Nel Tuo Cuore Arderà

di Carlos Olivera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


1

 

 

Difficile trovare qualcuno che amasse le vacanze più di Alexia.

Ogni anno, tra la fine del settimo e l’inizio dell’ottavo mese, il Colonnello Stirling e sua moglie si concedevano una crociera in giro per il sistema solare o qualche altro viaggio di piacere, lasciando Alexia nella tenuta estiva di famiglia a Dempsey Court, nelle campagne di Prades, un piccolo angolo di paradiso ammirato e invidiato da tutta la più alta nobiltà di Amaltea.

Per Alexia quel posto era come un suo personalissimo parco dei divertimenti; tra gli scintillanti corridoi, le innumerevoli stanze, il labirinto di siepi, i gazebi in pietra, l’enorme lago artificiale, i boschi, i maneggi, le serre e gli sterminati giardini, non c’era assolutamente possibilità per una mente sveglia e attiva come la sua di annoiarsi.

Non le interessavano i giochi interattivi, la televisione e altri passatempi simili, almeno non nella misura che ci si sarebbe potuti aspettare da una bambina della sua età. La sua vita era all’aperto, nei parchi e nei giardini, ed era per questo motivo che per lei recarsi a Dempsey Court era l’evento più atteso dell’estate.

Fino a poco tempo prima l’idea di dover passare quasi un mese da sola con la nonna, la contessa Anna, non la faceva impazzire, ma per chissà quale miracolo negli ultimi mesi l’austera matrona sembrava essersi un po’ addolcita, pur conservando quell’aura maestosa e autoritaria tipica di tutte le donne della famiglia Horstmayer.

E poi c’era Husky, che a vederla così tutto sembrava fuorché il famiglio della contessa, raro esempio di eleganza, gentilezza ed affetto materno, che aveva seguito Alexia in ogni cosa fin dai suoi primi vagiti.

C’erano tutti i presupposti per una vacanza bellissima, che avrebbe reso più sopportabile il successivo ritorno a scuola, ma purtroppo per Alexia la contessa, per quell’anno, aveva altri programmi in serbo per lei.

Era una splendida mattina, assolata ma non troppo calda.

Sotto lo sguardo un po’ distratto della nonna, accomodata ad una tavola da colazione imbandita all’ombra di un gazebo di pietra, Alexia stava giocando con cerchio ed asta sulle sponde del laghetto; il vestito bianco perla e i suoi lunghi capelli biondi ondeggiavano festosi al fresco vento del nord, ed il suono delle sue innocenti risate riempiva il giardino sposandosi perfettamente con l’armonia che la circondava.

«Vostra nipote è un vero angelo, Contessa» disse il suo ospite, un venerabile e stoico signore sulla settantina con una ricercata barba nero fumo che indossava un’ampia tonaca color oro. «Dovete esserne orgogliosa.»

«Lo sono, Asclepio» rispose lei tornando a concentrarsi sulla propria tazza di tè. «Ma lo sarei ancora di più se mostrasse un po’ più di interesse per lo studio della magia.»

«Eppure, ho sentito dire che le sue capacità sono più che notevoli.»

«Il che rende la cosa ancora più snervante, se considera come non abbia mai preso in mano prima d’ora un qualunque testo di magia. Ciò che fa lo compie in modo del tutto istintivo.»

«È pur sempre vostra nipote» sorrise Asclepio. «Un giorno erediterà il Vostro posto nel Conclave, e un domani chissà.»

«Ora come ora, mi basterebbe che decidesse di applicarsi seriamente.»

«Se siete così in apprensione, perché non la iscrivete ad un corso preparatorio? Così, quando inizierà a studiare la magia a scuola, il suo bagaglio sarà già considerevole.»

«Lo farei, ma il problema è che il suo core non si è ancora stabilizzato, benché ormai abbia quasi nove anni.»

«Capisco. È chiaro. Nessuna scuola si prenderebbe un simile rischio, anche se stiamo parlando di un membro del casato di Horstmayer.»

«Nella nostra famiglia è un problema alquanto comune. Poiché il nostro sangue e il nostro retaggio ci donano una lunga aspettativa di vita, anche i nostri poteri magici si sviluppano più lentamente rispetto alla maggior parte degli altri stregoni.»

«E infatti» replicò Asclepio incupendosi. «È proprio di questo che volevo parlarvi.»

La contessa, fattasi a sua volta scura in volto, posò la tazzina senza produrre alcun rumore, mentre alle sue spalle la fedele Husky, senza che le venisse detto nulla, lasciava rispettosamente il gazebo camminando all’indietro.

«Che cosa intendi dire?»

«Il fatto è che nel Conclave la situazione è caotica. Alcuni credono che per l’istituzione sia giunto il momento di aprire le porte anche ai maghi di discendenza non comprovata, eliminando il requisito fondamentale della qualifica di Alti Maghi.»

«Sarebbe blasfemo. Con tutto il rispetto per i maghi comuni, il Conclave è tutto ciò che ci rimane a ricordo della nostra storia e del nostro passato.

Noi siamo i depositari dell’antico Concilio delle Famiglie Nobili, un concilio di cui sia il tuo casato che il mio hanno fatto parte fin dalla sua istituzione.»

«Il problema è che alcune famiglie di maghi comuni hanno accumulato un notevole potere da quando abbiamo messo piede su questo pianeta, e ora vogliono vedere riconosciuta la propria autorità.

Non so dirti se alla base ci sia un bieco interesse personale o una sincera volontà riformatrice, ma l’ala progressista del Conclave, e persino alcuni Vertex, stanno iniziando a manifestare una certa approvazione verso l’idea di allargare il bacino di potenziali membri.»

«Sono solo degli opportunisti. Squali famelici che vorrebbero sfruttare la rete di conoscenze ed il peso politico insito nel Conclave. Non permetterò che il simbolo più importante della nostra storia venga profanato in questo modo.»

«Appunto, amica mia. Ed è qui che potrebbe entrare in gioco Alexia.»

«Mia nipote!? Perché?»

«Se parliamo della tua linea di sangue, Alexia è l’ultimo ramo di un albero secolare e bellissimo. Suo padre invece, con tutto il rispetto per il Colonnello, non viene da una famiglia altrettanto prestigiosa. O almeno, questo è quello che si dice in giro.»

«Sono tutte illazioni. La famiglia di Allen ha una storia vecchia di almeno settecento anni, da prima cioè che gli umani scoprissero la magia, e questo è sufficiente per autenticare il suo status. Che poi non sia un Alto Mago ha poca importanza. Neanche mia figlia lo è, dopotutto.»

«Non ha importanza ciò che è vero, Anna, ma ciò che crede la gente. E quello che credono è che una delle più importanti famiglie nobili di Celestis stia perdendo il diritto al proprio posto d’onore nel Conclave.

Se gli Horstmayer dovessero dare prova di non avere più il potere e il patrimonio di sangue di cui vanno tanto fieri, ma ciò nonostante seguitassero a mantenere la propria carica e il proprio posto di rilievo nel Conclave, potrebbe essere visto come un precedente importante da cui far partire un processo di riforma.»

«Non permetterò che il nome degli Hortmayer, e tantomeno mia nipote» sbottò contrariata la contessa, «Vengano usati per bieche questioni di opportunismo politico. Non intendo farne i pagliacci del Conclave.»

«Nessuno di noi dubita di voi o del vostro lignaggio, Anna. Ma Alexia deve diventare quanto prima una maga di talento, prima che la situazione sfugga di mano. Se dovesse provare di essere degna del posto che occuperà un domani nel Conclave, se non per sangue quantomeno per capacità magiche, quelle voci non sarebbero più una minaccia.»

«E dovrei permettere a quelle serpi di ridacchiare alle mie spalle, o a quelle di mia nipote quando io non ci sarò più? Cosa si direbbe in giro della famiglia Horstmayer? La linea di sangue è il nostro tesoro più prezioso. Perderla, o indurre gli altri a ritenerla perduta, sarebbe un disonore inaccettabile. Non intendo sottoporre Alexia ad una simile umiliazione, neanche se si tratta di salvare il Conclave.»

«Dammi retta, quelli sono dei codardi. Se Alexia sarà allo stesso livello di sua nonna, non ci sarà illazione o debolezza di sorta che li dissuada dal portarle il massimo rispetto, se non altro per non perdere i favori della più antica Famiglia Nobile ancora in vita.»

Anna aggrottò le sopracciglia, distogliendo un attimo lo sguardo e sfiorandosi il mento.

«So di metterti addosso un peso non indifferente, amica mia, ma puoi credermi se ti dico che non sappiamo in che altro modo comportarci.

Pensaci. È l’occasione per mettere chi di dovere al suo posto, e salvare quello che resta della nostra storia.»

Poi, il Vertex si incupì ulteriormente, posando con mano tremante la propria tazza e cercando, per quanto possibile, di nasconderla all’interno dell’ampia manica.

«Ovviamente c’è anche il rovescio della medaglia. Che Alexia necessiti di più tempo per sviluppare il proprio core è comprensibile, ma se quest’attesa dovesse durare troppo, le voci sulla dubbia discendenza di suo padre potrebbero finire per serpeggiare anche tra i vostri più cari amici.»

Il volto di Anna non tradì alcuna emozione, ma Asclepio sapeva quali sentimenti si stessero agitando nell’animo della contessa.

«Capisci che cosa voglio dire, vero? Gli Horstmayer e il loro nome sono un punto di riferimento all’interno non solo del Conclave, ma di tutta la nostra società. Se dovessero venire messi in discussione, così sarebbe anche per tutto ciò che nei secoli abbiamo costruito.

Vuoi davvero questo, Anna?»

Poco dopo, richiamato dal proprio segretario per questioni urgenti che lo attendevano ad Otisa, il Vertex si congedò, lasciando la contessa da sola ad osservare sua nipote ancora intenta a far correre quel cerchio alto quasi quanto lei lungo la stradina che costeggiava il lago.

D’un tratto, per colpa di un sasso, il cerchio parse il suo fragile equilibrio rotolando fino in acqua, ma ad Alexia, dopo un attimo di sconforto, bastò agitare una mano per farlo sollevare lentamente in aria e riportarlo sulla terraferma, riprendendo subito a giocare.

«Husky.» disse senza togliere gli occhi dall’oggetto della sua attenzione.

«Sì, mia signora?» rispose la giovane, ricomparsa al suo fianco con la stessa discrezione con cui se n’era andata.

«Tu sei come una seconda madre per mia nipote. Si fida di te più di quanto si fidi di me.»

«Non dite così, mia signora. La signorina vi vuole molto bene.»

«Ho i miei dubbi» sorrise quasi rassegnata Anna. «Però una cosa è certa. Proprio perché è mia nipote, non saprei essere imparziale e risoluta come dovrei in quello che mi aspetta.»

«Mia signora?»

«Ti affido Alexia, Husky. Da oggi, sarà la tua discepola. Dovrai insegnarle tutto quello che hai appreso da me.»

«Ma… ne siete sicura…»

Per un attimo, un velo di tristezza sembrò calare sugli occhi della contessa, mentre impassibile come sempre osservava Alexia bere allegramente il frullato portatole da una cameriera.

«Asclepio ha ragione. Che io scelga o meno di fare qualcosa, il destino di Alexia è legato al suo potere.

Come tutti gli Horstmayer, deve dimostrare di essere degna del sangue che le scorre nelle vene.»

«Però, mia signora…» osò obiettare la ragazza. «È così giovane. Apprendere l’Alta Magia ora, con un core non ancora formato…»

«È proprio per questo che devi insegnargliela. Prima Alexia imparerà a conoscere e comprendere al meglio il suo potere, prima ne avrà il controllo. Quel potere, più di ogni altra cosa, sarà la mia eredità. Il mio lascito per lei.

Più ancora del titolo, dei palazzi e del denaro.»

Anna si volse quindi verso il proprio famiglio, che a propria volta la osservò incredula.

«Ripongo in voi, in te, tutte le mie speranze.»

«Non vi deluderò, mia signora. Sulla mia vita.»

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

Dopo una lunga assenza, eccomi di nuovo qui a scrivere di Celestis e delle sue infinite sfaccettature.

Questa volta, traendo spunto da un ennesimo aneddoto della vita della nostra Alexia, ho voluto porre l’attenzione sul mondo dei Maghi Antichi (quei maghi cioè che esistevano da prima che la magia diventasse di dominio pubblico, e che gli umani scoprissero a loro volta come dotarsi di poteri magici), una società che affonda le sue radici in una storia vecchia di più di mille anni, e che a distanza di tanto tempo cerca disperatamente di conservare il proprio retaggio nonostante tutto.

Probabilmente non sarà l’unica storia dedicata a questo aspetto della società Celestiana, anche perché in questo caso la protagonista principale sarà proprio Alexia, ma se non altro aiuterà meglio a comprendere il contesto generale in cui si svilupperanno eventuali racconti futuri.

A presto!^_^

Carlos Olivera

PS: sì, il titolo l'ho rubato a Dragon Age - Inquisition!^_^

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Capitolo 2
*** II ***


2

 

 

La mattina dopo, le vacanze estive di Alexia potevano dirsi già terminate.

Svegliata anzitempo dalle cameriere, venne lavata, vestita ed introdotta ad una colazione frugale, oltretutto senza l’usuale compagnia della nonna, e prima ancora di poter capire qualcosa la bambina si ritrovò nell’ampio cerchio di pietra al limitare dei giardini, dove ad attenderla trovò Husky come non ricordava di averla mai vista.

Avvolta dalla veste nera e rosa da insegnante, con la tiara alata a cingerle il capo e la lunga livrea bordata d’argento, sembrava uscita dal quadro affisso nella sala da lettura principale, che raffigurava la contessa negli anni d’oro della sua massima bellezza e abilità.

«Husky, ma che cosa succede?» domandò spaesata mentre un’inserviente le metteva in mano un bastone da incantesimi  prima di scomparire, lasciandole sole

«Ordini di vostra nonna, signorina. A partire da oggi, e per tutta la durata delle vacanze, vi eserciterete nella magia, sotto la mia supervisione.»

«La tua… supervisione?»

«La contessa mi ha affidato la vostra formazione. Ora siete ufficialmente un’apprendista. La mia apprendista. E io la vostra insegnante.»

«Per quale motivo devo studiare la magia? Adesso? Me la insegneranno a scuola.»

«L’insegnamento che riceverete a scuola non sarà mai come quello che potrete apprendere dalla vostra famiglia. Le conoscenze che vi impartirò io non le riceverete né vedrete da nessun’altra parte. Saranno solo vostre.»

Di fronte allo smarrimento della sua giovane allieva Husky si inginocchiò davanti a lei, carezzandole la guancia con un sorriso gentile.

«Voi non siete come tutti gli altri, Signorina. C'è qualcosa di speciale in voi.»

«Qualcosa di speciale?» ripeté Alexia incredula.

«Una scintilla.» rispose Husky toccandole con un dito il centro del petto. «Proprio qui. E' qualcosa di antico, che risale agli albori della vostra specie, e che vi rende unica. E' il vostro più grande tesoro. La vostra eredità. Quell'eredità che un giorno trasmetterete ai vostri figli, che a loro volta la passeranno ai loro figli, da qui alla fine del tempo.

Il mio compito è far sì che questa scintilla ancora opaca si accenda completamente, e che voi impariate a comprendervela. Sarà questo il mio insegnamento. Un insegnamento che porterete con voi per tutta la vita.»

Alexia sembrava stranita, e seguitò per alcuni secondi a fissare Husky con quei suoi grandi occhi blu così pieni, allo stesso tempo, di vita e di meraviglia, per qualcosa che andava al di là della sua comprensione ma che un giorno, forse, avrebbe insegnato ai propri figli.

«Cominciamo con qualcosa di facile. Saprebbe dirmi, signorina, cos’è la magia?»

«Che cos’è la magia?» ripeté Alexia guardando in aria, per poi, dopo qualche secondo di riflessione, far comparire un piccolo globo di luce sul palmo della mano con una semplicità sconcertante. «È questo, giusto?»

«Non parlavo di quello che può fare la magia» rispose sorridendo Husky. «Ma di cosa sia  realmente. Lo sapete?»

E stavolta, la bambina rimase muta, fissando il suolo come imbarazzata.

«La magia è tutto quello che vi circonda. È l’aria che respirate. L’acqua che bevete. Il cibo che mangiate. La magia siete voi, sono io. È tutto.

È un fiume. Un fiume che proviene dal cuore del mondo, e che pervade ogni cosa, carico di energia. Questa energia scorre in ogni cosa, ed e grazie ad essa che tutto esiste.»

«La magia… è dentro di noi?»

«Esatto. Dentro di noi. Grazie al DNA. Sapete cos’è il DNA, vero?»

«È dove ci sono tutte le informazioni su quello che siamo.»

«Esattamente. Ma c’è un pezzetto, piccolo ma importantissimo del nostro DNA, che è molto speciale. Lo chiamiamo M-Code. È il punto di contatto, il filo che unisce il mondo ai suoi figli, e grazie ad esso quell’energia scorre in ognuno di noi.»

«Anche tu ce l’hai?»

«Certamente. Ogni forma di vita, dal filo d’erba all’enorme balena, possiedono l’M-Code. Senza di esso, non potremmo vivere.»

«Quindi possiamo tutti usare la magia?»

«Purtroppo no, signorina. Come ogni cosa, anche l’M-code è diverso per ogni persona. Tutti lo possediamo, ma la forza che può sprigionare non è mai uguale per tutti. La maggior parte degli esseri viventi possiede un M-Code piccolo e debole, sufficiente a mantenerli in vita. Ma ci sono persone che invece ne possiedono uno più forte, abbastanza da permettergli di controllare quell’energia, piegandola alla propria volontà.»

«Ma come si fa a controllare l’energia?»

«Chi meglio di voi conosce la risposta? Non è forse quello che fate ogni giorno, in modo del tutto istintivo, quasi fosse per voi una cosa normale? Come ci riuscite?»

Alexia la guardò stranita.

«Io… io non lo so. Semplicemente, penso di volerlo fare. E succede.»

A quel punto Husky raccolse un rametto, porgendolo ad Alexia dopo averlo ripulito della polvere.

«Provate a romperlo.»

Basita, ma fiduciosa della propria nutrice, Alexia ubbidì, riuscendo senza troppo sforzo a spezzare in due quel piccolo pezzo di legno malgrado il fisico minuto e le braccia sottili.

«Visto? Ci siete riuscita. Ma provate a pensare come ciò sia stato possibile. Cosa avete fatto?»

«Ecco… ho spinto… e… il ramo si è spezzato.»

«Avete usato la vostra forza. L’avete generata attraverso i muscoli, e grazie ad essa permettendovi di spezzare il ramo. Ma anche la forza è energia, e anche se non potete vederla, è proprio lì, dentro di voi. Per la magia è uguale. Così come la forza è generata dai muscoli, la magia è generata dal core.»

«Il… core!?»

«La luce di cui vi parlavo. Tutti i maghi ne sono dotati. È l’M-Code a crearla, ed è ciò che ci differenzia dagli esseri umani. Senza un core, non è possibile padroneggiare la magia.

Il mio compito è insegnarvi a padroneggiare e manipolare a vostro piacimento l’energia prodotta dal vostro core.»

«Padroneggiare e manipolare?»

«In voi risiedono migliaia di anni di insegnamento e studio delle dottrine magiche. Per questo per voi il controllo della magia è istintivo, oltre che così semplice» disse Husky, per poi farsi molto più seria. «Però, la magia non va’ mai usata per gioco, o senza conoscerla pienamente. Poiché, se usata nel modo sbagliato, o senza la dovuta attenzione, può essere molto pericolosa, e perfino distruttiva.

Per questo è necessario che voi impariate a controllarla. Perché un domani possiate usare il vostro grande potere per il bene di tutti.»

«Per il bene di tutti!? Posso farlo davvero?»

«Dipende da voi. Ma confido che vi riuscirete.

Allora, cominciamo?»

 

Solo quando, su invito della sua nuova maestra, Alexia si portò al centro della piazza, Alexia si accorse che quelli che sembravano semplici simboli decorativi tracciati sul selciato rappresentavano, in realtà, un complesso disegno geometrico, fatto di cerchi, triangoli, lettere e strani ideogrammi.

E pensare che, in tanto tempo passato a giocare lì attorno, non l’aveva mai notato.

«Così come i muscoli permettono di controllare la forza fisica» disse Husky camminando incessantemente tutto attorno a lei. «Anche la magia può essere dominata attraverso qualcosa di tangibile e concreto.

I bastoni e gli scettri, come quello che state tenendo in mano, amplificano il vostro potere, aiutandovi a richiamarlo e successivamente a concentrarlo verso l’oggetto dell’incantesimo che intendete lanciare. Ognuno di questi bastoni è equipaggiato con un cristallo di memoria che registra e archivia autonomamente tutte le formule e gli incantesimi già sperimentati, per facilitarvi utilizzi successivi, anche se ovviamente nel vostro caso questo chip è stato momentaneamente disinserito.

Tuttavia, i bastoni sono solo il tramite. La vera magia necessita di altri strumenti per essere evocata e utilizzata. Questi strumenti possono essere simboli, come quello sopra cui ora vi trovate, o parole particolari.

Entrambi questi strumenti saranno tanto più efficaci quanto più sono complessi: un simbolo ben strutturato o una formula dovutamente articolata vi permetteranno di esercitare il controllo su di una grande quantità di energia.»

«Però, io non conosco né simboli né parole.» disse innocentemente Alexia cercando di seguirla con lo sguardo.

«Per questo esiste la pratica. Con il tempo, imparerete a padroneggiare un sempre maggiore numero di incantesimi, e con essi aumenterà anche la vostra capacità di controllare la magia. E poiché il vostro core non si è ancora completamente sviluppato, sappiate fin da ora che quanto più vi eserciterete oggi, tanto più le vostre abilità ne beneficeranno in futuro.»

Detto questo, Husky si limitò a schioccare le dita, e l’anello più esterno del simbolo tracciato sulla piazza si illuminò di una luce rosata, assieme agli otto monoliti ovoidali disposti a uguale distanza lungo il suo perimetro.

«Alla base di ogni cosa c’è il cerchio» disse ancora l’insegnante mentre Alexia si guardava attorno piena di meraviglia. «Esso rappresenta l’uroboros, in altre parole l’infinito. È l’eterno ciclo della magia, che nasce dal mondo e ad esso ritorna per rinascere nuovamente.

Il cerchio evocato in questo modo evoca il potere, rinchiudendolo nel contempo entro uno spazio chiuso. Se il cerchio si rompesse, l’energia racchiusa al suo interno deflagrerebbe, provocando danni anche seri. Perciò, prima ancora di imparare la magia, dovete imparare a contenerne la potenza.

Perciò…»

D’improvviso, Alexia sì sentì travolgere da un peso opprimente, come se qualcuno le avesse improvvisamente caricato un enorme zaino sulle spalle; il petto cominciò a bruciarle, lì dove Husky l’aveva toccata, e allora la bambina, istintivamente, provò a concentrarsi su quel potere che di solito le veniva così facile utilizzare.

Qualcosa accadde, perché in un primo tempo il peso sembrò affievolirsi, ma poi, proprio quando Alexia cominciò a pensare di avercela fatta, quell’energia parve quasi scivolarle via dalle mani, e mentre il cerchio si spegneva di colpo, provocando anche un piccolo spostamento d’aria, la bambina si ritrovò a terra, esausta al punto da fare fatica anche a respirare.

«Ne abbiamo di strada da fare.» sospirò Husky passandosi una mano sulla fronte.

 

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