola.
«Niall, non ti vogliamo mettere sotto esame», cominciò cercando di tranquillizzarlo. Ma Niall sapeva che quando era così serio, ma soprattutto quando si accendeva una delle sue amate sigarette, voleva dire che l’anima dello psicologo si era impossessato di lui e quello che voleva fare era proprio esaminare tutto.
Niall fece una smorfia e Zayn accennò un sorriso, portandosi una sigaretta tra le labbra e frugando nell’altra tasca dei jeans probabilmente alla ricerca dell’accendino.
«Ma è evidente che qui c’è qualcosa che non va.»
«Zayn, smettila di farla così seria, ti prego. Mi stai mettendo l’ansia», sbottò Harry lanciandogli un’occhiataccia e dondolandosi sul posto.
Niall annuì lentamente.
«Sì, Zayn, dimmi qual è il problema e facciamola finita», borbottò quasi tra sé e sé. Gli occhi di Zayn scattarono su di lui e la sua espressione si addolcì in un sorriso.
«Nialler, se qua c’è qualcuno che ha un problema, quello sei tu», gli disse tranquillamente per poi illuminarsi in un sorriso quando riuscì a trovare l’accendino.
Gli lanciò un’occhiata dolce, fece scattare l’accendino avvicinando la fiamma alla sigaretta e «Zayn, non fumare dentro casa!», urlò automaticamente Liam affacciandosi dalla porta della cucina.
«Dai, Leeyum!», protestò lui guardandolo male e togliendosi contro voglia la sigaretta dalle labbra. Liam socchiuse gli occhi e alzò il mento.
«Non ci provare neanche, non voglio sentire puzza di fumo qua dentro. Casa tua può anche essere una camera a gas, io qui voglio respirare», gli disse sventolando il dito indice in aria. Zayn sbuffò, rimise la sigaretta nel pacchetto e mentre Liam spariva di nuovo in cucina mormorò «Vecchia zitella» a mezza bocca.
«Ti ho sentito!» urlò di nuovo Liam dall’altra stanza facendo ridacchiare Zayn.
Niall, inspiegabilmente, si ritrovò a sorridere.
Era nervoso, praticamente intrattabile da quando aveva messo piede a Londra, ma i suoi amici gli erano mancati.
Gli era mancata quell’atmosfera così spensierata, quei continui battibecchi, la leggera isteria di Liam e l’abbozzare di Zayn ad ogni sua richiesta.
Sentiva le braccia fremere, segno evidente che gli mancasse qualcosa molto di più, ma in sostanza non si era pentito di essere tornato a casa.
All’inizio aveva pensato che scappare di nuovo lo avrebbe distratto e magari l’avrebbe salvato da quel vortice di emozioni contrastanti, ma era evidente che non ci fosse riuscito.
Anche i ragazzi si erano accorti che c’era qualcosa che non andava in lui, e anche se sapeva che la colpa era solo sua e del suo completo mutismo, lui era fatto così.
Non riusciva a fingere, e se stava male non riusciva a nasconderlo. Niall semplicemente era un libro aperto per tutti, e non sapeva se questo fosse un bene o un male.
«Torniamo all’argomento principale, per favore?» si spazientì Harry agitandosi sul posto e attirando l’attenzione su di sé. Niall lo guardò e lo stesso fece Zayn, per poi incatenare i loro sguardi.
«Quanto sei impaziente, Harry», lo ammonì. Harry si scompigliò i ricci con le mani e mise su il broncio.
«Non mi piace quando ci nascondiamo le cose tra di noi», borbottò lanciando un’occhiata esplicita a Niall che ebbe un tuffo al cuore e sentì il bisogno di difendersi da quell’accusa implicita.
«Io non sto nascondendo proprio niente», si tirò subito indietro assumendo l’espressione più innocente che potesse avere dimenticandosi, per l’ennesima volta, di essere un libro aperto per loro.
Infatti Harry gli lanciò un’occhiataccia e incrociò le braccia al petto.
«E non mi piace quando ci diciamo le stronzate», aggiunse fissandolo quasi con disprezzo. A quel punto Niall abbassò gli occhi e sospirò abbattuto, non riuscendo più a sostenere quello sguardo così offeso.
Harry a volte somigliava a un bambino di cinque anni: se la prendeva per tutto e teneva il muso finché le sue richieste non venivano accontentate.
Probabilmente in quel momento non era preoccupato del fatto che Niall non fosse esattamente felice e tranquillo, ma era offeso perché non voleva dirgli il motivo e accontentare la sua anima da pettegolo.
«Ecco qui, ragazze. E’ arrivata l’ora del tè!» esclamò Liam con voce da civetta entrando nella stanza tenendo tra le mani un vassoio con sopra quattro tazze fumanti. Harry alzò gli occhi al cielo.
«Ma quanto sei spiritoso, Liam!» esclamò sarcastico probabilmente con l’intento di offenderlo, ma ottenendo da lui solo una sonora risata e poi il suo conseguente sorriso dolce.
«Grazie, Harry», gli rispose amabilmente. Harry si schiaffeggiò la fronte e serrò gli occhi per poi scuotere la testa sconsolato.
«Non era un complimento, idiota.»
«Ragazzi, piantatela, ci sono cose più importanti qui», Zayn mise fine a quella discussione facendo di nuovo piombare Niall nel più completo imbarazzo, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Sentì inevitabilmente il sangue colorargli le guance e incassò la testa nelle spalle, cercando di farsi il più piccolo possibile, anche se sapeva che non poteva scappare anche da quella situazione, per quanto potesse diventare imbarazzante.
«Giusto», si ricompose Harry rispolverando il suo sorrisetto impertinente.
«Allora, Niall. Parlaci di questa ragazza», si aggiunse Liam scoccandogli il suo sorriso dolce e rassicurante.
Niall si lasciò scappare una risatina nervosa e guardò Zayn come in cerca di aiuto, ma quello si limitò a fissarlo come in attesa di vedere cosa si sarebbe inventato per tirarsi fuori da quello che sembrava proprio un interrogatorio.
«Cosa volete sapere? E’ la baby sitter di Dylan e di conseguenza la vedo tutti i giorni», balbettò Niall cercando di mostrarsi indifferente ma probabilmente fallendo miseramente, perché Harry scoppiò a ridere dopo due secondi e Zayn gli lanciò un’occhiata ammonitrice per poi scuotere la testa sconsolato.
«Sì, certo. Ti sei dimenticato di dire che le sbavi praticamente dietro, ma lei non ha intenzione di dartela», aggiunse Harry dando di gomito a Zayn che lo guardò quasi disgustato.
Niall rimase a bocca aperta e, senza niente di particolarmente offensivo da dire, prese il primo cuscino che gli capitò in mano e lo tirò dritto in faccia ad Harry.
«Ti ho già detto quello che penso di lei, Harry. Piantala di fare il coglione», sibilò per poi arrossire e schiarirsi nervosamente la gola.
Harry ridacchiò e Zayn annuì, allora Liam osservò tutti e tre con aria confusa e corrugò le sopracciglia.
«Perché tra noi mi sembra che l’unico che non sa niente sono io?» chiese incrociando le braccia al petto.
Zayn afferrò una tazza di tè e se la portò alle labbra, mentre Harry scoppiava a ridere e scompigliava i capelli corti di Liam.
«Perché è così, Leeyum.»
Liam si imbronciò ancora di più e lanciò un’occhiataccia a Niall.
«Perché a loro lo hai detto e a me no?» gli chiese fissandolo offeso. Niall sospirò e si passò una mano sul viso, per cercare di mantenere il controllo, anche se aveva la testa che gli scoppiava.
Avrebbe dovuto immaginarsi che scappando da un problema sarebbe andato incontro ad altri tre, che più precisamente erano i suoi migliori amici. Doveva ringraziare che Louis non fosse presente, che la sua famiglia non l’aveva lasciato tornare, o in quel caso sarebbe uscito di testa dopo neanche due minuti: Louis lo avrebbe tempestato di domande fino allo sfinimento, finché non avrebbe confessato i suoi sentimenti, tutto quello che provava e che pensava di lei.
Il problema era che sapeva solo che non poteva più fare a meno di Eileen e aveva quasi paura a dare un nome a quel sentimento.
«Perché non c’è niente da dire, Liam», mormorò rispondendo alla domanda del suo amico. Poi prese un respiro e lo guardò stringendosi nelle spalle.
«Se ci fosse qualcosa di importante da dire, qualcosa per cui essere felice o anche solo minimamente soddisfatto, lo urlerei al mondo», continuò sentendo gli occhi pizzicare e il cuore stringersi in una morsa fastidiosa.
I ragazzi si ammutolirono e lui non riuscì più a fermarsi, aveva davvero bisogno di parlare e di far uscire quei pensieri che gli otturavano la mente.
«Il fatto è che è tutto così strano, così forte e incontrollabile, che faccio troppi sbagli e non riesco a far andare le cose come vorrei», confessò con un filo di voce fissandosi le mani.
«Oh», esalò Liam probabilmente sorpreso dall’intensità delle emozioni di Niall.
«Magari con il tempo qualcosa cambierà», azzardò Zayn attirando l’attenzione. Niall alzò gli occhi su di lui e scosse la testa, accennando un piccolo sorriso.
«Non credo che la situazione migliorerà. Non credo che lei…», Niall si bloccò, il respiro impigliato in gola e si stropicciò gli occhi con le mani, scuotendo la testa e lasciando la frase a metà.
Nella stanza era calato un silenzio carico di tensione e Niall si sentiva quasi soffocare dal battito del suo cuore troppo veloce e dalla voglia di trovare una soluzione a tutto quel casino.
«Beh, vedrai Niall, quando ricominceremo a girare il mondo ne avrai a decine di ragazze», Harry provò a sdrammatizzare mormorando quella frase con un tono dolce e incoraggiante. Niall alzò il viso e gli lanciò un’occhiata insieme ad un sorriso sconsolato.
«Il problema, Harry», cominciò serio, «E’ che penso a lei tutto il tempo. Anche ora, mentre sono seduto qui, penso a lei. Non potrebbe mai esserci un’altra.»
«L’abbiamo perso, ragazzi, completamente», sussurrò Liam leggermente sconvolto. Harry lo fissò sbalordito, gli occhi spalancati, totalmente senza parole. Niall scosse di nuovo la testa, questa volta divertito dalle reazioni degli amici, poi si rivolse a quello che sembrava mantenere la calma più di tutti.
«Zayn. Che devo fare?» gli chiese come ultimo tentativo.
Probabilmente se neanche il suo amico sarebbe riuscito ad aiutarlo a prendere la strada giusta, si sarebbe arreso definitivamente.
O forse, con un po’ di coraggio, avrebbe urlato in faccia ad Eileen tutto quello che pensava, indipendentemente da come avrebbe reagito lei.
«Se Lou fosse qui probabilmente ti direbbe di correre da lei e dirglielo», commentò Harry.
«Già. Penso anch’io che dovresti farlo. E magari baciarla, dopo», si aggiunse Liam ma Niall guardava Zayn.
«Zayn.»
«Sto pensando, biondino, un attimo», rispose lui lanciandogli un’occhiata veloce e scrutandolo con attenzione.
Niall sospirò e Harry fece per dire qualcosa, però venne interrotto dal suono del campanello, che li fece sobbalzare.
«Chi diavolo è adesso?» sbottò Harry posandosi una mano sul cuore e lanciando un’occhiataccia alla porta.
«Io ho una vaga idea», mormorò Liam schizzando in piedi con un gran sorriso sulle labbra. A vedere quell’espressione così entusiasta anche Niall intuì chi potesse essere alla porta.
Quando Liam si catapultò praticamente tra le braccia della sua ragazza, capì di aver centrato il punto.
«Ciao, ragazzacci!» esclamò una voce allegra, leggermente nasale, seguita poi dalla figura slanciata e pallida di Perrie, che superò la coppietta innamorata per fare il suo ingresso nella stanza.
Niall sorrise automaticamente, mentre gli occhi di Perrie quasi dotati di vita propria si posavano su Zayn e le sue labbra si sollevavano in un sorriso carico di affetto.
«Perrie!» esclamò Niall alzandosi e andandole incontro.
Gli sembrava passata una vita dall’ultima volta che l’aveva vista e quella ragazza era troppo adorabile per trattenersi dall’abbracciarla e salutarla come si doveva.
«Ciao, Niall!» esclamò Perrie al suo orecchio, ricambiando il suo abbraccio con vigore per poi staccarsi e tenerlo per le spalle, osservandolo con un gran sorriso.
«Come stai?» gli chiese.
«Tutto bene», rispose automaticamente Niall sorridendole.
«Che cosa ci fate qui?» chiese Zayn interrompendoli. Perrie sciolse la presa e si voltò verso di lui, allungandosi per scoccargli un piccolo bacio sulle labbra.
«Abbiamo svaligiato tutti i negozi in cui siamo entrate, era ora che tornassimo a casa», rispose Perrie accennando una risata. Zayn scosse la testa divertito e lei gli fece un altro sorriso.
«Già, e a me mancava Liam», si aggiunse Sophia raggiungendoli mano nella mano con il diretto interessato.
«Quindi abbiamo deciso di infiltrarci nella vostra riunione tra ragazzi», continuò Perrie lasciandosi cadere sul divano, seguita poco dopo da Niall e Zayn che si accomodarono ai suoi lati.
«E chi ti dice che noi vi vogliamo qui dentro?» si intromise Harry sedendosi di fronte a loro. Perrie gli fece una smorfia che Harry ricambiò al volo.
«Zayn non mi manderebbe mai via, riccio.»
«Sì, ma questa è casa mia e decido io chi può starci», ribatté lui incrociando le braccia al petto.
«E’ anche casa di Liam, e lui non ci butterebbe mai fuori. Vero, amore?» mormorò Sophia rivolgendosi poi a Liam, che le carezzò la guancia.
«Harry, questa volta ti hanno fregato», disse poi al suo amico che si imbronciò.
«Odiose ragazze», grugnì facendo scoppiare a ridere tutti.
«E poi guardate qui…», esclamò Perrie saltando in piedi e correndo verso il corridoio che dava sulla porta d’entrata. Dopo poco torno con le braccia piene di buste e l’ennesimo sorriso luminoso sulle labbra.
«Cibo!» urlò facendo l’occhiolino a Sophia, che le lanciò un’occhiata d’intesa.
«Quello non è cibo, ragazze», commentò Liam. Perrie scrollò le spalle e guardò Niall che per un attimo smise di pensare ad Eileen, Mullingar e qualsiasi altra cosa, concentrato su Perrie e sulla sua vitalità che coinvolgeva sempre tutti.
«Per te, forse. Ma sono sicura che Niall apprezzerà.»
«Cosa?» chiese Niall curioso, allungando il collo per vedere ciò che Perrie teneva tra le braccia.
«Nando’s!» urlò di nuovo lei mostrandogli il logo delle buste. Niall scoppiò a ridere e si scompigliò i capelli.
«Oh. Grazie, ma non credo di avere fame», replicò tranquillamente senza perdere il sorriso.
D’un tratto uno strano silenzio calò nella stanza, costringendolo a guardarsi intorno con aria preoccupata.
Tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di lui, spalancati e increduli.
«Cosa?» esclamarono Liam e Sophia all’unisono.
«Cosa?» si aggiunse Harry boccheggiando.
«Cosa?!» urlò infine Perrie facendogli fare una smorfia.
«Perrie, non urlare», la riprese Zayn pizzicandole un fianco e facendola saltellare.
«Ma… Zay!» protestò lei guardandolo sbalordita, «Niall non ha fame!»
«Calmati, c’è una spiegazione a questo», rispose lui lanciando un’occhiata di sottecchi a Niall. Perrie incrociò le braccia al petto fissandolo con aria scettica.
«Oh, davvero? Beh, illuminami!»
«E’ quello di cui stavamo parlando prima che voi ragazze vi impicciaste», grugnì Harry facendogli un’altra smorfia, questa volta però seguita da un sorriso furbetto.
«Beh, adesso siamo qui. E l’opinione femminile può essere sempre d’aiuto.»
«Di cosa si tratta?» chiese Sophia con la sua voce bassa e quasi timida.
«Dramma sentimentale», le rispose Liam facendo un gran sorriso a Niall, che alzò gli occhi al cielo.
«Oh, perfetto! Le ragazze sono fatte per i drammi sentimentali» esclamò Perrie battendo le mani e saltellando sul posto. Zayn alzò gli occhi al cielo e le passò un braccio intorno alle spalle per fermarla e cercare di tranquillizzarla.
«Bene, allora vediamo cosa mi dici di questo», cominciò Harry schioccando la lingua e drizzando le spalle, lanciandole uno sguardo di sfida.
«Harry, non…» Niall provò a fermarlo, ma ormai il riccio era partito.
«Niall è completamente perso per una ragazza che ha conosciuto in Irlanda, che è evidente che ricambia i suoi sentimenti ma che è leggermente…frigida.»
«Harry», mugugnò Niall rosso fino alla punta delle orecchie, nascondendo il viso tra le mani imbarazzato.
«Che vuoi? Non dirmi che siete andati oltre a quegli sguardi da diabete che vi lanciate!» esclamò Harry roteando gli occhi. Niall alzò gli occhi di scatto e arrossì ancora di più, ripensando a tutto quello che era successo con Eileen esclusi gli “sguardi da diabete”.
«Oh! Oh», esclamò Liam spalancando gli occhi.
«Biondino, ci stai nascondendo la parte più entusiasmante della storia!» lo accusò Harry puntandogli un dito contro oltraggiato.
«Soph, perché diavolo non siamo venute prima?»
«Sei una pettegola, Perrie.»
«Puoi dirlo forte.»
Niall ignorò il bisbiglio delle ragazze e delle loro risatine, sentendosi sprofondare quando Liam lo guardò con attenzione.
«Niall, che cosa è successo?» gli chiese facendogli fermare il cuore. Nervoso, si passò una mano tra i capelli e provò a sorridere.
«B-beh…niente…» rispose con voce tremolante.
«Non mi sembra proprio», soffiò Liam lanciandogli un’occhiata stranita.
«Comunque non ci credo che siamo qui, tutti insieme, a parlare di Niall che si innamora per la prima volta…»
«Harry», mormorò Zayn lanciando un’occhiata esasperata al suo amico che aveva ripreso a parlare a vanvera senza curarsi dell’evidente imbarazzo di Niall.
«…senza Louis», concluse con un sospiro sconsolato.
«Già, quel coglione non è voluto tornare», annuì Liam imbronciandosi.
«Più che altro le sorelle non l’hanno lasciato andare», tentò di difenderlo Zayn lasciando una pacca amichevole sulla spalla dell’amico, che aveva improvvisamente perso il sorriso.
«Hanno anche ragione, non lo vedono mai», lo appoggiò Perrie facendo un piccolo sorriso e stringendosi nelle spalle magre.
«Ma a me manca!» protestò Harry facendo una smorfia da vero e proprio bambino. Ci mancava che si alzasse e cominciasse a sbattere i piedi a terra e il quadretto era completo.
«Chiamiamolo, così Harry smette di frignare», sbottò Zayn roteando gli occhi al cielo. A Niall scappò un sorriso guardando Harry illuminarsi automaticamente in un sorriso e decise di smetterla con il suo mutismo e di provare almeno a interagire con i suoi amici, almeno in quel modo avrebbe smesso di pensare.
«Io non posso chiamarlo, se Lottie vede il mio nome gli ruba il telefono per rispondere lei», commentò stringendosi nelle spalle. I ragazzi si voltarono verso di lui e ridacchiarono, scuotendo tutti la testa divertiti. Perrie si illuminò in un sorriso e gli passò un braccio intorno alle spalle.
«Vedi Irish boy? C’è qualcuno a cui piaci.»
«Perald, la ragazzina ha quindici anni. Ed è la sorella di Louis Tomlinson», precisò Niall con voce sarcastica. Lei scoppiò a ridere.
«Giusto, giusto.»
«Ecco.»
«Era solo per sdrammatizzare. Comunque, se proprio nessuna ti si fila, ricordati che ci sono sempre io, adorabile Irish boy», continuò lei pizzicandogli una guancia per poi scoccargli un sonoro bacio.
«Perrie», la voce di Zayn diventò improvvisamente irritata, tanto da far scoppiare a ridere tutti i presenti anche a causa della sua espressione dura e per niente divertita.
«Perald, lo stai facendo ingelosire», mormorò Harry tra le risate. Perrie alzò gli occhi al cielo e fece un gesto secco con la mano, ritirando il braccio dalle spalle di Niall e sgusciando vicino a Zayn improvvisamente teso.
«Oh, Zayn, non ci posso fare niente se il tuo amico ha queste guanciotte così adorabili», insistette allungando il braccio per strizzargli di nuovo la guancia. Niall si tirò indietro alzando gli occhi al cielo.
«Perrie, io non sono un cucciolo di cane.»
«No, sei un cucciolo irlandese!»
«Okay, basta. Chiudete la bocca, metto in vivavoce», mise fine alla discussione Zayn prendendo il suo cellulare e componendo il numero di Louis.
I ragazzi si ammutolirono, Liam e Sophia smisero di baciarsi, e tutti cominciarono a fissare trepidanti il telefono di Zayn.
Quando la voce acuta di Louis rispose un sorriso automatico si aprì sui volti di tutti.
«Ehi, Pakistan!»
«Ciao, Lou. Sei in vivavoce.»
«Ci sono i ragazzi lì con te?»
«Si, e anche Perrie e Sophia.»
«Oh, come vorrei essere lì! Ciao, ragazzi!» esclamò Louis con voce un po’ nostalgica, ma sempre con la sua solita allegria.
«Ciao, Boo», si lasciò scappare Harry, la voce tremolante. I ragazzi sospirarono e lo stesso fece Louis. Sapevano quanto Louis e Harry fossero legati e sapevano anche quanto gli stava stretto l’obbligo di non far vedere quanto si volessero bene a causa delle continue voci che giravano su di loro.
«Hazza!»
«Come te la passi, Lou?»
«Tutto bene, Haz. Sono un po’ esasperato da queste streghette e voi mi mancate, ma l’estate prima o poi finisce, no?»
I ragazzi rimasero in silenzio ad ascoltare impassibili quello scambio di battute, attendendo che finissero di chiacchierare e che magari si ricordassero che c’erano altre persone presenti. Ma quando Louis pronunciò quell’ultima frase,ì fu come se una pugnalata colpisse Niall all’esatto centro del petto, fermandogli il respiro e facendogli scappare una specie di singulto.
I ragazzi lo fissarono contemporaneamente e anche Harry venne distratto e smise di chiacchierare con Louis.
«Che succede?» gracchiò questo accorgendosi del silenzio improvviso.
Niall si sforzò di deglutire e di non pensare a quanto vere fossero le parole di Louis e a cosa esattamente significavano per lui. Zayn, guardandolo, sospirò.
«Credo che tu abbia appena toccato un tasto dolente, Tommo», annunciò con voce tesa.
«Cioè?»
«Io, io! Posso dirlo io? Per favore!» squittì Harry rianimandosi all’istante e saltando in piedi con espressione eccitata.
«Dio, Harry, quando ti comporti così sembri proprio un bambino», commentò Perrie coprendosi gli occhi con la mano.
«Shh.»
«Perrie, Harry è un bambino», rispose Louis ridacchiando.
«Hai detto bene, Lou», si intromise Niall lanciando un’occhiataccia al riccio, capendo al volo il motivo di tutto quell’entusiasmo: era evidente che non vedeva l’ora di spiattellare tutto a quell’altra pettegola di Louis.
«Zitto, Niall. Tu lo appoggi solo perché vuoi cambiare discorso.»
«Ah, ho capito. Si tratta di Eileen?» intuì Louis con voce tranquilla. Niall quasi si strozzò con la sua saliva e Harry spalancò gli occhi.
«Tu come fai a saperlo?»
«Io so sempre tutto, Harry Styles.»
«Ugh, adesso non c’è più gusto», borbottò Harry sedendosi e incrociando le braccia al petto, perdendo all’istante tutto il suo entusiasmo. Niall lo fulminò con un’occhiata esasperata, mentre Louis chiedeva «Qual è il problema?», con voce improvvisamente seria.
«Non c’è nessun problema, Lou. Sono loro che ne stanno facendo un film.»
«Come sempre.»
«Già.»
«Se fossi qui, Lou, ti preoccuperesti anche tu», intervenne Liam guardando Niall con aria apprensiva.
«E’ messo così tanto male?»
«Ha detto che non ha fame. Davanti a buste provenienti dritte da Nando’s», commentò Perrie.
Niall sbruffò innervosito dal fatto che i ragazzi parlassero di lui come se non fosse proprio lì davanti a loro.
«Ahia», replicò Louis, «Se la ragazza gli toglie anche l’appetito è un bel problema.»
«Sembra uno zombie da quando ha messo piede a Londra», aggiunse Liam. Zayn annuì e allora Niall davvero perse la pazienza.
«Ma la smettete di parlare come se io non ci fossi? Siete davvero pensanti, ragazzi! Vuoi sapere qual è il problema, Lou?» sbottò alzandosi in piedi. Ovviamente non diede tempo di rispondere a nessuno e, avviandosi verso la porta, mise finalmente fine a quella discussione.
«Eileen, semplicemente, non vuole quello che voglio io, punto», quasi urlò e, detto quello, uscì fuori di casa sbattendosi la porta alle spalle.
Una volta fuori, chiuse gli occhi e prese un bel respiro lasciandosi cadere sugli scalini che portavano all’ingresso e massaggiandosi le tempie per cercare di bloccare il mal di testa che sentiva stava salendo.
Non aveva immaginato che i ragazzi potessero essere così stressanti, lui diceva loro sempre tutto, ma il fatto che mai una ragazza l’aveva preso così tanto doveva averli stupiti abbastanza da farne un affare di stato.
Considerando poi che a quanto diceva Eileen non ricambiava i suoi sentimenti, o almeno non lo dimostrava, faceva di quel problema una tragedia.
In quel momento Niall desiderava ardentemente autotrasportarsi a Mullingar e sprofondare la testa tra i ricci di Eileen, abbracciarla stretta a sé e pregarla di provare ciò che provava lui.
Dopo qualche minuto in cui riuscì bene o male a rilassarsi, sentì la porta di casa aprirsi e vide uscire Zayn che con il suo passo lento andò a sedersi accanto a lui.
Niall lo guardò e sospirò.
«Che vuoi?» chiese piuttosto acidamente. Zayn non si scompose e gli lanciò un’occhiata veloce prima di sorridergli.
«Non ti agitare, Niall. Sono uscito per fumare, visto che dentro non posso farlo», rispose tirando fuori il suo pacchetto di sigarette e infilandosene una tra le labbra. Prima che potesse rimetterlo in tasca, Niall si schiarì la gola e «Me ne dai una?» gli chiese senza guardarlo in faccia.
«Vuoi una sigaretta?» ripeté Zayn guardandolo più che stupito. Niall scrollò le spalle e alzò gli occhi al cielo.
«Non c’è bisogno che tu metta i manifesti», borbottò. Zayn ridacchiò e alzando le spalle gli porse una sigaretta e, dopo essersi acceso la sua, gli passò anche l’accendino.
Quando Niall fece il primo tiro sentì il fumo arrivargli fin nei polmoni e gli mancò il respiro, costringendolo a tossire forte, gli occhi che gli lacrimarono.
Zayn scoppiò a ridere all’istante mentre Niall quasi soffocava.
Quando riuscì a calmarsi e a prendere un profondo respiro, Zayn smise di ridere e aspirò dalla sua sigaretta guardando dritto davanti a sé.
Niall ci riprovò e questa volta sembrò andare meglio, nonostante il sapore amarognolo del fumo gli fece fare una smorfia.
«Sai, Niall», mormorò Zayn dopo un po’, la voce bassa e tranquilla.
«Mi chiedo che cosa tu sia tornato a fare, se non è neanche un giorno che non la vedi e già ti senti morire», continuò aspirando di nuovo e poi lasciando uscire il fumo dalle labbra senza guardarlo. Niall si irrigidì.
«Io non mi sento morire.»
«E’ quello di cui ti stai convincendo», replicò al volo Zayn voltandosi verso di lui.
«Ma non ti rendi conto che non sei affatto tu. Non c’è più il Nialler che ho visto salire su quell’aereo per Dublino. Sei cambiato, lei ti ha cambiato», gli disse scrutandolo con i suoi occhi scuri. Niall deglutì e si sentì arrossire.
«E’ una cosa negativa?»
Zayn sorrise e scosse la testa lentamente.
«Lo è se sei lontano da lei, evidentemente. Non lo vedi? E’ un giorno che sei qui e non hai sorriso neanche mezza volta. E non dirmi che non è vero, sai quali sono i sorrisi di cui sto parlando io.»
Niall non si era dimenticato di quanto Zayn fosse bravo ad osservare. E lo aveva visto mentre durante tutta la giornata lo scrutava, in silenzio e perdendosi nei suoi pensieri. Niall sapeva che prima o poi sarebbe rimasto solo con lui e Zayn gli avrebbe espresso le sue conclusioni.
Forse stava aspettando proprio quello per aprirsi completamente e chiedere aiuto all’unica persona che fosse capace di rimanere seria in certe situazioni.
«Cosa devo fare, Zayn? Io non volevo finire così», mormorò con voce strozzata. Zayn annuì e fece scontrare le loro spalle in un gesto affettuoso.
«Lo so, Niall. Ma queste non sono cose che si scelgono, né tantomeno puoi prevenirle. Accadono e basta.»
«Come posso uscirne?» ci riprovò Niall lasciandosi scappare una specie di gemito di sofferenza. Zayn sospirò e gli rispose con disarmante sincerità.
«Non puoi.»
Niall serrò gli occhi e poggiò la testa sulle ginocchia, sentendo lo stomaco contorcersi.
«E allora che faccio? Io non posso… non voglio…»
«Lei ti piace davvero», lo interruppe Zayn con quella che non era affatto una domanda, ma una constatazione. Niall alzò la testa di scatto e capì che ormai non poteva più mentire o tergiversare.
«Si, Zayn. Forse qualcosa di più.»
Zayn annuì, come se si aspettasse proprio quella risposta.
«Non credo che tornare, dirle quello che provi e magari baciarla anche, basti», mormorò probabilmente ripensando alle idee di Harry e Liam.
«Non la conosco, ma da quanto ho capito è una tipa più complicata di questo. Devi stupirla, farla sentire amata, e solo tua. Al momento non ho idee, ma sono sicuro che ti verrà in mente qualcosa. Ci tieni veramente, è evidente.»
«Sì.»
«Allora tutto si risolverà. Non puoi arrenderti quando è un sentimento così forte. Devi combattere, Nialler.»
A Niall si riempì il cuore, sentendosi per una volta compreso e non più solo. Zayn lo capiva, l’aveva capito come sempre, e Niall sapeva che avrebbe potuto sempre contare su di lui.
Non gli rispose, ma Zayn probabilmente intuì anche che in quel momento stava prendendo una decisione.
Proprio in quell’istante il telefono gli vibrò in tasca e il messaggio che gli arrivò quasi lo fece morire.
 
Niall, torna a casa. Non so cosa è successo tra voi, ma Eileen non sorride più. –Denise.
 
Ormai era fatta, la decisione presa e la determinazione superò all’istante tutte le sue paure e titubanze.
Il giorno dopo sarebbe tornato a Mullingar, pronto a combattere per Eileen e quell’amore che sapeva stava nascendo.









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Capitolo 23
*** You're wrong. ***




23. You're wrong.
 




Il venticello fresco del tardo pomeriggio fece rabbrividire Eileen non appena mise piede fuori casa di Denise.
Non le piaceva particolarmente l’estate, o almeno non quella in Irlanda: poco sole, troppe nuvole e l’umidità che durante la giornata la faceva sudare nonostante le temperature non fossero affatto alte. Le bastava vedere che alle sette di sera il sole aveva già colorato di sfumature arancioni e rosse il cielo, ricoperto da nuvole grigie che la facevano sentire quasi in trappola, per capire che l’estate sarebbe stata decisamente più entusiasmante se si fosse trovata in un altro posto, in un’altra città, ovviamente in un altro Paese.
Con un sospiro infilò la felpa che teneva tra le mani e si sentì subito meglio, nonostante avesse l’impressione che un po’ del freddo che sentiva ce l’aveva dentro.
Erano due giorni che provava quella sensazione quasi di impotenza, di smania di fare qualcosa sapendo però che qualsiasi cosa fosse non avrebbe comunque acquietato quell’assurda sensazione. Forse perché in cuor suo sapeva esattamente cosa avrebbe potuto farla sentire meglio, come sapeva che non poteva essere affatto accontentata e che era costretta a convivere con quell’ansia e quel nervosismo chissà per quanto tempo ancora.
La verità la sapeva lei, la sapeva Denise che non aveva idea di come provare a distrarla, forse la sapeva anche Greg, che quando rientrava in casa le lanciava insistenti sguardi dispiaciuti. A quel punto non si sarebbe stupita se anche il piccolo Dylan le si fosse avvicinato chiedendole: «Ehi, Lee, per caso ti manca Niall?».
E a quel punto cosa avrebbe potuto rispondere? Sì, Dylan. A Eileen mancava Niall.
Nonostante quella mattina era stata solo la seconda senza di lui, le mancava immensamente svegliarsi e sentire l’impazienza scorrerle nelle vene e farle tremare le gambe, agitata finché quella porta non si fosse aperta e davanti a lei non si fosse materializzato quel sorriso e quel paio di occhi azzurri, con quelle sfumature così particolari da mandarle lo stomaco in subbuglio.
E ovviamente, le mancava passare le giornate con lui, anche se non nella stessa stanza, le mancava sentire la sua presenza e sapere che da un momento all’altro sarebbe potuto uscire da qualche stanza e scontrarsi con lei, o magari anche solo chiacchierarci per due minuti, o guardarlo poltrire su quel divano con la chitarra tra le braccia.
A Eileen mancava tutto, ogni singola cosa che aveva vissuto durante quelle settimane e si sentiva vuota, solo perché Niall se n’era andato.
Questo avrebbe dovuto farle capire ciò che provava davvero, ma preferiva non soffermarsi troppo sui suoi sentimenti: Niall non c’era e niente le assicurava che prima o poi sarebbe tornato. Che senso aveva realizzare che quello che provava per lui era talmente forte da farle tremare il cuore, se poi non l’avrebbe rivisto?
Eileen sbuffò di nuovo e scalciò un sasso che intralciava il suo cammino sul marciapiede. Odiava sentirsi in quel modo, così scostante e così poco attiva. L’unica cosa che le aveva portato un po’ di allegria nelle sue giornate era stato Dylan e le ore passate con lui; odiava il fatto che non riuscisse più a divertirsi neanche con lui e detestava vederlo silenzioso e affranto perché lei non riusciva più a sorridere.
Per un secondo, quel pomeriggio, sotto lo sguardo terribilmente dispiaciuto di Denise, aveva avuto paura che lei le dicesse che poteva anche non mettere più piede in quella casa, dato il fatto che Dylan a causa sua non si divertiva più, non canticchiava per casa come sempre e non toccava la sua macchinina rossa da quando Niall era partito.
E comunque, tutto tornava allo stesso punto: Niall non c’era.
Forse per quello Denise non l’aveva ancora cacciata e Greg non si era lamentato; sapevano che il motivo di tutto ciò era la fuga (perché proprio di quello si era trattato) di Niall.
Eileen sperava che, capendolo, in qualche modo lo avrebbero costretto a tornare perché lei, in quel modo e senza di lui, proprio non ce la faceva.
Si odiava, odiava sentire quella specie di depressione quando sapeva che c’erano cose molto peggiori per cui essere triste. Ma non riusciva più a comandare il suo corpo, a riflettere e a farsi una ragione di quello che stava succedendo.
Sapeva solo che passava dall’essere scoraggiata e sconsolata al provare un nervosismo tale da voler prendere il primo aereo per Londra e andare da Niall e urlargli in faccia che era colpa sua se non si riconosceva più e se in quel momento si trovava in quello stato.
Sbuffò per l’ennesima volta e scosse la testa per scacciare quei pensieri malsani dalla sua mente e per cercare di distrarsi. Dopo appena altri dieci passi però, sprofondò di nuovo nella sua pseudo depressione: parcheggiata dall’altro lato della strada c’era una macchina verso la quale stavano correndo un ragazzo e una ragazza, tenendosi per mano e ridendo a squarciagola. Eileen quasi senza rendersene conto li fulminò con lo sguardo, mentre il ricordo lampante di quando aveva accompagnato Niall a fare la spesa e di come lui l’aveva presa per mano per guidarla in casa le invase la mente. Con forza ficcò le mani nelle tasche della felpa, dopo essersi tirata su il cappuccio e aver affrettato il passo per sfuggire alla vista di quella scena così tenera per la quale in un altro momento avrebbe sicuramente sorriso.
Era talmente nervosa e concentrata a sbattere i piedi a terra con forza che non si accorse di essere arrivata a casa e la oltrepassò di qualche metro, per poi rendersene conto, alzare gli occhi al cielo e tornare indietro.
La macchina di Mark parcheggiata sul vialetto era solo la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso; sentiva che le sarebbe bastata una parola fuori posto o anche solo un respiro di troppo per esplodere. Forse sarebbe stato meglio non rientrare affatto in casa, perché non aveva la pazienza di sopportare neanche lo scambio di due misere frasi con Mark, che sicuramente l’avrebbe come sempre tempestata di domande e accuse.
Doveva solo sperare che fosse troppo sbronzo per accorgersi della sua presenza o completamente andato, addormentato sul suo sudicio divano, permettendole di sgattaiolare in camera sua senza altri disturbi.
Immobilizzandosi all’inizio del vialetto, prese un respiro profondo e smise di sbattere i piedi a terra, cercando di fare il meno rumore possibile per non rischiare di svegliare Mark se per una volta la fortuna avesse girato dalla sua parte.
Aprì piano la porta e si calò il cappuccio della felpa, guardandosi furtivamente intorno. La cucina era vuota, lo poteva vedere dalla sua posizione, e intuì che Mark fosse in salone dal vociare della tv accesa.
Fece qualche passo avanti togliendosi le scarpe e affacciandosi appena in sala, scorgendo Mark comodamente sdraiato sul divano con la sua solita bottiglia di birra tra le mani.
Trattenne il respiro e chiuse per un secondo gli occhi, tirandosi indietro per prepararsi ad affrontarlo: per arrivare le scale e sgattaiolare nella sua camera doveva per forza passare davanti a lui, era impossibile di conseguenza evitare che lui si accorgesse della sua presenza.
Mark voltò la testa di scatto al suo quarto passo fatto in punta di piedi. Eileen si immobilizzò per mezzo secondo, dando il tempo a Mark di realizzare, di scuotere la testa, strizzare gli occhi e riconoscerla tra la nebbia che probabilmente gli oscurava il cervello.
«E’ tardi», la salutò con quella frase detta più per abitudine che per altro, perché era evidente che non fosse tardi, non era neanche passata l’ora di cena, come se poi a lui fosse importato qualcosa.
«Adesso sono a casa, e ho bisogno di una doccia», lo liquidò evitando il suo sguardo e schizzando verso le scale.
«Quando smetterai di fare come ti pare, signorina?» le urlò dietro lui mettendosi a sedere sul divano facendo traballare una delle tre bottiglie che aveva poggiate sulle gambe.
«Hai perso il diritto di pormi domande del genere anni fa, Mark», replicò lei con tono tranquillo senza voltarsi e trattenendo il respiro pregando che a lui non venisse l’insana idea di seguirla. Probabilmente era troppo instabile e il vortice che aveva nella testa troppo destabilizzante per permettergli di alzarsi, così Eileen poté tirare un sospiro di sollievo quando lo sentì borbottare qualcosa di incomprensibile senza però accennare a mandare avanti quella specie di discussione.
Salì le scale a due a due e si sentì pienamente tranquilla solo quando si sbatté la porta della sua camera alle spalle e la chiuse a chiave, poggiandosi contro il legno freddo e chiudendo gli occhi per riprendere il controllo.
Quando il respirò tornò regolare e il cuore smise di correre veloce, riaprì gli occhi e si tolse la felpa, spogliandosi poi di tutto il resto e infilandosi la tuta che usava come pigiama.
Non sarebbe di certo scesa a mangiare, quindi si infilò anche i suoi calzini antiscivolo che aveva dall’età di dieci anni, prese un libro a caso dalla libreria e si raggomitolò sul letto, dopo aver chiuso le tende lasciando la camera illuminata solo dalla luce dell’ abat-jour.
Con un altro sospiro e cercando di svuotare il cervello si legò i capelli in una crocchia alta e si concentrò sul suo libro. Peccato che non riusciva neanche a capire quale fosse, di cosa parlasse, e in due minuti aveva letto la prima riga almeno dieci volte.
Inutile ripetere quale fosse il motivo, era sempre lo stesso, da almeno due giorni. Non riusciva davvero a pensare ad altro che a quel paio di occhi cristallini e quel sorriso che le mancava come l’aria.
Si sentiva un’idiota, perché sapeva che in parte era colpa sua se se n’era andato, del suo comportamento scostante e del suo cincischiare senza prendere una posizione.
Dopo la quindicesima volta che lesse quella riga senza afferrarne il concetto, sbruffò e chiuse di scatto il libro, lanciandolo ai piedi del letto e crollando con la testa sul cuscino, gli occhi serrati e le mani a coprirsi il volto.
«Torna in te», sbottò dandosi poi della psicopatica per essere arrivata addirittura a parlare da sola.
«Non puoi farti friggere il cervello così, Eileen», sibilò ancora schiaffeggiandosi le guance. Irritata, sbatté i pugni sul materasso e scalciò il lenzuolo che intralciava i suoi movimenti. Sentiva che avrebbe avuto una crisi isterica da un momento all’altro, non sopportava più niente, neanche il suo stesso respiro.
Cercò di trattenerlo per qualche secondo e riprendere il controllo, chiuse gli occhi e poi si lasciò andare ad uno sbruffo profondo che in teoria avrebbe dovuto buttare fuori tutte le sensazioni negative che provava in quel momento.
Sfortunatamente, o forse no, non ebbe il tempo di registrare le sue sensazione e constatare se la sua tecnica di rilassamento avesse funzionato, perché sentì un insolito trambusto al piano inferiore. Probabilmente, se non fosse stata troppo impegnata ad evitare l’esplosione del suo cervello, si sarebbe accorta del suono timido del campanello e del grugnito poco educato di Mark che si alzava per andare a vedere chi fosse.
Così, ignara di tutto, si alzò titubante e poggiò l’orecchio sulla porta della sua camera per capire meglio a cosa fossero dovuti tutti quei rumori insoliti.
Riconobbe al volo la voce burbera di Mark che parlava con qualcuno e sobbalzò quando sentì un borbottio timido replicare alla domanda sgarbata dell’uomo.
Eileen deglutì a vuoto più volte, quando riconobbe quel tono di voce delicato e a volte insicuro e si posò preoccupata una mano sul cuore, che aveva sobbalzato per poi cominciare a correre decisamente troppo veloce.
Senza rifletterci, aprì di poco la porta e si affacciò per ascoltare meglio, sperando di non essersi immaginata tutto perché altrimenti avrebbe dovuto davvero cominciare a preoccuparsi.
«A cosa ti serve Eileen?», sentì sbottare Mark e quasi lo immaginava in tutta la sua grandezza davanti alla porta a coprire la visuale al ragazzo che aveva di fronte.
«Ho bisogno di vederla, signore», rispose Niall e a sentire la sua voce le gambe di Eileen cedettero e un sorriso spontaneo spuntò sulle sue labbra.
«Non so chi sei ragazzino, puoi anche sognarti che io ti faccia entrare in casa mia. Gira al largo e non farti più vedere», replicò burbero Mark.
«M-ma…sono un amico di Eileen, signore. Devo solo parlarle», balbettò in risposta Niall con un filo di voce ed Eileen era sicura che sul suo viso si fosse dipinta un’espressione sorpresa e quasi sconvolta da tutta quell’ostilità. Così, guidata prettamente dal cuore, uscì dalla sua stanza e scese svelta le scale.
«Non me ne frega un cazzo di quello che devi fare, ragazzino. Ho detto che…»
«Niall.» La voce di Eileen interruppe l’imminente minaccia di Mark, che si bloccò e si voltò verso di lei, immobile e con gli occhi puntati sul ragazzo appena fuori dalla porta.
Non appena Niall ricambiò il suo sguardo, aprendosi in un piccolo sorriso, Eileen si sentì bene. Tutto quello che aveva provato in quei giorni svanì in un battito di ciglia, altro che esercizi di rilassamento!
«Ciao», rispose Niall azzardando un gesto con la mano. Il sorriso di Eileen si allargò, mentre cominciava a chiedersi cosa ci facesse lì e soprattutto da quanto fosse tornato.
«Che cosa vuole questo da te?», si intromise Mark voltandosi del tutto verso di Eileen per fulminarla con lo sguardo. Eileen fu costretta a guardarlo e a distogliere gli occhi da quelli color cielo di Niall.
«Non ti importa», sibilò per poi deglutire a fatica, aggirarlo e raggiungere Niall sulla porta che nel frattempo aveva fatto un passo avanti, attratto da lei e dalla voglia di sentire la sua vicinanza. Mark la seguì con lo sguardo boccheggiando per qualche secondo. Quando Eileen prese la mano di Niall senza però incrociare i suoi occhi, e fece per trascinarlo in casa, Mark si riprese e bloccò loro il passaggio.
«Cosa cazzo credi di fare?» sibilò fulminandola con i suoi occhi pesti e decisamente poco lucidi. Eileen strinse automaticamente la mano di Niall e fronteggiò suo padre con un coraggio che non le apparteneva.
«Mark», sputò tra le labbra, «Niall è un mio amico. E’ venuto a trovare me, e tu non puoi chiudere fuori i miei amici. Togliti dai piedi e fallo entrare», concluse con un sibilo. Le labbra di Mark si sollevarono in un ghigno.
«Sì che posso farlo», ribatté avanzando di un passo e costringendo Eileen a tirarsi indietro verso Niall. Solo il suo respiro fresco sul collo, leggermente accelerato, la aiutò a mantenere il controllo. Lanciò un’occhiataccia a Mark e lo superò, pregando con tutta se stessa che lui non provasse a fermarla.
«Non lo farai, Mark. Lasciaci in pace», sibilò ancora tirandosi dietro uno strabiliato Niall, che alternava incredulo lo sguardo dall’una all’altro.
Eileen non diede a Mark il tempo di ribattere, né a Niall quello di realizzare cosa stesse succedendo, perché a passo veloce cominciò a salire le scale, trascinandosi dietro Niall che la seguì incespicando sui gradini un paio di volte, le dita intrecciate alle sue.
«Dove credi di andare? Eileen non provare neanche a…», le urla di Mark furono attutite dallo sbattere della porta della sua camera, che si affrettò a chiudere a chiave prima di prendere un profondo respiro. La testa le girava leggermente, così poggiò la fronte sul legno freddo della porta e chiuse gli occhi, mentre le urla di Mark si affievolivano tramutandosi in borbottii e grugniti. Eileen sentì Niall respirare forte dietro di sé e dopo qualche secondo si costrinse a voltarsi per affrontarlo.
Incrociare i suoi occhi fu come ricevere un pugno allo stomaco, destabilizzante, le tolse il fiato ma la fece sentire di nuovo incredibilmente piena.
Niall aprì la bocca per parlare, il viso pallido, gli occhi spaventati e le labbra tremolanti, ma Eileen non gli diede il tempo di dire niente. Si fiondò letteralmente tra le sue braccia, affondando il viso nel suo petto e circondandogli i fianchi per stringerlo forte.
Sentì ogni singolo muscolo di Niall irrigidirsi mentre esalava un respiro sorpreso e si immobilizzava sul posto, le braccia aperte e non ancora strette intorno a lei come avrebbe voluto.
Eileen sprofondò nell’imbarazzo ma non si staccò, perché agognava il calore di Niall da troppo tempo, così lo strinse ancora più forte finché lui non la circondò con le braccia e la coprì completamente con il suo corpo.
Eileen tirò un sospiro di puro sollievo e chiuse gli occhi, fremendo quando Niall esitante le carezzò la schiena per poi arrivare a giocare con i suoi riccioli.
«Scusa», borbottò dopo qualche secondo allontanandosi di poco e ritirando leggermente le braccia, senza però interrompere del tutto il contatto. Niall districò le dita dai suoi capelli e la guardò intensamente negli occhi, sorridendole.
«Stai bene?» le chiese senza staccare per un secondo gli occhi dai suoi e con quell’espressione preoccupata che le fece attorcigliare lo stomaco. Eileen si limitò ad annuire e a mordersi il labbro inferiore per evitare a quel sorriso troppo da ebete di venire a galla mentre il sangue le colorava violentemente le guance.
Niall non si trattenne affatto e la abbagliò con uno dei suoi sorrisi che attentavano decisamente alla vita del suo povero cuore e lei dovette stringere i pugni talmente forte da sentire le unghie conficcarsi nella carne, per evitare di correre di nuovo tra le sue braccia.
Non aveva idea di dove saltasse fuori tutta quella dolcezza, sapeva solo che ritrovarsi Niall davanti l’aveva fatta sciogliere completamente e in quel momento avrebbe voluto urlargli in faccia che per colpa sua aveva passato due giorni da completo zombie e che non doveva azzardarsi più ad andarsene, o lo avrebbe legato a lei per evitare che scappasse.
Ma non poteva farlo, aveva anche una certa dignità, così ingoiò tutte quelle parole e confessioni decisamente azzardate e si limitò a fissarlo come se non potesse credere che fosse davvero lì davanti a lei.
«Quando…quando sei tornato?», si sforzò di chiedergli per smetterla di starsene a guardarlo come se fosse una statua, provando ad interagire e fargli capire che aveva ancora una sorta di cervello e che non le aveva fatto scoppiare il cuore solo con il suo ritorno.
«Oggi, sono arrivato a Mullingar appena un’ora fa», rispose Niall con un sussurro senza smettere di sorridere e facendo un piccolo passo avanti che fece aumentare il battito del cuore di Eileen.
Si torse le mani e le scappò un accenno di risata isterica, mentre arrivava a poggiarsi alla porta con la schiena per cercare di rimanere stabile senza crollare a terra a causa delle gambe che le tremavano.
«D-denise non mi ha detto niente», balbettò. Niall si strinse nelle spalle con fare innocente ed Eileen non seppe con quale forza riuscì a non saltargli addosso.
Possibile che vederlo dopo solo due giorni le scatenava quelle sensazioni decisamente poco caste?
Si sentiva quasi una depravata.
«Non lo sapeva.»
«Oh», balbettò scuotendo impercettibilmente la testa e chiudendo gli occhi per cercare di scacciare quegli assurdi pensieri che sicuramente non avrebbero portato a nulla di buono. Niall fece un altro passo avanti ed Eileen fremette.
«Ho fatto tutto talmente di fretta che mi sono dimenticato di avvisarla del mio ritorno. Quando sono passato a casa a posare la valigia le è quasi venuto in colpo», continuò Niall piegando le labbra in un sorriso timido. Eileen scoppiò a ridere e Niall ne approfittò per fare un ultimo passo che lo portò a troppi pochi centimetri di distanza da lei.
«Immagino», commentò Eileen con voce stridula, lo sguardo che saettava dagli occhi di Niall alle labbra, alle braccia abbandonate lungo i fianchi che smaniava di sentire intorno a lei.
«Ma non le ho dato tempo di chiedermi niente, quindi adesso sarà ancora più confusa», aggiunse Niall allungando una mano verso di lei e ancorandole un fianco. Eileen quasi non schizzò, la voglia di cominciare a saltellare la assalì ma fortunatamente mantenne il controllo del suo corpo, non riuscendo però a trattenere un brivido di eccitazione al contatto delle dita fredde di Niall che, quasi senza volerlo, si erano posate su un lembo di pelle nuda.
«Perché?», esclamò con voce decisamente acuta mentre il sorriso di Niall si allargava e lui faceva un ultimo, piccolo passo avanti arrivando quasi a far sfiorare le punte dei loro nasi.
«Perché sono scappato, letteralmente, e sono venuto qui», sussurrò portando l’altra mano a sfiorarle titubante la guancia facendola rabbrividire di nuovo. Le palpebre cominciarono a tremare, ma lei si costrinse a tenere gli occhi aperti per non perdersi neanche una sfumatura di quell’azzurro travolgente.
«Perché?», sibilò con l’ultimo filo di voce che le era rimasto. Niall sbuffò leggermente e le lanciò una mezza occhiata esasperata, poggiando la fronte contro la sua e facendole impigliare il respiro in gola.
«Non mi ricordavo che parlassi così tanto», mormorò respirando sulle sue labbra. Eileen si sentì morire e probabilmente, se non fosse stata poggiata alla porta e se la mano di Niall non la stesse sorreggendo, sarebbe crollata a terra per quanto le gambe le si erano fatte di gelatina.
«Io non parlo tanto», obiettò ancora con voce bassa e questa volta Niall non si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Fece risalire la mano lungo il suo corpo per afferrarle il viso e tirarle delicatamente indietro i capelli.
«A quanto pare ti viene voglia di chiacchierare nei momenti meno opportuni.»
«Perché cosa vorresti fare adesso?»
Niall le scoccò un sorrisetto che la mise completamente a tacere, confermando tutti i suoi dubbi, anche se a quel punto forse non ce ne sarebbero dovuti essere: cosa poteva voler fare, con il viso intrappolato tra le sue mani e le labbra a pochi millimetri di distanza?
A quel punto Eileen chiuse gli occhi e alzò il mento verso di lui, pronta a lasciarsi andare e a mettere a tacere quella voglia di lui che la stava divorando dall’ultima volta che aveva sentito quelle labbra morbide premere contro le sue.
E in quel momento non le poteva importare di meno se lui se n’era andato, se era fuggito al loro “primo” litigio, se era arrabbiata per quello che aveva sentito dire a Harry e curiosa di capire cosa in realtà Niall gli avesse risposto. In quell’istante sparì tutto, per Eileen c’era solo Niall e quelle labbra che, purtroppo, riuscirono solo a sfiorare le sue.
Un colpo secco alla porta li fece sobbalzare e per la paura Eileen fece un saltello avanti costringendolo ad indietreggiare e rischiando di finire a terra insieme a lui.
Niall la afferrò per i fianchi per evitare che cadesse e lei si posò una mano sul cuore, che per un secondo si era fermato per lo spavento.
«Eileen, cosa cazzo state facendo lì dentro?!» sbottò la voce di Mark dietro la porta, seguita da altri due colpi decisamente poco delicati contro il legno. «Non voglio sconosciuti nella mia casa, fallo uscire da quella fottuta stanza!» urlò facendola sobbalzare di nuovo.
Niall guardò strabiliato la porta ed Eileen lesse l’incredulità nel suo sguardo.
Quella era una delle cose che avrebbe voluto tenergli nascosta: non voleva che Niall conoscesse suo padre e che sapesse. Non aveva voglia di dare spiegazioni e soprattutto non voleva che Niall provasse pietà per lei, non ne aveva bisogno.
«Eileen», la chiamò Niall con voce titubante mentre Mark continuava a bussare e sbraitare. Eileen si innervosì e si allontanò da Niall passandosi una mano tra i capelli e ricordandosi solo in quel momento di come fosse conciata, con una tuta sgualcita e i calzini antiscivolo ai piedi. Arrossì e incrociò appena lo sguardo preoccupato di Niall.
«Usciamo? O non la smetterà più di urlare», mormorò frettolosamente girandogli attorno per dirigersi all’armadio e incassando la testa nelle spalle quando i colpi di Mark si fecero più forti. Niall sobbalzò e fece qualche passo verso la porta, lanciandole un’occhiata che sarebbe dovuta sembrare rassicurante, ma era evidente che anche lui fosse spaventato da quella situazione.
«Se vuoi posso parlarci, magari se mi presento è più tranquillo», azzardò con voce debole. Eileen scosse categoricamente la testa e strinse le labbra senza guardarlo tirando fuori dall’armadio un paio di jeans e la prima t-shirt che le capitò tra le mani.
«No, sarebbe inutile.»
«Ma…» ci riprovò Niall.
«Senti», lo interruppe voltandosi verso di lui e facendo un bel respiro. Sciolse i capelli e ravvivò i ricci con le mani per poi gesticolare animatamente, arrossendo.
«Tu…voltati. Io mi cambio e usciamo, okay?»
«Va bene», acconsentì lui arrossendo lievemente e voltandosi di scatto, stringendo le mani tra di loro e dondolando sui talloni.
Eileen si sfilò in fretta la maglia e i pantaloni, saltellando su un piede per non cadere.
«Eileen!» urlò di nuovo Mark, bussando così forte che per poco non tirò giù la porta. Niall fece per voltarsi per lanciarle uno sguardo preoccupato, ma lei gli lanciò la maglietta e lui capì di non doversi muovere.
«Cerca di ignorarlo, ci metto due minuti», borbottò infilandosi in fretta e furia i jeans e la maglietta pulita. Poi raccattò le scarpe da terra e saltellò verso di Niall per infilarle, poggiandosi al braccio che le porse prontamente lui per evitare di cadere.
«Ti ho detto di aprire questa cazzo di porta!» sbottò di nuovo Mark. Eileen guardò per due secondi Niall, gli prese la mano intrecciando le loro dita e stringendola forte come per trovare un po’ di coraggio.
Poi aprì la porta di scatto, ritrovandosi davanti al naso il pugno di Mark pronto a bussare. Questo indietreggiò di qualche passo, sorpreso, ed Eileen lo fulminò con lo sguardo massacrando quasi la mano di Niall per quanto la stava stringendo.
Mark la guardò teso, poi indicò con il mento Niall che quasi tratteneva il respiro.
«Quel tipo…devi mandarlo via.»
«Tranquillo, stiamo uscendo», replicò al volo Eileen superandolo e trascinandosi dietro Niall, che probabilmente cominciava a realizzare le condizioni poco lucide di Mark.
«Dove vai?» chiese Mark agitato, andandole dietro.
«Fuori. Dove posso parlare con Niall senza le tue urla a farci da sottofondo», sibilò Eileen quasi correndo giù per le scale e puntando dritta la porta senza voltarsi neanche una volta.
«Non puoi uscire così tardi!» urlò Mark facendo sobbalzare Niall che fece per ribattere, preso da chissà quale coraggio. Eileen strattonò la sua mano e lo costrinse a rimanere zitto, voltandosi per fronteggiare il padre che, poco stabile, si poggiava con una mano al muro.
«Perché non torni a dormire e mi lasci in pace?» gli disse facendo una smorfia irritata. Mark, gli occhi pesti e appannati, boccheggiò un attimo, quel tanto che bastò ad Eileen per aprire la porta e uscire alla svelta, per poi richiuderla e  lasciarsi quell’ ultimo «Eileen!» urlato da Mark alle spalle.
«Andiamo, Niall», lo tirò Eileen quando lui si bloccò appena fuori dalla porta. Niall la guardò decisamente scandalizzato e sciolse la sua presa, per passarsi le mani tra i capelli e voltarsi di nuovo verso la porta, per poi tornare a guardare lei quasi senza parole.
«Sei sicura che…», cominciò con un filo di voce e gli occhi spalancati. Eileen scosse la testa e strinse le labbra facendogli segno di allontanarsi da quella maledetta porta.
«Tranquillo, Niall. Tra due minuti si dimenticherà anche della tua faccia. E’ normale.»
«Che problemi…»
«Lascia stare, per favore. Andiamo via di qui», quasi lo pregò e lui capì il suo bisogno di allontanarsi di lì e da qualsiasi cosa significava quella scenata a cui aveva appena assistito. Così sembrò ignorare tutti i suoi dubbi e le sue domande e tirò fuori dalla tasca le chiavi della macchina parcheggiata dall’altro lato della strada facendole segno di seguirlo. Eileen sospirò di sollievo e non se lo fece ripetere due volte.
«Sali», mormorò Niall facendo il giro e sbattendo lo sportello una volta salito.
«Dove andiamo?» chiese Eileen agitandosi sul sedile e facendo scappare un piccolo sorriso a Niall. Lui si strinse nelle spalle e mise in moto abbassando al minimo il volume della musica.
«Tu dove vuoi andare?» le chiese di rimando. Eileen gli fece un sorriso che non aveva nulla di spontaneo, troppo turbata da quello appena successo con Mark.
«Non so, decidi tu.»
«Okay, direi che dopo il viaggio ho proprio bisogno di bere qualcosa», esclamò allora Niall capendo di dover ridare lui entusiasmo alla serata se non voleva vederla andare completamente a rotoli. Eileen gli sorrise riconoscente e decise di provare a non pensarci neanche lei, a godersi quel momento con Niall, così nuovo ed entusiasmante perché, se ci pensava, non erano mai rimasti completamente soli prima di allora.
«Quando sei arrivato? E’ strano che non ci siamo incontrati», si costrinse a chiedere per portare avanti la conversazione e fare in modo che non calasse nessun silenzio imbarazzante. Niall si voltò appena verso di lei per poi riportare gli occhi sulla strada che scorreva lentamente.
«Denise mi ha detto che te n’eri andata da poco. In verità speravo di trovarti lì, ma non ho fatto in tempo.»
«Dylan sarà stato felicissimo di rivederti», commentò facendo un piccolo sorriso e immaginandosi il viso entusiasta del bambino. Niall ridacchiò e si scompigliò i capelli con una mano.
«Sì, non voleva farmi uscire, aveva paura che me ne andassi di nuovo», rispose con tono affettuoso. Improvvisamente il sorriso di Eileen sparì e si ritrovò a fissarlo, deglutendo a fatica.
«Lo farai?»
Niall si voltò di scatto accorgendosi dell’improvviso tono di voce straziato di Eileen, accostando la macchina.
«Cosa?» chiese guardandola intensamente. Eileen lanciò uno sguardo fuori dal finestrino accorgendosi di essere arrivati ad uno dei tanti pub irlandesi della città e parlò senza guardarlo, troppo imbarazzata.
«Te ne andrai di nuovo?» sussurrò talmente piano che ebbe paura che lui non l’avesse sentita. In quel caso, non avrebbe ripetuto quella domanda per niente al mondo.
«Non voglio pensarci adesso», rispose dopo un paio di minuti, in cui Eileen si sentì letteralmente andare a pezzi.
A quelle parole si voltò automaticamente, ma questa volta fu Niall a sfuggire il suo sguardo e ad aprire lo sportello per scendere. Con il cuore in gola Eileen lo guardò fare il giro della macchina per andare ad aprirle lo sportello, scuro in viso e con neanche l’ombra del sorriso che splendeva appena pochi minuti prima.
Sinceramente non pensava che Niall avrebbe reagito così freddo a quella domanda, e si chiese se grazie alla sua stupida boccaccia avesse appena mandato all’aria qualsiasi sorta di spensieratezza di quella serata, mentre lo seguiva in silenzio all’interno del pub fino ad arrivare al bancone e sedersi accanto a lui.
Ovviamente non fece minimamente caso al locale, o alla gente presente che lanciava occhiate stranite e curiose al ragazzo che era con lei, probabilmente riconoscendolo.
Gli occhi di Eileen erano tutti per Niall, concentrati ad osservare le sue labbra tese, gli occhi leggermente tristi e le dita lunghe e affusolate che tamburellavano sul bancone.
Sospirò e fece per allungare una mano per posarla sulle sue, ma la sua iniziativa venne interrotta dal ragazzo dietro al bancone che sorrise loro con fare professionale.
«Cosa vi porto, ragazzi?»
«Per me una birra, grazie», rispose al volo Niall lanciando un’occhiata di sottecchi a Eileen che sorrise al ragazzo.
«Coca cola.»
Questo annuì e si allontanò, allora Niall si schiarì la gola per attirare l’attenzione, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
«Cosa hai fatto in questi giorni?» si costrinse a chiedere riprendendo a tamburellare con le dita sul legno. Eileen seguì il movimento delle sue dita e poi incrociò il suo sguardo, arrossendo all’istante.
«Oh, beh le…solite cose, con Dylan», balbettò. Niall annuì.
«Mmh», mormorò stringendo le labbra e corrugando le sopracciglia in cerca di qualcosa da dire. Era evidente che stesse cercando un modo per distrarsi e per non pensare a quella dannata domanda che l’aveva turbato più del dovuto. Eileen rimase in silenzio, in attesa.
Nel frattempo il cameriere poggiò davanti a loro le ordinazioni e Niall tracannò d’un sorso mezzo bicchiere di birra sotto gli occhi stupiti di Eileen e quelli divertiti del ragazzo, che scosse la testa e si allontanò di poco.
«Ti sei divertita? Insomma…sei stata bene?», le chiese Niall animandosi di nuovo e immobilizzandola con i suoi occhi intensi e dannatamente profondi.
Eileen indietreggiò di poco con la testa colpita dal suo sguardo e prese fiato, pronta a rispondere positivamente, ma poi lo sguardo scettico di Niall le fece chiudere di scatto la bocca.
Non sapeva perché, probabilmente era nervoso, o alla ricerca di una qualche conferma dei suoi sentimenti, ma comunque Eileen capì che Niall conosceva già la risposta a quella domanda. Quello che voleva era capire se Eileen si sarebbe messa in gioco o se come sempre avrebbe negato quello che provava.
Eileen strinse le labbra e gli lanciò un’occhiataccia, innervosita da quel suo comportamento ambiguo e, testa alta e spalle dritte, rispose con sincerità: «No.»
Niall spalancò di poco gli occhi e sussultò, mordendosi poi il labbro inferiore, le guance improvvisamente rosse. Eileen ricambiò il suo sguardo e cominciò a torturarsi le mani leggermente imbarazzata.
«Altra birra?» li interruppe di nuovo il cameriere già pronto a riempire il bicchiere mezzo vuoto di Niall. Questo annuì mentre Eileen lo fulminava con lo sguardo.
«Sì, grazie.»
Eileen aspettò che il ragazzo si allontanasse per strappare letteralmente dalle mani il calice di birra di Niall e farlo scivolare sul bancone lontano da lui. Niall spalancò gli occhi, sorpreso.
«Una birra credo basti», borbottò lei arrossendo.
«Cosa?» esclamò Niall. Non sembrava arrabbiato, ma neanche divertito. Era semplicemente strabiliato; era evidente che non si aspettava affatto quello strano gesto da parte di Eileen.
«Ti ho detto che non mi piace l’effetto che la birra ha sulle persone.»
«Oh, davvero?». Questa volta era decisamente divertito, sicuramente dal palese imbarazzo di Eileen, che annuì distogliendo lo sguardo.
«Si.»
Niall ridacchiò e si avvicinò un po’ di più a lei, che faceva di tutto per non guardarlo negli occhi.
«Io reggo bene la birra.»
«Lo dici perché non sai in che condizioni eri quando sei rientrato quella sera», replicò con voce acida scoccandogli un’occhiata. Il sorriso di Niall si allargò ed Eileen arrossì automaticamente, il cuore che ormai era partito senza controllo.
«Sono stato così pessimo?»
«Abbastanza.»
«Probabilmente Frankie mi ha fatto bere qualcosa di più di una semplice birra», constatò scrollando le spalle indifferente. Eileen assottigliò lo sguardo e Niall trattenne a stento un’altra risata.
«Già.»
«Non ricordo davvero niente. L’ultima volta che mi era successo è stata con Louis», mormorò lui dopo un po’ sorridendo nostalgico. Eileen si rianimò all’istante, incuriosita dal cambio del suo tono di voce.
«Louis?»
«Uno dei miei migliori amici», annuì Niall sospirando poi leggermente abbattuto. Eileen corrugò le sopracciglia e cercò di strappargli un sorriso.
«Ah, giusto. Qual è, quello con la pelle un po’ scura?»
«No, quello è Zayn», rispose lui sorridendo per la gioia di Eileen. «Louis è quello con la faccia da schiaffi e il sorrisetto impertinente. Con lui non puoi stare più di due secondi senza ridere.»
«E’ così divertente?»
«No, è un coglione, è diverso», rispose Niall scoppiando a ridere.
«Gli vuoi bene», si lasciò sfuggire Eileen con tono di voce estremamente dolce e forse anche un filo geloso. Niall si bloccò all’istante e la guardò piegando un po’ la testa di lato.
Eileen si strinse nelle spalle, arrossendo.
«Si capisce da come ne parli», spiegò. Niall le sorrise e annuì.
«E’ impossibile non volergli bene. E’ impossibile non volerne a tutti e quattro, sono come fratelli per me.»
«E’ una cosa bellissima.»
«E’ solo la verità», replicò facendo spallucce. Eileen annuì e sorseggiò la sua coca cola, rimasta abbandonata fino a quel momento. Niall sospirò e si decise a tirare fuori quello che gli premeva dire fin da quando l’aveva rivista.
«Mi…mi dispiace per quello che è successo con Harry», cominciò. Ad Eileen si bloccò il respiro e scosse velocemente la testa, strizzando un attimo gli occhi.
«Non importa.»
«Sì, invece. Non voglio che tu ce l’abbia con me, o con lui. Noi non stavamo parlando male di te, lui voleva solo…» tentò di giustificarsi Niall, gesticolando animatamente. Finalmente, Eileen fermò le mani con le sue e Niall si bloccò, gli occhi sulle loro mani e le guance improvvisamente rosse.
«Niall, non devi darmi spiegazioni. Non voglio parlarne, non roviniamoci la serata», lo pregò lei sorridendogli rassicurante. Niall annuì sospirando e intrecciò le loro dita prima che lei potesse ritirare la mano.
«I giorni di lontananza hanno davvero calmato le acque», mormorò lanciandole un’occhiata veloce. Le labbra di Eileen tremarono e il sorriso sparì.
«Sì, ma non mi hanno fatto bene come avevi detto», confessò sentendo una morsa stringerle il petto.
«Neanche a me», rispose Niall con un sussurro stringendole più forte la mano.











Hi, people!
Allora, prima di tutto voglio ringraziare tutte le bellissime anime che hanno riaperto questa storia nonostante fossero messi che non mi facevo sentire, e poi voglio anche scusarmi per non avervi ringraziato decentemente e per non aver risposto alle recensioni.
Scusatemi, davvero, ma tra la scuola guida, mia madre che mi soffoca e il provare ad avere uno straccio di vita sociale non trovo mai il tempo e la calma necessaria per rispondervi come si deve.
E so che non farlo per niente è peggio, ma buttare lì qualche risposta veloce e senza senso mi urta il sistema nervoso, quindi preferisco lasciar stare.
Giuro che adesso la smetto, solo scusatemi e grazie ancora per non avermi abbandonata.
Comunque, il capitolo pecedente, non so perchè, mi piace da morire. Forse perchè ci sono tutti i ragazzi e amo scrivere del rapporto che c'è tra Niall e Zayn. Quei due insieme mi fanno venire gli occhi a cuoricino adhlomv
E non trovate che Niall e Eileen sono sempre più cuccioli? Bah io mi sciolgo mentre scrivo di loro, sarà che in questo periodo sono piuttosto bisognosa di affetto che per qualsiasi cosa vedo unicorni e arcobaleni. Ho bisogno di un abbraccio T.T
Okay, credo sia arrivata l'ora di andare prima che cominci a dar voce ai miei pensieri e lì sì che diventa tragica.
Spero che il capitolo vi piaccia, lo so che non dovrei chiederlo perchè io sono la prima a non farlo, ma fatevi sentire, please.
E' che la voglia di scrivere scarseggia come sempre (principalmente la colpa è del caldo) e io ho bisogno di sapere che quello che faccio serve a qualcosa e che c'è qualcuno che ancora legge le mie cagate.
Please.
Tanto amore,
Sara.


 

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Capitolo 24
*** Dublin. ***



24. Dublin.
 
 
 

Niall appena mise piede fuori dal pub rabbrividì come se fosse pieno inverno. La strada era illuminata solo dai lampioni posizionati sul marciapiede, uno ogni due metri, e gli unici rumori provenivano dall’interno del locale e dal respiro di Eileen alle sue spalle.
Per il resto la strada era vuota, silenziosa e Niall provò appena un senso di inquietudine. Poi però si voltò verso Eileen, che si stava richiudendo la porta alle spalle, e passò tutto. Le sorrise, improvvisamente accaldato, e si ficcò le mani nelle tasche dei jeans fermandosi in mezzo al marciapiede per aspettarla. L’umidità era talmente densa e il vento che tirava così freddo che Niall dovette tirarsi su il cappuccio della felpa ed Eileen si strinse le braccia intorno al corpo facendo qualche saltello sul posto. Niall la guardò e fu tentato di sfilarsi la felpa per posarla su quelle spalle esili coperte solo da una t-shirt, ma un’altra folata di vento lo fece di nuovo rabbrividire ed Eileen schizzò verso di lui, guardandolo impaziente.
«Andiamo? O morirò di freddo», mormorò saltellando. Niall rise e annuì, tirando fuori una mano dalla tasca per allungarla verso di lei e prendere la sua.
«Sembra di essere a dicembre», borbottò Eileen mentre lui la tirava verso di sé con una mossa fulminea, forse sorprendendola, ma proprio non riuscì a trattenersi.
Avevano parlato quella sera. Chiusi in quel pub avevano passato due, forse tre ore a chiacchierare, condividendo solo parole, sguardi e niente più. E la voglia di Niall di abbracciarla e sentire il contatto con la sua pelle era cresciuta a dismisura e diventata quasi insopportabile.
«Siamo in Irlanda, Eileen. Questo è niente», le bisbigliò Niall all’orecchio mentre lei si stringeva contro di lui automaticamente, attirata dal calore del suo corpo. Quando rabbrividì tra le sue braccia, Niall sorrise e la strinse più forte.
«Lo so, ma non è possibile che faccia così freddo», borbottò ancora lei aggrappandosi alla sua maglietta. Niall chiuse per un secondo gli occhi e affondò il naso tra i suoi ricci, respirando quell’odore di camomilla che gli era mancato tanto, troppo.
«Stai tremando, ti porto a casa», mormorò dopo un po’ accorgendosi di come il corpo di Eileen fosse scosso da tremiti sempre più forti. Lei alzò il viso verso di lui e annuì, con un vago sguardo di scuse, come se le dispiacesse costringerlo a mettere fine a quella serata così presto.
Niall sciolse l’abbraccio e scrollò le spalle, senza però lasciare la sua mano e guidandola fino alla macchina, per poi aprirle lo sportello e rompere controvoglia il contatto tra la loro pelle.
In macchina regnava il silenzio e Niall quasi poteva sentire il cervello di Eileen cominciare a friggere per quanto si stava sforzando di trovare qualcosa da dire. Con la coda dell’occhio la vide prendere fiato almeno quattro volte, pronta a parlare, per poi limitarsi a buttarlo fuori con un sonoro sbruffo, forse pensando che qualsiasi cosa le fosse venuta in mente sarebbe stata poco adatta.
In realtà Niall aveva un paio di cose da chiederle, ma sapeva che se l’avesse fatto senza preavviso, uscendosene così all’improvviso, l’avrebbe solo messa in imbarazzo e costretta a chiudersi in se stessa come faceva sempre. Così semplicemente aspettò che trovasse lei un argomento di cui parlare, per non rischiare di essere lui quello che avrebbe mandato all’aria la serata e il loro ritrovarsi dopo due giorni in cui erano stati troppo distanti l’uno dall’altra. Principalmente, voleva chiederle se gli era mancato. Aveva questo bisogno assurdo di sapere se lei aveva provato la stessa schiacciante sensazione di nostalgia che aveva provato lui.
Dal messaggio di Denise, e dalla mezza confessione che si era lasciata scappare Eileen qualche ora prima, aveva cominciato a credere, o forse solo a sperare, che magari le cose tra loro sarebbero potute tornare a come erano prima dell’arrivo di Harry.
O almeno che avrebbero potuto ricominciare da lì, da quella mattina in bagno, dall’imbarazzo che era stato spazzato via dalla passione che era inevitabile tra di loro.
Niall non desiderava quello perché voleva replicare ciò che era accaduto e quello che Eileen si era spinta a fare, lui voleva solo che tornassero ad essere quei due semplici ragazzi che avevano convissuto nella stessa casa in pace e armonia per due giorni interi, che avevano superato già due discussioni, che avevano cominciato a conoscersi a fondo, confessandosi e aprendosi l’uno all’altra.
Niall fondamentalmente voleva restare solo con lei, e chiudere tutto il mondo fuori così che niente o nessuno avrebbe potuto disturbarli o provare ad allontanarli.
Ma sapeva che doveva andarci piano, con Eileen, non poteva prendere e portarla via come avrebbe voluto fare. Doveva pazientare, anche se sentiva che non avrebbe resistito a lungo, stava per scoppiare.
Anche perché probabilmente la sua specie di fuga all’ultimo momento con Harry aveva solo peggiorato la situazione. Eileen aveva il terrore di rimanere sola, lo aveva capito e un po’ lo aveva anche confessato lei stessa e lui con quella mossa da idiota codardo probabilmente le aveva fatto pensare che era uno come tanti, che neanche lui sarebbe rimasto.
Invece l’unica cosa che Niall voleva era rimanerle accanto.
Si lasciò scappare un sospiro un po’ sconsolato e improvvisamente sentì gli occhi di Eileen fissarsi su di lui, curiosi. Sospirò di nuovo e scosse impercettibilmente la testa, mentre lei si stringeva le braccia al petto, rabbrividendo.
A quel punto Niall si voltò verso di lei, fermandosi al semaforo ancora giallo, ed Eileen si sforzò di fare un piccolo sorriso.
«Hai ancora freddo?», le chiese corrugando leggermente le sopracciglia.
Eileen arrossì e si strinse ancora di più le braccia intorno al corpo, annuendo piano.
«Un po’». Niall si lasciò scappare una risata.
«Sei piuttosto freddolosa, Cookie», esclamò, il respiro che gli si bloccò in gola quando vide gli occhi di Eileen spalancarsi e un sorriso meraviglioso e spontaneo spuntare sulle sue labbra. Il cuore perse mezzo battito quando si rese conto che quella reazione probabilmente era dovuta al fatto che per la prima volta da quando si erano rivisti lui aveva usato il suo soprannome.
Cosa voleva dire? Perché gli sembrava che Eileen provasse i suoi stessi sentimenti, ma poi, a conti fatti, aveva paura anche solo a crederlo?
Eileen si schiarì la gola, riportandolo alla realtà, e fece spallucce.
«Ti faccio notare che tu parli tanto perché hai una bella felpa che ti riscalda», mormorò con aria saccente ammorbidendo il tutto però con un sorriso. Niall roteò gli occhi al cielo divertito e, approfittando del fatto che il semaforo fosse ancora rosso, con un gesto veloce si sfilò la felpa e gliela lanciò, colpendola in faccia.
Eileen la afferrò e lo guardò con aria fintamente oltraggiata.
«Ehi! » protestò scatenando la risata di Niall, che mise di nuovo in moto facendo spallucce.
«Te la cedo, mi rifiuto di accendere l’aria calda in pieno luglio», le disse voltandosi quel tanto per lanciarle un’occhiata divertita. Poi si schiarì la gola con aria teatrale e alzò le sopracciglia, sentendosi gli occhi di Eileen addosso.
«E poi, se volevi la mia felpa, bastava dirlo. Non c’era bisogno di fare tante storie.»
Con la coda dell’occhio la vide spalancare la bocca sorpresa, o oltraggiata, o imbarazzata, si morse il labbro per non mettersi a ridere e ripartì quando scattò il verde.
Cominciava a sapere abbastanza di lei da prevedere alcune delle sue reazioni, se toccava i punti giusti.
Comunque non resistette a lungo, perché sentiva gli occhi di Eileen perforargli la guancia, e il suo imbarazzo talmente alto da impedirle di rispondergli a tono, perché era chiaro che quella di Niall fosse solo una provocazione.
Così si arrischiò a guardarla proprio nel momento in cui lei gli rilanciava la felpa, colpendolo in faccia e facendogli perdere di vista la strada per mezzo secondo.
«Che sbruffone!» lo accusò incrociando le braccia al petto. A quel punto Niall scoppiò a ridere e rallentò nella strada completamente vuota per guardarla meglio e scorgere l’accenno di un sorriso trattenuto sulle sue labbra.
«I tuoi segnali erano inequivocabili», le rispose aumentando il carico. Eileen si voltò verso di lui e boccheggiò per qualche secondo oltraggiata, probabilmente senza sapere bene cosa dire, incredula davanti a tutta quella strafottenza. Sinceramente neanche Niall sapeva bene da dove venisse quel suo modo di fare: forse dalle tre birre che era riuscito a bere sotto lo sguardo contrariato di Eileen, forse dal fatto che erano passati due giorni da quando si erano parlati l’ultima volta e lui aveva la scusa di non ricordarsi come dovesse trattarla, o forse solo perché aveva voglia di scherzare, di sentirsi tranquillo e leggero come un ragazzo normale, aveva voglia di provocarla e farla arrossire e aveva voglia di vederla tirar fuori il suo lato divertente e spensierato, perché sapeva che da qualche parte dentro di lei c’era.
Semplicemente era stanco di tutta quella serietà e freddezza, voleva ricominciare da capo con lei se proprio era necessario, e non voleva perdere tempo perché a suo parere ne avevano sprecato fin troppo.
Così quando si voltò di nuovo verso di lei, ancora alla ricerca di qualcosa da dire, non si impedì di lanciarle un’occhiata provocante, e doveva ammetterlo, da sbruffone. Quello che non aveva considerato era che anche Eileen lo stava guardando, e non appena incrociò i suoi occhi, la sua mente si svuotò e si dimenticò anche che stava guidando. Lei era lì, ed era così bella, con quel broncio sulle labbra e le guance che le andavano a fuoco e le sopracciglia corrugate, segno evidente che stava cercando qualcosa di offensivo per replicare alla sua insinuazione.
Gli bastò un secondo per ritrovarsi a chiedere per quale assurdo motivo se ne fosse andato, e perché lei dovesse essere così bella, e perché se stava proprio lì vicino a lui, nella sua macchina, con gli occhi intrecciati ai suoi, lui non la stava ancora baciando.
Se lo chiese sul serio, perché le sue labbra non stessero già  incollate alle sue, così morbide, che aveva avuto la fortuna di tastare troppe poche volte.
Ma poi lei si voltò verso il finestrino, incrociò stizzita le braccia al petto e «Mi stai paragonando a una di quelle protagoniste di quei film scadenti che fanno finta di avere freddo per farsi dare la felpa dal ragazzo di cui sono innamorate», borbottò.
Per qualche secondo Niall rimase in silenzio ad elaborare la sua risposta, imponendosi di non pensare troppo alla parte della frase “ragazzo di cui sono innamorate” perché sarebbe stato veramente patetico attaccarsi ad ogni singola parola pronunciata da Eileen per dar libero sfogo alla sua speranza.
«Non lo farei mai, Cookie. Non ti ci vedo proprio a recitare in un film», replicò dopo un po’ tanto per continuare a stuzzicarla e vedere fin dove avrebbe resistito la sua pazienza. Lei si voltò di nuovo verso di lui e sbatté le mani sulle cosce, strappandogli un sorriso. L’unica cosa che gli dispiaceva era che si stava perdendo le sue espressioni offese perché doveva tenere gli occhi puntati sulla strada, se non voleva rischiare davvero di far finire quella serata in modo tragico. Avrebbe potuto accostare per godersi quella conversazione, ma poi sarebbe stato imbarazzante e ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa che sarebbe calato il silenzio e quell’atmosfera giocosa si sarebbe dissolta nel giro di pochi secondi.
«Mi stai prendendo in giro?» chiese Eileen con una voce carica di acidità che lo fece sorridere ancora di più.
«Mmh, sì», rispose lanciandole un’occhiata veloce, per poi ridacchiare.
«Mi piace questo tuo lato permaloso», spiegò mentre lei incrociava di nuovo le braccia al petto.
«Non lo dire troppo forte, potrei non parlarti anche per giorni interi.»
A quelle parole borbottate a mezza bocca il sorriso di Niall si ritirò un po’.
«Oh allora no, due giorni sono stati pure troppi. Giuro che la smetto di prenderti in giro, ma tu continua a parlarmi», le disse cercando di mantenere un tono di voce leggero, anche se probabilmente gli sfuggì una nota ansiosa, perché Eileen lo guardò e gli sorrise, come a tranquillizzarlo e fargli capire che l’aveva detto solo per stare al gioco. Lui sospirò piano e poi le lanciò di nuovo la felpa, colpendola in faccia. Lei lo guardò male e lui le scoccò un sorriso a trentadue denti.
«Mettila, stai tremando. Prometto che non alluderò a scadenti cliché, ovviamente non sono da te. Sei una ragazza troppo seria e sulle tue per scendere a questi giochetti, no?» la prese di nuovo in giro.
Eileen alzò le spalle lasciandosi sfuggire un verso altezzoso, gli lanciò un’occhiata dall’aria fintamente sufficiente ed eseguì, troppo infreddolita per protestare, infilando la felpa che era almeno tre taglie più grandi della sua.
«Sei uno sbruffone», dichiarò di nuovo sistemandosi la felpa sui fianchi e lanciandogli un’altra occhiata. Niall non distolse gli occhi dalla strada, ma sorrise.
«E tu sei troppo deboluccia, e adesso posso anche aggiungere un altro punto alla lista: permalosa.»
«Hai fatto una lista dei miei pregi e difetti?» gli chiese mentre si arrotolava le maniche troppo lunghe. Niall scrollò le spalle.
«Forse, ma queste cose le tengo per me.»
«Ma sono cose che mi riguardano!» protestò lei, voltandosi completamente con il corpo verso di lui, quasi poggiando la schiena sullo sportello. Niall si strinse nelle spalle.
«Sicuramente, ma non puoi mica pretendere di entrare nella mia testa e sapere tutto quello che penso.»
«Vuol dire che non mi dirai mai cosa pensi di me?» gli chiese a bruciapelo. Il cuore di Niall fece un tonfo e gli si strinse lo stomaco. Rallentò di nuovo, quasi senza accorgersene, mentre l’atmosfera si faceva improvvisamente seria. Deglutì a vuoto mentre il cuore cominciava a corrergli veloce al pensiero di cosa provava per Eileen, e di cosa veramente pensava di lei.
«Vuoi sapere davvero cosa penso di te, Eileen?» sussurrò con un filo di voce, sicuramente arrossendo, sentendo il cuore battergli dappertutto. Poi la guardò dritto negli occhi e probabilmente Eileen capì i suoi pensieri e comprese cosa volesse dire con quella domanda, perché abbozzò un sorriso timido, quasi di scuse, e scosse la testa.
«Non adesso.»
Niall annuì e tornò a concentrarsi sulla guida, ringraziando il cielo che la strada fosse vuota e che non ci fosse nessuna macchina dietro di lui, perché altrimenti i clacson e le maledizioni si sarebbero sprecate per quante volte cambiava andatura e velocità.
Per alcuni minuti rimasero entrambi in silenzio, e Niall constatò che il suo aver fatto di tutto per mantenere quell’atmosfera rilassata non era servito a niente, perché in qualche modo con Eileen si arrivava sempre a fare discorsi troppo seri e imbarazzanti per rimanere tranquilli.
E, ogni volta, in qualsiasi modo, questi discorsi riguardavano i sentimenti. Sentimenti che lui provava per lei che a volte gli sembravano talmente ingombranti da soffocarlo.
Sentimenti che lui non sapeva se lei ricambiava e che gli impedivano di dormire la notte e di essere il Niall sereno e spensierato di sempre.
Sentiva che se non avesse confessato ciò che provava per lei e non avesse ricevuto risposta, bella o brutta che fosse stata, sarebbe impazzito. Odiava camminare sul filo del rasoio, rimanere col dubbio su qualche cosa. Odiava essere insicuro, lui che trovava troppo semplice decidere: o bianco o nero, non gli piaceva restare tra le mille gradazioni del grigio a porsi domande e a galleggiare tra dubbi inutili che non facevano altro che togliere il sonno e la tranquillità.
Quel silenzio si stava facendo troppo imbarazzante, e la casa di Eileen troppo vicina, segno che il tempo per parlare e per passare del tempo con lei stava per scadere.
E non poteva sprecarlo perso tra i suoi pensieri, era stato due giorni senza di lei e gli sembrava che si era perso troppo, quando lui non avrebbe mai voluto perdersi neanche uno dei suoi rari sorrisi.
«Allora, raccontami qualcosa, cosa hai fatto senza di me in questi giorni?» le chiese così dal nulla, per sentirla parlare e per far passare quell’assurdo imbarazzo che l’aveva resi muti. Eileen sussultò, forse spaventata dalla sua domanda improvvisa, e cominciò a giocare nervosamente con le maniche troppo lunghe della felpa.
«Me l’hai già chiesto. Le solite cose con Dylan, non c’era molto che potessi fare.»
Niall si sforzò di sorridere e questa volta rallentò perché aveva appena svoltato nella via dove abitava Eileen, e non voleva per niente che il loro tempo finisse.
«Già, questa città non è il massimo del divertimento eh?»
Eileen sorrise e annuì, mentre lanciava un’occhiata fuori dal finestrino, riconoscendo la sua casa alla fine della strada.
«Di sicuro non come Londra», affermò e Niall sentì una nota risentita nella sua voce. Rallentò del tutto in prossimità del vialetto e accostò spegnendo la macchina mentre borbottava «Anche Londra può risultare noiosa se sei a corto di idee.»
Si voltò verso di Eileen, che evitava il suo sguardo, continuando a stropicciare le maniche della sua felpa. Gli scappò un sorriso, perché in quell’istante gli sembrò talmente tenera e impacciata che la voglia di abbracciarla lo costrinse a stringere il volante con forza.
«Ma scommetto che tu non hai avuto questo problema. Ti sarai divertito con i tuoi amici, no?» insinuò lei arrischiandosi a guardarlo quasi con aria di accusa. Niall sorrise amaramente, ripensando a come avesse esattamente passato quei due giorni a Londra.
«Non ne sarei così sicuro.»
«E’ per questo che sei tornato?»
Niall scrollò le spalle e la guardò abbozzando un sorriso.
«Non resistevo a stare lì», affermò. Eileen annuì e strinse le labbra, distogliendo di nuovo lo sguardo. Niall trattenne uno sbruffo infastidito; non capiva perché lei si rifiutasse di guardarlo, come se avesse paura dei suoi occhi.
«Troppa noia?» bisbigliò con poca convinzione.
«No, mi mancavi tu.»
Lo disse così diretto, senza tremori nella voce, senza bisogno di prendere fiato. Gli uscì naturale, così come venne spontaneo ad Eileen girarsi verso di lui con gli occhi spalancati e le guance completamente rosse.
Niall le sorrise tranquillo, perché in parte si era liberato del peso che gli opprimeva il petto, e si perse in quegli occhi verdi che erano più scuri del solito a causa della poca luce. Ma sembravano brillanti e accesi lo stesso, Niall avrebbe potuto guardarli per ore senza mai stancarsi.
Eileen prese fiato più volte, guardando prima lui, poi fuori dal finestrino, poi di nuovo lui, alla ricerca di qualcosa da dire.
Quando Niall capì che probabilmente non avrebbe replicato a quella sua confessione fatta a bruciapelo e che il suo sguardo si era posato fin troppe volte sulla sua casa, sospirò sconfitto e aprì lo sportello della macchina.
«Ti accompagno alla porta», mormorò quasi lapidario. Eileen sembrò risvegliarsi e scosse la testa, agitando le mani.
«No, non fa niente. Grazie per la serata», disse frettolosamente aprendo lo sportello e facendo per scendere. Poi sembrò ripensarci, e in un battito di ciglia si voltò per scoccargli un morbido e veloce bacio sulla guancia, lasciandolo di sasso e improvvisamente desideroso di più.
«Ciao», sussurrò vicino al suo orecchio prima di scendere dalla macchina con un saltello. Niall non appena si riprese ignorò quello che aveva detto e scese lo stesso, fregandosene del suo rifiuto, era stanco di vederla scappare ogni volta che il discorso diventava troppo personale.
«Aspetta, Cookie», la richiamò quando lei era ormai quasi arrivata alla porta. Girò intorno alla macchina e fece per raggiungerla, ma poi si bloccò quando la vide voltarsi verso di lui mordicchiandosi l’unghia del pollice con lo sguardo decisamente combattuto. Piegò leggermente la testa di lato, pronto a chiederle cosa ci fosse che non andava, ma non fece in tempo perché lei, letteralmente, corse verso di lui e si buttò tra le sue braccia.
Niall smise di respirare per il contraccolpo, mentre lei gli allacciava le braccia intorno alla schiena e poggiava la guancia sul suo petto, proprio all’altezza del cuore, che cominciò a correre veloce come faceva solo quando c’era lei nelle vicinanze.
Ci mise qualche secondo, ma poi realizzò cosa stesse succedendo, così quando Eileen lo strinse più forte, capì di essere rimasto immobile. Con un sospiro di pura beatitudine, la circondò con le braccia e poggiò il mento tra i suoi capelli. Inspirò il profumo di camomilla e si sentì a casa.
«Mi sei mancato», bisbigliò Eileen contro la sua maglietta. Niall rabbrividì e di certo non per il freddo.
«Davvero?»
La sentì annuire strusciando la guancia contro la sua maglietta e qualcosa dentro al suo petto si sciolse, facendolo respirare liberamente.
«Sì, e non ho avuto bisogno di giorni per capirlo. Mi mancavi già quando ancora eri a casa, ma stavi preparando la valigia. Mi mancavi perché sapevo che non ti avrei rivisto, mi manchi anche adesso perché ti sento distante», mormorò lei tutto d’un fiato con voce quasi sofferente. A Niall si strinse il cuore e le carezzò i capelli, comprendendo vagamente quanto fossero ampi l’insicurezza, la paura e il dolore di quella ragazza. Si allontanò un poco e le tirò su il viso per guardarla negli occhi.
«Sono qui», le bisbigliò serio quando il verde si scontrò con l’azzurro.
Eileen fece una smorfia e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
«Sì, ma io ti sto allontanando», sussurrò a voce talmente bassa che Niall non l’avrebbe sentita se non fossero stati cosi stretti in quell’abbraccio. Le carezzò le guance e le lisciò i capelli all’indietro, scuotendo la testa mentre lei chiudeva gli occhi. Fece per risponderle che quella era un’assurdità, che lui non si sarebbe mai allontanato da lei, che anche se lei ci avesse provato, lui non gliel’avrebbe mai data vinta. Ma lei lo anticipò impedendogli di dire qualsiasi cosa.
«Promettimi una cosa, Niall», gli chiese riaprendo gli occhi e puntandoli nei suoi. Niall batté più volte le palpebre, come al solito stordito da quello sguardo così diretto e intenso.
«Cosa?» soffiò con un filo di voce, mentre lei prendeva fiato e tremava leggermente tra le sue braccia.
«Anche se litighiamo, anche se ti respingo, se sono odiosa, fredda, ti prego non lasciarmi andare. Non lasciare che io ti mandi via, perché non voglio farlo, ma spesso mi sento costretta, perché so che ti rovinerei solo la vita. Tu però non lasciarmi.»
A sentire quelle parole dette con voce strozzata e colpevole e sofferente, tutta la voglia di Niall di portare via Eileen da quel posto per restare solo con lei, solo loro due, senza altri pensieri, salì a galla con un’intensità tale da soffocarlo. Per questo non riuscì a bloccare le parole, uscirono fuori come un fiume in piena, nonostante sapesse che proporre una cosa del genere, così all’improvviso, probabilmente non era una buona idea.
«Andiamocene, Cookie. Noi due, insieme», le disse di getto. Eileen corrugò le sopracciglia e sciolse l’abbraccio, senza allontanarsi però.
«Che stai dicendo?»
«Ho bisogno di stare con te, solo con te. Senza distrazioni, lontano da tutto e tutti», continuò lui afferrando di nuovo il suo viso tra le mani e guardandola intensamente. A Eileen sfuggì un sorriso un po’ incerto.
«La birra comincia a fare effetto?»
«Dico sul serio, vieni via con me», insistette cercando di farle capire che non stava scherzando, la sua era una proposta seria. Eileen si ritrasse leggermente, forse spaventata, anche se Niall poteva scorgere un bagliore di eccitazione nei suoi occhi quasi speranzosi che fosse tutto vero, che lui l’avrebbe finalmente portata via.
«Stai delirando», mormorò poi allontanandosi di un passo. Niall lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e la guardò dispiaciuto, il cuore che gli batteva a mille ansioso di avere una risposta.
«Tu non vuoi?» le chiese. Eileen si guardò intorno con aria tesa.
«Cosa?»
«Non vuoi scappare con me?» ci riprovò lui e dentro di sé si disse che sarebbe stata l’ultima volta; non voleva assolutamente cadere nell’imbarazzo di essere sembrato troppo patetico e bisognoso di lei. Ma quando vide le sue labbra tremare leggermente e i suoi occhi arrendersi, capì che lei provava le stesse cose. Doveva solo trovare il coraggio di dirlo, di dimostrarlo.
«Forse», bisbigliò stringendosi nelle spalle. Niall trattenne a stento un sorriso, era così piccola e indifesa e lui avrebbe tanto voluto tenerla per sempre con sé.
Fece un piccolo passo avanti ed eliminò tutta la distanza che c’era tra di loro.
«E allora non pensarci. Andiamocene!» le sussurrò con enfasi illuminandosi in un sorriso che Eileen ricambiò, passandosi le mani tra i capelli confusa, ma apparentemente eccitata quanto lui.
«Ma dove?»
«Non lo so…a Dublino!» esclamò Niall non capendo il perché di tutte quelle domande. Se volevano fuggire entrambi e rimanere soli senza nessun pensiero a disturbarli, perché non erano ancora saliti in macchina?
Eileen sospirò e si morse il labbro, scuotendo piano la testa e tornando alla realtà.
«Ma io…Dylan…non posso», si arrese infine con uno sbuffo sconfitto. Niall scosse la testa e afferrò la sua tra le mani, fissandola dritto negli occhi.
«Sì che puoi. Non pensare a niente, solo a quello che dice il tuo cuore. Cosa vuoi, Cookie?» le chiese impaziente, e in quel momento non aveva idea di cosa lo stesse trattenendo dal baciarla.
«Tu…tu cosa vuoi?»
«Io voglio te», gli uscì naturale dirlo e non se ne pentì. Era semplicemente la verità ed era stanco di dover mettere filtri tra quello che pensava e ciò che diceva. Voleva Eileen, e voleva che lei lo sapesse e gli dicesse lo stesso. Eileen respirò a fatica per qualche secondo, fissando i suoi occhi come alla ricerca di una qualsiasi conferma, come ad essere sicura che non stava mentendo e che, soprattutto, lui non se ne sarebbe andato.
Poi si arrese, perché probabilmente trovò quello che stava cercando, e si lasciò andare ad un piccolo sorriso, sbattendo più volte le palpebre.
«Anche io», mimò con le labbra e Niall sentì letteralmente il cuore scoppiare. Lasciò il suo viso e le prese la mano tirandola verso la macchina.
«Allora andiamo», la incitò frettolosamente. Ma lei puntò i piedi e scosse la testa, sempre con il sorriso sulle labbra.
«Non adesso, non così. Dobbiamo avvisare Denise, prendere qualcosa almeno per vestirci, non possiamo fuggire così. Pensa un attimo, Niall.»
Lui si fermò, lasciò andare la sua mano, e fece quello che gli aveva detto. Eileen gli sorrise e lui capì che aveva ragione, e che non gli stava dicendo di no, gli stava solo imponendo di organizzarsi meglio perché non potevano scappare così su due piedi, non erano due ragazzini che non sapevano a cosa andavano incontro.
«Okay», sospirò arrendendosi, «Hai ragione.»
Il sorriso di Eileen si allargò e annuì, facendo un passo impercettibile verso di lui, quasi senza accorgersene.
«Sta a sentire», cominciò mordicchiandosi il labbro, «Adesso vai a casa, prepari una borsa con quello che ti serve, non so…almeno per due giorni. E lo stesso faccio io.»
«Poi domani mattina ti passo a prendere», concluse lui avvicinandosi ancora di più.
Lei ridacchiò di fronte alla sua impazienza e annuì.
«Va bene», acconsentì prima che uno sguardo preoccupato lo bloccasse mentre stava continuando ad avvicinarsi a lei con una sola idea in testa.
«Che c’è?» le chiese. Eileen sospirò e lo guardò abbattuta.
«Come faccio con Dylan? Denise mi uccide se…»
«Tranquilla, ci parlo io con Denise», la bloccò lui con una voce talmente calma e rassicurante che spazzò via tutti i dubbi e le preoccupazioni di Eileen.
Lei annuì, e si scambiarono un sorriso che sembrava quasi come se stessero stringendo un patto.
E a quel punto Niall decise che non c’era più nessun motivo per il quale dovesse impedirsi di fare ciò che avrebbe voluto fare da quando l’aveva rivista. Si avvicinò del tutto, senza staccare per un secondo gli occhi dai suoi, che lo fissava con le sopracciglia leggermente alzate probabilmente intuendo cosa aveva in mente.
Niall le sorrise e le tirò giù i polsini della felpa, intrappolandole le mani e tirandola verso di sé.
Strofinò il naso contro il suo e tutti e due sorrisero lo stesso sorriso. Lo avrebbe fatto Niall, se Eileen non l’avesse preceduto, ma lei si alzò sulle punte dei piedi e fece scontrare delicatamente le loro labbra.
Niall si sentì andare a fuoco ovunque e aprì appena gli occhi per vedere Eileen passarsi la lingua sulle labbra.
Deglutì a fatica, e non resistette più. Lasciò andare le maniche di quella felpa che non avrebbe più voluto vedere se non indossata da lei, e le afferrò il viso con entrambe le mani, stampando le labbra sulle sue e dandole uno di quei baci che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.
Era tornato per quello, era tornato per lei. E non l’avrebbe più lasciata. Lui ne era certo, e con quel bacio l’aveva fatto sapere anche a lei.
 
 
Quella sera parlò con Denise, le disse lo stretto necessario, tanto per farle capire che Eileen almeno per i successivi due giorni sarebbe stata solo sua. E lei non aveva obiettato, anzi aveva fatto uno di quei sorrisi felici ed entusiasti, e aveva avuto anche la faccia tosta di battergli il cinque e rifilargli poi una pacca sulla nuca seguita da un «Era ora!» esclamato con voce mezza esasperata. Niall ci rimase di stucco, non aspettandosi quella reazione, pensando invece che lei avrebbe almeno un po’ protestato e si sarebbe lamentata che sarebbe stato un casino andare a lavoro e prendersi cura di Dylan allo stesso tempo.
Ma non lo fece, non accennò minimamente a qualsiasi disagio. Fu così che la mattina dopo Niall ed Eileen si ritrovarono sullo stesso treno diretto a Dublino, seduti vicini, con il sorriso uguale e la stessa impazienza di sentirsi liberi.
Eileen gli aveva chiesto se sarebbero potuti scendere alla stazione del quartiere dove era andato ad abitare Riley, così con l’occasione avrebbe anche rivisto il suo amico.
Ovviamente per Niall non era stato un problema accettare, da quando aveva saputo che Riley era felicemente fidanzato aveva smesso di essere una qualsiasi minaccia per lui. Il suo entusiasmo poi era aumentato quando Eileen gli aveva detto la zona in cui abitava il ragazzo.
«Oh, è perfetto. I miei abitano praticamente dall’altra parte della città. Così non c’è il rischio di incontrarli», così si era tranquillizzato e aveva osservato Eileen felice come non l’aveva mai vista mentre mandava un messaggio al suo amico per informarlo del loro arrivo.
In quel momento era così bella e lui era così perso a guardarla attentamente come per non perdersi neanche un dettaglio che non riuscì proprio a trattenersi, e così proprio mentre lei digitava velocemente sul cellulare, lui si chinò su di lei e le rubò un bacio da quelle labbra così morbide. Sorrise ancora di più quando la vide arrossire e smettere di mandare il messaggio per lanciargli un’occhiata timida, sbalordita, piena di desiderio. Poi scosse la testa vagamente divertita e tornò a guardare il suo cellulare, fissandolo per qualche secondo immobile, finché non guardò di nuovo Niall.
«Mi hai fatto dimenticare cosa stavo scrivendo», lo informò e le sue guance si colorarono deliziosamente di rosso. Niall scoppiò a ridere e le passò un braccio intorno alle spalle, per abbracciarla e lasciarle un bacio tra i capelli.
«Non è colpa mia se il tuo cervello comincia a perdere colpi», la prese in giro tra le risate. Eileen gli rifilò una gomitata leggera nello stomaco senza però sciogliere l’abbraccio e lui rise ancora più forte.
«E’ colpa tua che mi distrai», la sentì borbottare a mezza bocca. Il sorriso di Niall si allargò a quelle parole, perché lui le prese quasi come un complimento; se riusciva a distrarla dai suoi pensieri voleva dire che non gli era indifferente, che provava qualcosa per lui, e che un suo semplice bacio le faceva dimenticare cosa le stava passando per la testa.
Rimase con quel sorriso stampato sul volto per tutta la durata del viaggio, di appena più di un’ora, e anche quando scesero alla stazione il suo entusiasmo non aveva intenzione di affievolirsi.
Non appena uscirono dalla stazione con i loro borsoni in una mano, e quelle libere intrecciate tra loro, trovarono ad aspettarli un ragazzo alto e ben piazzato con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Non appena Eileen si accorse di lui, lasciò la mano di Niall e il borsone automaticamente, e corse verso di lui per abbracciarlo di slancio.
Niall sentì il ragazzo scoppiare a ridere e lo vide sollevare Eileen in aria e farla girare, scatenando anche la sua risata melodiosa.
Senza riuscire a trattenere un sorriso, afferrò il borsone che Eileen aveva lasciato cadere a terra e si avvicinò a loro.
Riley mise giù Eileen e le scoccò un bel bacio sulla fronte, allontanandola un poco e tenendole le mani sulle spalle per osservarla.
«Mi sei proprio mancata Leen», le disse con un gran sorriso. Eileen per tutta risposta si buttò di nuovo tra le sue braccia e lo strinse forte. Poi Riley si accorse di lui, e alzò un braccio a mo’ di saluto sorridendogli.
«Ciao, Niall.»
Eileen sciolse l’abbraccio e si voltò verso di lui con un sorriso di scuse e Niall le fece l’occhiolino, prima di stringere la mano a Riley.
«Ciao.»
Quando Riley lasciò la mano di Niall, lanciò un’occhiata piena di significati ad Eileen che arrossì fino alla punta dei capelli e gli mollò una pacca sul braccio, facendolo scoppiare a ridere.
«Ti ringrazio per avermi riportato la mia migliore amica», disse poi a Niall guardandolo alzando le sopracciglia. Poi diede una spintarella giocosa ad Eileen verso di lui e si allontanò alzando le braccia.
«E sta tranquillo, non vi starò tra i piedi a lungo, amico.»
Eileen si coprì il viso con le mani e «Riley», mugugnò imbarazzata facendolo ridere mentre a Niall andava di traverso la saliva.
«Oh. Non…non c’è problema», balbettò sentendo il sangue colorargli le guance. Riley gli lanciò un’occhiata talmente scettica che era facilmente intuibile il fatto che non credeva ad una parola di quelle che aveva detto.
«Oh, si che c’è», ridacchiò sottovoce, «Lo so che non vedi l’ora di rimanere solo con lei. L’importante è che tieni le mani a posto, non mi piace picchiare la gente», concluse poi con sguardo improvvisamente serio. Eileen gli lanciò un’occhiata esasperata.
«Riley», si lamentò. Lui la guardò innocentemente e si strinse nelle spalle.
«Che c’è? Sto solo svolgendo il mio dovere da migliore amico!»
«Scusa, Niall», mormorò Eileen senza guardarlo. Niall si rilassò e sorrise a nessuno in particolare, passandosi una mano tra i capelli.
«Tranquilla, ha ragione», le bisbigliò poi rimediando un piccolo sorriso da parte di Eileen, che però sfuggiva ancora al suo sguardo.
«Datemi i vostri borsoni, li metto in macchina. Quanto avete intenzione di rimanere in città?» chiese Riley distraendolo.
«Veramente non ci abbiamo pensato», replicò al volo lui. Il sorriso di Riley si allargò e Niall cominciò a pensare che quel ragazzo non sapesse assumere altra espressione.
«Okay, allora voi fate quello che dovete fare, poi stasera state a cena da noi. Heidi sarà contentissima di rivederti e tu potrai usare per la prima volta la tua futura stanza», annunciò Riley.
Niall corrugò le sopracciglia e fece per parlare.
«La tua…»
«Riley», lo interruppe Eileen con lo sguardo duro rivolto al suo amico. Ma Riley la ignorò e si rivolse a Niall.
«Eileen ha una stanza tutta per sé a casa nostra, se un giorno deciderà di trasferirsi a Dublino», gli spiegò.
«Oh.»
«E potete stare da noi quanto volete, non fatevi problemi», continuò poi mentre Eileen scuoteva la testa sconsolata.
«Riley, davvero non…»
«Smettila Leen. Sei come mia sorella, e non ho intenzione di farti dormire in uno squallido hotel quando c’è una stanza tutta per te a casa mia. Non voglio discussioni», concluse infine Riley con un tono di voce che non ammetteva repliche e che zittì Eileen, che si arrese con un sospiro.
«Non è un problema per te?» chiese rivolgendosi a Niall e finalmente incrociando il suo sguardo. Lui le sorrise automaticamente e le si avvicinò.
«Scherzi? Odio le stanze negli hotel, ci dormo la maggior parte dell’anno.»
«Perfetto allora, adesso me ne vado. Ci vediamo stasera, ti ricordi dov’è la casa, Leen?» disse frettolosamente Riley cominciando ad allontanarsi con i loro borsoni in mano. Eileen storse le labbra e ci pensò un attimo su. Niall la trovò così incredibilmente bella da sentire l’impulso di baciarla all’istante, ma si trattenne.
«Ehm…»
«York Street, 45. Quarto piano, appartamento 13», disse Riley con voce divertita.
«Stavo per dirlo!» esclamò Eileen scoccandogli un sorrisetto. Riley rise e si voltò.
«A stasera!» le disse per poi alzare la mano senza girarsi, «Ciao, Niall!»
«Ciao, Riley.»
Lo guardarono allontanarsi in silenzio e poi salire in una macchina parcheggiata lì vicino, probabilmente per tornare a casa, o dalla sua ragazza, o ovunque volesse, ma a Niall non importava.
In quel momento Niall se ne fregò del mondo intero, perché Eileen afferrò la sua mano e intrecciò le loro dita scoccandogli un sorriso così sincero e luminoso che lo lasciò letteralmente senza parole.
Così si dimenticò di tutto e tutti, con in testa la sola consapevolezza che finalmente erano lui e lei, senza niente e nessuno che potesse scacciar via quella felicità che gli riempiva il cuore.








 











 
HELLO EVERYONE!
Scusate per il ritardo, è parecchio che non aggiorno lo so, ma sarò sincera:
stavo aspettando che qualcuno mi cagasse T.T
Lo so che sono gli ultimi giorni d'estate, ma proprio gli ultimi,
perchè ieri sono andata a scuola guida e mi sono sorpresa di non aver incontrato i pinguini,
per il freddo che faceva.
Anyway, so anche che ho abbandonato questa ff per parecchio tempo
e immaginavo che al mio ritorno non sarebbe stata seguita come prima,
quindi non mi aspetto vagonate di recensioni, assolutamente,
però please fatemi sapere cosa ne pensate, almeno un po'.
Anche se fa schifo.
Anche se pensate che dovrei cancellare tutto e lasciar perdere e buttarmi da un ponte.
Accetto tutto, anzi, mi farebbe anche bene qualche critica costruttiva,
perchè non ho idea se quello che scrivo vale qualcosa oppure fa schifo.
E poi, sono divorata dall'ansia perchè tra dieci giorni ricomincia scuola,
ed è il mio ultimo anno, e devo fare la maturità,
e mi sto cagando in mano.
Scrivere di questi due cuccioli quì è l'unica cosa che mi salva dall'impazzire del tutto,
ci manca che mi passa la voglia di farlo e sono fottuta.
Adesso me ne vado, che sono abbastanza pesante, I know.
Non vedo l'ora di postarvi il prossimo capitolo asdfghocls
Tanto amore,
Sara.

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Capitolo 25
*** It's just you and me. ***


Buon pomeriggio, dolcezze!
Mi sto ritagliando il mio angolino prima del capitolo perchè non voglio rovinarvi la fine, così lo leggete e poi non dovete stare a sentire a me.
So, sarò breve: questo è l'ultimo capitolo che avevo pronto, scritto almeno due mesi fa. Quindi adesso si entra nella tortura, perchè comincia scuola e, a meno che la signora ispirazione torni più potente che mai, non so quanto presto aggiornerò.
Ovviamente, cercherò di non far passare troppo tempo, mi sforzerò affinche non rimaniate a bocca asciutta, l'unica cosa che vi chiedo è un po' più di pazienza per il mio povero cervellino.
Aiuto, quest'anno ho la maturità asdfghlo
Anyway, spero che il capitolo vi piaccia, perchè a me è piaciuto tanto scriverlo, poi capirete il perchè aha
Corro a rispondere alle recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo!
Grazie, grazie a tutte quelle che hanno il coraggio di aprire questa storia ogni volta.
Love you all,
Sara.





25. It's just you and me.
 
 


Eileen era sicura di non essersi mai sentita così libera e felice come si sentiva in quel momento. Da quando si era svegliata non si ricordava nemmeno un secondo in cui il sorriso sul suo viso si fosse spento, o qualche eco di pensiero cattivo avesse sfiorato la sua mente. Quel giorno si sentiva completamente leggera, come se si fosse svuotata della sua intera vita, come se contasse solamente lei, quello che viveva secondo per secondo, e Niall che le stringeva di tanto in tanto le dita intrecciate alle sue.
Nei suoi quasi venti anni di vita non aveva mai agito d’impulso: era sempre stata una ragazza piuttosto riflessiva e ragionevole, che aveva viaggiato sempre sotto le righe e non aveva mai azzardato una mossa. Non perché fosse una sua dote naturale, o una sua particolare caratteristica, ma semplicemente perché aveva dovuto farlo. Perché si era trovata da sola quando era ancora troppo piccola, senza una madre e senza nemmeno un padre, nonostante questo fosse presente fisicamente. E se non ci pensava lei a se stessa, chi l’avrebbe fatto? Aveva dovuto crescere da sola e segnare da sola i propri limiti, senza fare mai un’azione azzardata, perché sapeva che poi le conseguenze, come tutto il resto, avrebbe dovuto affrontare da sola.
Ma quella volta era stato diverso, perché c’era qualcun altro a stringerle la mano, qualcuno che aveva preso quella decisione per lei, qualcuno che l’aveva trascinata in quella piccola avventura e che avrebbe affrontato con lei qualsiasi cosa sarebbe successa.
Per questo Eileen sorrideva, quel giorno non aveva fatto altro da quando aveva aperto gli occhi, e sapeva che Niall ogni volta la guardava come se non ci fosse cosa più strana e, al tempo stesso bella. Era consapevole del fatto che il ragazzo accanto a lei si meravigliava ogni secondo di più di quanto potesse apparire una ragazza spensierata e felice e normale quando non c’erano pensieri e ricordi ad offuscarle il cuore, e le dispiaceva che non poteva essere sempre così.
Avevano passeggiato per la città per tutta la mattinata, avevano parlato di tutto, tranne di quello che avevano lasciato a Mullingar, come se improvvisamente la città dove entrambi erano cresciuti fosse diventata un tabù. Niall le aveva raccontato qualcuno dei suoi viaggi, lei gli aveva parlato di Riley e della loro amicizia, che in sostanza era l’unica cosa che aveva, e lo aveva portato in quei pochi posti che conosceva di Dublino grazie a Riley.
Eileen l’aveva guardato mentre si era lasciato cadere sulla prima panchina che aveva trovato libera sul marciapiede e aveva riso quando aveva sentito il suo stomaco brontolare.
«Questo è il segno che si sta avvicinando l’ora di pranzo», aveva borbottato Niall passandosi una mano sulla pancia. Eileen era scoppiata a ridere e l’aveva tirato per la mano.
«Allora andiamo a mangiare». Ma Niall si era rifiutato e aveva scosso la testa con un’ombra strana negli occhi e aveva usato la mano stretta in quella di Eileen per farla cadere direttamente sulle sue gambe, facendo fermare il cuore di entrambi, che poi era ripartito allo stesso ritmo accelerato.
E c’erano stati baci, carezze, baci, sorrisi, abbracci e ancora baci.
Eileen non sentiva neanche l’eco di tutte le paure che provava ogni volta che si avvicinava a qualcuno, sembrava scomparso tutto, come se il sorriso di Niall avesse risucchiato il male che c’era in lei permettendo a tutte le buone sensazioni ed emozioni di venire a galla.
Quando finalmente era riuscita a trascinarlo in un fast food scelto a caso per mangiare qualcosa, aveva scoperto che era proprio il preferito di Niall, e che una volta varcata quella porta si era trasformato in un pozzo senza fondo pronto a divorare tutte le scorte della cucina.
Ma non aveva smesso di sorridere neanche in quel momento, quando una qualsiasi altra ragazza l’avrebbe fissato disgustata e se ne sarebbe andata. Lei non riusciva a non vedere come meraviglioso ogni singolo dettaglio che riguardava Niall, e per lui sembrava lo stesso.
Ancora non riusciva a spiegarsi per quale motivo l’avesse respinto e avesse complicato le cose tra loro, quando avrebbero potuto essere semplici fin dall’inizio.
Proprio in quell’istante, mentre erano sdraiati su dei teli che avevano portato Riley e Heidi quando li avevano quasi costretti ad andare al St. Stephens Green Park nel pomeriggio, Niall le strinse la mano che aveva lasciato lungo il suo fianco e lei si voltò per abbagliarlo con un altro dei suoi sorrisi che lui ricambiò al volo, ed Eileen si perse per qualche secondo nei suoi occhi in quel momento così chiari e brillanti da fare invidia al cielo azzurro, macchiato appena da qualche nuvola troppo scura e decisamente fuori luogo in pieno Luglio.
«Quelle nuvole non mi piacciono per niente», mormorò Riley accanto ad Eileen attirando la sua attenzione e facendole distogliere lo sguardo da quello di Niall.
Ruotò la testa verso di lui, che fissava corrucciato il cielo.
«Non portare sfiga, Ry, il tizio del meteo ha detto che non avrebbe piovuto oggi», rispose la voce candida di Heidi stesa accanto a lui a chiudere il quartetto. Eileen sorrise, mentre Riley grugniva infastidito.
«Come se ci si potesse fidare di quello che dicono in tv.»
«Qualunque cosa abbiano detto, io non ce la farei ad alzarmi da qui neanche se venisse giù il diluvio universale», intervenne Niall con una risata. Eileen sorrise e si voltò a pancia in giù, poggiandosi sui gomiti per guardarlo.
«Andiamo amico, non dirmi che sei stanco», esclamò Riley. Niall sorrise e si avvicinò ad Eileen, occhi negli occhi.
«Solo un pochino, considerando che non ci siamo fermati un attimo per tutta la giornata», mormorò per poi girarsi su un fianco e poggiare un braccio sulla schiena di Eileen.
Parlava con Riley, ma fissava lei.
Eileen sorrise, leggendo negli occhi di Niall le sue intenzioni, mentre Heidi si lasciava scappare uno sbuffo.
«E poi vi chiedete perché odio uscire con Riley», mormorò. Eileen sentì il suo amico schioccare la lingua ma si perse la sua replica saccente e forse anche un po’ offesa, perché Niall chiuse gli occhi e alzò leggermente il mento verso di lei. Ovviamente Eileen non ci pensò due volte e chinò il viso fino a sfiorare le labbra morbide e già dischiuse di Niall con le sue. Aveva perso il conto dei baci che si erano scambiati quel giorno, forse troppi, o forse troppo pochi, ma ogni volta che tra loro c’era quel minimo contatto, era come la prima volta. Eileen sentiva il cuore gonfiarsi e il respiro bloccarsi in gola.
Era una sensazione indescrivibile e tutto quello che avevano intorno scompariva, rimanevano solo loro due e quelle labbra che Eileen dopo quel giorno non avrebbe più voluto smettere di baciare.
«Non vorrei disturbarvi, ragazzi», mormorò Riley dopo qualche minuto distraendo appena Eileen dalle labbra di Niall. Ma poi un tuono squarciò il cielo e i due si staccarono di scatto.
«…ma sta proprio piovendo», continuò Riley schizzando in piedi e tirando con sé Heidi che squittì divertita mentre l’acqua cominciava a cadere fitta. Eileen scoppiò a ridere e lanciò un’occhiata al cielo, incredula. Poi Niall si alzò e le prese una mano per tirarla su, proprio mentre un altro tuono rombava e si sentivano le urla divertite dei bambini che si affrettavano a scappare dal parco con le loro mamme.
«Non so voi, ma io non voglio prendermi una polmonite, quindi», cominciò Riley fissando prima Eileen e poi Niall negli occhi, «Correte! » urlò poi tirando Heidi per la mano e cominciando a correre più veloce che poteva. Eileen e Niall si guardarono per due secondi, poi scoppiarono a ridere e partirono alla rincorsa del loro amico, cercando di non perderlo di vista. Eileen non ricordò neanche della sua paura dei temporali, troppo presa a correre veloce, a stringere la mano di Niall e a sentire i numerosi insulti che Heidi lanciava contro Riley, scatenando la sua risata divertita finché non riuscirono a salire per un soffio sull’autobus che li avrebbe portati direttamente sotto al palazzo dove abitavano, e Heidi mollò un pugno sulla spalla di Riley che la guardò stupefatto.
«Questo è perché hai praticamente fatto la danza della pioggia, idiota.»
«Ehi non è colpa mia! Sei tu che stai ancora a sentire il tizio del meteo! »
Mentre quei due battibeccavano, Eileen passò in rassegna il suo stato: era zuppa dalla testa ai piedi, sentiva i capelli schiacciati sulla sua testa e i vestiti bagnati che le aderivano addosso. Le scappò un sorriso senza motivo, poi guardò Niall che si stava scompigliando i capelli e che le lanciò un piccolo sorriso timido.
«Ho l’acqua anche dentro le mutande», la informò ridacchiando. Eileen arrossì leggermente e si strinse nelle spalle.
«Io nei calzini. Se non ci viene la febbre dopo oggi, non ci viene più», replicò sbuffando fintamente scocciata. Niall scoppiò a ridere e le si avvicinò per prenderle il viso tra le mani e lisciarle i capelli all’indietro. La guardò negli occhi e lei rabbrividì e sentì la pelle d’oca dappertutto. Poi Niall le lasciò un dolcissimo bacio sulla fronte e la circondò con le braccia, lei chiuse gli occhi e, nonostante i tuoni, nonostante i vestiti zuppi che la facevano sembrare un pulcino bagnato, il freddo che le stava entrando nelle ossa, il botta e risposta di Riley e Heidi e le altre persone intorno a loro che li guardavano, Eileen avrebbe potuto giurare che in quell’autobus c’erano solo loro due.
E che lei non era mai stata così felice prima.
 
 
 
«Insomma hai trovato il tuo bel principe!». Eileen si sciacquò il viso sotto il getto della doccia mentre insaponava i capelli e sorrise automaticamente alle parole quasi urlate da Heidi.
Scostò di un poco la tenda e guardò Heidi che, solo in biancheria intima, si truccava davanti allo specchio.
«Cosa stai blaterando?» le chiese facendola girare verso di lei con un sorriso furbetto che spiegava tutto. Eileen alzò gli occhi al cielo e tirò di nuovo la tenda, infilandosi sotto l’acqua calda.
Appena erano scesi dall’autobus avevano fatto una corsa verso il loro appartamento prendendo tutta l’acqua possibile che i loro corpi potessero assorbire, per poi continuare a correre ridendo su per le scale del palazzo anche se ormai erano all’asciutto e al riparo da uno dei tanti temporali estivi che bagnavano l’Irlanda.
Poi finalmente erano arrivati nell’appartamento di Heidi e Riley e, quando le risate finalmente si erano fermate, Heidi aveva spedito Niall a fare la doccia nel bagno della stanza di Eileen, seguito da Riley poco dopo, e aveva trascinato Eileen in bagno con lei per dividere la doccia e fare più in fretta.
«Dico che», riprese Heidi mentre Eileen si sciacquava del tutto e chiudeva l’acqua, «Quel ragazzo sembra proprio il principe azzurro che tutte le ragazze sognano.»
Eileen uscì dalla doccia e indossò l’accappatoio che le passò Heidi, con un sorriso da ebete a deformarle il viso.
«E guarda quanto sei innamorata!» squittì poi Heidi indicandola tutta gongolante. A sentire quelle parole Eileen deglutì a fatica e si coprì il viso con le mani.
«Heidi, ti prego», mormorò imbarazzata. Non sapeva perché, ma non se la sentiva di negare. Heidi di certo non la conosceva bene come Riley, ma aveva passato abbastanza tempo con lei da riuscire a capire quando mentiva, ed Eileen non voleva rischiare di peggiorare la sua situazione. Meglio sorvolare.
Heidi scoppiò a ridere e alzò le mani davanti a sé a mo’ di resa, per poi voltarsi per vestirsi.
«La smetto, ho capito. Lascio questa tortura a Riley», mormorò divertita. Eileen sbiancò e si alzò di scatto sgranando gli occhi.
«No ti prego, non aprire questo discorso con Riley!»
Heidi rise di nuovo e fece spallucce guardandola innocentemente.
«Pensi che non l’abbia capito? Se ci sono arrivata io figurati lui, sta solo aspettando il momento giusto per rendere la cosa ancora più imbarazzante», la informò con tranquillità.
Eileen crollò seduta su bordo della vasca e si coprì di nuovo il volto con le mani.
«Lo farà davanti a Niall, mi metterà in imbarazzo con lui, lo odio», cantilenò. Heidi rise e le scompigliò i capelli bagnati.
«Tranquilla, questa sera ti salvo io», le disse facendole alzare la testa di scatto. Heidi le lanciò un sorriso furbetto e si ravvivò i capelli lisci appena asciugati.
«Andiamo a cena con degli amici così tu, ragazzina, avrai la casa tutta per te. E Niall.»
Eileen rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva al pensiero di cosa realmente intendeva Heidi con quella frase, ma non fece in tempo a ribattere, che la porta si spalancò e lei schizzò in piedi lanciando un urlo spaventato e cercando di coprirsi il più possibile.
«Riley!» urlò oltraggiata mentre il suo amico entrava con nonchalance e si dirigeva all’armadietto vicino al lavandino.
«Devo prendere il mio deodorante», si giustificò tranquillamente per poi lanciarle un’occhiata.
«Ma stai ancora cosi?! Muoviti che Niall è mezz’ora che ti sta aspettando su quel divano», la sgridò. Poi così come era entrato uscì dal bagno, seguito subito dopo da Heidi che probabilmente se la svignò per evitare le domande di Eileen.
Con uno sbruffò si sbrigò ad infilarsi una tuta comoda e ad asciugarsi i capelli, per poi uscire scalza dal bagno e dirigersi a passo felpato verso il salotto.
Quando entrò nella stanza non si perse tanto ad osservarsi intorno, perché la sua attenzione fu attirata completamente dagli occhi di Niall che si erano legati ai suoi appena lei era apparsa nella sua visuale. Si sentì arrossire, come sempre quando Niall la guardava, e senza indugi si diresse verso di lui. Lo vide sorridere automaticamente e allargare le braccia, così che lei si tuffò tra di esse sedendosi sul divano accanto a lui. Niall la strinse immediatamente a sé e le lasciò un bacio tra i capelli.
«Ce l’hai fatta», le bisbigliò all’orecchio. Lei alzò il viso per guardarlo negli occhi e gli fece una smorfia.
«Sono una ragazza, è normale che mi ci vuole tempo per prepararmi», replicò fintamente stizzita. Niall rise piano e le baciò la fronte.
«E riesci ad essere perfetta anche con una vecchia tuta, i miei complimenti Cookie», le sussurrò ancora direttamente nell’orecchio, facendola rabbrividire.
Non riuscì a rispondere, e non sapeva proprio cosa avrebbe potuto dirgli, perché Riley arrivò dritto dalla cucina con due birre in mano. Li guardò per un attimo, accoccolati sul divano, e si aprì in un sorriso quasi intenerito.
«Tieni, amico», disse a Niall porgendogli la birra. Niall incrociò per un attimo gli occhi di Eileen, le sorrise e poi scosse la testa.
«No, grazie», disse a Riley stringendo di più Eileen tra le sue braccia, che con un gran sorriso intrufolò la testa nell’incavo del suo collo e si rilassò.
«Alla signorina non piace quando bevo la birra», spiegò Niall allo sguardo perplesso di Riley. Lui rise e scosse la testa, posando la birra ancora chiusa sul tavolo e bevendo la sua.
«Ah si, le dà fastidio l’effetto che ha sulle persone», mormorò con tono divertito facendo ridacchiare Niall.
«Smettetela di sfottere», borbottò lei offesa pizzicando il fianco di Niall e facendo ridere Riley ancora più forte.
«Scusa», sussurrò Niall lanciandole uno sguardo con un piccolo sorriso e baciandole la punta del naso. Lei gli fece un’altra smorfia, ma poi si alzò quel tanto che le bastava per lasciargli un bacio a fior di labbra.
«Amore, andiamo o faremo tardi», esordì Heidi facendo capolino nella stanza con già la borsa in mano e pronta ad uscire. Riley si fermò con la bottiglia di birra a mezz’aria e la guardò perplesso.
«Cosa?» balbettò. Eileen sprofondò contro il collo di Niall, rossa fino alla punta dei capelli davanti alla sfacciataggine di Heidi che stava fulminando Riley con lo sguardo in modo più che esplicito, alternando gli occhi da lui a Eileen e Niall sul divano.
Niall sembrava non interessarsi a quel teatrino, troppo concentrato a lasciare piccoli baci tra i capelli di Eileen, la fronte, il naso, le guance. Ogni singolo contatto era una scossa al cuore di Eileen e un tremore delle gambe.
«Oh, hai ragione!» esclamò dopo un po’ Riley, abbandonando anche la sua birra sul tavolo e sparendo in camera per prendere le scarpe.
«Abbiamo quella cena…», mormorò infilandosi le scarpe, «In quel posto…»
«Si, con quegli amici», terminò la frase per lui Heidi alzando gli occhi al cielo e afferrandolo per un braccio.
«Andiamo, su!» lo esortò aprendo la porta per poi ricordarsi all’improvviso degli altri due sul divano.
«Ah, voi due fate come se foste a casa vostra, e non aspettateci svegli», li istruì per poi lanciare un’occhiata carica di sottintesi ad Eileen e uscire di casa.
«E fate i bravi!» riuscì ad urlare Riley prima che Heidi riuscisse a trascinarlo via e a chiudersi la porta dietro.
Con l’uscita di scena di quei due calò un silenzio quasi rilassante nella stanza.
Non come la quiete prima della tempesta, ma come il sole che si fa spazio tra le nuvole appena dopo un temporale. Perché passare il pomeriggio intero con Riley era come passare attraverso una specie di uragano, terribilmente stancante, ed Eileen lo sapeva.
Sapeva che il suo amico non si fermava un attimo, come sapeva anche che l’avrebbe fatta pagare a Heidi per quell’uscita di scena poco discreta.
Ma era troppo stanca per potersi ribellare e magari correre loro dietro per evitare quell’assurdo teatrino, o più probabilmente non avrebbe mai avuto la forza di alzarsi da quel divano perché, con le palpebre pesanti e stretta tra le braccia di Niall che di tanto in tanto le lasciava un bacio tra i capelli, stava dannatamente bene.
Così chiuse gli occhi, sospirando pesantemente, e Niall sbadigliò attorcigliandosi un riccio di Eileen tra le dita. Allora lei alzò il viso, poggiando il mento sul suo petto, per poterlo guardare in viso e bearsi del suo sorriso appena accennato.
«Sei stanco?» gli chiese. Niall chiuse gli occhi e il sorriso si allargò impercettibilmente.
«Riley ci ha fatto girare mezza Dublino a piedi», le ricordò aprendo di nuovo gli occhi giusto in tempo per vederla sorridere, «Non mi sento più le gambe», concluse chiudendo ancora gli occhi e poggiando la fronte sulla sua.
Eileen sorrise e respirò il suo profumo, accucciandosi istintivamente ancora più vicina a lui.
«Ce la fai almeno ad arrivare al letto?» mormorò strofinando il naso sulla sua mascella.
A quelle parole gli occhi di Niall si aprirono di scatto e il cuore di Eileen accelerò automaticamente quando si rese conto di cosa potevano significare.
Non che implicassero obbligatoriamente qualcosa di più del dormire, ma solo il fatto che avrebbero dovuto dividere un letto forse un po’ troppo piccolo per due persone, che l’elettricità tra i due era costante e che non sarebbero mai riusciti a separarsi e a privarsi l’una del calore dell’altro, li fece accendere completamente.
Una scossa anomala e bruciante la avvolse dalla testa ai piedi, mentre Niall la fissava con uno sguardo indecifrabile, rischiando di farla sciogliere.
«Credo di avere abbastanza forze per arrivarci», si riprese Niall alleggerendo la tensione con un piccolo sorriso timido, anche se gli occhi in quel momento esprimevano tutto tranne che timidezza.
Eileen si limitò ad annuire dopo aver deglutito a fatica, poi sciolse l’abbraccio per alzarsi in piedi e stiracchiarsi appena, le articolazioni scricchiolanti e i muscoli pesanti.
Lo scatto che però fece Niall, gli occhi accesi, le mani arpionate sui suoi fianchi e le labbra premute contro le sue, le fece capire che in camera non ci sarebbero arrivati tanto facilmente.
Niall la baciò con così tanta foga, infilandole con forza la lingua in bocca, che lei barcollò all’indietro rischiando di cadere. Ma ovviamente lui non lo permise, strinse le braccia intorno alla sua schiena e la schiacciò contro il suo petto, costringendola poi ad indietreggiare fino al muro, che lo aiutò a portare ancora di più in contatto i loro corpi.
Eileen, quasi senza rendersene conto, lo assecondò portando le braccia dietro al suo collo, le dita a tirargli leggermente i capelli e le labbra a muoversi frenetiche e complici con le sue.
Era questa la cosa strana tra loro due: in un momento erano tranquilli, timidi, quasi titubanti anche solo per sfiorarsi o sorridersi, talmente stanchi da non riuscire quasi neanche a tenere gli occhi aperti.
Ma poi bastava un contatto, uno sguardo di troppo per accenderli e tirare fuori quella parte di loro che forse neanche sapevano di avere.
Sembrava quasi che diventassero due persone completamente diverse, si dimenticavano di essere Eileen, la ragazza fredda e distaccata, e Niall Horan, il cantante famoso: in quei momenti erano solo Niall e Cookie, due ragazzi preda dei loro istinti e in mano alla passione o a qualsiasi altra cosa ci fosse tra di loro.
Lo schiocco rumoroso delle loro labbra che momentaneamente si separavano riportò Eileen alla realtà, giusto quei pochi secondi prima che le labbra di Niall, quasi affamate, si spostassero sul suo collo succhiando avidamente la pelle morbida, riempiendola di brividi e mordicchiandola appena.
Le sue mani, nel frattempo, dotate di vita propria smisero di torturare i capelli di Niall e scesero sulle sue spalle, le braccia, oltrepassandole per arrivare alla schiena e sentire il contatto diretto con la sua pelle, calda  e morbida.
Le dita sempre fredde di Niall quando scesero per niente tremanti, ma sicure e decise, sul suo ventre, le fecero tremare le gambe e il suo cuore ebbe un sussulto, rischiando di farla morire lì all’istante.
Quando poi queste si intrufolarono sotto la canottiera, agganciandosi all’elastico dei pantaloncini, le scappò un singulto forse troppo forte, perché sentì Niall sorridere contro le sue labbra prima di riprendere a baciarla, questa volta più dolcemente, anche se sentiva l’urgenza di poco prima quasi costringerlo a fare tutto troppo veloce.
Eileen sapeva cosa sarebbe successo; era poco lucida, ma era abbastanza consapevole del fatto che nessuno quella volta li avrebbe fermati. Non c’era Dylan in casa, Denise non li avrebbe chiamati. Erano soli, liberi e troppo attratti l’uno dall’altra anche solo per poter pensare di non andare fino in fondo neanche quella volta.
Niall probabilmente si rese conto, in un raro lampo di lucidità, che Eileen era troppo persa tra i suoi pensieri, perché le tirò il labbro inferiore tra i denti e quando lei aprì gli occhi trovò i suoi a fissarla, liquidi e piedi di desiderio, ma con quella punta di insicurezza che ogni volta le faceva stringere il cuore e che in quel momento le fece perdere del tutto il controllo.
Con delicatezza lo spinse all’indietro, premendo le mani sul petto ansante, allontanandolo da sé.
Lui non capì le sue intenzioni perché la guardò quasi dispiaciuto, riacciuffandola automaticamente, ma lei non gli diede neanche il tempo di protestare. Con un sorriso tornò a baciarlo, costringendolo ad indietreggiare fino al corridoio, i passi veloci, troppo instabili, che li fecero finire contro un altro muro, al quale lui si poggiò per tirarsela contro e approfondire ancora di più quel bacio.
Quando Eileen sentì qualcosa cominciare a premere contro il suo ventre rischiò seriamente di collassare e le tremarono le ginocchia.
Improvvisamente sembrava che Niall avesse espulso dal suo corpo ogni singola forma di stanchezza che aveva provato, e a differenza di pochi minuti prima sembrava incredibilmente sveglio e attivo.
Quando Eileen staccò le loro labbra per riprendere fiato, Niall la tirò a sé con talmente tanta forza da mandare all’aria il suo tentativo di respirare, costringendola a poggiarsi con le mani al muro dietro di lui, mentre quelle di Niall, solo un millesimo più titubanti, le sfilarono la canottiera per muoversi e poter tastare più liberamente la sua pelle surriscaldata.
Eileen rabbrividì appena, mentre lui lanciava lontano quell’ormai inutile indumento e portava le dita velocemente al gancetto del suo reggiseno.
Presa da una paura improvvisa e inspiegabile, tentò di distrarlo e lo baciò di nuovo, afferrando il colletto della sua polo con entrambe le mani, per tirarlo verso di sé e indietreggiare, lontano dal muro e da qualsiasi altra superficie sulla quale avrebbe potuto poggiarsi.
Non sapeva cosa le stava prendendo, sapeva solo che le dita di Niall erano fredde e terribilmente delicate, le stavano facendo perdere la ragione e sentiva che da un momento all’altro le si sarebbe completamente scollegato il cervello e lei non sarebbe stata più capace di proteggersi dal mondo.
Aveva paura che si sarebbe lasciata andare completamente, aveva paura che sarebbe stata di nuovo male, aveva paura che quello che stava per accadere avrebbe riportato a galla ciò che era successo con Frankie e che lei, alla fine, si sarebbe tirata indietro.
E non voleva deludere Niall, non voleva portarlo al limite e poi lasciarlo insoddisfatto.
Aveva paura che la voglia immensa che sentiva in quel momento di lui, l’avrebbe fregata.
Ma, inspiegabilmente, non vedeva l’ora che il cervello le si scollegasse, che Niall la portasse nella loro bolla personale e che la facesse sentire amata, per una buona volta.
Cosi, letteralmente, mandò al diavolo i suoi pensieri e, lasciandosi scappare un verso di approvazione quando il dito indice di Niall si infilò sotto al gancetto del reggiseno, portò le mani ai lembi della sua polo rossa e la sfilò con un gesto veloce, costringendo però Niall a lasciare momentaneamente il suo obiettivo.
Però lui non ci pensò due volte a riprendere la sua sfida contro quel pezzo di plastica e, quando finalmente riuscì a vincere, Eileen si lasciò scappare un piccolo lamento, sentendosi troppo libera e scoperta.
«Che c’è?» bisbigliò Niall contro le sue labbra, la voce talmente roca e il respiro così affannoso che fece girare la testa a Eileen.
Lei gli lasciò un piccolo bacio a fior di labbra e indietreggiò fino a sentire la sua schiena nuda a contatto con il freddo del legno della porta della “sua” camera.
«Aspetta», riuscì a biascicare liberando un braccio dal groviglio che erano le loro braccia e gambe, per allungarlo dietro di sé e aprire la porta.
Niall era talmente preso dalle sue labbra e premeva con così tanta veemenza contro di lei che quando Eileen riuscì ad aprire la porta finirono entrambi a terra, lui sopra di lei che scoppiò in una mezza risata isterica alla quale Eileen si aggregò, per cercare di smorzare la tensione.
«Siamo un disastro», biascicò Niall poggiando la fronte sulla sua e cercando di riprendere fiato. Eileen socchiuse gli occhi e strofinò delicatamente il naso contro il suo per poi alzare il viso e lasciargli un bacio troppo delicato sulle labbra appena dischiuse.
Niall le accarezzò il viso con entrambe le mani e le sorrise, poi però lei si mosse sotto di lui, probabilmente a causa del troppo peso, e tutto si accese di nuovo perché il corpo di Niall era decisamente troppo eccitato.
«Peso?» le chiese, il respiro di nuovo corto e labbra troppo frementi per tenerle ancora separate dalle sue.
«Un po’», ansimò Eileen mentre lui quasi a farlo apposta premeva di nuovo il bacino contro il suo. Lei strabuzzò gli occhi e trattenne il respiro, infilando le mani tra i suoi capelli e tirandoglieli forte.
Niall ridacchiò e si tirò indietro, sedendosi sui talloni e portandola contro di sé, sigillando le loro lingue in un bacio decisamente passionale che fosse stato per loro non sarebbe finito mai.
Di nuovo persi nella loro bolla, Niall riprese il suo viaggio lungo il corpo di Eileen facendola rabbrividire quando, nel tentativo di oltrepassare l’elastico dei pantaloncini, lo lasciò all’improvviso facendolo schioccare sulla sua pelle.
«Ahi», si lasciò sfuggire.
«Scusa», borbottò lui, le guance rosse e l’espressione decisamente imbarazzata.
Eileen si ritrovò a sorridergli intenerita ma anche presa da un’improvvisa sfacciataggine, così non ci pensò due volte quando si alzò in piedi costringendolo a fare lo stesso.
«Sei proprio un imbranato», gli mormorò contro le labbra per poi lasciarci un piccolo tenero bacio. Ancora sorridendo gli baciò l’angolo sinistro della bocca, poi quello destro, poi il mento e infine il naso, che lui arricciò istintivamente.
Eileen ridacchiò e gli carezzò i capelli, scendendo sul suo collo e poi le spalle, sentendolo rilassarsi sotto il suo tocco delicato.
Lo vide chiudere gli occhi e piegare leggermente la testa all’indietro, permettendole di lasciargli un bacio sul collo mentre con le mani scendeva sul petto, l’accenno di addominali, la pancia.
Quando le sue dita si posarono sull’elastico della tuta Niall ebbe uno spasmo e si rifugiò automaticamente in un bacio, avvolgendole le braccia intorno al corpo quasi a nasconderla mentre lei faceva ciò che lui non era riuscito a fare.
Così, nell’arco di due secondi, i pantaloni della tuta di Niall andarono a finire chissà dove nella stanza illuminata solo dalla luce della luna e dei lampioni in strada, e Niall si voltò velocemente per chiudere con un colpo secco la porta della camera.
Eileen lo guardò attentamente, le guance arrossate, i capelli scompigliati, le labbra gonfie e gli occhi brillanti.
Poi scese più giù, sul petto che si alzava e abbassava ad un ritmo troppo frenetico, le spalle larghe, la pancia piatta, i fianchi stretti e i boxer neri che contenevano a stento le emozioni che stava provando in quel momento.
«Che c’è?» le chiese ancora Niall costringendola e spostare gli occhi per incrociare i suoi, appena in tempo per evitarle un infarto immediato.
Lei si strinse le braccia al petto, ricordandosi di non avere proprio niente a coprirla e arrossendo violentemente sotto lo sguardo attento di Niall.
«Sei bello», soffiò con un filo di voce. Il sorriso che le regalò Niall fu talmente abbagliante e sconvolgente da farle impigliare il respiro in gola. La raggiunse con un passo lungo, la prese tra le braccia e strofinò il naso contro il suo.
«Non quanto te, Cookie», le rispose. Eileen chiuse gli occhi e respirò profondamente, poi le mani di Niall si spostarono decise sui suoi fianchi, poi un po’ più giù, e finalmente si liberarono di quell’intralcio che erano i suoi pantaloni.
«E questi non ti servono proprio», borbottò appena prima di tornare a baciarla.
A quel punto, Eileen si lasciò completamente andare, vittima di Niall e dei suoi voleri. Non riuscì più  a connettere il cervello neanche per preoccuparsi del fatto che Niall la stava facendo indietreggiare verso il letto, per poi stendersi sopra di lei, senza smettere un attimo di baciarla.
E in quel momento il peso del corpo sopra il suo era più che gradito e, mentre Niall cercava di sorreggersi con le braccia ai lati della sua testa per non soffocarla del tutto, lei quasi sperava che invece la nascondesse completamente, portando i loro corpi in contatto perché non ne poteva più di sentirsi così lontana da lui.
Così lo afferrò per le spalle mentre lui passava a mordicchiarle la pelle del collo, e lo tirò ancora più vicino a sé affondando la testa tra i suoi capelli e allacciando le gambe intorno alla sua vita.
Mossa alquanto azzardata; se ne rese conto quando sentì Niall irrigidirsi completamente e trattenere il respiro, le mani che corsero a stuzzicare la pelle appena sotto al seno, quasi a chiederle il permesso.
Eileen si lasciò sfuggire un piccolo lamento quasi di approvazione, allora Niall sfiorò con le dita fredde quella parte del suo corpo alla quale non era ancora arrivato.
Eileen sentì un calore esploderle dentro, al centro esatto del suo corpo e schizzarle nel ventre, nelle braccia, nel cuore, facendola tremare.
Sentì le gambe farsi di gelatina e allentò un po’ la presa, tanto ormai era riuscita a far aderire il corpo di Niall contro il suo, lo sentiva ovunque.
Il suo respiro, i suoi baci, il suo calore, aveva una confusione tale in testa che sarebbe potuta scoppiare una guerra fuori da quella stanza e non se ne sarebbe neanche accorta.
In quel momento c’era solo Niall e le sensazioni che le stava facendo provare, le labbra sulla pelle appena al di sotto della clavicola, le dita fredde a contatto con il suo seno e il bacino a sfregare lascivo contro il suo.
«Dio, non ce la faccio più», sibilò quasi Niall staccando le labbra dalla sua pelle per portarle di nuovo sulle sue labbra e baciarla di slancio, senza darle modo di respirare, scivolando nel frattempo ancora più giù con le mani, arrivando all’elastico delle mutandine.
Eileen si irrigidì appena, ma dopo mezzo secondo istintivamente si sporse verso di lui, perché aveva bisogno che in qualche modo lui alleviasse quel calore opprimente che la stava bruciando come mai le era successo.
Niall ovviamente non se lo fece ripetere due volte e le sue dita saltarono l’elastico e scivolarono delicate verso il suo centro, facendola sussultare e trattenere il respiro.
Boccheggiò, le labbra dischiuse contro quelle di Niall, e sentì anche lui trattenere il respiro, gli occhi chiusi e le dita impegnate in quella danza che la stava portando in un’altra dimensione.
Lei, a differenza sua, non riusciva a fare nient’altro che stringere il lenzuolo tra i pugni e torturarsi il labbro inferiore con i denti, incapace anche solo di toccarlo, troppo concentrata a decifrare tutte quelle sensazioni travolgenti, a sentire Niall respirare forte, a incrociare per un secondo il suo sguardo e leggerci un intero oceano dentro.
E non si accorse neanche di quando Niall, preso dal suo lavoro, si liberò delle sue mutandine con una mossa veloce e talmente esperta che l’avrebbe fatta arrossire se fosse stata nel pieno delle sue facoltà mentali.
Uno strano brivido le percorse la spina dorsale, le gambe le tremarono, e solo quando Niall si fermò per qualche secondo a fissarla si rese conto di essere completamente nuda sotto di lui, con i suoi occhi a percorrere il suo corpo attentamente senza perdersi neanche un minimo dettaglio.
Niall non parlò, continuò a fissarla quasi meravigliato, gli occhi troppo azzurri per permetterle di respirare e il sorriso troppo smagliante per farla trattenere ancora.
Quando finalmente il calore esplose dentro di lei, costringendola a chiudere gli occhi e a rifugiarsi in un altro bacio veloce per non emettere suoni troppo equivocabili, quasi le scoppiò il cuore. Niall però non le diede tregua, perché la strinse talmente tanto forte tra le braccia che il bacino inevitabilmente strisciò contro il suo ed Eileen in un lampo di lucidità si accorse che c’era ancora qualcosa a separarli del tutto, qualcosa che conteneva a stento l’eccitazione ormai più che visibile di Niall.
Allora si costrinse a deglutire a fatica e a liberarlo, per poi risalire con le mani lungo la sua schiena, mentre lui si sistemava meglio tra le sue gambe, il respiro quasi inesistente ma gli occhi improvvisamente lucidi persi nei suoi.
Niall la baciò sulle labbra continuando a fissarla e lei non riuscì a chiudere gli occhi, perché il suo sguardo era troppo ipnotizzante e non sarebbe riuscita a distoglierlo neanche se avesse voluto.
Poi le afferrò le mani, intrecciò le loro dita e le portò sopra la testa di Eileen, le labbra tremanti e gli occhi improvvisamente titubanti.
Le baciò la punta del naso e schiacciò ancora di più il corpo contro il suo, facendola rabbrividire dal piacere e chiudere inevitabilmente gli occhi.
E poi Eileen lo sentì, proprio , pronto per farla sua, e un panico strisciante si impossessò di lei facendola irrigidire del tutto. Niall se ne accorse e si bloccò, trattenendosi a stento.
«Aspetta, aspetta, aspetta!» esclamò Eileen spalancando gli occhi e sciogliendo la presa delle mani di Niall per gesticolare animatamente.
Niall buttò fuori il fiato che stava trattenendo con uno sbuffo rumoroso, poggiandosi sui gomiti per guardare Eileen in faccia, senza spostarsi però di un millimetro dal suo corpo, posizione che stava portando entrambi al limite della sopportazione.
«Volevo dirti che “Stronzo” non va bene come soprannome, dobbiamo trovarne un altro», biascicò confusa Eileen, gli occhi persi in quelli di Niall che si spalancarono increduli a sentire quella frase. Ci mise un po’ a trovare il senso di quella frase, poi quando ricollegò le sue parole al loro litigio e a quello che Eileen gli aveva urlato contro prima di andarsene, respirò tra i denti e portò i loro nasi a sfiorarsi, cercando di trasmetterle con lo sguardo quello che stava pensando in quel momento.
«Eileen, non offenderti, ma non mi sembra il caso di parlarne adesso», sibilò con un filo di voce. Eileen scosse la testa e gli carezzò velocemente il viso, osservandolo mentre chiudeva gli occhi e piegava la testa all’indietro.
«Invece si, non voglio che tu pensi che io penso che tu sei uno stronzo», continuò lei dandosi dell’idiota per il fatto che non riuscisse a stare zitta e godersi a pieno quell’ancora piccolo contatto con Niall.
«Cookie», mormorò lui premendosi ancora di più contro di lei e facendola innervosire ancora di più.
Le si chiuse la gola e le mancò il respiro, troppo spaventata da quello che sarebbe successo dopo.
In quel momento il suo cervello sembrava come se avesse espulso tutto ciò che Niall le aveva dimostrato da quando si erano conosciuti e la paura che lui potesse comportarsi come Frankie le chiuse completamente lo stomaco.
«Perché non lo sei, davvero! E non lo pensavo quando te l’ho detto», continuò con voce stridula, le dita a stringere convulsamente i suoi capelli, come se non riuscisse a smettere di parlare. Niall alzò gli occhi al cielo e gli tremarono le labbra.
«Eileen.»
«Sul serio, devo trovare un soprannome, perché è una cosa carina, e nostra, e…»
«Cookie, chiudi quella bocca», la interruppe lui, la voce decisa e una mano a cingerle dolcemente il viso.
«Ma io…», ci riprovò lei. Niall non le diede modo di dire nient’altro, perché le chiuse le labbra con le sue, zittendola con un bacio dolcissimo che ebbe il potere di tranquillizzarla quasi del tutto.
«Guardami», mormorò dopo un po’ lui costringendola ad aprire gli occhi che si erano chiusi automaticamente al contatto con le sue labbra.
«Respira», sussurrò ancora per schioccarle un altro bacio a labbra appena dischiuse.
«Lasciati andare», altro bacio, questa volta sul mento.
«Sono io», le disse accennando un sorriso che lei ricambiò al volo.
«E non sei uno stronzo», ribadì Eileen facendolo scoppiare in una meravigliosa risata.
«No.»
Eileen chiuse di nuovo gli occhi e lui le carezzò dolcemente la guancia, infilando poi la mano tra i suoi ricci, mentre con l'altra si sorreggeva per non pesarle troppo.
«Ehi, guardami», le bisbigliò, «Siamo noi, io e te, non pensare a nient’altro.»
Eileen annuì, Niall le sorrise, la baciò, e poi successe. La fece sua, entrò dentro di lei con una dolcezza, ma allo stesso tempo forza, disarmante.
Eileen lo sentì fino al centro del suo corpo e l’amore che le esplose dentro fu indescrivibile.
Piegò la testa all’indietro e Niall le baciò la gola, cominciando a muoversi con lei, in lei, facendole dimenticare persino il suo nome.
Eileen assecondò tutti i suoi movimenti e si lasciò stringere fino quasi a non respirare più, mentre entrambi provavano nuove sensazioni, travolgenti e dalle quali ormai non potevano più nascondersi.
E il bacio che Niall le diede quando entrambi raggiunsero insieme il piacere, sapeva non se lo sarebbe mai dimenticato.
Rimasero così, ansanti, su quel letto sconosciuto nel quale nessuno aveva ancora mai dormito, in quella casa che non era la loro, in quella città che conoscevano a malapena, tra quei sentimenti che li avevano ormai legati in un modo irreparabile.
E dopo non ci fu nessun scontato “Sei bellissima”, o squallido “Ti è piaciuto?”.
Solo un abbraccio, di quelli che incastrano le costole e dicono più di mille parole.














 

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Capitolo 26
*** I'm here now. ***


 
26. I'm here now.
 
 




Quella mattina Niall si svegliò con le immagini della notte precedente stampate nella testa. Non dubitò nemmeno per mezzo secondo che quello che gli scorreva tra i pensieri come un film fosse successo veramente, perché sentiva ancora il sapore di Eileen sulle sue labbra e il suo viso era sprofondato nel cuscino, dove il profumo di camomilla riempiva l’aria. Non gli servì neanche aprire gli occhi per sorridere e per confermare che sì, Eileen era, finalmente, sua.
Se ci ripensava non si ricordava neanche di come fosse successo, di come da quel divano in cui se ne stavano abbracciati tranquilli fossero finiti a baciarsi contro il muro e a togliersi i vestiti. Ma ricordava ogni singolo respiro di Eileen, ogni singolo contatto tra di loro e ogni singolo secondo in cui erano stati una cosa sola.
E niente sarebbe riuscito a togliergli dalla testa tutto quello, perché quell’amore che aveva provato verso di Eileen in quei momenti, non l’aveva mai provato verso nessuno. Era un sentimento speciale e troppo forte per essere dimenticato o cancellato.
Per questo quando, sempre ad occhi chiusi, allungò una mano per cercare Eileen accanto a lui, si sentì morire trovando il letto vuoto. Aprì gli occhi di scatto e si tirò su a sedere mentre il cuore gli si fermava nel petto e si guardò intorno, trovando la stanza vuota.
Stava per andare nel panico, quando la voce di Eileen, appena dietro la porta della stanza chiusa, lo fece tornare a respirare.
«Giorno, Ry», la sentì bisbigliare, la voce ancora roca segno che era sveglia da poco, e decisamente imbarazzata.
Immaginò il suo viso rosso e i suoi grandi occhi verdi guardare ovunque meno che in quelli del suo amico, che probabilmente la stava fissando con la sua solita espressione malandrina. Trattenne il respiro e tese le orecchie per ascoltare.
«Cos’è successo stanotte?» chiese Riley con voce carica di sottintesi, e Niall si ritrovò a sorridere come un ebete mentre l’immagine di Eileen stretta tra le sue braccia gli invadeva la mente. Sentì un suono strozzato dall’altro lato della porta e si schiaffeggiò per concentrarsi.
«Niente. Perché?» rispose a fatica la voce acuta di Eileen rivelando tutto il suo nervosismo e imbarazzo. Per tutta risposta Riley si mise a ridere.
«Credo che questa sia tua.»
«Grazie», balbettò Eileen e Niall non fece in tempo a chiedersi il senso di quello scambio di battute che la porta della camera si aprì ed Eileen entrò richiudendosela in fretta alle spalle. Non si accorse dello sguardo di Niall su di sé, perché serrò gli occhi e si poggiò contro la porta, tirando un bel respiro profondo.
Quindi Niall ebbe tutto il tempo di osservarla da capo a piedi e di far perdere qualche battito al suo cuore. I capelli ricci erano scomposti, selvaggi, e le ricadevano sul viso; le labbra piene erano leggermente gonfie e le guance deliziosamente arrossate. Indossava la maglietta che lei stessa gli aveva tolto, che le arrivava a metà coscia e tutto il resto delle gambe era scoperto, per la gioia degli occhi di Niall.
Stava guardando i suoi piedini scalzi e ricordando di come si erano intrecciati alle sue gambe quella notte, quando Eileen aprì gli occhi e si accorse di lui.
«Oh», esclamò attirando la sua attenzione, «Sei…sei sveglio», balbettò arrossendo fino alla punta dei capelli.
Niall non mosse un muscolo, mentre lei distoglieva lo sguardo e torturava la maglietta che aveva tra le mani, quella che lui aveva tolto a lei e fatto volare in un punto impreciso del salotto la sera prima.
«Ero andata…ero andata a recuperare questa», lo informò mostrandogli la maglietta sorridendo nervosamente.
«Ieri ce la siamo dimenticati e l’aveva presa in custodia Riley», scoppiò in una risatina mezza isterica e Niall trattenne a stento un sorriso.
«E’ per questo che ho preso in prestito la tua», continuò indicandosi incerta.
«Scusa, avrei dovuto chiedertelo, ma dormivi così bene, e non potevo uscire senza. Insomma, non che Riley non mi abbia mai vista ma…ma mi sembrava brutto, credo. Voglio dire, non è casa mia e…» la sua parlantina nervosa e veloce si affievolì fino a fermarsi, nel frattempo che Niall senza dire una parola scostava il lenzuolo e si alzava dal letto.
Tenne gli occhi fissi in quelli di Eileen e la vide deglutire a fatica, mentre il suo respiro si faceva più pesante. Non si preoccupò di avere solo un paio di boxer addosso, le andò incontro e le tolse quella maglietta di mano, lanciandola sul letto dietro di sé.
Eileen trattenne il respiro e lui distolse gli occhi dai suoi solo per fissare lo sguardo sulle sue labbra, appena un secondo prima di poggiarci le sue. Appena ci fu quel contatto, tutto si accese di nuovo e Niall la afferrò per la vita e la spinse contro la porta per approfondire il bacio e per sentirla ancora più vicina. Eileen mugolò qualcosa sulle sue labbra ma ovviamente non si oppose al bacio e gli circondò il collo con le braccia. Quasi dotate di vita propria le mani di Niall afferrarono l’orlo della maglietta, e la tirarono su, per posarsi sulla pelle calda dei suoi fianchi. Eileen si staccò dalle labbra di Niall per respirare e allora lui poggiò la fronte sulla sua e le sorrise.
«Buongiorno», mormorò strofinando il naso contro il suo. Eileen sorrise e sbatté più volte le palpebre, alzandosi sulle punte dei piedi per lasciargli un altro bacio leggero. «Buongiorno», gli disse poi contro il suo sorriso.
«Mi piace come ti sta la mia maglietta», la informò Niall ritirando le mani da sotto di essa. Eileen arrossì mentre Niall risistemava l’orlo sulle sue cosce, per coprirla.
«Oh.»
«Quindi smettila di scusarti per avermela rubata», continuò Niall sorridendo e allontanandosi di un passo.
«Okay.»
«Scusati piuttosto per avermi fatto svegliare da solo», la accusò poi con espressione fintamente offesa allontanandosi del tutto e incrociando le braccia al petto. Con la coda dell’occhio la vide agitarsi, sbarrare gli occhi e boccheggiare per qualche secondo.
«Oh, mi…mi dispiace, scusa», balbettò gesticolando frettolosamente.
Niall la guardò per mezzo secondo, poi scoppiò a ridere scuotendo la testa. Eileen si rilassò e le scappò un sorriso.
«Tranquilla, puoi sempre rimediare gesticolando, affermò Niall guardandola alzando le sopracciglia. Eileen ricambiò l’occhiata e incrociò le braccia al petto, facendo una piccola smorfia per trattenere un sorriso.
«Come?»
Niall si sentì andare a fuoco sotto quello sguardo di sfida e dovette stringere i pugni per non afferrarla e baciarla seduta stante. Si limitò a guardarla e, con una sfacciataggine che non sapeva di avere, si passò la lingua sulle labbra, incatenando gli occhi con i suoi. La vide trattenere il respiro e arrossire, poi si mordicchiò il labbro inferiore, perché aveva perfettamente capito cosa stava passando per la mente di Niall.
Lui però non si mosse, aspettando che fosse lei a farlo. Non ci volle molto tempo perché lei sospirasse sconfitta, gli lanciasse un’occhiataccia, e facesse un passo verso di lui. Niall sorrise automaticamente e, mentre ancora aveva le braccia incrociate al petto e aspettava, Eileen fece due passi veloci e si buttò contro di lui, incollando le loro labbra e sorprendendolo del tutto.
Niall fece qualche passo indietro riuscendo a malapena a non perdere l’equilibrio e la afferrò per i fianchi per tenere in piedi anche lei, ovviamente senza interrompere quel bacio quasi famelico.
«Sto morendo di fame», ansimò Niall sulle sue labbra quando si staccarono per riprendere fiato. Eileen gli tirò il labbro tra i denti e infilò le mani tra i suoi capelli.
«Andiamo a fare colazione», rispose anche lei con il fiato corto. Niall annuì, ma la baciò di nuovo, assaporando il suo sapore dolce e stringendola a sé più forte.
«Sì, andiamo a fare colazione», riuscì a mormorare prima che lei tornasse a baciarlo, sorridendo contro le sue labbra. Poi gli carezzò le guance e si staccò tenendo gli occhi chiusi. Niall le sorrise e le baciò la punta del naso, costringendosi ad allentare la presa sui suoi fianchi.
«Riley non mi sparerà, vero?» chiese con un filino di preoccupazione nella voce. Eileen scoppiò a ridere e sciolse l’abbraccio, prendendolo per mano.
«No. Ma ci metterà così tanto in imbarazzo che, credimi, preferiresti un colpo dritto in testa piuttosto che starlo a sentire», gli disse roteando gli occhi al cielo e aprendo la porta della stanza. Niall sorrise.
«Penso di poter sopravvivere a qualche presa in giro», le assicurò intrecciando le loro dita e stringendo forte.
 
 
Niall, nonostante non ci avesse mai pensato da quando avevano messo piede sul treno che li avrebbe portati a Dublino, sapeva che prima o poi tutto quell’idillio sarebbe finito.
Era consapevole del fatto che molto presto avrebbero dovuto riprendere il treno, tornare a Mullingar e lasciarsi alle spalle quei due giorni felici, in cui erano stati solo loro senza niente o nessuno a disturbarli. Sapeva che sarebbero tornati alle loro vite normali, Eileen al suo lavoro, lui alla sua piccola vacanza, ma nonostante questo, quando quella sera scesero dal treno e trovarono Denise ad aspettarli alla stazione, nessuna malinconia lo avvolse perché la sua mano era stretta in quella di Eileen e aveva la consapevolezza che sarebbero tornati alla loro vita di prima, ma qualcosa era cambiato tra di loro, il loro rapporto era stato in qualche modo definito, e Niall non aveva più paura.
Le strinse la mano e le sorrise quando lei si voltò verso di lui, poi un urletto eccitato fece voltare tutti i presenti e Niall sospirò divertito quando vide Denise accanto alla sua macchina, con le mani sulle guance e gli occhi quasi a cuoricino. Niall strinse di nuovo la mano di Eileen e «Prepariamoci ai fuochi d’artificio», le sussurrò all’orecchio facendola ridacchiare.
Poi Denise corse verso di loro, ed Eileen non ebbe il tempo di rispondere perché se la ritrovò davanti, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
«Denise, ti pre…», cominciò Niall già vagamente esasperato, ma lo squittio della cognata lo interruppe.
«Ommiodio lo sapevo, lo sapevo! Niall!» urlò dandogli un pugno sulla spalla, «Perché non ti è venuto in mente prima di portarla a Dublino, se sapevi che questo», disse indicando le loro mani unite, «…sarebbe stato il risultato!?»
Niall lasciò la mano di Eileen per coprirsi il volto, imbarazzato da tutta quella scena, ed Eileen ridacchiò, prendendo Denise sottobraccio cercando di farla ragionare.
«Denise, ci stanno guardando tutti. Non puoi rimandare il tuo sclero da fan girl a quando sarai a casa?» le bisbigliò all’orecchio trascinandola verso la macchina.
Niall sospirò e le seguì, calandosi imbarazzato il cappellino sulla testa, sperando che smettessero di guardarli e che soprattutto nessuno lo riconoscesse. Non aveva pensato neanche a quello, quando era sceso dal treno mano nella mano con Eileen; se qualcuno lo avesse riconosciuto e avesse scattato anche solo una foto, lo scoop si sarebbe espanso in tutto il mondo in un battito di ciglia e tutti sarebbero venuti a sapere che il cantante Niall Horan aveva una nuova ragazza.
E da lì sarebbe stato un inferno. Non che l’idea di farsi vedere con Eileen gli desse fastidio, anzi sarebbe stato più che felice di far sapere al mondo intero che lei era sua e che finalmente aveva trovato quello che tutti quanti cercano.
Ma sapeva che il suo mondo era difficile, che le sue fan erano difficili, e non voleva rovinare quello che c’era con Eileen a causa di voci, insulti, minacce.
Eileen era troppo buona, troppo ingenua, troppo piccola, troppo sua, per subire tutto il marcio che c’era nel suo mondo.
Per questo, al momento, preferiva che le cose rimanessero nascoste, che lui per le sue piccole fan rimanesse l’unico single della band che non le aveva ancora deluse.
«Come posso non essere così felice?» squittì Denise mentre Niall caricava i bagagli in macchina e saliva al posto del guidatore, lasciando Denise ai suoi festeggiamenti sul sedile posteriore.
«Denise per favore, è imbarazzante», le disse arrossendo e guardando ovunque tranne che verso di Eileen, che immaginava in quel momento stesse sorridendo fissandolo divertita. «Normalmente una persona che ne aspetta un’altra alla stazione, appena la vede le chiede com’è andato il viaggio, se è stanca, se sta bene…»
«Ma tu stai più che bene!» lo interruppe Denise ignorando bellamente la sua voce scocciata ed esasperata. Niall sbuffò e sentì Eileen ridacchiare, seduta accanto a lui in macchina. Si voltò per un secondo verso di lei per lanciarle un’occhiata di scuse, poi il viso di Denise spuntò tra i due sedili, e Niall si tirò indietro di scatto, spaventato.
«Allora, raccontatemi cosa è successo», squittì di nuovo alternando lo sguardo tra i due. Niall sbruffò e la ignorò, mettendo in moto ed uscendo dal parcheggio della stazione, allora Denise si concentrò su Eileen, che arrossì e si schiarì la voce.
«Senti, in questi giorni mi avete fatta impazzire: torno dal viaggio con Greg e vi trovo a scannarvi, poi Niall se ne va e tu ti trasformi in un morto che cammina. Poi Niall torna e ti porta via per due giorni, senza spiegarmi niente. Ed io ero rimasta al vostro litigio e al fatto che non vi parlavate più! Poi Niall mi chiama e mi dice che state tornando con il treno, e quando scendete vi tenete per mano! Ti rendi conto?! Capisci che potrei essere leggermente confusa?». Denise spiattellò tutti i suoi pensieri in meno di un minuto, parlando senza prendere fiato e fissando Eileen che nel frattempo non sapeva se scoppiare a ridere, o prenderla sul serio, o fare qualsiasi altra cosa.
Poi Niall sbruffò, per l’ennesima volta, ed Eileen si perse a guardare il suo cipiglio frustrato e le sue labbra arricciate. Sorrise automaticamente, allora Denise sventolò una mano davanti alla sua faccia richiamando la sua attenzione.
«Insomma, adesso ti metti anche a fissarlo con quegli occhi così…così…innamorati!» sospirò, portandosi le mani alle guance e sorridendo soddisfatta.
Niall tossì, strozzandosi con la sua stessa saliva e sentendo il cuore schizzargli in gola a quella parola. Spostò immediatamente gli occhi su Eileen, che era arrossita dalla testa ai piedi e boccheggiava senza sapere cosa dire, allora decise di salvarla.
«Denise, perché non ti fai gli affari tuoi?» chiese sforzandosi di mantenere un tono di voce leggero e delicato. Denise si voltò verso di lui e corrugò le sopracciglia.
«Non puoi pretendere che io non sia curiosa, stiamo parlando della baby sitter di mio figlio e di te», borbottò tirandosi indietro e sedendosi con le braccia incrociate al petto, apparentemente offesa. Niall roteò gli occhi al cielo e Eileen si sistemò meglio sul sedile, evitando di voltarsi verso di lui, o di Denise, tenendo gli occhi puntati fuori dal finestrino, pensierosa.
Niall sospirò, lanciò un’occhiata a Denise dallo specchietto, e la trovò a fissarlo con le sopracciglia corrugate e una smorfia sulle labbra; sembrava una bambina offesa che faceva i capricci. Ridacchiò sotto i baffi e Denise gli mimò con le labbra un «Ne parliamo dopo» che non prometteva niente di buono.
«Okay», esordì poi tirandosi di nuovo avanti, «Non volete parlarmi di cosa succede tra voi, ma almeno ditemi che cosa avete fatto in questi due giorni», li esortò ritrovando il sorriso. Niall scosse la testa, incredulo di come Denise sembrasse davvero una ragazzina in quei momenti: quando era con Dylan, o al lavoro, non c’era donna più matura e responsabile di lei. Ma appena si rilassava un attimo e non aveva niente di cui preoccuparsi, ritornava ad essere una sedicenne costantemente eccitata, assetata di gossip a cui non piaceva far altro che spettegolare.
«Siamo andati a Dublino», interruppe i suoi pensieri Eileen con un tono di voce forzatamente rilassato. Niall le lanciò un’occhiata veloce e la vide torcersi le mani nervosamente.
«Abbiamo passeggiato per la città e incontrato il mio amico Riley, che ci ha ospitati a casa sua», continuò riassumendo brevemente la loro piccola gita.
«Oh», mormorò Denise ritirandosi indietro apparentemente delusa, «Pensavo aveste fatto qualcosa di più divertente. Avete ucciso tutto il mio entusiasmo», li accusò incrociando di nuovo le braccia al petto. Niall a quel punto scoppiò a ridere e vide con la coda dell’occhio Eileen voltarsi verso di lui e fissarlo come meravigliata.
«Abbiamo corso sotto il temporale più forte di tutta l’estate e ci siamo zuppati dalla testa ai piedi, questo è abbastanza entusiasmante?» la prese in giro guardandola dallo specchietto. Lei gli lanciò un’occhiataccia.
«Molto spiritoso», grugnì. Eileen ridacchiò e scosse la testa divertita.
«Ti porto a casa, così ti libero da questa palla al piede», le disse Niall svoltando nella strada che portava a casa di Eileen. Lei annuì e gli sorrise un po’ tristemente.
Lui la guardò e capì al volo cosa c’era che non andava, la stessa sensazione che gli opprimeva il cuore: nostalgia.
Erano ancora nella stessa macchina, a pochi centimetri l’uno dall’altra, ma già sentivano reciprocamente la loro mancanza. Niall sospirò e allungò furtivamente una mano per prendere la sua.
Sapeva che Denise, anche se finalmente aveva deciso di lasciarli in pace, stava osservando ogni loro singola mossa o semplice sguardo, e sapeva che una volta rimasti soli l’avrebbe bombardato di domande e accuse, ma in quel momento non gli interessava, aveva bisogno di sentire il contatto con Eileen, anche se piccolo, anche se decisamente non abbastanza per farlo sentire meglio. Quando lui le prese la mano, lei sollevò lo sguardo di scatto verso di lui e arrossì, intrecciando le loro dita.
Denise si lasciò scappare un «Ohw» sottovoce che ignorarono entrambi, poi Niall rallentò e accostò accanto al vialetto della casa di Eileen. Ad entrambi scappò un sospiro un po’ sconsolato e di conseguenza si scambiarono un sorriso che voleva dire: “Non voglio che tu scenda da questa macchina” e “Non voglio scendere da questa macchina”.
«Beh…grazie del passaggio», esordì Eileen impacciata sciogliendo le loro mani e sorridendogli appena. Si voltò per salutare Denise con un gesto e poi aprì lo sportello.
«E grazie per questi due giorni, davvero», concluse questa volta sorridendogli davvero e voltandosi per scendere dalla macchina.
«Ci sentiamo dopo?» chiese Niall bloccandola con voce quasi ansiosa. Lei si voltò di nuovo verso di lui e gli fece un sorriso che lo fece rilassare all’istante.
«Certo.»
«Okay.»
Si sorrisero di nuovo ed Eileen scese finalmente dalla macchina, chiuse lo sportello ma la voce di Denise la bloccò di nuovo.
«Leen aspetta!» la chiamò sporgendosi in avanti. Niall abbassò il finestrino ed Eileen si aggrappò allo sportello, «Scusa se te lo chiedo, ma domani dovrei tornare al lavoro, dato che in questi giorni non ci sono stata per ovvi motivi», cominciò Denise lanciandole un’occhiata carica di sottintesi. Niall si batté una mano sulla fronte, imbarazzato dalla sfacciataggine di Denise.
«Quindi potresti venire? Non mi fido a lasciare Dylan con Niall», continuò questa ignorandolo.
«Ehi!» protestò il diretto interessato leggendo una leggera sfiducia tra le parole di Denise. Lei gli lanciò un’occhiata innocente ed Eileen scoppiò a ridere.
«Certo, Denise, nessun problema», la tranquillizzò.
«Perfetto, buonanotte!» esclamò ritirandosi indietro. Eileen ridacchiò e poi lanciò un’occhiata a Niall talmente intensa che lo fece arrossire.
«Notte», bisbigliò. Niall deglutì a vuoto e gli tremarono le labbra.
«Ciao», mimò senza voce, la gola improvvisamente secca. Lei gli sorrise, prese il borsone dal cofano e si avviò verso la casa.
Niall la seguì con lo sguardo finché non si chiuse la porta alle spalle, a quel punto Denise gli mollò una pacca sulla nuca che lo riportò alla realtà. Le lanciò un’occhiataccia e ripartì, grugnendo infastidito.
Sapeva che Denise non l’avrebbe lasciato in pace, per questo non fu molto sorpreso quando quella si tirò avanti fino a poggiare il mento sulla spalliera del suo sedile per lanciargli un’occhiata quasi sadica.
Niall ringraziò che per guidare dovesse tenere gli occhi puntati sulla strada, perché in quel momento incrociare lo sguardo di Denise l’avrebbe fatto sciogliere dall’imbarazzo. Ma purtroppo non c’era modo di sfuggire a quello che sapeva sarebbe stato un interrogatorio con i fiocchi, e quindi non si stupì quando Denise gli bisbigliò all’orecchio «Adesso io e te facciamo due chiacchiere» con voce vagamente minacciosa.
Sospirò e, sconfitto, si preparò all’ondata di domande che sarebbe uscita dalla bocca di Denise.
Quando arrivarono finalmente a casa, Denise sembrava soddisfatta dalle risposte esaustive che le aveva rifilato Niall, e lui si sentiva più leggero perché confessarsi con qualcuno lo faceva sentire meglio e sapere che qualcun altro sapeva cosa provava gli faceva sembrare che i suoi sentimenti fossero più reali.
E poi, raccontando a Denise quello che era successo faceva sì che ripensandoci non gli sarebbe venuto il dubbio che si fosse immaginato tutto. Ovviamente non aveva raccontato a Denise proprio tutto, c’erano cose che sarebbero rimaste private, cose solo tra lui ed Eileen. Ma aveva messo in chiaro, più a se stesso che al suo confessore, che quello che provava per quella ragazza se non era amore gli si avvicinava parecchio.
E lo avrebbe detto anche a lei, sicuramente, prima o poi.
Quando finalmente si buttò sul suo letto, dopo aver sopportato le urla entusiaste di Dylan e aver giocato con lui con le costruzioni per farsi perdonare della sua prolungata assenza, sentì tutta la stanchezza che aveva represso venire a galla, costringendolo a chiudere gli occhi, ancora vestito e con il cellulare abbandonato sulla pancia.
Voleva chiamarla, o mandarle un messaggio. Voleva augurarle la buonanotte e dirle che già gli mancava e che non sarebbe stato facile addormentarsi senza lei stretta tra le braccia e senza i suoi piedi gelati sulle gambe. Le voleva dire che già si era abituato a lei, alla sua presenza, e che non poteva farne più a meno. Ma era troppo stanco anche solo per muovere un muscolo e gli ci vollero circa dieci secondi per scivolare nel dormiveglia. Probabilmente se fossero passati altri dieci secondi si sarebbe addormentato del tutto, ma il telefono che aveva poggiato sulla pancia vibrò improvvisamente, facendolo sedere di scatto dallo spavento.
Si stropicciò gli occhi, con la vista annebbiata sbloccò il telefono e quando riconobbe il numero di Eileen sullo schermo il suo cuore fece un balzo svegliandolo del tutto. Con impazienza e il cuore a mille aprì il messaggio, curioso di sapere cosa gli avesse scritto e pateticamente felice del fatto che lei avesse pensato a lui, ma trovò il messaggio completamente vuoto. Corrugò le sopracciglia confuso, e milioni di domande cominciarono a ronzargli per la testa, però prima che una di queste potesse formarsi e arrivare al cervello, premette il tasto di chiamata e si portò il telefono all’orecchio.
Eileen rispose dopo tre squilli, e la prima cosa che Niall sentì fu uno strano trambusto, poi la sua voce bassa che diceva solamente «Niall», seguita da un singhiozzo, e poi cadde la linea.
Niall andò immediatamente nel panico, fissò il telefono come se quello potesse dargli spiegazioni, sentì la voce di Eileen spezzata, quasi dolorante e terrorizzata rimbombargli nelle orecchie, e ci mise tre secondi a scattare.
Si alzò in fretta e mentre si infilava le scarpe saltellando, la richiamò. Il telefono però squillava a vuoto, e lui schizzò fuori dalla stanza, il cuore a mille e lo stomaco contorto dalla preoccupazione.
Non sapeva perché fosse così agitato, niente gli diceva che qualcosa di brutto stesse succedendo, ma sentiva dentro di sé come un campanellino che gli diceva che Eileen era in pericolo e che lui doveva correre da lei.
Continuò a chiamarla lasciando squillare il telefono finché non si attaccava la segreteria, e nel frattempo scese le scale due a due, rischiando di travolgere Greg che saliva tenendo in braccio Dylan addormentato.
«Ehi!» esclamò sorpreso, scansandosi appena prima di essere travolto dal fratello.
«Niall, che diavolo succede?!» gli urlò dietro quando notò il suo viso pallido e il suo sguardo preoccupato. Dylan si svegliò e schiaffeggiò la spalla del papà.
«Io dormivo», piagnucolò stropicciandosi gli occhi con le manine. Niall però era troppo terrorizzato per accorgersi di quello che accadeva intorno a lui, così quando si trovò Denise davanti, la afferrò per le spalle e la guardò dritto negli occhi.
«Mi servono le chiavi della macchina», le disse continuando a far squillare il telefono al quale però non rispondeva nessuno.
«Che sta succedendo?» chiese Denise sbiancando. Niall la scosse, cercando di farle capire che non c’era tempo per parlare.
«Denise, ho bisogno di quelle fottute chiavi», quasi urlò in preda al panico. Denise sprofondò nella preoccupazione e corse verso la borsa abbandonata sul divano dalla quale tirò fuori le chiavi della macchina. Gliele lanciò e Niall provò ad afferrarle al volo, ma le mani gli tremavano, quindi caddero a terra con un tonfo.
«Niall cosa diavolo sta succedendo?» gli chiese di nuovo Denise, mentre quello si affrettava a raccoglierle e a correre verso la porta.
«Non lo so!» urlò sentendo l’adrenalina scorrergli nelle vene, «Non lo so, devo andare da Eileen», mormorò quasi tra sé e sé sbattendosi la porta di casa alle spalle.
Con il telefono sempre attaccato all’orecchio che squillava a vuoto, salì in macchina e uscì sgommando dal vialetto.
Ci volevano almeno dieci minuti per arrivare a casa di Eileen, Niall ce ne mise quattro per come schizzò sulla strada, fortunatamente per lui vuota, ignorando i semafori rossi e non rispondendo più delle sue azioni.
Se ci avesse pensato a mente fredda, si sarebbe dato dello psicopatico per quella reazione così esagerata, ma lui si fidava delle sue sensazioni, e la voce sommessa di Eileen era stata abbastanza per farlo andare nel panico.
Capendo che continuare a chiamare era inutile, lanciò il telefono sul sedile della macchina ed inchiodò sul vialetto di Eileen, saltando giù e facendo a malapena caso al fatto che la macchina del padre che era parcheggiata quando l’aveva accompagnata a casa, in quel momento era sparita. Praticamente corse fino alla porta e bussò con tutta la forza che aveva nelle braccia, forse pensando di buttarla giù, per quanto era nervoso.
«Eileen!» chiamò continuando a bussare. Nessuna risposta, Niall sentiva il cuore sprofondargli sempre di più nel petto e la gola chiusa.
Non sapeva gestire molto bene gli attacchi di panico, gli era capitato di averne qualcuno prima di un concerto, o bloccato in una folla, ma c’erano sempre stati i suoi amici che l’avevano aiutato a tranquillizzarsi e a riprendere il controllo. E in quei casi il panico era dovuto al suo soffrire di claustrofobia, al non sopportare gli spazi chiusi e stretti.
Ma quella volta si trattava di tutt’altro, e non poteva permettersi di perdere la testa perché non c’era nessuno ad aiutarlo ed Eileen aveva bisogno di lui.
Quindi prese due, tre, cinque respiri profondi e ricominciò a bussare. Sentì qualche rumore, come uno strusciare a terra dall’altro lato della porta e bussò più forte, senza preoccuparsi di far preoccupare qualche vicino.
«Eileen!» chiamò ancora praticamente urlando. Tese le orecchie e sentì un tonfo accanto alla porta.
«Niall», sussurrò Eileen con voce strozzata, in un sussurro così flebile che se Niall non fosse stato praticamente incollato alla porta non avrebbe mai sentito. Gli scappò un sospiro di sollievo e poggiò entrambe le mani sul legno freddo.
«Eileen! Apri per favore, mi sto preoccupando», le disse leggermente più tranquillo. Ma poi la sentì singhiozzare e il panico strisciò di nuovo verso di lui. Sbatté i pugni sulla porta.
«Cookie, ti prego», la implorò sentendo le lacrime salirgli agli occhi dal nervoso. Poggiò l’orecchio sulla porta e sentì di nuovo strisciare.
«Le chiavi…nel vaso sul…davanzale», bisbigliò Eileen prendendo fiato ad ogni parola, come se facesse fatica a respirare.
Niall schizzò come una molla e cercò le chiavi nel vaso. Quando le trovò gli tremavano talmente tanto le mani che faticava a tenerle e ci mise qualche secondo di troppo ad infilarle nella toppa e a cercare di farle girare per aprire.
Quando spalancò la porta per poco non inciampò in Eileen e sentì la testa girargli quando la vide a terra, seduta con la schiena poggiata contro il muro e le gambe abbandonate mollemente avanti a sé.
Si premeva una mano sul fianco e aveva un rivolo di sangue che gli colava sulla fronte, la guancia arrossata e gli occhi serrati. Respirava a malapena e ad ogni alzarsi del petto tremava e si mordeva le labbra sofferente. Niall rimase immobile a fissarla per tre secondi, la testa che gli pulsava e i muscoli completamente bloccati, poi Eileen aprì gli occhi, pieni di lacrime, e Niall tornò a respirare.
Si buttò accanto a lei, in ginocchio, e fece per sfiorarla ma non sapeva dove toccarla, cosa fare.
«Eileen», sussurrò guardandosi freneticamente intorno, notando i vetri rotti di bottiglia accanto a lei, alcuni mobili spostati, il borsone che aveva portato a Dublino abbandonato vicino alle scale. Un mugolio dolorante attirò la sua attenzione e tornò a guardare Eileen, gli occhi chiusi e la mano premuta più forte sul fianco, come se potesse bloccare il dolore che provava.
«Eileen cosa…?» le sussurrò sfiorandole la testa. Lei aprì piano gli occhi e liberò le labbra dalla morsa dei suoi denti lasciandosi uscire un lamento.
«Mark», soffiò respirando a fatica, «Lui…lui ha perso la testa, quando sono…rientrata», tentò di spiegare tra i sospiri. Niall sbarrò gli occhi e si impose di rimanere concentrato, anche se non voleva credere a quello che gli stava dicendo.
«Mio Dio», gemette sfiorando la guancia contusa di Eileen. Lei chiuse gli occhi e le sfuggì qualche lacrima.
«Ti porto al pronto soccorso», le disse afferrandola con delicatezza per le spalle e aiutandola a tirarsi su. Lei scosse la testa, lasciandosi aiutare.
«No, no!», si oppose premendosi la mano sul fianco e respirando profondamente.
«Cristo Santo Eileen, respiri a malapena!» si agitò Niall cercando di afferrarla senza farle male. Sbiancò quando notò il principio di lividi sul suo collo e una piccola ferita appena sopra alla tempia, in corrispondenza dell’attaccatura dei capelli.
«No, sto…bene. Sto bene», protestò di nuovo lei lasciandosi però sfuggire un altro lamento quando Niall le passò un braccio intorno alla schiena. Osservò la mano che lei si premeva sul fianco e sentì le gambe cedere. Si impose di rimanere calmo perché Eileen aveva bisogno di lui, non poteva permettersi di andare nel panico.
«Potresti avere qualche costola incrinata, ti sanguina la testa, quel figlio di... Eileen devo portarti al pronto soccorso», le disse ancora prendendola in braccio. Eileen scosse la testa e cominciò a singhiozzare, aggrappandosi con le braccia intorno al suo collo.
«No, no. Io non vado da nessuna parte.»
«Tu non ci resti dentro questa casa!» quasi urlò Niall, per pentirsene l’istante dopo quando gli occhi terrorizzati di Eileen si posarono su di lui.
«Non urlare, ti prego. Per favore», lo implorò mentre le lacrime continuavano a bagnarle le guance. Niall la guardò e prese un bel respiro.
«Scusa, scusa. Andiamo via, prima che torni, ti porto…»
«No», si oppose flebilmente Eileen. Niall le lanciò un’occhiata rassicurante e uscì di casa con lei tra le braccia.
«A casa. Ti porto a casa e mi occuperò io di te», si arrese sospirando. Lei annuì e intrufolò il viso nell’incavo del suo collo, lasciandosi portare via e piangendo in silenzio.
Con delicatezza la fece salire in macchina, le allacciò la cintura e poi tornò in casa per prendere al volo il borsone ancora intatto che aveva portato a Dublino, poi chiuse a chiave la porta e tornò correndo in macchina. Mise in moto e si allontanò il più in fretta possibile da quel posto, cercando sempre di mantenere la calma e di concentrarsi sul respiro affannato di Eileen. Al primo semaforo rosso, chiuse gli occhi e prese un bel respiro, passandosi le mani tra i capelli.
«Eileen», la chiamò piano. Tese le orecchie e trattenne il respiro.
«Mh?»
Buttò fuori l’aria e riaprì gli occhi, tamburellando le dita nervosamente sul volante.
«Cosa è successo esattamente?» si costrinse a chiedere, anche se non era sicuro che volesse saperlo davvero.
Eileen si spostò sul sedile e le sfuggì un mugolio di dolore che gli fece attorcigliare lo stomaco.
Il semaforo tornò verde e lui ripartì, mentre Eileen rispondeva alla sua domanda. Poteva sentire dal suo tono di voce tremolante che stava piangendo e la rabbia lo travolse, costringendolo a stringere il volante talmente forte da fargli diventare bianche le nocche delle mani.
«Mark», cominciò con un bisbiglio, «Era ubriaco, perché l’hanno licenziato, e io sono stata via due giorni senza dirgli niente». Prese un respiro profondo ma non riuscì più a trattenere i singhiozzi. «Sono sparita senza preavviso e senza motivo. Era arrabbiato, e ho urlato di nuovo. E’ colpa mia, dovevo solo scusarmi, lasciarlo sfogare, non dovevo ribellarmi», continuò tra le lacrime, respirando a fatica e parlando in modo quasi incomprensibile.
Niall sentì il cuore accartocciarsi in fondo al petto e si sentì impotente, non sapeva cosa fare, cosa dire, non riusciva neanche a comprendere quanto potesse essere grande e forte il dolore che stava provando Eileen.
«Scusa, scusami», disse poi tirando su con il naso, «Scusami», ripeté ancora fino a perdere la voce cercando di trattenere le lacrime. Niall accostò davanti casa e si voltò verso di lei. «Perché ti stai scusando, Cookie?» le chiese incredulo.
Lei lo guardò con gli occhi gonfi, le guance arrossate sotto i lividi che cominciavano a comparire, si asciugò le lacrime con le mani e scrollò le spalle, per poi fare una smorfia di dolore a quel movimento azzardato.
«Perché è colpa mia, è tutta colpa mia e non devo neanche provare a sentirmi la vittima di tutto questo», singhiozzò coprendosi il viso con le mani.
Niall non era stupido, aveva capito che ciò che usciva dalle labbra di Eileen non era quello che pensava veramente, ma qualcosa che qualcun altro le aveva inculcato nella testa.
Per questo la rabbia che provò in quel momento quasi lo soffocò: perché quell’uomo stava rovinando Eileen, stava gettando delle ombre sul buono che c’era in lei, e lui lo odiava, perché Eileen non meritava tutto lo schifo che stava subendo.
Così scese dalla macchina borbottando un «Non è possibile, io lo ammazzo» dettato dalla rabbia e dal nervoso che gli scorrevano nelle vene, e aprì lo sportello a Eileen, facendole segno di scendere.
Lei scivolò sul sedile verso di lui e scosse la testa, puntando i suoi grandi occhi verdi in quel momento liquidi nei suoi, facendogli fermare il respiro.
«No, Niall, no. Non dire queste cose, ti prego.»
Niall la guardò e non riuscì a mantenere l’espressione dura che sapeva avere sul viso, perché Eileen sembrava così piccola e indifesa che lui avrebbe voluto abbracciarla fino a farla scomparire e nasconderla da tutto quel male.
«Guarda che cosa ti ha fatto», disse con voce strozzata mentre lei a fatica metteva i piedi a terra, ignorando la mano che Niall le aveva teso prontamente.
«E’…è colpa mia», bisbigliò probabilmente ripetendo a voce alta le parole che le ronzavano in testa, le parole di cui si era convinta da sola o per colpa di qualcun altro. «Smettila. Non dirlo neanche per scherzo», la rimproverò Niall tentando di regolare la voce ad un tono delicato, perché non si stava comportando come avrebbe voluto, non la stava consolando come doveva, ma la rabbia era troppo forte per riuscire a contenerla.
Ma poi Eileen tremò sotto il suo sguardo freddo, si strinse le braccia intorno al corpo e legò gli occhi ai suoi.
«Non… non essere arrabbiato», quasi lo pregò e Niall si sciolse completamente dandosi dell’idiota mentalmente e impedendosi di prendersi a schiaffi solo perché avrebbe usato le braccia per fare altro. La guardò, sentendosi prosciugato di tutte le forze, e allargò le braccia piegando le labbra in quello che sperò almeno sembrasse un sorriso rassicurante. «Non lo sono Cookie, non con te», le disse sussurrando. Lei sospirò piano e annuì, indugiando.
Allora Niall allargò ancora di più le braccia e questa volta le sorrise veramente.
«Vieni qui, piccola.»
Eileen non se lo fece ripetere un’altra volta ed eliminò la distanza che c’era tra loro con movimenti attenti e controllati. Poggiò il viso contro il suo collo e Niall la strinse con delicatezza tra le braccia, attento a non farle male, poggiando un bacio tra i suoi capelli.
«Andiamo a casa, ci sono io adesso», le disse. Eileen annuì, si aggrappò al suo collo e lui la sollevò, prendendola in braccio e portandola verso casa.
Eileen intrufolò il viso nell’incavo del suo collo e Niall riuscì a rilassarsi solo con il respiro caldo di Eileen a soffiargli sulla pelle. Rabbrividì e senza fatica aprì la porta di casa, richiudendola poi con il piede e tornando a tenere Eileen con entrambe le braccia, quasi a cullarla.
Non aveva previsto, non ci aveva proprio minimamente pensato, che i problemi non erano finiti, e che in quella casa c’erano altre persone preoccupate dalla sua fuga improvvisa. Infatti, non appena varcò la soglia, si ritrovò Greg e Denise che schizzarono dal salotto verso il corridoio.
«Niall!» tuonò Greg bloccando la sua corsa verso di lui non appena lo vide fermo nel mezzo del corridoio con Eileen tra le braccia. Lei non si mosse, rimanendo con il viso nascosto, e lui capì che non voleva sentire domande, non voleva spiegare niente a nessuno e che l’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era rimanere tranquilla.
Ma sarebbe stato molto difficile sfuggire alla furia Denise che, dopo aver aggirato il marito fermo in mezzo alla stanza, si bloccò anche lei e sbiancò, portandosi una mano sul cuore.
«Oh mio Dio, Eileen!» quasi urlò, la preoccupazione a deformargli il volto.
Niall tentò in tutti i modi di ignorarli, evitando il loro sguardo e avviandosi verso le scale.
«Fatemi passare!» tuonò. Fece qualche passo avanti, ma Greg poi si piazzò tra lui e le scale.
«Cosa diavolo è successo?» gli chiese fissandolo negli occhi.
Niall, stanco, sospirò.
«Greg, fammi passare», gli ordinò, ma risultò quasi come una preghiera. Denise si avvicinò  al marito e, inaspettatamente, poggiò le mani sul suo braccio per tirarlo di lato e lasciar passare Niall.
Lui non aspettò un secondo di più e raggiunse le scale senza dire altro. Avrebbe voluto portare Eileen fin nella stanza senza lasciarla neanche un secondo, perché sapeva che finalmente tra le sue braccia lei si sentiva al sicuro, ma purtroppo non era abbastanza forte e non voleva rischiare di cadere per le scale e fare un disastro. Quindi si fermò, e sfiorò la fronte di Eileen con un bacio per richiamare la sua attenzione.
«Cookie, non riesco a portarti per le scale, ce la fai a camminare?» le sussurrò all’orecchio. Eileen annuì flebilmente e allentò la presa sul suo collo. Niall la mise giù continuando a sorreggerla per i fianchi attento a non toccare il punto che le faceva male e piano salirono le scale e arrivarono nella camera di Niall.
Lui la accompagnò fino al letto e lei senza dire una parola si raggomitolò su di esso, serrando gli occhi e facendo piccoli respiri. Niall la guardò per qualche secondo e per la seconda volta in quella serata sentì le lacrime pungergli gli occhi. Poi sbruffò fuori tutta la tensione e si passò le mani tra i capelli.
«Resta qui, vado…vado a prendere del disinfettante per i tagli», le disse con voce tremolante. Poi si schiarì la gola e si ritrovò due smeraldi lucidi puntati addosso.
«Okay», mimò Eileen con le labbra prima di richiudere gli occhi e trattenere il respiro.
Niall si affrettò ad uscire per evitare di scoppiare davanti a lei e tentò di mantenere il respiro regolare mentre si chiudeva la porta alle spalle. Chiuse gli occhi e si ripeté più volte che non poteva andare nel panico, non poteva distrarsi, non poteva mettere i suoi sentimenti davanti a tutto.
Era riuscito quasi a tranquillizzarsi, quando riaprì gli occhi e si ritrovò di fronte Denise e con la coda dell’occhio vide Greg appena alla fine delle scale, con le braccia incrociate al petto.
Doveva aspettarsi che non l’avrebbero lasciato libero così facilmente. Senza guardarli si diresse in bagno e prese tutto l’occorrente per medicare le ferite di Eileen e per fare il possibile per alleviare il suo dolore, ma quando tornò indietro Denise lo afferrò per il braccio e lo costrinse a fermarsi.
«Niall», lo chiamò guardandolo intensamente, «Cosa le è successo?» chiese con una serietà che strideva con la donna-ragazzina che era stata fino a qualche ora prima.
Niall sentì di nuovo la gola chiudersi e l’aria non circolare più intorno a lui, tutti i suoi tentativi di mantenere la calma mandati all’aria.
Denise lo scosse di nuovo e «Niall», insistette. Lui allora non resistette più e sciolse bruscamente la presa, guardando entrambi e allargando le braccia esasperato.
«Sentite, sono già  fuori di me, Eileen sta male, dovrei mantenere la calma e invece sto per avere un attacco di panico. Lasciatemi. In. Pace.», sibilò voltandosi e scappando praticamente in camera. Guardò Eileen stretta nel suo letto e gli sembrò così minuscola e tenera che si dimenticò di tutto e tutti.
Si focalizzò sull’obiettivo e si concentrò sul fatto che Eileen aveva bisogno di lui, di una persona che le stesse accanto e che la facesse sentire al sicuro.
Lui era lì per quello, a farsi prendere da un attacco di panico ci avrebbe pensato dopo.












Buonasera fanciulle!
Scusate per questo ritardo che sinceramente non avevo previsto, ma dovete sapere che la sfiga in questi ultimi tempi sta diventando la mia migliore amica.
Vi spiego: il mio computer si è rotto, o meglio, è morto senza alcun motivo.
Suicidio, probabilmente.
Perchè da un momento all'altro non si è più acceso.
Il pomeriggio stavo guardando American Horror Story, poi sono uscita, la sera sono rientrata con la voglia di scrivere, ma il computer non si è più acceso.
Probably si è spaventato troppo e ha deciso di non funzionare più per non sorbirsi altre puntate di quella serie che è asdfglo.
Comunque, non sono andata troppo nel panico e ho preso quello di papà, per poi scoprire che ce l'ha con me e che mi ha cancellato il documento su cui stavo scrivendo. Il computer, non papà.
Avevo almeno tre capitoli, più la scaletta e metà capitolo finale scritto.
Andato tutto in fumo, puff, sparito. Come se il computer l'avesse mangiato.
E, credetemi, ho cercato ovunque.
Questo per dirvi che il lavoro di almeno tre mesi è andato a farsi fottere e io sono nella merda perchè non ho capitoli pronti da postare, questo sono riuscita a recuperarlo perchè l'avevo inviato ad una mia amica, e non potete immaginare quanto odio dover riscrivere da capo una cosa che avevo già scritto, riletto e sistemato.
Ho rischiato di sbattere la testa al muro e mettere fine alle mie idee una volta per tutte, ma vabbè.
So che magari non vi interessa, ma volevo mettervi al corrente della mia situazione psicologica, che inoltre è aggravata dalla scuola e dagli esami di maturità di cui i professori ci parlano almeno 234567 volte al minuto.
Anyway ecco quì il capitolo, a non so quando il prossimo.
Ringrazio tutte quelle che seguono la storia e infinitamente le gioie che continuano a recensire, scusate se non rispondo ma non ho un attimo di pace e il computer non è mio quindi riesco a ritagliarmi solo pochi minuti al giorno di libertà.
Dovrò tornare alla scrittura a mano per non perdere troppo tempo.
Adesso me ne vado sul serio.
Spero che il capitolo vi piaccia, recensite please, mi sento sola soletta qui!
Tanto amore,
Sara.

 

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Capitolo 27
*** Tears and pain. ***


Angolo delle scuse:
Dato che sono una personcina per niente per bene, è necessario che faccia questo angolino prima di lasciarvi leggere questo capitolo, sempre che ci sia rimasto qualcuno a farlo.
Allora, prima di tutto mi scuso per il solito ritardo; mi ero promessa di aggiornare con regolarità e di portare a termine questa storia al più presto, anche perchè è passato più di un anno da quando ho pubblicato il primo capitolo e non ci ho mai messo così tanto a finire una storia.
Comunque, fare il quinto anno di liceo, essere una fottuta maturanda, non è così semplice come dicono. E riuscir a far coincidere lo studio, le guide per prendere la patente, la scrittura e, ahimè, lo straccio di vita sociale che sono riuscita a farmi, è praticamente impossibile.
Ovviamente non voglio fare pena a nessuno o giustificarmi, ma vi chiedo scusa se non riesco a pubblicare con regolarità e soprattutto se non rispondo alle poche ragazze che ancora mi seguono (io vi amo sappiatelo, perchè non mi fate sentire completamente abbandonata, quindi tanto amore per voi).
Pooi voglio scusarmi in anticipo per questo capitolo, che vi giuro penso sia il più depresso e pesante che abbia mai scritto. Ma era necessario che lo fosse, perchè ho iniziato questa storia con l'idea di ampliarne ogni particolare, descrivendo ogni situazione in modo accurato.
Ci ho messo molto impegno e ancora ne metterò, finché non arriverà alla conclusione.
Per questo, senza obblighi ma solo sperando che possa farvi piacere, vi chiedo di farmi sapere quanto secondo voi stia facendo bene, o male.
Ho bisogno di saperlo, è importante per me.
Ma non sto puntando la pistola contro nessuno, se avete voglia di commentare/parlare/urlarmi contro/fangirlare o quant'altro, io sono qui.
Tanto amore e buona lettura,
Sara.
 

















27. Tears and pain.
 
 
Quella sera Eileen si era addormentata per sfinimento, dopo aver pianto tutte le lacrime che aveva in corpo, dopo aver rivissuto la scena migliaia di volte fino a consumarla e renderla quasi irreale, dopo aver finito tutte le sue energie tremando e singhiozzando tra le braccia di Niall. A sua discolpa c’era da dire che non si rendeva conto di quello che le stava accadendo attorno, la voce di Niall che le sussurrava parole rassicuranti era solo un debole eco in confronto a quella di Mark che le rimbombava nei timpani e le urlava che era colpa sua, tutta colpa sua. Probabilmente se fosse stata nel pieno delle sue facoltà mentali non avrebbe mai permesso a Niall di portarla via, di trattarla con pietà, non si sarebbe mai lasciata aiutare. Come faceva sempre, e come aveva sempre fatto la madre, si sarebbe rialzata da sola sulle sue gambe e avrebbe fatto finta di niente, evitando di guardarsi allo specchio finché i lividi che probabilmente le aveva lasciato Mark sarebbero scomparsi.
Ma purtroppo quell’aggressione l’aveva colta in contropiede, non se l’aspettava, perché in quei due giorni era stata talmente spensierata e felice che quasi aveva dimenticato cosa significava abitare sotto lo stesso tetto di quell’uomo. E poi, aveva ancora il sorriso di Niall a oscurarle la vista e il suo profumo ad inondarle le narici quando il primo rovescio di Mark l’aveva colpita.
Fu proprio la voce di Niall a svegliarla la mattina dopo, alterata appena fuori dalla sua camera, che replicava alla voce altrettanto decisa e seria di Denise.
Eileen strizzò gli occhi e fece una smorfia alle fitte di dolore che la colpirono anche se non si era mossa di un millimetro. Aveva paura ad aprire gli occhi e a controllare in che condizioni era, in quel momento avrebbe solo voluto tornare a dormire e dimenticare tutto.
«Cristo Denise, vuoi ascoltarmi per una volta?!» sbottò Niall riportandola alla realtà. Eileen sospirò, per pentirsene nell’istante stesso quando una fitta poco delicata la colpì al fianco, ricordandole il bruciore provato quando il piede di Mark l’aveva colpito.
Fece una smorfia e si costrinse ad aprire gli occhi, mentre il tono di voce di Denise superava quello di Niall che probabilmente aveva provato fino a quel momento a mantenere la calma.
«Niall, io devo vedere come sta. E devo sapere cos’è successo!» urlò. Eileen arricciò il naso e sentì il cuore partire in quarta senza motivo, si sentiva debole, più psicologicamente che fisicamente, e sapeva che bastava una parola fuori posto per farla crollare come la sera prima. Quindi si tappò le orecchie con le mani, in un gesto che se fosse stata in lei avrebbe trovato patetico, e provò a raggomitolarsi su se stessa, per poi ripensarci quando fitte di dolore la colpirono su punti imprecisati del corpo. Mugolando infastidita scivolò sul letto e poggiò i piedi a terra, poi sentì la porta della camera sbattere e aprì gli occhi di scatto, trovando quelli vivi, accesi, azzurri di Niall ad aspettarla.
Deglutì a fatica, sentendosi improvvisamente svuotata di tutto, al sicuro, solo grazie al suo sguardo.
«Sei sveglia», mormorò Niall quasi senza emettere suono. Eileen si limitò ad annuire e strinse le mani a pugno quando la smania di alzarsi e correre ad abbracciarlo divenne quasi insopportabile.
«Stavi ascoltando?» le chiese Niall avvicinandosi di qualche passo. Eileen fece spallucce, non sapendo bene come rispondere, perché aveva ascoltato solo qualche battuta della discussione che aveva appena avuto con Denise, discussione che a giudicare dalle guance rosse e il respiro accelerato doveva averlo turbato parecchio. O forse era in quello stato solo perché era preoccupato, nervoso e stressato per tutto quello in cui Eileen lo aveva trascinato la sera prima.
Ma se non fosse stato per lui, sicuramente lei in quel momento non sarebbe stata lì, a reggersi sui suoi piedi e a respirare con solo un po’ di fatica.
Il pensiero di Mark, di cosa avrebbe fatto tornando a casa e non trovandola, di come avrebbe reagito, se la sarebbe andata a cercare, se si sarebbe dovuta nascondere per sempre, le chiuse immediatamente lo stomaco e la fece scivolare nel panico.
Niall probabilmente si accorse del cambiamento della sua espressione e si avvicinò, arrivando a qualche passo di distanza da lei.
«Come stai?» le chiese facendo per allungare una mano per toccarla, ma ripensandoci a metà strada, spostando gli occhi sul suo viso, il collo, il corpo.
Eileen capì che stava osservando i segni di quello che le era successo, i segni che lei non aveva ancora avuto il coraggio di guardare, segni che si sarebbe portata dietro anche quando sarebbero diventati invisibili. Legò gli occhi ai suoi, per essere sicura che guardasse solo quelli e che non indugiasse più sul resto del corpo e provò ad accennare un sorriso.
«Sto bene», rispose. Niall si lasciò scappare un sorriso amaro, sbuffando dal naso.
«Riesci a dire che stai bene anche in queste condizioni», borbottò. Eileen fece finta di non aver sentito, perché non aveva la forza per replicare, né per discutere, né per dover anche solo parlare.
«Mi dispiace per stanotte, mi dispiace di non averti fatto dormire e aver scombussolato tutto. Io…prendo le mie cose e…»
«Che stai dicendo, Cookie?» la interruppe Niall scuotendo la testa e corrugando le sopracciglia seriamente confuso. Ad Eileen salirono le lacrime agli occhi a sentire quel nomignolo, quello sprazzo di semplicità, affetto e normalità che bramava come se fosse aria.
Si stropicciò gli occhi con le dita e prese un respiro profondo, per poi maledirsi mentalmente a sentire la conseguente fitta al fianco. Riaprì gli occhi e trovò quelli comprensivi di Niall a pochi centimetri.
«Io…mi dispiace. Non voglio essere un peso e non voglio trascinarti in questa storia con me e…»
«Eileen», mormorò di nuovo lui interrompendo il suo balbettio nervoso.
«Tu non mi stai trascinando, io ci sono già dentro. Qualsiasi cosa riguarda te, io sono pronto a sostenerti. E  non devi scusarti di niente, smettila di farlo, per favore», la pregò con voce calma e mani leggermente tremanti. Eileen riuscì solo ad annuire, perché si sentiva talmente esausta e fuori dalla realtà che non era sicura di riuscire ad argomentare una frase di senso compiuto.
Così Niall si lasciò scappare un sorriso e le sue braccia ebbero uno spasmo, come se di nuovo volessero sentire il contatto con lei. Ma Niall se lo impedì di nuovo, lasciandole tese lungo i fianchi.
Eileen si schiarì la gola, cercando di non pensare che non volesse toccarla perché era spaventato dal suo aspetto, o peggio disgustato, non poteva sapere in che condizioni era e che reazioni provocava a chi la guardava.
Così si dondolò nervosamente sui piedi e arrossì, sentendosi già una parassita per quello che stava per chiedergli.
«Io…avrei bisogno di una doccia», sussurrò come se avesse paura ad alzare anche di un minimo il suo tono di voce. Niall sembrò illuminarsi, forse vedendo uno spiraglio di una conversazione più leggera, per tranquillizzare gli animi e lasciare anche solo per un secondo il nervoso da parte.
«Oh, certo! Il bagno è tutto tuo», esclamò sorridendo e avvicinandosi alla porta. Ma Eileen tossicchiò bloccandolo ed evitando il suo sguardo arrossendo sempre di più.
«Io…io non ho voglia di parlare con Denise e…», prese un bel respiro tastandosi automaticamente il fianco.
«Stai bene?» le chiese immediatamente Niall riavvicinandosi a lei. Eileen annuì e tentò di sotterrare l’imbarazzo.
«Potresti…potresti accompagnarmi?» gli chiese sentendosi andare a fuoco. Niall sbarrò gli occhi per mezzo secondo ma riuscì subito a mascherare la sua sorpresa.
«Certo Cookie, non c’è problema. Denise non ti darà fastidio e tu non…non dovrai raccontare niente se non vuoi», mormorò con voce tremolante verso la fine della frase.
«Grazie», mormorò Eileen lasciandosi precedere da Niall, che aprì la porta e le fece segno di passare. Eileen uscì dalla stanza guardandosi immediatamente intorno quasi con la paura di veder spuntare Denise da qualche stanza, e si rivolse a Niall senza neanche guardarlo.
«E Niall», lo chiamò.
«Cosa?» le chiese lui camminandole dietro, respirandole sul collo. Eileen si impedì di sospirare di nuovo e aprì la porta del bagno.
«Non guardarmi in quel modo», gli chiese voltandosi finalmente verso di lui, che l’aveva seguita in bagno chiudendosi la porta alle spalle quasi senza accorgersene. Niall corrugò le sopracciglia confuso e fece per parlare, ma Eileen distolse lo sguardo e arrossì guardando prima Niall, poi la doccia, poi di nuovo Niall.
Probabilmente solo in quel momento Niall si rese conto di essere chiuso in bagno con lei, che l’aveva seguita preso dai suoi pensieri e che lei era lì perché avrebbe voluto farsi una doccia, cosa che non avrebbe sicuramente fatto con lui presente. Eileen lo vide arrossire dalla testa ai piedi e agitarsi leggermente, poi mormorò un «Oh»  mentre schizzava dall’altra parte del bagno per afferrare una manciata di vestiti abbandonati accanto alla doccia.
«Sì, certo. Non sono un depravato, è che ero in bagno prima e sai quanto sono disordinato, quindi volevo almeno togliere questi e poi…», cominciò a farneticare per giustificare la sua intrusione del bagno, ma Eileen aveva smesso di ascoltarlo e di preoccuparsi della sua presenza in quella stanza, perché facendo un passo avanti si era ritrovata davanti allo specchio.
Sentì lo stomaco attorcigliarsi e il cuore farle letteralmente male quando si ritrovò a fissare la sua immagine riflessa.
Le sue guance erano colorate di viola, rosso, con qualche piccolo graffio probabilmente dovuto allo schizzare dei vetri quando Mark aveva lanciato la bottiglia di vetro accanto a lei stesa sul pavimento. Gli occhi erano gonfi, rossi, secchi, segno che aveva pianto fino ad esaurire tutte le lacrime. Le labbra erano screpolate, spaccate al centro, sulla fronte aveva un piccolo taglio circondato da sangue secco.
Ma la cosa che la sconvolse di più fu il suo collo: era chiazzato da macchie viola, quasi blu e le scappò un singhiozzo ricordando il bruciore ai polmoni quando l’ossigeno aveva smesso per qualche secondo di circolare nel suo corpo, quando le mani di Mark si erano strette talmente forte intorno al suo collo da farle pensare che gli occhi spalancati e fuori controllo di Mark sarebbero stati l’ultima cosa che avrebbe visto.
Niall mollò a terra i vestiti che aveva tra le braccia e le fu subito dietro. Incrociando per un secondo i suoi occhi pieni di lacrime tramite la superficie dello specchio.
«Eileen?» la chiamò con voce allarmata. Eileen smise di trattenere le lacrime, che colarono abbondanti sulle sue guance. Tirò su con il naso e si lasciò scappare qualche altro singhiozzo, sentendo il fianco pulsare. Si premette una mano sulla pelle e serrò gli occhi cercando di isolare quel dolore e concentrarsi su altro, ma sembrava che il dolore fosse ovunque.
«Eileen», mormorò di nuovo Niall con voce strozzata. Eileen lo guardò per un secondo e vide i suoi occhi luccicare, allora chiuse di nuovo i suoi e diede le spalle allo specchio, per non dover più vedere la sua immagine riflessa.
«Mi dispiace Niall, scusami, non dovresti vedermi così, tu non…», singhiozzò e si trovò immediatamente stretta tra le braccia di Niall. Si spaventò per un secondo, ma poi si rese conto che lì era al sicuro, che lui stava tenendo insieme i pezzi che altrimenti sarebbero crollati da un momento all’altro. Poggiò la fronte sul suo petto e pianse, sentendosi infinitamente patetica, piccola, priva di ogni traccia di orgoglio. Si stava mettendo di nuovo in mano sua e si sentiva in colpa perché lui non meritava tutto quel dolore, tutta quella preoccupazione.
Niall la strinse a sé e le carezzò piano la schiena tremando ad ogni suo singhiozzo, ad ogni suo fremito dovuto ad un’immagine, un flash, uno sguardo, una parola, che era guizzata nella sua mente, seguita poi da mille altre. Quei ricordi non le avrebbero dato pace e lei sentiva che sarebbe scoppiata da un momento all’altro.
Sciolse l’abbraccio, tirandosi indietro e sbattendo contro il lavandino, facendo una smorfia e allungando le mani davanti a sé per fermare Niall che stava per riavvicinarsi a lei.
«Non sei costretto a dover subire tutto questo, Niall. Non devi farlo, lasciami da sola», gli disse senza guardarlo, senza ragionare, lasciando parlare solo la sua disperazione e la sua voglia di fuggire da quel posto, da quella città, da quella vita.
Ma Niall sapeva. Niall capiva il suo stato d’animo, come se riuscisse a leggerle nella mente, come se solo guardandola negli occhi capisse tutto di lei, e quindi non si lasciò scalfire da quelle parole, ma scosse la testa e le si avvicinò di nuovo.
«Io non ti lascerò da sola, Eileen. Per nessun motivo, quindi smettila di chiedermelo», le disse con voce decisa guardandola dritto negli occhi. Eille si asciugò le lacrime con le mani, sostituite però subito da altre che scendevano senza sosta appannandole la vista.
«Ma tu non te lo meriti», piagnucolò a voce bassa. Niall le prese delicatamente il viso tra le mani e le sfiorò la guancia contusa, facendo una piccola smorfia di sofferenza.
«Neanche tu meriti tutto questo, mi dispiace così tanto che sia successo», mormorò ad un palmo dal suo viso, gli occhi fin troppo lucidi. Eileen chiuse i suoi, perché vederlo soffrire a causa sua le faceva più male di qualsiasi altra cosa.
«Io sono qui per qualsiasi cosa, Cookie, lo sai. Se ne vuoi…se hai bisogno di parlarne, ti ascolterò. Se vuoi solo dimenticare, ti aiuterò a farlo. Però per favore non chiudermi fuori di nuovo, io sono qui per te», mormorò ancora Niall così vicino al suo viso che poteva sentirne il respiro sulle labbra.
Il cuore di Eileen sobbalzò e lei sentì lo stomaco attorcigliarsi a quelle parole. Niall aveva paura che lei lo stesse respingendo di nuovo, sapeva che non avrebbe mai accettato il suo aiuto, sapeva che voleva farcela da sola.
Ma questa volta non era forte abbastanza, anche se avrebbe voluto esserlo.
Sciolse la presa e si allontanò di qualche passo, piazzandosi di nuovo davanti allo specchio e sentendosi un verme per quello che stava per dire.
Sapeva che avrebbe approfittato della pazienza e della comprensione di Niall, sapeva che non si stava comportando in modo corretto con lui e che avrebbe dovuto farcela da sola, ma sentiva anche che stava per scoppiare. Non ce l’avrebbe fatta a tenersi tutto dentro, a non cercare di espellere in qualsiasi modo quei ricordi e quelle immagine vivide che le danzavano ogni due secondi davanti agli occhi.
Si guardò attentamente allo specchio imponendosi di smettere di piangere inutilmente. Si sfiorò la guancia destra, calda, arrossata sotto al livido viola che si espandeva dalla tempia fino allo zigomo. Poi prese un bel respiro e si voltò di nuovo verso Niall che la guardava con le labbra tremolanti, le braccia rigide lungo i fianchi, le mani strette a pugno e gli occhi pieni di paura.
«Quando sono rientrata ieri sera, Mark mi stava aspettando», cominciò ignorando le lacrime che scendevano e bloccando i singhiozzi solo per poter continuare a parlare cercando di sembrare meno patetica di quanto in realtà fosse.
«Mi sono accorta di lui solo quando mi è arrivato il suo schiaffo», continuò toccandosi la guancia e abbassando gli occhi. Le mani di Niall ebbero uno spasmo e i suoi occhi si riempirono di odio e rabbia.
Eileen deglutì e si sfiorò la spalla dolorante coperta dalla maglietta con la mano che tremava leggermente.
«Per questo è riuscito ad afferrarmi per la spalla e sbattermi contro il muro.»
«Mio Dio», gemette Niall. Eileen incrociò il suo sguardo e tentennò, sentendo il bisogno di lasciarsi stringere dalle sue braccia protettive. Ma doveva dirgli cosa era successo, doveva liberarsi, doveva condividere il suo peso con un’altra persona. E l’unico di cui si fidava abbastanza per farlo purtroppo era solo lui.
«Ha cominciato ad urlare, era…aveva bevuto troppo ed io sono sparita. Lui…io ho reagito. Gli ho urlato contro e non c’è cosa che lui odia di più», mormorò abbozzando un sorriso, «In fondo è anche colpa mia.»
Niall le si piazzò davanti e scosse la testa.
«Questo non giustifica quello che ti ha fatto, Eileen.»
Lei annuì deglutendo e andò avanti, quasi senza ascoltarlo.
Si sfiorò la pancia, poi il fianco e trattenne il respiro.
«Io gli ho urlato contro e lui ha perso la testa. Mi ha buttata a terra e…e mi ha…», si toccò il fianco e strizzò gli occhi non riuscendo a finire la frase. Niall eliminò del tutto la distanza che c’era tra loro e la guardò finché lei non riaprì gli occhi. Allungò una mano e sfiorò l’orlo della sua maglietta guardandola quasi come a chiederle il permesso. Eileen abbassò gli occhi e mise una mano sulla sua tirandosi su la maglietta fin sotto al seno.
Sentì Niall trattenere il respiro e lei non si arrischiò a guardarne il motivo. Niall le sfiorò la pelle accaldata con dita tremanti e scosse di nuovo la testa.
«Non ci credo, io…io ho voglia di…»
«No», lo fermò Eileen riabbassandosi la maglietta. Niall sbruffò dal naso e le sfiorò la ferita che aveva sulla testa, gli occhi increduli e arrabbiati.
«Ho sbattuto la testa contro il mobile accanto al divano quando mi ha buttata a terra», gli spiegò. Niall portò la mano tra i suoi capelli e annuì flebilmente, allora poi Eileen scese con le dita ad indicarsi il collo e deglutì a fatica.
«Era talmente fuori di testa che…che ha cercato di… Lui ha cercato di…»
Non riusciva a dirlo, non riusciva neanche a credere che fosse arrivato a tanto, che avesse cercato di fare quello che indirettamente aveva fatto alla sua mamma. E che glielo avesse addirittura urlato in faccia, preda della follia che bruciava nei suoi occhi.
“Te l’avevo detto che avresti fatto la stessa fine di quella puttana!” aveva urlato, e ad Eileen si era offuscata la vista, si era spento il cervello, e gli occhi della mamma erano l’unica cosa che riusciva ad afferrare tra il dolore e la confusione del momento.
«Poi tu hai cominciato a chiamare», continuò a parlare per cercare di sotterrare le immagini che le scorrevano nella testa, «Io ho risposto ma poi Mark mi ha spinta via e il telefono è scivolato sotto al divano», deglutì e chiuse gli occhi stringendosi le braccia al petto.
Niall si era trasformato in una statua di fronte a lei, preso dal racconto.
«Continuava a squillare ed è stato quello a risparmiarmi. Mark mi ha lasciata andare ed è uscito, spaventato che potessi aver chiamato qualcuno», mormorò riaprendo gli occhi. Niall non resistette più e la avvolse tra le braccia, lasciandola piangere sulla sua maglietta tutte le lacrime che aveva.
«Sei stato tu, Niall», singhiozzò, «Se tu non avessi continuato a chiamare, lui avrebbe finito quello che aveva iniziato.»
«Shh», mormorò Niall tra i suoi capelli, tremando anche lui probabilmente realizzando quanto fosse andato vicino al perderla, «Non l’avrei mai permesso.»
«Mi dispiace, mi dispiace averti trascinato in tutto questo», mormorò ancora Eileen tra le lacrime. Niall scosse la testa ma non fece in tempo a dire niente che lei cercò di sciogliere l’abbraccio, agitandosi, il respiro affannoso.
«Non ce la faccio più, devo togliermi questi vestiti. Puzzano di lui e di paura e…» borbottò sfilandosi la maglietta e lanciandola lontano. Spinse via Niall e si allontanò da lui di qualche passo facendo l’errore di ritrovarsi di nuovo davanti allo specchio.
Sentì Niall trattenere il respiro e lei riuscì a dare solo un’occhiata al suo corpo contuso, colorato anche in punti in cui ancora non aveva sentito dolore.
Andò nel panico e le scappò una risata amara e guardò Niall che la fissava senza sapere cosa fare.
«Adesso capisco perché mi guardi così», gli disse scuotendo la testa sembrando quasi divertita.
Improvvisamente sembrava quasi rassegnata a tutto quello che era successo, sembrava come se non gli stesse dando peso, come se in quel momento l’unica cosa che le importasse era il modo in cui Niall la stava guardando, modo che aveva completamente frainteso.
Perché se c’era un sentimento che gli occhi di Niall esprimevano posandosi su di lei, non era di certo pietà, ma qualcos’altro.
«Così come?» le chiese infatti lui non capendo.
«In modo diverso», gracchiò Eileen abbassando lo sguardo appena dopo averlo visto corrugare le sopracciglia contrariato.
Aveva capito dove lei voleva andare a parare, ed evidentemente non era d’accordo con il suo pensiero. Le si avvicinò, infatti, e le prese il viso tra le mani costringendola a guardarlo negli occhi.
«Ehi, stammi a sentire», le disse con voce decisa, «Io non ti guardo in modo diverso perché provo pietà per te.»
Eileen tremò a quelle parole e fece per replicare, ma Niall non gliene diede il tempo.
«Ti guardo in modo diverso perché non riesco più a nascondere quello che provo per te. E so che non ne vuoi parlare, per questo non ti dico niente. Ma io sono un libro aperto, e non riesco a fingere più di tanto», concluse arrossendo leggermente. «E’ per questo che ti guardo così», sussurrò soffiando quasi sulle sue labbra. Eileen boccheggiò per qualche secondo, sorpresa dalla piega che aveva preso la conversazione, poi batté più volte le palpebre cercando di concentrarsi.
«Non…non so cosa…»
Troppi sentimenti, troppe emozioni, troppi colpi per il suo piccolo cuore in quelle giornate.
Niall le risparmiò la fatica con un sorriso, sfiorandole le guance con dolcezza.
«Non devi dire niente, Cookie. Non pretendo di sentirmi dire niente. E’ solo quello che provo io, non mi aspetto che per te sia lo stesso», la rassicurò lasciando trasparire un pizzico di delusione nei suoi occhi. Eileen si allarmò all’istante, perché l’ultima cosa che voleva era che Niall pensasse che a lei non importava niente.
«Ma…ma lo è!» infatti esclamò mettendo le mani su quelle di Niall ancora ancorate al suo viso, «E’ lo stesso, Niall. Anche io provo quello che provi tu, qualsiasi cosa sia», gli disse tentennando solo a causa dell’imbarazzo che la colse quando si rese conto di quello che stava dicendo.
Ma non ebbe tempo di pensarci, perché un senso di stanchezza e confusione per tutte quelle forti emozioni che stava provando la travolse. Sospirò, lasciò cadere le mani e chiuse gli occhi.
«E’ solo che adesso sono così confusa, cosi…stanca. E…e io…» cominciò a balbettare, ma Niall la interruppe di nuovo, sfiorandole le guance e sorridendo.
«Ehi, ehi, shh», mormorò praticamente sulle sue labbra. Eileen aprì gli occhi di scatto per perdersi immediatamente in quelli vivi e accesi di Niall.
«Tranquilla, Cookie, non pensarci adesso. Scusami, non dovevo tirare fuori il discorso. Ne riparliamo in un altro momento. Adesso fai la doccia io…io ti aspetto proprio qui fuori la porta», le disse con tono tranquillo e incredibilmente rassicurante.
«Okay», annuì Eileen. Niall le fece un gran sorriso e le sfiorò la fronte con un bacio.
«Sta tranquilla, ci sono io adesso», sussurrò.
«Grazie Niall.»
Niall la guardò con un sorriso pieno di amore e lei sentì il cuore accelerare in modo quasi preoccupante.
«Non devi neanche pensare di ringraziarmi.»
«Non sei obbligato a fare tutto questo per me», ribadì Eileen sentendo i sensi di colpa minacciare di soffocarla.
«A fare cosa, Cookie?»
«A prenderti questo peso sulle spalle.»
«Tu non sei affatto un peso», le disse Niall con pazienza.
«Ma quello che mi porto dietro sì.»
«Non mi interessa, io voglio solo che tu stia bene, okay?» insistette Niall sperando di mettere fine a quel continuo chiedere scusa e quel tentativo di salvarlo da lei.
«E non mi importa di quanto sia difficile o altro, per me sei importante solo tu», concluse con una voce e una decisione che non ammettevano repliche.
Eileen sentì di nuovo le lacrime salire ma si impose di non piangere. Ingoiò il nodo che le chiudeva la gola e annuì. Niall sospirò, le sorrise e la lasciò andare.
«Ti aspetto proprio qui fuori, per qualsiasi cosa basta che chiami», le disse ancora con fin troppa apprensione, prima di incamminarsi verso la porta. Eileen sospirò e lo richiamò.
«Niall.»
«Puoi smetterla di preoccuparti», gli disse cercando di alleviare l’ansia che traspariva dai suoi occhi, «Io sto bene, okay? Ci sei tu, questo basta», affermò. Niall si aprì in un sorriso che illuminò tutto quello che aveva intorno e annuì.
«Bene», mormorò Eileen abbozzando anche lei un sorriso.
Niall, con la mano già sulla maniglia della porta, sembrò ripensarci. Si voltò, guardandola piegando la testa di lato, e quando lei corrugò le sopracciglia e fece per dire qualcosa, lui scattò verso di lei e si chinò fino ad incollare le labbra alle sue, in un bacio morbido, piccolo, casto.
«Adesso va meglio?» le sussurrò poi ancora con le labbra sulle sue. Eileen sorrise, facendo sorridere automaticamente anche lui.
«Decisamente meglio.»
Poi si alzò sulle punte dei piedi, si aggrappò al suo collo con una mano e lo baciò di nuovo dimenticandosi davvero di tutto il resto.
Niall era in grado di fare questo, Niall la stava salvando senza neanche accorgersene.
 
 
Purtroppo Eileen sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare di nuovo tutto quello che era successo. Sapeva che oltre che a Niall avrebbe dovuto dare spiegazioni ad altre persone, persone a cui aveva sconvolto la nottata, persone che erano preoccupate per lei e che aspettavano uno straccio di spiegazione.
Sapeva che non poteva rifiutarsi di spiegare ed era rassegnata al fatto che avrebbe dovuto farlo.
Sperava solo che il momento potesse ritardarsi il più possibile, ma fu costretta a seppellire le sue assurde preghiere quando, una volta uscita dalla doccia e indossando quei pochi vestiti che Niall era riuscito a recuperare prendendo il suo borsone, era scesa insieme a lui al piano di sotto, trovando Denise ad aspettarli in cucina fingendo di essere occupata a preparare un dolce.
Eileen sapeva che in realtà nella testa di Denise si stava svolgendo una guerra tra i suoi pensieri, le sue supposizioni, le sue ipotesi. Una guerra che avrebbe potuto far finire solo lei, raccontandole semplicemente cosa le era successo, mostrandole quel lato di lei che aveva preferito tenere nascosto quando due mesi prima le aveva parlato della sua vita.
Sentì il peso di tutto quello che stava per dire gravarle sulle spalle non appena Denise si accorse di lei sul ciglio della porta e si immobilizzò nel bel mezzo di un respiro. Ma quel peso non riuscì a schiacciarla, perché il sospiro di Niall alle sue spalle riuscì a tranquillizzarla e la sua mano a sfiorarle protettiva la schiena le diede la forza di entrare in cucina e sedersi sulla prima sedia libera.
Aspettò che Denise occupasse la sedia vicino alla sua, poi si decise a guardarla negli occhi.
«Tesoro», cominciò Denise riuscendo a farla innervosire con una sola parola, «Come stai?» le chiese con tono apprensivo sfiorando le mani che Eileen aveva intrecciato sulla superficie del tavolo.
Eileen guardò la mano di Denise sulle sue, poi lanciò un’occhiata a Niall, poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto e la mascella tesa, sospirò e «Bene», rispose con un sussurro.
Guardò Denise che arricciò le labbra e ritirò la mano per portarla a sfiorarle la guancia. Eileen istintivamente indietreggiò e allo stesso tempo Niall fece un passo avanti.
Denise gli lanciò un’occhiata di sottecchi e ritirò del tutto la mano, sospirando affranta.
«Piccola che cosa ti è successo?» le chiese con dolcezza. Eileen capì che quello era solamente il primo tentativo, quello più pacato. Era ovvio che se non avesse risposto Denise sarebbe andata avanti in tutti i modi, finché non fosse riuscita a sapere ciò che voleva. Non perché fosse semplicemente curiosa, ma perché, dallo sguardo, era sinceramente preoccupata. E ne aveva tutte le ragioni.
Eileen sospirò e incurvò le spalle chiudendo gli occhi.
Sentì Niall muoversi nervoso e mormorare «Denise…» a bassa voce.
Denise lo ignorò e si avvicinò a lei con la sedia.
«Tesoro, non voglio costringerti a parlare se non vuoi», ci riprovò di nuovo puntando i suoi occhi pieni di affetto materno nei suoi, «Ma vorrei sapere cosa ti è successo. Sono sinceramente preoccupata per te, Leen.»
Eileen respirò tra i denti e capì che lo volesse o no era arrivato il momento di rivivere tutto di nuovo, era inutile continuare a posticipare. Non sapeva però se ne aveva la forza.
«Non devi raccontarlo per forza se non vuoi.» Il sussurro di Niall le arrivò alle spalle e la fece tornare in sé.
«No», sussurrò scuotendo la testa arrendevole, «Ha ragione Niall, deve sapere.»
Sentì Niall sospirare alle sue spalle e con il pensiero che c’era lui a sostenerla riportò gli occhi su Denise, che attendeva pazientemente e cominciò a parlare.
«Ti avevo detto che mio padre ha problemi di alcool, da sempre per quanto riesca a ricordare», cominciò. Denise annuì e lei strinse le labbra bloccando un sospiro. Deglutì a fatica e si strinse nelle spalle.
«Quando sono tornata a casa ieri sera, lui era appena stato licenziato e…ed era ubriaco», strizzò gli occhi e tentò in tutti i modi di bloccare le immagini, concentrandosi sulla sua voce e non sulle parole che pronunciava. Sentì Denise trattenere il respiro in attesa.
Niall era talmente immobile e respirava così piano che se la sua presenza non fosse stata così indispensabile per la resistenza mentale di Eileen, si sarebbe dimenticata anche che era presente.
«Che cosa…» Denise si schiarì la voce stridula «Che cosa ti ha…»
«Era arrabbiato», interruppe la sua domanda Eileen per evitarle la fatica di parlare, «Era arrabbiato perché sono stata via due giorni senza avvisarlo e ha cominciato ad urlarmi contro.»
Lanciò uno sguardo a Denise che aveva gli occhi spalancati e pieni di terrore e poi guardò Niall di sottecchi, per cercare un po’ di forza in lui.
I suoi occhi erano fissi su di lei, caldi, pronti ad intervenire e a trasmetterle l’affetto di cui aveva bisogno.
Accennò un sorriso senza guardarlo e si concentrò su Denise e sul far finire quella conversazione al più presto perché il livello di tensione era troppo elevato per i suoi nervi messi già dura prova.
«Lui urlava, e io ho reagito. Non sono riuscita a trattenermi e lui ha perso la testa», si bloccò per un secondo, la voce appena strozzata e tremolante verso la fine della frase.
Era fiera di se stessa per essere riuscita a trattenere le lacrime fino a quel momento.
«Oh mio Dio», si lasciò scappare Denise portandosi le mani sulla bocca, gli occhi se possibile ancora più spalancati.
«Non c’è…non c’è bisogno che ti racconti proprio tutto quello che è successo, no?» mormorò stropicciandosi gli occhi con le mani.
«Cookie», sentì Niall sussurrare preoccupato, poggiandole una mano sulla spalla. Riaprì gli occhi e trovò quelli di Denise gonfi di lacrime a fissarla.
«Ti avevo anche detto che mia madre è…lei è morta», respirò buttando fuori tutta l’aria, «Ma non ti ho detto come, né perché. Il motivo principale è stato lui. Lui l’ha…l’ha spinta a farlo. Mia madre…», singhiozzò a quel punto non riuscendo più a trattenersi. Chinò il viso, mandando all’aria tutta la forza che aveva sentito dentro di sé fino a quel momento, la convinzione che sarebbe riuscita a parlare senza crollare di nuovo.
«Mia madre non ne poteva più di lui e…», si interruppe non riuscendo più a parlare e sentendo l’aria mancare.
Niall le fu davanti in un secondo, alzandole il viso e facendole vedere solo di sfuggita l’espressione incredula e stravolta di Denise e le lacrime che avevano iniziato a scorrere anche sul suo viso.
«Io…io lo sapevo. L’ho visto che la picchiava. Io lo sapevo e non ho fatto niente. Avrei potuto…avrei potuto salvarla.»
«Eri solo una bambina, Cookie. Non avresti potuto fare niente», mormorò Niall afferrandole il viso tra le mani e cercando il suo sguardo.
Ma ormai aveva perso la ragione, il dolore aveva sotterrato qualsiasi altro suo sentimento, si sentiva come se stava affondando.
«Lui l’ha uccisa. E’ stata colpa sua, e ieri…ieri voleva fare lo stesso con me. E’ sempre stata sua la colpa, me l’ha portata via», continuò finalmente incrociando i suoi occhi così pieni di dolore e sofferenza, come se stesse provando quello che provava lei, come se il dolore che sentiva lei potesse sentirlo sulla sua stessa pelle.
«Shh», mormorò, «Calmati piccola, ci sono io qui con te adesso. E lui non si avvicinerà mai più a te, mai più», ripeté riuscendo a farla calmare, mentre un singhiozzo di Denise interrompeva l’improvviso silenzio.
Eileen serrò gli occhi e fece per chiedere scusa anche a lei per averla trascinata nei suoi problemi, ma prima che potesse proferire parola una voce entusiasta che strideva decisamente con l’atmosfera tesa che c’era nella stanza la anticipò.
«Lee!» urlò Dylan catapultandosi in cucina. Eileen si affacciò oltre Niall per guardare il bambino, cercando di darsi un contegno, e allo stesso tempo Denise scattò in piedi.
«Piccolo, sei già sveglio?» mormorò prendendolo in braccio mentre il sorriso scompariva dal suo visino dopo aver visto le lacrime sul viso di Eileen.
«Mammina, perché Lee piange?» chiese sottovoce a Denise, tenendo gli occhi puntati su Eileen che si sfregava le guance cercando di sorridergli. Denise tirò su con il naso.
«Non è niente», gli disse ma poi Dylan la guardò e sbarrò gli occhi.
«Piangi anche tu?» le chiese corrugando le sopracciglia preoccupato.
Denise cercò di sorridergli rassicurante e si voltò camminando verso la porta.
«Non è niente, piccolino, non è niente», mormorò lanciando un’ultima occhiata ad Eileen prima di chiudersi la porta alle spalle.
Niall sospirò e si lasciò cadere sulla sedia dove era seduta prima Denise, chiudendo gli occhi apparentemente stremato.
Eileen lo guardò e sentì il cuore tremare.
«Mi dispiace», mormorò forse per la centesima volta quella giornata. Niall riaprì gli occhi e allungò una mano per prendere quella di Eileen. La tirò costringendola ad alzarsi per sedersi poi sulle sue gambe.
Eileen si accoccolò sul suo petto, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e Niall la strinse a sé.
«Io ti porto via da tutta questa merda», sussurrò dopo un po’ mentre le carezzava la schiena e si attorcigliava i suoi ricci tra le dita.
«Non puoi farlo», rispose piano Eileen tenendo gli occhi chiusi. Sentì Niall agitarsi sotto di lei.
«Sì, invece. Hai visto come siamo stati bene insieme? Starai bene, Cookie, lontana da tutto questo», insistette. Eileen sospirò e scosse la testa, non capendo che qualsiasi cosa avesse detto non avrebbe fatto cambiare idea a Niall.
«Siamo stati bene perché sapevamo che prima o poi saremmo tornati. Io non posso andarmene così, non posso scappare adesso.»
«Puoi invece, puoi venire con me. Ti comprerò una casa, troverai un lavoro, starai bene», continuò Niall con voce decisa, come se nemmeno avesse sentito quello che aveva detto Eileen. Allora lei tirò su il viso e lo guardò negli occhi.
«No, Niall, smettila. Devo farcela da sola, non posso dipendere da te, non posso», gli disse perdendosi in quell’azzurro cielo che le fece balbettare il cuore. Ma Niall le sorrise, leggermente amareggiato, e le sfiorò il naso con il suo.
«Ma io dipendo da te, ormai. Non posso lasciarti qui, capisci?» affermò con enfasi. Eileen rimase senza parole, allora Niall ne approfittò e la baciò, sigillando quelle parole tra le loro labbra.
«Non posso più stare senza di te», sussurrò ancora quasi tremando, «Non posso.»
Eileen non capì quanto serie fossero quelle parole, il suo cuore le diceva che era solo l’angoscia del momento a far parlare Niall.
Non capì quanto Niall fosse convinto di quello che diceva, per questo non se ne preoccupò.
Ma Niall, come le aveva detto, ci era troppo dentro. E avrebbe fatto di tutto per non doverla lasciare mai più.












 

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Capitolo 28
*** Lean on me. ***


 
 
28. Lean on me.
 
 
Niall, nella sua breve vita da quasi ventunenne, ne aveva vissuti di periodi stressanti. Periodi in cui sentiva il nervoso scorrergli nelle vene e non rispondeva male a chiunque gli rivolgesse la parola solo perché i suoi genitori gli avevano dato una buona educazione. Ma c’erano stati momenti in cui anche il suo buonsenso era stato messo a dura prova, anche se fortunatamente non era mai capitato che perdesse la sua a quanto pare infinita pazienza.
Di periodi stressanti ne aveva avuti: giornate passate sugli aerei, a volare da un Paese all’altro senza mai fermarsi, giornate con due ore di sonno sulle spalle, passate tra interviste, incontri, registrazioni, fan urlanti e flash abbaglianti. Giornate intere spese nelle camere d’albergo, con solo una tv come passatempo e Liam che cominciava a camminare in circolo non riuscendo più a stare fermo e facendolo innervosire ancora di più.
Ma ogni giornata di questo genere trascorsa, lui sapeva che prima o poi sarebbe finita. Sapeva che era solo un piccolo ostacolo sul suo cammino spianato e sapeva che oltre ad aspettare che quella determinata giornata finisse portandone una nuova magari più leggera, più divertente, non doveva preoccuparsi di altro.
Era quello il motivo che lo faceva sprofondare nello sconforto in quei giorni.
Non aveva idea di cosa sarebbe successo, per quanto ancora sarebbe andata avanti quella situazione, per quanto ancora avrebbe dovuto svegliarsi nel bel mezzo della notte per cercare di calmare Eileen, spaventata dagli incubi.
Ma soprattutto, non aveva idea di quando finalmente l’avrebbe rivista sorridere, perché il suo sorriso in quei giorni si era dimenticato perfino che forma avesse.
Sapeva che non sarebbe stato facile e che prima o poi Eileen sarebbe crollata, era anche normale per quello che le era successo. Quello che non si aspettava però era che il dolore non la abbandonasse mai: non c’era un momento in cui era tranquilla, serena, era un dolore che andava a ondate. Era sempre presente, solo che in certi momenti era più forte e in altri più debole.
Ma Eileen stava male, sempre. E lui non aveva idea di cosa fare per farla stare meglio.
Ovviamente il malessere di Eileen si rifletteva su di lui; non dormiva la notte, stava con i nervi tesi tutto il giorno, pronto a vederla rabbuiarsi in qualsiasi momento, a vederla correre in bagno per non farsi vedere mentre scoppiava in lacrime, a irrigidirsi ogni volta che qualcuno le si avvicinava. Si lasciava abbracciare solo la notte, quando gli incubi la facevano svegliare in preda al panico e le serviva qualcuno che la tenesse intera.
Durante la giornata Niall non le si avvicinava e lei non si avvicinava a lui, aveva smesso anche di giocare con Dylan, si teneva a debita distanza da tutti.
Ma la cosa che gli faceva più male era il senso di colpa che si leggeva negli occhi di Eileen: cercava di non incontrare mai lo sguardo di nessuno e di rendersi il più invisibile possibile perché non voleva turbare ulteriormente chi le stava intorno; stava lontano da Dylan perché non voleva urtare la sua spensieratezza e la sua costante gioia; non si avvicinava a Niall perché non voleva essere un peso per lui.
Aveva cercato in tutti i modi di tranquillizzarla, di toglierle almeno quella di preoccupazione, ma Eileen era fatta così, non voleva dare fastidio a nessuno e probabilmente se Niall non l’avesse portata via da quella casa lei sarebbe rimasta lì e avrebbe continuato a subire senza dire niente a nessuno.
Per quanto lo riguardava, dopo essere venuto al corrente di chi veramente quell’uomo fosse, avrebbe fatto di tutto per impedire ad Eileen di vederlo di nuovo, non l’avrebbe mai più fatto avvicinare a lei.
Sbuffò, lasciandosi cadere sul divano del salone, chiudendo gli occhi e cercando di bloccare i pensieri, perché per quanto viaggiavano veloci nella sua testa rischiavano di fargliela scoppiare.
Era abituato a sopportare e gestire lo stress della sua vita frenetica, ma si sentiva talmente oppresso in quei giorni che sentiva stava rischiando una specie di esaurimento nervoso.
Era appena uscito dalla doccia, unici minuti in cui riusciva a starsene tranquillo e a far scivolare via la preoccupazione.
Ma non poteva concedersi tanto tempo perché Eileen aveva bisogno di lui e lui doveva essere sempre presente, pronto a fare qualsiasi cosa per lei. Si sentiva sotto pressione ogni secondo della giornata, neanche la notte poteva prendersi una pausa.
Eileen non gli aveva certo chiesto di farlo, ma lui si sentiva come in dovere: qualsiasi cosa per vedere almeno uno stralcio del suo bellissimo sorriso.
Pensava di potersi prendere almeno dieci minuti di pausa; Eileen era fuori in piscina con Denise e Dylan, apparentemente era tranquilla, e lui aveva bisogno di chiudere un po’ gli occhi e rilassarsi.
Ma a quanto sembrava non poteva esserci neanche un secondo di pace per il suo povero cervello, perché Greg, tornato da meno di un’ora dal lavoro, lo raggiunse sul divano buttandosi accanto a lui e sballottandolo senza delicatezza.
Niall sospirò e aprì gli occhi, trovando quelli identici del fratello a guardarlo.
Già sapeva cosa voleva Greg da lui: erano due giorni che si aggirava in casa camminando come se niente nella sua vita avesse senso, guardandosi intorno senza sapere cosa stesse succedendo. Aveva provato solo una volta a chiedere a Denise di parlare con lui, ma lei gli aveva risposto con una decisione e acidità che l’aveva convinto a non provarci più. Ad Eileen non si era neanche avvicinato e di conseguenza non aveva potuto chiedere niente neanche a Niall, perché era sempre con lei.
Probabilmente in quel momento non gli sembrava vero di averlo trovato da solo e sicuramente non avrebbe aspettato altra occasione per esigere da lui delle risposte.
Niall già sapeva che non avrebbe opposto resistenza alle sue domande; era troppo stanco e aveva bisogno di parlare e sfogarsi con qualcuno, anche se Eileen non sarebbe stata d’accordo.
Il fatto che Greg fosse un avvocato e avrebbe sicuramente fatto di tutto per spingerla ad agire legalmente contro il padre l’aveva quasi costretta a comportarsi con lui come se avesse la peste.
Non gli si avvicinava mai troppo, l’unico momento in cui si costringeva a rimanere nella stessa stanza con lui era durante la cena, altrimenti appena lui entrava in una stanza lei ne usciva.
Il sospiro di Greg lo riportò alla realtà e Niall si voltò verso di lui, notando il piede che tamburellava a terra nervosamente, il viso preoccupato e confuso e gli occhi bisognosi di avere risposte.
Greg si accorse dello sguardo del fratello su di sé e sbuffò probabilmente credendo di poter buttare fuori così la tensione.
Niall mascherò un sorriso di amarezza; se fosse stato possibile, dopo tutte le volte che aveva sbruffato lui in quei giorni, sarebbe stato il ragazzo più leggero e allegro del mondo in quel momento.
«Senti», cominciò Greg, e solo dalla prima parola Niall capì che non aveva scampo, « Ho mantenuto la pazienza fino ad adesso, ma non ne posso più di passare per un coglione e di vedere te girare per casa come uno zombie e Denise un fascio di nervi.»
«Greg, non…», provò a interromperlo Niall. Non perché non volesse dirgli cosa fosse successo, ma per risparmiargli tutta quella premessa: lo avrebbe fatto comunque, senza che lo implorasse. Ma Greg non lo lasciò parlare, troppo agitato per notare l’arrendevolezza negli occhi del fratello.
«Pensi che sia stupido?» sbottò allargando le braccia, «Ho capito cosa è successo a Eileen, così come ho capito che mi evita per non parlare con me e per non fare niente allo stronzo che le ha fatto questo. L’unica cosa che non ho capito è perché non chiede sostegno al padre. Non che mi dia fastidio averla in casa, non fraintendermi, ma non capisco perché è qui con te invece che…»
«Greg», riuscì questa volta ad interromperlo Niall tirandosi su di scatto e guardandolo quasi ridendo, con talmente tante emozioni in corpo da non riuscire più a controllarsi.
«Tu non hai capito proprio niente», gli disse ridendo quasi istericamente.
«Allora spiegatemi cosa sta succedendo!» urlò Greg al limite della pazienza. Niall sospirò e si alzò stropicciandosi gli occhi con le dita. Parlò a voce bassissima, quasi avesse paura a dirlo, come se sapesse che Eileen lo stava ascoltando e non sarebbe stata contenta della sua confessione, perché gli aveva chiesto di non dire niente a nessuno. Si stava rimangiando la promessa, ma non ce la faceva più, sarebbe scoppiato se non l’avesse detto a qualcun altro.
«Eileen non si fa sostenere dal padre e non vuole tornare a casa, perché è il padre che l’ha ridotta così», gli disse con voce piatta. Niall vide Greg sbarrare gli occhi e spalancare la bocca, del tutto sorpreso dalle sue parole, poi Niall sbuffò e si passo le mani tra i capelli.
«Adesso capisci? Capisci perché non so cosa diavolo fare?!» sbottò allargando le braccia e lasciandole sbattere contro le cosce. Guardò Greg, del tutto immobile e perso tra i suoi pensieri, scioccato da quello che le sue orecchie avevano sentito, probabilmente non in grado ancora di realizzare del tutto.
Allora buttò di nuovo fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni e borbottando «Vado a vedere come sta» sparì oltre la porta che dava sul giardino sul retro.
Non appena mise piede fuori i suoi occhi si focalizzarono sulla figura di Eileen, in piscina, stesa a galleggiare a pancia in su. Tirò un impercettibile sospiro di sollievo e si avvicinò a Denise seduta sul bordo piscina, a tenere una manina di Dylan che giocava nell’acqua, gli occhi che si posavano di tanto in tanto su Eileen come se anche lei la stesse controllando e dovesse tenerla sempre d’occhio per stare tranquilla.
«Zio!» urlò Dylan non appena lo vide, sbracciandosi e lasciando per un secondo la mano della mamma. Nonostante avesse i braccioli si sentì immediatamente in pericolo e si aggrappò di nuovo al braccio della mamma che gli fece un sorriso flebile, che probabilmente sarebbe dovuto essere di divertimento. Niall la imitò, non riuscendo a fingere perfettamente, e capì perché Eileen cercava di stare il più lontano possibile da Dylan: non era capace di mentire e non voleva rovinare l’umore sempre allegro del bambino.
«Ehi piccolo!» cercò di esclamare Niall sedendosi accanto a Denise e immergendo le gambe nell’acqua fresca.
Lanciò un’occhiata ad Eileen e la vide sussultare a sentire il suono della sua voce. Aprì gli occhi all’improvviso e si tirò su, guardandolo. Niall le sorrise e lei piegò un po’ la testa di lato, sollevando solo un angolo delle labbra e rimanendo a debita distanza. Niall sospirò leggermente abbattuto e afferrò la manina che gli tendeva Dylan ridendo.
«Ci pensi un attimo tu? Ho bisogno di una pausa», borbottò Denise non appena Dylan fu al sicuro nelle mani dello zio. Niall la guardò; gli occhi stanchi, le labbra piegate all’ingiù, il viso smorto. Gli tremò il cuore a vederla così, senza neanche un filo del perenne entusiasmo che la caratterizzava.
«Certo Denise, sta’ tranquilla», le disse provando a tirarla su con un sorriso, ma neanche quello servì a niente. Denise annuì solamente e senza dire nient’altro o guardarlo negli occhi rientrò in casa probabilmente raggiungendo il marito per rilassarsi due minuti.
Allora Niall si concentrò su Dylan che gli schizzava l’acqua addosso, si tolse la maglietta e si buttò del tutto in piscina, ricambiando lo sguardo fisso di Eileen. Lanciò Dylan nell’acqua poco lontano da lui facendolo urlare divertito e fece segno ad Eileen con la mano di raggiungerli.
Lei scosse la testa, sorridendo non riuscendo a trattenersi a sentire la risata così spontanea di Dylan, allora Niall piegò la testa di lato e le lanciò uno sguardo quasi implorante, facendole di nuovo segno di avvicinarsi, ma lei scosse la testa di nuovo.
Niall si lasciò andare ad un sospiro sconsolato, rinunciando a provare a convincerla quando si immerse sott’acqua, con l’espressione appena poco più accesa di qualche minuto prima.
Continuò a giocare con Dylan lanciando però sempre occhiate veloci ad Eileen, che rimaneva sott’acqua.
Ora, è vero che Niall era leggermente sulle spine e apprensivo in quei giorni, ma i secondi passavano ed Eileen non accennava a riemergere e respirare.
Niall, come al solito, andò nel panico. Tirò fuori Dylan dall’acqua e lo mise seduto sul bordo della piscina con un’espressione talmente terrorizzata che fece desistere il bambino da qualsiasi lamentela avesse in mente.
Si precipitò poi verso Eileen, afferrandole un braccio e tirandola fuori dall’acqua.
Eileen respirò forte, come se non lo facesse da secoli, poi cominciò a tossicchiare e si mise una mano sul cuore, mentre Niall la teneva su per il braccio e sentiva la rabbia fluirgli nelle vene.
«Eileen, accidenti, cosa diavolo stavi facendo?!» sbottò.
Eileen continuò a tossicchiare e si stropicciò gli occhi rossi a causa del cloro, cercando di riprendere a respirare normalmente.
«Cristo, quanto avevi intenzione di rimanere sotto? Se non ti tiravo fuori io, tu…», continuò a urlare Niall per poi interrompersi sotto lo sguardo pentito e pieno di scuse di Eileen.
Nel frattempo Niall vide Denise uscire di corsa di casa, prendere in braccio un Dylan spaventato e con le guance rigate di lacrime e stringerselo al petto.
«Che cos’è successo?» chiese spaventata mentre Dylan intrufolava il visino nel suo collo.
«Io volevo solo…volevo solo sapere cosa ha provato gli ultimi istanti in cui…io…mi dispiace, scusa», mormorò Eileen così piano che sono Niall poté sentirla.
In un attimo Niall si sentì crollare e tutta la rabbia, il nervoso e l’adrenalina scivolarono via. Sospirò, guardandola mentre si stringeva le braccia al petto e si mordeva il labbro inferiore probabilmente per evitare di piangere, e fece segno a Denise di lasciarli soli.
Poi la guardò e sentì il cuore accartocciarsi in fondo al petto.
«Vieni qui», le sussurrò afferrandola con delicatezza e stringendola a sé. La sentì rabbrividire e poggiare il viso sul petto, le labbra a contatto con la sua pelle.
«Mi dispiace», la sentì mormorare, «Lo so che dico solo questo da due giorni, ma mi dispiace
Niall sospirò e le lasciò un bacio delicato sulla fronte.
«Lo so», sussurrò, «Ma so anche che non è colpa tua, quindi dovresti smetterla di dirlo.»
Eileen scosse la testa e Niall rabbrividì istintivamente a sentire il contatto delle labbra morbide e calde di Eileen sulla sua pelle fresca e bagnata.
«Stavo pensando a lei», confessò poi con voce strozzata, «Stavo pensando a lei e mi sono spaventata e non so cosa ho pensato, io…» Eileen tremò e si bloccò nel bel mezzo della frase.
Niall sospirò, allo stremo delle forze ma stringendo i denti per evitare che anche lei cadesse a pezzi, come rischiava di fare lui.
«Usciamo dall’acqua», le disse trascinandola fuori. Lei annuì e si lasciò portare su una sdraio, dove si accomodarono vicini e lui le avvolse le spalle con un asciugamano, abbracciandola. Lei lo lasciò fare senza proferire parola, asciugandosi le lacrime mischiate all’acqua della piscina, cercando di trattenere i fremiti e i singhiozzi.
«Perché stavi pensando a lei?» le chiese Niall con un sussurro. Eileen lo guardò e abbozzò l’ennesimo sorriso di scuse per la pesantezza del discorso che stava per prendere.
«Perché mi manca. In questi giorni più del solito, ma non mi è rimasto niente di lei. Tutte le foto, il diario che scriveva…sono a casa. E io non posso tornare a casa.»
Niall la guardò impotente e lei si strinse nelle spalle, ritrovando la calma.
Parlarne, anche se non lo avrebbe mai ammesso e avrebbe preferito farne a meno, le faceva bene.
«Ma non fa niente. Anzi, scusami. Per l’ennesima volta ti ho creato problemi, ti sto incasinando la vita, mi dispiace Niall», gli chiese di nuovo scusa, più con gli occhi che con le parole, perché non poteva esprimere a voce tutto il senso di colpa che la stava divorando.
Ma Niall gli sorrise fin troppo comprensibile, come sempre troppo buono e sensibile.
«Non devi chiedermi scusa, Cookie. Ti capisco. Dispiace a me non poter fare niente per farti stare bene.»
Eileen scosse la testa e sorrise amaramente.
«Ti stancherai prima o poi di essere così buono e paziente. Non so come fai ancora a resistere con me», mormorò distogliendo lo sguardo. Niall le afferrò il mento con una mano e fissò gli occhi nei suoi, sorridendole di nuovo.
«Non nego che questi giorni siano stati difficili anche per me, Cookie. Ma io so che ce la farai, ce la faremo insieme. Supereremo tutto», le assicurò senza distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo.
Eileen annuì impercettibilmente, stregata dal suo sguardo, e Niall sentì il cuore leggermente più leggero. Si chinò in avanti e le baciò la punta del naso.
«Adesso vai a farti una bella doccia calda, così ti rilassi. Intanto dico a Denise che stasera cucino io, così si prende una pausa anche lei», esclamò ritrovando un po’ di vitalità e tirandosi su trascinando con sé Eileen.
Lei fece una smorfia e si avvolse meglio l’asciugamano sulle spalle rabbrividendo.
«Denise», mormorò, «Quanto mi odia in questo momento da uno a dieci?»
Niall schioccò la lingua e alzò gli occhi al cielo poggiandole un braccio sulle spalle e guidandola dentro casa.
«Qui nessuno ti odia, Cookie», affermò con convinzione. «Tutt’altro piuttosto», mormorò poi a bassa voce.
Eileen lo guardò sorpresa e lui le fece un sorriso smagliante, prima di indicarle le scale.
«Doccia calda, ti rilassi, ti metti una tuta comoda e poi scendi da me», le elencò sempre con il sorriso sulle labbra. Lei prese fiato e fece per ribattere, ma poi si arrese sbruffando e concedendogli un sorriso indispettito. Senza dire altro alzò le mani, si voltò e salì le scale. Niall la seguì con lo sguardo e sorrise ancora di più quando sentì sbattere la porta del bagno.
Forse sarebbe riuscita a rilassarsi un pochino e a stare tranquilla, forse per quella sera avrebbero messo da parte il nervosismo e i cattivi pensieri.
Con un pizzico di speranza a ridargli un po’ di vitalità si avviò verso la cucina, per raggiungere Denise e toglierle il compito di occuparsi di loro almeno per quella sera, ma prima che riuscisse a fare quattro passi Greg gli passò davanti quasi correndo, facendolo bloccare sorpreso per non finirgli addosso.
«Ehi Greg», lo chiamò confuso mentre quello agguantava la borsa di Denise infilando praticamente la testa dentro per cercare qualcosa. Quando riemerse aveva un sorriso vittorioso sul viso e le chiavi della macchina in mano. Niall corrugò le sopracciglia.
«Dove stai andando?» gli chiese avvicinandosi. Greg perse subito il sorriso e si guardò intorno vagamente ansioso.
«Dov’è Eileen?» gli chiese sorvolando sulla sua domanda.
«E’ appena andata a farsi la doccia», replicò automaticamente Niall cercando di guardarlo negli occhi per capire il motivo di tanta agitazione.
«Perché?» gli chiese poi quando capì che il fratello non era intenzionato ad assecondarlo. Greg sospirò e finalmente incrociò il suo sguardo, con una determinazione e decisione che Niall gli aveva visto in faccia solo quando affrontava uno dei suoi casi in tribunale.
Ovviamente non gli piacque per niente e cominciò ad avere una brutta sensazione.
«Sto andando a casa sua», confessò Greg lapidario. Niall sbiancò.
«Cosa?!»
«Ho intenzione di parlare con il padre, che lei lo voglia o no», replicò freddo Greg senza distogliere gli occhi per un secondo da quelli identici del più piccolo. Niall sentì il respiro cominciare ad accelerare, così come il senso di colpa per aver tradito la fiducia di Eileen raccontando tutto a Greg, che non aveva la minima intenzione di rimanersene con le mani in mano.
«Greg…», cominciò cercando di mantenere la calma. Ma Greg scosse la testa e lo interruppe subito facendogli capire che era irremovibile sulla sua decisione.
«Niall, questa è una faccenda piuttosto delicata e importante, che non può essere risolta solo con il silenzio. Devo sentire cosa ha da dire il padre e devo sapere quanto devo essere preoccupato per quella povera ragazza.»
«Greg, Eileen non vuole che tu…», ci riprovò Niall cercando di fermarlo in tutti i modi, perché non voleva che Eileen venisse a sapere che Greg si era messo in mezzo, perché lei avrebbe voluto solo dimenticare e non avere più niente a che fare con quell’uomo, perché lei si era fidata di lui e lui non l’aveva ascoltata.
«Che io mi metta in mezzo, lo so. Ma non le sto chiedendo il permesso. E non lo sto chiedendo neanche a te. Lo farò comunque», dichiarò Greg senza lasciarlo finire.
Niall a quel punto sospirò, non sapendo più cosa fare, arrendendosi al fatto che il fratello avesse preso una decisione e che, alla fine, quella fosse la cosa più giusta da fare.
Lanciò uno sguardo titubante verso le scale, ci pensò un po’ su e poi decise anche lui. Ormai ci era dentro con un piede, tanto valeva affondare del tutto.
«Vengo con te», affermò con voce flebile. Greg non si scosse, lo guardò alzando un sopracciglio.
«Sei sicuro?»
Niall scrollò le spalle e si diresse verso la porta.
«Lei si arrabbierà lo stesso perché te l’ho detto, quindi…» mormorò per poi guardarlo mentre lo seguiva, «E poi non ho intenzione di mandarti lì da solo.»
«Non ho paura di quell’uomo», affermò Greg aprendo la macchina e salendo su. Niall sospirò e lo guardò.
«Io si invece, perché l’ho visto. Ho visto il suo sguardo, e ho visto cosa ha fatto ad Eileen.»
Greg sembrò capire i suoi turbamenti e le sue preoccupazioni, così annuì e mise in moto senza ribattere.
«Va bene, andiamo.»
Il viaggio verso casa di Eileen fu veloce, silenzioso e carico di aspettative. Niall se ne stava con gli occhi puntati fuori dal finestrino, il piede che tamburellava nervoso a terra mentre si mangiucchiava l’unghia del pollice.
Appena Greg accostò nel vialetto che gli indicò Niall, quest’ultimo sentì il sangue schizzargli al cervello e l’adrenalina cominciare a scorrergli nelle vene, mentre teneva gli occhi puntati sulla macchina del padre di Eileen parcheggiata proprio davanti a loro.
«Niall», lo chiamò Greg. Si voltò e vederlo così rilassato e posato gli fece salire ancora di più l’ansia.
«Che?» sbottò con i nervi tesi allo spasmo.
«Lascia parlare me», gli ordinò con sguardo deciso per poi avviarsi verso la casa senza dargli il tempo di ribattere.
Niall comunque non era sicuro che l’avrebbe fatto, perché non sapeva quanto, una volta trovatosi di fronte a quell’uomo, avrebbe trovato la voglia di parlare. Probabilmente sarebbe stata maggiore quella di prenderlo a pugni. Quindi era meglio che se ne rimanesse in disparte a spalleggiare il fratello senza proferire parola, perché sentiva che anche solo un respiro sbagliato avrebbe potuto fargli perdere il controllo.
Seguì Greg e si fermò a pochi passi da lui quando bussò delicatamente alla porta. Aspettarono entrambi trattenendo il respiro per qualche secondo, poi Greg bussò di nuovo.
Nessuna risposta.
Niall tamburellò un piede a terra sentendo il nervoso e l’agitazione che lo stavano portando quasi a scoppiare. Greg bussò di nuovo, questa volta leggermente più forte, ma nessuno venne ad aprire.
Niall sapeva che era in casa, la macchina era lì e la luce in salotto, dove c’era quel sudicio divano su cui passava le giornate, era accesa e si sentiva fin da lì il volume della tv.
Sicuramente era in casa, probabilmente però era troppo stordito dall’alcool per rendersi conto che c’era qualcuno fuori dalla sua porta.
Niall grugnì infastidito e Greg si voltò verso di lui a braccia aperte, come se non sapesse cos’altro fare. Allora Niall spazientito lo superò e cominciò a bussare forte alla porta, con entrambi i pugni, quasi come se fosse pronto a buttarla giù da un momento all’altro.
Greg immediatamente gli mise una mano sulla spalla per cercare di fermarlo e «Niall», lo richiamò. Ma lui se lo scrollò di dosso con un movimento brusco e «Apri questa cazzo di porta, stronzo», sbottò continuando a sbattere i pugni sul legno.
«Niall smettila, starà dormendo», provò a fermarlo Greg ma dei passi e dei grugniti dall’altra parte della porta lo fecero ammutolire.
Niall si ritirò, indietreggiando di qualche passo, e la porta si aprì rivelando l’uomo imponente, con gli occhi pesti e lacrimosi e una bottiglia di vodka mezza vuota in mano.
Mark li scrutò per qualche secondo, Niall lo fissò dritto negli occhi con ostilità, Greg cercò di darsi un contegno imponendosi dentro di sé di mantenere la calma.
«Che volete?» sbiascicò Mark quando capì che i due per il momento non avrebbero parlato.
Niall assottigliò gli occhi e mise nel suo sguardo tutto l’odio che provava per quella feccia d’uomo.
«Lei è il padre di Eileen?» chiese Greg. Niall si voltò di scatto verso di lui, un po’ incredulo per il suo tono pacato, un po’ stupito per quell’assurda domanda. Scosse la testa e lo guardò come per dire «Cosa diavolo stai dicendo?». Ma Greg lo ignorò e tenne gli occhi puntati su Mark, che corrugò le sopracciglia tentando di concentrarsi e fece saltare lo sguardo da Greg, a Niall, poi di nuovo a Greg. Quando poi guardò per l’ultima volta Niall sembrò ricollegare il tutto e il suo viso si fece improvvisamente rosso di rabbia.
«Tu», sputò facendo un passo avanti verso di Niall.
Niall non si mosse e incrociò le braccia al petto con aria di sfida, anche se dentro di sé la paura che potesse anche solo sfiorarlo lo fece tremare. Aveva visto come aveva ridotto Eileen, e per quanto coraggioso e uomo fosse, nessuno voleva ritrovarsi in quelle condizioni.
«Dove cazzo è mia figlia?» gli chiese con tono d’accusa. Niall strinse le labbra e apparentemente non si lasciò scalfire da quel tono minaccioso e da quell’odore di alcool che gli fece rivoltare lo stomaco.
«Non credo dovrebbe interessarti, e non credo neanche tu possa chiamarla ancora così», replicò con voce carica d’odio. Mark fece un altro passo verso di lui, ma Greg si infilò in mezzo bloccandolo.
«Signore, siamo venuti qui per parlarle. Gradirei che si mantenesse un certo livello di calma, per cortesia.»
«Smettila di parlare così, Greg», sputò Niall dietro di lui tenendo gli occhi fissi in quelli di Mark, «Tanto non capisce neanche cosa dici, ha il cervello annebbiato da quello schifo che si beve.»
«Brutto stronzetto, lo so che sei stato tu a portarla via», attaccò di nuovo Mark chiudendo la mano libera a pugno, «Non sarebbe andata da nessuna parte da sola quella puttanella», grugnì accennando ad una risata di scherno.
A quel punto, neanche l’illimitata pazienza di Greg riuscì a non far degenerare la situazione.
«Sei proprio un pezzo di…» cominciò Niall cercando di superare a forza Greg.
«Niall!» tentò di bloccarlo lui tenendolo per entrambe le braccia, ma ormai Mark gli era arrivato troppo vicino e lo affrontò faccia a faccia.
«Dai, finisci la frase così ti faccio vedere come sistemo i ragazzini impertinenti come te», lo provocò con un sorriso sinistro sulle labbra. Niall boccheggiò per qualche secondo, così che Greg potesse anticiparlo. Con non molta delicatezza lo spinse indietro, lontano da Mark e affrontò lui l’uomo, arrivandogli faccia a faccia e puntandogli minaccioso un dito contro.
«Sta a sentire, pezzo di merda», cominciò con un tono di voce che strideva nettamente con quello calmo e pacato di pochi minuti prima. Mark lo guardò sorpreso senza ribattere, appena un poco confuso e forse intimorito dalla sua espressione minacciosa.
«Sono venuto qui per parlarti con le buone, ma a quanto pare è impossibile. Quindi senti bene cosa sto per dirti, perché non lo ripeterò una seconda volta: io sono un avvocato, stronzo. Ho contatti con persone di un’importanza che tu non puoi nemmeno immaginare. Quindi ascolta il mio consiglio: stai lontano da Eileen, dimentica la sua esistenza. Non provare neanche più a nominarla, perché quanto è vero Dio se solo ti avvicini di nuovo a lei ti faccio sbattere dietro le sbarre e farò in modo che passi il resto della tua schifosa vita lì dentro», disse con voce piatta, incolore, quasi terrificante. Mark sbatté le palpebre più volte e fece istintivamente un passo indietro.
«Hai capito?» alzò la voce Greg. A quel punto l’uomo annuì, perdendo tutta la sfacciataggine che aveva avuto ad affrontare un ragazzino di soli vent’anni.
«Andiamocene, Niall», disse poi Greg affiancando il fratello. Ma Niall improvvisamente si animò, forte della minaccia che aveva spaventato l’uomo, e lo raggiunse sulla porta.
«Aspetta, devo prendere una cosa», mormorò aggirandolo con facilità ed entrando in casa.
«Ma che…Niall!» lo chiamò Greg correndogli dietro.
«Ehi, dove cazzo stai andando?» sbottò Mark voltandosi con troppa lentezza per poterlo bloccare.
Niall li ignorò entrambi, salendo le scale a due a due diretto nella camera di Eileen, dove sapeva avrebbe trovato quello che stava cercando.
Appena entrò nella stanza puntò immediatamente al comodino accanto al letto, come se sapeva che fossero lì, il posto più vicino a lei dove potesse tenerli, dove potesse sfogliarli quando ne aveva bisogno, anche nel cuore della notte.
E infatti non appena aprì il primo cassetto li vide: un album di fotografie e un diario nero, chiuso con un elastico, rovinato ed evidentemente vecchio.
Li prese senza pensarci due volte, se li strinse al petto come se fossero la cosa più delicata e importante del mondo, e scese le scale quasi correndo, impaziente di andare via da quel posto e di stringere nuovamente la sua Eileen tra le braccia, al sicuro.
«Tu, brutto stronzo, che cosa hai preso?» lo accolsero le urla di Mark appena alla fine delle scale. Lo bloccò mettendogli le mani sulle spalle e spingendolo verso il muro. Niall sgranò gli occhi per un attimo non sapendo cosa fare.
«Togli le mani di dosso da mio fratello», sibilò Greg tirandolo via.
«Non ho preso niente che ti appartiene», mormorò Niall rivolto a Mark scrollandosi di dosso le sue mani e puntando a testa bassa la porta ancora aperta.
«Tutto quello che è qui dentro mi appartiene!» gli urlò dietro l’uomo riacciuffandolo per un braccio.
«Non tutto», sibilò Niall stringendosi al petto il diario della mamma di Eileen. Mark, nonostante non fosse affatto lucido, notò quel movimento e scoppiò a ridere lasciando la presa su Niall, che affiancò immediatamente Greg che se ne stava teso e pronto a reagire ad un nuovo attacco.
«Quella troietta vuole indietro il diario della madre», sghignazzò l’uomo alzando le mani e indietreggiando.
«Greg, andiamo via», sussurrò Niall cercando di ignorare l’orrore di quella risata e di quelle parole.
«Tanto farà la sua stessa fine, è uguale a lei! Non ti ci immischiare troppo ragazzino, tra due anni la ritroverai sotto un ponte», continuò Mark imperterrito. Greg nel frattempo si era incamminato verso la macchina e Niall gli sarebbe andato dietro se non avesse sentito quelle parole.
Senza riflettere, senza pensare a cosa stava facendo, si girò sui suoi tacchi e quasi prendendo la rincorsa con tutta la forza che aveva in corpo sferrò un pugno dritto sul naso di Mark, che barcollò all’indietro e cadde a terra tenendosi il viso con entrambe le mani, lasciando schiantare sul pavimento la bottiglia di vodka.
Senza dire nient’altro, sicuro di aver espresso esattamente senza bisogno di parole cosa provava in quel momento, Niall superò uno stupefatto Greg impalato nel mezzo del vialetto e salì in macchina, allacciando la cintura e chiudendo gli occhi per far tornare regolare il respiro e il battito del suo cuore.
Greg lo raggiunse qualche secondo dopo, mettendo in modo e portandolo a casa senza proferire parola, entrambi troppo persi nei loro pensieri per poterli condividere con l’altro.
Quando Greg accostò sul vialetto di casa Niall si accorse subito di Eileen, rannicchiata sulle scale davanti all’ingresso, il cappuccio della felpa sulla testa, le ginocchia raccolte al petto e lo sguardo vuoto fisso davanti a sé. Gli si strinse il cuore e si affrettò a scendere dalla macchina per raggiungerla.
Piano, senza disturbare i suoi pensieri, si accomodò accanto a lei nascondendo le cose che aveva preso da casa sua dietro di sé. Greg lo seguì e quando Eileen sembrò risvegliarsi e accorgersi di loro, notò subito lo sguardo carico di pietà e preoccupazione di Greg.
Si fissarono per qualche momento, secondi in cui Niall trattenne il respiro, poi Eileen sospirò e distolse lo sguardo poggiando il mento sulle sue ginocchia.
Greg rientrò in casa senza dire niente e Niall sospirò, sentendosi appena più leggero.
«Ehi», sussurrò facendo scontrare le loro braccia. Eileen respirò piano e lo guardò alzando appena un angolo delle labbra.
«Perché sei qui fuori?» le chiese bisbigliando. Lei si strinse nelle spalle e fissò gli occhi nei suoi senza distoglierli, come se gli fossero mancati, come se avesse bisogno di sentire il suo sguardo su di sé. Niall sentì come sempre il cuore fare le capriole.
«Ti stavo aspettando, ma altri cinque minuti e sarei congelata», accennò ad una risata rabbrividendo automaticamente. Niall allora le avvolse le spalle con un braccio per ripararla quanto poteva dal venticello freddo delle tipiche serate irlandesi.
«Va meglio così?» le chiese lasciandola accoccolare sul suo petto. Eileen annuì flebilmente ma Niall la sentì tremare di nuovo. Allora le lasciò un piccolo bacio sulla fronte e mormorò «Non credo sia solo un abbraccio quello di cui hai bisogno», facendole alzare il viso verso il suo. Niall allora le sorrise e strofinò il naso contro il suo, per poi far incontrare dolcemente le loro labbra. Eileen si lasciò andare e afferrò con una mano la sua maglietta, facendolo infuocare.
Quando si staccarono, separandosi appena di pochi centimetri, con le punte dei nasi ancora in contatto, Eileen lo inchiodò di nuovo con lo sguardo.
«L’hai detto a Greg, vero?» chiese mascherando qualsiasi inflessione nella sua voce. Niall sospirò tirandosi indietro e distogliendo lo sguardo.
«Scusa.»
«No, capisco. E’ qualcosa di troppo grande per poter reggerne il peso da solo. Non avrei dovuto chiedertelo, mi dispiace», rispose prontamente Eileen accoccolandosi di nuovo sul suo petto, la testa nell’incavo del suo collo, il respiro caldo a solleticargli la pelle.
Niall rabbrividì e la strinse automaticamente.
«Sì, Eileen, è qualcosa di troppo grande. E anche tu dovresti smettere di provare a farcela da sola, perché questa cosa ti schiaccerà e basta», le disse sinceramente preoccupato.
«E cos’altro dovrei fare?»
«Appoggiarti a me, a Denise, Greg. Lasciati aiutare, noi siamo qui per te.»
Eileen scosse la testa e si tirò su per guardarlo negli occhi, con sguardo impotente, quasi disperato.
«Appoggiarmi a voi e sconvolgervi ancora di più la vita? Non siete obbligati, non faccio neanche parte della famiglia, perché volete aiutarmi?» gli chiese non riuscendo a capire che c’era un motivo più che valido per cui si comportavano così con lei.
«Perché tu ormai fai parte di questa famiglia», abbozzò Niall con sincerità. Eileen scosse la testa e strizzò gli occhi, poggiando la fronte sulle ginocchia.
«No, Niall. Non è una spiegazione valida, non detta da te», mormorò con voce flebile.
«Allora perché…perché io…io ti…»
«Non dirlo», lo interruppe tirando su la testa di scatto, lo sguardo vigile e implorante.
Niall capì che lei sapeva cosa stava per dire, per questo corrugò le sopracciglia e «Perché?» sbottò.
«Non puoi pensarlo davvero», mormorò Eileen scuotendo di nuovo la testa.
Niall le afferrò il mento con una mano costringendola a guardarlo negli occhi.
«Io non lo penso, io lo sento», le assicurò con trasporto. Eileen scosse la testa, gli occhi le si riempirono di lacrime, gemette piano per la frustrazione di non sapere cosa fare per combattere quel sentimento.
Aveva paura che gli avrebbe fatto del male, voleva proteggerlo, per quello cercava di respingere l’amore che intossicava il cuore di entrambi.
Per questo Niall la baciò, perché lui aveva capito che ormai nessuno dei due avrebbe potuto farci niente.
Si baciarono per qualche minuto, dicendosi senza bisogno di parole cosa stavano pensando in quel momento. E Niall mise via finalmente tutte le preoccupazioni, la tensione, l’angoscia di quelle giornate.
Mise via tutto finché Eileen non si staccò e dopo qualche minuto di silenzio gli chiese «Dove sei andato con Greg?», più per fare conversazione che per altro.
Ma Niall sprofondò di nuovo nella confusione, non sapendo come Eileen avrebbe preso il fatto che non solo aveva raccontato tutto a Greg, ma quello aveva deciso di presentarsi a casa del padre per minacciarlo di non farsi più vedere. E per concludere Niall gli aveva anche dato un pugno, lui che aveva sempre odiato la violenza.
Magari su quello però avrebbe potuto anche sorvolare.
Sospirò davanti allo sguardo confuso di Eileen per una risposta che tardò ad arrivare, e si voltò per prendere ciò che aveva nascosto dietro di sé.
Eileen lo guardò corrugando le sopracciglia finché non capì cosa stava tenendo tra le mani.
Sbarrò gli occhi e si coprì la bocca con le mani.
«Sono riuscito a prendere solo questi», mormorò tendendole l’album e il diario della mamma.
«Niall…» singhiozzò Eileen afferrando quei tesori con mani tremanti. Niall sbruffò ed evitò il suo sguardo, non sopportando di vedere dentro quegli occhi magnetici la disapprovazione per essere tornato in quella casa.
«Non arrabbiarti, è stata di Greg l’idea di…» cominciò a scusarsi ma le braccia di Eileen improvvisamente serrate intorno al suo collo lo bloccarono.
«Grazie», singhiozzò Eileen sulla sua spalla, «Grazie davvero», ripeté stringendolo forte. Niall ricambiò la stretta leggermente sorpreso, poi Eileen si staccò e a lui si gonfiò il cuore di gioia a vederla così sorridente e felice.
Eileen studiò ciò che teneva tra le mani come se fosse qualcosa che non vedeva da anni, qualcosa che pensava non avrebbe potuto guardare mai più.
«Qui dentro c’è tutto ciò che mi ha lasciato mia madre», spiegò con voce gonfia di emozione, «Ci sono tutte le sue foto da quando era giovane fin quando ha deciso di andarsene. Sono le uniche cose che ho di lei, le uniche foto in cui ci siamo io e lei», mormorò asciugandosi le guance con il dorso delle mani.
«Posso vederle?» azzardò Niall con un sorriso incerto.
Eileen annuì vigorosamente e intrecciò le dita con le sue, alzandosi.
«Andiamo dentro però, o congeleremo qui fuori», gli disse tirandolo su ritrovando il suo splendido sorriso. Niall la lasciò fare ma, prima che lei lo trascinasse di nuovo dentro casa, la afferrò per i fianchi e la baciò, perché aveva bisogno di sentire di nuovo quel contatto.
Eileen ricambiò il bacio come non faceva da giorni, con un trasporto e una devozione che Niall aveva pensato di non sentire più.
Quel bacio invece gli fece capire che Eileen aveva toccato il fondo, ma ci sarebbe stato lui a tirarla su. Non l’avrebbe lasciata lì per niente al mondo, le avrebbe teso la mano e l’avrebbe fatta rialzare. Piano, ma ce l’avrebbe fatta.
Eileen lo baciò e lo abbracciò e sorrise sulle sue labbra. Gli sorrise così dolce, così riconoscente, con così tanto amore che Niall per un secondo pensò che forse l’aveva già fatto.
Forse l’aveva già tirata fuori dal buio che circondava il suo cuore.















BONSOIR MADEMOISELLES!
Come al solito comincio il mio angolino, che giuro questa sera sarà davvero ristretto perchè sto per crollare dalla stanchezza, con scuse e richieste di perdono.
Mi dispiace infinitamente per il mio ritardo e per non riuscire a dedicarvi la giusta importanza: non è perchè sono disinteressata, ma non arrivo proprio psicologicamente.
Il pomeriggio torno da scuola stremata e tra lo studio e altre cose non ho proprio tempo materiale per accendere il computer.
Quindi scusatemi, davvero scusatemi, se non riesco mai a rispondere alle vostre recensioni, I feel like a little shit.
Anyway, stasera mi sono imposta di mettere questo benedetto capitolo e quindi eccomi quì.
Spero vi piaccia, fatemi sapere, che io anche se non rispondo leggo sempre tutto e vi amo sempre di più.
L'unica cosa certa che posso dirvi ora, cercando di rispondere a grandi linee alle vostre domande, è che non abbandonerò questa storia. A costo di spremermi il cervello la porterò al termine.
Per un eventuale seguito poi si vedrà, per ora penso solo a dare un finale a queste povere anime.
Avevo detto che avrei fatto una cosa breve, lo so.
Quindi adesso evaporo, hope u like it!
Tanto amore,
Sara.

Ps. Scusate per gli errori, non ho la forza per rileggere, ho già gli occhi chiusi e la testa virtualmente sul cuscino.

 

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Capitolo 29
*** Louis Tomlinson. ***


29. Louis Tomlinson.
 
 


Nonostante fossero solo pochi giorni che era in quella casa, che divideva il letto con Niall e tentava di dimenticare il fatto che lei una casa ce l’aveva ma non poteva tornarci, aveva capito e si era ormai rassegnata al fatto che c’era una cosa lì dentro che non si poteva proprio fare: dormire.
Dormire con tranquillità.
Sembrava quasi che ogni volta che chiudeva gli occhi, che riusciva finalmente a spegnere il cervello e prendere sonno, arrivava qualcuno che per dispetto la riportava al mondo reale.
E nonostante stesse meglio, cominciasse a riprendersi grazie a Niall e la sua infinita bontà, aveva fin troppo sonno da recuperare.
Ma la suoneria squillante del cellulare di Niall quella mattina, che probabilmente era ancora notte dato il buio pesto nella stanza, le fece capire che non ci sarebbe riuscita tanto facilmente.
Per un motivo o l’altro si ritrovava sempre a svegliarsi nel bel mezzo del sogno, ad interrompere bruscamente il suo sonno fin troppo leggero.
Sbruffando silenziosamente e strizzando gli occhi, ancora per metà nel dormiveglia, sentì Niall scattare accanto a sé e alzare la testa velocemente. Ci mise qualche secondo a capire che quello che stava squillando era il suo telefono e altrettanto tempo a sciogliere la presa con la quale cingeva i fianchi di Eileen per buttarsi praticamente sul comodino per afferrare il telefono.
«Ma che…?» borbottò con la voce impastata dal sonno, poi un tonfo sul pavimento.
«Cazzo!» sibilò trattenendo a stento la voce, poi un altro tonfo, probabilmente provocato proprio da lui che si era buttato a terra per riprendere il telefono e il suo «Pronto?» sussurrato con voce ovviamente scocciata.
Eileen non si mosse, rimanendo sdraiata di lato dandogli le spalle, ma sorrise immaginando la sua espressione spaesata e i suoi capelli arruffati e le sue guance rosse.
«Darling!» Un urlo cristallino, gracchiato appena a causa del vivavoce del telefono, la fece sobbalzare.
«Louis?» chiese confuso Niall rimanendo a terra e non accorgendosi che con la sua fretta e sbadataggine aveva risposto inserendo il vivavoce. Il sorriso di Eileen si allargò, ma non era ancora abbastanza sveglia per parlare e avvisarlo.
«Certo, chi vuoi che sia con il mio telefono?» esclamò la voce di Louis dall’altra parte del telefono, con un entusiasmo e un’allegria da risultare fin troppo strana a quell’ora del mattino, o della notte, ancora non ne era sicura.
«Ma che ore sono?» biascicò Niall strusciando sul pavimento e dando voce ai suoi pensieri. Eileen si coprì la bocca con la mano per non scoppiare a ridere; Niall si sforzava di parlare a bassa voce per evitare di svegliarla, ignorando il fatto che lo fosse già e che fosse tutto inutile perché ci pensava la voce squillante di quel Louis a fare abbastanza rumore.
«Le cinque, Bell’Addormentato», esclamò quest’ultimo quasi canticchiando.
«E perché mi stai chiamando alle cinque del mattino?!»
«Perché sono a Dublino!»
«A Dublino?!». Questa volta Niall non si trattenne ed esclamò a voce fin troppo alta, per poi pentirsene e strisciare sempre a terra e affacciarsi per vedere se aveva svegliato Eileen. Lei non si mosse, restando in ascolto curiosa anche lei di sapere perché uno dei suoi migliori amici si trovasse in Irlanda e perché lui non ne sapesse niente.
Un senso di sconforto la invase quando comprese che per colpa sua Niall quei giorni era stato fuori dal mondo, troppo occupato a preoccuparsi per lei e i suoi problemi.
Gli stava rovinando l’estate e la sua vacanza. Lo sapeva che sarebbe andata a finire così e aveva provato con tutte le sue forze ad evitarlo, ma era stato tutto inutile.
«Sì, Lottie voleva vedere l’Irlanda e ovviamente mi ha suggerito di chiamarti perché sarebbe stato scortese passare così, casualmente, in Irlanda senza andare a trovare l’irlandese per eccellenza», la voce di Louis era carica di sarcasmo mentre spiegava al suo amico il motivo per il quale si trovasse a poco più di un’ora da lui. Ma Eileen fece poco caso alle inflessioni della sua voce, divertita, un po’ esasperata, perché a quel nome di ragazza le si drizzarono le orecchie.
«Mi stai prendendo in giro?» esclamò Niall incredulo. Louis sbuffò.
«No, Nialler. Lots mi ha praticamente costretto a mettere il mio bellissimo fondoschiena sull’aereo per venire in Irlanda. Ovviamente il voler visitare Dublino era una scusa…Lottie, ahia!» urlò all’improvviso, per poi essere coperto da borbottii infastiditi di sottofondo. Eileen sentì Niall ridacchiare e riuscire finalmente ad alzarsi in piedi a fatica.
«Non ci credo…ma…dove sei precisamente adesso?»
«All’aeroporto, siamo appena scesi dall’aereo. Non è che potresti venire a prenderci?»
«Lou, mi ci vorrà almeno un’ora», borbottò Niall però già scattando verso l’armadio per raccattare una maglietta pulita, andando a tentoni al buio.
«No problem, andiamo a fare colazione e ti aspettiamo», esclamò Louis con voce allegra. Eileen non lo conosceva, aveva a malapena visto di sfuggita la sua faccia in tv o su qualche rivista, ma solo sentire la sua voce sprizzare entusiasmo la faceva sentire leggera.
«Non ci posso credere», mormorò Niall. Eileen sentì il sorriso nella sua voce e facendo piano si voltò per non perdersi quello spettacolo, illuminato dalla luce flebile del telefono.
«Neanche io, Darling. Questo è il potere che hanno gli occhi da cucciolo di questa strega su di me», borbottò Louis rivolgendosi alla ragazza che sicuramente stava ascoltando la conversazione lì accanto a lui. Eileen si impose di sotterrare la curiosità di sapere chi fosse, ignorando che Louis avesse palesemente fatto capire a Niall che se erano in Irlanda era solo perché quella Lottie voleva vedere lui, e non l’avrebbe mai ammesso ma era chiara la sensazione che le aveva chiuso lo stomaco all’istante: gelosia.
«Niall», lo chiamò con voce gracchiante raggomitolandosi sotto al lenzuolo. Niall schizzò e si voltò verso di lei con gli occhi sbarrati.
«Oh, ti ho svegliata, scusa!» urlò. Eileen ridacchiò sottovoce e chiuse gli occhi mentre Niall si arrampicava sul letto.
«Il vivavoce», gracchiò.
«Nialler che succede? Non mi stai prestando attenzione.»
«Che? Lou aspetta un attimo! Che hai detto, Cookie?» le chiese con voce carica di dolcezza, cambiando tono rispetto a quello normale che stava usando con il suo amico. Eileen sorrise e aprì gli occhi, sentendo il cuore come al solito accelerare.
«Hai messo il vivavoce», gli spiegò schiarendosi la voce. Niall sbarrò gli occhi e arrossì.
«Oh», mormorò poi staccò il telefono dall’orecchio per guardare lo schermo e arrossì ancora di più. «Cristo scusa, scusa!» esclamò affannandosi per togliere il vivavoce mentre la risata squillante di Louis dall’altra parte della cornetta riecheggiò nella stanza. Eileen scrollò le spalle e sorrise, continuando a guardarlo come se non ci fosse niente di più buffo e bello al tempo stesso.
«Sì, Lou sto parlando con Eileen», rispose Niall lanciandole uno sguardo di sfuggita e trattenendo a stento un sorriso. Poi ascoltò la risposta dell’amico, sbiancò e arrossì di nuovo.
«Louis!» sbottò oltraggiato, «Se non la pianti ti lascio lì.»
Eileen riuscì a sentire la risata di Louis fin da lì e sorrise automaticamente. Niall chiuse gli occhi e si rilassò anche lui sospirando e non riuscendo a fare a meno di sorridere a sua volta.
«Okay, okay. Mi vesto e parto», si arrese infine per poi riattaccare. Per qualche secondo continuò a guardare lo schermo nero del telefono sorridendo imbambolato.
«Non ci posso credere…Louis è qui», mormorò dopo un po’ alzando lo sguardo improvvisamente emozionato verso Eileen, il sorriso raggiante come non l’aveva mai visto.
«Dio, mi sembra passata un’eternità dall’ultima volta che l’ho visto!» esclamò poi riprendendosi e lanciando il telefono sul letto per togliersi i pantaloni del pigiama e infilarsi un paio di jeans continuando a sorridere e mormorando «Devo andare subito a prenderlo.»
Eileen si tirò su poggiando la schiena alla testiera del letto e lo osservò provando appena un po’ di imbarazzo; dormivano insieme, aveva visto tutto di lui, era assurdo imbarazzarsi solo guardandolo spogliarsi davanti a lei senza vergonga.
In quei giorni si erano legati più di quanto le coppie normali potessero fare in interi mesi, lui aveva visto la parte peggiore di lei e lei aveva conosciuto ogni sfumatura del suo carattere e della sua gentilezza. Non poteva affermarlo con certezza, ma Niall era una delle persone più buone che esistevano al mondo.
Si schiarì la gola per richiamare la sua attenzione e lui la guardò mentre si infilava la maglietta.
«Chi è Lottie?» chiese con voce piatta, apparentemente tranquilla.
Niall si bloccò con un braccio e mezza testa infilata nella maglietta e puntò gli occhi su di lei che si sforzò di mantenere un’espressione neutra, di pura curiosità.
La verità era che la domanda l’aveva sfiorata non appena aveva sentito pronunciare quel nome femminile, la curiosità le stava bruciando lo stomaco e non avrebbe mai voluto ammetterlo neanche a se stessa, ma quello che provava in quei secondi che passarono dal porgere la domanda al ricevere la risposta, era pura gelosia.
Vide Niall mascherare a stento un sorriso quasi di soddisfazione mentre finiva di infilarsi la maglietta e cercò di non ripetere la domanda e di mantenere la calma e attendere pazientemente.
Lo fissò mentre lui fingeva di tossire coprendosi la bocca con la mano per nascondere malamente un altro sorriso.
«Di cosa sei preoccupata, Cookie?» le chiese lanciandole un’occhiata di sottecchi e sbattendo le palpebre innocentemente.
Eileen sentì il sangue fluire alle guance ad una velocità impressionante e tentò di mantenere un tono di voce neutro e di non cadere nell’evidente provocazione di Niall.
Era evidente che lui avesse capito che quella domanda proveniva dalla bruciante gelosia che l’aveva colpita, quindi voleva approfittarne.
«Di niente, chiedevo solo», mormorò riuscendo a non balbettare ed evitando il suo sguardo. Il sorriso di Niall a quel punto si allargò e non cercò più di nasconderlo.
Si avvicinò al letto e si poggiò con le mani accanto al corpo semidisteso di Eileen, guardandola e mandandola a fuoco.
«Mmh», sussurrò pensieroso. Eileen alzò le sopracciglia e ricambiò a stento il suo sguardo, perdendosi solo per un secondo sulle sue labbra così vicine.
«Non è che sei…mmh non so…gelosa?» la provocò avvicinandosi ancora e respirando sulle sue labbra dischiuse. Eileen deglutì a fatica, la gola improvvisamente secca, e riuscì a stento a staccare gli occhi da quelle labbra così invitanti.
«No, per niente. Era solo un’innocente domanda», mentì spudoratamente. A quel punto Niall rise e si avvicinò fino a far sfiorare i loro nasi.
«Puoi dirmelo che sei gelosa, Cookie. Così risolviamo la cosa.»
«Non sono gelosa», sibilò Eileen cercando di tirarsi indietro, il respiro accelerato e il cuore che rischiava di schizzargli fuori dal petto.
Niall rise di nuovo e poggiò le braccia sul materasso ad entrambi i lati dei suoi fianchi, intrappolandola sul letto e toccando il naso con il suo.
«Menti», la accusò con un sorrisetto impertinente.
Eileen fremette e automaticamente portò la mano dietro al suo collo, carezzandogli i capelli corti sulla nuca e non riuscendo ad impedirsi di fissare le sue labbra piegate in quel sorriso irritante.
«Tu però non mi hai ancora risposto», bisbigliò dimenticandosi di contraddirlo. Il sorriso di Niall se possibile si allargò ancora di più, sapeva che avrebbe vinto.
«Lottie è la sorella di Louis, una delle tante. E tu, piccola, sei gelosa», affermò con sicurezza. Eileen sorrise e arricciò il naso in una smorfia facendolo scoppiare a ridere.
Poi Niall fece per baciarla, ma lei all’ultimo secondo impedì il contatto posando un dito sulle sue labbra. Piegò la testa di lato e assottigliò gli occhi.
«E perché la sorella di Louis l’ha trascinato fino in Irlanda per vedere te?» gli chiese. Niall scostò la mano di Eileen dalla sua bocca e portò le loro labbra a sfiorarsi.
«Ha una cotta per me, credo», confessò. Non le diede il tempo di afferrare le sue parole, figurarsi di ribattere, perché incollò le loro labbra e la baciò con così tanta veemenza da costringerla ad indietreggiare con la testa e a posarla sul cuscino.
Eileen corrugò le sopracciglia non convinta della tranquillità e spensieratezza con la quale le aveva rivelato quel piccolo dettaglio e tentò di interrompere il bacio, ma Niall non ne aveva nessuna intenzione. Lei intrappolò il viso tra le mani e intrecciò la lingua con la sua.
Eileen allora sorrise e, non trovando altro modo, gli morse il labbro inferiore.
«Ehi!» si tirò subito indietro Niall passandosi la lingua sulle labbra. Eileen poggiò le mani sul suo petto e lo spinse delicatamente.
Lui la guardò sbalordito.
«Mi hai morso!» la accusò quasi fuori di sé. Eileen non poté fare a meno di ridacchiare e poi si strinse nelle spalle.
«Tu non mi lasci parlare», si giustificò. Niall schioccò la lingua e si tirò su, così lei fece lo stesso sedendosi entrambi sul letto.
«Tu non volevi parlare, volevi bombardarmi di domande, l’ho letto in quegli occhietti curiosi», la accusò divertito. Eileen gli fece una smorfia e lo seguì con lo sguardo mentre lui, al buio, cercava a tentoni le scarpe buttate chissà dove nella stanza.
«E tu non risponderesti alle mie domande?»
Niall sbruffò buttandosi sul pavimento a gattoni per cercare le scarpe sotto al letto.
«Certo. Anche se ti preoccupi per cose inutili…eccole!» esclamò tirando fuori le scarpe e saltellando per infilarsele ai piedi. Eileen si imbronciò mentre lui si piegava di nuovo su di lei per scoccarle un bacio delicato sulle labbra.
«Togliti quell’espressione e non farti troppi film mentali. Lottie ha sedici anni, credo, ed è la sorella del mio migliore amico. Ha solo una cotta per me, ma credo più che altro perché mi vede come la super star del momento e l’amico irraggiungibile del fratello. E’ anche probabile che si sia convinta di essere innamorata di me solo per fare un dispetto a lui, quindi non preoccuparti, non ne hai motivo», le assicurò schioccandole un altro bacio prima di tirarsi su del tutto e afferrare una felpa e il cellulare.
«Vado a prenderli, tra un paio d’ore saremo qui. Dormi un altro po’ se ci riesci», le disse facendole un gran sorriso.
Eileen si rilassò del tutto, non aveva motivo di preoccuparsi e sapeva che anche se questa ragazza fosse stata la più bella ragazza del mondo lui non l’avrebbe mai guardata come stava guardando lei in quel momento.
Quindi ricambiò il suo sorriso e si accoccolò tra le lenzuola, facendolo ridacchiare.
«Brava ragazza. A dopo», le disse prima di uscire dalla stanza e chiudersi delicatamente la porta alle spalle.
Eileen continuò a sorridere senza motivo, pensando a quanto fosse fortunata ad aver incontrato Niall, ad avere il suo affetto, anche se non lo meritava.
Poi però si diede subito dopo dell’idiota; perché lei pensava di non meritare uno come Niall, ma se lui l’amava e le stava accanto un motivo c’era, e forse un pochino avrebbe potuto farci l’abitudine, smettendo di pensare che anche lui prima o poi se ne sarebbe andato.
Forse, per il momento, poteva stare tranquilla e godersi la sua presenza, evitando di pensare ad un futuro imminente e alla cosa che cominciava a preoccuparle più di tutto il resto: la fine dell’estate e le sue conseguenze.
Forse sarebbe stato meglio evitare qualsiasi tipo di pensiero o preoccupazione, forse avrebbe solo dovuto pensare al presente e a Niall che era lì con lei, nonostante tutto, e che prometteva di rimanerci sempre.
Nonostante fossero solo le cinque e trenta del mattino, ovviamente non riuscì a riaddormentarsi, troppo presa dai suoi pensieri e dalla curiosità di conoscere finalmente quel Louis di cui aveva tanto sentito parlare. Così rimase per un altro po’ distesa a letto, poi decise di alzarsi per farsi una doccia per iniziare la giornata e svegliarsi del tutto.
Quando uscì dal bagno, lavata e vestita, incrociò un assonnato Greg che barcollava stropicciandosi gli occhi.
Appena si accorse di lei si bloccò e la fissò per qualche secondo. Eileen distolse lo sguardo e si schiarì la gola improvvisamente in imbarazzo.
Sapeva che lui sapeva, e non aveva nessuna intenzione di dire mezza parola sull’argomento.
«Buongiorno», gracchiò senza guardarlo e superandolo avviandosi verso le scale.
«’Giorno», rispose Greg dopo qualche secondo costringendola a fermarsi per guardarlo almeno un secondo negli occhi, tempo troppo breve per carpire qualsiasi suo stato d’animo.
«Come mai in piedi a quest’ora?» le chiese Greg ricontrollando l’orologio al polso probabilmente preoccupato di essere in ritardo per il lavoro.
«Oh», esclamò Eileen, «Ehm, Niall è dovuto andare a Dublino perché il suo amico…Louis è atterrato con l’aereo», spiegò in fretta. Greg strabuzzò gli occhi ed Eileen si strinse nelle spalle.
«Dici sul serio?» esclamò incredulo. Lei annuì accennando un sorriso.
«L’ha chiamato questa mattina, ci ha svegliati lui. Niall è andato a prenderlo un’oretta fa», lo informò.
«Come è andato a prenderlo?» chiese Greg, il tono di voce improvvisamente quasi minaccioso.
Eileen deglutì e arrossì.
«Con la macchina…», mormorò.
Se possibile gli occhi di Greg si spalancarono ancora di più.
«La mia macchina?! E io come dovrei andare a lavorare?!» sbottò.
Eileen si strinse nelle spalle a disagio; non era colpa sua se Niall era dovuto uscire di corsa senza pensare alle conseguenze.
«Beh lui…lui tornerà presto, credo», azzardò. Greg la guardò per qualche secondo poi sbruffò.
«E’ meglio per lui. Che ottimo modo per iniziare la giornata!» borbottò innervosito. Eileen deglutì e accennò un sorriso incerto, allora Greg sospirò e si calmò un poco.
«Vado a fare la doccia, dopo lo chiamo e vedo di avvisare l’ufficio del mio ritardo», mormorò. Eileen annuì e si voltò per scendere al piano di sotto. Dopo aver saltato tre scalini sembrò ripensarci e prima che Greg potesse chiudersi in bagno lo richiamò.
«Io…faccio colazione. Vuoi…vuoi il caffè?» gli chiese impacciata, sentendo il sangue colorargli le guance. Greg sembrò illuminarsi e la guardò riconoscente.
«Sì, ti prego sì! Due cucchiaini di zucchero e latte freddo e mi migliori la giornata.»
«Okay», annuì Eileen con un sorriso. Greg ricambiò al volo con un sorriso talmente luminoso da avvicinarsi a quelli di Niall, e poi si chiuse in bagno.
Eileen scese al piano di sotto e ringraziò che le sue pessime doti culinarie le permettessero almeno di mettere su un po’ di caffè e si preoccupò di mettere in tavola anche qualcosa da mangiare per riempire lo stomaco prima di affrontare la giornata. Non sapeva perché, ma voleva soddisfare in un certo senso Greg, voleva fare bella figura con lui e non voleva che pensasse fosse una buona a nulla. Nonostante sapesse che infondo non poteva pensarlo, perché erano due mesi che si prendeva cura in modo impeccabile di Dylan, voleva recuperare quei giorni persi in cui si era aggirata per casa sua senza muovere un dito, e l’aveva evitato per evitare che le facesse domande.
Ormai lui sapeva tutto, e non aveva idea di cosa scatenasse questo bisogno, ma voleva fargli capire che non si sarebbe buttata giù e che poteva evitare di preoccuparsi per lei.
Ce l’avrebbe fatta, si stava riprendendo.
Che la causa poi fosse Niall e il suo essere semplicemente quello che era, avrebbe anche potuto ometterlo; tanto era chiaro che fosse solo merito suo se riusciva ancora a sorridere e ad andare avanti. Ormai l’avevano capito tutti quanto erano coinvolti l’una dall’altro.
Mentre sistemava la tavola e metteva su un po’ di caffè, Denise la raggiunse in cucina sbadigliando e stropicciandosi gli occhi. Sembrava una bambina.
Eileen sorrise e Denise si bloccò all’istante, sorpresa da quella vista dimenticata in quegli ultimi due giorni.
«Buongiorno», la salutò Eileen ignorando il suo stupore. Denise si aprì in un sorriso soddisfatto, rincuorato, e si accomodò a tavola.
«Buongiorno», le rispose dopo un po’, «Stai bene oggi», le disse. Nonostante non suonasse affatto come una domanda, Eileen si sentì in dovere di rispondere con un «Sì» sicuro, per niente titubante.
Quella mattina si sentiva bene.
Denise le sorrise di nuovo e poi si illuminò.
«Allora direi che oggi posso tornare a lavoro», mormorò quasi con il timore di essere troppo precipitosa.
Eileen colse la palla al balzo per cercare di stabilizzare le loro giornate, per far tornare tutto come era prima.
«Certo, mi occupo io di Dylan», affermò sforzandosi di sorridere di nuovo, «E scusami se questi giorni…»
Denise la interruppe subito con un gesto secco della mano.
«Non c’è nessun problema, non voglio sentire nient’altro. Ormai è passato.»
Eileen sospirò, sentendosi finalmente libera di quel peso e la conversazione cadde con l’arrivo di Greg in cucina.
«Buongiorno, signora», salutò la moglie con un leggero bacio sulle labbra e sorrise ad Eileen quando gli passò la tazza di caffè, poggiando sul tavolo un bicchiere di latte freddo.
«La ringrazio, signorina», le sorrise facendole l’occhiolino. Eileen ricambiò il sorriso scrollando le spalle e sorseggiò il suo caffè poggiata con la schiena al bancone della cucina.
«Oggi vengo con te», lo informò Denise con un gran sorriso. Greg si stupì e lanciò una breve occhiata ad Eileen, per poi rabbuiarsi.
«Sempre se Niall torna ad un orario decente», borbottò. Denise aggrottò le sopracciglia e si voltò di scatto verso Eileen.
«E’ andato a prendere Louis all’aeroporto», spiegò stringendosi nelle spalle, «L’ha chiamato questa mattina presto, dovrebbero essere qui tra poco.»
Denise aveva smesso di ascoltarla non appena aveva pronunciato il nome di Louis.
«Louis? Louis Tomlinson? Quell’adorabile fiorellino viene qui?» chiese entusiasta.
Greg roteò gli occhi e schioccò la lingua.
«Non lo chiamerei adorabile fiorellino in sua presenza, non è molto virile», le fece notare. Denise scacciò la sua affermazione con un gesto della mano, fissando Eileen con occhi brillanti come se fosse merito suo se presto avrebbe rivisto quel ragazzo
«Cosa ha detto? Come mai è qui? Quando arrivano?» la bombardò di domande avanzando di qualche passo ed Eileen indietreggiò istintivamente.
«Non…non lo so», balbettò, «Dovrebbero essere qui tra poco, Niall è uscito quasi due ore fa.»
Denise si illuminò e batté le mani facendo due saltelli.
«Oh, non vedo l’ora di vederlo!» squittì.
«Non avrai tanto tempo per salutarlo, siamo già in ritardo. Appena arrivano dobbiamo letteralmente schizzare a lavoro», si intromise Greg alzandosi e infilandosi la giacca, probabilmente con in mente l’idea di aspettare Niall proprio davanti alla porta, se non sul vialetto fuori casa.
Denise sbuffò e roteò gli occhi al cielo.
«Hai ragione», mormorò poi però si illuminò di nuovo, «Ma avrò tutta la serata e i giorni prossimi per godermi quel tesoro!» esclamò.
«Vado a vestirmi», squittì poi schizzando su per le scale.
Eileen sorrise e si voltò verso Greg, che scuoteva la testa divertito.
«E’ cosi simpatico?» si azzardò a chiedere. Greg roteò gli occhi con fare sarcastico.
«Tempo cinque minuti in sua presenza e ti innamorerai di lui», affermò sicuro. Eileen arrossì e Greg scoppiò a ridere.
«L’importante è che non lo fai notare a Niall, o si ingelosisce», mormorò ammiccando e facendole l’occhiolino. Eileen arrossì ancora di più e si voltò per lavare le tazze della colazione senza rispondere.
Sentì Greg ridacchiare e, il tempo di sistemare la cucina, sentire Denise scendere le scale seguita dai passi saltellati di Dylan, che il rumore di una macchina che accostava sul vialetto fece schizzare Greg.
Eileen sentì il cuore accelerare come sempre quando Niall era nelle vicinanze e seguì Denise che era praticamente corsa fuori seguita da uno sbruffante Greg.
«Lee!» la salutò Dylan con un gran sorriso. Lei lo prese tra le braccia e lo portò fuori, dove un’entusiasta Denise stava stritolando tra le braccia Louis, che praticamente era sommerso dalla donna.
Greg la lasciò salutare il ragazzo, e la ragazzina che scese dalla macchina dietro di lui, poi rimproverò frettolosamente Niall e trascinò la moglie in macchina per partire sgommando.
«Mi ero dimenticato di quanto fossero calorose le sue accoglienze», ridacchiò una voce acuta, quasi stridula, ma stranamente rilassante. Eileen osservò il ragazzo che cercava di ricomporsi, sistemandosi i capelli e guardando Niall con un gran sorriso sulle labbra.
Era più basso di come lo immaginava, probabilmente avevano la stessa altezza, e i suoi occhi azzurri spiccavano fin da lì.
Niall la notò sulla porta, con un assonnato Dylan tra le braccia, e la illuminò con un sorriso.
«Cookie!» esclamò raggiungendola in due passi.
«Ciao», mormorò lei arrossendo. Niall le sfiorò il braccio con la mano e poi si voltò verso Louis e la ragazzina che quasi si nascondeva dietro di lui, fissandola curiosa.
Dylan, annoiato da quella conversazione, scese con un balzo dalle sue braccia e zampetto dentro casa, probabilmente diretto dai suoi giocattoli.
«Lou, lei è Eileen», annunciò Niall con voce quasi fiera. Louis si aprì in un sorriso così ampio da farle pensare che le faceva male alla faccia e si avvicinò di qualche passo.
«Hello, little sunshine!» esclamò quasi urlando, facendola sorridere automaticamente.
«Ciao», rispose arrossendo leggermente e lanciando un’occhiata titubante a Niall, che alzò gli occhi al cielo divertito.
«Eileen, lui è Louis», le disse indicandolo con una mano, «E quella che si nasconde lì dietro è sua sorella Lottie», continuò con voce più dolce. Eileen si sporse per vedere la ragazza, che arrossì vistosamente e lanciò una lunga occhiata a Niall, che le fece l’occhiolino.
Eileen intuì all’istante la cotta colossale che aveva quella ragazza per Niall.
Sentì un vago bruciore allo stomaco e istintivamente si avvicinò di un passo a lui.
«Ciao», mormorò. La ragazzina le sorrise e la salutò con la mano. Nel frattempo Louis aveva osservato la scena ridacchiando tra sé e sé, come se avesse una visione tutta sua della situazione, decisamente più esilarante.
«Darling, smettila di fare gli occhi dolci a Lottie, o sviene seduta stante», ridacchiò. La sorella arrossì fino alla punta dei capelli e lo colpì alla spalla con un pugno che lo fece ridere ancora di più.
Niall lanciò un’occhiata di sottecchi a Eileen e fulminò Louis, «Non fare l’idiota», borbottò.
Louis scrollò le spalle, improvvisamente disinteressato dal discorso, e fissò gli occhi azzurri su Eileen, che si sentì immediatamente sotto esame.
Deglutì a fatica e arrossì, alternando freneticamente lo sguardo da Niall a Louis, sentendosi in imbarazzo e non sapendo cosa fare. Niall era visibilmente preoccupato, forse perché sapeva cosa comportava quel silenzio e quella sottospecie di lastra da parte di Louis, ma prima che chiunque potesse dire qualcosa, Louis si riprese aprendosi in un sorriso e avvicinandosi a Eileen.
Le mise un braccio sulle spalle e lei lo guardò sorpresa, non riuscendo a trattenere un sorriso davanti a tanta allegria e spensieratezza.
Vide Lottie alzare gli occhi al cielo e mormorare un «Vado a salutare Dylan», prima di sparire dentro casa, con una naturalezza che fece capire a Eileen che non era la prima volta che faceva visita a Greg e Denise.
Comunque non ebbe modo di pensarci troppo, perché la sua attenzione fu attirata di nuovo da Louis, che la scosse per le spalle e l’abbagliò con un sorriso luminoso.
«Hai una pessima cera ragazza, lasciatelo dire», mormorò arricciando leggermente il naso. Eileen vide Niall irrigidirsi e guardarla preoccupato, come se avesse paura che le parole dell’amico avessero potuto offenderla.
Ma quel ragazzo la rilassava, così semplicemente si strinse nelle spalle e le sorrise tranquilla.
«Non me la sono passata bene negli ultimi giorni», ammise. Niall sospirò di sollievo ma lanciò comunque un’occhiataccia a Louis, che non se ne accorse perché era troppo impegnato a ridacchiare e ad ammirarla.
«Oh, adoro il tuo accento irlandese, Sunshine!» esclamò con un gran sorriso. Eileen ridacchiò, non riuscì a farne a meno, e Louis si unì alla sua risata sprizzando allegria da tutti i pori.
«Okay, okay, adesso entriamo o Lottie poverina si sentirà abbandonata», sbottò Niall divertito, avvicinandosi a loro e spingendo via innocentemente Louis, che gli lanciò un’occhiata eloquente facendolo arrossire.
Niall distolse lo sguardo e con fare naturale prese la mano di Eileen intrecciando le loro dita e sorridendole, mentre Louis tossicchiava e incrociava le braccia al petto guardandoli con le sopracciglia alzate.
«Oh, smettila», sbottò Niall arrossendo fino alla punta dei capelli.
Louis scoppiò a ridere e Eileen ridacchiò arrossendo lievemente e stringendo delicatamente le dita di Niall, che roteò gli occhi al cielo.
«Sei così tenero quando ti imbarazzi, Darling», lo prese in giro Louis scompigliandogli i capelli. Eileen rise di nuovo e Niall sbuffò, lasciandole la mano e guardando di traverso entrambi.
«Ho capito, già vi state alleando contro di me. E questa cosa non mi piace», borbottò mettendo il broncio. Eileen sorrise, perché era troppo tenero e strinse i pugni perché avrebbe voluto abbracciarlo in quel preciso istante, ma gli occhi di Louis erano fissi su di loro e non voleva dargli altro motivo per prendere in giro il suo amico.
Louis schioccò la lingua e gli passò un braccio sulle spalle, guidandolo dentro casa e facendo l’occhiolino ad Eileen, che intanto entrò e si chiuse la porta alle spalle, sentendo subito la risata squillante di Dylan provenire dal salotto e la voce delicata di Lottie.
«Non potrei mai allearmi contro di te», bisbigliò Louis all’orecchio di Niall, guardando Eileen di sottecchi trattenendo a stento un sorriso, «La ragazza è carina, ma tu sei il mio irlandese preferito.»
Niall scoppiò a ridere e lo spinse via. «Ma smettila, idiota.»
Louis ridacchiò e poi aggiunse «Saluta mia sorella come si deve, o ti terrà il muso all’infinito.»
Niall spalancò gli occhi e «Lottie! Non mi hai dato neanche un abbraccio!» urlò schizzando nell’altra stanza.
Louis scosse la testa divertito ed Eileen si strinse nelle spalle leggermente a disagio.
Louis la guardò dalla testa ai piedi, osservandola perso nei suoi pensieri, poi come suo solito si aprì in un enorme sorriso.
«Non devi essere gelosa di Lottie, sai», le disse con la sicurezza di aver capito i suoi pensieri. Eileen arrossì e il sorriso di Louis si allargò ancora di più.
«Non…non sono gelosa», balbettò distogliendo lo sguardo. Louis ridacchiò e le fece segno di seguirlo.
«E’ solo una bambina con una cotta per lui, le passerà presto. Mi aiuti con le valigie?» cambiò discorso prima che lei potesse replicare.
Eileen annuì e lo seguì di nuovo fuori, verso le valigie che Greg aveva scaricato e lasciato sul vialetto di casa per la fretta che aveva di andare a lavoro.
«Senti, so che posso sembrare un tipo invadente…», cominciò Louis con un gran sospiro. Poi arricciò il naso e piegò un po’ la testa di lato, «No, forse lo sono davvero», mormorò quasi tra sé e sé. Eileen sorrise e lo guardò aspettando che continuasse.
«Comunque», riprese guardandola quasi seriamente, «Niall in un’ora di viaggio mi ha parlato talmente tanto di te che mi sembra di conoscerti da una vita.»
«Oh», balbettò Eileen arrossendo sorpresa dalla piega improvvisa che aveva preso la conversazione. Louis alzò le mani davanti a sé.
«Non sentirti in imbarazzo, Niall è fatto cosi. Non riesce a tenersi dentro una cosa così importante per lui.»
«Dove…dove vuoi arrivare?» tagliò corto Eileen per evitarsi tutta quella tensione. Louis le sorrise alzando le sopracciglia.
«Sei anche sveglia, ma questo ero riuscito ad intuirlo da solo», bisbigliò facendole l’occhiolino.
Eileen non rispose e lo invitò con un’occhiata a continuare il suo discorso.
«Comunque, volevo chiederti una cosa, una curiosità. E’ la domanda che faccio a tutte le nuove ragazze dei miei bambini», le spiegò pratico. Eileen lo guardò scettica, afferrando una delle tre valigie che si erano portati dietro i due fratelli.
«Cos’è? Una specie di test?» gli chiese. Louis ridacchiò e si piegò per mettersi in spalle un borsone e afferrare un trolley con l’altra mano.
«Sì, forse.»
«Okay, dimmi.»
«Cosa ti è piaciuto subito di lui?» sparò la domanda fissandola dritto negli occhi, come a farle capire che qualsiasi suo tentativo di mentire sarebbe stato smascherato. Eileen rimase senza parole per quella domanda così diretta e automaticamente arrossì.
«Oh, beh…»
«Non credevo che una domanda così semplice ti avrebbe lasciata senza parole», la punzecchiò Louis guardandola di sottecchi. Eileen corrugò le sopracciglia lanciandogli un’occhiataccia.
«Io non…», sbuffo arrendendosi, «Okay, lo so che ti sembrerà banale e scontato, ma il sorriso», rispose con voce flebile evitando il suo sguardo e puntando la porta di casa. Louis le trotterellò dietro.
«Wow.»
«Cosa?»
«Pensavo avresti risposto “occhi” senza esitazione», le spiegò scrutandola attentamente. Eileen si fermò e trattenne uno sbuffo.
«Perché?»
«Perché è quello che hanno detto sempre tutte le altre ragazze.»
«Oh, quindi ce ne sono state parecchie», borbottò leggermente tesa. Louis le lanciò un sorriso enigmatico e non le rispose.
«Perché il suo sorriso?»
«Stai cambiando discorso», insistette Eileen lasciando la valigia fermandosi in mezzo al vialetto e incrociando le braccia al petto.
«Il passato di Niall non è affar mio», replicò al volo Louis.
«Ma quello che penso io di lui si, invece», ribatté con voce sarcastica.
«Devo proteggere il piccolo.»
«Non è così debole come pensi.»
«Stai evitando la domanda.»
«Perché riesce sempre a far sorridere anche me, sempre», sbottò infine Eileen stanca di quel battibecco. Louis aveva sempre la risposta pronta, ma lei non era da meno. Sarebbe stata una bella sfida tra quei due. Louis la guardò e si rilassò, avendo raggiunto il suo obiettivo. Le sorrise quasi sorpreso e piegò leggermente la testa di lato, socchiudendo gli occhi azzurri.
«Da come lo dici, non è una cosa semplice», indagò con voce delicata, quasi timida. Eileen alzò il mento, facendogli capire che non si sarebbe lasciata ingannare da quell’espressione innocente.
«No», rispose solo serrando poi le labbra. Louis le sorrise, intuendo le sue intenzione, e prese fiato per replicare, ma la voce di Niall lo interruppe.
«Ragazzi! Quanto ci vuole a prendere due valigie?» urlò da dentro casa. Louis richiuse la bocca e scosse la testa divertito, mentre Eileen si affrettava ad afferrare la valigia per raggiungere Niall.
«Non dirgli che te l’ho chiesto, lui vuole sentirsi uomo. Gli scoccia sapere che mi preoccupo per lui», le disse Louis costringendola a fermarsi e voltarsi di nuovo verso di lui.
«Non gli dirò niente. Ma Louis…», lo guardò e gli sorrise convinta, «Lui è un uomo, te lo posso assicurare.»
Non diede il tempo a Louis di replicare, schizzò in casa dritta da Niall, che la aspettava quasi sulla porta, e si buttò tra le sue braccia scoccandogli un bacio sulle labbra sorridenti.
Non aveva lasciato a Louis il tempo di replicare alla sua affermazione, ma aveva visto il sorriso soddisfatto sulle sue labbra.
Un sorriso che voleva dire solo una cosa.
Test superato.








 
                               




Buonasera dolci donzelle!
Finalmente sono riuscita a postare, questi giorni sono stati talmente tanto pieni e stressanti che non mi ero neanche accorta fosse passato un mese dall'ultima volta che ho pubblicato!
Chiedo umilmente scusa, e spero di farmi perdonare con questo capitolo che io adoro asdfghl.
Solo perchè c'è Louis.
E Louis è il sole.
Questa volta sarò breve sul serio perchè devo mettermi a studiare, non vedo l'ora che arriva Natale lalalala :')
Spero che il capitolo vi piaccia e, per favore, lasciate un piccolo commento.
Insomma, fatemi sentire che ci siete, se ci siete, perchè è un po' triste scrivere e pubblicare senza sapere se c'è qualcuno che legge, o apprezza, o disgusta.
Insomma, please mi sento sola e inutile!
Un abbraccio forte,
Sara




 
 
 

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Capitolo 30
*** In love with you. ***


 
30. In love with you.
 
 
 
 
Niall era tornato finalmente a respirare. L’arrivo di Louis era stato come una ventata d’aria fresca, rigenerante, nel bel mezzo del caldo soffocante dell’estate.
In realtà non era stato il caldo a soffocarlo fino a quel momento, perché il clima della sua terra era tutto al di fuori di caldo, ma gli piaceva come metafora.
Louis, ovunque andasse, portava il sorriso sul viso delle persone, ed era riuscito a farlo anche con Eileen.
Il primo pensiero di Niall, ad essere sincero, quando Louis l’aveva chiamato dicendogli che era a Dublino, era volato a lei.
Eileen.
Inutile specificare che ormai era diventata la sua prima preoccupazione, il suo pensiero costante, il puntino intorno al quale girava tutta la sua attenzione.
Non aveva avuto neanche un secondo per realizzare, per essere felice, per sentire l’entusiasmo di rivedere il suo amico chiudergli la gola, che i suoi occhi erano volati a lei, che dormiva nel suo letto che ormai era diventato loro.
Il primo pensiero non era stato “Rivedrò Louis, non lo vedo da quasi due mesi, che bello!”.
Il suo primo pensiero era stato “Eileen starà bene?”
E questo diceva tanto sulla sua condizione psicologica e sentimentale. Era una chiara spiegazione di ciò che provava per quella ragazza, anche se ormai non era più così difficile da capire, aveva persino smesso di provare a nasconderlo.
Era riuscito ad accantonare la preoccupazione per quell’incontro solo quando aveva rivisto Louis, con i capelli troppo cresciuti che tirava indietro ogni tre secondi, gli occhi sempre azzurri e sorridenti, una sigaretta tra le labbra imbronciate e le mani frenetiche che infastidivano la povera ragazza che l’aveva accompagnato.
Niall a quel punto aveva smesso di pensare a tutto, perché Louis gli era mancato davvero.
E, una volta stretto di nuovo tra le sue braccia quell’amico che sapeva riportargli il sorriso in qualsiasi situazione, era tornato a respirare.
Non aveva avuto modo di fare altro, perché Louis con il suo fare frenetico l’aveva trascinato in macchina, aveva buttato la sua valigia e quella della sorella nel bagagliaio e gli aveva detto di partire perché non vedeva l’ora di conoscere Eileen. Niall non aveva neanche avuto il tempo di salutare la povera Lottie che, roteando gli occhi e borbottando tra sé e sé su quanto aumentasse di giorno in giorno la stupidità del fratello, si era trascinata dietro di loro infilandosi nel sedile posteriore con già le cuffiette nelle orecchie per non dover sentire un secondo di più la voce acuta di Louis.
Niall provò una pena affettuosa per quella ragazza: sapeva bene cosa voleva dire sedere accanto a Louis durante un viaggio, corto o lungo che fosse. Non chiudeva la bocca neanche per mezzo secondo, era alquanto stressante.
Neanche un secondo dopo aver elaborato quel pensiero, che gli aveva strappato un sorriso nostalgico, Louis aveva cominciato a bombardarlo di domande spegnendo anche la radio della macchina. Tanto per farlo sentire un po’ di più sotto esame.
Niall, un po’ perché gli mancava parlare con lui, un po’ perché sapeva che comunque Louis avrebbe in qualche modo ottenuto le risposte che voleva, aveva sospirato e si era preparato psicologicamente ad accontentarlo senza troppe preghiere.
Così in quell’ora e qualche minuto di viaggio Louis era riuscito a strappargli ogni singolo dettaglio sulla sua storia con Eileen, qualsiasi cosa che aveva capito di lei, si era fatto raccontare ogni singolo sorriso, o sguardo e, soprattutto, contatto.
Perché Louis era una vecchia pettegola, ma quando serviva diventava peggio di quelle ragazzine quattordicenni con gli ormoni a mille, e ovviamente non si era certo risparmiato qualche commento esageratamente indelicato e carico di sottintesi. Niall era arrossito e aveva evitato il suo sguardo, pregando che la musica nelle orecchie di Lottie fosse abbastanza alta da non permetterle di ascoltare la piega che Louis aveva fatto prendere alla conversazione. Alla fine Lottie era come se fosse sua sorella, ma era pur sempre una ragazzina, ed era imbarazzante che venisse a conoscenza delle sue faccende private.
Comunque, nonostante il tentennare a rispondere di Niall, Louis non si era fatto scrupoli ad andar avanti con il suo interrogatorio e aveva prosciugato Niall di tutte le sue conoscenze su Eileen.
Niall era spaventato dal fatto che una volta che l’avesse incontrata, avrebbe potuto farsi uscire qualche battuta come suo solito.
Eileen non era una ragazza molto aperta e alla mano, quindi avrebbe potuto reagire male, e Niall aveva paura che il suo amico potesse turbarla.
La preoccupazione era talmente opprimente che quasi avrebbe voluto trovare un modo per non farli mai incontrare e conoscere.
Ma l’inevitabile non poteva essere rimandato, e Niall non avrebbe mai pensato che sarebbe andata cosi bene.
Louis era riuscito a piacere anche ad Eileen, al primo colpo, con la prima battuta e il primo sorriso.
Eileen si era lasciata abbracciare e aveva risposto allegramente alle sue battute, come se fosse una ragazza normale, come se fosse finalmente in grado di aprirsi con le persone senza tutte le paure che la costringevano a circondarsi di muri invalicabili.
Louis, maledetto Louis, riusciva a far sorridere tutti.
Niall avrebbe tanto voluto essere come lui.
«Darling!» la voce cristallina del diretto interessato gli perforò proprio in quell’istante le orecchie, facendogli arricciare il naso dal fastidio.
Gli era mancato da morire, ma due giorni che era lì e dentro la casa non rimbombava altro che la sua voce acuta e sempre così fastidiosamente entusiasta.
«Che c’è?» gli urlò di rimando mentre finiva di rifare il letto dal quale l’ospite si era alzato da pochi minuti. Louis non era un tipo molto ordinato, nessuno di loro lo era, ed era abituato a passare la maggior parte delle sue notti in albergo, dove appena sveglio fai quello che vuoi senza preoccuparti di risistemare, o mettere le tue cose in ordine. Niall lo sapeva, per questo da due mattine di seguito dopo aver fatto colazione passava in camera di Dylan, arrangiata come camera degli ospiti, a rifare il letto di Louis e a tirare su i vestiti da terra.
Eileen quando l’aveva visto era scoppiata a ridere: un tipo disordinato come lui che si ritrovava a sistemare una camera e delle cose che non erano sue.
Il fatto era che non voleva far pesare a Denise e Greg la presenza del suo amico e della sorella in casa. Non che loro facessero intendere questo, ma Niall voleva rendere la situazione meno pesante possibile.
«Darling!» urlò di nuovo Louis dal piano di sotto con un tono da bambino facendogli roteare gli occhi al cielo. Sbruffò e si precipitò giù per le scale per raggiungere l’amico in cucina.
Non appena entrò si bloccò ad osservare la situazione: Lottie sedeva tranquillamente a tavola, con la sua tazza di cereali davanti e Dylan seduto accanto che gliene rubava qualcuno di tanto in tanto quando smetteva per qualche secondo di far scontrare le sue macchinine. Louis era in piedi davanti a loro con le mani sui fianchi e l’espressione imbronciata sulle labbra.
«Che succede?» chiese allargando le braccia. Louis lanciò un’occhiataccia alla sorella, che continuò a mangiare ignorandolo.
«Lottie ha finito i cereali!» urlò allora lui indicandola oltraggiato. Lottie e Dylan alzarono gli occhi contemporaneamente, lo stesso sguardo apatico, come se entrambi fossero abituati ai suoi capricci, come se fosse lui il bambino di tre anni in quella stanza.
Niall si passò una mano sulla faccia per non scoppiare a ridere e mantenere la calma.
«Zio Lou capriccioso», borbottò Dylan prendendo un cereale con la manina e infilandoselo in bocca con un sorrisino malandrino.
Niall sbruffò dal naso per evitare di nuovo di ridere e Lottie mascherò a fatica un sorriso divertito.
«Louis», cominciò Niall scuotendo la testa. Louis puntò i piedi e strinse i pugni come un bambino.
«Ma io ho fame e devo fare colazione per dare inizio alla mia giornata», protestò. Niall fece per parlare ma Lottie lo anticipò.
«Se la smettessi di fare l’idiota, ti direi che Eileen è andata a fare la spesa e dovrebbe essere di ritorno tra poco», disse.
«Cosi mangi e basta capricci», aggiunse Dylan scuotendo la testa contrariato.
A quel punto Niall non resistette più e scoppiò a ridere, perché la situazione era assurda ed esilarante: il bambino di quasi tre anni che sgridava il ragazzo di ventidue.
Louis gli rifilò un’occhiataccia e Dylan stanco di quella scenata balzò giù dalla sedia per dirigersi in salone. Lottie finì i suoi cereali e si alzò.
«Ogni tanto penso che mi manca, quando siete in giro per il mondo. Ma poi mi ricordo cosa significa averlo per casa ogni singolo giorno. Come fate a sopportarlo e a non avere l’istinto di buttarlo giù dal bus, o a non andarvene lasciandolo in qualche posto sperduto?» mormorò Lottie quando gli passò vicino per seguire Dylan.
Niall ridacchiò.
«Chi ti ha detto che non ci pensiamo mai? Dobbiamo solo organizzarci meglio», le assicurò sottovoce facendole l’occhiolino. Lottie sorrise e gli batté il pugno, sparendo poi nell’altra stanza.
Niall la seguì con lo sguardo sorridendo, poi si voltò verso Louis che lo fissava con gli occhi ridotti a due fessure e le braccia incrociate al petto. Niall sospirò e scosse la testa divertito.
«A volte mi chiedo se ti rendi conto di quanto sei idiota», gli disse trattenendosi a stento dal ridere. Louis strinse ancora di più gli occhi e prese fiato per parlare, ma il rumore della porta che si apriva e della voce di Eileen che risuonava per la casa lo bloccò.
«Lottie, dimmi che tuo fratello non ti ha sbranato!» esclamò precipitandosi in casa con tre buste di spesa tra le braccia.
«Louis, ho preso i cereali!» urlò correndo verso la cucina. Niall sentì Lottie scoppiare a ridere e Dylan fare un urletto eccitato, scatenando la risata di Eileen, che arrivò in tutta velocità davanti alla porta della cucina, fermandosi con una scivolata, un sorriso enorme che le illuminava il viso e due pacchi di cereali in mano.
Niall la guardò strabiliato per qualche secondo, perché non l’aveva mi vista così allegra e spensierata, ma non fece in tempo a dirle niente che Louis schizzò verso di lei e la prese tra le braccia sollevandola e facendola girare.
«Sei il mio angelo, Sunshine!» esclamò facendola ridere.
«Lou, mettimi giù», esclamò Eileen agitando i piedi cercando di non fare cadere a terra il tesoro di Louis.
Niall era senza parole, osservava la scena con gli occhi sbarrati e un sorriso sorpreso sulle labbra.
Non era neanche minimamente infastidito da quell’abbraccio, si era reso conto che quei due in due miseri giorni avevano legato e parlavano come se si conoscessero da una vita; e questo succedeva con chiunque si ritrovasse ad avere a che fare con Louis, quindi non era sorpreso.
La cosa che lo rendeva felice e soddisfatto era che Eileen si era visibilmente ripresa, che anche se i segni di quello che le era successo qualche giorno prima erano ancora visibili sulla sua pelle, lei non ci faceva caso, o faceva finta che non ci fossero.
Eileen sorrideva ed era allegra, felice, spensierata.
Ed era così bella, talmente bella che aveva voglia di strapparla dalle braccia di Louis per stringerla a sé per ricordarsi e ricordarle quanto era sua.
«Adesso il bambino è contento?» gridò Lottie dall’altra stanza con voce sarcastica distraendolo dai suoi pensieri. Louis si rabbuiò e mise giù Eileen, togliendole dalle mani le scatole di cereali e puntando a passo di carica la porta che collegava la cucina al salone per raggiungere la sorella.
«Sì, e se tu non avessi fatto l’egoista tutto questo non sarebbe successo!» l’accusò. Niall scosse la testa e smise di ascoltarlo, perché Eileen lo stava guardando con le mani giunte dietro la schiena dondolandosi sui piedi.
Niall piegò un po’ la testa di lato e lei gli sorrise continuando a dondolarsi sul posto, allora Niall alzò le sopracciglia con aria scettica e incrociò le braccia al petto.
«Da Louis ti fai abbracciare e a me neanche mi saluti?» le chiese schioccando la lingua. Il sorriso di Eileen si allargò e con due saltelli lo raggiunse buttandogli le braccia al collo e avvicinando i loro visi con il sorriso sempre più luminoso. Gli accarezzò i capelli dietro la nuca e sfiorò il naso con il suo, mentre Niall rimaneva ancora con le braccia incrociate al petto fintamente offeso.
«Sei geloso, Niall?» gli sussurrò Eileen praticamente sulle labbra, divise solo da un sottilissimo strato d’aria. Niall sentì tutti i muscoli del corpo fremere e il cuore balzargli nel petto. Socchiuse gli occhi e alzò le spalle.
Stava per negare, per stuzzicarla, per stare al gioco con la sua provocazione.
Ma non resistette, perché lei era troppo vicina e il suo profumo troppo buono e le sue labbra bramavano il sapore dolce di quelle di Eileen.
Quindi «Sì», sussurrò appena prima di incollare le loro labbra con veemenza facendole indietreggiare la testa e perdere leggermente l’equilibrio. Eileen ridacchiò e si aggrappò alle sue spalle, mentre Niall la circondava con le braccia e si allungava per baciarla di nuovo. Eileen scosse la testa e poggiò la fronte sulla sua, allora Niall aprì gli occhi per scontrarsi con quel verde smeraldo in quel momento splendente.
«Sai che è una cosa stupida, vero?» lo sfotté lei stringendo le labbra in un sorriso che Niall ricambiò, prima di rubarle un altro bacio. Eileen ridacchiò sulle sue labbra ma poi si lasciò baciare, dischiudendo le labbra e lasciando a Niall il permesso di assaggiare di nuovo quel sapore dolce che lo faceva impazzire.
Le mani di Niall finirono sotto la maglia di Eileen in mezzo secondo, quasi automaticamente, come se fossero attratte dalla calamita che era la sua pelle morbida e calda. Eileen rabbrividì, forse perché le dita di Niall erano perennemente fredde, forse perché quel contatto le trasmetteva le stesse sensazioni che provava Niall.
A Niall mancò il fiato, perché le emozioni che provava ogni volta che era così vicino ad Eileen gli opprimevano il cuore, allora si staccò per respirare, ma Eileen non lo lasciò andare tanto lontano. Lo strinse a sé con dolcezza, poggiò la fronte sulla sua, aprì gli occhi e incrociò il suo sguardo. Il cuore di Niall perse un battito, Eileen gli sorrise e gli baciò la punta del naso, sfiorandogli delicatamente i capelli.
Niall in quel preciso istante si sentì amato come mai prima.
«Ew, smettetela o mi fate passare la fame», li interruppe Louis che li guardava dalla porta con espressione schifata. Eileen arrossì e sciolse l’abbraccio allontanandosi di un passo, Niall fulminò l’amico con lo sguardo, che gli scoccò un sorriso smagliante.
«Vado a recuperare le buste della spesa», si congedò Eileen frettolosamente, il volto in fiamme dall’imbarazzo. Niall la trovò assurdamente tenera.
«Siete così carini», commentò Louis seguendo la ragazza con lo sguardo per poi portare gli occhi sull’amico, che roteò i suoi al cielo e sbuffò.
«Dico sul serio, sembrate due bimbetti innamorati. Vi brillano gli occhi quando vi guardate», insistette Louis saltellandogli intorno.
«Louis», lo riprese Niall con voce monocorde lanciandogli un’occhiataccia. Louis sorrise e fece per ribattere ma Lottie li interruppe.
«Voi uomini, invece di chiacchierare come vecchie pettegole, perché non vi rendete utili?» li accusò trascinando alcune buste piene di cibo, mentre dietro di lei arrancava Eileen con le braccia piene di altrettante buste.
Niall scattò ad aiutarle, mentre Louis borbottava imbronciato e si dileguava «Vado a fare colazione in giardino.»
«Vengo anch’io», squittì Dylan zampettandogli dietro.
«Che scansafatiche», borbottò Lottie.
«Lou tieni d’occhio tu Dylan?» urlò Niall verso il giardino.
«Sì, sì», rispose Louis con aria allegra probabilmente trovando divertente ogni movimento di Dylan; i bambini lo facevano impazzire.
Eileen scosse la testa divertita persa tra i suoi pensieri, e i tre cominciarono a sistemare la spesa in silenzio, passandosi le cose per sistemarle chi nel frigorifero, chi nelle dispense. In pochi minuti svuotarono tutte le buste e sistemarono la cucina.
Niall sospirò soddisfatto e allungò il pugno verso Lottie, che lo fece scontrare con il suo.
«Ottimo lavoro ragazze», si complimentò. Lottie gli fece l’occhiolino ed Eileen sorrise scambiandosi una lunga occhiata con Niall.
«Vado a vedere cosa sta combinando quell’idiota, non mi fido a lasciare Dylan solo con lui», mormorò frettolosamente Lottie distogliendo lo sguardo nervosamente, trovando la prima scusa per dileguarsi da quella stanza e per togliersi di mezzo da quegli sguardi così carichi di desiderio.
Non appena mise piede fuori dalla porta, Niall si avventò su Eileen, afferrandola e trascinandola verso di sé.
«Che cosa stavamo dicendo prima che Louis ci interrompesse?» le chiese allusivo strofinando il naso contro il suo.
Eileen ridacchiò e si alzò sulle punte dei piedi per sfiorargli appena le labbra. Niall piegò un po’ la testa di lato e arricciò il naso.
«Sì, questo mi ricorda qualcosa», mormorò fintamente pensieroso. Eileen scoppiò a ridere e Niall si perse per qualche secondo ad osservarla. Il sorriso smagliante, felice, il suono della sua risata, gli occhi luminosi, le guance arrossate, il viso disteso.
Quando la sua risata si calmò, le sfiorò le guance con le mani, lì dove l’ombra dei lividi ancora era ben visibile. La sfiorò con delicatezza come se il suo tocco potesse curarla e sotto le sue dita Eileen arrossì, sbattendo le palpebre e distogliendo gli occhi da quelli di Niall.
«Tu starai bene, Cookie», mormorò come una promessa continuando a carezzarle le guance. Eileen chiuse gli occhi e si abbandonò al suo tocco con un sospiro.
«Tu rimani con me», rispose in un bisbiglio, come se quella fosse l’unica soluzione.
«Te lo prometto.»
Eileen sorrise, poggiò la testa sul suo petto e lo abbracciò stretto, come a voler intrappolare quelle parole lì tra di loro. Niall si rese conto con chiarezza che era l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla; era grazie a Louis se era così allegra, se in apparenza si mostrava cosi felice e spensierata. Ma Niall avrebbe potuto curarla all’interno, avrebbe aggiustato il suo cuore, lo avrebbe riempito così come lei stava facendo con il suo.
 
 
«Oh andiamo, muovi quel culo!»
L’urlo rabbioso e improvviso di Greg fece sobbalzare Niall e gli fece perdere la presa salda sulla sua chitarra. Niall alzò gli occhi verso il fratello, che sbatté la lattina di birra sul tavolo basso davanti al divano, senza staccare gli occhi dalla tv e dalla partita di calcio che stava seguendo come se non potesse perdersi neanche un minimo spostamento della palla.
Il sole era calato da poco, e casa Horan non era mai stata così piena e viva. Ovviamente il motivo era facilmente intuibile, ma oltre all’entusiasmo al tempo stesso si respirava un’atmosfera di tranquillità, serenità, dove ognuno era rilassato e impegnato a fare quel che più gli piaceva fare. Denise e Lottie si erano chiuse in cucina da quando la più grande era tornata al lavoro: l’intenzione di Denise era quella di preparare una cenetta con i fiocchi per i due ospiti, ma Lottie si era proposta di aiutarla per non starsene con le mani in mano, quindi molto probabilmente la cucina si sarebbe trasformata in una specie di confessionale dove Lottie avrebbe spettegolato con Denise come solo due donne come loro sapevano fare. Quelle due erano le regine del gossip, e messe insieme somigliavano ad una macchina di guerra: si passavano le informazioni di cui ognuna di loro era a conoscenza e le mettevano insieme. Niall era sicuro che Lottie da grande sarebbe diventata una di quelle giornaliste che tanto odiava, che gli stavano tra i piedi ovunque andasse, aveva il pettegolezzo nel sangue quella ragazza.
Ma finché quelle due se ne rimanevano chiuse in cucina, Niall non ne voleva sapere niente.
Nel frattempo, Eileen si era ritirata in camera, forse a leggere un libro, o forse solamente a rilassarsi dato il fatto che aveva corso dietro a Dylan tutta la giornata, fomentato da Louis che adorava vedere gli adulti andare fuori di testa per tutto quell’incompreso entusiasmo.
Infatti, proprio in quel momento Louis e Dylan gli schizzarono davanti correndo e lui li seguì con lo sguardo finché non sparirono su per le scale ridendo. Scosse la testa rassegnato e riprese a pizzicare delicatamente le corde della sua chitarra, canticchiando tra sé e sé le parole di una nuova canzone a cui stava pensando da qualche giorno.
L’ispirazione gli era venuta in un pomeriggio di pioggia. Stava suonando la chitarra seduto sul divano, Eileen gli sedeva accanto rannicchiata con le ginocchia strette al petto e gli occhi vigili puntati su Dylan che giocava li davanti a loro. Niall l’aveva osservata per qualche secondo: gli occhi grandi e tondi, le ciglia lunghe che quando sbatteva le palpebre le sfioravano le guance, le labbra rosee leggermente dischiuse e il nasino piccolo sul quale lui avrebbe voluto posare un bacio.
Niall l’aveva guardata e gli era bastato un attimo per notare le sue mani strette a pugno, le spalle rigide e gli occhi che quasi spaventati si spostavano di tanto in tanto verso la finestra, dalla quale proveniva il rumore dei tuoni e del temporale che si stava scatenando fuori. Allora gli era scappato un piccolo sorriso ed era scivolato ancora di più vicino a lei fino a toccarle la spalla con la sua e distrarla da quello che stava succedendo intorno a loro per chiuderli nella loro bolla, dove non c’era niente di sbagliato, perché semplicemente non c’era niente oltre loro, e loro insieme erano la cosa più giusta che ci potesse essere.
Quel pomeriggio era riuscito a distrarla con quelle note che venivano da sole, senza che lui ci riflettesse tanto, e poi la notte stessa, mentre lei dormiva stretta al suo fianco, gli erano venute in mente anche le parole.
Improvvisamente, Niall sentì la sua mancanza e l’assurdo bisogno di vederla, di trovarsi nella sua stessa stanza per respirare il suo profumo e per accertarsi che lei c’era veramente, ed era sua.
Senza pensarci schizzò in piedi, facendo sobbalzare dallo spavento Greg, che per un miracolo divino riuscì ad alzare gli occhi dalla tv.
«Ehi», esclamò sorpreso come se si accorgesse solo in quel momento della presenza del fratellino accanto a lui.
«Vado di sopra», borbottò Niall portandosi dietro la chitarra. Greg lo guardò per un secondo alzando le sopracciglia, ma la voce entusiasta del telecronista alla tv lo riportò nel suo mondo e Niall sgattaiolò sulle scale quasi scontrandosi con Dylan che gli passò sotto le gambe correndo.
«Vieni qui marmocchio!» gli urlò dietro Louis quasi travolgendo Niall.
«Darling così mi fai perdere!» si lamentò senza voltarsi e continuando a correre dietro al bambino. Niall ci mise qualche secondo a riprendere l’equilibrio e poi continuò a salire le scale decidendo di ignorare il tutto, perché se si fosse messo ad analizzare la situazione gli sarebbe venuto da piangere per quanto assurdo e infantile riuscisse ad essere quel ragazzo, sapeva divertirsi in modi molto ambigui, considerato che aveva ventidue anni pieni.
Decise di non pensarci troppo, perché Louis era Louis e questo doveva bastare come giustificazione, e a passo titubante e con il cuore martellante nel petto si avvicinò alla sua- loro- stanza. Eileen aveva lasciato la porta aperta, così lui si affacciò e la vide seduta a gambe incrociate sul letto, con un libro in grembo e l’aria concentrata. Si mordicchiò il labbro e aggrottò le sopracciglia, come se quello che stava leggendo non le fosse tanto chiaro e a Niall scappò un sorriso automatico.
Si sentì un idiota a bussare alla porta della sua camera, ma voleva attirare l’attenzione di Eileen senza spaventarla.
Quando Eileen alzò gli occhi verso di lui sembrò metterci qualche secondo a realizzare, come se fosse ancora in un altro mondo, in quello narrato nel libro che stava leggendo.
Appena vide che era lui si illuminò in un sorriso e chiuse il libro di scatto.
«Ciao», gli disse spostandosi un po’ sul letto come a fargli spazio, anche se lui se ne stava ancora imbambolato sulla porta.
Quando vide il sorriso di Eileen persistere sulle sue labbra sospirò piano e con un sorriso identico al suo si avvicinò arrampicandosi sul letto e assumendo la sua stessa posizione, con la chitarra poggiata sulle gambe incrociate.
«Non volevo disturbarti», bisbigliò Niall accennando un sorriso imbarazzato e indicando con il mento il libro che Eileen aveva abbandonato chiuso sulle sue gambe, «Continua a leggere.»
Eileen sorrise e scrollò le spalle, «Non mi hai disturbata, a dire la verità stavo per smettere di leggerlo», confessò arricciando il naso. Niall ridacchiò, più per la soddisfazione di aver di nuovo compreso solo osservandola quello che le frullava per la testa che per altro.
Eileen arrossì e si strinse nelle spalle puntando gli occhi sulla chitarra che Niall sfiorava di tanto in tanto.
«Tu cercavi un posto tranquillo per suonare?» gli chiese con un’occhiata complice, riferendosi al baccano che proveniva dal piano inferiore. Niall sbruffò esasperato e ricambiò il suo sguardo facendola ridere.
«Come se potesse esserci anche solo un angolo tranquillo, in una casa in cui è presente Louis Tomlinson», borbottò. Il sorriso di Eileen si ampliò e proprio in quell’istante come a rinforzare il concetto la risata squillante di Louis si propagò per la casa, seguita da urla di protesta da parte di Dylan.
«Appunto», mormorò sospirando. Eileen si dondolò sul posto fino a far scontrare le loro spalle e a fargli alzare gli occhi per incrociare i suoi.
«Dai, qui è abbastanza tranquillo», gli fece notare con un sorriso, «Fammi sentire qualcosa.»
Niall arrossì improvvisamente, come sempre quando doveva suonare o cantare davanti ad un pubblico ristretto. Era una contraddizione e ne era consapevole, ma era più forte di lui: non si imbarazzava davanti a centinaia, migliaia di persone ma anzi, si trovava a proprio agio su un palco nel bel mezzo di uno stadio, con tutti quegli occhi che lo guardavano e quelle orecchie che lo ascoltavano, ormai era come sentirsi a casa.
Ma quando si trattava di cantare per una, o due persone, era tutta un’altra storia.
Poteva sentire lo sguardo di Eileen bruciargli la guancia e il cuore cominciò a martellargli nel petto ad un ritmo veloce, mentre strimpellava distrattamente le corde della chitarra, indeciso se e cosa suonare. Era sicuro che con gli occhi di Eileen puntati addosso non sarebbe riuscito neanche a muovere le dita, per quanto si sentiva in imbarazzo e sotto pressione. Non perché aveva paura che lei lo giudicasse o qualcosa del genere, ma semplicemente perché le sensazioni che gli faceva provare un semplice sguardo di Eileen lo mandavano nel pallone impedendogli quasi di respirare.
Eileen rimase in silenzio, attendendo che Niall si decidesse a fare qualcosa, finché quest’ultimo si lasciò andare ad un sospiro e prese coraggio.
Con la solita delicatezza con cui trattava la sua chitarra, cominciò a pizzicare le corde, lasciandosi guidare dalle sue dita che componevano automaticamente le note di quella canzone che non aveva ancora alcuna identità, che era solo un insieme di note venute a caso, seguite da parole che invece erano state ispirate dalla ragazza che in quel momento stava seguendo attentamente con gli occhi ogni singolo movimento delle sue dita, con un sorriso emozionato sulle labbra e le guance leggermente più rosse del normale.
«Questa è…», mormorò Eileen facendo alzare di scatto lo sguardo a Niall che incrociò quelle iridi verdi e sentì il cuore mancare un battito.
«L’hai già suonata questa, quel pomeriggio», bisbigliò di nuovo Eileen più piano, come per evitare di distrarlo ancora e fissando il vuoto per richiamare alla mente il ricordo di quel pomeriggio non molto lontano.
Niall sorrise e annuì, deglutendo a fatica e temendo la quasi sicura domanda che avrebbe seguito quell’affermazione.
«Che canzone è? Non la conosco», mormorò infatti Eileen con tono curioso e quasi di ammirazione. Niall arrossì violentemente e le lanciò uno sguardo titubante, tossicchiando nervosamente.
«Non è una canzone. Non ancora almeno.»
«Oh», balbettò Eileen confusa aggrottando per un secondo le sopracciglia. Niall trattenne il respiro sentendo il cuore martellargli fin nelle orecchie lanciando di tanto in tanto un’occhiata ad Eileen finché lei non arrivò alla risposta da sola e si illuminò in un sorriso incrociando il suo sguardo.
Niall arrossì e lo distolse frettolosamente mentre Eileen impercettibilmente scivolava sul materasso per avvicinarsi a lui. Niall sentì il suo respiro fresco sulla guancia e sentì il cuore fremere.
«La stai…la stai scrivendo tu?» gli chiese Eileen guardandolo con completa ammirazione. Niall arrossì a livelli impensabili sentendosi andare a fuoco le guance e il cervello andare in panne.
«No…sì. Cioè», prese un bel respiro e ricominciò, «Mi è solo venuta in mente e ho cominciato a suonarla, non ho neanche scritto le parole da nessuna parte», balbettò guardandola timidamente. Il sorriso di Eileen si allargò ancora di più.
«Quindi ci sono anche le parole?» esclamò agitandosi, «Canta», gli ordinò ma con una dolcezza tale che gli scatenò un moto di tenerezza e fu quasi obbligato ad accontentare la sua richiesta per continuare a vedere quel sorriso entusiasta sul suo viso.
Non ci pensò più di tanto, perché sapeva che se l’avesse fatto avrebbe cominciato a farsi tremila problemi e decisamente troppi pensieri.
E poi, alla fine, cantare era la cosa che faceva meglio, l’unica cosa con cui sarebbe andato sul sicuro e farlo per Eileen, solo per lei, era quasi un onore.
Così le lanciò un ultimo sguardo timido, ricambiato da un suo sorriso incoraggiante, e si lasciò andare.
Suonò le prime note, ricordandole alla perfezione nonostante le avesse suonate solo una volta, e in automatico seguirono quelle parole che gli erano uscite direttamente dal cuore, e che parlavano di lei.
Am I sleep am I awake or somewhere in between?/ I can’t believe that you are here and lying next to me», prese fiato ma non si arrischiò a guardare Eileen timoroso di vedere la sua reazione ma soprattutto consapevole del fatto che lei avrebbe potuto capire al volo che quella canzone parlava di lei, di loro. E non voleva vedere cosa scatenavano in lei quelle parole, aveva troppa paura che fossero sensazioni diverse dalle sue.
«Like all those days and weeks and months I tried to steal a kiss/ And all those sleepless nights and daydreams where I pictured this», sentì Eileen trattenere il respiro e le sue dita tremolarono rischiando di perdere la presa sulla chitarra. Prese di nuovo fiato con il cuore che ormai correva talmente veloce da rischiare di uscirgli dal petto e le guance completamente in fiamme. Ormai era partito, e probabilmente Eileen aveva capito, era inutile farsi problemi in quel momento. Tanto valeva affondare del tutto.
«I’m just the underdog who finally got the girl/ And I am not ashamed to tell it to the world», l’ultimo respiro per farsi coraggio, per cantare e suonare quella parte della canzone che l’avrebbe smascherato del tutto e che avrebbe messo in chiaro quanto fossero forti i sentimenti che provava per Eileen.
Era assurdo che ricordasse quelle parole così alla perfezione: probabilmente era proprio perché non c’era altro modo per dirlo, anzi forse quello era l’unico per farlo indirettamente senza rischiare che lei lo interrompesse, o che lo facesse il suo timore di non essere ricambiato fino in fondo.
«T-truly, madly, deeply I am», respirò e gli tremò la voce, «Foolishly, completely fal-»
Non riuscì però a finire la frase perchè Eileen con una mossa fulminea incollò le labbra alle sue senza neanche lasciargli il modo di rendersene conto, forse perché era troppo preso dalla canzone, forse perché per una volta sperava di riuscire a dirglielo.
Ma anche questa volta Eileen lo interruppe, e lui avrebbe voluto insistere almeno quella volta, ma lei lo baciò con così tanta dolcezza e trasporto che Niall comprese che aveva capito, nonostante non avesse finito di cantare la sua canzone per lei.
Quindi smise di preoccuparsi, anzi in verità neanche iniziò a farlo, perché il sapore di Eileen era troppo buono per potersi concentrare su qualcos’altro. Perciò ricambiò il suo bacio, mettendo da parte la chitarra, stringendo Eileen per i fianchi con un braccio e tirandola verso di sé per poterla baciare ancora meglio.
Eileen mugugnò qualcosa e provò a staccarsi, ma Niall non glielo lasciò fare, assaporando quella bocca centimetro per centimetro, capendo solo quando aveva di nuovo posato le labbra sulle sue quanto in realtà quelle gli fossero mancate, nonostante non fosse poi passato così tanto tempo dall’ultimo contatto. Era diventata una dipendenza.
«E’…», riuscì a balbettare Eileen appena Niall si staccò per mezzo secondo, prima di tornare a baciarla. Eileen ridacchiò sulle sue labbra e gli sfiorò la guancia con una mano, mentre l’altra andava ad intrecciarsi tra i suoi capelli, carezzandoli in quel modo che lo faceva impazzire. Niall la strinse a sé ancora più forte intrufolando una mano sotto la maglia leggera per sentire la pelle calda e liscia della schiena. Eileen rabbrividì e riuscì a scostarsi dalla bocca di Niall, fissandolo negli occhi e carezzandogli le labbra con il pollice.
«E’ bellissima, Niall», bisbigliò vicinissima facendo sfiorare i loro nasi. Niall respirò il suo profumo e quasi non sentì le sue parole, troppo emozionato, troppo assuefatto da Eileen e dal suo profumo e il suo sapore e la sua semplice presenza tra le sue braccia.
Eileen gli sorrise ancora e si avvicinò ancora di più, sedendosi sulle sue gambe ancora incrociate e portando le braccia a circondargli il collo.
«Ti è venuta in mente tutta così, all’improvviso?» gli chiese sempre in un sussurro. Niall ebbe un fremito e le rubò un altro bacio veloce e morbido, annuendo e stringendo spasmodicamente tra le mani l’orlo della maglietta di Eileen dietro la schiena.
«Ho guardato te», mormorò poi e quello bastava come spiegazione. Eileen arrossì e il suo sorriso tremolò per un istante.
«L’hai scritta pensando a me?» gli chiese sbattendo più volte le palpebre. Niall vide i suoi occhi farsi forse troppo lucidi e sentì il cuore perdere qualche battito. Annuì di nuovo poggiando la fronte sulla sua e strofinando dolcemente il naso contro il suo riuscendo a strapparle un piccolo sorriso.
Niall vide una piccola lacrima sfuggire dagli occhi di Eileen e scivolare velocemente sulla sua guancia.
«Che c’è?» le chiese bisbigliando. Eileen rimase ad occhi chiusi e scosse la testa, tornando ad accarezzargli i capelli sulla nuca.
«Come continua?» mormorò in un sussurro appena percettibile. Il cuore di Niall fece un tonfo e si irrigidì appena, prima di prendere un respiro e canticchiare «… baby say you’ll always keep me/ Truly, madly, crazy, deeply in love with you…», a voce bassa quasi con le labbra contro le sue, a voler trattenere quelle parole tra loro. Un’altra lacrima sfuggì dagli occhi chiusi di Eileen seguita velocemente da altre due. Niall prese fiato e le asciugò con una scia di baci dove avevano bagnato le sue guance, per terminare con un bacio delicato sulle sue labbra dischiuse.
«Non doveva succedere», mormorò Eileen con voce strozzata riaprendo gli occhi e investendo Niall con il suo sguardo tormentato, «Tu non dovevi…io…», sbuffò e scosse impercettibilmente la testa strizzando gli occhi. Niall sorrise, capendo cosa voleva dire, e le prese il viso tra le mani costringendola a riaprire gli occhi.
«Smettila», le disse baciandole la punta del naso, «Smettila di pensare che non lo meriti, Cookie. Smettila di pensare che c’è qualcosa di sbagliato in te e smettila di cercare di tenermi a distanza. E’ tardi ormai», concluse con un sorriso. Eileen corrugò le sopracciglia insofferente e scosse la testa.
«Come fai a dire di amare una come me?» gli chiese come se fosse una cosa impossibile, come se non fosse incredibilmente semplice e scontato che una persona potesse innamorarsi di lei. Niall si lasciò andare ad una risatina e le prese il mento tra pollice e indice, lasciandole un bacio a fior di labbra.
Ormai non aveva più paura di dirlo.
«Io non amo una come te. Io amo te, Cookie», le confessò finalmente sentendosi immediatamente libero, ma allo stesso tempo pieno di quel sentimento soffocante.
Gli occhi di Eileen si riempirono di lacrime e un sorriso emozionato, ma incerto, riuscì a far capolino sulle sue labbra.
«Sarà un disastro, Niall. Io sono un disastro», ribadì. Niall rise di nuovo e cominciò a scuotere la testa a metà frase.
«Non capisci che non mi importa? Non importa come andrà, cosa dovremo affrontare, se soffriremo. Non mi importa niente. Per te, ne vale la pena», le disse come se fosse la cosa più semplice e scontata al mondo.
Eileen tremò tra le sue braccia e il suo sguardo si fece più sicuro, più consapevole, felice.
Abbozzò un sorriso emozionato, ricambiato al volo da uno più smagliante di Niall.
«Com’è che dice..?» mormorò con un guizzò titubante nello sguardo. Niall corrugò le sopracciglia ed Eileen sbruffò arrossendo.
«Truly, madly…», canticchiò sottovoce, e Niall capì.
«…crazy, deeply…», continuò con il cuore che tamburellava veloce. Eileen prese un respiro e portò le loro labbra a congiungersi.
«…in love with you», concluse muovendo le labbra sulle sue.
Il cuore di Niall a quel punto si gonfiò e scoppiò di felicità. La afferrò di slancio e la baciò con trasporto, intrecciando le loro lingue e stringendola così forte a sé come se la volesse fondere con se stesso, per non doverla più lasciare andare.
Era stato difficile, Niall più volte aveva pensato di arrendersi, di lasciar perdere, non aveva mai amato le cose troppo complicate e senza una via d’uscita.
Ma non aveva mollato e aveva fatto bene.
Forse quella era l’unica cosa di cui non si sarebbe mai pentito in tutta la sua vita.
 











BUONA SERA DOLCI DONZELLE!
Non
so se avete notato i COLORI del mio angolino asdfglo
Scusate, ma il Natale mi rende psicopatica. (Okay basta, è stressante cambiare sempre colore.)
Comunque, amo questo periodo dell'anno: tutte le luci, l'atmosfera, i pandori, le risate, la famiglia, i pandori, la tombola, le canzoncine, i pandori... I PANDORI.
Credo di aver sviluppato una nuova ossessione, ottimo.
Comunque, torniamo a noi, giuro che la smetto di dare di matto.
Allora, avrei voluto aggiornare prima per farvi in un certo senso un "regalo di Natale", ma per tempo e ispirazione non mi è stato possibile.
Quindi, anche se leggermente in ritardo, BUON NATALEEEEE!
Ora, vi faccio una piccola domanda personale che non c'entra niente con la fanfiction o con i ragazzi, niente di niente: a Capodanno devo andare ad una festa a tema. Tema: personaggio famoso.
Non ho idea di cosa inventarmi, e mancano solo TRE GIORNI!
Sto impazzendo, se qualcuna ha qualche idea illuminante, vi prego illuminatemi!
Detto questo, vi auguro buone feste e buon anno nuovo.
Spero che il capitolo vi piaccia e spero di poter aggiornare di nuovo in tempi accettabili.
Non ho più le parole per ringraziarvi e per dirvi quanto siete importanti, quindi GRAAAAAZIE.
Corro a rispondere alle recensioni, perchè siete state asdfjgforf
Tanto amore,
Sara.

 
 

 

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Capitolo 31
*** Questions. ***


 
31. Questions.
 
 
 


Eileen stava sorridendo mentre Lottie le passava in silenzio i piatti che toglieva da tavola, e lei li poggiava delicatamente nel lavandino.
Sorrideva mentre sentiva le urla di Dylan provenire dall’altra stanza assieme alla risata di Louis e, anche se non poteva vederlo né sentirlo, allo scuotere della testa di Niall.
Sorrideva mentre pensava che negli ultimi giorni non aveva fatto altro e che non aveva mai sorriso per così tanto tempo senza trovare la voglia, né un motivo, né un misero pensiero per smettere di farlo.
Il suo sorriso raggiante e spensierato risaliva all’arrivo di Louis a Mullingar, all’aver conosciuto quell’amico di Niall che aveva avuto l’effetto contrario della conoscenza che aveva avuto con l’altro suo amico, Harry. Ma forse Louis non c’entrava niente, forse era stato solo capace di tirar fuori la felicità che aveva nel cuore. Felicità che era provocata solo e soltanto da Niall.
La sua paura di fargli del male e di rovinare la spensieratezza e l’allegria che lo caratterizzavano non era ancora svanita, ma Eileen era più tranquilla, più serena, perché aveva capito che ormai non c’era più niente che potesse fare per salvarlo.
Ci aveva provato fino all’ultimo, facendosi del male e facendo del male anche a lui, ma alla fine si era dovuta arrendere perché l’amore che c’era tra di loro era stato più forte, e li aveva vinti entrambi.
Ovviamente Eileen non l’aveva vista come una sconfitta, perché quella, Niall, il suo amore  e i suoi sorrisi, erano la cosa più bella che potesse capitarle.
Se non considerava i baci, e i suoi abbracci e come le sue mani si intrufolavano sempre come se fosse un vizio sotto la sua maglietta, per sfiorarle la pelle con quelle dita perennemente fredde e provocandole brividi che non avevano niente a che fare con la temperatura della sua pelle.
Tutto quello era ancora meglio.
A quel pensiero, il piatto che Lottie le aveva appena passato le scivolò dalle mani sbattendo sul bordo del lavandino e finendo dentro, fortunatamente senza frantumarsi.
«Eileen, tutto bene?» le chiese Lottie guardandola preoccupata. Eileen arrossì fino alla punta dei capelli e decise di ignorare i suoi stupidi pensieri e di chiuderli in un cassetto che sarebbe tornata ad aprire in momenti più opportuni.
«S-sì, mi è solo…sfuggito di mano», balbettò abbozzando un sorriso che Lottie ricambiò con uno molto simile a quelli abbaglianti e giganti di Louis.
Lottie la osservò per qualche secondo e il suo sorriso piano piano si fece divertito, e lo sguardo diventava spaventosamente simile a quello di Louis quando aveva in mente qualcosa.
In quei pochi giorni non aveva parlato molto con Lottie, aveva capito che a differenza del fratello fosse una persona un po’ chiusa e restia a dare confidenza a chiunque. Ma per quel poco che ci aveva condiviso, l’aveva trovata una ragazza semplice e simpatica, sensibile e decisamente acuta e sveglia. L’unica cosa che sembrava aver ereditato dal fratello più grande.
Per questo sicuramente aveva capito al volo che Eileen stava pensando a qualcosa e per questo, seppur con un po’ più di tatto rispetto a come avrebbe fatto Louis, puntò gli occhi azzurri nei suoi e con un sorriso che sembrava dire “Ti conviene parlare tanto già ho capito a cosa stai pensando”, mormorò un «Perché improvvisamente sei tutta rossa? A cosa stavi pensando?»
Eileen rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva e il piatto che aveva ripreso dal lavandino le scivolò di nuovo di mano.
Il suo improvviso imbarazzo probabilmente era dovuto al fatto che non aveva ancora parlato a nessuno di Niall e di quello che provava per lui.
Non aveva un’amica con cui confidarsi come tutte le ragazze normali, l’unico amico che aveva lo sentiva tutte le sere al telefono, ma non poteva certo raccontargli cosa le faceva provare Niall e come da qualche giorno non riuscisse a pensare ad altro che a lui, alle sue mani, le sue dita fredde e le sue labbra morbide. Come se tutto il tempo passato a farsi troppi problemi e a cercare di tenerlo lontano le si fosse rigirato contro, costringendola a pensare a lui ogni secondo e facendole venire la voglia di recuperare tutto il tempo perduto.
Solo che non era da lei, non si era mai sentita così e le sembrava terribilmente strano, ma non sbagliato. Avrebbe solo dovuto capire come imparare a gestire quei suoi sentimenti, ma era come se sapesse che non ci sarebbe riuscita da sola, si sentiva satura di lui e provava talmente tante sensazioni che non sapeva da che parte cominciare per tornare almeno ad avvicinarsi alla normalità e mantenere in parte la sua sanità mentale.
Guardò Lottie, e per un secondo pensò che avrebbe potuto confidarsi con lei, ma poi ricordò che era più piccola e che probabilmente non avrebbe capito.
«Ho caldo», rispose semplicemente cercando di sorridere nonostante le tremassero le labbra voltandosi per controllare che quel maledetto piatto fosse ancora integro. Con movimenti meccanici riempì il lavandino di acqua calda, e si voltò verso Lottie per chiederle di passarle il sapone, ma si bloccò quando la trovò a fissarla con uno sguardo talmente scettico e divertito da farla sbiancare.
«Che c’è?» sbottò dopo qualche secondo con la gola secca. Lottie soffocò una risata e scosse la testa.
«Leen, lo so che pensi che io sia ancora una ragazzina che non capisce niente. Ma fidati, capisco perfettamente cosa sta passando per la tua testa», le disse con tranquillità.
Eileen deglutì e si sentì tremendamente in colpa per averla giudicata, abbassò lo sguardo e Lottie con un altro sorriso le passò il sapone senza che lei le chiedesse niente.
«Ti si legge in faccia, comunque», riprese Lottie, «Te l’ha mai detto Niall che basta guardarti un secondo per capire a cosa stai pensando?» le chiese con un sorrisetto.
Questa volta le sfuggì di mano il flacone del sapone e Lottie ridacchiò.
«Okay», si arrese Eileen sbuffando e alzando le mani in segno di resa. Lanciò uno sguardo torvo al lavandino sotto i suoi occhi e poi si voltò insofferente verso la ragazza che la stava guardando divertita.
«Tu lavi e io asciugo?» propose quasi con aria di supplica.
«Okay», accettò Lottie scambiando il posto con lei e cominciando a insaponare i piatti in silenzio.
Eileen sospirò e parlò senza rendersene conto, probabilmente il bisogno che aveva di confessarsi e di provare a capirci qualcosa era diventato troppo opprimente.
«Il fatto è che non so neanche io cosa mi succede», bisbigliò afferrando con attenzione i piatti che le passava Lottie. Quest’ultima annuì ed Eileen sospirò di nuovo.
«Non mi è mai successa una cosa così e non so come gestirla.»
«Sei innamorata», rispose Lottie alzando le spalle. Eileen la guardò e scosse la testa.
«Non è questo. Credo di averci fatto l’abitudine a questo. Il problema è che non so come gestirmi», precisò arrossendo e scuotendo velocemente la testa per bloccare i pensieri che avevano ricominciato a correre verso quella direzione, verso quella parte della sua mente che non sapeva neanche esistesse. La parte dove l’innocenza spariva e si risvegliava la donna che era in lei.
Lottie corrugò leggermente le sopracciglia e storse le labbra riflettendo, poi sbuffò probabilmente non capendo cosa volesse dire Eileen.
«Spiegati meglio.»
«E’ imbarazzante», borbottò Eileen distogliendo lo sguardo e arrossendo ancora di più. Non guardò Lottie in faccia, ma nel silenzio che seguì capì che aveva capito.
La cosa che imbarazzava Eileen, la cosa di cui non poteva parlare a nessuno o almeno non al suo migliore amico, né a Denise che era l’unica figura femminile su cui fare affidamento, non era affatto il sentimento innocente che provava per Niall.
Lo sfarfallio nello stomaco, il cuore che accelerava il battito e le guance che le andavano a fuoco  costantemente al solo pensiero di Niall non erano niente, in confronto a quello che provava e sentiva fisicamente quando lui le si avvicinava.
Era come se il muro che aveva eretto intorno a sé era definitivamente crollato, e il suo corpo ora aveva bisogno di sentire quei contatti, quel calore, quella morbidezza di cui si era privato in tutti quegli anni.
Eileen aveva costantemente bisogno di sentire il contatto con Niall, che non era affatto un contatto innocente. Perché al solo pensiero si sentiva andare completamente a fuoco ed era consapevole del fatto che le sarebbe bastato sfiorarlo per desiderare di più e per non riuscire a fermarsi.
Non si era mai sentita così, e quello la spaventava, perché non aveva metro di giudizio o paragone, non sapeva come gestire quelle nuove sensazioni senza passare per chi non era, e non avere nessuno con cui parlarne e a cui chiedere consiglio la faceva impazzire.
«Oh», mormorò Lottie osservando attentamente la sua espressione, «Oh», ripeté cambiando tono di voce e facendo arrossire ancora di più Eileen. Come le aveva detto appena pochi minuti prima, le si leggeva in faccia a cosa stava pensando, e dalla sua espressione doveva essere proprio chiara la via che avevano preso i pensieri di Eileen.
Arrossì, sperando che per Niall non fosse ugualmente facile intuirlo, anche se sapeva che la sua speranza era certamente inutile.
Sospirando piano le lanciò un’occhiata di sottecchi e la ritrovò a sorridere.
«Non devi sentirti in imbarazzo o come se fosse una cosa…strana», tentò di tirarla su arrossendo leggermente, «E’ normale che lui ti faccia questo effetto», concluse.
Eileen assottigliò gli occhi improvvisamente concentrata sul viso della ragazza, la domanda che voleva farle da quando l’aveva conosciuta a sfiorarle le labbra e Lottie distolse velocemente lo sguardo, come a volerle nascondere prontamente la risposta.
Troppo tardi.
«Lottie, a te piace, vero?» le chiese a bruciapelo. Lottie sfuggì di nuovo al suo sguardo improvvisamente troppo concentrata sul piatto che stava strofinando.
«Parlo in generale. Lui…lui fa questo effetto a milioni di ragazzine, figurati tu che ci stai insieme e in contatto», balbettò frettolosamente a voce acuta, «E’ normale che ti piaccia in quel senso, normalissimo.»
A quel punto Eileen sorrise intenerita dalla scena: era evidente che Lottie cercasse di generalizzare per non dover ammettere che una delle “ragazzine” di cui parlava era proprio lei, ed era carino da parte sua cercare di non farle capire quanto in realtà Niall le piacesse, per non creare disagio tra di loro.
Invece che arrabbiata, e gelosa, e impotente, si sentì un po’ in colpa, e intenerita. E un moto di affetto la costrinse a cercare di bloccare le preoccupazioni della ragazza.
«Lottie», mormorò dolcemente bloccandole le mani che strofinavano frenetiche la spugna sul piatto, quasi a consumarlo. Lottie alzò gli occhi su di lei e arrossì con sguardo abbattuto. Eileen le sorrise cercando di farle capire che non era arrabbiata, che poteva dirglielo, che non se la sarebbe presa.
Lottie sospirò e chiuse gli occhi.
«Scusami, Leen, non avrei dovuto fartelo capire», mormorò abbattuta. Eileen rise e Lottie rialzò lo sguardo timidamente.
«L’avevo capito già un po’ da sola, me l’aveva detto Niall e Louis non è uno che riesce a tenere ben nascoste le cose, quindi…non preoccuparti.»
Lottie a quelle parole strabuzzò gli occhi.
«Te l’ha detto Niall?» chiese in un bisbiglio probabilmente pregando dentro di sé che Eileen negasse. Eileen arricciò il naso e Lottie aprì un occhio per poi sbruffare sconfitta.
«Perfetto, davvero perfetto», borbottò ricominciando a lavare i piatti con le orecchie rosse dalla vergogna.
Eileen sorrise e finì di sciacquare i piatti, mentre Lottie sistemava la cucina.
«Quanto devo essergli sembrata una ragazzina imbecille?» chiese quasi tra sé e sé.
Eileen le sorrise e le diede un buffetto sulla testa.
«Ma no, lui ti vuole bene non…»
«Certo», la interruppe bruscamente Lottie con sguardo sofferente, «Mi vuole bene come una ragazzina imbecille che gli corre dietro e salva le sue foto sul telefono!» sbottò. Eileen lanciò un’occhiata alla porta aperta della cucina con l’intento di ricordarle che Niall era appena nell’altra stanza e che avrebbe potuto sentirla.
Lottie capì e sbruffò di nuovo, ravvivandosi i capelli con un gesto di stizza. Eileen sorrise del suo imbarazzo e della sua rabbia e cercò di rassicurarla anche se la situazione le sembrava a dir poco surreale.
«Non credo che pensi questo di te», le disse Eileen con delicatezza, «Ti conosce, sa che sei una ragazza sensibile e seria, e non si sa come sei cresciuta così bene… guardando tuo fratello», abbozzò una risata cercando di smorzare la tensione. Lottie si lasciò andare ad un sorriso e mezzo sospiro di sollievo, poi la guardò con timore.
«Però non voglio che tu pensi a me come…come una rivale. Cioè», sbuffò e alzò gli occhi al cielo probabilmente non trovando le parole esatte per esprimersi, poi puntò quei fari azzurri e sinceri nei suoi.
«Non che Niall potrebbe mai mettere da parte te per… Voglio dire, non è una cosa così importante, insomma. E’ solo che sono cresciuta con lui in testa, ero una ragazzina stupida quando l’ho conosciuto e ai miei occhi sembrava…sembrava una specie di principe azzurro!» esclamò incredula di se stessa. Eileen scoppiò a ridere davanti alla sua espressione schifata e Lottie scosse la testa rassegnata.
«Capisco cosa intendi. Credo che questo sia l’effetto che faccia a tutte le ragazze», commentò alzando le spalle. Lottie la guardò con un sorrisetto.
«Sicuramente è l’effetto che fa a te», insinuò. Eileen non arrossì, non si sentì in imbarazzo, perché non era affatto così che vedeva Niall.
Non lo vedeva come un principe delle favole corso a salvarla, non era niente di tutto questo per prima cosa perché niente tra di loro era mai stato facile come si legge nelle fiabe, e niente le assicurava che poi a discapito di tutto ci sarebbe stato un lieto fine.
Niall era reale, ed era ancora più bello di qualsiasi favola da sogno.
«No, per niente», negò infatti stringendo le labbra in un sorriso e stringendosi nelle spalle, «Lui per me è tutt’altro.»
Non c’erano parole per spiegare quanto Niall significasse per lei, quanto non potesse essere paragonato neanche minimamente ad uno stupido personaggio fantastico, ma Lottie sembrò capire dal suo sguardo quello che intendeva, perché annuì quasi imbarazzata dall’intensità di quello che vide nei suoi occhi.
«Capisco», mormorò, «L’unica cosa importante è che non pensi che io voglia mettermi tra voi, o fare…provare a fare qualsiasi cosa con lui, insomma. Alla fine è come un fratello maggiore per me», sospirò e abbassò lo sguardo imbarazzata, «Un fratello maggiore per cui avevo una cotta da vergogna», borbottò quasi tra sé e sé. Eileen ridacchiò e le passò un braccio sulle spalle per farle capire che non ce l’aveva affatto con lei e che non la considerava una rivale o quant’altro.
Lottie le sorrise prima sinceramente grata, poi la sua espressione mutò probabilmente ripensando a come era cominciato il discorso, diventando troppo simile a quella del fratello quando stava pensando a qualcosa di poco innocente.
«Allora, prima che venisse fuori il mio passato oscuro…», cominciò con un lampo furbetto negli occhi, «A cosa stavi pensando che ti ha reso improvvisamente accaldata?» le chiese con un ghigno.
Eileen avvampò e si chiese come potesse una ragazza apparentemente così innocente e tranquilla fare determinate domande. Poi si ricordò che era la sorella di Louis -sembro un angelo ma non lo sono proprio per niente- Tomlinson.
Tossicchiò per schiarirsi la gola e sciolse quella sottospecie di abbraccio avviandosi a passo spedito verso la porta della cucina.
«Magari ne riparliamo, eh? Adesso raggiungiamo quei due o chissà cosa combinano», la buttò lì tentando di sviare gli occhi indagatori e divertiti della ragazza. Lottie schioccò la lingua e scosse la testa facendo spallucce.
«Non sono brava quanto mio fratello a mettere in difficoltà le persone», mormorò con aria affranta. Eileen scoppiò a ridere e le fece segno di seguirla.
«Sei sulla buona strada, il maestro sta facendo un gran lavoro.»
«Scommetto che state parlando di me!» esclamò Louis sentendo l’ultima parte della frase e saltando in piedi. Lottie roteò gli occhi al cielo e si buttò sul divano mentre Eileen lo ignorò completamente, troppo rapita dagli occhi di Niall puntati su di lei.
«Non sei il centro del mondo, Tommo», borbottò Lottie guardandolo male. Louis le fece una smorfia mentre Dylan raggiungeva la ragazza arrampicandosi sul divano.
«Gioca con me», le disse passandogli una macchinina.
Ma Eileen non si accorse di niente di tutto questo perché Niall nel frattempo si era alzato, le era andato incontro con un sorriso timido a piegargli le labbra e le aveva circondato i fianchi con un braccio. Eileen si aprì in un sorriso, come faceva fin troppo spesso negli ultimi giorni quando lui le si avvicinava, e arricciò il naso divertita quando Niall ci strofinò sopra il suo.
Senza dire una parola, perché tra loro non servivano quasi, la baciò delicatamente facendo appena toccare le loro labbra ma accendendo una fiamma divampante dentro di lei.
Eileen gli circondò il collo con le braccia e sorrise sulle sue labbra, baciandolo di nuovo dimenticandosi del resto dei presenti nella stanza.
I suoi pensieri stavano di nuovo prendendo una piega poco raccomandabile, ma non fece in tempo a vergognarsene che l’urlo di Dylan la riportò alla realtà.
«Giochiamo a nascondino!» esclamò schizzando in piedi e lasciando perdere una visibilmente annoiata Lottie che sospirò di sollievo senza ritegno. Eileen sbuffò e Niall alzò gli occhi al cielo distanziandosi un pochino e allentando la presa sui suoi fianchi.
Ovviamente Louis non ci pensò mezzo secondo ad assecondarlo e cominciò a saltellare insieme a lui.
«Ottima idea piccoletto!» esclamò porgendogli il cinque. Il bambino lo guardò con quel sorriso smagliante, solo un po’ confuso dal gesto del ragazzo, allora Louis si chinò e gli prese la manina per farla scontrare con la sua. Dylan lanciò un urletto eccitato e gli batté di nuovo il cinque facendolo scoppiare a ridere.
Eileen osservò la scena intenerita ridacchiando e sentendosi gli occhi di Niall puntati addosso. Quest’ultimo la abbracciò e le lasciò un bacio sulla tempia facendola rabbrividire dalla testa ai piedi.
«Zio! Lee! Nascondinooo», li richiamò Dylan saltellandogli intorno e prendendo per mano Eileen tirandola via dall’abbraccio di Niall.
Eileen lo lasciò fare ridendo e sentì Niall borbottare «Non ci lasciano tre secondi in pace», con sicura conseguente occhiataccia verso Louis.
«Zio!» urlò Dylan indignandosi e puntando i piedi con un cipiglio frustrato sul volto. Louis ridacchiò e Niall alzò di nuovo gli occhi al cielo.
«Sunshine, dì al tuo amore di non fare il guastafeste», le bisbigliò Louis facendo qualche saltello come a riscaldarsi. Eileen sorrise arrossendo appena e fece un cenno a Niall.
«Andiamo, facciamolo contento», gli disse stringendosi nelle spalle. Niall assottigliò gli occhi e scrollò le spalle arrendendosi.
«Maledetto Louis», proclamò avvicinandosi a quell’insolito terzetto. Dylan li guardava come per decidere con chi allearsi, pronto a combattere.
«Io non ci penso neanche, cercate di urlare piano», mormorò Lottie non appena lo sguardo eccitato di Louis si posò su di lei. Questo sbuffò e le fece una smorfia.
«Quanto sei noiosa, Lots.»
Lei per tutta risposta lo ignorò e aprì il suo libro immergendosi nella lettura. Louis sbuffò di nuovo e decise di lasciar perdere ritrovando all’istante il sorriso.
 «Vai a nasconderti Dylan», mormorò con aria cospiratoria accucciandosi accanto al bambino che gli sorrise eccitato, «Conta Nialler!» esclamò poi spingendolo contro il muro del salone.
«Oh, Lou andiamo!» si lamentò questo imbronciandosi ma poggiando comunque un braccio al muro per poi poggiarci contro gli occhi.
Eileen lo trovò così tenero che non resistette dall’avvicinarsi mentre Louis e Dylan sparivano nelle altre stanze ridendo e urlando. Gli scoccò un veloce bacio sulla guancia e gli sorrise quando lui alzò di scatto la testa.
«Buona fortuna», canticchiò facendo per allontanarsi. Ma lui non glielo permise, afferrandola velocemente e tirandola vicino a sé con un sorrisetto sulle labbra.
«Tu nasconditi bene, perché se ti trovo finisco quello che avrei voluto iniziare prima», le bisbigliò labbra contro labbra. Eileen sentì una vampata di calore partirle dal petto e diffondersi in tutto il corpo facendola fremere e seccandole la gola. Il sorrisetto che Niall le lanciò prima di lasciarla andare non le fu per niente d’aiuto e le ci volle tutta la concentrazione possibile per costringere i suoi piedi a spostarsi e a riprendere il controllo di sé prima di sciogliersi e crollare a terra.
Sbatté le palpebre più volte e si schiaffeggiò il viso guardando Dylan e Louis correre nell’ingresso probabilmente per nascondersi dietro qualche mobile. Senza sapere dove altro andare e trovando leggermente ridicolo che a quell’età stesse sul serio giocando a nascondino, si infilò nello stanzino del sottoscala, lasciando la porta accostata per far entrare un po’ d’aria e non morire soffocata.
Lì, al buio e da sola, tentò di rilassarsi e di darsi una regolata. Non poteva accendersi in quel modo ogni volta che Niall la sfiorava o le si avvicinava, non poteva permettere che i suoi ormoni prendessero il sopravvento impedendole di ragionare, non era affatto da lei e prima o poi le avrebbe causato qualche situazione imbarazzante, se lo sentiva.
«Lou, un nascondiglio più stupido non potevi trovarlo», sentì borbottare Niall mentre con passi veloci tornava alla tana per eliminare Louis da gioco. Eileen trattenne un sorriso e immaginò l’espressione imbronciata di Louis.
«Oh, tu potevi far finta di non vedermi!» si lamentò. Niall ridacchiò e il cuore di Eileen aumentò il battito.
«Così che gusto c’è?» replicò Niall con tono saccente.
«Non sei capace neanche a giocare a nascondino, vergognati», commentò Lottie con voce divertita, «Io vado a fare una passeggiata al parco», annunciò e dopo qualche secondo Eileen sentì sbattere la porta di casa.
«Va a cercare gli altri due, su, voglio giocare di nuovo», esclamò Louis. Eileen immaginò Niall roteare gli occhi al cielo e immaginò anche il suo sorriso su quelle labbra morbide e sempre umide, quella fossetta piccolissima che gli si formava sulla guancia destra e quella invece più accentuata sul mento.
Si era detta che avrebbe dovuto imparare a gestirsi e a non lasciare libero sfogo ai pensieri e all’immaginazione, ma ovviamente era più facile pensarlo che metterlo in atto, perché non appena sentì i passi felpati di Niall passare davanti alla porta dello stanzino, le si scollegò il cervello e agì d’impulso.
Allungò il braccio proprio nel momento in cui Niall stava passando lì davanti, lo afferrò e lo tirò verso di sé.
Niall non ebbe modo neanche di realizzare che cosa stava succedendo, che si ritrovò le labbra di Eileen incollate alle sue, le braccia allacciate dietro al collo e il suo corpo premuto contro.
Eileen era fuori di sé, incontrollata e decisamente in una situazione imbarazzante, ma Niall era sempre un maschio e nessun ragazzo sano di cervello avrebbe protestato davanti ad un’iniziativa del genere.
Per questo, dopo quel mezzo secondo che ci mise a capire che cosa stava succedendo, si schiacciò ancora di più contro di Eileen facendola quasi diventare un tutt’uno con il muro dietro di sé e ricambiò il bacio con una passione e un bisogno che fecero pensare a Eileen che lui non stava messo tanto meglio di lei, alla fine.
Lo schiocco delle loro labbra che si separavano la fecero rabbrividire, mentre Niall poggiava la fronte sulla sua con il fiato corto, un sorriso compiaciuto sulle labbra e gli occhi quasi…famelici.
«Ti ho trovato», le bisbigliò contro le labbra. Eileen gli sorrise e infilò una mano tra i suoi capelli socchiudendo gli occhi e perdendo ormai il conto dei battiti che il suo cuore faceva al secondo.
«Mi sono fatta trovare», precisò con una voce che non le sembrava neanche la sua. Niall fece appena in tempo a sorridere prima di baciarla di nuovo e di premersi contro di lei, anche lui ormai perdendo ogni ragione.
«Ehi, qui c’è qualcuno che rallenta il gioco!» urlò Louis facendoli sobbalzare. Niall si guardò intorno, ma la voce di Louis proveniva dal salone, segno che doveva averli sentiti fin da lì. Eileen arrossì se possibile ancora di più e si costrinse a sciogliere l’abbraccio premendo le mani sul suo petto che si alzava e abbassava ad un ritmo quasi spaventoso.
 «Corri Dylan, corri a fare tana libera tutti!»
Si sentirono i passi di Dylan correre veloci sul pavimento e Niall sbruffò, prendendo la mano di Eileen e trascinandola con sé. Fecero appena in tempo a vedere Dylan che si buttava quasi addosso al muro urlando «Tana!» con espressione vittoriosa. Louis rise e gli fece segno di continuare. Dylan lo guardò per un secondo confuso, poi si illuminò.
«Libera tutti!» continuò sbattendo di nuovo la mano sul muro. Louis lanciò un urlo entusiasta e batté la mano al bambino che rise cominciando a saltellargli intorno.
Inutile dire che Eileen era concentrata sulla mano di Niall stretta nella sua, il pollice che le disegnava cerchi a casaccio sul palmo. Sorrise e sentì le labbra tremare dalla voglia di sentire di nuovo il sapore di Niall.
«Ha!» urlò di nuovo Louis puntando un dito contro di loro, «Darling ti fai distrarre troppo facilmente, tocca di nuovo a te», lo canzonò andando verso di loro con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
«Bel lavoro, Sunshine», si complimentò ammiccando e battendo il cinque a Eileen che arrossì vistosamente lasciandosi andare ad una risatina nervosa.
«Solo…la prossima volta chiudetevi in camera. Non vorrei che il piccoletto si chiedesse  da dove provengano certi rumori…molesti», le bisbigliò ghignando. Eileen arrossì dalla testa ai piedi e per mezzo secondo pensò seriamente di andare a fuoco.
«Louis», lo rimproverò Niall con voce tremolante. Il ragazzo spostò gli occhi su di lui e Eileen si lasciò andare ad un piccolo sospiro di sollievo.
«Vale anche per te, maschione.»
«Okay!» esclamò Eileen a voce troppo alta sentendosi troppo sotto pressione.
I due si voltarono di scatto verso di lei, Louis sorpreso, Niall intenerito ma anche grato per aver fatto distogliere l’attenzione di Louis da lui.
«Dylan, che ne dici di raggiungere Lottie e andare a fare una passeggiata?» propose nervosamente, lasciando andare la mano di Niall perché la situazione si stava facendo insostenibile.
«Si!» urlò il bambino con un gran sorriso. Eileen sospirò di sollievo.
«Bene, mettiamoci le scarpe allora.»
«Vengo anche io», annunciò Louis con uno sguardo strano e un sorrisetto divertito. Niall gli lanciò un’occhiata dubbiosa, poi guardò Eileen  e trattenne il respiro.
«Io resto a casa. Credo sia…meglio che mi rilassi un pochino», mormorò. Eileen ricambiò la sua occhiata perdendosi per qualche secondo di troppo sulle sue labbra e poi scivolando involontariamente con lo sguardo un po’ più giù. Sbarrò gli occhi e rischiò di strozzarsi con la saliva, voltandosi di scatto per non pensare a cosa avrebbe certamente preferito fare in quel momento…probabilmente avrebbe aiutato Niall a rilassarsi.
Si stupì dei suoi pensieri e si sventolò la faccia sentendosi seriamente andare a fuoco, mentre cercava di concentrarsi nell’infilare le scarpe ai piedini di Dylan, che non riusciva a stare un secondo fermo dall’entusiasmo.
«Sì, Darling, vai a farti una bella doccia gelata», gli consigliò Louis. Eileen  fece appena in tempo ad alzare gli occhi per vedere Louis mollargli una sonora pacca sulla spalla con un sorriso alquanto depravato sulle labbra, e Niall sobbalzò arrossendo dalla testa ai piedi.
Eileen scosse la testa velocemente per dare un taglio ai suoi pensieri, e si concentro ad infilare la felpa a Dylan, per non rischiare che il clima precario di quella giornata di agosto ma pur sempre irlandese avrebbe potuto fargli prendere un raffreddore.
«Okay, andiamo», sussurrò quando riuscì nell’impresa nonostante le mani tremanti. Si voltò e vide Louis e Niall discutere sotto voce, il primo con sguardo malizioso, l’altro imbarazzato. Eileen si schiarì la gola e Dylan saltellò verso la porta impaziente di uscire.
I due interruppero i loro bisbigli e le loro occhiate infuocate e si voltarono verso di lei.
Evitò accuratamente di guardare Niall negli occhi e fece segno a Louis di andare.
«Torniamo presto, Darling, non sentire la nostra mancanza», squittì Louis con un gran sorriso superando Eileen e prendendo per mano Dylan per uscire in fretta di casa. Eileen sospirò e lanciò un’occhiata a Niall.
«Sicuro che non vuoi venire?»
Niall abbozzò un sorriso e dondolò sui talloni, «No, tranquilla», mormorò scuotendo la testa. Poi diventò serio in un secondo e la fissò intensamente.
«Basta che non state fuori a lungo», aggiunse. Eileen deglutì e le tremarono le gambe ma si impose di non raggiungerlo perché sapeva che se l’avesse fatto non sarebbe più uscita di casa.
Così si sforzò di annuire, abbozzò un sorriso e si voltò, praticamente quasi correndo fuori e lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo solo una volta che si fu chiusa la porta alle spalle.
Sollievo che durò ben poco, perché Louis la stava aspettando con Dylan dall’altra parte della strada, con un sorrisetto sulle labbra che non prometteva niente di buono. Eileen lo raggiunse, prese l’altra mano di Dylan e capì che Louis sarebbe riuscito in quello che aveva provato a fare solo poco tempo prima sua sorella.
Per questo non si stupì quando Louis si schiarì teatralmente la gola e la guardò alzando entrambe le sopracciglia.
«Allora…» cominciò. Eileen lo guardò e arrossì immediatamente, già immaginando dove le sue domande sarebbero andate a parare. Così lo interruppe subito con sguardo implorante.
«Facciamo che prima arriviamo al parco e lasciamo Dylan giocare lontano da noi e dalle tue domande inopportune, così che non si lasci scappare niente quando torniamo a casa?» propose frettolosamente senza neanche sapere cosa stava dicendo e in cosa si stava andando a impicciare. Il sorrisetto di Louis si accentuò e si strinse nelle spalle.
«Okay», acconsentì ma Eileen non fece neanche in tempo a sospirare che continuò, «Ma non credere di sfuggirmi, signorina.»
E quella, suonava proprio come una minaccia.
 
 
 
Quando rientrarono a casa era ormai buio. Mentre Dylan giocava con gli altri bambini al parco sotto lo sguardo attento di Lottie, Louis aveva tempestato Eileen di domande imbarazzanti e non, prosciugandola di tutte le sue energie, tanto che ad un certo punto smise di fare resistenza e lo accontentò in tutto quello che voleva sapere, senza più innalzare muri o filtri cervello-bocca. Era talmente intenta a concentrarsi su cosa dire a Louis che non si era accorta del sole che tramontava e del venticello sempre più freddo che si alzava, non si era accorta dei bambini che diminuivano sempre di più e si era resa conto che era l’ora di tornare a casa solo quando Dylan mugugnando qualcosa le si era arrampicato in braccio chiudendo gli occhi probabilmente stanco e con il bisogno di riposare. Allora era schizzata in piedi ed era tornata alla realtà, interrompendo Louis nel bel mezzo dell’ennesima domanda, affermando che era necessario che si sbrigassero a tornare a casa.
Per sua fortuna quello scatto sembrò mettere fine a quell’interrogatorio, perché Louis non proferì parola nel ritorno verso casa, del tutto perso tra i suoi pensieri probabilmente intento ad assimilare tutte le informazioni che Eileen gli aveva concesso.
Quando finalmente aprì la porta di casa tirò un sospiro di sollievo, sicura che Louis non l’avrebbe più importunata con alcuna domanda, non in presenza di Niall.
Prima che Louis potesse annunciare il loro ritorno con un urlo squillante come suo solito, Eileen notò che le luci erano spente e che Niall era disteso sul divano a pancia in giù, un braccio che penzolava, gli occhi chiusi e il respiro regolare.
«Dorme», mormorò Lottie dando voce ai suoi pensieri guardando il ragazzo con un sorriso intenerito sulle labbra, specchio di quello di Eileen.
«Oh, allora facciamo piano», scherzò Louis entrando in punta di piedi. Si fermò accanto all’entrata e staccò un post-it giallo attaccato allo specchio. Lo lesse velocemente e poi lo mostrò alle due ragazze.
«Gli sposini sono andati a cena a casa Horan, probabilmente non tornano a dormire e li rivediamo domani mattina», recitò con un gran sorriso.
«Stasera party hard!» esclamò sottovoce alzando un pugno al cielo.
Eileen si lasciò andare ad una piccola risata e lasciò Dylan, completamente addormentato, tra le braccia di Lottie.
«Portalo in camera», le disse con un sorriso, Lottie annuì e sparì al piano di sopra. Eileen osservò di nuovo Niall e lo trovò così dolce e tenero e indifeso che non poté fare a meno di avvicinarsi. Si bloccò solo quando sentì Louis schiarirsi la gola teatralmente.
Si voltò verso di lui e gli lanciò uno sguardo esasperato all’ennesimo suo sorrisetto malizioso.
«Sì Lou, ci penso io a svegliarlo. Tu pensa ad ordinare le pizze per cena», borbottò spingendolo verso la cucina e quasi lanciandogli il telefono.
Louis ridacchiò e per una volta, miracolosamente, non disse niente e sparì nell’altra stanza.
Eileen finalmente si sentì libera di fare quello che voleva fare senza la pressione di quegli occhietti vispi che la osservavano pronti ad analizzare ogni sua singola mossa.
Era decisamente troppo protettivo nei confronti di Niall, e cominciava a diventare snervante. Ormai avrebbe dovuto capire che Eileen non aveva intenzione di fargli del male, non volontariamente almeno.
Con l’ennesimo sospiro si avvicinò a Niall, così vulnerabile nel sonno, e gli si sedette accanto osservando da vicino quel volto disteso, rilassato, con le labbra dischiuse e il respiro pesante che usciva da esse.
Si ritrovò a sorridere e la sua mano si mosse da sola verso i suoi capelli, carezzandoli dolcemente fino a scendere sulla guancia e la pelle morbida. Le palpebre di Niall tremolarono e quando Eileen gli sfiorò le labbra con il pollice si aprirono del tutto.
«Ehi», mormorò con voce rauca quando la mise a fuoco. Eileen gli sorrise e tornò a carezzargli i capelli con dolcezza. Niall socchiuse gli occhi respirando beato e il sorriso di Eileen si allargò mentre il cuore le si riempiva di amore.
Quando Niall riaprì gli occhi, Eileen fece appena in tempo a leggerci una nota fuori posto, come di nostalgia o tristezza, prima che lui la afferrasse e la costringesse a stendersi accanto a lui, la sua schiena contro il suo petto e le sue braccia intrecciate sulla sua pancia.
«Siete stati via tanto», mormorò Niall con le labbra poggiate sul suo collo. Eileen rabbrividì e arrossì quando Niall le carezzò la pancia con le mani.
«Non mi sono resa conto di che ora fosse», spiegò. Niall la strinse di più a sé e soffiò sul suo collo.
«Greg e Denise sono tornati cinque minuti e sono ripartiti» mormorò.
«Lo so, sono a cena dai tuoi. Denise ha lasciato un post-it sullo specchio.»
«Tipico di Denise. Lascia post-it ovunque», ridacchiò Niall sulla sua pelle facendola rabbrividire di nuovo.
Poi sospirò e affondò il viso tra il suo collo e la spalla.
«Mi sei mancata», mormorò con una nota triste nella voce stringendola ancora di più. A Eileen mancò il respiro e si maledì per essere stata fuori così tante ore e aver perso del tempo prezioso che avrebbe potuto passare con Niall. Magari non da soli, magari solo guardandolo, ma sarebbe stato abbastanza.
Improvvisamente, la consapevolezza che il loro tempo era in qualche modo limitato, le chiuse lo stomaco e le diffuse un senso d’ansia in tutto il corpo.
«Anche tu», soffiò di rimando intrecciando le dita a quelle di Niall che le lasciò un bacio sulla tempia.
«Denise mi ha chiesto di aiutarla ad organizzare la festa per Dylan, la prossima settimana», mormorò dopo un po’ per rompere quel silenzio e per cercare di mettere a tacere il vortice dei suoi pensieri. Niall si irrigidì appena.
«Siamo già a metà Agosto?» chiese confuso ed Eileen fu sicura di aver sentito ansia nella sua voce. I loro pensieri viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda, la realtà purtroppo era fin troppo evidente.
«Già.»
«Accidenti, è volata quest’estate», mormorò Niall e a quelle parole fu automatico stringersi ancora di più.
Erano consapevoli entrambi che la fine dell’estate portava la fine di quella tranquillità che si era creata, di quelle giornate tutte loro, del vedersi ogni giorno e tutto il giorno.
La fine dell’estate avrebbe portato la lontananza.
«Potrei far venire i ragazzi, così te li faccio conoscere prima di…» mormorò Niall per poi bloccarsi improvvisamente. Eileen voltò poco la testa ma Niall nascose di nuovo il viso nel suo collo.
«Che?»
«Niente, niente», mormorò Niall frettolosamente, anche se Eileen aveva intuito cosa stesse per dire.
«Devo chiedere a Denise se è possibile, anche se dovranno alloggiare in albergo, perché qui non entriamo più», continuò con una mezza risata. Eileen sorrise appena.
«Dylan sarebbe entusiasta.»
«Oh sì, lui li adora, soprattutto Harry», esclamò Niall ed Eileen gli sorrise di nuovo non riuscendo a dire niente, troppo preoccupata, troppo tesa.
«A proposito di Harry…» mormorò Niall forse pensando che quell’improvvisa tensione di Eileen fosse dovuta a quel nome. Lei scosse la testa e si rilassò, agitandosi tra le sue braccia per voltarsi verso di lui.
«Niall, tranquillo. E’ tutto passato», lo interruppe guardandolo dritto negli occhi. Niall le sorrise e intrecciò le mani dietro la sua schiena avvicinandola ancora di più a sé per non farla cadere dal divano dove entravano appena.
«Bene», mormorò aprendosi in un sorriso abbagliante. Eileen si perse a guardarlo e senza pensarci si allungò per imprimere le sue labbra su quel sorriso.
Gli era mancato fin troppo in quelle poche ore che erano stati lontani, e aveva bisogno di sentire di nuovo il suo sapore buono sulle labbra. Il sorriso di Niall si accentuò, prima che approfondisse il bacio stringendola a sé e togliendole il respiro.
Eileen stava andando a fuoco, la sua pelle bolliva ed era sempre così piacevole il contatto con le dita fredde di Niall che sospirò di sollievo quando queste, come d’abitudine, si intrufolarono sotto la sua maglia per accarezzarle la schiena.
Quando si staccarono, perché entrambi avevano bisogno di respirare, Eileen intrufolò il viso nel suo collo e lo abbracciò a sua volta, sentendosi a casa tra quelle braccia.
«Dovremo chiamare anche i miei, non si perderanno il compleanno del loro nipotino», mormorò Niall lasciando qualche bacio tra i suoi capelli. Eileen si irrigidì a quelle parole.
«Oh.»
«Che c’è?» le chiese subito Niall allarmato.
«Niente», si affrettò a rispondere con voce acuta ma Niall, come sempre, aveva intuito i suoi pensieri.
«Non sarai preoccupata di conoscere i miei genitori, vero?» le chiese allontanandola da sé per guardarla bene in faccia. La sua espressione doveva rispondere per lei, perché Niall alzò gli occhi al cielo e si lasciò andare ad un sorriso divertito. Sospirò e le carezzò i capelli per tranquillizzarla.
«Non dovrai presentarti come…insomma non dovremo per forza dire cosa c’è tra noi. Potrai anche solo essere “la baby sitter di Dylan”, se vuoi», le disse facendo spallucce. Eileen rimase interdetta da quelle parole, ma soprattutto confusa dalla sua espressione quasi delusa e triste. Come se non gli piacesse tanto quella proposta che le aveva appena fatto. Eileen arrossì e si agitò, non sapendo come fare per evitare di offenderlo e farlo rimanere male, e allo stesso tempo per evitare di infilarsi in qualche situazione che sarebbe stata sicuramente troppo imbarazzante.
«Beh, io…non lo so, io…», cominciò a balbettare e a gesticolare animatamente, riuscendo a far ridere Niall e a togliergli quell’espressione corrucciata dal viso. La bloccò con un bacio sul naso e una piccola risata.
«Cookie, non pensarci adesso. Vedremo quello che succederà», la tranquillizzò. Eileen arricciò il naso poco sicura, ma Niall le diede un piccolo bacio sulle labbra e allora riuscì a rilassarsi.
«Okay», mormorò sapendo che il discorso non era chiuso, ma solo rimandato.
«Sentite, ho resistito fin troppo da solo in cucina senza parlare. Potrete fare le vostre cose stanotte, ho bisogno di un po’ di tv», la voce di Louis li fece sobbalzare entrambi mentre questo entrava a tutta furia nella stanza evitando di guardarli e costringendoli a sciogliere l’abbraccio in un istante. Eileen si alzò di scatto e gli lanciò un’occhiataccia più per lo spavento che per averli interrotti, dopo tutto quello che gli aveva detto quel pomeriggio non si sarebbe più imbarazzata facilmente davanti a lui. Niall borbottò dietro di sé qualcosa di incomprensibile e si mise seduto puntando il suo sguardo glaciale su Louis che se ne stava in piedi a braccia incrociate con un sorrisetto angelico sulle labbra.
«Lou, ti prego smettila con questa storia», sbottò Niall.
«Che ho fatto?» si imbronciò subito lui. Niall sbuffò e gli lanciò un’altra occhiataccia facendo automaticamente sorridere Eileen. Era troppo tenero con quel cipiglio frustrato sul volto. Anche quando era arrabbiato faceva venire voglia di abbracciarlo.
«Queste battutine continue, basta ti prego», spiegò esasperato. Louis scoppiò a ridere e si buttò sul divano seduto accanto a lui, abbracciandolo di slancio e sfregandogli una mano sui capelli.
«Lou!» protestò Niall cercando di spingerlo via. Louis rise e si attaccò come un polipo.
«Quanto sei nervosetto, Darling!» esclamò scompigliandogli i capelli. Eileen sorrise a vedere spuntare un sorriso sulle labbra imbronciate di Niall: era impossibile restare arrabbiati con Louis per più di due secondi, quello era evidente e appurato ormai.
«Vado a vedere se Lottie ha bisogno di una mano», mormorò Eileen lasciandoli alla loro lotta e avviandosi verso le scale.
«Lou, basta», sentì borbottare Niall. Louis rise e si arrese.
«Vuoi una sigaretta?»
«No.»
«Bimbetto.»
«Non voglio soffocare.»
«O non vuoi puzzare di fumo quando bacerai la tua bella?»
A quelle parole automaticamente Eileen si bloccò sul terzo scalino. Sapeva che avrebbe dovuto continuare a salire le scale, che non era educato origliare e ricordava bene come era andata a finire l’ultima volta che l’aveva fatto. Ma allo stesso tempo sapeva che Louis aveva un’opinione totalmente diversa da quella che si era fatta Harry senza neanche conoscerla, e sapeva cosa gli aveva detto quel pomeriggio ed era curiosa di sentire se aveva qualcosa da dire a Niall riguardo le sue confessioni.
Si sentì una ladra, una persona deplorevole, ma si rannicchiò sullo scalino stringendosi le gambe al petto, dicendosi che se la conversazione avesse toccato argomenti al di fuori di sé non avrebbe ascoltato una parola di più.
«Idiota», sentì borbottare Niall. Sorrise.
«Ha! Ormai dovresti saperlo che ti leggo nel pensiero.»
«Comunque, non fumare dentro casa», borbottò ancora.
«Sai ci ho parlato un po’», mormorò Louis improvvisamente serio facendole drizzare le orecchie. Sapeva che gliel’avrebbe detto, era normale che fosse più leale verso il suo amico che una sconosciuta, nonostante lei si fosse fidata di lui facendogli intendere quanto erano profondi i sentimenti e la fiducia che riponeva in Niall.
Non era arrabbiata, perché se lo aspettava, era solo preoccupata e impaziente di scoprire la reazione di Niall.
«Cosa?» esclamò Niall ed Eileen poté immaginare i suoi bellissimi occhi sbarrarsi increduli.
Avrebbe voluto essere lì per annuire con enfasi e per fulminare con gli occhi Louis, precisando quanto l’avesse fatta parlare, fino a farle seccare la gola e a prosciugarla di ogni riserva di energia.
«Con Eileen, prima», spiegò Louis con una calma innaturale, «Tu non sei voluto venire, così io mi sono sentito libero e l’ho interrogata», precisò e questa volta Eileen sentì una nota saccente e soddisfatta nella sua voce.
«Louis, accidenti!»
«Che c’è?» chiese fintamente innocente. Eileen si mise una mano davanti alla bocca per bloccare la sua risata. Immaginava perfettamente le espressioni di Louis e non sapeva come facesse Niall a non scoppiare a ridergli in faccia.
«Perché devi mettere in difficoltà ogni povera ragazza che ti viene presentata?» sbottò invece, ed Eileen sentì il cuore accelerare il battito. Era preoccupato per lei, che avesse potuto turbarla o infastidirla.
«Perché voglio sapere con chi hanno a che fare i miei pargoli», replicò Louis quasi offendendosi.
«Mio Dio…», sbottò Niall arrabbiato. Eileen corrugò la fronte e si mordicchiò le unghie.
«Comunque», ricominciò Louis ignorandolo, «Mi piace», affermò con convinzione.
Eileen sentì Niall sospirare, arrendendosi al fatto che Louis fosse Louis, e che non si poteva controllare.
«Lo so», mormorò. Eileen era sicura, sicura al cento per cento che stava sorridendo e avrebbe pagato oro per vederlo.
«Lo sai?»
«Sì, non può esserci qualcuno a cui non piace», replicò Niall convinto. Il cuore di Eileen si fermò e stava per alzarsi e correre da lui, non capì proprio cosa la fermò in quel momento. Louis ridacchiò.
«E’ una brava ragazza, dolce, fin troppo sensibile, chiusa. Sembra fatta apposta per te», aggiunse con voce soddisfatta. Niall rise e automaticamente Eileen sorrise tamburellando nervosamente un piede a terra.
«Ha avuto un sacco di problemi», aggiunse ancora Louis nuovamente serio.
«Te ne ha parlato?» chiese Niall sorpreso.
Aveva dovuto farlo, ma non si era sentita costretta più di tanto. Louis non aveva affatto tatto, ma allo stesso tempo non mostrava mai, mai, di avere pietà di lei. Per questo si era sentita libera di raccontargli quella sua parte della sua vita che non raccontava mai a nessuno, che teneva nascosta nell’ombra. E Louis non l’aveva trattata come una povera ragazza incompresa e sfortunata. Louis aveva sdrammatizzato con una frase delle sue, facendola ridere anche se aveva il cuore stretto in una morsa come ogni volta che ripensava al suo passato.
«Un po’», rispose Louis, «Ma si capisce comunque, insomma…ogni tanto si spenge la luce che ha negli occhi.»
Niall sospirò ed Eileen tremò appena. Era cosi evidente?
«Non sopporto quando succede, odio quando sta male.»
«Ma lei sta bene, Niall. Perché ci sei tu», disse Louis con una delicatezza che sembrava non appartenergli. Niall non disse niente ed Eileen fu seriamente tentata di affacciarsi, farsi scoprire e fare una figuraccia, tutto pur di vedere l’espressione di Niall in quel momento.
Sentiva il cuore correre veloce e le gambe tremarle.
«Dovresti vederla mentre parla di te», continuò Louis ed Eileen si coprì gli occhi con le mani, «Le tremano le gambe, il cuore le batte all’impazzata e i suoi occhi cominciano a brillare», Louis sospirò estasiato.
«Non so ancora cosa ci sia da capire, cosa non vi sia chiaro di quello che c’è tra voi due. Cioè, dovresti vedere il tuo sorriso adesso, mentre sto parlando di lei. E il suo quando parlavo di te. Niall, questo è amore», esclamò con voce decisa. Il cuore le sarebbe scoppiato da un momento all’altro, se lo sentiva.
«Io…lo so, posso salvarla da tutti quei problemi, ci sto provando», sentì mormorare Niall a voce bassissima. Voleva urlargli che l’aveva già fatto, che l’aveva salvata, che le aveva fatto provare la vera felicità e il vero amore.
Ci pensò Louis a farlo, affermando con sicurezza quello che avrebbe voluto urlare lei.
«Lo hai già fatto», gli disse e a quel punto Eileen si costrinse ad alzarsi e a salire le scale. Aveva sentito abbastanza, non voleva approfittarne e in qualche modo avrebbe dovuto ringraziare Louis per essere semplicemente così fuori di testa ma così buono e attento.
Prima di tutto però, avrebbe dimostrato a Niall che quello che il suo amico gli aveva detto era vero, che avrebbe dovuto smettere di preoccuparsi, perché per lei aveva fatto fin troppo.
E quello che c’era tra loro sì che era amore, amore con la “a” maiuscola.
Amore forte, amore sincero, amore indistruttibile.
Eterno.















BUONASERA DOLCEZZEEE!
Allora, prima di tutto, come al solito voglio scusarmi per questo ritardo spropositato.
Mi ero promessa che avrei aggiornato al più presto, ma proprio non mi è stato possibile.
Poooi, sarò breve perchè devo tornare a studiare, ho solo
"un paio" di informazioni da darvi:
- Questo è uno degli ultimi capitoli, non so quanti ne mancano precisamente, ma al massimo 3 compresi l'epilogo
- Non so quando aggiornerò, perchè ancora non ho scritto neanche mezza parola dei prossimi capitoli, ho solo buttato giù una misera scaletta che  tra l'altro mi fa anche cagare
- Prometto che mi impegnerò a dare un finale degno di nota a questa storia, perchè i due poveri cristianucci se lo meritano
- Vi ringrazio infinitamente di cuore per esserci ancora nonostante i miei aggiornamenti rari e improvvisi

Detto questo, mi dileguo perchè ho una marea di cose da studiare...e non ho ancora neanche una minima idea per fare la tesinaaaaaa!
Certe volte mi viene voglia di buttarmi sotto ad un treno, se penso che mancano solo cinque mesi agli esami.
AIUTO.
Ora me ne vado sul serio, scusate per le mie sclerate, spero che il capitolo vi piaccia.
Fatemi sapere, tanto amore.
Sara.


 

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Capitolo 32
*** Don't give up. ***








 
BUONASERA DOLCEZZEEEE!
Prima di lasciarvi al capitolo voglio avvisarvi della sua improponibile lunghezza.
Mettetevi comode e armatevi di pazienza, ci vediamo giù.
Buona lettura!






 32. Don't give up.
 





Si sa che i giorni, quando le cose vanno bene, passano fin troppo velocemente. Purtroppo, Niall non pensava minimamente allo scorrere del tempo, troppo preso dai sorrisi di Eileen, dai suoi baci e dai suoi abbracci; dalle risate di Louis, dalle sue battute e dai suoi stupidi giochi inventati su due piedi; dall’esaurimento di Denise, che cercava di coordinare tutto e di organizzare una festa decente per il suo piccolino che avrebbe compiuto 4 anni.
Niall non si rendeva affatto conto dello scorrere del tempo e di quanto questo lo avvicinasse sempre di più al punto di rottura, al momento in cui tutta la felicità che stava vivendo in quel periodo gli si sarebbe rivoltata contro, facendolo sprofondare nella tristezza e nella nostalgia della sua imminente partenza.
Da un lato forse era meglio che tutto questo fosse fuori dai suoi pensieri, perché l’essere tranquillo gli permetteva di godersi a pieno quella momentanea felicità, e la sua calma e il suo entusiasmo riusciva a trasmetterli ad Eileen, che non aveva mai visto così felice prima.
Per questo si stupì abbastanza quando la mattina del 18 agosto, con un delicato bacio sulle labbra dischiuse, Eileen lo svegliò facendogli piegare le labbra in un sorriso automatico, felice e innamorato; e bisbigliandogli appena che si sarebbe dovuto alzare per andare a prendere i suoi amici all’aeroporto.
Respirò profondamente il profumo della ragazza e non ebbe bisogno di aprire gli occhi per sapere che stava sorridendo e, senza ascoltare troppo le parole che gli aveva rivolto con la sua solita dolcezza che gli faceva tremare il cuore, le circondò l’esile corpo tra le braccia e la fece ricadere sopra di sé. La sentì ridacchiare sorpresa e a quel punto non poté fare a meno di aprire gli occhi per bearsi della visione del suo dolce sorriso.
Sbatté più volte le palpebre e si riempì il cuore di quella sensazione che solo lei era riuscita a fargli provare, non vergognandosi minimamente dei suoi pensieri, perché finché fossero rimasti tali nessuno avrebbe potuto sfotterlo per quanto si stava rammollendo e per quanto fosse perso per quella ragazza.
Le sorrise cercando di trasmetterle tutto quello che stava provando ed Eileen si limitò a chinarsi su di lui e a stampargli un altro dolce bacio sulle labbra appena dischiuse.
«I tuoi amici arrivano tra qualche ora, non vorrai farli aspettare all’aeroporto», sussurrò dopo qualche secondo. Niall sbruffò e le carezzò la schiena per tutta la sua lunghezza.
«E’ già arrivato oggi?» biascicò Niall con voce confusa. Eileen scoppiò a ridere, gli baciò la punta del naso e si alzò dal letto, tirandolo per la mano.
«Ebbene sì. E se non ti alzi adesso, tra due secondi arriverà Lou e ti tirerà giù dal letto, l’ho già sentito borbottare che siete in ritardo.»
«Non vede l’ora di andare a prendere i suoi bambini», mugugnò Niall girandosi dall’altra parte e affondando il viso nel cuscino. Sentì Eileen ridacchiare e risalire sul letto per scuoterlo.
«Dai, alzati», gli disse carezzandogli poi la schiena nuda e chinandosi per stampargli un bacio sulla spalla. Niall rabbrividì e si irrigidì completamente, voltando la testa velocemente per catturare quelle labbra con le sue. Sentì Eileen sorridere e l’afferrò per i fianchi per tirarla di nuovo sopra di sé, proprio nel momento in cui la porta della loro stanza si spalancava anticipata appena mezzo millisecondo prima dall’inutile bussare di Louis.
«Sveglia Darling! Dobbiamo muoverci, non voglio far aspettare i miei piccoli», urlò Louis catapultandosi nella stanza e facendo sobbalzare entrambi dalla paura. Eileen ridendo ricadde sul materasso, mentre Niall infastidito e ancora del tutto insonnolito si passava una mano sulla faccia e sbruffava sonoramente.
«Forza, forza!» urlò Louis aprendo le tende e inondando la stanza con la luce del sole. Poi si fermò ai piedi del letto con le mani sui fianchi e l’espressione imbronciata. Niall roteò gli occhi al cielo e si ributtò sul letto guardando Eileen in cerca d’aiuto, che se la rideva quasi con le lacrime agli occhi.
«Io avevo provato a svegliarti delicatamente», mormorò con aria innocente stringendosi nelle spalle. Niall si lasciò andare ad un lamento disperato e le risate di Eileen aumentarono quando Louis lo afferrò per un piede per trascinarlo giù dal letto.
«Andiamo Nialler! Vuoi per caso sentirti Liam che si lamenta perché l’abbiamo lasciato all’aeroporto?» grugnì facendolo capitolare a terra. Niall sbuffò di nuovo e si alzò lanciandogli un’occhiataccia e massaggiandosi il fondoschiena su cui era caduto.
Louis gli scoccò un sorriso a trentasei denti ed Eileen ridacchiò alzandosi dal letto e affiancandolo per circondargli i fianchi con entrambe le braccia.
«L’hai fatto svegliare male, Lou. Adesso terrà il muso tutto il giorno», mormorò poggiando il mento sul suo petto e lanciandogli un’occhiata divertita. Louis roteò gli occhi al cielo e schioccò la lingua.
«Pensaci tu a rimediare, Sunshine. Tra dieci minuti lo voglio pronto, o vado a prendere i cuccioli da solo», dichiarò sorridendo a Niall e schizzando fuori dalla stanza con la stessa velocità con cui era entrato. Niall corrugò le sopracciglia e guardò Eileen che lo fissava tutta sorridente.
«Che ore sono?» mugugnò sbadigliando. Eileen guardò la sveglia sul comodino.
«Le sette.»
«Ma merda!» sbottò Niall facendola sobbalzare sorpresa dalla sua improvvisa vitalità, «I ragazzi hanno l’aereo alle nove! Che diavolo deve fare così presto!?»
Eileen si strinse nelle spalle senza neanche provare a nascondere il sorriso divertito e intenerito da quell’espressione imbronciata ed esasperata; perché Niall poteva lamentarsi quanto voleva, ma alla fine sapeva bene che avrebbe fatto tutto ciò che voleva Louis, perché era impossibile opporsi alle sue decisioni. E soprattutto perché non si sarebbe fatto scrupoli a rubare le chiavi della macchina di Denise per andare a prendere i ragazzi all’aeroporto da solo.
Niall sbuffò di nuovo e chiuse gli occhi rassegnandosi al fatto che Louis Tomlinson purtroppo era uno dei suoi migliori amici, nonché compagno di band, e allo stesso tempo piattola assillante. Quindi volente o nolente non se ne sarebbe mai liberato, tanto valeva fare quello che diceva lui per evitare ulteriori ripercussioni.
Riaprì gli occhi e trovò quelli divertiti di Eileen a fissarlo, quindi si lasciò scappare un sorriso e si chinò per baciarle dolcemente le labbra, prima di sciogliere il suo abbraccio.
«Vado a prepararmi, o davvero mi lascia qui», mugugnò infastidito. Eileen annuì appena e si strinse le braccia al petto, improvvisamente persa nei suoi pensieri. Niall fece per uscire dalla stanza, poi le lanciò un’occhiata veloce e cambiò idea nel vedere la sua espressione assente.
«Cookie?» la chiamò.
Lei alzò gli occhi di scatto e sembrò riprendersi da chissà quale viaggio mentale, a giudicare dalla smorfia sulle labbra e dagli occhi un po’ vuoti, non molto piacevole.
Un trillo di preoccupazione lo fece tornare sui suoi passi, riavvicinandosi a lei e poggiandole le mani sulle spalle fissandola dritto negli occhi.
«Tutto bene?» le chiese senza distogliere neanche per un millesimo di secondo lo sguardo.
Eileen sospirò piano e chiuse per un secondo gli occhi, facendolo preoccupare ancora di più.
«Sì», mormorò poi sforzandosi- era piuttosto evidente- di sorridere e scrollando le spalle. Niall alzò entrambe le sopracciglia e prese fiato per partire con la sua filippica sul fatto che era inutile che provasse a mentirgli, che ormai era in grado di decifrare ogni sua espressione e che era sicuro al cento per cento che in quel momento ci fosse qualcosa che non andava e che la preoccupava. Ma purtroppo quella piattola di Louis Tomlinson lo interruppe, passando davanti alla stanza e bloccandosi sull’uscio della porta con un cipiglio contrariato a rendere quasi dura la sua espressione sempre allegra.
«Ancora non sei in bagno a prepararti?» gli chiese con tono di voce petulante, «Stai rischiando di farmi innervosire», dichiarò. Niall roteò gli occhi al cielo e si voltò verso di lui fulminandolo con lo sguardo.
«Lou, piantala o ti lascio qui e vado da solo a prendere i ragazzi», lo minacciò. Louis lo guardò con aria scettica incrociando le braccia al petto con un sorrisetto strafottente sulle labbra.
«Ho preso io le chiavi della macchina.»
Niall grugnì qualcosa e fece per dire qualcosa, ma Eileen gli carezzò il braccio attirando la sua attenzione e Louis ne approfittò per scappare via con una risatina. Niall si lasciò tranquillizzare dallo sguardo di Eileen e le sorrise appena, mentre lei si allungava per lasciargli un piccolo bacio sulla guancia.
«Dai, vai a prepararti o qui non se ne esce vivi», gli disse ritirandosi in fretta ed evitando il suo sguardo. Eileen sapeva che Niall aveva intuito che non andava tutto bene, per questo evitava il suo sguardo e cercava di assecondare Louis, per evitare di dover affrontare quel discorso proprio in quel momento.
Un tremore allo stomaco fece capire a Niall che lui già sapeva qual era il motivo che la turbava così tanto e a pensarci bene non aveva neanche lui la forza di affrontare quel discorso, e forse non l’avrebbe mai avuta.
«Ma…» ci provò, anche se sapeva che era inutile. Infatti Eileen lo interruppe scuotendo la testa e stringendo le labbra.
«Ne parliamo quando torni», dichiarò con una sicurezza che non ammetteva repliche. Niall sospirò.
«Okay», annuì, poi la guardò, «C’entra qualcosa l’arrivo dei ragazzi?»
Lei scosse immediatamente la testa, ma il suo sguardo si rabbuiò e allora Niall fu sicuro che la sua intuizione fosse giusta; non c’entravano direttamente i ragazzi, ma ciò che il loro arrivo, e poi la loro sicura partenza avrebbe portato. Era chiaro, logico e scontato che lui sarebbe dovuto tornare con loro a Londra, ormai l’estate era agli sgoccioli.
«C’entra piuttosto con il loro ritorno», mormorò infatti Eileen quasi tra sé e sé. Niall sentì come una pugnalata colpirgli lo stomaco e gli si mozzò il respiro.
«Cookie…»
Lei però non gli permise di dire altro. Gli lanciò un sorriso sfuggente e lo spinse leggermente verso il bagno, sfuggendo anche alla sua presa e avviandosi verso le scale.
«Dai, non è il momento adesso di parlarne. Vado a preparare la colazione per Dylan, tu cerca di non litigare con Louis», gli disse in fretta prima di scomparire in fondo alle scale e lasciarlo in balia dei suoi pensieri e dell’ansia che gli chiudeva lo stomaco.
Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, quello in cui avrebbero dovuto parlare seriamente e valutare quello che erano e quello che sarebbero stati in futuro. Ma sapeva anche che non era pronto a fare un discorso obiettivo e tantomeno Eileen sarebbe stata in grado di affrontarlo. Ma non avrebbero potuto rimandarlo tanto a lungo, quella era la consapevolezza che più lo turbava.
Quasi senza rendersi conto di ciò che faceva, completamente in un altro mondo, si lavò e si vestì in fretta, lasciandosi poi trascinare fuori casa da un Louis fin troppo entusiasta, senza neanche trovare un secondo per salutare la sua Eileen che si limitò a guardarli correre via sorridendo appena.
Guidò in silenzio fino all’aeroporto, la nube di pensieri che gli circondava la mente era talmente spessa che gli impediva persino di ascoltare il continuo ciarlare eccitato di Louis, che saltellava sul sedile e non la smetteva di urlare e canticchiare, esattamente come un bambino.
Quando però, dopo poco più di un’ora di viaggio, arrivarono nei pressi dell’aeroporto, Niall si sforzò di tornare in sé perché necessitava di essere concentrato su quello che faceva, se voleva capire dove andare a parcheggiare per poi correre ad accogliere i suoi amici nel modo migliore.
Rallentò dietro la fila delle macchine che si era creata in prossimità dell’entrata dell’aeroporto e si rese conto immediatamente che non sarebbe stato poi così facile trovare parcheggio vicino all’entrata e, soprattutto, scendere dalla macchina senza che lui e la piattola che gli sedeva accanto non venissero assaliti.
«Louis», lo chiamò dandogli una botta in testa per farlo smettere di parlare. Quest’ultimo si bloccò a metà frase e gli lanciò un’occhiataccia.
«Che c’è?»
Niall gli indicò l’entrata dell’aeroporto e Louis sbarrò gli occhi, riassumendo in una parola i suoi pensieri.
«Merda.»
Un gruppo di ragazzine, forse cinquanta, o forse anche di più, urlava e si sbracciava davanti le porte scorrevoli, bloccate da tre uomini in divisa che cercavano di mantenere l’euforia di quelle ragazze.
Niall riconobbe all’istante lo sguardo eccitato, i sorrisi emozionati e le canzoni urlate da quelle ragazze e pensò che non ci fosse niente di peggio che poteva accadere in quel momento.
«Harry è riuscito a farsi scoprire di nuovo», constatò coprendosi il volto con la mano e facendo velocemente inversione per raggiungere un lato del parcheggio lontano dalla folla per evitare che quelle ragazzine si buttassero sulla sua macchina, come era successo fin troppe volte. Louis si lasciò scappare una risatina e Niall roteò gli occhi al cielo, maledicendo Harry per essere sempre così facilmente rintracciabile.
La cosa più fastidiosa era che lui lo permetteva, pubblicando foto o stati o tweet, dove lasciava intuire tutti i suoi spostamenti. Il mondo intero era diventato talmente bravo a decifrarlo e ad intuire i suoi assurdi messaggi, che ogni volta che faceva qualsiasi minimo spostamento, tutti venivano a saperlo e automaticamente ovunque andasse era seguito da una folla di fan, fotografi e giornalisti che ormai erano diventati la sua ombra.
Era impossibile che nessuno sapesse dove si trovava, qualsiasi suo respiro era di dominio pubblico e la cosa buffa era che lui non sembrava neanche farci caso.
I ragazzi ormai erano abituati al fatto che se viaggiavano con lui, automaticamente si ritrovavano alle calcagna almeno una ventina di persone, per questo molto spesso lasciavano partire Harry da solo e loro lo raggiungevano più tardi, o lo anticipavano di qualche ora.
L’unico che era in grado di nascondersi, e da cui Harry avrebbe dovuto prendere lezioni, era Zayn. Il suo modo di sparire e lasciar perdere le sue tracce era degno di ammirazione, molte volte neanche i ragazzi sapevano dove si trovasse. Lui semplicemente scompariva e non faceva sapere a nessuno dove aveva intenzione di andare, spegneva il telefono e non si faceva sentire finché non aveva voglia di tornare nel mondo reale.
I giornali e il web spesso lo vedevano disperso chissà dove e inventavano le storie più assurde, quando invece la maggior parte delle volte probabilmente si chiudeva in casa, da solo o al massimo con Perrie, per ritrovare un po’ di pace e per vivere uno stralcio della sua vita da ragazzo normale.
«Se scendiamo da questa macchina non riusciremo a tornare più a casa», ridacchiò Louis.
Niall sbuffò innervosito scompigliandosi i capelli con la mano, infilandosi il cappellino e spegnendo la macchina. Puntò gli occhi sull’entrata dell’aeroporto e pregò che nessuno si accorgesse di loro.
«Speriamo che i ragazzi riescano ad arrivarci», borbottò mentre Louis seguendo il suo silenzioso consigliò tirò su il cappuccio della felpa. In silenzio osservarono una delle solite macchine con cui si spostavano, dai finestrini oscurati, arrivare davanti all’aeroporto facendo diradare la folla per posizionarsi davanti all’entrata.
«Almeno sanno come arrivare all’albergo», mormorò Louis.
«Non penso che Paul li abbia lasciati partire da soli, conosce Harry e quanto sa essere coglione. Probabilmente avrà messo una foto su instagram con il biglietto aereo, l’orario e la destinazione», replicò Niall alzando gli occhi al cielo e rimediandosi una botta sulla spalla da Louis per aver insultato il suo bambino.
Niall gli lanciò un’occhiataccia e rimasero in silenzio, osservando la folla spostarsi e aumentare sempre di più, ascoltando le urla sempre più forti, finché dei movimenti frenetici e degli acuti in grado di spaccare i loro timpani gli fecero capire che probabilmente i ragazzi erano arrivati. Niall mise in moto, pronto a partire non appena la macchina che li stava attendendo l’avesse fatto, poi tra la folla vide spuntare una sagoma che avrebbe riconosciuto fra mille.
Gli scappò un sorrisetto divertito e quasi di ammirazione, mentre guardava Zayn, con gli occhiali da sole, il cappuccio della felpa tirato su e lo zaino in spalla, che si osservava attentamente intorno ignorando la folla che automaticamente ignorò lui.
Quello era un altro suo segreto che aveva avuto la decenza di insegnare a Niall: il modo più sicuro per farti riconoscere, è quello di guardarti intorno con aria circospetta e con la preoccupazione appunto di non farsi vedere. E’ chiaro che se ti comporti in modo strano, la gente si accorge di te.
Per questo Zayn era solito muoversi tra le folle con nonchalance, come se niente e nessuno avrebbe voluto aver a che fare con lui, ed erano più le volte in cui lui era l’unico a sfuggire alle ondate delle fan senza che si accorgessero di lui, che quelle in cui doveva fermarsi con gli altri ragazzi a firmare qualche autografo o scattare qualche foto. Mai troppe, perché in un modo o nell’altro riusciva sempre a dileguarsi lasciando l’incombenza di gestire la folla urlante agli altri quattro.
Il sorriso di Niall si allargò quando Zayn si accorse di loro e, a passo tranquillo, si avviò verso la macchina salendo e sbattendo lo sportello.
«Quel coglione di Harry», esordì quasi sputando le parole con rabbia. Niall questa volta sorrise apertamente sentendosi immediatamente tranquillo al suono della voce del suo migliore amico.
«Immaginavo fosse colpa sua», affermò mentre Louis si voltava verso Zayn con un gran sorriso sulle labbra.
«Ciao Zaynie», lo salutò entusiasta, ma quest’ultimo era troppo nervoso e arrabbiato per dargli spago.
«Ma dico, si può essere cosi stupidi? Ancora non ha imparato che quando dobbiamo fare qualsiasi spostamento non ne deve fare parola a nessuno», inveì mentre Niall ridacchiava e metteva in moto, e Louis imbronciato si dedicava al suo telefono.
«Chi ha avvisato questa volta?» chiese Niall uscendo dal parcheggio dell’aeroporto e seguendo la macchina nera su cui erano saliti Harry e Liam e che li avrebbe portati dritti all’albergo dove avrebbero alloggiato per i seguenti tre o quattro giorni.
«Twitter», rispose Louis ridendo e mostrando ai due l’ultimo tweet di Harry di appena due ore prima, dove c’era semplicemente scritto “Dublin.”, una parola in grado di chiarire tutto.
«Coglione», dissero in coro Niall e Zayn facendo scoppiare a ridere Louis.
I ragazzi continuarono ad inveire sulla stupidità di Harry almeno per metà viaggio, poi le loro chiacchiere si spostarono su argomenti più leggeri finché non si ritrovarono a Mullingar quasi senza accorgersene. Fortunatamente, o forse perché Liam aveva avuto la geniale idea di togliere il telefono ad Harry, non c’era nessuna folla sospetta ad attenderli davanti all’albergo, quindi i ragazzi riuscirono a scendere dalle macchine, salutarsi e sistemarsi nelle loro stanze con tranquillità.
Tranquillità che non durò a lungo, perché Louis li costrinse ad uscire neanche mezz’ora dopo per raggiungere Eileen a casa sostenendo che dovevano conoscere al più preso il suo raggio di sole.
Niall era leggermente in tensione e agitato al pensiero che i ragazzi di lì a poco avrebbero conosciuto la sua Eileen, che l’avrebbero guardata e poi sicuramente gli avrebbero espresso le loro opinioni.
Non era preoccupato che queste potessero essere negative, perché era sicuro che questo non fosse possibile; la cosa che lo preoccupava di più erano i sicuri commenti poco simpatici e imbarazzanti che avrebbero fatto per quanto riguardava il suo comportamento con lei. Perché era sicuro che tutto quello che provava per lei gli si leggesse in faccia e che quindi i ragazzi non ci avrebbero messo molto a capirlo e a prenderlo in giro per essersi completamente perso.
Lo sapeva, perché lui l’aveva fatto con loro quando era stato il loro turno.
Per questo subì in silenzio limitandosi ad arrossire e a scuotere la testa imbarazzato tutti i commenti dei ragazzi dopo averla conosciuta, perfino Zayn si propinò di fargli notare quanto il suo cervello sembrasse completamente partito per quella ragazza. Fortunatamente risparmiarono a lei l’imbarazzo di quei commenti, aspettando che Niall li riportasse al loro albergo la sera per dare via a quella piccola tortura.
Per questo in quel momento se ne stavano tutti ammucchiati sul letto matrimoniale nella stanza di Zayn e Liam, quest’ultimo impegnato a mandare mille messaggi al secondo con il suo cellulare.
«Come mai lei vive da voi?» chiese improvvisamente Zayn bloccando Harry dall’inveire contro Niall per l’ennesima volta su come era arrossito e aveva balbettato come un imbecille quando aveva dovuto presentare Eileen ai ragazzi, che invece sembrava stranamente tranquilla e a suo agio.
«Come?» chiese Niall riscuotendosi dai suoi pensieri e accantonando per un secondo l’immagine di quel dolce sorriso che aveva piegato per tutto il tempo le sue labbra.
Gli mancava, ma gli erano mancati anche i ragazzi e quindi voleva passare un po’ di tempo con loro prima di tornare a casa da lei.
«E’ perché lavora per Denise, che le dà anche vitto e alloggio?» gli chiese Zayn guardandolo divertito per il suo essere tra le nuvole. Niall arrossì e scosse la testa.
«No.»
«E’ perché sta con te?» chiese ancora Zayn. Niall scosse di nuovo la testa e sospirò ripensando al motivo per cui Eileen si era praticamente trasferita a casa di Greg. Improvvisamente si ritrovò gli occhi dei ragazzi puntati addosso, compresi quelli di Liam che smise di digitare sul telefono con quel sorriso da ebete.
«Neanche», mormorò. Louis si irrigidì e lasciò perdere i ricci di Harry, perché capì che il discorso si stava spostando su un argomento delicato e lanciò un’occhiata preoccupata a Niall, che si strinse nelle spalle.
«E allora…»
«E’ una storia lunga», tagliò corto Louis interrompendo Liam. Non conosceva il motivo esatto, ma da quel poco che gli aveva raccontato Eileen, era facilmente intuibile.
«Sai che a me piacciono le storie lunghe e complicate», si imbronciò Liam incrociando le braccia al petto. Louis gli lanciò un cuscino e Niall sospirò di nuovo, capendo che se non avrebbe parlato quel battibecco si sarebbe dilungato all’infinito, e lui non vedeva l’ora di tornare a casa in quel momento per abbracciare Eileen e ricordarle e ricordarsi che andava tutto bene e che l’oscuro passato di Eileen non sarebbe tornato a bussare alla sua porta.
«Non aveva un buon rapporto con il padre», mormorò attirando l’attenzione di tutti, che si ammutolirono. Harry si arrampicò sul letto su cui erano rannicchiati Zayn, Liam e Niall, e Louis lo seguì poco dopo.
Niall sospirò di nuovo sentendosi leggermente oppresso da tutto quel silenzio e quell’attesa, per questo si decise a parlare.
«Il padre, se si può definire così, non è certo una brava persona. Non so com’è andata esattamente, ma lui è stata se non la causa principale, una di quelle più importanti che hanno spinto la mamma di Eileen a…», il respiro gli si bloccò in gola e i ragazzi sbarrarono gli occhi. Tutti tranne Louis, che già sapeva.
«La mamma non c’è più?» balbettò Liam incredulo. Niall annuì piano.
«Da quando Leen aveva dodici anni, credo», rispose Louis. Niall annuì di nuovo.
«E cos’è successo con il padre poi?» chiese Zayn con voce serafica, per niente alterata, perché lui era fin troppo esperto nel nascondere le sue emozioni.
Niall scrollò le spalle.
«Semplicemente è uno stronzo alcolizzato che l’ha sempre maltrattata. Eileen ha sempre subito perché non sapeva cos’altro fare. Ma adesso ci sono io e non permetterò che soffra ancora.»
«Quei lividi che ha sul viso e sul collo…» azzardò Harry a bassa voce. Un brivido percorse la schiena di Niall e strinse i pugni per contenere la solita rabbia che lo assaliva al solo pensiero di cosa le aveva fatto quella feccia d’uomo.
«E’ stato lui, troppo ubriaco per rendersi conto di cosa stava facendo. L’ho portata via da quell’inferno e non ho intenzione di farle mettere più piede lì dentro», dichiarò a denti stretti. Zayn annuì e Liam scosse la testa sempre più incredulo della storia che nascondevano quegli occhi innocenti e quel sorriso dolce.
«L’hai trovato mentre la picchiava?» gli chiese a bruciapelo Harry, con il tatto di un elefante. Louis gli rifilò un’occhiataccia e Niall scosse la testa.
«No», sospirò, «Però poi sono tornato da lui con Greg per mettere in chiaro le cose.»
«Cioè?»
«Greg gli ha detto espressamente che se si fosse riavvicinato a lei lui l’avrebbe trascinato in tribunale», spiegò. Zayn annuì di nuovo in contemporanea a Liam.
«E io gli ho tirato un pugno», continuò Niall sentendo le mani prudere dalla voglia di picchiare di nuovo quell’essere spregevole e fargliela pagare per tutto ciò che aveva fatto passare alla sua Eileen.
«Woh dici sul serio? Niall Horan il santarellino che picchia qualcuno?» sbottò Harry divertito. A Niall scappò un mezzo sorriso davanti all’espressione sorpresa dell’amico e l’atmosfera si alleggerì leggermente.
«Non rispondevo più dei miei istinti.»
«Hai picchiato il padre della tua ragazza, non direi che è un buon inizio per fare bella figura», ridacchiò Liam. Louis alzò gli occhi al cielo.
«Sempre a pensare a fare bella figura tu», lo accusò con disprezzo. Liam gli fece una smorfia.
«E lei che ha intenzione di fare adesso?» chiese improvvisamente Zayn. Lo sguardo di Niall saettò su di lui e lo trovò stranamente interessato all’argomento.
Si strinse nelle spalle, «Non lo so, non ne abbiamo parlato.»
Zayn gli scoccò un’occhiata di rimprovero.
«Scommetto che non avete neanche parlato del fatto che tra poco dovrai andartene e che lei resterà sola in quella casa», diede voce ai suoi pensieri Harry, con una voce divertita che stonava con la tragica realtà delle sue parole. Niall abbassò lo sguardo colpito in pieno non prima di vedere Zayn scuotere la testa con disapprovazione.
«Io non voglio lasciarla», mormorò con voce flebile, ma c’era improvvisamente talmente tanto silenzio tra di loro che tutti riuscirono a sentirlo e quattro sospiri all’unisono lo fecero sprofondare ancora di più.
«Nialler, sai che almeno fisicamente questo avverrà», sussurrò la voce dolce di Zayn.
«Lo so.»
«Ma…?»
«Ma lei…lei non merita di rimanere di nuovo sola. Io non voglio andarmene, ho paura a lasciarla qui, ho paura che lei perda di nuovo il sorriso e la tranquillità e la speranza che ha trovato in queste ultime settimane», spiegò Niall alzando gli occhi e guardando i ragazzi come in cerca d’aiuto.
«Non puoi certo portarla con noi. Non credo che lei…» cominciò Liam. Niall scosse la testa abbattuto.
«Non verrebbe mai. Il suo obiettivo è stato sempre quello di andarsene da qui, ma vuole farlo con le sue forze. Non ha accettato nemmeno l’aiuto del suo amico.»
Zayn annuì come se si aspettasse quelle parole, «La capisco, sai? Vuole dimostrarsi che può farcela anche da sola.»
«Sono io che non ce la faccio a lasciarla fare.»
«Non puoi obbligarla a seguirti.»
«E non puoi nemmeno chiederglielo, perché la metteresti in difficoltà», aggiunse Liam.
«Come?»
Louis sbruffò e alzò gli occhi al cielo, «Andiamo Darling, quella ragazza farebbe di tutto pur di vederti felice. Se gli chiedessi di venire con te, la spezzeresti in due.»
Niall sospirò e riabbassò gli occhi con aria colpevole e quasi disperata. Non sapeva cosa fare e tremava solo all’idea del momento in cui avrebbe dovuto affrontare questo discorso con la diretta interessata. Sapeva che lei non gli avrebbe dato tanto modo di parlare, avrebbe fatto di testa sua bloccando le sue proposte sul nascere, tutto per cercare di evitare di far soffrire entrambi.
«Devi farti forza, amico. E’ questo quello che succederà: tu partirai con noi, lei rimarrà qui», se ne uscì Harry con cinismo meritandosi l’occhiata di fuoco di Louis che lo soffocò con un cuscino. Harry si dimenò facendo cadere entrambi a terra tra le risate. Niall li ignorò, perché quando cominciavano a fare così erano irrecuperabili e si concentrò su Zayn, che aveva gli occhi puntati su di lui.
«Ma questo non vuol dire che tutto debba finire», gli disse come se fosse la cosa più scontata e logica del mondo. Infatti Liam annuì per confermare quelle parole.
«Giusto. Tu partirai e lei rimarrà qui, ma non prenderla come una tragedia: non significa che dovete tagliare tutti i rapporti. Avremo dei periodi di pausa e avrete la possibilità di vedervi, non deve necessariamente finire tutto.»
Niall scosse la testa consapevole di quanto queste parole di rassicurazione fossero inutili, perché lei non gli avrebbe mai permesso di rimanere nella sua vita, non se minacciava a causa dei suoi impegni e della sua vita di potersene andare da un momento all’altro.
«Questa sarà la prima cosa che vorrà fare lei invece», disse infatti con voce strozzata. Harry spinse via Louis e si tirò su di scatto, improvvisamente interessato alla sofferenza dell’amico.
«Cioè?» chiese puntando i suoi occhioni verdi su di lui. Niall sospirò e scosse piano la testa.
«Lei non ce la fa, non ce la fa a restare legata alle persone che sono lontane da lei. Ha paura dell’abbandono e ha costruito un muro intorno a sé per evitare di affezionarsi troppo e di soffrire.»
«Ma tu questo muro l’hai abbattuto da tempo, Nialler», gli fece notare Zayn.
«Lo so, ma lei è testarda e vorrà mettere un punto anche su di me. Magari solo ufficialmente, ma lo farà. Non sentirà ragioni.»
«Non è così», intervenne Louis con voce solenne. Tutti puntarono gli occhi su di lui ammutolendosi e lui scrollò le spalle con indifferenza.
«E’ vero quello che dici; lo farebbe, ti lascerebbe e volterebbe pagina, se non fossi tu. Niall, tu non hai neanche idea di quanto sei importante per quella ragazza, lei ti vede come l’unica via di salvezza che ha e non credo ti lascerà andare così facilmente.»
«E’ proprio perché sono importante per lei, che non vorrà sentire ragioni. Se io me ne vado, e saremo lontani fisicamente, lei vorrà esserlo sotto tutti gli aspetti. E io non voglio.»
«Bah, io non capisco questo ragionamento contorto», sbottò Harry contrariato. Liam gli tirò un altro cuscino in faccia.
«Perché non la conosciamo. Non credo che Niall stia dicendo assurdità, lui la conosce, sa come pensa», gli disse dall’alto della sua intelligenza. Niall annuì mentre a Zayn scappò un piccolo sorriso.
«E so che mi dirà che non vorrà più vedermi, né sentirmi», aggiunse Niall.
A quel punto Zayn scosse la testa e strinse le labbra come faceva ogni volta che c’era qualcosa che non gli tornava e allora tutti attesero la sua opinione illuminante.
«Secondo me non sarà così», cominciò, «Certo, lei farà resistenza, ma se ci tiene davvero- ed è evidente che è così- si arrenderà. Non riuscirà neanche lei a mettere fine a quello che avete costruito e a ciò che siete diventati. Come te, non ce la farà», affermò convinto. Niall fece una smorfia e si lasciò scappare un piccolo sospiro.
«Spero che tu abbia ragione, Zay. Perché non credo di farcela a saperla triste lontana da me.»
«Tu…tu saresti disposto a lasciar tutto, per lei?» gli chiese improvvisamente Liam, fecendogli bloccare il respiro, così come quello degli altri ragazzi che lo fissarono quasi spaventati dalla sua risposta.
Niall si sentì per un attimo perso, senza sapere cosa rispondere, ma non ebbe tempo neanche di riflettere su quella domanda, e forse fu decisamente meglio così, perché Louis schioccò la lingua e spinse Liam giù dal letto.
«Non dire queste stronzate, Leeyum. Non ce ne sarà bisogno, non c’è neanche motivo di pensarci.»
Harry annuì lanciando un cuscino su Liam che era rotolato a terra, «Giusto. Anche perché la conosco a malapena, ma so che non te lo permetterebbe mai. Non ti farebbe mandare all’aria tutto quello che abbiamo creato per lei, non credo sia così egoista.»
«E’ solo troppo innamorata, e sarà difficile per te quanto per lei vederti andar via», continuò Zayn con tranquillità. Niall si coprì il viso con le mani sentendo la testa scoppiare e il cuore battere ad un ritmo troppo elevato.
«Come faccio, Zay?» chiese quasi con disperazione.
«Devi parlarle, farla ragionare», gli rispose con delicatezza. Niall lo guardò sofferente e Louis gli si buttò accanto per circondargli le spalle con un braccio per dargli un po’ di sostegno.
«Ma devi essere deciso, non devi farti abbattere se inizialmente farà resistenza. E’ ovvio che cercherà di ferirti, di dire qualcosa che ti allontani da lei», gli disse con una piccola smorfia.
«Tu non farti fregare», si raccomandò Harry.
«Dimostrale quanto la ami», aggiunse Liam tirandosi su dal pavimento e tirando il cuscino in faccia ad Harry.
«E che non sei disposto per nulla al mondo a lasciarla andare», concluse Zayn con una sicurezza che per un attimo gli fece credere che avrebbe potuto farcela. Che avrebbero potuto farcela a superare anche quell’ostacolo insieme.
Per un attimo si convinse che non avrebbe dovuto lasciarla andare, che sarebbe sempre e per sempre stata sua.
 
 
 
Niall finalmente riuscì a tornare a casa alle due del mattino con la testa che gli pulsava per le troppe confessioni e preoccupazioni, dopo aver lasciato i ragazzi all’albergo e Louis con loro, sostenendo che non aveva intenzione di perdersi una nottata con i suoi bambini e promettendo loro di fare party hard per tutta la notte, ignorando forse il fatto che probabilmente l’unico che gli avrebbe dato retta sarebbe stato Harry.
Niall sospirò e si stropicciò gli occhi assonnato, spegnendo la macchina e avviandosi a passo strascicato verso la porta di casa, provando a smettere di pensare, perché per tutta la sera il macigno che aveva sul petto si era sempre più ingrandito, stimolato anche dalle opinioni dei ragazzi e lui in quel momento non aveva bisogno di altro che rilassarsi. Rientrò cercando di fare meno rumore possibile per evitare di svegliare qualcuno, sicuro che fossero ormai tutti nel mondo dei sogni. Passò davanti alla camera di Dylan e si affacciò sorridendo quando vide il bambino dormire stretto tra le braccia di Lottie.
Il suo piccolo ometto l’indomani avrebbe compiuto quattro anni, di cui lui aveva fatto parte a malapena e per i quali ogni giorno si ritrovava a rimpiangere tutte le piccole cose che si era perso dovendo vivere lontano da lui e dalla sua famiglia. Forse con quell’estate interamente  passata a corrergli dietro e a soddisfare i suoi piccoli capricci aveva tappato un po’ i buchi provocati dalla sua assenza, ma certo non poteva chiedere di recuperare tutto il tempo perso, non si poteva tornare indietro.
Sospirò, pensando alla grande festa che Denise ed Eileen avevano organizzato per lui il giorno dopo e facendo una piccola smorfia al pensiero che ci sarebbero stati i suoi genitori e che sua madre non avrebbe di certo perso l’occasione per metterlo ulteriormente sottopressione e, soprattutto, per analizzare ogni singola mossa e respiro di quella ragazza che sicuramente gli sarebbe girata intorno. Probabilmente il non riuscire a stare lontano l’una dall’altro per un arco di tempo troppo lungo sarebbe stata la loro rovina, soprattutto se nei paraggi si trovava la signora Horan pronta a difendere e a sorvegliare sui suoi bambini.
Perso nei suoi pensieri, aprì la porta della sua –loro- stanza e incrociò immediatamente gli occhi sorpresi e troppo svegli per quell’ora di Eileen.
«Ehi», lo salutò lei con un sorriso chiudendo di scatto il libro che stava leggendo e abbandonandolo sul suo grembo.
Niall la osservò per qualche secondo chiudendosi la porta alle spalle: l’espressione rilassata, distesa sul letto con le caviglie incrociate, le gambe coperte da un paio di suoi pantaloncini della tuta che le stavano troppo larghi, una felpa troppo grande sopra e i capelli raccolti malamente in una coda alta, con i riccioli che erano sfuggiti ad incorniciarle il viso.
Ma Niall si soffermò soprattutto sui suoi occhi, così verdi e grandi, e così sinceri e così felici che non poté fare a meno di ricambiare il suo sorriso con uno dei suoi spontanei e genuini e dimenticare all’istante tutte le sue preoccupazioni.
«Non pensavo di trovarti sveglia», le disse quasi bisbigliando per non rompere del tutto quel silenzio rilassante in cui era avvolta l’intera casa. Eileen si strinse nelle spalle senza perdere quel meraviglioso sorriso.
«Ti stavo aspettando.»
Niall sorrise di nuovo e si sfilò la felpa buttandola a terra, seguita poco dopo dalle scarpe e dai jeans. Eileen fece una piccola smorfia osservando i vestiti di Niall ammucchiati in un angolo, probabilmente sentendo il bisogno di alzarsi e sistemarli in modo adeguato, e Niall si lanciò sul letto ridendo e poggiando la guancia sul cuscino per continuare ad osservarla.
«Potevi dormire, non c’era bisogno che mi aspettassi.»
Eileen si strinse nelle spalle e posò il libro sul comodino, per poi scivolare sul letto per arrivare alla stessa altezza di Niall e poggiare la guancia sullo stesso cuscino.
Il cuore di Niall automaticamente accelerò il battito, ma non se ne preoccupò perché ormai era abituato a quel tipo di reazione, come sapeva che se Eileen gli fosse rimasta così vicina il suo corpo avrebbe reagito in un altro modo. Eileen gli sorrise e i suoi occhi si spostarono per un nano secondo sulle sue labbra e Niall fece lo stesso, sentendo un calore quasi soffocante cominciare ad invaderlo.
«Tanto non sarei riuscita a dormire», gli rispose con un bisbiglio facendo arrivare a sfiorare i loro nasi. Niall trattenne il respiro e sentì le palpebre abbassarsi leggermente.
«Ti mancava il bacio della buonanotte?» mormorò sentendo ormai quel calore lambirgli il petto, la pancia, le gambe, dalla punta delle orecchie fino alle dita dei piedi. Eileen sorrise appena e annuì piegando le labbra in un piccolo broncio. La mano di Niall scattò ad arpionarle il fianco, mentre Eileen strusciava il naso contro il suo inebriandolo di quel suo profumo dolce. Sentì un brivido scuotergli le gambe quando Eileen afferrò l’orlo della sua maglietta attorcigliandolo con le dita e gli si fece più vicina.
«Non vuoi darmelo nemmeno adesso? Così finalmente posso dormire», gli sussurrò praticamente labbra contro labbra. Niall trattenne di nuovo il respiro e chiuse per un secondo gli occhi, dicendosi mentalmente di non fare mosse azzardate e di non seguire l’istinto.
Preghiera inutile, avrebbe dovuto saperlo nel momento in cui le loro labbra entrarono completamente in contatto, che nessun buon proposito sarebbe riuscito a farlo trattenere.
Per questo, quasi senza che se ne accorgesse e guidato completamente dal proprio istinto, si ritrovò in un battito di ciglia con il corpo premuto su quello minuto e morbido di Eileen, con le labbra incollate alle sue e le loro lingue intrecciate e impegnate in una danza che gli fece salire il sangue al cervello e contemporaneamente defluire più in basso.
Sentì le piccole mani di Eileen lasciare l’orlo della sua maglietta per posare le dita calde al di sotto, sulla sua pelle surriscaldata provocandogli altri piccoli brividi che gli risalirono la schiena, facendolo sospirare sulle sue labbra. Eileen si scostò un pochino, carezzò la sua pancia con le mani e poi le spostò sulla sua schiena percorrendola per tutta la lunghezza. Niall si lasciò andare ad un sospiro estasiato mentre Eileen riempiva il suo collo di piccoli e morbidi baci, risalendo fino alla sua mascella. Niall affondò il viso nei suoi capelli e strinse le mani sui suoi fianchi facendola rabbrividire al contatto con le sue dita perennemente fredde.
Gli tremarono le gambe e gli sfuggì un piccolo gemito quando Eileen centrò con un bacio il suo punto più sensibile, appena sotto l’orecchio, che lo accese completamente. Cominciò a sentire deliziose vibrazioni partire dalla punta dei piedi e risalire accendendolo completamente.
Automaticamente Niall fece risalire le mani percorrendo la lunghezza dei suoi fianchi, alzandole la maglietta fin sotto al seno e fece per riportare le loro labbra in contatto, ma Eileen lo prese alla sprovvista e sgusciò via dalla sua presa lanciandogli un’occhiata di sfuggita, voltandosi poi di scatto su un fianco dandogli le spalle e lasciandolo interdetto per qualche secondo.
«Adesso posso dormire. Buonanotte, Niall», mormorò senza voltarsi. Niall rimase per qualche secondo immobile e se non fosse stato così su di giri e sconvolto dalla velocità con cui Eileen era riuscita ad accenderlo e allo stesso tempo a gelarlo sul posto, probabilmente si sarebbe accorto del suo tono di voce divertito e furbetto e della sua risata trattenuta a stento. Niall corrugò le sopracciglia e decise che quella volta non l’avrebbe fatta vincere, perché non era certo in condizione di spegnere gli animi tanto facilmente arrivato a quel punto.
«Col cavolo, adesso non ti faccio dormire io», borbottò afferrandola per un fianco e facendola voltare verso di lui. Eileen si lasciò scappare un risolino che si spense sulle labbra di Niall che, affamate, assalirono le sue. Eileen lo lasciò fare e contemporaneamente alle mani di Niall che la strinsero a sé, le sue andarono ad intrecciarsi ai suoi capelli, tirandoli leggermente e provocandogli un’altra scarica di brividi.
Niall le tirò il labbro inferiore tra i denti ed Eileen sorrise di nuovo, aprendo gli occhi per incrociare quelli di Niall decisamente troppo, troppo liquidi e appassionati.
«Ammetto che adesso non ho poi così tanto sonno», gli bisbigliò sulle labbra. Niall sorrise e le morse delicatamente la punta del naso.
«Io non mi ricordo neanche più cosa significa la parola stanchezza», le sussurrò con un tono di voce che non gli sembrava nemmeno il suo per quanto era roco e suadente. Vide Eileen battere le palpebre più volte e arrossire violentemente, per chiudere il tutto mordendosi il labbro e facendogli sbarrare gli occhi e seccare la bocca.
«Cookie…» cominciò pensando a quale discorso rifilarle per farle capire delicatamente che non era in grado di trattenersi e darsi una calmata se lei lo guardava con quegli occhi e continuava a carezzargli la schiena dal basso verso l’alto sotto la maglia in quel modo, incendiandolo ancora di più di quanto già non fosse. Lei lo guardò innocentemente sbattendo le palpebre e fece scivolare e mani più in basso fino all’orlo dei suoi boxer, e poi davanti sulla sua pancia e le fece risalire sui suoi addominali fino al suo petto, posandole lì dove il cuore batteva ad una velocità quasi spaventosa.
«Che c’è?» gli chiese socchiudendo gli occhi e allungandosi per lasciargli un bacio sul mento. Niall ispirò dal naso e chiuse gli occhi all’ennesima scarica elettrica che gli percorse il corpo.
«Sai che se continui così non ti lascerò stare tanto presto?» sbuffò buttando fuori tutto il fiato che aveva trattenuto e puntando gli occhi nei suoi. Eileen si limitò a sorridergli e a far di nuovo scorrere le mani verso il basso, afferrando la sua maglia e facendo per tirarla su. Niall deglutì a fatica.
«Questa è decisamente d’impiccio», borbottò lei frettolosamente ed evitando il suo sguardo, probabilmente per non cadere nell’imbarazzo e per non bloccarsi come suo solito. Per quella volta sembrava che avesse messo da parte le sue solite e inutili paranoie e che avesse chiuso il cervello, lasciando al suo istinto la facoltà di agire.
E a Niall andava benissimo così.
Si abbassò ancora di più su di lei e premette il corpo contro il suo, per metterla al corrente dell’effetto che il suo lasciarsi andare gli stava facendo. Eileen sembrò trattenere il respiro ma a dispetto di quello che pensava Niall, continuò quello che aveva iniziato e con mani tremanti gli sfilò la maglietta, lanciandola lontano.
Niall puntò gli occhi nei suoi e si sentì andare a fuoco, fremette e la baciò di slancio, perché non riusciva a starle cosi vicino senza essere completamente in contatto con lei. Lei ricambiò il bacio carezzando più liberamente la sua pelle, sfiorandolo ovunque con quelle dita calde e delicate che peggiorarono sempre di più la sua situazione ai piani bassi.
«Cookie…» mormorò di nuovo a mo’ di avvertimento, ma la voce gli si strozzò in gola quando Eileen si chinò per lasciargli un bacio sulla clavicola.
Niall non ci stava capendo più niente, aveva il cervello completamente in poltiglia e se fosse stato in sé si sarebbe preoccupato di quanto Eileen sembrasse disinvolta e di come prendeva iniziativa senza farsi troppi problemi come aveva sempre fatto.
Ma quella situazione gli piaceva particolarmente e non avrebbe avuto mai la forza di fermarla e interrompere quell’atmosfera carica di passione e calore quasi soffocante, ma fin troppo eccitante.
La situazione arrivò al culmine quando Eileen con un colpo di fianchi lo fece rotolare di lato e invertì le posizioni, distendendosi sopra di lui e lasciandolo piacevolmente basito.
«Smettila di parlare», gli soffiò sulle labbra per poi baciarlo con una passione e un trasporto che misero definitivamente fine alla vita di tutti i suoi neuroni, e da quel punto in poi Niall si dimenticò pesino cosa significava ragionare e possedere la materia grigia.
E pensare che era rientrato in casa con la sola voglia di poggiare la testa sul cuscino, chiudere gli occhi e dormire per dare pace alla sua mente bombardata da ansia e preoccupazioni.
Decisamente quello che si era ritrovato a fare, invece che dormire, era più efficace e soprattutto entusiasmante.
Gli occhi gli si chiusero e il corpo si rilassò completamente, quando Eileen cominciò a lasciargli dei piccoli baci sul collo, risalendo verso la mascella e lasciandogli un bacio a labbra dischiuse. Niall si allungò per approfondirlo, ma Eileen non glielo permise, perché tornò con le labbra sul suo collo e poi scese sulla clavicola, sulla spalla, sul petto.
A quel punto Niall trattenne il respiro e una scossa lo fece tremare quando i baci di Eileen cominciarono a scendere sugli addominali, e poi sulla pancia, sull’ombelico e poi più giù, finché non arrivarono all’orlo dei boxer che ormai contenevano a stento le emozioni che Niall stava provando.
Quando sentì le labbra di Eileen su quel punto sensibile della pelle, sbarrò gli occhi e la vide arricciare il naso infastidita da quell’ostacolo che l’aveva interrotta e pregò con tutto se stesso che nonostante quel piccolo intralcio sarebbe andata avanti.
Ma purtroppo Eileen era sempre Eileen, e in quel momento sembrò rendersi conto di quanto si fosse spinta oltre, perché sbarrò gli occhi anche lei e arrossì fino alla punta delle orecchie. Niall la vide piuttosto in difficoltà e quindi decise di correre in suo aiuto, anche perché non sarebbe riuscito a restare fermo ad aspettare che decidesse cosa fare. Quindi con un movimento fulmineo la tirò di nuovo sopra di sé, baciandola con delicatezza per tranquillizzarla e ribaltando lentamente la posizione.
Eileen lo lasciò fare e Niall sentì i suoi muscoli tesi distendersi, mentre qualcosa in lui si irrigidiva ogni secondo di più portandolo quasi allo sfinimento. Si fermò per un secondo con gli occhi serrati e il respiro corto, allora Eileen aprì gli occhi e gli afferrò il viso tra le mani, carezzandogli le guance e puntando quei fari verdi nei suoi, stordendolo ancora di più.
Niall si perse nel suo sguardo e non sarebbe riuscito a tornare in sé se lei, sempre occhi negli occhi, non si fosse avvicinata per lasciargli un piccolo bacio sulla punta del naso.
E il sorriso sbarazzino e tenero che lo seguì gli riempì il cuore, facendogli pensare a quanto fosse grande la portata dell’amore che provava per quella ragazza.
La baciò, perché non poteva farne a meno, e lei si lasciò completamente andare tra le sue braccia, preda dei suoi voleri, e chiuse gli occhi abbracciandolo e lasciandosi amare.
Il cervello di Niall ormai era partito per la tangente, così con un gesto secco sfilò la felpa ad Eileen scoprendola deliziosamente nuda al di sotto, e si beò di quella visione solo per qualche secondo, perché poi decise di infliggerle la stessa dolce tortura che gli aveva rifilato lei solo qualche minuto prima.
Per questo cominciò a scendere con una scia di baci sulla mascella, dedicandosi con attenzione ad un punto del collo, appena sotto al mento, sentendola rabbrividire e tremare tra le sue braccia. Sembrava come se il corpo di Niall sentisse ogni sua reazione e rispondesse a comando, come se il suo corpo non fosse più sotto il suo controllo, ma sotto il controllo dei voleri e dei desideri della ragazza che stringeva tra le braccia.
Delicatamente le carezzò i fianchi, e la pancia, e le braccia. Eileen fremette e allora lui scese ancora di più con i baci, fermandosi per un tempo indefinibile sul suo seno, facendola sospirare di piacere più volte e sentendola chiamare il suo nome.
Quasi si dimenticò delle reazioni del suo stesso corpo, troppo concentrato a carpire quelle di Eileen, per capire quando fermarsi e quando invece andare avanti.
Lentamente, scese ancora di più. Ma prima, con un bisbiglio veloce e caldo sulla sua pelle, ci tenne a precisare e a metterla al corrente delle sue intenzioni.
«Ti avviso che io non mi fermerò dove ti sei fermata tu.»
Non diede il tempo ad Eileen di replicare alla sua frase, forse non le diede neanche modo di realizzare cosa le avesse appena detto, perché continuò a baciarla con un amore e una dolcezza che non aveva mai usato per nessuna.
Ma era quasi inutile dirlo; Eileen non era affatto come tutte le altre, lei avrebbe sempre occupato un posto speciale nel suo cuore.
Con un sorrisetto improvviso le lasciò un piccolo morso appena sotto all’ombelico facendola sobbalzare.
«Ehi!» esclamò sorpresa. Niall alzò gli occhi e le sorrise furbetto, baciando immediatamente la parte lesa e osservando il suo sguardo rilassarsi e accendersi.
«Bei pantaloni, comunque», ridacchiò lanciando un’occhiata ai suoi pantaloncini, che utilizzava quando andava a correre o quando Harry si degnava di accompagnarlo in palestra. Lanciò un’altra occhiata ad Eileen e la vide scrollare le spalle, gli occhi lucidi e le guance arrossate, le labbra gonfie e l’espressione quasi beata.
«Ero stanca e sono stati i primi che ho trovato», gli rispose con il respiro corto. Il sorrisetto di Niall si accentuò al pensiero di quanto quell’espressione sarebbe stata ancora più soddisfatta dopo che avrebbe scoperto e provato cosa aveva intenzione di fare.
«Adesso sono tuoi.»
Eileen gli sorrise quasi felice per quella piccola concessione e mormorò «Perfetto, sono piuttosto comodi.»
«E facili da togliere», precisò Niall appena prima di sfilarli in un secondo e farli finire chissà dove sul pavimento assieme agli altri vestiti.
Eileen ridacchiò e Niall le sorrise, prima di concentrarsi nuovamente sul suo corpo e sui baci di cui voleva ricoprirlo.
Senti Eileen prendere un bel respiro e alzò appena gli occhi per vederla serrare i suoi e una scossa elettrica lo fece fremere quando la vide mordersi il labbro nel momento in cui le lasciò un bacio appena sopra all’elastico delle mutandine.
Lo prese come un segno positivo, per questo continuò, lasciandole un bacio sulla coscia destra, poi su quella sinistra e poi un po’ più su.
Allora alzò di nuovo gli occhi e deglutì rumorosamente, allungando la mano e sfiorando quell’ultimo tessuto leggero che lo divideva dal suo obiettivo.
Guardo Eileen, che tremò appena e sospirò beatamente. Allora trattenne il respiro e chiuse un secondo gli occhi per mantenere attiva la sua attività celebrale, poi finalmente fece sparire anche quell’ultimo ostacolo.
Ricominciò a scendere con i baci sentendo sempre di più il suo corpo andare a fuoco, il cuore perforargli quasi il petto per quanto batteva veloce e le mani fremere per quanto volevano essere dappertutto.
Lanciò un’ultima, intensa occhiata ad Eileen, incatenando i loro occhi e facendo aumentare ancora di più quella sublime tensione che c’era tra di loro, e scese del tutto senza interrompere il contatto visivo.
Lo fece Eileen il secondo dopo, serrando gli occhi e lasciandosi scappare un gemito forse troppo forte, tappandosi poi la bocca con la mano mentre l’altra correva ad infilarsi tra i suoi capelli.
Niall si dedicò completamente a quella parte così sensibile e calda di Eileen, concentrandosi solo su di lei e sui suoi sospiri e su come le sue dita gli stringessero i capelli. Si perse in quel paradiso bollente con attenzione e dedizione, dedicandoci anima e corpo e beandosi dei sospiri e dei piccoli gemiti che Eileen si concedeva.
Quando però sentì che non sarebbe più riuscito a resistere, e che il suo corpo ormai era arrivato al limite, cominciò a percorrere a ritroso il percorso dei suoi baci, lambendo infine le labbra di Eileen in un bacio dolce, ma appassionato al tempo stesso. Niall sentì Eileen sorridere sulle sue labbra e fare spazio al suo corpo, che la coprì completamente facendola tremare. Le lasciò piccoli baci a labbra appena dischiuse, prima sulla bocca, poi sul naso, poi sugli occhi chiusi, mentre lei lentamente e con le mani tremanti gli sfilava i boxer, eliminando finalmente tutte le barriere che c’erano tra di loro.
Le carezzò i capelli e la fece sua con una dolcezza e al tempo stesso forza che gli mozzò il respiro e lo fece tremare.
Sentì Eileen tremare e affondare le dita nella sua schiena, probabilmente lasciandogli dei segni rossi.
Segni che gli sarebbero rimasti pochi giorni e poi sarebbero scomparsi.
Segni che non potevano neanche minimamente eguagliare e concorrere con quelli indelebili che Eileen gli aveva inciso sul cuore.
Ormai erano diventati una cosa sola, non solo fisicamente, e Niall non sarebbe mai riuscito a lasciarla andare.
Il suo cuore non gliel’avrebbe mai permesso e lì, in quel momento, dentro di lei, era sicuro che per lei fosse lo stesso.
Non poteva finire un amore del genere, non potevano arrendersi. Per niente al mondo.






















AAAAAAALLORA innanzitutto ciao a tutte.
Come al solito per prima cosa mi scuso per il mio schifoso ritardo nell'aggiornare.
A mia discolpa posso dire che non mi sono resa conto di quanto tempo è passato dall'ultimo capitolo,
causa scuola e tesina di merda che non riesco a fare.
Il fatto è che sono talmente occupata con la scuola, le simulazioni, le interrogazioni,
e poi c'è la famiglia e gli amici e tante altre cose e io non trovo più neanche due minuti per stare al computer.
La cosa orribile che mi fa sentire ancora più merda è che non posso promettervi che le cose miglioreranno, anzi.
Non ho idea se e quando riuscirò ad aggiornare.
Scuola. Simulazioni. Tesina. Esami. Esami.
...ESAMI!
Quindi scusatemi in anticipo e abbiate un po' di pazienza e pietà per me.
Se c'è una notizia positiva che posso darvi è che questo supplizio non durerà ancora a lungo: mancano tre capitoli all fine della storia, compreso l'epilogo.
Che tristezza.
Cooooomunque, ora vado a dormire, che sono stremata dalla simulazione della terza prova di stamattina.
Quando vi ci troverete, non riducetevi a ripassare tutto il giorno prima.
Davvero, non fatelo.
E' un attentato alla vostra salute mentale.
So, ora vado. Grazie a tutte le ragazze che continuano a seguirmi e a lasciare un piccolo commento ad ogni capitolo.
Voi non avete idea di quanto siete importanti per me e per questa storia.
E' grazie alle vostre parole che mi torna la voglia di ritagliarmi un po' di tempo per me e per Niall ed Eileen in mezzo a tutto il casino che è la mia vista scolastica in questo periodo.
Quindi Grazie, grazie davvero.
E scusate se non trovo mai il tempo di rispondervi, mi odio per questo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, tanto amore.
Sara.

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Capitolo 33
*** Birthday. ***


Salve a tutti.
Premetto che mi trovo un pochino in imbarazzo in questo momento, perchè non ho idea di come salutarvi dopo tutto questo tempo in cui sono sparita nel nulla, né come spiegarvi il motivo della mia assenza.
Per questo sarò di poche parole, lasciandovi la sorpresa di questo capitolo che ha stupito anche me, attraversandomi la mente praticamente già completo l'altra sera, costringendomi a metterlo per iscritto.
Lo so che è quasi un anno che non scrivo quì, lo so che probabilmente sto parlando al nulla, perchè sarebbe troppo strano
-ma meraviglioso- che qualcuno fosse ancora quì a leggere.
Ma comunque un minimo ciao devo dirvelo, per farvi sapere che sono viva, che come ho sempre detto ho intenzione di portare al termine questa storia, e che Eileen e Niall mi stanno tormentando da giorni, perchè vogliono anche loro avere pace.
Quindi niente, vi lascio con un semplice "buona lettura", sperando che ci siate ancora.
Tanto amore, e scusate il ritardo.
Sara.







33. Birthday.
 


 
Eileen non ricordava di essersi mai sentita così rilassata in tutta la sua vita; ed era piuttosto strano, considerata la situazione psicologica in cui si trovava. Il suo cuore era completamente diviso a metà: c’era una parte forte, decisa e orgogliosa, che sapeva che di lì a pochi giorni avrebbe dovuto dire addio a Niall e alla felicità che aveva portato nel suo animo, e non se ne preoccupava perché sapeva fin dall’inizio che questo momento sarebbe arrivato. Poi c’era l’altra parte, quella debole, triste e spaventata di ricadere nella monotonia della sua vita, ma soprattutto terrorizzata dall’idea di dover sentire la mancanza di Niall.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che presto non lo avrebbe più visto tutti giorni, non si sarebbe persa nei suoi occhi cristallini, non avrebbe potuto abbracciarlo a suo piacimento.
Non avrebbe potuto sentirlo respirare, e addormentarsi ascoltando quel ritmo rilassante.
Ma nonostante tutto questo, quella mattina Eileen si svegliò completamente rilassata; forse per la sfrenata attività che avevano svolto quella notte, o forse perché Niall nel sonno le si era avvicinato, abbracciandola da dietro e intrufolando il viso tra la spalla e il collo, e il suo respiro fresco le solleticava la pelle facendola sorridere. Qualsiasi cosa fosse, Eileen sorrideva, sospirava tranquilla e non aveva nessuna intenzione di muoversi, né di aprire gli occhi, come se qualsiasi minimo spostamento avrebbe potuto distruggere quell’oasi di pace in cui si trovava.
Sembrava quasi una scena da film: la ragazza che si svegliava tra le braccia del suo amato e lì, al sicuro, non aveva nulla di cui preoccuparsi, perché c’era lui a proteggerla da tutto.
Ma ovviamente, come in tutte le scene dei migliori film, c’è sempre qualcosa ad interrompere l’idillio: un telefono che squilla, qualcuno che bussa alla porta o, come in quel caso, una donna leggermente isterica che urla da una parte all’altra della casa perché… «Merda, sono in fottuto ritardo!»
Eileen sussultò al suono della voce di Denise, così vicina alla porta della loro stanza, cosi pericolosamente vicina all’esaurimento nervoso.
La sentì borbottare mentre scendeva le scale di corsa e con altre urla poco gentili spediva suo marito da qualche parte. Sentì Dylan canticchiare incurante del probabile inferno che aveva intorno a sé e le scappò un altro sorrisetto. Era il suo compleanno, probabilmente in quel momento riusciva solo a pensare alle vagonate di giocattoli che avrebbe ricevuto per regalo.
Con riluttanza si costrinse ad aprire gli occhi, consapevole di quello che la aspettava: era il gran giorno, per l’ora di pranzo la casa si sarebbe riempita di persone, tra familiari, amici e bambini urlanti. Denise aveva bisogno del suo aiuto per gestire la situazione e lei non si sarebbe tirata indietro, le piaceva dare una mano e tenersi occupata, così da scacciare via dalla mente qualsiasi pensiero.
Sospirò e carezzò le braccia di Niall strette attorno al suo corpo, intrecciò le dita alle sue e lo sentì borbottare qualcosa ancora nel mondo dei sogni. Allora cercò di districarsi dalla sua presa, ma le sue braccia erano così forti e la stringevano così tanto che non ci riuscì. Sbuffò dalla fatica e cercò di sgusciare via senza svegliarlo, ma lui non le rendeva l’impresa facile.
Qualcuno bussò pesantemente alla porta facendola sobbalzare e facendo svegliare Niall, che scattò quasi spaventato.
«Leen, non ho intenzione di aprire la porta perché non voglio sapere in che condizioni siete, ma ho bisogno del tuo aiuto!» esclamò Denise fuori dalla stanza con voce esasperata.
Eileen sospirò e sentì Niall mugugnare infastidito lasciandola finalmente andare per infilare la testa sotto al cuscino.
«Arrivo, Denise», rispose.
«Ho bisogno anche di Niall», aggiunse con un altro urlo.
«Non ci penso neanche», mugugnò Niall a voce abbastanza alta per far sì che Denise lo sentisse.
«Niall, alzati o vengo a tirarti io giù dal letto!» urlò lei in risposta, «Vi do cinque minuti.»
Eileen sbruffò e Niall sbatté i piedi nel letto come un bambino, facendola sorridere. Si chinò per baciargli la spalla nuda e carezzargli la schiena in tutta la lunghezza, per poi lasciare un pizzicotto sulla pelle esageratamente bianca del suo fondoschiena.
«Ehi!» scattò tirando via il cuscino e puntando gli occhi infastiditi nei suoi. Eileen gli sorrise a trentadue denti e l’espressione di Niall si ammorbidì all’istante.
«Non fare il bambino capriccioso e alzati.»
Lui corrugò le sopracciglia e strinse le labbra.
«No», mugugnò affondando di nuovo la testa nel cuscino. Eileen roteò gli occhi al cielo e gli tolse il cuscino da sotto la testa, per poi colpirlo sulla schiena ripetutamente.
«Non voglio sentire Denise urlare ancora, ci sono un sacco di cose da fare», gli ricordò facendolo sbuffare.
Gli tirò via le coperte di dosso, scoprendo il suo corpo deliziosamente nudo e si costrinse a trattenere i suoi pensieri impuri, perché lei era una ragazza responsabile, e sapeva che Denise aveva bisogno di aiuto.
Conoscendola, non aveva anticipato niente la sera prima, quindi probabilmente avrebbero dovuto fare tutto quella mattina: si prospettava una giornata decisamente faticosa.
Niall però non si scompose, perché forse oltre che mangiare non c’era altra cosa che amava più di poltrire nel letto, allora Eileen si buttò sopra di lui, schiacciandolo sul materasso per cercare di soffocarlo.
«Sei più capriccioso di Dylan», lo schernì pizzicandogli i fianchi, ma lasciandogli un dolce bacio al centro della schiena perché la sua pelle era troppo liscia e morbida per poter resistere.
«E tu sei più fastidiosa di Louis», replicò lui dimenandosi sotto di lei e facendosi sfuggire una risatina. Eileen spalancò la bocca oltraggiata e Niall riuscì a sfruttare la sua sorpresa per rotolare di lato e invertire le posizioni.
Eileen, solo in canottiera e mutandine, sentì il corpo del ragazzo premere sul suo e automaticamente il fuoco si accese dentro di lei.
Rischiava di perdere la concentrazione da un momento all’altro. Lo sapeva lei, lo sapeva anche Niall che la fissava con quel sorrisetto impertinente, ma lo sapeva anche Denise, che all’improvviso bussò forte alla porta facendoli sobbalzare.
«Due minuti!» urlò, «Se non uscite tra due minuti giuro che appena arriva Greg con i ragazzi spedisco Louis dentro la vostra stanza!»
Eileen scoppiò a ridere davanti a quella che non poteva che essere una minaccia, mentre Niall scivolava via dal suo corpo per buttarsi a peso morto sul materasso e coprirsi il viso con le braccia, sbruffando esasperato.
«Ricordami che dobbiamo andare ad abitare da soli da qualche parte», mugugnò, «Odio dover essere interrotto ogni volta.»
Eileen arrossì ed evitò di rispondere, alzandosi in silenzio per infilarsi una felpa e i pantaloncini, cercando di rendersi abbastanza presentabile per non turbare la sensibilità di Denise, o peggio quella di Dylan.
Si sentì gli occhi di Niall addosso ma li evitò accuratamente, improvvisamente turbata dalle sue parole e dal pensiero che, probabilmente, quello che lui aveva detto senza neanche pensarci non sarebbe mai potuto accadere.
«Cookie», mormorò Niall. Lei evitò ancora di guardarlo fingendo di sistemare i vestiti che la sera prima avevano lanciato spargendoli nella stanza e lo sentì scivolare giù dal letto e raggiungerla con due passi.
Quando lui le posò le mani sulle spalle, lei sospirò e lasciò stare i jeans di Niall, lasciandoli andare a terra e voltandosi verso di lui.
Non fece in tempo ad alzare gli occhi dalle sue mani -anzi non li alzò proprio- che questi furono catturati dalla nudità del ragazzo, facendola squittire sorpresa.
«Niall!» quasi urlò sobbalzando e facendo un passo indietro, rossa fino alla punta delle orecchie, ma senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Lui ridacchiò e si strinse nelle spalle, «Non è colpa mia se Denise mi ha interrotto. Ed è sempre mattino. Ed io sono sempre maschio», le fece notare con nonchalance.
A quel punto Eileen si costrinse a distogliere lo sguardo dal suo corpo e a puntarlo nei suoi occhi cristallini, cercando di regolarizzare il respiro anche se il suo cervello sembrava ormai partito per la tangente.
Niall ricambiò il suo sguardo alzando le sopracciglia con aria altezzosa, e vide appena il lampo di sfida che passò negli occhi di Eileen, prima che si mordesse il labbro inferiore e assumesse la sua identica espressione.
«Perché, che avresti fatto se Denise non ti avesse interrotto?» lo provocò e la soddisfazione di vedere gli occhi di Niall sbarrarsi dalla sorpresa valsero la pena del suo imbarazzo.
All’improvviso si rese conto che pian piano la sua timidezza stava scemando, che Niall era ormai riuscita a farla aprire del tutto e si sentiva così libera di essere se stessa con lui, che non si faceva più alcun tipo di problema: diceva e faceva ogni cosa che le passava per la testa, e non c’era sensazione più bella.
Soprattutto se farlo significava rimediarsi uno di quegli sguardi così infuocati da riuscire ad accenderla del tutto, seguito mezzo secondo dopo dalle mani di Niall salde intorno al suo viso, e le labbra premute a forza sulle sue.
Non fece in tempo a rendersi conto di niente, che lui la spinse sul letto premendosi su di lei e spegnendo del tutto qualsiasi accenno di lucidità.
«Adesso te lo faccio vedere», le rispose in un sussurro mordicchiandole le labbra. Eileen arrossì completamente e le sue mani corsero ad accarezzarlo dappertutto.
«In tutti i sensi», aggiunse Niall sfacciato lasciandola allibita.
Ricambiò il suo bacio, poi poggiò le mani sul suo petto per allontanarlo un poco, «Non so per quale motivo oggi sei così senza pudore», mormorò, «Ma mi piace», affermò con un sorrisetto.
Niall alzò un sopracciglio, «Non l’avrei mai detto, sai?»
Lei gli stampò un piccolo bacio all’angolo della bocca, «Mi piace tutto di te, Niall Horan.»
Lui si illuminò nel suo splendido sorriso ed Eileen riuscì appena a bearsi di quella vista, perché il secondo dopo la voce fastidiosa e squillante di Louis li interruppe, urlando dalle scale.
«Piccioncini vestitevi, sto arrivando!» esclamò ridendo e correndo per le scale. Niall schizzò via dal suo corpo e si infilò sotto le coperte, Eileen scoppiò a ridere, appena in tempo perché Louis si catapultò nella stanza con un sorriso a trentadue denti.
«Buongiorno, Sunshine!» urlò mentre Niall con un lamento si copriva interamente con il lenzuolo.
«Non volevo disturbarvi», cominciò Louis.
«Sei molto convincente.»
«Ma Denise mi ha spedito a tirarti fuori da questa stanza, perché ha bisogno di te», continuò rivolto ad Eileen ignorando il grugnito sarcastico di Niall.
Eileen sospirò e annuì saltando giù dal letto e scoccando un bacio sulla guancia a Louis.
«Vado, prima che le prenda un esaurimento nervoso», mormorò uscendo dalla stanza senza arrischiarsi a guardare verso Niall perché sapeva quanto sarebbe stato difficile lasciarlo lì, nel loro letto, coperto solo da un semplice lenzuolo.
Ormai si era rassegnata al fatto che con lui crollassero tutte le sue barriere, anche quelle che le lasciavano un certo pudore e contegno.
Quando lui le si avvicinava troppo, lei non capiva più niente.
Appena varcò la soglia della loro stanza capì che quella giornata sarebbe stata infinita e decisamente sfiancante.
Fece appena in tempo a salutare Dylan, impegnato ad infastidire Harry, e a lasciargli un bacino sul naso augurandogli buon compleanno; che l’uragano Denise la travolse, spedendola in giardino con Greg per sistemare il tavolo del buffet.
Corse avanti e indietro per la casa almeno dieci volte, prima che Niall scendesse le scale ancora con l’aria assonnata ma vestito, e la bloccasse mentre sfrecciava dalla cucina alla porta sul retro con fin troppi pacchi di patatine tra le braccia. L’afferrò per il braccio e la fece scontrare sul suo petto, per poi catturare le labbra con le sue in quel bacio che prima era stato interrotto.
Eileen sobbalzò dallo stupore ma ci mise meno di mezzo secondo a sciogliersi e ricambiare quel bacio così dolce e tenero da riempirle il cuore.
«Oh accidenti Niall!» sbraitò Denise uscendo dalla cucina con due scatoloni pieni di addobbi tra le braccia. Eileen si voltò di scatto e si scusò con un sorriso, prima di schizzare via a finire il suo compito.
«Cerca di non infastidire la mia aiutante e renditi utile, scansafatiche», sentì borbottare Denise.
«Ti do una mano io con gli addobbi, Nialler», esclamò Liam con un entusiasmo che andava a compensare quello quasi assente di Niall.
Eileen si ritrovò a sorridere tutto il tempo, mentre i ragazzi battibeccavano e correvano da una parte all’altra del giardino per addobbarlo adeguatamente.
Mentre li osservava in silenzio riuscì a capire fin troppe cose di loro: Liam era leggermente isterico, voleva sempre avere ragione proclamandosi il più intelligente del gruppo, quindi andava fuori di testa quando Harry lo contraddiceva, e questo sembrava farlo apposta per il suo divertimento.
Louis si limitava ad intervenire ogni tanto, mentre correva dietro a Dylan e inventava nuovi giochi ogni minuto per tenerlo occupato e lontano dai ragazzi. Ovviamente qualsiasi cosa dicesse, era a favore di Harry e delle sue strambe idee, così che Liam perdesse ogni volta la pazienza.
Ma bastava uno sguardo, una parola o solo un semplice cenno di Zayn, che tutti si calmavano e riprendevano il controllo.
Eileen si ritrovò più volte ad osservarlo con curiosità, come se non riuscisse a comprendere tutta quella tranquillità, come se l’affascinasse per come si muoveva, come sorrideva ad osservare i ragazzi, come fumasse una sigaretta dietro l’altra con nonchalance, sempre con quella calma quasi apatica che riusciva a rilassarla.
Ma ovviamente ci pensava Niall a mandarla su di giri: ogni volta che le si faceva abbastanza vicino le rubava un bacio, o le lasciava una carezza sui capelli, o una pacca sul sedere.
Eileen si era ritrovata più volte ad arrossire violentemente, sotto lo sguardo divertito di Lottie che la stava aiutando, e quello indecifrabile di Zayn, che sembrava non riuscisse a staccare gli occhi da lei, come se volesse carpire chissà quale oscuro segreto.
Tuttavia tutto quel sentirsi sotto pressione dal lavoro che le affidava Denise e gli sguardi curiosi dei ragazzi che sembravano studiare ogni mossa che faceva, non le era sembrato poi tanto stressante.
Il momento più difficile della giornata era decisamente riconducibile all’istante in cui aveva incrociato gli occhi di Maura Horan, curiosi e attenti.
Maura e Paul Horan furono i primi ospiti ad arrivare, e ovviamente la loro curiosità fu immediatamente catturata dall’unica persona sconosciuta che si trovava in quella stanza e che sembrava avere così tanta confidenza con tutti.
Per un istante  non ebbe idea di come comportarsi, sotto quello sguardo che sembrava studiarla da cima a fondo, come a voler capire chi fosse prima ancora che qualcuno la presentasse.
Poi Denise, in tutta fretta, prese la parola e la presentò come baby sitter di Dylan, quale era, e per un secondo le sembrò di essere sopravvissuta ad un naufragio. Poi però sentì le dita fredde di Niall intrecciarsi alle sue e la sua voce decisa e morbida proclamare «E anche la mia ragazza», e a quel punto si sentì del tutto andare a fuoco.
L’occhiata sorpresa e allo stesso tempo intimidatoria della mamma l’avrebbe sicuramente messa in soggezione, se non fosse stata troppo impegnata ad incitare il suo cuore a continuare a battere.
Rischiava di cadere a terra senza sensi all’istante, forse solo la voglia di non fare una figuraccia davanti ai genitori del suo ragazzo, riuscì a tenerla in piedi.
Ovviamente non aveva avuto modo di chiedere spiegazioni a Niall, o di urlargli contro per averla messa in imbarazzo in quel modo, perché circa due minuti dopo i bambini del vicinato riempirono la casa di urla e zampettii, e lei fu costretta a distrarsi e a correre dietro a quelle pesti per tutto il tempo.
Solo a metà del pomeriggio riuscì a prendersi un minuto di pausa nascondendosi letteralmente in cucina con Denise, mentre quest’ultima finiva di decorare la torta.
Ridacchiò quando la vide buttarsi su una sedia con aria sfinita.
«Gli amici di Dylan sono leggermente scalmanati, eh?» la stuzzicò Denise. Eileen la fulminò con lo sguardo.
«Non so per quale motivo ancora non sto urlando come una pazza isterica», borbottò massaggiandosi le tempie. Le scoppiava la testa.
Denise rise, «Perché sei troppo buona e ami i bambini.»
«No, amo Dylan. Lui può fare quello che vuole, gli altri non li sopporto», puntualizzò. Denise alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì a replicare perché Niall la interruppe entrando in cucina.
«Oh, eccoti qui!» esclamò illuminandosi in un sorriso quando incrociò gli occhi di Eileen.
Lei sospirò di felicità e lui la raggiunse in due passi, facendola sedere sulle sue gambe e carezzandole la schiena.
«Sono esausta», mormorò. Niall le sorrise e le lasciò un bacio sul collo facendola rabbrividire.
«La faremo pagare a Denise, tranquilla», le bisbigliò all’orecchio.
«Ti ho sentito.»
Ridacchiò e si lasciò andare contro il suo petto, per niente infastidita dal fatto che Denise fosse lì con loro, ormai sapeva, tutti sapevano cosa c’era tra di loro.
Se non l’avevano capito da come si comportavano l’uno con l’altra, l’aveva messo in chiaro lui qualche ora prima.
Eileen si ricordò in quell’istante di quel piccolo particolare e si tirò su di scatto, puntando gli occhi nei suoi.
Lui sobbalzò sorpreso e lei boccheggiò per qualche secondo.
«Hai detto ai tuoi genitori che sono la tua ragazza», mormorò strabiliata. Niall alzò entrambe le sopracciglia confuso da quell’affermazione.
Sentì Denise ridacchiare sottovoce, «L’avevamo capito tutti.»
«Sì», rispose Niall titubante. Eileen sorrise meravigliata e gli stampò un bacio a labbra chiuse.
«Hai detto ai tuoi genitori che sono la tua ragazza!» esclamò ancora. Niall e Denise si scambiarono un’occhiata veloce e scoppiarono a ridere.
«La stanchezza le fa male», mormorò Denise mentre Niall le carezzava i capelli.
«Lo so, Cookie. E’ quello che sei», le disse, poi puntò gli occhi nei suoi e portò le labbra a mezzo centimetro dalle sue, «Te l’ho già detto che ti amo, no?»
Eileen non capì bene come riuscì a non svenire dall’emozione, sentì solo l’ «Ow» emozionato di Denise prima che si perdesse nel bacio di Niall. Nell’amore di Niall, in tutto ciò che era Niall e che era suo e solo suo.
L’idillio fu interrotto dalla signora Maura che capitolò in cucina interrompendoli e provocando l’imbarazzo esagerato di Eileen, che saltò giù dalle gambe di Niall in un nanosecondo.
«Tesoro», lo chiamò Maura fulminandola letteralmente con lo sguardo, «Perché non vieni fuori e passi un po’ di tempo con la tua mamma che non vedi mai?» gli chiese con sorriso amorevole. Niall roteò gli occhi al cielo e baciò Eileen sulle labbra, prima di prendere a braccetto la mamma e trascinarla fuori dalla cucina con un «Certo, mamma» piuttosto scocciato.
Eileen guardò affranta Denise e lei le sorrise rassicurante, «Non ti odia», le disse capendo al volo la sua preoccupazione. «E’ solo gelosa del suo bambino, faceva così anche con me. Si è calmata solo quando è arrivato Dylan.»
Eileen sbuffò una risata, «Mi stai dicendo che devo fare un bambino per entrare nelle sue grazie?»
Denise scoppiò a ridere e le passò la torta, «Magari comincia a portare la torta fuori, a quello ci penserete un po’ più in là», le consigliò spingendola fuori dalla cucina, di nuovo nel cuore della festa, delle urla, delle risate e della confusione.
Rischiò di essere sommersa dalla decina di bambini che le corse incontro quando la videro con la torta tra le braccia, ma i suoi occhi erano tutti per il piccolo Dylan, che sorrideva emozionato tra le braccia di Liam. Lei gli sorrise e poggiò la torta sul tavolo, facendogli segno di raggiungerla.
Dylan saltò giù dalle braccia del ragazzo e corse a buttarsi tra quelle aperte di Eileen, scoccandole un bel bacio sulla guancia. Lei rise e gli scompigliò i capelli, mentre Greg accendeva le candeline sulla torta e il solito coro intonava la canzoncina del compleanno. Dylan, emozionato come Eileen non l’aveva mai visto, strinse le braccia intorno al suo collo e guardò tutti con occhi intimiditi, imbarazzati, e arrossì vistosamente quando al soffio sulle candeline, gli ospiti esplosero in un urlo entusiasta. A quel punto Eileen sentì il braccio di Denise circondarle i fianchi e incrociò gli occhi esasperati di Greg per la troppa emotività della moglie che era scoppiata a piangere.
“Grazie di tutto, Leen” le bisbigliò all’orecchio e lei arrossì, abbozzando un sorriso. Proprio in quell’istante, l’obiettivo della macchina fotografica di Lottie puntò su di loro e scattò. E proprio in quell’istante, con Dylan che la stringeva forte e le sorrideva, il braccio di Denise intorno ai suoi fianchi e lo sguardo complice di Greg, si sentì finalmente parte di una famiglia.
Quelle persone che l’avevano accolta in casa prima per convenienza, poi per amore, erano diventate quella famiglia che lei, in sostanza, non aveva mai avuto.
E quando incrociò gli occhi di Niall che erano illuminati dal suo sorriso affettuoso, capì che aveva finalmente trovato ciò che inconsapevolmente aveva sempre cercato.
L’amore. Quello vero.
 
 
I genitori di Niall furono gli ultimi ospiti a salutare e uscire dalla casa per tornare a Dublino. Eileen aveva salutato un po’ impacciata Maura, che si era sforzata di sorriderle, e Paul, che invece sembrava guardarla come se fosse la cosa più bella che potesse capitare a suo figlio. Poi però aveva visto Maura salutare con un abbraccio affettuoso Niall, e l’aveva sentita dirgli di farsi sentire spesso e di andarla a trovare qualche volta durante le vacanze di Natale, e si era ricordata che di lì a pochi giorni anche lei avrebbe dovuto salutarlo.
Solo che probabilmente lei non gli avrebbe chiesto di tornare, o di chiamarla, o di passare con lei il Natale.
Stanca e con quei pensieri pesanti che le frullavano per la testa, si dileguò in giardino mentre gli altri rimanevano in casa a chiacchierare e a rilassarsi.
Si appollaiò sul bordo della piscina e chiuse gli occhi, beandosi di quel silenzio cercando di mettere in chiaro quali fossero i suoi pensieri e di controllare i sentimenti, perché sapeva che doveva mantenere un certo contegno se non voleva rovinare tutto prima del tempo.
Dopo qualche minuto sentì dei passi avvicinarsi, e senza aprire gli occhi intuì fosse Niall, perché nessun altro sarebbe stato così delicato a sedersi accanto a lei senza disturbarla.
Quando aprì gli occhi, infatti, si scontrò immediatamente con quelli limpidi di Niall che la fissavano pieni di un sentimento indefinibile, accostato alla preoccupazione, e lei capì che senza parlare lui aveva intuito quali fossero i suoi pensieri.
Sentì il suo cuore mancare un battito e si sforzò di sorridergli. L’espressione di Niall sembrò ammorbidirsi un poco e le fece segno di avvicinarsi, allora lei sgusciò accanto a lui e si intrufolò dentro al suo abbraccio, rilassandosi e sentendosi finalmente in pace.
Ma era consapevole che la sua tranquillità in quel momento non era affatto condivisa; sentiva la tensione di Niall, sapeva che c’era qualcosa che lo turbava. Lo aveva visto nei suoi occhi durante la giornata, quando si perdevano a fissare il vuoto; lo sentiva nei suoi muscoli rigidi e nel suo sguardo che urlava il bisogno di dirle qualcosa.
Così con un sospiro si arrese e si preparò a sentirlo parlare, già sapendo quale sarebbe stato l’argomento della discussione: erano giorni che aspettava quel momento, pensava di essersi preparata abbastanza, ma quando Niall aprì la bocca e pronunciò quelle parole, capì che nulla avrebbe potuto attutire il colpo.
«Tra due settimane inizia il tour.»
Trattenne il respiro e si irrigidì, chiudendo gli occhi.
«Lo so.»
Niall sospirò e lei sciolse l’abbraccio, aprendo gli occhi per fissare un punto indefinito davanti a sé.
«Dobbiamo essere a Londra qualche giorno prima per organizzarci», continuò con voce titubante ed Eileen poteva sentire i suoi occhi perforarle la guancia, ma non lo guardò. Troppo impegnata a mantenersi salda, a non lasciar crollare i pezzi.
«Lo so.»
«Parto con i ragazzi.»
Il respiro le si strozzò in gola e serrò per un attimo gli occhi, «Quando?»
«Non lo so, loro… loro aspettano me. Quando sono pronto», bisbigliò Niall. Il dolore che sentì nella sua voce fu come una scossa che la risvegliò:  lui stava soffrendo, era difficile per lui dirle quelle cose, perché aveva paura di ferirla. Probabilmente aveva paura di vederla di nuovo sprofondare in quella fossa da cui l’aveva tirata su.
Non poteva permetterlo, non poteva permettere che Niall provasse pietà per lei, che pensasse a lei, che si sentisse in colpa.
Sapevano entrambi che quel momento prima o poi sarebbe arrivato, e lei avrebbe dovuto farsene una ragione.
Avrebbe dovuto guardarlo andare via. E non poteva permettere che lui si voltasse indietro, doveva essere forte e lasciarlo andare.
Così si stampò un sorriso di circostanza sulle labbra e si voltò verso di lui.
«Oh, beh…non ci metterai tanto. Hai portato poche cose e se hai bisogno di una mano con la valigia…», gli disse con finta tranquillità
Si sentì infinitamente stupida, perché era consapevole del fatto che Niall capisse ogni suo singolo pensiero guardandola negli occhi, ma doveva almeno provarci. Doveva fargli credere che andasse bene, che poteva andarsene, che sarebbe stata bene anche senza di lui.
«Eileen.»
Lei non si lasciò interrompere, perché sapeva che se avesse chiuso la bocca, le emozioni l’avrebbero assalita e non sarebbe più riuscita a controllarsi.
«Posso aiutarti io, considerando poi che ci butteresti i vestiti senza neanche piegarli. Appena ho un attimo di tempo…»
«Eileen.»
«Cosa?» sbottò davanti ai suoi occhi così sofferenti, così rassegnati, così pieni di amore.
«Smettila di blaterare.»
«Io non…»
«Si, lo fai sempre quando sei nervosa e non vuoi parlare. Ma adesso non possiamo ignorare il discorso. Dobbiamo parlare», disse con decisione eliminando ogni sua speranza di evitare il discorso. Sospirò e abbassò le spalle arrendendosi.
«Okay, Niall. Allora parliamo.»
Niall la fissò dritto negli occhi e la decisione che ci vide quasi le fece paura. Sapeva cosa avrebbe detto, sapeva che avrebbe provato a convincerla. Così come lui sapeva che sarebbe stato difficile, ma ci avrebbe provato lo stesso.
«Io ci voglio provare», affermò infatti ma ancora prima che lui finisse di parlare, Eileen cominciò a scuotere la testa contrariata.
«Niall…»
«No, senti», la interruppe lui, «Lo so che sarà difficile, che non sarà certo come vedersi tutti i giorni. Ma esiste internet, le telefonate, skype…possiamo farcela.»
«Niall, è qualcosa di troppo grande per me, per noi.»
«Perché dici questo?» sbottò sbattendo più volte le palpebre. Ad Eileen tremò il cuore a vederlo così, avrebbe voluto abbracciarlo e nasconderlo da tutto quel dolore.
Lui non lo meritava, lui era troppo buono.
Niall meritava solo amore, ma lei non poteva darglielo.
«Perché…lo sai come la penso sulle persone che se ne vanno. Io non voglio sentire la tua mancanza e non voglio che tu senta la mia.»
«Questo sarà inevitabile e lo sai. E poi io non me ne sto andando.»
Lei gli sorrise e gli carezzò la guancia.
«Girerai per il mondo intero, Niall. E io non voglio sapere che tu ti preoccupi per me, che il pensiero di me lontana da te ti condizioni in qualsiasi tua scelta. So come funziona, e non voglio stare male quando vedrò qualche tua foto o leggerò qualche articolo che ti dichiarano innamorato o ti ritraggono con qualche sconosciuta che hai incontrato casualmente o a cui hai concesso una foto.»
Lui si ritrasse dal suo tocco e strabuzzò gli occhi, «Ma che stai dicendo?»
Lei sospirò e distolse lo sguardo, pronta ad affrontare ogni sua protesta: solo lasciandolo andare poteva evitargli tutto quel dolore.
«Sto dicendo che la lontananza farà male a tutti e due, creerà incomprensioni e nervosismo e io non voglio condizionarti in questo modo, non voglio rovinare questa tua esperienza e soprattutto non voglio deconcentrarti dalla tua carriera, devi focalizzarti solo su quella adesso, lo capisci?»
«No, Eileen, io capisco solo che stai farneticando e stai dicendo cose insensate», sbottò lui afferrandole il viso tra le mani.
Lei incrociò il suo sguardo e gli occhi le si riempirono di lacrime al pensiero di quello che stava per dire. Sentì il cuore frantumarsi in tanti piccoli pezzi, che non sarebbe mai più riuscita ad assemblare.
«Fidati di me, per favore. E’ meglio…è meglio tagliare…sì, insomma, è meglio chiudere tutti i rapporti», singhiozzò. Niall scosse freneticamente la testa, il terrore negli occhi, le guance pallide e le dita fredde a stringerle il viso.
«Non ci credo che lo stai dicendo sul serio. Dopo tutto quello che abbiamo passato e quello che sentiamo, pensi che io riesca a lasciarti andare così? Non ci pensare neanche!»
«Con il tempo sarà più facile», si tirò indietro e provò a convincerlo con un sorriso ma lui neanche lo guardò.
«Ah ti prego, non dire queste stronzate. Non le voglio sentire, non da te», sbottò furioso lanciandogli un’occhiataccia.
«Ma è così.»
«Non è vero e lo sai. Ti ricordi quando sono tornato a Londra per due giorni?»
«Sì.»
«Ecco, come pensi che possa essere più facile con il tempo, se solo due giorni lontani siamo stati così male?» sbottò allargando le braccia, il respiro corto, gli occhi che sembravano lanciare fiamme.
Eileen sospirò e si coprì il viso con le mani, perché non era abbastanza forte, perché sapeva che avrebbe ceduto, ma non poteva permetterselo. Non poteva fargli quello, non poteva condizionare la sua vita in quel modo. Lui avrebbe dovuto capirlo, avrebbe dovuto lasciarla, andare via e dimenticarla.
Sarebbe stato più semplice per entrambi.
«Non posso farlo, Niall. Non ce la faccio», bisbigliò sentendo le lacrime cominciare a scorrerle sulle guance.
Lo sentì sospirare e prenderle una mano tra le sue, ma lei non riuscì a guardarlo.
«Non ti sto dicendo che sarà facile Cookie, ma non possiamo buttare tutto al vento. Io non posso pensare di lasciarti qui e immaginarti magari tra qualche tempo tra le braccia di qualche ragazzo che non sono io. Non posso andarmene sapendo che non sei mia e che ti dimenticherai di me, non sono in grado di partire se ho questo peso nel cuore.»
«Ma tu stai andando via Niall», replicò con voce strozzata.
Lui le carezzò il viso con il dorso della mano e le afferrò il mento per farla voltare verso di sé. La guardò con quegli occhi celesti e lei non si sforzò più di provare a trattenere le lacrime.
«Ma tornerò, io non ti lascio. Io sarò sempre qui per te, sempre», le disse con aria solenne sigillando quella promessa con un sorriso sincero, dolce, convinto.
«Sarai lontano, dall’altra parte del mondo, per mesi.»
«Lo so, ma in qualche modo ti starò sempre vicino.»
«Io non voglio sentire la tua mancanza, non credo di averne la forza.»
«E pensi che decidendo di lasciar stare tutto così su due piedi, ti impedisca di sentirla?» le fece notare lui con un altro piccolo sorriso accompagnato da una carezza.
«No», piagnucolò per poi asciugarsi le lacrime con rabbia e puntare gli occhi nei suoi, «Tu non capisci», singhiozzò, «Mi manchi già adesso che sei seduto qui vicino a me, come posso resistere mesi interi?»
Lui la fissò in silenzio e lei perse del tutto il controllo.
«Come posso vederti andar via e sentire la tua mancanza sapendo che non potrò abbracciarti quando voglio, o solo vederti gironzolare per casa? Non potrò più voltarmi e incrociare il tuo sguardo, o vedere il tuo sorriso, sai quanto questo conta per me? Sai quanto solo sapere che ci sei mi faccia stare bene? No che non lo sai, non lo puoi capire», esclamò tra le lacrime gesticolando animatamente sotto il suo sguardo sofferente, ma deciso. Non sarebbe riuscita a fargli cambiare idea, lo sapeva.
Sapeva che alla fine quella che avrebbe ceduto sarebbe stata lei, ma doveva provarci fino in fondo.
Doveva provare a salvarlo.
«Come pensi che riesca a lasciarti salire su quell’aereo e vederti partire? Come?»
Lui la guardò e asciugò le sue lacrime con tanti piccoli baci, per poi carezzarle i capelli e aspettare che si tranquillizzasse un poco, prima di rispondere alla sua domanda rabbiosa.
«Certo non cercando di mettere un muro tra me e te, Cookie. Non ti salverà da tutto questo, prima o poi si sgretolerà.»
«Credi che non lo sappia? Ci sto solo provando!» sbottò lei. Niall sorrise e scosse piano la testa.
«Stai solo sprecando energia, perché io non te lo permetterò.»
«Non avrai il controllo su di me, sarai troppo lontano. Non potrai capire se starò bene, oppure no, e viceversa. Non ti dirò che mi mancherai, perché ti farei stare male, e tu lo stesso. Non potremo più essere sinceri l’uno con l’altro, tu non potrai più capirmi solo con uno sguardo, io non potrò abbracciarti per tranquillizzarti quando sei nervoso. Tutte queste cose, non saranno più possibili. Allora che senso ha?»
«Eileen, non sarà una lontananza a tempo indeterminato, io tornerò, più volte, non lascerò passare troppo tempo tra una visita e l’altra, non potrei farcela.»
«Sarà comunque tanto tempo, sarà…straziante
Niall annuì, ma si strinse nelle spalle, tranquillo e sempre più convinto della sua decisione.
Eileen non sapeva se essere più arrabbiata perché non riusciva a far valere le sue ragioni e allontanarlo; o innamorata, perché Niall le avrebbe lasciato dire tutto ciò che voleva, ma non l’avrebbe mai lasciata andare.
«Hai ragione, ma pensi che sia meglio sapere che sono dall’altra parte del mondo, ma comunque penso a te e non vedo l’ora di tornare per poterti stringere tra le braccia; o che ti ho dimenticata e non mi rivedrai più?»
Boccheggiò per qualche secondo, il cuore che le batteva frenetico nel petto, poi si arrese, sospirò e si prese la testa tra le mani, senza sapere più cosa dire, «Io non ce la faccio.»
Niall sospirò e le tirò i piedi fuori dall’acqua, per farla sedere sulle sue gambe e stringerla a sé. Eileen intrufolò il viso nel suo collo, in quel posto che era ormai diventato suo e si lasciò carezzare la schiena, rilassandosi appena.
«Ce la farai, ce la faremo insieme. Come sempre, come abbiamo fatto fino ad adesso», mormorò lui tra i suoi capelli lasciandoci qualche bacio di tanto in tanto.
Eileen tremò e lui la strinse più forte.
«E se non ci riusciamo?»
«Cookie, se ci stancheremo, se tu non vorrai più aspettarmi, io capirò e ti lascerò andare. Ma non posso accettare che tu ti arrenda senza neanche provarci. Non puoi buttare tutto via solo perché hai paura. Ci sono io qui, e farò in modo che tutto vada bene, te lo prometto.»
«E se sarai tu a stancarti di me?»
«Questo mai, Cookie. Ogni giorno che passerà sarà un giorno in meno in cui sopportare la tua assenza», le disse lui e lei non poté non fidarsi di quelle parole, di quella voce, di quell’amore.
Rimasero in quella posizione, in quel silenzio rilassante e così carico di promesse per un tempo che parve loro interminabile. Nessuno li disturbò, niente distolse la loro attenzione dall’ascoltare l’uno il battito del cuore dell’altra, i loro respiri, sospiri, ad osservare i sorrisi, intrecciare le dita, carezzare i capelli.
In quei pochi minuti, o forse ore, si amarono in quel modo semplice, innocente, solo osservandosi e sfiorandosi, senza dirsi niente. Perché tra di loro non c’era affatto bisogno di parole, e ormai l’avevano capito.
Eileen sospirò e sorrise baciandogli il mento, mentre la mano di Niall si intrufolò tra i suoi ricci.
«Preferisco le lettere scritte a mano piuttosto che degli stupidi messaggi», mormorò interrompendo finalmente quel silenzio. Lo vide sorridere e si accoccolò ancora di più contro di lui, che la strinse forte.
«Sarebbe romantico scambiarsi lunghe lettere come si faceva un tempo, ma credo morirei nell’aspettare una tua risposta troppo a lungo.»
Ridacchiò e suo malgrado annuì, «Allora credo che mi accontenterò dei messaggi.»
Niall le fece l’occhiolino e le baciò la punta del naso.
Il silenzio cadde di nuovo tra di loro, ma Eileen non riuscì questa volta a bearsi di quella tranquillità, perché aveva paura, e per combattere le sue preoccupazioni aveva bisogno di mettere a tacere i suoi pensieri.
«Non ti accompagnerò all’aeroporto, non voglio vederti salire su quell’aereo», bisbigliò quasi senza respiro per il dolore che quelle parole le provocarono.
Niall sospirò e le lasciò un delicato bacio sulla fronte.
«E’ meglio così, perché non so se riuscirei a salirci sapendoti lì a qualche passo da me.»
«Com’è il programma del tour?»
«Non lo so ancora precisamente, ma penso che per Natale avremo qualche giorno libero. Credo anche Capodanno, non so.»
Si sforzò di sorridere e si allontanò quel poco per guardarlo negli occhi.
«Quindi grande festa a Londra con i tuoi amici», lo provocò alludendo ai tanti racconti che le aveva fatto, sulle feste interminabili e senza controllo che organizzavano i suoi amici.
Ma Niall non si lasciò ingannare, alzò gli occhi al cielo e le prese il viso tra le mani, avvicinandosi così tanto fino a far sfiorare i loro nasi.
«Qualsiasi momento di pausa, anche se si tratta di poche ore, io verrò da te, ovunque ti trovi.»
Il cuore di Eileen perse un battito per l’intensità che c’era nel suo sguardo, ma si sforzò di rimanere concentrata.
«Hai anche una famiglia da andare a trovare, i tuoi genitori, Dylan. Non puoi pensare solo a me», gli ricordò. Niall scrollò le spalle.
«Verrò a prenderti e starò con la mia famiglia insieme a te. Non sprecherò nemmeno un minuto. E quando il tour finirà, se vorrai, verrai a Londra con me.»
«Possono succedere tante cose in un anno», borbottò e a lui sfuggì un sorriso.
«Lo so, quindi concentriamoci su adesso.»
Eileen sorrise il suo stesso sorriso, e Niall strofinò il naso contro il suo.
«E cosa vuoi fare adesso?»
«Smettere di perdere tutto questo tempo con le parole», replicò al volo senza lasciarle il tempo di ribattere.
La baciò, con quella dolcezza e tenerezza che apparteneva solo a lui e lei lo lasciò fare, perché lei apparteneva solo a lui.
Ma ovviamente c’era stata fin troppa tranquillità, per fin troppo tempo, in quella casa piena di ragazzi, ma soprattutto con Louis Tomlinson nei paraggi.
Proprio questo sfrecciò in quel secondo accanto a loro, urlando e tuffandosi in piscina sommergendoli con un uragano di schizzi.
«Louis!» sbottò Niall tirandosi indietro e portando con sé Eileen, che scoppiò a ridere mentre anche gli altri ragazzi lo seguivano correndo.
«Toglietevi di mezzo plebei!» urlò Harry per buttarsi esattamente sul suo amico, che finì giù insieme a lui.
«Che idioti», ridacchiò Liam seguendoli e tuffandosi con più delicatezza.
Eileen e Niall si scambiarono un’occhiata divertita, «Devo affogare Louis, scusami», annunciò Niall alzandosi in fretta e buttandosi sul suo amico che era appena riemerso ridendo e tossicchiando.
Zayn li raggiunse poco dopo, immergendosi in acqua con tutta la tranquillità del mondo, facendo sorridere Eileen, che li raggiunse osservandoli e non riuscendo a fare a meno di ridere, per come si divertivano e per come sembravano dei bambini felici mentre lottavano sott’acqua.
«Sei un idiota Nialler, stavi per uccidermi» urlò Louis, però ridendo e avventandosi su di lui.
«È guerra» dichiarò Liam trascinando giù Harry.
Di lì a qualche secondo il caos si impossessò della piscina, ed Eileen si ritrovò a ridere come non mai, vittima degli attacchi di quei cinque ragazzi così semplici e spontanei.
All’improvviso Zayn sgusciò accanto a lei fino a portare il viso vicinissimo al suo, facendola congelare sul posto dalla sorpresa, mentre Niall e Louis rispettivamente sulle spalle di Liam e Harry, cercavano di buttarsi in acqua tra urla e imprecazioni.
«Lascia che ti renda felice, Eileen. Te lo meriti, e anche Niall», le bisbigliò all’orecchio poi si tirò indietro e le sorrise con quel suo sorriso enigmatico.
Eileen lo fissò basita per qualche secondo, poi il suo cuore si sciolse e le sue labbra si piegarono in un sorriso riconoscente.
Non aveva mai ascoltato i consigli altrui, forse perché prima non aveva mai avuto qualcuno che ne tirasse fuori di sani e facilmente perseguibili.
Ma sapeva, ne era certa, che quello lo avrebbe ascoltato.
E non perché glielo aveva detto Zayn, ma perché era quello che le urlava il suo cuore fin dalla prima volta che aveva incrociato quegli occhi azzurri.
Quegli occhi che avrebbe sempre guardato con amore, e in cui avrebbe sempre trovato la sua unica salvezza.
 

 

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