I wanna sing a song, that'd be just ours.

di InJulietsdream_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 1- Anchor. || (Blaise - Daphne) ***
Capitolo 2: *** Episodio 2- Si dolor afuerit crede redibit amor. || (Draco - Hermione) ***



Capitolo 1
*** Episodio 1- Anchor. || (Blaise - Daphne) ***


Ok. Salve a tutti! Sono tornata con questo piccolo esperimento – una raccolta di storie ispirate a brani musicali differenti -, che mi è balenato in mente un pomeriggio mentre ascoltavo della musica, la quale ha da sempre il potere di ispirarmi, calmarmi e farmi emozionare. E così, ecco la prima OS. Spero vi piaccia, spero vi emozioni, come ha emozionato me nello scriverla. Sarò ben felice di leggere i vostri commenti, se vi andrà di lasciarne qualcuno; leggere ciò che pensate non può fare altro che bene, e mi può aiutare a migliorare.
Detto ciò.. Buona lettura!
Un bacio.
Yra

 
 
 
 
A me, per aver trovato la mia ancora ed essere rinata fenice.
Alle amicizie vere.
Ai ricordi.
E alla musica.
 
 
 
 
 
Episodio 1.
 

Anchor.1
 
 
Took the breath from my open mouth, 
Never known how it broke me down,
I went in circles somewhere else.

 
 
La bella Daphne Greengrass cammina a piedi scalzi su una fredda e umida spiaggia della costa del Pembrokeshire – Galles –, i Babbani la chimano ‘Barafundle Bay’2. E’ un posto che a lei piace molto. Un piccolo e quasi totalmente celato lembo di terra che si congiunge al mare. Ci torna quando sente che qualcosa non sta davvero andando come dovrebbe nella sua vita; ultimamente ha calpestato quei granelli di sabbia spesso.
‘’Troppo spesso’’, ripete a se stessa.
Si sente pesante, Daphne, si sente irrequieta; un peso le attanaglia lo stomaco, le chiude la gola e fatica a respirare.
Ha posato un telo sulla gelida rena e s’è seduta, composta, elegante, come le hanno insegnato ad essere, com’è sempre stata e sempre sarà.
Fissa il mare. Le sembra infinito. Il vento ne increspa la superficie, generando onde irregolari che emettono un rumore tetro. Se non fosse una serpe, se non fosse Daphne, forse ne sarebbe anche spaventata.
‘’No’’ pensa, e un piccolo sorriso le si disegna sul volto ‘’non c’è nulla da temere in questo mare’’.
E’ ben conscia che nella lista delle preoccupazioni, il mare – quel mare – non occupa nemmeno le posizioni più basse.
C’è scritto altro in quella pergamena immaginaria. Ad esempio, al primo posto c’è scritto ‘Blaise’.
Daphne fissa l’acqua del mare e poi il cielo, e vede i colori di questo mescersi col trasparente delle onde, che diventano sempre più grosse, sempre più plumbee.
Tutte le gradazioni di grigio hanno invaso il cielo e la terra, hanno inondato la sua visuale.
Anche gli alberi e le pareti rocciose intorno le sembrano aver assunto le stesse tonalità.
Ma neppure ciò le incute timore.
Un sospiro pesante le oltrepassa le labbra dischiuse. Si lascia cadere indietro, sdraiandosi; ha le braccia stese accanto al busto, le mani a stringere il telo, le gambe lunghe incrociate tra loro.
Il petto s’alza e s’abbassa dapprima lentamente, poi sempre più celermente; il cuore ha preso a battere furiosamente contro la gabbia toracica, sembra quasi che voglia uscire fuori e scappare via.
Una lacrima cade giù e si va ad intrecciare ad un biondissimo riccio.
Con gli occhi azzurri puntati verso il cielo, Daphne si porta una mano all’altezza del petto e stringe forte il tessuto della camicetta che indossa. Vorrebbe strapparla via. Poi spinge il palmo aperto contro lo sterno, vorrebbe rallentare il battito del cuore, vorrebbe fermarlo.
Non è la prima volta che accade, non è la prima volta che si sente male, è già successo: a casa, in ufficio, per strada.
Si sente tremendamente sola, smarrita, tormentata.
Il vento freddo di inizio primavera la scuote furente, le sferza il corpo come fosse una fragile fronda di un albero pronta a spezzarsi, ma Daphne non è fragile, e non si scompone – le sue vesti e i suoi capelli sì, non lei – il suo corpo resta immobile; sospira e chiude gli occhi. Agogna la pace.
 

 
Un paio di occhi scuri – tenebre – la fissano, un corpo alto, statuario, le sta davanti, sovrastandola.
I suoi occhi chiari si scontrano con le tenebre che la fronteggiano – luce contro buio – ed è brava a tenergli testa, decisa, inflessibile.
<< Lo hai rifatto ancora >> asserisce fredda.
<< Daph.. >>.
E’ un sussurro, un rantolo biascicato e incerto di voce, ciò che ottiene in risposta.
Serra gli occhi la bella Daphne, perché lo spettacolo che ha di fronte le fa accapponare la pelle, ribaltare lo stomaco. Potrebbe vomitare.
<< Blaise >> sibila, minacciosa; con due ampie falcate copre la distanza che li divide e gli punta contro l’indice destro << Non osare! Non osare! >> urla, e la sua voce divora ogni cosa intorno.
Osserva l’uomo che le sta davanti e non lo riconosce quasi più. Blaise, il suo Blaise, il ragazzo che le ha rubato cuore e anima, quello bello e intelligente, sempre elegante, composto, il primo uomo che abbia mai davvero dimostrato di amarla. Lo guarda, una smorfia dipinta sul viso: non c’è più nulla di quel ragazzo.
Vede solo un corpo trasandato, lo sguardo vuoto. Un uomo perso.
Ubriaco e perso.
Si china, la bella Daphne, a raccogliere i cocci di una bottiglia di Firewhisky. Sente le lacrime premere contro le palpebre.
<< Da .. Daphne .. io.. i .. mi dispiace>>.
Una mano si posa sulla sua spalla, trema visibilmente.
Stringe gli occhi, senza però riuscire più a trattenere le lacrime, che come un fiume in piena le inondano il volto.
Daphne non è una donna debole, ha solo bisogno di essere abbracciata, di trovarsi stretta e senza fiato tra le braccia possenti di suo marito, dell’uomo che ha amato e che ama, ma che adesso non somiglia neppure all’ombra di se stesso. E lo sa Daphne che inevitabilmente ora è lei a dover lottare per lui, oltre che per se stessa.
Volta lo sguardo e lo vede accanto a lei, in ginocchio, che nonostante l’ubriacatura, goffamente, cerca di consolarla.
Sospira lento, Blaise, e la mano di Daphne corre ad arpionarsi a quella di lui velocemente.
<< Blaise >> sussurra, e tira su col naso << ascolta, non possiamo andare avanti così.. non più >>; si porta la mano di lui alle labbra e vi posa piccoli baci, come se stesse cullando un bambino.
<< Io ti amo, Blaise, e tu mi stai sfuggendo tra le dita come fumo nel vento >> lo guarda, e porta le sue esili mani a circondargli il volto << io non posso perderti, Blaise.. è un rischio che non voglio correre >>.
Lo attira a sé e lo bacia lentamente; l’odore acre di alcol le trapassa violento le narici, e il sapore le scende fin dentro la gola, è una sensazione nauseabonda, ma a lei importa poco, perché è conscia di ciò a cui andranno in contro, e necessita del calore di suo marito per far riaffiorare la forza necessaria ad affrontare il futuro.
 

 

 
Il vento freddo continua a flagellarla, sono passate ore, ma lei è ancora lì stesa sulla spiaggia. E’ sola, vorrebbe che lui fosse lì, a ridere e a fare l’amore, in quel posto un po’ dimenticato da tutti. Invece se ne sta lì stesa in balia di dolorosi ricordi.
Riapre gli occhi dopo un tempo che non sa quantificare e l’oscurità della sera la investe.
Nessuno sa che quella spiaggia è il suo angolo di silenzio; e ora che è sceso il buio, Daphne sa che nessuno verrà a cercarla. Trema un po’, forse adesso può concedersi di avere un po’ paura.

 
 
 
 
And I hear your ship is comin’ in,
your tears a sea for me to swim;
and I hear a storm is comin’ in. 

My dear is it all we’ve ever been?
 
 

Draco Malfoy e Theodore Nott si sono appena materializzati nel salotto di casa Zabini, dopo aver ricevuto un messaggio in cui Daphne chiedeva loro di raggiungerla con urgenza.
La trovano accasciata a terra, con la schiena contro il bordo del divano, gli occhi rossi di pianto e la testa tra le mani.
I due amici si scambiano un’ occhiata carica di preoccupazione.
<< Theo, chiama Pansy, dille di venire subito >> dice il biondo, mentre si china accanto alla bella Daphne e le accarezza i capelli << Tranquilla, Daph.. >> la rassicura.
Il suono di una materializzazione annuncia l’arrivo di Pansy Parkinson, in Nott.
<< Buon Salazar, Daph! >> sospira, precipitandosi vicino all’amica di sempre; guarda preoccupata il marito, poi Draco.
<< Lui dov’è, Daphne? >> le chiede Theo.
<< Di sopra, nello studio.. io non lo so più da quanto tempo è chiuso lì, non vuole aprire. >>.
<< Blaise! >>.
La voce iraconda di Draco squarcia il silenzio che aleggia per la casa. I due si precipitano al piano superiore. Bussano con insistenza alla porta dello studio del loro più caro amico, ma non ricevono risposta in cambio.
<< Blaise, dannazione, apri questa porta! >>.
Il silenzio più assoluto la fa da padrone.
Theo estrae la bacchetta, la punta contro la porta.
<< Bombarda! >>.
L’intera casa trema; Daphne si stringe al petto di Pansy.
Blaise Zabini giace riverso sul pavimento del suo studio, con entrambi i polsi recisi.
<< Respira ancora! >> urla Draco, sconvolto << Aiutami Theo! >>.



Daphne non ricorda nulla di quel giorno, se non di essere svenuta alla vista del corpo di Blaise quasi senza vita.
Quello è forse il ricordo più doloroso che possiede, quello che più la tormenta; nemmeno i ricordi della guerra sono così asfissianti per lei.
Arriva di notte a infestarle i sogni, a torturarle la mente, cogliendola impreparata e costringendola a svegliarsi col cuore in gola, il sudore lungo la schiena e la fronte, e il volto bagnato. Lì, nel letto grande, freddo e mezzo vuoto, la bella Daphne trema ed ha paura; ha paura di rimanere da sola, di non riabbracciare più il suo amore.
La solitudine le sembra il più imponente mostro che abbia mai dovuto affrontare.
Per questo Daphne ha preso l’abitudine di scappare sempre più spesso a Barafundle Bay, perché lì la spiaggia è molto più grande del suo letto, e non c’è l’odore di Blaise, e le paure e gli incubi fanno un po’ meno male.
 
 
 
 
Caught the air in your woven mouth, 
leave it all I’ll be heaving how you went
in search of someone else.
 
 
Quella corsia bianca e spoglia del San Mungo le sta dando ormai sui nervi; medimaghi corrono su e giù, ma nessuno si ferma a dare spiegazioni.
<< Perché nessuno ci dice nulla? >> sbotta Pansy, irritata anch’ella.
<< Tranquilla, amore, dobbiamo aspettare >> prova a rassicurarla e calmarla Theo.
Di lì a pochi minuti un uomo sulla quarantina esce e chiama ‘Zabini’; Daphne si alza di scatto e corre in direzione dell’uomo, seguita dagli amici.
<< Lui com.. come.. >> prova a chiedere, ma la voce la tradisce.
<< Lei è la moglie? >>.
<< Sì >>.
L’uomo le mette una mano sulla spalla e la carezza piano.
<< E’ fuori pericolo, ma è molto debole, deve riposare, potrete vederlo domani >> chiarisce, poi accennando un debole sorriso << Vogliate scusarmi >> finisce col congedarsi, per poi voltarsi e sparire dietro una porta bianca.
Astoria e Pansy stringono Daphne e così anche Theo e Draco.
Quando poi il giorno seguente va da lui, le viene chiarito subito che Blaise presenta tutti i sintomi di un profondo stato depressivo, il che spiega l’uso frequente di alcol, il cattivo umore, l’essersi estraniato dalla realtà, e il suicidio tentato.
<< Sa a cosa potrebbe essere dovuto, Signora? >>.
<< Alla morte della madre >>.
Ad ogni parola che Daphne ode, il suo cuore si scheggia un po’ di più; poi entrata nella stanza di Blaise e lo vede: tutto il suo magnifico corpo è attraversato da tubi e fili che lo tengono sotto controllo, e Daphne sente il cuore andare in pezzi e crede di morire.
Si chiede ripetutamente dove ha sbagliato, in cosa ha miseramente fallito. Si domanda perché Blaise ha compiuto un gesto così estremo, pur avendo lei al suo fianco; si sente niente o poco meno di niente.
La bella Daphne Greengrass si sente vuota e persa, inutile.
<< Amore >>.
E’ un sussurro lieve, ma ben udito dalla donna, che alza lo sguardo verso il punto da cui è arrivato il suono.
Blaise la osserva, gli occhi semi socchiusi, le labbra secche e dischiuse.
Lei gli si avvicina e si china a posare le labbra su quelle di  lui.
<< Non ci provare mai più >> sussurra << Non provare mai più a lasciarmi, Blaise >> chiude gli occhi e sospira << perché io ti amo e non esiste che ti perda senza aver lottato per tenerti stretto a me; io sono la tua ancora, amore.. noi verremo fuori da tutto questo insieme, come è sempre stato >>.
Lui le regala un sorriso.
‘’Il primo’’ pensa Daphne ‘’ dopo mesi’’.

 
 
 
 
Anchor up to me, love.
 
 
 
Ora se ne sta stesa su una spiaggia umida, celata nell’oscurità della notte; a casa non vuole tornarci, perché Blaise non c’è, e non tornerà prima di altri quattro mesi.
Alla fine lo hanno tutti convinto che la terapia è l’unica soluzione, e lui ha accettato; l’ha convinto soprattutto Daphne quel giorno di metà Settembre, quando si è seduta sul suo letto di ospedale e ha tirato fuori dalla borsa un paio di scarpine verdi da neonato.

 
Gli occhi di lui si accendono improvvisi e brillano, facendo sussultare il cuore della bella bionda di gioia.
<< Sei incinta? >> le chiede lui prontamente.
Lei sorride in risposta e annuisce.
<< Vedi, amore, ti rivoglio a casa per quando questa creaturina verrà al mondo >> si accarezza il ventre ancora piatto << non vorrai mica farla dormire in un letto mezzo vuoto, senza suo padre accanto? >>.
<< No >> risponde Blaise con decisione, e lei se ne compiace.
<< Siamo la tua ancora, amore! >>.
L’abbraccio che segue è uno di quelli che danno l’impressione di non voler finire mai.
 

 
 
 
Taught the hand that taut the bride, 
both our eyes lock to the tide,
we went in circles somewhere else.
 
 
E’ troppo freddo adesso per continuare a starsene sdraiata sulla sabbia, ed è davvero troppo buio, per questo Daphne sistema le sue cose e si smaterializza.
E’ la semioscurità che abbraccia il salotto ad accoglierla. C’è silenzio, ma la stanza è calda e questo rassicura la giovane donna. Accende le luci e a passo deciso si dirige in camera da letto; quando, però, passa davanti allo studio di Blaise si ferma, apre la porta e resta lì un po’ ad osservarsi intorno. Ripete quella stessa azione ogni sera, è un’ abitudine che ha preso da quando suo marito è in terapia. Ogni cosa è stata rimessa a posto, tutto è esattamente uguale a prima di quello spiacevole incidente.
E’ pensierosa Daphne, questa sera più di altre, e non ha sonno; la creaturina nel suo grembo si agita un po’, una carezza lenta al pancione e tutto torna tranquillo. Le viene spontaneo sorridere mentre osserva il ventre rigonfio, si sente orgogliosa di quel figlio che non ha ancora visto la luce, sente di poterlo proteggere. Lo ama già, lo ha amato dal primo istante, da quando, dopo essersi resa conto di avere un ritardo di due settimane, un piccolo test ha confermato il suo dubbio. Quel figlio – o figlia, chissà – le sta dando una forza che lei non credeva davvero di possedere; stanno lottando insieme per superare questo momento nero che non vuole andarsene. Si sente improvvisamente forte la bella Daphne quando il suo piccolino scalcia e si agita, o quando sente il suo battito.
Alla fine osa un po’ di più ed entra nello studio del marito, si siede dietro la grande scrivania e sospira pesantemente. Apre un cassetto, poi un altro, poi ancora un altro, lo fa senza una precisa ragione, poi la vede. Sul fondo del terzo cassetto in basso c’è una foto, la prende tra le mani e la fissa.
In primo piano i volti di due ragazzi, il suo volto e quello del suo uomo: Daphne e Blaise intenti a baciarsi intensamente. Sorride mentre una lacrima – l’ennesima, in quei mesi – le riga il viso; ricorda perfettamente il momento in cui è stata scattata quella immagine.

 
La camera da letto è calda, un centinaio di candele accese sono sparse per tutto l’ambiente, a fare loro compagnia, sparsi qua e là, diversi vasi pieni di fiorenti rose rosse.
Gli occhi di Daphne brillano.
<< Blaise.. è meraviglioso! >>.
Lui l’abbraccia da dietro, facendo aderire la schiena di lei al suo torace; poggia il mento sulla spalla della donna e le lascia un piccolo bacio sul collo.
<< Solo la perfezione per il mio amore perfetto >> le sussurra.
Lei ride piano, un suono cristallino invade la stanza; poi il suo sguardo viene catturato da un oggetto posto sul grande letto a baldacchino.
<< Quella cos’è? >> chiede curiosa, indicando l’oggetto.
<< Ah, sì! Vieni .. >> risponde lui, tirandola dolcemente a sedere sul letto << E’ una macchina fotografica, amore >> spiega poi.
<< Lo vedo, ma non capisco a cosa ci serva >>.
<< A questo >>.
Blaise si sporge e cattura le labbra di Daphne in un bacio profondo, contemporaneamente un flash li investe.
<< Voglio ricordarmi di questo momento preciso, Daphne >> asserisce, l’espressione seria in volto.
<< Perché? >> domanda lei, la voce di una bambina curiosa.
<< Perché sto per fare, per la prima volta, l’amore con mia moglie >> chiarisce, enfatizzando la parola moglie.
Daphne sente un brivido attraversarle la schiena.
La fa alzare e lentamente la spoglia dell’ingombrante vestito di pizzo e tulle bianco che indossa, lasciandola con indosso solo la pregiata lingerie; ricopre ogni centimetro di pelle possibile di baci e carezze; si china dinanzi a lei e le divarica leggermente le gambe, che prende a baciare delicatamente, nell’ interno fino alla sua intimità ancora coperta. La sente sospirare, poi si rialza e lascia che sia lei a spogliarlo. E’ tenera e accurata Daphne, allenta il nodo della cravatta, toglie la giacca, il panciotto, gioca un po’ con i bottoni della camicia, col pantalone; si gode ogni lembo di pelle dell’uomo che le sta dinanzi.
<< Sei così bello! >> soffia contro le labbra di lui, mentre lascia vagare le mani dappertutto.
Si stendono sulle lenzuola di seta insieme, giocano ad accarezzarsi e mordersi; sospiri e gemiti riempiono la stanza.
Lui le tortura gentile i seni e lei reclina la testa indietro, ed è incapace di trattenere un sospiro.
Lei porta una mano sull’erezione di lui, che è sempre più dolorosa, deliziandolo di attenzioni, lo avvolge con la bocca e lo sente tendersi, dopo poco, quasi fino al limite.
Farsi amare da Blaise è sempre stata un’esperienza metafisica per Daphne.
Lo sente entrarle dentro e una miriade di sensazioni diverse le esplodono nel petto; segue con la mente il movimento dei muscoli che si contraggono, poi si abbandona ad un ritmo che non riesce più a dettare, si lascia cullare tra le braccia forti di quello che ora è suo marito.
Ha le gambe attanagliate al suo bacino, le braccia strette alle sue spalle; graffia la pelle e tira i capelli neri di lui che ha tra le dita di una mano.
Si inarca sotto il suo corpo, quando un’infinità di spinte dopo e una carezza più decisa qualcosa si incrina dentro di lei, all’altezza del petto, per poi frantumarsi: è come cadere nell’oblio, o volare, Daphne non saprebbe definirlo. Lo sente tendersi e precipitare insieme a lei, e ne è soddisfatta.
<< Daphne! >>.
<< Blaise! >>.
Fare l’amore con Blaise, per Daphne, non è un’esperienza che definirebbe totalmente fisica, perché c’è sempre un momento in cui lui la spinge oltre, in una specie di universo immateriale, che li avvolge e li unisce all’inverosimile, eternamente
.
 
 
Quel ricordo così bello costringe Daphne a fare, ancora una volta, i conti con la mancanza.
Da quanto tempo non stringe a sé il suo uomo? Da quanto non si amano? Da quanto non dormono l’uno accanto all’altra?
Daphne si rigira quell’immagine tra le dita e nota una scritta sul retro; riconosce la grafia, legge
.
 
‘’Tutto passa, ma non c’è eternità che sappia spegnere la vita ardente che ieri assaporai sulle tue labbra, quella vita che ora sento in me.’’3
Perdonami, amore mio, se ti sto lasciando sola. Perdonami per il dolore che ti sto causando.
Io ti amo, tanto, ma non riesco a zittire questa voce nella testa. Dice che ti sto solo rovinando la vita con la mia vuota presenza; dice che non meriti di avermi accanto, incapace come sono, in questo momento, di renderti felice.
Perdonami, Daphne, perché sto per compiere il gesto più ignobile che un uomo possa fare.
Perdonami, perché sono un codardo e non so lottare per me e per te.
Perdonami, perché sto scegliendo la strada più facile.
Perdonami, perché ti amo, ma non amo abbastanza me per potertelo dimostrare davvero.
Sii felice, amore.. io sarò sempre accanto a te.
Blaise.
 
Non sente più in cuore pulsare sangue, la bella Daphne, non lo sente più battere contro lo sterno; la testa le gira forte, gli occhi sono rossi e gonfi di lacrime.
Un dolore intenso si espande nel petto e investe tutte le terminazioni nervose del suo corpo.
Trema e non riesce più a respirare, i polmoni le bruciano.
Teme per se stessa, per la creatura che le cresce dentro.
Arranca nel tentativo di immagazzinare aria, come un naufrago alla deriva.
Esplode in un pianto isterico, urla e si dimena. Il senso di colpa, l’incapacità, il non essersi resa conto del dolore che stava dilaniando il suo uomo, la investe come una di quelle onde impetuose che aveva visto al mare; la investe e scortica, scuote, dilania.
Si sente persa, incapace, debole. La consapevolezza di essere stata ad un passo dal perdere per sempre Blaise non fa che spingerla a largo, in quell’oceano di sensazioni plumbee e asfissianti.
Si accascia al suono, in ginocchio, e piange. Ogni cosa, l’anima, il cuore, se stessa. Piange tutto, il dolore, l’amore, il vuoto.
Piange fino a perdersi. Fino a quando Morfeo non le bacia il capo e s’addormenta.
 

 
*******
 
Shook the best when your love was home.
 
 
In una soleggiata giornata di fine Maggio, nella sala parto del San Mungo, la bella Daphne sta dando alla luce suo figlio.
Sente un dolore lancinante squarciarle le membra e urla, urla in una maniera che le appare disumana. Urla e spinge con tutta la forza che riesce a trovare in sé, con tutta la forza che sa di non avere.
Una mano stringe la sua e un braccio le circonda le spalle.
<< Amore >> sussurra la voce più bella che lei abbia mai sentito << sei bravissima! >> dice, baciandole la fronte.
Blaise, il suo Blaise, è lì con lei. Ha mantenuto la sua promessa. Si è rimesso in piedi, si è ricostruito, per la loro creatura e per lei. Ha trovato in loro la vera forza – un’ ancora -, si è aggrappato con le unghie e con i denti a loro e si è ripreso la vita che aveva tentato di togliersi.
Lo guarda, e nonostante abbia la vista appannata, lo vede ed è esattamente l’uomo di cui si era perdutamente innamorata quando era solo una sciocca ragazzina.
Ce l’ha fatta il suo Blaise.
Adesso tocca a lei farcela, spetta a lei aggrapparsi a lui – la sua possente ancora – e dare vita alla vita.
La vede infondo a quegli occhi neri la forza di cui necessita. Se ne impossessa e spinge, spinge più che può.
Un vagito irrompe prepotente, poi un pianto.
<< Congratulazioni! E’ un bellissimo bambino! >>.
Daphne s’abbandona tra le braccia del marito, lo bacia e piange, come una bambina, di felicità, di sollievo.
<< Ti amo >> dice, tra un singhiozzo e l’altro. Un fagottino piccolo le viene posato tra le braccia, lei stringe e lo guarda. Ed è la visione più bella a cui abbia mai assistito in tutta la sua vita.
<< Ti amo, Blaise >> piange << Grazie! Per te.. e per lui.. e per noi! >>.
Il piccolo prende ad agitarsi tra le sue braccia.
<< Grazie a te, Daphne.. Per te, per lui e per non avermi permesso di lasciarmi andare >>.
Lo vede piangere e accarezzare piano il capo di suo figlio.
<< Alexander >> sussurra piano << colui che salva, perché tu ci hai salvati, figlio mio >>.
<< Oh, Blaise, è perfetto! >>.
E’ il momento più felice della sua vita, Daphne lo sa, e si sente come una fenice: pronta a rinascere dalle sue ceneri, pronta a spiccare nuovamente il volo.
 

 
******* 
 
Storing up on your summer glow.
 
 
E’ passato esattamente un anno dall’ultima volta che Daphne è stata qui, su questa spiaggia semi nascosta del Pembrokeshire. Barafundle Bay non le è mai sembrata più bella di adesso. Il tempo è mite, la primavera comincia a farsi sentire davvero.
E’ seduta Daphne, elegante e composta, sul suo telo. Osserva il mare: piccole increspature si stagliano qua e là sulla superficie quasi piatta, l’acqua è limpida e riflette l’azzurro del cielo. Non c’è neppure una nuvole, e non se ne vede alcuna nemmeno all’orizzonte.
Ripensa a se stessa lì, su quella spiaggia, stesa, esattamente un anno prima; ripensa a quanto inquieta fosse allora.
Guarda il mare, ma non sente più quel peso addosso; sente delle risate felici emergere da un punto poco distante da dove cade il suo sguardo e si volta.
Vede i due uomini della sua vita giocare felici, e si sente piena, completa, viva.
Si alza e li raggiunge.
<< Allora.. può giocare anche la mamma? >> chiede, ridendo.
<< Ma certo! >>.
Poi bacia suo marito e stringe suo figlio tra le braccia.
E per la prima volta, in vita sua, è certa di essere – più che certa – di essere felice.
 

 
 
_______
Note.
  1. La canzone che ha ispirato il racconto è Anchor – Novo Amor: un brano delicato e stupendo; le strofe della canzone presenti nel racconto non seguono l’ordine originale, ma sono sparse seguendo lo svolgimento della storia.
  2. Barafundle Bay è il nome di una spiaggia nel Galles; è un chiaro riferimento a ‘Third Star’, un film meraviglioso che mi ha fatta piangere per ore .
  3. La citazione è di J. W. Goethe, autore che amo immensamente.

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Capitolo 2
*** Episodio 2- Si dolor afuerit crede redibit amor. || (Draco - Hermione) ***


Salve!
Torno qui dopo qualche mese con questo nuovo racconto.
Non c’è nessuna grande pretesa alla base, solo una grande voglia di scrivere d’amore e di rinascita.
Ho scritto di getto, seguendo le sensazioni e soprattutto la musica e il cuore.
Spero possa piacervi. Spero vi trasmetta – in qualche modo – speranza e amore.
Come sempre sarei felice di leggere i vostri pareri a riguardo. Possono solo farmi bene.
Buona lettura!
Yra
 

Ps: I brani che hanno ispirato la storia sono i seguenti:
  • Sonata No. 14 “Moonlight” - L. van Beethoven (Op. 27, No. 2 )
  • Heal – Tom Odell
  • L’amore qui non passa - Negramaro
 
 
 
 
Alla malinconia.
 
 
 
 
 
Episodio 2.
 
Si dolor afuerit crede redibit amor.1

 
 
Combattevamo una guerra che non era nostra.
Combattevamo in fazioni diverse. Occhi contro occhi, armi contro armi, cuori contro cuori.
Combattevamo una guerra che non avevamo mai chiesto; eravamo pedine di un disegno figlio di una mente accecata dalla follia e agognante potere ed immortalità; alcuni ne erano coscienti, altri no.
Combattevamo una guerra per la purezza, per il sangue, per la razza.
Eravamo solo corpi contro corpi.
Tuttavia, se anche in principio qualcuno aveva creduto in quegli ideali, nell’ora dell’ultimo scontro, pochi lottavano ancora dietro quel vessillo: era tutta una informe ed egoistica difesa della propria vita.
Anch’io avevo, in principio, riposto il mio credo in quegli ideali, ma poi …
Ricordo il cielo di quel giorno: tetro, vestito a lutto.
Ricordo i suoni di quel giorno: rumori di morte, grida e colpi, pianti e risate isteriche.
Ricordo tutti gli sguardi che ho incrociato quel giorno, anche quelli che hanno soltanto sfiorato il mio: terrore ed euforia.
Ricordo quel giorno. Lo ricordo, sì, e non vuole andarsene.
Ossimoro di vita e morte.
Aleggiava nell’aria una promessa che per alcuni odorava d’una vitale morte, per altri d’una mortale vita.
Nessuno avrebbe avuto scampo.
Ave, Caesar, morituri te salutant!2
Grida di maledizioni, fragori di mura e corpi cadenti ottenebravano l’aria e le menti.
In principio, per primo, fu il Caos.3
 
 

 
Ci siamo innamorati in un giorno di primavera.
Quando il sole inizia ad essere più caldo, ma non abbastanza da permetterti di andare in giro senza sciarpa o senza mantello.
Quando il vento, se c’è, può essere a tratti piacevole, a tratti meno.
Quando il polline comincia ad espandersi nell’aria e a solleticare qualche naso più sensibile.
Quando i fiori rinascono e tempestano il mondo di colori.
Quando anche la pioggia può essere piacevole da ammirare, specialmente con una bella tazza di the tra le mani.
Ci siamo innamorati in un giorno di primavera, in cui primavera non era.
Ci siamo innamorati in un giorno buio, contro ogni logica e contro ogni aspettativa.
Contro ogni ideale.
Ci siamo innamorati nel mezzo di una guerra.
Ci siamo innamorati quando non potevamo, da nemici, mentre ci scagliavamo addosso maledizioni.
Ci siamo innamorati in una maniera che non saprei ben dire, indefinibile, forse inimmaginabile per l’umano raziocinio.
Ci siamo innamorati e siamo stati luce nelle tenebre, vita nella morte, pace nella guerra.
E, nel silenzio che segue la fine, siamo stati melodia.
Fiat lux et lux facta est.4  Sia la luce e luce fu.

 
 
 
Hogwarts era il campo di battaglia.
La fortezza inespugnabile era stata conquistata e ora assisteva alla resa dei conti.
Le fazioni del bene e del male erano fuse insieme in un’orda indistinguibile di corpi e fasci luminosi, di grida e lacrime e sangue e sudore.
Poi, improvvisamente, un assordante silenzio aveva avvolto ogni cosa e tutto era finito.
Il Bambino sopravvissuto aveva trionfato ancora. Le forze del bene avevano vinto.
Tuttavia, poca era stata la gioia, c’erano silenzio e tanto dolore.
Tutti perdono qualcosa – un arto, un familiare, un amico, e perfino l’anima talvolta - in una guerra, prescindendo dal che essi appartengano alla schiera dei vinti o a quella dei vincitori.
Tutti perdono quando finisce una guerra, ed è questa la consapevolezza più amara.
 
Hermione lo sapeva bene; nonostante fosse dalla parte dei giusti, aveva l’assoluta certezza di aver perso molto, troppo, tutto insieme.
Si guardava intorno e ogni corpo, volto o piccolo dettaglio su cui posava lo sguardo sembrava colpirla in pieno petto, come una lama di spada che trapassa più volte lo spesso punto. Ogni cosa la circondasse pareva ferirla a morte, tanto era il dolore che si sprigionava e che le si rovesciava addosso come olio bollente, scorticandole e ustionandole l’anima.
Le mancò il fiato più di una volta. Si ritrovò improvvisamente stretta in un abbraccio da Ron, ma la sensazione di soffocamento tornò violenta e in un gesto d’impeto spinse via l’amico di sempre; lui la fissò sbalordito, senza capire il motivo di quell’azione, si chiese perfino se avesse sbagliato qualcosa.
Il dolore, però, non stava risparmiando neppure Ron: aveva appena perso un fratello, tutto era precipitato in un baratro buio. Così il ragazzo si limitò ad alzare le spalle e storcere le labbra, come a volersi scusare. Hermione, in un barlume di lucidità, alzò il braccio destro e scosse la mano, farfugliando un ‘’no, no..’’ in aggiunta; sperò, in cuor suo, che Ron capisse.
Un grido disperato, seguito da un pianto, irruppe nella sala e costrinse tutti a voltarsi, facendo sussultare Hermione. Una donna stringeva al petto il corpo di un ragazzino, urlava parole sconnesse e piangeva. Hermione pensò che qual ragazzino non poteva avere più di tredici anni, non riuscì tuttavia a riconoscerlo.
La mente della riccia si oscurò e un’immagine dei suoi genitori prese forma prepotentemente dinanzi ai suoi occhi; in quel momento tutta l’angoscia, tutta la paura, la tristezza, il dolore che aveva cercato di reprimere nei mesi precedenti, venne a galla inquinandole l’anima e il corpo.
Il cuore prese ad accelerare nel petto, la trachea si chiuse, le gambe tremarono.
Si sentì per la prima volta davvero debole.
Si sentì per la prima volta davvero  inutile.
Scosse furiosamente il capo e i capelli  le si sciolsero ricadendo sulle spalle, tentò di allontanare da sé quel pensiero atroce.
<< Io non .. >> singhiozzò << io non ce la faccio.. >>.
Si portò una mano al petto, arretrò di un paio di passi, poi, voltatasi, scappò via.
Ron rimase fermo, stretto nelle spalle, con gli occhi rossi e gonfi di lacrime. Non capì.
 
Draco aveva seguito quella scena con la coda dell’occhio, stretto nell’abbraccio dei suoi genitori, ai quali null’altro sembrava importare se non di aver ritrovato il figlio.
L’Oscuro era caduto e insieme a lui erano andate in polvere tutte le loro speranze. Anni passati a servire con fedeltà e timore uno la cui mente aveva perso anche l’ultimo barlume di lucidità, soggiogato dalla sete di potere, erano adesso poco più che cenere.
Eppure, a ben guardarli, i Malfoy sembravano una famiglia comune alle altre, vittima degli eventi; se ne stavano, sporchi e stanchi, seduti in un angolo e si abbracciavano forte.
Tutto era perduto, ma la famiglia no.
Perché nulla ha più valore per un Malfoy della famiglia.
Abbracciato ai suoi genitori, Draco aveva visto Hermione entrare nella Sala Grande, guardarsi intorno spaesata. L’aveva vista respirare affannosamente nel tentativo di trattenere ossigeno nei polmoni. Aveva visto il suo corpo tremare; era certo che la frequenza dei battiti di lei fosse improvvisamente aumenta.
Aveva visto, poi, Weasley gettarlesi al collo e stringerla, ma non era durata più di qualche secondo, perché lei lo aveva scostato da sé bruscamente.
La vide scappare via e fu certo che avesse anche detto qualcosa prima di fuggire.
Una strana urgenza di alzarsi e seguirla si fece strada in lui.
Si sentiva impotente.
Si sentiva vuoto e stanco.
Era ferito; presto qualcuno – auror, forse – sarebbe andato a prendere lui e i suoi genitori, e allora sarebbero certamente finiti ad Azkaban. Gli sembrò che il Bacio dei Dissennatori fosse la soluzione più rapida e – perché no – meno atroce, rispetto all’ipotesi di dover marcire in quel luogo maledetto per il resto dei suoi giorni.
I fotogrammi di tutta la sua giovane vita gli passarono, in quell’istante, davanti agli occhi: si rivide bambino, incosciente e felice, poi ragazzino viziato e altezzoso, infine giovane uomo piegato da ideali non suoi, raggirato, disilluso e colpevole.
Come poteva anche solo accettare l’idea di vivere così?
Odiò se stesso con la stessa forza con cui in passato aveva odiato chiunque non fosse pari a lui, chiunque fosse diverso o inferiore rispetto ai suoi standard.
Capì che non c’era nessuna redenzione per lui e che non sarebbe mai riuscito a perdonare se stesso per essere stato debole.
Sua madre gli carezzò i capelli, come usava fare quando era un bambino, incontrò il suo sguardo e la vide sorridergli debolmente. Si odiò ancor di più quando la consapevolezza che non avrebbe potuto fare nulla per salvare i genitori dal destino che li attendeva lo investì. Sentì qualcosa all’altezza del petto incrinarsi e lacerarsi.
Si sentì stringere in gola, come se qualcuno avesse stretto una corda e avesse tirato con forza per soffocarlo. Gli occhi gli bruciarono; vide l’ingresso della sala e ripensò alla Granger.
<< Scusate.. >> disse sottovoce; si alzò e con poche ampie falcate raggiunse la porta e la oltrepassò.
 
 
La torre di Astronomia era rimasta in piedi. Quando Hermione vi entrò, guardandosi intorno, le parve un miracolo. C’erano silenzio e buio lì e la riccia era esattamente in cerca di ciò.
Fece qualche passo nella stanza e poi si sedette in un angolo.
Spalle contro la parete umida, piegò le gambe e se le tirò al petto avvolgendole con le esili braccia, poi reclinò il capo all’indietro e chiuse gli occhi.
Il silenzio invase anche lei; Hermione sospirò.
Tutti i pensieri tornarono presto a galla e una scia di immagini prese a scorrerle dinanzi agli occhi.
I pensieri di Hermione erano in bianco e nero, ma soprattutto muti; eppure, per quanto ci riflettesse, non riusciva proprio a capire come tutto ciò fosse possibile. Dopo interminabili minuti di riflessione, senza essere arrivata a nulla di razionale, si convinse che quello fosse il modo più rapido per la mente di evitarle ancor più dolore: senza suono e senza colore i ricordi avrebbero fatto meno male.
La riccia, così, smise di riflettere e si concesse una lenta contemplazione delle sue memorie.
Rivide i genitori, lei da bambina, poi Harry, Ginny, Ron; rivide se stessa cresciuta, con più certezze e soprattutto con una maggiore consapevolezza di sé. Fissò le immagini del suo corpo e, come in uno specchio, si ammirò: era bella; non lo aveva capito mai fino a quell’istante.
Si passò una mano sul viso. Era completamente coperta di polvere, e rivoli di sangue ormai secco le incorniciavano il viso e macchiavano la pelle e gli abiti.
Fissò lo sguardo sulle mani sporche e rovinate. Aveva le unghie distrutte e svariati tagli.
Sopirò ancora.
Un rumore di passi la allertò. Hermione di tirò su e strinse la bacchetta tra le mani.
Quando Draco fece il suo ingresso nella torre, istintivamente la riccia assunse una posizione di difesa.
Il biondo scosse la testa e alzò le spalle per farle capire che era disarmato.
Lo sguardo della ragazza si accigliò, mise via la bacchetta e spalle contro il muro si lasciò scivolare nuovamente a terra.
Draco rimase in piedi a pochi passi dalla porta, spostò il peso da una gamba all’altra, poi si passò una mano tra i capelli, resi più scuri e sporchi per via della polvere, che gli ricadevano in modo disordinato sul viso. Non si mosse, né disse una parola per svariati minuti.
La riccia fissava il pavimento.
C’era solo silenzio.
<< Perché sei qui? >>.
La voce di Hermione riempì la sala; il suo tono non suonò come accusatorio, era solo stanco e molto asettico.
<< Ti cercavo >> rispose lui tranquillamente.
La ragazza nascose lo stupore per quella risposta che non si sarebbe mai aspettata.
<< Perché? >> replicò debolmente.
Un forte sospirò riempì l’aria.
<< Volevo vederti >>.
Fu solo in quel momento che Hermione si convinse ad alzare lo sguardo per puntarlo sul ragazzo di fronte a lei; incontrò due occhi di ghiaccio e solo allora vide qualcosa che non aveva mai notato prima: infondo al vuoto che dominava quelle iridi, una scintilla di vita lottava per sconfiggere la tristezza dominante.
Hermione – da guerriera qual era – si sentì investita dal dover di salvare quel ragazzo.
Qualcosa in lei si mosse, quasi a volerla far desistere da quella specie di missione suicida che si espandeva a macchia d’olio nella sua mente: Draco era comunque il suo nemico, aiutarlo non serviva, non era giusto, non lo meritava, le aveva fatto provare tanto dolore più di una volta.
<< Bè.. sono qui >> gli disse << puoi sederti se vuoi >>.
A Draco parve piacere quell’invito, annuì leggermente e poi si sedette accanto alla riccia.
Quella improvvisa vicinanza avvolse Hermione di calore; strinse più forte le ginocchia al petto e si mosse leggermente in imbarazzo. Voltò il capo a sinistra e rimase a fissare Draco per un po’.
Draco si sentì osservato, studiato, sotto esame, ma non mosse un muscolo, assunse la stessa posizione della riccia e rimase immobile.
Dopo poco tempo la voce di Hermione riempì ancora la stanza.
<< Perché volevi vedermi? >>.
La curiosità aveva preso a crescerle nel petto: doveva capire, sapere.
<< Ti ho visto scappare via dalla Sala grande, sembravi sconvolta.. >> ammise Draco << Ho pensato che avessi bisogno di silenzio.. >>.
Hermione annuì.
<< Ah, quindi sei corso a cercarmi per accertarti che stessi bene? >> domandò in tono ironico.
Draco rise, passò una mano tra i capelli e poi puntò il suo sguardo in quello di lei.
Il cuore della riccia perse un battito.
<< Avevo bisogno di silenzio anch’io >> le confessò.
<< Ah.. >>.
Hermione parve delusa da quella risposta; per qualche istante aveva sperato che qualcuno si fosse preoccupato per lei, e importava poco che quel qualcuno potesse anche essere Draco Malfoy.
Calò nuovamente il silenzio, ma gli occhi color ambra di Hermione rimasero saldamente ancorati a quelli color ghiaccio di Draco.
Si scrutarono e studiarono vicendevolmente per un tempo che parve ad entrambi infinito.
Draco osservò quelle iridi color oro e vi vide dentro una tempesta; era certo che sentimenti contrastanti si stessero agitando in lei. Poi si prese qualche istante per sfiorare con lo sguardo i lineamenti di lei. Si ritrovò a pensare che fosse una bella ragazza e si vergognò di quel pensiero così poco adatto a uno come lui, ma non volle ignorarlo.
Decise che non avrebbe più opposto resistenza al proprio cuore, dopotutto era un condannato: che senso avrebbe avuto mettere a tacere le emozioni? 
Hermione, dal canto suo, si sentì posta sotto un riflettore. Si chiese cosa stesse pensando il biondo di lei, probabilmente la insultava come sempre.
Eppure non poté fare a meno di pensare che avesse davvero degli occhi belli , forse i più belli che avesse mai osservato.
Provò l’irrefrenabile desiderio di baciare quelle iridi, ma si vergognò all’istante di quel pensiero e mise a tacere la mente.
<< Come facevi a sapere che ero qui? Mi hai seguita? Ma non può essere, mi avresti raggiunta subito e invece sei arrivato dopo, io ero qui da più di mezz’ ora.. >>.
<< No >> sussurrò Draco, interrompendo il discorso contorto in cui si stava ingarbugliando la ragazza << Non lo sapevo >> aggiunse semplicemente.
<< Ma ..  >>.
<< Sensazioni.. >> ammise lui.
<< Ah.. >>.
Il viso di Hermione si rabbuiò.
In quel preciso istante il braccio di Draco si mosse ed Hermione ebbe appena il tempo di registrarne il movimento, che la mano del ragazzo le sfiorò la guancia.
Un tocco leggero.
Hermione sgranò gli occhi e come scottata spostò il capo indietro.
La mano di Draco rimase a mezz’aria, ma i suoi occhi si scurirono.
<< Scusa .. >> sussurrò.
Si alzò da terra e fece per andarsene.
Hermione seguì i suoi passi. Temette che lui se ne andasse davvero, sentì improvvisamente freddo dentro. Non voleva stare sola.
<< No! >> si affrettò a dire.
Draco si voltò.
<< Non te ne andare >> sussurrò sull’orlo delle lacrime; allungò un braccio davanti a sé, come a volerlo afferrare. In un barlume di lucidità si rese conto del gesto e di ciò che aveva detto, si sentì tremendamente stupida e aspettò che qualche insulto riempisse l’aria e la colpisse.
Ma prima ancora che potesse mettere fine ai suoi pensieri, Draco si era inginocchiato difronte a lei e le aveva stretto la mano.
Gli occhi di Hermione si sbarrarono e presero a correre dalla mano al volto di lui.
A Draco lei parve una bambina spaventata e indifesa; ciò lo fece sorridere, e strinse più forte la sua mano.
<< Sono qui >> le disse in tono rassicurante.
 
 
Il sorriso che Hermione ricevette in quel momento la convinse che forse stava impazzendo o che quello era tutto un sogno.
Draco Malfoy che le sorrideva? Impossibile. Inaudito.
Batté più volte e furiosamente le palpebre; quando le riaprì la mano di lui stringeva ancora la sua e lui era ancora inginocchiato davanti a lei, ma soprattutto le sorrideva davvero.
Si sentì improvvisamente più fragile e debole. Avvertì un fastidio agli occhi e capì di essere prossima alle lacrime. Chiuse gli occhi e strinse forte, tentando di impedire alle lacrime di cadere giù, ma invano.
Prima una lenta lacrima, poi un’altra e ancora una, fino a quando le guance le si bagnarono completamente e trattenersi fu impossibile.
Non si mosse: il capo chino verso il pavimento, i riccioli castani le ricadevano dinanzi al viso coprendola parzialmente. Le risuonavano alle orecchie i proprio singhiozzi sconnessi.
Si vergognò di quel momento di assoluta debolezza.
Accadde allora ciò che Hermione non avrebbe mai creduto possibile: Draco le lasciò la mano, le si sedette accanto e la tirò a sé, stringendola al petto; la sentì trattenere il fiato, così allungò una mano tra i capelli di lei e prese a carezzarli piano.
Hermione pianse più forte, incapace di realizzare l’intera situazione.
Si chiese se tutto quello fosse solo una mossa meschina per farle abbassare la guardia e infine colpirla a morte, ma decise che non le sarebbe importato, perché aveva perso troppo in quella guerra ed era stanca.
<< Mi ucciderai, non è così? >>; quella domanda fu un sussurro appena udibile.
La voce di lei aveva dato un suono ai pensieri.
La mano che giocava coi suoi ricci si fermò, ed Hermione avvertì il cuore di lui accelerare, ma la voce che udì in risposta fu calda e calma.
<< No >>.
La riccia si sentì stranamente tranquillizzata da quella voce.
Scostò la testa dal petto di lui e si voltò a guardarlo.
Il ghiaccio liquido degli occhi di lui incontrò l’ambra di quelli di lei.
 
Anche l’anima più razionale cela una piccola frazione di sé posta sotto il dominio dell’irrazionalità e degli impulsi; solitamente è la parte che prevale in situazione limite, quando non si ha più nulla da perdere, quando la paura ha divorato ogni briciolo di logica, quando l’euforia si è impossessata di ogni organo.
Così – adrenalina a mille – è l’impulso che vince.
Fu una piccola scarica di adrenalina, che Hermione sentì correre lungo la spina dorsale, a farla agire impulsivamente.
Si sbilanciò un po’ in avanti e fece scontrare le sue labbra con quelle di Draco.
‘’Non hai nulla da perdere’’ si ripeté, come una cantilena, nella mente.
Quella guerra l’aveva svuotata, inaridita troppo perché potesse arrivare a provare, in seguito, rimorsi per quello che stava facendo.
Draco non si mosse, sorpreso da quel gesto, e lei si staccò quasi subito. Si guardarono e il biondo non lesse alcun risentimento nelle iridi di lei.
Fu lui, allora, a baciarla.
Lentamente.
 


 
 
Take my mind
and take my pain,
like an empty bottle takes the rain..5
 
 
Hermione ebbe paura che quel bacio avrebbe fatto troppo male, ma aveva provato così tanto dolore in quel periodo, così tanto dolore in quel giorno, che un po’ in più – pensò – non avrebbe fatto la differenza.
Ebbe paura ancora quando sentì il sapore di quello che era il suo nemico invaderle la bocca e il suo profumo annebbiarle i sensi, perché credette che non sarebbe mai più stata in grado di sentirsi così viva.
Non riusciva neppure a credere di provare quelle sensazioni, eppure percepiva le proprie terminazioni nervose tendersi ogni volta che le loro labbra si sfioravano, percepiva il proprio cuore battere furiosamente contro la gabbia toracica, tanto da farle quasi male.
Era in bilico tra sensazioni così agli antipodi tra loro, ma si sentiva viva.
Questo sembrò bastarle.
Pensò che per qualche istante potesse smettere di provare paura, di provare dolore, di affogare in quei baci e lasciarsi andare.
<< Ho paura >> ammise lei, sottovoce.
<< Anch’io >> asserì lui.
Labbra contro labbra. Occhi dentro occhi.
<< Tutto questo è sbagliato >> sussurrò ancora lei, mentre lui le baciava il collo.
<< Lo è >> confermò << ma non oggi, non qui.. non per noi >>.
<< Ma.. >> provò a insistere lei.
Draco riportò il viso all’altezza del suo, circondò quello di lei con le mani e la costrinse a guardarlo.
<< Guardami! Hai ragione tutto questo è sbagliato.. >> sospirò << ma dimmi che non provi almeno un po’ di sollievo da tutta questa strana situazione e io me ne andrò >>.
Hermione tremò impercettibilmente.
<< Me ne andrò, tornerò al mio dolore e ti lascerò al tuo >> continuò lui << e torneremo ad essere quelli di sempre.. e forse avremo perso anche l’occasione di guarirci un po’ >>.
Dette da lui suonarono strane quelle parole, persino Draco ne fu consapevole, ma era certo di aver detto esattamente ciò che sentiva in cuor suo.
Baciare Hermione lo aveva fatto sentire più leggero; il dolore che gli attanagliava il cuore sembrava essere diminuito ad ogni bacio.
Che quella fosse la via per la redenzione?
Vide Hermione scuotere la testa.
<< No? >> le domandò.
<< Non andare.. >> gli rispose.
Fu proprio mentre gli rispondeva che Hermione realizzò quanto Draco avesse ragione: quella era la situazione più sbagliata in cui potesse capitare, ma si sentiva meno male e lei voleva guarire così tanto; aveva ferite nell’anima che sanguinavano copiosamente, e che ora sembravano bruciare meno, perché rinunciare alla cura solo per paura?
Gli circondò la vita con le braccia e lo tirò verso di sé.

<< Io voglio guarire >> gli sussurrò, mentre entrambi si stendevano sul gelido pavimento.
 
 
 

 
And take my past
and take my sense,
like an empty sail takes the wind..6
 
 
Draco ed Hermione rimasero lì stesi a baciarsi e accarezzarsi per un tempo infinito.
Si stavano raccontando in silenzio e con i gesti i loro segreti più oscuri.
Si baciavano e si spogliavano lentamente e, per ogni centimetro di pelle scoperto, si dicevano cose inenarrabili a voce.
Gettarono al vento un passato di odio e rancore.
<< Io ti perdono >> disse lei, mentre il biondo la spogliava da quel jeans consunto e macchiato di terra e sangue.
Lui la fissò.
<< Ti perdono il passato, ti perdono l’odio.. >> continuò decisa << Non m’importa di cosa accadrà tra qualche ora o domani o tra dieci anni.. Tu sei perdonato! >>.
Draco si sentì come un peccatore a cui sono benevolmente rimessi i peccati più terribili; si sentì graziato e non lo meritava. Era un condannato.
La vide sorridergli e realizzò di essere un condannato con una speranza.
 

 
 
Take a heart
and take a hand,
like an ocean takes the dirty sand..
and heal, heal, heal, heal.7
 
 
Si può fare l’amore in tanti modi e per le più disparate ragioni.
Si può fare l’amore per condividersi maggiormente; si può fare l’amore totalmente nudi o con i vestiti ancora addosso; si può fare l’amore in piedi contro un muro o su un pavimento gelido o tra calde e profumate coperte; si può fare l’amore per il solo egoismo di godere, ma si può anche fare l’amore per la struggente necessità di salvarsi a vicenda.
E salvarsi era la recondita e profonda necessità che aveva spinto Draco ed Hermione l’uno tra le braccia dell’altro, su quel freddo pavimento di quell’alta torre.
Lontani dal resto del mondo e dimentichi del caos che attanagliava le loro vite, si concedevano abbracci e carezze, raccoglievano con baci e sospiri i resti di ciò che erano stati fino a pochi momenti prima.
Stesa sotto di lui, Hermione s’era ben presto abbandonata alle sensazioni; intensi brividi le percorrevano il corpo e le facevano tremare le membra.
Si sentiva calda e protetta.
Draco affondava in lei sempre con più crescente foga, aggrappandosi alle sue cosce e ai suoi fianchi come un naufrago disperato ai resti della sua nave.
Le baciava ogni centimetro di pelle a disposizione e si beava dei gemiti che lei si lasciava scappare.
Sentiva un’euforia gonfiarglisi dentro, e per un po’ temette che il petto gli sarebbe esploso e che lui sarebbe morto lì, dentro di lei, sul suo seno.
Si sentivano così vivi; stentavano a credere di essere stati fino a poco prima esausti e pieni di dolore.
I baci avevano disinfettato e cicatrizzato le ferite, il sangue era stato leccato via, il dolore e la paura erano stati rimossi piano piano, con la lentezza di chi agisce con perizia ed esperienza.
Hermione strinse di più le cosce intorno ai fianchi di Draco quando il calore al basso ventre era diventato fuoco e le spinte di lui s’erano fatte così decise da farle male. Ispirò forte l’odore di lui e si lasciò travolgere da un potente orgasmo.
Il mondo sotto di lei tremò e ogni cosa si frantumò in una miriade di particelle.
L’universo le sembrò essere tornato al primo istante dopo il Big Bang.
Draco venne esattamente insieme a lei. Con gli occhi semichiusi ebbe giusto il tempo di vedere la testa di lei reclinarsi indietro e folta massa di ricci castani spargersi sul pavimento, poi la sua vista s’offuscò e tutto divenne buio.
Si svuotò dentro di lei e, in quel preciso momento, il dolore che gli opprimeva il petto collassò su se stesso e implose.
Il vuoto che lasciò fu presto riempito da una violentissima sensazione di pace.
Si lasciò ricadere addosso ad Hermione e lei, quasi come non potesse più farne a meno, lo abbracciò.

 
 
 
 
Ed io ti catturo dentro mille stelle..
[..]
Ti prego finisci questo secolo accanto a me.8
 
 
 
Rimasero abbracciati per molto tempo, dimenticandosi di tutto quanto era fuori da quelle mura.
Esistevano solo loro due.
Stringevano tra le mani le proprie esistenze da rimettere in piedi, da ricostruire.
<< Verranno a prendermi .. >> disse improvvisamente Draco, la voce sottile e pregna di amarezza.
Lei gli carezzò una guancia teneramente e gli sorrise, poi lo fissò.
<< Sì >> confermò << ma io sarò lì, se me lo permetterai >>.
Avvicinò le labbra a quelle del biondo e lo baciò.
Draco ricambiò il bacio e seppe che lei non lo avrebbe lasciato.
<< Andrà tutto bene, Draco >>.
Draco le sorrise.
Non aveva più paura.
Anche Hermione, stretta tra le sue braccia, capì che le cose avrebbero preso una direzione totalmente nuova; capì che non sarebbe stato facile, che molti non avrebbero capito il repentino cambiamento, che avrebbe dovuto continuare a lottare.
Rifletté molto, ma la consapevolezza che l’amore rifugge ogni legge della logica la spinse ad arrendersi all’evidenza.
Il buio cela un’infinità di segreti. Sempre.
Il buoi cela l’amore.

 
 

Hermione e Draco s’innamorarono in un buio e tetro giorno di maggio, quando la primavera dovrebbe aver già conquistato ogni lembo di terra e cielo; invece quel giorno regnava il buio.
Pochi sanno che è nell’oscurità che l’amore si cela, per potersi muovere indisturbato, per poter colpire con più veemenza quando si è più indifesi, quando ci si è ormai arresi al dolore.
Ecco perché quel giorno di silente primavera, due anime arrese al dolore erano state inondate d’amore.
 
 
«Nunc est ira recens nunc est discedere tempus.
Si dolor afuerit crede redibit amor.» 9

 
Adesso la furia è ancora troppo presente, ora è tempo di andare.
Se il dolore scomparirà, credimi, ritornerà l’amore.
 
 


 
_______
Note.
 
1 e 9: Il titolo e la frase conclusiva sono un verso tratto dalla raccolta di Elegie del poeta latino Properzio (Elegie, Libro II, elegia V).
 
2: ‘’Salve, Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano!’’; modo di dire tipico dei Gladiatori, i quali prima di iniziare il combattimento rivolgevano tale saluto all’imperatore o ai nobili che presenziavano ai giochi.
 
3: ‘’ Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ’ ‘’ (In principio, per primo, fu il caos); tratto dalla Teogonia (v. 116)  del poeta greco Esiodo.
 
4:’’Fiat lux et lux facta est’’ (Sia la luce e luce fu); tratto dal libro della Genesi (I, 3), Bibbia.
 
5, 6 e 7: Le strofe sono tratte dal brano ‘’Heal’’ di Tom Odell.
 
8: I versi sono tratti del brano ‘’L’amore qui non passa’’ dei Negramaro.

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