Love Tales of LadyBug and Chat Noir

di Light Lynx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap 1 - Fidati ***
Capitolo 2: *** Cap 2 - dovevi fidarti ***
Capitolo 3: *** Cap 3 - Cambi di idee ***
Capitolo 4: *** cap 4 - fidarsi è bene, non fidarsi è meglio ***
Capitolo 5: *** cap 5 - allora mi fidai ***
Capitolo 6: *** cap 6 - errori di strada ***
Capitolo 7: *** Cap 7 - sulle note di un lento ***
Capitolo 8: *** cap 8 - sarai tu a decidere ***
Capitolo 9: *** cap 9 - le due facce di una medaglia ***
Capitolo 10: *** cap 10 - marzo porta consiglio ***
Capitolo 11: *** cap 11: un amore contrastato ***
Capitolo 12: *** cap 12 - furore d'amore ***
Capitolo 13: *** cap 13: lady rose ***
Capitolo 14: *** cap 14 - stadio 2 ***
Capitolo 15: *** cap 15 - scoperte ***
Capitolo 16: *** cap 16 - Consci di loro ***
Capitolo 17: *** cap 17 - notte fredda nell'inverno parigino ***
Capitolo 18: *** cap 18 . Tra i banchi di scuola ***



Capitolo 1
*** cap 1 - Fidati ***


-Ciao ciao piccola farfalla.- disse lasciando che l'akuma purificato si dileguasse.

-Allora…- provò a chiederle il ragazzo dagli occhi smeraldo facendo roteare la coda tra le mani. -Un attimo, non ho ancora finito.- disse guardandolo sbiecamente con sguardo di rimprovero. Lanciò in aria la penna che miracolosamente l'aveva aiutata anche quella volta a sconfiggere il manichino di Paplion. -Miraculous Ladybug!- le crepe nelle mura della cattedrale si rimarginarono, i gargoyles tornarono al loro posto, persino le fiamme si estinsero.

L'eroina tirò un profondo respiro di sollievo mentre si toglieva la polvere dalla tuta: -Dimmi tutto Chat.-

-Ecco… allora, volevo chiederti… hai presente quella festa in maschera organizzata al municipio?-

-Certo, perché?-

-Ecco… sarà pieno di cibo…- bofonchiò tirandosi la mano dietro la testa e chinando il capo paonazzo.

Il volto della ragazza si ingentilì, così come le sue movenze: si avvicinò al ragazzo con un movimento leggero poggiandogli una mano sulla spalla e avvicinando i due volti.

-Dove vuoi arrivare micino?-

Il rossore delle gote di Chat si espanse a tutto il volto: -Mia lady non mi provochi…- disse con voce tremante.

Avvicinando il suo volto, leggermente inclinato, a quello del ragazzo e ponendo un dito sul petto come provocazione disse: -Cosa vuoi dire Chat?-

Con un rapido gesto le cinse i fianchi con il braccio, bloccando entrambe le mani di lei dietro la sua schiena. Bloccati in quell'abbraccio forzato le sussurrò: -Ti avevo detto di non provocarmi.-

Invertendo le parti il volto della lady divenne rossastro. -Dicevo…- continuò senza mollare la presa sulla preda -ci sarà molto da mangiare, sia dolce che salato, ciò vuole dire che i nostri kwami potranno nutrirsi e ricaricasi più e più volte.- il suo tono era gentile, con sfumature seducenti rivolte all'oggetto del suo amore.

Liberò la Lady dalla stretta obbligata ed inginocchiandosi teatralmente disse: -Vuole essere la mia Lady per quel ballo, Ladybug?-

Una mano posta sul petto, l'altra tesa in cerca di una risposta dalla ragazza.

La risposta titubante della ragazza tardò ad arrivare. -Mia lady…-

-Chat, è pericoloso… se ci attaccassero? Se i kwami non reggessero ore di trasformazione?-

-Lady… non puoi vivere questa doppia vita solo come un dovere. Non c'è nessuno per cui sacrificheresti il tuo impiegabile senso del dovere per divertirti?-

Una moltitudine di immagini del più giovane modello di Parigi le riempirono la mente. -Sì lo farei. Ma non per te gatto.-

Una smorfia di delusione segnò il volto dell'eroe. -Posso sapere chi è il fortunato almeno?- disse con disprezzo verso il rifiuto ricevuto.

Titubante la ragazza provò a organizzare i suoi pensieri per rispondergli: -Chat… se lo dicessi potresti capire troppo di me… potresti.-

-Capisco il rifiutarmi! Ma non fidarti di me! Non eravamo una squadra?-

La notte si impadroniva sempre più fortemente del cielo togliendo quel poco di luce presente sulla cattedrale.

In pochi istanti di imbarazzante silenzio Ladybug si ritrovò a stringere gli occhi per tentare di mettere a fuoco l'amico.

-Chat…-

Il suono dell'anello del ragazzo annunciava che la sua trasformazione stava per svanire. -Rimani, se hai coraggio.-

La ragazza tremante prese lo yo-yo tra le mani senza staccare gli occhi da lui.

-Fidati di me, mia lady.-

Si voltò con uno scatto: -Scusa Chat.- dise svanendo tra i palazzi.

Una luce lo avvolse. Adrien cadde sulle ginocchia in preda alla disperazione. Plagg immobile fluttuante sulla sua spalla non sapeva cosa dire.

Solo una volta che le lacrime del ragazzo si furono esaurite riuscì a bisbigliargli qualcosa: -Adri..-

-Plagg.- lo interruppe subito -Portami a casa.-

Chat noir saltò giù dalla cattedrale abilmente, il passo era pesante, furioso. Ancora con gli occhi stanchi saltò su un tetto cercando una scorciatoia per casa.

 

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Capitolo 2
*** Cap 2 - dovevi fidarti ***


-Hai sentito di ieri sera?- La voce di Alya sembrava non arrivare alle orecchie della ragazza ancora troppo assonnata per la notte in bianco.

-Mh?- le mugolò sollevando la testa dal banco e mostrando le occhiaie sulla pelle chiara.

-Notte in bianco eh?- chiese l'amica ridacchiando.

Marinette le rispose sbattendo rumorosamente la testa sul banco.

-In ogni caso-

Un altro mugolo seguì le parole di Alya.

-Sembra che qualcuno abbia tentato di distruggere Parigi ieri sera.-

Marinette si destò con un urlo: -Cosa?!- diversi sguardi le vennero rivolti ma sembro non notarli mentre mille pensieri le affollavano la mente: “un altro Akuma? Oppure criminalità organizzata? Altri attentati? Perché nessuno me lo ha detto prima per Dio!?”

-Sì! Sono state trovati molti buchi nei soffitti, antenne distrutte, addirittura dei muri sono stati disintegrati.-

I pensieri ancora turbinavano nella sua mente: “Sembrano gli effetti di un Akuma...”

-Marinette!- bisbigliò con vocina acuta Tikki.

Guardandosi attorno spaventata e fingendo di ricrollare addormentata si nascose sotto il banco prendendo tra le mani l'amica. -Nessun Akuma si è mostrato questa notte, ne sono certa!-

-Ma allora cosa è stato?- bisbigliò.

-Non ne ho idea… ma dalla descrizione di Alya sembrano comunque poteri, non semplice vandalismo… Chiedile di più.-

Alya si abbassò a controllare l'amica: -Tesoro, tutto a posto?-

Tikki prontamente si nascose sotto la giacchetta di Marinette nascondendosi ad occhi estranei.

-Emh… sìsì.- squitti prima di uscire prontamente da sotto il banco. Un sorriso a 32 denti le invadeva la faccia.

La professoressa entrò con passo elegante nell'aula: -Ragazzi! Tutti ai vostri posti!- un veloce trambusto e rumore di libri regnò per un attimo nell'aula.

Alya posò una mano sulla spalla del ragazzo di fronte a lei: -Ohi Nino- sussurrò.

-Dimmi piccola.-

Alya lo guardò con sguardo di rimprovero, facendogli intendere che non amava essere chiamata con nomignoli in pubblico -Che fine ha fatto Adrien?-

-È da ieri sera che non mi risponde.- disse pensieroso. -Ma mi ha scritto verso le 2 di notte… ti spiego tutto più tardi.-

Alya riprese posto al fianco dell'amica assonnata. Rigirandosi il tappino della penna in bocca iniziò a scrivere su un biglietto: “come mai così stanca?”

Facendolo strisciare sul banco lo passò all'amica.

Marinette lesse e rilesse il foglietto di carta rosa profumata e ornata con cuoricini tentando di capire cosa ci fosse scritto, la stanchezza le giocava brutti scherzi, impedendole di leggere bene certe parole o lettere. Dopo circa 5 minuti riuscì a passare una risposta mal scritta alla ragazza.

“Ho litigato con un amico ieri sera, credo sia stato molto male. Ho passato la notte a pensare a quello che gli ho detto, a come potevo dirglielo in maniera diversa. Ad un certo punto mi sono ritrovata in pigiama, in lacrime, nel letto ad abbracciarmi le ginocchia. Dovrò riuscire a parlargli.”

Voltandosi verso Marinette Alya notò la guancia lucida dalla lacrima che le aveva rigato il volto nel ripensare a quella notte.

Un “toc toc” deciso interruppe la lezione appena iniziata: -Sì?- chiese la professoressa ancora voltata verso la lavagna col gesso in mano.

Adrien entrò nell'aula con passo strisciante: -Scusi il ritardo professoressa.-

L'insegnante intrecciò le braccia guardando l'allievo, il gesso stretto tra le dita che tamburellavano sui gomiti dell'altro braccio: -Vai a sederti, ma che non succeda più.- disse con tono di rimprovero.

-La ringrazio.- rispose biascicante

Camminava gobbo, tenendo stretta la borsa nella mano, anche i suoi occhi erano marcati da due profonde occhiaie.

Adrien prese posto in prima fila affianco all'amico che disperatamente tentava di attirare la sua attenzione. Il biondino, troppo assorto nei suoi pensieri non lo vedeva, oppure preferiva non vederlo

-Non ho voglia di parlare.- fu la risposta secca di Adrien.

-Signor Agreste, già che è in ritardo, la pregherei di stare attento, o quanto meno in silenzio.-

-Mi scusi di nuovo professoressa.- disse abbassando lo sguardo sul foglio.

Alya e Nino si scambiarono lunghi sguardi interlocutori. Nessuno dei due capiva cosa avessero gli amici e nessuno di loro aveva intenzione di aprirsi a loro. Fu durante uno di questi sguardi che Alya provò a comunicare con Nino sul da farsi. Il ragazzo lesse il labiale: “Dopo scuola al parco.”

 

-Ohi Nino!-

-Hey cucciolotta!-

Il passo di lei sei fece più rigido: -Ti ho detto di non chiamarmi così in pubblico!-

Nino si passò una mano dietro la testa infossando le spalle: -E perché mai scusa? Quando siamo soli non ti dispiace...-

Il tenero sguardo di lui la convinse a non proseguire la discussione e buttarsi tra le sue braccia in segno di saluto. Il ragazzo le spettinò un po' i capelli con fare amichevole: -Non ce la fai proprio a rimanere incavolata con me eh?-

-No per nulla.- disse avviandosi verso una panchina del parco.

-Come mai mi hai chiamato qui?- le chiese Nino

-Marinette…-

Il volto di nino arrossì all'improvviso in ricordo della sua vecchia cotta. -Bhe sì, la ho vista stanca oggi eh… come sta ecco?-

Alya lo guardò con uno dei suoi sguardi di rimprovero che fino a quel momento aveva riservato solo all'amica: -e Adrien...-

-Oh.- bisbigliò imbarazzato.

-Ah bhe.- rispose lui stirando le braccia e le gambe -Vorrei saperlo anche io.-

-Cosa intendi?- chiese poggiandosi al suo petto e tirando fuori la macchina fotografica.

-Che vorrei capire anche io cosa ha. Ieri sera verso le due, tre di notte ha iniziato a scrivermi delirando.-

Lo sguardo interrogativo interrogativo di lei lo spinse a proseguire.

-In pratica era disperato per un rifiuto ricevuto, o qualcosa di simile. Per uno come lui effettivamente deve essere difficile accettare un rifiuto.-

-Mh…- mugolò continuando a farsi scorrere le foto sotto lo sguardo di Lady bug che conservava come tesori per il suo blog.

-E Marinette?- chiese -Oggi in classe era un miracolo se riusciva a rimanere appoggiata al banco.

-Non lo so neanche io, ha passato la notte in bianco per aver deluso un amico, o qualcosa di simile.-

Nino scoppiò in una fragorosa risata: -Credi…- provò a dire mentre le risate ancora gli bloccavano la gola -Credi, che Marinette possa aver rifiutato Adrien?-

Alya si voltò verso il fidanzato con sguardo di odio: -Non la prendere in giro!- disse scattando in piedi e poggiando le mani sui fianchi.

-Dai! Immaginati la scena!-

Alya tentò di reggere il suo sguardo che Nino ricambiava con uno di ironica provocazione.

Alla fine cedette, lasicando che un lieve sorrisino le increpasse il volto prima di ridere pensando alla scena: -Ok! Ok! Hai vinto, fa ridere.-

Nino le sorrise alzandosi per abbracciarla. Le cinse i fianchi con le braccia poggiando la sua fronte a quella di lei: -Hey… ti va un gelatino? Offro io…-

Alya ricambiò il gesto di affetto: -Come potrei rifiutare un gelato gratis?-

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Capitolo 3
*** Cap 3 - Cambi di idee ***


-Chat ti prego!- era raro che la facesse correre così tanto per punirla.

Il micio in tuta nera continuava a starle davanti di almeno 20 passi saltando da un tetto all'altro.

-Chat!- continuava a urlare lei.

-Fate meno casino per l'amor di Dio! C'è gente che vuole dormire!- urlavano dalle finestre parigine.

-Scusate!- urlò di rimando Ladybug fermandosi a riprendere fiato da quell'inutile corsa.

Chat Noir le si avvicinò con passo felpato alle spalle: -Per una volta sarà la coccinella a rincorrere il gatto!- le sussurò a un orecchio facendola spaventare, per poi sparire di nuovo nella notte.

-Ti prego! Inizio ad essere stanca!- disse ricominciando a correre agilmente.

-Chat! Chat! Voglio solo parlarti! Non fare l'offeso!- Non fece tempo a finire la frase che il piede la tradì, facendola scivolare da un alto tetto della Parigi notturna.

Il dolore le impediva di pensare lucidamente cosa fare, cercò con mano tremante lo yo-yo facendolo rovinosamente cadere. Gli occhi dilatati e il respiro rotto dall'aria che la avvolgeva nella sua caduta, tagliandole via il fiato.

-Chat!- l'urlo di paura ruppe il loro gioco di inseguimenti.

L'eroe si fermò e analizzò velocemente la situazione. Si mise a correre a quattro zampe tentando di raggiungere la sua amata prima che si rompesse l'osso del collo. Saltò nel vuoto aiutandosi con l'asta, secondo i suoi calcoli la ragazza gli sarebbe dovuta finire tra le braccia in pochi istanti.

-Sono già qui, my lady.- disse prendendola tra le braccia salvandola dalla caduta.

Gli sguardi dei due si incrociarono come mille altre volte prima lasciando che gli occhi color cielo si specchiassero negli smeraldi del gatto.

-Ce la fai a camminare?- le chiese poggiandola a terra e porgendole il braccio come stampella.

-Sì.- annunciò mentendo vistosamente. -Dove siamo? Ho perso il senso dell'orientamento…-

-Vicino alla torre.- rispose lui guardando il cielo stellato.

La lady provò a fare qualche passo appoggiandosi alla spalla del compagno zoppicando vistosamente. -Che vuoi fare?- le chiese.

-Andiamo sulla torre.- disse secca prima di librarsi in aria verso la Tour Eiffel.

-Mia lady, perché tutta questa fretta?- chiese al vento prima di lanciarsi all'inseguimento della sua preda.

 

-E ora che siamo sulla cima?- chiese sedendosi affianco all'amica.

Marinette guardava il cielo stellato, seduta a penzoloni lasciando le gambe libere di dondolare. Le stelle si riflettevano sulle tute lucide.

-Il tuo invito.- cominciò con voce dolce.

Chat tirò un lungo respiro abbassando lo sguardo e sedendosi al suo fianco. -Ne abbiamo già parlato.-

-No!- disse lei tirandogli un buffetto sulla guancia facendolo arrossire -TU ne hai parlato.-

Chat inclinò leggermente la testa tentando di capire dove volesse andare a parare.

-Ci ha pensato tanto.- sussurrò lasciando che una lacrima le rigasse il sorriso. -Ne ho parlato anche con il mio Kwami…-

-E?- disse alzando le orecchie come un gatto curioso.

-Perché non darti una possibilità?- disse sorridendo.

-Sicura mia lady?!- urlò entusiasta -Ma comeome faremo a difendere Parigi nel caso?- chiese con far provocativo, ma con una punta di sbigottimento per la frase detta dall'amica.

-Abbiamo già pensato a tutto. Io e Tikki.- disse provando ad alzarsi. La caviglia non reggeva bene il peso del corpo, impedendole una salda presa alla punta della torre.

-Tu e Tikki?- chiese Chat Noir porgendole una mano per aiutarla.

-Il mio Kwami.-

-Sì, sì lo so, mi chiedevo cosa aveste pensato…-

-Segreto gattino.- disse ridacchiando mentre con un dito gli allontanava il muso.

-Mia lady-

-Dimmi Chat.-

-Come mai mi hai portato qui sopra per dirmi ciò? Sopratutto dopo il tuo incidente alla caviglia.-

-Non preoccuparti per la caviglia.- lo rassicurò. Ladybug teneva stretto il braccio dell'amico come per tenersi in equilibrio.

-E come mai qui su?- richiese il gatto.

-Nessuno può vederci, nessuno che ci chieda qualcosa su di noi, nessuno. Solo io e te. Non possiamo rivelare le nostre identità, ma possiamo essere noi stessi anche con la maschera.- un largo sorriso le comparve sul volto.

-Mia lady… Non me lo aspettavo. È molto dolce quello che ha detto.-

Ladybug si avvicinò a lui poggiandosi al suo petto, chiuse gli occhi e lasciò che il vento le passasse in mezzo ai capelli. Chat noir la strinse a se ponendole una mano sul capo.

-Che male ci sarebbe se allora sapessimo le nostre identità?-

Marinette non smetteva di sorridere tra le sue braccia: -Non credevo che avere un amico maschio sarebbe stato così.-

-Mia lady…-

-Sì, sì ho sentito. Te lo ho detto mille volte. Non costringermi a rovinare questo momento.- sussurrò stringendosi maggiormente al suo petto. Poggiava tutto il peso su una gamba lasciando che l'altra poggiasse leggermente sulla punta del piede ferito.

Respirò profondamente la fresca aria parigina. Tutte le chiese di Parigi risuonarono all'unisono le due di notte.

-Buon profumo Chat.- scherzò.

Chat Noir provò a stringerla più forte a sé. Ladybug agilmente si sciolse da quella piacevole stretta. -È tardi. Devo riposare almeno un pochino prima di domani, e anche tu.-

Chat sciolse le braccia sconsolato, dando ragione all'amica: -E sia.-

-Bravo mic…-

-Ma!- la interruppe -Con quella caviglia ti accompagno a casa.-

Così come lui si arrese abbandonando l'abbraccio lei acconsentì di farsi accompagnare.

-Andiamo allora.- disse librandosi tra i palazzi, inseguita dal gatto.

-Stai attenta!- urlò correndo a quattro zampe sui tetti tentando di starle dietro.

-Fino a che non tocco terra- sfiorò i biondi capelli dell'eroe passandogli sopra -sono molto più abile di te.-

Avevano appena sorpassato la scuola. -Scendi qui!- urlò lei.

Chat Noir saltò giù dal tetto atterrandole di fronte. -Non a caso le coccinelle volano.-

-Non dovevo accompagnarti fino a casa?- chiese infastidito.

-Non ci casco gattino, ci metteresti un attimo a capire tutto. Abito qui vicino, ci metto due secondi, davvero, non può succedermi nulla.-

-Mi arrendo mia lady, non voglio combattere con voi.- disse voltando le spalle e avviandosi tra le strade vuote illuminate dai lampioni.

-Chat, quando è il ballo?-

-Tre giorni mia lady. Non mi deluda.-

-Non lo farò micetto, non lo farò.-

Chat noir scomparve nella notte mimetizzandosi dopo pochi istanti. Marinette salì sul tetto della sua stanza, aprì la botola, lasciò che il fascio di luce la avvolgesse totalmente.

-Hei Tikki.- sussurrò.

-Dimmi Mari.- rispose sbadigliando.

-Mi puoi impostare la sveglia?- disse crollando addormentata. Trasformarsi col pigiama era stato un colpo di genio.

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Capitolo 4
*** cap 4 - fidarsi è bene, non fidarsi è meglio ***


 

Adrien era già seduto in prima fila, come gesto di scusa per il ritardo del giorno prima.

-Marinette! Cosa ti è successo?-

Il volto della ragazza divenne paonazzo: -Eh no bhe niente.- balbettò -Sono caduta, ecco, da un tetto e mi sono presa una storta.- disse senza pensare.

Kim e Ivan fermarono la loro discussione rivolgendo sguardi stupiti alla ragazza.

-Da un tetto?- balbettò Adrien invaso da pensieri.

-Eh, come?- rispose -cioè, no non da un tetto, da... dalle scale di casa mia.- provò a inventare imbarazzata. La ragazza si passò una mano dietro la testa con un largo sorriso dissuadente; staccando la mano dalla stampella si ritrovò per terra dolorante a massaggiarsi la natica destra.

-Marinette!- urlò Adrien alzandosi ad aiutarla.

-Oh Oh, Marinette ha finalmente capito quale è il suo posto?- ironizzò Chloè entrando seguita da Sabrina, che subito fece finta di ridacchiare per far felice l'amica.

-Chloè! Perché non impari a tacere, visto che non sai dire una cosa positiva che sia una?- disse con tono brutale Adrien.

Il ragazzo biondo si abbassò a raccogliere la borsetta di Marinette, caduta lontano da lei, e a porgerle una mano per rialzarsi. Rosa in faccia la ragazza accettò il suo aiuto.

Leggermente paonazzo fu Adrien a prendere parola, visto che lei era ancora troppo sconvolta e con la testa tra le nuvole per il gesto di difesa verso di lei del suo dolce amato: -Nino!- urlò. Il ragazzo si avvicinò all'amico scattante: -Dimmi bro'.-

-Forse è meglio se ti siedi dietro con Alya e lasciamo Marinette davanti, così deve fare meno scale.-

Marinette rossa in faccia non riusciva neanche a balbettare una parola, lasciando che i due ragazzi decidessero per lei.

Il biondino prese posto nella sua solita posizione, aiutando Marinette a sedersi porgendole una mano: -Fa tanto male?-

-No, no non molto.- sussurrò nell'imbarazzo.

Chloè seduta affianco a loro continuava a fissarli senza controllare i suoi scatti d'ira e di nervosismo, mugolò un verso simile a un ringhio parlando con Sabrina: -Perché mai dovrebbe essere così gentile con una come QUELLA?-

Il biondino fece finta di non sentirla.

-Buon giorno ragazzi!- disse la professoressa entrando scattante in classe.

Tutti gli alunni si alzarono ripetendo in coro: -Buongiorno professoressa.-

Tutti tranne Marinette, ancora troppo imbarazzata per parlare, e troppo dolorante per alzarsi.

-Adrien…- bisbigliò mentre il ragazzo si sedeva a suo fianco.

-Oh, dimmi Marinette.-

-Come mai sei così gentile con me? Non è la prima volta che qualcuno arriva in classe con le stampelle… ma sei così, premuroso.-

-Eh eh,- ridacchiò mettendosi una mano dietro la testa e socchiudendo gli occhi -sei la nostra rappresentate, come potrei non aiutarti?-

-Signor Agreste!- urlò la professoressa -Già ieri la ho ripresa, la pregherei almeno oggi di non disturbare.-

Il ragazzo non rispose e silenziosamente tirò fuori il necessario per la lezione. Poggiò un gomito sul banco e la testa sul polso, assorto nei suoi pensieri. Mise una penna in bocca facendola rigirare in direzioni casuali e tenendola in equilibrio con la mano libera dal peso del capo.

-E poi,- sussurrò in modo che solo Marinette potesse sentirlo -non sei la mia unica amica caduta da un tetto di recente.-

 

Il suono della campanella concesse i tanto agognati venti minuti di intervallo ai ragazzi.

Velocemente tutti i ragazzi uscirono dall'aula, seguiti dalla professoressa. Alya si avvicinò all'amica dolorante: -Tesoro se vuoi passo l'intervallo con te in classe.- esordì.

Nino passando da dietro e sentendo le parole della ragazza mutò espressione velocemente: -Ma come… passi sempre almeno dieci minuti con me…-

Marinette proruppe in una fragorosa risata: -Stai tranquilla Alya, stai pure un po con lui.-

-Rimango io con Marinette se mai, non ho molta voglia di scendere, ed è comunque meglio che non rimanga sola.-

Nuovamente il volto della ragazza si tinse di rosso.

-Ma bro',- provò a interrompere Nino bloccato bruscamente da una pedata di Ayla -Ahi! Ok ok, fai come vuoi.-

-Su su, lasciamoli un po soli.- bisbigliò Alya al fidanzato. I due si scambiarono un occhiolino uscendo dall'aula.

-Sei fin troppo gentile Adrien.- disse una volta che la porta fu chiusa.

-Stai tranquilla Mari, posso chiamarti Mari?-

Il viso paonazzo di lei esplose visibilmente sotto gli occhi verdi del biondino: -Chiamami pure come vuoi.-

Il ragazzo rise: -E Mari sia allora.-Lei gli regalò uno dei suoi più sinceri sorrisi, ignorando il costante dolore alla caviglia che da tutto il giorno la costringeva a una smorfia perenne.

-E comunque, te lo ho detto. Mi sembra di aiutare anche un altro amica…-

Marinette aggrottò la fronte guardandolo.

-No no! Non fraintendere! Non lo faccio solo perché mi ricordi lei!- Adrien incrociò le braccia e poggiò la schiena alla panca del banco lasciandosi scivolare sul posto e incavando le spalle. La voce gli si fece più flebile e cupa: -Non so neanche dove sia ora, come stia, se sia peggiorata la sua situazione… e sono sicuro che se anche fossi con lei mi impedirebbe di aiutarla.-

La ragazza guardava il volto di lui posizionato di profilo, col muso imbronciato e incassato nelle spalle; il colletto bianco della camicia gli copriva il labbro inferiore inclinato verso il basso.

Marinette si mise in una posizione simile, permettendogli di guardare solo il profilo del suo volto, con voce tremante chiese: -Ti piace?-

Adrien non rispose. Marinette si voltò verso di lui guardando l'intenso occhio verde, Adrien si voltò ricambiando lo sguardo. Quante altre volte si erano scambiato quello sguardo celato da una maschera, quante altre volte lo strano sortilegio impediva loro di capire che realmente fossero.

I pensieri di entrambi navigavano sulla stessa onda: quegli occhi, già visti, conosciuti, in mille situazioni diverse, con o senza travestimento. Eppure così anonimi.

-E anche se mi piacesse?- chiese sfidandola -A lei piace un altro, sono solo un amico, uno dei tanti.-

-Non dire così Adrien…- provò a dire lei interrompendo il suo flusso di polemica. -L'amore non si comanda, si vorrebbe ma non si può.-

-Neanche la conosci e la difendi…-

-Adrien, non so a chi tu ti riferisca, ma capisco il tuo, e il suo sentimento. Amare una persona che non ti considera neanche, ed essere amato da qualcuno che non sai cosa sia per te.-

Il tono di voce si indebolì notevolmente sulle ultime parole, accompagnando Marinette nel suo scivolare sulla panca.

-Scusami, non volevo ferirti, davvero. Scusa.-

Marinette gli sorrise leggermente: -Non preoccuparti Adrien.-

Il ragazzo si lasciò sfuggire un versetto. -Senti, posso farmi perdonare?-

-E come?- chiese lei in un tono tremante che non voleva rendere pubblico, sopratutto a lui.

-Siamo in classe assieme da un po', e no ti ho mai conosciuta bene…- lo sguardo di Marinette si illuminò -Ho bisogno di un abito da sera, e da ballo, per il ballo del municipio. Conosco la tua bravura e la tua passione. Mi faresti l'onore di confezionare per me un abito?-

Marinette non sapeva come rispondere, allibita e con la bocca leggermente aperta cercava di fare uscire parole sconnesse.

-Ovviamente ti metto a disposizione io i materiali e tutto il necessario. Chiederò anche a mio padre se puoi usare una delle sue tante stanze di lavoro.-

-A tuo padre?- balbettò sbiascicando.

-Certo, puoi venire oggi stesso da me se vuoi. Sempre che tu voglia accettare, capisco che con la scuola e la gamba possa essere un problema.-

Adrien fece una lunga pausa.

-Sappi solo che mi sarei rivolto a te a prescindere da tutto, ora mi serviva come scusa per scusarmi.-

-Adrien…-

-Allora, Mari? Se accetti ti darò una mano anche per i compiti di domani… te ne prego, permetti a questo stupido di rimediare.-

Immagini di situazioni simili le affollarono la mente, sempre un biondino sempre degli occhi verde smeraldo, ma con l'aggiunta di una tuta attillata nera. Dubbi le assalirono la mente.

-Mari?- le cheise mentre il suono della campana la riportava alla realtà.

-Accetto.- urlò prima che i compagni aprissero la porta e si riversassero nell'aula.

 

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Capitolo 5
*** cap 5 - allora mi fidai ***


-Allora andiamo?- Le chiese Adrien una volta finite le lezioni.

Lo sguardo della ragazza si rivolse verso la finestra: un incessante e scrosciante cascata d'acqua cadeva dal cielo.

-Forse è meglio rimandare…- disse lei.

-Andiamo in macchina, tranquilla. La pioggia non ci farà nulla.- disse con un largo sorriso.

-Dovrei almeno avvertire i miei genitori… prendere delle cose in camera…-

Adrien mise entrambe le mani sul banco guardandola negli occhi: -Se non vuoi venire e mi odi dillo pure.-

Tutta la classe era gia uscita, lasciandoli soli.

-Non ti odio.- balbetto con un sussurro.

-Se vuoi passo io a prendere ciò che ti serve. Abiti qui dietro giusto?-

Lei annuì a testa bassa, imbarazzata. Il ragazzo la aiutò ad alzarsi, mettendole un braccio attorno al collo per evitarle l'uso delle stampelle.

Uscirono lentamente, e doloranti, dalla scuola.

-Stai qui, io corro a casa tua. Cosa ti serve?-

-Un ombrello.- ironizzò. Il biondino rise. -E il mio blocco appunti nero, è nella mia stanza, affianco al letto.-

Il ragazzo le porse la sua borsa, così che lei la tenesse per un attimo. Corse sotto la pioggia ignorando le urla di Nathalie che lo avvertivano di fare attenzione. Entrò in scivolata e bagnato nella pasticceria: -Salve signori Dupain-Cheng!-

-Adrien!- disse Tom vedendolo entrare fradicio nel negozio. -Va tutto bene?- gli chiese offrendogli uno straccio per asciugarsi.

-Certo signori!- disse mettendosi sull'attenti e facendo un leggero inchino.

Espose brevemente la richiesta di portare la figlia a casa sua per farsi aiutare con un abito, e quella di poter salire in camera della figlia per prendere il blocco degli appunti. I genitori acconsentirono lasciandolo entrare in casa loro.

Adrien salì le scale a due a due per entrare nella mansarda che ospitava la stanza della ragazza. Ignorò le foto di lui appese al muro o sparse per la stanza.

Con un sorrisino perverso scese le scale abbracciando il blocco della ragazza.

-Oh Adrien!- disse Tom prima che uscisse -Prendi questi.- concluse porgendogli un ombrello nero e una scatola piena di croissant ancora fumanti.

-Non ringraziare.- disse Sabine appoggiandosi al petto del marito.

Adrien fece un cenno con la testa prima di sucire correndo dal negozio.

 

Tikki uscì dalla sua borsetta: -Non puoi aver accettato davvero!-

-COSA?!- chiese sconvolta emtnre il rumore della pioggia sovrastava la sua voce -Credevo approvassi il mio amore per Adrien.-

-Marinette! Se accadesse qualcosa mentre sei da lui?-

-Se ne occuperà Chat-Noir!-

Adrien si avvicinava correndo verso la ragazza. Tikki si nascose dentro la giacchetta di lei.

-Andiamo?- chiese affanato tenendo in mano l'ombrello e sul petto i dolci e i disegni.

-Sì.- disse annuendo debolmente.

 

Conosceva casa Agreste, non come Marinette ma come Ladybug. Adrien stesso si stupì nel vederla così disinvolta nel muoversi verso la camera dello stesso.

-Appoggia pure le cose sul letto.- le disse con tono allegro indicandogli il letto enorme per una persona sola -Meglio se vado a cambiarmi, che dici?- disse mostrando la camicia bianca grondante d'acqua.

Marinette arrossì annuendo con veemenza.

Adrien rise nel guardarla avvolta nel suo imbarazzo. Si voltò diretto verso il bagno. Marinette teneva le mani sulla faccia per nasconderne il rossore, senza così accorgersi che il ragazzo si tolse la maglietta prima di entrare in bagno. Marinette si sedette sul letto, in attesa dell'amico.

Aspettò 10 minuti, vedendolo uscire ancora a petto nudo, coperto solo da un asciugamano appoggiato alle spalle, i capelli biondi gli ricadevano sulle spalle appesantiti dall'acqua.

Marinette strinse gli occhi evitando di guardarlo mentre il volto si avvampava di rosso.

Adrien si coprì con una felpa mentre si avvicinava a lei: -Scusami, non volevo imbarazzarti tanto… ho visto che avevi delle foto di me a petto nudo in camera, credevo ci fossi abituata.- disse con tono scherzoso. Al suono di quelle parole Marinette fu avvolta da un ancor più profondo imbarazzo.

-Scusa, stavo scherzando. Dovresti vedere Chloè cosa non ha in camera sua, ti assicuro che tu non sei nulla.- la rassicurò togliendole le mani dal volto.

Gli occhi si incrociarono di nuovo. Specchiandosi gli uni negli altri. Adrien era accovacciato davanti a lei con le mani della ragazza tra le sue. Lei, seduta sul suo letto lo guardava leggermente dall'alto in basso, con la bocca semi aperta, come mille altre volte aveva fatto nelle sue fantasie.

Dopo pochi istanti magici Marinette distolse lo sguardo aggrottando la fronte e stringendo gli occhi caldi dall'imbarazzo. Adrien si sollevò leggermente sulle ginocchia buttandole le mani al collo: -Scusa,- le sussurrò a un orecchio -Non ho mai avuto amiche femmine, non so come ci si debba comportare. Sto rovinando tutto.-

Marinette sconvolta, con gli occhi spalancati, non sapeva come reagire. Dopo qualche istante di indecisione strinse il ragazzo a se, ponendogli una mano sulla testa: -Non hai rovinato nulla.- gli sussurrò con tono tranquillizzante, anche se ancora imbarazzato -Solo, questi abbracci, non sono molto amichevoli.-

Adrien si stacco velocemente scusandosi e lasciando che un rossore invadesse il suo volto. La ragazza rise di rimando.

-Allora, questi abiti?-

-Ecco sì!- Riprese Adrien mutando espressione e porgendole il suo blocco. -Mi servirebbe un abito da sera per la festa al municipio, e… ecco. Mi servirebbe in due copie. Entro dopodomani.-

Gli occhi della ragazza rimpicciolirono dallo sgomento: -Dopodomani?!- urlò balbettante.

Adrien si butto in ginocchio davanti a lei con le mani incrociate: -Marinette ti prego, sei la mia unica speranza.-

Marinette incrociò le braccia e volse lo sguardo socchiuso altrove: -È impossibile.- disse infine.

Adrien non rispose.

La ragazza aprì un occhio per guardarlo, era ancora per terra pregante. Inalò un lungo respiro: -E va bene,- disse rimettendosi di fronte a lui -ma avrò bisogno di aiuto.-

Adrien si alzò di scatto: -Davvero?! Davvero lo faresti per me?-

-Sì, ma solo perché sei tu.- disse facendogli l'occhiolino sorridente.

-Marinette!- urlò abbracciandola e sollevandola di peso, facendole fare due giri su se stessa. -Sei la migliore!-

-Neanche questo è molto da amici.- provò a dire mentre il ragazzo la faceva girare tra le sue braccia -Eppure non mi dispiace.-

 

Passarono tutto il pomeriggio a tagliare, cucire, attaccare e provare. Neanhce si accorsero che aveva smesso di pivere. Adrien era il modello perfetto, abile e attento mentre Marinette gli prendeva le misure, o gli cuciva l'abito addosso. Oppure quando seguiva le traccie e i segni di lei per tagliare la stoffa, o ancora quando le tagliava i fili della lunghezza perfetta. Riuscì a trattenere il dolore e rimanere immobile persino quando lei lo punse su un polpaccio con l'ago. Marinette riuscì a non incavolarsi con lui quando le fece cadere in testa i rotoli di stoffe pregiate che la famiglia Agreste le mise a disposizione. La ragazza passava il suo tempo a cucire, tagliare e disegnare schizzi sul suo blocco. Era la prima volta che aveva un vero modello che potesse realizzare ogni suo desiderio in quanto a pose, luci e tessuti.

Erano ormai quasi mezzanotte quando finalmente uno dei due abiti era finito, mentre all'altro mancavano solo un paio di ritocchi. Era un abito classico da sera, preparato su misura per il giovane erede della fortuna Agreste. L'altro era più particolare: la giacca nera era foderata all'interno con del velluto morbido verde, i pantaloni gli arrivavano poco sotto la caviglia. La camicia per quell'abito era di un verde mela tendente al bianco.

-Prima o poi mi spiegherai il perché dei due abiti.- Disse Marinette rompendo il silenzio che aleggiava tra loro da ore, rotto solo sporadicamente da indicazioni e risate.

-Vedrai quando il mio amico passerà a ritirarli domani sera.-

-Come scusa?- chiese lei.

-Mio padre mi ammazzerebbe se sapesse che non mi sono rivolto a lui come stilista.-

Marinette proruppe in una risata: -Quindi?- disse ridacchiando.

-Potresti tenerli tu? Passerà domani sera a prenderli.-

-E gli ultimi dettagli?- chiese lei con tono ambiguo.

-Potresti finirli tu?- chiese con voce flebile, vergognandosi della sua richiesta.

Erano affiancati davanti ai due manichini che tenevano in piedi il loro lavoro. La vetrata di fronte ai due offriva loro uno spettacolo di stelle di un cielo limpido tipico di quando ha smesso di piovere. Marinette teneva tutto il peso su una gamba, per non sforzare la caviglia che non accennava a migliorare, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo alto rivolto alle stelle. Adrien si voltò a fissarla rimanendo incantato, immagini della sua amata si sovrapponevano all'amica che stanziava affianco a lui.

-Tutto bene?- chiese lei.

-Sì.- balbetto -È solo la seconda volta che mi ricordi quella mia amica oggi.-

Marinette chiuse gli occhi e gli sorrise: -Bhe se lei ti piace, mi fa molto piacere.-

Adrien rise, fece due passi avanti e aprì la finestra lasciando che l'aria della sera gli scompigliasse i capelli: -Sì, mi piace molto.- ripeté come quello stesso giorno a scuola. Il tono era diverso, più tranquillo, era appoggiato con le braccia conserte al davanzale della finestra. Marinette era incanta dalla vista del suo amato in una situazione di tale bellezza. Tentò di avvicinarcisi silenziosa, inciampando a causa della caviglia. Adrien la salvò porgendole una mano. -Vieni- disse in labiale.

La ragazza stupita si avvicinò a lui mentre le poneva un braccio dietro al collo senza lasciarle la mano. Adrien la chiuse tra il suo corpo e la parete vetrata, mettendole una mano sul fianco.

-Non è molto da amici.- disse Marinette diventando rossa per la millesima volta.

Adiren teneva gli occhi chiusi: -Non vuole esserlo.- rispose ad occhi chiusi. Mutò leggermente l'espressione, prendendo una tonalità più malinconica: -Lasciami un attimo fantasticare, Marinette.- disse stringendole la presa al fianco.

Lei esplose in un unica sfumatura di rosso in volto, lasciando che il ragazzo la stringesse mentre l'aria della sera le rinfrescava le gote calde.

-Scusa se ti ho costretto a tutto ciò.- disse lui sciogliendola da quella prigione da lui creata.

-Non c'è di che.- provò a dire mentre le parole le si bloccavano in gola.

-Sarebbe meglio se ti riaccompagnassi a casa, è tardi, e ti fa male la caviglia.-

Avevano già vissuto quella situazione, solo in altri panni. Marinette accettò il passaggio in macchina. -Gli abiti!- urlò prima di uscire dalla stanza.

-Ma non dovevi finirli domani?-

-Credo lo farò stasera…- rivelò sorridendo.

-Potrei chiedere al mio amico di passare stasera dunque?-

-Certamente.- rispose lei.

Adrien le aprì la porta, accompagnandola fino alla portiera della macchina. I loro sguardi si incrociarono nuovamente.

 

Chat Noir seguiva la macchina saltellando da un tetto all'altro. In 20 minuti arrivò alla pasticceria della famiglia di Marinette. Vide la ragazza entrare zoppicante in casa. Saltò sul terrazzino della sua stanza aspettando che il suo udito felino la avvertisse della chiusura della botola da parte della ragazza.

 

Era quasi l'una. Marinette entrò stravolta in camera sua buttò il telefono sul letto, il display ancora acceso mostrava le 7 chiamate perse di Alya. Tikki uscì da sotto la sua giacchetta dormiente.

Marinette prese l'ago che teneva sempre sulla scrivania, sciolse i due codini che la caratterizzavano, lasciando che i capelli le ricadessero sulle spalle, e si mise al lavoro. Ci mise solo una decina di minuti a completare il lavoro commissionato.

 

Chat Noir bussò con forza alla botola superiore della stanza.

-Chi è?!- chiese terrorizzata. Marinette buttò un cuscino su tTkki, nascondendola.

-L'amico di Adrien.- rispose con un sussurro.

Marinette aprì la botola permettendo all'eroe di entrare sinuosamente nella stanza.

-Bonjour, milady.- disse con un inchino il gatto.

-Bonjour? Bonne nuit se mai.- disse lei con tono ironico sedendosi stravolta sul letto.

-Che freddezza mia lady.- rispose lui a tono.

Marinette si scagliò con un verso sul suo cuscino: -Gli abiti sono lì sulla sedia.- disse tentando di alzare un braccio per indicarli.

-Ricevuto.- disse avvicinandosi alla sedia.

La ragazza si rivoltò nel letto senza neanche togliersi i pantaloni o le scarpe di dosso.

-Mia lady… è stanca?-

Un mugulo fu la risposta.

Chat Noir si sedette a bordo del letto, appoggiati sul braccio i due abiti, tentando di accarezzarle dolcemente i capelli.

-Non sapevo fossi amico di Adrien.- borbottò offesa.

-Lo conosco da tanti anni.- si giustificò lui.

-Strano!- disse lei sollevandosi -Adrien dice di non avere amici! Se non da quest'anno.-

Chat Noir arrossì. -Senti, la prossima volta che lo vedi,- disse con tono incazzato -Digli che è uno stronzo.- Marinette si sedette in posizione fetale lasciando che le lacrime le rigassero il volto.

-Principessa… che hai? Perché dici ciò?- chiese il gatto sedendosi affianco a lei.

-Mi sono sentita malissimo con lui oggi.- le lacrime le spezzavano le parole.

-TI va di raccontare a un vecchio amico?- Chat Noir si sedette a gambe incrociate sul letto rosa di lei. Un puntino nero in un universo rosa.

Marinette appoggiò la testa pesante alla sua spalla. -Ama un altra, e ok… non posso costringerlo ad amare chi voglio io…-

Chat Noir la guardava stupito sbattendo più volte gli occhi.

-Trattarmi come una sostituta, come manichino per le sue fantasie…-

Dei singulti la interruppero.

-Non dico che mi dispiacesse…- Chat Noir le mise una mano sulla spalla. -Anzi.- continuò calmandosi e crollando sulle gambe di lui -Però non erano per me qui gesti… e mai lo saranno.-

-Mari.- disse Chat con tono fermo. La ragazza si volto guardandolo, lasciando che il peso dei suoi pensieri la tenesse attaccata alle gambe dell'eroe.

-Sì?- disse guardandolo.

Il gatto si fiondò sulla sua preda agguantandola. Chiuse gli occhi lasciando che la coppia di labbra si unisse. Gli occhi spalancati di Marinette mostravano il suo sgomento.

Chat prese a muovere debolmente le labbra, rendendo il tutto più passionale.

Marinette non sapeva come reagire. Quando poi si lasciò trasportare dall'ondata di passione socchiuse gli occhi, strinse le mani dietro il collo di lui, accettando il dono di lui.

-Marinette! Va tutto bene?- le urlò il padre da sotto la scala.

La ragazza si staccò dalla magia di quel bacio inaspettato per rispondere. Si alzò velocemente.

-Va tutto bene.- rispose.

Quasi impaurita si voltò lentamente verso il letto. Non sapeva cosa avrebbe detto al gatto una volta che i loro sguardi si fossero incrociati, aveva solo paura.

Ma il micio era già sparito, lasciandola sola con i suoi dubbi.

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Capitolo 6
*** cap 6 - errori di strada ***


La sveglia suonava incessantemente da 10 minuti. Il biondino era sdraiato sulla pancia e teneva ben saldo il cuscino sulle orecchie.

Plagg gli svolazzava vicino con aria preoccupata.

-Adrien…- provò a bisbigliare.

Il ragazzo provò a ignorare il kwami che lo infastidiva.

Plagg stoppò la sveglia. -Hai 15 minuti per prepararti.- annunciò.

Adrien si sollevò dal letto sedendosi: le gambe ancora sotto le coperte, le braccia incrociate appoggiate alle ginocchia e il volto affondato in esse. -Hey amico…- Plagg gli si avvicinò abbastanza per vedere gli occhi rossi e gonfi. Aveva pianto durante la notte.

-Sono un idiota Plagg.-

-Non dire così Adrien. Non hai fatto nulla.-

Il ragazzo provò ad alzarsi con scarsi risultati. La canottiera gli ricadeva larga sui fianchi magri. Continuava a grattarsi il fianco destro a causa dell'etichetta dell'indumento.

-Nulla… Marinette ha ragione: l'ho tratta malissimo, le ho fatto pesare il mio amore per un altra dopo che lei mi ha dichiarato il suo… io non… Plagg sono un bastardo.-

-No, no. Ti sei lasciato trasportare dalle passione Adrien. Non farti una colpa. Ti sentivi male per lei, per quello che ti ha detto, e hai agito da “amico”.-

Adrien si tolse la canottiera che lo irritava.

-Senti, Adrien, conosco meglio di chiunque altro i tuoi pensieri, essi diventano i miei quando sei Chat Noir, capisco il sentirti male, ma non puoi purgarti così… Sai anche tu che i tuoi pensieri sono confusi, e sei indeciso. E lo capisco! Non hai mai avuto un amica femmina se non Chloè, che non ti è mai piaciuta. Sei confuso. Calmati ora.-

La vocina acuta del kwami gli perforò i pensieri acquietandoli. Si alzò dal letto e prese a camminare per la stanza. I pantaloni lunghi del pigiama erano l'unica cosa che lo coprivano. In testa gli turbinavano mille immagini delle due ragazze.

-Forse hai ragione Plagg. Quanto tempo ho prima di dover andare?- disse infilandosi una maglietta.

-Cinque minuti.- rispose il micino nascondendosi nella sua giacchetta.

 

Era arrivato a scuola appena in tempo. Marinette era già seduta in primo banco, ancora zoppicante.

-Hey.- riuscì a balbettare bisbigliando e sollevando il braccio. Marinette lo salutò alzando timidamente una mano.

-Volevo darti una cosa.- annunciò prima di sedersi.

Marinette lo guardò con sguardo sbieco.

Il ragazzo tirò fuori una busta per lettere chiusa. -Aprila solo quando sarai a casa.- le disse.

Non si parlarono per tutto il giorno, ignorandosi un po' per imbarazzo un po' per orgoglio.

 

Erano le 15 quando Marinette finalmente si buttò sul suo letto a riposare. Senza che lei dicesse nulla Tikki le passò la busta bianca che le era stata consegnata.

-Non sei curiosa?- le chiese.

-Molto…-

SI sdraiò a pancia in su scrutando la busta. Neanche guardarla in contro luce l'aveva aiutata a capire cosa contenesse.

Lentamente strappo la carta che la separava dal suo piccolo tesoro.

Qualunque fosse il contenuto, era capeggiato da un biglietto scritto in bella grafia. La prima frase riportava: X Marinette.

 

Cara Marinette.

Non sapevo ne come scusarmi ne come ringraziarti per ieri. Nella busta troverai l'unica cosa che posso donarti che credo possa fare meno danno possibile.

Sei stata fantastica ieri, sia per gli abiti, sia per aver sopportato le mie smanie amorose.

L'abito è perfetto, credo che neanche mio padre sarebbe riuscito a fare qualcosa di meglio. E sopratutto confezionarne due in un giorno solo.

Ammiro la tua maturità nel aver assecondato i miei gesti verso di te. Conosco in parte i tuoi sentimenti, ma conosco molto poco te. Ti prego di comprendere i miei gesti. Non ho mai avuto delle amiche vere, sincere, come potete essere te ed Alya. Non mi è mai capitato di rimanere solo con una ragazza, se non con Chloè. Non so se sia stato il momento, l'atmosfera, i miei sentimenti contorti o il fatto che non ho avuto esperienze normali con altre ragazze, ma trovavo normale compiere quei gesti, stringerti in quel modo e cercare il tuo tocco.

Ti prego di perdonarmi per quello che ho fatto, per aver “giocato” con te.

Spero anche che il mio amico non ti abbia importunata.

Ti voglio bene.”

 

Marinette stringeva la lettera tremante, piangeva e rideva allo stesso tempo. Era felice, ma anche sconvolta per quelle parole, quella messa a nudo del ragazzo nei suoi confronti. Una curiosità insana la invase, voleva scoprire di più sul giovane modello parigino che così di prepotenza era entrato nella sua vita.

La ragazza si sciolse i codini lasciando che i capelli le ricadessero sulle spalle. Era sdraiata sul letto, con i braccio sinistro che penzolava dal letto le gambe distese tremanti, gli occhi continuavano a lacrimare rigandole il volto. La mano destra stringeva la lettera sul petto.

Prese la busta guardandone il contenuto. Appena capì cosa il ragazzo le aveva donato strabuzzò gli occhi. Nella busta erano presenti circa 1500€ in contanti.

 

Ladybug e Chat Noir saltellavano per Parigi.

-Allora, facciamo un conto veloce- iniziò il gatto -tre rapine, due risse e un tentato stupro. I protettori di Parigi colpiscono ancora!-

Ladybug ridacchiò: -Meglio ora che stasera. Sarebbe bello non avere interruzioni per una sera.-

erano le sei di pomeriggio, ancora due ore e si sarebbero dovuti recare alla residenza presidenziale per il ballo indetto dal sindaco.

Il vento sfiorava i volti dei due eroi mentre gli scompigliava i capelli.

-Pronta per stasera?- chiese il gatto ammirando la bellezza dell'amica.

La ragazza annuì. -Non vedo l'ora di sapere che abito indosserai.- disse lui sedendosi sul cornicione di un palazzo e lasciando.

La ragazza prese posto affianco a lui: -Ti stupirò.- disse lei sorridendo -Ho preso un abito dal miglior stilista della città!-

-Marinette?- chiese lui ridacchiando.

La ragazza si voltò di scatto con gli occhi dilatati verso di lui. -Cosa?!-

Il ragazzo sbuffò sollevando lo sguardo e socchiudendo gli occhi: -Me ne parlasti tu la prima volta, contro un akuma. È un amica di amici sai, è molto brava a cucire, è lei che mi ha fatto l'abito. Per me, lei, è a migliore.-

Ladybug arrossì debolmente: -Mi piacerebbe conoscerla.- disse con un sussurro abbassando il capo.

-Lo farai, prima o poi.-

Il ragazzo si alzò mettendosi in equilibrio sui talloni sul cornicione.

Iniziò a stiracchiarsi tirandosi i muscoli delle braccia.

-Bene mia lady. Il nostro giro di ronda è concluso, io mi sa che vado a prepararmi per la serata.-

La ragazza si alzò per salutarlo. Chat Noir guardava l'orizzonte parigino con un sorriso beffardo stampato in fronte.

-Va bene Chat.- disse avvicinandosi a lui.

Il ragazzo scese dal cornicione preparandosi per un plateale inchino di saluto. La ragazza gli si fiondò addosso cingendolo. -A dopo micino.- disse prima di sparire volteggiando tra i palazzi.

Chat era paralizzato sul palazzo, il volto paonazzo e un sorriso sincero gli si allargava sulla faccia.

-A dopo, mia lady.- bisbigliò.

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Capitolo 7
*** Cap 7 - sulle note di un lento ***


Una guardia ben vestita in abito blu e cappello rosso scuro aprì le porte del grand hotel di Parigi all'eroina.

-Scusi se la ho fatta attendere signorina, ma fin troppe ragazze si sono finte lei stasera provando ad imbucarsi.-

-Non si preoccupi.- rispose sorridendogli mentre lo sorpassava entrando nella hall illuminata.

Un grande lampadario pendeva dal soffitto avvolgendo tutto con una luce calda, fini tende magenta scuro vennero appese alle pareti lasciando che i drappi rossastri venissero irrorati dalla luce gialla. Un borbottio costante aleggiava nella sala accompagnato da alcune note di musica classica improvvisata da un quartetto di archi. Due dei musicisti li conosceva, erano stati akumatizzati parecchi mesi prima, Miss. Musique e Mr. Note, una coppia che sfruttava la capacità di cambiare gli umori della musica classica per creare masse di persone comandate da un sentimento comune, dei nemici divertenti, a parere dell'eroina.

Camminava a passo lento scrutando qua e la i volti delle persone, riconobbe Jagged Stone, il sindaco, Chloè che per fortuna non la aveva ancora notata; riconobbe diverse altre persone, ma il suo sguardo cercava una persona sola: una giacchetta nera, con rivestimenti in velluto verde, un fazzoletto bianco al taschino e delle lucide ciocche bionde. Si era resa conto della presenza congiunta sua e di Adrien a quella serata, il preparare 'abito come Marinette e lo scherzarci sopra come Ladybug con Chat Noir le avevano fatto credere di non essere realmente lì come ragazza ma solo come entità eroica e protettrice di Parigi.

Le balze del vestito frusciavano a ogni suo passettino. Non era riuscita a confezionarsi anche un suo abito, altre i due richiesti, e dovette ripiegare su qualcos'altro. Alya appena scoprì del dono di Adrien la costrinse a restituirli, e provò a convincerla in tutte le maniere che non era quello il modo di scusarsi, qualunque fosse l'entità del danno arrecato; intervenne Nino in suo aiuto, giustificando sia lei sia l'amico: -Non ha mai avuto degli amici veri, e crede ancora che l'unica cosa che è in grado di offrire sia il patrimonio della sua famiglia.- disse. Alya cedette alla dichiarazione di lui, ma provò comunque a convincerla a usarli per qualcosa di buono, di migliore.

Si sentiva, effettivamente, in colpa per aver speso quei soldi in una boutique di Parigi cercando un abito per Ladybug.

La chiusura sul petto seguiva un taglio tipico coreano, il tessuto era nero, con rifiniture e nastri rossi che sfumavano sul fondo divenendo neri o rossi a seconda. La parte posteriore del disegno seguiva un taglio che faceva sembrare la stoffa bicromatica le ali socchiuse di una coccinella, sotto di essa un leggero tessuto azzurro a balze le copriva le gambe. Scarpe lucide rosse con tacco basso completavano l'opera, riportando il marchio delle Agreste's industries, una farfalla con quattro ali sottili.

Una ciocca dei capelli sfuggi alla sua acconciatura finemente richiusa sopra la testa in uno chignon. Sembrava che nessuno notasse la super eroina di Parigi senza la sua caratteristica tuta, nessuno ancora le aveva rivolto la parola, se non qualche cameriere servendole da bere

Le luci dorate riflettevano sul suo volto e sulla maschera che celava la sua identità. Un leggero sorriso era sempre presente sul suo volto, in attesa dell'amato.

Era entrata da ormai mezz'ora, ma né di Chat Noir ne di Adrien vi era traccia. Tutte le cattedrali vicine risuonarono le undici di sera.

Il piano che lei e Tikki avevano ideato stava per essere messo in atto. Strinse a se la borsetta rossa che portava a tracolla e si diresse verso un bagno.

Poggiò una mano sullo scorrimano della scala lasciandola scivolare mentre si apprestava a salire la grande scalinata, decorata per la serata, che la avrebbe condotta al piano superiore. Saliva veloce, zampettando la scala, determinata ad arrivare in cima il prima possibile. Un urto alla spalla la destabilizzò facendola quasi cadere. -Oh mi scusi.- disse il ragazzo chinandosi per porgere una mano alla donzella caduta.

Il volto di Adrien si illuminò riconoscendo la maschera: -Mia lady.- gli sfuggì istintivamente vedendola.

-Come?- rispose quella intontita senza accorgersi di aver poggiato la sua mano su quella di lui.

Non appena gli occhi azzurri di lei incontrarono quelli color giada di lui le pupille le si dilatarono e un sorrisino le comparve sul volto.

-State bene, Ladybug?- chiese visivamente paonazzo.

Lei sorrise debolmente sollevandosi e annuendo in risposta, il rossore del suo volto si armonizzava con quello del suo abito.

Un urlo acuto ruppe l'illusione che si era andata a creare tra i due: -Adrien!- Chloè saltò al collo di lui mentre il sindaco goffamente si avvicinava per stringere la mano Gabriel Agreste.

Rapidamente Ladybug si allontanò coprendosi in volto, essere riconosciute come Eroina da Chloè voleva dire fallimento certo del piano.

Ancora rossa in viso entrò nel lussuosi bagni dell'hotel. Una luce bianca le coprì il viso mentre la maschera si dissolveva lasciando spazio a Tikki.

-Pronta?- le chiese con vocina acuta.

La ragazza annuì tirando fuori dalla borsa una riproduzione fedele della sua maschera.

Il piano era semplice, dovevano solo avvicinarsi a un tavolo, a quel punto Tikki avrebbe girato liberamente sotto i tavoli, nutrendosi e ricaricandosi, mentre lei fingeva di essere la solita Ladybug, pronta in ogni evenienza.

Riuscì dal bagno soddisfatta, scese le scale marmoree e raggiunse un tavolo lasciando che lo spiritello gironzolasse libero per la festa.

Adrien era ancora nelle grinfie della crudele bionda, ma ogni volta che ne aveva occasione il suo sguardo cercava quel volto mascherato.

-Adrianuccio! Cosa ti prende?-

Adrien non rispondeva, rimaneva impassibile nella sua ricerca.

-Plagg.- bisbigliò appena Chloè si allontanò stanca di cercare attenzioni inarrivabili.

Lo spirito del gatto sbucò fuori dal colletto del vestito avvicinandosi all'amico: -Si soffoca la sotto.-

-Lo so amico.- guardò rapidamente da entrambi i lati prima di ricominciare a parlare: -Idea, devo rimanere ancora un oretta come Adrien, stai pure tranquillo fino a quel momento. Rivediamoci qui quando le campane risuonano la mezzanotte.-

Plagg prontamente scattò fuori dala stretta prigione di velluto rifugiandosi sotto al tavolo dei buffet.

 

-Plagg?- la vocina acuta da Kwami attirò la sua attenzione.

Gli occhi a fessura del gatto si dilatarono dallo stupore. -Oh Tikki.-

Erano stati lasciati liberi da circa mezz'ora e nella sala risuonava un lento classico.

Impassibile Plagg continuò a mangiare il suo formaggio mentre Tikki tornava a rifornirsi di dolciumi.

-Anche tu qui?- chiese lui ancora a bocca piena.

-Mi stupisco più di te, non ci vediamo fisicamente da circa 700 anni.-

-Sai, ogni tanto il gatto Alpha mi lascia delle libere uscite.- disse in tono beffardo.

Tikki proruppe in un verso di disappunto: -Eddai vieni qui.- disse lasciando cadere il suo biscotto e fiondandosi ad abbracciare il fluttuante amico.

-Hei, hei Tikki.- Plagg, ancora col formaggio in una zampa si era ritrovato lo spirito della coccinella attaccato al collo in cerca di un abbraccio.

-Cos'è? Ti vergogni?- chiese stringendo gli occhi e senza staccarsi dal collo di lui.

Lasciando un sospiro il gattino rispose: -No, no, non mi vergogno.- e titubante rispose alla stretta dell'amica.

-Tornando a cose serie.- disse Lui staccandosi visivamente imbarazzato -Come mai qui?-

-Ladybug è stata invitata qui, ma tenere la trasformazione così a lungo sarebbe stato faticoso e stressante. Abbiamo così optato per un travestimento.-

Plagg sporse la testa al di là della tovaglia che ricadeva dal tavolo.

-Oh,- disse -Mi stai dicendo quindi che quella ragazza che sta ballando con Adrien e una finta Ladybug?-

Tikki si precipitò a controllare.

-O mio Dio! Marinette e Adrien!-

-Ah, Ah, quindi Ladybug, sarebbe Marinette?- la apostrofò Plagg.

Tikki guardò l'amico con sguardo fisso: -Quindi Adrien sarebbe Chat Noir giusto?- rispose con lo stesso tono.

I due tornarono a sbirciare da sotto la tovaglia.

-Oh, se solo sapessero.- bisbigliarono all'unisono.

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Capitolo 8
*** cap 8 - sarai tu a decidere ***


La musica si fermò improvvisamente lasciando che la stanza venisse avvolta dal mormorio delle voci sommate.
-Adrien! Dai come mai come mai sei così pensieroso? Come mai non mi ascolti?- la voce petulante di Chloè era un sussurro alle sue orecchie. Gli occhi rimbalzavano tra un invitato e l'altro cercando la sottile maschera di lei.
Altri musicisti si affiancarono al quartetto di archi, la musica ancora taceva.
Riconobbe l'abito nero e rosso dell'amata che si aggirava agile tra i presenti avvicinandosi al tavolo dei bouffet. Nessuno era affianco a lei, come se fosse uno spettro che si aggira tra i dannati. Ogni tanto le tocco chiaro di lei sfiorava le pietanze servendosi dei dolci e dei salatini più disparati. Era come incantato nel guardare come le mani vellutate di lei portassero il cibo alla bocca.
Suo padre era sparito subito, appena arrivati sul fondo della scalinata già si era allontanato da lui, lasciandolo in balia della figlia del sindaco. Non lo aveva mai dato a vedere, da sempre tifa per una relazione tra il figlio e Chloè, ogni tanto ammiccava a della battute, dei commenti, su quanto il prestigio delle due famiglie fosse compatibile. Solitamente era una delle frasi che lo accompagnava la mattina, quelle rare volte in cui si incontravano durante la colazione.
I piccoli commenti del signor Agreste sulle preferenze relazionali del figlio più volte lo avevano fatto fantasticare sulla sua ipotetica vita futura con una donna: sarebbe finito con Chloè? Avrebbe mostrato la sua maschera? Sarebbe mai riuscito a intrappolare il cuore dell'amata eroina? O anche solo avrebbe scoperto chi si celi sotto la sua maschera.
Ricordava questi momenti, dislocati nella sua mente, privi di un contesto, ricordati solo come parole dette da persone, mentre il suo corpo si avvicinava all'eroina nobilmente seduta col piattino in mano. Chloè lo seguiva a passo veloce, chiamandolo con la voce acuta sorda a chiunque per il trambusto.
-Oh Chloè!- il sindaco prese per una spalla la figlia spingendola sotto il suo braccio. -Ho l'onore di presentarvi la mia principessa.- disse porgendole una mano sulla spalla mentre lei allungava il collo scattando cercando di non perdere di vista il biondo dagli occhi di giada.
-Lasciami! Devo stare con il mio Adrien!- gli disse non appena questo provò a bloccarla.
Alzando le spalle i sindaco, rivolto ai funzionari, disse: -Vogliate perdonarmi, i giovani d'oggi.-
Lei furiosa ancora cercava il biondino in mezzo a tutti, ma quello si era già dileguato mentre lei sbatteva i piedi a terra indignata.

-Ladybug?-
Marinette si voltò di scatto cercando chiunque la avesse chiamata. Era seduta a un tavolino rotondo per due persone, vicino alle scale. La tovaglia era color magenta e una candela e una piccola composizione floreale davano un tocco di eleganza al tutto.
Il biondino si affiancò alla sedia, chiedendo con lo sguardo se potesse sedersi.
-Oh Adrien!- rispose lei diventando paonazza nuovamente -è la prima volta che ti incontro senza che tu sia sotto attacco di un Akuma.- concluse indicandogli una sedia invitandolo a sedersi.
-E la cosa mi fa molto piacere.- disse lui sedendosi al tavolino con lei.
Diversi sorrisi si frapposero fra i due prima che iniziassero a parlare. La musica ancora taceva nella sala. Un silenzio imbarazzante calò tra i due i cui volti lentamente divenivano più rossi.
-Il suo abito è molto bello signorina Ladybug.- provò a dire lui interrompendo il tacito discorso dei due.
-Non mi stupisce che ti piaccia, lo ha fatto tuo padre.- disse sorridendo. Nella testa di lei continuavano a riaffiorare i consigli di Tikki: “se lo vedi, fai finta di nulla, sei Ladybug, non Marinette.” quel pensiero la teneva lucida mentre organizzava le parole nella sua mente.
-È un abito Agreste?- chiese lui con tono leggermente sbalordito.
-Precisamente.- rispose con un sorriso. -La firma si trova sulle scarpe, e sulle piaghe del vestito. È davvero di fattura spettacolare.-
Adrien imbarazzato per i complimenti al padre pose una mano dietro la testa socchiudendo gli occhi.
Ogni tanto si sentiva una note di violino o violoncello che veniva accordato, o un tasto premuto di un pianoforte appena portato nella sala.
Ladybug portò un altro saltino alla bocca offrendone uno anche al ragazzo che accetto. Mangiucchiarono insieme nel silenzio.
-Conoscete Alya?- chiese il ragazzo.
-Vagamente.- mentì lei. -So che gestisce il Ladyblog. E molto dolce, ma non mi piacerebbe che si scoprisse chi sono.- continuò portando una mano al volto tastandosi la maschera.
-Non vuole?-
-Dammi del tu, Adrien. No comunque, non vorrei. Ho la mia vita separata da quella di Ladybug, ed è già difficile tenerle insieme così, figuriamoci se la mia identità fosse pubblica.- disse con tono di sfogo. Alzò lo sguardo notando il volto sconvolto del ragazzo. Le tornò alla mente di essere Ladybug, non l'amica di Adrien Marinette.
-Scusami!- urlò alzandosi leggermente dalla sedia -Davvero non volevo dirti queste cose, non centri nulla con i miei problemi, scusami!- provò a dire parlando velocemente con tono agitato.
-Tanquilla!- rispose lui mentre il suo volto si arrossava per l'improvvisa vicinanza del volto della ragazza al suo. -Tranquilla.- disse mettendole le mani sulle spalle e invitandola a risedersi calma.
Lei chiuse gli occhi e espirando seguì i movimenti a cui il tocco del ragazzo la invitavano. -Grazie.-
Adrien le sorrise di rimando.
Un ultimo accordo di violino preannunciò l'inizio della musica.
Il suono di un lento iniziò a espandersi per tutta la sala, invitando i presenti a trovarsi un compagno e ballare.
-Strano.- disse il ragazzo alzando lo sguardo come un gatto incuriosito.
-Cosa?- chiese lei.
-Siamo a un ballo, indetto dal sindaco di Parigi per gli esponenti maggiori della città. Non è normale ci sia della musica del genere.-
Lei ridacchiò: - È un ballo informale, e poi, se si chiama ballo, una ragione ci sarà.-
Adrien lasciò che il rossore si impadronisse del suo volto.
“Questa volta sei tu ad arrossire.” pensò lei sadicamente.
Adirien prese coraggio rapidamente, si alzò e trattenendo il respiro disse d'un fiato: -Allora mi concede questo ballo, Ladybug?-
Marinette rimase stupita, quel tono, quelle due parole, quei gesti, per un attimo le parve di avere davanti il suo compagno di squadra.
-Ne sarei onorata.- disse porgendogli una mano.

Non sapeva dove aveva trovato il coraggio di chiederglielo, se fosse stato lui o il gatto a parlare, sta di fatto che in quel momento una mano della sua amata era poggiata sulla sua spalla, mentre la sua era sul fianco di lei.
I passi incerti della ragazza rompevano l'armonia dei loro movimenti: -Scusami.- sussurrò appoggiandosi al suo petto così che la sentisse. -Non ho mai imparato a ballare.-
Mentiva. Per quanto la caviglia ora le permettesse di camminare il fastidio era ancora forte e incessante. gli occhi dei due si specchiarono gli uni negli altri, "Hanno qualcosa di diverso" pensò lui.
-Non ti preoccupare, di nuovo, segui me.- disse stringendole con più forza la mano e il fianco.
Con un versetto di approvazione lei si lasciò guidare in quella lenta danza.
I suoi occhi colo cielo mettevano a fuoco solo quelli silvani di lui, lasciando sfocato il resto, compreso il volto della compagna di classe gelosa di Adrien.
Sicura lei di essere Ladybug e lui certo di essere Chat Noir si muovevano come due amici di vecchia data, finiti per caso a un ballo, con le mani intrecciate a volteggiare assieme.
La musica finì, lasciandoli fermi stringendosi le mani a vicenda. Pochi istanti dopo risuonarono le grandi campane. Undici rintocchi rimbombarono nella sala sovrastando il borbottio.
Adrien si staccò da quel tocco riluttante: -Scusami,- disse -ho promesso a mio padre che ci saremmo rincontrati a quest'ora.- finì, prima di svanire.

Il ragazzo biondo corse verso un tavolo dall'altra parte ella stanza. Plagg da sotto il tavolo tirò la tovaglia attirandolo: -Allora, cavaliere?-
Adiren aprì la giacchetta permettendo al Kwami di nascondersi sotto la sua giacca. Quattamente salì la scala e chiamò un ascensore.
Arrivato al terrazzo si lasciò sfuggire un urlo liberatorio: -Plagg, Trasformami!-
Chat Noir comparve da li a poco, pronto a spogliarsi e indossare il secondo abito per lui confezionato.
La coda frustava l'aria dall'eccitazione. Saltò giù dall'hotel attutendo la caduta con il bastone che il Kwami gli donava ogni volta che si fondevano.
Ladybug era seduta vicino a una finestra a guardare il cielo scarsamente illuminato. un gatto le coprì la visuale: -Si gode la migliore vista della città?- ironizzo ammiccandosi.
La finestra venne aperta lasciando tempo al micio di entrare. La musica era leggera, lenta, come quella di pochi minuti prima.
-Mi concede questo ballo, mia lady?- ripeté per la seconda volta in quella serata.
La ragazza sorridendogli gli rispose con un cenno negativo della testa: -La caviglia.-
Sconcertato il ragazzo guardò i piedi della ragazza notando la caviglia visibilmente gonfia.
-Spero di non deluderti.- si scusò lei.
-Tranquilla.- ripetè nuovamente.
Lei gli indicò una sedia li vicino: -Vieni, non posso toglierti i piaceri di una serata solo per questa caviglia.-
Chat noir si sedette affianco a lei, i capelli biondi gli ricadevano sugli occhi stanchi. Spostò la sedia affiancandola a quella dell'eroina.
-Posso appoggiarmi?- chiese timidamente.
Ladybug lo guardò con sguardo interrogativo: -Tutto bene?-
Lui annuì appoggiandosi alla spalla seminuda di lei. La mano della ragazza si poggiò sul suo volto accarezzandolo e scompigliandogli i capelli.
-Mia lady.- bisbigliò.
Nessuno pareva notarli in quella sera, persino Chloè aveva perso le speranze nella ricerca dell'amato; per la prima volta nessuno notava i due personaggi più in lizza di Parigi.
-Micio.- rispose lei.

La notte era nel suo punto più profondo. -State bene mia Lady?- chiese verso l'una di notte alla ragazza visivamente stanca.
-Sì...- gli rispose.
Lui sorrise, sapeva che mentiva. Suo padre ancora non dava cenni di interessamento per la scomparsa del figlio, sia ggirava tranquillo per la sala, stringendo mani e scambiando due parole.
-Vuoi che ti riaccompagni a casa?-
Lei annuì debolmente.
La prese sottobraccio accompagnandola all'uscita della sala. Lei zoppicava visibilmente.
-Dove vi porto mia lady?-
La ragazza troppo stanca borbottò parole incomprensibili: -Alla pasticceria.- disse prima di crollare addormentata su di lui.
Sorridendo gentilmente Chat Noir si caricò la ragazza sulle spalle.
Tikki li seguiva fluttuante attenta a non farsi notare. Velocemente il ragazzo raggiunse il luogo dove l'ultima volta l'amica le chiese di accompagnarla. Fece velocemente mente locale sulle pasticcerie del luogo, solo quella della famiglia di Marinette gli balzò alla mente.
Il Kwami della creazione comparve davanti agli occhi di Chat Noir. -Ti guiderò io.- disse con voce acuta.
Adrein balzò all'indietro: -Chi diamine sei tu?-
Plagg forzò la trasformazione in umano del ragazzo: -è il Kwami di Ladybug, Tikki.- disse lui.
Adrien scandalizzato e tremante poggiò la ragazza a terra.
Le due creature si avvicinarono a lui: -Richiedo della spiegazioni.-
Tikki intervenne: -Non si è mai trasformata stasera, aveva paura di stancarmi troppo.-
-Quindi, sì, quella che hai davanti non è Ladybug, o meglio, è lei, ma non lei trasformata.-
Adrien poggiò la testa della ragazza sul suo grembo tentato dal strapparle la finta maschera.
Si caricò nuovamente la ragazza in spalle: -Hey, Tikki.-
Il Kwami rosso si avvicinò a lui: -Dimmi.-
Il ragazzo costrinse Plagg a ritrasformarlo: -Indicami dove portare Ladybug.-
Fluttuando Il Kwami lo condusse sul terrazzo della camera di Marinette; attraversando la botola e aprendola dall'interno aiutò Chat Noir a Portare Marinette sul suo letto.
Le foto del ragazzo tempestavano ancora le mura della sua stanza.
-Cosa hai ragazzo?- Gli chiese Tikki.
-Nulla, è davvero lei?-
Tikki espirò: -No, non lo so, dovrai essere tu a deciderlo.-
Chat Noir si alzò e con un balzo felino uscì dalla botola, lasciando Marinette dormiente nel suo letto.

 

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Capitolo 9
*** cap 9 - le due facce di una medaglia ***


-PERCHÈ?- urlava.

-Adrien calmati…- provava a bisbigliare il Kwami -È tardi.- erano appena rientrati dopo aver accompagnato la ragazza a casa.

Il ragazzo camminava come un ossesso per la stanza scalciando e dimenando pugni.

-Perché Plagg?- si chiedeva mentre le mani gli strappavano i capelli biondi.

Il kwami rimaneva seduto sull'orlo del letto, con le braccine incrociate, aspettando che l'amico si calmasse, impotente nelle sue possibilità.

-Perché…- continuava a chiedersi con la voce rotta da un pianto disperato. -Perché mi ha mentito? Perché preferisce me e non Chat Noir? Perché sforzarsi di ballare con me e non con “lui”? Perché mentirmi sul vestirsi? Perché? Capisco il non voler rischiare, non voler stanca Tikcosa.-

-Tikki.-

-Tikki. Ma perché dirmi che è lei quando non lo è? Le ho chiesto di venire come Ladybug… quindi lei chi era? Posso davvero fidarmi di quella cosina? È davvero Marinette?-

Le lacrime rigavano ancora il suo volto mentre le unghie lo marchiavano per la disperazione.

-Io non capisco. Non so cosa voglio credere. Io non…-

Plagg ricominciò a fluttuare: -Adrien.-

il ragazzo si voltò con uno scatto con gli occhi gonfi di lacrime verso di lui.

-Adrien, hai il diritto di credere quello che vuoi, io non so se effettivamente Ladybug sia Marinette.- mentì, per il bene dell'amico e dell'eroe. - È una cosa che tu devi decidere e capire. A te piacerebbe?- chiese sperando di farlo calmare, o quanto meno di organizzare le sue idee contorte.

Il ragazzo si alzò tirando su col naso: -Amerò chiunque ci sia sotto la sua maschera.- annunciò.

-Anche Chloè?- ironizzò il kwami.

-Anche lei.- rivelò disperato, per quanto sapesse dell'impossibilità della cosa.

-E perché ieri sera allora non hai cercato chi si celasse sotto la sua finta maschera?- chiese con tono curioso. -Tikki non ti avrebbe fermato, ed era lì, sulle tue gambe, inerme.-

-Non ne ho idea.- la voce gli tramava mentre parlava. -Forse mi piace questa cosa che si è andata a creare. Il non conoscerci eppure conoscerci…- prese un lungo respiro -Non so se sono pronto ad amare chi si nasconde dietro quella maschera.-

-Quindi? Che idea hai?-

-Ladybug mi disse che Marinette era sua amica più di una volta… forse ha voluto che la accompagnassi lì per depistarmi di proposito.- Era il primo pensiero lucido che riusciva a elaborare.

-Sembra non ti piaccia l'idea che Ladybug possa essere Marinette.- lo provocò.

-Non è quello… nel senso…- rimise le mani tra i capelli coprendosi il volto, prima di cadere sulle ginocchia.

-Non mi sembra Marinette ti dispiaccia.- disse ammiccando agli eventi di pochi giorni prima. Sapeva di ferirlo con le sue parole, con i suoi toni, ma sapeva che il ragazzo aveva bisogno di una sberla emotiva per calmarsi -Quel bacio, quei soldi, quegli abbracci, quelle carinerie. Sei confuso micio.- scherzò.

-Non mi serviva che tu me lo ricordassi.- gli ringhiò contro mostrandogli i denti.

Il kwami sbuffò.

-Non lo so, le voglio bene come amica, ma non lo so.- il tono del ragazzo era basso, quasi un sussurro. Ancora per terra, guardandosi le mani bagnate dalle lacrime, continuò. -Davvero. Io non so cosa provo per lei, mi ricorda Ladybug ma sembrano anche opposti.- un singulto lo interruppe -Credo, di dover pensare.- disse lasciandosi cadere su un fianco in posizione fetale.

-Mettiti almeno a letto.- Disse con tono severo lo spirito. -Fidati di un vecchio gatto, sdraiati e riposati.

Il ragazzo accettò il consiglio alzandosi asciugandosi il muco sul braccio. Adrien si strappò via la maglietta bagnata e le lacrime e sporca prima di lasciarsi cadere sul letto addormentandosi.

 

Erano le undici di mattina, aveva dormito per otto ore di fila, svegliato solo da Nathalie entrata per consegnargli la posta delle fan.

Adrien si strofinò gli occhi, ancora gonfi per il pianto, prima di attaccare il sacco pieno di lettere.

Nathalie gli diede il buon giorno, porgendogli una maglia pulita e una felpa prima di lasciarlo alle sue letture giornaliere.

Come d'abitubine prese il sacco e lo rovesciò a terra. Uno starnuto, primo di una lunga serie, interruppe il suo lavoro ancor prima che potesse incominciare.

-Ancora lei?- chiese con disperazione -Non anche oggi, ho già abbastanza problemi.-

Plagg svolazzava per la stanza stiracchiandosi. -Chi?- gli chiese.

-Una ragazza che mi scrive quasi ogni giorno, ha scoperto che sono allergico alle piume e per essere sicura che legga le sie lettere ne lega una ogni volta alla carta.-

-Sadicamente geniale.- disse con tono perverso -Cosa ti dice?-

-Mha.- cominciò -In realtà le solite cose che sono bellissimo, che è la mia fan numero uno, che dovrei amare solo lei. Ogni tanto allega delle foto, non è male, lo ammetto. Ha dei begli occhi.- disse lanciando a Plagg l'ennesima foto che la ragazza gli inviava.

Un altro starnuto lo bloccò.

-Bhe, non è brutta.- ammise Plagg. Il kwami si buttò in mezzo al mucchio di lettere allontanando la piuma dal ragazzo. -Hei guarda qui.- disse porgendogli una lettera mentre usciva da sotto la montagna di carta.

Una busta rosa profumata venne passata al ragazzo. Carta comune, la vendeva un edicolante vicino alla scuola, la maggior parte delle ragazze aveva quella carta.

-Guarda la firma.- gli consigliò il Kwami.

Un MLB scritto in bella grafia d'orata capitanava sulla busta.

-Che sia lei?- si chiese ad alta voce, impedendo che i suoi pensieri gli uscissero dalla bocca.

-Miracolus LadyBug?- rispose Plagg ironicamente.

-Sì lei.-

Con un gesto lento e tremante aprì la busta, lasciando che l'odore di rose lo avvolgesse.

 

“Buon giorno Adrien.

Scrivo questa lettera appena sveglia. La consegnerò direttamente a casa tua questa mattina, spero tu possa leggerla il prima possibile.

Non credo tu sappia chi io sia, in tutti i sensi. Ci siamo visti più di una volta, in ogni tipo di situazione. Solitamente se ci vediamo è perché uno dei due rischia la vita.

L'ultima di queste volte è stata al ballo, nessuno dei due rischiava qualcosa questa volta. Abbiamo potuto parlare, mangiare assieme e ballare. Ricorderò a vita quella notte come la più bella della mia vita.

Mi è davvero piaciuto conoscerti sotto questa maschera, e non solo come eroina.

Spero di poterti rivedere.

P.S. So che Chat Noir è tuo amico, usa lui come portavoce per comunicarmi luogo e momento.

A presto.”

La lettera era breve, coincisa, priva di firma o mittente o indirizzo. Diceva chiaramente di vedersi un determinato giorno. Non si sa per quale motivo, ma voleva vedere lui. Un sorrisino beffardo gli marcò il volto ancora rosso per il pianto. La dormita lo aveva aiutato a rispondere alle sue domande.

 

La mattina del lunedì è sempre la peggiore. Sopratutto dopo un weekend passato tra le lacrime e i dubbi.

Marinette entrò nell'aula ancora con le stampelle. Gli occhi di Adrien si attaccarono a lei senza mai staccarsi. Alya era seduta dietro, affianco a lei Nino.

-Vuoi sederti ancora davanti?- le chiese il ragazzo appena la vide. -Sai, per la gamba.- concluse facendole l'occhiolino.

Quella annuì arrossendo. Adrien rimase in silenzio, guardando il profilo della ragazza che si sedeva affianco a lui.

Nella sua mente sorrise, quella ragazza dai movimenti goffi, che si ingarbugliava a parlare con lui, che a malapena manteneva l'equilibrio continuava a sovrapporsi alla figura dell'eroina mascherata.

Ridacchiava pensando che davvero Marinette potesse essere Ladybug.

I movimenti aggraziati della coccinella non si addicevano alla panettiera di quartiere.

Eppure quegli occhi azzurri, quel portamento fiero, quel coraggio, la rendevano quanto di più simile a Ladybug possibilee quanto di più diverso.

Amava questa sfumatura della ragazza, e forse fu quella a spingerlo a compiere gesti improvvisi.

Il ragazzo chiuse gli occhi mentre un sorriso felino gli tagliava il volto. Le braccai incrociate e la posizione di lui facevano intuire la beatitudine della sua mente.

“Perché preferire me all'altro me? Semplicemente non sa chi sono realmente, e prova dei sentimenti maggiori per una sola delle facce della medaglia.

Il nascondersi e mentirmi. È stato un gesto per proteggere a ogni costo il suo Kwami a scapito del suo segreto, ammirevole come decisione.

Devo solo decidermi sulla questione Marinette. Il kwami mi ha lasciato campo libero sula decisione.”

-Adrien?- la voce della ragazza interruppe il flusso dei suoi pensieri.

-Mh?- disse uscendo da quel mondo e incrociando lo sguardo della ragazza.

-Tutto bene? Sembrava stessi male.-

Quelle parole non arrivarono alle orecchie del ragazzo. Gli occhi azzurri della ragazza lo avevano rapito, facendolo annegare in un mare di emozioni, pensieri e dubbi.

Un sorriso ricomparve sul volto del ragazzo: -Sì, mia lady.-

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Capitolo 10
*** cap 10 - marzo porta consiglio ***


Era una giornata fredda di fine marzo, il sole luccicava debolmente affiancato da qualche nuvoletta simile a ciuffetti di panna. La luce fredda gli illuminava il volto marcato da un'espressione malinconica. Spinse il muso nella sciarpa azzurra infossandosi nella spalle. Un tocco leggero gli avvicinò la tela agli occhi permettendogli di sfiorare con lo sguardo il ricamo dorato che riportava la sottile firma di Marinette.

La coppietta gli si avvicinò mano nella mano.

-Ohi Nino! Alya!- disse alzandosi.

-Ohi Bro!- disse Nino staccando il braccio dalla ragazza per abbracciare lui. -Come mai ci hai chiamati qui?-

Era Mercoledì. Si era rifiutato fino a quel momento di sentire Marinette e anche come Chat Noir rimase molto freddo nei suoi confronti.

-Devo chiedere un favore, a entrambi.- comunicò sedendosi e invitando gli altri due a fare lo stesso.

I due si sedettero ai lati del ragazzo. Zitti in attesa che lui cominciasse.

-Secondo voi- provò ad approcciare mentre gli sguardi dei due convergevano sul suo volto basso -come reagirebbe Marinette se le chiedessi di uscire?-

Teneva il capo chino tentando si nascondere l'imbarazzo contenuto nelle parole quasi sussurrate. Nino guardava il fratello con occhi spalancati, riuscendo a malapena a emettere qualche suono sconnesso. Alya si era già voltata dandogli la schiena tentando si mandare un messaggio all'amica con le mani tremanti dalla trepidazione. Adrien si alzò di scatto strappandole il telefono di mano. -No, non glielo dirai.- disse con tono secco prima di risedersi.

-Ehi, calmati.- lo rimproverò lei.

Adrien diresse lo sguardo di nuovo sullo sterrato del parco: -Scusami, è che la questione mi… agita.-

Nino ancora non era riuscito a dire nulla, incredulo della scelta dell'amico di invitare fuori Marinette. Molte ragazze gli si erano dichiarate o era palese avessero cotte per lui, ma lui mai aveva mostrato interesse per qualcuna, mai prima di ora almeno.

-In ogni caso.- ricominciò Alya con tono dolce -Ne sarebbe felice, estasiata direi.- concluse con un sorriso.

-Credi che accetterebbe?- gli occhi verdi di lui inquadrarono la ragazza seduta comodamente sulla panchina con aria soddisfatta.

Nino Poggiò entrambe le mani sulle spalle di lui stringendolo: -Fratello ma sei impazzito?- gli occhi dilatati di lui e il continuo spingere sulle spalle di Adrien facevano comprendere quanto egli fosse agitato -Quella ragazza ti adora! Hai idea di quando abbia tartassato Alya quando le hai chiesto un abito? No che non la hai! Hai idea di cosa ci sia sulle pareti della sua stanza? No che non la hai. Hai idea dello stress che ci infliggeva ogni mattina venendo a scuola perché non sapeva se si sarebbe ancora seduta affianco a te? No che non sai neanche questo!- disse tutto d'un fiato. Prese un lungo respiro. -Adrien, tu non sai nulla di Marinette. Ma sappi che se glielo chiederai davvero lo sapremo grazie al suo urlo.- il suo tono era quasi affannato, ma più calmo.

Il biondo non si aspettava una tale reazione, balbettava leggermente senza dire nulla.

Alya lo tolse dalla stretta isterica del fidanzato accogliendola in quella più gentile di lei.

Gli posò un braccio sulle spalle facendolo passare dietro il collo di lui mentre teneramente spingeva a se Adrien mezzo sconvolto. La mano di lei era appoggiata poco sopra il suo petto, permettendole di sentire il suo battito cardiaco ancora troppo veloce.

-Su su, calmati piccolo.- gli sussurrava.

-Quindi…- provò a bisbigliare.

-Quindi ora prendiamo e ti accompagniamo a casa sua e glielo chiedi.- disse Nino concludendo la frase. Quello annuì debolmente alzandosi. -Grazie ragazzi.-

-E di che?-

 

-Buongiorno signori Dupain-Cheng!- urlò Nino spalancando la porta della panetteria.

-Oh Oh Nino! Il solito?- Urlò di rimando il padre di Marinette sollevandosi tenendo tra le mani un vassoio pieno di brioches fumanti.

-Può dirlo forte papà-cheng!-

Sabine gli si avvicinò alle spalle porgendosi un piattino con la solita brioches e tre mini krepfen alla crema.

-Vorremmo parlare un attimo con Marinette, se possibile.- disse Alya servendosi direttamente dal piatto del ragazzo.

-Ve la chiamo subito.- rispose Tom strofinandosi via dalle mani la farina.

-No scusi.- intervenne Il biondo facendo un passo avanti -Se possibile vorrei parlarle in privato.- il volto di lui era chino per nascondere il rossore.

Sabine si voltò verso il ragazzo con sguardo stupito. -Adrien?-

-Spero di non offendervi.-

-No, no. Tranquillo.- lo rassicurò Tom con tono dubbioso avvicinandosi alla moglie mentre si rigirava tra le mani uno straccio.

-Si può sapere cosa sta succedendo?- chiese Sabine avvicinandosi all'orecchio di Alya.

-Vedrà a breve signora.- rispose sorridendo.

 

Adrien saliva titubante la scaletta bianca che lo separava dalla stanza della ragazza.

-Sta arrivando qualcuno.- la avvertì Tikki svolazzando vicino alla botola. Marinette sollevò lo sguardo dalla bozza di abito che stava preparando.

-Avanti.- urlò lei senza staccare il volto dal livello che stava sistemando.

Il biondo entrò nella stanza richiudendo silenziosamente la botola. La Kwami svolazzò attorno al ragazzo senza farsi notare, fluttuando poi a nascondersi. -È permesso?-

Marinette si voltò verso quella voce familiare con uno scatto. -Adrien!- urlò scaraventando via la tavoletta grafica. Gli occhi di giada del ragazzo notarono la bozza dell'abito prima che la Tavoletta cadesse. “Come pensavo” un sorrisino comparve sul volto di lui.

-Già.- Guardò per un attimo gli occhi azzurri di lei. -Posso sedermi?- chiese guardandosi in giro in cerca di una sedia.

Lo sguardo pieno di ansia di lei era puntato alle pareti tappezzate di foto del modello. La voce di Adrien le arrivò quasi come un sussurro. La mente di lei, ancora sconvolta analizzò l'informazione sommariamente, impedendole di capire immediatamente cosa volesse.

-Certo!- urlò rendendosi conto della frase di lui e con un balzo si alzò dalla sua sedia spingendola per farla scivolare sul pavimento verso di lui. Senza staccare gli occhi dal ragazzo, si mosse per appoggiarsi alla scala che portava al suo letto.

-E tu dove ti siedi?- chiese fermando al volo la sedia. -Ricordo che ne avevi due quando sono passato per giocare.-

-Oh, è stata portata giù, in salotto, serviva di più lì.- giustificò con occhio sognante mentre appoggiava la schiena al soppalco.

Imbarazzato mosse qualche passo verso di lei. -Perché non ci sediamo sul letto allora?- balbetto con un sussurro, sperando quasi di non essere sentito.

Gli occhi di lei strabuzzarono: -Vorresti sederti sul letto, con me?- del rossore comparve sul volto dei due.

-Se per te non è un problema…- Adrien si portò una mano dietro la testa, era teso, e non sapeva se aveva fatto una buona mossa, ma voelva stare vicino a quella ragazza.

-No, no. Per nulla.- Mille pensieri si unirono nella mente dei due, dalla natura dolce, sensibile, ma anche sporca e perversa. Marinette sorrise in modo quasi malizioso, lasciando che i suoi occhi facessero trasparire i suoi pensieri, mentre gli porgeva una mano per aiutarlo a salire sul soppalco.

Il tocco leggero di lei lo rendeva sempre più certo della sua scelta. -Come va la caviglia?- le chiese vedendola salire agilmente sulla scala e sul letto.

-Sempre meglio, il medico dice che tra cinque o sei giorni dovrebbe essere guarita del tutto.-

-Non è molto tempo, per essere caduti da un palazzo.- disse ridacchiando mentre si sedeva sul bordo del letto.

Marinette si voltò verso di lui e con tono spaventato disse: -Come?!-

-Me lo dissi tu!- si giustificò con voce acuta -La prima volta che sei arrivata a scuola con le stampelle…-

Il ricordo si fece nitido nella mente di lei calmandola. -Giusto.- Ripose con tono tranquillo. -E la tua amica caduta anche lei da un palazzo?-

-Non la vedo da qualche giorno, l'ultima volta che l'ho vista non stava malissimo.- i due si scambiarono sguardi sospettosi, troppe volte quegli occhi si erano incrociati senza vedere realmente nulla.

Marinette si sedette vicino alla testa del letto, il rossore sul volto le dava fastidio alle gote troppo calde. Adrien, voltato quasi di schiena rispetto a lei, era seduto sul bordo del letto.

-L'hai ricevuta?- chiese il ragazzo rompendo il silenzio imbarazzante che aleggiava tra i due.

-Cosa?- Marinette era seduta rigida: schiena dritta, pugni chiusi, puntati sulle ginocchia tenute strette, capo chino per nascondere il rossore.

-La lettera.- rispose lui ricreando quell'aria di imbarazzo che caratterizzava ogni loro incontro. -Ah, quella… sì, ti ringrazio.- i pugni le si strinsero istintivamente più forte tra le mani, iniziando a incidere la pelle chiara con le unghie.

Adrien rise, un riso quasi forzato nella sua semplicità -Quanto sono stato stupido?- le risatine lo interrompevano. Marinette si voltò verso di lui, seduto a bordo del letto appoggiato sui gomiti. La capigliatura bionda di lui sembrava quasi una criniera da quella prospettiva. “rwar” pensò Marinette guardandolo.

-No, perché dici questo?-

Adrien continuò a ridere, con più enfasi, i capelli si muovevano in un fluido ondeggiare. -Non so proprio nulla di amicizia con le donne.-

Marinette sciolse i muscoli sedendosi meglio sul letto, una volta compreso che il ragazzo non aveva doppi fini, o che in ogni caso preferiva starsene sul bordo del letto. -E la tua amica? Quella caduta di prima…-

Adrien alzò lo sguardo, sistemò la sua postura lasciandosi cadere in avanti per il peso del corpo stesso, la testa gli ciondolava in avanti. Ogni volta che si parlava di lui e ragazze il suo aspetto prendeva più quello di uno zombi rabbioso. -Lei… balbettò. Lei credo sia la mia migliore amica, è l'unica con cui riesco a parlare, però non sa nulla di me.-

Sul volto ancora roseo della ragazza comparve una sfumatura malinconica, le labbra le si piegarono verso il basso mentre gli occhi le si socchiusero focalizzando meglio la schiena ricurva del ragazzo. Il pensiero di abbracciarlo, di stringerlo a se per calmarlo la invase come un onda raggiungendo ogni punto più remoto del suo conscio e inconscio. Il rossore le si fece più intenso mentre una mano mossa dai suoi pensieri si avvicinava alla schiena del ragazzo.

I polpastrelli leggeri si poggiarono al centro della schiena sfiorando le vertebre leggermente sporgenti per la posizione di Adrien. Il petto del ragazzo si gonfiò mentre prendeva un respiro più rapido per lo spavento provocato dal tocco di lei. Dito per dito Marinette andò a toccare la schiena del ragazzo. Il dorso di lui si fece più composto facendo sparire le vertebre dal tocco i lei. Il palmo caldo poggiò su di lui come una vampata di aria bollente in piena faccia agguantandolo e tirandolo fuori dal turbine di pensieri che lo andavano ad angosciare. Il capo chino di lei lasciava che qualche ciocca scomposta le ricadesse sul volto, nascondendo il sorriso tremante.

-Ma,- Marinette sentì l'aria risalire dai polmoni e uscire dalla bocca di lui -sono qui per te.- La voce e l'aria dentro di lui tramavano leggermente imbarazzate. La schiena dritta e il capo lievemente inclinato all'indietro gli permettevano di respirare bene nonostante l'ansia.

Sentì gli spostamenti del letto mentre Marinette si assestava dietro di lui. La mano che gli poggiava sulla schiena lentamente stava risalendola per tutta la spina dorsale. Un altro caldo tocco vicino alla zona lombare lo fece sussultare.

“Cosa diamine stai facendo?” fu il pensiero che invase la mente di entrambi.

“Perché ti muovi così? Perché lo stai toccando?!” Marinette tentava di riprendere il controllo del corpo. Il respiro regolare della ragazza le permise di pensare lucidamente: “Gli hai mandato quella lettera mal pensata, mal scritta, sperando di poterti avvicinare a lui almeno con la maschera addosso. Ora calmati Marinette, e pensa, agisci come se fossi LEI, sei Ladybug con o senza maschera.”

L'altra mano si attaccò alla schiena del ragazzo permettendole di sentire il respiro divenuto affannoso di lui. Con un movimento rapido portò le mani alla stessa altezza, fermandole sulle scapole di lui. Chiuse gli occhi, immagini di tetti dei palazzi della Parigi notturna invasero la visione oscura di quel momento ponendola sulla cima del più ambito albergo parigino insieme al suo amato, vestito di quell'abito rifinito dal velluto verde, mentre il tocco insicuro dell'eroina esplorava la schiena di lui.

“Marinette!” il respiro affannoso gli impediva di pensare come voleva, “Smettila di toccarmi lì!” la schiena del ragazzo, divenuta un fascio di nervi, vibrava ogni volta che veniva stuzzicata. Adrien strinse i pugni tesi a suo fianco irrigidendo le spalle. “non so cosa tu voglia da me Marinette, ne dove vuoi arrivare. Ma ti prego smettila, è molto più piacevole di quello che pensi.” Le mani i lei si posero sulle sue scapole “è… rilassante.” ammise lui nel segreto della sua mente. Lasciò che le sue tensioni venissero cullate dal tocco incerto di lei.

-Marinette…- sussurrò. Teneva gli occhi chiusi mentre la ragazza lo coccolava.

-Mh…- rispose lei ancora con capo chino.

-Sono, sono... venuto qui per chiederti una cosa alla fine.- La schiena di lui si rizzò in un attimo in uno spasmo da lei provocato involontariamente.

Fu come se una secchiata d'acqua gelata le arrivasse in faccia svegliandola. -Tutto bene?!-

Adrien annuì: -Hai solo toccato un punto sensibile.- Marinette richiuse le mani riavvicinandole a se riempita dal timore di recargli altro fastidio. Il ragazzo cercò nuovamente il tocco di lei portando indietro la schiena, non conscio che le avesse ritirato le mani.

La sensazione di cadere nel vuoto lo avvolse, gli occhi gli si dilatarono, i muscoli irrigidirono, il respiro bloccato in gola. Il volto del ragazzo cadde con forza sulle gambe incrociate di lei. Con un movimento rapido si tirò su imbarazzato. -Scusa, credevo volessi continuare…- si giustificò lui.

La ragazza muta tese una mano verso la schiena nuovamente curva di lui, ricominciando a sfiorargli le vertebre una ad una. -Stavi dicendo qualcosa, prima.- le parole le si bloccavano in gola, pesanti come macigni.

Adrien si scostò. “Prendi coraggio. Chat Noir lo farebbe in un attimo.”

Il biondo prese un profondo respiro prima di voltarsi lievemente verso di lei. Con la coda dell'occhio intravide la figura della ragazza che si ritraeva verso la testa del letto.

-Scusami…- sussurrò, sperando di essere udito.

Adrien con uno scatto si voltò verso di di lei, avvicinandosi abbastanza da poter prendere le mani della ragazza tra le sue. Le ciocche bluastre ricadevano sul volto di Marinette, il petto le si alzava e abbassava rapidamente, la bocca semiaperta e gli occhi dilatati mostravano la sua paura. Con un tocco lieve quasi come quello di lei scostò le ciocche dal suo volto. I colori si fecero meno brillanti, il buio più nitido, i suoi occhi vedevano come quelli di Chat Noir. Un sorrisino beffardo gli rigò il volto “proprio quello di cui avevo bisogno.”

-Marinette.- cominciò con fare teatrale e voce tonante -Concederesti a questo povero modello un'uscita tra noi due.-

La ragazza boccheggiava cercando disperatamente l'aria che a quanto pare le mancava. Suoni scomposti provavano a farsi strada dalla sua bocca.

Adrien si avvicinò al volto di lei guardandola nei profondi occhi azzurri. Le pupille di lei, dapprima ridotte a due punti, si dilatarono.

-Mia Lady,- provò a sussurrare -vuole concedermi tale onore?-

Il cuore di Marinette batteva a mille, il respiro ancora affannoso e incerto di lei le permise solo di annuire debolmente.

Adrien si scagliò su di lei stringendone l'esile corpo tra le braccia. Avvolse un braccio attorno ai fianchi di lei mentre con l'altra mano spingeva la schiena della ragazza sul suo petto. Sorrise nel sentire le mani e le braccia tremanti di lei stretta nella sua morsa. Il ragazzo sentiva sul suo petto i colpi cardiaci troppo veloci della ragazza. -Calmati, prima di sentirti male.- le sussurro socchiudendo gli occhi mentre la stringeva più forte a se.

Marinette inalò profondamente. La mente le si annebbiò per qualche istante. -Hai un buon odore.- sussurrò memore di quella notte.

Adrien la strinse a sé in uno spasmo. Certo, non poteva essere certo che lei fosse Ladybug, non voleva crederci, non voleva credere di averla avuta vicina per così tanto tempo, ma quella frase gli riportò alla mente la stessa scena che invadeva la mente della ragazza.

-Marinette…-

-Adrien.- rispose lei sussurrando con voce dolce.

Il biondino allentò la stretta su di lei, allontanandola dal suo petto. Marinette stringeva le mani congiunte al petto, Adrien posò le sue sulle spalle di lei, stringendole lievemente.

I due sguardi sereni si incrociarono.

-Facciamo domenica? Alle due al parco?- propose il ragazzo.

Lei annuì senza staccare gli occhi da quelli giada di lui.

Stettero in quella posizione per qualche istante prima che Adrien decidesse di alzarsi: -Meglio che vada…- giustificò con tono sconsolato.

Marinette annuì senza proferire parola, solo un largo sorriso parlava al posto suo.

Senza che gli sguardi si staccassero Adrien si avviò verso la botola, scomparendo poco dopo.

 

Marinette affondò l testa nel cuscino per soffocare l'urlo che le raschiava la gola. Tirò in alto le gambe scalciando di gioia.

Tikki ricomparve, dopo aver assistito a tutta la scena. Tosicchio per attirare l'attenzione della ragazza. Quella, divenuta come sorda ed immersa nelle sue fantasie, non reagì. La Kwami si avvicinò al volto ancora sotterrato della ragazza tossicchiando nuovamente nel suo orecchio.

-Tikki!- urlò. La kwami fece roteare gli occhi incrociando le braccine. -Tikki ma ci credi? Hai sentito? Non posso crederci!- le sue urla rimbombavano nella stanza. Tikki tossicchiò per l'ultima volta.

-Cosa c'è Tikki?! Perché non riesci ad essere contenta per me?-

La kwami prese a parlare con tono severo: -Oh, ma io sono felicissima per te. Un po meno per Ladybug.-

Marinette si voltò di scatto verso la fluttuante amica con sguardo interrogativo.

-Non ricordi cosa ti disse Chat?-

La mente di lei scavò nei ricordi. Marinette si lasciò sfuggire un urlo. Balzò giù dal letto. Prese a camminare nervosamente avanti e indietro. Urlava cose sconnesse su quanto fosse stupida e smemorata.

La kwami espirò presa dallo sconforto. -Tikki ma come ho potuto?-

-Marinette calmati! Basterà chiedere a Chat Noir di spostare il tutto.-

-NoTikki! Potrebbe capire troppe cose!- il suo tono era acuto e sconnesso.

-Marinette!-

la ragazza si voltò di scatto verso la kwami: -Per che ora è l'appuntamento di Ladybug?-

-Due e mezza.- rispose Tikki sospirando, conscia della nuova serie di urla.

La ragazza disperata si abbandonò alle urla chiusa nella sua camera.

Tikki sospirò nuovamente -Non ci arriva proprio.- sussurrò. “Perché mai Adrein dovrebbe fissare entrambi gli appuntamenti così vicini?”

 

-Ma sei impazzito?!- Plagg gli svolazzava a fianco sbraitandogli contro. Adrien camminava felice a testa alta, mani in tasca e occhi chiusi.

-Ti vorrei togliere quella espressione a schiaffi.- minacciò il kwami.

-Cosa ti prende Plagg?- aprì leggermente un occhio per inquadrare il piccolo amico affianco a lui.

-Cosa mi prende?! Ti rendi conto di cosa hai combinato?- la vocina acuta del micino rendeva il tutto più divertente.

-Non ho fatto nulla di male.- annunciò lui richiudendo l'occhio.

Plagg ringhiò indiavolato col ragazzo.

-Vedrai Plagg, andrà tutto bene. Fa tutto parte del piano.-

Plagg si fermò rimanendo sospeso a mezz'aria: -Quale piano?- chiese sbigottito.

-Ho bisogno di conferme Plagg, solo questo.-

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Capitolo 11
*** cap 11: un amore contrastato ***


Marinette camminava come un ossesso per la stanzetta. La stanza era disseminata di abiti buttati alla rinfusa sul pavimento spiegazzati o accartoccaiti. I capelli sciolti le rimbalzavano sulla schiena a ogni pesante passo. Alya la seguiva con uno sguardo pieno di compassione ma col volto impassibile.

-Credi che questo possa andare bene?- le urlò l'amica lanciandole una canottiera bianca di pizzo da lei cucita. Alya la fermò al volo senza spostare un muscolo di troppo, Il sottile ricamo argentato che portava la sua firma brillava tra le mani della ragazza mentre si passava tra le mani il capo: lo sguardo sempre fisso sull'amica, un espressione di severo giudizio stampata sul volto, gambe e braccia incrociate, schiena dritta come se fosse un imperatore pronto a giudicare il suo miglior gladiatore. -Marinette.- disse con tono fermo.

La lady continuò a girare come un naufrago viene sballottato dalle onde. Le sue parole di disperazione la resero sorda alla voce dell'amica. -Forse questo andrà meglio!- -Come credi mi stia il verde mela?- -Credi che una scarpa alta sia troppo azzardata?-

Alya si alzò in modo solenne poggiando la canottiera sul letto: -Marinette!- la voce dura di lei interruppe violentemente le parole sparate a raffica dall'amica. Marinette si fermò a metà del passo con un sussulto, teneva ancora tra le mani gli abiti che stava sommariamente selezionando. Alzò lo sguardo verso la figura eretta davanti a lei. -Qualunque cosa ti metterai starai bene, ti fai tu tutti i vestiti!- le disse Alya guardandola negli occhi con far di sfida.

-Appunto per questo!- Marinette lanciò in aria i vestiti accompagnando il suo urletto acuto -Metti che non gli piace come faccio i vestiti!-

Alya fece roteare gli occhi scuotendo leggermente la testa, Marientte si era rimessa a scavare tra i vestiti cercando l'abito a detta sua “perfetto”. Alya cominciò a tamburellare col piede stringendo sempre più lo sguardo sperando di reprimere i suoi pensieri. -Avolte mi chiedo se tu sia rincoglionita o mi prenda semplicemente in giro.- disse infine con tono duro.

-Alya…- provò a balbettare riponendo il vestito che aveva in mano.

-Niente ma carina.- Alya scese dal soppalco con un salto riagganciando subito lo sguardo con Marinette appena atterrata. -Non so cosa frulli in mente a quel ragazzo, ma so che potresti anche andare li con degli stracci e la prima cosa che ti dirà è un “sei bellissima” con occhi sognanti e balbettando.-

Marinette si sedette a terra lasciando che il duro rimprovero dell'amica le venisse buttato addosso come un macigno.

-Stima molto il fatto che ti fai i vestiti da sola e la tua abilità nel cucire. Tipo i due abiti che facesti per lui, in neanche mezza giornata. Ti pare che ti avrebbe chiesto due abiti se non apprezzasse la tua abilità nel fare abiti?Ti rendi conto che non è normale per una stilista ideare e confezionare due abiti così?- il tono di Alya si era fatto più lusinghiero e dolce, senza perdere però la natura di rimprovero.

-Alya.- provò a interromperla Marinette con un sussurro. La ragazza continuava con la sua lista di lusinghe imperterrita, senza neanche notare i continui richiami dell'amica. Marinette appoggiò la testa sulle ginocchia continuando ad ascoltare e provando ad attirare l'attenzione della ragazza con sporadici richiami. -Il tuo essere così atletica.- -Impegnarti così tanto a scuola.- -aiutare i tuoi a lavoro.-

Le parole le martellavano la testa fino a che una lacrima non iniziò a rigarle il volto, subito seguita da una lacrima gemella, fino ad arrivare ad un silenzioso pianto. Un singulto di Marinette interruppe l'imperterrito vociare di Alya. La ragazza dai capelli castani abbassò lo sguardo sull'amica dalla testa infossata nelle ginocchia: -Tesoro…- sussurrò -Cosa…-

Marinette rimase zitta, limitandosi a porre una mano all'amica. Alya poggiò la sua mano su quella di lei. -Tesoro… non volevo farti stare così. Cosa ho fatto?-

Le parole le si bloccarono in gola quando Marinette con tutta la forza che aveva nel bracci spinse a se Alya stringendola in un abbraccio.

-Se.- i singulti le bloccavano le parole -Se davvero anche Adrien pensa questo di me, perché ci provo?-

Alya era poggiata su un ginocchio con lo sguardo dritto davanti a sé, le braccia di Marinette la tenevano stretta al corpo dell'amica. Con un movimento lieve portò le sue braccia attorno al busto di lei, mentre le affondava il volto nel collo tentando di stringerla il più possibile. -Tesoro, cosa stai dicendo?-

Marinette tirò su col naso mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso: -Perché dovrei farmi vedere se tutte le aspettative che ha su di me sono false? Non sono così incredibile come hai provato a dire, sono impacciata… sono, sono.- il pianto le bloccava i pensieri -Sono solo Marinette.-

Quelle parole colpirono Alya come un proiettile alle spalle. Un sussulto la fece scattare. Il pianto di Marinette divenne più intenso. -Mari, tesoro. Mari. Su, su calmati. Calmati piccola.-

Marinette si attaccò alla maglia dell'amica stringendola tremante. Un espressione di dolore le cruciava il volto bagnato per il pianto continuo.

-Marinette.- Cominciò Alya accarezzandole i capelli ancora sciolti -Tu sei una ragazza straordinaria. La capacità di creare... “cose” che hai, è… allucinante. Ti assicuro che… davvero… ogni cosa che fai, che crei, che ogni giorno doni a te stessa e a chi ti sta attorno è… stupenda.- La sua voce era rotta, continue interruzione spezzavano a metà i suoi pensieri. La paura di Alya di dire la parola sbagliata all'amica disperata era palpabile. -L'obbiettivo di Adrien è sconosciuto a tutti tranne che a lui. Ma ti prego, ti prego. Ti prego Marinette, renditi conto che essere “solo Marinette” è la cosa migliore che ti potesse capitare.- le braccai di Alya la tenevano stretta al petto di lei. Marinette socchiuse gli occhi ancora umidi lasciandosi cullare da quell'amorevole stretta. Alya continuava col suo sermone tentando di calmare il pianto dell'amica. Sussurri arrivavano ala mente dell'eroina abbandonata ai suoi ricordi. L'immagine di un enorme sala totalmente nera le si espanse nella mente. L'unica volta che lei, Marinette, aveva potuto essere davvero se stessa con lui, quell'unica volta. L'immagine di lei e Adrien danzanti di quella notte si inserì nella stanza nera, un raggio di luce bianchissima li illuminava. Illuminava i loro sorrisi, i loro occhi, sempre puntati gli uni sugli altri, i lucidi capelli dei due, lasciando nel nero tutto il resto: le sue paure, i suoi timori, i rimpianti; tutto oscurato da quel ricordo.

Un sorriso le si allargò sulla faccia. -Alya.- sussurrò. La ragazza fermò il flusso continuo di parole. -Grazie Alya.-

Alya le sorrise sinceramente: -Di nulla tesoro.- Un breve momento di silenzio si insinuò nella stanza. -Solo una cosa Mari cara.-

Marinette sollevò lo sguardo verso quello dell'amica: -Mh?-

Alya strappo via dalle mani dell'amica un fagottino di seta aprendolo-Non osare metterti quest'abito a marzo!- Alya la guardava seriamente, tenendo con entrambe le mani sollevato l'abito rosino. Il labbro le tremolava, incapace di rimanere serio. Fu Marinette la prima a cedere, abbandonandosi a una fragorosa risata, seguita a ruota da Alya. Abbracciate risero,abbandonando alle risate tutte le tensioni dei momenti precedenti.

 

La treccia cinerea le rimbalzava sulla schiena mentre con passo simile alla marcia forzata si avvicinava al parco. La giacchetta in finta pelle la copriva il giusto per quel pomeriggio di fine marzo. La magliettina rosa si muoveva mossa dal vento leggero che accarezzava i timidi fiorellini sopravvissuti all'inverno e l'erba ancora un po ingiallita. Adrien era seduto su una panchina poco distante da lei. La tipica camicia bianca era stata sostituita con una felpa grigia pesante aperta sul dorso. Gli occhi verdi di lui puntavano sul telefono che teneva tra le mani.

Circa venti metri li distanziavano. Alya la aveva già lasciata da tempo da sola.

Era li, in piedi in mezzo alla strada del parco. Un leggero vento freddo la accarezzava mentre i rami ancora spogli degli alberi stridivano al suo passare. La mano le si strinse con più forza alla tracolla della borsa. Deglutì diverse volte prima di decidersi a fare qualche altro timido passo verso il suo amato. Il collo di Adrien era ancora avvolto nella sciarpa azzurra, dono di lei. Il respiro le era irregolare.

I sensi felini del ragazzo lo avvertirono dell'avvicinarsi di lei. Si voltò con uno scatto cercando conferma. La figura titubante della ragazza gli si parò davanti come una visione mistica: una mano di lei leggermente sollevata in segno di saluto accompagnata da un sorriso incerto furono il suo biglietto da visita.

-Marinette… sei…-

Nella mente di Marinette si fece largo il ricordo di Alya parata davanti a lei che le anticipava esattamente cosa il ragazzo sarebbe andato a dire.

-Belissima.- concluse.

Un sorrisino e del rossore comparvero sul volto di lei. -Anche tu.- rispose con un sussurro.

Il ragazzo sorrise invitandola a sedersi sulla panchina a suo fianco.

-Sei in anticipo.- le disse Adrien rivolgendo lo sguardo al volto di lei.

-Anche tu.- ironizzò lei, troppo timida per ricambiare lo sguardo che sapeva essere puntato su di lei.

Il ragazzo alzò timidamente un braccio avvolgendolo attorno alle spalle di lei: -Posso?- chiese con un sussurro.

Marinette annuì imbarazzata e ansiosa di quel tocco. La mano di Adrien si posò sulla sua spalla con un tocco leggero. -Posso?- le ridomandò imbarazzato il ragazzo.

Lei annuì nuovamente: -Puoi fare quello che vuoi, Adrien.-

-Ah bhe.- ridacchiò stringendo la presa sulla spalla -In tal caso.- Il ragazzo spinse il busto di lei verso di sé. -Appoggiati.- le consigliò. Il rossore del suo volto si intensificò. -Tranquilla.- le sussurrava -Va tutto bene. Non voglio farti nulla. Solo averti un po vicina. Lasciati andare.-

Il respiro di lei si calmò lievemente dopo quelle parole. “Pensa solo… di non essere Marinette. Tu sei Ladybug, con o senza maschera.” Il respiro le si regolarizzò. -Posso?- chiese allora lei alludendo al volersi appoggiare al suo petto. Il ragazzo la guardò con uno sguardo dolce, le pupille dilatate nel guardare quello che lui considerava essere la cosa più bella sulla terra. -Puoi fare quello che vuoi.-

Marinette rivolse finalmente lo sguardo agli occhi verdi di lui. Il respiro di lui si fece più frenetico, iniziò a mordicchiarsi un labbro tenendo la bocca semiaperta mentre i loro occhi non si staccavano gli uni dagli altri. Marinette gli sorrise -Calmati.- disse prendendolo in giro. -Non voglio farti nulla. Tranquillo.-

Il labbro di Adrien iniziò a tremolare il muso gli si contraeva tentando di nascondere il riso. Marinette lo guardò ridacchiando: -Ma che hai?!-

-Mi fai ridere!- la accusò lui scoppiandole a ridere in faccia. Entrambe le mani di lui si poggiarono sulle spalle permettendogli di stringere a se il corpo di lei mentre le risate non accennavano a smettere.

“Sei Ladybug.” continuava a ripetersi lei. -Ma che ti prende!-

Adrein continuava a ridere a crepapelle stingendola sempre più forse a sé.

-Nulla! Nulla! Mi fai solo ridere…- Tra uno spasmo e l'altro di ridarola sollevò Marinette, appoggiandola dolcemente sulle sue ginocchia.

Marinette mandò giù l'ansia derivata da quel gesto insieme al groppo in che le si era andato a creare in gola.

Ricambiò l'abbraccio cercando il petto di lui per sfiorarlo con il tocco leggero che già aveva testato sulla schiena di lui. -Mi son scordata di dirti una cosa…- disse, rompendo l'atmosfera di intimità che si era andata a creare.

-Dimmi.- Adrien aveva tono sognante, stava giochicchiando con una ciocca dei capelli di lei appoggiando la testa alla mano.

-Dovrei andare via prima… verso le due e venti circa…-

Adrien mollò la ciocca di scatto: -Come scusa?!-

Una smorfia comparve sul volto di lei: -Scusami… Ho un impegno, importante.-

Adrien strabuzzò gli occhi, prese le mani di lei tra le sue, impose il suo sguardo deluso su di lei costringendola a guardarlo negli occhi: -Più importante di me?-

Marinette distolse subito lo sguardo annuendo debolmente: -Sì.-

Adrien le lasciò le mani: -Verso che ora devi andare?-

-Due e venti.- fu la rapida risposta.

-Va bene, ti chiederei solo di aspettare un attimo, vorrei presentarti una persona. So che sarà qui da queste parti verso quell'ora…-

-Adrien, dovrei proprio andare…-

Il ragazzo si voltò di scatto verso di lei. Gli occhi felinidi di lui erano dilatati mostrano uno sguardo che non ammetteva un no da quanto fosse dolce. Marinette di riavvicinò a lui permettendogli di continuare a giochicchiare con i suoi capelli. Poggiò la testa sul suo petto facendosi tranquillizzare dal battito del suo amato.

 

Jaqueline tremava mentre teneva stretta nella mano la rosa che finalmente avrebbe donato all'amore della sua vita. Aveva fatto carte false per ottenere anche questa informazione su Adrien e sapeva che lui la avrebbe riconosciuta perché sapeva che aveva sempre letto le sue lettere e visto le sue foto. Respirava profondamente sperando di riuscire così a mantenere la calma. Nella sua mente tutto era perfetto: una scena cavalleresca, lei si inginocchia gli porge la rosa e lui accetta il suo amore.

Prese coraggio e uscì dal riparo degli alberi che la separavano dal suo amore. Era decisa, camminava a passo risoluto lasciando che il vento le scompigliasse i lunghi capelli castani.

Arrivò a circa quindici metri prima di accorgersi che Adrien non era solo, la ragazza in questione era seduta sulle sue ginocchia e si lasciava accarezzare dalle mani sublimi del modello.

Non sapeva chi fosse, ne la aveva mai vista troppo in giro, sapeva solo che doveva sparire e lasciarla coniare il suo sogno d'amore.

Jaqueline non si perse d'animo. Continuò nella sua marcia amorosa fino ad arrivare davanti a lui.

I due giovani amanti, troppo occupati a stuzzicarsi e coccolarsi non si accorsero della giovane figura fino a che ella stesa non si presento. Tossicchiò diverse volte:

-Adrien?-

Il ragazzo distolse lo sguardo per un attimo da Marinette: -Sì?-

Jaqueline divenne rosa in faccia in un baleno. Era davvero lui, il suo amato, e le aveva rivolto la parola.

-Ecco…- balbettò.

-Fammi indovinare.- azzardò lui facendo scendere dalle ginocchia Marinette. -Vuoi un autografo.-

Jaqueline soffermò lo sguardo sulla ragazza dai lineamenti asiatici che tanto osava avvicinarsi all'amore della sua vita.

-No.- rispose con tono secco.

Butto con forza un ginocchio a terra, guardando dritto negli occhi un Adrien piuttosto confuso. -Sono qui, in questa fredda giornata di marzo, in questa domenica solitaria, dove neanche Parigi, città dell'amore, pullula di gente. Sono qui per dichiararle il mio amore Signorino Agreste. Sono Jaqueline Dubois e desidero essere suo cavalier servente, ora e per sempre.-

Con gesto teatrale chinò il busto in un inchino porgendo ad Adrien la rosa.

Adrein si voltò prima verso Marinette, imbarazzata, poi verso quella folle che tanto platealmente gli si era dichiarato. -Scusami.- sussurrò a Marinette all'orecchio prima di alzarsi.

Jaqueline non si era mossa, immobile col capo chino, in attesa di una risposta.

-Senti.- cominciò calmo lui in piedi davanti a quella che neanche riusciva a definire una ragazza. -So chi sei, e non so come tu abbia fatto a sapere che sono allergico alle piume. Ma ora, oggi, almeno oggi, lasciami stare. Ho cose ben più importanti da gestire.- disse ammiccando a Marinette, rossa in faccia.

Jaqueline non rispose, la sua determinazione le impediva di accettare un no secco come risposta.

-TI prego alzati!- le ordinò lui con tono seccato.

La ragazza si alzò nel modo più plateale possibile, tenendo sempre il capo chino.

-Jaqueline giusto? Ti prego, te ne prego, vai via.-

-Perché mi chiedete questo?-

-Perché tu non centri nulla con oggi! Con adesso! Vorrei solo starmene qui tranquillo con la mia… “amica”!-

Jaqueline sollevò lo sguardo rigato da una lacrima. Tese il braccio davanti a se porgendo nuovamente la rosa ad Adrien.

-Senti, ragazzina, non so chi tu sia, ma tu non hai idea, non hai la minima idea di quante dichiarazioni d'amore mi arrivino ogni giorno. Da gente mai vista, che mai vedrò e che non sa nulla di me. Sono tutti bravi ad innamorarsi dell'aspetto Jaqueline.-

-Perché rifiuta il mio amore?- La voce di lei era rotta dalle lacrime.

-Perché il tuo non è amore! Non puoi amare un immagine!-

-Io… io so tutto di te… hai perso tua madre, vai da solo quest'anno alle scuole pubbliche, sei un modello, hai partecipato al ballo al grand hotel…-

-Immagine! Tutta immagine!- sbraitò gesticolando Adrien mentendo. -Sarò in grado di amare solo la donna che conoscerà il mio più intimo segreto.- rivelò infine.

-Scoprirò anche quello.-

-No, non lo farai. E sai perché? Perché non lo sa nessuno, nessuno tranne me. E non verrò mai a dirlo a te. Mai! Perché non ti amo. Mettitelo in testa. N-o-n t-i a-m-o.- disse scandendo lettera per lettera.

Il volto di Jaqueline era rigato da calde lacrime, il labbro le tremava e la voce le si rompeva in gola.

Adrien la guardò severamente: -Adesso vattene.-

Jaqueline sostenne ancora per qualche istante il suo sguardo prima di correre via in lacrime.

 

La finestra si aprì mostrando una Parigi spoglia di foglie e persone. Le piccole farfalle bianche iniziarono a fluttare per la stanza come richiamate instancabilmente da quella luce.

-Ah, un giovano cuore spezzato in una fredda giornata. Mai fredda come il cuore di quel ragazzo. Un soggetto perfetto per le mie azioni.-

Paplion richiamò a sé un farfallina, la lasciò gironzolare per qualche istante sul palmo libero prima di chiuderla nell'oscurità delle sue mani. L'energia oscura entrò nella piccola corrompendola.

-Vola mia piccola akuma, e portami i miei premi.-

La ragazza piangeva ancora, nascosta dagli alberi. Si girava tra le mani la rosa stropicciata chiamando con un bisbiglio il suo amato. Sperando che fosse una burla e che da un momento all'altro sarebbe comparso, l'avrebbe presa e portata con se per sempre.

L'akuma entrò nella rosa creando il collegamento con la mente di Paplion.

-Buongiorno Lady Rose. Io sono Paplion. Ti darò il potere di riprenderti ciò che è tuo. Ma in cambio ti chiedo solo un piccolo trofeo.- le immagini dei due Miraculous comparvero nella mente di lei.

-Sarà fatto, Paplion.-

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Capitolo 12
*** cap 12 - furore d'amore ***


La luce oscura la avvolse, i suoi capelli si tinsero di un nero corvino rimanendo sciolti e cadenti sulla schiena, sottilissimi steli di un verde scuro si intrecciarono alle ciocche della chioma prima si coprirsi di spine, la pelle le divenne bianca, quasi trasparente, coperta solo da un lungo abito di foglie scarlatte che le metteva in risalto le curve e dei lunghi stivali simili e fusti intrecciati. La rosa, il dono rifiutato con tanto odio, si bloccò a suo fianco, come un fioretto.
Una risatina scomposta le sfuggì: -Sarai mio, Agreste.-
Tentacoli erbosi sbucarono dal terreno sollevandola. Fiera, eretta su quell'onda di radici richiamava a sé nuovi alleati col suo nuovo potere.
-Arriverò da te solo quando le mie radici mi faranno vedere tutta Parigi. Ogni pianta sarà come i miei occhi. Non esistono nascondigli Adrien Agreste. Il tuo cuore di ghiaccio si spezzerà nella presa delle mie spine, sarai mio.-


La terra tremò lievemente. Gli sguardi dei due si incrociarono carichi di timore.
-Cosa è stato?- Adrien era attaccato saldamente alla panchina.
-Devo andare…- Marinete sembrava non sentirlo, nella sua mente esistevano solo le immagini dei danni di quella leggera ma costante scossa. Le vibrazioni si fecero più violente. -Io, devo assolutamente andare.- ripeté con tono risoluto.
-Marinette no!- il ragazzo stacco la presa salda tentando di fermarla con uno strattone.
Lei si voltò verso di lui con sguardo sbieco. Irrigidì la schiena togliendo le mani del ragazzo dalle sue spalle: -Adrien, DEVO andare.- disse scandendo quanto meglio possibile ogni singola parola.
-Mari… ti assicuro che tra poco arriverà a salvarci.-
Le scosse si fecero sempre più intense mentre a loro insaputa le radici di tutta Parigi venivano richiamate nel sottosuolo li vicino. Il tremolio costante del terreno inquietava entrambi.
-Chi?! Chi arriverà!?- sbraitò lei guardandosi attorno notando le prime crepe nel terreno e vetri rotti, gli allarmi delle macchine iniziarono a suonare con suoni alti e acuti, rendendo difficile comunicare.
Il biondo si mosse di qualche centimetro verso di lei: -Mari.- il suo tono era calmo, rassicurante, quasi impercettibile a causa del frastuono -Ladybug arriverà tra poco. Me lo ha chiesto lei stessa. Voglio che vi vediate. Voglio che TU veda una delle donne più importanti della mia vita.-
-Adrien.- Marinette si alzò di scatto togliendosi dal suo tocco. Le sue doti atletiche le permisero di rimanere in equilibrio nonostante le scosse. Lo guardò negli occhi con sguardo severo -Non verrà nessuno. Non la conosci, starà già gestendo il terremoto. Lasciami andare.-
Tentò di correre via, ancor prima che il ragazzo potesse provare a fermarla. La caviglia le dava ancora fastidio, e il costante movimento sismico non la aiutava.

Adrien sospirò. Plagg uscì allo scoperto da sotto i suoi indumenti. Lo sguardo severo del kwami faceva intendere le parole di lui: -Piano fallito eh?-
Le scosse sembravano iniziare a riassestarsi.
-Su tutta la linea. Mi bastava una conferma, le avesi viste assieme non avrei avuto più dubbi.-
-Bene Casanova, puoi pensare dopo ai tuoi problemi amorosi? C'è un akuma a meno di 50 metri da qui.-
-Lo so. So anche chi è.-
Plagg lo guardò con un misto di pietà e disgusto: -E te ne stai qui? Sapendo che c'è un akuma pronto a distruggere Parigi per prenderti quel maledetto anello?-
Adrien sbuffò. Si sollevò tentando di stare in piedi sul terreno sconnesso. Guardò verso la direzione di fuga di lei, sperando di vederla tornare, sperando di avere una conferma.
Non staccò lo sguardo da quella strada mentre porgeva la mano a Plagg: -Plagg, trasformami.-
Il kwami venne risucchiato dentro il gioiello, e con lui il suo potere. Fulmini verdognoli avvolsero Adrien riempendolo di energia.
Come rinato si alzò in piedi, l'equilibrio felino lo aiutava a rimanere saldamente ancorato al terreno. Incrociò le dita tirando le braccia verso l'alto tentando di stiracchiarsi. -Miaw, è tempo di potare un po' queste piante cattive.-
Saltò con un sol balzo sui tetti li vicini. Da che aveva ottenuto quei poteri le sue abilità fisiche erano aumentate notevolmente. Ladybug lo aspettava sul tetto in silenzio, come una sentinella.
-Non avevi un appuntamento?- ironizzò il gatto appena atterrato appoggiandosi al bastone, il suo sguardo perverso veniva ignorato dalla ragazza.
-Lasciamo stare.- rispose secca lei.
-Oh, l'insettina è irritata?- fece qualche passo verso di lei.
Uno sguardo di fuoco di lei lo incenerì: -Avrei dato oro per andare a quell'appuntamento, ho atteso per mesi quella possibilità e oggi mi è stato offerto molto più di quanto potessi sperare. E per colpa di uno stupido akuma tutte le mie possibilità si sono dissolte.-
Era accovacciata in equilibrio sulle punte, sguardo fisso verso il parco in cerca di attività anomale. Le scosse si erano ormai placate, lasciando solo diverse crepe nel terreno.
Chat Noir si sedette affianco a lei: -Ci tenevi molto?- il suo tono era più comprensivo, più dolce nei confronti dell'amata.
-Più di ogni altra cosa.- un sospiro malinconico accompagnò le sue parole.
I due eroi percepivano lo spostamento di radici sotto la città, cani e gatti da ogni dove lamentavano con guaiti e acuti miagolii la stessa percezione.
-Hey…- Il gatto, timoroso del suo gesto, poggiò una mano sulla spalla di lei.
Rigida, come un fascio di nervi, sussultò spaventata da quell'improvviso tocco. Perse l'equilibrio voltandosi di scatto verso l'amico. Una mano del gatto sulla schiena la salvò nuovamente da una caduta, anche se di pochi centimetri.
-Scusa…- si giustificò lui porgendole l'altra mano per rimettersi in sesto -Non volevo farti spaventare.-
Uno sguardo fulminante di lei lo perforò in mezzo alla fronte come un proiettile.
-Che ho fatto!?- chiese irato per la reazione scontrosa della ragazza.
Scandì le parole una ad una: -Leva, quella, mano, da, lì.-
Lo sguardo felinide del ragazzo cercò saettante l'errore che inconsciamente stava andando a compiere. Ritrasse la mano velocemente, una volta compreso di averla poggiata troppo in basso rispetto alla schina di lei. -Scusi, mia Lady!- arrossendo visibilmente si scostò da lei con uno scatto.\
Ladyug sospirò. -Meglio separarci, aggiriamo l'akuma da entrambi i lati, tu a destra io a sinistra. Ci rincontriamo al centro.-
Chat Noir annuì debolmente, ancora imbarazzato per l'inconveniente: -E una volta lì?-
L'eroina si voltò verso l'amico: -Lo spacchiamo.-
Scomparse fluttuante tra un palazzo e l'altro seguendo alla lettera il suo piano.
-Stupido!- Il gatto si tirò un artigliata in testa -Stupido, stupido, stupido!-
“lascia a dopo le voglie sopite, stupido gatto.”


-È forte!- Ladybug si nascose dietro una macchina ribaltata, affiancata dal compagno. La piazza di Notre Dame era coperta di rovi.
-Complimenti per la precisazione, Houston.- rispose secco il gatto tenendo stretta l'asta tra le mani -Al mio tre, scattiamo ai due lati e proviamo a bloccarla.-
La ragazza annuì, stupita dalla risolutezza del compagno.
-Uno.- cominciò
-Due.-
-TRE!-
Da un lato e dall'altro come fossero in uno specchio si mossero i due eroi tentando di avvicinarsi al bersaglio. Un muro di radici si parò tra loro e l'akuma, ferendoli con le imponenti spine.
Una risata prorompente ruppe l'aria con suo suono acuto: -Non avete speranza “eroi”.-


NdA:
prima volta che scrivo delle note dell'autore. vorrei solo avvertire che so perfettamente che il capitolo non è a livello dei precedenti da nessun punto di vista. ho odiato questo capitolo, nato solo come intercalare per il 13 (pubblicato domani) ma non eliminabile in quanto necessario per la trama. Mi spiace che dopo una tale attesa vi dobbiate beccare questa roba. mi farò perdonare domani. Enjoy.

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Capitolo 13
*** cap 13: lady rose ***


Una frustata spinosa si avvolse alla caviglia di lei.
-Mia lady!- l'urlo del gatto strappò l'aria con violenza.
Ladybug si alzò zoppicante, il rosso del sangue si mimetizzava sulla tuta a pois che la copriva.
“Si possono rompere?” il pensiero le invase la mente mentre il sangue, uscente costantemente dalla ferita, le faceva perdere la concentrazione. Coprì lo squarcio come meglio poté prima di riaffiancarsi al compagno.
-Hai idee?- Il suono perforava l'aria mentre il Micio in tuta nera parava i colpi di frusta spinata con il bastone.
Nascondendo la smorfia di dolore l'eroina scosse la testa: -Niente.-
Le orecchie feline si mossero, percepiva il movimento delle radici nonostante l'altezza. -Da destra!- urlò buttandosi sulla ragazza per salvarla.
Il sangue appiccicoso si attaccò alla tuta di lui. L'odore acre, ferroso della ferita colpì l'olfatto del gatto: -Sei ferita!- strillò con voce più acuta del dovuto.
Ladybug strisciò via da sotto di lui, segnando il suo percorso con una sottile striscia rossa.
-Certo che è ferita.- la voce ironizzante di Lady Rose rivelò la sua presenza vicino ai due -Giocare con voi due è così divertente.-
Il sorriso sadico della ragazza si allargò non appena notò il sangue sull'eroina: -Sembra finalmente che LadyBug sia caduta.- la presenza di Paplion nella mente della ragazza corrotta si percepiva palpabilmente da quelle parola.
Altre radici vennero richiamate al cospetto dell'akuma. La sollevarono in aria lasciando che le pupille minuscole seguissero l'allontanarsi del corpo ferito dalla loro visuale.
-Lady.- Chat Noir parlò con voce bassa, lenta -Vattene a casa.-
L'eroina scattò in piedi con fatica, uno sguardo sbalordito cruciava il suo volto: -Ho combattuto in situazioni peggiori! E anche senza di te. Posso restare.-
Le pupille a fessura del gatto si posarono su di lei con durezza: -Lascia che sia io a combattere solo per una volta.-
Ladybug mosse qualche timoroso passetto verso l'amico. L'akuma li lasciava discutere, divertita dal battibeccare dei due sul bene dell'altro, sapeva che entrambi erano spacciati.
Chat Astrasse l'arma puntandola all'amica: -Vai a casa.- Le parole scandite sillaba per sillaba ferirono l'eroina più delle spine. -Se davvero esiste un potere in grado di ferirci, distruggere le nostre tute non sei in grado di affrontarlo.- continuò il gatto con
tono duro.

Lady Rose assisteva divertita al continuo battibeccare dei due, distratta dal suo amore distrutto.
-Non ti fidi di me?- Sdraiata a terra sanguinante LadyBug alzò lo sguardo triste rivolta a quello severo del gatto.
Chat Noir si avvicinò a lei, usufruendo del tempo lasciatogli dal nemico, la prese per un braccio sollevandola con violenza: -Tu la mente io il braccio.- il suo tono era più simile a un ringhio, i denti affilati luccicavano bagnati dalla saliva.
-Ma il Lucky Charm potrebbe…-
Chat Noir prese l'eroina con entrambe le mani alle spalle -Senti, sei ferita, usa il tuo potere luccicoso a casa, in un altro momento ma non ora. Vattene e curati.-
La ragazza tremava bloccata nella presa di lui, la risata divertita del nemico le rimbombava nella mente. Lo sguardo di lei si fece più duro e risoluto -Solo il mio “potere luccicoso” può purificare gli akuma.- Una smorfia levò l'espressione risoluta dal suo volto, l'odore ferroso del sangue le era arrivato al naso.
-Senti, sei ferita e incazzata, al momento non sei in grado di combattere. Ti prego, vai a casa.- le pupille del gatto si allargarono lievemente divenendo più umane, gli occhi gli luccicavano mentre le bisbigliava le parole. Chat Noir appoggiò una mano sui capelli lisci di lei: -Fallo per insettina.- L'eroe rivolse all'amata uno sguardo perverso e beffardo. -Per una volta, lascia che sia io l'eroe.-
Ladybug si alzò, rivolse all'amico uno sguardo severo: -Promettimi che non morirai.-
Sorrise mostrandole i denti aguzzi: -Cos'è? Non ti fidi di me?-
Lo yo-yo scattò verso il palazzo più vicino aiutando la ragazza a dileguarsi.
Lady Rose scattò in avanti: -Non te ne andrai insetto!-
Nella sua mente un messaggio la bloccò, la voce di Paplion le rimbombò nella testa con violenza: -Ferma! È sempre quella sottospecie di insetto a sconfiggere le mie creature. Se Chat Noir vuole aiutarci lascialo fare.-
Le spine si ritirarono lasciando che L'eroina fluttuasse tra un palazzo e l'altro verso un luogo sicuro.
L'eroe iniziò a far roteare il bastone tra le mani: -Allora, miss pollice verde. A noi due?-

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Capitolo 14
*** cap 14 - stadio 2 ***


Saltava da una radice all'altra sfruttando le spine come rampe o protezioni. Le suole dure sfregavano sulle piante mentre scivolava distruggendo le verdi fibre. Il bastone roteava spezzando le frustate che il nemico gli lanciava contro.
-Tutto qui piantina?-
Attacchi da ogni direzione venivano percepiti dal felino, lasciandoli il tempo di agire.
Lady rose si fiondò su di lui con rabbia protetta da sottili steli coperti da rose appuntite. Da abile spadaccino si mise in posizione attendendo il colpo: la schiera eretta, lo sguardo fiero sollevato, gli occhi socchiusi in uno sguardo di sfida e la mano sinistra chiusa a pugni dietro la schiena.
L'akuma lo attaccò direttamente con le spine, rifiutandosi di estrarre il fioretto che le era stato donato. Il colpo del gatto distrusse le fragili difese nemiche. Una miriade di schegge sfrecciarono verso il volto del felino, ricoprendogli il volto di taglietti. Lady rose rapidamente estrasse il fioretto per proteggersi dall'attacco di bastone dell'eroe. Un ghigno divertito comparve sul volto sfregiato del felino in antitesi col sorriso nato dalla pura rabbia dell'akuma.
-Cosa c'è? Hai finito di voler giocare?-
Le pupille di Ladyrose si ridussero a due insulsi puntini nelle iridi verdi di lei. “Non farti provocare Lady Rose, tu gli sei superiore. Sconfiggilo e prendi il suo miracolus!”
Un grugno maligno comparve sul suo volto irato della lady “Sarà fatto.”
Bloccò il flusso di pensieri a Paplion “Prima faccio fuori il micio, poi mi prendo ciò che è mio.”
-Oh? Sei distratta rosellina?- Chat Noir le scattò di lato senza lasciarle il tempo di nascondersi nel suo flusso di pensieri. Provò a sferrarle un colpo dritto al collo. Come un lampo nella tempesta il fioretto intercettò il colpo, bloccando il feroce colpo infertole. Scagliò spine come dardi contro il nemico sperando di colpirlo. Ogni dardo venne respinto o evitato.
-Troppo lenta.- le sussurrò in un orecchio scattandole alle spalle per balzare su una radice appena spuntata per difenderla. Allungò il bastone colpendola dietro al ginocchio facendola cadere in avanti, una radice la salvò dalla caduta.
-Cosa diamine?- non riusciva a parlare che altri colpi le arrivavano. Il tintinnio continuo del campanello della tuta del gatto si confondeva con quello del deflettere dei dardi di spine. Ogni attacco diretto che le veniva inflitto una nuova radice si alzava in sua difesa, fino a formarle un bozzolo protettivo di pulsanti radici spinate.
 

Crollò sulle ginocchia chiusa nel suo bozzolo verdaceo. La farfalla viola le comparve in volto, sudore freddo e lacrime le si mischiavano in faccia, le mani biancastre si intrecciarono in una presa violenta alle ciocche nere e fusti. Urlava, conscia che Paplion la sentisse anche solo nei suoi pensieri: -Non ho abbastanza potere! È troppo forte! Anche da solo! Come!-
-Lady rose…- La voce dell'uomo era soave, calmante -Come mai sei qui?-
Il respiro irregolare della ragazza le opprimeva i pensieri.
-Per il tuo Adrien.- concluse lui. -Lady Rose, ti ho dato il potere per avere il tuo Adrien-
Le pupille di lei si fecero sempre più piccole. Il labbro inferiore le tremolava. Le mani tenevano a malapena i capelli. Ridacchiava. Una risata isterica.
-Sì Paplion. Mi hai dato il potere. E io lo userò!-
Strinse tra le mani il fioretto. Il bozzolo aprì una fessurina: il sole penetrò come un intenso raggio di luce. Prese tra le mani il suo fioretto, la sua rosa. Il sole colpì lo stocco lucido dell'arma.
-Cresci piccolo akuma, cresci col sole…- il tono isterico le invase la testa.
Il fascio di energia oscura la avvolse nuovamente: -Dammi il tuo potere! Tutto il tuo potere.-
Rigide placche la coprirono come scaglie, i capelli le si fecero radici e foglie, i vestiti le si fusero alla pelle coprendola con poco, il fioretto le si fuse al braccio arrotolandocisi come una serpe attorno al arto. La pelle prese una colorazione più vermiglia, come le foglie autunnali appena cadute.
Il bozzolo si aprì lasciando che la luce solare nutrisse la nuova pianta. Uno sguardo fulmineo intercettò il gatto.
-Siamo cresciute eh?- provò a ironizzare.
Delle spine gli vennero scagliate alla schiena. Il colpo gli tolse il respiro. La tuta lacerata iniziò a impregnarsi di sangue. Con uno spasmo si tirò in piedi usando il bastone come appoggio.
Raffiche di colpi, frustate, dardi, aghi, spine gli vennero inferti in pochi istanti. Lady Rose fece qualche passo in avanti scendendo dal bozzolo, un sorriso maniacale le rigava la faccia.
Come un serpente spinato l'arma le si attorcigliò al braccio irrigidendosi nella mano.
Due fruste spinate bloccarono il gatto per i polsi tagliandogli i guanti.
-Bel micino.- gli sussurrò avvicinandosi al suo orecchio.
Un colpo ben assestato allo stomaco gli impedì di rispondere alla provocazione. Sputò sangue.
“Adesso. Sfilagli l'anello!” la voce di Paplion era assillante nella testa di lei.
“Non ancora, ho penato tanto per bloccarlo qui, ora voglio giocarci.”
Si rigirò l'arma tra le mani. -Vediamo…- iniziò a dire girandogli attorno squadrandolo -Da dove potrei cominciare?-
Chat Noir era a testa bassa, piegato dal peso della sua stessa testa grondante di sangue.
-Magari dalla schiena…- Lady Rose menò un veloce fendente alla schiena del ragazzo tagliandolo lievemente. Un urlo di dolore sfuggì al ragazzo. -Oppure… le gambe.- due profondi tagli gemelli vennero inflitti sui polpacci di lui. Trattenne l'urlo mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare.
-Mia Lady…- sussurrò sputacchiando sangue.
LadyRose si avvicinò al nemico appeso tra le spine: -Cerchi la tua amica gattino? Guarda in giro, i miei sono tutti qui attorno.-
Nuove spine e radici comparvero dal nulla colpendolo ripetutamente su schiena e petto. Un profondo squarcio metteva in mostra i giovani muscoli del ragazzo. Lady Rose fece qualche passo all'indietro, uno sguardo divertito le era stampato in faccia.
-Sai…- La voce di Chat era distorta dal sapore ferroso del sangue. La ragazza si volto a guardarlo, offesa dal fatto che avesse ancora le forze per parlare. -Sai cosa ci permette sempre di vincere?- disse tossicchiando sangue qua e là. Lo sguardo di lei mostrò un'espressione interrogativa.
-Il fatto che i nostri nemici, sono sempre troppo sicuri di sé.-
Chat Noir alzò lo sguardo, un sorriso beffardo, per quanto debole, era padrone del suo volto. I capelli impiastrati di sangue gli coprivano gli occhi verdi come la giada. Chiuso nella mano destra c'era un filo: un filo di un verdino tenue, come le piante appena nate, timide spine comparivano su tutta la lunghezza. Lady rose seguì con lo sguardo il filo, fino a rendersi conto da dove provenisse.
Il sorriso sanguinante del gatto si allargò lasciando che i canini rossi venissero mostrati, le orecchie tremolarono al solo pensiero di cosa stava per accadere.
-Cat-aclisma.-

Il tocco di distruzione fu come la fiamma di innesco di una miccia. Il filò sparì, distrutto, seguito dalla sue fonte, la rosa.
Lady rose urlò. Ingannata da un così stupido gatto.
Il fioretto sparì nel nulla, lasciando la piccola farfalla libera di fuggire.

L'energia oscura si dissolse da Jaqueline lasciandola sul tetto del palazzo svenuta. Le radici giganti scomparvero, segno che il potere dell'akuma era stato sconfitto.
L'aria si spostò di colpo, seguita da un frastuono. Un elicottero televisivo raggiunse il tetto. I medici dell'equip saltarono subito giù intervenendo sulla ragazza. Chat Noir riprese i sensi. Una telecamera era puntata al suo volto, mentre un medico tentava di fasciargli le ferite.
Il tintinnio dell'anello gli ricordò dell'imminente trasformazione. Si alzò a fatica cercando con sguardo stanco il piccolo akuma. La farfallina nera, bloccata dal l'aria schiacciata dall'elicottero, tentava disperatamente di svolazzare verso casa sua.
Il gatto raccolse tutte le sue energie, si tirò in piedi e compì un balzo verso l'akuma catturandolo tra le mani, prima di dileguarsi, ancora sfinito e sanguinante, tra i palazzi dirigendosi verso casa.

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Capitolo 15
*** cap 15 - scoperte ***


Il “toc toc” sulla botola si propagò nel silenzio e nell'oscurità della sua stanza. Alle orecchie di Marinette non era ne più ne meno del rumore intenso e doloroso del suo battito cardiaco. Tikki la guardò nel buio prima di dileguarsi per lasciarli soli. -Vieni micio.- annunciò la ragazza con voce flebile, coscia che i sensi felini di lui gli avrebbero permesso di sentirlo.
La botola si aprì con un leggero cigolio lasciando che la luce smorta del tardo pomeriggio invernale illuminasse la stanza. Chat Noir balzò giù, pesante e poco aggraziato accompagnato da uno spasmo di dolore.
-Ho l'akuma.- bisbigliò con tono rotto dal dolore mentre l'allarme del suo anello gli copriva il flebile suono della voce. Marinette nascosta nell'oscurità annuì lievemente in risposta: -Lo so.-
La ragazza si alzò, zoppicante, muovendo qualche timoroso passo verso l'amico. Lo yo-yo stretto tra le mani pulsava alla presenza di un akuma vicino. Chat Noir, sdraiato a terra in posizione fetale e tremante aprì le mani messe a coppa l'una sull'altra, lasciando che la farfallina nera svolazzasse per la stanza in cerca di un terreno fertile per i suoi poteri.
L'arma della Lady iniziò a roteare nelle sue mani, un fascio circolare di luce bianca illuminò la stanza. Con un colpo di frusta l'akuma venne catturato: “ciao ciao, piccola farfalla.”
Il gatto si tirò su con uno sforzo sedendosi a gambe incrociate, lo sguardo fisso sulla ragazza nascosta nel buio mentre guardava la luce timida entrante, con lo sguardo cercava ancora la farfalla bianca nel cielo grigio parigino, nessun cielo era mai stato tanto grigio nella mente del gatto. Gli occhi, ridotti a due fessure per la luce puntata su di lui, scrutavano la figura dell'eroina senza maschera: il volto ancora bagnato dalle lacrime, il battito cardiaco irregolare, la caviglia ancora ferita, l'odore di sangue presente in tutta la stanza, i grandi occhi color cielo.
Chat Noir sospirò, nella sua mente la natura di quel sospiro era sconosciuta: delusione forse, dolore, amareggiamento, sospirò e basta, senza voler mostrare particolari suoi pensieri. -Forse è meglio che io vada.- annunciò con un tono rammaricato.
Marinette si mosse di scatto verso di lui distogliendo lo sguardo al cielo: -Ancora un attimo, non ho finito.-
La mano libera dall'arma, tremante, chiusa a pugno, nascondeva a suo interno qualcosa.
-Miraculous Ladybug?- chiese ironicamente il gatto ridacchiando.
Marinette annuì, muovendo qualche passo verso di lui. -Dopo essermene andata- cominciò -ho usato il Lucky Charm, speravo mi desse qualcosa di speciale, di potente che potessi usare per tornare da te e sconfiggere insieme l'akuma.- I leggeri singhiozzi le impedivano di parlare fluentemente.
-Ma?- chiese Chat aiutandola a riordinare le idee. L'allarme dell'anello non era diventato che un sussurro nelle loro orecchie.
-Ma mi diede questo.- La ragazza aprì il pugno cadendo sulle ginocchia inondata dalla luce. Il capo chino, le mani tese verso l'amico quasi in segno di preghiera e singhiozzi furono lo spettacolo offerto al gatto. Nelle mani poco stabili lei capeggiava una garza rossa a pois neri. -Il mio potere, Ladybug, Tikki, o non so cos'altro non voleva che io combattessi al tuo fianco. Ovunque mi voltassi non c'era nulla che potesse interagire con sinergia con le bende, fino a che non ho visto te, combattere. Il tuo sangue, le tue ferite, è vedendo quelle che il mio potere ha palpitato, lì ho capito.-
Prese a singhiozzare rumorosamente, i capelli sciolti le si attaccavano al volto appiccicoso.
-Hei, Hei. Tranquilla.- provava a dirle il gatto avvicinandosi a lei. La mano di lui provò a cercare un contatto con lei, le ferite ai polsi gli avevano ricoperto il guanto di sangue. -Mari…- sussurrò sfiorandola sotto all'occhio per prenderle una lacrima. Un segno rosso marchiò il volto di lei.
L'odore ferroso del sangue le arrivò violento addosso, alzo lo sguardo verso di lui, spaventato e rattristato per l'aver imbrattato il volto dell'amata. La ragazza passò con una mano sulla macchietta di sangue pulendosi. -Fammi vedere le ferite.- il tono era duro.
Chat Noir mosse la testa in segno di dissenso.
-Chat!- urlò lei irritata -Fammi vedere quelle ferite! Sono qui per questo!- concluse alludendo alla garza.
Il gatto sospirò: -La schiena, i polpacci, le caviglie e i polsi sono i più feriti, ma credo di avere spine ovunque.- disse infine con voce bassa e tono arreso.
Marinette si avvicinò a lui, ancora seduto in ginocchio: -Cominciamo dalla schiena…-
-Mari…- La ragazza si voltò verso il gatto chiedendogli con lo sguardo cosa volesse. -Puoi chiudere la botola e accendere la luce?- Lei annuì alzandosi.
La luce gialla della lampada irradiò la stanza rendendola quasi più accogliente e calda. Le pupille del gatto divennero una fessura per un attimo, tornando poi dei tondini. Marinette osservò le ferite che la luce le permise di vedere meglio, altre lacrime bagnarono il suo volto: -Fossi rimasta con te non saresti in questo stato…-
Il gatto la fissò: -No, peggio, saremmo entrambi così, e saremmo stati sconfitti.-
Merinette mosse qualche incerto passo zoppicante verso il ragazzo, ponendosi alle sue spalle. L'allarme dell'anello cessò avvolgendo il ragazzo tra fulmini verdastri togliendogli la tuta e la maschera. Plagg si dileguò all'istante, lasciandoli soli.
La camicia era squarciata sulla schiena, la maglietta era in brandelli e i pantaloni erano stati tagliati ad altezza ginocchio. Marinette continuava a deglutire per strozzare i singhiozzi: -Mi dispiace.- continuava a ripetere. -Non è colpa tua.- le veniva risposto ogni volta. Non poteva ancora guardarlo in faccia ma sapeva che anch'egli stava piangendo silenziosamente.
-La spalla fa male?- chiese con un sussurro.
-Un po'.-
-Posso spostare un pochino la camicia? Devo vedere cosa hai…- Rossore le comparve sul volto immaginando la scena di lui spogliato lentamente.
Adrien sorrise, invisibile a lei: -Aspetta.- annunciò.
Dolorante e con movimenti calcolati al centimetro si tolse la camicia e strappò via gli ultimi brandelli di maglietta ancora attaccati: -Meglio?- chiese ridacchiando.
Marinette arrossì violentemente all'improvviso: -Sì.- bisbigliò provando a sfiorare la schiena nuda e perfetta del ragazzo. Un ghigno di dolore uscì dalla bocca di Adrien. -Scusa.- sussurrò un'ultima volta chinando il capo. -Non è nulla- rispose, -fa solo male.-
La ragazza prese la garza stretta tra le dita: -Comincio.- annunciò sussurrandoglielo all'orecchio.
La benda miracolosa iniziò ad avvolgere guidata dalla mano di lei la schiena e la spalla del ragazzo.
Un sussulto di godimento scappò al ragazzo. Imbarazzata chiese: -Tutto bene?-
Adrien annuì: -Sento le ferite guarire in un istante, è bellissimo.-
Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Marinette. Adrien tiro in dietro la testa, percorso da un nuovo vigore ed energia. La ragazza sbirciò il volto godereccio di lui: la bocca semi aperta, gli occhi chiusi, le gote arrossate.
Le ferite sulla schiena scomparvero senza lasciare traccia. La pelle di Adrien iniziò riprendere colore, abbandonando la tonalità cadaverica.
Ridacchiò. Una risata allegra, spensierata. Marinette incrociò brevemente il suo sguardo divertito, arrossendo all'istante.
-Sei fantastica, Mia Lady.-
Il rossore sulle gote di lei aumentò. Un'ondata di calore divampò su tutto il suo corpo. -Tutto a posto?- chiese lui, notando l'improvviso calore. La ragazza annuì bisbigliando un segno di assenso.
Le garze stavano compiendo il loro effetto guaritore sulla schiena e le spalle del ragazzo.
-Sicura?- la voce vibrò per l'improvviso per uno spasmo di piacere.
Marinette sorrise: -Sicura.- rispose con tono gentile.
-Sento le forze che mi tornano. Non sono neanche guarito del tutto e già mi sento rinato.-
Seduto a gambe incrociate prese a dondolare lievemente avanti e in dietro ritmicamente, un leggero sorrisino felino gli marcava le faccia. Marinette era alle sue spalle, rapita dalla visione dei capelli biondi ondeggianti o della risanata e lucida schiena. -Adrien…- sussurrò sperando quasi di non essere sentita.
-Si?- rispose lui allegro tirandosi in dietro per guardarla negli occhi.
Il cuore le batteva a mille, per la prima volta si guardavano negli occhi consci delle loro identità, dell'amore provato l'uno per l'altra. Non sapeva cosa rispondere, mille possibili parole scomposte si affollarono nella mente di lei: “Sei bello.” “Ti amo.” “Baciami.” “Abbracciami.” nessuna sovrastava nessun'altra frase lasciandola muta a inghiottire aria.
Adrien le sorrise come sempre: -Sono sempre io… Chat… Non avere timore di me.- si lasciò cadere all'indietro nel suo dondolio atterrando dolcemente sulle gambe di lei. L'odore di sangue permeava ancora la stanza e i loro vestiti a causa delle ferite ancora aperte. -Troppo impulsivo?- le chiese Adrien notando il suo sguardo stupito puntato agli occhi di lui. Il ragazzo mugolò per il dolore tirandosi su dal caldo giaciglio che erano le gambe di lei. Rapidamente, con un gesto impulsivo, gli prese le spalle, tirandolo giù nuovamente. -Lascia che ti guarisca i polsi.- Le sue piccole ani si staccarono dal corpo del ragazzo intrecciandosi ai capelli dorati di lui.
Il ragazzo le porse i polsi, una goccia di sangue gli colò sul braccio da poco sotto il dorso della mano. Ammanettandolo gli cinse entrambi i polsi con la garza miracolosa, legandolo in quella situazione quasi fatata. Il cuore di lei batteva quasi dolendole nel petto.
-Non avere paura.- le bisbigliava -Mi stai aiutando molto.-
Gli occhi di Adrien si poggiavano su di lei teneramente, come se i due avessero ancora i costumi a nasconderli, a proteggerli dalle loro paure e sentimenti.
Con un gesto deciso Marinette recise la garza che costringeva le mani di lui come manette.
Uno sguardo distrutto le sfuggi e subito venne colto dal ragazzo.
Rinvigorito dal potere miracoloso della compagna provò a muovere una mano verso di lei, il dolore era sparito. Come poche ore prima sulla panchina una ciocca le venne spostata dolcemente.
-Hey…-
Distolse rapidamente lo sguardo, non voleva che la vedesse.
-Mari…- il suo bisbiglio aveva tono caloroso, voeeva metterla a suo agio. Non ci riusciva.
-Non chiamarmi così.- rispose lei secca.
I grandi occhi verdi incrociarono quelli color cielo. -Perché non posso neanche chiamarti ora?-
La sfumatura scocciata del suo tono la rattristò ulteriormente: -Non dovresti neanche essere qui.-
Il tono tremante era in linea con i suoi lievi movimenti maldestri.
-Ancora con questa cosa? Mi stai salvando ora-
Il no secco della ragazza lo interruppe. -Tu non dovresti sapere, e io neanche.-
Adrien si lasciò cadere sulla schiena risanata, usando la mano come cuscino: -Non ti capisco.-
Le sembrava davvero di parlare con Chat Noir, stesse movenze, stessi pensieri, eppure davanti a lei c'era Adrien.
-Vuoi che ti curi anche le gambe?-
Il ragazzo sollevò una mano mostrando il pollice alzato.
I pensieri erano confusi: da che entrò nella sua vita sperò di avere tale rapporto con Adrien, ma ora che aveva scoperto di averlo lo sentiva come non giusto.
Un intenso rossore e calore le invase il volto mentre le mani si avvicinavano lentamente ai pantaloni per toglierli. Sentì lo spasmo del ragazzo non appena lo toccò alla cintola.
Con un doloroso scatto Adrien si allontanò, il rossore delle gote e il respiro affannoso erano chiari segni del suoi pensieri: -Bastava chiedere che me li togliessi.-
Marinette prese a sbattere gli occhi rapidamente sbiascicando delle scuse.
-Meglio, se vado da solo a medicarmi le gambe, che dici?- La ragazza annuì guardandolo strisciare faticosamente verso un punto appartato dell'attico.
Sì voltò lasciandogli la sua privacy. Sola con i suoi turbinosi pensieri, immagini di Chat Noir si sovrapponevano a quelle di Adiren e viceversa. “Per quanto ho amato la persona che rifiutavo? E positivo tutto questo? Andava tutto così bene prima...”
Il flusso di pensieri era così intenso da impedirle di sentire i passi felini di Adrien alle sue spalle. Le mani rinvigorite di lui si poggiarono sui suoi fianchi facendola sobbalzare.
Il dolore alla caviglia le impedì di rimanere in piedi dopo lo spavento, crollando tra le braccia pronte di lui.
-Se hai finito dammi le bende, devo concludere il mio lavoro.- disse guardandolo negli occhi mentre le parole le uscivano dalla bocca come fosse un robottino.
-No.- rispose avvicinando il volto al suo -Tocca a te.-
Con un rapido gesto Adrien poggiò la ragazza a terra sollevandole i bordi dei pantaloni insanguinati. Strappò le bende dalle sue gambe per poggiarle sulla caviglia di lei.
-Adrien…- Una strana sensazione la invase chiamandolo per nome in quella situazione -Non ce ne è bisogno.-
Il ragazzo sollevò lo sguardo puntandolo al volto di lei con un sorriso sincero; avvicinò il volto al suo accarezzandole i fianchi: -Sì invece, mia lady.- le bisbigliò concludendo il suo lavoro.
Un'ondata di adrenalina la invase facendola sentire per un istante in sintonia col mondo.
-Capisci perché ansimavo?- le chiese guardando ironicamente l'espressione godereccia e rossastra di lei.
Marinette annuì, buttando il capo all'indietro, frustando l'aria con i capelli ancora umidicci per il pianto. Il ragazzo gatto le tolse le bende, strappandole quella sensazione di benessere innato che la stava avvolgendo. Muovendo il volto a scatti cercava la
benda che era in grado di darle tanta gioia. Adrien la guardava intensamente sorridendole, gli occhi stretti e compassionevoli la mangiavano con lo sguardo. Con uno scatto in avanti il ragazzo si fiondò al collo di lei come mille altre volte aveva fatto in altre occasioni e con altri costumi. L'abbraccio la distolse dalla ricerca di quella che in qualche istante era divenuta la sua droga. Le lunghe braccia di Adrien la cingevano dai fianchi fino alle scapole impedendole ogni movimento col busto che non fosse il ricambiare la coccola. Titubante posò le mani sui fianchi ancora nudi di lui cercando di non sfiorare ferite ancora non guarite del tutto. Le mani la strinsero con più forza al petto di lui. Un lungo caldo abbraccio li intrappolò per un tempo che sembrava eterno, realizzando in un attimo tutti i loro sogni.

-Non posso credere di averti avuta così vicina per tutto questo tempo.-
Le bisbigliò con voce rotta dalla gioia. Ricambiando l'abbraccio Marinette socchiuse gli occhi umidi.
-Cosa non va mia lady?- chiese il gatto allontanandola un po' da sé per guardarle il volto nuovamente disperato.
Marinette prese un lungo respiro, non voleva essere interrotta nel suo discorso:
-Sarò rapida perché devo concludere il mio lavoro.- incominciò
-Non posso credere che sia tu. Sei così diverso dal Chat Noir che conosco, così chiuso, così inesperto. Ho condiviso tanto con Chat Noir, da quanto ormai? Un anno? Siamo cresciuti assieme come eroi, abbiamo salvato questa città nonostante la
giovane età. Ho lottato costantemente nella mia testa per reprimere i sentimenti per “te” mentre combattevo o eri minacciato, e non sempre ci sono riuscita. Chat Noir è stato la mia spalla su cui piangere quando non riuscivo neanche a parlare con “te” presente. Sai fin troppo di me, se davvero tu sei il gatto che con me ha salvato questa città allora sai troppo di me, sono troppo vulnerabile sotto i tuoi colpi o i tuoi pensieri. Conosci le mie debolezze con o senza maschera e questa mi strugge. Avrei potuto evitare tutto ciò, accettando le tue avanche e rivelandomi a te in maniera meno violenta che questa. Non so ora cosa mi abbia spinto ad accettare questa situazione e a mostrarti il mio volto scoperto però…-

Il volto di lui si allungò cercando di strapparle la fine di quella frase. -Però non mi dispiace così tanto in fondo. Il mio migliore amico è anche colui per cui ho una cotta, anche se non lo sapevo., non è così male in fondo.-
Una risatina isterica accompagnava le sue parole dette con tono delirante. -Nel senso, al momento non so neanche se sto parlando con Chat Noir o con il magnifico Adiren Agreste…
Però, però, qualcosa ha voluto che tu mi vedessi senza maschera, che tu venissi spogliato della tua indentità difronte a me. Qualcosa ha voluto che noi sapessimo di “noi”. Destino forse, o i nostri poteri direttamente. Si può davvero parlare di destino in una situazione come la nostra? Ragazzi scelti tra tanti nel mondo per indossare gioielli magici. Ragazzi! Siamo giovani… siamo giovani per sopportare tutte queste responsabilità e tutti i nostri problemi privati. Ho combattuto più volte con me stessa per ottenere il tuo amore che contro Akuma o criminali e ora sei qui affianco a me a guardarmi senza capire se sia pazza o cosa…- Marinette mosse qualche passo incerto verso di lui, appoggiò con decisione la schiena al muro lasciandosi cadere affianco al ragazzo. Strinse le ginocchia con le braccia appoggiandoci sopra il mento. Non osava né guardarlo né toccarlo, ancora mezzo nudo, con i boxer insanguinati e lievemente lacerati.
-In questo momento vorrei che Chat fosse qui a consolarmi…- rivelò con un sussurro affondando la testa tra le ginocchia sperando di poter sparire in un puff.
-Forse è meglio che questo casino venga risolto prima che il grande Chat Noir faccia la sua comparsa.- il ragazzo le porse le bende insanguinate a pois con un sorriso.
Il volto umidiccio accettò il pegno senza mostrarsi all'ospite.
-Miracolus Ladybug- bisbigliò Marinette singhiozzando.
Il potere della creazione scaturì violentemente dalle mani della ragazza espandendosi ripidamente in tutta la città: le radici tornarono alla loro forma originale, le crepe vennero riparate, i palazzi ricreati. Una leggera scossa percorse Parigi mentre tutto tornava alla normalità.
Adrien chinò il capo mentre l'energia dell'eroina lo avvolgeva donandogli nuovi abiti.
-Sei sempre incredibile, mia lady.
I due sguardi si incrociarono rapidamente, lasciando che gli occhi color giada si riflettessero ancora una volta in quelli azzurri di lei. -Avrei dovuto capirlo da quegli occhi.- si colpevolizzò Adrien alzando lo sguardo al soffitto.
-Ho sempre avuto un interesse per Ladybug, anzi… più che per lei per quello che sta dietro di lei, tu dici che è troppo, ma lo hai affrontato mille volte e col cuore in subbuglio. Sono stato salvato da te milioni di volte. Tutto grazie al tuo fare strategie, al pensare ogni evenienza, al capire sempre come usare i tuoi doni. Fin dal primo istante ho amato non tanto la tua figura di super eroina ma te. Ho amato te, come persona, per quanto non sapessi chi si nascondesse sotto la maschera, io ti amavo.-
Marinette guardava il volto del ragazzo marcato da un sorriso quasi irreale, gli occhi socchiusi rivolti al cielo rendevano la sua figura quasi angelica.
-Effettivamente, avrei dovuto capirlo subito, solo una ragazza straordinaria come te poteva essere LadyBug.-
-Non sono straordinaria.- mugolò lei.
Adrien si volse di scatto poggiandole le mani sulle spalle bloccandola al muro: -Cosa?!
Marinette devo ricordarti di quando hai confezionato in meno di 24 ore due abiti per me?-
-È facile se il tuo committente è un famoso modello parigino! Avevo già tutti i carta modelli su misura per te… ho solo dovuto cucire e tagliare.-
adrien strinse le dita sulle spalle di lei: -No! Hai ideato quei modelli, li hai pensati, mi hai chiesto le stoffe hai tagliato minuziosamente, non è normale fare una cosa del genere mia lady, non è normale.-
Marinette tremava stretta contro il muro dalla forte presa del ragazzo, gli occhi timorosi incrociarono quelli di giada di lui. Adrien mollò la presa istantaneamente: -Non volevo spaventarti.- bisbigliò ritirandosi.
Marinette scattò in avanti buttando la testa sul petto di lui, caddero insieme sulla schiena appena risanata del ragazzo. La ragazza stringeva con forza la camicia del ragazzo quasi strappandogliela: -Non lasciarmi.- bisbigliava tra le lacrime.
Il respiro di Adrien si fece irregolare mentre la ragazza si accoccolava sul suo petto usandolo come cuscino. Mosse una mano con timore verso i capelli ancora sciolti della ragazza. Il potere di poco prima non aveva cancellato anche le lacrime piante. Fece passare la mano tra i capelli corvini dai riflessi blu lasciando che i nodi si incastrassero tra le dita.
-Mai.- sussurrò.

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Capitolo 16
*** cap 16 - Consci di loro ***


I due kwami entrarono silenziosi nella stanza. Entrambi i ragazzi dormivano accoccolati l'una sull'altro, i respiri tranquilli e sincronizzati.

Plagg fluttuò lentamente verso il padrone del miracolus del gatto. Adrien aprì lievemente un occhio: -Non si usa più bussare?- ironizzò sbiascicando parole poco pensate verso l'esserino nero fluttuante di fronte a lui.

Tikki si avvicinò scattante al ragazzo: -Sta bene?- chiese alludendo a Marinette ancora addormentata sul petto di lui. Adrien annuì accarezzandole i capelli finalmente asciutti. Un sorriso leggero gli marcava il volto. Strinse tra le braccia il corpo semi inerme della ragazza in una coccola. Marinette si divincolo svogliata svegliandosi all'improvviso dal sonno profondo. Sbatte diverse volte le palpedre prima di rendersi conto di dove fosse con chi e come mai; il primo gesto fu quello di allontanarsi velocemente, ma la stretta di lui le impediva di andarsene. Adrien la strinse a sé con più forza, impedendole di divincolarsi, continuava ad accarezzarla come per comunicarle che andava tutto bene. Il ragazzo continuava a stringera a sé come per proteggerla da un nemico invisibile.

-Scusate se vi interrompo piccioncini ma Nathalie ti sta cercando disperata. Se tuo padre scopre che sei sparito per lei è finita.- la voce di Plagg era pungente con una sfumatura di supponenza.

Adrien rispose con un occhiata torva al kwami: -Che ore sono?-

-Quasi l'una di notte.- rispose secco lui girandogli attorno al volto.

Marinette ancora addormentata non si rese conto della notizia, continuando a sonnecchiare tra le braccia del ragazzo.

Adrien sospirò con far di resa: -Torniamo a casa, diremo che non riuscivo a dormire e che sono andato a fare un giro al parco e ho perso la cognizione del tempo, fa notte troppo presto a marzo.-

Il kwami annuì nascondendosi sotto la camicia del padrone: -Hey! Ma io ho fame!- urlò da sotto il nascondiglio.

-A casa Plagg.-

-Non sperare che ti ci riporti io a casa.- rispose scattando fuori dalla sua tana favorita.

-Allora niente pappa, decidi gatto molesto.-

Plagg roteò gli occhi in segno di fastidio: -Va bene, ma niente cataclisma, non credo di farcela.-

Adrien annuì, mosse leggermente le gambe tentando di spostare la ragazza, saldamente ancorata a lui. -Non andare.- sussurrò svegliandosi.

Adrien si lasciò cadere nuovamente al muro: -Devo, non vorrei ma devo.-

La ragazza si fiondò sul suo petto: -No.-

Adrien le prese il volto tra le mani: -Non posso far licenziare Nathalie.- replicò con un largo sorriso -E poi non credo che i tuoi genitori siano così felici di trovarmi in camera tua con te addosso.- continuò ridacchiando.

Marinette si staccò dal caldo corpo di lui comprendendo quanto lui volesse intendere nonostante la mente ancora non sveglia: -Erano usciti a cena, non so se siano già tornati.-

-Meglio non fargli trovare sorprese, no?- ironizzò lui.

-No…- il tono mogio di lei segnava la sua resa difronte ai fatti.

Adrien si tirò in piedi con uno scatto e si stiracchiò vistosamente. I muscoli della schiena e del collo si tesero sotto lo sforzo vibrando lievemente, le lunghe mani si chiusero e aprirono diverse volte intrecciansi nei modi più disparati mentre il ragazzo manteneva l'equilibrio sulle punte. La camicia bianca e la maglia nera si sollevarono seguendo il movimento delle spalle tirate verso l'alto, mostrando un leggerissimo segno di tartaruga addominale sulla pelle scoperta. Marinette affascinata non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, mentre il rossore abbituale faceva la sua comparsa.

Adrien ridacchiò accorgendosene. -Meglio se vado.- annunciò finito lo stiracchiamento.

Marientte, ancora a terra intontita, alzò lo sguardo: -Mi prometti tornerai?-

-Ora che ti ho trovato?- rispose ridendo fragorosamente. Marinette lo guardò sbieco senza capire il significato della risata, si tirò faticosamente in piedi senza staccargli gli occhi di dosso. Adrien scattò in avanti stringendole il collo con le braccia -Ora che ti ho trovato nulla ti toglierà più da me. Nulla.-

Marinette titubante rispose all'abbraccio stringendo l'esile corpo sul suo. I due Kwami fluttuavano nella stanza aspettando i comodi dei compagni: l'uno infastidito dal troppo amore l'altra intenerita da esso.

Adrien staccò di scatto il braccio destro dalla ragazza tendendolo nel vuoto, l'altro saldamente attaccato a lei: -Plagg! Trasformami.-

Il kwami venne risucchiato nell'anello avvolgendo il ragazzo di piccole forme di energia dal colore verdognolo.

Marinette si stacco da lui sorridendogli: -Chat…- la mente ella ragazza lenamente iniziava a rendersi conto della duplice identità del ragazzo.

Il gatto inclinò la testa curioso: -Sì?- La voce di lui fece uscire Marientte dal turbine dei suoi pensieri, lasciandola stordita per qualche istante. -Vuoi chiedermi qualcosa?-

La ragazza annuì scavando nella sua mente una qualunque domanda che impedisse all'eroe di allontanarsi.

-Come mi hai trovato ieri?- annunciò infine lei stessa insicura delle parole appena pronunciate.

Il gatto sorrise ridacchiando mostrando i denti affilati: -È da ballo che avevo dei dubbi se eri o meno te la ragazza che si nascondeva dietro la figura della grande Ladybug. Quella sera ti riportai qui e comparve Tikki, non mi disse esplicitamente che eri tu, o cose simili, ma da quel moento la mia mente ha iniziato a cavalcare fantasticando. Quanto poi ti invitai fuori desideravo che tu incontrassi Ladybug proprio per avere una prova. Tutto nella mia mente era così ovvio eppure così incerto. Alla fine nel momento del bisogno mi sono spinto qui, non so se in quel momento la mia mente abbia capito, o accettato, il tuo segreto ma in ogni caso volevo venire da te. Mi sei sempre stata vicina sia da Chat Noir sia come Adrien, sapevo di poter contare su di te anche questa volta. Il fatto che mi sentissi pronto a rivelare proprio a te la mia identità credo fosse legato proprio ai dubbi sulla tua.-

Marientte continuava ad annuire senza staccare gli occhi da lui, non si aspettava una risposta tanto profonda ad una domanda tanto banale.

-E tu? Come sapevi sarei arrivato qui? Come Ladybug potevi metterti ovunque per curarmi, invece hai deciso di tornare proprio qui.-

Marinette prese a mordersi un labbro nervosamente, pensò un attimo a come spiegare la situazione confusa che aveva in testa e scava in cerca di una risposta che neanche lei aveva: -Innanzitutto: ero spaventata, sono scappata nel posto più rassicurante che mi veniva in mente iniziando poi a sperare per il meglio. Sapevo che Chat Noir mi avrebbe trovato. Non sapevo come, anche se so che hai olfatto, vista, udito e istinto animaleschi quindi ero certa saresti arrivato da qualche parte magari seguendo l'odore di Ladybug. Non so come fossi certa che saresti comparso da quella botola… eppure lo ero e ti ho aspettata in silenzio pronta ad aiutarti. Dopo il Lucky Charm il potere di Tikki si è affievolito fino a sparire. Si è sforzata di lasciarmi lo yo-yo e le bende ma le è costato molto. Ha insistito per mantenere attivo anche lo yo-yo a lungo, sapeva che non avresti fallito la missione. Nonostante tutto, sono felice che tu mi abbia trovata. Mi mancava il tuo profumo...- lasciò che l'ultima frase le sfuggisse in un sussurro.

Lui le sorrise facendo scoccare la coda in aria: -D'ora in poi saprò sempre dove trovarti, non sarai mai più sola.- il sorriso felino di lui la inondava con la sua bellezza -Ci vediamo domani a scuola?- le chiese.

-Sicuro.- rispose lei con un sorriso. -Ti accompagno sopra.- concluse avviandosi alla botola.

Marinette tentò di aprire la botola facendo il minor rumore possibile; non appena sentì che il passaggio era aperto fece segno al gatto di iniziare a salire. Chat si inchinò profondamente socchiudendo gli occhi: -Dopo di lei.- con un ridacchio la ragazza si avviò sulle scale. -Ti aspetto.- gli sussurrò superandolo. Tikki svolazzava al fianco di lui con occhio torvo. Il Kwami colpì il ragazzo alla testa una volta compreso l'obbiettivo della sua gentilezza. -Potresti evitare?- sussurrò il piccolo essere al ragazzo sperando che la compagna non la sentisse. Chat alzò le spalle cercando di scacciarla: -Che c'è! Anche l'occhio vuole la sua parte… lei mi ha visto praticamente nudo!- rispose sullo stesso tono del Kwami. Tikki lo colpì nuovamente: -Questo non ti da il permesso di scrutarla così!-

Del rossore comparve sul volto della ragazza mentre ascoltava i discorsi dei due inutilmente bisbigliati.

-Lascialo stare Tikki.- Disse lei interrompendo la discussione. -Non stava facendo nulla di male.- il rossore si fece più intenso al solo pensiero di cosa potesse passare per la testa del ragazzo.

Il Kwami le scattò affianco poggiandosi offesa sulla spalla di lei. -Non dovrebbe.-

-Tranquilla piccola, non vuole farmi del male.- Marinette si voltò guardandolo negli occhi. Sorrise lievemnte mentre il rossore compariva anche sulle gote di lui. Marinette si sporse dalla botola ponendogli una mano a cui aggrapparsi. Il gatto le balzo affianco senza fatica quasi canzonandola.

Chat le appoggiò una mano sul fianco avvicinandosi a lei, quasi in segno di scuse per il gesto dell'attimo prima: -Meglio se vado davvero.-

Marinette lo canzonò: -è già la terza volta che lo dici.-

-Giusto, giusto.- Il gatto mosse qualche passo verso la ringhiera del terrazzino. Si voltò di scatto a guardare la ragazza: -Tikki.-

Il Kwami lo guardò un attimo prima di scostare lo sguardo offeso con le braccine incrociate: -Mh?-

-Puoi lasciarmi un attimo solo con la tua compagna?-

Quella ringhiò qualche parola sconnessa sbuffando prima di sparire nella stanza di lei.

Il ragazzo colmò la distanza tra loro con un solo lungo passo. La notte era particolarmente buia quella sera, sapeva che la ragazza non poteva vederlo tanto bene quanto lui vedeva lei. Strinse i fianchi di lei abbastanza da far si che gli artigli le sfiorassero la schiena. Avvicinò il volto a quello di lei, lasciando che le due fronti si sfiorassero. Strusciò appena il volto su quello di lui mentre un sorrisino ebete gli segnava la faccia.

-Cosa vuoi gattino?- chiese con tono intenerito dai comportamenti di lui.

Il ragazzo ridacchiò come sempre. -Mi chiami sempre gattino quando mi vedi in questa forma e non sei Ladybug.-

-Come dovrei chiamarti se no? Sei un gattino, quindi ti chiamo gattino, no?-

-Io sono un macho gatto!- ironizzò lui in risposta.

-Un macho gatto?! Cosa diamine significa?-

Chat Noir rispose alla provocazione rapidamente. Poggiò le sue labbra su quelle della ragazza artigliandole la schiena così da spingerla a sé. Come al bacio precedente gli occhi di Marinette si dilatarono in risposta al gesto così improvviso del gatto. Sì rilassò qualche istante dopo, socchiudendo gli occhi e lasciandosi stringere in quella fredda notte parigina.

Il gatto staccò le labbra umide da quelle di lei, ancora intontita per l'azione di lui. -Questo.-

-Ah… allora mi piace che tu sia un macho gatto.-

-Non è la prima volta che ti bacio.- le ricordò lui con una risata.

-Neanche io.- rispose lei ammiccando.

-Cosa? Guarda che quello dell'ultima volta non vale, ti ho baciato io.- giustificò lui senza capire.

-Appunto gatto. Ci sono molte cose che non sai.- disse lei ridendo mentre si liberava dall'abbraccio di lui.

-Ma…-

La ragazza si appoggiò alla ringhiera lasciando che l'aria fredda le passasse tra i capelli. -Non dovevi andare?-

Il ragazzo ridacchiò alla provocazione di lei: -Sì, stavolta sì.-

Chat Noir saltò sulla ringhiera del terrazzino, si voltò un attimo verso la ragazza, le sorrise ampiamente, invisibile nella notte, prima di sparire nel buio.

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Capitolo 17
*** cap 17 - notte fredda nell'inverno parigino ***


Marinette si buttò sul letto. Aveva provato a rimanere sulla terrazza a cercar di seguire il gatto con lo sguardo ma la forza del freddo invernale e della stanchezza la costrinsero a ritirarsi.

Affondò la testa nel cuscino soffocando le prime lacrime di gioia dopo molto tempo. I piedi scalciavano l'aria in impeti di gioia mentre i denti stringevano nella loro morsa il povero cuscino per soffocare gli urletti acuti.

Tikki le si materializzo affianco: -Cucciola?-

-Tikki!- urlò lei con voce particolarmente acuta -Tikki è lui!-

Il kwami le si avvicinò fluttuante: -Abbassa la voce, i tuoi sono tornati poco fa.- sembrava non comprenere la gioia della ragazza.

-Tikki tu non capisci!- rispose urlacchiando e sollevando il busto dal letto.

Il piccolo Kwami sbuffo abbassando lo sguardo sconsolato: -So bene invece, da molto prima di te.-

Marinette si alzò di scatto sedendosi sul bordo del letto tentando di rimanere ferma e non cedere al nervosismo o all'eccitazione: -Che intendi?- il tono di lei divenne d'improvviso più cupo.

-Io Plagg abbiamo parlato diverse volte. Dal ballo in poi.- il tono della Kwami era uno specchio di quello della padrona.

-Il ballo?!- la interruppe lei.

-Sì, il ballo. Sembra tutto legato a quel ballo… Io e Plagg ci siamo visti li. Adrien ti ha aiutata a tornare a casa. Da lì sono nati i suoi dubbi.-

-Ma quindi tu lo sapevi…- la voce della ragazza era un misto tra il deluso e l'arrabbiato.

-Dovevo proteggerti Marinette!- la vocina acuta di Tikki perforava la mente della ragazza, oltre che i suoi timpani.

-Da cosa? Dal mio amore?- sbottò lei alzandosi nervosamente e coprendo le distanze tra un muro e l'altro con lunghi passi.

-No Marinette. Se avessimo voluto che voi due vi conosceste non credi lo avremmo fatto subito? È successo e ok, oramai è fatta, ma avremmo preferito evitare.-

Il volto della ragazza mostro un'espressione interrogativa rivolta all'esserino.

-Accaddero delle cose in passato. Cose che io e gli altri vorremmo evitare riaccadessero.-

lo sguardo della ragazza era oramai puntato sul Kwami: -Che cose?- i passi divvennero sempre più brevi fino a farla fermare e sedere di nuovo sul bordo del letto. La Kwami aveva stuzzicato la sua curiosità e preoccupazione con quei toni e quelle parole.

-I miracolus hanno girato per tutto il mondo Marinette. Ma sono ormai almeno tre generazioni che sono a Parigi. Se ne parla poco, un po' per nascondere le tragedie un po' perché sembra quasi routine vedere eroi comparire sulle città e proteggerle.

I precedenti possessori, le vecchie generazioni in pratica, hanno avuto diverse brutte esperienze, il tutto perché si sono incontrati… io e Plagg abbiamo solo deciso di evitarlo. Non vogliamo che a voi possa accadere qualcosa.-

I pensieri di Marinette galoppavano immaginando scenari e Miraculers diversi da Lei e Chat Noir. Un dubbio colse quei pensieri mentre mille storie si ammucchiavano nella mente troppo stanca per assorbirli di lei: -Quindi…- chiese, appena organizzate delle parole di senso compiuto nella sua testa -Tu sai chi possiede il Miracolus di Paplion…?-

-No.- ammise Tikki con tono di disapprovazione. -Ogni volta che i nostri Miracolus vengono rimossi una parte della nostra memoria viene sopita, ricordiamo chi è stato il nostro portatore e ricordiamo tutti gli eventi che comprendono altri portatori con i miracolus attivi, ma non ricordiamo le identità degli altri, come se le nostre menti fossero offuscate. E per di più, prima di adesso erano diverse decine di anni che il mio Miracolus non veniva attivato.-

Marinette abbassò la testa mostrando la sua delusione. Lentamente il corpo le si fece pesante costringendola ad abbandonarsi sul letto.

Tikki le si avvicinò con fare incauto. -Scusa, non volevo Marinette.-

La ragazza mosse la mano come per dirle “lascia stare”. Il volto della ragazza era paralizzato, come di pietra, senza che nessuna espressione sfuggisse a quella maschera.

Lasciò che la testa pesante le cadesse sul cuscino e le palpebre, divenute insostenibili, si chiudessero.

Tikki si posò affianco alla sua testa come sempre: -Vuoi che ti rimbocchi le coperte?- sussurrò con vocina fine all'orecchio della ragazza. Marinette annuì lasciando che la stanchezza accumulata la facesse sua nel suo abbraccio di sonno senza sogni.

Tikki fluttò verso le coperte coprendo la compagna con il loro calore.

-Tikki.- la voce della ragazza era un flebile sibilo nell'aria buia della stanza. Il kwami le si avvicinò riprendendo il suo posto affianco a lei. -Tikki vieni qui.- Marinette sollevò un lembo della coperta appena sistemata per lasciare un passaggio alla piccola. -Non voglio dormire sola.-

Tikki sorrise, felice di aver ricevuto il perdono della ragazza. -Spero il meglio per voi, Marinette.-

 

Il ragazzo era appena riuscito a rientrare nella sua stanza. Nathalie era riuscita a tenere nascosta la sua sparizione al padre, ma nulla gli aveva tolto il cazziatone della donna. Si chiuse la porta alle spalle il più silenziosamente possibile. Un lungo sospiro lo accompagno verso le finestre: sperava di poter guardare ancora qualche stella prima di dormire. Le schermature delle vetrate erano già state abbassate impedendogli di gustarsi sulla pelle ancora un po' di quell'aria fresca che lo aveva accompagnato a casa. “Anche volendo credo che sia troppo luminoso per vedere le stelle.” pensò.

Plagg uscì da sotto la camicia di Adrien. Il ragazzo si sentì come se un macigno gli si togliesse dalle spalle. Appoggiando la schiena al muro si lasciò scivolare fino al pavimento. Era così abituato ai poteri di Plagg che persino nel buio totale la sua stanza gli pareva nitida alla vista.

La testa, pesante per il sonno, gli crollò in mezzo alle ginocchia, un braccio gli scivolò sui fianchi come senza vita. La stanchezza e i fatti del giorno lo avevano distrutto.

Con fatica sollevò una mano per portarsela al volto, con la poca forza rimasta si stropicciò gli occhi impedendosi di addormentarsi in quel luogo e quel momento.

-Tu lo sapevi eh?- il tono di lui era stanco, biascicato, ma non arrabbiato ne deluso.

Plagg gli si avvicinò fluttuante, l'ultima trasformazione lo aveva sfinito: -Il cibo?- sbiascicò

-Tasca interna della giacca nera sulla sedia.- fu la pronta risposta accompagnata du un debole gesto dell'indice.

Il Kwami scattò rapido a nutrirsi. Inghiottì in un sol morso un pezzo del suo cibo preferito. Un sospiro di gioia uscì dalla bocca della piccola creatura finalmente a pancia piena.

-Sì, non da molto in realtà.-

Adrien si costrinse a tirar su la testa poggiandola al muro, il pomo di Adamo ondeggiava mentre continuava a deglutire, si aspettava. Si aspettava una risposta del genere dal Kwami: -Racconta.-

-Non vuoi dell'acqua? Non sembri star bene…- il tono del Kwami era preoccupato, mai come prima di allora.

-Racconta.- sussurrò in risposta il ragazzo con voce mancante, il tono comunque non ammetteva repliche.

-Al ballo io e Tikki ci incontrammo. In un primo momento non sapevo fosse Marinette la ragazza, sapevo solo che non stavi ballando con la vera Ladybug, o meglio, non con lei trasformata.-

Il kwami gli si avvicinò trascinando una bottiglietta d'acqua presa dalla scrivania. Il ragazzo si attacco al collo di quella finendola in pochi sorsi per poi puntare all'esserino con uno sguardo che sostituiva le parole: “vai avanti.” diceva.

-Mi spiegò alcune cose sulla portatrice, e io a lei su di te.- Lo sguardo curioso e severo allo stesso tempo di Adrien lo costrinse a parlare.

Uno sbuffo preceddette le sue parole: -Nulla di che, giusto due cose sulla tua ossessione per LadyBug, e lei qualcosa su quella di lei per te.-

Adrien abbassò nuovamente lo sguardo, troppo stanco per continuare a tenere la testa alzata.

-Ci sono altre cose che devi sapere.- continuò il Kwami approfittando della sua stanchezza per evitare una punizione.

-Tipo?-

-Non è il primo bacio che vi date.-

-Questo lo so.-

-No, non intendo l'altro a casa sua, con te come Chat e lei disperata per colpa dell'altro te. Contro Dark Cupid. Ti aveva colpito, e lei per rompere l'incantesimo ti ha baciato.-

Gli occhi di Adrien passarono rapidamente dall'essere due fessure al dilatarsi fin troppo: -E cosa diamine aspettavi a dirmelo!- sbottò in quello che doveva essere un urlo ma non aveva la forza di esserlo, come un ruggito soffocato. Il ragazzo scattò in piedi senza sapere neanche lui stesso dove avesse trovato la forza. Con passo strisciante si buttò sul letto a pancia in giù.

-Non puoi avermi detto con tanta leggerezza una cosa del genere.-

Il kwami gli si avvicinò come ogni notte, gli occhietti verdi si chiudevano per la stanchezza mentre a fatica si appallottolava affianco al padrone.

-Non ci do molto peso. E ora sapete chi siete no? Non dovrebbe interessarti il passato. E poi oramai il danno è fatto.-

Adrien si sollevò sui gomiti strisciando verso la testa del letto, agguantò Plagg appoggiandolo affianco al suo cuscino.

-Danno?- chiese sbadigliando quando ormai gli occhi erano troppo stanchi per stare aperti e la mente troppo stanca per recepire una risposta.

-Non possiamo parlarne domani?- chiese il piccolino con uno sbadiglio di risposta.

-Non mi racconti la favola della buonanotte mamma Plagg?-

-Quasi alle due?-

-TI prego mamma Plagg.- Adrien si era sdraiato a pancia in su con un braccio sugli occhi come d'abitudine.

-Non volevamo vi conosceste, sono successe cose brutte con i portatori precedenti e non vogliamo che vi succeda qualcosa, a te sopratutto.-

-Sono speciale?- chiese con una risata mancante di forza.

-No, sei sfortunato, e in una famiglia illustre.-

-Gli agreste non sono così famosi.- giustificò lui con un sussurro, le ultime sillabe sparirono ancor prima di uscire dalla bocca del ragazzo.

-Non come stilisti Adrien.-

Il respiro pesante del ragazzo avvertì il kwami che ormai la discussione era conclusa e sparita nella notte. Adrien era ancora per un po' al sicuro.

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Capitolo 18
*** cap 18 . Tra i banchi di scuola ***


Il fiatone le aveva asciugato la gola, i versetti acuti di Tikki la distraevano dalla sua corsa. Vide apparire la porta della sua classe come un esploratore del deserto vede un miraggio. Fece forza sui talloni per aiutarsi a frenare. Una mano agguantò lo stipite della porta mentre l'altra era già attaccata alla maniglia. Spalancò lo parta con un gesto teatrale appoggiandosi ai due stipiti per riprendere fiato. La professoressa Mendeleiev la guardava con sguardo severo mentre il gessetto stretto tra due dita stava per graffiare la lavagna: -La campana è suonata già da due minuti signorina.-

Il fiatone le impediva di dare risposta alla professoressa cosicché la ragazza si limitò a tirarsi in piedi ed abbassare il capo.

-Ottimo esempio Ms. rappresentante di classe.- la voce di Chloè era l'ultima cosa che la ragazza voleva sentire quella mattina. “Tappati la bocca una buona volta!” pensò sperando che il fiato le tornasse istantaneamente per dirglielo in faccia.

-Perché non ti tappi la bocca con un calzino Chloè?-

Sembrava che qualcuno le avesse letto nel pensiero. I loro sguardi si incrociarono per la prima volta consci di quante volte lo avevano già fatto. Il leggero sorriso che segnò la faccia di Adrien sembrava esserle dedicato.

Una risatina si sparse per la classe facendo sprofondare la biondina in una profonda rabbia rivolta alla ragazza che aveva provocato tutto questo con la sua pessima entrata.

-Signor Agreste!- zittì la professoressa -Moderi i suoi toni.-

Chloè risollevò le spalle drizzando la schiena con aria fiera ed espressione risoluta, il volto mostrava i suoi pensieri come fossero trasparenti: “Giustizia è fatta.”

-Vale anche per lei signorina Bourgeois.-

L'espressione di furia tornò a dominare il volto della ragazza che incrociò le mani in segno di disappunto totale, voltò il volto verso l'alto lasciando che la sua mente credesse di essere ancora superiore a tutti quelli nella stanza.

-E la prego signorina Dupain-Cheng, vada a sedersi.-

Il leggero sorriso comparve sul volto di Marinette uscita vincitrice anche questa volta mentre si avvicinava al suo banco. Alya spostò i suoi libri che già aveva accumulato su tutto il banco invadendo lo spazio vitale dell'amica. permettendole di sedersi al suo posto. Il viso le mostrava una risata soffocata in gola a fatica. “Sei stata grande.” le comunicava lo sguardo dell'amica.

Adrien si dondolò sulla sedia tirando in dietro un braccio mostrando il palmo aperto della mano. Marinette sorrise incrociando di sbieco gli occhi color smeraldo di lui e poggiando la mano sulla sua come per battergli il cinque da lui richiesto in segno di vittoria in segno di vittoria.

Alya guardò stupita l'amica accettare tale gesto del ragazzo con tale semplicità e senza vergogna.

Marinette intercettò e interpretò lo sguardo interrogativo di lei a cui rispose solo con un gran sorriso. Chloè non staccava il volto pieno di rabbia dalla ragazza, la vicinanza con Adiren che mostrava a cuor leggero senza rispetto per quello che credeva appartenere solo a lei per gli anni trascorsi assieme da piccoli le scatenò un tic nervoso.

La professoressa lasciò cadere il gesso sulla cattedra mentre sbatteva le mani tra di loro per togliersi il gesso. Sulla lavagna le parole appena scritte recitavano: “Compito di coppia”

-Bene,- cominciò -una volta che tutti vi sarete divi a coppie, uno per coppia verrà qui a ritirare un foglietto, ogni foglietto avrà un argomento e ogni coppia dovrà esporre l'argomento estratto. Gli argomenti sono quelli che abbiamo trattano nella prima parte dell'anno. Scadenza: una settimana da oggi. Vi da 5 minuti per fare le coppie.-

Un gran brusio invase l'aula immediatamente tra sedie che strisciavano per terra e chiacchiere appena cominciate diverse.

Un urlo proruppe nel brusio generale: -Come sarebbe a dire che non vuoi stare con me in coppia?-

La voce di Alix rimbombò sulle mura dell'aula. Kim mormorò qualche parola di scusa mentre del rossore compariva sul volto dandogli un sria quasi ridicola.

-Non me ne frega nulla delle tue scuse!-

-Signorina Kubdel si calmi per piacere!- la signora Mendeleiev sbatte con forza i palmi sulla cattedra alzandosi dalla sedia.

Alix si voltò di scatto zittendola con lo sguardo.

-Alix…- la voce di Kim sembrava un sussurro -Ho sempre fatto tutti i compiti di coppia con Max… è dalla prima che facciamo così…-

-Quindi l'amicizia con Max vale più di me?- il tono di lei sembrava esprimere pura rabbia e tradimento.

Kim si alzò in piedi gonfiando il petto sovrastando la ragazza, il rossore per l'imbarazzo era svanito sostituito da un ardente sentimento di rabbia: -Non costringermi a scegliere tra te e il mio migliore amico.- una sorta di fuoco di rabbia bruciava negli occhi del ragazzo.

Il silenzio cadde sull'aula. Tutti gli sguardi erano puntati verso di loro, petto contro petto a sbuffarsi come animali l'uno contro l'altro. Alix lesse negli occhi del ragazzo cosa intendesse con la sua frase. Abbassò lo sguardo socchiudendo gli occhi, un sorrisino beffardo le comparve sul volto mentre con uno scatto raggiungeva l'ultima gradinata della stanza.

Si affiancò a Nathael appoggiandogli le mani sulle spalle e portando il volto affaanco al suo, lo sguardo puntato verso Kim proponeva una sfida senza che le parole lo facessero

-Mi tradisci con Max?- disse con voce di sfida ma al contempo giocosa -Bene! Vedrai che io e Nathael prenderemo di sicuro un voto migliore del vostro.-

Kim ricadde sulla sedia, appoggiò il volto al pugno chiuso sorridendo di rimando alla ragazza: -Staremo a vedere.-

La professoressa Mendeleiev si abbandonò sulla sedia irritata dalla situazione. Un sorrisino le segnava il volto, le era sempre piaciuta Alix, le ricordava lei da ragazza.

Nino rise gustandosi la situazione: -Oh mamma. Speriamo che non ci capiti mai una cosa del genere, vero fratello?-

Adrien sorrise poggiandogli una mano sulla spalla annuendo con assenso totale.

Il sudamericano si volto verso i banchi sopra di lui appoggiandoci un braccio, il suo sguardo era quasi timoroso: -Allora ragazze, come ci organizziamo?-

Adrien si voltò incredulo verso il ragazzo: -Ma non hai appena detto…-

Nino mostro la sua espressione più accaparratrice possibile: -Alya è la migliore della classe in Fisica bro… Prova a capirmi!-

Adrien strinse gli occhi in segno di sfida: -Sei una bestia! Ma scommetto che io e Marinette faremo emglio di voi.- i due si scambiarono sguardi di sfida continui rimanendo nel silenzio più totale.

-Siete due ragazzini.- si intromise Alya.

-Allora cosa decidi?- le chiese il Fidanzato senza staccare gli occhi dall'amico.

-Non è ovvio?- rispose lei ridendo. Alya si voltò verso Marinette facendole l'occhiolino. -Starò con te, vorrei fare altro quest'estate che non sia darti ripetizioni di fisica.-

Nino prosuppe in un urletto di allegria: -Wuuhuu! Nino 1 Adrien 0. Palla al centro amico.-

-Hai per forza bisogno di Alya per vincere? È una sfida?- Marinette rivolse la tagliente frase all'amico.

-Se lo è, sta pur certa che vinceremo!- disse Nino battendo il cinque alla propria ragazza che gli si era affiancata. Quasi nascondendosi lasciarono che le mani si intrecciassero anziché separarsi. Li imbarazzava ancora avere tali effusioni in classe.

Per qualche istante le due coppie si guardarono con aria sostenuta. I muscoli delle labbra tramavano per la situazione fino a che tutti e quattro non proruppero in una fragorosa risata.

-Cinque minuti sono passati, se per favore potete prendere posto vicino al vostro compagno per decidere chi dovrà venire qui a ritirare il foglietto.- li interruppe la professoressa

-Subito professoressa!- urlò Chloè con un urlettino acuto. Con passo sculettante si avvicinò alla cattedra prendendo un foglietto. Il suo volto sbiancò.

-Cosa diamine sarebbe questa roba?-

-Il suo argomento signorina Bourgeois.-

-Ma professoressa!- sbottò lei.

-Non ammetto repliche signorina!-

Chloè si allontanò dalla cattedra a pugni chiusi con fare offeso: -Mio padre lo verrà a sapere.- bisbigliò rabbiosa.

Lanciò con rabbia il bigliettino appallottolato sul banco verso sabrina. La ragazza srotolò con calma il foglietto. La richiesta recitava: “moto ondulatorio e caratterisctiche”

Una risatina ironica le sfuggì, subito zittita dallo sguardo di Chloè ancora irritata per l'orribile situazione mattutina.

-Vado allora…- Adrien si avviò verso la cattedra lasciando libero il posto affianco a Nino che subito venne occupato da Alya.

-Signor Agreste, credevo avrebbe fatto coppia con il suo amico come sempre.- proferì la professoressa passandogli un foglietto.

-C'è sempre una prima volta per cambiare profeessoressa.- rispose lui con un largo sorriso emntre tornava a prendere posto affianco alla ragazza.

Passo il biglietto a Marinette: “carica elettrica e campo elettrico”

I due si cambiarono un sorriso di intesa. La vittoria sarebbe stata loro.

 

-Allora io vado! A domani!- Adrien strinse la sciarpa al collo salutando con la mano libera mentre saliva sulla limousine. Poco prima che Nathalie chiudesse la portiera fece gesto a Marinette di chiamarla.

Alya guardava stupita i due ragazzi scambiarsi gesti con una naturalezza quasi innaturale visto il loro rapporto fino al giorno prima.

-Allora?!- chiese a Marinette non appena si voltò nuovamente verso di lei.

-Cosa?- chiese.

-Te e il biondino.-

-Cosa?!- rispose lei capendo ben poco.

-Come “cosa” Marinette! Cosa è successo?!-

Marinette arrossì lievemente ripensando al giorno prima -Nulla di che…-

-Nulla di che!? Ragazza non so cosa tu intenda per nulla di che ma quello che hai in faccia non è un “nulla di che”.-

Marinette rise alla sua affermazione facendo sparire il rossore: -Ci siamo solo un po' avvicinati, abbiamo parlato un po', tutto qui.- disse con un sorriso.

-Cos'è? Vuoi tenermi nascosta la situazione?- chiese allora Alya attaccandosi al suo braccio.

-Forse solo per un po'.- Ammise Marinette ridacchiando.

-Oh! La ragazza vuole avere i suoi segreti!- rispose Alya sullo stesso tono.

-Non sei l'unica che nasconde qualcosa sai? Hai visto il mio blog ieri sera?- L'ccitazione di Alya era visibile sul volto.

Marinette mosse la testa in segno di dissenso, il volto le si incupì spaventata da quanto potrebbe essere girato come informazioni su di lei la notte prima.

-Avrai visto almeno cosa è successo no?-

Marinette rimase muta, replicando il gesto precedente mentendo all'amica.

-Marinette! Vivi proprio su un altro pianeta!- LA risata di Alya si perse nel rumore del parco -Chat Noir ha combattuto contro un Akuma fortissimo ieri sera, e lo ha fatto tutto da solo.- un pensiero malevolo colpì al mente di Alya nel pronunciare ad alta voce quella frase -Non è che Ladybug si è ritirata vero?- la ragazza si parò davanti a Marinette appoggiandole le mani sulle spalle, gli occhi mostravano un serio timore. -Non so cosa farei se si ritirasse.-

-Forse stava solo male…- provò a sussurrare Marinette, sperando che il suo tono non venisse analizzato dall'amica.

Alya si staccò dalla ragazza riprendendo a camminare affianco a lei passo lento, conscia che da li a pochi metri si sarebbero dovute separare, nella mente continuava a rimproverarsi per non aver compreso prima tale orribile opzione -Una come Ladybug non può stare male!- annunciò infine arrivata all'incrocio, stampò due rapidi baci sulle guance di Marinette prima di correre verso il centro verso casa di Nino.

Marinette percorse da sola gli ultimi metri che la separavano dalla apsticceria. Entrò in casa salutando con un tono chiaramente di finta allegria, rispose giustificandosi con la stanchezza ai genitori prima di rintanarsi nella sua stanza. Lanciò la borsa sul tavolo non appena Tikki ne uscì e butto il suo corpo sul letto.

Il Kwami si attacco a un piatto di biscotti fumanti lasciati lì dai genitori di Marinette, mentre la ragazza prese il telefono dalla tasca sperando di distrarsi dai brutti pensieri che le invadevano la mente. Il grande faccione di Adrien capeggiava sullo schermo accompagnato dall'icona di un messaggio. “Dopo il giro di ronda ti va di iniziare il compito?”

Rispose subito e senza pensarci, le sue mani si muovevano da sole mentre componeva la risposta lettera per lettera: “No, vediamoci e basta, voglio solo stare un po con te.”

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