Tu non sei sola.

di Sarabi_ingonyama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime e pioggia ***
Capitolo 2: *** Bianco e nero, sole e luna ***
Capitolo 3: *** Sono qui con te ***
Capitolo 4: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 5: *** Vivere l'incubo ***
Capitolo 6: *** Dalle fiamme alla cenere ***
Capitolo 7: *** Vendetta (parte 1) ***
Capitolo 8: *** Vendetta (parte 2) ***
Capitolo 9: *** Salvati e sopravvivi ***
Capitolo 10: *** Nessuno è mai pronto ***
Capitolo 11: *** L'erede (parte 1) ***
Capitolo 12: *** L'erede (parte 2) ***
Capitolo 13: *** Le ferite si riaprono ***
Capitolo 14: *** La caccia ***
Capitolo 15: *** False speranze (parte 1) ***
Capitolo 16: *** False speranze (parte 2) ***
Capitolo 17: *** Cicatrici (parte 1) ***
Capitolo 18: *** Cicatrici (parte 2) ***
Capitolo 19: *** In tre si è in compagnia ***
Capitolo 20: *** La strada ***
Capitolo 21: *** Guardati indietro ***



Capitolo 1
*** Lacrime e pioggia ***


Ehi, mondo! Lo so, sono nuova e quindi probabilmente non frega niente a nessuno di questa FF, ma per chi è appassionato del Re Leone, allora forse potrebbe anche interessare una storia sul passato della ex-regina delle Terre del Branco, Sarabi.
Per chi vuole leggere...buona lettura (e mi raccomando, fatemi sapere quello che pensate!! XD)


CAPITOLO 1 LACRIME E PIOGGIA

La savana era calma, il sole era già alto nel cielo da un po' di ore e gli animali si erano tutti riparati al fresco, lontano dai raggi cocenti.
Tutto era immerso nella pace più totale.
All'improvviso, un ruggito sferzò l'aria.
Lontano dalle Terre del Branco, una leonessa cercava di partorire i suoi
cuccioli, ma il parto si era rivelato più ostico del previsto.
Finalmente, dopo alcune ore, la grotta dove si trovava si riempì di teneri gemiti. La leonessa si girò ad ammirare le sue bellissime creature: non era mai stata così orgogliosa si sé.
-Secondo te a Erevu piaceranno?- chiese preoccupata ad Habari, sua sorella, che le stava accanto.
-Se gli piaceranno? Secondo me li adorerà- rispose l'ultima con un sorriso. -vado ad avvisare il caro cognatino, sennò andrà nel panico come al solito...- la frase, accompagnata da un finto sguardo esasperato suscitò una risata generale da parte del gruppo di leonesse che le stavano vicine.
-Allora corri!- disse infine la neo-mamma.
Habari uscì dalla gotta e sparì dalla visuale della sorella, che prese a coccolare i suoi dolci bebè.

Poco lontano, Erevu tirava feroci zampate ad un ceppo d'albero, cercando di scaricare la tensione accumulata durante quelle ore. A lui erano parse eterne, ma in verità quando la sua compagna aveva iniziato il travaglio il sole era già sorto da alcune ore:
-è dentro la grotta da troppo tempo- pensò, passeggiando nervosamente sull'erba fresca. Sorrise nel vedere che il sentiero su cui passeggiava era molto più
segnato di prima- se Elanna non è ancora venuta fuori, allora qualcosa può essere andato storto. Sicuramente qualcosa è andato storto magari ha avuto delle complicazioni e ...
ODDIO basta!! Devo smetterla di pensare negativo! Se qualcosa fosse andato storto Habari sarebbe già corsa a chiamarmi. O no?-
Il feroce turbinio di pensieri di Erevu fu interrotto dall'arrivo di Habari, una leonessa molto simile all'amata, ma più grande di corporatura e dal pelo più chiaro:
-Erevu!-Esclamò quest'ultima .
Il leone notò l'espressione pensierosa della femmina e cominciò seriamente a preoccuparsi:
-Come procede il parto? Dimmi, Elanna sta bene, vero? è andato tutto liscio, vero?-
chiese il leone pieno d'ansia.
Habari ridacchiò dolcemente:
-No, no, sta tranquillo! Mia sorella ha solo avuto un po' di problemi alla fine, ma è andato tutto bene.-
Il sorriso rassicurante di Habari rilassò all'istante tutti il povero Re delle Terre dell' Ovest, che tirò un sospiro di sollievo.
-Posso vederla?-
-Certo! Seguimi.-
All'interno della grotta si trovava quasi mezzo branco, tutto raccolto attorno ad una leonessa dal manto nero, una rarità fra i leoni, che teneva fra le zampe due piccoli fagotti, uno molto simile alla madre, con il pelo scuro come la notte stelle e due enormi occhi azzurri ghiaccio (sicuramente ereditati dal padre) e uno più simile al capobranco, con la stessa sfumatura sabbia/ beige del mantello e lo sguardo identico alla madre.
Erevu diede una leccata al muso della compagna, incantandosi a fissare gli occhi ambrati screziati di miele di lei. Effettivamente, Elanna assomigliava forse più ad una pantera che ad un leone vero e proprio, ma il suo carattere era dolce, benevolo e allo stesso tempo forte e determinato. Una vera belva della savana.
-Sono bellissimi!- disse affettuosamente dopo un po', spostando lo sguardo sulle due
creature che si rannicchiavano addosso al corpo della madre in cerca di calore.
-Lo so- rispose ridacchiando Elanna , facendo le fusa al compagno.
-Sono due femminucce, come intendi chiamarle?- chiese infine.
-Mmh...quella scura...Usiku.-
-"Notte"...mi piace! E quella più chiara?-
-Potrebbe andare bene..Sarabi? Significa "Miraggio"- spiegò Erevu.
-Sarabi è perfetto.- sorrise Elanna.
Nessuno dei due si era mai sentito meglio; erano finalmente una vera famiglia. Nonostante lo sciamano di quelle terre, Tumbili, avesse preannunciato
un parto difficile. Per fortuna delle due cucciole, le cose erano andate per il meglio.
A dir la verità c'era un pensiero che turbava Elanna, ma non diede a vedere la sua
preoccupazione al compagno. Si riferiva al forte dolore nel basso ventre avvertito durante il parto. Fortunatamente, i fatti erano andati per il meglio e i due nuovi genitori erano più orgogliosi che mai.
Tutto sembrava perfetto.
Sembrava.
Dopo meno di un'ora, Elanna si alzò e prese posto all'esterno accanto al compagno, che guardava l'orizzonte vagamente assonnato. La leonessa si sdraiò e riposò per un po'. Il sole era ormai allo zenit e grossi nuvoloni neri si dirigevano verso l'insenatura nella roccia dove il branco di Erevu aveva preso l'abitudine di sostare per lungo tempo.
-Uff...sta arrivando la pioggia...- esclamò annoiato Erevu alla leonessa- sarà meglio rientrare.-
Il leone si alzò e si diresse verso la grotta, facendo segno di rifugiarsi ad Elanna, che ricambiò con il suo solito, splendido sorriso.
Chiamò a sé Usiku e Sarabi, diede loro una leccata al pelo e fece per alzarsi.
Ma qualcosa non riuscì.
Appena si sollevò, Elanna avvertì un fortissimo dolore nel basso ventre, come se un animale di grosse dimensioni l'avesse travolta e fatta ricadere sulla dura roccia.
La leonessa gemette di dolore e ricadde pesantemente a terra con un suono di animale abbattuto.
[Ma cosa mi succede?! Doveva essere tutto apposto!] pensò lei, tentando di mantenere la calma.
-Amore, cosa c'è?- chiese preoccupato Erevu.
-Niente, niente. Stai tranquillo.- tentò di mentire la leonessa, ma un ruggito di dolore la tradì.
-Aiuto!-gridò Elanna in preda alle fitte.
-Aiuto! Qualcuno la aiuti!!!- urlò ancora più forte Erevu, attirando a sé tutte le leonesse del branco.
-Elanna!! Elanna!!- i ruggiti di paura del leone non riuscivano a prevalere su dei lamenti ancora più forti e sconsolati, lamenti che fecero davvero tremare il cuore al capobranco.
Era dentro la grotta da parecchio tempo e il suo dolore pareva solo aumentare. Habari e le altre leonesse avevano tentato in tutti i modi di aiutarla, ma nessuno di questi pareva avere effetto.
-Chiamatemi Erevu!- disse all'improvviso Elanna, dopo che una fitta devastante l'aveva davvero distrutta- Devo almeno salutarlo.-
Una lacrima cadde sulla roccia.

Erevu aspettava fuori da davvero, davvero troppo tempo.
Uscì dalla caverna Habari, che annunciò al giovane leone il messaggio di Elanna invitandolo ad entrare. Nonostante la leonessa avesse cercato di non darlo a vedere, si poteva facilmente capire che aveva pianto, e anche molto. Erevu, tentando di non cadere in preda al panico, seguì Habari fin dentro il riparo, dove Elanna giaceva ansimante in un angolo.
Appena la vide corse a consolarla:
-Tranquilla, andrà tutto bene, vedrai, si risolverà tutto-
Ma Elanna non era stupida. Ed Erevu questo lo sapeva. Sapevano entrambi che lei era troppo debole per sopravvivere. Uno sguardo disse tutto. Uno sguardo carico d'amore e di infinita tristezza. Un'amore appena cominciato e già finito e una tristezza appena iniziata ma senza fine.
Cominciò a piovere.
-Portami qui Usiki e Sarabi- sussurrò Elanna.
Erevu ubbidì e pose le cucciole addormentate davanti alla moglie.
-Crescete forti e sane, cucciole mie, diventate grandi e belle e rendete
 orgogliose vostro padre. Fatelo per me, okay?- disse d'un fiato.
Poi cominciò a cantare una ninna nanna triste e malinconica, la stessa che cantava a lei sua madre quando era cucciola. Una dolce melodia.
Giunta all'ultimo verso, Elanna appoggiò il capo sulla roccia su cui era sdraiata e chiuse gli occhi.
Silenziosa come una goccia di pioggia che cade dal cielo, Elanna se ne andò.
Silenzioso come la lacrima che cadde sul terreno dai suoi occhi, Erevu rimase nel dolore.

ANGOLINO AUTRICE
Ecco qui, questo è, come già detto prima, un prologo alla storia vera e propria...comunque penso che la morte di Elanna faccia più male a me che a voi :(
La mia mente malata ci ha messo un qualcosa tipo un'eternità per partorire questo pezzo, ma le morti successive (Ops! Spoiler...) saranno ben più crude, anche se non sempre mi soffermerò sui fatti.
Buona serata a tutti :)

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Capitolo 2
*** Bianco e nero, sole e luna ***


CAPITOLO 2 BIANCO E NERO, SOLE E LUNA

 

Sarabi sedeva vicino all'uscita della grotta, tutta intenta a leccarsi il pelo, il muso e le zampe.

Era diventata davvero una bellissima leonessa, doveva ammetterlo. L'età dell'adolescenza era quella in cui le leonesse sbocciavano in bellezza e davano io meglio di sè. Molti maschi dei branchi vicini le facevano la corte, trascorrendo con lei gran parte del tempo libero.

A lei quei leoncini vanitosi davano proprio sui nervi; l'unico cucciolo della sua età con cui avesse mai giocato era Hasidi, un leoncino scaltro, dal pelo nocciola e gli occhi gialli come il sole. Forse, da cucciola, se ne era anche un po' innamorata, ma , pensò Sarabi, era ancora piccola, piccola e ingenua...

Ricordava quel giorno, l'ultimo giorno in cui l'aveva visto: Hasidi era passato dalla parte sbagliata del mondo molto tempo prima.

Da quando conobbe Zira, una leoncina esiliata crudele e feroce ma molto persuasiva e macchinatrice, Hasidi cambiò atteggiamento: divenne irascibile, scontroso, poco disposto a collaborare col resto del branco. Zira gli aveva riempito il cuore di odio, incitandolo ad uccidere sia lei che sua sorella.

Quel giorno, quando Hasidi lasciò le terre di suo padre per seguire Zira, Sarabi rischiò davvero di scoppiare in lacrime. Solo la presenza dell'intero branco riuscì a convincere la leoncina a non piangere. Non ancora, almeno.

Francamente, però, non le interessava trovarsi un compagno, almeno per il momento.

Una bella criniera non bastava per attirare l'attenzione della leonessa dorata, i cui occhi assomigliavano terribilmente a quelli della madre...

Già, sua madre...

A Sarabi faceva sempre venire molta malinconia la sua immagine, soprattutto dopo che il padre le lasciò per raggiungere la sua amata Elanna fra le stelle del cielo.

Erevu cedette pochi mesi dopo la loro nascita.

Il suo cuore era troppo ferito per poter guarire.

A volte, la leonessa sperava di vedere entrambi i genitori in cielo, guardando le stelle, pregandole di proteggere lei e sua sorella da tutti i pericoli e di preservare la pace in quelle terre.

Ogni sera la leonessa usciva a pregare, tornando sempre più sconfitta e delusa: Le stelle non le avevano mai risposto.

Mai.

Gli amari pensieri di Sarabi furono interrotti da un lieve fruscio, proveniente da una macchia di erba alta poco distante. Un sorriso si fece strada inconsapevolmente della leonessa, che continuò a fare finta di nulla:

-Ta- daaa! Ecco a voi la legittima erede al trono delle Terre dell'Ovest, dallo sguardo fiero...e il passo pesante.-

-Lo so... non sono mai stata brava nella caccia.- rispose Usiku ridendo, uscendo dal suo nascondiglio improvvisato.

La leonessa nera era ancora più bella di Sarabi: il pelo, nero come la notte, risplendeva sotto la luce del potente sole di mezzogiorno. I suoi movimenti aggraziati e la voce dolce come il miele la rendevano estremamente affascinante. Ma ciò che colpiva di più erano i suoi enormi, lucenti occhi azzurri chiarissimi, che trafiggevano l'anima di chiunque li guardasse come fredde lame di ghiaccio, pur essendo il suo sguardo allo stesso tempo molto tenero.

[è davvero stupenda] pensò Sarabi [ molto, molto bella].

Sarabi non era mai stata invidiosa della sorella, ma dovette ammettere che le sarebbe piaciuto assomigliare almeno un poco a lei, più socievole e amata dal popolo, che la riteneva un'ottima futura sovrana. Stimava davvero moltissimo Usiku, ma non era interessata né al trono, né alle attenzioni degli altri membri del branco.

Sarabi passava la maggior parte della giornate a caccia o a gironzolare per la savana da sola, oppure in casi eccezionali, con Usiku. Nessun leone, a parte lei, riusciva davvero a capirla.

Non aveva mai capito perchè gli altri cuccioli la prendessero in giro... fatto sta, che Sarabi, non avendo nessuno su cui poter fare affidamento, faceva tutto da sè, creando attorno a lei una sorta di alone misterioso che la precedeva ovunque andasse. Era così poco abituata a stare col branco, che ormai nessuno la voleva come amica. A parte Usiku, s'intende.

-Vieni a farti una passeggiata?- una voce interruppe il monologo interiore di Sarabi

-C-cosa?- chiese quest'ultima, ancora persa nei suoi pensieri.

Usiku ridacchiò sotto i baffi.

-Sempre con la testa fra le nuvole, eh?-

-Forse...-

Le due leonesse si guardarono e risero ciascuna dentro di sé, apprezzando quei momenti di pace fraterna. Insieme, presero la strada verso un posto che ritenevano "loro". Si trattava di un burrone scosceso ed isolato, dove una volta sul fondo scorreva un fiume impetuoso, ormai prosciugato dal sole torrido della savana. Sarabi era piuttosto irrequieta, aveva come la sensazione di...no, si stava sbagliando. Forse il caldo le giocava brutti scherzi.

Si mise a giocare con la sorella, che non riusciva a tenerle testa nella lotta, ma era comunque divertente provarci Nessuna delle due si accorse degli occhi gialli che le fissavano.

Due occhi gialli come il sole ardente, ardente come il desiderio di vendetta.

 

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Capitolo 3
*** Sono qui con te ***


CAPITOLO 3      SONO QUI CON TE
-Giochiamo di nuovo?-
-Ancora?? Non sei stanca?-
-Io no! Tu?-
-Certo che no!-
-Allora attacca!-
Sarabi non se lo fece ripetere due volte: tese i muscoli, regolò il respiro, ritrasse gli artigli e con uno scatto felino guizzò sopra la sorella, sbattendola a terra sonoramente.
-Ho vinto!...-
-Non è vero! Non ancora!-
Usiku si dimenò sotto il leggero, ma pur sempre da non sottovalutare, peso di Sarabi. 
Tutto inutile, ogni sforzo era assolutamente vano. La sorella passava un sacco di tempo da sola a cacciare e avrebbe potuto benissimo abbattere uno gnu con il solo aiuto della sua esperienza. In confronto, lei era un topolino fra le zampe del gatto.
Si agitò ancora una volta nella speranza di liberarsi dalla sua presa. Niente. Usiku alzò gli occhi al cielo:
-Allora?- chiese la leonessa dorata alla sorella, una strana luce lievemente soddisfatta accesa nei suoi occhi ambrati, penetranti eppure impenetrabili.
-Uff...e va bene: mi arrendo! Contenta?- sbuffò la leonessa più grande.
Sarabi si tolse da sopra la sorella, pur tenendola sott'occhio:
-Oh si, molto...- rispose divertita.
-Voglio la rivincita!-
-No, Usiku, adesso basta.-
-Dai!- chiese pietosamente la leonessa nera.
-No.-
-Forza!-
-Usiku...-
-Coraggio!-
-Ho detto no!!- Sarabi era davvero scocciata –forza, torniamo a casa.
Detto questo, la leonessa cominciò ad avviarsi sul sentiero del ritorno.
-Hai solo paura- sussurrò Usiku, nella speranza di non farsi sentire.
Purtroppo, non le andò bene.
Sarabi si fermò di scatto.
Non poteva averlo detto. 
Non lei.
Il suo unico punto di sostegno, la sua unica amica, la sola che avesse mai avuto.
Ora, distruggeva tutta la parete che Sarabi aveva costruito attorno a sé per non mostrarsi debole, una leonessa senza valore.
Una leonessa senza amici.
Quelle parole l'avevano davvero ferita.
 -Io. Non. Ho. PAURA!- l' urlo della leonessa fece alzare in volo uno stormo di marabù che sostava nelle vicinanze- Io non ho paura! Siete voi, il branco, che avete paura di me!! per voi non sono altro che un mostro, la parte peggiore della dinastia! L'anello debole della catena! Ho mai fatto male a qualcuno? No! Eppure tutti mi temono, nonostante la mia presenza sia essenziale per a caccia: senza di me non riuscireste a braccare nemmeno un avvoltoio in punto di morte!
La leonessa era furibonda: i suoi occhi rossi come il fuoco trattenevano a stento le lacrime:
-Sta calma, Sarabi. Non intendevo dire questo...- 
Usiku aveva già assistito a questi sfoghi di rabbia della sorella.
Sarabi non era cattiva, anzi: era una delle leonesse più meritevoli di fiducia, dolci e apprensive che conoscesse. 
Ma nessuna leonessa aveva mai voluto esserle amica. Usiku non ne aveva mai capito il motivo.
 Il fatto di non avere amici, l'assenza di una madre e di un padre che l'amassero, la mancanza di affetto durante la sua infanzia l'avevano resa estremamente incline a sfoghi di rabbia, a volte anche eccessivi. 
Ma nonostante tutto si controllava. Non aveva mai fatto male a nessuno.

Era solamente sola.
Tanto sola. 

Sei mesi prima:
-Kama, andiamo a trovare Sarabi?- la leoncina nera guizzava di qua e di là, cercando di afferrare una mosca che le ronzava attorno.
-Sarabi? Ma sai che non vuole essere disturbata...-rispose l'amica, trattendo la sua preoccupazione.
Usiku notò una leggera incrinatura nella sua voce.
-Dai, è sempre tanto sola! Magari non starebbe sempre così isolata da noi se la invitassimo a giocare!-
Kama era perplessa:
-Ma sta sempre per conto suo, a ruggire e tirare agguati alle lucertole. Alla sua età non è troppo piccola per cacciare?-
-Sì, ma non ha altri passatempi...allora, vieni?-
-No, no grazie...- rispose Kama- magari un'altra volta!.-
La leoncina si girò e corse verso al sua grotta.
-Fifona!- le urlò dietro Usiku piuttosto arrabbiata.
La cucciola si diresse allora verso l'insenatura in cui sua sorella trascorreva la maggior parte della giornata.
Era un posto umido, freddo e piuttosto buio; faceva paura a tutti i cuccioli del branco, che non osavano avvicinarsi.
Appena entrata, Usiku ebbe un brivido lungo la schiena. Freddo? Paura? Non lo sapeva neanche lei...
La cosa che colpì subito la leoncina erano i lamenti soffocati che provenivano dal fondo della grotta; lamenti che appartenevano ad una cucciola molto piccola. Erano carichi di tristezza che la voce acuta da giovane leonessa enfatizzava ancora di più.
Usiku si avvicinò rattenedo il respiro e facendo attenzione a non fare rumore. Sapeva perchè piangeva: voleva avere anche lei delle amiche con cui giocare, qualcuno che le volesse bene...
Spesso Usiku sentiva Sarabi lamentarsi nel sonno, piangere e gridare -perchè non mi volete?! Perchè?!- 
Allora lei si alzava e andava a consolarla, spesso senza riuscirci. 
Inciampò su un sassolino, che rimbalzò e l'eco risonò per tutta la grotta. Non era mai stata brava come Sarabi in quelle cose.
-Chi va la?- chiese la piccola Sarabi, tirando su col naso e asciugandosi le lacrime.
-Scusa se ti ho spaventato- disse Usiku -non ne avevo intenzione...-
-Non mi hai spaventato- rispose la leonessa, più determinata che mai. Non riusciva però a non far tremare la voce -io non ho paura!-
-Lo so, Sarabi. Lo so...-

-Sarabi...-
-Cosa c'è, adesso?! Vuoi continuare a prendermi in giro??-
Sarabi dava le spalle alla sorella, ma Usiku riuscì comunque a vedere le sue lacrime rigarle il volto e cadere a terra senza pietà.
Non faceva vedere mai a nessuno se piangeva. Non serviva a nulla, per cui perchè mostrarsi debole?...
Le lacrime continuavano a scendere.

-Io ti sentivo- disse Usiku.
-Cosa?- cheise Sarabi.
-Io ti sentivo.-ripetè
-Ti sentivo piangere da sola nella grotta ogni volta che chi credevi amico ti mentiva.-
-No.-
-Ti sentivo gridare e ruggire quando eri in solitario nella savana e le altre leonesse ti  
evitavano.-
-No!-
-Ti sentivo gemire di notte quando i leoncini ti prendevano in giro.-
-NO!- il pianto di Sarabi era irrefrenabile, perchè non era la tristezza che faceva scendere le lacrime. Era la rabbia. 
-Sì, Sarabi. - disse tranquilla Usiku, sorridendo- Io ti sentivo perchè ero lì con te, sono sempre stata qui con te. E sono qui anche adesso, per cui girati e guardami mentre ti parlo!-
La leonessa dorata si girò e fissò la sorella negli occhi, quegli splendidi occhi azzurri.
-Tu non sei sola, Sarabi.- le disse determinata la sorella.
-Tu non sei sola.-

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Capitolo 4
*** Vecchie conoscenze ***


CAPITOLO 4 VECCHIE CONOSCENZE

L'abbraccio fra Usiku e Sarabi durò ben poco, ma fu carico di emozioni come nessun abbraccio era mai stato. Sarabi stringeva a sé la sorella fortissimo, quasi a compensare tutti gli anni, i mesi, i giorni e le ore in cui si era sentita odiata e disprezzata.

Le lacrime calde della leonessa dorata bagnavano le spalle della sorella maggiore, che ricambiava l'abbraccio con altrettanta generosità.

[Devo averle fatto prendere un bel po' di paura] pensò Sarabi [quando mi sono girata di scatto, saltandole addosso. Chissà cosa avrà pensato] un dolce sorriso si fece strada sul volto della leonessa.

-Non ti farei mai del male- disse ad alta voce, rivolgendosi alla sorella.

-Ah no? E io che pensavo...- Usiku le lanciò un'occhiata divertita, che venne subito ricambiata.

-Forza, torniamo a casa- disse infine Sarabi -si sta facendo tardi...zia Habari sarà preoccupata-

-Hai ragione...-

Entrambe le leonesse si voltarono per prendere la via di casa, ma Sarabi si fermò per un attimo:

-Senti Usiku...-

-sì?-

-Volevo solo dirti...grazie- disse quest'ultima parola con un sussurro.

Un po' si vergognava a dire davvero una cosa del genere,ma in fondo...era sua sorella. E lei non meritava di essere trattata male. Neanche gli altri in verità.

Sarabi avrebbe voluto chiedere perdono al branco riguardo il suo comportamento verso di loro; avrebbe cominciato a socializzare con le altre leonesse, a ridere e a scherzare come aveva visto fare a Usiku nel corso dei mesi, a farsi addirittura...degli amici?

Usiku si voltò verso di lei e le sorrise dolcemente, quasi fosse lei a dover chiedere grazie.

Ma di colpo la leonessa scura si bloccò.

-Usiku, ma che cosa...- chiese interdetta Sarabi.

Le sue parole furono troncate a metà dall'arrivo di un odore improvviso che credevano entrambe di aver dimenticato in un passato ritenuto da tutti remoto.

[No...non può essere] pensarono quasi all'unisono.

Ogni loro dubbio o incertezza furono sciolti dalla sagoma che uscì dal cespuglio lì accanto: un leone adulto al massimo della potenza si imponeva con tutta la sua statura davanti alla coppia di leonesse, che non vedevano altro che il compagno d'infanzia.

La pelliccia color nocciola sembrava più scura per via della luce del vespro, ma era ugualmente inconfondibile, così come il colore egli occhi dorati, che apparivano ancora più brillanti. Uno strano luccichio inquietante si nacondeva dietro il suo sguardo falsamente benevolo, ma nessuno lo vide.

Per loro era lo stesso di sempre.

Per loro, era solo Hasidi.

 

-Buongiorno rag...ehi!! Che fai?!-

Il saluto di Hasidi fu interrotto bruscamente da una palla di pelo nera che lo travolse come una furia, comiciando a parlare così velocemente che gli altri due due leoni si chiesero dove trovava i tempo di respirare.

-Hasidiiiii!!! Cosa ci fai qui? Dov'è Zira? Perchè sei tornato? Oh, non importa il perchè, importa solo che tu sia qui! Non sai neppuer quanto sono felice di rivederti, credevamo ti fossi fatto una famiglia, una vita, un branco! Ma guarda un po' come sei cresciuto!....-

Usiku assalì il leone con così tante domande da fargli venire il voltastomaco.

Il leone ebbe l'istinto di graffiarle il muso con gli artigli, ma avrebbe solo peggiorato la situazione.

Fece buon viso a cattivo gioco:

-Ciao Usiku! Come sei diventata grande! E sei anche meravigliosa! Allora i miei ricordi non mentono...- il leone le fece l'occhiolino.

Il risultato fu la spettacolare visione di un leone nero a chiazze rosse.

Sarabi dovette fare appello a tutta la sua dignità per non scoppiare a ridere come una iena: riuscì a reprimere il suo attacco di allegria e si limitò ad una risatina sotto i baffi.

-Ciao anche a te Sarabi...- disse il leone, fingendosi offeso.

La leonessa rispose sorridendo -Bentornato!-

 

1 ora dopo

-Dobbiamo affrettarci! Ormai è buio!-eclamò sorpresa Usiku.

Era proprio vero: le ombre erano scese velocemente e avevano avvolto tutta la pianura, segnalando l'inizio della notte.

-Come faremo ora?...non troveremo la via di casa con questo buio!- riprese spaventata.

-Tranquilla, Usiku!- la interruppe Hasidi -Io conosco un posticino proprio carino dove potremmo trascorrere la notte lì. Vi andrebbe?-

-Oh sì, certo! Molto volentieri!- esclamò entusiasta la principessa delle Terre dell'Ovest, saltellando qua e là come un leprotto -Se vuoi mostrarci la strada...-lo invitò con la zampa.

Hasidi prese un sentiero che portava all'interno di una fitta macchia di vegetazione rigogliosa, Sarabi lo guardò allontanarsi e mischiarsi col buio della notte; poi si avvicinò alla sorella.

-Usiku..Usiku, dove sei??- chiese sussurrando la leonessa.

-Eccomi! Non mi vedi per caso?-

-Certo che ti vedo! Mica sono cieca...-

Sarabi si girò e prese uno spavento vedendo solo gli occhi della sorella fluttare nella notte, mentre il resto del corpo si mimetizzava perfettamente con il nero che la circondava.

[Ammetto, fa un po' paura questa cosa...] disse fra sé e sé.

-Tu credi che ci sia da fidarci di lui? Di Hasidi, dico...- continuò.

-Ma cosa dici, Sarabi?- le rispose quasi offesa Usiku -certo che possiamo fidarci! In fondo non ci ha mai fatto del male!

[C'è sempre una prima volta] pensò tristemente Sarabi.

-Sai, Zira è Hasidi hanno litigato, poco tempo fa..- fece una pausa – Lei lo ha lasciato...-

-Quando te lo ha detto?-

-Prima, mentre chiaccheravamo- rispose quest'ultima.

-Ma...ma si rende conto di quantecose ha fatto lui per farla felice?! E poi Zira lo lascia così?- Sarabi era molto arrabbiata e anche un po' disorientata, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a capirne il perchè -Soprattutto quando lui ha cercato di...di...-

-Lo so, Sarabi, ma ora è cambiato, stanne certa! In fondo, anche lui merita una seconda possibilità, no?- Usiku fece l'occhiolino allla leonessa color sabbia.

-Ehm...cosa intendi per "anche" lui?- un sorrisetto furbo invase il volto di Sarabi.

-Nulla, nulla...- disse Usiku con finta malizia.

-Ehi, voi laggiù! Mi raggiungete?- il ruggito lontano di Hasidi richiamò l'attenzione delle due cacciatrici.

-Arriviamo!-

Come una sola leonessa, le due sorelle scattarono all'unisono verso l'amico.

Ora che era vicino a lui, Sarabi poteva vedere perfettamente il corpo di Hasidi: atletico, muscoloso e...gonfio?

-Perchè hai delle punture di calabrone?- gli domandò perplessa, notando i rigonfiamenti sulla spalla dell'amico.

-Oh, questi?- rispose lui indicando le punture -non sono niente...me le sono fatte arrivando qui.-

-Mi dispiace...sei fortunato ad averne prese solo una o due; più di cinque punture e cadevi a terra morto stecchito- puntualizzò ironicamente Sarabi.

[Allora dovrò sbrigarmi a sparire, sennò ci rimango secco anch'io...] riflettè Hasidi.

Vedendo che non rispondeva alla provocazione, la leonessa gli diede un colpetto sul muso.

-Ehi! Ma che fai?-

-Niente. Vedevo se eri sveglio.- rispose maliziosamente lei.

 

-Eccoci, siamo arrivati!- esclamò dopo mezz'ora di cammino il leone.

-Finalmente! E per fortuna che era vicino...- sussurrò Usiku alla sorella, che rispose con una risatina soffocata.

-Ecco, voi potete dormire qui.- disse Hasidi, indicando le radici di un alberello, la cui sagoma si perdeva nell'oscurità.- io riposerò più distante. Sai, non sono ancora abituato a dormire senza...- sospirò. Si fece i complimenti da solo per la sua ottima interpretazione da povero leone dal cuore spezzato e con un po' di sforzo riuscì anche a farsi venire le lacrime agli occhi.

-Oh, non piangere...andrà tutto bene, vedrai!- lo consolò Usiku.

Sarabi, nel suo cuore, continuava a dubitare del leone e della sua improvvisa apparizione, ma se Usiku si fidava di lui, perchè non doveva cominciare a farlo anche lei? In fondo, doveva cominciare da qualcuno...

-Buonanotte Usiku- la voce di Hasidi era più dolce del solito -buonanotte Sarabi.

Poi si girò e se andò verso un altro albero poco distante.

-Buonanotte!- rispose la leonessa nera arrossendo, sperando di non essere vista dalla sorella.

-Buonanotte...-

Sarabi si sdraiò ai piedi dell'esile pianta mentre Usiku si addormentò poco più in là.

-Mamma, papà, vegliate su di me e su di Usiku- ripetè come ogni sera -fate che le terre del nostro branco siano sempre ricche di prede e fate che le Terre dell'Ovest tornino allo splendore di un tempo. Buonanotte.- Le stelle non diedero segno di vita.

Sarabi si girò dall'altra parte un po' scocciata e cominciò sentirsi davvero, davvero stanca.

Prima di chiudere gli occhi, vide un calabrone posarsi sul suo naso. Scacciato con un goffo movimento della zampa, l'insetto se ne andò infastidito e la leonessa potè finalmente dormire, sotto lo sguardo attento di Erevu ed Elanna, che da lassù guardavano tristi le due figlie riposare, sapendo cosa sarebbe successo poco dopo...

 

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Capitolo 5
*** Vivere l'incubo ***


CAPITOLO 5 VIVERE L'INCUBO

-No! Lasciatemi in pace! Non vi ho fatto niente!-
-Vi, prego, smettetela! Perchè mi prendete in giro? Basta!-
La piccola Sarabi piangeva in silenzio rannicchiata su sé stessa. Le lacrime le bagnavano tutta la pelliccia dorata, che ormai ne era intrisa; gli occhi purpurei lucidi e gonfi dal troppo piangere mandavano sguardi supplichevoli a tutti i cuccioli che formavano un piccolo cerchio attorno a lei .
Ogni leone sghignazzava freneticamente e indicava Sarabi con gesti sprezzanti, carichi di odio e cattiveria allo stato più puro.
-Piangi per mammina e paparino, piccola? Oh, poverina... neppure loro la volevano!-
-è così bruttina! Guardate Usiku: che splendore!-
-Sei proprio una fifona!-
-Ahahaha!-
Ad ogni malefico e acidissimo commento il volume delle risate aumentava a dismisura, così come quello degli insulti, che alla fine diventarono insopportabili per qualsiasi creatura.
Chiusa nel suo angolino, Sarabi si tappava le orecchie con le zampe facendo finta di non sentire, provando a non sentire.
Poi due occhi ambrati identici ai suoi cominciarono a fissarla, seguiti da un'altro paio color del mare in tempesta.
-Mamma?- chiese con una vocina tremante.
La figura della madre la guardò con occhi pieni di vergogna e disprezzo, accompagnandoli ad un cenno arreso della testa, piegandola verso il basso e distogliendo lo sguardo atterrito dalla figlia.
Una voce potente parlò accanto alla leonessa scura.
-Sarabi...-
-P...papà?- rispose la piccola singhiozzando, non riuscendo a trattenere le lacrime che le solcavano il viso.
-Perché piangi? I leoni non piangono. Mai. Se piangi, allora non sei degna di essere considerata tale.- rispose il padre sovrastando la piccola con la sua statura. La sua voce era un miscuglio di delusione e amarezza.
Erevu si girò e accennò con la testa ad una bellissima leonessa nera, con gli occhi uguali ai suoi, di venire verso di loro.
La figura snella e agile balzò giù dalla roccia in cui si stava riposando e arrivò di corsa dal padre, che l'accolse con un affettuoso abbraccio.
-Vedi? Tua sorella Usiku non piange mai! Lei – e detto questo indicò sua figlia maggiore- è davvero degna di essere la mia erede.- fece una pausa.
-Di essere una regina!-
Poi Erevu diede le spalle alla piccola e fece per allontanarsi.
-Papà! Papàà! Non lasciarmi da sola! Torna da me!- lo supplicò Sarabi, non riuscendo a far smettere alle lacrime di rigarle inequivocabilmente il musetto. I singhiozzi erano inarrestabili, ora.
Il leone, sentendo le grida della figlia, si girò scocciato per un'attimo verso di lei.
-Ho fatto bene a scegliere lei. Tu non sei neanche la metà di quello che tua sorella è.-
Detto questo, Erevu, Elanna e Usiku corsero via e in un attimo scomparvero, lasciando Sarabi da sola a piangere tutto il suo dolore nel suo angolino di caverna.
Il cuore della leoncina era spezzato in così tante parti che le stelle nel cielo sembravano poche in confronto. Voleva spiegazioni, voleva chiarimenti, voleva avere la sua famiglia lì accanto per consolarla. Ma loro non c'erano. Loro se ne erano andati, lasciandola da sola a farsi delle domande a cui nessuno avrebbe dato risposta.
-Papàà!!!-

Usiku fu svegliata di soprassalto da alcuni rumori spaventosi. I suoi occhi azzurri si mossero istintivamente verso Sarabi pieni di paura. Con uno scatto balzò in piedi e si avvicinò alla sorella, che dormendo faceva oscillare pericolosamente l'alberello sotto cui giaceva.
La leonessa dorata stava bene, ma si agitava violentemente nel sonno, accompagnando i suoi movimenti a parole biascicate senza un'apparente logica.
Ma quello che preoccupava di più Usiku non era tanto ciò che diceva, ma il tono con cui lo esprimeva.
Sembrava che stesse vivendo l'inferno in quel mondo che lei non poteva raggiungere: i lamenti traboccanti di dolore e angoscia, gli spasmi provocati dal pianto facevano venire degli improvvisi brividi lungo la schiena della leonessa.
Ogni tanto, Usiku riusciva ad intercettare qualche parola sommessa.
-Lasciatemi...basta...- sussurrò nel sogno Sarabi.
[Dev'essere uno dei suoi soliti incubi] pensò affitta la sorella maggiore [ Ne fa davvero molti. Forse troppi...].
Poi tornò nel suo piccolo angolino e si lasciò andare di nuovo.

Qualche ora dopo, Usiku si svegliò nuovamente. Questa volta, a svegliarla, non furono i rumori dell'albero che scricchiolava. Erano le urla spaventate di Sarabi, che gridava come una bambina in preda ad un attacco di dolore.
Usiku non capiva: perchè Sarabi stava tanto male? Con il cuore in gola, si diresse a tutta velocità verso di lei, trovandola sdraiata sotto lo stesso albero, che vacillava pericolosamente spinto dai movimenti convulsi della sorella.
Sarabi era ancora addormentata, ma il sogno sembrava essersi fatto più violento; ora la leonessa più giovane era bagnata di sudore da cima a fondo e si rotolava per terra come in preda al delirio. Le lacrime che le scendevano dal volto erano più simili a goccie di limone che ad altro, da quanto le solcavano il viso.
Nel sonno, continuava ad agitarsi e ad urlare:
-Papaà! Mamma!... Usiku! Tornate indietro!...non lasciatemi da sola!-
Usiku si accostò alla sorella, che ora tremava. Nel tentativo di abbracciarla accostò la sua fronte a quella di Sarabi e la trovò pericolosamente calda.
Riconobbe immediatamente la malattia: nel loro branco veniva chiamata "homa ya kifo", ossia "febbre della morte". Pochi erano i leoni che soffrivano di quella rara malattia, ma ancora meno erano quelli che ne uscivano incolumi. Anzi, che ne uscivano e basta,
Da piccola, Usiku aveva visto spesso lo sciamano del branco tentare di curare i compagni che inspiegabilmente cadevano nelle grinfie di quella micidiale febbre e, sinceramente, ne aveva molta paura.
[Forse è meglio che vada a procurarmi un paio di foglie medicamentose, come quelle che usa Tumbili!] Per i malati, la scimmia usava un miscuglio di particolari piante che avrebbero dovuto abbassare la temperatura corporea.
Non sempre l'impacco dava i suoi effetti.
La leonessa scura si avviò all'interno della foresta ancora più buia di lei, ma la consapevolezza che la notte era quasi giunta al termine aiutava molto a combattere la paura.
Presa una manciata di quelle foglie, Usiku si avviò verso lo spiazzo che usavano come giaciglio.
Ciò che vide al suo ritorno la paralizzò all'istante: un grosso nido di calabroni oscillava pericolosamente sopra la testa di Sarabi, che, muovendosi violentemente, faceva ondeggiare ancora di più il mortale alveare. Le zampate tirava all'esile tronco non accennavano a diminuire, così come l'oscillare del nido e il ronzio dei calabroni infuriati, che avevano già punto la sorella più e più volte.
Usiku sapeva benissimo che anche il più forte fra i leoni avrebbe potuto fare nulla contro una decina di punture di quelli orribili insetti; sarebbe caduto in poco meno di un giorno, se la fortuna lo avesse assistito.
-Sarabi, smettila!- urlò disperata Usiku, ma Sarabi non riusciva a sentirla.
-Sarabi! Lo stai facendo cadere! Basta!- la leonessa nera era terrorizzata e ogni fibra del suo corpo tremava in preda al panico.
In tutta risposta, la sorella si agitò ancora nel sonno, dando un colpo secco al tronco dell'alberello.
Un sonoro scricchiolio di rami precedette la caduta dell'alveare sul corpo esanime di Sarabi.
Il nido di calabroni cadde a terra con uno schianto, sprigionando una tempesta di insetti infuriati che volarono da tutte le parti come schegge di vetro alla caduta di un bicchiere, distruggendo ogni cosa che sbarrava loro la strada. Fosse essa tronco, pianta o...leone.
La nube nera si avvinghiò su Sarabi, mordendola e pungendola con furia tremenda.

Lo so, non è un granché, ma nel prossimo capitolo arriva la parte più bella (cioè quella sanguinossssa!!)

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Capitolo 6
*** Dalle fiamme alla cenere ***


CAPITOLO 6 DALLE FIAMME ALLA CENERE

 

Sarabi si svegliò con un'improvviso dolore che si spargeva in tutto il corpo. Non riusciva a a capire cosa accadeva attorno a lei: le zampe erano incredibilmente pesanti, la vista debole, i sensi annebbiati e la testa le girava violentemente, facendole venire improvvisi attacchi di nausea.

L'unica cosa che riusciva a realizzare era il dolore e il soffocante ronzio di sottofondo che le sfondava le orecchie. Aghi appuntiti perforavano il mantello ormai madido di sudore, creando ancora più caos nella mente di Sarabi.

Spaventata, cercò di alzare una zampa per scappare a quell'inferno, ma ricadde miseramente a terra con un tonfo, incapace di rialzarsi.

[ma... cosa mi...succede...?] cercò di pensare, ma l'unica risposta alla sua domanda fu ancora più male.

Puntini neri sciamavano attorno a lei, oscurando quel poco che riusciva a vedere.

La sua mente stava per cedere e per ricadere nell'oblio dal quale non si sarebbe più risvegliata, quando un'urlo familiare giunse alla sua portata.

Anche se la lucidità della leonessa era scarsa, quelle grida le riportarono in circolo almeno un po' di buon senso.

-Usiku...- cercò di articolare Sarabi, ma le parole uscivano a difficoltà dalla sua bocca -Usiku!- questa volta il ruggito ebbe più successo e Sarabi si sentì decisamente meglio. Approfittando di quell'improvvisa scarica di adrenalina, la leonessa si alzò a fatica e uscì dalla massa nera che continuava a pungerla.

[ Devono avermi punto sette, otto volte...]. In verità, sapeva di averne ricevute ben di più, ma era troppo intenta a cercare la sorella per farci caso.

Appena fuori dallo sciame, Usiku lottava con gli insetti, tentando di cacciarli via inutilmente.

Le zampate che la leonessa tirava all'aria venivano schivate senza fatica dai calabroni, che l'avevano punta numerose volte.

Sarabi continuava a vacillare sulle zampe e restare in piedi era sempre più faticoso. Ormai tenere l'equilibrio era quasi impossibile.

Gemette ancora, piombò in un abisso nero e profondo, senza via d'uscita.

 

Le punture dei calabroni le facevano molto male, ma non si fermò di certo. Con le zampe tirava sferzate all'aria sperando di cacciare quelle insopportabili bestie.

A circa venti metri da lei, Sarabi si era accasciata al suolo priva di sensi e ora toccava a lei salvare la sorella da quell'inferno. Afferrò la leonessa dorata per la collottola e la trascinò fuori dal delirio di puntini neri che sciamavano attorno a loro.

La situazione era grave: doveva chiamare subito qualcuno.

Sarabi non si svegliava, non riprendeva conoscenza.

Ma non poteva essere morta, era troppo giovane per morire. Troppo in salute, troppo forte.

Usiku faceva appello a tutto il suo autocontrollo per non cadere in preda al panico più totale: a Sarabi questo non sarebbe certo servito, per cui cercò di calmarsi e si guardò attorno impaurita.

L'occhio le cadde ancora sulla sorella, ancora immobile fra le sue zampe scure. Non ne era sicura, ma il suo cuore pareva essersi fermato e la cosa più straziante per lei fu sapere che non poteva farci niente.

Era impossibile, non poteva abbandonarla!

Usiku piangeva a dirotto e le lacrime che avevano aspettato troppo tempo per cadere erano finalmente libere di scendere.

Un rumore distrasse per un momento la leonessa, che abbracciava il corpo di Sarabi più stretto possibile.

-Ma guarda guarda chi si rivede...-

Hasidi passeggiava tranquillamente verso Usiku, che aveva frenato il pianto davanti a lui.

-Hasidi! Meno male che sei qui! Aiutami, presto! Sarabi sta male e dobbiamo portarla via da qui: poco lontano c'è il nostro branco, sono sicura che...perché ridi?-

Infatti il leone aveva cominciato a ridere sommessamente e la sua espressione era carica di soddisfazione maligna.

-Ma come, non capisci? Povera Usiku, piccola ed ingenua come sempre...-

Usiku non riusciva a capire:

-Ma cosa dici, Hasidi? Perché ti comporti in questo modo? Così Sarabi morirà di certo!-

Hasidi sorrise:

-E secondo te qual'era il mio obbiettivo?-

-Hasidi...-Usiku si sentì morire le parole sulle labbra.

-Quel posticino appartato l'ho scoperto dopo molte ricerche. È difficile trovare un nido di calabroni, sai? Ma è stato ancora più difficile convincere Sarabi a fidarsi di me. Come siete stupide...

Queste- e indicò le punture sulla spalla -non me le sono fatte mica per piacere! Certo, tagliare gran parte dell'alveare per farlo cadere poi addosso a voi non è stato difficile, ma quelle bestie sono più feroci di quanto credessi...così mi hanno punto.

Ma ne è, valsa la pena. Un paio di punture...in cambio di un regno!-

Usiku era sbalordita. Le sembrava tutto un enorme scherzo. Enorme e orribile.

Hasidi si avvicinò alla leonessa lentamente. Quella calma, quell'innaturale silenzio erano terrificanti.

-Ti è andata bene, Usiku. O forse no...- riprese lui. Il leone cominciò a girarle attorno in una spirale sempre più stretta, rimanendo sempre in posizione d'attacco -Sei riuscita a scappare dalle grinfie dei calabroni. Strano, sei sempre stata quella più debole del gruppo, la "nullità"...- Hasidi tirò fuori gli artigli tanto velocemente da lasciare dei solchi nel terreno, poi li guardò a lungo, senza smettere di parlare. Usiku cominciò ad ansimare, sentì il cuore batterle impazzito nel petto e alla vista dei lunghi pugnali acuminati nelle zampe di Hasidi non riuscì a fare a meno di tremare .

-Ve lo avevo promesso, ricordi? Avevo giurato sulla mia stessa vita di vendicarmi per tutto ciò che tu e quella cretina di tua sorella mi avete fatto, quando siete andate a fare le spiette dal vostro adorato paparino...-

La leonessa sbattè con forza le zampe sul terreno: un po' per il disorientamento enorme che provava e un po' per cercare di reprimere quella rabbia primitiva e cieca che voleva abbattere su Hasidi come il lampo che colpisce la terra, scatenando il temporale.

-Ti ricordo che se sei stato esiliato...il merito è solo tuo!- ringhiò Usiku al leone.

-Ah, è così, vero? E di chi è la colpa, se non di chi non può difendersi?-

La lenta spirale di morte non si arrestava.

Ora le grandi zanne di Hasidi erano a meno di un metro dal muso della cacciatrice e il loro implicito messaggio di morte era chiaro come il sole.

-Bene, riferisci questo alla tua sporca e sudicia famigliola, quando la rincontrerai di nuovo all'inferno:

mi prenderò il tuo trono, il tuo branco, le tue terre, la tua casa! Ti toglierò tutto ciò che su questa bella terra ti è caro, lascerò che le tue leonesse muoiano di fame e di stenti, fino a che anche l'ultimo leone della stirpe dell'Ovest sarà morto, chiedendosi chi è il colpevole di questa follia! E sarà allora, quando lui sarà lì, morente, sporco di fango e del suo stesso mefitico sangue, che io gli dirò la verità che a tutti nasconderò per anni: IO HO UCCISO USIKU E SARABI!-

Una potentissima zampata scagliò Usiku ad alcuni metri di distanza, solcandole la guancia destra con tre profondi tagli, il muso imbrattato di una sostanza cremisi, bollente e appiccicosa. La leonessa riusciva a sentire il sapore del sangue scenderle caldo lungo la gola. Represse a fatica i conati di vomito.

Non ci fu il tempo di alzarsi per lei, che subito avvertì le zanne di Hasidi sprofondarle nel collo e penetrare nei muscoli tesi mentre gli artigli si infilzavano nella sua schiena, lasciando solchi profondi solchi su tutto il dorso.

Usiku urlò di dolore e cercò di alzarsi, ma Hasidi le balzò sopra e con le unghie cominciò a scavare nella carne del suo petto, assaporando con gusto ogni gemito che la femmina lanciava disperata sotto di sè.

Colpo dopo colpo, Hasidi si faceva sempre più strada fra le sue carni, avvicinandosi pericolosamente alle ossa e agli organi vitali di Usiku.

Approfittando dell'impetuosità del nemico, Usiku riuscì a squarciare il ventre del leone, che con ruggito folle si allontanò dalla sua preda, furibondo.

Purtroppo, la tregua non durò a lungo. Quasi immediatamente, Hasidi si lanciò di nuovo sull'avversaria, che sbattè violentemente la testa sul duro tronco di un albero solitario. Il colpo fu così forte da tramortirla per qualche secondo, ma questo bastò per farle perdere l'equilibrio e cadere a terra. Il leone si avventò su di lei con una furia travolgente, colpendola e graffiandola ripetutamente sul muso e sul collo, già pieni di piaghe.

Con un potente manrovescio, Hasidi scartò di lato la femmina e la immobilizzò a terra.

Dalle zanne colava sangue caldo come lava che ricadeva sul petto squarciato di Usiku, la stessa sostanza imbrattava anche gli artigli e assieme alla polvere e alla sabbia formavano una miscela scura e maleodorante.

-T-tu...tu non...s-sei un...a-a-assassino...-la zampa di Hasidi piantata nella gola le impediva di respirare.

Hasidi si allargò in un ghigno malefico, reso rosso dal sangue di Usiku che gli sporcava tutto il muso.

-Non vuoi ancora cedere, Usiku?- il leone alzò in aria una zampa, estrasse un lungo artiglio dall'aria micidiale e cominciò a farlo scorrere lentamente lungo la gola della sua vittima.

-Va, bene. Allora ci penso io...-

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Capitolo 7
*** Vendetta (parte 1) ***


CAPITOLO 7.1 VENDETTA

Hasidi si leccò le zampe, il sapore metallico del sangue gli scese lungo la gola, ma non gli diede fastidio, anzi, lo trovò estremamente piacevole.

In effetti, non sapeva cosa preferisse il quel momento: se il fatto che la sua vendetta contro Sarabi ed Usiku fosse andata esattamente come lui aveva organizzato oppure la consapevolezza di essere diventato Re. Finalmente.

In tutti quei mesi passati da vagabondo aveva dovuto abituarsi a sopravvivere come poteva e se il prezzo da pagare era la vita di qualcun altro, allora doveva essere riscattato, senza alcun indugio.

La vita da ramingo era dura, crudele, spietata, ma da tutto ciò Hasidi aveva imparato una cosa, che lui riteneva più che altro un principio di vita: mai chinare la testa, o qualcuno ti spezzerà il collo.

Con la criniera ancora imbrattata di sangue, il leone avanzò a passi veloci e decisi verso la foresta. Arrivato al confine della macchia di vegetazione, si fermò e si sdraiò all'ombra di un'acacia. Passarono alcuni minuti: l'alba era ormai vicina e Hasidi cominciò ad innervosirsi. Lei sapeva quanto lui non sopportasse l'attesa.

Finalmente, un rumore da dietro il cespuglio annunciò l'arrivo della presenza tanto attesa.

Una giovane e alquanto leonessa dagli occhi rosso fuoco sbucò da dietro l'arbusto e andò subito in direzione di Hasidi che, vedendola, si alzò di nuovo compiaciuto.

La cacciatrice cominciò a strusciarsi maliziosamente lungo il corpo del leone emettendo delle fusa sommesse che vennero ricambiate con ardore dal giovane capo branco.

-Ciao amore.-

-Ciao Zira. Hai fatto in fretta, vedo.-

-Mmh...lo so. E so anche quanto tu odi i ritardatari...-disse la leonessa appoggiando la testa sulla spalla del compagno, senza smettere di fissarlo con quegli occhi di lava incandescente.

Hasidi sorrise alla compagna e la leccò affettuosamente sulla guancia.

Ci fu qualche secondo di silenzio, interrotto solo dal basso mormorio delle fusa dei due amanti.

Fu Zira a riprendere la parola:

-Allora, Hasidi...il piano ha funzionato?-

-Alla perfezione, direi.- rispose lui con un tono perfido e piuttosto distaccato, accompagnando la sua affermazione ad un ghigno ben poco rassicurante.

In tutta risposta, Zira gli sorrise di rimando, questa volta con fare attraente.

-Lo sai che ti adoro quando fai quello sguardo...-

I leone dal pelo scuro ridacchiò e la baciò di nuovo, poi entrambi si incamminarono verso il loro nuovo regno, le Terre dell'Ovest.

All'inizio del percorso, Zira e Hasidi parlarono poco, ma fu una domanda della leonessa a rompere il silenzio della foresta.

-Hasidi?-

-Sì, Zira?-

-Ecco, io mi sono sempre chiesta una cosa: ora hai avuto la tua vendetta contro Sarabi e Usiku, diventando l'unico possibile re delle terre dell'Ovest, giusto?-

-Esatto, non capisco cosa non ti sia chiaro.- rispose un po' scocciato il leone.

-Il perchè tu voglia quelle terre. Non sono più fertili nè rigogliose da tempo, ormai, e i territori di caccia si sono ristretti notevolmente dopo la morte di Erevu. Inoltre, non ho mai capito cosa è successo con quelle due. Cioè, io so solo un piccolo pezzo della storia, ma non è per un'antipatia che ti saresti scomodato tanto e per così tanto tempo. Giusto?-

Hasidi sospirò guardando il terreno sotto le sue zampe: -Giusto...-

-Zira, devi sapere che quando io abitavo nelle Terre dell'Ovest non era tutto bello come si potesse immaginare. Intanto, il Re era sempre più assente e questo non contribuiva certo al benessere del regno.

Mio padre non lo ho mai conosciuto, ma mia madre diceva spesso cose poco gentili su di lui e spesso la coglievo piangere nel sonno mormorando il suo nome.

Poche settimane dopo la mia nascita, lei morì in seguito ad un improvvisa pestilenza che si abbatté sul nostro branco, che venne decimato. Molti cuccioli perirono in quel periodo. Io venni adottato da un'altra leonessa, che però aveva già due cuccioli appena poco più grandi di me: Deni, una femmina, e Sifa, l'unico cucciolo maschio rimasto oltre a me nel branco.

Entrambi erano incredibilmente stupidi, arroganti e cattivi, soprattutto con me, che essendo più debole e quindi incapace di difendermi, potevo essere un ottimo pupazzo da strapazzare nel tempo libero.

Sifa, essendo il leone più promettente nel branco, sarebbe stato probabilmente dato come compagno ad Usiku, la futura Regina di quelle terre e lui sarebbe diventato il futuro Re.

Sarabi e Usiku erano le mie migliori amiche, quand'ero cucciolo. Insomma, erano anche le uniche. Patetiche, è vero, ma perlomeno loro non mi usavano come tiragraffi.

Non sopportavo l'idea che una di loro fosse data in sposa a quel cretino di mio fratello, ma soprattutto, non capivo il perchè a lui sarebbe spettato il regno e a me no! Era incredibilmente sbagliato! Così, col passare del tempo, la mia brama di potere aumentò e arrivai persino ad architettare un modo per far fuori quelle due mocciose: ormai mi sembrava l'unico modo per arrivare al potere. Il tutto, però, sfumò all'ultimo secondo, quando quell'idiota di mia sorella mi sorprese mentre stavo per attaccare le leoncine vicino alla gola, nel tentativo di farle cadere e sbarazzarmene per sempre. Una volta cresciuto, avrei poi sfidato e battuto Sifa a duello, guadagnando così il trono. Ma Deni fece la spia e per poco non fui buttato fuori dal branco: fu solo grazie all'intervento di Sarabi che mi salvai dall'esilio. Non per molto, però.

Ero arrabbiato, deluso, furioso per non essere riuscito a mettere in atto il mio piano perfetto. Una notte, superai senza accorgermene i confini delle Terre dell'Ovest...-

-E fu lì che incontrasti me...- ammiccò Zira, compiaciuta.

-Già. Il resto della storia lo sai.-

La leonessa fece cenno di sì con la testa:

-Continuammo a vederci nella foresta, di notte, in segreto, per paura di essere scoperti dalle sentinelle del branco. Io mi innamorai di te e tu mi promisi di diventare la tua Regina, un giorno. Solo che...-

-Solo che io non ero ancora il legittimo Re...- la interruppe Hasidi.

-Qualche settimana dopo il nostro incontro, Re Erevu annunciò che aveva scelto il compagno di sua figlia nonchè suo erede al trono, e quel "qualcuno" non ero io. Alla vista di mio fratello accanto ad Usiku (la cui espressione, anche se disgustata, non poteva essere minimamente comparata alla mia) che avanzava beatamente al fianco del Re, non ci vidi più dalla rabbia.

Finita la cerimonia, Sifa andò ad abbeverasi presso lo stagno del branco e per me fu l'occasione perfetta per sbarazzarmi di lui. Lo invitai ad entrare in acqua con me, con la scusa di giocare un po' con il mio "fratellino"...- Hasidi pronunciò con disgusto quelle ultime parole. -appena arrivammo nel punto più profondo dello stagno, lo accecai, perforandogli entrambi gli occhi con gli artigli. Poco dopo, svenne dal dolore e l'acqua gli entrò nei polmoni, appesantendolo e impedendogli di respirare. In pochi minuti, il suo corpo raggiunse il fondo del lago.

Usiku mi vide e andò a spifferare tutto al padre, che mi esiliò dalle Terre dell'Ovest per sempre!-

Hasidi non si rese neppure conto di stare urlando contro la leonessa.

-Ma me la pagheranno...- continuò lui -Oh, sì, e ora vedranno cosa sono in grado di fare: nessuno oserà mai più dirmi chi sono o cosa sono! Io scelgo come vivere la mia vita!!!-

Zira non lo aveva mai visto così furioso dal giorno del loro primo incontro e, dopo momento di esitazione, si decise a prendere la parola.

-Allora, cosa aspetti? Siamo quasi arrivati. La tua vendetta sarà finalmente compiuta, una volta per tutte!-

Hasidi la guardò e nei suoi occhi la leonessa percepì l'odio e la collera che traboccavano, covati per anni nel cuore. Ammise a se stessa di avere per laprima volta timore di quel leone.

Camminando avevano ormai superato da tempo il confine delle terre natìe di Hasidi. Nell'aria, l'odore delle leonesse veniva trasportato lontano dal forte vento, che agitava la criniera nocciola del leone.

Fuori dalla grotta del branco, due si fermarono per accertarsi che tutte le leonesse fossero all'interno del covo. Da dentro la caverna non si udivano voci: a quell'ora le cacciatrici dovevano essere tutte fuori per cacciare.

Hasidi si girò e fissò Zira negli occhi, in cerca di un po' di sostegno. La leonessa gli leccò la guancia e sorrise malefica.

-Vai, amore. È il tuo momento.-

 

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Capitolo 8
*** Vendetta (parte 2) ***


CAPITOLO 7.2 VENDETTA

 

-Mamma! Mamma! Hai visto le cuginette, per caso?-

-No, Aibu...Ma sono sicura che fra poco saranno qui, sta tranquillo piccolo mio!-

-Mmh...va bene! Io vado a giocare con Mbaya e Thando. A dopo!-

Habari guardò il figlio allontanarsi e uscire in direzione degli amici, che si trovavano presso una conca vuota, il residuo di un profondo stagno, forse. Era un posto pericoloso, anche perchè le rocce sul fondo erano taglienti e affilate, ma i cuccioli del suo branco erano sempre stati molto coscienziosi sui pericoli del territorio. Si voltò ad ammirare preoccupata il sole nascente.

[Chissà dove sono finite, quelle due...spero non sia successo loro nulla di grave!]

La leonessa sospirò e appoggiò la testa sulle zampe, sconsolata.

-Non essere in pena, Habari.- disse una leonessa dal manto chiaro accanto a lei -Usiku e Sarabi saranno di ritorno presto.

-Spero che quello che dici sia vero, Nzuri.-

Le due si sorrisero a vicenda.

-Hai per caso visto mio figlio qui in giro?- chiese Nzuri.

-Certo! È nel fondo della grotta con Aibu e tra poco dovrebbero arrivare anche Deni e Mbaya. Eccole!-

Infatti, a quelle parole, due leonesse (una adulta e una cucciolotta) fecero il loro ingresso da un'entrata secondaria della grotta. La piccola si diresse subito verso gli altri giovani compagni, mentre la madre si sedette affianco alle amiche, che la salutarono gioiose:

-Ciao Deni!-

-Salve Habari, buongiorno Nzuri. Mattiniere, oggi?-

-Non me ne parlare...- rispose esasperata Nzuri, portandosi una zampa sulla fronte con fare sconsolato -oggi Thando si è svegliato cinque ore prima dell'alba perchè voleva andare a bere, poi a mangiare, poi...non lo so, devo essermi addormentata...-

La frase suscitò l'ilarità generale del branco. Da tempo, ormai, tutto andava per il meglio in quelle terre: la carestia stava finendo, l'erba ricominciava a crescere rigogliosa e le mandrie stavano tornando a pascolare nella savana, proprio come un tempo. Il Branco era in pace con gli altri regni e nessuno minacciava di rompere quel delicato equilibrio.

-Deni; io, Nzuri e le altre dobbiamo andare a caccia ora. Rimarresti qui a badare ai cuccioli?- sospirò Habari

-D'accordo, a patto che il turno pomeridiano di baby-sitting lo facciate voi, però.- rispose sarcastica l'altra.

La capo branco annuì divertita, poi si voltò e invitò Nzuri a seguirla per l'appello giornaliero.

Habari si alzò e con un ruggito chiamò a raccolta le leonesse per dare inizio alla battuta di caccia mattutina.

-Sabini, Chozi, Xolo, Venite! È ora di andare-

Al suo richiamo, le tre leonesse scattarono verso di lei, seguite da un'altra ventina di compagne.

Appena prima di uscire, Habari si diresse verso un angolo in disparte della caverna, dove una leonessa dal manto biondissimo stava facendo il bagnetto al suo piccolo, nato da pochi giorni. Vedendola arrivare, la madre del cucciolo alzò il muso e salutò la leonessa con un cenno del capo.

-Buongiorno Habari. State andando a caccia?- chiese lei.

-Ciao Daima. Sì, stavamo partendo proprio in questo momento. Ti va di partecipare, oggi?-

Daima fissò per un attimo Habari con gli occhi stracolmi di felicità, ma subito dopo abbassò lo sguardo sul sulla piccola creatura che giocava fra le sue zampe, incerta sul da farsi.

-Vorrei tanto, Habari, ma devo badare a Chaka...-

-Non preoccuparti: questa mattina Deni terrà i nostri cuccioli mentre noi siamo fuori, sarà felice di badare anche al tuo per qualche ora.- sorrise la leonessa dal manto grigio.

Daima la guardò riconoscente, poi prese dolcemente la sua palla di pelo bianca fra le fauci e la consegnò alla compagna, che finì il lavoro di pulizia al posto suo.

Poi, sorridente, si avviò con le altre verso l'uscita.

Deni restò lì a coccolare Chaka per qualche minuto, in silenzio.

Poco dopo udì un rumore ovattato simile a dei passi all'entrata della caverna. Allarmata, la leonessa appoggiò per terra il cucciolo, che dopo qualche piagnisteo si calmò di nuovo.

Deni avanzò lentamente verso lo sbocco del tunnel, in posizione d'attacco. Il rumore diventò pian piano più vicino, sempre più forte. Alla vista dell'intruso la leonessa sbiancò di colpo, sentì il respiro mancarle nei polmoni, la voce le si bloccò in gola.

-T-tu...c-c-cosa ci fai qui?!-

 

Le leonesse erano pronte: una mandria di gnu così grande non si vedeva in circolazione da parecchi mesi e loro non intendevano perdere questa occasione. Non facevano un pasto decente da giorni, ormai. Tutto era pronto, l'assalto stava per cominciare.

Poi, un ruggito distante squarciò l'aria e le leonesse si paralizzarono dalla paura. Era impossibile non riconoscere quel timbro così familiare. Lasciando fuggire la mandria alle loro spalle, corsero fino alla grotta con il cuore in gola. Lo scenario che si parò loro davanti le pietrificò tutte.

Un leone, il manto sporco reso scuro dal sangue, era in piedi all'ingresso della caverna, quasi le stesse aspettando.

Aveva le zanne rosse scoperte, come in un macabro sorriso, gli artigli sporchi e dalla criniera gocciolava un liquido caldo e fumante, troppo riconoscibile. Dietro l'imponente felino, una figura giaceva supina: gli occhi aperti erano sbarrati, la bocca spalancata in una maniera anormale, come se la mascella fosse stata spezzata da un forte colpo.

Ma la cosa che terrorizzò il branco fu la vista del torace della vittima: aperto per il lungo, con le costole in vista, il sangue che fuoriusciva a schizzi da ciò che rimaneva di lei.

Gran parte delle leonesse non riuscì a trattenere il misero pasto dentro lo stomaco dallo schifo, altre cominciarono a ruggire disperate. Dal canto suo, Habari non trovava neppure la forza di respirare.

Il leone camminò impettito verso di loro, quasi fosse orgoglioso dello scempio compiuto davanti ai loro occhi.

-Ma guarda guarda chi si rivede...Habari! Quale gioia rivederti...- l'alito dello sconosciuto puzzava di sangue marcio e di carogne.

Se prima la leonessa era paralizzata dall'orrore, ora era addirittura terrorizzata. Cercò di mostrarsi forte solo per non spaventare ancora di più le sue leonesse.

-Chi sei tu? Come hai osato torturare in quel modo la nostra compagna?-

Il leone rispose con una nonchalance assoluta, cosa che fece tremare i cuori di molti membri del branco.

-Avevo un conto in sospeso con mia sorella, e con questo branco in generale...-

Non appena Habari realizzò le parole del leone e il loro significato, dalle ultime file si fece avanti una leonessa, abbastanza avanti con l'età ma ancora molto utile come cacciatrice.

Si trascinò pallida verso l'invasore e lo fissò negli occhi, riconoscendo con orrore quello che una volta avrebbe chiamato “figlio”.

-Hasidi...no...- esclamò allibita la leonessa – T-tu? Tu hai fatto questo?-

-Hewa! Vattene subito da lì!- urlò Habari.

Ma Hewa non le diede retta e continuò a fissare Hasidi, spaventata e delusa:

-Figlio mio...- gli sussurrò triste.

A sentire questo, il leone la guardò disgustata e con un potente colo di zampa la scaraventò contro una roccia. Si sentì il rumore delle ossa spezzarsi all'impatto, poi solo gemiti di dolore.

Molte leonesse cercarono di soccorrere l'anziana emica, ma Hasidi si parò loro davanti, impedendole di raggiungerla.

-Non toccatela, sudicie gattine addomesticate! O farete la loro stessa fine!- ruggì lui indicando le proprie vittime dietro di sé.

Nel frattempo Habari realizzò con orrore che nella grotta regnava il silenzio. Poteva indicare solo guai.

-Aibu...- mormorò fra sé e sé, sperando che il suo piccolo dal pelo grigio fosse al sicuro, lontano da quell'inferno.

A rendersene conto non fu solo lei: dietro alla leonessa scura, Daima e Nzuri si guardavano attorno disperate, alla ricerca dei propri cuccioli.

-Thando! Thandooo!-

-Chaka! Dove sei, piccola?!-

Un brivido di tensione percorse le giovani madri, che d'istinto tirarono fuori gli artigli.

-Oh, state tranquille...loro non sono nella grotta.- esclamò malefico Hasidi.

Ma nessuna delle leonesse era tranquilla.

-Seguitemi...- riprese annoiato il leone.

A pochi metri dalla grotta,dietro un ceppo marcio, c'era la fossa prosciugata, con il suo fondale roccioso e appuntito. C'era sempre stata, fin da quando loro erano piccole. Solo, non era vuota come al solito.

Nzuri e Daima, travolte dall'orrore, svennero sul colpo. Fu solo grazie all'intervento di altre leonesse che si salvarono dal precipitare giù come i loro cuccioli.

Habari cominciò a piangere e a urlare disperata, ridando e ruggendo di dolore, invocando a squarciagola il nome del figlio.

-E adesso che avete capito chi è il capo, qui...- proseguì Hasidi – vi conviene sottomettervi, o sapete quale sarà la vostra sudicia fine.-

 

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Capitolo 9
*** Salvati e sopravvivi ***


CAPITOLO 9 SALVATI E SOPRAVVIVI

 

Il riposo pomeridiano era ormai finito da tempo e tutto il branco era intento a svolgere i lavori assegnati loro dal Re: le leonesse erano a caccia, Ahadi e la sua scorta stavano controllando i confini del regno come di routine, mentre Taka e Mufasa...

-Ehi...tutto okay? Sono due giorni che non apri bocca...-

La caverna del leone bronzeo era distaccata rispetto a quella del Branco, più calda ed illuminata. Ogni volta che Mufasa entrava lì dentro veniva preso come da una sorta di angoscia, come se la solitudine e la durezza del fratello si mescolassero a quell'ambiente così tetro ed inospitale.

Era proprio in quella grotta che Taka aveva passato tutto il suo tempo, senza dare ascolto neppure alle suppliche della madre, con cui di solito andava d'accordo.

-Che cosa vuoi...- il suo tono, duro e acido, celava grande preoccupazione..

-Te l'ho detto, fratello. Cosa c'è che non va?- chiese triste il leone dorato -Non sarai preoccupato per quella cosa, vero?-

-Di cosa stai parlando, Mufasa?-

-Parlo della sua prima caccia. Temi che Sa...-

-STA ZITTO!- gli ruggì in faccia Taka, furioso. -Lo sai che non voglio parlarne.-

-Non è stando nella grotta che risolverai la cosa, Taka!-

-TI HO DETTO DI SMETTERLA! Non capisci che per me lei è più di un'amica?!- il giovane principe si distese a terra nuovamente -Perchè continua a respingermi...- sospirò infine.

Mufasa guardava in lontananza il fratello, un misto di compassione e senso di inutilità lo invase. Purtroppo con le questioni di cuore lui non ci sapeva proprio fare.

Taka riprese parola dopo qualche minuto di imbarazzante e totale silenzio.

-Sono preoccupato per la leonessa che abbiamo soccorso l'altro giorno...- il suo tono era tornato quello distaccato di sempre- a quanto risulta Rafiki non sembra essere troppo positivo sulla sua ripresa.-

-Cosa?!?-

-Già...la febbre è troppo forte e lei troppo debole. In più le punture di calabrone erano davvero troppe...nessuno avrebbe potuto farcela, Mufasa.- Taka si voltò verso il fratello e potè vedere la tristezza che colmava i suoi occhi rubino -Non è ancora morta, ma a quanto dice lui...non manca ancora molto...-

Le parole di Taka trafissero il cuore di Mufasa in un istante, che faticò a trattenere le lacrime di fronte alla notizia.

-Tutto apposto? Ora sembri tu quello in difficoltà...-

-No, no, io...sto bene...ho solo bisogno di...-

Ma fu troppo da reggere per Mufasa, che si voltò e cominciò a correre lontano, verso la radura sconfinata della savana.

Era dura sapere di aver assistito alla morte di un proprio simile, specialmente se quel qualcuno l'avevi salvato, portato a casa e pregato ogni notte perchè si svegliasse. Era sicuro che non avrebbe mai dimenticato il volto della leonessa sconosciuta. Non sapeva neanche il suo nome...

Mufasa si fermò sotto un'acacia, che gli offriva un po' di riparo dal sole, e cominciò a piangere, con la sicurezza che nessuno lo avrebbe mai visto in quello stato.

Intanto, nella sua grotta, Taka arrestò quella maledetta lacrima furtiva che voleva rigargli la guancia.

 

 

Faceva freddo. Sentiva male in ogni angolo del suo corpo. Zampe, testa, collo...tutto. Sentiva in bocca uno strano gusto orribile, raccapricciante. Assomigliava a quello del sangue di zebra, ma più metallico e ripugnante.

Sarabi aprì gli occhi a fatica. Impiegò qualche secondo per mettere a fuoco ciò che la circondava, ma poi riuscì a realizzare delle idee concrete:

[C'è roccia, qui. Devo...devo essere in una grotta. Sì, probabilmente è così..Ora mi alzo e cerco di capire dove...]

-AAARGH!-

Sarabi non potè fare a meno di lanciare un sordo ruggito di dolore: tentando di rimettersi in piedi, i suo corpo aveva come preso fuoco e una fitta incredibilmente potente l'aveva attraversata fin dentro le ossa, facendola ricadere a terra.

-Oh, Re del Passato! Allora sei viva!- disse una voce, probabilmente un leone, accanto a lei -Visto, Taka? Ti avevo detto che ce la poteva fare.

Sarabi ci mise un po' a capire in che contesto si trovasse: era distesa per terra all'interno di una spaziosa caverna, circondata da due leoni (maschi, a giudicare dall'accenno di criniera che avevano sulla testa e sul petto) e un buffo babbuino che continuava a saltellare allegramente tutto attorno a lei.

Il primo dei due era il più maestoso ed elegante, aveva il pelo dorato (molto acceso rispetto al suo) e gli occhi tra l'arancio e il marrone trasmettevano sicurezza e nel frattempo anche gioia e felicità. La sua criniera color rubino era più folta rispetto a quella del compagno ed era quasi completa, tranne in alcuni punti come il ventre e il dorso.

Il leone accanto più piccolo si era tenuto in disparte, ma presto si avvicinò anche lui alla leonessa. Il mantello era un misto fra il bronzo e il caramello, un colore molto particolare e piacevole da guardare. Gli occhi, completamente smeraldini, erano incorniciati da alcuni ciuffi neri, che circondavano l'intero muso.

Mufasa aveva ancora il fiatone: era arrivato di corsa non appena Taka lo aveva informato che la leonessa sconosciuta stava dando segni di vita. E pensare che fino a qualche ora prima l'avevano data tutti per spacciata...

Il cuore del Principe scoppiava di gioia e anche Taka, che fino a prima se ne era rimasto un po' in disparte, ora sembrava prendere parte alla sua felicità. A suo modo, certo.

Sarabi tentò di nuovo di alzarsi, ma il tentativo non portò altro che un'ulteriore ricaduta a terra.

-Ehi, cosa pensi di fare tu?- le chiese lo strano babbuino, appoggiandole sul corpo delle strane foglie bagnate di una sostanza viscosa.

-Rafiki ha ragione, non sei ancora in grado di alzarti. Sei troppo debole per ora.- aggiunse il leone dorato.

La sua voce era profonda e rassicurante, che fece rilassare Sarabi per un momento.

-D...dove sono?-

-Nelle Terre del Branco, il regno di nostro padre, il Re Ahadi.-

Ah, ora si spiegavano i lineamenti estranei dei due leoni.

Le Terre del Branco. Ne aveva sentito parlare una volta dalla zia Habari mentre discuteva con Nzuri, un'altra leonessa del suo branco, nonchè migliore amica di sua madre. Era una terra governata da un potente Re, alquanto magnanimo e buono. Le avevano raccontato spesso che le Terre dell'Ovest, prima della morte di suo padre, erano grandi e importanti come quelle di Re Ahadi, ma avevano smesso di esserlo da troppo tempo.

Poi, un lampo di ricordi le affollò la mente. Sonno. Buio. Incubo. Nero. Male. Usiku.

La leonessa spalancò gli occhi, spaventata.

-Usiku!-

 

-Usiku! Dov'è Usiku? E Hasidi? Stanno bene?- chiese agitata Sarabi.

Mufasa e Taka si scambiarono uno sguardo interrogativo.

-Sono due leoni che erano con me, prima che perdessi i sensi...dev'essere stato il nido che mi è caduto in testa. Hasidi è un leone, maschio, adulto, pelo nocciola e gli occhi gialli. Usiku, mia sorella, è molto simile a me, ma ha il pelo scuro, molto scuro e occhi azzurri. Li avete visti, vero? Erano vicino a me prima di svenire...-

La sua voce lasciava trapelare gran parte dell'emozione che provava, anche se era davvero difficile capire quanta era l'angoscia che l'attanagliava.

I volti dei Principi si fecero bui:

-Quando ti abbiamo trovata, in una radura poco lontana dal confine Ovest di queste terre, eri in serio pericolo di vita: avevi la febbre alta, le convulsioni e numerosissime punture di calabrone. Non c'era traccia di nessun leone maschio nelle vicinanze...- Mufasa era molto teso e ciò non sfuggì all'intuito perspicace della leonessa.

[almeno lui dev'essere riuscito a scappare...]

-E di Usiku? Sapete nulla di lei?-

-Ecco, vedi...lei...sì, l'abbiamo vista, ma...-non sapeva come dirglielo.

-Ma non c'era nulla da fare ormai.- Taka tolse la parola al fratello, che gli fu infinitamente grato -Qualcuno deve averla aggredita mentre tu eri svenuta. Era ricoperta di ferite, anche gravi, ma ormai aveva perso troppo

Una morsa di ghiaccio si avvinghiò al cuore della leonessa, togliendole il respiro, annebbiandole la vista.

No, non poteva essere vero: stavano sicuramente scherzando quei due. Non poteva essere morta davvero.

Si chiese se non stesse avendo solo uno dei suoi incubi, ma era tutto troppo reale.

Usiku. Morta. Solo per causa sua.

Sarabi lanciò un ruggito disperato e lasciò che le lacrime le inondassero il volto senza alcun ritegno. Continuava a chiamare il suo nome, a sperare che fosse tutto finto. Cercava un briciolo di speranza a cui aggrapparsi, un po' di parole in cui avere fiducia. Ma niente.

Mufasa si fece triste davanti ai singhiozzi disperati della leonessa.

Il principe si avvicinò piano alla femmina, che urlava in preda al dolore, sia fisico che morale e si accucciò accanto a lei, cercando di rincuorarla. Sarabi riusciva a sentire il corpo caldo del leone sdraiato accanto a lei e si calmò quel poco che bastava per riuscire a sentire le parole che gli sussurrava nell'orecchio:

-Ssssh...calma...lo so che è difficile per te, ma devi cercare di essere forte. Okay?-

Gli occhi marroni di Mufasa incontrarono quelli rossi di Sarabi e ne rimase affascinato, nonostante quelli di lei fossero pieni di lacrime.

Sarabi sentì un nuovo calore invaderla e frenò le lacrime. Poteva ascoltare il battito del cuore del leone vicino a lei. Affondò il muso nella sua criniera e ricominciò a singhiozzare, aggrappandosi a lui come fosse un' ancora di salvezza.

Mufasa inspirò profondamente il profumo della leonessa e ne fu incredibilmente attratto, ma non era né il luogo né il momento giusto per pensare a certe cose. Effettivamente, non era il momento giusto per pensare a qualsiasi cosa.

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Capitolo 10
*** Nessuno è mai pronto ***


CAPITOLO 10 NESSUNO è MAI PRONTO


 

"Quello che ha davanti agli occhi, lo vedi.
Quello che hai dietro le spalle no.
Ma quando il terreno il terreno ti crolla sotto le zampe è ora di decidere:
Tornare indietro?
Andare avanti?
Sbrigati, perchè stai già precipitando"



Era sempre lì, non si muoveva da tre giorni ormai. Sembrava che la voglia di vivere l'avesse abbandonata. Il suo sguardo vagava per ore all'orizzonte, fisso nel vuoto, attendendo un segno, un qualcosa che le desse di nuovo la forza di un tempo. Cercando la sagoma di sua sorella che camminasse verso di lei.
Tutti, nel branco, avevano provato a parlarle, a darle conforto, a chiederle il suo nome e la sua storia.
Niente. Non aveva proferito parola neanche sotto minaccia.
Il Re e la Regina Uru avevano cercato di fare conversazione con lei, senza ottenere nulla più che qualche occhiata di traverso.
Anche Taka era uscito dalla sua grotta solitaria, ma il risultato era sempre lo stesso.
Solo uno non era andato a trovare la leonessa solitaria. Preferiva vederla morta che in quelle condizioni.
La vedeva ogni giorno sempre più afflitta, sempre meno presente. Non poteva continuare così.
La depressione è dura. Niente volontà. Zero voglia di vivere. Nessuno sforzo per restare aggrappati a quel po' di vita che ti rimane, sperando solo di morire al più presto. Non conta più il quando, il dove, se sei circondato dalle persone che ami o da i tuoi più grandi nemici, se te ne andrai in pace o in agonia. Attendi la morte. E speri che si sbrighi.
Mufasa rubò di nascosto una coscia di zebra alle leonessa appena tornate dalla caccia, sperando di non farsi vedere (soprattutto da sua madre, sennò sarebbero stati guai seri) e lo trascinò fin sotto l'albero dove si trovava la leonessa.
-Ecco, tieni. È per te.- disse lui, lanciandole la carne proprio sotto il naso.
Sarabi si girò un momento, guardò prima il cosciotto e poi Mufasa, per poi voltarsi e fissare nuovamente il vuoto.
-Prego, non c'è di ché...- sbuffò il leone.
Passarono alcuni minuti di silenzio imbarazzante, poi il principe tentò ancora di rompere il ghiaccio.
-Sai, ti credevo una leonessa coraggiosa. Pensavo che dopo tutto quello che hai passato, avresti capito che c'è qualcosa per cui siamo venuti al mondo, e di sicuro quel motivo non è quello di soffrire e basta. Ma a te sembra non importi nulla, ormai...- la voce di Mufasa era ricca di frustrazione e delusione -Ti stai lasciando andare, stai morendo per niente, ma la verità è che hai solo paura...-
Detto questo si alzò e fece per andarsene.
-Questo non è vero.-
-Cosa?-
In meno di un secondo, Mufasa si trovò disteso a terra. Sopra di lui, la leonessa lo fissava con occhi di fuoco. Era la prima volta che li vedeva da così vicino, anche se avrebbe preferito ammirarli in un momento un po' più consono.
-IO NON HO PAURA!!! Come puoi dirmi chi sono se non conosci né il nome, né da dove vengo?! Non sai che sono e neppure cosa ho passato, ma posso assicurarti che io non ho paura di morire!-
-Lo so che non hai paura di morire. Tu hai paura di vivere!-
L'esclamazione del leone la lasciò senza fiato. Era vero, ma non voleva darlo a vedere.
-Bugiardo!-
-Ah, si? Allora dimostramelo! Mostrami chi sei veramente, che non ha paura di vivere e di affrontare un nuovo giorno! Se non vuoi farlo per me, allora fallo per tua sorella: non credo che lei volesse vederti fare questa fine...-
Mufasa si liberò di Sarabi e se ne andò via scocciato.
La leonessa non potè vedere la soddisfazione negli occhi del principe: era riuscito nel suo intento e ora lei si sarebbe data da fare per vivere al meglio delle sue possibilità. La rabbia è un'arma potente, ma anche estremamente pericolosa.
Sarabi lo guardò allontanarsi e riflettè su ciò che il leone le aveva detto. No, non poteva lasciarsi andare così: doveva ricordare il suo passato, ma anche affrontare il futuro. In fondo lei era Sarabi, figlia del Re delle Terre dell'Ovest e ora...erede al trono di suo padre.
Le ci volle qualche secondo per rendersi conto di ciò che era diventata: una principessa.
[Non sono in grado di mantenere mia sorella in vita, figuriamoci un intero regno...] pensò [Nessuno lì mi ha mai voluto davvero. Anche se tornassi indietro, mi accetterebbero? No, non penso.] Cominciò a correre verso Mufasa.
[Ora le Terre dell'Ovest appartengono al passato.]
-Ehi...aspettate!-
Sarabi cominciò a correre e ben presto raggiunse Mufasa, che attendeva solo il suo arrivo.
-Oh, sei tu...come mai qui?- disse lui, fingendosi sorpreso.
-Beh, caro principe...non dovevo dimostrarle quanto valgo?-
Mufasa sorrise e con lui anche Sarabi.
-Se vuoi seguirmi, allora, ti posso condurre alla Rupe dei Re, la tua nuova casa. Sempre che tu voglia restare...-
-Grazie, vostra altezza, accetto volentieri.-
Il leone dorato sorrise.
-Mufasa.-
-Come, scusi?-
-È il mio nome: Mufasa. Per favore, non chiamarmi "altezza" o chessò io...chiamami solo Mufasa. Vorrei che tu mi apprezzasti solo per il mio carattere, non per i miei titoli, d'accordo?-
-Va bene.- rispose Sarabi, felice della sua richiesta -Completamente d'accordo.-
-E invece tu sei..?-
-Oh, ehm, scusa...mi chiamo Sarabi, molto piacere.-
-Bellissimo nome.-
-Grazie...- Sarabi arrossì lievemente.
I due passeggiarono per un po' verso la Rupe dei Re e Mufasa approfittò di quel tempo per farsi dire in che modo lei si fosse ritrovata in quella triste situazione.
-Oh...mi dispiace molto.- disse dispiaciuto alla fine del racconto.
-Anche a me...- lo sguardo della leonessa puntò per terra, nel tentativo di nascondere la propria tristezza.
All'orizzonte la sagoma della roccia si scagliava in alto verso il cielo tinto di rosso e arancio per via del sole, che ormai era giunto allo zenit.
Il loro arrivo fu accolto da una moltitudine di leonesse curiose di conoscere Sarabi, che si rifugiò istintivamente dietro Mufasa, pur mantenendo il suo atteggiamento fiero e combattivo di sempre.
Al suo passaggio seguivano molti commenti relativi alla sua bellezza ed eleganza, di un canone diverso rispetto a quelli degli abitanti delle Terre del Branco.
Arrivata al cospetto del Re e della Regina s'inchinò e rese loro un saluto educato.
-Siamo felici di vederti qui con noi.- disse cordialmente Uru.
-Il Principe Mufasa è molto bravo a far ragionare le donzelle.-
-O a farle arrabbiare...- le sussurrò lui in un orecchio, facendola sorridere.
-Spero che tu ti voglia trattenere con noi per...diciamo, a tempo indeterminato.- aggiunse il Re.
-Ne sarei più che felice, vostra maestà.-
-Magari, nei prossimi giorni, avremo occasione di conoscerti meglio.- continuò Uru
-Certamente, mia Regina.-
Intanto, di soppiatto, una figura si avvicinò alla famiglia Reale.
-Oh, ben arrivato, Taka. Ho l'onore di presentarti la leonessa che tu e Mufasa avete trovato tre giorni addietro.-
-Piacere, il mio nome è Taka-
-Salve, principe. Io sono Sarabi.-
-Incantato...-
Nonostante tutto, Taka dovette ammettere che la leonessa non era niente male. La osservò per qualche secondo, poi si isolò nuovamente nella grotta, aspettando con paura i giorni seguenti. La sua caccia era vicina.
Sarabi si congedò gentilmente con i due principi e la coppia regnante, si sdraiò sotto un'albero e passò lì la notte. Dall'alto, le stelle la guardavano e con loro anche la sua famiglia.


O forse no?

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Capitolo 11
*** L'erede (parte 1) ***


CAPITOLO 11.1 L'EREDE

Hasidi aspettava fuori dalla grotta da qualche ora. La giornata non era ancora cominciata, mancavano ancora delle ore all'alba, ma tutti sapevano che il sole non avrebbe avvolto coi suoi caldi raggi quelle terre di desolazione e paura. Come ogni giorno, si sarebbe nascosto dietro le nuvole nere, cancellando la speranza di sentire quel calore sulla pelle che da tanto le leonesse bramavano.

Il leone si scrollò le goccioline d'umidità di dosso. Odiava sentirsi bagnato e impotente. Sì, perchè proprio lui, il grande Re delle Terre dell'Ovest, colui che aveva conquistato il trono con la forza, costruito un regno con le ossa del nemico, doveva aspettare. Un'immensa scocciatura, ma Hasidi non aveva fretta. Per anni aveva sognato e tramato quel trono, ma sempre per colpa della marcia del tempo, sapeva che anche il suo dominio non sarebbe stato eterno. Aveva bisogno di qualcuno che prendesse il suo posto quando si sarebbe fatta avanti la sua ora.

Il solo pensiero gli diede i brividi di eccitazione. Una stirpe, un erede, avrebbero portato avanti il suo nome, la sua fama e la sua gloria per secoli. E lui, Hasidi, Re delle Terre dell'Ovest, magnifico e potente, stava per ricevere il dono che gli avrebbe consentito di non essere solo un nome nella storia, lasciato all'oblio degli anni. L'immortalità!

Le grida cariche di dolore rimbombarono sulle pareti della caverna, storpiando la voce della leonessa che con tutto la sua forza lottava contro le contrazioni. Ma tutto quel male, tutta quella sofferenza, valevano la pena di essere patiti. Stava per avere un cucciolo dal leone che amava e soprattutto, aveva l'onore di dover dare alla luce il figlio del Re, il suo erede.

Il tempo scorreva, inesorabile. In pochi minuti le urla di Zira si calmarono e furono presto rimpiazzate da deboli gemiti, simili a miagolii.

Habari uscì dalla grotta, sorridendo. O meglio, stringendo i denti. Quanta falsità c'era in realtà dietro a quel gesto apparentemente benevolo, Hasidi poteva solo intuirlo.

-Mio signore, è nato! È un maschio, proprio come desiderava!-

Nonostante gli sforzi per far sembrare quell'affermazione gioiosa, il tono assomigliava più a quello usato per annunciare la morte, non una nascita.

Hasidi non degnò di uno sguardo la leonessa grigia e la oltrepassò sprezzante. Le leonesse attorno a lui avevano tutte la stessa aria funebre di Habari, ma non smettevano di congratularsi con quello che ormai era il loro "sovrano" lodando la bellezza del cucciolo, la sua incredibile somiglianza col padre.

[Bugiarde. Traditrici. La paura nei loro occhi è immensa. Non hanno nemmeno più la forza di pensare con la loro testa.] riflettè Hasidi [la fame e il sangue sono grandi maestri...].

Guardò il suo branco, scrutando le leonesse una per una, lo sguardo carico del più totale disprezzo che potesse provare.

I fianchi consumati, le costole sporgenti, gli occhi spenti. Questo era tutto ciò che era rimasto di quelle miserabili, che si trascinavano sulle zampe come se sulle spalle portassero un macigno. O forse era solo la vita che non si degnava ancora di lasciare i loro luridi corpi.

L'unica leonessa sana e in vigore rimasta era Zira, ma al momento sembrava ancora più stremata delle compagne. Fra le zampe teneva una palla di pelo color ocra, tutta avvolta attorno a se stessa. Gli occhi castani, aperti per la prima volta da pochi istanti, si guardavano attorno curiosi e felici. Guardava la sua mamma come se fosse l'unica cosa presente sulla faccia della terra, affascinato da tutto quello che lo circondava.

-Amore, guarda! Non è magnifico, il nostro piccoletto?- chiese speranzosa.

Il leone fissò con i suoi occhi zafferano la compagna, avvicinandosi e facendogli le fusa.

-Sì, Zira. È magnifico.-

-E un giorno, Hasidi, lui diventerà Re!- esclamò felice Zira.

Hasidi riflettè un attimo, senza cambiare espressione nemmeno per un secondo, celando alle leonesse i suoi pensieri e futuri programmi che aveva in serbo per quel piccoletto. Propositi ben poco rassicuranti.

-Certo, tesoro, certo...Ora, però, è meglio che tu vada a riposare. Devi essere esausta, dopotutto.-

-Grazie, mio re!-

Zira si alzò barcollante sulle zampe e in pochi secondi svanì dalla vista del leone dominante.

Il giovane maschio guardò a compagna allontanarsi zoppicando, poi, non appena sentì che la leonessa fu abbastanza distante, proruppe in un ruggito.

-DAIMA!-

Dalle ultime file delle schiere di cacciatrici, una giovane femmina si fece avanti camminando lentamente, come stesse andando davanti al suo boia, sul patibolo.

Il pelo, sporco e consumato, era color crema chiaro, ma il fango che lo insozzava lo rendeva meno lucido e di una tonalità simile ad un grigio sporco.

Gli occhi cerulei fissavano costantemente il pavimento roccioso, senza incrociare lo sguardo del leader. Il respiro, costante a affannato, faceva risaltare le costole e i fianchi terribilmente in evidenza.

Hasidi sorrise con malcelata soddisfazione nel vedere come il branco si stava lentamente consumando, giorno dopo giorno, come previsto dal suo piano. Poi, sentì un pizzicore alla coda: il cuccioletto che stava giocando con la sua coda doveva averla morsicchiata per scherzo. Con un colpo deciso, strattonò la coda e fece cadere a terra il piccolo, che si mise a piangere e a frignare.

[Stupido cucciolo...]

La leonessa era a poco meno di un metro da lui, con la testa abbassata in segno di sottomissione.

-Ho un compito per te.- annunciò il leone.

Daima lo guardò stupefatta, ma si limitò a rispondere con voce atona e senza espressione.

-Ordina, sire, e sarà fatto.-

Hasidi si chinò, afferrò con poca grazia il neonato fra le fauci che miagolava disperato e lo consegnò alla cacciatrice. Quando ebbe la bocca libera dal fagotto peloso, parlò di nuovo.

-Portalo fuori da qui. Non lontano, a poco più di un miglio, c'è la gola secca. Sai cosa farne.-

Daima sgranò gli occhi dall'orrore e appoggiò il cucciolo per terra delicatamente, come solo una madre sa fare.

Hasidi sapeva cosa quel gesto significava. Ribellione. E lui non poteva accettarla.

Sfoderò gli artigli e in un attimo colpì la femmina sulla guancia, ferendola superficialmente. Il suono dell'impatto riecheggiò per tutta la grotta e molte compagne temettero il peggio. Ma la leonessa non si mosse. Ruggì dal dolore e con una zampa si tastò il muso, ritraendola subito con orrore quando la sentì bagnarsi di sangue. Ma non si mosse.

-Il cucciolo è troppo gracile, troppo debole! Non è degno di prendere il mio posto come sovrano di queste terre! Portalo via e fallo sparire. Una volta per tutte.-

Daima prese con in denti la palla di pelo che continuava a dimenarsi e, senza girarsi, uscì dalla caverna in silenzio. Alcune lacrime scesero dai suoi occhi grigi.

Quello le fece più male furono gli sguardi sprezzanti delle compagne, affilati come coltelli che le trapassarono il cuore.

Daima corse via, lontano da quelle terre di morte, con il cucciolo appeso alla sua bocca ansimante. Voleva che il tutto avvenisse in fretta. Non perchè avrebbe potuto dimenticare, non perchè si sarebbe pentita meno in colpa. Solo perchè lei a quel piccolo voleva bene, lo amava quasi fosse figlio suo e non di quella spregevole gattina addomesticata. Non voleva farlo soffrire troppo.

Arrivò sul bordo della sporgenza: sotto, metri e metri di dirupo stavano per dare fine alla vita di innocente.

Un innocente. Come la sua piccola Chaka.

No. Non poteva mollare la presa. Non se lo meritava!

Ma cosa avrebbe potuto fare allora? Cosa ne sarebbe stato del cucciolo? Non poteva tornare a casa, ma non poteva neppure gettarlo giù nella gola.

La leonessa si girò verso l'orizzonte e, illuminata dal sole, vide una foresta, forse l'unica traccia di verde rimasta nel regno di Hasidi.

[Qualunque cosa sarà migliore di questo schifo di futuro.]

 

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Capitolo 12
*** L'erede (parte 2) ***


CAPITOLO 11.2 L'EREDE

Il piccolo piangeva disperato. Aveva fame, sonno e freddo. Il vento gelido che soffiava fra le fronde fece accapponare la pelle alla leonessa, che serrò ancora di più la stretta. La foresta si presentava oscura e ostile e per un momento Daima pensò di aver commesso solo un grosso errore: la sua coscienza le stringeva il cuore in una morsa gelata. E ora? Non poteva abbandonarlo da solo nella foresta! Tanto valeva buttarlo giù dal dirupo. La cacciatrice appoggiò delicatamente a terra il cucciolo, aveva quasi paura di fargli male. Già, come se non gliene stesse facendo abbastanza così.

Il neonato alzò gli occhi e incontrò lo sguardo affranto della leonessa; sembrava quasi chiederle il perchè si trovasse lì invece che al caldo, nella grotta, fra le zampe della sua mamma. A quel punto, Daima non riuscì a reggere la tensione e crollò a terra, piangendo disperata. Quasi non udì il rumore di zampe che si avvicinavano a lei dal folto della foresta.

Tre leoni, due maschi e una femmina, avanzavano lentamente verso di lei. Sul loro volto impassibile non c'era niente che potesse indicare ogni sorta di buona intenzione, né di cattiva.

Il suo fiuto fino da cacciatrice percepì un odore sconosciuto, che fece mettere in allerta tutti i sensi.

Le orecchie di Daima si drizzarono e i baffi le tremarono per lo spavento. Con uno scatto si alzò sulle zampe in posizione d'attacco in difesa del cucciolo semmai i tre si fossero rivelati una cattiva compagnia. Anche se in inferiorità numerica, la leonessa si parò davanti alla creaturina ocra dietro di lei, pronta a tutto pur di salvarla.

La compagnia arrivò a tre metri da lei, poi si fermò. Daima sfruttò l'occasione per osservare meglio i tre di fronte a lei. I due maschi, di statura imponente, ma abbastanza provati, stavano ai lati della leonessa scura, come fossero guardie del corpo.

Il primo, il più grande, aveva la pelliccia argentata e la criniera nera, che facevano risaltare gli occhi castano scuro. Un pozzo penetrante e impenetrabile. Il secondo, invece, era decisamente più giovane e di stazza più piccola, anche se non aveva nulla da invidiare ai leoni che aveva visto finora: il manto color paglia bruciata e la criniera castagna mettevano in evidenza il cobalto dei suoi occhi.

Ma la figura che più attirò l'attenzione di Daima fu la leonessa scura al centro. La foresta era molto buia e la sua sagoma quasi si confondeva con le altre. Gli occhi, spalancati alla ricerca di luce, erano cerulei come i suoi. Una grossa e profonda cicatrice le attraversava il petto, partendo dalla gola e arrivando fino al basso ventre e pareva ridotta piuttosto male.

Tutti e tre sembravano affamati, stanchi e provati da un lungo viaggio. Più che paura, facevano pena.

-Chi siete voi? Cosa ci fate in queste terre?- le pupille della leonessa chiara erano dilatate, nonostante l'oscurità di quel luogo.

A parlare fu il leone d'argento:

-Il mio nome è Kiume. Non volevamo superare i vostri confini, mi dispiace.- la sua voce profonda fece tremare il cuore della leonessa -Siamo vagabondi: io, i miei amici e mia sorella, che non è qui al momento, stavamo solo cercando un posto per la notte.-

Daima si rilassò appena un briciolo, sentendo queste parole: il suo istinto non l'aveva tradita neppure stavolta.

-Io sono Jasiri, tanto piacere.- esclamò il leone biondastro, sorridendo. -mi dispiace che Tombi non possa essere qui, al momento, ma devi capirla...- gli occhi di Jasiri si fecero tristi. -Ha appena perso il suo cucciolo, poche ore fa.-

A quel punto una pazza idea le balenò in testa, ma la scacciò via velocemente

-Ah, sì, dimenticavo. Questa è Nyeusi; si è unita a noi da poco, ma si è rivelata essere una grande amica. Ti avverto, però: non è tipo da tante parole.-

La leonessa scura, sentendosi nominare, fece un passo in avanti sorridendo cordiale e abbassò il capo in segno di saluto.

-Ciao. Piacere di...Coff-coff...conoscerti- la giovane faceva molta fatica a parlare.

Jasiri battè con forza la zampa fra le scapole della compagna, venendo in suo aiuto con parole di conforto:

-Calma, calma....adesso passa. Sai che non ti devi sforzare.-

Daima prese paura a sentire il timbro di voce della leonessa: era deturpato e rauco, sembrava quasi la voce di un'anziana. Eppure, constatò lei, doveva avere uno, al massimo due anni. Di sicuro, doveva essere successo qualcosa di spiacevole alla sua gola se si era ridotta in quel modo. Non ebbe tempo di pensare a cosa le fosse accaduto che notò un'altra cicatrice, fresca ed evidente come l'altra, che le sfregiava il collo in un mostruoso semicerchio, attraversandole la gola da parte a parte. Daima deglutì rumorosamente.

Gli sguardi dei tre, però si concentrarono su un altro soggetto molto più piccolo della giovane cacciatrice.

Il cucciolo biondo era uscito dal suo nascondiglio sicuro dietro di lei e tirava su col nasino rosa, il volto tutto arrossato dal piangere.

Kiume si accostò cautamente al piccolo cercando di non farlo spaventare, tenendo lo sguardo fisso sulla leonessa chiara. Anche senza dire una parola, Daima capì che le stava chiedendo il permesso per avvicinarsi al cucciolo. Rispose con un nervoso cenno con il capo: anche se cercava di non mostrarlo, era visibilmente agitata. Come poteva fidarsi di quei tre vagabondi?

Ma il leone non tentò nulla di potenzialmente rilevante, anzi, il cucciolo lo prese subito in simpatia e cominciò a fare le fusa allo sconosciuto, che rimase spiazzato dal gesto tanto spontaneo della palla di pelo. Quando il piccoletto decretò che il divertimento era finito, si avviò barcollante verso la figura nera di Nyeusi e, dopo averle fatto le fusa per qualche secondo, si addormentò sereno fra le sue zampe, con lo stupore generale di tutti. Daima era completamente stravolta.

A farle tornare la lucidità fu la voce di Kiume, che interruppe il suo confuso flusso di pensieri:

-Chi sei tu? Cosa ci fai nella foresta con questo cucciolo? È tuo?-

-I-io mi chiamo Daima...- rispose ancora confusa la leonessa -Vengo dalle Terre dell'Ovest.-

Nyeusi ebbe un leggero sussulto, ma nessuno ci fece caso.

-Non sono io la madre. L'ho portato qui perchè non avevo altra scelta. Il suo branco di nascita non lo ha accettato.-

Al solo pensiero si sentì invadere da una rabbia cieca e inconsciamente cominciò a ringhiare sommessamente.

-E cosa pensavi di fare? Di abbandonarlo nella foresta? Sarebbe come condannarlo a morte!- ruggì Kiume. Era arrabbiato, ma non riusciva a provare rancore per la leonessa. Anche se colpevole, le faceva troppa pena.

Daima era furiosa e teneva gli artigli in vista, saldi al terreno:

-Pensi che io non lo sappia?? Ho dovuto farlo. Non avevo alternative!-

La leonessa chiara guardò ancora il piccolo che ronfava tranquillo in braccio a Nyeusi e sentì le lacrime calde solcarle il muso. Il leone aveva ragione. Doveva fare qualcosa, ma come? Un'idea l'aveva, ma sarebbe stata pericolosa e avventata. Poteva salvare la vita al cucciolo oppure fargli fare una fine orribile. Inspirò ed espirò profondamente. La decisione venne da sé.

-Prendetelo voi.-

-Cosa???- i tre leoni gridarono all'unisono, spalancando gli occhi dallo stupore.

-Prendetelo voi- continuò lei. Le lacrime continuavano a cadere, ma lei se le asciugò con la zampa, indifferente. -Portatelo via, lontano da qui. Fate in modo che sopravviva.-

Jasiri stava già per obiettare, ma una voce rauca lo interruppe.

-Accettiamo.-

Kiume riconobbe senza voltarsi la voce della leonessa che amava. Nyeusi aveva appoggiato il cucciolo da parte e stava fronteggiando il leone argentato.

-Ma che ti salta in mente?- rispose agitato Jasiri -Non possiamo tenerlo! È troppo piccolo, non durerà una luna...-

Nyeusi non parve dargli ascolto e continuò il discorso a fatica, tra violenti colpi di tosse e continue pause per riprendere fiato.

-Sai che Tombi ha appena perso il cucciolo e sai che non puoi lasciare qui a morire questo neonato. Il tuo cuore è puro, Kiume. Sai qual'è la soluzione giusta.-

Il maschio abbassò la testa sconfitto mentre Jasiri ancora non riusciva a credere alle sue orecchie.

Kiume rimase in silenzio meditatorio qualche secondo, poi alzò la testa e fissò negli occhi Daima, che singhiozzava furiosamente.

-Terremo il cucciolo. Ma tu promettici che tornerai a trovarlo e gli dirai la verità sul suo passato, un giorno. Lo giuri?-

Daima si chiese se non stesse scherzando, ma la sua voce era seria e solenne. Fece cenno di sì con la testa.

Jasiri afferrò delicatamente per la collottola il cucciolo e si avviò lentamente nel cuore della foresta, Kiume lo raggiunse poco dopo. L'ultima ad andarsene fu Nyeusi, che prima di scomparire nel buio, volle chiarire un'altra cosa.

-C-c...come si chia...ma?- gli occhi azzurri brillavano al riflesso della luna.

Daima riflettè un'attimo, poi rispose alla leonessa scura.

-Ni-

L'altra annuì con la testa, poi, con un balzo, sparì nell'oscurità del bosco. Intanto, la luna si era levata alta nel cielo notturno. Per Daima era ora di rientrare.

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Aggiornamento significato nomi:

DAIMA (leonessa) "sempre"

DENI (sorella adottiva di Hasidi) "debito"

AIBU (figlio di Habari) "vergogna"

NZURI (leonessa) "bello"

MBAYA (figlia di Deni) "male, cattivo"

THANDO (figlio di Nzuri) "amore"

JASIRI (leone) "coraggioso"

KIUME (leone) "maschio"

NYEUSI (leonessa) "nero"

TOMBI (sorella di Kiume) "femmina"

NI (figlio di Hasidi) "io sono"

CHAKA (figlia di Daima) "via"

HEWA (madre adottiva di Hasidi) "aria"

SIFA (fratello adottivo di Hasidi) "traditore, esiliato"

 

spero vi piaccia e, vi prego, commentate!

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Capitolo 13
*** Le ferite si riaprono ***


CAPITOLO 13 LE FERITE SI RIAPRONO

-Posso chiederti una cosa?- chiese Sarabi alla leonessa beige di fronte a lei.
-Ma certo! Dimmi tutto ciò che vuoi.- disse Zingela gentilmente.
-Vedi, Mufasa prima ha detto che tu sei la cacciatrice più brava del branco...-
-Così dicono...-
-...Allora perchè non sei a caccia con le altre?-
A questa domanda Zingela si esibì in un largo sorriso e si sfiorò il ventre con una zampa.
-Se fosse per me andrei pure, ma quel testardo del mio compagno non vuole che io corra pericoli nelle mie condizioni...-
Sarabi ci mise un po' a capire cose la compagna volesse dire, poi gli occhi rossi si soffermarono sulla pancia prominente di Zingela e non riuscì a fare a meno di sorridere.
-Andiamo?- la voce della leonessa richiamò la sua attenzione.
-Oh sì, certo.-
Il giro turistico durò più a meno un'ora, durante la quale le due esplorarono quasi tutta la zona circostante alla Rupe dei Re: piccoli boschetti di acacie ad ombrello adombravano rigogliose zolle di terreno, che sembravano fiorire nella savana come verdi boccioli, cascate d'acqua cristallina scrosciavano nel fitto delle macchie di vegetazione, campi immensi di spighe dorate risplendevano sotto la luce del sole potente.
Sarabi rimase così affascinata da tutto ciò che vide, che chiese alla sua guida di poter ripetere la gita tutta daccapo. Nelle Terre dell'Ovest non c'erano posti come quelli dalla caduta di suo padre, il Re.
-Mi dispiace molto, Sarabi- rispose Zingela dispiaciuta -ma oggi ho un appuntamento a cui non posso mancare...-
-Di cosa si tratta, se posso chiedere?-
-Oggi la mia sorellina intraprenderà la sua prima battuta di caccia in solitaria- disse la leonessa beige -ha chiesto se potevo venire a salutarla prima della sua partenza.-
-Oh...-
Dall'espressione spaesata di Sarabi, Zingela capì che lei non aveva la minima idea di che cosa stesse parlando, così rimediò con una veloce spiegazione:
-Vedi, Sarabi, quando una leonessa raggiunge l'età adatta, che equivale circa alla tua, deve dimostrare al branco di meritarsi un posto fra le cacciatrici, allora deve intraprendere una battuta di caccia da sola e abbattere una preda prima del tramonto. Se non ci riesce, allora...- Zingela abbassò lo sguardo, affranta. -...Sarà esiliata dalle Terre del Branco. Per sempre.-
La preoccupazione nella sua voce era così intensa che Sarabi si sentì invadere da una sorte di triste ansia, come se sapesse già che il finale della storia non avrà il lieto fine che avrebbe meritato.
-Come se la cava con la caccia?-
La leonessa beige sospirò:
-Non bene. Anche da piccola non era portata per questo genere di cose. Lei è una leonessa in gamba, generosa e gentile, ma per quano riguarda la caccia...è proprio negata. Le prede sentono il rumore dei suoi passi ancora prima di vederla, spesso dimentica di avvicinarsi sottovento alla madria, che finisce per scappare...Io temo...temo che...-
-Sono sicura che ce la farà.- la interruppe Sarabi, notando che per l'amica continuare il discorso stava diventando difficile.
Zingela le rispose con un sorriso carico di malinconia -Lo spero tanto, mia cara, lo spero...-
Le due leonesse smisero di discutere e tornarono con calma alla Rupe dei Re.
Gran parte del branco era riunito attorno ad una leonessa elegante, ma il portamento lasciava dedurre che fosse ancora piuttosto giovane. Sarabi realizzò che doveva avere all'incirca la sua età. Anche se non la vedeva bene, poteva intravedere il colore crema chiarissimo del pelo della giovane riflettere i raggi solari, facendo splendere la leonessa d'argento.
Ma la cosa che impressionò di più Sarabi furono i suoi occhi.
Azzurri.
Chiarissimi.
Uguali a quelli di Usiku.
Alla leonessa mancò il fiato per un istante, il suo cuore parve perdere un battito. Fulminei come lampi la folla dei ricordi di giorni passati assieme a lei apparvero davanti ai suoi occhi, perfettamente in ordine, attimo per attimo. Rivide lei insanguinata che lottava contro i calabroni che continuavano a pungerla. Sentì sulla pelle il suo profumo, così familiare e rassicurante. Ricordò quel giorno, nella grotta, quando capì che aveva trovato davvero qualcuno che l'amasse.
Tu non sei sola. Queste parole continuavano a tormentarle la mente. I suoi pensieri erano tutti rivolti ad Usiku e non riusciva a togliersela dalla testa.
Mai una tortura era stata così dolorosa come in quel momento.
Si accorse di aver affondato gli artigli nel terreno con tale forza da aver lasciato dei grossi solchi profondi. Si teneva a malapena in equilibrio e sentiva le lacrime pungerle gli occhi cremisi.
-Sarabi? Va tutto bene?-
Non sentì neppure la voce di Zingela che la chiamava una prima volta.
-Sarabi!-
A quel punto la figlia di Erevu si girò verso l'altra femmina, che la fissava preoccupata.
-Come ti senti? Stai male?-
-Sto...sto bene.- mentì lei -ho solo bisogno di...riposo.-
-Fa pure, non ti preoccupare. Sappi che se hai bisogno di qualcosa ci sono io.-
-Grazie...- disse Sarabi con un sussurro mentre si avviava verso un punto non ben definito della savana.
Sentiva dentro di lei una strana voglia, un'assoluto ed immediato bisogno di libertà. Dove le sue zampe la stessero portando, non importava, basta che fosse lontano da quegli occhi di ghiaccio.
Prima di andarsene, diede un ultima occhiata prima a Zingela e poi alla leonessa chiara.
-Come si chiama?- urlò.
-Chi?- Zingela si girò verso di lei, guardandola dolcemente.
-Tua sorella.-
-Il suo nome è Sarafina.-

Sulla cime della Rupe, due leoni osservavano la scena dall'alto. Non c'era traccia di felicità nei loro sguardi distanti, nonostante la giornata trascorsa assieme al padre fosse stata soddisfacente. Mufasa guardava avvilito l'orizzonte la sagoma di Sarabi allontanarsi a testa bassa verso il confine delle Terre del Branco. Forse stava tornando dal posto da cui era venuta, ma lui non sapeva dove fosse. Nessuno sapeva da dove fosse venuta. Dovunque lei stesse andando, voleva rincorrerla, fermarla e tenerla lì con loro. Tenerla lì con lui.
[Perchè?]
Il principe sospirò pesantemente scrollò le spalle, sperando di scrollare via anche tutto il resto.
-Si è dipendenti da certi tipi di tristezza.- Mufasa riconobbe la voce.
Taka era accanto a lui e guardava in basso, verso la base della Rupe. Anche se non poteva vederlo, sapeva bene che la sua mente era concentrata sulla leonessa chiara che salutava gioiosa le compagne di tana con fusa e manifestazioni d'affetto, cose che forse il leone scuro avrebbe voluto per sè.
Mufasa si chiese quante cose il fratello teneva chiuse nel suo cuore, celate allo sguardo di tutti. Dubbi, incertezze, paure, emozioni, sentimenti...
Forse avrebbe voluto urlare, chiedere perchè, scappare lontano. Probabilmente sì. Almeno, Mufasa lo avrebbe fatto, se solo avesse potuto.
Ma Taka era fermo lì, lo sguardo puntato su Sarafina. Quando si girò verso di lui negli occhi smeraldo, duri come giade, vide una rassegnata disperazione.
-Tornerà- disse Taka voltandosi e dirigendosi alla grotta.
Mufasa guardò ancora una volta il mare di spighe e sabbia dorata che risplendevano alla luce del sole. Lei non c'era. Doveva togliersela dalla mente, o sarebbe rimasto a fissare l'orizzonte fino al suo ritorno. Sempre che fosse ammessa l'idea di un ritorno.
***
I raggi del sole, quasi al culmine del cielo, le scottavano il pelo, ma lei non ci badava neppure. Fissava il terreno sabbioso con rabbia mescolata all'amarezza dei ricordi. Le zampe le facevano male e la pancia brontolava rumorosamente, gli occhi erano arrossati dalle lacrime che volevano scendere ma che non trovavano la forza di farlo.
Un'odore familiare le inondò le narici, ma non poteva essere il suo. Lei era morta e doveva farsene una ragione. Sarabi scosse la testa cercando di togliersi quell'idea dalla testa, ma non se ne andava; il suo profumo dolce aleggiava nell'aria, trasportato dal vento caldo. Si lasciò trasportare per un attimo da quel calore che sentiva nel cuore, forse portato dal vento, forse frutto della sua mente.
Sentiva il fruscio delle foglie mosse dalla corrente provenire dalla foresta, dove quella notte avevano dormito insieme per l'ultima volta.
Raspò con gli artigli il terreno; dei segni del combattimento non c'era più traccia. Forse, pensò lei, non c'era neanche mai stato. Ma la chiazza scura di sangue rappreso sul terreno rimaneva ancora, indelebile nella terra e nella mente, così come il profumo di Usiku.
Sarabi non sapeva perchè fosse tornata lì: aveva girato come una vagabonda per le Terre del Branco e si era ritrovata in quello spiazzo maledetto, dove due mesi prima aveva perso sua sorella, la sua migliore amica e anche un pezzo del suo cuore. Quegli occhi azzurri erano sempre stati presenti nella sua mente, ma con l'aiuto di Mufasa e Taka stava cominciando, provando a dimenticare.
Come se fosse stato possibile.
Anche se le stelle non erano visibili nel cielo turchino, Sarabi alzò gli occhi e cercò con lo sguardo un qualcosa perso nell'immensità. Una voce, un aiuto, un segno che le dicesse che davvero la sua famiglia la vegliava da lassù, ma nulla era mai arrivato in passato. Perché avrebbe dovuto succedere, allora?
Sarabi cominciò a ruggire, a urlare e a gridare; piangeva, ma non se accorse neppure.
-Perché mi avete abbandonato?! Cosa vi ho fatto io per meritarmi tutto ciò? Avevate promesso di stare sempre al mio fianco, che non ci saremmo mai lasciati!!! Erano tutte bugie?-
Silenzio.
Abbassò la testa, rassegnata. I singhiozzi la scuotevano tutta, con la coda tracciava dei segni sulla sabbia che scomparivano trascinati via dal vento.
All'improvviso una fortissima folata d'aria fresca arrivata dall'Ovest la costrinse a piantare gli artigli nel terreno per reggersi in piedi e le zampe le tremavano dallo sforzo.
La sabbia girava vorticosamente davanti a lei, dando origine a mulinelli e forme vaghe che si perdevano nell'aria. Proprio di fronte a lei, cominciarono a comparire due forme indistinte, che andarono via via a delinearsi: la sabbia aveva creato le sagome di due leoni, un maschio e una femmina, stretti l'uno all'altro in un tenero riquadro.
Sarabi quasi perse la presa dallo stupore: suo padre e sua madre erano in piedi davanti a lei, i loro corpi e i loro lineamenti erano granelli di sabbia portati dal vento, ma erano lì, davanti a lei, e sorridevano.
-Tu non sei sola, Sarabi-
La voce del padre appariva distante, ma la leonessa la sentì rimbombare cento volte più forte nel suo cuore.
Avrebbe tanto voluto rispondere, ma lo stupore le bloccava le parole in gola.
Elanna, la cui sagoma si perdeva nel vento, continuò a sorridere.
-Tuo padre ed io vegliamo su di voi, da lassù. Sii forte, piccola mia.- la sua voce era calma e dolce come il miele. Era la prima volta che udiva la voce della madre. Si chiese se non fosse stata anche l'ultima.
D'un tratto si rese conto del vero significato di quelle parole.
-Come su di noi? Io e chi?- la fatica per sovrastare l'ululato della tempesta era notevole.
I genitori la guardarono amorevolmente e Sarabi sentì le loro fusa anche con quel vento burrascoso; poi, le due figure svanirono nell'aria e i granelli che le componevano caddero a terra come se nulla fosse successo.
La tempesta di sabbia ed il vento impetuoso scomparvero all'improvviso come erano comparsi, lasciando Sarabi confusa e profondamente scossa. Chi stavano proteggendo i suoi genitori oltre a lei? Perchè le dicevano di non temere quando tutto il suo mondo le sembrava ormai crollato?
Abbassò lo sguardo, afflitta. Sotto le sue zampe, un piccolo arbusto verde emergeva da quella chiazza scura; era sgargiante e balzava all'occhio, quasi volesse dire: "Eccomi, sono qui! Guardate come sono bello!".
Si vedeva così bene perchè, a parte il nero del sangue rappreso, non c'era nulla attorno a lui.
Nulla.
Neppure il corpo di Usiku.
Una gioia incredibile e immensa la invase; aveva addirittura paura di non riuscire a trattenerla nel pelo.
Poteva essere viva. Forse lo era davvero.
La Rupe dei Re appariva in lontananza, solitaria e algida come sempre. Ma stavolta, a Sarabi non sembrava più un luogo di dolore e ricordi sfumati, no! Ora pareva una casa. La sua casa. E come ad ogni casa ci si fa ritorno.


Dato che ci ho messo tutto l'impegno possibile e immaginabile se si pensa che ho avuto pochissimo tempo per farlo, vorrei sapere da più gente possibile che cosa ne pensate. sul serio. niente smancerie o cose simili se non vi è piaciuta :P

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Capitolo 14
*** La caccia ***


Salve gente! Ecco qua un nuovo capitolo fresco fresco di computer, spero vi piaccia ;)
Enjoy it XD

CAPITOLO 14 LA CACCIA

Correva da tempo ormai: le zampe le bruciavano e sentiva i muscoli tirati per lo sforzo contrarsi ad ogni movimento. Teneva lo sguardo fisso sulla sagoma ormai nitida della maestosa Rupe dei Re, che usava come punto di riferimento per orientarsi in mezzo a quella pianura sconfinata di rocce e spighe dorate che la avvolgeva in un panorama mozzafiato. Grazie al colore del suo manto, Sarabi si mimetizzava nell'erba secca alla perfezione; in più era sottovento, per cui neppure la preda più sveglia avrebbe potuto accorgersi della sua presenza. Un sonoro brontolìo della pancia le ricordò per l'ennesima volta quanto fosse affamata. Era dal giorno precedente che non faceva un pasto degno di questo nome, così abbandonò la pista per cercare qualcosa di sostanzioso da mettere sotto i denti.
Le ci volle circa un'ora per rintracciare quello di cui aveva bisogno: una mandria di gnu pascolava placida nella pianura, una ventina di membri tutti intenti a brucare che non si erano accorti della predatrice, nascosta nell'erba alta. Sarabi si avvicinò di soppiatto, mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato nella sua vita da semi-solitaria nelle Terre dell'Ovest.
Tutto era pronto e la leonessa stava per attaccare quando un movimento tra le sterpaglie provocò un fastidioso fruscìo, mettendo in allerta le facili prede e mettendole in fuga.
Maledicendo chiunque avesse fatto quel rumore, Sarabi si lanciò all'inseguimento, puntando ad un maschio adulto che zoppicava vistosamente in fondo alla mandria, abbandonato dai compagni e lasciato al suo destino. Nonostante la bestia fosse svantaggiata rispetto alla sua predatrice, non intendeva arrendersi senza lottare. Sarabi afferrò lo gnu per le cosce, facendolo cadere a terra e finendolo con un potente morso alla gola, dissanguando vivo l'animale. La bestia l'aveva colpita con uno zoccolo sulla tempia come ultimo tentativo di difesa, procurandole un profondo taglio all'altezza della tempia.
Senza badarci troppo, la leonessa si concentrò sul suo bottino di caccia e cominciò a sfamarsi.
Il suo pranzo, però, fu interrotto da un rumore di erba calpestata a pochi metri da lei e dalla sua preda. Sarabi si mise in posizione d'attacco, decisa a proteggere la carcassa da altri predatori mangiatori di carogne che potevano tenderle con facilità un agguato in quella pianura desolata. Il misterioso nemico continuava ad avanzare fra l'erba e la leonessa cominciò a ringhiare in segno di avvertimento, ma l'altro pareva non avere intenzione di fermarsi. Sarabi riuscì ad intuire dall'odore che si trattava probabilmente di un suo simile, per di più proveniente dalle Terre del Branco. Si rilassò leggermente, tenendo però gli artigli sguainati nel caso la compagnia si fosse rivelata poco piacevole.
-Chi sei, tu? Fatti avanti- ringhiò nervosa.
Dalla macchia di paglia giallastra uscì timidamente una leonessa chiara, con il manto color del grano e gli occhi turchesi come il fondo di una pozza d'acqua limpida. Era meravigliosa: elegante, slanciata, le zampe lunghe e affusolate. Teneva lo sguardo fisso a terra, come una cucciola che aspetta di essere sgridata dalla madre. Sarabi si chiese se davvero incuteva così tanto timore. Si rese conto che in confronto alla leonessa sconosciuta lei era proprio impresentabile: il pelo era sporco e trascurato, i muscoli guizzavano sinuosi sotto la pelle strappata e lacerata dalle spine delle erbacce della savana, gli occhi rossi e paonazzi per la corsa praticamente fuori dalle orbite. Insomma, non era un gran bello spettacolo.
La giovane non parve farci caso e si avvicinò a Sarabi con un sorriso gentile sulle labbra. Aveva l'impressione di aver già visto quella leonessa da qualche parte...
Un flasback la riportò indietro a quella mattina, quando quella stessa leonessa che stava di fronte a lei stava partendo per la suo prima caccia.
[Sarafina...]
-Uao! Sei stata fortissima! Quello gnu era enorme!- l'espressione sul volto di Sarafina era di vero stupore e ammirazione.
-Anni di pratica.- rispose con un borbottìo scocciato la figlia di Erevu, gettandosi nuovamente con voracità sulla preda.
-Tu devi essere Sarabi, vero? Piacere, io mi chiamo...-
-Sì, lo so come ti chiami, Sarafina. Il piacere è tutto tuo.-
La leonessa abbassò le orecchie, delusa dalla risposta acida della compagna.
A Sarabi, in qualche modo, quella tizia ricordava Usiku: dolce, un po' timida ma tenace. Quegli occhi azzurri, poi, erano identici a quelli di sua sorella. Sarabi si chiese quando mai l'avrebbe rivista: non se, quando, perché ormai era certa che fosse ancora viva. Se fosse stato diversamente, allora sul luogo della lotta avrebbe dovuto esserci il suo corpo, o almeno ciò che ne era rimasto, invece non c'era nulla.
Sarabi squadrò di nuovo dall'alto al basso la leonessa chiara per cercare di dedurre l'esito della prima caccia. Non c'erano segni né di inseguimento né tanto meno di sangue attorno alla bocca, cosa che avrebbe dovuto essere presente nel caso avesse abbattuto una preda. Evidentemente non era andata molto bene.
-Ancora nulla?-
Sarafina scosse la testa sconsolata. Tutta la gioia di qualche minuto prima era scomparsa e aveva lasciato posto ad un'evidente preoccupazione.
Il sole stava già cominciando a tramontare all'orizzonte e la leonessa era ancora a mani vuote. Tornare alla Rupe senza prede, voleva dire essere esiliati a vita nelle Terre di Nessuno, dove ogni forma di vita è inesistente, o quasi. Sarebbe stata meglio la morte.
Un raggio colpì Sarafina negli occhi, facendola tornare alla dura realtà dei fatti.
-Oh, no! Il sole sta già tramontando!- dagli occhi uscirono delle piccole goccioline argentate che riflettevano la luce arancione del vespro -come faccio, adesso?-
A Sarabi fischiarono le orecchie a sentire tutte quelle lagne, ma non potè fare a meno di sentirsi in pena per la giovane compagna.
Sarafina si asciugò le lacrime con una zampa e la sbattè a terra con forza, poi superò Sarabi stringendo i denti per non piangere.
-Dove stai andando?-
-A Nord, verso le Terre di Nessuno.- biascicò Sarafina.
-E cii stai andando...di tua spontanea volontà?? Ma sei impazzita?!- Sarabi cominciò a perdere la pazienza.
-Non ho altra scelta! Se torno nelle Terre del Branco verrò esiliata e sorella sarà declassata da capo cacciatrice perchè la colpa verrebbe attribuita a lei, in caso di mio fallimento. Preferisco morire piuttosto di vedere il mio nome oltraggiato e disonorato in questa maniera. Dì agli altri che sono rimasta coinvolta in un incidente fatale con qualche bestia, o che un ramo mi ha spezzato la schiena mentre inseguivo la preda, ma fa in modo che io venga ricordata, ti prego.-
Quell'orgoglio sproporzionato e quell'amore per la sua famiglia stupirono molto la leonessa color sabbia e si ritrovò a pensare che, dopotutto, loro due non erano poi così diverse.
Guardò la carcassa dello gnu distesa nella polvere dietro di lei e nella sua mente da cacciatrice esperta si fece largo una strana e pericolosa idea, rischiosa ma necessaria.
-Sarafina!- ruggì Sarabi -ho una proposta da farti...
***
Zingela era distesa su una roccia calda, accanto a tutte le altre leonesse del branco. Sulla cima della Rupe, il Re e la Regina guardavano attenti verso il basso, in attesa del ritorno della neo-cacciatrice. Il principe Mufasa era sdraiato all'entrata della caverna reale, lo sguardo malinconico puntava a terra e spesso si lasciava sfuggire dei pesanti sospiri. Taka camminava nervoso avanti e indietro su un piccolo tracciato ormai molto più marcato di prima alla base della Rupe.
Anche se cercava di nasconderlo, Zingela era incredibilmente tesa. Il sole era ormai giunto allo zenit e di sua sorella nemmeno l'ombra. Un brivido gelido le percorse tutta la schiena, ma la leonessa scrollò la testa nella speranza di scacciarlo via.
Finalmente, una sagoma familiare si avvicinò a loro e trascinava qualcosa con sè, una carcassa abbastanza grande da poter sfamare un intero gruppo di leonesse affamate.
Trascinandosi con fatica per via del pancione, Zingela corse ad abbracciare la sorella con le lacrime agli occhi dalla felicità. Sarafina stringeva fra fauci un grosso gnu e lo esibiva orgogliosa a tutte le compagne che erano venute a complimentarsi per la battuta di caccia. La leonessa beige era colma di orgoglio come mai prima di allora mentre osservava la sorellina trionfante sopra la carcassa.
Ahadi scese dalla cima della Rupe, seguito a ruota da Uru e Taka, che si era già precipitato a salutare l'amica. Ruggendo per richiamare l'attenzione, il Re cominciò il rito di inizazione per la giovane cacciatrice.
-Sarafina, i grandi Re del Passato hanno benedetto la tua caccia, donandoti una preda sana e abbondante.
Hai chiesto di meritare fiducia e il Branco te ne darà.-
A quel punto, da un albero lì accanto, scese un babbuino, reggendo fra le zampe un bastone dal quale pendevano dei frutti esotici e misteriosi. Lo sciamano si mise di fronte a Sarafina, annusando l'aria con aria quasi mistica, poi ruppe un frutto e ne fece uscire il succo rosso.
-Nyekundu jasiri.- disse la scimmia, tracciando una linea porporea orizzontale sulla fronte della leonessa.
-Nyekundu jasiri, rosso coraggio.- disse solennemente Ahadi.
Rafiki prese ancora un po' di quel succo rosso e lo unì alla polvere, creando un miscuglio scuro che spalmò con le dita sulle guance di Sarafina.
-Nyeusi kiburi-
-Nyeui kiburi. Nero orgoglio.-
La scimmia prese infine le fogli di quei frutti e le passò con forza sul mento e sul naso chiaro della giovane.
-Kijani matumaini.-
-Kijani matumaini. Verde speranza. Questi sono i doni che i nostri antenati ti hanno dato, ora, mettili a frutto.-
Il maestoso leone ruggì per primo, sollevando un coro di leonesse che risposero dicendo:
-Fathse leso lea halalela! La terra dei nostri antenati è sacra!-
Quando tutti fecero finalmente silenzio, Sarafina, con il volto dipinto dei tre colori a lei assegnati, salì sul corpo dello gnu deceduto e ruggì con potenza, proclamando la sua vittoria.
Intanto le stelle brillavano in cielo luminose
***
Sarabi guardava quei puntini luminosi splendere nel cielo buio. Erano così luminosi e intensi da poter pensare che sarebbe bastato allungare la zampa per toccarli.
Così vicini eppure così lontani.Era una cattiveria fare delle cose così belle e poi allontanarle da tutti affinchè nessuno potesse tenerle per sè e ammirale come avrebbero meritato.
Un rumore di zampe dietro di lei la distolse dai suoi pensieri.
-Non dovresti essere alla cerimonia in questo momento, Mufasa?-
Il grande leone dalla criniera rossa si sedette tranquillo accanto all'amica, fissando il cielo,
-La cerimonia è già finita. Sarafina sta festeggiando con le sue compagne nella tana. Anzi, probabilmente sta già dormendo.-
-È andata bene?-
-Direi proprio di sì.-
Sarabi sospirò sollevata. Almeno qualcosa in quella giornata era andato per il verso giusto.
Mufasa sorrise e i suoi occhi brillarono per l'emozione. Non dissero nulla, ma il loro silenzio era perfetto. Le parole erano superflue per lui, bastava stare accanto a lei per sentirsi in paradiso.
-Non l'ha preso Sarafina lo gnu, vero?-
La leonessa lo guardò e nel suo sguardo il principe colse un guizzo di divertimento.
-No. Non proprio.-
Mufasa lo sapeva già. La bestia era troppo grande e Sarafina troppo inesperta per una preda simile. Inoltre la carcassa era impregnata dell'odore di Sarabi.
Quel profumo era irresistibile per lui, come i luoghi misteriosi e selvaggi della notte.
Avrebbe potuto rimanere lì a fissarla per tutta la notte mentre la luna le illuminava il manto sporco e arruffato, ma anche così era magnifica.
Più selvaggia del vento nel deserto, più impetuosa del tuono sopra la terra, più splendente del sole di mezzogiorno.
A lui piaceva così. Misteriosa, sensibile, scorbutica a volte.
Le zampe gli fremettero e resistette all'impulso di strofinarsi sul suo petto morbido e fare le fusa come un micio innamorato per un pelo.
-Secondo te cosa sono quei pallini luminosi lassù?- indicò Sarabi.
-Mio padre dice sempre che sono i grandi Re del Passato ci guardano e ci proteggono da lassù. Loro splendono e ci indicano la via giusta, ma non sempre la seguiamo. A volte sbagliamo e finiamo per pentircene, o per fare cose che vanno contro tutto ciò che è giusto.-
-E perchè non ci impediscono di farlo?-
-Beh, questo è il bello. Perchè siamo liberi di fare le nostre scelte.-
Sarabi sorrise e a Mufasa parve crollare il mondo addosso.
-Secondo te c'è anche la mia famiglia, lassù?-
Il volto della leonessa diventò più malinconico e gli occhi si fecero tristi.
Mufasa adocchiò due stelle vicine, che brillavano con grande intensità:
-Certo, non li vedi? Quelli sono i tuoi genitori. Sorrisono, vedi? Sorridi anche tu, dai...-
L'ultima frase suonò più come una supplica che come un incoraggiamento.
-E mia sorella?-
Il principe si diede da fare per trovare una stella abbastanza riconoscibile da identificare, ma non ce ne era nessuna.
-Mi disipiace...i-io non la vedo...-
Inaspettatamente, Sarabi sorrise e si alzò, sembrava scoppiare di felicità.
-Era proprio quello che volevo sapere!-
Si girò e fece per andarsene, ma all'ultimo secondo tornò indietro e leccò affettuosamente la guancia di Mufasa.
-Grazie.- gli sussurrò in un orecchio la leonessa.
Il leone ebbe un brivido lungo la schiena e si voltò giusto in tempo per vedere il corpo snello di Sarabi scomparire nella notte, avvolta nell'oscurità.


ANGOLINO AUTRICE

Bene bene bene...un po' di romanticismo in questa storia di inganno e crudeltà, finalmente XD

Ringrazio The_Visored_Story_Teller per le recensioni e confido in nuovi commenti <3

ciao ciao

Sarabi :)


 

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Capitolo 15
*** False speranze (parte 1) ***


CAPITOLO 15 FALSE SPERANZE (parte 1)

Due mesi dopo.

-Abbassa la pancia. Di più!-
-Così?-
-No! Il tuo ventre deve quasi toccare terra!-
Sarafina si abbassò ancora di più fino a toccare il terreno.
-Va meglio così?-
Sarabi storse il naso vagamente infastidita da quella totale mancanza di abilità.
-Accettabile.-
La leonessa chiara sospirò esausta. Erano più di due ore che la compagna le faceva fare appostamenti per la caccia e nulla pareva darle soddisfazione. A parte umiliarla, certo.
Cominciava a domandarsi se averle chiesto di insegnarle a cacciare decentemente fosse stata effettivamente una buona idea.
-Forza, riprova.- il tono della sua mentore non ammetteva repliche.
A Sarafina scappò un gemito di esasperazione, ma si mise subito nuovamente in posizione appostandosi fra l'erba alta.
-Abbassa quei fianchi!-
Cercando di eseguire l'ordine, la leonessa color crema scivolò lievemente sulle zampe anteriori, muovendo qualche sassolino, che fece rumore.
Sentì il sospiro rassegnato di Sarabi e capì di non essere ancora sistemata correttamente.
-Il tuo peso deve essere bilanciato sulle anche, per darti più stabilità. Possibile che ti debba dire tutto io? Sei una leonessa o un micetto?-
Sarafina distolse lo sguardo dagli occhi infuocati della compagna prima che lei potesse umiliarla in qualche altro modo.
[Grandi Re del Passato, guardate in basso per una volta!]
Quasi fosse un messaggio dal cielo, le due leonesse udirono in lontananza il rauco ruggito del Re Ahadi che chiamava a raccolta il branco.
Gli occhi di Sarabi furono attraversati da un guizzo di felicità e adrenalina, mentre Sarafina mandava un tacito ringraziamento ai suoi antenati.
-È ora!- Gridò la leonessa più scura emozionata, cominciando a correre e rotta di collo per la radura erbosa.

-È ora!- Mufasa uscì dalla grotta reale con le zampe che tremavano dall'eccitazione. Davanti a lui, suo padre e sua madre guardavano, con aria critica ma dolce, la giovane cacciatrice seduta ai loro piedi, su cui erano puntati tutti gli sguardi dei presenti. Tranne quelli di Taka, certo, che aveva occhi solo per Sarafina, ma lei ricambiava con occhiate storte e fredde.
-Popolo delle Terre del Branco, è finalmente giunta l'ora di testare la lealtà e la forza di questa giovane leonessa.-
[Non sarà la mia lealtà a cacciare la preda.]
Sarabi lo guardò bieco, ma nessuno parve accorgersene.
-Sono ormai quattro mesi che Sarabi è stata accolta nel branco ed è ormai matura abbastanza da affrontare la sua prima caccia.-
[Io ero matura anche due mesi fa, se quei maledetti vagabondi non avessero minacciato i nostri confini per settimane! Il mio rito di iniziazione avrebbe dovuto svolgersi molto tempo fa.]
-Hai tempo fino al tramonto per dimostrare le tue capacità. Al tuo ritorno, Rafiki parlerà con gli spiriti dei Grandi Re del Passato e loro ti assegneranno i tuoi colori-guida.-
Un mormorio di approvazione si levò dai presenti.
-Ora, vai!- esclamò Ahadi.
Sarabi annuì e si lanciò fra gli arbusti e l'erba secca, scomparendo nella fitta sterpaglia.
Sarafina tenne lo sguardo puntato sulla leonessa finchè non fu sicura che tutti i presenti se ne fossero andati, anche Taka.
Soprattutto Taka.
Solo un leone era rimasto oltre e lei, alla base della Rupe.
La leonessa si chiese cosa avesse di tanto urgente da dirle Mufasa: appena lei e Sarabi erano arrivate alla cerimonia, il principe l'aveva subito presa in disparte, sussurrandole di venire subito da lui non appena la caccia fosse iniziata. Aveva detto di avere un importante compito da affidarle.
Sarafina raggiunse il grosso maschio, prostrandosi a lui in segno di sottomissione.
-Dai, Sarafina! Ci conosciamo da quando eravamo poco più che palle di pelo, sai che odio tutta questa formalità...- Mufasa ridacchiò e spinse a terra l'amica con una zampa.
-Senti, ho un favore da chiederti...-

Nel cielo chiaro il sole continuava imperterrito a viaggiare senza mai fermarsi. Ormai era tardo pomeriggio e Sarabi seguiva da ore un branco di antilopi che continuava a spostarsi in luoghi sempre più lontani dalle Terre del Branco. Si muoveva con la furtività e il silenzio dell'ombra delle nuvole sul terreno.
Catturare un'antilope- la voce di Zingela le riecheggiava nelle orecchie -significa essere veloci, furtive e incredibilmente agili. È una delle bestie più difficili da catturare e sicuramente si piazza al primo posto nella mia classifica delle prede preferite!
Sarabi si immaginò sulla Rupe, trionfante sulla carcassa della più grossa antilope mai vista nelle terre di Ahadi, mentre quello strano babbuino preparava chissà quale strana pianta da spiaccicarle in faccia.
[Okay, quella parte preferirei saltarla...]
Finalmente, il branco si fermò a brucare. Camminando, avevano ormai raggiunto il confine ovest delle Terre del Branco. Distrattamente, Sarabi colse con la coda dell'occhio una fitta macchia di vegetazione poco distante da lei. Promise a sé stessa di non metterci piede per nessun motivo: i boschi ormai sgnificavano solo guai, per lei.
Acquattandosi fra l'erba, la leonessa si preparò ad attaccare, sguainando gli artigli e regolando il respiro.
Mirò ad un giovane maschio adulto, piuttosto muscoloso e robusto per uno della sua razza.
[Bersaglio perfetto.]
Flettendo i muscoli, si preparò allo scatto. Si avvicinò il più possibile all'antilope cercando di mantenersi mimetizzata fra l'erba il più possibile. Il maschio alzò il muso, annusò l'aria e comiciò a correre: l'odore del predatore era ovunque.
[ORA!]
Sarabi balzò fuori da suo nascondiglio e le sue zampe sembravano volare sopra il terreno. Affondando gli artigli nel cranio della povera bestia, la cacciatrice la sbattè a terra, rompendole l'osso del collo prima ancora che la preda si rendesse conto di essere stata attaccata.
Si pulì con la lingua ruvida gli artigli sporchi dei sangue, che si era appiccicato al suo pelo e le macchiava la pancia.
[Ecco, lo sapevo. Adesso ci vorranno ore per togliermi questa roba di dosso!]
Concentrata com'era sul bottino, si accorse a malapena del caldo profumo di latte e sabbia che le inondò le narici pian piano.
-Mamma!-
L'urlo mise in fuga la mandria, ma Sarabi non importava più nulla. All'improvviso, una moltitudine di immagini presero a girare vorticosamente nella sua testa. Ricordi persi nel tempo, momenti della sua vita passata, tornavano di nuovo a sanguinare come ferite riaperte.
Una voce lontana le sussurrava nell'orecchio parole confuse, trascinate via dall'uragano delle emozioni.
Seguimi.
Velocemente com'era venuta, la scia di profumo si affievolì fino a diventare poco più che una flebile traccia, lasciando Sarabi ansimante con gli artigli aggrappati al terreno, nella calma e nel silenzio della savana.
[No! Non andartene ora!]
Abbandonando lì la carcassa, la leonessa seguì la pista lasciandosi guidare dal suo naso felino, guardando a malapena dove metteva le zampe. Il sentiero che suo madre le stava indicando era tortuoso e passata attraverso zone irte di rovi e spine. Dopo pochi minuti di cammino, i suoi polpastrelli avevano già cominciato a sanguinare, insanguinando la polvere del sentiero. Sarabi alzò lo sguardo, guardando dove l'olfatto l'aveva portata: per un attimo credette che la madre stesse scherzando, ma forse gli spiriti non avevano poi tutto quel senso dell'umorismo.
[Mi state prendendo in giro? Sappiate che non è divertente...]
Fissò la foresta come se fosse un coccodrillo che le tendeva un agguato.
[Oh, ma dai! Proprio lì dovete mandarmi, vero? Perchè mostrarmi una bella roccia calda dove sdraiarsi quando c'è una foresta misteriosa e lugubre che aspetta solo me?!]
Forse si sbagliava. Forse i Re del Passato avevano davvero un gran bello humor. Pessimo, però.
La scia profumata si fece più intensa e Sarabi immaginò volesse essere un messaggio di incoraggiamento per proseguire il suo breve viaggio.
Sospirò sconfitta e si avviò a testa alta nella fitta boscaglia.
Ogni raggio di luce veniva filtrato e in qualche modo reso freddo dalle fronde scure degli alberi che la sovrastano, incutendole un certo timore. Dovette fare appello a tutto il suo coraggio per non voltarsi e fuggire via con la coda fra le zampe.
Quando sentì l'odore affievolirsi ulteriormente, si fermò. Si trovava in una piccola radura erbosa, ma il sole calante era comunque a mala pena visibile fra i rami: le ombre degli arbusti serpeggiavano sul terreno e e Sarabi si chiese cosa ci stesse facendo lì.
[Perchè mi avete portato qui? Cosa volete che faccia?]
Le foglie si mossero all'unisono scosse dalla brezza, dando vita a un rumoroso fruscio. La voce di suo padre sembrava sibilare fra i rami:
Aspetta.
-COME “ASPETTA”? Mi portate da sola in un posto che non conosco e tutto ciò mi sapete dire è “aspetta”?! Io avrei altro da fare che stare ferma qui a...-
Un rumore distolse la sua attenzione e la costrinse a mettersi in posizione di guardia.
La sagoma di una leonessa dal pelo chiaro emerse dai cespugli, facendo rilassare leggermente Sarabi.
-Sarafina. Cosa ci fai tu qui?-
[E soprattutto, perchè diamine deve balzare fuori proprio nel momento più inaspettato?]
Alla figlia di Erevu si drizzò il pelo lungo la schiena:- Mi stavi spiando, forse?-
Sarafina si sedette, ma nonostante cercasse di mantenere la calma, era visibilmente agitata.
-Mi ha mandata Mufasa, voleva assicurarsi che tu stessi bene. Dovevo tenerti d'occhio, ma ad un certo punto ti perso di vista e ti ho vista scomparire nella foresta mentre...-
-Stai calma, per favore! Ho mangiato cose che sia agitavano meno! Comunque, ora mi hai trovato, soddisfatta? Cosa c'è che non va?- ribattè acida Sarabi -Adesso torno a riprendere la mia preda e...-
-La tua preda non c'è più.-
-Cosa?!-
-Qualcuno deve averla divorata mentre tu vagabondavi nella foresta.-
Sarabi sentì la rabbia crescere e ribollire furiosa dentro di sé. Promise a se stessa che se mai avesse incontrato una di quelle bestie malfamate, la sventurata non sarebbe certo tornata a casa in tempo per la cena.
-Non importa.- cercava di sembrare convincente, ma i risultati erano scarsi.-Ne catturerò un'altra sulla via del ritorno.-
La leonessa color sabbia superò la compagna, cercando la via del ritorno verso casa.
Sarafina abbassò il muso, la tristezza colmava i suoi occhi.
-Sarabi...-
-Cosa c'è, adesso?-
-Il sole è tramontato.-

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Capitolo 16
*** False speranze (parte 2) ***


Vi avevo lasciato in sospeso con l'ultima frase del pezzo precedente, per cui eccomi di nuovo qui con un capitolo fresco fresco di stampa, ma...
Prima di leggere: Io sono la prima ad odiare le premesse, so che sarà una rottura di scatole, ma mi tocca. NON MI ODIATE per quello che ho scritto e che state per leggere, perchè non so cosa mi è saltato in mente quando (penso in un periodo che si aggira attorno all'era Mesozoica) ho buttato giù il canovaccio della storia, ma mi ero ripromessa di non modificarlo, e così è stato.
Leggete e se vedo gente fuori di casa mia con forconi e torce so che siete voi X.X
Enjoy it ;)
WARNING: lunghezza estrema
-Corri!-
Il freddo vento notturno della savana soffiava e ululava nella pianura con la potenza di un uragano, più terrificante di qualsiasi verso animale mai udito.
Gli artigli graffiavano il terreno arido e già un paio si erano spezzati per il contatto con le rocce appuntite che spuntavano dal suolo; le spighe e i rovi le sferzavano il muso, graffiandola e tagliandola sulle guancie e sul naso. Le ferite sui cuscinetti si erano riaperte e il terreno si bagnava di sangue ovunque lei poggiasse le zampe.
Una luna fredda e bianca rischiarava il paesaggio buio e tutto rifletteva quella luce sinistra, la notte sembrava quasi animata dai fantasmi di cose che, alla luce del giorno, potevano essere stati alberi,o rocce, o pozze d'acqua; ma quelli...quelli non erano che una visione distorta e terribile della realtà.
Sarabi la trovò agghiacciante.
Continuava a correre, anche sotto quella luna gelata. Dietro di lei, Sarafina ansimava stremata, cercando di mantenere il passo della compagna. Anche lei sembrava un'altra leonessa, sotto quella terrificante luce bianca.
La Rupe non era distante ormai, ma a Sarabi sembrava più lontana che mai.
-Sarabi, aspetta!-
Sarafina aveva rallentato e camminava a testa bassa, la lingua rosa ciondoloni fuori dalle forti mascelle.
-Ormai correre...non serve a...a nulla! Il sole è sceso e non puoi tornare indietro!-
Sarabi sentì gli occhi bruciare e pungere e capì che non si trattava del soffio del vento.
-Sarabi...io lo so che è difficile per te, ma non capisci?! Non puoi tornare alla Rupe! Sarai esiliata A VITA!
-LO SO COSA MI ASPETTA LAGGIU', VA BENE?! So che mi cacceranno e so anche che non mi sarà permesso tronare, non sono stupida! Ma cos'altro posso fare, allora?!-
Le lacrime ormai rigavano il muso fiero della giovane leonessa e stava dando fondo a tutta la sua riserva di autocontrollo per non mettersi a singhiozzare come un cucciolo. Dopo un'infanzia consumata in solitudine e nell'emarginazione, dopo la morte della sua famiglia, dopo essere sfuggita alla morsa della notte eterna, ora si ritrovava di nuovo senza casa, senza meta e senza nessuno affianco.
Le zampe le tremavano e stava per cadere in preda agli spasmi muscolari.
Un corpo caldo le scivolò accanto e si sedette al suo fianco, avvolgendole le spalle con una zampa.
-Smettila di piangerti addosso, Sarabi! Sei una leonessa o un micetto?- disse con dolcezza Sarafina, imitando la voce della compagna.
Sarabi tentò un debole sorriso fra le lacrime e si strinse all'amica. La sua mente captò una nota stonata in quella piccola armonia: Sarafina aveva un'altro odore addosso, non era il suo. Un profumo molto più selvaggio, le ricordava allo stesso tempo l'umidità della foresta e l'afa soffocante della sabbia. Era appena percettibile, sopraffatto da quello ben più familiare e dolce della giovane, ma rimaneva comunque impresso nella sua pelle: la traccia era piuttosto vecchia, risaliva minimo a qualche ora prima.
La figlia di Erevu fece per chiedere spiegazioni, ma non fece a tempo:
-Dovunque tu vada e qualsiasi cosa tu faccia,- la interruppe l'amica- la strada non sarà sempre dritta: inciamperai, cadrai e ti farai male, ma ci sarà sempre, sempre qualcuno che ti reggerà quando cadrai e ti aiuterà ad rialzarti, ti asciugherà le lacrime e curerà le tue ferite, ti porterà sulle ali del vento e ti insegnerà a volare se solo lo vorrai. Potrebbe essere un amico, uno sconosciuto o il leone più meraviglioso di tutta la savana. Magari non lo vedi oppure devi ancora trovarlo, ma non per questo sei dimenticata. Tu non sarai sola, Sarabi. Mai.-
La leonessa scura guardò il volto della compagna e vide i suoi occhi color dell'erba ammiccare con simpatia.
-Ci sono io, adesso. Può bastarti?-
Sarabi si alzò e si asciugò in fretta le lacrime e sul suo muso si allargò di nuovo un sorriso.
-No, non mi basta.- disse scivolando nell'oscurità della notte, invitando l'amica a seguirla con un gesto della coda. -È tutto ciò di cui ho bisogno.-

Purtroppo, tutto il discorso di Sarafina le fece scordare la domanda che stava per porle. Dietro di lei, la leonessa chiara tirò un sospiro di sollievo, ammazzando la tensione. Aveva capito che la cacciatrice solitaria stava per chiederle qualcosa a cui lei non avrebbe potuto rispondere. Non ancora.
[Mi dispiace, Sarabi. Questa cosa non ti riguarda...]
Poi si lanciò all'inseguimento della compagna.
***
Sul maestoso albero di baobab, Rafiki se ne stava seduto a cavalcioni di un ramo, pitturando con le dita la sagoma di una giovane leonessa con le dita tozze colorandola di sabbia e segnando con il fango più scuro dei cerchi attorno alle orecchie. Era tradizione che lo sciamano imprimesse nella dura corteccia del sacro albero le immagini di tutti i leoni e le leonesse che avevano visto sorgere il sole alla Rupe dei Re.
Il babbuino era concentrato ad ascoltare le voci dei Grandi Re del Passato, che in quel momento gli stavano parlando, sussurrandogli i colori guida per la giovane cacciatrice che avrebbe avuto la sua cerimonia di accettazione nel branco quella sera, al calar del sole.
Canticchiando un'allegra melodia, cominciò a intingere le zampe nei colori e a spalmare i pigmenti accanto al disegno primitivo della leonessa.
-Mmh...ah ah! Nyeupe sadaka!-
Disse tracciando la prima linea colorata sul mento del ritratto.
Poi annusò l'aria e stavolta prese un altro colore, segnando le guancie con due linee parallele.
-Uhuhu!...Blue ekima!-
Lo sciamano si fermò ad ascoltare le voce del vento, ma prima di agguantare l'ultimo pigmento si fermò bruscamente.
-Co-cosa?! Non direte sul serio, vero? - esclamò eccentrico, gesticolando in aria con i lunghi arti anteriori -Quel colore è dato solo a chi...-
Un soffio di vento freddo gli fece morire le parole in gola. Il babbuino rimase con la bocca spalancata, la mascella inferiore minacciava pericolosamente di cadere.
-Oh, e va bene!! Spero solo che sappiate cosa state facendo...-
E con un' ultima linea segnò la fronte dell'immagine di Sarabi, borbottando fra sé e sé:-
-Dhahabu ukweli...-
***
La luna piena era ormai alta ed il cielo era completamente terso e senza nuvole. Un leone biondo con la criniera corvina stava seduto sulla cima della Rupe, contemplando con i suoi occhi verdi bordati di nero tutte le stelle, osservandole e rimirandole una ad una: quella notte erano così brillanti che avrebbero potuto quasi oscurare anche la potente luce lunare.
-Sapevo che ti avrei trovato qui, Ahadi.-
Una voce femminile proruppe nel silenzio, dolce e cristallina. Una leonessa scivolò aggraziata accanto al grosso maschio, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-A cosa stai pensando?- chiese lei, facendo delle fusa rumorose.
-A niente, Uru. Sto solo guardando il cielo.-
-Allora dato che stai qui a poltrire, mio caro, perchè non vai a calmare tuo figlio?-
-Immagino tu stia parlando di Mufasa.-
La regina dal manto scuro annuì, soffocando un risolino.
-È tutto il giorno che fa avanti e indietro davanti alla Rupe. Mi sta facendo venire la nausea..-
Ahadi ricambiò le fusa e le leccò affettuosamente la fronte. Rimasero così per un po', in silenzio a contemplare il cielo stellato.
Dopo qualche minuto, un gridò si levò dal basso, chiamando tutti a raccolta per l'arrivo di Sarabi e Sarafina. Ahadi riconobbe il richiamo potente di Zingela partire dalla base della Rupe e l'eco della sua voce si perse lentamente nella distesa deserta. Per qualche secondo fu silenzio, poi un altro ruggito rispose a quello della capo-cacciatrice, debole e distante, ma pur sempre familiare: con molta probabilità era quello di Sarafina, sua sorella.
Il Re e la Regina scesero fianco a fianco giù dal pendio scosceso della grande roccia, dove ormai tutti li stavano aspettando, ansiosi di sapere l'esito della battuta di caccia del nuovo membro, a tutti gli effetti, del branco. Numerosi mormorii aleggiavano nell'aria fresca: le voci di leonesse che parlavano fra loro del numero, della quantità e della specie di preda che la giovane avrebbe esibito come bottino di lì a poco. C'era chi sperava di vederla tornare con un grosso gnu fra le fauci, altre dicevano di averla vista mentre abbatteva una zebra incinta, mentre le più giovani sognavano un grosso bufalo nero come cena.
Ahadi mandò una di loro a chiamare Rafiki, per dare inizio alla cerimonia di iniziazione di Sarabi. La femmina lo guardò male e aprì le mascelle come per ribattere, ma bastò un'occhiata severa del sovrano per farla tacere e spedirla di corsa all'albero del babbuino.
Il leone rise di gusto. In cuor suo, Ahadi sapeva che una cacciatrice provetta come Sarabi non avrebbe certo deluso le aspettative del branco, né le sue.
***
-La vuoi piantare?!-
-Di fare cosa?-
-Di girarmi attorno come un'avvoltoio su una carogna fresca! Davvero, smettila se non vuoi farmi venire il voltastomaco.-
Il leone dalla criniera rubino ruotò gli occhi, insofferente:
-Ti ricordo che durante la prima caccia di Sarafina sono state molte le leonesse a lamentarsi di sentirsi male, a forza di vederti fare avanti e indietro sulla Rupe!-
Taka ringhiò sprezzante, dando le spalle al fratello e sdraiandosi sulla roccia, che ancora rilasciava un po' del calore assorbito durante tutta la giornata precedente.
Mufasa lo ignorò e continuò a camminare.
Finalmente, la voce di Zingela riecheggiò nell'aria e con lei anche quella di Sarafina, che rispondeva al suo richiamo.
Il giovane principe scattò sulle zampe e andò a raggiungere i suoi genitori, seduti fianco a fianco con le code intrecciate fra loro alla base della grande roccia solitaria. Si accucciò e sedette vicino a loro: nonostante all'apparenza cercasse di sembrare tranquillo, Mufasa tremava dall'eccitazione; la sua coda frustava lo spazio vuoto attorno a sé, provocando un fastidioso rumore che fece storcere il naso a più di una leonessa.
Finalmente, le sagome di due giovani cacciatrici si delinearono sotto la luce lunare, i loro manti brillavano come fossero cosparsi di polvere di stelle.
Solo loro due.
Niente preda.
Lo sbigottimento fu generale. Ahadi e Uru si scambiarono sguardi preoccupati, mentre il resto del branco mororava confuso. Mufasa sentì crescere dentro di sé la più antica delle morse, quella più fredda e dura. La paura. Il cuore cominciò a martellargli forte nel petto e il futuro Re temette che il rumore dei suoi battiti cardiaci potesse essere sentito anche da fuori. Un lungo, eterno brivido gelido gli attraverso la spina dorsale per lungo, facendolo rabbrividire. Possibile che davvero non avesse preso niente?
Sarafina si fece da parte per lasciare il posto a Sarabi, che si avviò lentamente verso la coppia regnante, sotto lo sguardo increduli dei presenti. Anche se stremata, impolverata e insanguinata, non aveva perso un briciolo della sua dignità.
-Sarabi!- la voce di Ahadi era profonda e grave, ma attraversata una nota di malinconia -dov'è il tuo bottino di caccia?-
La leonessa rimase in silenzio per un momento, poi abbassò il capo e ammise quasi sussurrando:
-L'ho persa.-
Un'ondata di proteste si levò dalle cacciatrici, mentre Sarabi continuava a fissare il terreno, ferita nell'orgoglio come non mai.
-No...- la voce di Mufasa fu sovrastata da quella del padre che fece tornare il silenzio fra i membri del branco.
-Racconta a noi tutti cos'è successo.- ordinò.
La leonessa cominciò il suo racconto, che lasciò tutti a bocca aperta. Non sarebbe stato giusto esiliarla per un così futile motivo!
Terminata la narrazione dei fatti, tra i presenti calò un silenzio tombale, in attesa del giudizio del sovrano.
Ahadi strinse gli occhi e li riaprì, il muso contorto in un'espressione di rammarico, ma la sua decisione non si fece attendere:
-Le nostre tradizioni hanno radici profonde, che non possiamo permetterci di ignorare...-la voce del vecchio Re era intrisa di tristezza- Sarabi, hai portato a termine la tua prima caccia, ma non l'hai fatto secondo i bisogni del tuo branco. Io, Ahadi, Re delle Terre del Branco, ti condanno all'esilio da questi luoghi dove i nostri antenati hanno cacciato e dove noi cacciamo oggi. D'ora in poi, sarai conosciuta come Kigeni, “straniera”, e non ti sarà concesso di fare ritorno alla Rupe. Mi dispiace tanto...- aggiunse con un sospiro
-NO!- Mufasa si parò davanti alla leonessa color sabbia, ruggendo in faccia a suo padre -Non ti lascerò esiliare Sarabi! Lei non ha colpa di ciò che è successo! Se fosse successo a un'altra qualsiasi delle nostre leonesse, allora...-
Un colpo dietro la nuca fece ammutolire il giovane maschio. Quando si gridò, vide Sarabi con la zampa sollevata, gli artigli ritratti dentro i cuscinetti incrostati di polvere e sangue e gli occhi rossi come l'alba lucenti di rabbia e di delusione cocente.
-So cavarlmela da sola, Mufasa.- La sua voce non era altro che un concentrato di tristezza pura e determinazione. Poi, abbassò la zampa e fissò negli occhi il leone, provocandogli uno strano tremore nel cuore. -M mancherai...-
-Io...io...- Mufasa rimase senza parole. Non poteva davvero averlo trattato così male! Veramente non sapeva cosa lui provava nei suoi confronti? Era vero quel terribile incubo che vedeva lui e lei separati per sempre, con due vite davanti ce non si sarebbero mai più incrociate? E ei se ne stava lì senza fare niente! Mandandole un'occhiata feroce, il principe se ne andò via senza nemmeno salutare, lasciandola da sola con la folla di leonesse e il suo cuore infranto.
L'ultima a venire da lei fu Zingela, che barcollava pericolosamente per colpa della pancia incredibilmente gonfia.
-Buon viaggio, spero che tu trovi quello che fa per te e che il tuo cuore trovi pace.-
[Il mio cuore non troverà mai pace, amica mia, non finchè sarò lontana da queste terre.]
Sarabi leccò il muso della cacciatrice e le sfiorò dolcemente il ventre prominente con la zampa.
-Spero che cresca sano e forte.-
-Sani e forti, vorrai dire.- sorrise lei -Rafiki pensa si tratti di due gemelli.- nella sua voce c'era una tenerezza assoluta.
-Salutami anche lui, quando lo vedi.- aggiunse.
Zingela annuì, poi si ritirò nel buoi della grotta assieme alle altre cacciatrici.
Alla fine rimasero solo lei e Sarafina. Non servirono parole, né lacrime, né spiegazioni: le due amiche si guadarono negli occhi e si sorrisero a vicenda.
Poi, Sarabi svanì nella notte, asciugando quella maledetta lacrima che, solitaria, voleva ancora una volta solcare le guance della leonessa.



Non sempre le cose vanno come vorremmo. Non c'è sempre l'eroe della situazione, quello che para il culo a chiunque nel momento più adatto. A volte, le cose vanno esttamente come dovrebbero andare, o meglio, come vanno nella realtà: male.
Ma non sono così cattiva, in fondo. Forse ho ancora dei bei progettini in mente per la regina delle terre del branco >.> <.<
In ogni caso, perchè gli spiriti hanno condotto Sarabi sulla via sbagliata? Chi ha rubato la carcassa? Perchè Sarafina aveva addosso l'odore di un estraneo?
Ehehe, lo saprete solo nei prossimi episodi! Per ora, buonanotte a tutti e aspetto numerosi i vostri commenti.

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Capitolo 17
*** Cicatrici (parte 1) ***


Here I am! Volevo postarvi la prima parte del nuovo capitolo (che non chiamerei neppure così, da quanto è corto) prima di partire per Dresda.
Sto via solo una settimana, ma volevo lasciarvelo comunque ;)
Allora...a che punto eravamo? Ah sì: Sarabi esiliata, Mufasa furioso, 2 misteri da risolvere e una storia da continuare...
Vi avviso che in questo capitolo (compresa la seconda parte) di Sarabi non se ne vede neppure l'ombra, ma volevo far luce su uno dei due punti irrisolti eh..beh, leggete e ditemi.
Enjoy it <3

CAPITOLO 16.1 CICATRICI

Sentì l'onda d'ira impossessarsi del suo corpo e lasciò che la rabbia guidasse i suoi movimenti. Con una potenza micidiale, il leone abbattè la zampa sul grosso ceppo marcio di fronte a lui, riducendolo in mille schegge appuntite che schizzarono ovunque, compreso sul suo muso.
Mufasa ruggì di dolore, coprendosi il volto con la zampa insanguinata e barcollò all'indietro, cercando di mantenere l'equilibrio e restare saldo sulle zampe.
Gli occhi erano avvolti nelle fiamme della rabbia, che lo divorava dentro senza lasciagli via d'uscita.
Guardò i frammenti del vecchio albero sparsi sul terreno, mentre una piccola goccia di sangue scorreva lenta dallla tempia lungo la sua guancia.
Con una smorfia di dolore il leone si trascinò fino alla pozza d'acqua, brontolando e ringhiando furioso.
Sarabi se n'era andata da meno di un'ora e Mufasa aveva ancora il cuore gonfio di risentimenti. Era furioso con lei, certo, per essersene andata senza lottare, per averlo lasciato senza dire nulla. Ma la sua vera ira era riservata a lui stesso: come aveva potuto trattarla così? Perchè si era lasciato trascinare in quel vorticoso buco nero di emozioni che lo avevano spinto a fare tutto ciò? Ora lei se n'era andata, probabilmente per sempre, e l'ultima cosa che avrebbe ricordato di lui sarebbe stato il suo ringhio furioso e l'immagine delle sue spalle che si giravano, scattavano in avanti e la lasciano indietro, nel suo passato.
[Io non potrei mai cancellarla dalla mia mente. Ma lei probabilmente lo ha già fatto.]
Immerse il nell'acqua gelida e trattenne il respiro quando il freddo lo investì di colpo. Emerse dopo qualche secondo infernale, i brividi lo scuotevano fin dentro alle ossa; scrollò il capo e fece piovere una pioggerellina di goccioline che erano rimaste intrappolate nella sua criniera.
Si riconobbe nel riflesso cristallino dello specchio d'acqua illuminato dalla luna: niente più sangue, niente più occhi furiosi. Era tornato ad essere lui, come sempre.
Un fruscio dietro ai cespugli lo fece allarmare. Scattò sulle zampe e ringhiò minaccioso, ma le sue spalle si rilassarono non appena videro emergere dagli arbusti un leone scuro dagli occhi verdi smeraldo come il padre.
-Cosa ci fai qui?- chiese Taka, avvicinandosi al fratello.
-Potrei chiederti la stessa cosa.-
Il principe scuro sospirò e alzò lo sguardo alla luna. Mufasa si chiese a cosa stesse pensando il suo vecchio compagno di avventure, con lo sguardo perso nel cielo rischiarato dalle stelle e dall'immensa luna piena.
-Nulla.- rispose calmo -Mi facevo un giro.-
-Allora dev'essere un'abitudine di famiglia.-
I principi si sedettero uno accanto all'altro e tra i due scese il silenzio.
Fu Taka a interrompere quella pace notturna.
-Pensavi a Sarabi, vero?-
Mufasa si limitò ad abbassare lo sguardo e il fratello intuì la risposta senza bisogno d'altro.
Ci sono momenti in cui le parole sono solo d'intralcio alle emozioni. Il silenzio a volte dice tutto.
-Ti passerà, vedrai.- il giovane leone si alzò e si incamminò verso la Rupe -ci sono tante altre belle leonesse nel branco. Troverai quella giusta.-
Mufasa sentì la rabbia risorgere nuovamente dentro si sé e tese i muscoli, trattenendo un feroce ringhio gutturale.
-Mi stai dicendo di voltare le spalle a quello che sento per lei? Come puoi anche solo pensare che quello che provo per Sarabi non è nient'altro che una cotta, una cosa passeggera?!-
-Cerca di calmarti, Mufasa!- ribattè Taka nervoso. Non aveva mai visto suo fratello così furioso prima d'ora -stavo solo dicendo che la vita continua, va avanti anche senza di lei, tutto qui.-
-TU non hai la minima idea di ciò che provo per lei!!-
-Non è vero!- Taka fronteggiò il fratello senza paura, ben sapendo che si sarebbe trovato in netta inferiorità fisica se avesse dovuto ricorrere agli artigli -ma in fondo, quando mai ti sei interessato a ciò che provo IO?!-
-Almeno io non tormento chi mi sta attorno inutilmente!-
Le grida dei due maschi riecheggiavano per la distesa deserta, facendo mettere in movimento mandrie e branchi per chilometri e chilometri.
Un leonessa stava camminando a testa bassa, immersa nei suoi malinconici pensieri, quando vide in lontananza le sagome dei due principi illuminate dai bagliori lunari, poteva vedere i loro manti ritti dalla rabbia anche a quella distanza. Sarafina corse da loro per comprendere cosa stesse succedendo, ma sentiti i ruggiti minacciosi, preferì imboscarsi in una piccola macchia di cespugli lì vicino e si acquattò, tendendo le fini orecchie per ascoltare l'accesa disputa fra i suoi due amici.
[Finalmente gli insegnamenti di Sarabi si sono resi utili!]
-Cosa stai insinuando, Mufasa?- le zanne di Taka brillavano sotto la luce chiara, rendendolo ancora più minaccioso di quanto non fosse già. I suoi occhi smeraldini erano due cristalli verdi purissimi, duri e impenetrabili.
-Che dovresti lasciare stare Sarafina, una volta tanto! Non ne può più di te, lo capisci?!-
-Taci!-
Sarafina ebbe un sussulto, ma per fortuna i due leoni erano troppo impegnati a ribattere per accorgersene. Era vero che il corteggiamento di Taka la stava stremando, ma non avrebbe mai potuto diglielo con parole così rudi!
-Non fai altro che ronzarle attorno come una mosca! E ti aspetti pure di piacerle?-
-Piantala!-
I due estrassero gli artigli dai cuscinetti, abbassando le spalle in posizione di attacco.
-Sto solo dicendo la verità!-
-STA ZITTO!-
Taka gli balzò addosso, afferrandolo con i denti per la collottola e graffiandogli la schiena. Mufasa ruggì e morse la spalla del fratello, che ritirò le mascelle e perse l'equilibrio, cadendo dalla sua schiena. Il leone dorato bloccò a terra Taka con le zampe, imprigionandolo in quel piccolo spazio fra il terreno e il suo ventre e lasciando il giovane principe ansimante disteso al suolo.
Mufasa ritrasse gli artigli, ma i suoi occhi brillavano ancora di adrenalina.
-E non osare più sfidarmi!- il suo tono era serio e si coglieva tutto il rammarico per aver combattuto con il suo vecchio compagno d'infanzia.
-Per questa volta- aggiunse liberando Taka dall'imponente massa del suo corpo -non lo dirò a mamma e papà. Spero tu abbia capito la lezione.-
Il principe ereditario gli voltò le spalle e s'incamminò verso la Rupe.
Taka si rialzò sulle zampe, il taglio sulla spalla sanguinava ancora, ma non sembrava preoccuparlo. Non appena il fratello si girò, si lanciò su di lui con una forza che pareva quasi non appartenesse a lui, mirando di nuovo alla delicata zona compresa fra il collo e la testa e tentando di spezzare le ossa che sorreggevano quel capo tanto nobile che, ormai, non poteva più sopportare.
Fulminea, una figura snella emerse dai cespugli e si parò in mezzo fra Taka e il suo obbiettivo.
Il giovane leone vide una zampa color crema alzarsi e scattare verso il suo muso, poi nulla.
Un gridò di dolore squarciò l'aria e Taka cadde all'indietro, la parte sinistra del volto completamente insanguinata. Mufasa si girò e vide Sarafina con la zampa ancora alzata e gli artigli scoperti tinti di rosso, mentre il fratello gemeva a terra in una pozza cremisi.
-Taka!-
La leonessa era china su di lui e gli stava leccando il muso, proprio sopra la profonda ferita che gli aveva inferto lei. Taka si alzò barcollando, coprendosi il volto con una zampa. Tremava sulle zampe come un cucciolo impaurito.
-S-Sa...Sarafina? Come hai...COSA MI HAI FATTO?!-
-Io...io non volevo! Io non avevo intenzione di...-
-GUARDA!-
Il principe scuro levò l'arto dal muso, rivelando un'orribile taglio che gli sfregiava il volto proprio sopra l'occhio sinistro. La ferita fiottava sangue senza mai fermarsi e Mufasa si sentì invadere le narici dal sapore metallico che sporcava tutto il manto del fratello. I suoi occhi smeraldini emergevano terribilmente da quella orribile macchia omogenea di marrone scuro e nero.
Accanto a sé, il grande felino vide Sarafina impallidire e barcollare indietro; si avvicinò la sorresse con le spalle per la paura che svenisse.
-Io ti odio!!! ODIO TUTTI VOI! Bruciate all'inferno, bastardi!- gridò Taka.
Il suo ruggito terrificante fece tremare le zampe al giovane, che si chiese se effettivamente fosse lui a sostenere l'amica e non viceversa.
Il principe scuro si voltò e fuggì attraverso la savana, scomparendo nell'erba alta e lanciando schizzi di sangue ovunque.
-Taka, NO!- Sarafina urlava disperata, tenuta ferma di forza dal maschio (per fortuna molto più robusto di lei)
-Lascialo andare, Sarafina!-
-No! È colpa mia, è tutta colpa mia! Non dovevo, io...io ho visto cosa stava facendo e allora...-
[Non è vero...la colpa è solo mia, in realtà]
-Hai fatto la cosa giusta.-
-Sono un mostro!-
-No che non lo sei! Si è lasciato prendere dall'ira e ha fatto un'azione ingiusta. Ha pagato per questo.-
[Un prezzo troppo, troppo alto]
Sarafina si abbandonò sulla spalla dell'amico e si sciolse in un pianto di sincero dolore.
-Andiamo. Torniamo alla Rupe.-
I due si allonanarono sul sentiero di casa, ma nessuno parlò per tutto tragitto.
[Oh, Taka...mi dispiace tanto, fratello.
Perdonami, se puoi]



ANGOLINO DELL'AUTRICE
Cosa vi avevo detto? Niente Sarabi, ma un piccolo brano per spiegare l'origine di tutti i guai che capiteranno poi nel film...e in parte anche qui.
Aspettatevi una seconda parte (anche quella, già detto, senza la “biondina”) in cui rivedremo dei vecchi amici farsi vivi ;)
Buonanotte e commentate numerosi

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Capitolo 18
*** Cicatrici (parte 2) ***


CAPITOLO 16 CICATRICI (parte 2)
Quella sera soffiava una forte brezza dal nord e le nuvole erano state trascinate via dal vento fresco, lasciando il cielo stellato terso e immacolato. L'immensa luna piena risplendeva di luce eterea, quasi magica, coprendo il terreno delle ombre frastagliate degli alberi.
In quell'atmosfera pacifica, una figura scheletrica correva slanciata attraverso la pianura: il pelo biondastro coperto di polvere le aderiva alla pelle sottostante, mettendo ancor più in evidenza le ossa troppo esposte, il muso affilato era dominato da due enormi occhi stanchi, le zampe ormai erano ridotte a esili bastoni rinsecchiti, ben diverse da quelle belle, potenti armi che le servivano un tempo per la caccia. Già, la caccia...il gusto del sangue e la magnifica sensazione della preda ancora calda stretta fra le mascelle. Da quanto non si nutriva più di carne fresca? Quanto tempo era passato da quando l'ultima pattuglia fortunata aveva portato a casa qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti? Mesi? Anni, forse? Tanto, ormai, che differenza faceva più? Tutto il branco ormai aveva perso l'antica gloria, il vecchio splendore era ormai soltanto un lontano ricordo di tempi ormai dimenticati...
Quale ragione avevano ancora per trascinarsi dietro quelle vecchie ossa?
Lei sì però, aveva ancora un motivo per sopravvivere.
Giunta al limite della foresta, vi entrò, tenendo occhi e orecchie all'erta nello stanare qualsiasi eventuale spia mandata da Hasidi per pedinarla.
D'un tratto, il fitto della vegetazione si aprì in uno spazio aperto; nel centro, un giovane leone maschio con un ciuffo scuro cascante sulla fronte sonnecchiava tranquillo accanto ad una femmina scura, anche lei dedita al riposo.
Il rumore delle zampe di Daima fra le foglie li svegliò. Il giovane alzò la testa e si allargò in uno sbadiglio, poi esibì un dolcissimo sorriso che fece gioire la leonessa stremata.
Ni le si avvicinò e le passò sotto il mento facendo le fusa e strusciando il suo pelo contro il suo.
-Che bello, sei tornata!- esclamò il cucciolo entusiasta.
Il cuore di Daima si riempì di tenerezza.
-Come ti avevo promesso, piccolo mio...- disse lei leccandogli la fronte.
La leonessa nera aprì un occhio e mosse la coda contenta, poi si mise a sedere e cominciò a pulirsi il pelo e a lisciarlo con la lingua.
Daima la guardò mentre si lavava e i loro sguardi si incontrarono. Nyeusi le sorrise:
-Hai mangiato?-
Daima scosse la testa sconsolata: -vedo che voi avete avuto più fortuna, invece.- aggiunse notando le macchie di sangue fresco che circondavano le bocche di entrambi i leoni vagabondi.
-Solitamente cacciamo da noi...-la giovane fu scossa da un violento attacco di tosse, poi continuò pacata -...ma stavolta ci siamo dovuti accontentare di una carcassa. Era una giovane antilope appena catturata, poco dentro il confine delle Terre del Branco.-
-È pericoloso entrare nei territori di caccia altrui!- esclamò Daima scocciata.
Nyeusi rispose senza scomporsi. -E tu dove pensi di essere?-
La vagabonda fece un cenno con il capo all'amica e indicò in direzione di Ni, che era intento a lottare contro una piccola cavalletta verde.
La leonessa chiara sospirò e raggiunse il giovane, alle prese con l'insetto che aveva catturato.
-Ni?-
-Sì, mamma?- Daima sentì il suo cuore stringersi di compassione nel sentire il cucciolo chiamarla in quel modo.
-Vieni, ti devo palare...-
Ni lasciò perdere la cavalletta e seguì la leonessa fino ad un'acacia poco distante dallo spiazzo erboso.
-Mamma, quando è che potremo tornare a casa?- chiese il piccolo maschio sedendosi
Daima si lasciò sfuggire il sospiro carico di ansia. Come poteva distruggere il mondo in cui quel piccoletto era cresciuto fino per tutta la vita? Che diritto aveva lei di fargli questo.
Una fitta di rimorso le attanagliò le viscere vedendo Ni sorridere contento mentre la luna si rifletteva nei suoi occhioni dorati.
-Piccolo, io...io non sono la tua vera mamma-
-Ma sì che lo sei: Tombi ha detto che tu sei mia madre e mi hai affidato a loro perchè non avevi latte...ma ora non bevo più quella roba dolciastra, sto imparando a cacciare! Presto potremo tornare a casa e io caccerò per te tuuuutte le gazzelle della savana! Sei contenta, mamma?-
Daima sentì la gola e il naso bruciare, gli occhi le pungevano e capì di essere sul punto di scoppiare a piangere. Si voltò e cercò di ricomporsi, ma le lacrime cominciarono a scendere calde lungo il suo muso senza che lei lo volesse, ma non fece nulla per fermarle.
-M-mamma? S-stai...stai bene?-
Una voce dolce, ma roca e flebile irruppe nella conversazione:
-Stai tranquillo, piccolo...ha solo bisogno di un attimo per ricomporsi.-
Nyeusi uscì dall'oscurità della foresta e si diresse verso la leonessa chiara ancora in lacrime. Dolcemente, le appoggiò il muso sulle spalle e le asciugò le lacrime con un rapido gesto della coda.
La luce della luna rischiarava le terribili cicatrici che le attraversavano il collo e il torace, incrociandosi sotto il mento, ma negli occhi azzurri brillava una voglia di vivere che Daima aveva visto così forte solo in poche leonesse.
-Non fare così, spaventi il cucciolo.- le sussurrò la leonessa nera nell'orecchio -Se tieni davvero a lui, sai che farlo vivere in un mondo di bugie non sarà la cosa migliore per lui. Certe questioni sono difficili, ma devono essere affrontate. D'ora in poi lui cercherà solo vendetta nei confronti di chi l'ha tradito e tu dovrai dimostrargli che non è la giusta via da seguire!-
Gli occhi di Nyeusi si erano trasformati in due cristalli di rocca che risplendevano alla luce lunare, ma Daima intravide anche dolore, tanto dolore che la leonessa scura celava dentro sé.
“Se lo tiene segreto, ci sarà un perchè.” Pensò lei, senza farsi ulteriori domande sull'amica.
-Ora va', parlaci e non vergognarti delle lacrime.- La incoraggiò Nyeusi, mal celando un triste mugugno -ho imparato che sta peggio chi non piange.-

-Quindi...il mio papà non mi voleva. È colpa mia, per caso? Gli ho fatto qualcosa di male?-
Ora era Ni che stava per scoppiare a piangere. Daima trascinò a sé il piccoletto e lo avvolse fra le sue zampe.
-Tu non hai fatto nulla, tesoro mio...Hasidi è un leone malvagio, il suo cuore è fatto di pietra...tu non ne hai colpa.-
-Ma perchè? COS'È CHE NON VA IN ME?!-
-Ni, aspetta! Non...- ma il cucciolo era già corso via piangendo, spingendola lontano da lui con le zampine pallide.
La leonessa si mise a inseguirlo, ma Ni era sparito nel fitto della vegetazione. Daima fu costretta ad affidarsi al suo olfatto per ritrovare il piccolo e nonostante il suo fiuto fosse ancora affinato, quando lo ebbe finalmente trovato la luna stava tramontando dietro le cime degli alberi.
Le tracce avevano portato nient'altro che nello spiazzo dove si erano incontrati prima, facendo capire che il loro era stato solamente un grande girotondo per la foresta e dintorni.
Ritrovò Ni addormentato fra le zampe di Nyeusi e per un momento invidiò il forte legame che univa quei due.
“Va bene così.” Si arrese “Entrambi hanno bisogno di qualcuno che li ami.”
Il cucciolo ronfava tranquillo cullato da una ninna-nanna cantata sommessamente dalla leonessa scura, l'affetto per quell'esserino si rifletteva nel suo sguardo.
Era una dolce musica che le pareva quasi familiare...ma come?
All'improvviso le si aprì la mente. Barcollò sulle zampe sorpresa: come poteva quella vagabonda conoscere tale melodia?
Era una nenia che nel suo branco veniva tramandata dalle madri ai figli da generazioni!
Forse c'era qualcosa di speciale in quella leonessa...
-Daima? Qualcosa non va?- chiese Nmyeusi. Si accorse di star tremando.
-N-no...tutto bene...- non era convincente e se ne rese conto, ma la randagia non fece altri commenti.
Mandando un tacito ringraziamento agli spiriti dei suoi antenati Daima si allontanò dalla foresta, mentre Nyeusi portava a casa Ni, che dal giorno dopo avrebbe cominciato il suo addestramento per combattere il padre e salvare così il branco delle Terre dell'Ovest dalla sua tirannia.
Cresci piccolo mio. Ci salverai, un giorno...
Di lui si fidava, ma non poteva fare a meno di pensare a quella leonessa nera...
Strabuzzò gli occhi.
No! Non può essere!

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Capitolo 19
*** In tre si è in compagnia ***


Ehi ^^ No, non sono morta come speravate, ma ci ho provato XD
Comunque, ecco a voi un altro pezzo, spero vi piaccia. Non mi è venuto un granchè bene, ma sopportatemi ;)
Enjoy it

CAPITOLO 17              IN TRE SI È IN COMPAGNIA

La savana era silenziosa, la pianura era spazzata da un piacevole rivolo di vento: un raggio di sole penetrò attraverso i cespugli attorno a lei e le scaldò il muso.
Sarabi spalancò gli occhi in un tumulto. Si guardò attorno seccata stiracchiandosi sulle zampe:
-Accidenti!- imprecò tra sé e sé.
Stropicciò gli occhi contro la luce che l'accecava mentre contemplava la posizione del sole.
-La pozza dev'essere già affollatissima...-
La leonessa si alzò, si scrollò la polvere di dosso e si affrettò verso lo specchio d'acqua: in più di cinque mesi passati a vagabondare da una terra all'altra avevano almeno portato ad una vasta conoscenza dei territori circostanti e alle abitudini che in essi si svolgevano ogni giorno.
La prima cosa che aveva imparato in merito a tutto ciò era: mai farsi trovare alla pozza del confine nord-ovest quando il sole è a metà del suo percorso. Sarabi sospirò pesante:
-Sarà un macello...-

Dopo circa mezz'ora di cammino trascinandosi sulle zampe, Sarabi scorse lontano il profilo argenteo di un fiume scorrere tranquillo attraverso l'altopiano erboso.  Il flusso era colmo d'acqua fresca e non pareva esserci altra anima viva nei paraggi.
-Al diavolo la pozza!- esclamò cambiando direzione bruscamente, puntando verso il fiume.
Le ci volle poco per raggiungere la sua destinazione, ma l'aria pensante e il caldo afoso rendevano l'atmosfera poco gradevole e sicuramente sconsigliabile per viaggiare.
Quando il suo muso entrò a contatto con l'acqua gelata, si sentì mancare il respiro; un piacevole sensazione di freschezza e benessere la travolse, lasciandola senza parole.
L'ebrezza le fece quasi sfuggire un gemito di piacere.
Sarabi si guardò attorno, attenta a cogliere ogni minimo particolare che avrebbe potuto aiutarla a ritrovare quel posto in futuro, se mai sarebbe dovuta tornarci in caso di necessità.
Il fiume aveva una portata considerevole e scorreva tranquillo fino a qualche centinaio di metri dalla sua posizione: da lì, il corso d'acqua si scontrava su delle rocce affioranti dal terreno e velocizzava la sua andatura, rendendo il tratto burrascoso e difficile da attraversare.
Le rapide proseguivano fino a portata d'occhio, dove il colore del fiume si mescolava a quello cristallino del cielo.
La leonessa si accostò ad un'acacia e trovò riparo dal sole cocente sotto la sua ombra; senza neppure accorgersene i suoi occhi cominciarono a chiudersi lentamente e il mondo attorno a lei piombò in una dolce oscurità.

-AAAAH! MAMMA!-
-Aiuto! Vi prego, qualcuno lo aiuti!-
Sarabi si svegliò boccheggiando sull'orlo del fiume, mentre le voci in lontananza si facevano sempre più forti.
Si alzò veloce sulle zampe e sfrecciò verso le rapide, seguendo i lamenti che continuavano a tagliare l'aria di quella giornata cristallina. Le grida angosciate le attraversavano il cuore quasi stessero per entrarle nel sangue e congelarlo; ogni battito era un brivido.
-Arrivo!- gridò senza sapere bene neppure a chi lo stesse dicendo, ma il suo istinto le diceva di correre quanto più veloce le sue zampe lo permettessero.
Sulla riva del fiume una cucciola dal pelo beige si stava sporgendo pericolosamente sul bordo dell'acqua in tumulto, gli occhioni color cioccolato lucidi guardavano disperati un'altra figura che affiorava a pelo d'acqua, lottando contro la corrente per tenere la testolina fuori dall'acqua.
Non dovevano avere più di cinque mesi.
-Mio fratello è caduto in acqua, vi prego, qualcuno lo aiuti!- la piccola gridava in preda al panico, guardandosi attorno attonita alla ricerca di un adulto.
Sarabi si fece coraggio e si gettò in acqua, cercando di evitare a tutti i costi le rocce appuntite che affioravano dalla superficie mentre la leoncina la fissava speranzosa.
“Forza” continuava a ripetersi “immagina di correre. Corri sott'acqua!”
Un corpicino marrone scuro le fluttuò accanto e lei allungò il collo fino ad afferrare la sua collottola con le mascelle e assicurarlo a sé.
Lottando contro la corrente, Sarabi si trascinò a riva tenendo saldo il fagottino che continuava a dimenarsi alla ricerca d'aria: sula riva, la sorella lanciava gridolini eccitati incitandoli a tenere duro.
La leonessa lasciò a terra il cucciolo scuro, che cominciò a sputare e a riempire il più possibile i suoi polmoncini di qualcosa che non fosse acqua; in quanto a lei, l'aria non le era mai sembrata più buona.
Tremando, si accostò ai due giovanotti, evitando di mostrare quanto il salvataggio l'avesse stremata.
-V-voi due...co-cosa ci facevate vicino a-al fiume?!- chiese scocciata.
Il leoncino che aveva salvato, un maschietto scuro dagli occhi dorati, si alzò sulle zampe barcollando pericolosamente e fronteggiò la leonessa quattro o cinque volte più grande di lui fissandola intensamente con i suoi occhi di miele.
-Chiedo scusa...- disse quasi sottovoce -Io..io non volevo causare guai!-
-Noi volevamo solo giocare..-
-I vostri giochi potevano uccidervi!- li rimproverò seria -dovevate pensare a cosa stava per succedervi.- poi puntò il suo sguardo sulla cucciola -Pensa a cosa avrebbe provato vostra madre quando avrebbe saputo cosa sarebbe successo a tuo fratello se non ci fossi stata io...-
La leoncina ebbe un brivido di terrore e il suoi occhi si colmarono di lacrime, semi nascosti dal ciuffetto che le spuntava sulla fronte.
-SE lo avesse saputo...- bibigliò triste -ho paura che non la rivedremo più..-
Il cuore di Sarabi si lasciò stringere da una morsa di compassione:
-Vi siete persi?-
I due fecero entrambi cenno di sì con la testa.
-Stavamo giocando alla caccia, quando abbiamo sentito delle iene che si dirigevano verso di noi...-
-O almeno così pensavamo...-
-E avete pensato bene di scappare il più lontano possibile, giusto?- chiese mascherando un sorriso sotto i baffi con un sonoro sbuffo.
“Le solite avventure da cuccioli...”
-Bene, l'importante è che siate salvi....ora sparite.-
La leonessa fece per andarsene, ma sentì improvvisamente un fastidioso pizzicore alla coda. Si girò ringhiando e strabuzzò gli occhi al vedere il cucciolo attaccato a lei per i denti.
-Non andare!- disse sputacchiando ciuffi di pelo -Ti prego!-
-Non sappiamo dove andare!- sopraggiunse la sorella -Nostra madre sarà preoccupata...-
“Furbi questi...”
Sarabi alzò gli occhi al cielo e scosse la testa indecisa: riportare a casa i due cuccioli sarebbe stato senza dubbio pericoloso, ma mai quanto sarebbe stato lasciarli lì in balia della savana più selvaggia.
-Okay, palle di pelo, dove andiamo?-
I due si scambiarono uno sguardo eccitato e trattennero a malapena i gridolini di gioia.
-A casa!-
-...e fino a lì ci ero arrivata....-
La femmina alzò la zampetta e indicò un puntino scuro in lontananza che si confondeva con la distesa di erba secca davanti a loro:
-Eccola lì! Noi abitiamo sotto quella grande roccia laggiù! Noi la chiamiamo...-
-...la Rupe dei Re...- a Sarabi morirono le parole in gola.
“No, no, no, no, NO! Perchè, perchè finisco sempre per andare lì?!”
-E tu come la conosci??- chiese la leoncina curiosa con gli occhi fuori dalle orbite per l'emozione.
Sarabi tenne lo sguardo fisso all'orizzonte per evitare di far tralasciare ogni emozione potesse tradire i suoi sentimenti.
-Diciamo che ne ho sentito parlare.-
“Diciamo che ci ho vissuto”
-Ora andiamo. C'é molta strada da fare.-
“Sono due giorni di viaggio almeno.”
-Ma...- obiettò il maschio -non vuoi sapere prima i nostri nomi?-
-No.-
-Perchè?-
-Perchè no. Meno ne so di voi e meno questo viaggio durerà, spero.-
Sarabi sentì il giovanotto sbuffare dietro di lei e si concesse un sorrisetto soddisfatto.
-Comunque- riprese lui poco dopo -io mi chiamo Chumvi!- esclamò orgoglioso.
-E io Tama!- disse la sorella sorridente.
La leonessa fece finta di niente e continuò a camminare sperando che quei due piccoli scocciatori chiacchieroni stessero quanto più zitti possibili.
Dopo qualche minuto di silenzio, Sarabi sentì una zampina sfiorarle la spalla:
-E tu chi sei?- Tama la fissava con gli occhioni color cioccolato spalancati, la facevano apparire molto più piccola di quello che in realtà era. 
Doveva ammetterlo, quella cucciola era la creatura più dolce che avesse mai visto.
-Mi chiamo Kigeni.-
La piccola si allargò in un meraviglioso sorriso.
-Piacere!-
-Il piacere è tutto...- Sarabi si trattenne dal dare la sua solita risposta acida e tentò un approccio più amichevole, incoraggiata dal musetto felice di Tama -..mio.-
La cucciola le sorrise nuovamente e tornò a confabulare con Chumvi in seconda fila, seguendo passo dopo passo il tracciato che Sarabi segnava per loro.
Quando finalmente calò la notte, la leonessa si rifugiò con i cuccioli in una grotta a poche miglia dal confine delle Terre del Branco, dove sarebbero finalmente giunti il giorno dopo.
-Bene..- disse accasciandosi sul fondo pietroso della caverna -è stata una lunga giornata, io sono stanca e sicuramente anche voi, per cui tutti a nanna.-
-Ma io ho fame!- esclamò Chumvi deluso.
Spalancò gli occhi sorpresa: la caccia! Come aveva potuto tralasciare questo importantissimo particolare?
Non le era neppure venuta voglia di mangiare qualcosa, nonostante non mettesse nulla sotto i denti dal giorno prima. Girò la testa e constatò triste che i segni della una vita da vagabonda si erano fatti molto più evidenti di quanto pensasse: le costole trasparivano sotto la pelliccia trascurata e piena di polvere ad ogni respiro, gli artigli erano cresciuti e si erano affilati grazie alla forza con cui ogni giorno li limava contro un tronco o un masso, le zampe e il fisico erano diventati più muscolosi, ma allo stesso tempo lasciavano intendere quanto quelle forme fossero molto più longilinee un tempo.
-Va bene, palle di pelo- disse alzandosi svogliatamente -è ora di mettere qualcosa sotto i denti.-
E detto questo la leonessa uscì dalla grotta e cominciò a cacciare sotto il cielo stellato, come aveva sempre fatto.


Scusate per il ritardo, ma ero un po' impegnata ^^”
Ecco, spero vi piaccia, anche perchè finamente siamo andati avanti con la trama XD

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Capitolo 20
*** La strada ***


Ahahaha I'm still alive! Purtroppo vari impegni e roba varia mi hanno tenuto lontana dal pc per un po', ma ho comunque portato a termine un altro capitolo (e con che fatica!)
So...enjoy it ;)

Nelle Terre dell'Ovest...
Regnava il buio nella grotta: l'alba sarebbe arrivata a momenti, ma l'anfratto roccioso sarebbe rimasto inequivocabilmente scuro. Il fetore di carne marcia trasudava dalle carcasse abbandonate sparse per la caverna. Al centro del riparo, disteso sopra una roccia aguzza, un grosso maschio scrutava l'ingresso della sua tana in, attesa.
Finalmente, una delle leonesse giunse da lui con le informazioni che sperava.
-Mio Signore, degli estranei chiedono di essere ricevuti.- le parole uscivano vuote e deboli, ostacolate dalla posizione china di sottomissione.
-Falli entrare.-
Le fronde che coprivano l'entrata del giaciglio si mossero e nell'oscurità si udirono entrare una mezza dozzina di leoni. Il buio celava il loro aspetto, ma doveva trattarsi sicuramente di maschi forti e selvaggi, a giudicare dagli odori che emanavano: acqua, erba fresca, sabbia...tutte tracce di un mondo così lontano eppure così vicino a loro.
-Ben arrivati, miei cari ospiti!- esclamò il capobranco uscendo dalle profondità della grotta per venire incontro ai nuovi arrivati -Spero che le vostre visite portino buone notizie per il mio popolo...-
Un mormorio d'assenso si diffuse fra gli stranieri e il Re delle Terre dell'Ovest Si unì a loro annuendo nell'oscurità. Arrivato a pochi centimetri dal muso di uno di quelli e avanzò loro la proposta finale:
-Quindi...abbiamo un accordo?-
-Sì, Hasidi.- rispose una voce profonda e grottesca davanti a lui -Ma un patto è un patto, ricorda: soddisferemo le tue richieste solo in cambio del mantenimento delle promesse fatte.-
-Oh oh oh...cominciamo già a dubitare? Non vanno a finire bene le amicizie in cui la fiducia non è solida..-
-Noi non siamo tuoi amici, Hasidi. E non rispondiamo neanche ai tuoi ordini. Facciamo solo quello che più ci conviene.-
-Va bene, quanta siete irascibili voi raminghi...in ogni caso, se vi fa piacere, là fuori c'è un branco di femmine che aspetta solo voi. Dopotutto, se lo meritano un po' di svago...-
Il gruppo proruppe in ruggiti e ringhi assordanti, lasciando intendere che la proposta del Re fosse stata ben accetta.
-Habari!- chiamò il sovrano sovrasando i canti di gloria dei selvaggi -Organizza una pattuglia e porta ai nostri ospiti qualcosa di decente da mettere sotto i denti.-
La leonessa, rimasta immobile a osservare in un angolo la scena fino a quel momento, uscì velocemente dalla grotta congedandosi con un -Sì, mio Signore.-
In verità, la scelta delle compagne ricadde sulle leonesse che più rischiavano di poter essere maltrattate da quegli inetti, le sue compagne più fidate.
Scelti i membri della pattuglia, il gruppo si lanciò il più velocemente possibile lontano da quell'inferno, mentre dietro di loro, il sole nasceva infuocando il paesaggio attorno a loro.

...A qualche miglio da confine Nord delle Terre del branco...

Il cielo si schiarì con le prime luci dell'alba e anche se il sole non era ancora sorto, l'aria era già pesante e secca. Sarabi si alzò mugolando al pensiero della lunga, calda giornata di viaggio che la stava aspettando. La leonessa si alzò stiracchiandosi e scosse le sue ossa stanche dal torpore mattutino, concludendo il rituale giornaliero con un sonoro sbadiglio.
La notte era stata gelida e la leonessa aveva dovuto cacciare ben lontano dal loro accampamento per riuscire e trovare qualcosa di decente per riempire le loro pance affamate. Nonostante la dura battuta, però, la sua pancia brontolava in richiesta di altro cibo. L'unico risultato della nottata era un lungo taglio che le percorreva lo stinco, procuratoselo mentre tendeva un agguato a un'esile gazzella sfortunata: senza accorgersene Sarabi aveva urtato con la zampa una roccia tagliente che le lambiva il polpaccio sinistro.
Tama e Chumvi dormivano ancora, accoccolati uno sull'altro per difendersi dal freddo pungente della sera africana.
-Forza, palle di pelo, il sole sta sorgendo!- li intimò la leonessa, scuotendoli gentilmente con la zampa buona.
-Mmh...dai mamma, lasciaci dormire ancora un po'...-mugolò Chumvi aggrappandosi ancor di più alla sorellina.
-Ma che mamma e mamma!? Alzatevi, prima si parte e prima sarete a casa.-
“E prima io mi libero di voi.”
I due si alzarono stiracchiandosi e sbadigliando, con gli occhi ancora pesanti per il sonno.
-Ehi, guarda Tama!- strillò il maschietto -Il sole! Anche lui si sta svegliando!-
L'enorme disco infuocato stava lentamente affiorando dal terreno, baciando coi suoi raggi ogni ramo, foglia e stelo d'erba, facendolo risplendere di una dolce luce rosata.
-Ma...è-è bellissimo!- gli occhi castani della leoncina erano spalancati dallo stupore e brillavano di meraviglia davanti a quello spettacolo mozzafiato. Le espressioni gioiose dei due cuccioli fecero gonfiare di tenerezza il cuore di Sarabi.
-Ora forza, in marcia- sentenziò la leonessa -saremo alla Rupe dei Re entro sera, se manterremo un buon passo.-
Chumvi e Tama abbassarono la testa delusi e cominciarono a camminare affiancando la loro guida, sotto lo sguardo attento del sole nascente.

Il piano di Sarabi era semplice: attraversare il confine più vicino, a Nord delle Terre del Branco, per poi lasciare gli scomodi fagotti nel primo posto sicuro appena passato il limite del regno.
Secondo i suoi calcoli, sarebbe tornata alla sua vita da solitaria entro sera, ma la zampa ferita e i cuccioli avrebbero potuto rallentare il suo agoniato ritorno in libertà.
Non che non gradisse la compagnia di quei simpatici cosetti pelosi, ma l'idea di entrare nelle Terre del Branco l'angosciava, la teneva sveglia la notte: e se l'avessero riconosciuta? Cosa avrebbe potuto fare? O ancora peggio, che sarebbe successo se, una volta giunta alla Rupe, si fosse imbattuta in Mufasa?
Non poteva rivederlo, soprattutto dopo quell'addio così brusco e scortese da parte sua...per mesi si era tenuta il rimorso di ciò che aveva fatto, ma nonostante tutto pensava ancora che fosse la cosa giusta da fare. O forse, l'unica possibile.
-Siamo arrivati?- la vocetta acuta di Tama attraversò Sarabi come un lampo, facendola tornare al presente.
-No, Tama...te l'ho già detto, arriveremo alla Rupe quando il sole sarà tramontato!- rispose scocciata alzando gli occhi al cielo.
-Eee...quanto manca?-
Sarabi fece appello a tutta la pazienza che le rimaneva, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, ma nonostante tutti i suoi sforzi la sua voce usciva fuori rauca e con un sentore aggressivo:-è a metà del suo percorso!-
Ci fu mezzo minuto di pace e la leonessa si illuse per un momento che il suo interrogatorio infernale fosse terminato, ma poi Chumvi ruppe nuovamente il silenzio.
-Kigeniiii...io ho fame!-
-Avete appena mangiato!- esclamò incredula -Ho inseguito quell'antilope per più di un'ora!-
-Ma noi abbiamo il pancino che brontola!-
“Non...ci..posso...CREDERE!”
Respirò profondamente e poi ribattè: -Ci fermeremo di nuovo per mangiare solo quando avremo passato i confini delle Terre del Branco.-
Il suo tono non ammetteva repliche e difatti non ve ne furono. Per cinque minuti.
-Ehi, guarda Chumvi! Quella nuvola assomiglia a una zebra!- la cucciola mirò a una dei rari ciuffi bianchi che screziavano il turchese del cielo africano.
-A me sembra più un' antilope...-
-Zebra!-
-Antilope!-
-Zebra!!!-
-LA VOLETE PIANTARE?! NON POSSO AVERE UN PO' DI PACE UN QUESTA RADURA!!-
L'eco del ruggito rabbioso della leonessa si sparse per la distesa erbosa, serpeggiando fra le spighe e spaventando molti stormi di volatili che sonnecchiavano nei dintorni.
Tama e Chumvi la fissarono ammutoliti, le bocche si serrarono istantaneamente e i due si acquattarono fra la paglia come prede di fronte al cacciatore.
-Per l'ultima volta...in marcia!-
Non appena si girò, le parve di sentire dietro di lei una risatina leggera, quasi soffocata; si girò di scatto per mettere a tacere i cuccoli, ma li trovò con le mascelle contratte come li aveva lasciati. Continuò a camminare, ma a qualche secondo di distanza udì nuovamente quella risatina snervante. Questa volta si girò scocciata, sfoderando uno dei suoi migliori sguardi intimorenti, ma Tama e Chumvi se ne stavano sempre in piedi dietro di loro, con i loro musini impietriti e lo sguardo sbarrato.
Per la terza volta Sarabi passò oltre e riprese a muoversi, ma i suoi occhi e le sue orecchie erano attenti ad ogni eventuale cenno di risata.
Infatti, non molto tempo dopo la leonessa captò nuovamente il fastidioso rumore: si voltò di scatto con un'occhiata truce e il muso contratto in un ringhio, passando il suo sguardo indagatore da un leoncino all'altro.
-La volete piantare?!-
I due si guardarono perplessi, cercando di capire cosa la loro guida volesse intendere.
-Di fare cosa, scusa?- la loro voce pareva colma di vera innocenza.
-Di ridermi alle spalle!- sbottò la leonessa, ormai al culmine dell'esasperazione -Sarò anche più vecchia di voi, ma non sono mica sorda!-
-Ma, Kigeni...non non abbiamo detto niente!-
-Sssee certo...e io sono un elefante con un po' di pelo e una coda troppo cresciuta...-
-Un elefante? Tanto meglio, ci sarà da sfamarsi per almeno tre lune...- una voce stridula e ghignante fece scorrere un brivido gelido lungo la schiena di Sarabi: da dietro una roccia spuntò un gruppo bestie grigie maculate, con le zanne prominenti e le mascelle spalancate. La leonessa notò con disgusto che puzzavano di carne in putrefazione.
Sfoderò gli artigli e inarcò la schiena, sfiorando con il ventre il terreno caldo e si preparò all'attacco. Sentiva la ferita sulla zampa pulsare e vacillò per un attimo sotto il suo stesso peso, ma nonostante si fosse ricomposta presto, alle iene non sfuggì questo particolare.
-Hai visto, Asante?- chiese un grosso maschio alla sua compagna, che se ne stava dietro di lui con un ghigno agghiacciante in attesa che il capo branco le servisse il pranzo -Mi sa che i nostri ospiti sono un po' giù di tono...forse dovremmo invitarli a pranzo, che dici?-
-Ottima idea...e se rimanessero anche per cena?-
-Noi non rimarremo proprio per niente, specie se si parla con degli infidi scherzi della natura come voi!- ringhiò minacciosa Sarabi.
-Oh oh oh...ma che gattina ribelle abbiamo qui...- il maschio proruppe in una gelida risata che fece stridere i denti alla leonessa -Forse è meglio far recapitare ai “cuccioli” il nostro cortese quesito...-
Si fecero avanti tre iene, notevolmente più giovani delle altre. Non erano certo cuccioli come aveva affermato l'alfa poco prima, ma non erano neanche del tutto adulti.
Dietro di lei, Sarabi poteva sentire i mugolii terrorizzati dei due leoncini, che fino a quel momento erano rimasti muti a osservare la scena aggrappandosi con tutte le loro forze alle potenti zampe posteriori della leonessa, sperando di trovare una (seppur piccola) protezione contro quegli orridi mangia-carogne.
Tama e Chumvi tremavano attaccati a lei come se fosse stata per loro l'unica salvezza certa, la sola cosa che avrebbe potuto salvarli da quell'orribile situazione.
Ma Sarabi sapeva che non c'era più via d'uscita.
Aveva già lottato contro le iene, ma mai si era dovuta confrontare con un branco così numeroso. Combattere sarebbe stato troppo pericoloso, sia per lei che per i cuccioli, e la morte sarebbe stata certa se quelle bestie avessero preso il sopravvento. E la zampa ferita avrebbe solo complicato i fatti.
Liquidò velocemente anche la possibilità di una fuga rapida: le loro condizioni erano tali che sperare di seminare i loro aguzzini sarebbe stato impossibile. Forse se avesse abbandonato i cuccioli al loro destino le sue probabilità di sopravvivenza sarebbero aumentate.
La leonessa inspirò profondamente e prese la sua decisione. Fissò dritto negli occhi acquosi delle iene e lanciò un ruggito che risuonò nella savana come un tuono sopra la terra, limpido come l'aria. Lei e i cuccioli sarebbero rimasti insieme, o insieme sarebbero morti.

La prima iena tentò un morso serrato alla gola, ma fu scaraventata via da una zampata della leonessa: un'altra cominciò a graffiarle in profondità la cassa toracica, mentre una terza le piantò le zanne fra le ossa della spina dorsale. Urlando di dolore, la leonessa si gettò a terra a terra e ci cadde sopra con quanta più forza aveva in corpo.
Le due iene batterono in ritirata, ma subito un'altra coppia cominciò a torturale la morbida carne nel ventre, rimasto scoperto.
Le grida acute dei cuccioli le gelarono il cuore: il pensiero di quelle piccole palle di pelo ridotte a carne da macello solo per il divertimento di quelle creature immonde la terrorizzava, le gettava addosso un senso di panico assoluto.
Fece appello alle energie rimaste e si sbarazzò dei due canidi, mordendo loro con ferocia la delicata zona tra il collo e la testa: i due membri caddero a terra senza neanche gemire.
Non ce la faceva più, sapeva che le sue ultime riserve di energia si stavano esaurendo: non sentiva più le zampe sotto di sé e ogni secondo andava via via indebolendosi.
Una figura bianca le saettò davanti, bloccandole la visuale: una leonessa dal manto biondo chiaro e il fisico molto esile cominciò a lottare furiosamente contro i suoi aggressori, allontanandoli uno ad uno. Altre femmine erano giunte in loro soccorso: si trattava probabilmente di una pattuglia di caccia attirata dai rumori della battaglia. Non contava più di cinque/sei membri, tutti piuttosto magri e slanciati. Ma a che branco appartenevano? Non vi erano regno nel Nord da moltissimo tempo ormai!
Le leonesse misero in fuga le iene superstiti, che fuggirono lontano con la coda stretta fra le gambe; in men che non si dica, erano rimaste sul luogo di battaglia solo lei, i cuccioli e le loro salvatrici.
La leonessa dal manto biondissimo, quella che per prima si era gettata nella mischia per proteggere lei e i cuccioli dagli aggressori, le si avvicinò piano:
-Stai bene?-
Da vicino, la cacciatrice appariva ancora più magra, sicuramente era denutrita. Il muso, una volta sicuramente degno di nota, era scavato e gli occhi chiari erano infossati nelle orbite in una maniera quasi innaturale.
-Dove sono i cuccioli?- la voce le uscì fuori dura e aspra, ma il suo unico pensiero allora era quello di tenere al sicuro i cuccioli.
La femmina parve momentaneamente sorpresa da quella richiesta, ma subito una sua compagna dal pelo grigio scuro e gli occhi fiammanti posò accanto a Sarabi la coppia di leoncini, entrambi spaventati come non mai.
-Oh, Kigeni, stai bene! Ci hai fatto stare in pensiero!- gridò Tama non appena la leonessa li ebbe appoggiati a terra.
-Tama ha ragione! Pensavamo addirittura che saresti potuta...beh, ecco...-
-Chumvi!- lo rimproverò secca la sorella -Non è vero, Kigeni, non abbiamo mai dubitato di te!-
I due si abbandonarono a delle fusa sonore e cominciarono a giocare con la coda della leonessa, senza mai smettere di parlare e di farle le feste.
Sarabi sorrise loro teneramente, ma la sua attenzione tornò ben presto al branco che le aveva salvato la vita.
-Suppongo di dovervi molte grazie.- decise che l'orgoglio era da mettere da parte, almeno in questa occasione -Senza il vostro aiuto, questi cuccioli ed io non saremmo mai riusciti a sopravvivere.-
-È stato istintivo, non devi ringraziarci.- il tono amichevole della leonessa le fece svegliare qualcosa dentro, come se si trovasse a suo agio con lei da sempre. Effettivamente, quelle leonesse avevano un aspetto familiare: probabilmente le aveva già incrociate durante quei cinque lunghi mesi di pellegrinaggio.
Ma c'era qualcosa in quegli occhi chiari e in quel pelo biondo che le suggerivano che fra di loro ci fosse stato qualcosa di ben più profondo che un semplice saluto ad un'occasionale pozza d'acqua.
Con orrore, si accorse di essere in grado di dare un nome e una storia a quella leonessa che le stava davanti. Daima.
Capì che avrebbe potuto assegnare a ognuna di quelle cacciatrici una voce o un ricordo.
Nzuri. Chozi. Sabini. Xolo. Sarebbe stata capace di raccontare tutto di loro: chi erano i loro compagni, cosa preferivano mangiare, di cosa chiacchieravano fra loro, che voce avevano, come parlavano...
Indietreggiò di qualche passo, sopraffatta dai ricordi. Le guardò tutte, una ad una, soffermandosi su un particolare segno sul manto, sugli occhi o sulle loro espressioni.
Ad esempio, quella di Habari era incredibilmente confusa.
Habari...quanto le faceva male quel nome. Le emozioni la ferirono come mille spine. Si ritrovò a correre da sola nella pianura, dimentica di tutte le ferite che aveva appena riportato e con l'unico disperato obiettivo di fuggire da loro.
Una leonessa chiara le stava alle calcagna, probabilmente Daima. Sarabi riprese per un attimo la lucidità e si fermò, ma tenne il capo chino sia per prendere fiato che per nascondere il muso: anche se erano passati quasi due anni, non voleva correre il rischio di essere riconosciuta.
Pregò in silenzio che la polvere, gli occhi arrossati dalla fatica e gli altri cambiamenti che aveva subito col tempo avrebbero tratto in inganno le giovane.
Voleva piangere, ma non osava farlo: le bruciava la gola, il naso, respirava male e non faceva altro che ripetersi “non qui e non ora!”.
Daima le tagliò la strada e le si piazzò davanti: ormai erano piuttosto lontane dal gruppo e al sicuro dagli occhi delle altre.

La leonessa bianca si avvicinò alla compagna con aria compassionevole e le sorrise: quella vagabonda le faceva un po' pena in realtà. Il pelo biondo scuro era tutto coperto di polvere e molte cicatrici le segnavano le zampe; sotto il manto corto guizzavano muscoli potenti, degni di un'invincibile cacciatrice. E poi quelle forme, quell'espressione determinata...li trovava quasi naturali, come se conoscesse già quella leonessa.
-Ehi, c'è qualcosa che non va?- chiese Daima gentilmente.
La straniera sollevò il muso con un moto d'orgoglio, fissandola intensamente.
Quegli occhi! Quelle ambre scarlatte, non ce ne potevano essere di uguali in tutta la savana!
Daima sentì il terreno mancarle sotto le zampe, il suo cuore perse un battito.
-Sarabi...s-sei proprio tu?!-


Boh, no è un capolavoro, ma ci ho provato...ditemi cosa ne pensate XD

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Capitolo 21
*** Guardati indietro ***


SONO VIIIIIVAA! coff coff....beh insomma rieccomi ^^” mi scuso infinite volte per la mia prolungatissima assenza e Giuro e Spergiuro che aumenterò la velocità di produzione dei capitoli d'ora in poi, per farmi perdonare XD

A che punto ero? Oh, sì, giusto...

 

CAPITOLO 19

Daima spalancò gli occhi, continuando a fissare la leonessa che aveva di fronte. Era proprio lei, ed era viva! Come poteva essere possibile?

Pensò ancora a quella notte in cui aveva ritrovato Usiku nella foresta e di come lo shock l'avesse paralizzata per un tempo indefinito che le era sembrato eterno.

Stavolta non era così: sentiva il cuore sciogliersi e il calore invaderle ogni centimetro di pelle, non riusciva più a trattenerlo. Scottava, scottava da morire e lei doveva muoversi, urlare, piangere, gridare che sua sorella era ancora viva e che insieme avrebbero potuto ristabilire la pace nelle Terre dell'Ovest.

Si rese conto di star urlando cose che probabilmente neanche formulava.

-SARABI! Sarabi, per i Grandi Re del Passato, sei proprio tu?! Oh santo cielo, Sarabi!-

Sbattè la schiena contro il terreno sabbioso ancor prima di rendersi conto cosa fosse successo.

Sopra di lei, Sarabi la teneva stretta sotto il controllo delle zampe, la bocca appena appena aperta si muoveva leggermente.

-...dillo ancora una volta e sarà l'ultima cosa che farai.- le sussurrò nell'orecchio.

Un brivido gelido la paralizzo al terreno più di quanto non lo fosse già. Sarabi si staccò da lei e le diede le spalle.

-Vieni con me.- ordinò.

Camminarono un poco, tanto che bastava per rimanere nascoste da occhi e orecchie indiscrete.

-Cosa ti è saltato in mente?!- il tono della leonessa era ghiaccio, mentre gli occhi ardevano come braci.

-Come sarebbe a dire “cosa ti è saltato in mente”? Ti credevamo tutti morta, Sarabi!-

-Beh, come puoi notare sto bene, sono viva e se non ti dispiace ora starei cercando di riportare a casa due fastidiose pulci che mi tormentano da tutto il giorno, per cui se tu e le tue amiche vi levate di torno...-

La leonessa fece per sorpassarla, ma Daima sbarrò velocemente la strada. La fissò esterrefatta: a che gioco stava giocando?

-Sparisci per due anni e non vuoi neanche sapere cosa sta succedendo nelle tue terre?-

-Gli affari del vostro regno non mi riguardano più ormai.-

-Del NOSTRO regno, Sarabi! Ascolta, capisco che sei spaventata, ma...

-Io non sono spaventata! Voglio solo andare alla Rupe dei Re e voglio arrivarci entro domani!-

-MI VUOI ASCOLTARE?!-

Daima balzò addosso alla leonessa scura, che scartò all'ultimo secondo e schivò l'attacco. Si maledisse per quella mossa insensata: non avrebbe avuto possibilità contro un'avversaria così allenata. Inoltre in quel lasso di tempo, Sarabi era diventata più grande e più pesante di lei, nonostante fosse più giovane.

Un forte colpo arrivò senza preavviso e Daima riuscì appena a vedere la zampa che impattava contro la mascella, stordendola. Gli artigli erano ritratti, ma nonostante ciò il dolore non fu poco.

-Perchè ci hai abbandonato?- gridò.

-Io non ho abbandonato nessuno! Usiku era la legittima erede al trono, io non ho idea di come governare un regno da sola!-

Daima pensò a quella notte in cui aveva scoperto chi si celava realmente sotto le spoglie della solitaria leonessa nera che aveva adottato Ni, Nyeusi.

Pensò che dire la verità su di lei in quel momento sarebbe stato inutile: Sarabi non le avrebbe mai creduto e avrebbe perso ogni possibilità di un dialogo razionale con la principessa.

-Vuoi vedere la tua casa distrutta da un tiranno quindi? Le tue compagne straziate dalla sua brama di potere e dalla fame? È così che la pensi?!-

Sarabi rimase interdetta.

-Tiranno? Cosa stai dicendo?-

“No...Non mi dire che non sa niente...”

-Parlo di Hasidi, Sarabi.- il suo sguardo non faceva presagire nulla di buono -è tornato.-

 

 

Sarabi sentì le zampe cedere sotto il suo stesso peso, non disse niente. Il suo cuore era in fermento, il sangue le pulsava nervosamente sulle tempie e si sentiva carica di una strana energia.

“Hasidi, vivo! Almeno lui!”

Represse un gridolino di felicità nel saperlo ancora vivo. In fondo, erano stati amici per così tanto tempo in passato, cosa sarebbe cambiato ora?

Lo sguardo gelido di Daima la riportò duramente alla realtà. La leonessa chiara sembrava disorientata, confusa dal suo comportamento. Cosa c'era di sbagliato in lui?

-Perchè quella faccia, Daima?-

-Perchè questa felicità?!- sbottò lei -Quel...quel mostro, sta riducendo le Terre dell'Ovest in un deserto di disperazione!-

Daima era visibilmente sconvolta: tremava di rabbia e di paura, sembrava sul punto di crollare a terra piangente. Gli artigli erano stati conficcati nel terreno con tanta foga da lasciare dei solchi nel terreno sabbioso.

-Tu non sai cos'ha fatto quell'essere schifoso! Ha gettato nella gola i nostri cuccioli! LI HA UCCISI TUTTI! HA UCCISO CHAKA!-

Lacrime di furore le scesero ardenti lungo i lati del muso, i lineamenti contratti dalla tensione e dalla rabbia spaventarono Sarabi.

Nella sua mente riecheggiarono le grida di Usiku mente veniva aggredita dai calabroni, le parole amichevoli di Hasidi e la sua sagoma scura spiccare fra i colori caldi del tramonto africano. Un turbine di pensieri e di emozioni le vorticavano in testa senza possibilità di fermarsi.

-N-non...non può aver fatto tutto questo- balbettò confusa -lui è...è un amico...-

La voce rauca di Daima le spense le parole in gola:

-Non è un amico. Non può esserlo e non lo sarà mai! È solo un traditore, un mostro! Una creatura infame che non merita di vivere!-

la leonessa chiara alzò la testa e i suoi occhi glaciali incontrarono quelli caldi di Sarabi:

-Devi tornare. Altrimenti sarà la nostra fine.-

-Non sarà con una leonessa in più nelle vostre schiere che vincerete questa battaglia.-

-No, una sola non basta.- Daima rivolse il suo sguardo verso una piccola sagoma scura all'orizzonte -Ma un regno intero può sconfiggere questo nemico.-

Sarabi afferrò al volo il concetto, rimanendo spiazzata.

-Non puoi chiedermi questo! Sono un'esiliata, non mi sarebbe concesso neanche di entrare nelle loro terre, lo faccio solo per riportare a casa Tama e Chumvi!-

Sentì un nodo serrarsi sulla gola, continuare era difficile. I ricordi del suo seppur breve soggiorno alla Rupe erano tra i più sereni della sua vita. Avrebbe dato qualunque cosa per tornare da loro.

Gli occhi infuocati di Mufasa le incendiarono la mente per un istante, ma respinse duramente il ricordo come per paura che potesse ferirla. Di nuovo.

-Mi hanno accolta quando ero sull'orlo della morte, mi hanno accettato tra loro e mi hanno dato molto più di quanto avessi mai potuto chiedere. Non ho superato l'iniziazione, meritavo di andarmene, tutto qua. Non posso tornare e pretendere che scendano in guerra contro un nemico che non li riguarda. Pensa agli anziani, pensa ai cuccioli!-

-Sei tu che non ci pensi, Sarabi! Anche noi avevamo degli anziani e dei cuccioli, ma Hasidi li ha eliminati tutti, dal primo all'ultimo!

Promettimi che tornerai.-

-Io non...non posso farlo.-

-Promettimelo!-

-Daima non...-

-PROMETTIMELO!-

-TE LO PROMETTO!- ruggì esasperata la leonessa, il suo sguardo lanciava frecciate di fuoco.

-Tornerò.- aggiunse poi -ma non ora.-

Sarabi scattò in avanti e con un paio di falcate superò la compagna, dirigendosi verso il resto del gruppo.

Tama e Chumvi la videro arrivare di corsa verso di loro e si rannicchiarono un poco per la paura.

-Kigeni?...va tutto bene?- chiese timida Tama.

Sarabi abbassò lo sguardo sui due cuccioli e si sforzò di sembrare rilassata.

-Tutto apposto. Possiamo andare ora.-

-Ma Kigeni, noi...-

La leonessa color sabbia zittì la cucciola con uno sguardo.

Si rivolse alle altre cacciatrici: -Grazie per il vostro aiuto, ma ora dobbiamo andare. Buona caccia.-

Raccolse Chumvi afferrandolo per la collottola delicatamente e fece cenno alla sorellina di incamminarsi.

-Mettimi giù! Non sono più un cucciolo! Sono un leone grande e forte e quando mi libererò...-

Kigeni sorrise sotto i baffi sentendo le atroci minacce del piccolo, ma preferì non offenderlo ulteriormente.

-Sì, certo. QUANDO sarai un leone grande e forte ti metterò giù. Ma per ora stai praticamente dormendo sulle zampe, piccolo...-

-Io non sono....*yaawn*...piccolo!- protestò Chumvi, aggrottando la piccola fronte.

Sarabi strizzò l'occhio a Tama per farla ridere, ma la cucciola sembrava assorta nei suoi pensieri, così continuarono a camminare in silenzio per il resto della giornata, mentre il sole cominciava lentamente a calare verso ovest.

La leonessa si girò per un istante: i contorni delle sue amate terre erano contornati di scuro, i monti tinti di rosso. Le spighe crescevano altre e incolte per tutta la prateria, la loro massa dorata era spezzata ogni tanto da qualche acacia solitaria dal tronco ritorto sferzati dal vento. Tra l'erba, alcune figure scure si allontanavano sempre di più nel cuore del territorio ombroso, lasciando una traccia di risentimento nel cuore della leonessa.

E se invece fosse tornata a casa loro?

 

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