L'isola maledetta

di Sofia Bellanca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 2015 ***
Capitolo 2: *** 2015 ***
Capitolo 3: *** 2007 ***



Capitolo 1
*** 2015 ***




2000




Daphne entrò nel solito locale: "Da Stephen". Le sue amiche, Molly e Sarah, avevano voglia di bere e divertirsi. Stephen, il proprietario del locale, le salutò appena le vide, erano clienti settimanali, ogni sabato sera facevano una visitina. Era un piccolo locale, uno dei pochi nella cittadina di Hamilton, nel nord degli Stati Uniti. All'interno c'erano vari tavoli, con luci fioche e dei tavoli da biliardo. 

L'enorme bancone di legno stava alla destra, con il proprietario che controllava che la situazione non sfuggisse di mano, e vi erano due camerieri che preparavo bicchieri senza sosta. Di solito lo frequentavano i giovani, coloro che volevano prendersi una pausa dal monotono lavoro, e chissà, fare incontri inaspettati. Daphne aveva da poco compiuti trent'anni, lavorava leggendo manoscritti che le mandavano le case editrici: li valutava e spesso li correggeva. Le piaceva il suo lavoro, ma non la sua vita. Molly e Sarah invece lavoravano come commesse in un negozietto di vestiti, la paga era poca e le tasse erano alte. Annegavano le loro preoccupazioni nella birra e nella vodka, contando in Daphne, che rimaneva sobria per poi riportarle a casa. Daphne non è molto bella, capiamoci, ma ha un suo discreto fascino. Nonostante questo non ha mai incontrato nessuno che voglia stare con lei. Di questo ne soffre molto, spesso infatti, al lavoro, butta via manoscritti d'amore, solo perché hanno un lieto fine, a differenza della sua attuale vita. Non poteva sapere che oggi avrebbe davvero incontrato qualcuno. Daphne si osservò intorno, chiedendosi al solito come mai fosse di nuovo lì.

"Daphne, guarda lì!" Esclamò Molly, indicando degli uomini attraenti a un tavolo di biliardo, avranno avuto la loro età. Daphne seguì lo sguardo dell'amica, guardando con particolare attenzione uno di loro: grandi spalle, robusto, folti capelli mori, niente male, pensò. Quell'uomo, che si chiamava Aaron, osservò a sua volta Daphne, facendola arrossire.

"Guarda come ti fissa quel tipo!" Sussurrò Sarah a Daphne. Daphne sembrava non sentirla, era troppo presa ad immaginare un futuro con lui. La serata si trascorse abbastanza veloce: Aaron si presentò, si ubriacarono insieme, chiamarono un taxi per tornare a casa e da quel momento si sentirono tutti i giorni. Daphne da quel giorno valutò positivamente tutti i libri romantici, con grandissima sorpresa di tutti. Si sentiva felice, come non mai, ormai vedeva Aaron ogni singolo giorno, sembravano due ragazzini. Le amiche di Daphne la invidiavano, loro affogavano ancora con i propri dispiaceri, non avrebbero mai trovato nessuno. Aaron veniva da una famiglia piuttosto ricca, faceva il commerciante come lavoro. Ma a lei non interessavano i soldi, solo riempire un vuoto che sentiva da anni. 

Cinque anni dopo fu il giorno più bello della vita di Daphne.

Stava tranquillamente nella sua casa, leggendo un manoscritto  d'azione, con una tazza di caffè accanto, seduta sulla sua solita poltrona. Il suo appartamento si trova vicino al locale, non è molto lussuoso, ma perfetto per una sola persona. La cucina è molto luminosa e ricca di utensili, nonostante lei non cucini. Per carità, le piace cucinare, semplicemente non trova mai il tempo. Avrà almeno venti libri di cucina, nella libreria all'ingresso. La camera da letto dispone di un letto matrimoniale, comprato apposta per i suoi sogni di trovare l'anima gemella. Il salotto, dove si trova ora, è molto ampio e una piccola radio si trova sul tavolo, con la piccola tv, più larga che alta. In realtà non l'accendeva mai, ma quando venivano ospiti, evento raro purtroppo, la tv serviva ad intrattenere i loro intelletti. Un sasso colpì la sua finestra, Daphne si alzò scocciata, chi poteva essere?! Ora sul vetro si era formata una crepa, avrebbe fatto ripagare il danno a chiunque fosse stato. Con sua enorme sorpresa c'era Aaron sotto casa sua. Aprì la finestra. Lui aveva un vestito elegante, non glielo aveva mai visto addosso, che significava? Altri uomini stavano intorno a lui: uno aveva la cornamusa, un altro la chitarra e l'ultimo un microfono. Ad un certo punto cominciarono a suonare, e quello con il microfono cominciò a cantare una serenata. Daphne sapeva che i sentimenti di lui verso lei erano sinceri, ma rimase piuttosto sbalordita, non aveva ancora capito dove voleva arrivare Aaron. Scese di sotto, correndo come non mai. Una volta sotto vide che Aaron si stava togliendo qualcosa dalla tasca della giacca...una scatolina. Daphne capì immediatamente, lacrime scesero dai suoi occhi, si stava emozionando. "Vuoi essere mia moglie?" Chiese Aaron, come da copione. Lei rispose di sì fra le lacrime, mentre lo baciava.

Se pensate che questo è un libro romantico, mi dispiace, avete sbagliato libro. Lei era convinta che lui le cambiasse la vita. Aveva ragione. Ma non come sperava lei.

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Capitolo 2
*** 2015 ***


"Neanche oggi hai voglia di parlare?" Daphne guardò il grande orologio sopra la scrivania. Le lancette si muovevano piano piano, facendo un piccolo rumorio. Tic, Tac. Mancavano dieci minuti. La sedia su cui stava le trasmetteva tranquillità, perché era molto comoda, ma il dottor Faller no. Stava lì, dietro la scrivania, fissandola costantemente, come se fosse ad un'interrogazione. Le ricordava la scuola, i quattro a latino, cose brutte, insomma. Inoltre il suo sguardo sembrava spogliarla, volerle leggere il pensiero, non riusciva a parlare con lui, era più forte di lei. Forse un giorno ci sarebbe riuscita, allora sarebbe potuta tornare ad avere una vita normale, chissà. Lei lo sperava, eppure dentro di sé sapeva che non sarebbe mai successo, non avrebbe mai potuto riavere la vita di una volta. "Allora se ne può andare." Esordì Faller, con il tono di chi parla con qualcuno che ti fa perdere tempo. Daphne guardò ancora una volta il ritratto di una nave appeso alla parete. Sembra stesse affondando in mezzo alle impetuose onde, come si sentiva lei in quel momento. Poi ne osservò un altro: era ritratto un bambino, che guardava l'orizzonte, oltre le montagne. Una volta le sarebbe sembrato un viso di un bambino felice, pronto a scoprire nuove cose. Invece ora semplicemente una persona malinconica, che non riesce ad andare oltre. Poi osservò la barba del dottor Faller, era ricresciuta parecchio, avrebbe dovuto tagliarsela. Non si sentiva in grado nemmeno di dargli quel piccolo consiglio. Si alzò, portandosi via la borsetta, e salutò la segretaria che incontrò durante la camminata verso l'uscita dall'edificio. C'erano altri pazienti seduti, che aspettavano il loro turno. Chissà qual era il loro problema, chissà. Vorrebbe tanto ritornare indietro nel tempo, non essere andata al solito locale quel giorno. Eppure ci è andata, ora ne deve conseguire le conseguenze. Prima o poi riprenderà in mano la sua vita, ne è consapevole, Deve solo aspettare, avere calma e aspettare. Molly la sta chiamando: "Daphne! E' da tanto che non ci sentiamo!" Gridò Molly, che in quel momento si trovava  a Parigi, per trovare sua madre. Era da mesi che non rivedeva Daphne, ne sentiva la mancanza. "Ciao Molly, come va a Parigi?" Ormai era troppo tardi, Daphne le aveva chiesto la fatidica domanda, ora Molly ne avrebbe parlato per ore e non sarebbe riuscita a scrollarsela di dosso. Daphne sospirò, per fortuna Molly non parve sentirla. "Oh, benissimo, sai, qui vicino c'è un locale stupendo, si beve benissimo...mia madre sta bene e l'altro giorno stava nella piazza quando...dovresti vedere i cinema! Sono qualcosa di stupendo e..." Oh no, Daphne aveva fin troppi problemi per pensare alla felicità altrui, anzi, ne era particolarmente gelosa. Molly in questo momento era su una panchina, pensando che se raccontasse tutto ciò che le capitava alla sua amica avrebbe potuto distrarla. Povera illusa. Daphne si fermò nella sala reception dell'edificio, non aveva voglia di mettersi a camminare con questo tempaccio, stava piovendo a dirotto. Molly ancora parlava e parlava, peggio di una macchinetta. Daphne ebbe un'idea, forse poteva simulare la linea che stava cadendo, perfetto. "Scusa Molly... ma non ti sento bene... ci sei? Pronto? Pronto?" Spense il nokia con un semplice click, almeno avrebbe evitato di richiamarla. La pioggia stava finendo, bene, perché la segretaria la stava guardando male. Ora poteva tornare a casa, per una nuova monotona e vuota giornata.

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Capitolo 3
*** 2007 ***


2007 Avevano scelto la casa insieme. Come ogni coppia felice. Daphne aveva rovistato su una rivista, discutendone poi con Aaron. Le prime case che avevano visitato le avevano scartate, ma poi trovarono quella giusta. Era sempre in questa cittadina, ma nella parte dove erano situate le villette, piene di verde, una casa perfetta per il bambino che, prima o poi, avrebbero avuto. Il giardino era enorme, pieno di alberi. Il salone era il doppio di quello del suo ex appartamento e una tv enorme sostava davanti a ben tre divani. La cucina aveva meno utensili della sua vecchia, ma a lei non importava. C'erano due stanze in più, una sarebbe stata per gli ospiti. L'unico problema era che Aaron viaggiava spesso per affari, una volta non lo rivide per una settimana intera. Eppure a lei stava bene uguale, poteva fare la casalinga a tempo pieno, non era un problema. Aveva sempre desiderato avere una bambina, fin da piccola, ma si sarebbe accontentata anche di un maschio. Il nome? Ci aveva già pensato. Stephanie o Jane. Sapeva che quando avrebbe visto la bambina il nome sarebbe venuto da solo. Nel caso contrario meglio avere dei nomi di riserva. Aaron non sapeva nulla dei suoi sogni, ma lei pensava con certezza che avrebbe voluto anche lui una grande famiglia. Eppure per il futuro marito Aaron non era così. In questo momento era in Italia, doveva vendere delle piattaforme elettroniche, che sarebbero state il futuro di tutti. Ogni sera, prima di dormire, prendeva delle aspirine per dormire meglio. Daphne non se ne era mai accorta, era troppo presa dalla nuova casa, dal giardino e dalla sua enorme grandezza. Questo perché Aaron soffriva di incubi, da quando suo padre è morto. Da piccolo notò che suo padre stava cominciando a bere, sempre di più. All'inizio solo mamma veniva presa di mira dal suo alcolismo, ma con il passare del tempo il padre non si prese scrupoli a picchiare anche lui. Era troppo piccolo per ribellarsi, a scuola si metteva maglioni lunghi per coprire i lividi. Un giorno una professoressa ne scoprì uno, Aaron si inventò che era caduto. A volte faceva in modo di essere messo in punizione a scuola, così rimaneva lì anche il pomeriggio e non tornava a casa. Insomma, aveva avuto un'infanzia e adolescenza terribile, ma quando aveva diciassette anni il padre morì d'infarto, fortunatamente, ma la madre un anno dopo si suicidò. Ritrovatosi solo fu costretto ad affidarsi solo alle proprie forze, per questo cerca di dimenticarsi la vita passata, ma gli incubi lo tormentano, e ogni volta che vede un bambino gli ricorda tutto ciò. Se solo Daphne lo sapesse, non ha mai indagato sul passato di Aaron, altrimenti non starebbe giornate intere a pensare se è meglio il nome Jane o il nome Stephanie. Comunque sia, stavano decidendo quando celebrare il loro matrimonio, un momento che Daphne sognava ogni notte. Purtroppo non sapevano ciò che li aspettava. Non ancora.

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