I colori dei Volturi

di rihal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chelsea: Nero ***
Capitolo 2: *** Marcus: Grigio ***



Capitolo 1
*** Chelsea: Nero ***


CHELSEA: NERO

 

C’erano giorni in cui il tempo pareva fermarsi.

In quelle anguste stanze del castello non si udivano mai dei suoni troppo forti. Il silenzio regnava sovrano così spesso che si era domandata più di una volta se non stesse abitando in un cimitero.

Chelsea era nella sua stanza, una modesta camera con un letto a baldacchino e le travi a vista. Quel letto lo aveva comprato a un’asta anni e anni prima, anche se non aveva bisogno di dormire le piaceva possedere un’oggetto ben raffinato come quello. Le lenzuola di raso, i ricami a mano, lo scintillio dell’oro donavano armonia alla sua piccola reggia.

Si guardava allo specchio, girandosi e rigirandosi come aveva visto fare a molte modelle. Le sfilate erano un passatempo che lei e Heidi condividevano spesso; si sorprendeva della possibilità di inserire le parole Heidi e divertimento nella medesima frase.

E pensare che esisteva una credenza dove i vampiri non possono essere riflessi: chi l’avrà detta una stramberia del genere?
Il mantello nero che portava svolazzava lungo il suo corpo statuario, evidenziandone le forme e la sua posizione sociale.

Inutile dire chi lo potesse portare. Lei era tra i privilegiati a poterlo indossare, le piaceva rimirarsi quando nessuno la osservava. Le stava divinamente addosso.

A volte sentiva gli sguardi dei suoi compagni: quello sdegnoso di Jane, sfacciata e crudele, quello invidioso di Heidi, data la sua egocentricità non si poteva aspettare qualcosa di diverso.

Quello beffardo di Felix, il più giocoso; ma tra tutti quello di Afton spiccava per la sua caratteristica peculiare. Lui non la fissava con odio, astio o divertimento.

Lui la guardava in toto, e nei suoi occhi leggeva il sentirsi inferiore di fronte alla sua compagna.

Come poteva abituarsi? Non doveva provare sentimenti del genere, mai sarebbe stato un passo dietro a lei; non concepiva come potesse quello stato d’animo pervadergli l’esistenza, e si sentiva in colpa.

Ma non avrebbe mai abbandonato il suo mantello; lo avrebbe indossato con dignità, caparbietà, dopotutto l’unità del clan era il suo capolavoro.

Manovrare i fili e rimanere compatti era la sua arte, e si meritava di possedere quell’indumento. Era importante, molto più di una bambola di porcellana sadica e di un ragazzino atono.

Non avrebbe mai espresso quella considerazione, sarebbe rimasto un segreto tra lei e lo specchio, che ancora rifletteva la sua immagine.

Sorrideva, ammiccava, si deliziava nel contemplarsi.

Aveva imparato una cosa dal mondo umano, una lezione di stile che si intonava perfettamente alla sua routine: il nero sta bene con tutto.

E mai lo avrebbe messo in dubbio.


Hola! Lo so, ho un'altra storia in corso, solo che ieri sera mi è venuto un flash su una raccolta dei Volturi... E quindi, perché non provarci?
Ho iniziato con Chelsea e le ho associato il nero; il nero è il colore del mantello dei nostri big three e anche lei può portarlo, quindi ho cercato di soffermarmi su questa caratteristica... un accenno dei poteri è stato fatto per sottolineare come meriti quel colore.
Spero vi possa piacere questa nuova stramberia!
A presto!
Anna

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Capitolo 2
*** Marcus: Grigio ***


MARCUS: GRIGIO

I suoi co reggenti erano sempre in disaccordo; l’arroganza di Caius e la mente calcolatrice di Aro non riuscivano a trovare un punto di intesa, e alla fine dovevano rivolgersi all’unico che poteva mediare i loro asti.

A volte desiderava di non essere tra loro, di essere morto. Quel pensiero era costante nella sua mente, lo accompagnava nelle sue mere giornate passate nella noia più assoluta. I momenti più accesi erano le dispute tra i due Anziani, ma lui riusciva a rimettere la pace.

Era notte fonda, non sapeva che ora fosse; era uscito dal castello per avventurarsi su Volterra.

Spopolata e deserta era la piazza quando arrivò. Si sedette su una panchina, volgendo lo sguardo al cielo e contemplando le numerose stelle che lo popolavano.

Era rischioso uscire, ma non gli importava; da secoli la sua vita era appesa ad un limbo di solitudine, ogni suo agire era contornato dall’ indifferenza delle sue conseguenze.

Assorto nel suo mondo, percepì immediatamente l’odore di una donna. Con la coda dell’occhio si sedette all’estremo della panchina, senza proferire parola. In un istante sentì che tra quella donna – ormai in età avanzata- e il posto dove erano seduti c’era un legame. Qualcosa di intenso, pieno, a cui lui non riusciva a darsi una spiegazione.

Si voltò, osservando i suoi lineamenti, le rughe sotto gli occhi verdi accesi, e la bocca rosa piegata in un piccolo sorriso.

Lei si accorse del suo sguardo: lo fissò, ampliando impercettibilmente il suo sorriso. Marcus se ne accorse, le sue pupille potevano cogliere ogni sfumatura del suo volto.

“Cosa la porta qui? Non l’ho mai visto.”

Il suo tono di voce non era arrabbiato. Non reclamava quella piccola porzione di territorio. Lui ne fu colpito.

“La stessa cosa che ha portato lei.”

L’anziana sorrise.

“L’ho conosciuto qui cinquant’anni fa. Avevo vent’anni e lui trenta. Era stato nei campi di concentramento quasi sedici mesi, ed era sopravvissuto. Portava i segni di quell’esperienza orribile, ma dal primo momento l’ho amato. Su questa panca mi ha chiesto la mano, e su questa panca torno ogni sera per stargli vicina.”

Quel racconto improvviso lo commosse. “Ed ora dove si trova?”

“Lui è morto suicida quattro anni fa.”
Marcus fu colto da una sensazione di tristezza; era commosso da quell’amore.

“Perché me ne ha parlato?”

“Perché ho avvertito in lei la stessa tristezza che pervade me ogni giorno.”

Il vampiro rimase silenzioso; rimase di sottecchi a guardare l’umana, infagottata nel suo giubbotto nero. E comprese.

Capì di non essere solo, che il suo dolore poteva condividerlo con qualcun altro; come quella donna, l’unica che lo aveva realmente ascoltato, che avesse capito le sue pene e consolato il suo animo afflitto.

Marcus sorrise appena. “Non è strano? Piangiamo per una persona, quando non siamo soli in questo mondo, circondati da un numero indefinito di gente.”
“Ma l’unica che vorresti accanto non c’è.” Lei gli completò la frase.

“E ne vale la pena continuare a vivere?” domandò lui, voltandosi.

La donna annuì, il suo viso illuminato dal lampione di fronte.

“Certo. Vivi per chi non ha avuto la possibilità di continuare.”

Rimasero poi in silenzio, ad osservare le stelle.

Per quella sera, fare da mediatore tra Caius ed Aro gli era parso un lavoro bellissimo.

 
 
Ciao!
Ok, forse mi sono lasciata prendere la mano: ma cavolo, io adoro Marcus!
A lui ho voluto associare il grigio: colore mezzano tra il nero e il bianco, come lui lo è tra i due Anziani; il suo potere, per chi non ricordasse, è quello di percepire i legami tra persone, cose e luoghi. Ecco spiegato perché riesce a sentire cosa prova la donna nei confronti di quella panchina.
Spero che la scena sia di vostro gradimento! Dal canto mio mi sono divertita a scriverla!
Ditemi cosa ne pensate, sono curiosa di leggere i vostri pareri!
A presto!
Anna

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