La missione della Maga

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: “Alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.” ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo: “Ebbene, la compagnia è formata.” ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo: “Le cose non vanno sempre come da programma.” ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo: “Vi ho nascosto parte della verità.” ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo: “Fuggi lontano da me.” ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo: “Voi non siete reali…” ***
Capitolo 7: *** Epilogo: “Riuscite a immaginarlo?” ***



Capitolo 1
*** Prologo: “Alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.” ***


La missione della Maga

 

 

“Riuscite a immaginarlo? Muoversi in un mondo di cui si conoscono le regole, un mondo il cui Creatore mormora al tuo orecchio. Poter conoscere esattamente come ogni situazione si evolverà, come ogni personaggio reagirà e sapere di essere l’unico con queste conoscenze. Questo, cosa farebbe di voi? Un dio o un mostro?”

 

 

Prologo: “Alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”

 

La pioggia cadeva fitta e la Maga si strinse il mantello attorno al corpo consapevole che si sarebbe bagnata comunque. Lo scroscio del ruscello ingrossato dal piovasco rivaleggiava con quello delle foglie dall’acqua. Malgrado il disagio non si mosse attendendo che il suo messaggio giungesse alla Regina.

“Mia madre vi manda i suoi saluti.” La Maga si alzò abbassando la testa in silenzio davanti alla principessa ondina. “Mi è stato detto che vi serve il nostro aiuto.” Era curioso come la sua voce superasse tutti gli altri suoni senza sforzo.

La giovane era immersa nell’acqua, i capelli nerissimi ricadevano sulle sue spalle nude perdendosi nel lago in cui si precipitava il ruscello.

“Sì.”

“Quando?”

“Tra due giorni, alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”

La ragazza annuì, la Maga scorse nei suoi occhi un brivido di paura, sapeva che per un’ondina uscire dal suo elemento e mescolarsi ai terrestri non era cosa comune. Probabilmente solo la Regina lo aveva fatto ed era stato grazie a lei.

“Verrò.” La ragazza si voltò e in un istante sparì tra le acque.

 

La foresta era calma, il temporale di quella mattina era ormai lontano e il sole iniziava a fare capolino tra le nuvole, facendo brillare le gocce d’acqua rimaste sugli alberi. La Maga alzò lo sguardo lasciando che la leggera brezza le accarezzasse il viso e alle narici le giungesse il profumo dei fiori.

“Sapevo che un giorno saresti tornata a esigere il tuo prezzo.”

“No, non esigerò nulla, ma chiederò aiuto. Ho bisogno di te, della tua forza e del tuo coraggio.”

“Non otterrai nulla con le lusinghe.”

“Lo so.”

“Verrò, ma a una condizione, vorrò sapere ogni cosa.” La Maga sorrise mentre dall’ombra usciva un elfo, la sua pelle scura e i capelli bianchi, sottili come fili di ragno lo identificarono subito come un drow, un elfo scuro.

“Saprai tutto quello che so io.” Promise.

“Quando?”

“Tra due giorni, alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.” L’elfo annuì, poi tornò a fondersi nell’ombra sparendo alla vista della Maga.

 

Le stelle erano nascoste dalla folta vegetazione in cui si era immersa, ma poté scorgerne il brillare quando raggiunse lo spiazzo davanti alla montagna. La porta per il villaggio scavato nella roccia era illuminata da un certo numero di torce e protetta da una palizzata di aguzzi pali.

“Alto là!” L’intimidazione non la preoccupò invece abbassò il cappuccio che la proteggeva dal freddo della notte e mostrò il viso alla guardia. “Oh… perdonate, mia signora.” La Maga sorrise.

“Sai con chi voglio parlare.” La guardia saltò giù dalla palizzata e sparì. Non dovette aspettare molto, qualche minuto e il pesante portale si aprì. Il nano che si fece avanti era imbronciato, le braccia ricoperte da strisce rosse che brillavano alla luce delle fiamme, come tracce di sangue appena disegnate.

“Mia signora.” La salutò il nano.

“Vedo che la mia magia funziona.” Il nano era un powrie che una maledizione aveva privato del caratteristico cappello rosso sangue, grazie a lei l’onore del guerriero non era più compromesso, ora il sangue delle vittimi rimaneva impresso sulle sue braccia.

“Sì, funziona. Ditemi quali nemici devo uccidere per voi e lo farò.”

“Avrò bisogno di te, per un lavoro.”

“Quando?”

“Tra due giorni, alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”

“I miei coltelli saranno a tua disposizione.”

 

L’alba tingeva di rosa l’orizzonte, il bosco in cui la Maga stava camminando era ricco di suoni, gli uccelli cantavano inseguendosi tra i rami mentre gli insetti volavano rapidi di fiore in fiore. Una farfalla le si posò sulla mano per poi volare via e raggiungere le sorelle, come lei nate quella stessa mattina.

La Maga si fermò osservando il sileno. Vari animali erano fermi accanto a lui che leggeva assorto e ignaro.

“Puoi interrompere le tue letture per un momento?” La sua voce fece fuggire gli animali mentre il sileno scattava in piedi, gli zoccoli che risuonavano sulle rocce.

“Oh, sei tu…”

“Non volevo spaventarti.” Il sileno annuì, la mano ancora premuta sul petto, segno che il cuore gli batteva veloce. “Mi serve il tuo aiuto.”

“Il mio aiuto? Sono sicuro che puoi trovare qualcuno di più adatto.”

“No, mi servi tu.”

“Perché? Lo sai che non sono fatto per le avventure, ti ricordi cosa è successo quando sono uscito dal bosco?”

 “L’ultima volta ti ho tirato fuori dai guai, sei ancora tutto intero, non mi piace chiedertelo, ma come ho detto: ho bisogno di te.” Il volto della donna si era fatto serio e il sileno impallidì.

“Quando?”

“Domani, alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”

“Va bene… io ci sarò.”

 

Il sole era alto e l’aria era limpida. Faceva caldo, le pianure erano secche e l’erba era marroncina. Alcune pecore brucavano quel poco che trovavano muovendosi in branchi. La Maga posò la mano sulla daga cercando di rassicurarsi. Quell’ultima visita poteva essere un pericoloso azzardo eppure aveva bisogno di quel quinto elemento.

Lo vide ben prima che lui vedesse lei. Era seduto su una roccia, la sua imponente massa si stagliava evidente nella brulla pianura.

“Hai un gregge tuo adesso.” Il ciclope si voltò con tutta la rapidità che il suo grande corpo gli permetteva la mazza di legno già nel pugno.

“Tu.” La riconobbe, l’occhio rosso che la fissava.

“Io. Hai un debito con me.”

“Noi ciclopi siamo disonesti ed egoisti, cosa ti fa pensare che non ti mangerò?”

“Puoi provarci.” La Maga guardava il gregge con indifferenza, ma la minaccia nelle sue parole non sfuggì al ciclope che annuì tornando a sedersi.

“Bene, cosa vuoi?”

“La tua presenza per una missione. La tua parole che ubbidirai ai miei ordini e che non farai nulla di ciò che io potrei considerare riprovevole e questo per tutto il tempo che saremo assieme.” L’essere storse il naso, sapeva che se avesse accettato non sarebbe riuscito a svincolarsi dalla parola data.

“Ero il più piccolo dei miei fratelli, mi picchiavano e maltrattavano, mi hai dato un secondo occhio… sì, credo di poterti concedere il mio aiuto.” Lo sguardo della Maga cadde sull’occhio inciso nella cintura del ciclope. Grazie a quello poteva percepire la profondità e dunque divenire un guerriero temuto, malgrado i suoi soli quattro metri di altezza.

“Quando?”

“Domani, alla taverna del Lupo, nelle Riverboot.”

“Molto bene.”

“Voglio la tua parola.” Il ciclope sbuffò.

“Ebbene, hai la mia parola, mi comporterò bene e ubbidirò ai tuoi ordini fino a quando non saremo separati, poi non ti dovrò più niente.”

“Poi non mi dovrai più niente.”

 

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Capitolo 2
*** Primo capitolo: “Ebbene, la compagnia è formata.” ***


Primo capitolo: “Ebbene, la compagnia è formata.”

 

Le Riverboot erano delle verdeggianti colline tra le quali scorreva un lungo e placido fiume. Esse erano il centro perfetto di quel mondo, a Ovest costeggiavano le grandi foreste degli elfi, a Sud svettavano le montagne dei nani, a Est si intravedevano le città degli uomini, e a Nord si estendevano le pianure steppose dei ciclopi e dei troll. Si poteva persino scorgere la Foresta Bianca, incastrata tra le terre degli uomini e le montagne dei nani.

Le Riverboot erano dunque terra di nessuno, o meglio, terra di tutti. Vi fioriva il commercio e vi vigevano leggi neutrali che proteggevano la pace e proibivano alle faide tra popoli di metterci piedi.

Non c’era quindi da stupirsi se la taverna del Lupo era strapiena di avventori che bevevano, mangiavano, cantavano e ridevano.

La Maga era seduta a un tavolo sorseggiando un infuso di foglie di menta. Un osservatore disattento avrebbe visto una bella ragazza dai capelli lunghi e castani, raccolti in una comoda treccia, con abiti di buona fattura adeguati al viaggio che evidenziavano un fisico asciutto e longilineo, ma probabilmente non avrebbe notato la daga che portava al fianco oppure lo straordinario spazio che aveva ottenuto senza fatica malgrado la folla presente e chiassosa. Un osservatore più acuto avrebbe notato anche il modo in cui i suoi occhi andavano alla porta ogni volta che essa si apriva e il lampo che colse quei begli occhi verdi quando comparve un elfo scuro.

 

L’elfo osservò con una smorfia sulle labbra l’accozzaglia di esseri che affollava la taverna. Orchi, gnomi, umani, nani e persino qualche elfo. Il disgusto si attenuò quando i suoi occhi si posarono sulla Maga. Con passo deciso raggiunse la ragazza e la guardò interrogativo.

“Siediti Morcheo.” L’elfo afferrò una sedia e la accostò al tavolo, l’armatura a scaglie non infastidiva i suoi movimenti, ma dovette spostare la lunga spada che portava al fianco per sedersi.

“Sono qui, parla.” L’arroganza nel suo tono non face battere ciglio alla giovane Maga che con un semplice cenno attirò l’attenzione dell’oste.

“Maga, la mia regina mi ha permesso di allontanarmi dal suo servizio perché conosce il debito che pesa tra di noi, ma non tarderà a richiamarmi, quindi non perdiamo tempo.”

“Non sei l’unico che sto aspettando. Molti devono ancora giungere…” Il discorso rimase sospeso perché la ragazza aveva voltato la testa verso la porta che un ciclope aveva con fatica oltrepassato. La testa dell’essere non era lontana dal soffitto, ma la taverna era costruita anche per taglie più grosse della sua.

“Quello?” Chiese spezzante Morcheo.

“Sì.” Il ciclope si avvicinò al loro tavolo poi si sedette a terra, spingendo da parte un certo numero di avventori.

“Maga, eccomi, cosa ci fa qua un elfo nero? Io forse non ti basto?”

“Da te non può volere altro che un acchiappa mosche, da come puzzi sarai il loro preferito.” Il ringhio basso del ciclope risuonò nella taverna attirando sguardi preoccupati.

Morcheo, Kanesas, trattenete le lingue e le armi.” Il tono della Maga era pacato, ma entrambi i guerrieri si zittirono. “Come stavo dicendo a Morcheo, la missione in cui stiamo per imbarcarci necessita di un gruppo con membri che presentano qualità diverse.”

“Di che missione si tratta?”

“Se non vi dispiace vorrei parlarne quando saremo tutti presenti.” L’elfo annuì alla sua risposta e all’oste che era appena accorso ordinò da bere imitato dal ciclope.

Non dovettero attendere molto, un nano dalle braccia macchiate di rosso si presentò come Krov e si sedette assieme a loro poi giunse un sileno, dall’aria tutt’altro che felice di essere lì.

“Chi manca ancora?” Chiese il powrie Krov dopo essersi scolato la terza pinta di birra.

“Una persona.” Non si sbilanciò la Maga. Il sole era quasi al tramonto e il gruppo cominciava a spazientirsi.

“Abbiamo proprio bisogno di questa persona?” Chiese il sileno. “Perché sinceramente vorrei andarmene di qua.” Da quando era entrato continuava a lanciare sguardi spaventati agli altri avventori, la folla lo metteva a disagio e di certo Kanesas non lo aiutava gettandogli occhiate fameliche.

“Maga, è tempo di risposte.” Insistette Morcheo.

“Senza il quinto elemento non andremo da nessuna parte e…” Di nuovo si interruppe perché un’esile figura stava entrando titubante dalla porta. Gli occhi blu della giovane donna appena entrata spaziarono lungo tutta la taverna per poi fermarsi incrociando quelli verdi della Maga. “Bene.” Il sorriso che comparve sulle sue labbra indicò a tutti che anche l’ultimo componente era arrivato.

La giovane si fece avanti muovendosi con una certa goffaggine tra gli, ormai ubriachi, avventori della taverna.

“Benvenuta.” Il sorriso della Maga non era sparito, anzi, si alzò e le prese una sedia affinché le si sedesse accanto. “Ora possiamo cominciare.” Annunciò con soddisfazione. “Siete tutti qui perché necessito del vostro aiuto per una missione di fondamentale importanza per il nostro mondo.” Osservò tutti gli esseri raccolti attorno al suo tavolo, il volto pieno di gravità. “Ho scoperto che un potente stregone sta cercando le Tre Gemme dell’Aldilà.” Le sue parole ottennero qualche sopracciglio inarcato, ma nulla di più. “Conoscete le Gemme dell’Aldilà?”

“Sono solo un mito.” Commentò il sileno stringendosi nelle spalle.

“No, esse sono reali, lo so con assoluta sicurezza.” Dicendo questo infilò la mano nella giubba e ne estrasse un sacchettino. Lo aprì e ne rovesciò il contenuto sul palmo della mano. Tutti gli occhi si fissarono sul suo pugno e la Maga, ottenuta la giusta attenzione lo aprì. Un piccolo sassolino verde splendeva nella sua mano.

“Questa è una di esse, il suo potere è flebile, ma con la giusta magia persino con una sola potrei richiamare uno spirito dall’Aldilà.” Richiuse il palmo e fece scomparire la pietruzza nel sacchetto e poi nella sua giubba.

“Quindi vuoi che scopriamo dove sono le altre prima che questo stregone lo faccia?” Morcheo aveva incrociato le braccia aspettando una sua risposta.

“No, so esattamente dove sono le altre due Gemme.”

“Allora cosa vuoi da noi?” Kanesas afferrò il prosciutto che aveva abbandonato sul tavolo e riprese voracemente a mangiarlo.

“Voglio che mi aiutate ad averle tutte e tre.”

“Vuoi il loro potere?” L’ondina intervenne per la prima volta, gli occhi che si fissarono profondi in quelli della Maga.

“No, quando le avrò potrò nasconderle in un luogo sicuro, dove lo stregone non le troverà mai.” La risposta lasciò tutti in silenzio, la Maga incrociò la mani sul tavolo davanti a lei osservandoli. “Morcheo, Kanesas, Krov siete guerrieri e conoscete i pericoli a cui andrete incontro seguendomi.” La Maga voltò lo sguardo sul sileno. “Phy, sei uno studioso, le tue conoscenze saranno vitali, ma andrai incontro a rischi a cui i tuoi libri non ti hanno preparato e tu, Eis, principessa ondina,” la Maga la guardò con crescente serietà. “Nel luogo dove andremo la tua magia sarà fondamentale, ma dovrai affrontare minacce che possono andare oltre quello che io stessa prevedo.” Fece una lunga pausa osservando i volti davanti a lei. “Quello che vi chiedo è di affrontare pericoli e di rischiare la vostra vita in una missione di cui nessuno saprà mai nulla.”

“Abbiamo un patto e non temo pericoli.” Il ciclope sbadigliò e chiamò l’oste per un altro prosciutto.

“Vi ho già detto che vi seguirò, il mio onore di guerriero lo impone.” Krov si strinse nelle spalle poi estrasse uno dei pugnali e cominciò a pulirsi le unghie. Morcheo annuì semplicemente e così fece il sileno. La Maga allora guardò Eis. La principessa giocherellava con un pendente a forma di goccia che portava al collo, quell’oggetto magico permetteva all’ondina di rimanere lontana dall’acqua, un talismano donato a sua madre, la regina, dalla Maga stessa.

“Verrò con voi.”

“Ebbene, la compagnia è formata.” La Maga si alzò sorprendendo tutti. “Partiamo.”

“Ma è scesa la notte e…” Obiettò il sileno.

“Non c’è tempo da perdere, partiamo subito.”

 

La Maga li guidò verso una chiatta attraccata al piccolo molo della taverna. Senza discutere vi si sistemarono tutti, persino Kanesas che detestava l’acqua e il cui peso metteva alla prova il legno dell’imbarcazione.

Krov si mise ai comandi, abituato a dirigere le tozze imbarcazioni fabbricate dai powrie, mentre Morcheo liberò gli ormeggi e si mise di vedetta grazie alla sua prodigiosa vista notturna. La Maga si sistemò accanto a Eis che sporgeva la mano sfiorando la fredda acqua del fiume.

“Avremo bisogno di stabilità e rapidità, potete darcele entrambe?” L’ondina annuì, chiuse gli occhi per un breve istante poi li riaprì. Immediatamente la corrente, rispondendo alla chiamata della principessa, si ingrossò raccogliendo la chiatta e spingendola velocemente al centro del fiume e poi via, lungo di esso.

“Grazie.” La Maga ottenne un timido sorriso da Eis che distolse lo sguardo da lei per tornare a fissare il fiume.

Viaggiarono per gran parte della notte, dirigendosi a Est e inoltrandosi nella terra degli uomini.

“Dove ci porti?” Chiese Phy all’alba, quando la Maga ordinò di attraccare. “Queste terre sono occupate dai Signori della Cenere che non sono notoriamente accoglienti, soprattutto quando gli ospiti non sono umani.”

“Il sileno ha paura, io no, ma voglio sapere lo stesso dove condurrai i nostri passi.” Morcheo aveva incrociato le braccia e guardava la Maga con sospetto.

“E’ presto detto. Stiamo raggiungendo Ramad, dovremmo penetrarci in segreto e rubare la Gemme dell’Aldilà.” Il ciclope sbuffò e Krov fece una smorfia, persino Eis sobbalzò a quelle parole.

“Vuoi la nostra morte? Ramad è la fortezza più inespugnabile che esista.” Phy era impallidito e scuoteva la testa. “Nessuno, mai, vi è penetrato, non gli eserciti che l’hanno assediata, né ladri erranti, né abili ingannatori, è protetta da soldati e da antichissimi incantesimi!”

Phy, conosci la Storia, cosa sai dirmi dell’elfo Taxo?” Il satiro inarcò le sopracciglia perplesso.

Taxo, durante la guerra dei Troll, centinaia di anni or sono, uccise il malvagio Sayiya ponendo fine alla guerra e liberando i Troll dalla sua nefasta influenza…”

“Esatto, lo uccise con 'Ayam, rubando l’arma magica allo stesso Sayiya. Il potente incantatore delle mura di Ramad.”

“Ho sempre amato la Storia, ma non vedo come questa lezione possa aiutarci ad entrare a Ramad.” Intervenne Morcheo.

“Molto semplice, Taxo usò un passaggio segreto, lo stesso che useremo noi.” Il silenzio calò sul gruppo mentre tutti la fissavano tra il perplesso e l’ammirato.

“Tu… ne sei sicura? Perché non ho mai letto niente di simile…”

Phy, ci sono molte cose di queste terre che non so, ma ci sono dettagli delle Storia che conosco, dettagli come l’esatta ubicazione del passaggio segreto.”

Mangiarono camminando, con Kanesas che si lamentava per il passo lento dei compagni dalle gambe corte e Krov che raccontava delle numerose volte in cui si era inoltrato in quelle terre per uccidere uno o più nemici.

La Maga camminava accanto a Eis, ma silenziosa e persa nei suoi pensieri non interveniva nelle discussioni.

“A cosa pensi?” La Maga si voltò con un sorriso verso la ragazza stringendosi nelle spalle. “La nostra missione ti preoccupa?”

“No, so che riusciremo.” Sorrise ancora osservando quei dolci e curiosi occhi blu. “Solo mi piace riflettere mentre cammino, la strada scorre sotto di me più velocemente.” Eis la scrutò, poi annuì, accettando il fatto che la Maga non volesse approfondire.

“Sai, mi ricordo il giorno in cui sei arrivata nel nostro regno con l’amuleto.” La giovane alzò la mano sfiorando la goccia di cristallo che portava al collo. “Senza non credo che il nostro popolo esisterebbe ancora.” La Maga annuì, le ondine erano state sull’orlo della catastrofe, ma il suo intervento aveva permesso alla loro regina di raggiungere la regina degli elfi scuri e così tessere un’alleanza che aveva salvato entrambi i popoli dalla distruzione. “Avevo sempre sentito parlare della Maga, ma non avevo mai immaginato che eri così giovane...” Arrossì e la Maga sorrise.

“La mia giovinezza ha spesso giocato a mio favore, non ci si aspetta che io possa essere una minaccia reale.”

“Degli uomini a cavallo.” Avvisò Morcheo che era partito in avanscoperta qualche ora prima.

“Quanti?” Chiese Krov estraendo un pugnale.

“Dieci.”

“Ne ho affrontati di più numerosi, uccidiamoli.”

“Sono d’accordo, ho fame.” Kanesas alzò la clava indicando di essere pronto.

“No, dobbiamo rimanere invisibili per il momento.” Il nano ritirò il coltello mentre il ciclope emetteva un basso ringhio.

“Di sicuro non potranno raccontare nulla a nessuno dopo che avrò finito con loro! E se preferisci mangerò solo i cavalli.”

“Ho detto no.” La Maga lo fissò con occhi duri come smeraldi e il ciclope distolse lo sguardo abbassando però la clava in segno di resa.

Si allontanarono dalla strada nascondendosi tra i radi cespugli che crescevano in quelle terre. I cavalieri, splendidi nelle loro armature dorate passarono oltre senza vederli e così ripresero la loro strada. Quando ormai la sera stava scendendo videro le luci della città-fortezza dei Signori di Cenere: Ramad. La Maga li condusse sicura fino a una roccia che sembrava una lama spezzata infissa nella terra. Lontana si stagliava Ramad, dominando il territorio grazie all’alto sperone di roccia su cui era costruita.

“Qua ci separiamo.”

“Cosa?” Phy scosse la testa. “Separarci è una pessima idea.” Ma la Maga non lo ascoltò continuando invece a spiegare.

“Io, Phy e Eis entriamo nel passaggio segreto, mentre Kanesas, Morcheo e Krov creeranno un diversivo. Ho bisogno che le guardie credano di aver sventato l’attacco e abbassino la guardia, altrimenti non giungeremo mai nella sala del tesoro.”

“Quindi dobbiamo farci catturare? E’ questo il tuo piano?” Morcheo non sembrava affatto contento.

“Sì, ovviamente sarete sbattuti nei sotterranei e noi vi libereremo una volta presa la Gemma.”

“Per la maledizione che mi ha fatto perdere il berretto! Questa è una follia! Potrebbero ucciderci subito invece di sbatterci nei sotterranei.” Krov si tormentava la folta barba nera mostrando per la prima volta di essere preoccupato.

“Ho detto che non sarebbe stata una missione facile e ho detto che mi sareste serviti tutti voi. Esiste una leggenda umana, dice che un ciclope tenterà di rubare dal tesoro, questo gesto folle verrà sventato, ma porterà rovina su Ramad se il ciclope non verrà ucciso secondo un rituale.”

“Stai scherzando Maga? A me sembra una leggenda che hai appena inventato.” Kanesas era ancora contrariato dopo l’incontro dei cavalieri e non sembrava in vena di approvazione.

“No, anche io conosco la leggenda del ciclope. E’ antica, deriva dai tempi di Taxo, lui aveva un ciclope come compagno.” Si bloccò osservando i compagni attorno a sé. “Un ciclope, un’ondina, un nano, un sileno e un umano, aggiungendo che Taxo era un elfo… hai riproposto la stessa compagnia!” Phy osservò la Maga stupito. “Perché?”

“Si da il caso che cerco quelle qualità specifiche che servirono anche a Taxo, quello che lui ha ottenuto grazie al Creatore io l’ho messo assieme con attenzione. Ma non ha importanza, siete disposti a fare quello per cui siamo venuti?” Dai tre guerrieri ottenne solo dei cenni di assenso scontento, ma non le serviva altro.

 

Eis osservava la luna in silenzio quando la Maga si sedette accanto a lei, Phy poco lontano russava leggermente.

“Dovresti dormire.”

“Come posso dormire? La luna è così bella.”

“Andrà tutto bene.” Gli occhi dell’ondina si spostarono su di lei, consapevoli che la donna aveva colto la sua paura e quello che realmente non la lasciava dormire.

“I compagni di Taxo sono morti, uno dopo l’altro, solo l’elfo riuscì a tornare a casa.” Ricordò allora Eis. La Maga annuì mentre alzava il volto alla luna. Il silenzio si protrasse fino a quando la donna non decise di romperlo.

Eis significa ghiaccio non è vero?”

“Sì, lo specchio d’acqua in cui mia madre partorì gelò la notte in cui sono nata. Il tuo nome invece nessuno lo conosce…” Di nuovo il silenzio.

“Maga è l’unico nome che avrebbe senso per me in questa terra.”

“In questa terra? Perché esistono altri mondi?”

“Certo che no.” La Maga si alzò sorridendo. “Dovresti davvero dormire fino a quando non sarà il momento.”

L’ondina la guardò allontanarsi pentendosi di averla infastidita con le sue domande.

 

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo: “Le cose non vanno sempre come da programma.” ***


Secondo capitolo: “Le cose non vanno sempre come da programma.”

 

Quando la luce del mattino iniziò a disperdere le ombre la Maga li guidò all’interno di una galleria. Camminarono per molto tempo, prima in un lungo tunnel di terra poi in un interminabile corridoio di pietra.

“Stiamo passando sotto le mura della città, ma come faremo con gli incantesimi?” Chiese Phy quando iniziò a notare dei simboli runici sulle pareti.

“Come ho detto ognuno ha la sua parte da compiere. Io non so leggere le rune di Cenere, tu sì, così potremo entrare come fece Taxo.” Camminarono ancora per quelle che parvero ore per poi giungere in una stanza rotonda, la fine di un pozzo di cui non vedevano la cima. Dal muro partiva una scalinata.

“Percepisco la magia…” Mormorò Eis guardandosi attorno. Era chiaramente a disagio in quella terra secca e per tutto il percorso aveva stretto nel pugno l’amuleto.

“Sì, siamo alla Porta Magica. Phy,  tocca a te.” Il sileno si fece avanti deglutendo. A terra, al centro della stanza, alcune rune erano incise nella roccia e lì Phy si sedette.

Rimase in silenzio per lunghi minuti poi sospirò.

“E’ una specie di gioco, se indovino la parola d’ordine potrò entrare, altrimenti rimarremo fuori.”

“Non ho dubbi che ce la farai.”

“Le combinazioni sono quasi infinite… la possibilità che io…”

“Lo so, però Taxo ce l’ha fatta, ce la farai anche tu, ti ho scelto perché so che ce la farai.” A quelle parole il sileno si voltò e corrugando la fronte si concentrò.

Eis guardò la Maga, la donna si era seduta a terra e aveva chiuso gli occhi, come se fosse in profonda meditazione, le sue mani stringevano la daga che portava sempre al fianco.

“Io, credo di aver capito.” La Maga aprì gli occhi e incrociò lo sguardo con Eis che arrossì per essersi fatta cogliere a osservarla. La donna però le sorrise dolcemente poi si alzò e raggiunge Phy.

“Bene, fallo.” Il sileno strinse i pugni, raccolse il coraggio e tracciò varie rune nella polvere sul pavimento davanti a lui. La roccia sembrò brillare per qualche secondo poi le nuove rune entrarono nel precedente messaggio incidendosi nella roccia da sole.

“Ha… ha funzionato!” Esclamò esterrefatto Phy balzando in piedi con gioia.

“Non avevo dubbi. Ora proseguiamo.”

Le scale giravano attorno al pozzo e di nuovo sembrò loro di camminare per un tempo lunghissimo, infine però giunsero a una botola.

La Maga li fermò e si voltò a guardarli.

“Fino ad adesso è stata una passeggiata, ma dal momento stesso in cui oltrepasseremo questa botola saremmo all’interno del castello. Se ho calcolato con esattezza i tempi, allora giungeremo a notte fonda e i soldati staranno festeggiando la cattura dei nostri compagni, ma questo non significa che non ci sarà qualche guardia più vigile delle altre.” La sua mano andò alla daga, ma invece di estrarla guardò Eis e Phy attendendo un cenno di assenso. Quando fu soddisfatta aprì la botola.

Si ritrovarono in un buio corridoio. La Maga sembrava conoscere bene il percorso perché li guidò senza indugio tra scale, corridoi e sale. Furono fortunati e trovarono la prima guardia solo davanti alle porte della stanza del tesoro.

“Tocca a te.” Mormorò la Maga fissando Eis che sbirciò dal corridoio e annuì. Accanto alla guardia vi era un bicchiere d’acqua. L’ondina chiuse gli occhi e l’acqua schizzò dal recipiente. Il soldato sobbalzò cercando di afferrare il bicchiere e la Maga fu su di lui. Un colpo deciso con il pomo della daga e l’uomo crollò a terra svenuto. Poi la donna estrasse una chiave da una tasca della giubba e aprì la porta.

“Come…?” La domanda di Phy rimase inespressa perché la Maga gli fece un brusco cenno affinché tacesse.

Entrarono nella stanza osservando le teche che proteggevano i più preziosi tesori dei Signori della Cenere. Libri contenenti la conoscenza magica, pietre preziose, reliquie sacre per il loro culto, oggetti mistici e tra tutto questo la Gemma, un altro sassolino però, questa volta, dal brillante colore ambrato. La Maga andò dritta verso l’oggetto estraendolo dalla vetrinetta e facendolo sparire in una tasca.

“Molto bene…” La porta si aprì e due uomini entrarono nella stanza, rimanendo bloccati dallo stupore nel vederli.

“Voi?” Sbottò uno. La daga partì rapida, tagliando la gola dell’uomo che cadde a terra portandosi inutilmente le mani al collo.

“Perché…?” Ebbe ancora il tempo di dire il secondo uomo mentre la Maga recuperata la daga gliela conficcava nel cuore.

“Oddio…” Quando si voltò Phy stava vomitando mentre Eis pallidissima era appoggiata a una teca e sembrava sul punto di svenire.

La Maga si alzò, gli occhi freddi e duri come non li avevano mai visti.

“Andiamo.” Disse soltanto mentre puliva la daga nella stoffa prima di inguainarla di nuovo. “Mi dispiace.” Mormorò voltandosi a osservare i due corpi a terra, gli occhi che tornavano a essere normali. “Non era previsto che entrassero, ho dovuto agire in fretta, non avrei voluto che assisteste.” Si voltò di nuovo verso di loro poi scosse la testa. “Dobbiamo andare, presto sarà dato l’allarme.”

Furono di nuovo fortunati e sotto la guida della Maga scesero fino ai sotterranei senza incontrare nessuno se non la guardia carceraria che la donna stordì senza uccidere. In una cella, come promesso, c’erano Morcheo, Krov e Kanesas. Malgrado avessero qualche ammaccatura erano riusciti a rimanere interi.

Nel vedere il loro sguardo interrogativo la Maga annuì.

“L’ho presa, andiamocene ora.”

Ripercorsero la strada fino alla botola, ma essa era sparita.

“Era qui!” Assicurò Phy passando le mani sul pavimento cercando inutilmente la porta.

“Il passaggio si è chiuso.” La Maga si morse un labbro. “Dobbiamo trovare un altro modo per uscire.”

“Ma questo era l’unica via!” Phy sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Le cose non vanno sempre come da programma, devono aver aggiunto qualche incantesimo dopo il passaggio di Taxo… è logico conoscendo il Creatore.”

“Perché ora vuoi dirmi che conosci il Creatore?” Sbottò Kanesas “Io dico sfondiamo il pavimento, se qua c’è un passaggio allora lo troveremo, botola o non botola.”

“La magia non funziona in questo modo!” Krov era di guardia al corridoio, ma gettò lo stesso uno sguardo di disprezzo verso il ciclope.

“E tu cosa ne sai piccolo essere inutile?” Proruppe Kanesas.

“Io? Il mio cappello insanguinato mi è stato portato via proprio perché non ho voluto arrendermi davanti alla forza della magia! La strega che mi ha maledetto, affinché mai più potessi portare il cappello, me lo ha dimostrato.” La Maga seguì lo scambio con occhi attenti, la mano sulla daga poi scosse la testa.

“Non è questo il momento di discutere. Usciremo attraverso le rapide.”

Ramad era stata costruita su quello sperone di roccia affinché dominasse le pianure che la circondavano e anche perché lì uno dei maggiori fiumi sotterranei della regione sbucava dal terreno, fornendo l’acqua per tutta la città, prima di infrangersi decine di metri più in basso e nascondersi ancora.

Osservando dalla mura le tumultuose acque si aveva l’impressione che fossero solo un muro di roccia liquida.

“Se ci gettiamo moriremo.” Phy osservava le ripide e scuoteva la testa mormorando tra sé.

“Non moriremo, Eis ci farà arrivare a terra sani e salvi.” La ragazza che osservava affascinata la possente corrente alzò gli occhi sulla Maga.

“E’… è molto forte, non sono sicura di riuscire a rallentarla e a trattenervi tutti…” La Maga sorrise.

“Certo che ce la farai, ho fiducia in te.” Eis annuì poi tolse l’amuleto e lo consegnò alla donna.

“Dovrò fondermi con la corrente, altrimenti non ce la farò, non questa volta.” Iniziò a spogliarsi e poi, quando fu nuda, si gettò dalla rupe scomparendo tra le gelide acqua.

“Molto bene, Phy, primo tu.”

“Cosa? No io…” Prima che potesse protestare Morcheo lo afferrò e lo gettò dalla rupe.

“Non avrebbe mai saltato, è un codardo.” Nel dirlo si gettò dietro al sileno. Uno dopo l’altro tutti lo imitarono fino a quando non restò che la Maga. La donna cercò di scorgere i suoi compagni che ormai, se l’ondina non aveva fallito, si trovavano già al sicuro a terra. Il buio però era troppo fitto e lei non poté scorgere nulla, non aveva gli occhi del drow. Preso un profondo respiro si gettò nella cascata.

L’acqua era gelida e la violenza con cui la percosse le tolse il fiato. Poi Eis fu lì. La giovane ragazza la prese tra le braccia e la racchiuse in un bozzolo di calore e tranquillità. La Maga poteva scorgere i suoi occhi nella corrente, la forma della ragazza non era più quella umana, ma ne rimanevano alcuni tratti, come gli occhi e il sorriso. La discesa durò alcuni secondi eppure alla Maga sembrò che quel dolce abbraccio durasse a lungo. Quando toccò terra l’acqua tornò a percuoterla con violenza e due braccia muscolose la afferrarono tirandola fuori.

“Grazie Kanesas.” Mormorò fissando i compagni, bagnati e infreddoliti, ma vivi. Proprio in quel momento Eis uscì dall’acqua, il corpo che assumeva solidità e riprendeva la forma umana. La Maga le passò gli abiti, fradici anch’essi, distogliendo gli occhi dal suo corpo nudo. Quando fu vestita le riconsegnò l’amuleto.

“Grazie.”

“Grazie a te, ci hai salvati tutti.” La ragazza sorrise arrossendo un poco mentre la Maga si soffermava a guardare quel volto così delicato e ricordava con nostalgia il caldo abbraccio in cui l’aveva tenuta poco prima.

“Non vi muovete!”

L’urlo colse tutti alla sprovvista, l’uomo che aveva intimato l’ordine indossava una lucente armatura dorata e tra le braccia aveva una balestra. Dietro di lui erano schierati nove cavalieri, tutti con le frecce incoccate.

La Maga fece un passo avanti, la mano alla daga, ma il soldato che aveva parlato puntò la freccia dritta su di lei.

“Ho detto di non muoversi!”

“Va bene, cosa volete da noi?” Il soldato osservò lo strano gruppo che aveva davanti.

“Ho ricevuto l’ordine di portare al cospetto del mio signore la Maga”.

“Il tuo signore?” Chiese la donna continuando a non muoversi.

“Sì, mi ha detto che ella è astuta e pericolosa”

“Mi lusingate.” La Maga sorrise amabilmente mentre accarezzava con noncuranza la daga.

“Gettate la vostra arma verso di me!” Intimò subito l’uomo senza abbassare la guardia e tenendo sempre la balestra alzata. La Maga fece una smorfia poi slacciò la cintura in cui era infilato il fodero dell’arma e la gettò ai piedi dell’uomo. Nel vedere Krov guardarla cercando il permesso di attaccare la Maga scosse la testa, gesto che colsero anche Kanesas e Morcheo, entrambi pronti ad agire.

“Sono io la Maga.” La voce di Eis era quasi un mormorio, ma oltrepassò senza difficoltò il frastuono della cascata.

“Voi?” Il soldato fissò le due donne chiaramente indeciso.

“Sì, sono io, lasciate andare i miei compagni e vi seguirò senza arrecarvi danno fin dal vostro signore.”

“Non ascoltatela, sono io quella che cercate.” La Maga fece un passo avanti frapponendosi tra l’ondina e la balestra dell’uomo.

“Maledizione, molto bene, prenderemo entrambe.”

 

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo: “Vi ho nascosto parte della verità.” ***


Terzo capitolo: “Vi ho nascosto parte della verità.”

 

Morcheo osservò i cavalieri allontanarsi al galoppo e fece una smorfia.

“Questa storia non mi convince.”

“Cosa vuoi dire?”

“Ci stavano aspettando, qualcuno deve averli avvisati.” Krov lanciò subito uno sguardo al ciclope che sputò per terra.

“Ovviamente il traditore devo essere io, giusto?” Afferrò la clava e se la mise in spalle. “Andate tutti al Creatore, io torno dal mio gregge.”

“Te ne vai così? Abbandoni la Maga? Sei un vigliacco!” Kanesas si voltò rapido verso il powrie che aveva già estratto due pugnali e lo fissava combattivo.

“Io avevo un accordo con lei e ora è stato reciso, non le devo più nulla.”

“Che accordo?” Chiese allora l’elfo, sospettoso come sempre.

“Avrei ubbidito ai suoi ordini fino a quando saremmo stati assieme. Ebbene, ora non è più qui.”

“Anche ieri ci siamo separati, eppure hai attaccato la cittadina assieme a noi.” Gli ricordò il nano.

“Certo, lì il suo ordine era chiaro. Adesso non l’ho sentita pronunciare nulla. Per quanto mi riguarda la missione è finita.” Chiudendo il discorso il ciclope si allontanò con lunghi passi, scomparendo velocemente nella notte.

Krov sputò per terra poi guardò il drow.

“E tu?”

“Io ho un onore!” Morcheo gli lanciò uno sguardo furioso tormentando l’elsa della spada.

“Eppure credi che ci sia qualcosa che non va in questa storia.” L’elfo fissò Krov intensamente.

“Sì, credo che la Maga non ci abbia detto tutto. Non mi fido di lei.” Il nano si strinse nelle spalle indifferente.

“Questo cambia qualcosa?”

“No, andremo a salvarla e con lei Eis. La mia regina non sarebbe contenta di me se non intervenissi in soccorso della figlia di una sua alleata.” Detto questo Morcheo sparì nella notte, come solo un elfo scuro poteva fare. Krov rinfoderò i pugnali e si mise a correre.

“Perché nessuno chiede mai a me cosa voglio fare?” Phy osservò la notte buia davanti a lui, non era mai stato coraggioso, lui era uno studioso, amava la musica, la danza, non era fatto per le battaglie e gli inseguimenti. Poteva andarsene, tornare a casa come aveva fatto Kanesas, dopo tutto chi lo avrebbe biasimato? Non era un guerriero. Prese un profondo respiro, poi un secondo e infine si mise a correre.

 

La Maga lanciò uno sguardo alla sua daga che raccogliendo un raggio lunare aveva brillato.

“Verranno a salvarci.” Le mormorò Eis, notando il suo sguardo.

“Non avresti dovuto dire che eri me, sai questi uomini a chi fanno capo? Sai cosa ti faranno non appena il loro signore saprà che sei inutile per lui?” Stavano cavalcando lungo la strada che portava alla Torre di Khadae, entrambe sul dorso dello stesso destriero, i polsi legati e le briglie nel pugno del comandante del gruppo mentre due soldati le affiancavano, le balestre fisse su di loro.

“Io… io credevo di poterti aiutare…”

“A fuggire?” Le chiese la Maga finendo la frase per lei. “Non avresti dovuto.”

“Silenzio voi due!” Le redarguì il comandante.

L’alba giunse lentamente, prima fu un debole chiarore poi il sole si levò colorando il mondo e mostrando loro la meta. La Torre di Khadae si stagliava brillando come l’oro, ma alla fine della giornata era ancora lontana. Si fermarono in un piccolo avvallamento, alcuni soldati furono messi a guardia dell’accampamento mentre altri si occuparono del fuoco e della cena.

“Mi dispiace.” Eis si voltò verso la Maga, che aveva parlato così basso da farle credere che le sue orecchie si erano ingannate. “Non avrei dovuto trascinarti in questa folle avventura.” La Maga non la guardava ma Eis sorrise.

“No, io ero destinata a una vita al sicuro nelle acque, una vita noiosa. In questi pochi giorni ho provato più emozioni di un’esistenza intera. E…” Si fermò imbarazzata lanciando uno sguardo alla Maga, poi le prese la mano stringendogliela. “Io, per la prima volta, mi sono sentita utile.” Le dita della donna si strinsero tra le sue in un gesto che aveva più significato di molte parole. Eis sentì il cuore battere e abbassò lo sguardo, contenta che la notte stava calando e che la Maga non la guardasse.

L’alba era sorta e avevano ripreso il viaggio, ora la Torre era davanti a loro e il pesante ponte levatoio si stava abbassando.

Un brivido percorse l’ondina quando le labbra della Maga le sfiorarono il collo. Il loro cavallo fu tirato in avanti per attraversare il ponte, ma Eis non se ne accorse neppure troppo distratta dalle mani della Maga che si strinsero attorno al suo corpo. La spinta la colse completamente impreparata.

Mentre cadeva da cavallo sentì il respiro mozzarsi, non aveva più l’amuleto, il suo corpo si trasformò mentre si immergeva nell’acqua paludosa del fossato. Con un urlo vide il soldato colpire la Maga che si accasciò sul destriero svenuto. Sollevò con forza l’acqua facendola impattare contro il ponte, ma era troppo tardi, i soldati erano corsi all’interno e quell’acqua era troppo poca per incidere quelle grandi mura di brillante marmo. Con un gemito si ritirò nell’acqua, rabbiosa con la Maga per averla allontanata e con se stessa per essere così inutile.

 

“Non sarà facile.” Krov aveva passato alcune ore ad osservare Khadae e aveva uno sguardo cupo.

“Perché non fate come a Ramad?”

“A Ramad dovevamo farci catturare.” Ricordò a Phy uno stizzito Morcheo.

“Io aspetterei la notte, scaliamo le mura e uccidiamo le guardie, non devono essere più di un centinaio.” Gli occhi del powrie brillarono mentre Phy rabbrividiva. Aveva deciso di fare un atto di coraggio e di seguire l’elfo e il nano, ma questo non significava che era pronto a compiere un massacro.

“Io avrei un’idea migliore.” Il ciclope sorrise nel vedere i loro sguardi stupiti. “Meritava tornare anche solo per godermi le vostre facce.”

“Non sei tornato a casa?”

“No, mi sono detto che se continuavo la missione avrei avuto la pancia piena molto presto.”

 

La Maga si risvegliò con un pesante mal di testa, ma la prima cosa che vide fu la sua daga che brillava. Sorrise. Tutto stava andando secondo i piani.

 

Eis osservò ancora una volta la Torre. Avrebbe potuto scomparire nella terra, tornare a casa seguendo le acque, ma non poteva abbandonare la Maga. Così per l’ennesima volta cercò un punto debole, un modo per entrare all’interno e portare con lei la forza dell’acqua.

Un grido interruppe le sue riflessioni, le guardie erano in allarme e una prima freccia fu scagliata seguita da numerose altre. Eis sorrise, Kanesas stava correndo verso la porta, sulle sue spalle Morcheo defletteva le frecce, rapido e sicuro con la sua grande spada. Mentre appena più indietro saettavano Krov e Phy.

In una subitanea ispirazione Eis sollevò le acque formando una barriera che nascondeva alle guardie gli assalitori. In poco tempo il ciclope arrivò alla porta che colpì con la sua clava, dopo tre poderosi colpi la porta si infranse e il nano si fiondò all’interno, i pugnali sguainati che come serpenti colpivano rapidi e letali.

 

La Maga si alzò in piedi e corse alla finestra. Al centro della piazza interna Krov e Morcheo lottavano come demoni, mentre Kanesas finiva di sbrindellare la porta e Phy correva verso le porte della Torre, un pugnale stretto nella mano. Doveva fare in fretta.

 

“Non resisteremo ancora per molto!” Krov digrignò i denti mentre una freccia si piantava alla sua destra. Malgrado la cortina d’acqua li avesse seguiti nascondendoli alla vista dei balestrieri essi avevano incominciato a tirare alla cieca, incuranti del rischio di colpire anche i loro compagni. Kanesas e Morcheo stavano lottando con efficacia contro le guardie, ma l’effetto sorpresa era svanito e ben presto si sarebbero organizzate meglio, neutralizzandoli. Proprio in quel momento Phy uscì dalla Torre, accanto a lui c’era la Maga. La donna era sostenuta dal sileno, altrimenti non sarebbe stata in grado di camminare. Nel suo pugno però vi era la daga.

“Andiamocene.” Riuscì a mormorare la Maga sorridendo.

La Torre di Khadea era in fiamme mentre loro correvano via. La donna era stretta tra le possenti braccia di Kanesas ed Eis, che era di nuovo in possesso del talismano, non riusciva a non sentire una stretta al cuore nel vederla così debole e indifesa.

Dare fuoco alla Torre aveva permesso loro di fuggire, poiché i soldati erano stati troppo occupati a badare ai loro feriti e all’incendio per organizzare un inseguimento, ma prima che decidessero di vendicarsi dovevano guadagnare il maggior vantaggio possibile.

Corsero per due giorni e due notti, poi, esausti, si accamparono in una piccola valle boscosa.

“Cosa è successo?” Nei due giorni precedenti non c’era stato spazio per altro che correre, ora però era giunto il momento della verità. Morcheo la guardava attraverso il piccolo fuoco che avevano acceso e la Maga sospirò.

“Vi ho nascosto parte della verità.” Gli occhi di tutti si fissarono su di lei e la donna sorrise. “Lo stregone è il signore della Torre di Khadea e possedeva già la prima Gemma dell’Aldilà.” La Maga infilò una mano nella giubba e, come la prima volta nella taverna del Lupo, ne estrasse un sacchetto. Aprì il palmo e vuotò il sacchetto su di esso.

Tre sassolini caddero sulla sua mano, raccogliendo i riflessi del fuoco. Tra quello verde e quello ambra ve ne era uno blu iridescente.

“Cosa… come?” Phy osservava stupito le Gemme mentre la donna le faceva di nuovo sparire.

“Avevo bisogno di tempo, lo stregone doveva credere di avermi in pugno, non potevo entrare frantumando porte e attaccando i suoi uomini, altrimenti avrebbe usato la sua magia e vi avrebbe uccisi tutti. No, doveva essere lontano. Così ho fatto arrivare alle guardie la voce che sarei stata a Ramad, loro ci hanno trovato e mi hanno catturata.” Lanciò uno sguardo a Eis che teneva la testa bassa. “Eis non avrebbe dovuto venire con me e ho dovuto improvvisare per toglierla dal pericolo… Comunque sono stata portata davanti allo stregone che ovviamente ha trovato le Gemme che portavo ed è partito per la Fonte, affinché il suo esercito di non-morti sorgesse.”

“Non capisco, se lui aveva le Gemme, come fai ad averle tu?”

“Semplice, gli ho consegnato dei falsi.”

“Falsi? Ma lo stregone…”

“E’ un essere come molti altri e malgrado sia estremamente potente ha anche le sue debolezze, prima su tutte l’arroganza, non ha dubitato neppure per un istante e crogiolandosi nella vittoria ha agito come fa ogni cattivo creato in questo mondo: non mi ha ucciso, perché assistessi alla sua vittoria e al suo dominio su tutte le razze.”

“Perché non ce lo hai detto?” Gli occhi di Morcheo non si staccavano dal suo volto, alla ricerca di una nuova menzogna.

“Perché lo stregone avrebbe sondato le vostre menti e avrebbe capito l’inganno.” Phy sgranò gli occhi.

“E’ così potente?”

“No, solo che conosce qualche trucchetto, cercare e frugare in una mente gli costa un’immensa fatica, ma c’era la possibilità che lo facesse lo stesso e io non lo volevo.”

“Ci hai mentito, perché ora dovremmo fidarci ancora di te?” La domanda, che avrebbe dovuto uscire dalla labbra di Morcheo provenne invece da Eis, la ragazza si alzò e si allontanò nel buio. Phy si alzò per seguirla, ma la Maga scosse la testa.

“Vado io, voi cercate di dormire, abbiamo un lungo viaggio davanti a noi, le Gemme devono essere nascoste al più presto.”

 

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Capitolo 5
*** Quarto capitolo: “Fuggi lontano da me.” ***


Quarto capitolo: “Fuggi lontano da me.”

 

Eis strinse i pugni, lacrime di rabbia le scendevano lungo il viso, era stata sciocca a credere alla Maga, era solo una bugiarda, tutto ciò che faceva era calcolato, persino quell’abbraccio nell’entrare alla Torre era solo servito per rubarle l’amuleto.

Eis.”

“Non voglio parlare con te, lasciami in pace.” Scattò, cercando di asciugarsi le lacrime, furiosa all’idea che la donna vedesse quanto male le aveva fatto.

Eis.” Mormorò allora la Maga. “Non capisci…” Colpita dal tono dolce della donna si voltò sorprendendosi nel trovarla così vicina.

“Cosa dovrei capire?” Disse, cercando di non lasciarsi confondere da quei dolci occhi verdi.

“Tu…” La Maga sorrise e scosse la testa, come se fosse stupita da quello che stava per dire. “Il fatto è che non mi ero aspettata di…”

Eis sentì il cuore che batteva veloce nel petto, cosa stava cercando di dirle la donna? Perché i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dai propri?

“Sarò anche giovane, ma avevo messo una pietra sopra ad ogni possibilità per me, sono una Maga dopo tutto, devo agire per il bene dei popoli, lottare affinché il male rimanga in equilibrio con il bene, eppure, tu sei riuscita a sconvolgermi in un modo…” Si interruppe. “Sto dicendo cose senza senso, non è vero?” Eis non riuscì a risponderle, perché la Maga aveva alzato una mano e ora le accarezzava dolcemente il volto. “Forse dovrei smettere di parlare.” Mormorò, poi i suoi occhi si chiusero e la donna appoggiò le labbra su quelle dell’ondina.

La mano della Maga sfiorò la daga che brillò nella notte.

 

L’indomani camminarono sotto una pioggia torrenziale per la gioia di Eis che sembrava incapace di smettere di sorridere. Aveva passato la notte tra le braccia della Maga che non l’aveva lasciata neanche dopo essersi profondamente addormentata.

“Il fiume è la via più rapida, grazie a Eis saremo rapidi e sicuri.” All’affermazione di Morcheo annuirono tutti, ma la Maga scosse la testa.

“No, il fiume è la via più ovvia, dobbiamo attraversare le Foreste Bianche.”

“E’ una terra di spiriti, nessuno che la attraversa ne esce vivo, posso essere più coraggioso di prima, ma non sono pazzo.” Phy cercò l’appoggio degli altri che concordarono con il silvano.

“Non ti seguiremo in una terra di morte.” Concluse Morcheo.

“Se vi dicessi che conosco la strada? Che gli spiriti non ci infastidiranno?”

“Non ci fidiamo di te.” Disse subito il ciclope. “Probabilmente stai già preparando un altro inganno.”

“Nessun inganno, ma queste ci apriranno la strada.” Con un colpetto indicò la tasca in cui erano rinchiuse le Gemme dell’Aldilà.

“Ne sei sicura?”

“Assolutamente sì.” Rispose la Maga.

“Perché hai ancora bisogno di noi?” Chiese allora Morcheo. “Hai le Gemme, sai dove nasconderle e hai un modo per raggiungere questo luogo, perché dovremmo seguirti?”

“Avrò bisogno di voi ancora una volta, il luogo in cui devo deporre le Gemme è protetto, mi serviranno le vostre capacità.” Guardò verso l’elfo, gli occhi verdi che brillavano. “Ti fidi di me abbastanza da fare quest’ultimo passo?” L’elfo rimase immobile e in silenzio per un tempo che sembrò lunghissimo, poi con un brusco cenno della testa si dichiarò d’accordo. La Maga sentì un brivido percorrerle la schiena: era quasi fatta.

 

 

Le Foreste Bianche non apparivano diverse da qualsiasi altra foresta, se non per il fatto che chiunque vi entrasse non tornava più. Le voci parlavano di spiriti bianchi, da qui il nome, che affamati catturavano i viventi uccidendoli. La Maga però conosceva la verità. Poiché aveva letto le parole dello stesso Creatore.

Krov camminava davanti a tutti, il passo sicuro e fiducioso.

“Quella dannata strega che mi ha maledetto non può essere peggio di quello che c’è qua dentro.”

Krov, perché non ci racconti della strega, cosa gli avevi fatto per farla arrabbiare così tanto?” Phy che lo seguiva si beccò uno sguardo dal powrie che non aggiunse altro poi osservò la Maga. La donna non aveva più parlato a nessuno di loro. Malgrado ormai tra loro si fosse formato un certo cameratismo la Maga non ne faceva parte. La sera mentre loro chiacchieravano lei se ne stava silenziosa e in disparte,  respingendo ogni tentativo di coinvolgerla. Sembrava che si stesse preparando per qualcosa, ma il sileno non riusciva ad immaginare cosa e sembrava l’unico ad interrogarsi sui loro passi. Morcheo ormai aveva dato la sua fiducia e non la contrastava più con domande o chiarimenti, il nano le era sempre fedele, il ciclope aveva dato la sua parola ed Eis… l’ondina sembrava essersi innamorata della Maga e ora si struggeva poiché la donna non la guardava più. Phy scosse la testa, eppure c’era un’ idea che lo solleticava, ma che non riusciva proprio a formulare...

“Ci siamo.” L’annuncio lo colse quando era a un passo dall’arrivarci, frustrato alzò gli occhi osservando la placida radura davanti a loro.

Un piccolo ruscello scorreva tra gli alberi, ma ad attirare lo sguardo era la baracca al suo centro. Aveva l’aria di essere disabitata da molto tempo, il tetto in legno era cadente e le pareti sembravano sul punto di disfarsi, visto l’evidente squarcio ben visibile da un lato, come se un ciclope avesse deciso di percuoterlo con la sua clava.

“Sei sicura che sia questo il luogo giusto?” Eis si avvicinò alla Maga. La donna si voltò verso di lei, sul volto uno sguardo indecifrabile. Gli altri si erano allontanati per perlustrare la zona, ma l’ondina aveva insistito per rimanere con lei.

“Questo luogo, non appartiene a questo mondo e…” La Maga si interruppe. “Fuggi lontano da me.” Mormorò poi spaventandola.

“Perché?” La donna rimase immobile per un lungo istante poi i suoi occhi si velarono di lacrime.

“Mi dispiace così tanto…” Riuscì a dire tra i singhiozzi. Eis la prese tra le braccia, incapace di comprendere quell’improvviso scoppio di emozioni.

“Va tutto bene, va tutto bene.” Le mormorò accarezzandole la testa. Quando i singhiozzi si calmarono le alzò il viso facendo sì che i loro occhi si incontrassero e la baciò, lasciando che la Maga percepisse quello che provava per lei. La donna si abbandonò al suo abbraccio e il loro bacio si accese mentre la passione pervadeva entrambe. Le mani di Eis corsero a slacciare la cintura della Maga, desiderosa di sentire la sua pelle nuda contro la propria, ma a quel punto la donna si allontanò da lei con uno scatto, afferrando la daga che stava per cadere a terra.

“Scusa, Eis, io… scusa.” Chiuse la cintura e se ne andò, lasciandola lì, confusa, con il cuore che batteva veloce.

 

“Non c’è nessuno, ma ci sono tracce fresche di passi.” La Maga, che aveva raggiunto il nano, annuì.

Krov, devo chiederti una cosa.”

“Chiedete.”

“Come hai perso il berretto?” Il powrie la fissò a bocca aperta.

“Io…, lo sapete, una strega mi ha maledetto.” La Maga sfiorò la daga scuotendo la testa.

“Non è la verità.” Krov abbassò la testa.

“Mia signora, non chiedetemi di perdere l’onore che voi stessa mi avete permesso di riottenere.” La donna lo osservò a lungo poi annuì.

Phy osservò la scena da dietro gli alberi, la fronte corrugata. Perché tutto ciò lo tormentava?

 

“Entreremo assieme, io per prima.” I compagni di nuovo riuniti, si guardarono annuendo, era ora di affrontare l’ultima sfida, si apprestavano a entrare in quella baracca disabitata.

La donna rimase immobile a fissarli poi abbassò gli occhi.

“Cosa succede?” Chiese Phy, perplesso da quell’indugiare.

“Nulla, andiamo.” Gli occhi della donna erano di nuovo freddi smeraldi e il sileno rabbrividì.

La porta si aprì senza opporre resistenza e in pochi istanti tutti furono all’interno, quello che vi trovarono però era inaspettato.

 

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Capitolo 6
*** Quinto capitolo: “Voi non siete reali…” ***


Quinto capitolo: “Voi non siete reali…”

 

“Proprio oggi devi guardare tuo fratello?”

“Ehi, non è colpa mia!”

“Ma siamo ad un punto cruciale, dobbiamo aprire il portale.”

“Credi che non lo sappia? Sono settimane che prepariamo l’evento.” Alla ragazzina brillarono i scintillanti occhi verdi. “Posso portarcelo, starà buono e non disturberà se gli prometto di dargli il suo succo di frutta.”

“Ha tre anni, sei sicura che se ne starà zitto mentre noi compiamo il rituale?” L’obiezione del ragazzo fu scacciata da un colpo della mano della ragazzina.

“Sicura, dì agli altri che ci vediamo alla baracca degli attrezzi!” Disse correndo via.

 

“Chi è questo ragazzo?” Quando erano entrati erano stati colti dallo stupore, si erano aspettati attacchi magici di ogni genere, aggressori di ogni forma, ma c’era solo un bambino, di non più di dieci anni steso a terra.

La Maga si era accucciata accanto al ragazzino che sembrava profondamente addormentato, il volto pallido però suggeriva che il suo non era un sonno naturale.

“Mio fratello.” La risposta bloccò tutti i presenti. Phy, che aveva posto la domanda, si riscosse dallo stupore per primo.

“Non hai mai parlato di un fratello…” La donna si alzò, gli occhi freddi e distaccati.

“Ci sono tante cose che non vi ho detto.” Abbassò gli occhi fissando la scatolina che il giovane teneva stretta nel pugno.

“Non capisco…” Mormorò Eis facendo un passo verso di lei, ma la donna alzò una mano fermandola.

“No… non può essere…” Phy con orrore aveva ricordato e ora i dettagli gli sembravano così schiaccianti da essere dolorosi. “Coraggio, fedeltà, lealtà, verità e amore.” La Maga estrasse la daga che si librò nell’aria, immobilizzando i presenti con una forza invisibile.

“Quella è 'Ayam, la daga di Taxo…”

“Sì.”

“Ma, se possedete un’arma così fenomenale non avete mai avuto bisogno di noi.” Krov ruotò lo sguardo verso Morcheo che sbalordito fissava la daga senza vederla.

“Io avevo bisogno di voi.”

“Verità.” Mormorò allora Phy. “Ti manca il quinto elemento.” La Maga sospirò.

A volte diciamo la verità perché è l’unica cosa che abbiamo da offrire. Alcune volte diciamo la verità perché abbiamo bisogno di dirla ad un altra persona per poterla sentire noi stessi. Altre volte la diciamo perché è più forte di noi. E qualche volta la diciamo perché è l’unica cosa che resta da fare.” Tutti i presenti erano immobili, come ammaliati dall’arma e dalla voce della Maga. “Lasciate che io vi dica la verità, finalmente. Io non sono una maga, sono solo una fan, una lettrice accanita della trilogia di Taxo.” Guardava i suoi compagni, ma non li vedeva. “Io provengo da un altro mondo, il mondo reale, in cui questo posto non è altro che il frutto della fantasia di un autore, uno scrittore di poco talento a dire il vero, di nome Jerry DeLuca.

All’epoca facevamo un gioco, avevo solo tredici anni e con i miei amici ci divertivamo a riprodurre le gesta di Taxo, l’elfo eroe della trilogia. Settimana dopo settimana abbiamo combattuto i troll, attraversato le pianure dei ciclopi, soggiornato alla Taverna del Lupo, trovato il passaggio segreto per Ramad, depistato gli assassini powrie, parlato con la regina delle ondine e mille altre avventure ancora. Quel giorno però era il momento del grande rituale. Il potente Sayiya andava fermato e Taxo doveva compiere una complessa magia per riuscire a eliminarlo.” La donna si fermò, gli occhi che scendevano a fissare il corpo svenuto del fratello. “David era così piccolo… aveva solo tre anni e io dovevo occuparmi di lui, ma volevo partecipare al rituale. Così lo portai con me, gli consegnai il suo succo di frutta e gli chiesi di fare il bravo.” Gli occhi di lei corsero a fissare le assi sfondate da un lato. “Avvenne tutto così in fretta, eravamo nel bel mezzo del rituale e una macchina perse il controllo finendoci addosso. Uccise sul colpo Harry, Frank, Susan e Deborah, io fui sbattuta via mentre Carl urlava schiacciato tra le assi e la vettura, anche lui morì poco dopo. Strisciai verso David che, stringendo il suo succo di frutta, piangeva. Non so come era stato possibile, ma non aveva neppure un graffio. Poi avvenne.” Una lacrima scese sul suo volto, ignorata dalla donna che continuò a parlare. “Fummo avvolti in una luce accecante e quando potei vedere di nuovo non c’erano più i corpi dei miei amici e neppure la vettura, solo io, David con il suo succo di frutta alla pesca e la baracca degli attrezzi di mio padre. Uscii e mi ritrovai qui: in una foresta sconosciuta. Saremmo morti velocemente se non fosse arrivata la Strega. Le dissi ogni cosa e lei ci accolse tra le sue mura. Non c’è molto altro da dire, avevo capito abbastanza velocemente dove mi trovavo e crescendo ho intuito che le mie conoscenze avrebbero potuto essere fondamentali. Per prima cosa cercai 'Ayam, Taxo la perde poco dopo il rituale, nemmeno lui sa dove, ma DeLuca in una convention ne aveva parlato e io sapevo esattamente dove fosse la daga. Una volta ottenutala non ero più in pericolo, così ho iniziato a viaggiare in questo mondo ed era ridicolo come le cose fossero semplici.” Le sue labbra si incurvarono in un sorriso che però non raggiunse i suoi occhi. “Il vostro mondo aveva regole semplici, si muoveva su standard classici che io conoscevo molto bene e che potevo sfruttare. Tutto andava bene per me, questo mondo mi piaceva e David cresceva felice grazie alle cure della Strega che ci ama come figli. Il vostro mondo però è primitivo, a suo modo medioevale, David si è ammalato, nulla di grave, nel mio mondo la chiamano appendicite, una piccola operazione e tutto si risolve con qualche giorno a letto, qui però non funziona così. David morirà presto se non lo riporto a casa.”

“E così hai riproposto il rituale, ancora una volta.” L’interruzione sembrò riscuotere la donna che fissò lo sguardo su Phy.

“Sì, ma qui le regole sono diverse, dovevo essere sicura che funzionasse, dovevo riprodurre le stesse qualità che avevano funzionato per Taxo.”

Coraggio, fedeltà, lealtà, verità e amore.” Ripeté ancora una volta il sileno.

“Il Coraggio era per te Phy, tu così timoroso eppure con un cuore generoso, saresti accorso con coraggio in mio aiuto e lo hai fatto. Fedeltà per te Morcheo, l’elfo sospettoso ma nobile. Lealtà, Kanesas, questo era per te, sapevo che malgrado tutto eri capace di un simile sentimento. Krov, la Verità sarebbe stata il tuo fardello, ma non ci sono riuscita e infine Eis.” Si voltò verso la ragazza che da alcuni minuti piangeva in silenzio. “A te ho chiesto l’Amore e il tuo cuore è stato pronto a darmelo.” La giovane incassò il colpo, ma non disse nulla.

“Manca qualcosa: il Sacrificio chiude il Rituale dei Cinque.” Morcheo aveva parlato con voce ferma, come se gli eventi non lo toccassero.

“Esatto.” Fissò la daga davanti a lei e questa guizzò nel suo pugno. La Maga si mosse rapida piantando il pugnale nel corpo dell’elfo scuro. Morcheo sobbalzò appena poi crollò a terra. Mentre il drow cadeva Kanesas già gorgogliava nel suo sangue, la gola recisa da un colpo deciso della donna, poi toccò a Krov, il nano si accasciò senza rumore.

“Capisci non è vero? Quando sarete tutti morti io ucciderò me stessa, così che David possa vivere ancora. Io devo farlo, lui è mio fratello e ho promesso di occuparmi di lui.” Il sileno, a cui parlava, scosse la testa.

“Li hai uccisi tutti, erano tuoi compagni, si sono battuti per te, per salvarti.”

“Sono solo esseri inventati, questo mondo non ha senso, è una bolla creata dalla fantasia di un uomo, nessuno esiste davvero. Ognuno di voi ha fatto quello che doveva fare perché è così che funziona qui.”

“Hai organizzato ogni nostra mossa, sapevi come avremmo agito, cosa avremmo detto e fatto. Le Gemme erano un’invenzione, ricordo lo stupore dei due uomini che hai ucciso a Ramad, ti conoscevano, tu stessa gli avevi chiesto di custodire quell’inutile sassolino per cui sono morti. Alla Torre non oso immaginare cosa hai fatto, ma scommetto che non esiste nessuno stregone, ti serviva solo che noi mostrassimo le qualità di cui avevi bisogno per il rituale.”

“E’ stato facile.”

“Sì, ma non sapevi che ti saresti innamorata.” Phy morì pronunciando quell’ultima parola, uno sguardo di accusa negli occhi.

“Non è vero.” Fu Eis a parlare. “Il sileno si sbaglia, tu non mi hai mai amata.” La donna le si avvicinò, per la prima volta la daga era bassa, quasi dimenticata nel suo pugno già rosso di sangue.

“Voi non siete reali…”

“Smettila!” L’urlo dell’ondina risuonò nella piccola baracca, scuotendo la donna dal suo torpore. “Il mio amore era reale! Lo era più di tutto quello che hai detto!” Osservando i corpi stesi al suolo la Maga abbassò la testa poi vide il fratello e annuì. La daga fu inguainata e l’ondina poté di nuovo muoversi.

“Vattene.”

“Cosa…?”

“Ho detto vai via! C’è un ruscello qua fuori, sono sicura che ti riporterà a casa, i fantasmi delle Foreste Bianche sono spariti secoli or sono, nulla disturba queste terre.”

“Ti ho amata, ma non c’era nulla di vero.” A quelle parole la donna scattò rapida, con un solo movimento la afferrò tra le braccia e la baciò. Eis cercò di respingerla, ma poi i suoi sentimenti presero il sopravvento e lei si perse in quel rabbioso bacio. Quando la lama penetrò nella sua schiena lo stupore le sgranò gli occhi, ma fu la Maga ha urlare. Poi una luce bianca avvolse tutto.

“No! Non ancora!” Urlò la donna, ma il rituale era completo, anche lei aveva compiuto il Sacrificio, uccidere il suo amore.

 

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Capitolo 7
*** Epilogo: “Riuscite a immaginarlo?” ***


Epilogo: “Riuscite a immaginarlo?”

 

 “E’ una storia interessante, ma non capisco perché me la raccontiate.” La donna aveva esposto la storia con voce distaccata, ma ora i suoi occhi verdi brillarono.

“Riuscite a immaginarlo? Muoversi in un mondo di cui si conoscono le regole, un mondo il cui Creatore mormora al tuo orecchio. Poter conoscere esattamente come ogni situazione si evolverà, come ogni personaggio reagirà e sapere di essere l’unico con queste conoscenze. Questo, cosa farebbe di voi? Un dio o un mostro?” Dalla borsa estrasse un oggetto avvolto in un panno. Lo tese all’uomo che perplesso lo accettò, togliendo la stoffa si ritrovò a osservare una lucente daga.

“Questa è 'Ayam?” L’uomo sorrise. “Un’ottima riproduzione di quella che mi immaginavo, non credevo di averla descritta così bene.”

“Non lo avete fatto, non su carta almeno, ma essa esiste nella vostra mente e io l’ho riportata in questo mondo, non so come, ma so perché. Questa è la prova che vi serve affinché crediate alla mia storia.”

“Signorina… mi dispiace ma non credo che…” La daga sfuggì dalle sue mani e tornò rapida nel pugno della donna. L’uomo sgranò gli occhi. “E’… è solo un trucco…”.

“No, non lo è.” La daga si alzò nell’aria e l’uomo si ritrovò inchiodato alla sua poltrona da una forza inspiegabile. “Non potete più muovervi, siete alla mia completa mercé. Questo è il potere che avete infuso alla daga.”

“Ma non è possibile!”

“Siete un uomo dotato di fantasia, non dovreste opporre così tanta resistenza a un’idea da voi stesso creata.”

“Cosa… cosa volete che faccia?” La donna sorrise amaramente.

“Datemi un finale diverso, riscrivete di Morcheo, Krov, Kanesas, Phy e… di Eis, riscrivete di loro e dategli un lieto fine.”

“Questo non cambierebbe quello che avete fatto!”

“Oh sì che lo cambierà, signor DeLuca, riportateli alla vita e donate loro quello che desiderano. Vi ho raccontato la mia storia affinché voi poteste conoscerli e capirli sufficientemente da sapere quello che li renderà felici.”

“Io…” La daga tornò nella mano della donna e lo scrittore poté deglutire e agitarsi sulla sedia. “Non posso farlo, la loro felicità è legata a voi, li avete traditi.”

“Sono sicura che troverete un modo, voi siete un dio, voi siete il Creatore.”

 

 

 

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Indice dei nomi:

 

Phy (physis è la natura in greco)

Morcheo (morchella è una famiglia di funghi)

Krov (sangue in russo)

Kanesas (nessuno in greco)

Eis (ghiaccio in tedesco)

Ramad (cenere in arabo)

Sayiya (male in arabo)

Taxo (Taxodiaceae è la famiglia delle sequoie)

'Ayam (daga in arabo)

Khadae (inganno in arabo)

 

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