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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sanji & Rufy ***
Capitolo 2: *** Robin & Nami ***
Capitolo 3: *** Sanji & Zoro ***
Capitolo 4: *** Zoro & Rufy ***
Capitolo 5: *** Usop & Chopper ***
Capitolo 6: *** Nami & Brook ***
Capitolo 7: *** Zoro & Nami ***
Capitolo 8: *** Sanji & Rufy II ***
Capitolo 1 *** Sanji & Rufy ***
n/t:
ecco un'anteprima di una nuova serie che verrà pubblicata
dopo la pausa natalizia. Si tratta di una raccolta di storie ambientata
subito dopo la pausa dei due anni. Ogni storia sarà dedicata
a due personaggi della ciurma dei Mugiwara e tratterà delle
piccole parti di ognuno che sono cambiate in quei mesi della loro
separazione e a cui ora i membri della ciurma devono fare l'abitudine,
perché due anni sono tanti da passare separati. La
caratteristica principale di questa raccolta è che
sarà particolarmente angst e non mancheranno linguaggi un
pò brutali, per questo è classificata in giallo.
Vi lascio quindi questo capitolo di assaggio e ci risentiamo a gennaio.
Buona lettura!
this
is the price that has been paid in full
(questo
è il prezzo che è stato pagato per intero)
1.
Sanji & Rufy
Quando Sanji si rende conto,
è
del tutto casuale.
Era accaduto perché
la bella
Nami-san, la radiante e abbagliante come il sole Nami-san, era
disperata ad allontanare Rufy dalle mappe che stava disegnando e
Sanji si era buttato a salvarla trascinando Rufy in cucina con la
scusa di aver bisogno di aiuto. Naturalmente Sanji non aveva bisogno
di aiuto in cucina, e anche se ne avesse avuto, l'aiuto non sarebbe
arrivato dal suo appena-poco-stupido capitano. Tuttavia, il sorriso
di onesta gratitudine della sua preziosa Nami-san valeva anche gli
spuntini che Rufy senza dubbio avrebbe inalato quando credeva che
Sanji non stesse guardando.
Così Sanji aveva
detto al suo
capitano di pelare la patate che aspettavano impotenti in un mucchio
sul tavolo e lo avvertì che avrebbe avuto la sua testa se
non
fossero rimaste patate per cena. Rufy chinò la testa
furiosamente e
fu tutto.
Lasciando Rufy alle patate e
rassicurato dal fatto che ce n'erano ancora altre in magazzino, Sanji
iniziò i suoi preparativi per la cena. Il menù
della sera
consisteva in aragosta alla Thermidor accompagnato da mais e
purè di
patate; aveva dell'ottimo vino bianco che sentiva Robin-chan avrebbe
gradito con il suo pasto. La salsa gravy, avrebbe dovuto prepararla
da zero ma non era un problema perché era ciò che
la delicata
Nami-san e la bella Robin-chan avrebbero mangiato ed erano passati
due anni e Sanji si era assicurato che avessero nulla più
del meglio
in assoluto per rimediare a quel tempo.
Fu a quel punto che Sanji si
rese
conto che Rufy era troppo tranquillo, e all'improvviso il silenzio
pacifico sembrò invece inquietante. Mise il mais in una
ciotola e
lentamente si voltò.
Ciò che vede non
è quello che
si aspettava di vedere.
Il mucchio di patate
è già
significativamente più piccolo di come Sanji lo aveva
lasciato, ma
tutto ciò che Sanji vede è il suo capitano seduto
tra i due mucchi
di patate pelate e quelle ancora da pelare. Rufy sta strizzando gli
occhi per concentrarsi mentre sbuccia con attenzione una patata con
un coltello, e Sanji guarda con stupore perché Rufy lo sta
facendo
incredibilmente bene.
E poi la sua memoria si porta
la
passo con il resto del suo cervello incespicante e la sua
consapevolezza arriva devastante, del perché
esattamente il
suo capitano è così capace, e mentre il suo
stupore si trasforma in
qualcosa di più oscuro, una parte del suo cuore che non
sapeva
esistesse si contorce brutalmente.
I lunghi passi di Sanji
ingoiano
la distanza tra loro in pochi secondi e lui strappa il coltello dalla
mano di Rufy.
«Non lo stai facendo
come si
deve», Sanji scatta perché il suo cuore fa male,
la sua gola brucia
e preferirebbe morire piuttosto che ammettere la verità.
«Non avrei
dovuto contare su una stupida scimmia fin dall'inizio; vai fuori e
di' allo spadaccino di merda di portare qui il suo culo».
Lui non ha bisogno di Zoro
più
di quanto ha bisogno di Rufy ma sta tenendo un coltello, e
coltello-lama-Zoro è l'unico collegamento
logico che il suo
cervello strillante riesce a fare al momento. Fortunatamente, Rufy
è
stato cacciato via dalla cucina troppo spesso per prenderla come
un'offesa e saltellando allegramente fa come gli è stato
detto. È
quando la porta della cucina si chiude che Sanji sprofonda in una
sedia vuota e digrigna pesantemente su una sigaretta che tira fuori.
La sigaretta è
consumata a metà
quando lo spadaccino entra annoiato con un insulto pronto ma Zoro
coglie l'espressione sconvolta di Sanji e inclina la testa curioso.
Sanji pensa di dire allo spadaccino smetti di guardare come
un
idiota e inizia quel cazzo di lavoro o forse solo un inizia
quel cazzo di lavoro.
Quello che
Sanji non pensa è maledizione Zoro, risolvi
tutto questo e
invece, senza dire una parola fa un gesto verso il mucchio di patate,
ma in qualche modo, solo in qualche modo, vuole dire la stessa cosa.
Zoro
segue il gesto del suo compagno e quando trova le due patate
finemente sbucciate vicino ai piedi di Sanji e il broncio di Rufy per
essere stato cacciato dalla cucina anche se aveva cercato di aiutare,
fa due più due. E non può fermare la dolorosa
rivelazione che
sfugge.
Perché
due anni fa, Rufy non riusciva a sbucciare una patata senza tagliare
via metà della patata stessa e Sanji finiva sempre per farlo
per
lui. Due anni dopo, Rufy riesce.
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Capitolo 2 *** Robin & Nami ***
2.
Robin &
Nami
Franky
prova una
sorta di parentela verso Robin, una familiarità che non
riesce ad
esprimere a parole. Può essere a causa del loro passato
stranamente
simile con il governo mondiale al loro inseguimento, o per il fatto
di essere i membri più anziani della loro dinamica ciurma.
Tuttavia,
solidarietà non è uguale a comprensione e quando
si tratta
dell'archeologa, Franky non ha la più pallida idea tanto
quanto gli
altri.
Così
quando, non
molti giorni dopo la loro riunione, Robin, che si era allontanata dal
ponte per leggere in camera sua, torna indietro e lo prende in
disparte, Franky non ha la minima idea di cosa possa volere. Quando
lei gli chiede una chiave di riserva per la stanza sua e di Nami, il
cyborg non ha ancora la più pallida
idea, ma accetta
comunque.
«C'è
solo un mazzo
di chiavi, e lo sto tenendo io in custodia». Tutte le stanze
della
Sunny avevano serrature e chiavi differenti, ma non erano mai state
usate, non una volta. Questo perché nessuno di loro aveva
mai
riconosciuto la necessità di bloccare le porte –
eccetto Sanji che
teneva sempre il ripostiglio degli alimenti fuori dalla portata di
Rufy. «Ti farò una copia in più;
dovrebbero volerci solo un paio
d'ore», Franky riflette per un momento prima di chiedere.
«Avrò
bisogno di farne due o solo una?»
«Grazie
Franky, me
ne basterà solo una per me». Robin aggiunge con un
sorriso. «Mi
chiedevo se potevamo tenere la mia richiesta privata, lontano dalle
orecchie di Nami?»
Questo
è un favore
bizzarro da chiedere perché, dopotutto, entrambe condividono
la
stessa stanza e Robin ha chiesto un set di chiavi di riserva proprio
per
quella stanza. Franky annuisce comunque, perché si fida di
lei.
«Va
bene, è
solo...», Franky lancia uno sguardo di lato, in direzione
della
cabina dove Nami si era recata verso la sua stanza, alcune ore prima,
per riposare anche lei. «Dobbiamo preoccuparci della
sorellina
Nami?»
La
risposta di
rassicurazione è semplice, cosi incredibilmente.
«No, sono bloccata
fuori dalla nostra camera al momento ma non voglio svegliare
Nami-chan per entrare. Questo è tutto».
«La
sorellina Nami
ha bloccato la porta?»
«Sì»,
Robin
risponde (e ricorda). «A volte ci vuole
tempo per rendersi
conto che non si è più soli».
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Capitolo 3 *** Sanji & Zoro ***
3.
Sanji & Zoro
Tutti hanno abitudini o una
routine con cui hanno familiarità e così Sanji
non è molto
sorpreso quando Zoro entra silenziosamente in cucina dopo cena e
fissa la nuca di Sanji in attesa. Nonostante lo spadaccino non dica
una parola, Sanji percepisce lo sguardo intenso senza doversi voltare
e sospira. Tira fuori le mani dai guanti in gomma, oltrepassa
Chopper, che lo sta aiutando ad asciugare i piatti prima di essere
riposti, e inserisce a pugni la password per il loro doppio
frigorifero.
«Ho le mani
impegnate quindi
prenditi la birra – solo una –
con le tue mani», Sanji
ordina ritornando al lavello.
Alla prospettiva dell'alcol,
Zoro
rinuncia all'occasione di lanciare una risposta irriverente e si
dà
da fare a passare in rassegna il frigo.
«Maledetto cuoco
pervertito»,
la risposta concisa arriva nemmeno trenta secondi dopo. «Dove
diavolo hai messo la mia-oh. Trovata».
«...Ingrato
bastardo», Sanji
mormora sottovoce quando lo spadaccino si congeda sorseggiando la sua
birra appena ottenuta. «Ho messo la dannata birra nel
balconcino
della porta del frigo così lui non ha bisogno di allungare
troppo il
braccio per prenderla e ha ancora il coraggio di
lamentarsi...»
«È il suo
occhio».
Sanji sobbalza e si volta
verso
l'amico dalla pelliccia. Chopper si è immobilizzato, il suo
sguardo
impietrito sulla porta del frigo mentre continua a voce così
bassa
che Sanji si chiede se Chopper non vuole che lui senta.
«Un occhio
può arrivare solo a
tanto», il medico stacca lo sguardo e lo alza verso il suo
amico. I
suoi occhi sono larghi e luminosi. «Con un solo occhio, il
campo
visivo di Zoro è tagliato a metà. Probabilmente
non riesce a vedere
le cose che sono troppo alla sua sinistra».
Qualcosa nelle parole di
Chopper
è come un pugno allo stomaco, che mette al tappeto il
respiro di
Sanji e il cuoco balza per riconquistare il suo equilibrio.
«Non ha problemi in
battaglia»,
Sanji fa notare senza capire. «E riesce sempre a reagire
più
velocemente di chiunque di noi. Non ha senso, riesce a bloccare una
lama lunga mezzo metro in battaglia e ha problemi a
trovare
una birra in cucina?»
«Zoro può
percepire il
movimento», la voce del medico è solida ma due
anni è il costo che
ha dovuto pagare per esprimerla in quel modo. Chopper sbatte le
palpebre rigidamente. «Ma nemmeno lui può
percepire il colore».
(Alcune ore
più tardi, quando
Usop entra in cucina perché è il suo turno di
portare i dessert
fuori sul ponte, si ritrova uno spettacolo raro: il frigo di solito
chiuso con una password è spalancato. Il cuoco sta di fronte
al
frigo a... tirare via tutte le lattine di birra che stanno nella
porta sinistra del refrigeratore e spostarle in quella di destra.
Usop, chiedendosi se il suo compagno si sia alla fine rincretinito,
con cura gli domanda cosa stia facendo. Il cuoco si immobilizza per
un momento, fissando Usop con lo sguardo più strano prima di
voltarsi e borbottare, “sto riarredando”.)
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Capitolo 4 *** Zoro & Rufy ***
4.
Zoro & Rufy
«Rufy».
Rufy sbatte gli occhi una
volta e
poi due. Sulla sua spalla c'è una presa familiare,
disinvolta ma
abbastanza solida perché Rufy realizzi che il suo compagno
sta
cercando di dire qualcosa.
«Rufy»,
Zoro ripete e Rufy
finalmente si rende conto che sta afferrando nel pugno la camicia di
un cacciatore di pirati privo di sensi. Lo spadaccino preme.
«Lascialo andare».
Per qualche ragione,
però, Rufy non
può perché sa che è importante che lui
mantenga la presa sull'uomo
e si assicuri che quello non tocchi più Zoro. Il sangue
fluisce alle
sue orecchie nuovamente e Rufy stringe la presa sul cacciatore di
pirati, senza sentire il terribile ringhio che ha fatto
indietreggiare il resto dei suoi compagni che gli stanno attorno. La
stretta sulla sua spalla si rinforza.
«Lascialo
andare Rufy», la voce di
Zoro è bassa e gentile mentre promette al suo capitano che,
questa
volta, è diverso. «Sono qui».
(Rufy non sa
come il cacciatore
di pirati abbia colto Zoro alla sprovvista così facilmente,
ma poco
importa perché il pirata ha già il pugno tirato
indietro, pronto a
mandare l'uomo in volo. Anche Zoro ha allungato il braccio verso le
sue katana ma il pugno di Rufy arriverà prima quindi non ci
sono
preoccupazioni. Ma poi, Rufy si rende conto, ma poi, la vista del
cacciatore di pirati che si avventa sullo spadaccino che è
piegato
in due è tanto familiare da fargli torcere le budella, il
modo in
cui la mano dell'uomo si tende verso Zoro, perché
è come quando,
perché è proprio come quando lo Shichibukai-
-e
qualcosa in Rufy scatta.)
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Capitolo 5 *** Usop & Chopper ***
5.
Usop & Chopper
(“Usop,”
il morbido sussurro di Chopper scuote Usop dai suoi sogni.
“Posso
dormire con te stanotte?”
Prima che la
domanda sia
completamente articolata, il cecchino ondeggia la mano come un invito
e Chopper non perde tempo ad arrampicarsi per unirsi al suo amico che
è sepolto sotto un blocco di coperte; dopo settimane nel
deserto
torrido di Alabasta, la Going Merry e il mare sembrano freddi in
confronto.
“Un
incubo?” Usop mormora
assonnato mentre si sposta verso la fonte di calore che si è
posizionata al suo fianco. La mancata risposta che arriva lo
incoraggia a scivolare nei suoi dolci sogni quando una piccola voce
spezzata ammette.
“Li
sento gridare.”)
Usop, in quel modo
istintivo di cui
tutti erano capaci, avvertì la differenza non appena si
trovarono a
lottare insieme per la prima volta dopo due anni. Chopper era rimasto
a margine della sua visuale e mentre buona parte di Usop attendeva
eccitato di vedere quanto fossero diventate più forti le
trasformazioni del suo migliore amico, una piccola parte del suo
cuore era allarmata per la rapidità con cui Chopper metteva
a terra
i nemici. I movimenti della renna accennavano ad una pacata
efficienza che di solito seguiva le lame di Zoro, un tipo di
sicurezza che brucerebbe nello sguardo fermo di Robin prima di
incrociare le sue braccia.
(“Hai
mai avuto incubi sulle
persone che hai ferito Usop?”
“Sì,”
il cecchino, ora
completamente sveglio, risponde con sincerità. “In
passato.”
“Come...”
C'è una minima
esitazione nelle parole. “Come fai a farli andare
via?”
La domanda
rimane sospesa nella
notte senza luci mentre il cecchino pensa ad ogni grugnito di dolore
dei suoi nemici che non ha mai potuto dimenticare e il sangue che
qualche volta ha dovuto sfregare via da sotto le unghie. Poi Usop
pensa a Rufy appollaiato sulla polena della Merry, e la cicatrice
sulla mano di Nami.
“Gli
incubi si fermeranno,”
lui promette. “Quando capirai ciò per cui valgono
la pena.”)
Chopper non esita
più in battaglia
e Usop, disteso nella sua amaca e sepolto sotto le coperte da solo,
sente molto freddo.
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Capitolo 6 *** Nami & Brook ***
6.
Nami & Brook
Due anni prima non era
mai stata una
coincidenza quando Usop osservava il mare con malinconia e poi per
cena sarebbero stati serviti per lo più piatti del Mare
Orientale.
Non è una coincidenza ora quando Rufy guarda la cicatrice
sul viso
di Zoro e si immobilizza per un momento di troppo – e allora
Franky
all'improvviso esclama di avere una nuova invenzione super-figa
che gli è appena venuta in mente e Rufy verrà ad
aiutarlo?
Loro guardano l'un
l'altro e vedono
ciò che conta, si prendono cura l'uno dell'altro nei
più piccoli
modi possibili; Nami non è diversa. Se Chopper ha il turno
di
guardia in una notte fredda e ventosa dopo giorni di caldo e sole
soffocanti, o se Zoro non ha il turno durante le settimane di pioggia
che sono umide e fanno prudere le sue cicatrici, entrambi non sono
così ingenui da pensare che si sia trattato di fortuna.
Accettano il
gesto in silenzio, con gratitudine che può o meno tradursi
in
sorriso la mattina successiva o ad uno sfiorarsi di spalle a pranzo.
Nami percepisce il cielo e il vento nella stessa maniera istintiva in
cui Rufy capisce le persone o in cui Zoro legge il movimento di un
avversario e questo significa che lei può, a suo modo,
proteggere i
suoi compagni come non può fare in battaglia.
Ecco perché
Nami non si perdonerà
mai per questo:
«Brook»,
Nami si allunga per
toccare la sua mano. Punta i piedi e ignora il sospiro sorpreso o il
sobbalzo violento. Fa finta che il suo cuore non si sia spezzato in
un milione di pezzi e sussurra. «Sono solo io».
Lo scheletro fissa la
mano sottile
sulla sua prima di seguire il braccio fin quando incontra lo sguardo
di Nami. Lo sguardo di lui la spaventa, le congela il sangue
perché
Brook la guarda eppure non la sta guardando affatto. Lui non vede
nulla oltre ciò che la sua mente distrutta gli sta
mostrando, i
ricordi di un tempo diverso su un ponte diverso, in una
notte di nebbia
diversa.
Sembra come se non
sarà mai di
nuovo felice.
La mano di Brook giace
ancora
morbida sotto quella di Nami ma lui si contorce così
lievemente
mentre domanda con speranza scossa tanto quanto la sua voce.
«Yorki-san?»
No,
Nami sa che è ingiusto
ma non può fare a meno di pensare, perché
io sono quella che non
potrà mai lasciarti e andare via. Lei deglutisce e
prova, «Torna
indietro Brook».
Il musicista non reagisce
alle
parole di lei, non si muove nemmeno, e non smette di mormorare nomi
sconosciuti tra i denti. La presa di Nami si stringe e se Brook fosse
ancora carne e sangue, le unghie di lei gli avrebbero perforato la
pelle facendolo sanguinare. Ma Brook non è carne e sangue e
così
Nami sanguina per lui. «Sono Nami, e tu sei sulla Thousand
Sunny.
Sei al sicuro e io sono qui e quello che stai vedendo, qualunque cosa
tu stia vedendo non è reale quindi torna
indietro, per
favore, Brook».
La voce di Nami si rompe
sull'ultima
parola, smorzandosi in un soffocamento, appena udibile e affatto
comprensibile ma questo è ciò che fa. Questo
è ciò che permette a
Brook di riprendersi velocemente, le sue dita che si richiudono in
modo protettivo attorno alla mano di Nami mentre riemerge dal dolore
e dalla paura causatigli dalla nebbia, dai ricordi confusi e risponde
invece alla richiesta di Nami. Sbatte le palpebre (anche se
non ha
le palpebre – skull joke! Una voce un po' isterica
nella testa
di Nami viene in aiuto) e allunga la mano libera per asciugare le
lacrime che minacciano di cadere.
«...Nami-san?»
Brook chiede mentre
mette a fuoco la sua compagna che è inginocchiata accanto a
lui e
gli stringe la mano al centro del ponte e della notte. «Che
è
successo? Cosa c'è che non va?»
«Brook»,
se lei stringesse la mano
più forte potrebbe romperla ma Nami non riesce a trovare in
sé la
forza di lasciarla andare.
«Nami-san?»
Brook la guarda con
leggera preoccupazione, la guarda davvero, dritto
verso di
lei. «Cos'è successo? Hai avuto un
incubo?»
Sì,
Nami vuole piangere.
Perché ho dimenticato. Ti ho
assegnato il turno in una
notte di nebbia perché ho dimenticato quanto reagisci male a
questo,
e quando mi sono svegliata e ti ho sentito chiamare i tuoi compagni
morti, ho pensato che stavo per morire di strazio.
«Sì»,
lei risponde invece e
guarda il suo amico, in silenzio, chiedendogli ferocemente di vedere
davvero.
«Ma
adesso è passato», Nami
sussurra. «Promesso».
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Capitolo 7 *** Zoro & Nami ***
7.
Zoro & Nami
(Zoro conosce
una determinazione
dura come l'acciaio e fredda come il ghiaccio. Lui comprende il
traboccante e crudo desiderio di proteggere e la tentazione dolce e
agghiacciante di spingere un secondo di più e spezzare un
collo, di
incidere un centimetro più in profondità e
fermare un cuore.)
«Perché
mi hai fermata?»
Zoro socchiude un occhio
alla
domanda e sbadiglia, con grande irritazione di Nami. Tuttavia, per
una volta lei non cerca di urlargli o di mandarlo in aria a schiaffi
ma incrocia le braccia e attende. In questo modo Zoro sa che fa sul
serio.
(Zoro sapeva e
così quando Nami
fece oscillare in basso il suo ClimaTact in quello che sarebbe stato
un colpo mortale, lui si mosse accanto a lei e portò in alto
Shisui,
costringendo le loro armi ad incrociarsi a metà strada.)
«Quel tizio
aveva già preso un
brutto colpo», Zoro sottolinea, riferendosi al pirata nemico
che
Nami aveva affrontato in battaglia. «Un altro colpo come
quello lo
avrebbe ucciso».
Un sussulto viene
accuratamente
nascosto ma non a coloro che lo cercano. Gli occhi di Zoro si
stringono e Nami, intuendo lo scrutinio, lo attacca.
«Che senso
hanno avuto due anni se
non sono abbastanza forte? Posso farcela», Nami scatta e
voltandosi
si incammina per la balaustra. Ma la sua rabbia si raffredda alla
stessa velocità con cui è bruciata e Zoro aspetta
finché il
respiro si fa regolare mentre lei si strofina gli occhi con i bordi
dei suoi palmi. Quando si volta, il suo sguardo è sofferente
e
implorante. «Devo essere in grado di farlo, Zoro».
Quella è la
verità, o almeno
quella è la verità così come Nami la
vede e come Usop e Chopper
probabilmente pensano; che devono essere forti in battaglia, spietati
come Zoro e rapidi come Sanji. Lo spadaccino non protesta né
nega,
chiude solo gli occhi. Quando alla fine risponde, suona così:
«È
vero che se uccidi un uomo, se
n'è andato per sempre e tu sei al sicuro. Se lo lasci
vivere, dovrai
trascorrere il resto della tua vita guardandoti le spalle nel caso
lui dia la caccia a te o peggio- a qualcuno della tua cerchia. Ma
Nami», Zoro pensa alla cicatrice sulla mano di Nami e al
tatuaggio
sulla spalla mentre incontra lo sguardo della ragazza. «Noi
abbiamo
sempre saputo che sei forte abbastanza per uccidere un uomo»,
una
pausa prima di continuare, tanto tranquillo da essere quasi dolce.
«Tu hai bisogno di sapere di essere coraggiosa abbastanza da
non
farlo».
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Capitolo 8 *** Sanji & Rufy II ***
8.
Sanji & Rufy II
Questa sera per cena
c'è filetto
con tartufo nero. Il pasto comincerà con tartine al caviale
– il
caviale era stata una scoperta fortunata al mercato dell'ultima isola
– e una semplice insalata con una selezione di mozzarella,
uvetta e
in più una porzione di caldo formaggio di capra. Si
aggiungono
cavolo cinese e pollo e riso fritto da offrire prima di portare fuori
il piatto più prezioso; filetto ben cotto in salsa di vino
rosso
accompagnato da tartufi neri e patate al forno.
Sanji sorride mentre
inala il ricco
profumo della salsa che attende innocentemente in una ciotola in
vetro. La salsa al vino rosso non è una salsa al vino
qualunque; è
una delle specialità di Zeff, una delle poche ricette che
Sanji
aveva ottenuto dall'uomo mentre era sotto la tutela dell'ex pirata.
Sanji aveva impiegato tre orribili settimane in passato e tre ore e
mezza oggi per riprodurre il gusto esattamente come Zeff l'aveva
fatta, se non meglio. Sì, Sanji
assapora. È perfetta e anche
la cena finirà in modo perfetto con i bignè alla
crema che
aspettano in frigo.
Il cuoco passa al
setaccio la
superficie e tutto ciò che sta sopra con il suo sguardo.
Annuisce
con soddisfazione. Gli ingredienti sono sistemati davanti a lui
così
come i passi della preparazione, che deve essere ultimata in un
sufficiente lasso di tempo, sono nella sua testa. L'insalata
è la
più facile, e le tartine dovranno essere preparate appena
prima di
essere servite. Lui ha già cotto il pollo e il cavolo
cinese; il
riso dovrà essere fritto all'ultimo minuto per garantire il
sapore
migliore. Ciò vuol dire che ha quasi finito; quello che
rimane è il
filetto. Si avvicina ai fornelli per riscaldare una padella. Sanji
gira la manopola e sente il sibilo familiare del fuoco che si
risveglia con un tremolio.
Rufy sceglie quel momento
per
lanciarsi in cucina con un gioioso «SANJI!» e si
butta sulla sedia
più vicina ai fornelli, direttamente dietro al cuoco. Sanji
tira via
la mano dalla manopola e il fuoco immediatamente si spegne.
«Posso
guardare?» è la domanda
impaziente ma nessuno dei due si inganna, Rufy è
più interessato
agli scarti che occasionalmente Sanji in senso figurato gli lancia.
Rufy ha già gli occhi luminosi e sta sbavando.
«Che c'è per cena?»
È una domanda
semplice, una domanda
che Sanji ha sentito molte più volte di quanto si preoccupa
di
ricordare, ma due anni dopo, niente è più
semplice. La risposta si
blocca in gola e Sanji esita a continuare. Anche nella sicurezza
della loro nave e il conforto della sua cucina, Sanji deve scegliere.
Il cuoco guarda gli
ingredienti
disposti che ha preparato da un'ora prima, i diversi piatti che si
completano a vicenda e che devono essere serviti insieme o non devono
essere serviti affatto. La carne cruda e le verdure le può
riporre
nella dispensa e conservare ma il piatto di riso fritto che non
è
ancora stato fritto, la sua preziosa salsa al vino che
perderà il
suo sapore, il cibo che dovrà sprecare.
Guarda al fatto che
se cambia idea adesso, dovrà ricominciare la cena tutta da
capo. Poi
Sanji lancia uno sguardo indietro al suo capitano che sta
pazientemente aspettando sulla sua sedia con un sorriso allegro.
La decisione è
facile.
«Sushi»,
non è una bugia ma non è
nemmeno la verità. È la risposta (le
scuse) di Sanji al
dolore di due anni nello sguardo di Rufy il giorno precedente.
(“Rufy,
qualcosa non va? Hai lo
sguardo di uno che ha visto un- oh,” Sanji spegne il suo
accendino
con uno scatto ma è troppo tardi.)
Il dolore che era
silenzioso eppure
bruciava luminoso come il fuoco che il suo amico aveva fissato.
«Stasera si mangia sushi».
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Avviso
per tutti i lettori: sto riorganizzando il calendario, pertanto tutti
gli aggiornamenti potrebbero subire variazioni sulla tabella di marcia.
Vi ringrazio della pazienza e mi scuso per il disagio.
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