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di a k u r o s a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sanji & Rufy ***
Capitolo 2: *** Robin & Nami ***
Capitolo 3: *** Sanji & Zoro ***
Capitolo 4: *** Zoro & Rufy ***
Capitolo 5: *** Usop & Chopper ***
Capitolo 6: *** Nami & Brook ***
Capitolo 7: *** Zoro & Nami ***
Capitolo 8: *** Sanji & Rufy II ***



Capitolo 1
*** Sanji & Rufy ***


n/t: ecco un'anteprima di una nuova serie che verrà pubblicata dopo la pausa natalizia. Si tratta di una raccolta di storie ambientata subito dopo la pausa dei due anni. Ogni storia sarà dedicata a due personaggi della ciurma dei Mugiwara e tratterà delle piccole parti di ognuno che sono cambiate in quei mesi della loro separazione e a cui ora i membri della ciurma devono fare l'abitudine, perché due anni sono tanti da passare separati. La caratteristica principale di questa raccolta è che sarà particolarmente angst e non mancheranno linguaggi un pò brutali, per questo è classificata in giallo.
Vi lascio quindi questo capitolo di assaggio e ci risentiamo a gennaio. Buona lettura!



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(questo è il prezzo che è stato pagato per intero)

1. Sanji & Rufy

Quando Sanji si rende conto, è del tutto casuale.

Era accaduto perché la bella Nami-san, la radiante e abbagliante come il sole Nami-san, era disperata ad allontanare Rufy dalle mappe che stava disegnando e Sanji si era buttato a salvarla trascinando Rufy in cucina con la scusa di aver bisogno di aiuto. Naturalmente Sanji non aveva bisogno di aiuto in cucina, e anche se ne avesse avuto, l'aiuto non sarebbe arrivato dal suo appena-poco-stupido capitano. Tuttavia, il sorriso di onesta gratitudine della sua preziosa Nami-san valeva anche gli spuntini che Rufy senza dubbio avrebbe inalato quando credeva che Sanji non stesse guardando.

Così Sanji aveva detto al suo capitano di pelare la patate che aspettavano impotenti in un mucchio sul tavolo e lo avvertì che avrebbe avuto la sua testa se non fossero rimaste patate per cena. Rufy chinò la testa furiosamente e fu tutto.

Lasciando Rufy alle patate e rassicurato dal fatto che ce n'erano ancora altre in magazzino, Sanji iniziò i suoi preparativi per la cena. Il menù della sera consisteva in aragosta alla Thermidor accompagnato da mais e purè di patate; aveva dell'ottimo vino bianco che sentiva Robin-chan avrebbe gradito con il suo pasto. La salsa gravy, avrebbe dovuto prepararla da zero ma non era un problema perché era ciò che la delicata Nami-san e la bella Robin-chan avrebbero mangiato ed erano passati due anni e Sanji si era assicurato che avessero nulla più del meglio in assoluto per rimediare a quel tempo.

Fu a quel punto che Sanji si rese conto che Rufy era troppo tranquillo, e all'improvviso il silenzio pacifico sembrò invece inquietante. Mise il mais in una ciotola e lentamente si voltò.

Ciò che vede non è quello che si aspettava di vedere.

Il mucchio di patate è già significativamente più piccolo di come Sanji lo aveva lasciato, ma tutto ciò che Sanji vede è il suo capitano seduto tra i due mucchi di patate pelate e quelle ancora da pelare. Rufy sta strizzando gli occhi per concentrarsi mentre sbuccia con attenzione una patata con un coltello, e Sanji guarda con stupore perché Rufy lo sta facendo incredibilmente bene.

E poi la sua memoria si porta la passo con il resto del suo cervello incespicante e la sua consapevolezza arriva devastante, del perché esattamente il suo capitano è così capace, e mentre il suo stupore si trasforma in qualcosa di più oscuro, una parte del suo cuore che non sapeva esistesse si contorce brutalmente.

I lunghi passi di Sanji ingoiano la distanza tra loro in pochi secondi e lui strappa il coltello dalla mano di Rufy.

«Non lo stai facendo come si deve», Sanji scatta perché il suo cuore fa male, la sua gola brucia e preferirebbe morire piuttosto che ammettere la verità. «Non avrei dovuto contare su una stupida scimmia fin dall'inizio; vai fuori e di' allo spadaccino di merda di portare qui il suo culo».

Lui non ha bisogno di Zoro più di quanto ha bisogno di Rufy ma sta tenendo un coltello, e coltello-lama-Zoro è l'unico collegamento logico che il suo cervello strillante riesce a fare al momento. Fortunatamente, Rufy è stato cacciato via dalla cucina troppo spesso per prenderla come un'offesa e saltellando allegramente fa come gli è stato detto. È quando la porta della cucina si chiude che Sanji sprofonda in una sedia vuota e digrigna pesantemente su una sigaretta che tira fuori.

La sigaretta è consumata a metà quando lo spadaccino entra annoiato con un insulto pronto ma Zoro coglie l'espressione sconvolta di Sanji e inclina la testa curioso. Sanji pensa di dire allo spadaccino smetti di guardare come un idiota e inizia quel cazzo di lavoro o forse solo un inizia quel cazzo di lavoro. Quello che Sanji non pensa è maledizione Zoro, risolvi tutto questo e invece, senza dire una parola fa un gesto verso il mucchio di patate, ma in qualche modo, solo in qualche modo, vuole dire la stessa cosa.

Zoro segue il gesto del suo compagno e quando trova le due patate finemente sbucciate vicino ai piedi di Sanji e il broncio di Rufy per essere stato cacciato dalla cucina anche se aveva cercato di aiutare, fa due più due. E non può fermare la dolorosa rivelazione che sfugge.

Perché due anni fa, Rufy non riusciva a sbucciare una patata senza tagliare via metà della patata stessa e Sanji finiva sempre per farlo per lui. Due anni dopo, Rufy riesce.


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Capitolo 2
*** Robin & Nami ***


2. Robin & Nami

Franky prova una sorta di parentela verso Robin, una familiarità che non riesce ad esprimere a parole. Può essere a causa del loro passato stranamente simile con il governo mondiale al loro inseguimento, o per il fatto di essere i membri più anziani della loro dinamica ciurma. Tuttavia, solidarietà non è uguale a comprensione e quando si tratta dell'archeologa, Franky non ha la più pallida idea tanto quanto gli altri.

Così quando, non molti giorni dopo la loro riunione, Robin, che si era allontanata dal ponte per leggere in camera sua, torna indietro e lo prende in disparte, Franky non ha la minima idea di cosa possa volere. Quando lei gli chiede una chiave di riserva per la stanza sua e di Nami, il cyborg non ha ancora la più pallida idea, ma accetta comunque.

«C'è solo un mazzo di chiavi, e lo sto tenendo io in custodia». Tutte le stanze della Sunny avevano serrature e chiavi differenti, ma non erano mai state usate, non una volta. Questo perché nessuno di loro aveva mai riconosciuto la necessità di bloccare le porte – eccetto Sanji che teneva sempre il ripostiglio degli alimenti fuori dalla portata di Rufy. «Ti farò una copia in più; dovrebbero volerci solo un paio d'ore», Franky riflette per un momento prima di chiedere. «Avrò bisogno di farne due o solo una?»

«Grazie Franky, me ne basterà solo una per me». Robin aggiunge con un sorriso. «Mi chiedevo se potevamo tenere la mia richiesta privata, lontano dalle orecchie di Nami?»

Questo è un favore bizzarro da chiedere perché, dopotutto, entrambe condividono la stessa stanza e Robin ha chiesto un set di chiavi di riserva proprio per quella stanza. Franky annuisce comunque, perché si fida di lei.

«Va bene, è solo...», Franky lancia uno sguardo di lato, in direzione della cabina dove Nami si era recata verso la sua stanza, alcune ore prima, per riposare anche lei. «Dobbiamo preoccuparci della sorellina Nami?»

La risposta di rassicurazione è semplice, cosi incredibilmente. «No, sono bloccata fuori dalla nostra camera al momento ma non voglio svegliare Nami-chan per entrare. Questo è tutto».

«La sorellina Nami ha bloccato la porta?»

«Sì», Robin risponde (e ricorda). «A volte ci vuole tempo per rendersi conto che non si è più soli».

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Capitolo 3
*** Sanji & Zoro ***


3. Sanji & Zoro

Tutti hanno abitudini o una routine con cui hanno familiarità e così Sanji non è molto sorpreso quando Zoro entra silenziosamente in cucina dopo cena e fissa la nuca di Sanji in attesa. Nonostante lo spadaccino non dica una parola, Sanji percepisce lo sguardo intenso senza doversi voltare e sospira. Tira fuori le mani dai guanti in gomma, oltrepassa Chopper, che lo sta aiutando ad asciugare i piatti prima di essere riposti, e inserisce a pugni la password per il loro doppio frigorifero.

«Ho le mani impegnate quindi prenditi la birra – solo una – con le tue mani», Sanji ordina ritornando al lavello.

Alla prospettiva dell'alcol, Zoro rinuncia all'occasione di lanciare una risposta irriverente e si dà da fare a passare in rassegna il frigo.

«Maledetto cuoco pervertito», la risposta concisa arriva nemmeno trenta secondi dopo. «Dove diavolo hai messo la mia-oh. Trovata».

«...Ingrato bastardo», Sanji mormora sottovoce quando lo spadaccino si congeda sorseggiando la sua birra appena ottenuta. «Ho messo la dannata birra nel balconcino della porta del frigo così lui non ha bisogno di allungare troppo il braccio per prenderla e ha ancora il coraggio di lamentarsi...»

«È il suo occhio».

Sanji sobbalza e si volta verso l'amico dalla pelliccia. Chopper si è immobilizzato, il suo sguardo impietrito sulla porta del frigo mentre continua a voce così bassa che Sanji si chiede se Chopper non vuole che lui senta.

«Un occhio può arrivare solo a tanto», il medico stacca lo sguardo e lo alza verso il suo amico. I suoi occhi sono larghi e luminosi. «Con un solo occhio, il campo visivo di Zoro è tagliato a metà. Probabilmente non riesce a vedere le cose che sono troppo alla sua sinistra».

Qualcosa nelle parole di Chopper è come un pugno allo stomaco, che mette al tappeto il respiro di Sanji e il cuoco balza per riconquistare il suo equilibrio.

«Non ha problemi in battaglia», Sanji fa notare senza capire. «E riesce sempre a reagire più velocemente di chiunque di noi. Non ha senso, riesce a bloccare una lama lunga mezzo metro in battaglia e ha problemi a trovare una birra in cucina?»

«Zoro può percepire il movimento», la voce del medico è solida ma due anni è il costo che ha dovuto pagare per esprimerla in quel modo. Chopper sbatte le palpebre rigidamente. «Ma nemmeno lui può percepire il colore».

(Alcune ore più tardi, quando Usop entra in cucina perché è il suo turno di portare i dessert fuori sul ponte, si ritrova uno spettacolo raro: il frigo di solito chiuso con una password è spalancato. Il cuoco sta di fronte al frigo a... tirare via tutte le lattine di birra che stanno nella porta sinistra del refrigeratore e spostarle in quella di destra. Usop, chiedendosi se il suo compagno si sia alla fine rincretinito, con cura gli domanda cosa stia facendo. Il cuoco si immobilizza per un momento, fissando Usop con lo sguardo più strano prima di voltarsi e borbottare, “sto riarredando”.)


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Capitolo 4
*** Zoro & Rufy ***


4. Zoro & Rufy

«Rufy».

Rufy sbatte gli occhi una volta e poi due. Sulla sua spalla c'è una presa familiare, disinvolta ma abbastanza solida perché Rufy realizzi che il suo compagno sta cercando di dire qualcosa.

«Rufy», Zoro ripete e Rufy finalmente si rende conto che sta afferrando nel pugno la camicia di un cacciatore di pirati privo di sensi. Lo spadaccino preme. «Lascialo andare».

Per qualche ragione, però, Rufy non può perché sa che è importante che lui mantenga la presa sull'uomo e si assicuri che quello non tocchi più Zoro. Il sangue fluisce alle sue orecchie nuovamente e Rufy stringe la presa sul cacciatore di pirati, senza sentire il terribile ringhio che ha fatto indietreggiare il resto dei suoi compagni che gli stanno attorno. La stretta sulla sua spalla si rinforza.

«Lascialo andare Rufy», la voce di Zoro è bassa e gentile mentre promette al suo capitano che, questa volta, è diverso. «Sono qui».

(Rufy non sa come il cacciatore di pirati abbia colto Zoro alla sprovvista così facilmente, ma poco importa perché il pirata ha già il pugno tirato indietro, pronto a mandare l'uomo in volo. Anche Zoro ha allungato il braccio verso le sue katana ma il pugno di Rufy arriverà prima quindi non ci sono preoccupazioni. Ma poi, Rufy si rende conto, ma poi, la vista del cacciatore di pirati che si avventa sullo spadaccino che è piegato in due è tanto familiare da fargli torcere le budella, il modo in cui la mano dell'uomo si tende verso Zoro, perché è come quando, perché è proprio come quando lo Shichibukai-

-e qualcosa in Rufy scatta.)


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Capitolo 5
*** Usop & Chopper ***


5. Usop & Chopper

(“Usop,” il morbido sussurro di Chopper scuote Usop dai suoi sogni. “Posso dormire con te stanotte?”

Prima che la domanda sia completamente articolata, il cecchino ondeggia la mano come un invito e Chopper non perde tempo ad arrampicarsi per unirsi al suo amico che è sepolto sotto un blocco di coperte; dopo settimane nel deserto torrido di Alabasta, la Going Merry e il mare sembrano freddi in confronto.

Un incubo?” Usop mormora assonnato mentre si sposta verso la fonte di calore che si è posizionata al suo fianco. La mancata risposta che arriva lo incoraggia a scivolare nei suoi dolci sogni quando una piccola voce spezzata ammette.

Li sento gridare.”)

Usop, in quel modo istintivo di cui tutti erano capaci, avvertì la differenza non appena si trovarono a lottare insieme per la prima volta dopo due anni. Chopper era rimasto a margine della sua visuale e mentre buona parte di Usop attendeva eccitato di vedere quanto fossero diventate più forti le trasformazioni del suo migliore amico, una piccola parte del suo cuore era allarmata per la rapidità con cui Chopper metteva a terra i nemici. I movimenti della renna accennavano ad una pacata efficienza che di solito seguiva le lame di Zoro, un tipo di sicurezza che brucerebbe nello sguardo fermo di Robin prima di incrociare le sue braccia.

(“Hai mai avuto incubi sulle persone che hai ferito Usop?”

Sì,” il cecchino, ora completamente sveglio, risponde con sincerità. “In passato.”

Come...” C'è una minima esitazione nelle parole. “Come fai a farli andare via?”

La domanda rimane sospesa nella notte senza luci mentre il cecchino pensa ad ogni grugnito di dolore dei suoi nemici che non ha mai potuto dimenticare e il sangue che qualche volta ha dovuto sfregare via da sotto le unghie. Poi Usop pensa a Rufy appollaiato sulla polena della Merry, e la cicatrice sulla mano di Nami.

Gli incubi si fermeranno,” lui promette. “Quando capirai ciò per cui valgono la pena.”)

Chopper non esita più in battaglia e Usop, disteso nella sua amaca e sepolto sotto le coperte da solo, sente molto freddo.


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Capitolo 6
*** Nami & Brook ***


6. Nami & Brook

Due anni prima non era mai stata una coincidenza quando Usop osservava il mare con malinconia e poi per cena sarebbero stati serviti per lo più piatti del Mare Orientale. Non è una coincidenza ora quando Rufy guarda la cicatrice sul viso di Zoro e si immobilizza per un momento di troppo – e allora Franky all'improvviso esclama di avere una nuova invenzione super-figa che gli è appena venuta in mente e Rufy verrà ad aiutarlo?

Loro guardano l'un l'altro e vedono ciò che conta, si prendono cura l'uno dell'altro nei più piccoli modi possibili; Nami non è diversa. Se Chopper ha il turno di guardia in una notte fredda e ventosa dopo giorni di caldo e sole soffocanti, o se Zoro non ha il turno durante le settimane di pioggia che sono umide e fanno prudere le sue cicatrici, entrambi non sono così ingenui da pensare che si sia trattato di fortuna. Accettano il gesto in silenzio, con gratitudine che può o meno tradursi in sorriso la mattina successiva o ad uno sfiorarsi di spalle a pranzo. Nami percepisce il cielo e il vento nella stessa maniera istintiva in cui Rufy capisce le persone o in cui Zoro legge il movimento di un avversario e questo significa che lei può, a suo modo, proteggere i suoi compagni come non può fare in battaglia.

Ecco perché Nami non si perdonerà mai per questo:

«Brook», Nami si allunga per toccare la sua mano. Punta i piedi e ignora il sospiro sorpreso o il sobbalzo violento. Fa finta che il suo cuore non si sia spezzato in un milione di pezzi e sussurra. «Sono solo io».

Lo scheletro fissa la mano sottile sulla sua prima di seguire il braccio fin quando incontra lo sguardo di Nami. Lo sguardo di lui la spaventa, le congela il sangue perché Brook la guarda eppure non la sta guardando affatto. Lui non vede nulla oltre ciò che la sua mente distrutta gli sta mostrando, i ricordi di un tempo diverso su un ponte diverso, in una  notte di nebbia diversa.

Sembra come se non sarà mai di nuovo felice.

La mano di Brook giace ancora morbida sotto quella di Nami ma lui si contorce così lievemente mentre domanda con speranza scossa tanto quanto la sua voce.

«Yorki-san?»

No, Nami sa che è ingiusto ma non può fare a meno di pensare, perché io sono quella che non potrà mai lasciarti e andare via. Lei deglutisce e prova, «Torna indietro Brook».

Il musicista non reagisce alle parole di lei, non si muove nemmeno, e non smette di mormorare nomi sconosciuti tra i denti. La presa di Nami si stringe e se Brook fosse ancora carne e sangue, le unghie di lei gli avrebbero perforato la pelle facendolo sanguinare. Ma Brook non è carne e sangue e così Nami sanguina per lui. «Sono Nami, e tu sei sulla Thousand Sunny. Sei al sicuro e io sono qui e quello che stai vedendo, qualunque cosa tu stia vedendo non è reale quindi torna indietro, per favore, Brook».

La voce di Nami si rompe sull'ultima parola, smorzandosi in un soffocamento, appena udibile e affatto comprensibile ma questo è ciò che fa. Questo è ciò che permette a Brook di riprendersi velocemente, le sue dita che si richiudono in modo protettivo attorno alla mano di Nami mentre riemerge dal dolore e dalla paura causatigli dalla nebbia, dai ricordi confusi e risponde invece alla richiesta di Nami. Sbatte le palpebre (anche se non ha le palpebre – skull joke! Una voce un po' isterica nella testa di Nami viene in aiuto) e allunga la mano libera per asciugare le lacrime che minacciano di cadere.

«...Nami-san?» Brook chiede mentre mette a fuoco la sua compagna che è inginocchiata accanto a lui e gli stringe la mano al centro del ponte e della notte. «Che è successo? Cosa c'è che non va?»

«Brook», se lei stringesse la mano più forte potrebbe romperla ma Nami non riesce a trovare in sé la forza di lasciarla andare.

«Nami-san?» Brook la guarda con leggera preoccupazione, la guarda davvero, dritto verso di lei. «Cos'è successo? Hai avuto un incubo?»

Sì, Nami vuole piangere. Perché ho dimenticato. Ti ho assegnato il turno in una notte di nebbia perché ho dimenticato quanto reagisci male a questo, e quando mi sono svegliata e ti ho sentito chiamare i tuoi compagni morti, ho pensato che stavo per morire di strazio.

«Sì», lei risponde invece e guarda il suo amico, in silenzio, chiedendogli ferocemente di vedere davvero.

«Ma adesso è passato», Nami sussurra. «Promesso».


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Capitolo 7
*** Zoro & Nami ***


7. Zoro & Nami

(Zoro conosce una determinazione dura come l'acciaio e fredda come il ghiaccio. Lui comprende il traboccante e crudo desiderio di proteggere e la tentazione dolce e agghiacciante di spingere un secondo di più e spezzare un collo, di incidere un centimetro più in profondità e fermare un cuore.)

«Perché mi hai fermata?»

Zoro socchiude un occhio alla domanda e sbadiglia, con grande irritazione di Nami. Tuttavia, per una volta lei non cerca di urlargli o di mandarlo in aria a schiaffi ma incrocia le braccia e attende. In questo modo Zoro sa che fa sul serio.

(Zoro sapeva e così quando Nami fece oscillare in basso il suo ClimaTact in quello che sarebbe stato un colpo mortale, lui si mosse accanto a lei e portò in alto Shisui, costringendo le loro armi ad incrociarsi a metà strada.)

«Quel tizio aveva già preso un brutto colpo», Zoro sottolinea, riferendosi al pirata nemico che Nami aveva affrontato in battaglia. «Un altro colpo come quello lo avrebbe ucciso».

Un sussulto viene accuratamente nascosto ma non a coloro che lo cercano. Gli occhi di Zoro si stringono e Nami, intuendo lo scrutinio, lo attacca.

«Che senso hanno avuto due anni se non sono abbastanza forte? Posso farcela», Nami scatta e voltandosi si incammina per la balaustra. Ma la sua rabbia si raffredda alla stessa velocità con cui è bruciata e Zoro aspetta finché il respiro si fa regolare mentre lei si strofina gli occhi con i bordi dei suoi palmi. Quando si volta, il suo sguardo è sofferente e implorante. «Devo essere in grado di farlo, Zoro».

Quella è la verità, o almeno quella è la verità così come Nami la vede e come Usop e Chopper probabilmente pensano; che devono essere forti in battaglia, spietati come Zoro e rapidi come Sanji. Lo spadaccino non protesta né nega, chiude solo gli occhi. Quando alla fine risponde, suona così:

«È vero che se uccidi un uomo, se n'è andato per sempre e tu sei al sicuro. Se lo lasci vivere, dovrai trascorrere il resto della tua vita guardandoti le spalle nel caso lui dia la caccia a te o peggio- a qualcuno della tua cerchia. Ma Nami», Zoro pensa alla cicatrice sulla mano di Nami e al tatuaggio sulla spalla mentre incontra lo sguardo della ragazza. «Noi abbiamo sempre saputo che sei forte abbastanza per uccidere un uomo», una pausa prima di continuare, tanto tranquillo da essere quasi dolce. «Tu hai bisogno di sapere di essere coraggiosa abbastanza da non farlo».


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Capitolo 8
*** Sanji & Rufy II ***


8. Sanji & Rufy II

Questa sera per cena c'è filetto con tartufo nero. Il pasto comincerà con tartine al caviale – il caviale era stata una scoperta fortunata al mercato dell'ultima isola – e una semplice insalata con una selezione di mozzarella, uvetta e in più una porzione di caldo formaggio di capra. Si aggiungono cavolo cinese e pollo e riso fritto da offrire prima di portare fuori il piatto più prezioso; filetto ben cotto in salsa di vino rosso accompagnato da tartufi neri e patate al forno.

Sanji sorride mentre inala il ricco profumo della salsa che attende innocentemente in una ciotola in vetro. La salsa al vino rosso non è una salsa al vino qualunque; è una delle specialità di Zeff, una delle poche ricette che Sanji aveva ottenuto dall'uomo mentre era sotto la tutela dell'ex pirata. Sanji aveva impiegato tre orribili settimane in passato e tre ore e mezza oggi per riprodurre il gusto esattamente come Zeff l'aveva fatta, se non meglio. Sì, Sanji assapora. È perfetta e anche la cena finirà in modo perfetto con i bignè alla crema che aspettano in frigo.

Il cuoco passa al setaccio la superficie e tutto ciò che sta sopra con il suo sguardo. Annuisce con soddisfazione. Gli ingredienti sono sistemati davanti a lui così come i passi della preparazione, che deve essere ultimata in un sufficiente lasso di tempo, sono nella sua testa. L'insalata è la più facile, e le tartine dovranno essere preparate appena prima di essere servite. Lui ha già cotto il pollo e il cavolo cinese; il riso dovrà essere fritto all'ultimo minuto per garantire il sapore migliore. Ciò vuol dire che ha quasi finito; quello che rimane è il filetto. Si avvicina ai fornelli per riscaldare una padella. Sanji gira la manopola e sente il sibilo familiare del fuoco che si risveglia con un tremolio.

Rufy sceglie quel momento per lanciarsi in cucina con un gioioso «SANJI!» e si butta sulla sedia più vicina ai fornelli, direttamente dietro al cuoco. Sanji tira via la mano dalla manopola e il fuoco immediatamente si spegne.

«Posso guardare?» è la domanda impaziente ma nessuno dei due si inganna, Rufy è più interessato agli scarti che occasionalmente Sanji in senso figurato gli lancia. Rufy ha già gli occhi luminosi e sta sbavando. «Che c'è per cena?»
È una domanda semplice, una domanda che Sanji ha sentito molte più volte di quanto si preoccupa di ricordare, ma due anni dopo, niente è più semplice. La risposta si blocca in gola e Sanji esita a continuare. Anche nella sicurezza della loro nave e il conforto della sua cucina, Sanji deve scegliere.

Il cuoco guarda gli ingredienti disposti che ha preparato da un'ora prima, i diversi piatti che si completano a vicenda e che devono essere serviti insieme o non devono essere serviti affatto. La carne cruda e le verdure le può riporre nella dispensa e conservare ma il piatto di riso fritto che non è ancora stato fritto, la sua preziosa salsa al vino che perderà il suo sapore, il cibo che dovrà sprecare. Guarda al fatto che se cambia idea adesso, dovrà ricominciare la cena tutta da capo. Poi Sanji lancia uno sguardo indietro al suo capitano che sta pazientemente aspettando sulla sua sedia con un sorriso allegro.

La decisione è facile.

«Sushi», non è una bugia ma non è nemmeno la verità. È la risposta (le scuse) di Sanji al dolore di due anni nello sguardo di Rufy il giorno precedente.

(“Rufy, qualcosa non va? Hai lo sguardo di uno che ha visto un- oh,” Sanji spegne il suo accendino con uno scatto ma è troppo tardi.)

Il dolore che era silenzioso eppure bruciava luminoso come il fuoco che il suo amico aveva fissato. «Stasera si mangia sushi».

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Avviso per tutti i lettori: sto riorganizzando il calendario, pertanto tutti gli aggiornamenti potrebbero subire variazioni sulla tabella di marcia. Vi ringrazio della pazienza e mi scuso per il disagio.

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