Tutta d'un pezzo

di hunter95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che strana mattinata ***
Capitolo 2: *** Dubbi ***
Capitolo 3: *** Mi devo allenare ***
Capitolo 4: *** Troppa acqua ***
Capitolo 5: *** Coraggio ***
Capitolo 6: *** Ora ho scelto ***



Capitolo 1
*** Che strana mattinata ***



ll mal di testa minaccia di uccidermi. No, potrei essere io ad uccidere solo per una maledetta aspirina! Che cos’è successo? Non lo so, so solo che stavo guardando l’ultimo episodio di One Piece in santa pace e poi…credo di essermi addormentata. 
Non posso crederci, addormentata durante un episodio di One Piece. ONE PIECE! Il migliore manga dell’universo conosciuto e non. Davvero patetico. Va bene, forse non il migliore, ma di certo uno molto figo. 
Sento qualcuno scuotermi, ho gli occhi chiusi, ancora a metà tra il sonno e la veglia, e non mi va di aprirli.
-    Simone, lasciami in pace. – borbotto rimproverando mio fratello, chi altri poteva rompermi le scatole così di prima mattina?
-    Simone? – dice una voce che non è quella di mio fratello, eppure molto familiare… dove l’avrò già sentita? – Ragazzi, credo che stia delirando. – 
Apro gli occhi, disorientata, e un urlo mi si strozza in gola.
D’accordo, sono impazzita, non può esserci assolutamente altra spiegazione. Mi alzo e cammino, cercando di non guardare ciò che minaccia di stravolgere tutto ciò che credevo possibile e impossibile.
-    Respira, non sta succedendo davvero. – mi dico. Apro gli occhi nuovamente e guardo nove figure che mi fissano.
Un ragazzo con un cappello di paglia. Uno spadaccino con capelli verdi. Una ragazza con corti capelli rossi. Un ragazzo con capelli neri e un naso lungo e surreale. Una piccola renna che sembra un procione. Una donna con lunghi capelli corvini. Un cyborg con capelli blu e ridicoli slip. Uno scheletro con pettinatura afro. 
A questo punto urlo. 
-    Ehi, ehi, che c’è? – mi grida di rimando quello che so essere il capitano. 
-    Voi non esistete! – d’accordo, forse la mia voce è leggermente stridula e isterica, ma è solo un effetto naturale che mi viene quando urlo. E di certo lo shock non aiuta.
-    Bè, mi sembra che siamo qua.- dice il ragazzo che ho la matematica certezza essere il cuoco mentre si accende una sigaretta. – E lo sei anche tu, bella signorina. – 
-    No, cioè, insomma… cosa? – ecco che partono le frasi sconnesse. Se mi metto anche a gesticolare è la fine. 
-    La botta che hai preso deve essere stata più forte del previsto. – la piccola renna parla come il dottore quale io so che è.
-    Quale botta, Chopper? – 
A questo punto ammutoliscono tutti. Cosa ho detto di male?
-    Come mi hai chiamato? – 
-    Chopper. O Tony Tony Chopper, se preferisci. – dico sovrappensiero, non capendo che loro non sanno che io so. E anche se io so che loro non sanno che io so, so che loro non sanno che io so che non sanno che io so (contorto, vero?) e quindi non ci do peso.
-    Come fai a sapere come mi chiamo? – 
-    Ah… no, niente, così. – cerco di trovare una scusa. – L’avviso di taglia! – illuminazione, a volte sono un genio. 
-    Sul suo avviso non c’è scritto Tony Tony. – rettifica Robin. Ecco, lampo di genio svanito. 
-    Ah, già, bè…insomma, io… – sto gesticolando, e sento la mia faccia diventare bollente esattamente come quando pensavo a una domanda difficile a scuola durante un’interrogazione e mi sale il panico. Poi parto con un’altra tattica. 
-    Prima di tutto: cosa ci faccio io qui? – chiedo decisa. È Zoro a rispondere.
-    Stavi annegando. Ti ho ripescata. Che ci facevi tu in mare, piuttosto? – 
-    Non lo so. – bisbiglio, turbata. Che ci facevo in mare? Osservo meglio Zoro. È bellissimo, muscoloso, ma non troppo, con le immancabili katane al fianco e il cipiglio severo e imbronciato che trovo terribilmente sexy, per non parlare dei capelli da marimo. Pagherei oro per poterglieli toccare. Ma conoscendolo so che non approverebbe mai.
-    Non ti ricordi? – 
-    No, l’ultima cosa che ricordo è che stavo guardando One… - no, non devo dirglielo, non sanno di essere un’invenzione di un genio. – …Il computer, e poi nulla. – 
-    Computer? Cos’è? – chiede Nami curiosa.
-    Niente. – dico sbrigativa. Oda non è mai stato chiaro sulle tecnologie disponibili in One Piece, meglio non mettere carne sul fuoco.
-    Allora resta qui! – urla Rufy. Non avevo dubbi al riguardo, ogni cosa nuova lo interessa. 
Annuisco, ancora confusa. 
-    Come ti chiami? – chiede Robin. 
-    Scusate, mi chiamo Giorgia. –
-    Come facevi a sapere del mio nome completo? – ridomanda Chopper. 
Opto per la sincerità.
-    Non chiedetemi perché, perché non ci credereste, ma io so tutto di voi. –
Altro sguardo stupito collettivo.
-    Tutto… cosa? – Zoro è sospettoso.
-    Tutto quello che sanno i giornali e diverse cose che non sanno nemmeno loro. – 
-    Bè, non è che sappiano molto i giornali. – sentenzia Brook bevendo il suo tè. – A proposito, signorina, non è che mi faresti vedere… - 
-    No. – lo anticipo. – Se vuoi vedere delle mutandine, vai in un negozio di biancheria. – 
Come dimostrazione sembra fare effetto, perché tutti si girano verso di me.
-    Come fai a sapere questo? – domanda Sanji, palesemente stupito. 
-    Ve l’ho detto, so molte cose su di voi. – ribatto io, ora decisamente contenta di fare un po’ la misteriosa. 
-    Davvero? Dicci qualcos’altro!!! – esclama Rufy stupito e allegro come un bambino.
-    Mmmh, questa nave si chiama Thousand Sunny, costata 200 milioni di berry, soldi guadagnati scambiando l’oro che avevate preso sull’isola nel cielo, e so che questa nave sostituisce la Going Merry, la vostra precedente nave, una caravella donatavi da Kaya dopo che avevate salvato lei e il villaggio di Shirop, nonché villaggio natale di Usopp, dalle grinfie di capitan Kuro che si era finto per tre anni il maggiordomo di Kaya. Quella nave vi ha accompagnato fino ad Enies Lobby, poi si è spezzata a metà e le avete fatto un funerale in mare, bruciandola. Lei vi ha ringraziato, Usopp ha persino visto il suo Klabauterman, e la rabbia per l’abbandono della Merry lo ha spinto a sfidare Rufy e a lasciare la ciurma. Volete che vada avanti? – ok, lo ammetto, mi sento decisamente tronfia, magari è meglio se abbasso la cresta, anche perché non ho la più pallida idea di come diavolo abbia fatto ad arrivare sulla Sunny.
-    Wow. – l’unico commento che proviene da tutta la ciurma è questo “wow” asciutto di Zoro. Non so che cosa pensare. 
-    Sei parecchio informata. – Robin riacquista il contegno un po’ prima degli altri. Lo sapevo. 
-    Che altro sai? – chiede Sanji. 
-    Ahm… - non so cosa fare. Dovrei davvero rivelargli tutto? Dopotutto io so anche che cosa accadrà in futuro. Se non erro, e non credo di errare, sono appena andati via da Thriller Bark. La presenza di Brook lo conferma, e hanno ancora l’aspetto che avevano all’inizio della storia… avventura… viaggio. Non lo so, come lo chiameranno? 
-    Ora basta ragazzi. – ecco Chopper che parte all’attacco. Ora dirà che ho preso una botta in testa…
-    Giorgia ha preso una bella botta e non dovete stressarla- …ora gli faccio dei complimenti e si imbarazzerà…
-    Con un bravo dottore come te sto già benissimo. – … ed infatti eccolo partire con il suo balletto e a dirmi di non adularlo. Tipico. Vediamo come reagisce se gli dico che è una renna…
-    Sei proprio una renna buffa, sai? – 
-    Non sono un procione! – urla di scatto, poi si accorge di ciò che ho detto. – Come? Hai detto che sono una renna? – 
-    Sì, una renna dal naso blu. Non assomigli a un tanuki, hai le corna. – Chopper arrossisce e parte di nuovo con il suo balletto felice, credo sia la prima volta che non lo scambiano per un tanuki. 
-    Smettila, maledizione… comunque dicevo sul serio. – 
-    Sto bene. – dico, ed è la verità. Che gli effetti di questo mondo dove ci si riprende in un paio di giorni da ferite che anche la metà sarebbero mortali stiano cominciando a contagiarmi? Magari! 
-    Hai qualche altra abilità oltre a leggere nel passato? – domanda Zoro ironico, ed io gli rispondo a tono. 
-    So leggere nel futuro. Al massimo altri due anni.  – ops, forse ho detto troppo. 
-    Davvero? E cosa hai visto? – 
-    Che Rufy non vuole sapere nulla, vero? – 
-    Già. Non è divertente sapere tutto in anticipo. Quindi non dirci nulla! – 
-    Tranquillo, lo so. – come dimenticarsi il rifiuto di sapere dal re oscuro dove e cose sia lo One Piece?
-    Sai cosa succederà da qui a due anni? – 
-    Sì, ma non so altro. E non ho abilità particolari. –
-    Dai, non ci credo, sorella! – purtroppo Franky farebbe bene a crederci… non so fare nulla di utile in questo mondo. A malapena nel mio ho qualche abilità.
-    Mi dispiace, ma persino il più debole di voi è più forte di me. – 
-    E chi sarebbe il più debole? – domanda Chopper, innocente. A quel punto mi fermo, posando istintivamente lo sguardo su Nami e Usopp.
-    Ehi! – esclama il nasuto – Perché ci fissi? – 
-    Che domande… perché tu Usopp sei una schiappa – Sanji all’attacco. – Mentre la mia bellissima Nami è troppo adorabile per combattere!!! – schiera di cuoricini, la scena è ridicola da dietro uno schermo, qui è anche peggio.
Credo che il più debole sia Usopp, ma non glielo dico, vorrei evitare di offenderlo, soprattutto perché so come diventerà tra due anni. 
-    Dai, davvero non sai fare nulla? –  domanda insistente Nami.
-    No, mi dispiace. – uffa. Qui sono tutti i migliori nei loro campi o quasi, mentre io sono inutile. Inizio ad essere imbarazzata. Almeno fino a che non vedo venirmi addosso un gancio attaccato a una corda. Dovrei schivarlo, ma per quanto i riflessi siano buoni, la vista perfetta eccetera, sono un po’ spiazzata e mi muovo troppo tardi. Vedo il gancio colpirmi la spalla e… passare dall’altra parte. Cosa?
Torna indietro e lo blocco con la mano, ma mi passa nuovamente in mezzo. La mia mano sembra aria. Che cosa diavolo mi è successo? 
-    Gio? Tutto bene? – Rufy sembra un po’ in ansia, o perplesso. 
-    Eh? – io invece credo di essere sotto shock.
-    Come ti senti? Sei pallida come un cadavere. – 
Premettendo che sono sempre stata pallida di natura, di certo vedere passarsi un gancio in mezzo al corpo che nel frattempo si è dissolto non aiuta molto il colore.
-    Sto bene. – mento. Dopotutto io mi sto già riprendendo. D’altronde… questo è il mondo di One Piece, la rotta maggiore, poco prima del nuovo mondo. Può essere successo qualsiasi cosa. Posso essere qualsiasi cosa. 
Posso essere un possessore dei poteri di un Frutto del Diavolo. 
-    Rogia. – dico quasi a me stessa osservandomi la mano. 
-    Cosa? – 
-    Potrei essere un Rogia! – sono al settimo cielo. Adoro i Rogia, davvero, sono la mia categoria preferita, in assoluto e l’idea di essere diventata un Rogia mi sta elettrizzando.
-    Vorresti venirmi a dire che non lo sai? – Usopp non ci crede.
-    Seriamente, non ne ho idea. – 
-    C’è un solo  modo per controllare. – Zoro sguaina la spada e si avvicina a me con fare sinistro.
-    No, aspetta, che intenzioni hai? – 
-    Vedere se sei davvero un Rogia o se è qualcos’altro. – mi prende la mano e mi fa tendere il braccio. Cerco di liberarmi, ma Zoro può sollevare un palazzo senza nemmeno accorgersene, che cosa potrà mai essere la mia forza in confronto alla sua? Infatti non fa nemmeno caso al mio stupido tentativo di liberarmi e mi passa il filo della sandai kitetsu sul braccio, lentamente e con calma. Se premesse troppo me lo trancerebbe di netto. 
-    Attento, ti ricordo che a Rogue Town si è infilata nel pavimento fino all’elsa con la semplice forza di gravità. – 
Zoro mi fissa stupito, ma ormai non fa nemmeno domande. Passa la lama sul mio braccio e vedo la carne che invece di lacerarsi e sanguinare semplicemente sparisce, trasformandosi in aria. La mia pelle pallida contribuisce a rendere l’effetto simile a un fantasma.
-    Prova a concentrarti e a diventare tangibile. – mi dice piano, continuando a tenermi il braccio.
Ora come ora il mio problema è cercare di non fargli sentire il mio cuore che pompa a mille, ma rimbomba come un tamburo ed è praticamente impossibile per me pensare che non lo senta. Spero che lo attribuisca alla prova a cui mi sta sottoponendo. Fa’ che sia così. Deve crederlo, perché non potrei mai spiegargli che è perché sono troppo emozionata di sentire il suo tocco su di me. Credo di stare per andare in tilt.
Comunque faccio uno sforzo. Penso intensamente al mio braccio come ad un ammasso di muscoli, ossa, tendini e sangue e non come aria.
Non è facile come sembra, ma ora credo che sia più pesante di prima.
-    Credo di esserci. – sussurro, la gola secca.
Zoro ripete l’esperimento, più dolcemente questa volta, e una sottile linea di sangue si disegna sul mio braccio. Deglutisco a vuoto.
-    Sì. – sentenzia rinfoderando la spada. – Credo proprio che tu abbia i poteri di un frutto del diavolo di tipo Rogia. – 
-    Il frutto kuki-kuki per la precisione. – Robin tiene in mano un libro curioso, credo sia come quello che ha consultato Teach per trovare il suo. Me lo mostra e vedo un frutto che sembra una pesca. 
-    Ma quella è la pesca che ho mangiato ieri sera. – protesto, poi mi viene un dubbio. Da ieri sera non credo di aver digerito. È mattino presto. E se quando sono venuta in questo mondo la pesca si sia trasformata in frutto del diavolo e io avendola nello stomaco ne ho assorbito i poteri? Sarebbe plausibile.
-    Eppure i poteri corrispondono. – Robin continua a consultare il libro, interessata. Io sono estremamente interessata alla parte pratica più che a quella teorica, per cui faccio la cosa più stupida che potessi fare. Sfido Rufy a darmi un pugno. 
-    Perché? – non mi segue, e vorrei ben vedere! Non mi seguo nemmeno io.
-    Perché voglio vedere davvero se sono intangibile. – 
-    Ma scusa, Zoro ha già provato. – 
-    Sì, ma voglio provare con te. – 
Rufy sghignazza.
-    Come vuoi. – si prepara al gomu gomu no pistol, mossa che conosco molto bene, ma Sanji lo ferma. Avrei dovuto prevederlo. 
-    Le donne non si toccano! Rufy, prova a sfiorarla e ti metto a digiuno per un mese! – 
-    No! Non puoi! – protesta il capitano.
-    Oh, sì che posso, ti ricordo che il frigo è sotto il mio comando! – 
-    Sanji, va tutto bene. Gliel’ho chiesto io. – 
-    Ma Gio, non puoi seriamente volere che ti colpisca. – 
-    Ammetto che non è mia abitudine chiedere alla gente di prendermi a pugni, ma voglio provare. –
Detto fatto. Sanji non può resistere alle richieste di un’esponente del genere femminile, per quanto non assomigli nemmeno lontanamente a Nami o Nico Robin.
Si fa da parte e Rufy riprende da dove si era interrotto.
Vedo il suo pugno arrivare, chiudo gli occhi preoccupatissima, concentrandomi sull’aria, e… niente. Anzi, niente dolore, ma una strana sensazione di vuoto in testa. Sgrano gli occhi e mi vedo il pugno di Rufy uscirmi dalla fronte. 
Ok. Sono ufficialmente sotto shock. 
Osservo la punta del mio naso tornare intera, mi riaggancio la mascella alla bocca, visto che dallo stupore ormai mi striscia per terra e poi… comincio a ridere.
Come al solito. Ogni volta che mi faccio male non troppo seriamente mi metto a ridere, è più forte di me. 
Mi sto dissanguando per una ferita alla mano? Rido come una demente mentre cerco il disinfettante.
Mi scontro con un mio avversario durante una partita di basket a scuola? Mentre sono a terra con la mascella e la gamba doloranti e la testa che gira come una trottola, rido. Ho spaventato più di una persona così facendo.
Quindi il fatto che ora stia ridendo vuol dire solo che sono leggermente sconvolta. 
Anche questa volta vedo chi mi circonda scambiarsi sguardi preoccupati.
-    Stai bene? – chiede Usopp un po’ sconcertato.
-    Benissimo. Reazione naturale. – cerco di ridarmi un contegno. Mi sposto i capelli da davanti agli occhi e mi raddrizzo la maglia. 
-    Sicura? Sembri pallida. – 
Ecco, ancora con questa storia. Io sono pallida. Lo sono sempre stata, nemmeno mi abbronzo in estate. Con i capelli biondi e gli occhi azzurri ero anche intonata, ma da quando me li sono tinti di rosso scuro il contrasto è aumentato e sembro sempre un formaggino. 
Sto bene. – ripeto, osservandomi la mano. Mi concentro, cerco di farla svanire e…puf! O meglio, non scompare con uno sbuffo di fumo, semplicemente si dissolve. 
-    Wow. – sussurro estasiata. 
-    Bè – Rufy interrompe la mia contemplazione con il suo solito sorriso a 32 denti. – resti con noi, vero? – 

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Capitolo 2
*** Dubbi ***


Questa sera hanno voluto a tutti i costi festeggiare il mio ingresso in ciurma che, tra parentesi, io non ho mai confermato. Non che la cosa mi dispiaccia, per carità, ma prima o poi dovrò tornare a casa. 
Per ora però mi godo la festa.
Stanno tutti bevendo, ridendo, mangiando e scherzando, mezzi ubriachi. Io dal canto mio mi sono limitata ad assaggiare un po’ di sidro di mele. Il sakè non mi piace, la birra nemmeno e in generale tutto ciò che sa troppo di alcol mi fa abbastanza schifo, ma questo sidro è proprio buono!
Dato che non voglio prendermi la mia prima sbronza in mezzo alla rotta maggiore, mi limito a un paio di bicchieri. Tanto è leggero.
Lo stesso non si può dire di Rufy, Usopp e Chopper. Quei tre stanno facendo uno dei loro soliti balletti stupidi, ubriachi fradici. 
Credo che il caro gommoso sia astemio, gli ho visto bere solo un paio di boccali ed è già ridotto così. Che pirata. 
La sera è bellissima, piena di stelle. Dove vivo io ci sono poche stelle in cielo, anche se essendo in zona collinare se ne vedono di più che 5 km più in basso, dove c’è la mia città.
Una volta ho visto tantissime stelle. Era circa mezzanotte ed ero in campeggio. Abbiamo dormito fuori all’addiaccio e mi sono addormentata guardando la via lattea. Ma non è nulla in confronto a questo. Mi da quasi un senso di vertigine pensare a cosa in realtà siamo noi in confronto alle stelle più lontane. 
E soprattutto mi da un senso di vertigine pensare a dove sono, in compagnia di chi. 
Nella mia vita non è mai successo nulla di eclatante, nulla per cui valesse davvero la pena serbare ricordo. La cosa più avventurosa che mi sia mai successa è stato quando una mandria di mucche ha inseguito me e delle mie amiche mentre stavamo facendo un’escursione, costringendoci a girare due o tre colline per evitarle, o il mio pellegrinaggio a Santiago de Compostela a 18 anni, ma null’altro. 
Ora invece sono qui, sulla rotta maggiore, in compagnia di qualcuno che ogni giorno vive avventure come io vorrei vivere. 
Onestamente parlando ne ho paura. Morire non sarebbe una grande cosa. Soprattutto morire annegata. Ci sono un paio di morti che vorrei evitare, escludendo tutte quelle derivate dalle torture, annegare è una di quelle, ma in quanto possessore di un frutto del diavolo ed essendo io finita in un mondo praticamente solo acqua, le mie probabilità di fare una tale fine sono alte. Per non parlare del dolore. Qui tutti sono in grado di fare cose inumane anche con ossa rotte! Io non mi sono mai rotta niente, non ho mai dovuto usare stampelle o cose varie. Nemmeno mi sono mai incassata un dito! La cosa più seria che mi sia mai successa è stato quando a dieci anni un idiota mi ha colpito la bici con la macchina e sono cascata per terra facendomi un buco in una caviglia. Basta. Come potrei mai seriamente riuscire a resistere anche solo a un decimo di quello che succede qui? Sarò anche un Rogia, ma non sono intangibile a tutto. Ener era un Rogia, si è beccato l’elemento naturale contrario (la gomma) e ciao ciao intangibilità. Così come Crocodile e come Ace, che è morto ucciso da Akainu. No, cioè, in questo momento Ace è ancora vivo, ad Impel Down. Comunque sia resta il fatto che ci possono essere diverse cose che mi possono fregare. Elemento contrario, acqua, algamatolite marina e haki. Un bel numero di nemici, nevvero? 
Sospiro, rendendomi conto che in fondo sono solo io e che non c’entro niente con questo mondo fatto di uomini in grado di tagliare l’acciaio, uccidere mostri marini, sollevare palazzi, tagliare muri con un calcio, volare, correre come razzi e dotati di abilità straordinarie. Ho solo 20 anni per l’amor del cielo! Non sono in grado di fare nulla, non ho abilità particolari. Sono solo io. 
Zoro sembra accorgersi che qualcosa mi turba, perché mi si avvicina posando il bicchiere.
-    Tutto bene? – la sua voce è una sveglia che mi fa tornare ancorata al suolo della nave. 
-    Sto bene. – oddio, mi trema la voce. È paura? No. È consapevolezza. So che non centrerò mai nulla con questo mondo e che non so per quanto tempo dovrò e potrò viverci e la cosa non mi piace. 
-    Non mi sembra. – 
-    Io… - mi blocco. Cosa posso dirgli? Come posso spiegare a un tipo come Zoro che non sono nessuno, che non ho niente che mi renda degna di stare sulla sua stessa nave? Che nel mio mondo basterebbe un calcio nello stomaco per mettermi fuori gioco? Non posso nemmeno dirgli che vengo da un altro mondo. Come posso dirgli delle mie insicurezze? 
-    Non è niente. – concludo. Una grande sintesi.
-    Non hai l’aria di una che abbia vissuto molto in giro per il mare. – 
Bè, questo è vero. Quando ero piccola i miei nonni avevano una barca, ora al massimo abbiamo un gommone. Ma a parte qualche estate ogni tanto non lo usiamo. Saranno almeno due anni che non vado neanche in piscina. 
Ma penso che il senso della sua frase fosse un altro. 
-    Da dove vengo io non ci sono molte occasioni per vivere avventure. – 
-    Che cosa fai di solito? – 
-    Niente. Mi sveglio. Vado all’università. Torno a casa. Studio. Passo il tempo. Vado a letto. La mia vita è più o meno così. – 
-    Perché? Da come ne parli sembra che non ti piaccia. – 
-    Non vedo alternative. I miei coetanei sono persone vuote. O per lo meno è ciò che vogliono fare vedere. Non pensano ad altro che ad uscire, divertirsi, ubriacarsi, vivere in funzione del presente e basta, senza obbiettivi, senza futuro. Ciò che accadrà non gli interessa, vogliono solo fare la bella vita. Il massimo del problema per loro è decidere come vestirsi per andare in discoteca. Tutto ciò non ha niente a che fare con me. – 
-    E allora comportati diversamente. Fai ciò che vuoi. – 
-    Non è così facile. Nella società da cui provengo ci sono regole precise, che nemmeno volendo puoi rompere. Vai a scuola, trova un lavoro, sposati, metti su famiglia, lavora una vita per un magro stipendio che ti consenta di sopravvivere. Vai in pensione ad un’età troppo avanzata per goderti il meritato riposo. Muori. Non c’è spazio per i sogni. Ti vedi la tua vita passare davanti in un lampo e prima che tu te ne accorga sei vecchio, stanco e deluso. – 
-    Quanti anni hai? – 
-    20. Perché, che centra? –
-    Per avere 20 anni sembri molto delusa dalla vita. – 
-    È che non ho trovato nulla per cui valga davvero la pena vivere. – 
-    Non hai un sogno? – 
-    No. – dico imbarazzata. Non ho niente che possa essere confrontato ai sogni di questa ciurma.
-    Non ci credo. Tutti hanno un sogno. – 
-    È una cosa stupida. – 
-    I sogno non sono mai stupidi, è stupido definirlo tale. –
Ma da quando Zoro è un tipo così saggio? Pensavo fosse in grado quasi solamente di bere, dormire e combattere e che i discorsi profondi li tirasse in ballo ogni tanto, invece…
-    Io, ecco… - mi vergogno, ma prendo coraggio. – Mi piacerebbe scrivere un libro. – ecco, l’ho detto.
-    Un libro? – 
-    Sì. – non capisco che cosa stia pensando. 
-    È un bel sogno. – 
-    Davvero? – colta di sorpresa. Non lo facevo un intellettuale.
-    Sì. Io non vado pazzo per i libri, - ah, ecco, mi sembrava. – ma ritengo che per scriverli ci voglia un cervello notevole e tanta abilità. Credo che la scrittura ti permetta di rimanere nel tempo. – 
-    Credo che sia la massima espressione di immortalità umana. – gli confido, prendendo troppa confidenza. Non dico mai a nessuno ciò che penso, ma con Zoro mi lascio andare e dico cose che non pensavo sarebbero mai uscite dalla mia mente. 
-    Vorresti raggiungere l’immortalità? –
-    No. Vivere in eterno non è qualcosa che mi ispiri. Vedi cambiare il mondo, lo vedi evolversi, vedi le persone vicino a te crescere, invecchiare e morire, andare avanti, mentre tu sei lì, inchiodato per sempre ad una vita che man mano perderà sempre più di senso. No, non voglio l’immortalità, voglio solo lasciare il segno, anche piccolo, in questo mondo. Voglio vivere una vita lunga e appagante e morire sapendo di aver fatto ciò che volevo. Non mi sembra di chiedere molto. – 
-    Ma non hai il coraggio di farlo. – non è una domanda. 
-    Giusto. È che sono giovane, voglio prima finire di studiare. – 
-    E poi sarai costretta a trovare lavoro. – a quanto pare è stato attento. 
-    Sì. Ma prima voglio un anno sabbatico. Voglio fare ciò che mi pare per un anno. Uno solo, per vivere la mia vita e la mia giovinezza, prima che sia troppo tardi. – 
-    E allora fallo. –
-    Mi manca ancora un po’. – 
-    Nel frattempo vivi la tua vita su questa nave. Se sai davvero la metà delle cose che sembri sapere allora sarai a conoscenza del fatto che qui non c’è proprio il tempo per avere una vita normale. –
-    Oh, fidati, lo so. La cosa più normale che avete fatto è stato il Davy Back Fight a Long Ring Long Land con Foxy. –
-    Dici? Era normale? – 
-    Di sicuro più che sventare un colpo di stato a cura di un membro della flotta dei sette, o salire a diecimila metri di altezza per combattere contro un dio o sfidare il governo mondiale. – 
-    Sei davvero informata. – sembra ammirato. La cosa mi lusinga.
-    Già, a tal proposito – c’è una cosa che vorrei dirgli da anni. – quello che hai fatto a Thriller Bark, con Kuma – Zoro si irrigidisce e sgrana gli occhi. – Tranquillo, non lo dirò a nessuno. – si rilassa, un po’ per lo meno. – Volevo solo dirti che è stata la cosa più coraggiosa, nobile, altruista e valorosa che abbia mai visto. Sia perché eri pronto a morire, sia perché eri pronto a rinunciare al tuo sogno per qualcun altro. Non è una cosa da tutti. – mi alzo e me ne vado, certa come il Sole che sono rossa come un peperone. Di nuovo lo stesso discorso di prima: ciò che penso non lo dico ad alta voce, non cose imbarazzanti come queste per lo meno. 
Però sono contenta di aver parlato con Zoro. Mi ha dato fiducia, un po’. Non gli ho rivelato le mie insicurezze per ciò che riguarda questo mondo, ma ora mi sento meglio. Posso farlo, se mi impegno posso fare di tutto. Io sono una persona che si lamenta molto, ma che alla fine fa tutto quanto quello che deve fare. Questa volta non sarà diverso.

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Capitolo 3
*** Mi devo allenare ***


Mi sveglio intontita e ci metto un attimo a ricordarmi cosa cavolo è successo. Cavolo, quel sidro doveva essere più forte del previsto. Dove sono? Sul ponte, assieme agli altri, ancora mezzi addormentati. Sono appoggiata con la schiena contro il parapetto, devo aver dormito rannicchiata. La brezza mattutina è fresca e mi fa rabbrividire, ma il sole caldo mi entra nelle ossa. Come dice mio nonno, mi metto a fare la lucertola e mi spaparanzo al sole. Dieci minuti di pura estasi. Cerco il bagno, intenzionata a togliermi questo sapore dalla bocca. Solo ora mi rendo conto che non ho idea di come sia fatta la nave. Eppure Oda ne ha fatti di disegni, frugo nella mia mente, alla disperata ricerca di una mappa della nave, poi mi viene in mente e a parte un paio di dubbi raggiungo il bagno. Faccio paura, lo ammetto, nemmeno Nami avrebbe saputo fare di meglio. Drizzo le orecchie per capire se è libero, poi entro. Accidenti, è davvero grande. I disegni non rendono giustizia. Vado al lavandino e noto assieme a tutti gli altri spazzolini uno nuovo di zecca con il mio nome scritto sopra. Cinque a uno che è stata Nami, ma quindi hanno davvero intenzione di farmi restare qui a lungo? A giudicare dall’asciugamano con un cartellino con il mio nome sopra direi di sì. Mi lavo i denti e la faccia guardandomi in giro e poi per la prima volta mi guardo allo specchio. Mi viene da urlare ma mi trattengo. 
Mi fisso, a dir poco stupita. Che cavolo mi è successo?
Sono un anime! Insomma, lo so, avevo visto che loro sono uguali a come sono nell’anime e che le mie braccia erano un po’ diverse, ma non aveva davvero realizzato del fatto che fossi un disegno. I capelli sono tornati inspiegabilmente biondi dimenticandosi la tinta, lunghi fino a poco sotto le spalle e un po’ mossi, gli occhi azzurro acqua sono enormi e strani, il naso è a punta con il piercing che manda un timido brillio quando è sotto la luce. La pelle è nivea, più del solito e le ciglia e i capelli fanno quegli insopportabili ciuffi, non sono compatti come al solito. Per non parlare del mio corpo. Ho sempre pensato che fosse strano che tutte le donne avessero le stesse curve in One Piece, ma da ciò che vedo deduco che sia normale. La vita si è stretta, mentre un’altra parte è diventata un po’ troppo abbondante. Sono più slanciata e longilinea, ma grazie al cielo non mi sono state completamente stravolte le proporzioni. Mi siedo un attimo. Accidenti, devo capire che cosa mi è successo e come sono arrivata qui. Non vorrei restare anime troppo a lungo.
Amen, faccio buon viso a cattivo gioco, mi pettino ed esco, decisa ad affrontare il mio primo vero giorno da infiltrata nel mondo di One Piece.
La colazione è esattamente come la immaginavo: un guazzabuglio di gente che urla, litiga, mangia, ride e fa casino. 
A casa mia al massimo bevo un cappuccino con dei biscotti mentre cerco disperatamente di non riaddormentarmi, ma qui è una vera e propria festa.
Osservo Rufy rubare il cibo dal piatto degli altri e quando arriva ad arraffare dal mio guardo colpita il suo braccio allungabile. In effetti vederlo di persona fa un po’ impressione. 
Sanji lo blocca urlando che alle donne non si ruba il cibo e poi comincia a fare lo smielato con me, Nami e Robin. Non so cosa dire, ma la cosa mi imbarazza un sacco, quindi cerco di svicolare e me ne vado sul ponte. 
Non ho mangiato molto, ma è un bene, altrimenti mi verrebbe la nausea, non sono abituata al dondolio del mare. Grazie al cielo non soffro di mal di mare. 
Osservo il mare mattutino, è bellissimo, di un azzurro profondo che diventa sempre più blu man mano che si scende in profondità. Non sono mai stata in crociera, ma sono sicura che sia molto più bello il mare che sto osservando ora di quanto non sarà mai nessun mare di casa mia.
Purtroppo i miei sensi sono sviluppati come quelli di un cuscino, quindi non mi accorgo di Zoro che mi si avvicina di soppiatto e non appena mi parla sobbalzo vistosamente.
-    Tutto ok? – 
Ma perché comincia sempre così? Ho davvero l’aria malata?
-    Perfettamente. Ma cerca di non farmi venire un infarto la prossima volta, grazie. – 
-    Come mai sei scappata da colazione? – 
-    È che non mi piacciono i posti affollati. – non mi piacciono seriamente, a scuola cercavo di evitare i corridoi durante l’intervallo, nella mia vita in discoteca ci sono andata poche volte e ritengo che ci sia troppa gente e troppo rumore e odio le feste in piazza. 
-    Non siamo poi così tanti. – 
-    Valete per cento, fidati. Volevo solo un po’ di silenzio. Mi sono ritrovata in qualcosa di più grosso di me e non credo di riuscire ad affrontarlo. – 
-    Che vuoi dire? – 
-    Bè, voi siete… voi, mentre io sono solo io. – 
Non penso che Zoro abbia capito il concetto, perché mi guarda perplesso.
-    Voglio dire… tu hai sconfitto Mister One, Kaku, i fratelli Nyon, Hachi, quel sacerdote, Ryuma, Rufy ha preso a calci due membri della flotta dei sette, un dio, Arlong e così anche gli altri. Voi siete straordinari e avete taglie spropositate sulla testa! Avete sfidato il Governo Mondiale, siete andati a diecimila metri di quota, avete sventato un colpo di stato… voi siete straordinari, incredibili. Avete abilità fuori dal comune, tu tagli il metallo! – non voglio alzare la voce, così mi calmo, almeno spero. – Nami prevede tempeste in un mare imprevedibile come questo, Chopper riuscirebbe a curare chiunque in qualunque condizione e si trasforma in un mostro fantastico, Sanji dà calci incredibili da poter distruggere muri, Robin è un genio e conosce una lingua ormai estinta che solo lei è in grado di leggere, Brook è uno scheletro musicista con una tecnica incredibile di combattimento, Usopp ha una mire perfetta, Franky è in grado di costruire cose incredibili con oggetti di scarto ed è un cyborg… io non so fare nulla, davvero. Eppure sono qui, su una nave il cui simbolo è ormai famoso e non posso fare altro che sperare di essere all’altezza della situazione. – 
-    È questo che ti preoccupa? Il fatto di essere solo…tu? – 
-    Non mi sembra una cosa da nulla, non in questo mondo. – 
-    Questo è stupido. Ti preoccupi di cose stupide. – 
-    Come potrebbero essere stupide? Non sono in grado di navigare, reggere una nave, combattere o fare niente. In una ciurma di pirati mi sembra un bel problema. – 
-    Imparerai. E comunque parecchie persone che sono solo “loro” si rivelano incredibili, come dici tu. – 
-    Pensi a Bibi? Lei aveva l’amore verso il suo popolo che la rendeva determinata a qualsiasi cosa. –
-    Nemmeno Usopp è un pozzo di forza o di scienze. – 
-    È un ottimo inventore, ed è più forte di ciò che pensa. – 
-    E così anche tu. – 
-    Io? No, io conosco bene il mio potenziale, è scarso. – 
-    Lo dici tu. Le persone rivelano il meglio quando meno se lo aspettano. – 
-    O il peggio… - 
-    Non credo che tu sia una da peggio. –
-    Cosa te lo fa credere? – 
-    Istinto. Di solito non sbaglia mai. – 
-    Nemmeno per strada? – lo prendo un po’ in giro. Lui mi guarda malissimo, ma mi fa ridere. 
-    Visto? Così non è meglio? Smettila di preoccuparti. – 
-    Come potrei? Nemmeno so come funzioni il mio potere! – 
-    C’è solo una risposta a questo. – 
-    E sarebbe? – 
-    Allenamento. – 
Oh no, io odio l’attività fisica. Profondamente, intensamente, inesorabilmente, infinitamente. Non vorrà mica che mi alleni con lui? Mi ucciderebbe!
Deve avere intuito il mio panico, perché mi tranquillizza.
-    Non preoccuparti, ci andrò leggero. All’inizio. – 
Tutto ciò non mi rallegra affatto.

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Capitolo 4
*** Troppa acqua ***


Ed è così che mi ritrovo nella palestra della Sunny. Zoro si è tolto la maglietta e io sto cercando di non sbavare e concentrarmi su qualcos’altro. Il pavimento mi sembra un’ottima idea. 
-    Allora. Vuoi rafforzarti o imparare a usare il tuo potere? – 
Per rafforzarmi ci mettere una vita, quindi opto per il potere.
-    Perfetto. Non ho idea di come fare, ma vedrai che troveremo qualcosa. – 
Ora, il qualcosa di Zoro consiste nel colpirmi a caso, cercando di capire come funziona il mio frutto. 
Dopo un’ora ho almeno mille lividi e cento sparizioni sul curriculum. 
-    Ci hai capito qualcosa? – chiedo, ammaccata. 
-    No. Ogni tanto la parte colpita sparisce, ogni tanto ti becchi una bastonata. – certo, se smettesse di attaccarmi con le spade andrebbe meglio, anche se sono ancora con il fodero fanno male.
-    Va bè, continuiamo. – 
Mi ci vogliono altre due ore e molto dolore per capire.
-    Eureka! – urlo alla fine. Mi sbendo e stramazzo al suolo, sfinita e sfiancata oltre ogni umana comprensione.
-    Eu…cosa? – 
-    Niente, credo di aver capito. – 
-    Bene. Illuminami. –
Si siede vicino a me e vedo il suo torace scolpito lucido di sudore. Ordino ai miei ormoni di tornare a posto e assumo un contegno. 
-    Quando non capisco dove stai per colpire o quando stai per farlo scompaio, ma quando mi concentro sul mio corpo pensando che stai per colpirmi allora divento tangibile. –
-    Non è un controsenso? Non dovresti cercare di sparire? – 
-    Sì, ma io sono stata di carne e ossa fino a due giorni fa e l’idea di venire colpita lo rende vero. –
-    In poche parole se non te ne accorgi tutto bene, ma se ci fai caso va male? –
-    Sì. – 
-    Che fregatura. – 
-    Abbastanza. – uffa, è vero. Così non me ne faccio molto. 
-    Ieri non era il contrario? –
-    Sì, ieri pensavo a sparire e sparivo, ma oggi non ci riesco più. – non capisco il perché.
-    Senti, per oggi direi che è il caso che la smettiamo. Tu sei più morta che viva, non vorrei esagerare. – 
-    Ma magari adesso che  lo so potrei fare qualcosa. – 
-    Domani. Tu pensaci per oggi, domani faremo qualcosa. –
Alla fine acconsento e mi trascino in bagno per farmi una doccia. Una volta in camera mi accorgo che già qualche livido è cominciato a sembrare più giallo.
Mi accascio ancora avvolta in un asciugamano sul letto che Nami e Robin mi hanno preparato e mi addormento. 
Mi sveglio che dovrebbe essere pomeriggio inoltrato, a giudicare dalla luce che filtra dalla finestra. Mi vesto con un completo che Nami mi ha lasciato dal letto. Grazie al cielo non è uno dei suoi soliti vestitini, anche se io non mi vesto mai così in nessun caso: jeans fino a mezza coscia e canottiera azzurra con collo a V. Almeno le scarpe mi tengo le mie Converse nere. Non sopporterei i sandali coi tacchi tipici della navigatrice. 
Mi guardo allo specchio, incredibilmente non sono nemmeno troppo ridicola, escludendo i capelli scarmigliati che mi fanno effetto criniera. Grazie al cielo tempo dieci minuti e mi dovrebbero tornare normali. 
Esco sul ponte, ansiosa di assistere ad un po’ di vita quotidiana sulla Sunny. 
-    Era ora che ti svegliassi. – mi saluta Rufy. 
-    Che ti è successo, mio dolce e bellissimo angelo? – no, ma seriamente, come fanno Nami e Robin a sopportare Sanji? – Quello stupido Marimo ti ha fatto qualcosa?! – gli occhi gli si infiammano, e cerco di calmarlo.
-    No, ero solo stanca. – 
-    Eppure quei lividi sono suuuper nuovi. – Franky zitto mai?
In effetti i lividi cominciano a vedersi molto, ma non me ne preoccupo, ne ho avuti parecchi e sono sempre sopravvissuta. 
Cerco Zoro con lo sguardo e lo trovo intento a schiacciare un sonnellino appoggiato al parapetto. 
Io mi metto in un angolo, ignorando lo stomaco che brontola per il mancato pranzo, e mi metto a cercare di capire come far funzionare il mio potere. 
In effetti se mi concentro sul mio corpo lo sento diventare più pesante, ma non riesco a capire come farlo diventare aria a comando.
Almeno fino a che non mi dissolvo completamente. 
Non ho idea di come abbia fatto, ma divento aria e comincio a svolazzare controllata dalla brezza. Per circa dieci minuti cerco di controllare i miei movimenti, riuscendoci in parte. 
-    Come hai fatto? – sento Chopper chiedere. 
-    Non ne ho idea. – sento la mia voce come un’eco. Forse perché viene portata in giro come vento nell’aria?
-    Oooh!!! Che figata! – gli occhi del capitano brillano, estasiati. In effetti è divertente, non sento più le mani, né i piedi, né nulla. 
Poi, all’improvviso, riappaio. Oh, no! Mi sono concentrata sulla fisicità del mio corpo! Maledizione, mi ricompongo mentre sono sopra l’acqua e cado con un tuffo dentro il mare gelido. 
L’impatto è orribile, la temperatura cala bruscamente, cerco di nuotare, di andare verso la superficie, ma il mio corpo non risponde, non si muove. Mi sento debole e incapace di contrastare la corrente che mi trascina sempre più in basso. Il panico mi assale, l’aria nei polmoni si esaurisce in fretta. Morirò così? Così sarà questa la stupida fine per una stupida vita? No, non voglio morire! Ma non ci riesco, sono inerme. L’acqua è sempre più fredda e scura, e io perdo i sensi. L’ultima cosa che vedo è una massa di capelli verdi che nuota verso di me e una mano forte e salda che mi afferra il braccio…

Qualcuno mi sta schiaffeggiando delicatamente, per farmi riprendere, suppongo.
Apro gli occhi, ma sono debole, non so se per l’effetto del mare o per l’acqua nei polmoni. Respirare è un’impresa.
-    Gio! Ehi, Gio! – 
È Zoro, ha l’aria preoccupata e piccole gocce di mare gli colano dai capelli fradici, cadendo sulle mie guance come lacrime.
Comincio a tossire, improvvisamente e convulsamente, sputando quelli che sembrano litri d’acqua. Vedo gli altri che mi circondano, mentre Chopper gli intima di allontanarsi e lasciarmi respirare, mentre mi gira di lato per farmi sputare meglio. 
Dopo quella che mi sembra un’eternità, sento l’aria entrarmi nei polmoni ormai liberi di acqua e boccheggio, stremata. 
È così faticoso annegare?
Mi rigiro di schiena, mentre sento le palpebre diventare orribilmente pesanti. 
Credo di avere un’espressione sconvolta, perché sento Zoro parlarmi preoccupato.
-    Ehi, va tutto bene. Sei al sicuro ora. – 
Ma la sua voce è lontana, e io svengo ancora.

Apro gli occhi di scatto, e mi ritrovo in cabina, nel letto, vestita con una camicia da uomo rubata a chissà chi – presumibilmente Sanji, visto che è l’unico che le indossa abitualmente, anche se è un po’ troppo larga per essere sua – e avvolta in miriadi di coperte. Sto fissando il muro, dando le spalle alla porta chiusa, è tutto buio. 
Mi ricordo tutto, tutto quello che è successo. Il corpo che non rispondeva, il freddo dell’acqua, l’oscurità della profondità, l’impotenza davanti all’ineluttabilità della morte. Stavo per morire. Non mi era mai successo, non ci ero mai andata così vicina. Tutto questo mi atterra addosso come un peso sullo stomaco e scoppio a piangere. 
-    Gio, ehi, cosa succede? – 
Oh no, è di nuovo Zoro. Che cosa ci fa qui? Non voglio farmi vedere in questo stato. Rimango rivolta verso il muro per non farmi vedere.
-    Niente. – cerco di trattenere le lacrime, che scendono copiose, e l’unica cosa che riesco ad ottenere è cominciare a tremare.
-    Stai piangendo. – 
-    No, non è vero. – oh, ma chi voglio prendere in giro? Il fatto è che odio piangere, o meglio, odio che le persone mi vedano piangere. Sono più il tipo che soffre in silenzio e avere un pubblico mi urta da morire.
-    Gio… - 
-    Vattene via! – gli urlo, ormai in preda ai singhiozzi.
Lo spadaccino sembra capire, perché si alza. Ho un freddo tremendo, ma non voglio che mi senta tremare o battere i denti, così spero che lui se ne vada in fretta. Eppure dovrei sapere che non è così facile fargliela e non cade nella mia farsa. 
Mi mette addosso ancora qualche coperta e solo allora se ne va.
Non appena chiude la porta, scoppio in un pianto disperato, senza ritegno. 
Impiego parecchio per calmarmi. Sto per riaddormentarmi quando sento la porta aprirsi e dei passi avvicinarsi. 
-    Tutto bene? – è Sanji, ma questa volta non ha il suo solito tono smielato, ma quello serio che preferisco di gran lunga.
Non gli rispondo. Non vorrei rischiare di ricominciare a piangere. Sento qualcosa venire appoggiato per terra, ma sono rivolta verso il muro, per cui non vedo nulla, ma ne avverto il profumo. 
-    Non hai mangiato niente da ieri a colazione. Devi essere affamata. – 
In circostanze normali starei morendo di fame, ma la paura e il sollievo mi hanno creato un blocco sullo stomaco e l’idea del cibo mi dà la nausea.
-    Io te lo lascio qui. Cerca di mangiare qualcosa. – 
Si allontana e chiude la porta dietro di sé, e la penombra che entrava dalla porta aperta scompare e io sono di nuovo al buio, dove mi riaddormento.

Quando mi sveglio c’è parecchia luce che entra dalla finestra, il vassoio di cibo è sparito, sicuramente Sanji lo avrà fatto mangiare a Rufy pur di non sprecarlo, e mi sento molto meglio. 
Penso che l’aver dormito parecchio abbia fatto passare lo shock e il freddo. Mi vesto, questa volta Nami ha avuto la premura di lasciarmi qualcosa di più pesante, come jeans lunghi e un maglioncino di lana nera, ed esco.
È di nuovo pomeriggio, e tutti stanno pigramente oziando sul ponte in una bella giornata di sole. 
Quando si accorgono di me tutti si girano, persino Zoro interrompe il suo pisolino. 
-    Guarda un po’ chi ha deciso di aver dormito abbastanza. – Usopp interrompe il silenzio.
-    Sì, bè, scusate se vi ho fatti preoccupare. – 
-    Figurati – Nami scuote la testa. – tu, piuttosto, stai bene? – 
-    Sì. – è vero, ma in parte. Credo di aver paura che la cosa mi risucceda. 
-    Hai dormito un giorno intero, stavo cominciando a preoccuparmi. – Chopper mi si avvicina con fare serio e mi mostra la testa.
-    Quante corna vedi? – 
-    Due, sto bene, dico sul serio. – 
-    Benissimo! – urla Rufy, entusiasta - Allora oggi si fa festa! Sanji, ho fame! – 
-    Prima Gio, è a stomaco vuoto da un pezzo! – urla il cuoco di rimando dalla cucina. 
Mi avvicino al parapetto, un po’ titubante, e guardo il mare. È meraviglioso, ma troppo pericoloso per chi ha mangiato un frutto del diavolo, ora me ne rendo conto perfettamente. È una meravigliosa trappola mortale. 
-    Mi hai fatto preoccupare. – questa volta lo avevo visto arrivare, e Zoro non riesce a spaventarmi. 
-    Davvero? – 
-    Sì. Quando sono riuscito a raggiungerti, in acqua, eri già grigia. La corrente ti aveva portato parecchio sotto e una volta sulla nave non volevi deciderti a respirare. –
Non mi ci far ripensare…
-    Sì, bè, a proposito, scusa per la scenata. – 
-    Non ti preoccupare. – 
-    No, sul serio, è solo che ero sotto shock e volevo starmene in pace a smaltire la cosa. – 
-    Non volevi farti vedere piangere. – traduce lui. Io arrossisco lievemente, ma annuisco.
-    Perché? – chiede ancora lui.
-    Non voglio sembrare una piagnona. – 
-    Non c’era nulla di male. Eri quasi affogata. Per una che fino a tre giorni fa in acqua non aveva particolari problemi deve essere stato shoccante non potersi muovere. Non te lo aspettavi. – 
-    Infatti. Lo sapevo, ma non ero pronta. –
-    Ora lo sai. Come intendi regolarti? –
-    Non lo so. Non voglio fare quella che ha paura dell’acqua. Siamo su una nave, non avrebbe senso. Voglio allenarmi ancora. Capire come funziona il mio potere. Esservi di un qualche appoggio. – 
Zoro sorride.
-    È così che si parla. – mi dà una pacca sulla spalla e poi si allontana, attirato dal richiamo di Sanji a cena.

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Capitolo 5
*** Coraggio ***


Questa notte non dormo. Non ho fatto altro negli ultimi tempi e mi sento a posto. È il turno di guardia di Rufy, ma si è addormentato e Zoro lo ha sostituito. Non capisco come mai non faccia altro che trovarmelo tra i piedi ultimamente. Non che mi lamenti, per carità.
Ho chiesto a Nami dei fogli e una penna, giusto per scrivere qualcosa prima che mi dimentichi l’ebbrezza di ciò che sto vivendo. Dopo circa tre ore passate a scrivere alla luce della lanterna sono così immersa nelle parole che non sento lo spadaccino avvicinarsi e, quando mi parla, per la seconda volta sobbalzo, il cuore a mille.
-    Quale parte di “non farmi venire un infarto” non è chiara? – 
-    Ero curioso. È una vita che sei china su quei fogli. Posso leggere? – 
-    No. – li riunisco tutti quanti frettolosamente e li nascondo. 
-    Perché? – non sembra offeso, solo sorpreso. – Credevo volessi scrivere un libro. – 
-    Infatti. – rispondo in fretta. Come posso spiegargli che mi vergogno? 
-    Lo sai che i libri vanno letti? – 
-    Guarda che lo so, è solo che… - 
-    Che…? – mi incalza, notando il mio tentennamento.
-    Non voglio che le persone che conosco leggano ciò che scrivo. – 
-    E perché? – 
Perché? Perché no. È un po’ complicato, ma cercherò di spiegarglielo. Dopotutto mi ha ripescata, è il minimo che possa fare.
-    Io credo che la scrittura, i libri e i racconti, siano lo specchio dell’anima di chi li scrive. Per quanto possano essere solo storie che non riguardano assolutamente la vita dell’autore, penso che ci sia molto di lui dentro e chi lo conosce bene riesca anche a leggergli dentro. - rivelo tutto d’un fiato. Fortuna che non arrossisco molto spesso, anche se gli ultimi tempi mi stanno dando contro, perché altrimenti sarei rossa come un pomodoro maturo e forse anche di più.
-    E tu non vuoi che qualcuno ti legga dentro. – traduce Zoro perspicacemente. 
Annuisco.
-    Perché? – 
-    È questione di fiducia. Per rivelarsi bisogna fidarsi completamente del confidente. Io non intendo farlo. Di solito porta parecchie delusioni. – 
Zoro non dice nulla. Guarda il cielo, sdraiato sull’erba del ponte. Io osservo le sue spade. In particolare la Wado Ichimonji. 
-    Tu ti fidavi di Kuina. – a quel nome Zoro si alza di scatto, gli occhi sgranati. 
-    Come fai a…? – 
-    Lo so e basta. Tu ti fidavi di lei. – 
-    Non è una domanda. – 
-    Come potrebbe essere altrimenti? Sei qui per la promessa fatta a lei. Per portare avanti un giuramento fatto alla tua migliore amica morta ti sei diventato prima cacciatore di taglie, poi pirata. Rischi la tua vita ogni giorno per lei. Non si fa un giuramento del genere per qualcuno di cui non ti fidi. – 
-    Era la mia migliore amica, e allora era il mio obbiettivo. –
-    Lo so. Dopo 2001 combattimenti falliti immagino che il tuo orgoglio ne sia uscito leggermente ferito. – 
-    Ma non perché era una ragazza, non credo ci sia nulla di male nel farsi battere da una donna. Se determinato chiunque può diventare spadaccino. Almeno è questo che credevo e che credo, ma Kuina aveva paura di diventare più debole crescendo. Per questo mi piacerebbe che tu non ti facessi problemi per essere solo tu, puoi farcela, devi solo volerlo. – 
-    Zoro, tu non sei mai stato debole in vita tua. Non puoi capire. – 
-    Anche il mio è stato un percorso, e comunque non sono imbattibile. – 
-    No, ma sei forte, e questo non puoi negarlo. Ad Alabasta hai sollevato un palazzo a mani nude, non è qualcosa di così normale. – 
-    E allora? – mi guarda in faccia con la sua espressione seria e ammutolisco. – Sii ciò che vuoi essere. Sei vuoi essere in grado di sopportare questo mondo, siine in grado. – 
-    È una cosa impossibile. – 
-    No, devi solo esserne convinta. Il resto viene da sé. Combatti con noi, sfrutta il tuo potere, e se ti troverai nei guai, te ne tireremo fuori. – 
-    Dici sul serio? – 
-    Certo. Quando mai ci siamo tirati indietro? – 
In effetti mai. Ma non hanno mai incontrato me. 
-    Non ti arrendere in partenza. – 
-    Non mi sto arrendendo. Sto spiegando i fatti. – 
-    Ti stai arrendendo. – 
Lo sto facendo? Probabile. L’ottimismo non è mai stato il mio forte, ho la tendenza a credere che se qualcosa può andare male, lo farà (potrei fare comunella con Usopp). Ma sono testarda come un mulo, e se comincio qualcosa di solito lo porto a fondo, solo per far vedere che ne sono in grado.
Se lo posso fare nel mio mondo, lo posso fare anche qui, giusto?
Giusto.
Almeno credo.
-    Ci proverò. – sospiro, rassegnata. L’ho già detto, ma questa volta sono seria.
Zoro mi guarda un attimo soddisfatto, poi si alza e mi lascia sola con i miei pensieri.

Questa notte non ho dormito molto, nemmeno dopo che ho deciso di andare in camera verso le 4. Non ho fatto altro che pensare a ciò che mi ha detto Zoro. Davvero crede che possa farcela o lo ha detto solo per darmi il contentino?
Non lo so, ma dopo colazione lo tampino perché mi aiuti ad allenarmi.
-    Da sola non saprei come fare. – mi giustifico.
In realtà nemmeno lui sa bene come fare. Un conto è allenarsi per conto proprio, un conto è allenare un rogia che non sa nemmeno da che parte girarsi.
-    Che cosa senti quando diventi aria? – mi chiede. Che cosa sento? Mi sento molto leggera e consistente come carta velina.
-    E quando ti ritrasformi? – quando mi ritrasformo mi sento più pesante. 
-    Forse non dovresti provare a pensare a questo? Immaginarti leggera e pesante in base a cosa vuoi essere? – 
-    Dovrei provare a rievocare la sensazione nella mia testa? – 
-    Qualcosa del genere. – 
Ci provo e incredibilmente funziona. La mia mano sparisce come aria calda: tremolando.
Esulto gioiosa.
-    Visto? Bastava provarci. – dice Zoro.
Lo abbraccio, ignorando il fatto che essendo sul ponte ci stanno guardando tutti.
Lo lascio, imbarazzata all’ennesima potenza.
-    Comunque sia – dico riacquistando un contegno – continuerò a provare. – 
-    Saresti il primo rogia nella ciurma. – 
-    Prima o poi tornerò a casa, ma per ora direi di sì. – 

Sono sdraiata sul letto. I capelli ancora umidi dalla doccia, abbraccio il cuscino gongolante, immaginando che sia Zoro.
Lo so, lo so, sembro solo una stupida fangirl. Ma è da una vita che sognavo di farlo. In questi giorni sto raggiungendo vette del piacere da otaku fuori misura.
Mi sento talmente leggera che sparisco, trasformata in una brezza leggera che gira per la camera. Non ho ancora mollato il cuscino, in questa giornata ho più o meno imparato ad afferrare gli oggetti, così chiunque entrasse vedrebbe un ammasso di piume vorticare in aria. Deve essere divertente.
Circa trenta secondi dopo entrano anche Nami e Robin. 
-    Ehi, Gio, non ti sei ancora stancata di volare? – 
Alla domanda di Nami mi sveglio dal mio sogno ad occhi aperti, solidificandomi e cadendo, fortunatamente, sul letto. 
-    Hai l’aria felice. – 
-    Bè, ora so più o meno controllarmi. Magari la prossima volta riesco a non cadere in acqua, quindi mi sembra naturale un po’ di allegria. – 
-    Non c’entra per caso un certo spadaccino di nostra conoscenza? – allude Robin. 
Se c’è mai stato qualcosa che abbia desiderato più ardentemente di non avvampare in questo momento, proprio non me lo ricordo.
-    Che centra Zoro? – spero di minimizzare abbastanza bene nonostante l’evidente figura barbina. 
-    Da quando sei qui non hai occhi che per lui. –
-    Vi sbagliate. Gli sono grata per avermi ripescata, tutto qui. – 
-    Sicura? – 
-    Sì. C’è anche ammirazione, non lo nego, ma c’è per tutti voi. – 
-    Perché? – Nami sembra seriamente incuriosita. 
-    Per ciò che fate, per come lo fate e perché lo fate. Vi ammiro da morire. Nonostante il vostro passato doloroso, avete trovato la forza per andare avanti, vi siete riuniti tutti sotto una stessa bandiera, ma siete diversi dalle altre ciurme. Rufy è il vostro capitano, è vero, ma lo trattate come vostro amico e fratello. Nessuno di voi lo chiama “capitano”, a meno che non ci siano occasioni che lo richiedono e questo mi piace molto. Nemmeno nelle ciurme più unite l’ho mai visto. Inoltre avete sfidato il governo per uno di voi. Non è una cosa da poco. Non siete i classici pirati che se ne fregano di tutto tranne i soldi e che per questo uccidono e razziano. Voi vivete secondo una vostra etica. Non siete dei santi, ma nemmeno dei demoni, il giusto intermezzo per essere considerati pirati, ma pirati diversi. Aiutate le persone, ma solo quelle per cui avete rispetto, come Bibi o gli Kaya o gli Shandia e gli abitanti di Skypea. Vivete una vita elettrizzante, migliorandovi ogni volta che vincete o perdete. Avete dei sogni e fate di tutto per realizzarli. Come potrei non rispettarvi?- 
-    Descritto così sembra chissà cosa. – minimizza Nami. 
-    È qualcosa di stupendo. Nella mia vita non ho mai incontrato persone così. –
-    Allora hai incontrato le persone sbagliate. Ho conosciuto uomini morti per i loro sogni. – Robin sembra pensierosa.
-    Intendi gli studiosi di Ohara? – 
-    Sì, loro. – mi risponde dopo un attimo di sorpresa. Non riescono ad abituarsi al fatto che sono molte cose di loro. In effetti mi sento una stalker. 
-    La vita è una sola e noi cerchiamo di viverla appieno. – mi risponde Nami. – Io ho sprecato troppi anni della mia, come credo che tu sappia. – 
-    Arlong. – rispondo annuendo.
-    Lui. Rufy e gli altri mi hanno ridato la voglia di vivere e io non la spreco. –
-    Questo non toglie che siete persone incredibili sotto ogni punto di vista. –
-    Sarà, ma abbiamo ancora un sacco di strada da fare. – 
-    Creerete la vostra leggenda personale. – bisbiglio a me stessa. Adoro questa frase. È del libro “L’Alchimista” e significa realizzare i propri sogni. Credo sia la frase perfetta.

S ono passate sei settimane da che sono arrivata (come ancora non saprei dire) su questa nave.
Ho imparato a usare il mio frutto e ora mi sto potenziando. 
Ho imparato a creare una tempesta (anche se per fermarla mi ci è voluto un po’ e parecchia ira da parte di Nami), so prendere oggetti, togliere ossigeno al mio avversario (per poco non ammazzavo Usopp), condensare aria umida e creare nebbia e vortici, affilare l’aria come una storm leg e altri giochini interessanti. Una volta capito il trucco iniziale il resto è stato uno scherzo. 
Ora come ora sto lavorando su proiettili d’aria, basandomi anche sull’idea che mi ha dato Kuma, visto che la tecnica da cui mi sono ispirata l’ha ideata lui. 
Non sto raggiungendo grandi risultati.
-    Qual è il problema? – Zoro mi ha seguita per tutto il corso di questi giorni, dandomi consigli e sostenendomi mentre io provavo le mie tecniche. 
-    Non riesco a mirare. – rispondo. – Oppure non sono abbastanza forti. Se prendo la mira il colpo non porta più problemi a chi lo riceve di un po’ di brezza, mentre se è sufficientemente potente va dove gli pare. – 
-    Fa’ vedere. – ordina, sedendosi accanto a me. Il mio cuore comincia a battere, ma ho una faccia da poker perfetta, così spero che non si accorga di nulla. 
Credo di starmi prendendo una cotta mostruosa per lui, la prima della mia vita (eh sì, mai stata innamorata o cotta) e la cosa peggiore è che non si tratta nemmeno di una persona reale. 
Stendo il braccio e faccio partire il colpo modello kame kame ha (piccolo crossover), ma il rinculo mi manda stesa a terra e il colpo manca di un chilometro il bersaglio. 
-    Visto? – gli rinfaccio.
Sono ancora sdraiata a terra, godendomi la luce del sole e la vista di un marimo che sta riflettendo. Improvvisamente, mi viene in mente il modo per risolvere il problema, ma voglio vedere se ci arriva anche lui. 
Ci arriva.
-    Forse il problema è come prendi la mira. – suggerisce.
-    Che intendi dire? – mi metto a sedere.
-    Dovresti provare a tenere fermo il braccio con l’altro braccio. – 
Stessa soluzione mia. 
Ci provo, e in effetti va meglio, ma il problema del rinculo permane e sbaglio di nuovo il colpo, anche se molto meno. 
-    Vediamo se così funziona. – 
Mi si mette dietro, appoggiando il suo petto alla mia schiena, tenendomi ferma. 
Ok, cuore, questo è il momento per fare vedere quanto vali. Evita di entrare in tachicardia altrimenti ti sente e chissà cosa pensa. 
Ormai comincio a sbavare. Sento il suo petto possente e i muscoli scolpiti sulla mia schiena, sento il suo profumo. Sa di sapone e un vago odore di cuoio, un odore maschile ma buono. Ma soprattutto sento il suo cuore andare in perfetta sincronia con il suo respiro. Il battito è lento, come mi sarei aspettata, così regolo il mio cuore al suo e mi calmo. 
Tutto questo avviene nel giro di due secondi, così spero non si sia accorto di niente. 
Riprovo. Alzo il braccio destro tenendo distanziate le dita, usando lo spazio tra medio e anulare come mirino. Porto la mano sinistra sull’incavo del gomito, tenendo stretto il braccio, mi concentro e sparo il colpo più forte che abbia mai fatto. 
Sarei certamente volata contro il parapetto della nave, ma Zoro mi ha tenuta stretta e l’unica cosa che è successa è che per un attimo siamo stati incredibilmente vicini. 
Ormoni, a cuccia. 
-    Incredibile. – sussurra vicino al mio orecchio, ammirato. 
Guardo il bersaglio. È sparito. Al suo posto c’è un ammasso informe di legno con un buco grande come una mela nel mezzo ancora fumante.
-    Visto? Problema risolto. – 
Magari, se questo fosse il colpo finale lo userei in continuazione. Ma non posso certo usare sempre Zoro come sostegno. 
Così mi alzo in piedi, allargo le gambe distribuendo bene il peso e riprovo, seppur con minore intensità. Dopo un paio di tentativi ci riesco, colpisco ciò che resta del bersaglio e riesco a restare in piedi. 
-    È tutta questione di allenamento. – mi dico, contenta più che altro del mio allenatore. 
Forse non voglio nemmeno tornare a casa dopotutto. 
Queste settimane sono state le migliori della mia vita, non voglio che finiscano.

La tempesta è cominciata senza nessun tipo di preavviso. 
Sono bagnata fradicia, i capelli incollati alla faccia e al collo, i vestiti gelidi appiccicati addosso e rivoli di acqua ghiacciata mi scorrono lungo la schiena, ma cerco di non farci caso. 
Non so come, ma sono riuscita a salire in cima al pennone dell’albero maestro con Usopp e Sanji e ad ammainare le vele. 
Scendo il più velocemente possibile, cercando di seguire gli ordini di Nami e ringraziando mentalmente Robin e le sue lezioni di navigazione. 
Devo fissare degli ormeggi prima che partano, ma le cime bagnate mi scivolano di mano ferendomi e basta.
Le onde continuano a infrangersi sul ponte e io rischio di essere spazzata via in continuazione. Fortunatamente siamo fissati a funi di sicurezza, soprattutto i fruttati, ma ciò non toglie che la situazione mi crea notevoli problemi, visto e considerato che non riesco a stare in piedi, le mie povere Converse non fanno che scivolare e io con loro.
Ma devo finire questo nodo. Tutti quanti sono impegnati e se lascio andare la cima l’albero di trinchetto verrebbe gravemente danneggiato. 
Sono quasi riuscita a farcela, quando sento Usopp gridare e mi vedo venirmi incontro un barile rotolante a una velocità orribile. 
Se mollo ora la cima combinerò un casino e rischierò lo stesso di venire colpita.
Se non la mollo mi farò molto male. 
Sto per lasciarla e darmela a gambe, ma mi vengono in mente le parole si Zoro. Devo farcela, devo essere all’altezza.
Spero che il mio Rogia mi protegga e do un ultimo, decisivo strattone alla cima. Finito. In quel preciso momento il barile mi prende in pieno, il potere del mio frutto annullato dall’acqua.
Mi colpisce alla bocca dello stomaco, togliendomi ogni singola molecola di ossigeno all’interno dei polmoni. Boccheggio, incapace di respirare, per poi venire scaraventata contro l’albero maestro. Centinaia di macchioline mi appaiono davanti agli occhi e sento il sapore del sangue in bocca. Cado e sbatto la testa. Sono ancora sveglia. Cerco di rialzarmi, ma un’onda mi schiaccia a terra e mi spinge verso il parapetto. I polmoni scoppiano e istintivamente cerco l’aria, per trovare solamente acqua fredda e salata. Sputo, ma non funziona. L’onda poi si ritira e riesco a boccheggiare un po’ d’aria, ma una nuova onda mi butta nuovamente contro il parapetto. La fune di sicurezza è troppo corta, così almeno non dovrei sbattere, ma la forza dell’acqua è troppa e spezza la cima. Sbatto violentemente contro il legno e ormai volo fuori, ma non intendo farmi sopraffare. Afferro il bordo e mi isso dentro. I colpi ricevuti si fanno sentire e non riesco più a combinare niente. Una terza onda arriva, e io inerme mi lascio trascinare nuovamente contro il parapetto. Sbatto contro qualcosa di duro, ma non così duro come il legno della nave, e non freddo come l’acqua. È caldo. Due mani mi circondano e mi stringono. Mani ruvide e gentili, grandi e calde. Zoro. Non può essere che lui. L’onda ci sommerge ancora, ed io inspiro di nuovo come un’idiota. L’acqua salata va giù dritta dritta nei polmoni, mi brucia come fuoco. Prima di svenire mi aggrappo a quelle mani grandi e calde, pensando solo che mi ha salvata ancora. 

Mi sveglio, ma non apro gli occhi. Non posso, non ce la faccio. Non riesco nemmeno a respirare. Ho ancora i polmoni pieni d’acqua, lo sento, ma non posso buttarla fuori. 
Una mano grande e calda mi tiene indietro la fronte, mentre un’altra mano, probabilmente la sorella, mi tiene aperta la bocca. 
-    Respira. – un sussurro impercettibile, prima che due labbra si posino sulle mie e un getto di alito fresco e salato mi si riversi nei polmoni. Quelle labbra si staccano da me dopo circa due secondi.
-    Respira. – di nuovo quella voce. Di nuovo labbra sulle mie. Di nuovo alito fresco e salato nei polmoni. Di nuovo due secondi prima che si separino.
-    Respira. – per la terza volta quel sussurro e tutto si ripete, con la sola differenza che questa volta io obbedisco. 
Apro gli occhi di scatto, ritrovando improvvisamente la forza sufficiente per farlo. Un respiro convulso mi attraversa e poi comincio a tossire. 
Qualcuno mi gira di lato e io sputo fuori tutta l’acqua, cercando nel frattempo di respirare, un’impresa non facile. 
Sento di stare tremando, la testa scoppia e brucia, così come i polmoni.
Mi ci vuole un po’, ma finalmente torno a respirare abbastanza regolarmente. Per tutto il tempo le mani grandi e calde mi hanno tenuto stretta. D’istinto, ne stringo una con forza e quella risponde alla stretta con dolcezza. 
-    Va tutto bene. – la stessa voce di prima, così calda e rassicurante. Non sono sorpresa di scoprire che è la voce di Zoro. 
È qui accanto a me, mi stringe una mano e mi sfrega piano la schiena con l’altra. 
-    Mi hai salvata ancora. – gracchio. Ho bisogno di bere. 
Mi sorride dolcemente. Sta ancora piovendo, ma non è altro che una pioggerella fine che mi toglie il sale delle onde di dosso.
-    Ho freddo. – gracchio ancora, così lui mi stringe a sé.
Di nuovo il suo profumo, potrei farci l’abitudine. Sospiro beata, poi noto la macchia di sangue che si sta formando sulla sua maglietta bianca. 
-    Stai sanguinando. – 
-    È sangue tuo. – mi dice scostandomi i capelli fradici dalla fronte. In quel mentre sento una fitta a una tempia e mi porto una mano nel punto dolorante, per poi ritirarla sporca di sangue. 
-    Che ti è preso? Dovevi lasciare la cima e metterti in salvo. – mi rimprovera, ma non troppo duramente.
-    Mi hai detto tu di non mollare. – mi riferisco al discorso di quella notte.
Lui sghignazza, e io ci metto un po’ a capire perché. 
-    L’hai preso un po’ troppo alla lettera. –
-    Portala in infermeria. – è la voce di Chopper. Non voglio lasciarlo, così mi stringo di più a Zoro. Lui però annuisce e si alza, tenendomi stretta. 
Se non fosse che mi bruciano sia i polmoni, che la gola, che la ferita e la testa minaccia la detonazione da un momento all’altro, mi sentirei a dir poco umiliata all’idea che non posso camminare da sola e deve essere Zoro a portarmi, ma ora come ora sono solo contenta. Tengo gli occhi chiusi, inebriandomi del suo profumo. In altre circostanze non sarei così spudorata, ma sono ferita, posso permettermelo. 
Una volta in infermeria, mi adagia dolcemente su un letto e io mi rannicchio, ancora infreddolita. 
-    D’accordo, qui ci posso pensare io. – Chopper vuole sbattere fuori Zoro, ma non intendo permetterglielo. Gli stringo la mano con tutta la forza che posso concedermi. Entrambi capiscono, così Zoro si siede vicino al letto, accarezzandomi piano la fronte con la mano libera. Chopper fa un ottimo lavoro. A malapena mi accorgo che mi sta curando. Il cuore batte all’impazzata, facendo sgorgare ancora più sangue dalla ferita alla testa. Già sono anemica, non oso pensare quanto il mio livello di ferro diminuirà dopo questa esperienza. Apro piano gli occhi, per ritrovarmi quelli neri dello spadaccino che mi fissano mentre continua ad accarezzarmi la fronte. Sorride. 
-    Sei solo “tu”. –
Non  capisco, ma lui continua.
-    Sei sempre solo “tu”, lo eri anche venti minuti fa. Eppure hai rischiato la tua vita per impedire un disastro. Quindi non pensi che questo solo “tu” non sia così male? – 
Non so cosa pensare, ma l’incoscienza mi viene in aiuto un’altra volta.

Sono al calduccio sotto miriadi di coperte. La testa fa male, ma è un dolore accettabile. Il resto del corpo sta come se un tir gli ci fosse passato sopra e avesse deciso di fare retromarcia, ma nel complesso non sto nemmeno così tragicamente. La gola  e i polmoni non bruciano più, è già qualcosa. 
Ma devo seriamente smettere di tentare di annegare, anche perché arriva la volta buona che ci riesco. 
Indosso la stessa camicia che da quando sono qui mi fa da pigiama. Non ancora perso il suo profumo originario. Sa di sapone e cuoio, come Zoro. Un attimo. È la sua camicia? Se non fosse che sono ancora mezza addormentata salterei su sconvolta. Ecco perché era così larga. Non ho mai visto Zoro con la camicia a maniche lunghe. Deve essere un misto tra stupendo e sexy.
-    Stupendamente sexy. – borbotto piano. 
-    Cosa? – 
Oddio, è lui. Apro gli occhi e mi metto a sedere, per poi venire colpita da un acuto senso di vertigine e da un’esplosione di puntini neri davanti agli occhi che mi costringono a sdraiarmi di nuovo. 
-    Vacci piano, se non ti ricordi hai preso una bella botta e hai anche un po’ di febbre.-
Chissenefrega della febbre! L’unica cosa che riesco a fare è sperare che non abbia capito ciò che ho detto. A giudicare dalla sua faccia direi di no. Tiro un mezzo sospiro di sollievo.
-    Tieni. – mi porge un bicchiere colmo di invitante liquido rosso. 
-    Cos’è? – chiedo prendendolo.
-    Una medicina. Chopper mi ha detto di dartela non appena ti fossi svegliata. – 
La tracanno, assetata. È buonissima, fresca e dissetante. Mi sento tornare più lucida e il dolore alla testa diminuisce all’istante.
-    È formidabile. – 
-    Vero? Sapessi quanti litri me ne sono dovuti bere nel corso dei vari dopo battaglie. – 
Finisco di bere, sentendomi meglio. 
-    Come stai? – mi chiede.
-    Bene. – è vero, sto bene. Bè, quasi. 
-    Mi fa piacere. Perché non hai mollato la cima? – 
-    Contavate su di me, non potevo deludervi. – 
-    Ma sei quasi morta. – 
-    Non è successo. – 
-    Poteva accadere. – 
-    Mi fidavo. Hai detto che se fossi stata nei guai mi avreste tirato fuori. Ci ho creduto ed è successo. Non mi hai abbandonata, mi hai salvata per la terza volta. – 
-    Tu sei tutta matta. – 
-    Ci si prova. – ridacchio. 
Due ore dopo sono sotto la doccia, l’intruglio di Chopper mi ha fatto passare la maggior parte dei dolori e la febbre,  intenta a togliermi di dosso l’odore di medicine e salsedine. E intenta a pensare a quello che mi ha detto Zoro. 
Ero solo “io” durante la tempesta, eppure ho fatto una cosa degna da protagonista di One Piece. Ho rischiato la mia vita per altri. E ne ero pure contenta. Stavo facendo per la prima volta nella mia vita qualcosa di veramente utile e importante, qualcosa di coraggioso. Mi sono sentita viva. Anche mentre stavo morendo ero più viva che nel resto del tempo. 
Quindi è questo che si prova? È questo che significa essere un pirata? È questa l’adrenalina che ti circola nel sangue mentre combatti? Ho potuto fare quello che ho fatto nonostante non sia nessuno, nonostante la mia vita non mi abbia mai portato nemmeno lontanamente vicino a fare cose simili, perché ho trovato la giusta occasione, o perché questo mondo mi sta influenzando non solo nell’aspetto e nei poteri, ma anche nella mentalità?
Non lo so e non mi importa. Ora la domanda è un’altra.
Davvero voglio tornare a casa?
Davvero voglio tornare a quella vita vuota e priva di valore in cui non sono nessuno? In cui il mio unico obbiettivo è superare tutti gli esami prima della sessione estiva? In cui il massimo di coraggio che ho mai avuto è stato affrontare un tuffo da diversi metri di altezza o un roveto con maniche e pantaloncini corti?
-    No, credo di no. – le mie parole riecheggiano mentre l’acqua mi scorre addosso. Esco e mi avvolgo in un asciugamano. Poi mi guardo allo specchio. Ho qualche taglio in faccia e diversi lividi dove ho sbattuto nella foga della tempesta. La benda in testa è leggermente sporca di sangue. La tolgo e la sostituisco con un pratico cerotto. Questa potrebbe essere la mia vita se solo lo volessi. Sospiro ed esco.
Mi vesto con un paio di jeans, un top azzurro e sostituisco le Converse con un paio di infradito. Sono passate solo dodici ore dalla tempesta e c’è un bel sole mattutino fuori. Mi viene voglia di farmi una coda per domare la criniera, ma li pettino e basta, cercando di nascondere il cerotto. Fortuna che si lisciano in fretta.
Resto in disparte, non mi va di affrontare gli altri. Voglio capire se in effetti voglio davvero restare. Abbandonare la mia vita. Potrei davvero farlo? Rinunciare alle cose brutte della mia vita sarebbe la parte più facile. Ma dire addio alla mia famiglia? Lasciare tutte le questioni in sospeso con i miei genitori? Troncare un rapporto che dopo anni di litigi era finalmente diventato migliore con mio fratello? Rinunciare a vedere ancora i miei nonni? Non prendere la laurea? Non vedere mai più i miei amici? Sono davvero pronta? Posso davvero dire addio a tutte le cose belle della mia vita?
Quella che potrei avere qui sarebbe senza dubbio fantastica, piena e costellata di avventure.
Tutti i miei sogni si realizzerebbero restando, entrando a fare parte della ciurma di Cappello di Paglia. Potrei essere felice. Potrei tenere i miei poteri, potrei avere abilità. So che dovrei allenarmi ancora molto, ma so anche che nel giro di poco la guerra che si sta per scatenare convincerà Rufy a ritardare di due anni l’entrata al Nuovo Mondo, così avrei parecchio tempo per affinare il mio potere. Potrei arrivare alla fine di questo periodo forte come mai ed essere davvero degna di rimanere su questa nave. 
-    Che cosa dovrei fare? – mi sento afflitta, vorrei piangere, ma mi rifiuto. 
-    Riguardo cosa? –
Ma come diavolo fa Zoro ad essere sempre nei paraggi?
-    Niente. – minimizzo. 
-    Smettila. – sembra scocciato.
-    Di fare cosa? –
-    Di fingere che vada tutto bene. È da quando sei qui che non fai altro che ripetere che stai bene, che va tutto bene, ma sappiamo entrambi che non è così. Prima eri in crisi perché ti sentivi fuori luogo, ora cos’è? È sempre perché ti senti inutile? – 
-    Non voglio sembrare una che si lamenta. – 
-    Non lo sembri. – 
-    Io…io non so cosa fare. A casa ho una famiglia, una vita che per quanto non mi piaccia non credo di essere in grado di abbandonare così di punto in bianco. Di sparire così dal nulla. La mia famiglia mi cercherebbe e non potrebbe trovarmi, ne andrebbe fuori di testa. In più avevo dei progetti, delle cose da fare. So che se tornassi a casa per cercare di sistemare tutto sarebbe inutile, perché so che non riuscirei a tornare qui. Ma qui è dove voglio rimanere. Questa è la vita che voglio fare, le emozioni che voglio vivere. Quando sono quasi affogata, la prima volta è stato orribile, ma la seconda…oddio, la seconda è stata una botta di vita. La prima vera scarica di adrenalina della mia vita. Ne ho avute altre, ma mai, mai così e dopo aver provato una cosa del genere non voglio più tornare a una vita vuota. – mi trattengo dal dirgli che non voglio più vivere questo mondo solo come manga o anime, che non voglio più avere di lui solo un’immagine in 2D, senza il suo profumo, o il modo in cui aggrotta le sopracciglia o vederlo dormire sul ponte o senza poterlo davvero vedere allenarsi. La sua voce, la lingua che sta parlando, è quella del suo doppiatore. Ma qui, in questo mondo. È la sua lingua, la sua voce. Non quella di un giapponese bravo nel suo lavoro ma senza volto. Non voglio perdere tutto questo.
-    La scelta è solo tua. – 
-    È questo il problema! Non so cosa fare, non so cosa scegliere! Sacrificare tutto questo per non far soffrire la mia famiglia e per concludere ciò che avevo iniziato, o abbandonare tutto e vivere questa vita? – 
-    Non lo so. – 
Sapevo che non avrebbe potuto dirmi nulla. Ma un “non lo so” così secco mi lascia di sasso. Se non può dirmi niente nemmeno lui, che cosa potrò mai fare?
-    Nessuno dice che devi tornare a casa domani. Hai tempo, tempo per riflettere e decidere. Vedrai che quando sarà ora, saprai cosa fare. –
Chissà perché, ma non mi consola molto.

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Capitolo 6
*** Ora ho scelto ***


Due giorni dopo Usopp, di guardia, lancia un grido.
-    Terra! – 
Finalmente, si attracca!
-    Che isola sarebbe? –  chiedo eccitata.
-    Non è indicata dal Log Pose. – risponde Nami osservando l’ago nella sfera. – Forse è pericoloso. Meglio non fermarci. – Rufy, ovviamente, alla parola “pericoloso” scatta sull’attenti e si mette a saltellare.
-    Ooo! Sì, andiamo su quell’isola. – 
-    Agli ordini, capitano. – ridacchia Robin, osservando Chopper, Nami e Usopp sconfortati.
Io sono entusiasta. Non mi interessa se è pericoloso, voglio andare su quell’isola. Voglio davvero vivere la mia prima vera avventura in questo mondo.
Sorrido raggiante, pensando già a che cosa potrebbe essere quest’isola. Non è mai stata scritta da Oda, quindi è un novità anche per me. 
-     Sento che sarà un’isola interessante. – Zoro mi si è avvicinato con uno strano luccichio negli occhi. 
-    Lo credo anche io. – 
-    Non lo sai già? –
-    No. Quest’isola non l’ho mai vista. Infatti non vedo l’ora di sbarcare. – sono troppo eccitata, e quest’eccitazione non accenna a scemare nemmeno quando sbarchiamo. 
“D’accordo, va tutto bene. Contieniti, per l’amor del cielo!” mi dico, ma non funziona. La spiaggia è di sabbia bianchissima. costeggiata da piccolo paguri e che si estende lungo l’isola fino a una scogliera, che pare dividere l’isola a metà. Il clima è caldo, ma non afoso, sembra quasi il tempo che c’è a casa a fine maggio. 
Alla fine della spiaggia si ergono alte e maestose palme carichi di cocchi, banane e frutta che non riesco a riconoscere, così come altri alberi che non riconosco a formare una foresta. La brezza mi fa ondeggiare i capelli attorno alla testa. È il luogo più bello che abbia mai visto. 
-    Sanjiiii!!!! – l’urlo di Rufy rovina tutta l’atmosfera. – Ho fameee! – 
Il cuoco, però, previdente come sempre, ha già preparato dei bentou da distribuire in giro a tutti co-loro che si appresteranno ad andare in esplorazione. Ossia Zoro, Rufy, Robin e lui stesso. 
-    Vorrei venire anche io con voi. – cerco di infilarmi nella comitiva. Sanji mi sorride radioso, sfoderando un altro di quei suoi bentou e porgendomelo con tutto lo smielo possibile e immaginabile. Lo infilo dentro uno zaino con altri oggetti di prima necessità e parto con loro.
-    Poche regole da seguire. Se Zoro o Rufy scelgono la strada… - 
-    Io vado dall’altra parte. – completo al posto di Sanji. – Sì, lo so. Conosco il proverbiale senso dell’orientamento di quei due. – non gli rivelo che il mio è paragonabile al loro e non in meglio. 
-    Bene. Allora stai vicino a meee!!! – cerca di abbracciarmi, ma lo schivo correndo in avanti. Mi infilo nella foresta, districandomi nell’immensità degli alberi e delle radici che escono dal terreno. 
Dopo circa dieci minuti mi fermo, incantata da un fiore. È grosso e viola, pieno di colori accesi e dall’aria velenosa. Ho abbastanza buon senso da non avvicinarmi troppo, ma c’è qualcosa che mi attrae. Senza nemmeno sapere perché, mi ritrovo a camminare verso di lui, come ipnotizzata. Il suo profumo è inebriante, eppure c’è una voce dentro di me che mi dice di allontanarmi, ma è lontana, mentre quel fiore è così vicino…
-    Presa! – 
Zoro mi agguanta per la collottola e mi trascina via esattamente mezzo secondo prima che il “fiore” apra la bocca piena di denti e cerchi di sbranarmi, mancandomi di circa un millimetro. 
-    Eh? – lontana dal profumo, mi risveglio e la nebbia che mi si era insinuata nel cervello si dissolve, lasciandomi perplessa.
-    Quella è una pianta carnivora. – mi spiega Robin. – Nel senso che mangia qualsiasi cosa abbia un cuore. È molto rara, sei stata fortunata a trovarla. – 
Diciamo che “fortunata” non è esattamente l’aggettivo con cui mi descriverei. Comunque almeno adesso ho la scusa per stare attaccata a Zoro come una cozza. 
-    Sai – gli dico – io ho fatto qualche estate in tenda. Accendere e cucinare su un fuoco, lavarsi nel fiume e cose così, ma questo va oltre tutto ciò che ho mai sognato. – 
-    E ti piace? – 
-    Sì. – mai stata più sincera. Mi sento davvero fottutamente entusiasta. 
La giornata trascorre veloce, incontriamo parecchi animali strani, abbiamo altri incidenti di piccolo conto, come ad esempio perdere Rufy che dava la caccia a una farfalla, ma alla fine ci fermiamo all’ombra di un albero a pranzare. Era ora, stavo morendo di fame. 
-    Quindi è questo che fate di solito su un’isola deserta? – chiedo allo spadaccino intento a bere da una bottiglia di sakè.
-    Di solito. Oppure andiamo a caccia di dinosauri. – 
Sghignazzo, ripensando a Little Garden.
-    Hai deciso cosa fare? – 
Mi spiazza un po’ a quella domanda, ma sono sincera.
-    No. Vorrei restare, ma vorrei che la mia famiglia lo sapesse. – bel dilemma.
-    Dovrai scegliere fra te e la tua famiglia. – 
-    Lo so, ma adesso non ho voglia di pensarci. – spero che la dimensione temporale sia diversa a mio vantaggio, se no i miei saranno già andati in panico.
Improvvisamente, un boato scuote l’isola. La terra si crepa, rivelando una voragine al di sotto di essa. La scossa dura circa dieci secondi, sufficienti da aver aperto un varco per la parte sotterranea dell’isola abbastanza largo da permetterci di passare.
Osserviamo la voragine ci ha ammutoliti.
-    Che cosa ne dite? Entriamo? – suggerisco.
-    Che domande. – Rufy non mi da nemmeno il tempo di guardare che si tuffa dentro senza indugiare. Atterra dopo circa cinque secondi.
-    Ehi! È profondo! – la sua voce rimbomba dal basso oscuro della spaccatura. 
Accorgendosi che non saltiamo anche noi, allunga le braccia e ci arpiona.
Cadiamo con un urlo e rotoliamo sul fondo duro di quella che sembra una grotta. 
-    Che volo. -  Mi rendo conto di essere sdraiata su Zoro. Mi tiro su in fretta scusandomi.
-    Dove siamo? – si domanda tirandomi su. 
-    Non ne ho idea. – Sanji accende una torcia che si era portato dietro. 
-    A prima vista sembra una grotta. È piena di piscine naturali. Inoltre guardate i riflessi della torcia.- Robin ci indica le pareti. La luce illumina delle pietre incastonate alle pareti che creano riflessi colorati che brillano in tutta la grotta, muovendosi con la luce della torcia.
-    Incredibile. – è bellissimo e lo guardo estasiata.
-    Qui c’è un passaggio. – ci mostra Robin.
Lo seguiamo, anche perché non c’è modo per tornare su. Il problema è che le scosse non sono finite e man mano che camminiamo il suolo viene continuamente tormentato da terremoti. 
Il sentiero è in discesa e più scendiamo, più diventa caldo. 
-    Temo proprio che siamo vicino a un vulcano. – Sanji si slaccia la cravatta e si toglie la giacca.
-    Chissà se ci liquefaremo nella lava incandescente? – le elucubrazioni di Robin sono sempre molto consolanti. 
-    Ehi, questa è algamotilite? – Sanji stacca un pezzo di metallo greggio dalla parete e a giudicare dalla reazione di Rufy non appena lo tocca sembrerebbe che abbia ragione.
-    A quanto pare è una vena di algamatolite marina. Questo spiega perché mi senta così fiacca. – spiega Robin. Ora che ci faccio caso, anche io mi sento un po’ stanca, ma credevo fosse perché è tutto il giorno che camminiamo.
Ad un tratto ci fermiamo. Siamo arrivati in fondo.
-    Non si passa. La parete qui è spessa. Provo a tagliarla. – Zoro colpisce la parete, ma nemmeno riesce a scalfirla.
-    Resistente. – 
Passo una mano per vedere se magari c’è qualcosa, ma mi taglio con una roccia affilata macchiando di sangue il muro.
Improvvisamente appare qualcosa.
Zoro fa per ritentare, ma lo blocco.
-    Aspetta, qui c’è una scritta. –  mi sembra di vedere qualcosa sulla parete.
-    È vero. – Sanji la illumina, ma si ritira perplesso. – Non riesco a capire che cosa ci sia scritto. –
-    Provo io. – Robin sembra la più indicata, ma anche lei fallisce. – Non ho mai visto nulla di simile. I caratteri sono come i nostri, ma non conosco quella lingua. – 
Ora sono curiosa, per cui guardo io e per poco non mi viene un colpo. Questo è italiano. Fino ad ora non me n’ero resa conto, ma sto parlando la lingua di One Piece, ossia il giapponese, ma quello che vedo davanti a me è la mia lingua. 
-    Non posso crederci. – 
-    Ci hai capito qualcosa? – 
-    Questa è la mia lingua. – 
-    La tua lingua? – 
-    Sì, è italiano. Io vengo dall’Italia. – 
-    Non conosco quest’isola. – Robin mi guarda perplessa.
-    Non ne dubito, in questo mondo non esiste. – borbotto tra me e me.
-    Cosa? – 
-    Niente. – 
-    Che cosa c’è scritto? – vuole sapere Zoro.
-    “Il sangue dell’indeciso aprirà la via della scelta”. – recito. Il sangue dell’indeciso? 
-    Quindi… dovremmo fare cosa? – 
-    Trovare un indeciso e tagliarlo, semplice. –
-    Non credo sia così semplice, Rufy. – lo avvisa Sanji. Ma io non sono d’accordo. Il mio san-gue ha creato quella scritta e sento di essere io a doverla aprire. Così vi ripasso il palmo sopra (fa tanto Harry Potter). La parete si apre con un cigolio, spalancandosi verso una grande stanza scavata dall’acqua. Le pareti sono avvolte in cascate d’acqua che converge in una pozza al centro della stanza, da cui si erge un grande arco di pietra.
-    Quindi era questo il sangue dell’indeciso? Tu sei indecisa? – domanda Sanji accendendosi una sigaretta.
-    Sì, in effetti non pensavo fosse così semplice. – 
Ci avviciniamo all’arco, ma non appena arriviamo al limitare della pozza una forza ci blocca.
-    Scegli. – intima una voce baritonale, forte e tonante. Non capisco da dove provenga. Poi no-to l’aria all’interno dell’arco agitarsi.
-    Cosa? – 
-    La tua via. – 
La mia via? Se la via del pirata o quella di casa? Quindi è già arrivato il momento?
-    Non lo so. – ammetto.
-    Eri predestinata a giungere in questo luogo. Il tuo desiderio di fuggire dalla tua vita ha attivato il portale e sei giunta in questo mondo, ora devi scegliere se rimanervi. – 
Quindi è un portale, buono a sapersi. Così è anche spiegato il perché io sia qui. Una strana forza misteriosa assolutamente normale in questo mondo ha deciso di rapirmi da casa mia e scaraventarmi in mare senza un apparente motivo aspettando solo che arrivassi a quest’isola. Ottimo, davvero perfetto. Eppure ha ragione, ho sempre sognato scappare da ciò che stavo diventando e l’idea di fare parte della ciurma di Rufy mi aveva sempre solleticato la fantasia, ma da qui a farmi rapire da un cavolo di portale ce ne passa!
-    Io non lo so. Come potrei saperlo? –
-    Allora perché sei al mio cospetto? –
-    Curiosità. Ho visto una scritta nella mia lingua natale e sono venuta a vedere. – 
-    “Aprirà la via della scelta”. Ora devi farlo. –
-    Non sono pronta. – 
-    Non dovevi venire allora. Quella scritta è nella tua lingua natale perché è destinata a te, creata col tuo sangue, ma non devi ascoltarla fino a che non avrai ascoltato il tuo cuore. –
-    Indi per cui non dovrei essere qui. – 
-    No. In questa stanza sei l’unica che non ha fatto una scelta. Eppure proprio tu hai attivato il portale. –
-    Mi dispiace. – 
-    Allora vattene e torna solo quando sarai sicura. –
-    Allora cosa accadrà? –
-    Verrai condotta verso la meta della tua decisione. – 
-    Dovrò solo fare come prima? – 
-    Un sacrificio di sangue attiva il portale. –
-    E se uno di noi facesse altrettanto? – si intromette Robin, che sta prendendo appunti.
-    Verreste condotti verso la meta della vostra decisione. – ripete la voce del portale.
-    Cosa? E saltare tutto il viaggio? Non esiste! – sbraita Rufy.
-    Sono d’accordo. – annuiscono anche gli altri.
-    Molto bene. Allora andatevene da questo luogo. – 
Il portale si richiude, diventando di nuovo solo un arco in mezzo a una stanza. Non appena siamo fuori, sia la porta che la scritta scompaiono dietro di noi. 
-    Che cosa devi scegliere, Gio? – vogliono sapere i miei compagni.
-    Cosa fare della mia vita. – rispondo andando avanti. Non è una cosa di cui voglio parlare con loro.
Credo che capiscono, perché mi lasciano in pace.
Il resto dell’esplorazione prosegue senza troppi intoppi, tolti ovviamente quelli causati dal cercare di risalire in superficie. Quell’isola è magnifica, e anche se non è l’avventura che avevo sognato mi va bene lo stesso perché ora so come fare a scegliere per la mia vita, come fare per tornare a casa se mai sarà quella la mia scelta e anche se dubito che ciò possa accadere è consolante sapere che non sono bloccata qui.
Torniamo sulla nave e salpiamo, mentre il dubbio ancora mi assilla, non sono una che piange spesso, cerco di evitarlo, ma mi sento così desiderosa di farlo adesso, non so che fare ed è così frustrante.
Quel poco tempo che passa prima che sia il momento di incontrare Kamye se ne va in fretta, e in men che non si dica ecco che ci ritroviamo quella sirena un po’ svampita accompagnata da Pappagu, la stella marina stilista.
Guardando le loro smorfie, esagerate se viste attraverso uno schermo, mi accorgo che assumono un’espressione umana, normale. Ennesima prova che questo mondo è diverso viverlo rispetto a guardarlo. 
Oddio santo, ho un’ansia addosso che potrei vomitare.  
Devo scegliere. Devo assolutamente scegliere. E prima che si arrivi al punto di Kuma. Dopo sarà troppo tardi. In realtà potrebbe anche essere liberatorio, insomma, se Kuma mi scaraventasse chissà dove per due anni, di sicuro il problema di scegliere non si porrebbe più.
Tutto questo passa in secondo piano quando Kamye e Pappagu scoprono che Hachi è stato rapito. Io devo trattenermi dal ridere nel ripensare a Duvall, non so nemmeno se riuscirò a non scoppiare a ridere in faccia a Sanji quando lo si vedrà in faccia, ma farò del mio meglio.  
Salvare Hachi non è stato difficile, la cosa veramente straordinaria è vedere Nami perdonare l’uomo pesce-polpo. Al suo posto io non credo che ce l’avrei fatta e vederlo davvero, sentirla tremare leggermente mentre pensa e rilassarsi quando decide che Hachi non merita il suo odio è impressionante e commovente. 
Poi il combattimento contro i Tobiuo Riders comincia. Io cerco di proteggere Zoro senza che se ne accorga, so perfettamente che il combattimento contro Kuma l’ha destabilizzato più di quanto non sia disposto ad ammettere, nemmeno a se stesso e, anche se so che odierebbe sapere che io so e notare che intendo aiutarlo, lo faccio lo stesso. Sperando vivamente che non se ne accorga, ovviamente. 
Credevo che fossero passati solo pochi giorni da Thriller Bark ad adesso, almeno questo era quello che il manga dava ad intendere. A quanto pare è passato più tempo ma non è stato sufficiente. 
Ora che so come usare il mio potere, combattere si rivela anche divertente. Non faccio del male seriamente a nessuno, qualche colpo, parecchie mini trombe d’aria per far cadere i mafiosi in acqua. Nonostante tutto, vedo Zoro cadere. Un Tobiuo Rider sta per aggredirlo, io intervengo, sparandogli un proiettile d’aria che lo colpisce alla spalla con cui tiene l’arma, facendogliela cadere. 
Mi avvicino a Zoro e mi chino su di lui.
-    Stai bene? –
-    Benissimo. Non dovevi intervenire. –
-    E tu non devi dirmi bugie. Io so perfettamente come stai, dovresti saperlo che conosco molte cose. So del tuo sacrificio e so che stai di merda, quindi zitto e lascia che ti aiuti. -
Lui non ribatte e con discrezione cerco di evitare che subisca altri danni. Con la coda dell’occhio vedo Brook che mi fa un cenno di approvazione, so bene che anche lui è a conoscenza della condizione di Zoro.
E poi Sanji vede Duval e gli cambia i connotati e succede quello che deve succedere. 
Mentre arriviamo all’arcipelago, cerco di curare Zoro come posso. Lui non vuole andare da Chopper e meglio che faccia qualcosa io piuttosto che rimanga com’è. 
Nel frattempo gli rivelo anche chi sa di lui. Mi sembra giusto che sia a conoscenza di chi sa del suo segreto.
-    Quindi lo sanno oltre al cuoco, anche Robin e Brook.-
-    Sì. – avere la scusa per mettergli le mani addosso mi fa avvampare e mi rendo conto che il suo corpo è davvero caldo. Ma sono una persona professionale e mi concentro sulla fasciatura, che terrà giusto il paio d’ore che serviranno per arrivare a Sabaody. Meglio che niente. 
-    L’importante è che non lo scopra Rufy. Il resto va bene.-  
-    Credi davvero che per lui sia meglio l’ignoranza? –
-    Non deve saperlo. –
-    Perché? – capisco il suo punto di vista, ma è un segreto troppo grande. Prima o poi poterebbe venirlo a sapere e sarebbe peggio.
-    Non voglio che si senta in colpa. Non l’ho fatto perché mi dica grazie. –
-    Questo lo so, ma lo hai fatto per lui e per la sua ciurma, per i tuoi amici. Sarebbe giusto che lo sapessero. –
-    Ormai è finita. Non serve che lo sappiano. –
-    Sei ancora ferito. – fa una smorfia scocciata. – Lo so che ti urta, ma lo sei e rifiutarti di ammetterlo ti porterà solo guai. Quindi non è finita. Inoltre prima o poi Kuma potrebbe rivelare la cosa, potreste rincontralo e farlo sapere. A quel punto non pensi che sarebbe peggio per loro scoprirlo così? –
-    C’è qualcosa che sai e non vuoi dirmi? –
-    Che io sappia una cosa del genere ancora non è successa, ma potrebbe. –
-    Ci penserò quando accadrà . –
Sospiro. Non che mi aspettassi niente di diverso. Ho lo sguardo basso, fisso sulle mie mani che ancora stringono un benda arrotolata. Lui appoggia la sua sulle mie. Una sola sua mano è grande come entrambe le mie. E dire che ho le mani con dita lunghe da pianista.
La sento dura, levigata da anni di allenamenti con le spade. Eppure è anche delicata e molto calda. 
-    Hai le mani fredde. – nota.
-    Scusa. – mani di ghiaccio sul torace devono avergli dato fastidio. Le prende fra le sue, stringendole, scaldandole.
-    Si dice che chi ha le mani fredde ha il cuore caldo. -  
E questa da dove gli è uscita?
-    Sono considerata notoriamente stronza, anche tra i miei amici. –
-    Forse fuori potrai sembrarlo, ma ricordati che ti ho vista piangere per un dilemma che i veri stronzi non si sarebbero fatti. –
Non mi viene da ribattere. Guardo i suoi occhi. Non sono i soliti punti neri che si vedono nel manga, sono tondi e color nocciola scuro. Sono caldi e intensi. Mi tira piano le mani e io barcollo in avanti. Così già che c’è mi bacia e il mio cervello non solo va in tilt, si liquefa del tutto.
Dovrebbe essere sbagliato, dovrei pensare che lui è solo un personaggio immaginario, che tutto questo nemmeno assomiglia all’opera che conosco, che potrebbe essere sbagliato di innamorarmi di un uomo che passa la sua vita a cercare di morire o vincere le sue guerre. Dovrei pensare tutto questo, ma quando mi lascia l’unica cosa che penso è un “oh, al diavolo” e per buona misura lo bacio io. Finalmente ho la scusa per toccargli i capelli e sono molto più morbidi di quanto potessi immaginare. 
Solo quando ci separiamo nuovamente mi rendo conto di cosa ho fatto.
E stavolta non ho solo il sospetto di essere avvampata, ho la matematica certezza di essere color pomodoro maturo, roba da rischiare un coagulo al cervello. 
Potrei scappare. Ah, probabilmente dovrei farlo. Eppure resto lì.
Al primo che mi darà della cretina darò ragione.
-    Tu lo sai che c’è la possibilità che io non resti? -
-    Questo è stato uno dei motivi per cui l’ho fatto. – risponde di rimando, con la faccia di chi è sicuro di aver fatto la cosa giusta. –
-    Confondermi? –
-    Approfittare del momento prima che sia troppo tardi. – 
-    Ah bene. No no, bene davvero. Così non solo ho da sgrovigliare il mio cervello in funzione di me stessa, ora devo farlo anche sapendo che non ti sono indifferente. – poi mi sorge un dubbio. – Perché non ti sono indifferente, vero? –
-    Certo che no. Perché mai ti avrei baciata altrimenti? –
Perché inspiegabilmente in questo mondo sono figa da paura e tu sei pur sempre un uomo. Ma evito di dare voce a questo pensiero, soprattutto perché ora che l’ho pensato pare una cosa ridicola. 
-    E’ solo un qualcosa che potrebbe aiutarti a decidere. – continua il marimo – Mi piacerebbe molto che tu restassi su questa nave con noi, con me. –
Guardandolo, penso di aver deciso cosa fare. 

L’arcipelago Sabaody visto dal vivo è incredibilmente meglio visto di persona che attraverso le tavole di Oda. Le mangrovie sono più altre dei grattacieli, le isole hanno un’erba morbida e leggermente unta e scivolosa a causa della resina e gli abitanti sono buffi davvero con i loro copricapi. 
So anche il marcio che si nasconde sotto questa luce e questo cielo. Marcio che in realtà non si nasconde nemmeno troppo.
Vorrei avvisare gli altri di stare attenti alla sirena, di stare attenti a tutto, di non andare alla casa d’aste e proteggere Kayme a tutti i costi, ma non lo faccio. Non lo posso fare, la storia dee andare come deve, sena mie intromissioni che potrebbero essere anche più disastrose, nonostante sappia che per questo soffriranno e che soffrirò anche io probabilmente. 
Io seguo Zoro, ovviamente. Svolazzo un po’ in giro allegramente, guardando il mondo dall’alto, per poi tornare umana quando vedo il Drago Celeste avvicinarsi. Disgustoso da guardare, ancora peggio è sapere cosa fa di solito. Lascio che Zoro si intrometta e che Jewelry Bonney lo salvi, anche se è stato difficile non fare niente. Lì imparo cose che già so e vedo che persino la pirata coi capelli rosa è terrorizzata a parlare di loro. 
Ridicolo e osceno quanto potere il governo mondiale conceda a questi mostri.
Sono abbastanza terrorizzata in realtà. So che tra poco arriverà la marina, so che arriverà Kizaru e Sentomaru, so che ci saranno i pacifisti e so che ci sarà Kuma. Tutto questo mi sta facendo salire la nausea. Cuor di leone vieni a me, proprio eh.
Stringo la mano di Zoro, che capisce il mio disagio ma lo associa a quanto abbiamo scoperto a proposito dei Draghi Celesti. Magari.                   
Ma so anche che tra poco incontrerò Rayleigh.
Oddio, sono eccitatissima! Deve essere una figata immane parlare col re oscuro. 
Così l’ansia scema, per diventare atomicamente forte quando arriviamo alla casa d’aste e vedo Kayme incatenata dentro alla bolla d’acqua. 
Tutto avviene in fretta, tremendamente in fretta. Vedo il re oscuro che si avvicina, so che userà l’Haki sul collare di Kamye, so che sverrò, incapace di reggere alla pressione, so che poi si scatenerà un bel casino con Rufy che colpirà Don Carlos.
E vedo tutto questo.
Non svengo, non crollo sotto il peso dell’Haki del re conquistatore. Riesco a resistervi e posso vedere in diretta il pugno e la reazione di Law, Kid e compagnia bella. 
Non credevo di essere così forte. E quando siamo al bar di Shakky ancora non ci credo. Ascolto entusiasta il racconto di Rayleigh. Nonostante io sappia perfettamente di cosa sta parlando, so cosa è successo e so che questo è il motivo principale per cui Gol D. Roger ha abbandonato suo figlio e la sua compagna, non posso fare a meno di commuovermi.
Insomma, si sa davvero poco di quell’uomo, si sa quello che il governo vuole che si sappia e ha voluto che si sapesse che non era stato in grado di scappare alla “giustizia” che alla fine lo aveva ucciso. Era un uomo coraggioso, un uomo misterioso. 
Eppure a parer mio era anche un uomo egoista. Si è lasciato morire prima che potesse permetterselo, doveva mettere al sicuro sia Rogue che  Ace, così lei non sarebbe morto e lui non lo avrebbe odiato, non avrebbe probabilmente nemmeno sofferto così.   
Cio’ non toglie che era evidentemente un grande uomo e sapere che il cappello che ha in testa Rufy appartenesse a lui mi fa un po’ specie. Un bel po’, in realtà.
E in un buco morto che non credevo ci fosse, Zoro ancora una volta si rende conto che c’è un pensiero fisso che mi martella la testa.   
-    A cosa stai pensando? –
-    Aaahm… - non so bene cosa dirgli. – ecco, io so cosa è l’Haki. Cosa è ciò che ha usato prima Rayleigh per salvare Kamye e… -
-    E? – mi incalza lui.
-    Beh, io so che solo chi ha una forte volontà e una forte personalità può resistervi. Non credevo di farcela.
-    Perché? Ti reputi debole? –
-    Un po’. – mi guarda malissimo. 
-    E sentiamo, perché? –
-    Beh, non lo so. Non ho particolari obbiettivi, non ho mai affrontati particolari battaglie. Pensavo solo che non sarei stata in grado di reggere. –
-    Non voglio entrare nel merito, non abbiamo tempo, voglio solo dirti che forse potrebbe essere che non hai mai combattuto particolari battaglie, perché non hai mai avuto particolari occasioni per farlo? Quando mi hai aiutato lo hai fatto perché ce ne era bisogno. Quella era una battaglia a cui potevi dire sì o no.–
E mi lascia lì a rifletterci. Mi rendo conto che forse ha ragione. Che non sia la persona comune che ho sempre creduto? Quanto mi piacerebbe.
Ci avventuriamo alla ricerca della Sunny, ma so già che non la troveremo. Il primo pacifista ci viene incontro, Dio mio, è spaventoso. Resto imbambolata a fissarlo terrorizzata per qualche secondo, poi mi riprendo e comincio a combattere. Il mio potere sottosviluppato puo’ fare ben poco, ma riesce a rallentare il suo corpo abbastanza perché’ il monster trio lo abbatta, aiutato dagli altri. 
Ma le ferite di Zoro si sono fatte sentire lo stesso. Gli corro a fianco, lo vedo stare male.
-    Zoro! – non mi risponde, rantola. Lo sfioro, ritraggo la mano sporca di sangue. – Oddio. – non so se posso farcela a vederlo così.
Usopp lo solleva, lo trasporta. 
Cerchiamo di scappare, gli indico dove sono gli altri pacifisti. Non posso però evitare Kizaru. 
La sua comparsa conseguente a un esplosione impedisce ad Usopp di mantenere Zoro, il quale finisce sotto la minaccia dell’ammiraglio.
-    No! – urlo senza nemmeno accorgermene. 
Corro verso di lui e vedo l’ammiraglio Borsalino alzare un dito verso di me e sferrarmi uno dei suoi raggi laser. Lo sento colpirmi la pancia, nella zona circa dove dovrebbe essere il polmone destro. Aspetto il dolore, ma non arriva. Mi guardo e vedo che c’è effettivamente un buco, ma etereo e vaporoso che mi attraversa al posto di quello nero e sanguinolento che ci sarebbe dovuto essere. I miei poteri mi hanno salvata.
-    Ooooh! Un Rogia, moooolto interessante. – commenta Kizary col suo solito tono strascicato. 
Decido di distrarlo, mentre Robin cerca di portare via Zoro da sotto le sue grinfie. So che non posso fargli effettivamente del male con le mie bombe d’aria e poco altro, ma vedo che Robin ha quasi compiuto la sua missione. Kizaru pero’ se ne accorge e si materializza sulla sua schiena. Inizia a preparare il suo colpo mortale.
Oddio, Rayleigh, dove diavolo sei!?
Quando finalmente arriva, tiro un sospiro di sollievo che viene bruscamente interrotto dal boato dell’enorme esplosione che distrugge la mangrovia. Tremo al pensiero che quel colpo era destinato a Zoro. 
Non c’è tempo di tremare, perché so perfettamente che mentre il re oscuro è impegnato con l’ammiraglio, a noi tocca affrontare Kuma Bartolomew. Ma di lui non ho paura. Non ha intenzione di farci del male, so che andrà tutto bene. 
Quando arriva, sento distintamente le grida degli altri, gli ordini, i tentativi di organizzarsi e di fuggire. E vedo Zoro che fa l’atto di alzarsi. Mi metto tra lui e Kuma. Mi guarda, non sa chi sono ma capisce che faccio parte della ciurma.
-    Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? – mi domanda con la sua voce grossa. E io rispondo in modo abbastanza chiaro perché Zoro possa sentirmi. Mi guarda e annuisce con approvazione. Ha capito perfettamente il perché’ della mia scelta. 
-    A casa. –
Svanisco in una nuvola di polvere.

Mi sveglio sulla spiaggia dell’Isola della Scelta, almeno io la chiamo così.
Speravo che Kuma la conoscesse, o che almeno mi mandasse dove avrei potuto ritrovarla e così è stato .
Ripercorrere la strada fino al cratere e poi alla grotta si rivela più facile del previsto. Corro come mai, corro scivolando sulla terra con le mie povere Converse martoriate.
Arrivo alla grotta, è aperta. Anche perché oramai non sono più indecisa.
-    Hai scelto? – mi chiede la voce.
-    Sì. – il fatto che non mi chiede cosa mi fa intendere che la domanda era retorica.
Non ho capito cosa abbia fatto scattare il meccanismo che mi ha portata fino a questo mondo. Non sapevo nemmeno esistesse questa isola. Posso solo immaginare che nel profondo a casa speravo accadesse qualcosa di più nella mia vita, qualcosa di meglio. Questo posto mi ha sentita e mi ha trascinata verso la Sunny, verso il mio desiderio.
Ora ho vissuto, ho scelto. Me ne pentirò? No. 
La mia vita è degna di essere vissuta. E’ una vita banale e semplice, ma è la mia. Realizza la tua leggenda personale, vivi come devi e come puoi, sogna, realizza i sogni, cerca la felicità e renditi conto che non serve essere speciale per essere unico.
Questo è quello che mi dico prima che la voce mi faccia evaporare.
Sbatto le palpebre. Mi sono addormentata. Il pc è ancora acceso e sullo schermo c’è ancora l’episodio che stavo guardando fermato a metà. 
Tutto un sogno? E’ stato tutto un sogno.
Eppure guardando la mia mano mi sembra di notare che sia leggermente più trasparente. 
Sorrido. 
FINE
 
Grazie a tutti per avermi seguita fin qua, grazie a chi ha recensito questo progetto iniziato tre anni fa e concluso recentemente, e' stato molto divertente leggere cosa avevate da dire.. Grazie anche a chi solo ha letto senza esprimersi .
Spero di leggere ancora vostri commenti ad altre mie opere (non necessariamente su One Piece).
Grazie e arrivederci
Hunter

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