Nocturne with no moon.

di persephone_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0: Ouverture - prologo. ***
Capitolo 2: *** 1: Moonlight sonata; ***
Capitolo 3: *** 2: Devil's Trill Sonata. ***



Capitolo 1
*** 0: Ouverture - prologo. ***


Ouverture;



Il bambino aveva chiesto perdono, quasi a sé stesso, mentre fissava con insistenza il foglietto bianco che aveva fra le mani.
Nessun nome. Era vuoto.
"Gli angeli hanno scelto, accetta il tuo destino."
Ma come poteva? In quella stupida distopia, lui ormai era al gradino più basso: i vuoti. I vuoti erano coloro che che a scuola romanticizzavano definendoli "quelli che devono essere devoti solo Dio", vite alle quali è stato tolto il diritto di amare. 





Chi l'avrebbe mai detto, sospirò il padre del bambino, che la società imposta dagli angeli fosse così dura. Quando anni fa lottò per liberarsi dai demoni non si aspettava che il governo "divino" fosse anche peggiore, ma in quel momento la Terra era in ginocchio ed in totale caos, le mani di quegli esseri alati sembravano per tutti l'ultima àncora. 
Quando essi poi, per evitare ulteriori abnormi problemi, decisero d'imporre regole e leggi, sembravano tutt'altro che amichevoli protettori. 


La "selezione", o "pesca", o in qualsiasi orrendo modo la si possa chiamare, era di sicuro il cambiamento più drastico: alla tenera età di quattro anni tutti i bambini, esclusivamente maschi, erano obbligati a pescare un foglio in una vasca con miliardi e miliardi di scartoffie. 
La stanza nella quale avveniva tutto questo era ovale, grigia -un po' come tutto il mondo ormai-, con due finestre enormi che lasciavano entrare una luce così accecante da rendere impossibile la vista al di fuori, ed una vasca ancora più grande al centro. Era rotonda, profonda, colma di striscioline di fogli accartocciati. 
Era traboccante di vite di bambini legati ad un destino imposto, un futuro non loro, lacrime amare e inutili.
Lì dentro non si trovavano solo fogli, c'era il mondo, l'umanità, ed il suo fato.


Non appena v'erano nascite o morti, i nomi venivano tolti o aggiunti, ma la vasca sembrava sempre colma fino all'orlo.



Alla dolce età di quattro anni il peccato è quasi inesistente, si è puri, così si è sicuri che la scelta sia casuale ed affidata alla "divina provvidenza"; peccato che quella scelta, inerme e presa come un gioco, sia la scelta più importante della propria vita.
Su ogni foglio, o quasi, v'è scritto un nome: quello è il nome di colei che sposerai e che dovrai onorare per sempre. Il nome della tua compagna, della donna che dovrai avere al tuo fianco per tutta la vita. 
Non c'erano seconde selezioni o possibilità di cambiare, non c'era la minima decisione da parte delle bambine che potevano solo rimanere in silenzio ed accettare. Figlie di una società chiusa, che non sente i pianti delle donne che s'infilano la fede al dito, che non sente le svariate richieste d'aiuto, che vede il popolo femminile come una manciata di nomi e nient'altro.



Fra tutti i foglietti nei quali erano racchiuse piccole vite, però, c'erano alcune eccezioni: oltre ai nomi di bambine, che riempivano circa il 95% della vasca, vi erano anche alcuni fogli bianchi. Un misero 5%.
Nessuno sapeva perché c'erano queste eccezioni, nessuno aveva il coraggio di chiedere spiegazioni, l'avevano deciso gli angeli e quindi era da accettare. 
Ovviamente non fu facile, ed alcuni bambini proprio non capivano le lacrime felici dei genitori quando vedevano il foglietto aprirsi ed il nome della prescelta dipanarsi... od almeno, come detto prima, il 95% delle volte era così. 
Se superi questa fase, già sei fortunato a non essere "vuoto", ma hai la sfortuna di poter essere "incompleto".
Quest'ultima categoria era definita un po' come quella dei "mediocri", un po' come quando non passi un esame per un solo punto. Incompleto.
Gli incompleti potrebbero essere definiti i "vedovi", vedovi a volte neanche sposati, persone costrette a piangere per sempre la morte di una persona che non conoscevano. Spesso gli incompleti erano coloro che pescavano nomi di persone che si rifiutavano e quindi venivano giustiziate. Ed in questa società o accetti il nome, o accetti la morte. 
Gli incompleti, per quanto fossero messi un po' in disparte, venivano accettati bene in società: cosa che non accadeva con i vuoti.


I vuoti erano quella piccola parte, il triste 5%, che pescava candidi fogli in bianco.
Gli angeli non fornivano spiegazioni riguardo questa percentuale "vuota", dicevano che nel mondo c'era bisogno di qualcuno che amasse solo ed unicamente Dio, così una parte della popolazione era costretta a chiudersi in preghiera per sempre.
La triste vita dei vuoti, però, durava poco: innamorarsi era inevitabile, ed in un modo o nell'altro gli angeli l'avrebbero scoperto. Rifiutarsi ti portava alla morte, amare qualcuno che non sia il tuo "predestinato" ti portava alle torture, amare qualcuno dello stesso sesso ti portava direttamente all'Inferno. 



La selezione, come detto precedentemente, avveniva in quella stanza triste: in ogni stato ve n'era una, sorvegliata da un-qualche-angelo dal volto falso che ti fissa mentre peschi. Per i bambini è un gioco, la scelta del nome della tua migliore amica, l'emozione di trovare il nome di qualche bimba che forse conosci, poi torni a casa e dimentichi tutto.
Per quanto la scelta possa sembrare casuale da parte dei bambini, non lo è da parte degli angeli: loro sanno chi è destinato a stare con chi, chi è destinato a stare solo, chi è destinato a donare la vita per amare Dio. Quindi fanno in modo che fra le mani dei bambini ci sia sempre il nome di qualcuno che già conoscono, magari la tua vicina o compagna di banco. Raramente appaiono nomi di persone sconosciute, ed allora vi è prima l'incontro fra i due (la bambina avrà l'eccezionale occasione di entrare nella sala di selezione) e poi la conferma di chi sarà la tua sposa.
Non appena entrambi gli interessanti compiono 18 anni, c'è il matrimonio: rigorosamente in chiesa, senza rinfresco o vestito sfarzoso. Un giuramento dinanzi a Dio, dinanzi ad una persona della quale non sai neanche il colore preferito, il sigillamento della tua vita nell'oro dell'anello.

Alcuni erano fortunati e si amavano davvero, altri non si amavano ma per sopravvivere si sposavano comunque, altri solo per interesse e per poter annunciare di essere "completi".
I completi erano coloro che accettavano la persona prescelta e celebravano il matrimonio; erano più della metà della società, e la maggior parte di essi guardava tutti dall'alto al basso con la superiorità di un nobile, ripudiava i vuoti ed era la maestosa lecchina degli angeli.






Dean Winchester, però, aveva sempre visto i suoi genitori come l'opposto di questa descrizione. Una dolce coppia di completi, marito e moglie, un tempo forti sostenitori della società angelica. Lei cacciatrice da anni, intenta a seguire passo dopo passo il sentiero del padre, lui pronto ad imparare tutto da lei: in poco tempo divennero un'accanita coppia di soldati in quella guerra apocalittica.
I demoni erano sempre più potenti, il popolo sempre più debole, le persone si arrendevano sempre più facilmente e non si vedeva alcuna fine all'orizzonte.
Poi gli angeli giunsero, profetizzando parole false e predicando un Dio noncurante, promisero di sconfiggere i demoni ed andarsene. E fu parzialmente vero, poiché di traccia angelica sulla Terra ve n'era poca, c'erano solo le guardie esterne alle Sale di Selezione e qualcuno che controllava le grandi città, ma oltre a questo degli esseri alati rimaneva solo il dominio: freddo e pungente come l'inverno antartico, come il foglietto vuoto fra le mani di un bambino che chiede scusa.



"Non chiedere scusa," sorrise dolcemente la madre "vuol dire che sei speciale. E noi ti staremo sempre accanto, lo sai."





Tre mesi dopo, annunciò allegramente la sua gravidanza.






Dean Winchester odiava gli angeli, quel mondo dove viveva, odiava il bianco che ricopriva il suo foglietto.
Dean Winchester aveva quasi cinque anni, ma capiva che era per colpa degli angeli se lui era quello che veniva preso in giro a scuola, o quello che era sempre rimproverato da papà, o quello che i suoi genitori volevano rimpiazzare avendo un altro figlio. Più normale, magari.
Ma Dean Winchester non odiava il bambino che nacque nove mesi dopo, Sam. Dean Winchester odiava gli angeli.








Il bebè era stato appena poggiato nella sua culla, con dolcezza, quando Dean iniziò ad apprezzare la sua vita. Era diventato un fratello maggiore, avrebbe insegnato tutto al suo nuovo "compagno di giochi", l'avrebbe accompagnato nella Sala di Selezione ed avrebbe pregato che uscisse il nome di qualche dolce bambina che profuma di biscotti.
Dean non odiava più gli angeli, non odiava il suo fogliettino bianco, perché aveva capito che il suo incarico era quello di amare la sua famiglia, il suo fratellino.
Si addormentò felice, quel 2 Novembre.




Poi il fuoco. Poi le urla. 
Dean ebbe appena il tempo di prendere Sammy dalla culla e scappare, tentando di non sentire il rumore delle fiamme e l'orrendo odore di pelle bruciata, tentando di stringere a sé il bebè abbastanza forte da non farlo sentire in pericolo. 
La mamma non c'era più.


"Papà ha cacciato tutti i demoni", diceva spesso a sé stesso "quindi è impossibile sia stato uno di loro. Sono stati gli angeli, non vogliono io sia felice."
Dean odiava gli angeli.





Quattro anni dopo, di Natali tristi e notti insonni, arrivò il turno di Sam nella Sala di Selezione: Dean quasi pianse quando vide il nome stampato sul foglio pescato. Non si sarebbe mai permesso di piangere davanti a suo padre, ma quel nome gli si poggiò sulle labbra ed era un suono così dolce da portargli le lacrime agli occhi.
Jessica.
Non conoscevano nessuno si chiamasse così, quindi avvenne l'incontro: una bimba bionda, graziosa, le gambe rotondette ed un vestitino azzurro. 
Dean a malapena la vide, concentrato su come il papà la teneva stretta: l'aveva avvolta in un suo braccio possente, proteggendola come il più prezioso dei tesori; istintivamente, Dean posò una mano sulla spalla del fratello.
L'aveva capito a sei anni, quando il padre iniziò a non tornare di notte per fermarsi in qualche bar, che sarebbe stato lui a crescere e proteggere Sam. L'avrebbe reso l'uomo più coraggioso ed intelligente del mondo.







Quattordici anni dopo, Dean non odiava più gli angeli.
Suo fratello cresceva al meglio, studiava con impegno, frequentava l'università ed amava Jessica.
Ne era fiero, voleva quasi ringraziare la vita di avergli donato il foglio in bianco: aveva ventidue anni, doveva essere sposato ormai da quattro, invece era libero e poteva assistere ad ogni traguardo del fratello. Era la sua unica gioia, anche se lui non lo sapeva.
Di tanto in tanto pensava di iniziare anche lui gli studi, o andare a cercare il padre quando per giorni non tornava, ma si bloccava sempre al sol pensiero.
Non si sentiva neanche degno di provare a cercarlo.




Poi, a pochi giorni del matrimonio previsto, Sam osservò quasi con riluttanza il fratello entrare nella sua camera: da quando era iscritto all'università non l'aveva visto, e non poteva sapere che lui invece spesso lo osservava da lontano.
Dean aveva il timore che i suoi compagni di corso scoprissero che "Sam ha un fratello Vuoto", quindi rimase nascosto ad assistere ai suoi successi, i suoi discorsi, le sue tesi.




"Papà non torna da tre settimane", disse all'improvviso, per rompere il silenzio glaciale che si stava formando "non so dove sia."
"Dean, ciao." Rispose sarcasticamente l'altro ed incrociò le braccia al petto, aspettando una risposta alla domanda che non aveva il coraggio di fare.
"Ciao, fratellino, possiamo un attimo andare oltre la fase dei saluti ed andare a cercare papà?" 
"Dean, non ti vedo da mesi."
"Come puoi notare sono sempre al massimo dello splendore, Sam, andiamo."
Senza aspettare che il fratello ribattesse -studia legge, è ovvio abbia una risposta pronta, l'opzione migliore è non lasciargliela dire-, Dean si girò ed uscì, abbandonando il pungente odore di università: dopobarba scadente ed ormoni a mille.
Ridacchiò.


Qualche minuto dopo vide una testa familiare uscire dal campus e raggiungerlo, riluttante.


"Ti accompagnerò, Dean, ma non ho intenzione di girare tutti gli stati per cercare un padre che probabilmente è solo in un bar ad ubriacarsi. Ho un colloquio fra qualche ora, quindi facciamo presto."

Sam, sapendo che l'altro non si sarebbe arreso, decise di dargliela vinta e fargli compagnia in quel viaggio inutile. Si accomodò in auto e tentò di non sorridere quando sentì il motore dell'Impala accendersi: amava quel rumore, ma non aveva intenzione di apparire felice -o semplicemente sollevato?- di vedere il fratello.
Non pensava che il padre meritasse tutte queste attenzioni. Quindi, automaticamente, sfogava questa rabbia repressa sul fratello che non vedeva da tempo, non mostrandogli neanche mezzo sorriso.




Girarono ogni bar. Niente. Solo dediche intagliate sui banconi, uniche spettatrici di amori ubriachi e nascosti che nessuno mai avrebbe scoperto. Soprattutto gli angeli.



Con grande insistenza, Sam riuscì a convincere il fratello a riportarlo al campus, dove doveva sostenere un colloquio, (e se mai fosse andato male sapeva con chi prendersela) continuando a dire che da un giorno all'altro il padre sarebbe tornato, forse ubriaco o con qualche nemico in più.
Dean ridacchiò amaramente, poi gli diede una pacca su una spalla e gli disse di salutare la sua futura moglie.







Poi le fiamme, poi le urla.
Sam era incompleto.
Dean odiava gli angeli.













****
ciao!
Non avevo mai scritto fanfic su supernatural, quindi ovviamente al posto di scrivere una tranquilla one-shot ho creato questa. Ops.
Spero vi piaccia, che la seguiate, che non sia OOC e blablabla. 
Nel prossimo capitolo apparirà una persona molto importante, che spiegherà com'è andata davvero la guerra fra demoni ed angeli, profetizzando verità.

adieu :^)

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Capitolo 2
*** 1: Moonlight sonata; ***


Moonlight sonata;




No.
Non è vero. Non può essere vero.




Fiamme, bruciavano la pelle e riempivano gli occhi di scintille, quelle che non permettono di distogliere lo sguardo; 
si posavano lente sulla ragazza, una stella morente, il suo attimo di splendore prima della dipartita.
È bella anche così, bella come il primo giorno in cui l'ha vista, i capelli scompigliati ed il morbido profumo di biscotti. Di bruciato.

Le prese una mano, tremando, le stese le dita e le osservò: quanto avrebbe voluto infilarle l'anello al dito, senza promesse o cerimonie, metterlo lì e lasciarlo con lei. Il suo amore. 



Era incompleto. Letteralmente.
Non solo su carta, maledetta carta, ma nel proprio animo: poteva sentire parte della sua anima staccarsi lentamente e volare via assieme alla sua stella. Libera. 
Cos'aveva ora nella sua vita? Scintille spente e vuoti impossibili da riempire, musica stonata.




"Ogni posto può sembrare piacevole, con una bella canzone in sottofondo".
Nella mente di Sam riecheggiavano queste parole, dette spesso dal fratello, nel tentativo di trovare un brano, un qualcosa che potesse alleggerire la situazione.
Ci provò.
Niente.

La triste Moonlight Sonata di Beethoven era apparsa nei suoi pensieri, ma non era affatto d'aiuto.
Sam sentiva i tasti del pianoforte stonare sotto le dita del compositore tedesco, li sentiva cadere e perdersi in melodie lamentate, nel lento ritmo della pioggia.
"Ogni posto può sembrare piacevole, con una bella canzone in sottofondo", ma ora vorrebbe solo spegnere la radio che gli si è accesa in mente.
Stava piangendo, con gli accordi in Adagio sostenuto che risuonavano in testa.





Sam era incompleto.








Dean era il tipico fratello ribelle, quello che abbordava le ragazzine sull'autobus e non voleva ammettere ciò che provava, quello che ti sgridava ma era sempre attento al non farti mancare niente. 
Era diverso da Sam, a primo impatto era difficile capire fossero fratelli, dal modo di indossare le giacche o di mangiare, da come aggrottavano le sopracciglia quando non capivano.
Anche nei gusti musicali erano diversi: nella mente di Sam vi erano lenti accordi classici, mentre i sediolini dell'Impala erano impregnati di rock. 
Dean guidava furente, il volante sembrava spezzarsi sotto la sua presa, i Black Sabbath riempivano l'aria ed erano ben intenzionati a rompere i finestrini ricoperti di pioggia. Stranamente, non era d'aiuto.
"Ogni posto può sembrare piacevole, con una bella canzone in sottofondo", ma ora vorrebbe solo spegnere la vecchia radio dell'auto.
Cosa che non fa.
Dean era il tipico fratello ribelle, quello che sentiva il dovere di soffrire più di Sam. Per lui.




Dannati angeli.




Ad un certo punto fermò l'auto e scese. L'aria era colma di tristezza, carta, piume sporche.
Dean alzò lo sguardo, strinse i denti, si sentiva in un dannato déjà-vu.
La Sala di Selezione si dipanava davanti ai suoi occhi, più piccola e più grigia di come la ricordava. Chissà quanti bambini hanno visto la propria vita finire in un foglio di carta, chissà quante famiglie hanno pianto abbracciando il proprio figlio Vuoto.

Il sangue gli scorreva nelle vene come se fosse in ebollizione, iniziò a correre e con tutte le sue forze, sotto la tempesta.



La pioggia sembrava bruciare sulla sua pelle.






Diede un pugno all'angelo che sorvegliava l'entrata, un uomo alto dai folti capelli biondi,  facendolo barcollare all'indietro; sapeva che quell'azione avrebbe avuto conseguenze orride, ma doveva farlo. Per suo fratello.
L'altro ovviamente rispose, si pulì il labbro da un sottile rigo di sangue e indietreggiò di un altro passo, per poter aver uno spazio adeguato allo slancio che -Dean lo sapeva- avrebbe fatto decisamente male. 
Poom.
Il ragazzo finì a terra, graffiandosi il palmo della mano destra per attuire la caduta: fece dannatamente male, il dolore era in così tanti punti del corpo che Dean per un momento si chiese se gli angeli fossero in grado di prendere a pugni direttamente il cervello.
Si alzò con uno scatto di reni -cosa della quale si pentì non appena le varie fitte lo colpirono- e con tutta la forza che aveva colpì lo stomaco dell'avversario. Poi rimase a bocca aperta.
Ci fu un lampo improvviso, immenso, e per un istante Dean vide l'ombra di quelle che dovevano essere ali. Enormi, belle quanto minacciose, perfettamente delineate come quelle che venivano disegnate dai pittori. 
Per quanto tutto questo avrebbe dovuto terrorizzare il ragazzo, ciò non avvenne, ci fu solo un attimo di stupore e poi una scarica di rabbia.
L'essere alato era per terra, si teneva una mano sullo stomaco e ansimava.
Dean Winchester odiava gli angeli. Dovevano soffrire il più possibile.



Si preparava a colpire ancora, ma due mani possenti gli fermarono le braccia. La stretta era estremamente forte, anche il solo pensiero di liberarsi svanì subito, la fermezza con la quale era stato placato era innaturale.
Per fortuna Dean, anche se non provocava gli effetti che lui desiderava, poteva ancora imprecare.



"Figli di puttana!" Urlò, sia all'angelo che aveva dinanzi sia a quello che lo teneva fermo -o almeno, pensava che una forza tale potesse appartenere solo ad uno di essi- "Siete dei fottutissimi mostri."
Sentì un breve tremore provenire da una delle mani che lo stringevano.

"Protettori, la gente vi chiama. Protettori del cazzo! 
Sam mi diceva che Dio non fa errori, ed io non ho mai creduto in tutto questo, ma se ha creato voi come nostri protettori... porca puttana se di errori ne ha fatti!"
Continuò ad urlare, imperterrito. Non sapeva in che altro modo distruggere in mille pezzi la loro faccia apatica, lo stereotipo di angioletto, la fede che aveva visto nascere in Sam. Voleva distruggere tutto, urlare la verità, voleva reazioni.


Non successe niente, se non il tremore continuo di quella mano sulla sua spalla, quindi Dean decise di non sprecare parole, quando una voce alle sue spalle intervenne. 


"Smettila. Noi stiamo evitando che la Terra cada in altri conflitti, siamo dalla vostra parte. Siamo come voi."

Il ragazzo rimase qualche istante in silenzio, poi chinò la testa.
Ai Black Sabbath, che ancora rimbombavano nella sua mente, sembrò aggiungersi un pezzo di pianoforte, uno di quelli tristi e malinconici che avrebbe dovuto studiare per qualche noiosa lezione di musica.
Moonlight sonata?
Si chiuse nella sua mente, tentando di cancellare quest'ultima e tornare al suo amato rock, ma non successe niente. Si adeguò al lento ritmo che aveva preso il suo respiro, poi rise amaramente. Rise di gusto, rompendo il silenzio che aveva ricoperto l'aria grigia, rise come non aveva mai fatto. Quando poi smise, dopo vari mormorii divertiti, alzò lo sguardo e le sue pupille brillavano come fossero fuoco. 
Al Diavolo le conseguenze, e parlò.


"Come noi? Come noi?! Diamine-" tentò di girarsi per guardare il viso di colui che lo manteneva "-se ti ritieni come un umano devi avere un'orrenda opinione dell'umanità.
Quelli come te noi li chiamiamo solo mostri, come quelli che cacciava mia madre. Siete solo dei fottutissimi mostri."





Si aspettava pugni, strane magie angeliche, o di venire schiaffeggiato con le ali, si aspettava di tutto ma non di venir liberato. 
Per trenta secondi.


"Basta così, Dean Winchester. Ora vieni con me."

Le mani che lo stringevano si allontanarono dalle spalle e scesero invece sui polsi, afferrandoli con ancora più forza.
Dean poteva sentire le vene pulsare contro la pelle dell'altro, che ora aveva di fronte. Quasi gli rise in faccia, trovandosi davanti a quello che sembrava un lungo impermeabile ed una cravatta storta. E quello sarebbe un angelo?
Non esplose in risate come prima, ma ridacchiò sotto voce.


"Con te, dove? Hai intenzione di arrestarmi, tu? Sembri un fottutissimo esattore."
"Sì, ti arresterò."



Oh. 
In prigione. In prigione dagli angeli, poi. 
Dean Winchester li odiava, ad uno ad uno, per ciò che avevano fatto a lui ma soprattutto per ciò che avevano fatto a suo fratello. 
Sammy.
Sammy, giusto, cosa diamine starà facendo? Dove sarà? 
Dean aveva così tante domande in mente che si limitò ad abbassare lo sguardo e spegnere tutto: dopotutto cosa potrebbe mai fare per il fratello? Farebbe di tutto per riportargli Jessica, o anche solo quelle ore che hanno perso per cercare il padre. Le ultime ore che avrebbe potuto passare con la persona che amava.




Dean respirò profondamente e tornò a guardare il suo strano interlocutore, che era rimasto fermo a fissarlo. Come prima, non riuscì a trattenere una risata.
"È solo una scusa per mettermi le manette?" disse sarcasticamente, aspettandosi una qualche risposta piena di stupide prediche inerenti ai vizi od i peccati. 
Invece si ritrovò solo due occhi a fissarlo confuso, Dean vi riuscì a leggere un chiaro ed enorme punto interrogativo.
"...no?" 
Beata ingenuità. 







Sam non riusciva ad alzarsi. Non voleva alzarsi.
Rimase lì, il corpo della ragazza fra le braccia, l'odore di zolfo che riempiva l'aria.


Di scatto, si girò.




Zolfo?



*******

ciao! Scusatemi per l'aggiornamento così lento, è che rileggendo questo capitolo proprio non mi piaceva. L'ho riscritto un paio di volte, ma sinceramente nella mia mente era più bello (?).
Spero vi sia piaciuto ugualmente!
Adieu. :^)


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Capitolo 3
*** 2: Devil's Trill Sonata. ***


Devil's trill sonata;





Esistono vari tipi di dolore al mondo. 
Esiste il dolore freddo, che secco entra nelle ossa e sembra aver portato l'inverno nei pensieri; ed esiste il dolore caldo, bollente, quello che umido si poggia sulla carne e la logora. 







Ciò che sta provando ora Sam è sicuramente un dolore freddo, non ha intenzione di andarsene, nevica sulle sue guance e si tramuta in lacrime. È congelato, ogni parola muore fra le sue labbra prima di uscirne. Trema.
Sa che dovrà vivere con questa sensazione per sempre.
Ma non ha intenzione di morire dinanzi alla tempesta. Non dopo ciò che ha sentito.
Odore di zolfo.









Dean è a fuoco. Dovrebbe essere il fratello minore ad essere ancora intriso di fiamme e paura, ma non è così. È lui ad essere in fiamme. 
I suoi occhi fanno scintille, rabbia e saliva si mescolano nelle sue parole amare, rivolte agli angeli, dannati angeli, che ora l'hanno rinchiuso in quella prigione bollente. 
Sa che dovrà vivere con la consapevolezza di essere un recluso per sempre.
Ma non ha intenzione di morire dinanzi la tempesta. Non dopo ciò che ha provato.
Un grammo di vendetta.






È solo l'inizio, pensano all'unisono, devo trovare mio fratello. Devo svegliarmi.
Ma nessuno dei due riesce a svegliarsi da quell'incubo, ed il dolore è troppo reale; la notte cala lenta.
Nessuno dei due dormirà, o si sveglierà.

Tic tac. 

Sono soli. Nessuno carezza i loro capelli mentre dormono, cantando sinfonie smielate, nascondendoli sotto le coperte quando il temporale sembra volerli portare via.
Nessuno li aiuta.









« Buonanotte, Dean Winchester. » 
E lui apre gli occhi al suono di quella voce nel buio, troppo inaspettata, troppo voluta. 
C'è qualcuno lì. Qualcuno che conosce il suo nome, che magari sarà disposto a passare le lunghi notte insonni a chiacchierare.
Pensando a come scappare.
Alza lo sguardo e si trova lo sgradevole, sarcastico, sguardo dell'angelo di prima.
« 'notte. »
E non continua la conversazione, ma sa che è lì a fissarlo.







Il dolore di Castiel è tiepido, perfetto; è così tanto tempo che vive nel suo corpo da sembrare inesistente.








« Vuoi scattarmi una foto, per caso? »
Dean rompe il silenzio, dopo interminabili minuti di respiri trattenuti. Cosa vuole, adesso?
Si sente come un animale dello zoo, beffato, la sua umiliazione messa in mostra; vorrebbe dargli un pugno, dato che non ha altro da perdere, ma ora è più importante trovare Sam che giocare al pugile con un paio di esseri alati.

« "Protettori del cazzo". » 
Mormora l'altro apaticamente, ripete le parole che Dean prima ha rivolto a lui e ad i suoi compagni. Ha lo sguardo basso, si nasconde nell'ombra come un bambino in punizione.

« E non dimenticare "fottutissimi mostri". Vi ho chiamato anche così. »

« Perché? »

Ed a quella domanda, Dean si alza e si avvicina alle sbarre della sua prigione. Può vedergli meglio i lineamenti del volto, ora, e la sua espressione lascia davvero trasparire un'aria di curiosa infantilità. 
E freddezza militare.

« Perché?! Mettiti comodo, non sarà una storia corta. Cazzo- » e scoppia a ridere « mi stai davvero chiedendo perché non credo negli angeli? Ma mi hai visto? »

Di tutta risposta, l'angelo si accomoda. Prende una sedia, poggia i gomiti sulle ginocchia e posa il mento sulle mani; sembra davvero intenzionato ad ascoltare la storia, lunga o no. Dean continuerebbe a ridere, se non sentisse il suo sguardo analizzare ogni traccia dei suoi pensieri. 

« Io... sono Vuoto, okay? Sono un fottutissimo Vuoto e quindi non avrò mai una vita normale. Certo, non sono il cittadino modello, non presto zucchero ai vicini e non porto gli avanzi ai randagi, ma cazzo- . »

« Sei un profeta, quindi. »

Non è l'amarezza a fermare il discorso di Dean, ma l'affermazione dell'angelo. Lo osserva da capo a piedi con la stessa espressione dipinta sul volto, nessun cambio su di esso se non per le sopracciglia che a tratti si abbassano lievemente.
Non sta scherzando, ed il ragazzo pensa che forse non sa' proprio cosa voglia dire scherzare.

« Un- un che? »

« I Vuoti sono molto importanti, in società. Naomi me l'ha detto. » e Dean non ha idea di chi sia, ma non interviene « Sono profeti, coloro destinati a vivere per decifrare la parola di Dio. Dovresti essere onorato. »

Non c'è risposta.

« Buonanotte, Dean Winchester. »
Ripete un'altra volta, prima di alzarsi e scomparire in un suono di piume arruffate.














L'Impala ruggisce sotto la forte presa di Sam, colmo di dolore e confusione; deve trovare Dean, all'istante, subito.
Come anche il padre, per quanto non gli interessi.




Arriva in Colorado.






Poi vede Jessica. È bella, il vestito bianco che ha indosso ondeggia delicatamente, le guance morbide come quando era una bambina.

Poi non vede più Jessica. È bella, ed è andata via per sempre, una visione troppo bella morta fra le sue braccia.






Sospira e continua ad osservare il palo dietro al quale la ragazza è svanita, il dolore sembra andare a ritmo di musica. L'inquietante eleganza di Tartini lo accompagna per il viaggio. Devil's Trill sonata.
I demoni, già, quelli che un tempo suo padre sconfiggeva, quelli che un tempo portavano un po' di sano peccato nel mondo.

Dean, però, gli ha insegnato che chiunque può essere un demone. Non c'è bisogno degli occhi neri, o l'odore di zolfo, tutti possono essere demoni. Anche gli angeli.







Il diario del padre è ben accomodato al posto del passeggero, saltella sul sedile ad ogni dosso; Sam gli lancia sguardi arrabbiati, come se quel diario fosse suo padre, come se tutta la colpa fosse sua. 
Come se esso avesse riportato i demoni sulla Terra.








Sam è sicuro di aver visto degli occhi gialli brillare nel buio.









Poi sente qualcuno piangere in un bosco, una ragazza, urla un nome;Tommy.
Sam scende di colpo dall'auto, tentando di capire il motivo di quelle lacrime, una mano si alza per posarsi sulla spalla di lei, ma si ferma a mezz'aria.

« Co-... cosa succede? »

« Tommy, Tommy! Mio fratello... è... è scomparso, non so cosa- non so cosa fare! »

Ed il ragazzo non ha idea del perché, ma pensa di aver visto quel bosco nel diario del padre; torna in auto e lo prende con vago disprezzo, cerca qualcosa che lo possa aiutare.



Poi vede un disegno di un bosco, un essere -mostro?- in esso, del fuoco. Deglutisce appena.
Legge il titolo di quella pagina.

Wendigo.












Dean ormai riconosce gli angeli dal loro arrivo, dal suono che creano le loro ali, dal più rude a quello più delicato, che scuote appena le piume, con la paura di svegliare il prigioniero.

Ed a volte sono la stessa persona, quella persona.





« Ciao di nuovo, coso alato. »
Dice Dean sarcasticamente, salutando ancor prima di girarsi.

« Sono Castiel. » mormora l'altro.

« E beh- vuoi un autografo? »

« No, voglio farti uscire di qui. »

E cala il silenzio.











Sam legge varie volte le pagine del diario del padre, ascolta la spiegazione della ragazza, prende appunti, calcia le pietre. La descrizione corrisponde, sembra trattarsi di un Wendigo.


Un mostro.


Chiude gli occhi e sente ancora l'odore di pelle bruciata mista a zolfo.
Chiude gli occhi e spera che Dean torni presto.











« Perché mai vorresti aiutarmi, tu? Un angelo? »

« Dean, accadono cose belle. »  la voce dell'altro diventa più calma, con cura poggia una mano sul lucchetto della cella e pensa a come poterlo aprire. Lo fissa per un po', poi lo lascia andare; sembra avere un'altra idea.

« Non nella mia vita. » 

La risata amara del Winchester si rompe quando vede l'angelo, che prima era oltre le sbarre, apparire di fianco a lui e poggiargli una mano sulla spalla.

Un forte rumore d'ali, poi sono fuori di lì.









E sono in Colorado.






« Mi hai salvato da quell'Inferno. » 
Sembra un ringraziamento assai sarcastico.

« So che non pensi di meritare di essere salvato, Dean Winchester, » gli passeggia attorno e lo analizza in ogni dettaglio «, ma Dio mi ha ordinato di farlo. »


Minuti di silenzio, Dean vorrebbe ridere, ma non riesce. Rimane a fissarlo, poi si sfiora la spalla con la mano -dove prima v'era quella di Castiel- e la sente quasi bruciare. 

L'angelo lo guarda con estrema malinconia, sembra pentito per qualcosa che forse neanche ha fatto, poi continua. 

« Probabilmente gli altri angeli già mi stanno dando la caccia. Addio, Dean Winchester. »




E quest'ultimo vorrebbe tanto dire qualcosa, ma non lo fa.







Vede qualcosa brillare in lontananza, un urlo straziato, inizia a correre. 
Un bambino è lì.






Ed anche un mostro.
Ed anche Sam.




Quest'ultimo guarda la fiaccola che ha in mano, si perde nel fissare le fiamme, non si smuove neanche quando sente i passi del Wendigo verso di lui. Sembra di vedere la stessa scena, lo stesso odore, gli stessi capelli morbidi che scorrono fra le dita come granelli di sabbia.





Vendicherà Jessica.





Stringe il legno come per romperlo, un momento di interminabile silenzio -nel quale si può sentire solo il respiro affannato di Dean che corre verso di lui-, poi la fiaccola vola verso il Wendigo.





Fuoco.
Dean afferra giusto in tempo un braccio di Sam per tirarlo indietro dal mostro infuocato, il bambino che prima avevano salvato è fermo e tremante dietro un albero. 


« Sam? Sam?! Cos'è successo? »

« Succede che i demoni sono qui, Dean, e dobbiamo sconfiggerli. »

La freddezza nello sguardo del minore sembra spegnere le fiamme sul mostro. 






Riportano il bambino dalla sorella, Hayley, ancora in lacrime; il bosco è ancora scosso da urla mostruose ed ali luminose. 










« Dove sei stato, Dean? » e si accomoda nel suo amato posto di passeggero, posando in grembo il diario del padre; ha salvato una persona.







« All'Inferno. » 















« Winchester... » una voce mormora a sé stessa sulle spalle dell'Impala, dove nessuno lo può vedere, nessuno può vedere il suo sorriso sporco di sangue « -la caccia ha inizio. »










ciao! Scusatemi per l'aggiornamento così lento, ancora, ma non avevo internet. :v 
spero che il capitolo vi piaccia! Giuro (?) che aggiornerò più velocemente, ora che la trama sta iniziando a... sbloccarsi. ;)

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