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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1: Leaden. *** Capitolo 2: *** Capitolo 2: This Is War *** Capitolo 3: *** Capitolo 3: Interpretation of a Nightmare. *** Capitolo 4: *** Capitolo 4: Not Gonna Die. *** Capitolo 5: *** Capitolo 5: Rise. *** Capitolo 6: *** Epilogo: The End Is Where We Begin. ***
Avvertimenti:
Tematiche Delicate, Death Character.
Introduzione: “Aomine
Daiki è – proprio come loro due – membro della Generazione dei Miracoli, sei
alchimisti d’élite, tutti diplomatisi alla stessa edizione dell’esame, all’età
di dodici anni.
Ora, a
soli otto anni di distanza, Akashi Seijuurou ha sostituito Nijimura Shuuzou nel
ruolo di Comandante Supremo e li sta trascinando tutti all’inferno, senza
discriminazioni di alcun genere. Daiki compreso, nonostante sappia delle sue
origini.”
The End is Where
We Begin
Capitolo 1: Leaden.
«L’alchimia
non esiste per questo scopo».
L’Alchimista
di Ferro e Sangue, Akashi Seijuurou – da poco Comandante Supremo – sorride, di
un sorriso che, però, si ferma alle labbra senza raggiungere gli occhi,
lasciandoli freddi nonostante i toni caldi di cui sono tinti.
Con tutta
la lentezza che sente di potersi concedere, mette da parte uno dopo l’altro i
fogli che stava esaminando sulla sua scrivania e infine rivolge la propria
attenzione al sottoposto che si è insinuato nel suo ufficio come l’ombra che è.
«Tetsuya»
esordisce, assaporando il gusto che quel nome gli lascia sul palato, «Non dirmi
di avere la presunzione di sapere per quale motivo ci è stata donata
l’Alchimia» motteggia, socchiudendo appena gli occhi.
Sa alla
perfezione a cosa si riferisce il proprio sottoposto e, conoscendolo, ha
previsto in largo anticipo una sua visita.
Non gli
dà il tempo di replicare alcunché e lo guarda con insistenza, dritto negli
occhi. Sembra quasi volergli imporre con il proprio sguardo di abbassare il
suo, in modo da poter confermare la propria supremazia.
«Eri
stanziato a Briggs. Sei tornato senza permesso solo per dirmi questo?» Inarca
di poco un sopracciglio, continuando a tenere gli occhi puntati in quelli
dell’altro.
Tetsuya
non cede e regge lo sguardo altrui, causando ad Akashi un sospiro quasi
divertito. Con il suo carattere gentile e squisitamente educato, il suo lato
ribelle passa quasi inosservato.
“Quasi” ripete il Comandante Supremo,
nella propria mente, mentre il suo sguardo si colora di una lieve nota di
disapprovazione. Odia più di quanto si possa immaginare chi mette in
discussione i suoi ordini, ma riversare questo sentimento sul Colonnello Kuroko
sembra impossibile perfino a lui. Ciò non toglie che ci sia una gerarchia da
rispettare.
«L’Alchimia
crea, trasmuta. Se la si usa per distruggere, be’, allora non me la sento
proprio di biasimare gli Ishvalan quando sostengono che sia demoniaca» dice
Tetsuya. Senza bisogno di alzare la voce, riesce ad imporsi; è una qualità che
il più delle volte il Comandante Supremo apprezza, ma non quando gli viene
ritorta contro, come nel caso attuale.
Rivolge
all’altro un sorriso simpatetico, entrambi già sanno che Akashi non cambierà
idea, stanno conversando di nulla.
«Non
permetterò che questa guerra civile vada avanti. Va interrotta e va interrotta
adesso, se non sono in grado di stare al loro posto verranno distrutti dal
primo all’ultimo».
«Si può
raggiungere un compromesso».
«Forse,
ma non è la mia risoluzione in merito».
Ormai è
chiaro a tutti e due che nessuno di loro cambierà la propria idea, quindi
Akashi non si stupisce nel vedere Tetsuya infilarsi una mano in tasca, cercando
qualcosa.
Le sue
dita si chiudono attorno all’oggetto e indugiano qualche istante prima di
tirarlo fuori. Passa i polpastrelli su tutta la superficie, come a voler
memorizzare ogni curva, ogni rilievo di esso. Non è per qualche strano moto di
possesso o perché crede che proverà nostalgia, semplicemente non riesce a
capacitarsi di quanto l’orologio argentato, simbolo degli Alchimisti di Stato,
gli sembri ora una catena stretta al collo, quindi deve saggiarne la
consistenza con le sue stesse mani per convincersi del contrario.
Con calma
quasi solenne, tira fuori l’orologio dalla tasca e lo poggia sulla scrivania,
spingendolo di qualche centimetro verso Akashi. Neanche per un secondo abbassa
lo sguardo, tuttavia non c’è orgoglio nei suoi occhi, solo la volontà di non
piegarsi a quell’ingiustizia.
Akashi
soppesa l’oggetto con lo sguardo per qualche istante, per poi tornare a
rivolgere la propria attenzione all’altro, lasciando che un sorrisetto
sgradevole gli incrini le labbra. Ha la certezza di avere in pugno il volere di
Tetsuya – l’ha sempre avuta – deve solo muovere le corde giuste e in questo particolare
momento crede proprio di sapere quali esse siano.
«Daiki
partirà per il fronte» si limita a scandire, spingendo di nuovo l’orologio
verso il suo proprietario. Sorride soddisfatto nel leggere una nota di
sconcerto nello sguardo vuoto di Kuroko.
Questi
rimane diversi secondi, forse troppi, a riflettere su tutte le sfaccettature
della frase appena pronunciata dal Comandante Supremo.
Aomine
Daiki è – proprio come loro due – membro della Generazione dei Miracoli, sei
alchimisti d’élite, tutti diplomatisi alla stessa edizione dell’esame, all’età
di dodici anni.
Ora, a
soli otto anni di distanza, Akashi Seijuurou ha sostituito Nijimura Shuuzou nel
ruolo di Comandante Supremo e li sta trascinando tutti all’inferno, senza
discriminazioni di alcun genere. Daiki compreso, nonostante sappia delle sue
origini.
«La madre
di Aomine-kun è–»
«Un’Ishvalan,
lo so» lo interrompe con un gesto imperioso della mano, decidendo che non
accetterà questioni, «È stata una libera scelta di Daiki» conclude, non per
giustificarsi ma per far in modo che l’altro abbia una visione più ampia
dell’intero scenario.
Una
scelta fatta sotto obbligo svincola da ogni tipo di responsabilità, se questa
invece viene compiuta in totale libertà può facilmente generare biasimo.
Tetsuya lascerà da solo il compagno a naufragare in quel circolo senza uscita?
Ne
dubita, perciò si rilassa in un secondo sorriso soddisfatto quando vede il
coetaneo recuperare il proprio orologio, congedandosi.
«Prima
che tu vada, lascia che ti dica una cosa» lo riprende, il tono è fin troppo
serio, «Hai una visione troppo ottimistica dell’Alchimia. Per creare qualcosa
devi distruggerne un’altra, è questo il principio dello Scambio Equivalente».
[…]
Takao sa
che lo Scambio Equivalente è alla base di tutto e tutti, perfino di chi come
lui non è alchimista. Accettato questo semplice concetto, non gli sembra così
assurdo che per ottenere la pace si debba sacrificare qualcosa, anche se non
può credere che l’elevato prezzo si traduca in vite innocenti.
Si
ritrova a ringraziare mentalmente Shintarou, che proponendolo come suo
assistente di laboratorio gli ha impedito di partire per il fronte. Non che la
guerra lo spaventi, se così fosse stato non avrebbe mai scelto la carriera
militare, tuttavia sente che in questo particolare conflitto c’è qualcosa di
sbagliato, disgustoso.
Forse è
troppo ingenuo, ma lui vive nella convinzione che l’esercito dovrebbe
assicurare il bene delle persone, proteggerle, ed è per questo che si è
arruolato.
Si
permette un sospiro, per poi scoccare un’occhiata a Midorima, appisolato su un
mucchio di appunti a lui incomprensibili.
Sa di
essere la persona in assoluto meno indicata per fare da assistente a Shintarou,
lui di alchimia non ne capisce davvero nulla, eppure sa che nelle ricerche che
sta svolgendo l’amico c’è qualcosa di malvagio. Capirlo non è stato neanche
complicato, è scritto a fuoco nello sguardo di Midorima: se all’inizio le
ricerche sono state iniziate con un entusiasmo mascherato quasi alla
perfezione, c’è un’ombra che di giorno in giorno incupisce sempre di più le
iridi dell’Alchimista di Cristallo.
Ormai è
chiaro che il progetto della Pietra Filosofale va avanti solo per senso del
dovere, tuttavia Takao teme che sarà proprio la responsabilità intrinseca del
carattere del giovane alchimista a portarlo alla rovina.
Tutta
l’atmosfera di cui è denso il laboratorio numero cinque, tutte le volte in cui
Shintarou sparisce in un’ala dell’edificio riservata solo a lui, tutte le volte
in cui l’alchimista ne esce, sempre più provato, urlano questa convinzione.
Gli
sposta un ciuffo di capelli verdi dal viso, domandandosi per quale motivo
continui a seguire le direttive di Akashi, se queste di giorno in giorno gli
costano la sua anima.
Vuole
fare qualcosa per aiutarlo, ma tutto ciò che è in suo potere è accarezzargli il
viso mentre dorme, sperando di riuscire così a scacciare i fantasmi che di
sicuro lo tormentano anche mentre è rifugiato tra le braccia di Morfeo.
Riesce a
ritrarre la mano giusto un attimo prima che l’altro si desti e la cosa lo fa sorridere
divertito nel pensare alle scenate che avrebbe fatto Shintarou se l’avesse
sorpreso ad accarezzarlo durante il sonno.
Midorima
è convinto che svegliarsi sentendo come prima cosa la voce assurdamente alta e
cantilenante di Takao sia la cosa peggiore in assoluto. Poi ripensa al progetto
che da mesi occupa senza interruzioni le sue giornate e allora si rende conto
che è quella stessa voce irritante a tenere intrecciati in modo così saldo i
fili della sua sanità mentale.
È ovvio
che questo non lo ammetterà mai, quindi si limita a ringraziare col pensiero
l’esistenza di quell’essere irritante che è Takao.
Inforca
gli occhiali e guarda l’assistente «Perché non mi hai svegliato? Non ho tempo
di dormire».
«Eri
stanco. Non fare troppo il figo, Shin-chan, anche tu hai bisogno di dormire
come tutti gli esseri umani~» lo prende in giro, simulando un sorriso
scanzonato.
L’altro
sbuffa seccato, «Non ho detto di non averne bisogno, ma di non averne tempo».
«Sono
sicuro che Nostro Signore dei nevrotici, il Comandante Supremo, non impazzirà
se dedichi qualche ora al riposo, ritardando un pochino il completamento di
quella roba».
«Non la
sto completando ma migliorando» spiega Shintarou, esausto, passandosi una mano
tra i capelli, «La Pietra Filosofale è completa da settimane».
[…]
Ogiwara
sa di essere dotato di molta pazienza, eppure non riesce proprio a trattenere
un sospiro tra il rassegnato e lo scocciato quando vede Taiga camminare verso di
lui con uno squarcio enorme sulla spalla.
Gli occhi
dell’alchimista non tradiscono neanche per un secondo il dolore che senza
dubbio deve causargli quella ferita e questo, se possibile, infastidisce ancora
di più l’altro. Gli dà l’impressione che a Taiga non importi affatto del
proprio corpo e non può accettare una cosa del genere.
Quella
situazione non piace a nessuno di loro, primo tra tutti lo stesso Shigehiro, ma
non può stare a guardare l’amico ridursi in quel modo.
Lo
afferra per la spalla sana – facendo non poca fatica a raggiungerla, a dire il
vero, ma questo non lo ammetterà mai – e lo fa sedere su uno sgabello in mezzo
al tendone in cui ha improvvisato il suo studio medico.
«Ancora?»
sospira, cominciando a tirare fuori il materiale per disinfettare la ferita.
«Siamo
venuti qui a far valere le nostre convinzioni con la forza, sterminandoli. È
ovvio che provino a difendersi» borbotta tergendosi il sudore sulla fronte con
la manica della divisa.
Shigehiro
può solo immaginare quanto possa pesare all’amico indossare quell’uniforme,
tuttavia non riesce a capire perché non abbia ancora disertato.
Ha
addosso l’odore dolciastro di carne bruciata e se per lui quell’olezzo è
insopportabile, non osa domandarsi come faccia Kagami a sopportarlo.
Sfiata un
paio di volte, prima di arrendersi al fatto di non riuscire a trovare nulla con
cui controbattere, dopotutto lui stesso ha aperto quell’ospedale improvvisato
per prestare soccorso sia ai soldati di Amestris che agli Ishvalan.
Sa che la
cosa sotto molti punti di vista può non avere senso. Sa anche che molti lo
tacciano di tradimento, eppure lui sente che è la cosa giusta da fare e non ha
intenzione di tornare sulla sua decisione.
In
quell’insensato bagno di sangue, lui vuole salvare vite al posto di distruggerle,
c’è davvero qualcosa di sbagliato? Lui non riesce proprio a darsi una risposta,
quindi si è arreso a seguire ciò che dice il suo cuore.
«Potresti
almeno evitare di venire qui a farti ricucire ogni cinque minuti. Sembra quasi
che tu ti faccia ferire di proposito» si risolve a dire, forse solo per
interrompere il silenzio fastidioso che si è creato. Gli passa il disinfettante
con delicatezza su tutta la ferita, ma è solo quando posa la pezza umida di
antisettico che si rende conto del reale significato delle parole che lui
stesso ha pronunciato e realizza che, no, Taiga non gli ha ancora risposto e
non sembra intenzionato a farlo.
«Se loro
riescono a colpirti, ti senti meno in colpa per quello che fai. È per questo
che ti lasci ferire, vero?» mormora, addolcendo un po’ il tono di voce.
Taiga gli
grugnisce qualcosa di incomprensibile e Ogiwara non riesce a trattenere un
lieve sorriso e si costringe a ricordare che quello che ha davanti è un essere
umano obbligato a commettere barbarie da un Comandante Supremo dispotico e
crudele.
«Tu
smettila di fare conversazione e muoviti a ricucirmi. Ci metti sempre secoli»
L’altro
gonfia le guance, fingendosi profondamente oltraggiato, per alleggerire un po’
l’atmosfera. Dopotutto un po’ di finta familiarità se la meritano entrambi.
«Devo praticare due suture differenti! Ci va tempo!»
«Ma cuci
tutto assieme, che te ne frega!»
«Cucire
muscolo con muscolo e pelle con pelle fa diminuire l’infiammazione ed evita
infezioni e febbre» ribatte, ripetendo in automatico ciò che ormai gli ha detto
almeno una ventina di volte e sorridendo nel vedere l’altro sbuffare e
riprendere a borbottare qualcosa di incomprensibile.
«E
comunque hai delle briciole sulla faccia» ci tiene a precisare Taiga, solo per
non lasciare all’altro l’ultima parola.
[…]
«Kasamatsu-senpai!
Kasamatsu-senpai! Guarda cosa riesco a fare!»
Kise ha
appena il tempo di schioccare le dita, creando una rapida e flebile fiammata
che non attraversa neanche un metro dell’accampamento, prima che il suo senpai
lo colpisca con un calcio in piena schiena, facendolo piegare in due dal
dolore.
Per un
attimo si sente mancare il fiato e deve appoggiare le mani sulle ginocchia per
non capitolare a terra in modo molto poco dignitoso.
In
automatico, gli occhi del ragazzo si riempiono di lacrimoni fasulli e inizia a
piagnucolare su quanto l‘altro sia sempre cattivo e insensibile con lui, su
quanto venga picchiato a prescindere di qualsiasi cosa faccia.
Kasamatsu
lo conosce da troppo tempo per poter credere davvero a questa sceneggiata,
quindi si limita ad un rapido sospiro; conta a mente fino a cinque, giusto per
essere sicuro di non uccidere in modo brutale l’alchimista, e poi gli si
avvicina, mollandogli un sonoro schiaffo sulla nuca, nell’intento di farlo
smettere nel suo insensato e patetico monologo.
«Smettila
di fare tutto questo baccano, Kise. Questo è un campo di battaglia, non un
parco giochi» sbotta Yukio, guardandolo male. Se già di norma mal sopporta il
comportamento infantile dell’Alchimista di Stato, in una situazione del genere
proprio non lo regge.
Ama Kise,
con i suoi pregi e la sua notevole rosa di difetti, lo rispetta come uomo e
come compagno e lo ammira dal
profondo perché sa che se Ryouta riesce ancora a sorridere in un ambiente del
genere è solo per cercare di rinfrancare un po’ gli animi degli altri, a
ricordar loro che oltre a quell’inferno, da qualche parte esiste ancora la vita; tuttavia, per quanto lui si
sforzi, non riesce a non pensare che un atteggiamento così ilare durante una
guerra sia una profondissima mancanza di rispetto per tutti coloro che in
quella realtà perdono la vita ogni giorno. Che si tratti di commilitoni o di
avversari.
Kise si
massaggia la schiena dolorante e lo guarda con gli occhi socchiusi, come a
voler enfatizzare il dolore che prova, nell’assurda fantasia di far sentire in
colpa l’altro. Sa già che è tempo perso, ma ci prova comunque.
«Volevo
solo farti vedere la nuova tecnica che ho copiato! Questa volta è quella di
Kagamicchi».
Kasamatsu
sospira ancora e si passa una mano tra i capelli con aria stanca, cercando di
tenere a mente che quel comportamento da parte di Ryouta sia in realtà solo uno
scudo per non crollare e per sorreggere gli altri. Deve ripeterselo davvero
tante volte, o sa che finirebbe per uccidere il proprio kohai, cosa che lo
porterebbe davanti alla corte marziale.
“E l’idea non mi attira neanche un po’”
pensa,
decidendo di lasciar cadere l’argomento e concentrarsi sull’abilità di Kise.
«Io non
riuscirei a sopportarlo» ammette, incrociando le braccia al petto.
«Eh?»
«Se io
fossi un Alchimista di Stato, non sopporterei l’arrivo di qualcuno in grado di
copiare in un secondo la stessa abilità che affino da anni e su cui ho sputato
sangue».
Kise si
lascia sfuggire un sorriso amaro che poco si confà al suo viso, «Ah, senpai,
così mi ferisci!»
Un
secondo colpo alla nuca lo fa tacere e per la prima volta decide di non
ricominciare con il suo solito teatrino, lui stesso si sente troppo stanco per
qualcosa di simile.
«Per un momento
ho pensato che stessi per dire qualcosa di sensato».
«Che vuoi
che ti dica, senpai?» dice con voce seria ma comunque cantilenante, «L’alchimia
può essere una maledizione».
Yukio non
si aspetta una risposta del genere e subito sente che non scorderà tanto
facilmente le parole dell’altro, vorrebbe dargli una solidale pacca sulla
spalla – che l’altro di sicuro scambierebbe per l’ennesima aggressione – o
dirgli comunque qualcosa, ma non ne ha il tempo materiale.
«L’alchimia
una maledizione? Non farmi ridere».
Entrambi
si voltano verso la voce, scorgendo l’Alchimista Cremisi, Hanamiya Makoto, a
pochi metri da loro. Cammina nella loro direzione, con le mani infilate nelle
tasche ed un’espressione di folle strafottenza ad incrinargli i bei lineamenti.
Nonostante
il caldo afoso, l’atmosfera si gela con una rapidità impressionante, ma né
Kasamatsu, né Kise mutano la propria espressione, entrambi intenzionati a non
tradire il disagio provocato dal folle alchimista.
«Hanamiya»
saluta Yukio, secco, fissandolo con forse un po’ troppa insistenza. Se poco
prima ha pensato che la falsa ilarità di Kise sia fuori luogo, si rende subito
conto che è ancora più insensata e insopportabile la smania omicida che legge
negli occhi dell’altro. È chiaro come il sole che ad Hanamiya piaccia trovarsi
nel bel mezzo di una guerra civile e la cosa lo disgusta al punto da dover
distogliere all’improvviso lo sguardo.
«Kasamatsu»
replica l’altro, con una strana smorfia, per poi concentrare tutta la propria
attenzione su Kise, «Kise, frequenti ancora gente incapace di trasmutare anche
solo un minuscolo granello di sabbia? Se vuoi un consiglio, non dare troppa
confidenza a della carne da cannone,
sai, i giocattoli hanno la brutta abitudine di rompersi».
Kise
vuole saltargli addosso. Lo vuole sul serio, vuole sentire le proprie dita
chiudersi attorno al collo pallido dell’altro in modo di impedirgli di dire
altre cattiverie del genere, tuttavia sa che se lo facesse Kasamatsu non glielo
perdonerebbe mai.
Sa
perfettamente che Yukio è in grado di combattere le proprie battaglie da solo.
È un guerriero nato e, come tale, pretende lo scalpo di chiunque osi mettersi
tra lui ed un rivale.
«Non sono
io quello chiamato sul fronte per essere usato come arma umana. E di sicuro non
sono io a farmene un vanto» si limita a ribattere Kasamatsu, stringendosi nelle
spalle, per poi pentirsi subito di essere caduto nelle provocazioni di
quell’insopportabile individuo.
«Oh,
Kasamatsu» replica questo, la voce addolcita in modo inquietante, «Siamo tutti
qui per lo stesso motivo: Uccidere od essere uccisi. Ed io non ho il minimo
dubbio su a chi toccherà la seconda opzione».
Senza dar
tempo agli altri due di dire alcunché, Makoto gira loro le spalle, tornando da
dov’è venuto e sventolando appena la mano, in un ironico saluto, «Le mie
condoglianze».
[…]
Tetsuya
ha dovuto girare tutta Central City prima di riuscire a trovare Aomine ed è più
che convinto che ciò che sta vedendo in questo momento non gli piaccia neanche
un po’.
Daiki è
stravaccato su uno sgabello, la testa mollemente abbandonata sul bancone del
bar, accanto ad un paio di bottiglie vuote di qualche alcolico scadente.
Ad onor
del vero, Tetsuya deve riconoscere che in quella bettola di terza categoria di
sicuro non è solo l’alcol ad essere scadente, a cominciare dall’igiene
personale della clientela.
Si porta
la manica della divisa a coprire il naso, nella vaga speranza che la stoffa
pesante riesca a filtrare almeno un po’ l’aria satura di odori sgradevoli.
Si
avvicina al collega e solo dopo si rende conto della presenza di Momoi. La
ragazza sta tentando con scarsi risultati di svegliare Aomine, colpendolo
sempre più forte sulla spalla.
«Buongiorno,
Momoi-san» saluta a bassa voce, inclinando appena il capo in avanti.
Momoi
sorride, ma non c’è nulla di allegro nell’increspatura che hanno preso le sue
labbra. «Sapevo che saresti venuto a cercarlo» dice, per poi lasciarsi andare
ad un sospiro sconsolato, «Non riesco a svegliarlo e non riesco neanche a
spostarlo»
Kuroko
dubita che anche in due riusciranno a reggere la mole di Aomine per più di
qualche metro, quindi la soluzione più logica è fare in modo che l’alchimista
esca dal locale sulle sue gambe. Anche lui si permette un sospiro ed ordina un
bicchiere d’acqua, sotto lo sguardo sconcertato di Satsuki.
«Tetsu-kun,
non vorrai bere da quei bicchieri?»
chiede, per assicurarsi che l’amico non sia del tutto uscito di senno.
Un lieve
sorriso increspa le labbra del ragazzo, «Neanche morto» risponde, guadagnandosi
un’occhiataccia da parte del barista che, tuttavia, non osa ribattere nulla
sull’ipotetica pulizia delle sue stoviglie.
Senza
troppi complimenti versa il contenuto del bicchiere sulla nuca e sulla schiena
dell’amico, ma questo esprime il proprio dissenso con un unico grugnito
prolungato, non accennando a svegliarsi.
È con un
lieve sospiro sconsolato che Tetsuya, rimboccate le maniche, poggia i palmi
sulla schiena dell’altro, congelando il liquido appena versato con l’alchimia.
Aomine si
sveglia di scatto, saltando come un grillo, mentre un ringhio gutturale si
libera dalla suo gola, «Tetsu!»
«Buongiorno,
Aomine-kun».
«Buongiorno
un cazzo! Non puoi svegliare le persone in modo normale?!»
«Momoi-san
ha provato più volte a svegliarti» si giustifica, stringendosi appena nelle
spalle e stupendosi di quanto l’amico sembri, in effetti, del tutto sobrio. Il
suo sguardo cade sulle bottiglie svuotate ancora abbandonate sul bancone e
Aomine intuisce subito i suoi pensieri.
«Erano lì
da prima che arrivassi. Io sono venuto qui solo a farmi un pisolino perché
pensavo che voi due rompicoglioni non mi avreste mai trovato qui» sbuffa,
intrecciando pigramente le mani dietro la testa.
Momoi e
Tetsuya si scambiano un solo rapido sguardo, decidendo all’unisono che, forse,
sarebbe stato meglio trovare l’altro ubriaco perso. Almeno in quel caso sarebbe
stato un modo per esprimere ciò che sentiva, mentre ciò che i due hanno davanti
al momento è l’immagine dell’inerzia.
Sembra
non importargli nulla di ciò che dovranno fare, sembra che ad Aomine il fatto
che l’indomani dovranno partire per Ishval lo tocchi come farebbe un viaggio
verso North City.
La cosa
manda Tetsuya fuori di testa dalla rabbia, ma è solo una lieve increspatura
nella fronte a testimoniare ciò, non è da lui perdersi nel furore delle
emozioni; queste lo attraversano, come accade a qualunque essere umano, ma lui
fa in modo di non lasciarsi trasportare via da esse.
Daiki,
tuttavia, lo conosce da troppo tempo per lasciarsi ingannare da quello sguardo
di puro ghiaccio, quindi si passa una mano tra i capelli, lasciandosi andare ad
una breve risata amara, «Pensavi che fossi distrutto e sei venuto a consolarmi?
Tetsu, devi smetterla di essere così ingenuo».
Il pugno
allo stomaco arriva, prevedibile, ciononostante non pensa neanche per un
secondo di utilizzare la sua alchimia per difendersi, ammettendo con se stesso
per un solo rapido istante di meritarsi ogni singolo grammo di forza utilizzata
da Tetsuya in quel colpo.
“Però… come fa un affarino così piccolo
a picchiare così duro?” si chiede Daiki per la millesima
volta, portandosi una mano dov’è stato colpito. Per un attimo il suo lato
melodrammatico gli strilla nel cervello che con tutte le probabilità Kuroko
deve avergli come minimo spappolato lo stomaco, poi si rende subito conto di
quanto questo sia impossibile sotto ogni punto di vista.
«Usciamo»
decreta Tetsuya, mentre la sottile crepa sulla sua fronte si spiana, come se il
pugno appena tirato al collega sia bastato a scaricare la collera nei confronti
dell’apatia ostentata da Aomine.
Ostentata,
sì, perché nonostante tutto l’Alchimista di Ghiaccio sa che Daiki non vuole
permettersi di mostrarsi debole.
Si rende
conto che in qualunque modo Aomine possa comportarsi, qualunque abominevole
crimine saranno costretti a compiere ad Ishval, tutto ciò che Tetsuya può fare
è impedire all’amico di perdere se stesso.
«Verrò
anche io ad Ishval».
La voce
di Momoi distoglie entrambi dai propri pensieri e l’attenzione si catalizza
sulla ragazza.
«Satsuki,
non–» esordisce Aomine, ma una gomitata di Kuroko lo zittisce subito. Daiki
tende ad essere la persona con meno tatto in assoluto, questo lo sanno tutti,
quindi è sempre meglio impedirgli di parlare quando le questioni diventano
delicate.
«Momoi-san,
tu sei l’assistente di Akashi-kun, non dovresti stare con lui?»
«Ci sarà
anche lui».
Ed ora
sono delicatissime, le questioni.
[…]
Ishval è
una terra dura, dove non è affatto raro che il silenzio si cibi di ogni cosa,
lasciando solo la muta desolazione.
“Però in tempo di guerra è strano che
cali davvero un silenzio tanto assordante. Riesco a sentire nelle orecchie il
suono del mio stesso sangue che scorre, maledizione!” pensa
Hyuuga, nervoso, senza smettere di pulire il proprio fucile.
La quiete
non l’ha mai entusiasmato e, se possibile, in circostanze simili la trova
ancora più fastidiosa, gli dà l’impressione che da un momento all’altro possa
scatenarsi l’inferno.
Si prende
un secondo di pausa dal suo compito e si sfila gli occhiali, per potersi
massaggiare gli occhi stanchi.
Lui e i
suoi compagni vivono ad Ishval da otto anni, ci si sono trasferiti per
studiarne la cultura, tuttavia hanno goduto di un solo anno di pace, prima che
scoppiasse la guerra e loro ne fossero inevitabilmente fagocitati.
Ad anni
di distanza, ancora non riescono a capacitarsi di come Amestris abbia potuto
scatenare qualcosa di così disgustoso e insensato.
Loro non
hanno esitato neanche un secondo a decidere da che parte stare. E, no, non si è
trattato della propria patria.
Hanno
deciso che, in un mondo che ad ascoltarli non ci prova nemmeno, l’unico modo
che hanno per far valere i propri ideali sia la forza, per quanto ciò non
entusiasmi nessuno di loro.
Pensano a
ciò che si potrebbe definire “bene superiore”; se possono evitare la strage di
migliaia di persone, loro sono disposti a farlo anche a costo di essere
trascinati all’inferno.
I loro
assalti sono rapidi e precisi, guidati dalle strategie vincenti ideate da Riko;
attaccano senza fallire quasi mai un colpo e poi spariscono nel nulla senza
lasciare tracce.
I soldati
di Amestris, tra la paura e il disprezzo, si riferiscono a loro come “La
Squadra del Run and Gun”.
Il loro
vero nome, tuttavia, è un altro.
Loro sono
il SEIRIN La Sacra E Inarrestabile Rinascita.
Un
acronimo mal formato, un nome quasi troppo borioso, una promessa che più di
ogni altra cosa al mondo sono decisi a mantenere.
«Niente
di peggio di un fucile che si inceppa per la mancata manutenzione, eh?»
Subito,
Hyuuga rimpiange il silenzio, preferendo perfino quello all’idiota che ha
appena parlato con il solito tono bonario, poggiandogli una mano sulla spalla.
Lo guarda
malissimo, un po’ perché la voce dell’idiota gli è giunta improvvisa,
facendogli prendere un colpo, un po’ per pura abitudine.
«Sì, non
tutti siamo alchimisti come te, sai? Noi comuni mortali dobbiamo affidarci alle
armi».
Teppei
alza le mani in alto, in segno di resa, per poi sedersi di fianco all’amico. Da
come è scattato, è evidente che Junpei sia teso e irritarlo mentre si trova in
queste condizioni può diventare molto pericoloso.
«È
proprio di questo che volevo parlarti, dell’Alchimia. Koga è appena tornato
dopo essersi infiltrato tra i soldati di Amestris ed ha sentito da loro che il
nuovo Comandante Supremo sta inviando qui tutti gli alchimisti di stato,
compreso lui stesso» spiega, serio.
Si
guardano per lunghi secondi, persi nella consapevolezza che con tutte le
probabilità, questo metterà la parola fine alla loro corsa.
Teppei è
l’unico alchimista tra loro ed è impensabile che possa fronteggiare tutti
quelli che stanno arrivando da Amestris, contando che fatica a tenere a bada
quelli già presenti sul territorio.
Poche
settimane prima si è scontrato con l’Alchimista Cremisi e ne è uscito
gravemente ferito, sapere che sono in arrivo altri demoni del genere è
destabilizzante.
«Perché
il Comandante Supremo in persona ci degna della sua presenza?» domanda Hyuuga,
sentendosi all’improvviso ancora più esausto.
«Tra i
soldati e gli alchimisti di stato stanziati qui c’è chi comincia a dubitare del
“lavoro” che stanno svolgendo, prendendo anche in considerazione l’ipotesi di
disertare. Penso che voglia calmare le acque di persona e rispedire a casa
coloro che si riveleranno un peso. Meglio farli tornare a casa che rischiare
che mettano i bastoni tra le ruote agli altri soldati, no?» Si concede qualche
secondo di pausa prima di continuare, «E qui entra in gioco il piano di Riko.
Dobbiamo convincere chi verrà mandato a casa ad unirsi a noi».
«Non
abbiamo mai fatto reclutamento, è troppo alto il rischio di venir traditi e non
abbiamo forza bellica sufficiente per reggere qualcosa del genere».
«Forse,
ma dobbiamo rischiare. In ogni caso siamo pochi per poter vincere, mettendoci
di più in gioco avremo una possibilità».
Junpei
trattiene un sospiro, sa che l’alchimista e Riko hanno ragione, «Quindi non ci
resta che andare avanti, eh?»
In
risposta gli giunge solo un sorriso.
E il
silenzio ritorna.
Death Note: Ciaaaao! Che dire? Vorrei davvero essere in grado di fare
quelle belle conclusioni di capitolo dove tutto viene spiegato punto per punto…
ma non le sono capace *va a piangere patate*
Spero che questa
mini-long possa piacervi, è la prima volta che scrivo una long per intero prima
di iniziarla a pubblicarla, ma essendo per un contest, avevo una scadenza – e per
rispettarla, questa storia mi ha praticamente risucchiato la vita
;A; –
Piccole delucidazioni
sugli alchimisti di stato: Oltre ai titoli presenti nel canon
(Alchimista di Fuoco, Alchimista di Ferro e Sangue, Alchimista di Cristallo,
Alchimista Cremisi e Alchimista di Ghiaccio) ho aggiunto altri due titoli,
giusto perché non sapevo che nomina dare a Kise e ad Aomine.
Kise è l’Alchimista Specchio
e, questo gli permette, come si è già notato in questo capitolo, di utilizzare
un solo cerchio alchemico per copiare qualsiasi tipo di alchimia.
Aomine è l’Alchimista
Scudo… che è praticamente la versione “alchimista di stato” di Greed. Ovvero usa il carbonio all’interno del suo corpo per
creare uno scudo impenetrabile.
Se la storia vi
piace, per favore, lasciate una recensione; su questa long ci ho davvero
lasciato l’anima e un parere mi farebbe sul serio molto piacere.
Kuroko sa
quanto ciò sia irrazionale, eppure non riesce ad evitare di sentirsi a disagio
nel sapere che l’ombra del Comandante Supremo incombe su di loro così da
vicino. Lo trova davvero insopportabile.
Il
disagio aumenta nel momento stesso in cui i suoi piedi calcano il suolo
sabbioso di Ishval e sente lo sguardo bicromo di Seijuurou bruciargli sulla
schiena.
«Tetsuya».
E Tetsuya
si gira, perché nonostante interiormente lo stia odiando a causa della guerra
che l’altro non vuole neanche provare a sedare in modo civile, Akashi resta il
Comandante Supremo e lui solo uno dei suoi soldati, seppur un Alchimista di Stato,
seppur un Colonnello.
«Trova
Taiga Kagami e conducilo da me» ordina.
Prova un
lieve moto di ribellione, Kuroko, che tuttavia dura quanto un battito di
ciglia; la verità è che lui non è fatto per prendere ordini e basta, eseguendo
qualsiasi cosa gli venga detto di fare alla stregua di un cagnolino
ammaestrato.
Vuole
sapere il perché di quell’ordine, vuole sapere per quale motivo il primo
pensiero di Akashi appena messo piede ad Ishval sia proprio quello di vedere
l’Alchimista di Fuoco.
“Cos’hai combinato, questa volta?” si
domanda, mordicchiandosi l’interno del labbro inferiore, mentre la sua memoria
torna al ricordo della faccia di Taiga, quando erano entrambi stanziati a
Briggs, nel momento in cui gli è stato riferito che lui, assieme a Kise e ad
Hanamiya, sarebbero stati i primi alchimisti a partire per Ishval.
Reprime
con facilità un sospiro, realizzando che non è così assurdo che quell’idiota si
possa essere sul serio messo nei guai al punto da dover richiedere l’intervento
di Akashi in persona.
Si
congeda subito e inizia a cercarlo per l’accampamento, seguito da un Aomine che
tiene le mani in tasca, con l’aria di chi trova la situazione di una noia
mortale.
«Sono
aperte le scommesse: cos’avrà combinato Bakagami?» domanda Daiki con uno
sbadiglio.
Kuroko si
volta per poco meno di una manciata di secondi, osservandolo con attenzione.
Aomine e Kagami, che lui sappia, si sono incontrati solo una volta e quella è
bastata perché si instaurasse tra loro uno strano rapporto basato quasi del
tutto sulla rivalità, non riesce quindi a capire bene se l’Alchimista Scudo sia
davvero preoccupato per Taiga o se quello non è altro che un modo per tenere la
testa occupata e non pensare al fatto di trovarsi ad Ishval.
Decide
che con tutte le probabilità entrambe le opzioni possono essere considerate
vere a metà, quindi torna a volgere lo sguardo avanti a sé, cercando il
collega.
«Akashi-kun
non gli ha mai prestato molta attenzione» commenta, mentre gli occhi guizzano
attenti in ogni angolo che la vista riesce a raggiungere. Cerca di reprimere la
lieve ansia che, annidata in pianta stabile nel suo petto, sembra essersi
risvegliata nel pensare ad una risposta da dare a Daiki, «Per averne provocato
il pieno interesse come minimo avrà pensato di disertare» conclude, il tono
rimane monocorde, segno che è riuscito a mettere a tacere in tempo la preoccupazione
senza che questa riuscisse ad infettarne la voce.
Daiki
solleva gli occhi al cielo, è già stufo della stupidità altrui senza averlo
ancora incontrato, «Cosa potevamo aspettarci da Bakagami?»
«La vera
domanda è cosa possiamo aspettarci da te, Ahomine».
Entrambi
gli alchimisti si voltano di scatto per trovarsi davanti la figura di Taiga,
forse un po’ più malconcio di quanto si sarebbero aspettati.
«Che
vuoi? Non sono io quello che si piange addosso» commenta Aomine, perché quando
vuole sa essere delicato quanto solo un Murasakibara in astinenza da dolci può
essere. Già immagina di sentirsi addosso lo sguardo di rimprovero di Tetsuya,
tuttavia quando si volta per accertarsene scopre che gli occhi inespressivi del
più piccolo sono ancora fissi su Kagami e le sue spalle sono un po’ più
rilassate, come se bastasse la presenza dell’altro a renderlo un po’ più
sereno. All’improvviso si sente meno in colpa per la frase rivolta
all’Alchimista di Fuoco.
«Nessuno
ha parlato di piangersi addosso. Hai la coda di paglia?»
«No, ma
tu hai tutta l’aria di uno che vuole tornare a casa da mammina».
«E tu hai
tutta l’aria di uno che da casa ci è scappato per dimenticare gli scheletri
nell’armadio».
«Bambini».
Sanno
entrambi di aver tirato troppo la corda e ne è la prova il fatto che al
richiamo secco di Tetsuya tutti e due abbiano taciuto all’istante, per poi
distogliere lo sguardo l’uno dall’altro.
Dura solo
un istante e poi tornano a fissarsi in cagnesco, questo basta a Kuroko per
rendersi conto che tenerli lontani il più possibile è la soluzione migliore.
«Kagami-kun,
il Comandante Supremo ti cerca» dice, quindi. Odia ammetterlo, ma preferisce
gettare Taiga tra le fauci di Seijuurou che vederlo litigare con Aomine,
soprattutto se la loro lite rischia di toccare argomenti tanto delicati per
entrambi. Ne potrebbe derivare una frattura irreparabile tra loro e questo, per
un motivo che Tetsuya non riesce ancora a realizzare, è inaccettabile.
«Che
continui pure a cercarmi» risponde l’altro, bellicoso, storcendo il naso. Dopo
averlo mandato nella fossa dei leoni, il minimo che quel pallone gonfiato può
fare, a parere di Kagami, è scomodarsi per cercarlo di persona al posto di
mandare Tetsuya a fare da messaggero.
Non ha
tempo per pensare ad altro prima di sentire le dita dell’Alchimista di Ghiaccio
ficcarsi crudelmente tra le sue costole, mozzandogli il respiro.
«Non fare
lo stupido, per favore» commenta, per poi afferrarlo per la manica della
divisa, trascinandoselo appresso, «Non ti conviene sfidarlo, è una battaglia
che non puoi vincere».
“Non da solo…” aggiunge
nella propria testa.
Per
assurdo la mente di Kuroko viene attraversata dall’immagine dei due che si
danno battaglia e commette l’errore di indugiare un secondo di troppo su quei
pensieri, giusto il tempo necessario per realizzare che se un conflitto dovesse
davvero accendersi, per quanto disapprovi l’operato di Akashi, lui non sarebbe
in grado di scegliere davvero da che parte stare.
“Sono un’ombra” si dice, stringendo i
pugni e affondando le unghie nella manica di Kagami, “non ho un luogo o uno schieramento, l’ombra è ovunque e da nessuna
parte.”
[…]
La
squadra ricognitiva Kaijou è composta da soli sei elementi, tuttavia a
Kasamatsu a volte pare che siano in troppi. Si fida ciecamente di tutti e
cinque e affiderebbe loro la sua stessa vita sul campo di battaglia, ma si dice
che c’è un motivo ben preciso se ancora non sono riusciti a localizzare la base
operativa del SEIRIN.
“No… le ragioni sono due” pensa
storcendo appena il naso. Il suo sguardo passa da Hayakawa – che sta gridando
come un folle per tutto l’accampamento che “li prenderà tutti” e Kasamatsu
spera con fin troppo ardore che si riferisca al SEIRIN e alla loro cattura –
fino ad arrivare a Kise.
L’Alchimista
di Stato sta importunando Kobori, sembra deciso più che mai a mostrargli tutte
le abilità che è riuscito a copiare e Kasamatsu, per la seconda volta, deve
usare ogni minimo grammo di autocontrollo in suo possesso per ricordarsi che
dopotutto lo ama e quindi che non può ucciderlo nel modo più brutale possibile.
Sta per
intimargli di fare silenzio quando questo all’improvviso tace da solo,
lasciando a metà uno dei suoi abituali deliri.
Segue il
suo sguardo fino ad incontrare la figura di Aomine Daiki, che cammina verso di
loro con gli occhi pieni di nulla.
«…
A-Aominecchi».
Kasamatsu
deve ammettere che è la prima volta che sente Kise balbettare in quel modo
tanto pietoso, ma in un certo senso riesce a comprendere fin troppo bene
l’imbarazzo provato dall’alchimista, dal momento che è lo stesso che percepisce
lui.
Non è un
mistero la discendenza dell’Alchimista Scudo e tutti ne sentono il peso sulle
spalle quando si trovano dinanzi a lui, ma dura solo un istante. Tutti loro
sono soldati, la pietà non è contemplata e nessuno di loro la sopporterebbe se
rivolta alla propria persona; far finta di nulla, decreta Yukio, è la scelta
migliore.
«Tenente
Colonnello Aomine» saluta, tranquillo, «Sei stato assegnato alla squadra
d’assalto Touou, se non sbaglio».
Daiki
annuisce, apprezzando più di ogni altra cosa la completa mancanza di
compassione negli occhi del superiore.
Non ne
può davvero più di leggere pietà nello sguardo altrui, prima Satsuki e Tetsuya
e adesso anche tutti quei cretini della squadra ricognitiva ad esclusione di
Yukio.
«Sì, sì»
sbuffa, pensando a quanta poca voglia abbia di incontrare Imayoshi e Wakamatsu.
Intreccia le mani dietro la testa e si concede uno sbadiglio, sono giorni che
pur dormendo non riesce a riposare davvero, «Stavo cercando Kise. Quell’idiota
di Bakagami si farà davvero impiccare da Akashi, prima o poi».
«Kagamicchi?»
chiede Kise, facendosi più attento. «Cos’è successo?»
«Akashi
gli ha dato il benservito e al posto di tornare a casa con la coda tra le gambe
ha avuto la brillante idea di sparire nel nulla» spiega. Il suo sguardo, poi,
si fa più duro «Anche Tetsu è sparito ma non sappiamo se sia in giro per
l’accampamento e non lo si trova per la sua mancanza di presenza o se sia
coinvolto con Bakagami. Giuro che se sta trascinando Tetsu in uno dei suoi
casini, lo uccido».
Qualcosa
nella voce di Aomine convince Kise che sarebbe davvero in grado di attuare la
minaccia, quindi si sente quasi in dovere di arretrare di un paio di passi,
complice l’aura minacciosa emanata dal collega.
Kasamatsu,
tuttavia, non è uno che si lascia intimidire facilmente, quindi si avvicina di
più all’altro, «Ordini dal Comandante Supremo?»
«Io e
Kise dobbiamo cercare Tetsu e portarlo da Akashi. Voi della squadra ricognitiva
dovete ritrovare Kagami».
«La
nostra priorità non è il SEIRIN?» commenta Yukio, storcendo il naso.
Aomine si
passa una mano tra i capelli con aria stanca e per la prima volta da quando ha
fatto la sua comparsa l’alchimista, Yukio si sente veramente a disagio, «È probabile che trovando quel Bakagami,
troverete anche loro».
[…]
Tetsuya
sa fin troppo bene di non essere una di quelle persone che indulgono alle
emozioni e questa convinzione non deriva solo dal fatto che Aomine prima e
Taiga poi si sono premurati di ripeterglielo fino alla nausea, ma perché ciò è
frutto di un lunghissimo ed estenuante allenamento iniziato nel momento stesso
in cui si è reso conto di quanto il mondo sia pieno di individui che non
aspettano altro di poter usare i sentimenti altrui per affondare il prossimo.
Detto
ciò, è sicuro di non aver mai sentito la rabbia attraversarlo in ondate tanto
dense come al momento attuale, si sente quasi annegare. Deve stringere i pugni
per nascondere il tremore alle mani e avverte lo stomaco chiudersi in una morsa
quasi dolorosa per impedirgli di rigettare ira diluita in bile.
Sa che
non è prudente, non è ancora sicuro di essere in grado di controllarsi,
tuttavia decide di avvicinarsi alla fonte di tutta la rabbia che prova al
momento.
Si
compiace nel notare che le mani sembrano aver smesso di tremare e le ginocchia
reggono i suoi passi, quindi quando si trova faccia a faccia con Ogiwara si
sente un po’ più sicuro di sé. Può farcela.
«Kuroko».
Solo il
sentirsi chiamare da quella voce distrugge il minimo di autocontrollo che credeva
di essere riuscito a recuperare, lo sente sfuggirgli come sabbia tra le dita
nell’udire l’unica voce che non avrebbe mai voluto ascoltare in quel luogo.
«Non
dovresti essere qui» riesce solo a dire, secco, conscio che se avesse aggiunto
un’altra parola con tutte le probabilità questa sarebbe stata un insulto.
Shigehiro
lo guarda e sembra quasi temere che l’amico possa saltargli al collo da un
momento all’altro, non gli ha mai visto gli occhi così dardeggianti di rabbia
ed è sicuro che non scorderà mai uno spettacolo del genere; è ghiaccio che
brucia più dell’inferno, ma il solo ricordare che quello sguardo è indirizzato
a lui riscuote Ogiwara dai suoi pensieri e si ricorda di doversi mostrare
almeno un po’ offeso dalla frase dell’alchimista.
«Chiedo
scusa, ma devo essermi perso il pezzo dove tu ti prendi il diritto di decidere
dove io possa stare o meno» dice, quindi.
«Sei un
civile e questa è zona di guerra. Non dovresti essere qui» ripete Kuroko,
tentato di rispedirlo ad Amestris a calci.
«Sono un
medico e sono proprio dove devo essere. Dove posso aiutare gli altri».
Kuroko si
dice che se Midorima fosse ad Ishval in questo momento, direbbe che di sicuro
ci deve essere qualche congiunzione astrale sfavorevole per il segno
dell’acquario, perché sembra proprio una congiura contro il suo autocontrollo.
Prima Aomine, poi Kagami che sembra più che deciso a farsi uccidere da Akashi e
adesso Ogiwara e la sua insospettabile irresponsabilità.
«Ci sono
tutti i medici di cui abbiamo bisogno all’interno dell’accampamento» nota
Tetsuya e appena finisce di pronunciare la frase viene attraversato dal
presentimento che la risposta che gli darà Shigehiro non gli piacerà neanche un
po’.
«Hai
detto bene: tutti i medici di cui avete bisogno voi».
“Non dirmi che…”
Kuroko entra
rapidamente dentro quella che Ogiwara dichiara essere la propria clinica e ciò che vede lo lascia così
spiazzato che per qualche istante si dimentica perfino di essere arrabbiato. Ci
sono una trentina di barelle e più della metà sono occupate da Ishvalan.
«Tu sei
pazzo» dice, atono, sentendo Shigehiro raggiungerlo.
«Sono
umano» lo corregge l’altro, senza acrimonia nella voce.
L’alchimista
ha giusto il tempo di notare che nessuno dei pazienti dell’amico sembra
allarmato nel vedere un soldato di Amestris che una terza persona entra con
fare concitato all’interno del tendone.
«Ogiwara,
sono passato a prendere le medicine per Kiyos–»
Il corpo di Tetsuya si muove da solo nel
vedere che il nuovo arrivato indossa l’uniforme del SEIRIN; estrae la pistola,
puntandola contro il ragazzo, non prima che l’altro faccia altrettanto. Non ha
neanche il tempo di valutare bene la situazione che Ogiwara si piazza tra i
due, costringendoli ad abbassare nell’immediato le armi.
«Questo
luogo è neutrale» dichiara il medico con voce tanto fredda che per un solo
rapido istante perfino Tetsuya se ne sente intimidito, «non osate tirare ancora
fuori quelle schifosissime cose qua
dentro. Se volete ammazzarvi fatelo fuori».
Con lo
sguardo sfida entrambi a dire qualcosa in contrario e, dopo che hanno
rinfoderato le pistole – controvoglia – concede a tutti e due un sorriso, come
se nulla fosse accaduto.
Si
rivolge al ragazzo. «Le medicine per Kiyoshi, giusto?» domanda, iniziando a
frugare in una scatola, senza attendere una risposta.
Tetsuya
si prende qualche istante per esaminare il ragazzo; a Briggs hanno descritto il
SEIRIN come un gruppo di demoni,
tuttavia la persona che ha davanti sembra in tutto e per tutto un individuo
normale che ha semplicemente avuto la fortuna di poter scegliere da che parte
schierarsi.
Appena si
rende conto della piega che hanno preso i propri pensieri, si dà dell’idiota,
dicendosi che anche lui potrebbe scegliere se solo volesse. Sa che è
contraddittorio, ma sa che la causa di Akashi è sbagliata e sa anche che quel
ragazzino del SEIRIN sta agendo nel giusto, eppure qualcosa gli impedisce di
abbandonare il ruolo che gli è stato affidato.
«Allora?»
La voce dello sconosciuto lo riscuote dai propri pensieri.
«Come,
prego?»
«Mi
fissi. Sembri un fissato per come mi fissi».
Ogiwara
sbuffa una risata, senza smettere la sua ricerca e solo adesso Tetsuya si rende
conto di quanto, in effetti, la situazione sia assurda. Si trova in un tendone
che ha la pretesa di essere un ospedale, gestito dal suo migliore amico che conosce
praticamente dalla nascita. Per di più la clinica
è piena della gente che in linea teorica lui dovrebbe sterminare ed ora si
ritrova a conversare con un esponente
del SEIRIN – che forse ha anche provato a fare un gioco di parole tanto stupido
da essere quasi triste –, tutto questo dopo essersi quasi sparati a vicenda.
«Chiedo
scusa. Mi sono perso nei miei pensieri e non mi sono reso conto di starti
fissando» si risolve a dire, nonostante preferisca mantenere il silenzio fino a
che non potrà parlare di nuovo da solo con Ogiwara.
«Sei un
Alchimista di Stato?»
«Esatto».
«Vi
immaginavo più terrificanti».
«Potrei
dire lo stesso» ribatte, sentendosi un po’ infastidito dal commento dell’altro.
Sente, tuttavia, di non poterlo biasimare del tutto dal momento che poco prima
anche lui stesso si è stupito della normalità sfoggiata dall’altro.
«Ah, cosa
si dice a Central City di noi? Che abbiamo tre teste e pietrifichiamo con lo
sguardo?»
«No, si
dice che siate avversari temibili» risponde con il suo tono più serio, causando
una seconda risata da parte di Shigehiro.
«Izuki,
lascia perdere, Kuroko non ha il senso dell’umorismo» dice con voce tanto
cristallina che Kuroko non riesce neanche ad offendersi per quella
insinuazione. Insomma, lui il senso dell’umorismo ce l’ha, ma la situazione non
gli sembra adatta.
Si
ritrova ancora a pensare a quanto tutta l’atmosfera all’interno di quel tendone
sia assurda: là fuori infuria la guerra, mentre all’interno di questo ospedale
improvvisato, Ogiwara riesce in modo magistrale a mantenere la pace tra
Ishvalan, soldati di Amestris ed esponenti del SEIRIN.
Sospira,
«Se fosse Ogiwara-kun il Comandante Supremo, probabilmente questa guerra non
sarebbe mai neanche scoppiata» dice, attirando su di sé gli sguardi degli altri
due. Nessuno replica alcunché e per qualche secondo l’unico rumore che si sente
è quello di Ogiwara che continua a frugare alla ricerca delle medicine da
affidare ad Izuki.
«Se sei
un alchimista, perché mi hai puntato una pistola addosso?» chiede
all’improvviso il ragazzo e per un secondo Kuroko pensa che l’altro si stia
prendendo un po’ troppe libertà.
“Be’, chiedere è lecito e rispondere è
cortesia, no?” pensa, ma la realtà è che l’atmosfera è talmente leggera che
gli sembra quasi inconcepibile non rispondere ad una domanda che, dopotutto, è
innocua.
«L’Alchimia
non esiste per distruggere, ne consegue che, quando posso, evito di snaturarla»
spiega.
«Non
sembri un fan di questa guerra».
«No, infatto».
Lo
sguardo di Izuki brilla, argenteo. Nessuno è preparato alle parole che
pronuncia subito dopo, ma Kuroko è certo che queste lo tormenteranno nei giorni
avvenire.
«Be’,
allora dovresti unirti a noi».
[…]
Taiga
apre gli occhi, non riuscendo a ricordare il momento preciso in cui li ha
chiusi. Sente le palpebre pesanti come macigni e i pensieri nella sua testa che
si rincorrono confusi e distratti per poi svanire nel nulla, lasciando solo un
fastidiosissimo vuoto che viene colmato subito da piccole stille di dolore alle
tempie, dalla consistenza di tanti minuscoli aghi acuminati.
Il primo
ricordo che gli torna alla mente, nitido, è il viso di Kuroko e lentamente ogni
tassello della sua memoria torna al proprio posto.
«Sei una pedina inutile. Torna a
Briggs, qua ad Ishval sei solo un peso».
Impreca a
bassa voce nel rimembrare le parole che gli ha rivolto il Comandante Supremo
durante il loro brevissimo colloquio. Ricorda di aver provato l’irrefrenabile
impulso di spaccargli la faccia, perché dopo averlo lasciato marcire in
quell’inferno per mesi nessuno poteva osare parlargli in quel modo. Aveva già
la mano destra chiusa a pugno quando gli è tornato in mente ciò che gli ha
raccomandato Tetsuya circa il non mettersi contro Akashi, quindi si è costretto
a tacere, pensando che dopotutto lui stesso non vuole altro che mettere quanti
più strada possibile tra sé e quella guerra.
Sospira e
cerca di ricordare anche il resto: subito dopo essersi congedato si è diretto,
con tutta l’intenzione di non salutare nessuno, neanche Kuroko, verso il
veicolo che avrebbe dovuto ricondurlo a Central, dove avrebbe preso il treno
per North City per poi arrivare a Briggs.
Poi un
lieve pizzicore al collo e più nulla, i suoi ricordi si fermano.
“Pentothal. Bene, sono stato narcotizzato e
rapito come un pivello qualsiasi” pensa, sbuffando, cercando con qualche
difficoltà di mettersi seduto.
Poggia la
testa al muro di pietra che si trova dietro di lui, provando un po’ di sollievo
nel sentirlo quasi fresco in confronto alla temperatura torrida che circonda
ogni cosa.
«Oh, ti
sei svegliato».
Una voce
gli ferisce le orecchie, esuberante a livelli eccessivi per il suo udito al
momento troppo sensibile. Riconosce subito la persona che ha parlato, si sono
scontrati spesso sul campo di battaglia ed un’unica volta nel tendone di
Ogiwara, dove entrambi si sono guadagnati un sonoro pugno in faccia per essersi
attaccati in “zona neutrale”.
«Kiyoshi
Teppei» sospira, reprimendo l’impulso naturale di aggredirlo. Il suo istinto
gli urla di immobilizzarlo, renderlo inoffensivo e poi ottenere delle
spiegazioni convincenti, tuttavia il suo corpo non sembra essere molto
d’accordo con lui, ancora troppo frastornato per poter portare a termine con
successo un attacco, può solo tenere alta la guardia e preservare le poche
energie che è riuscito a recuperare.
«Kagami»
risponde, sorridendo, «Scusa per l’improvvisata, la nostra stratega tende a
farsi prendere la mano».
Gli
sembra un completo idiota, ma è pur sempre un idiota che è stato in grado di
prenderlo alla sprovvista, quindi decide di non abbassare la guardia, «Cosa
vuoi?»
«Che tu
ti unisca a noi».
La
risposta è tanto diretta che Kagami non riesce a capacitarsene e rimane a
guardare l’altro per diversi secondi, con in viso stampata un’espressione quasi
ebete. «Che?»
«Che tu
ti unisca a noi. Il Comandante Supremo ti ha rispedito a casa, giusto? E poi il
tuo atteggiamento verso questa guerra è fin troppo chiaro, tu vuoi che finisca
ma non con lo sterminio degli Ishvalan. Puoi tornartene a casa e fare finta di
nulla o schierarti dalla nostra parte e dimostrare qualcosa a quell’arrogante
di Akashi Seijuurou» spiega Teppei, senza smettere di sorridere, determinato.
Taiga non
può negare a sé stesso che quella proposta sia davvero allettante, ma ancora
una volta la sua testa viene invasa dal ricordo delle parole di Tetsuya. Non ti conviene sfidarlo, è una battaglia
che non puoi vincere.
Sa che
Kuroko non l’ha detto con cattiveria, ma ciò non gli impedisce di provare un
moto di fastidio nei confronti dell’Alchimista di Ghiaccio.
“Non posso vincere, eh?” pensa, mentre un
sorriso deciso, pari a quello di Kiyoshi, gli fiorisce sulle labbra, “E se non fossi il solo a combattere?”
[…]
Kise è
davvero sul punto di mettersi a piangere per la disperazione – l’ha cercato ovunque, maledizione! Ovunque!
– quando finalmente le sue iridi dorate si posano sulla figura dell’Alchimista
di Ghiaccio, seduto su una roccia intento a sfogliare un libro di piccole
dimensioni.
«Kurokocchi!»
trilla, correndo nella sua direzione, sollevato. Si dice che se si trova lì a
leggere tranquillo significa che l’unico motivo per cui Daiki non è stato in
grado di trovarlo sia stata davvero la sua scarsa presenza, quindi non sa nulla
di Kagami e di un possibile suo tradimento.
Le
sopracciglia del più piccolo si aggrottano appena, per poi spianarsi subito;
con un sospiro leggero Kuroko mette tra le pagine il segnalibro e infine alza
lo sguardo verso Ryouta.
«Kise-kun.
Non ci vediamo da un po’ di tempo».
L’Alchimista
Specchio è tentato di far notare all’altro quanto sia riduttivo definire “un
po’ di tempo” ben cinque anni, ma decide di soprassedere; la priorità assoluta
è portare Kuroko da Akashi e dimostrare quindi la sua innocenza.
«Kurokocchi,
Akashicchi ti sta cercando, ti accompagno da lui~» dice, quindi, afferrando il
ragazzo per un braccio e trascinandoselo dietro, ignorando le sue flebili
proteste.
«Sono in
grado di camminare da solo».
«Lo so,
ma così è più divertente~» mente. La verità è che l’idea di Kuroko dalla parte
opposta del campo di battaglia in un certo senso lo spaventa; ha paura che se
lascerà la presa sul suo polso, Kuroko sparirà dalla sua vista – come già
successo innumerevoli volte – solo per ricomparire al fianco di Kagami, che
magari si è davvero alleato con il SEIRIN.
È solo quando
giungono da Akashi che Kise si decide a liberare il polso di Kuroko dalla morsa
in cui le sue dita l’hanno costretto.
Stanno
per mettersi entrambi sull’attenti, ma Akashi li interrompe con un cenno
imperioso della mano e li invita a sedersi.
«Tetsuya,
dove sei stato?» chiede Seijuurou, senza mezzi termini. Lo guarda negli occhi,
imponendogli di non abbassare lo sguardo; se Kuroko dovesse mentire, lui se ne
accorgerebbe subito.
«Posso
sapere il perché della domanda?» si azzarda a chiedere l’alchimista. Non è
saggio eludere un quesito del Comandante Supremo, ma avverte nell’aria
un’atmosfera che non gli piace. Sorregge lo sguardo dell’altro senza problemi,
anche quando una scintilla di pericolo li attraversa, segno che, forse, ha
tirato troppo la corda.
«Rispondi»
la voce di Akashi resta calma, tuttavia Tetsuya decide che la scelta più saggia
sia prima accontentarlo e solo in seguito pretendere spiegazioni.
«Mi sono
recato all’unità a cui sono stato assegnato, la squadra ricognitiva Rakuzan, per ricevere ordini. Mayuzumi-san mi ha detto che
per la giornata di oggi potevo stare a riposo, quindi ho cercato un posto
tranquillo per leggere» spiega, decidendo di omettere la visita a Shigehiro. È
la prima volta che tiene nascosto qualcosa ad Akashi e la cosa gli mette
addosso un po’ di agitazione, che riesce comunque a mascherare dietro la patina
inespressiva di cui sono pregni i suoi occhi.
«Daiki ti
ha cercato e non ti ha trovato».
«Con
tutto il rispetto, Aomine-kun non è in grado di trovarmi se non è ciò che
voglio io».
«E non
volevi?»
«Non amo
essere interrotto mentre leggo».
«Però Ryouta
è riuscito a rintracciarti» nota Akashi, con un sorriso per nulla rassicurante
sulle labbra.
E’ ovvio
che il Comandante Supremo stia cercando di coglierlo in fallo, ciononostante
Tetsuya non riesce a fare a meno di sentirsi molto offeso da quei tentativi
tanto semplici da raggirare. Gli sembra che Akashi lo stia sottovalutando.
“O forse confida nel fatto che io non sia in
grado di mentire. Prima di Briggs sono stato per tre anni ad East City con
Hanamiya-kun, in fatto di menzogne ho avuto un ottimo insegnante”.
«Kise-kun
ha uno spirito di osservazione molto più acuto rispetto ad Aomine-kun»
risponde, tranquillo.
Con la
coda dell’occhio vede l’Alchimista Specchio annuire con vigore, «E poi sono
passato di lì almeno tre volte prima di riuscire a vederlo!» si affretta a
dire, guadagnandosi due occhiatacce gemelle sia da Akashi che da Kuroko.
Se Akashi
trova inammissibile che qualcuno in sua presenza parli senza essere
interpellato, Kuroko è semplicemente preoccupato per il fatto che la frase
pronunciata da Ryouta possa andare a suo sfavore anziché aiutarlo. Non capisce
del tutto la situazione, ma ormai è chiaro che qualcuno deve aver fatto
qualcosa di male e che i sospetti siano caduti su di lui.
«Quindi
le precedenti volte in cui sei passato, Tetsuya poteva essere lì con la sua
scarsa presenza così come poteva non esserci affatto» commenta Seijuurou, «Temo
che al momento attuale sia impossibile scoprire quale delle due affermazioni
possa essere veritiera. Innocente fino a
prova contraria, Tetsuya».
«Posso
sapere di cosa sono accusato?»
«Ho
ordinato a Taiga di tornare a Briggs, ma è sparito senza lasciare tracce. Sono
sicuro che si sia alleato con il SEIRIN» spiega Akashi, osservandolo con
attenzione, in attesa di scorgere una sua reazione. Il viso di Tetsuya,
tuttavia, resta inespressivo.
«Chiedo
scusa, ma in tutto questo io cosa c’entro?»
«Da ciò
che mi risulta, tu e Taiga siete molto legati.
Al momento della sparizione anche tu eri introvabile, quindi c’erano grosse
probabilità che lui ti avesse reso partecipe delle sue intenzioni e che tu
avessi deciso di seguirlo».
«Permettimi
di dire che una deduzione del genere è molto offensiva nei miei confron–»
«Eppure
sei stato tu a fare irruzione nel mio ufficio a sostenere quanto questa guerra
sia inumana, sbaglio? Se non vuoi che
si sospetti di te in situazioni del genere, dovresti imparare a dosare con più
attenzione le parole che dici» lo interrompe Akashi, sorridendo con spietato
divertimento.
Per quasi
un minuto nessuno apre bocca.
«Be’»
esordisce Seijuurou e qualcosa nella sua voce alleggerisce subito l’atmosfera,
sembra che perfino quella non possa far altro che piegarsi al volere del
Comandante Supremo. «Tetsuya, Ryouta, lascerete le vostre rispettive squadre e
vi dedicherete solo alla ricerca del SEIRIN e di Kagami Taiga. Se risulterà
davvero alleato con loro, avete l’ordine di ucciderlo».
I due
alchimisti si guardano per un istante ed entrambi capiscono il vero significato
dietro alle parole di Akashi. L’unico motivo per cui la ricerca è stata
affidata anche a Kise è per tenere sotto controllo Kuroko e, in caso sia
davvero intenzionato a tradirli, eliminare anche lui.
Entrambi
decidono di non prestare attenzione, al momento, a quel sottinteso.
«Akashi-kun,
la mia alchimia è quasi del tutto inutile qui, l’ambiente è troppo secco» nota
Tetsuya con la voce priva di una qualsiasi inflessione.
Il
Comandante Supremo annuisce appena ed estrae dalla tasca due piccole sfere di
un rosso tanto brillante da sembrare fatte di sangue, «L’avevo preso in
considerazione» dice, porgendone una a Kuroko e l’altra a Kise.
«È ciò a
cui stava lavorando Midorimacchi?»
«Sì. La
Pietra Filosofale potenzierà la vostra alchimia e vi consentirà di ignorare lo
Scambio Equivalente» spiega Akashi con un lieve sorriso soddisfatto sulle
labbra. Seijuurou è a conoscenza del fatto che Shintarou stia lavorando per
creare la Pietra senza bisogno di sacrifici umani, nonostante sappia già quanto
sia inutile, ma a lui va bene così; non gli importa se la strada per
l’onnipotenza è tracciata dal sangue di persone che non valgono neanche il
suolo che calpestano.
Tetsuya
osserva la sfera, diffidente, non osando neanche toccarla. «Lo Scambio
Equivalente non può essere ignorato, è alla base di tutto ciò che studiamo e di
tutto ciò in cui crediamo. Come ha fatto Midorima-kun a raggirarlo?» domanda,
guardando apertamente Seijuurou.
Non gli
giunge risposta, quindi si sente più che legittimato ad insistere, «Chi ha pagato il prezzo per le
trasmutazioni che verranno fatte con questa pietra?»
«Tetsuya,
basta».
«No.
Sappiamo tutti qual è il costo per trasmutazioni tanto potenti e voglio sapere
chi–»
Una lama
affilata si allunga dal palmo di Seijuurou e si conficca a poco meno di un
centimetro dalla testa di Kuroko, imponendogli di tacere all’istante. Lo
sguardo del Comandante Supremo è fin tropo chiaro, la prossima volta non
mancherà il bersaglio.
«Il tuo
lavoro non prevede il fare domande. Impara a stare al tuo posto».
Death Note: Ed
eccoci al secondo capitolo! Qui le cose cominciano a prendere forma, Kagami ha
preso la sua decisione e Kuroko è ancora parecchio confuso su quale sia la sua
strada. Le parole di Izuki lo mettono ancora di più nel dubbio, ma basteranno a
fargli prendere una decisione definitiva?
Ho assegnato Kuroko al Rakuzan perché… be’, di sicuro non potevo affidarlo al
Seirin x°D Non so, mi sembrava la più adatta, se
proprio devo infilarlo in una squadra diversa da quella che canonicamente è la
sua.
Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto e ricordo che le recensioni sono sempre graditissime (dai, non fatemi
supplicare x°).
Capitolo 3 *** Capitolo 3: Interpretation of a Nightmare. ***
Capitolo
3: Interpretation of a Nightmare.
È passata una settimana da quando
Tetsuya e Ryouta hanno iniziato la loro personale indagine e i risultati
riportati fino a quel momento sono così deludenti che nemmeno Kise trova più la
forza di sorridere.
«Kurokocchi, tu sei proprio
sicuro?» chiede l’Alchimista Specchio, rendendosi conto da solo di quanto la domanda
possa sembrare petulante. Quella settimana l’ha ripetuta così tante volte da
averla a nausea lui stesso.
«Sì» risponde secco l’altro, per
poi addolcire di poco il tono di voce, «So che sembra tempo sprecato, ma una
volta che avremo raccolto tutte le informazioni necessarie ti assicuro che
troveremo facilmente il SEIRIN» spiega, senza staccare gli occhi da tutti gli
appunti che ha raccolto durante li interrogatori a cui hanno sottoposto ogni
soldato che si sia scontrato contro i ribelli.
È grato per la fiducia che gli
sta dimostrando Kise, soprattutto dal momento che l’ordine sottinteso che gli
ha impartito Akashi durante il loro colloquio è stato fin troppo chiaro: “Se avrai il sospetto che Tetsuya possa
tradirci, uccidilo”.
Ne è la prova il fatto che il
Comandante Supremo abbia dato una Pietra Filosofale anche a Kise, nonostante
sia Kuroko l’unico ad avere problemi con la propria Alchimia.
«Kurokocchi…»
La voce esitante dell’Alchimista
Specchio lo costringe ad alzare gli occhi dai fogli per incontrarne lo sguardo
preoccupato.
«Tu stai bene?»
«Per favore, non preoccuparti per
me, Kise-kun».
Il giorno prima c’è stato
l’ennesimo scontro con i ribelli ed è stata la conferma di ciò che ha temuto
per tutta la durata delle indagini: Taiga combatte con il SEIRIN.
Le comunicazioni fin troppo lente
gli hanno impedito di arrivare sul posto prima che gli avversari si dessero
alla fuga e ciò lo ha lasciato con un senso di vuoto enorme a cui non sa dare
un nome.
I fatti sono semplici: Kagami li
ha traditi e lui ha l’ordine di ucciderlo. È un soldato, è impossibile che un
ordine del genere possa turbarlo davvero così tanto, eppure è così.
Ricorda che per qualche secondo
ha fatto fatica a respirare, prima che Kise trovasse opportuno trascinarlo via
dal punto preciso dove la sua paura più grande ha cominciato a diventare reale.
“Un’altra cosa per cui essergli grato” pensa Kuroko.
«Sai, ho notato che c’è una
costante».
Ancora una volta l’Alchimista di
Ghiaccio alza lo sguardo verso Kise. Si accorge subito che il tono dell’altro è
cauto, come se lo stesse testando in qualche modo; non riesce ad evitare di
sentirsi almeno un po’ offeso, soprattutto perché poco prima si era ritrovato a
ringraziare mentalmente Kise per la sua fiducia.
Decide di mantenere il solito
distacco. «Una costante?»
«Be’, quasi una costante» si corregge subito l’alchimista, ritrovando la
naturalezza nella voce «È più che altro qualcosa che si ripete spesso, una
buona parte degli avvistamenti sono stati fatti nei pressi dell’ospedale di Ogiwara Shigehiro» termina,
storcendo appena il naso alla parola “ospedale”.
«Non penso che c’entri» ribatte
Kuroko, forse un po’ troppo rapidamente, tanto da guadagnarsi un’occhiata
dubbiosa da parte dell’altro.
Ryouta resta comunque in
silenzio, per dare la possibilità all’altro di spiegarsi. Non gli piace
giungere a conclusioni affrettate, soprattutto in una situazione tanto
delicata. Soprattutto se si parla di un compagno.
«Ogiwara-kun è un medico e ha
dichiarato fin da subito che curerà chiunque ne abbia bisogno. Non è assurdo
che i ribelli si rivolgano a lui quando rimangono feriti. Questo però non lo
rende loro complice».
Kise sospira e si passa una mano
tra i capelli, «Veramente questo lo rende davvero loro complice» precisa.
«Ma cura anche i nostri soldati
se sono troppo gravi per poter raggiungere l’accampamento».
«E allo stesso tempo salva la
vita a chi decima le nostre file».
«Non fa del male a nessuno».
«Non è da te essere
irragionevole. È perché siete amici d’infanzia?»
A quelle parole, cala il
silenzio. Tetsuya è sicuro di aver parlato di Shigehiro solo a Kagami.
Ryouta gli rivolge uno sguardo di
scusa e lui intuisce che il collega deve aver deciso di indagare sul suo
passato, anche se è evidente che adesso si stia pentendo di averlo fatto.
Kuroko capisce che l’unica arma
che ha adesso è la sincerità, quindi si lascia andare ad un sospiro tanto lieve
da non avere consistenza e punta le iridi in quelle di Kise. «Io e Ogiwara-kun
siamo cresciuti a Resenbool e siamo amici. Tuttavia
ho scoperto solo una settimana fa che lui è qui; sono sicuro che lui non voglia
danneggiare nessuno, vuole solo salvare delle vite, non c’è nulla di male in
questo».
Ancora una volta, lo sguardo di
Kise si tinge di cautela e devono passare una buona manciata di secondi prima
che si decida a rispondere.
«Però i ribelli si appoggiano
davvero a lui per curarsi».
«Kise-kun, non–».
«Ci basterà appostarci vicino
all’ospedale e seguirli quando si
recheranno da lui. Troveremo il SEIRIN senza coinvolgere il tuo amico, no?»
“Un’altra cosa per cui dovrò ringraziare” pensa, con lo sguardo
colmo di sincera gratitudine che, però, resta nascosta dietro la spessa lastra
di ghiaccio nei suoi occhi, “È per il
fatto che Kise-kun sia davvero molto più intelligente di ciò che fa credere
agli altri”.
[…]
Momoi Satsuki non può fare a meno
di sospirare di sollievo nel ritrovarsi di nuovo a Central City, seppur
temporaneamente.
Le sono bastati venti secondi per
rendersi conto che odia Ishval e non è stato perché la sabbia che doveva essere
calda e bianca si è rivelata essere rossa, pregna di sangue e più gelida di un
cadavere. Non è stato neanche per l’aria densa di polvere da sparo e delle urla
che feriscono l’udito con più ferocia di una spada.
Momoi Satsuki odia Ishval perché
quella terra dura e aspra sta risucchiando via l’anima e l’umanità delle
persone che ama e lei ha l’esatto compito di trascinare in quell’Ade anche
l’unico che fino a quel momento era stato salvo, seppur rinchiuso in un inferno
tutto suo, personale.
È con un senso di colpa infinito
che si decide ad abbassare la maniglia del Laboratorio numero cinque, aprendone
la porta e trascinandosi dentro.
Raggiunge in silenzio il punto
del Laboratorio dov’è sicuro di trovare l’amico e ciò che vede non riesce a non
strapparle un sorriso.
Midorima è addormentato con il
viso riverso di lato su un mucchio disordinato di fogli e il suo assistente gli
sta accarezzando una guancia, osservandolo con aria assorta.
«Buongiorno, Takao-kun» sussurra
Momoi più piano che può, per non svegliare l’alchimista.
Takao si riscuote e alza lo
sguardo verso la ragazza, per nulla turbato dall’essere stato colto in
atteggiamenti intimi con Shintarou, «Momoi-chan» saluta allegramente. Lui,
invece, non sembra per nulla turbato dall’ipotesi di svegliare il compagno.
«Non eri partita assieme al Demonio~?» ironizza il soldato
«Oh, non dire così!» lo
rimprovera la ragazza a bassa voce, «Akashi-kun ha occhi e orecchie ovunque».
«Inutile, Momoi, con lui non c’è
speranza, si farà congedare con disonore».
Satsuki e Kazunari spostano
subito lo sguardo sull’alchimista, nessuno dei due si era reso conto che
l’altro si fosse svegliato.
«Shin-chan!» protesta Takao con
tono lamentoso ma comunque ilare. Non basta per allentare la tensione che si è
creata nel momento stesso in cui gli occhi di Shintarou e quelli di Momoi si
sono incrociati.
Se lei si trova lì, non è per
portare buone notizie, questo è ovvio.
«Sarei sgarbato a chiederti direttamente
cosa vuole Akashi, saltando i convenevoli?» domanda, non riuscendo a nascondere
la stanchezza nella sua voce.
Non vuole essere maleducato con
Momoi, dopotutto è una conoscente – amica? – ma in quel momento lei rappresenta
solo una fonte di imminenti guai, che lo desideri o meno.
«Vuole che tu e Takao-kun veniate
ad Ishval» risponde prontamente la ragazza, abbassando appena lo sguardo. Non
c’è acrimonia nella sua voce, in una circostanza del genere non riesce davvero
a prendersela con Midorima, sa che ha tutte le ragioni del mondo.
«Posso sapere il perché?»
«Il SEIRIN. Kagamin
ci ha traditi per allearsi con loro e Akashi-kun pensa che presto Tetsu-kun
farà lo stesso. Ha comunque affidato a lui e a Ki-chan
il compito di trovare la base operativa del SEIRIN, ma fino ad ora non hanno
riportato risultati… quindi Akashi-kun si è convinto che voi due siate
indispensabili sul fronte per aiutarli» conclude, osando puntare i propri occhi
in quelli smeraldo di Midorima, cercando di trasmettergli il dispiacere che
provava nel portar loro certe notizie.
Takao sbuffa e ruba uno dei fogli
dell’alchimista, arrotolandoselo tra le dita, sintomo di nervosismo. «Perché lo
svitato ha affidato un incarico del genere a Kuro-chan
se pensa che voglia tradirci?»
«Non può arrestarlo senza prove fondate nemmeno lui che è il Comandante
Supremo ed è convinto che facendolo agire in prima linea sarà più semplice
portarlo a compiere un passo falso» Spiega Shintarou al posto di Momoi,
riappropriandosi del foglio sottratto dall’assistente. Lui, tra tutti, è quello
che forse comprende meglio il modo di pensare di Seijuurou. «E tu, Momoi, di
tutta questa situazione cosa ne pensi?» si ritrova a domandare, forte della sua
fiducia nei confronti delle capacità della ragazza. Non lo ammetterà mai, ma le
sue analisi e il suo intuito sono precisi al limite della preveggenza.
Satsuki scuote la testa in segno
di diniego, con aria dispiaciuta, «Non lo so. Con Kagamin
l’ho capito subito che ci avrebbe traditi, ma Tetsu-kun è sempre stato
imprevedibile anche per me. Però continua a dire che questa guerra è sbagliata,
prima di partire si è pure presentato nell’ufficio di Akashi-kun per cercare di
convincerlo a rinunciare al piano di sterminio…» si concede qualche attimo di
pausa e poi riprende a parlare, la voce un po’ più incrinata, «Si sta mettendo
nei guai, vero?»
Midorima sa che la risposta più
sincera è un “sì”, ma perfino lui si rende conto che una replica del genere non
può darla, non a Momoi, tuttavia non sa come comportarsi e rimane prigioniero di
un silenzio impacciato.
È Takao a soccorrerlo, perché non
può lasciare una ragazza sul punto di scoppiare in lacrime, nemmeno se si
tratta dell’assistente personale dell’uomo che vuole trascinarli con sé
all’inferno. Mantiene una certa distanza mentre inizia ad accarezzarle i
capelli, tuttavia il suo sorriso sembra sincero e questo basta, «Kuro-chan non è stupido, non si metterà apertamente contro
Akashi» le dice, per poi abbassare la voce tanto che Midorima per seguire il
discorso è obbligato ad avvicinare di più il viso ai due, «E poi, solo un pazzo
troverebbe giusta questa guerra, ciò non significa che diserteremo tutti… Kuro-chan ha solo il difetto
di essere troppo diretto nel dire ciò che pensa».
La ragazza annuisce, rinfrancata
e rivolge ad entrambi un pallido sorriso.
Shintarou distoglie subito lo
sguardo, aggiustandosi gli occhiali sul naso, «quando partiamo?» domanda,
burbero.
«Subito».
[…]
Kuroko deve ammettere con se
stesso che nonostante abbia approvato subito il piano di Kise, non ha mai creduto
che potesse funzionare tanto rapidamente. Concentrandosi il più possibile sulla
propria mancanza di presenza, segue a distanza Izuki, conscio che a sua volta,
da lontano, Kise sta tenendo d’occhio lui.
“Sembra quasi scorretto vincere così” pensa, per poi concentrarsi
meglio sulla parola “vincere”.
Solo il SEIRIN dispone delle
forze necessarie a fermare quella sanguinaria guerra, trovando il loro
nascondiglio metterebbero Akashi nella condizione di non aver più nessuno in
grado di tenergli testa.
“Sarebbe il via libera allo sterminio totale” pensa, mordicchiandosi
l’interno della guancia.
Non può smettere di pedinare
Izuki perché sarebbe come dichiarare il proprio tradimento e sa che Kise –
anche se con la morte nel cuore – non esiterebbe ad ucciderlo, “E non posso costringerlo a fare una cosa del
genere, non dopo che mi ha aiutato a tenere al sicuro Ogiwara-kun”.
Si sente più meschino ad ogni
passo che compie, tuttavia non smette di inseguire il membro del SEIRIN, quasi
sperando che finalmente qualcuno si accorga della sua presenza e lo blocchi.
Ormai quella che non può che
essere la base operativa del SEIRIN è visibile ad occhio nudo, quando infine
qualcuno si rende conto di lui; sa fin troppo bene che ormai è troppo tardi,
tuttavia non riesce ad impedirsi di sentirsi almeno un po’ sollevato.
Una lunga fiammata lo sfiora ed
ogni traccia di conforto scompare.
«… Kagami-kun…» esala, voltandosi
verso di lui.
Negli occhi del ragazzo c’è
qualcosa che Kuroko non riesce a distinguere bene, qualcosa che si avvicina
molto alla delusione, «Sapevo che saresti arrivato fino a qui» dice con voce
cupa, sistemandosi meglio i guanti, «Ma non andrai oltre».
Riesce ad udire in modo più che
distinto le dita di Taiga schioccare e per un istante si convince che, forse,
l’opzione migliore è proprio quella di farsi uccidere da lui in quel momento.
“Quale modo migliore per evitare le responsabilità se non farsi
uccidere?” pensa, disgustandosi da solo a quel pensiero tanto vile.
Fa appena in tempo a sentire un
vago calore sulla pelle, prima che le sue mani si muovano da sole. La lastra di
ghiaccio che riesce a creare con la Pietra Filosofale è tanto spessa che nemmeno
le fiamme dell’Alchimista di Fuoco riescono a scioglierla.
Approfittando della copertura
causata da vapore riesce a portarsi alle spalle dell’altro, pronto a
congelarlo, pronto a mettere fine a qualsiasi speranza abbia mai avuto Ishval.
Basta un attimo di tentennamento e Taiga si accorge di lui; si gira di scatto e
lo colpisce abbastanza forte da farlo atterrare a quasi tre metri di distanza.
«Spero davvero che
quell’esitazione non fosse pietà» lo
apostrofa Kagami, avvicinandosi a lui e bloccandogli il polso destro al suolo
con un piede, per impedirgli di eseguire trasmutazioni.
«Chi c’è con te, Aomine?»
«Sono da solo».
«Cazzate, guarda quanto ci ho
messo a renderti inoffensivo, Akashi non ti manderebbe mai qua da solo a meno
che non voglia la tua morte» ringhia, facendo più pressione sul polso di
Kuroko.
«Kagami-kun, mi fai male».
«L’idea è più o meno quella»
sibila, non riuscendo a capacitarsi del fatto di trovarsi davvero davanti
Tetsuya. Vista la sua abilità di passare inosservato, è la scelta più scontata.
Ciò che non riesce a credere possibile è che l’Alchimista di Ghiaccio si sia
davvero ritrovato ad obbedire ad Akashi e la rabbia che prova nel pensarci
riesce perfino a fargli sembrare meno orribile l’ipotesi di ucciderlo. Sta già
per schioccare le dita per mettere fine all’esistenza di Tetsuya, quando
quest’ultimo parla.
«Su una cosa, però, hai torto»
dice, serio, schiudendo appena la mano destra e facendogli intravedere la
Pietra Filosofale.
La piccola sfera rossa attira de
tutto l’attenzione dell’Alchimista di Fuoco, che non si rende conto della mano
sinistra del più piccolo che è andata ad estrarre la pistola, «Non mi hai reso
inoffensivo» e spara.
Il proiettile trapassa la gamba
di Kagami, quella che ha usato per immobilizzare l’altro, tuttavia riesce a non
cadere.
Schiocca le dita ma Tetsuya,
ormai libero, riesce a rotolare su un fianco in modo che il colpo che avrebbe
dovuto essere letale si limiti ad ustionargli una spalla. Crea un’altra lastra
di ghiaccio come riparo e solo allora si decide ad alzarsi, mentre le fiamme
dell’altro continuano ad aggredire con ferocia lo scudo da lui creato, pur
sapendo di non poterlo sciogliere.
“Sempre il solito testardo” pensa Tetsuya, rendendosi conto che pur
trovandosi al sicuro non può uscire allo scoperto e attaccare, le vampate
adesso hanno un raggio d’azione più ampio, “Ovviamente
non cascherà nello stesso trucco due volte. Però se pensa che basti questo a
mettermi fuori gioco…”
Un grosso spuntone di ghiaccio si
allunga dalla lastra, in direzione di Taiga; la cortina di vapore è troppo
densa per fare in modo che Kuroko possa prendere la mira, tuttavia si rende
conto di aver centrato il bersaglio nel momento in cui le fiammate smettono di
aggredirlo.
Con estrema cautela esce dal suo
nascondiglio, nel momento stesso in cui infine Kise lo raggiunge.
Si avvicina a Kagami, riverso
prono sul terreno sabbioso, e lo rivolta con un piede; il colpo è arrivato alla
tempia, dalla quale esce ancora sangue, tuttavia lo sterno si alza e si abbassa
regolarmente, è ancora vivo.
«Kurokocchi…»
«Non posso farlo».
«Eh? Kurokocchi, prima l’hai
colpito con l’intenzione di ucciderlo, adesso non puoi dire che non puoi
farlo!»
«Vero» concede Tetsuya,
inginocchiandosi accanto a Taiga e tracciando un cerchio alchemico sulla
sabbia, sotto lo sguardo esterrefatto di Ryouta. Due membri del SEIRIN – Izuki
ed un tizio alto che, secondo le descrizioni che hanno ricavato, dovrebbe
essere un alchimista – si avvicinando rapidamente, non l’aria di non aver buone
intenzioni nei loro confronti, ma lui non se ne cura. «Tuttavia, prima il mio
unico pensiero era difendermi. Adesso che posso ragionare razionalmente mi
rendo conto che, semplicemente, non posso farlo».
“Non a lui”.
L’alchimista e Izuki li
raggiungono mentre lui congiunge le mani per poi poggiare i palmi sulla sabbia.
Il sangue smette di uscire dalla tempia di Kagami e la ferita si rimargina.
«Riprenderà i sensi a breve» dice ai due, come se nulla fosse successo.
Lo sconosciuto apre bocca per
parlare, ma in quel momento un’esplosione assordante copre ogni altro rumore e
reclama su di sé l’attenzione di tutti; nella direzione dalla quale sono venuti
i due alchimisti di stato, si alza un’imponente colonna di fumo nero come pece,
seguita da altre esplosioni più contenute. Tutti e quattro impallidiscono.
«In quella direzione…» esordisce
Izuki.
Tetsuya si sente morire, «…
Ogiwara-kun…»
L’Alchimista di Ghiaccio e i due
ribelli corrono a perdifiato, sperando di essersi sbagliati nonostante sia una
speranza vana; sanno fin troppo bene che in quel punto preciso c’è solo
l’ospedale di Ogiwara.
“Hanamiya!” pensa Tetsuya con rabbia, conscio che solo lui è capace
di uno scempio simile.
Fin troppo velocemente giungono a
ciò che resta della clinica, ridotta del tutto in cenere; nessuno può essersi
salvato.
Kuroko scorge con a coda
dell’occhio Makoto, poco distante da loro, intento ad ammirare quasi
ipnotizzato il proprio lavoro. Sente di non aver mai provato tanto odio nei
confronti di qualcuno.
«Tu…» sibila, sentendosi troppo
sconvolto pure per urlare. Ad ogni passo sente le membra farsi più pesanti,
intorpidite, si estrania così tanto dal proprio corpo che si rende conto di
star piangendo solo quando la sensazione di umido sule guance è troppo presente
per poter essere ignorata.
Stringe la Pietra Filosofale con
tanta forza che per un solo istante teme di frantumarla; per la prima volta
nella sua vita, prova un profondissimo desiderio di uccidere, è tanto
opprimente che lui stesso se ne spaventa un po’, tuttavia quella lieve paura
viene subito spodestata dalla fredda rabbia che lo pervade fino alle viscere.
«Perché?» riesce solo a
domandare, sentendo vibrare pericolosamente la propria voce. Non vuole davvero
una spiegazione, non ce n’è una che possa essere accettabile, però quella è
l’unica domanda che gli vortica nella testa con tanta violenza da dover per
forza essere posta.
«Perché?» ripete a sua volta
l’Alchimista Cremisi, beffardo, «Ordine del Comandante Supremo, pare che qua in
zona si aggirassero un po’ troppi scarafaggi» termina con un ghigno che acceca
del tutto ogni traccia di buonsenso da parte di Kuroko.
Tetsuya sta per lanciarsi
all’attacco – “Mi basta sfiorarlo”
pensa, “Mi basta sfiorarlo e avrà ciò che
merita!” – ma una mano si serra con decisione sul suo polso, frenandolo.
«Questa è zona neutrale,
ricordi?» gli sussurra lo sconosciuto, serio, «È ciò che avrebbe voluto
Ogiwara…»
Kuroko lancia uno sguardo di odio
puro ad Hanamiya, ma al posto di colpirlo crea una cortina di vapore abbastanza
densa da coprire loro la fuga.
“Fermerò questa guerra. Per Ogiwara-kun”.
Death Note: Ed eccoci arrivati a metà! Mancano solo due capitoli
e l’epilogo.
Dunque, qui abbiamo un Kise che per una volta mette da parte la sua
maschera da scemo del Villaggio e fa qualcosa di utile – povero Kise, sempre
trattato da idiota o donnetta isterica… – poi abbiamo un Midorima che alla sua
seconda apparizione sta… dormendo, come nella prima *heart*
Dopotutto è abbastanza comprensibile, si sta davvero massacrando di lavoro al
punto che di tanto in tanto gli capita di crollare addormentato senza neanche
rendersene conto. E Takao ovviamente ne approfitta x° (ed è anche un patatino
amorevole con Momoi, quindi perdoniamolo, va’).
Kagami e Kuroko se le danno di santa ragione.
Ogiwara schiatta. LOL. Come mi diverto :3 (Ignoratemi, oggi sono
particolarmente idiota).
Ed ecco che finalmente Kuroko prende una decisione (e per fartela
prendere dovevano accopparti il migliore amico. Tu sì che sei un genio,
Kurokocchi-).
Niente, ci vediamo al prossimo capitolo, sperando che io mi ritrovi ad
essere un filino più seria <3.
Kise sa di non essere una persona
che rimugina troppo sul da farsi. Gli piace prendere le decisioni basandosi sul
proprio istinto, eppure questo, nel momento più cruciale, gli volta le spalle,
lasciandolo solo in pasto ai dubbi.
Troppi “se” e troppi “ma” gli
vorticano senza sosta nel cervello e lui si sente soffocare.
Non riesce proprio a capire cosa
l’abbia spinto, il giorno prima, a lasciare in vita Kagami, dopo essere stato
lasciato da solo con l’Alchimista di Fuoco avanti a sé, privo di sensi. Si è
ritrovato a pensare di non volere sull’altro una vittoria tanto vile e quindi
si è ritirato, nonostante quella motivazione non possa essere considerata tale.
“E allora perché?” si domanda, mentre passa una mano tra i capelli
di Kasamatsu.
Il senpai, dopo averlo visto
tornare all’accampamento con la notizia di essersi fatto scappare Kuroko, è
stato molto duro con lui, tanto che Ryouta è davvero convinto che il livido che
gli ha lasciato sulla spalla non andrà via in meno di un paio di secoli; una
volta in privato, però, Yukio si è accorto subito del turbamento del proprio
sottoposto ed è stato molto più comprensivo.
«Senpai, aiutami, non so cosa
fare…» sussurra, sentendo di avere davanti l’unica persona a cui oserà mai
chiedere appoggio.
«Me lo stai chiedendo come tuo
superiore o come compagno?» sbuffa lui, scostando la mano di Ryouta che è
ancora tra i suoi capelli.
Kise gonfia le guance, fingendosi
contrariato, poi riprende ad intrecciare le dita tra le ciocche scure. «Come
compagno».
«Stai per dirmi cos’è successo
davvero ieri?»
«So dove si nasconde il SEIRIN»
mormora con la sua voce più bassa. Si aspetta di essere di nuovo preso a pugni
e calci dall’altro, ma non succede, Yukio lo sta fissando come se non riuscisse
davvero a vederlo e la cosa lo lascia ancora più inquieto.
«E non l’hai detto nel rapporto»
quella di Kasamatsu non è una domanda, ma una semplice constatazione dei fatti,
quindi Kise decide di non rispondere, anche perché – ed è assurdo, lo sa – teme
che la propria voce possa distruggere la fragile quiete che li avvolge.
Yukio si lascia sfuggire un lungo
sospiro, prima di riprendere a parlare, «Come Generale, dovrei intimarti di andare
dal Comandante Supremo e dirgli tutto ciò che sai» gli fa notare, con la voce
stanca di chi sa già che sta per mettersi nei guai fino al collo.
«E come compagno?»
«Resta sempre fedele a ciò che il
tuo cuore e la tua coscienza ti dicono di fare» risponde, con una lieve nota di
solennità nella voce. Ha sempre apprezzato chi riesce ad essere coerente con se
stesso; ormai in quell’esercito l’unico modo per fare carriera è ingoiare di
giorno in giorno la propria morale, fino a farla scomparire del tutto, fino ad
annientarla, annichilirla, fino ad arrivare al punto di poter partecipare ad
una guerra tanto vile senza avere il minimo scrupolo.
“Ed io sono Generale. Quanta della mia morale e della mia dignità ho
gettato, per questo?” pensa con un sospiro lieve quanto un battito di
ciglia, rendendosi subito conto che non vuole che Kise faccia la sua stessa
fine, lui in qualche modo è ancora puro
e l’ultima cosa che desidera al mondo è metterlo nella condizione di
corrompersi, quindi non lo costringerà a tradire i suoi amici, anche se così
facendo sa di mettere in pericolo l’intero esercito, se stesso compreso.
Lo sguardo di Kise si fa
incredulo e lui si sente più che legittimato a mollargli, questa volta, un
sonoro schiaffo dietro alla nuca, «Cos’è quella faccia?»
«Senpai!» si lamenta, quasi solo
per il puro gusto di lagnarsi, poi torna serio ad una velocità quasi
preoccupante, «È che sei sempre così retto e disciplinato che pensavo mi
avresti trascinato per i capelli fino alla tenda di Akashicchi».
«È ciò che avresti voluto?»
«…»
Un secondo schiaffo colpisce
l’Alchimista di Stato, ma questa volta non se ne lamenta, sa di meritarselo.
Lo sguardo di Kasamatsu diventa
acciaio puro, «Pensavi di usarmi così? Se io dovessi costringerti a dire la
verità ad Akashi, tu potresti parlare senza sentirti in colpa perché la
responsabilità ricadrebbe tutta su di me!»
Kise abbassa lo sguardo, perché è
proprio ciò che gli è passato per la testa, «Sono orribile» mormora, credendo
davvero nelle parole che dice ed essendo sicuro di essersi tirato addosso il
disprezzo del senpai.
A dispetto di qualsiasi
aspettativa di Ryouta, l’altro lo stringe a sé, rassicurante, «Questo posto è
orribile» lo corregge, «E tira fuori il peggio delle persone» gli sussurra,
forse con voce un po’ troppo burbera.
Kise si lascia stringere dall’altro,
con così tanto sollievo nel petto che per la prima volta da mesi crede sul
serio che andrà tutto bene, «Sai…» esordisce, esitante, «Non penso che sarei
andato fino in fondo. Una volta davanti ad Akashicchi non avrei comunque
parlato».
«Questo perché sei uno stupido
idiota» lo rimbrotta pacatamente l’altro, per poi concedersi un secondo
sospiro, «Non cambiare mai».
[…]
Riko sa che essendo lei
l’ideatrice del piano di reclutamento, non dovrebbe aver alcun motivo di
lamentarsi per l’arrivo tra loro dell’Alchimista di Ghiaccio, eppure non riesce
proprio a fidarsi, troppi atteggiamenti ambigui da parte del ragazzo e tutto
ciò le puzza di trappola.
Al momento, Kuroko è stato
perquisito e ammanettato in modo che non possa eseguire trasmutazioni, ma non è
del tutto sicura che questo basterà a tenerlo sotto controllo: per quanto
sembri innocuo è pur sempre parte della Generazione dei Miracoli.
«Che ne facciamo di lui? È troppo
rischioso tenerlo con noi» borbotta Hyuuga indicando Tetsuya, sulla stessa lunghezza
d’onda della ragazza.
Teppei sospira, cercando di
suonare più ragionevole che può, «Ha risparmiato Kagami e mi ha seguito senza
esitazioni. E abbiamo tutto il resoconto di Izuki sul loro primo incontro da…
Ogiwara» la voce si incrina appena nel pronunciare il nome, ma si riprende
subito, «E poi se non l’avessi fermato io, avrebbe ucciso Hanamiya».
«E a proposito di questo» ringhia
Junpei, «Perché cavolo non gliel’hai lasciato fare?»
«Non potevo lasciarglielo fare in
quel luogo. Sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di Ogiwara, ci
saremmo abbassati al livello di quel folle».
La stratega si porta una mano al
viso, esasperata, esprimendo a voce il pensiero di tutti, «Prima o poi la tua
morale ci farà uccidere tutti» sospira.
«Resta il fatto» riprende Hyuuga,
guardando male prima l’amico e poi l’Alchimista di Stato, «Che potrebbe essere
stata tutta una messinscena architettata ad arte per farlo infiltrare qua e
distruggerci dall’interno. Non poss–»
«Con tutto il dovuto rispetto» lo
interrompe Tetsuya, che fino a quel momento non ha detto una sola parola per
difendersi, «Potete accusarmi di qualsiasi cosa vogliate, tranne del fatto che
la mia amicizia con Ogiwara-kun fosse una messinscena o che io sia in qualche
modo coinvolto con la sua morte» dice, così gelido che nessuno osa mettere in
dubbio le sue parole. Nascosto sotto al ghiaccio, c’è così tanto sincero dolore
nella voce del piccolo alchimista che per un solo secondo Riko si sente
meschina nell’aver dubitato di lui.
All’improvviso, Taiga si alza di
scatto, avvicinandosi al prigioniero per essere certo di guardarlo bene negli
occhi. «Tutti quei discorsi sul non sfidare Akashi?» domanda con ferocia,
perché anche lui come Riko e Hyuuga trova troppo ambiguo il comportamento del
ragazzo in cui tempo prima aveva riposto tutta la sua fiducia.
Tetsuya non riesce a non
guardarlo come si guarda uno stupido, ma ciò non fa che gelare ancora di più
l’atmosfera, «Kagami-kun, avresti finito per farti uccidere e basta. La tua morte,
oltre che inutile, sarebbe stata anche controproducente, scoraggiando chiunque
stesse pensando che questa guerra vada fermata».
“E poi, non volevo vederti morire” pensa.
«Però hai un legame con Akashi»
replica Kagami e Tetsuya non può fare a meno di cogliere una lieve nota di gelosia
nella voce dell’altro.
«Non lo nego» dice, rendendosi
conto da solo di quanto possa essere a suo sfavore una dichiarazione del
genere; tuttavia è convinto che mentire possa solo peggiorare la situazione.
«Ed è per questo che ho cercato di convincerlo a rinunciare a questa guerra».
«E tu pensavi davvero che saresti
riuscito a convincerlo?»
Kuroko si permette un sospiro e
deve usare davvero ogni grammo di forza di volontà per non abbassare lo
sguardo, «Temo di aver peccato di presunzione, Kagami-kun».
L’Alchimista di Fuoco fissa per
diversi secondi il collega, prima di sedersi di fianco a lui, vinto; «quindi la
tua unica colpa è quella di essere un presuntuosissimo ingenuo» sbotta in
direzione dell’altro. Per un attimo prova a mettersi nei suoi panni e per la
prima volta si rende conto di quanto possa essere stato difficile per Tetsuya
decidere da che parte stare. Da una parte la certezza assoluta di star
logorando la propria morale, quasi al punto di abnegare se stesso, dall’altra
combattere contro gli unici affetti che ha, fino ad ucciderli o a farsi
uccidere da loro. Rabbrividisce appena, per poi ricomporsi nel momento stesso
in cui Kiyoshi parla.
«Avevamo già deciso di rischiare
il tutto per tutto» ricorda loro, con un lieve sorriso sulle labbra, «E Kuroko
è motivato tanto quanto noi a porre fine a questa guerra».
Hyuuga sbuffa e si aggiusta gli
occhiai sul naso, in un gesto che a Kuroko e a Kagami ricorda tanto Midorima,
«Rimane il problema del biondino. Kuroko l’ha portato fino a qui, sa dove ci
nascondiamo».
«Dubito che Kise-kun dirà
qualcosa» mormora Tetsuya, con aria pensierosa, «Quando io, Izuki-san e
Kiyoshi-san siamo corsi verso… il luogo
dell’esplosione, lui è rimasto solo con Kagami-kun e non lo ha comunque
ucciso. Senza contare che è già passato un po’ di tempo, a quest’ora i soldati
di Amestris sarebbero già stati qui se lui avesse parlato» conclude, cercando
di ignorare la stilettata di dolore al petto che ha sentito nel ripensare al
momento in cui Shigehiro è stato ucciso.
Di fianco a lui, Kagami tira un
lungo sbuffo esasperato, «Abbiamo appena finito di dire che sei un ingenuo» ci
tiene a fargli notare. Solitamente tra i due è Kuroko quello ragionevole eppure
sembra che al momento attuale non gliene vada proprio una giusta, quindi Taiga
si sente ben stretto nel ricoprire quel ruolo che non gli è mai appartenuto.
«Pur stando così le cose, noi non
scapperemo» decreta Riko, stupendo tutti. Ha lo sguardo determinato ed è più
che chiaro che non accetterà alcun tipo di replica, «Se arriverà qualcuno ad
attaccarci, noi saremo pronti; se non arriverà nessuno, tanto meglio per noi,
nel migliore dei casi avremo anche guadagnato un alleato in più. Una cosa che
non faremo affatto, però, è scappare come conigli. Noi combatteremo, l’abbiamo
deciso anni fa ed è ora di arrivare alla resa dei conti».
«Va bene, va bene» sbotta Hyuuga,
alzando le mani, dichiarando la resa. Sa fin troppo bene che con Riko non la
spunterà mai, «Kagami, Kuroko, a voi il primo turno di guardia. Izuki, tu vieni
con me, andiamo a prendere a calci qualche culo in divisa» aggiunge, burbero,
uscendo all’esterno e seguito a ruota da Shun.
C’è incertezza nello sguardo di
Taiga, mentre si appresta a liberare Kuroko dalle manette che gli costringono i
polsi. Si chiede se sia saggio affidare a Kuroko il compito di fare la guardia
assieme a lui, eppure nessuno si è opposto alle parole di Hyuuga, nemmeno Riko,
benché si stia mordicchiando il labbro con aria pensosa.
Infine sembra che la ragazza opti
per dare fiducia al nuovo arrivato, perché lancia loro uno sguardo che promette
serie ripercussioni su entrambi, se non si danno una mossa ad uscire ed
iniziare la ronda.
Kagami osserva l’altro alzarsi e
massaggiarsi i polsi doloranti ed è solo in quel momento che si ricorda di
avergli ustionato in modo abbastanza grave una spalla e deve davvero fargli
male, al punto che di tanto in tanto si può chiaramente distinguere il muscolo
offeso contrarsi in lievi spasmi.
Il suo primo pensiero è di
portarlo da Ogiwara – lui saprebbe far cessare subito quel dolore – poi si
rende conto che Shigehiro non c’è più, è diventato solo una macchia che
arricchisce la lista di disgraziati senza nome che hanno perso la vita in
qualcosa di privo di qualsiasi senso.
Segue Tetsuya fuori dal rifugio
del SEIRIN e non riesce a fare a meno di ripensare al momento esatto in cui gli
ha inferto quella ferita. In quell’attimo ha sentito una rabbia mai provata,
mista ad una delusione che lo ha leso così tanto nel profondo che ancora adesso
che tutto sembra essersi appianato, non sa se la ferita si rimarginerà mai del
tutto.
Il perché di tutto il dolore
provato nel sentirsi tradito proprio da Kuroko è così semplice che Taiga non ha
faticato a comprenderlo, pur senza riuscire del tutto ad accettarlo.
È innamorato di Tetsuya ed in
quel momento, mentre si è apprestato a combattere contro di lui, una sola
grande certezza lo ha invaso: se proprio Kuroko doveva morire, sarebbe stato
lui ad ucciderlo, i suoi ultimi istanti di vita non sarebbero dovuti
appartenere a nessuno che non fosse lui.
Nel ripensarci, si rende conto di
quanto quel pensiero possessivo sembri più degno di qualcuno come Akashi che di
lui, eppure non riesce proprio a pentirsi di quel ragionamento.
Ama Kuroko dalla prima volta che
l’ha visto, a Briggs; lo ha amato nel vederlo lottare per sopravvivere in un
luogo che gli è sempre stato del tutto estraneo ma allo stesso tempo familiare,
lo ha amato nel vederlo tanto fragile nel corpo ma tanto forte nello spirito,
lo ha amato perché se prima di conoscerlo è stato solo un soldato, grazie a Tetsuya
è diventato qualcosa di diverso. Kuroko lo ha trasformato nella propria luce,
il loro legame è così forte che non c’è nulla di sbagliato nel pensare che se
l’ombra deve soccombere, non può che essere la luce ad occuparsene; si
appartengono e completano a vicenda, la vita o la morte di uno è nelle mani
dell’altro.
«La tua spalla?» domanda,
burbero. Si dice che vorrebbe davvero addolcire un po’ il tono di voce, ma
proprio non ci riesce. Non per la rabbia che ha continuato a provare per
l’altro fino a pochi minuti prima, ma per l’imbarazzo degli ultimi pensieri che
gli hanno affollato la mente.
Kuroko gira appena il capo nella
sua direzione e si prende diversi secondi per osservarlo, prima che un lieve
sorriso gli fiorisca sulle labbra sottili, «Non preoccuparti. La tua tempia?»
«Non mi sembra neanche di essere
stato ferito. Certo che sei proprio debole».
Il sorriso di Tetsuya si amplia di
poco ed evita di far notare all’altro che se non sente nulla è solo perché lui
l’ha curato subito. Fino a qualche tempo prima, lo avrebbe detto senza pensarci
due volte, dando vita ad un leggero battibecco, ma adesso non ha davvero voglia
di litigare con l’altro, anche solo per finta.
Quella guerra ha tirato fuori il
peggio di entrambi, portandoli quasi ad uccidersi a vicenda, tuttavia Tetsuya
non riesce a non pensare che forse non tutto il male vien per nuocere. È stato
quando si è reso conto di non essere in grado di uccidere Taiga che si è accorto
della reale portata dei sentimenti che prova nei suoi confronti.
In quei brevi istanti, ha davvero
provato ad immaginare una vita senza Kagami e ha semplicemente realizzato che
una cosa del genere non sarebbe mai stata possibile, ormai quello era il suo
mondo, un alternarsi continuo di luce e ombra. Sa che non sarà mai più in grado
di vivere di sola oscurità ed una volta accettato ciò, la situazione nella sua
mente si è fatta cristallina.
«A cosa stai pensando, Kuroko?»
«Penso che credo di essere
innamorato di te, Kagami-kun».
Se Taiga non smette di camminare,
nonostante la sorpresa cerchi di imporgli l’immobilità, è solo perché è certo
che Riko, da lontano, li stia controllando.
È più che sicuro di essere
diventato della stessa tonalità dei propri capelli e si ritrova a ringraziare
l’oscurità che avvolge tutto, mascherando in parte il suo imbarazzo. Prende più
volte aria e più volte si ritrova a sfiatare senza che un solo suono riesca a
liberarsi dalla sua gola.
«Dannazione, Kuroko! Non puoi
uscirtene con frasi così imbarazzanti!» Esala quando si riappropria delle
proprie facoltà mentali.
Infine raggiungono la loro meta,
il punto più alto di una modesta collina ricoperta per una buona metà di
sabbia, da lì possono tenere sotto controllo l’intera base e l’area
circostante.
Kuroko si dice che forse da un
lato sarebbe meglio far finta di non avere detto nulla e concentrarsi solo sul
compito che avrebbero dovuto svolgere, eppure proprio non ce la fa, non è da
lui essere incoerente con se stesso. E poi ha notato il rossore che ha coperto
il viso dell’altro e prima ancora lo ha osservato abbastanza bene da poter
azzardare che ci siano buone probabilità che l’alchimista ricambi i suoi
sentimenti.
«Mi dispiace» dice, allora,
deciso a non far cadere l’argomento, «Ma è ciò che sento e non posso far finta
di nulla».
Taiga non gli dà neanche il tempo
di finire la frase che lo afferra per il bavero della divisa e avvicina il viso
a quello dell’altro, in un gesto tanto istintivo che una volta resosi conto di
cosa sta per accadere, non può fare a meno di fermarsi, in preda all’imbarazzo
più totale.
È certo di vedere fiorire un
sorriso quasi divertito sul viso dell’altro, quando è finalmente il più piccolo
a porre fine alla distanza che c’è tra loro.
Kagami ci mette fin troppo a
capire che il senso di liberazione che prova all’altezza del petto è dovuto al
bacio in cui l’altro l’ha appena coinvolto ed una volta realizzato ciò, si
affretta a ricambiarlo, impacciato.
“Sono un’ombra” pensa di nuovo Kuroko, “Non ho un luogo o uno schieramento, ma ho una luce tanto intensa che
porta la speranza per il domani e la seguirò fino all’inferno”.
[…]
Quando Akashi li accoglie ad Ishval, completamente a suo
agio in mezzo a sabbia pregna di sangue e urla che riempiono con prepotenza le
orecchie, Midorima deve davvero usare tutto l’autocontrollo di cui dispone per
non cedere alla nausea.
Quella che sta andando avanti non
può quasi essere definita guerra, è solo una strage in piena regola, gli
avversari non hanno la minima possibilità di difendersi dagli alchimisti e il
contrattacco è solo utopia.
“Per cosa stiamo combattendo?” si chiede, stringendo forte il
proprio oggetto fortunato, aggrappandosi ad esso per non far crollare la sua
maschera di imperturbabilità. Non può permettersi di mostrare la sua
insicurezza. “Una guerra è quando due
fazioni si scontrano per qualcosa. In
una guerra, entrambe le parti sanno a cosa vanno in contro. Una guerra posso
accettarla, questo no. Questo è uno sterminio… ed io ho contribuito a ciò”
non riesce a non pensare a quanto potrebbe essere più rossa quella sabbia e
quelle urla più alte e disperate se tutti gli Alchimisti di Stato fossero
equipaggiati con la Pietra Filosofale.
«Shintarou».
La voce del Comandante Supremo lo
riscuote dalle sue cupe riflessioni.
«Spero che Satsuki vi abbia
spiegato la situazione» dice, serio, guardando prima Midorima e poi Takao; non
aspetta una risposta, non ce n’è bisogno, sa già che Momoi ha fornito loro un
quadro dettagliato delle vicende. «Tetsuya infine si è davvero alleato con il
SEIRIN. Io devo tornare a Central City, dovete catturarli vivi e portarli da
me, verranno giustiziati sulla pubblica piazza come monito a tutta Amestris»
decreta, con lo sguardo che fiammeggia d’ira. Ha voluto dare una possibilità a
Kuroko e lui l’ha tradito senza pensarci due volte, ma si dice che se l’è
aspettato, dopotutto far uccidere quell’Ogiwara è stato solo un espediente per
farlo uscire allo scoperto.
«C’è altro?» domanda Midorima,
serio.
Akashi non riesce a reprimere un
ghigno, dopotutto la situazione è quasi comica dal suo punto privilegiato di
spettatore, «Tetsuya ha una Pietra Filosofale» si limita a dire.
L’Alchimista di Cristallo inarca
appena le sopracciglia, «Come ha fatto ad averla?»
«Gliel’ho data io».
«Tu gli hai dato una Pietra
Filosofale?» domanda Shintarou, non riuscendo a credere che Akashi Seijuurou
abbia davvero potuto fare qualcosa di tanto stupido.
«Dubiti delle mie decisioni,
Shintarou?»
“Sì, neanche immagini quanto”.
«Ovviamente no» si ritrova a
rispondere, nonostante non creda ad una sola sillaba. Preferisce lasciare a
Kuroko e a Kagami il piacere di
scoprire quanto possa essere pericoloso contraddire il Comandante Supremo.
Sente Takao avvicinarsi di più a
lui e ciò non può che dargli un po’ più di stabilità, quindi riesce a
ricambiare lo sguardo di Akashi senza che questo riesca a cogliere quante
incertezze abbia in realtà dentro di sé l’Alchimista di Cristallo.
«Meglio così» sibila Seijuurou,
prima di superarli, dando loro le spalle, «Trovateli, sono sicuro che non mi
deluderete».
Nel momento in cui infine il
Comandante Supremo è così lontano da non essere più visibile nemmeno agli occhi
di Takao, entrambi sentono l’aria un po’ più leggera. Sempre pregna di morte,
certo, ma per assurdo l’aura negativa emanata da Akashi è quasi più intollerabile.
«Shin-chan?» chiama Kazunari,
dubbioso.
Conosce così bene Shintarou da
sapere quali sono stati gli esatti pensieri dell’alchimista una volta messo
piede ad Ishval e deve ammettere che per quanto ne condivida lo sconcerto, non
vuole che sia lui ad accollarsi tutta la colpa.
Akashi l’ha obbligato ad iniziare
il progetto della Pietra Filosofale e lui più di tutti sa quanto Midorima abbia
desiderato smettere nel momento stesso in cui quella ricerca ha cominciato ad
avere dell’inumano.
Non conosce i dettagli,
l’Alchimista di Cristallo non ha mai voluto rivelarglieli e Kazunari pensa che
sia un modo per difenderlo da una realtà ancora più crudele della guerra – no,
dello sterminio – che stanno portando
avanti. È più buono, altruista e fragile di quanto ammetterà mai, quindi quando
gli poggia una mano sulla spalla lo fa con il timore che possa crollare in mille
frammenti in qualsiasi momento.
«Ci sono alcune cose che non
tornano nel rapporto di Kise. Cominceremo da lui» dice l’alchimista con voce
ferma, a differenza dei primi passi che compie verso l’area riservata alla
Squadra Ricognitiva Kaijou; vacilla qualche istante, per poi stabilizzarsi nel
momento in cui Takao lo raggiunge.
«Midorimacchi!~
Takaocchi!~»
Non fanno neanche in tempo a
chiedere di lui che Kise corre nella loro direzione, gridando i loro nomi come
se non li vedesse da anni – ed in effetti è così, ma Midorima proprio non
riesce a sopportare le “dimostrazioni d’affetto” dell’altro Alchimista di Stato
–, Ryouta fa per stritolare Shintarou in un abbraccio degno di un Boa, ma
questo si scansa abbastanza veloce da far in modo che la vittima designata
diventi Takao.
«Kise-chan, mi sei mancato anche
tu, ma le costole mi servono ancora, sai?~» motteggia
Kazunari, che ad esclusione del respiro mozzato non sembra infastidito
dall’abbraccio dell’altro.
Quando alla fine le due più
grandi piaghe dell’esistenza di Shintarou decidono di separarsi, scocca uno
sguardo grave a Ryouta.
«Dobbiamo parlare di ciò che hai
visto il giorno in cui Kuroko si è unito al SEIRIN» mette in chiaro fin da
subito, per poi rendersi conto che avrebbe anche potuto non farlo: dallo
sguardo improvvisamente serio di Kise è chiaro che si sia sempre aspettato che
qualcuno sarebbe arrivato a fargli delle domande.
Raggiungono un luogo appartato e
dopo che tutti e tre si sono accomodati su scomodi sassi, Midorima decide che
prima di ogni altra cosa deve prendersi qualche istante per esaminare il
collega.
Lo vede torcersi appena le mani,
in un gesto che vorrebbe essere discreto, ma che in realtà non fa che rivelare
la sua ansia in vista delle domande che potrebbero o meno fargli.
“Quindi ha qualcosa da nascondere” pensa Shintarou, rendendosi conto
che è così palese che non riesce a capire come abbia fatto Akashi a non
accorgersene.
“A meno che non lo stia mettendo alla prova. Ormai Akashi vede nemici
ovunque, la posizione di Kise è critica” si dice che vorrebbe davvero
dimenticarsi delle incongruenze nel rapporto stilato dall’altro, tuttavia non
riesce a ricordare quale sia stata l’ultima volta in cui ha fatto ciò che
davvero vuole. Un po’ per seguire gli ordini dettati dagli astri e un po’ per
seguire quelli dispotici di Akashi, il suo fato non gli appartiene più da tanto
tempo, ma ormai la cosa è così radicata in lui che quasi non ci fa caso.
«Dunque, dici di non aver visto né
il SEIRIN, né la loro base operativa, corretto?»
«Sì».
«Eppure Hanamiya sostiene, nel
suo rapporto, di aver visto Kuroko in compagnia di alcuni membri del SEIRIN. In
quel momento, Kuroko doveva essere fuggito da poco e non trovo credibile che tu
non li abbia visti».
Kise si mordicchia un labbro e
sembra quasi cercare aiuto nello sguardo di Takao, che tuttavia è troppo
impegnato a guardare Shintarou mettere sotto torchio uno dei suoi migliori
amici.
«Saranno stati attirati
dall’esplosione e saranno giunti sul luogo insieme» mente Ryouta, passandosi
una mano tra i capelli.
«Certo» gli concede Shintarou,
aggiustandosi gli occhiali sul naso, «Ma Hanamiya sostiene anche che Kuroko
avesse un’importante ustione sulla spalla, cosa che mi fa pensare che abbia
combattuto con Kagami. Tu dov’eri mentre accadeva ciò?»
Kise non riesce proprio a
rispondere a quella domanda, sa benissimo che negare a quel punto è da stupido
e – a dispetto delle apparenze – lui non lo è affatto.
«Kise, tu li hai visti» rincara
l’Alchimista di Cristallo, guardandolo con severità.
L’altro sbuffa e incrocia le
braccia al petto, forse per nascondere il lieve tremore alle mani derivato
dall’essere stato messo con le spalle al muro, «Anche se fosse? Ho visto loro,
non la base!»
Midorima sta per ribattere
qualcosa e dall’espressione scura che ha in volto dev’essere qualcosa di per
niente carino, ma uno sguardo di Kazunari basta, se non a calmarlo, almeno a
fargli passare la voglia di strozzare Kise con le sue stesse mani.
«Perfetto» esordisce Shintarou,
«Allora ci porterai nel punto preciso in cui tu e Kuroko vi siete Separati.
Inizieremo le ricerche da lì» decreta.
Basta un solo istante e le difese
di Ryouta crollano e lui assume un’espressione quasi supplichevole,
«Midorimacchi…»
«Kise» lo interrompe,
irremovibile, prima che l’altro dica qualcosa che possa metterlo ancora di più
nei guai, «Tu ci condurrai lì, perché la tua situazione è già abbastanza grave
e se tu non aiuti me adesso, io non sarò in grado di aiutarti davanti ad Akashi
quando tutta questa questione sarà finita».
«Ma si tratta di Kurokocchi…»
«Che pare non abbia esitato un
istante a metterti in questa situazione» ribatte l’altro, senza riuscire a
nascondere l’irritazione profonda che gli causa l’intera situazione. Si
guardano negli occhi per diversi secondi, ma alla fine Kise è il primo ad
arrendersi. «E sia» risponde, sfiatando aria e senso di colpa.
[…]
Aomine non sa dare un nome
preciso alla brutta sensazione che ha avuto nel veder rientrare
all’accampamento Kise da solo, senza Kuroko. Si è trattato di una morsa
dolorosa alla bocca dello stomaco, qualcosa di ancora più forte di un brutto
presentimento, qualcosa che ha rasentato la certezza assoluta.
Il suo istinto animale, per
quella volta, non ha avuto nessun merito in quella sensazione che lo ha
tormentato nell’osservare l’Alchimista Specchio incupirsi di passo in passo,
no, lui ha sempre saputo che sarebbe finita così, quindi non ha tradito nessuna
emozione nel sentirlo annunciare che infine anche Tetsuya si è alleato al
SEIRIN. Sì è limitato ad annuire, impassibile, per poi scattare poco dopo come
una belva, desiderando scaricare tutto l’odio nei confronti di Kagami – inutile
dirlo, la causa del tradimento di Tetsuya – su Kise, l’idiota che è riuscito a
farselo scappare con una facilità inaudita.
Se non fosse intervenuto Yukio ad
allontanare l’alchimista, anche se di sicuro alla fine lui stesso lo ha pestato
ancora più duramente di quanto avrebbe fatto lui, gli avrebbe come minimo
spaccato quella faccia che osava esibire in un’espressione dispiaciuta.
La sua opinione di Kise non può
che peggiorare, quindi, nel sentirlo parlare con Midorima, adesso. Li sente
nominare Kuroko e questo lo spinge a nascondersi per origliare indisturbato il
loro colloquio. Shintarou non deve neanche insistere troppo per farsi dire dal
collega almeno parte della verità sugli eventi che lo hanno portato a dividersi
da Kuroko.
È solo quando Midorima e Takao
iniziano a seguire Kise che lui si convince a ragionare con almeno un po’ più
di lucidità. Sa che la rabbia che prova per Ryouta in realtà è tutta quella che
dovrebbe essere indirizzata a Kagami, è lui che ha reso Tetsuya un fuorilegge a
cui verrà riservata la pena capitale, è lui che per un suo stupido capriccio
sta portando Kuroko in un inferno ancora peggiore di quello progettato da
Akashi, lo sta mettendo contro la sua famiglia.
È un concetto troppo profondo e
legato ad ognuno di loro per poter fare in modo che un estraneo come Kagami
possa capirlo; la verità è che nonostante provengano da posti diversi,
nonostante siano stanziati negli angoli più remoti di Amestris, loro della
Generazione dei Miracoli sono una famiglia e Taiga si sta trascinando via uno
di loro. È pure convinto di star facendo la cosa giusta, il bastardo.
“Forse la sta facendo davvero” pensa Daiki, per poi disgustarsi di
se stesso, “Io devo eliminare la mia
stessa gente e tutto ciò è un abominio, ma se mai decidessi di ribellarmi, non
trascinerei in rovina altre persone per una mia battaglia personale. Sono
egoista, ma non fino a questo punto” si dice in un rapido sprazzo di
lucidità. Poi la rabbia torna ad annebbiare qualsiasi buonsenso.
Il desiderio di uccidere Kagami
gli brucia con ferocia nel petto, lo consuma ad una velocità allarmante, eppure
c’è ancora un qualcosa che lo trattiene.
“Se lo uccidessi, Tetsu mi odierebbe a morte, non mi perdonerebbe mai” urla
nella propria testa quella piccola parte di lui non ancora contaminata con il
veleno dell’ira. Prova a darle retta, ci prova davvero, ci mette ogni grammo di
forza di volontà in suo possesso, ma la sua sete di sangue è implacabile e
potrà soddisfarla solo Kagami, ne è troppo conscio per cedere alla saggezza.
Perso com’è nelle sue
considerazioni, fa quasi fatica a rendersi conto che senza alcun motivo
apparente, Takao si è fermato di scatto, guardandosi attorno con l’aria di un
segugio intento ad inquadrare bene la preda.
Sa bene della particolare
capacità di Kazunari, se non ricorda male si chiama HawkEye, quindi sente un fremito
attraversagli tutto il corpo e deve chiudere le mani a pugno per frenare il
tremore alle dita.
“È
qui” pensa prima ancora che l’Occhio di Falco possa dire alcunché. Il suo
respiro si fa di una pesantezza feroce che lo porta a dilatare quasi
all’inverosimile le narici.
«Arriva Kagami!»
Una fiammata dall’aspetto letale scatta
inarrestabile nella loro direzione e se Kise ha la prontezza di spirito di
distruggere con l’alchimia il terreno che hanno sotto i piedi, facendo in modo
che il fuoco passi sopra le loro teste senza far loro alcun male, lo deve solo
all’avvertimento di Kazunari.
Senza aspettare un secondo di più, Daiki
congiunge le mani, attivando i cerchi alchemici tatuati su di esse. Tutto il
carbonio presente nel suo corpo sale in superficie, ricoprendo la sua pelle
come un’armatura. Lui è lo Scudo
assoluto, nemmeno le fiamme generate da quell’insulso alchimista possono fargli
alcunché.
Tuttavia non è mai stato da Aomine
accontentarsi, la difesa non gli basta. Come il suo scudo è impenetrabile, i
suoi pugni possono trapassare da parte a parte un essere umano, senza la minima
difficoltà.
Kagami ne è fin troppo consapevole ed è
per questo che nel vederlo inizia subito ad indietreggiare, evitando in tutti i
modi il confronto diretto con lui. Il viso di Taiga si contrae in una smorfia e
continua ad investirlo con ondate di fuoco sempre più violente; nonostante
sappia già quanto siano inutili, spera comunque di essere in grado almeno di
rallentarlo, per quanto sia una vana speranza.
Aomine è sempre stato più rapido di lui
e anche questa volta non fatica a dimostrarlo, raggiungendo con facilità
l’altro alchimista, pronto a colpirlo, pronto a sentire tessuti, muscoli e ossa
spezzarsi docilmente al passaggio del suo letale pugno.
«Fermatevi!»
Tessuti, muscoli e ossa vengono
trapassati con ferocia, ma non si tratta di quelli di Taiga e quando Daiki se
ne rende conto è ormai troppo tarsi, non gli resta che osservare immobile il
corpo di Tetsuya piegarsi in avanti, contro il suo braccio.
Non ha idea di come abbia fatto ad
essere tanto rapido da mettersi tra di loro e non ha davvero la forza
necessaria per pensarci, tutto ciò che la sua mente è ancora in grado di
registrare è la visione del sangue dell’altro che esce copioso dalla ferita che
lui stesso gli ha inferto.
Barcolla indietro di un paio di passi,
Tetsuya, per poi cadere all’indietro, venendo avvolto dalle braccia di Kagami prima
di toccare terra. È ancora più pallido del solito e respira a scatti,
troppo rapidi e brevi per riuscire davvero a dargli sufficiente ossigeno,
troppo rapidi e brevi per non essere gli ultimi della sua vita.
Le palpebre chiuse di Tetsuya
tremano senza pace nell’immenso sforzo di aprirsi e, quando finalmente ci
riescono, il ragazzo riesce a fatica a mettere a fuoco l’immagine di Taiga
appena sopra di lui.
La faccia di Kagami è così colma
di terrore che Tetsuya è sul punto di cedere alla tentazione di dirgli che
andrà tutto bene, questo prima di ricordarsi che odia mentire e che, in ogni
caso, non crede di avere la forza necessaria per esalare una sola parola.
Ha tanto freddo e il corpo di
Taiga sembra così caldo che vorrebbe solo potersi stringere meglio a lui, ma
qualsiasi parvenza di energia fluisce via da lui assieme ad ogni singola goccia
di sangue che abbandona il suo corpo; quando, infine, pure il dolore si
stempera fino a soccombere, capisce che la fine è vicina.
Vorrebbe lasciarsi andare e
chiudere gli occhi, ma sa fin troppo bene che se lo farà, non sarà mai più in
gradi di riaprirli e in questo momento c’è Taiga accanto a lui, vuole essere in
grado di guardarlo per ogni secondo che gli è ancora concesso.
Lotta con tutte le forze che
ancora non gli sono scivolate via, poi la luce cessa di esistere e c’è solo
oscurità.
[…]
Shintarou non riesce davvero a
spiegarsi il perché, ma nel momento in cui Kuroko è spuntato fuori dal nulla,
il tempo ha cominciato a scorrere in modo più lento, fino a fermarsi.
Le azioni si susseguono, Tetsuya
si accascia sul braccio di Aomine, prima di cadere all’indietro, ma il tempo è fermo. In qualche modo è immobile,
ghiacciato, anch’esso carico di sgomento quanto lo sono tutti loro.
Prova a muoversi, Midorima, prova
a far ripartire il tempo, ma non riesce a far altro che guardare la pozza di
sangue che si allarga da sotto il corpo dell’amico. È un uomo di scienza,
eppure non riesce davvero a capacitarsi del fatto che un corpo così piccolo
possa perdere tanto sangue.
Quella vista lo riempie d’orrore,
ma non riesce a spiegarsi il motivo: il suo compito è quello di portare Kuroko
a Central City, dove verrà giustiziato per tradimento. Nel futuro dell’Alchimista
di Ghiaccio c’è in ogni caso la morte, eppure ogni fibra del suo essere sembra
volersi ribellare al destino dell’amico.
“È un po’ tardi per ricordarsi di avere una coscienza…” si dice, carico di
acrimonia, per poi rigirarsi tra le dita una delle Pietre Filosofali che ha
creato. Per lui sarebbe facile salvare Tetsuya, utilizzando la Pietra, ma
sarebbero tutti sforzi inutili.
Akashi lo vuole morto, quindi lui
lo lascerà morire. In ogni caso, meglio tra le braccia di Kagami che sulla
pubblica piazza come traditore.
«Shin-chan…»
La voce di Takao gli arriva come
un flebile sussurro, supplice, eppure lui ha la certezza assoluta che non lo stia
pregando per la vita di Kuroko; non solo, almeno.
“Cosa vuoi che faccia?” pensa, sentendosi un completo bugiardo nel
fingere pure con se stesso di non capire.
Akashi è il Comandante Supremo e
i suoi ordini non possono essere discussi, non ha senso salvare adesso la vita
di Tetsuya.
Seijuurou gli ha chiesto di
creare qualcosa per rendere invincibile il suo esercito e lui ha eseguito senza
fiatare, a costo della propria umanità, non c’è differenza con quanto sta
accadendo adesso. Così si convince per un primo momento.
Stringe i pugni fino a
conficcarsi le unghie nella carne. Vedere con i propri occhi l’effetto di
quello sterminio l’ha scosso nel profondo, ma mai quanto vedere un amico che
muore per mano di un altro amico.
“Da troppo tempo il mio volere non è più nelle mie mani” si dice,
ammettendo in fine questa verità che Takao l’ha supplicato di riportare a galla.
Si dà dello stupido, perché sa
che si sta mettendo in guai più grossi di lui, ma decide che farà tutto ciò che
è in suo potere non per servire qualcuno che ormai non ha più nulla di umano,
ma per fare ciò che è giusto.
«Levatevi. Ora».
Il tempo riprende finalmente a
scorrere.
Aomine e Kagami, al momento
dimentichi di avercela a morte l’uno con l’altro, si scambiano un’occhiata
dubbiosa, per poi farsi da parte a malincuore dopo una delle peggiori occhiate
omicide di Midorima.
La sabbia sembra ardere e scotta
le mani di Shintarou, in alcuni punti è così pregna di sangue da macchiargli le
dita di un rosso cupo, ma lui continua a tracciare un complicato cerchio
alchemico sul terreno, a pochi passi da Tetsuya.
Un solo errore significa non dare
scampo a Tetsuya, così come anche il metterci troppo tempo, quindi Midorima
trova uno strano equilibrio tra fretta e precisione; le dita gli tremano quando
finisce, al punto da rischiare più volte di farsi scivolare la Pietra
Filosofale dalle mani. Ritrova un po’ di stabilità quando, avvicinando il corpo
di Kuroko al cerchio, vede il petto del più piccolo alzarsi e abbassarsi, anche
se di poco.
“Sono ancora in tempo”.
Congiunge le mani e poi le poggia
al terreno, avvertendo con chiarezza il potere della Pietra Filosofale che,
usando lui come tramite, confluisce al corpo di Kuroko.
Subito, l’ampia ferita si chiude,
la pelle di Tetsuya torna rosea e lo sterno si alza e si abbassa in modo
regolare. Shintarou si sta concedendo un sospiro di sollievo, quando l’Alchimista
di Ghiaccio si mette a sedere di scatto, con gli occhi spalancati e
inghiottendo aria come reduce da una lunga apnea.
«Tsk,
cosa credevi di fare? Non sei in grado di metterti in mezzo in uno scontro tra
quei due, non fare cose stupide, Kuroko» lo riprende non appena è certo che
l’altro sia abbastanza lucido da comprendere le sue parole.
Kuroko si tasta con attenzione
l’addome, non dando segno di aver prestato più di una scarsa attenzione alle
parole dell’altro, poi alza lo sguardo e gli rivolge un sorriso luminoso,
insolito per qualcuno che come lui è abituato ad espressioni vuote, «Ti devo la
vita. Grazie».
«Taci!» lo rimbrotta l’altro ad
alta voce, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso per nascondere l’imbarazzo
causato da un ringraziamento tanto sentito. «In linea teorica, io dovrei
arrestarti» gli fa notare, mentre gli altri si avvicinano con cautela.
Una volta appurato il fatto che
Tetsuya è davvero vivo e in perfetta salute, Taiga abbandona qualsiasi parvenza
di contegno e non riesce ad evitare di stringere a sé l’Alchimista di Ghiaccio,
sentendo ancora addosso la morsa allo stomaco causata dall’averlo quasi perso.
«Tu sei pazzo» ringhia quindi in direzione di Daiki mentre questo sembra
volersi avvicinare troppo a Tetsuya.
Il sollievo derivato dal vedere il
più piccolo ancora vivo è tale che per qualche istante Aomine prende in seria
considerazione l’ipotesi di non cedere alla provocazione dell’altro. Si dice
che ha voluto uccidere Kagami e a causa di quel vortice di pensieri negativi
alla fine il suo migliore amico ci ha quasi rimesso la vita.
È bastato quello per spegnere del
tutto la sua rabbia verso l’Alchimista di Fuoco, ma questo non vuol dire che
lascerà cadere ogni offesa rivoltagli dal rivale, «Spiegami come potevo sapere
che si sarebbe messo in mezzo!» ribatte stizzito.
«Midorima-kun» sussurra Kuroko,
decidendo che ci sono questioni più importanti di un battibecco tra quei due,
«Ti ringrazio di avermi salvato, ma sappi che non ho alcuna intenzione di farmi
arrestare» termina, guardando l’altro alchimista con la determinazione di chi porterà
avanti le proprie convinzioni a qualsiasi costo.
«Idiota» si limita a commentare
l’altro, guardandolo con aria scocciata, «Se ti arrestassi, verresti condannato
a morte e allora a che pro salvarti?» domanda, retorico.
Quella di salvare Kuroko è stata
una decisione azzardata, al principio, ragionata con il pochissimo tempo che ha
avuto a disposizione, adesso riesce a prendere piena consapevolezza di ciò che
ha fatto. Ha salvato una vita.
Ciò che lui stesso ha creato per
distruggere altri esseri umani, può essere usato anche per salvarli, per dare
speranza. Scuote appena la testa nel pensare a quanto ciò sia assurdo: basta
una sola buona azione per essere del tutto assuefatti dalla sensazione di
benessere che causa.
«Ci sei arrivato, eh, Shin-chan?~» gongola Takao con un sorriso sornione che gli fa
venire una gran voglia di picchiarlo. Si trattiene perché, dopotutto, Kazunari
ha ragione; ci ha messo tanto – troppo – a capire quale strada vuole percorrere
e nonostante tutto lui gli è stato sempre vicino a controllare che non si
facesse troppo male con le sue scelte sbagliate.
Si dice che forse gli debba dei
ringraziamenti, ma non è da lui, quindi si limita a guardarlo ed ha la certezza
che Takao capisca.
Non c’è bisogno di chiedere a
Kise che intenzioni abbia, il suo voler è stato palesato nell’aiutare Kuroko a
coprire Ogiwara, nell’aver risparmiato Kagami e nell’aver cercato di tenere
nascosti più dettagli possibili sulla fuga di Tetsuya e sull’ubicazione della
base del SEIRIN.
Gli sguardi di tutti si
concentrano su Daiki.
«Fanculo» borbotta prosaicamente
l’Alchimista Scudo, «Akashi ha proprio perso la ragione, eh?» commenta,
passandosi una mano tra i capelli con aria all’improvviso esausta.
«Sì. Akashi-kun va fermato».
«Non basta che qualcuno di noi
vada ad ucciderlo? Eliminata la testa, le zampe cesseranno di muoversi, no?»
«No, Aomine» sbotta Midorima,
«Non è così semplice».
«Invece è semplicissimo, io
potrei farlo, nemmeno lui sarebbe in grado di fermarmi» fa notare Daiki con una
smorfia. Senza che se ne sia reso conto, tutta la rabbia che ha riservato per
Kagami si è spostata su Seijuurou, tuttavia Kuroko lo guarda con aria così
seria che si sente quasi obbligato a ragionare in modo lucido, senza lasciarsi
andare ancora all’ira.
«Potresti, Aomine-kun, non penso
che Midorima-kun stesse negando le tue capacità. Solo, non è questa la
soluzione… Si possono dire tante cose su Akashi-kun, ma non è mai stato
crudele, è evidente che il potere gli abbia fatto perdere il senno. La
soluzione migliore e cercare di farlo tornare in sé e lui stesso porrà fine a
tutto, quando si renderà conto dell’orrore che sta causando» dice l’Alchimista
di Ghiaccio, e Midorima si ritrova suo malgrado aa annuire.
Taiga segue quello scambio di
battute con una certa dose di apprensione; per un momento prende in seria
considerazione l’ipotesi che quelli siano completamente pazzi, passano da uno
schieramento all’altro con una facilità impressionante ed il perno di tutto è
proprio Tetsuya.
Sia lui che Kuroko sono ribelli,
eppure negli occhi di Aomine c’è stato solo orrore quando si è reso conto di
aver colpito Tetsuya al posto suo.
Kise si è messo nei guai con
Akashi per coprire Kuroko.
Midorima ha il compito di
arrestarli entrambi, eppure ha salvato l’Alchimista di Ghiaccio.
Tutti loro, adesso, stanno
pensando a come fermare il Comandante Supremo.
“È davvero curioso come sia sufficiente che una sola persona si opponga
ad un ordine malvagio perché tutti, inclusi coloro che lo stavano eseguendo, si
rendano conto della crudeltà” pensa, “Speriamo
solo che ciò si applichi anche a colui che ha emesso l’ordine”.
Odia Akashi con tutte le sue
forze ed è consapevole di quanto Tetsuya diventi ingenuo quando si parla del
Comandante Supremo, eppure non vuole costringere Kuroko a vedere un altro amico
morire, se esiste davvero un modo per evitarlo.
«Hai in mente qualcosa?» chiede,
dunque, con un lieve sospiro pregno di rassegnazione.
«In effetti sì» dice l’altro,
indirizzandogli un lieve sorriso di gratitudine, «Midorima-kun, tu hai l’ordine
di arrestarmi, non di uccidermi, giusto?»
«Giusto. Akashi vuole che ti
porti da lui a Central City e lì verrai giustiziato» conferma Shintarou.
«Allora arrestami e portami da
lui, per favore. Gli parlerò e gli farò cambiare idea» dice, senza che un solo
accenno di esitazione lo attraversi.
Gli altri si guardano tra loro,
convinti per la maggior parte che Seijuurou non cambierà mai idea, ormai il suo
animo è troppo corrotto per poter uscire da quel circolo di morte che tanto si
compiace a creare, eppure nessuno di loro se la sente di negare a Tetsuya un
tentativo.
Aomine pone la domanda che aleggia
nella mente di tutti. La risposta è abbastanza ovvia, ma vogliono sentirla
dalle labbra di Kuroko, per essere del tutto certi che la sua determinazione
non vacillerà in caso le cose non vadano come sperato «E se tu dovessi
fallire?»
«Allora non rimarrà che uccidere
Akashi-kun».
[…]
Quando Midorima, Takao e Kise
l’hanno portato al cospetto di Akashi, questo si è limitato a rivolgergli un
sorriso carico di superiorità, per poi ordinare di portarlo nelle prigioni,
dove avrebbe atteso l’alba per essere giustiziato.
Ormai mancano una manciata di ore
al sorgere del sole, ma Kuroko sa che non ha di che preoccuparsi. Seijuurou non
può fare a meno di fargli visita: non si accontenterà di togliergli la vita,
prima deve distruggerlo anche nello spirito ed è una cosa che vorrà avere il
piacere di fare di persona, da solo.
Le prigioni di Central City sono
umide e fredde, ma Kuroko è così abituato al clima rigido di Briggs che non se
ne rende quasi conto. Dal soffitto ricoperto di muffa, cadono ritmicamente
delle goccioline d’acqua, una ogni secondo, uno snervante orologio che farebbe
diventare pazzo chiunque, ma non Tetsuya. La cadenza regolare di quel rumore
sordo è quasi rassicurante, soprattutto quando, finalmente, assieme ad esso
risuonano anche dei passi. Li riconosce subito, sono lenti e leggeri, con una
nota vibrante di decisione, sono i passi di Akashi.
«Tetsuya» mormora il Comandante
Supremo, guardandolo dall’alto in basso, attraverso le sbarre.
Lui, incatenato al terreno,
privato pure del diritto di stare in piedi e fronteggiarlo da pari, ricambia lo
sguardo senza che si dipinga di una qualsiasi emozione. «Akashi-kun».
«Sciocco Tetsuya» lo apostrofa
Seijuurou con un accenno di risata, «Pensavi davvero che saresti stato in grado
di fermarmi?»
Non ha alcuna intenzione,
Tetsuya, di reggergli il gioco. Continua a guardarlo e non dà segno di aver
ascoltato la frase che ha appena pronunciato.
Lo scherno gli arriva alle orecchie,
ma non lo tocca affatto; come potrebbe? Lui sa fin troppo bene che dal suo
colloquio con Akashi dipende il destino di quest’ultimo, è il Comandante
Supremo ad essere in pericolo di vita, non lui.
Vuole salvarlo. Per quante azioni
malvagie possa aver commesso, per quanto sia il mandante dell’omicidio di
Ogiwara, Kuroko vuole che perfino lui abbia una seconda possibilità, perché sa
che quello che gli sta davanti non è il vero Akashi Seijuurou.
«Akashi-kun, ti prego, torna in
te» dice, allora, addolcendo appena il tono di voce.
«Non sono mai stato così “in me”
in vita mia» commenta l‘altro con noncuranza, per poi piegare le labbra in un
sorriso compiaciuto, «Speri sul serio di salvarti la vita in questo modo?»
«No, spero di salvare la tua vita in questo modo».
«La mia vita? Tra poche ore tu
morirai e non c’è nulla che tu possa fare per evitarlo» lo scherno vibra forte
nella voce di Seijuurou; non riesce davvero a credere a quanto stia cadendo in
basso l’altro, pur di salvarsi.
«Forse» gli concede Kuroko,
sbrigativo, come se non fosse quello il nocciolo della questione, «ma dopo che
sarò morto? Pensi che io e Kagami-kun saremo i soli a ribellarci? No. No,
questo è solo l’inizio» si concede una pausa breve, sufficiente a riordinare i
pensieri senza, però, dare il tempo all’altro di prendere la parola,
«Akashi-kun, tu governi col terrore, ma dove c’è paura non c’è rispetto e di
giorno in giorno sempre più persone ti si rivolteranno contro e tu non potrai
giustiziarle tutte. Resterai da solo e quando non avrai più il controllo su
nessuno, sarai tu ad essere giustiziato per le atrocità commesse. È davvero
così che vuoi che finisca? Akashi-kun, sei ancora in tempo per fermare tutto
questo».
Il sorriso crolla dalle labbra di
Seijuurou e gli occhi si dipingono d’ira. Fa un passo avanti e stringe con
tanta forza le sbarre che lo separano dall’altro che sembra quasi sul punto di
frantumarle, «Tu osi dare lezioni a
me? Tu hai perso ed io ho vinto, io ho sempre ragione! Io ho il potere su tutto e difronte a ciò tu non
sei nulla».
«Sono tuo amico».
«E mi hai tradito» gli fa notare
Seijuurou con ferocia.
«No» ribatte Tetsuya scuotendo
appena la testa, «No, sei tu che hai tradito la fiducia che noi tutti
riponevamo in te. Io ti sono amico e in questa veste è mio compito farti notare
quando commetti uno sbaglio, così com’è mio compito non abbandonarti anche
quando non vorrei far altro che odiarti».
«Tu mi saresti amico? Vorrà dire
che tra poche ore avrò un amico in meno» ribatte Akashi, mentre di parola in
parola il suo tono torna beffardo. «Spero che quando sarai sul patibolo riuscirai
davvero ad odiarmi, perché sei solo un sottoposto riottoso che sta per avere
ciò che merita».
Seijuurou gli concede un ultimo
sorriso spietato, poi si lascia alle spalle la cella, ripercorrendo il
corridoio dal quale è venuto.
Non può dire di essersi davvero
aspettato qualcosa di diverso, Tetsuya, ma sa che non si sarebbe mai perdonato
se non avesse fatto almeno un tentativo. Allo stesso tempo non riesce a
rassegnarsi, vuole davvero che tutto torni come prima, vuole davvero che l’altro
Akashi torni da loro.
Resta a fissare il soffitto della
cella, divorato dal muschio, fino a che non sente il passo svelto di Kise, pochi
minuti dopo. Non può fare a meno di sospirare, perché il suo tentativo è stato
un fallimento su tutti i fronti e questo vuol dire un’unica cosa e lui non è
mai stato troppo bravo con gli addii.
«Allora, Kurokocchi, com’è
andata?» chiede Ryouta a bassa voce, avvicinandosi a lui per quanto le sbarre
glielo permettano e inginocchiandosi sul pavimento per raggiungere la stessa
altezza dell’altro, non gli piace guardarlo dall’alto verso il basso.
«Kise-kun, seriamente… Se fosse
andata bene, sarei ancora qui?» gli fa notare l’Alchimista di Ghiaccio,
inarcando appena un sopracciglio.
L’altro si lascia andare ad una
risatina quasi isterica, carica di nervosismo e si gratta la nuca, a disagio
«In effetti… quindi non ci resta che ucciderlo…»
«Voglio fare un altro tentativo»
dice d’impulso.
«Cosa?»
Tetsuya si concede un sospiro,
«Hai sentito bene. Vorrei fare ancora un tentativo; di sicuro vorrà portarmi
personalmente al patibolo, ho ancora un’occasione per parlargli» tenta, pur
sapendo che la sua idea non verrà presa bene.
Non è nei piani un suo secondo
tentativo e in una situazione così delicata, qualsiasi cosa “non nei piani” può
causare errori fatali.
«Kurokocchi, dobbiamo
rassegnarci» gli dice l’Alchimista Specchio con una punta di dolore nella voce,
«Akashicchi non tornerà, non sappiamo neanche se sia ancora lì dentro da
qualche parte».
Allo stesso Kise costa tanto dire
quelle parole e Kuroko lo sa bene, tuttavia non vuole cedere senza combattere
fino all’ultimo, non è da lui, «Kise-kun, per favore, solo un altro tentativo».
«Non abbiamo tempo, dobbiamo uccid–»
Prima che possa rendersene conto,
la gola di Ryouta si riempie di sangue, che gorgheggia fuori dalla bocca al
posto della fine della frase. Solo dopo si rende conto dell’acuto dolore al
petto, causato dalla lama gelida che senza alcuna pietà lo ha trapassato.
«Sapevo che c’era qualcosa sotto.
Uccidere me, Ryouta? Non ne sarete mai in grado».
[…]
A Taiga non piace affatto l’idea
di Kuroko a Central City da solo con quel pazzo di Akashi. Il fatto che non sia
davvero solo, dal momento che con lui ci sono Kise, Midorima e Takao non cambia
il punto della situazione.
Kagami non si sente affatto
tranquillo, sente un brutto presentimento sottopelle e nonostante il caldo
afoso sente dei brividi ghiacciati corrergli sulla schiena.
Cerca di concentrarsi il più
possibile sul suo compito: lui, Aomine e tutto il SEIRIN devono convincere il
maggior numero possibile di soldati a passare dalla loro parte, questo in caso
Tetsuya fallisca nel far tornare in sé Akashi. Una volta che il Comandante
Supremo sarà morto, i suoi sostenitori dovranno essere una netta minoranza,
oppure ogni loro sforzo sarà stato vano. Se ci fossero ancora troppi soldati
fedeli ad Akashi Seijuurou, non riuscirebbero mai a prendere il controllo di
Amestris e quindi mettere fine alla guerra.
Per fortuna, il loro compito si
rivela molto più semplice del previsto, la maggior parte dei soldati non desidera
che un pretesto per mettere fine a quello sterminio.
Si dà dello stupido, tutto sta
andando per il meglio e lui continua a farsi paranoie basate su sensazioni meno
fondate degli oroscopi che segue Midorima. Per qualche istante pensa davvero
che tutto andrà bene. Solo per qualche istante.
«Bene, bene. L’Alchimista di
Fuoco».
Nelle sue iridi rosse comincia a
bruciare l’ira nel riconoscere Hanamiya Makoto, l’Assassino di Ogiwara. Stringe
con forza i pugni, conscio che la presenza dell’Alchimista Cremisi rappresenta
solo guai e lui non può proprio permettersi che la rabbia prenda il sopravvento
sulla ragione o non ne uscirà vivo.
“Come ha fatto Kuroko a trattenersi? Questo verme ha ucciso Ogiwara”
pensa digrignando i denti, non desiderano altro se non vedere quell’essere
bruciare fino a diventare meno che cenere.
«Hanamiya» ringhia, avvertendo in
modo in troppo chiaro il disgusto che gli causa il pronunciare quel nome.
«Non mi dire, anche tu sei
arrabbiato con me per aver eliminato un po’ di spazzatura?» ridacchia, folle,
avvicinandosi a lui. «Vorresti uccidermi, vero?»
«Non sai quanto» risponde in un
sibilo, pronto ad incenerirlo da un momento all’altro.
Le labbra di Makoto si distorcono
in un ghigno, mentre gli mostra una piccola sfera rossa che stringe tra pollice
e indice, «E come pensi di riuscirci, stupido sprovveduto?» domanda, con la
voce che si colora di scherno e superiorità.
Taiga si prende qualche istante
per maledire Akashi, l’unico che può aver dato a quel folle una delle Pietre
Filosofali create da Midorima. “Quel gradasso
le distribuisce come se fossero caramelle, dannazione!” pensa, non
lasciando che la preoccupazione trasparisca dai suoi occhi. Riflettendo con
attenzione, non è così assurdo che Seijuurou abbia affidato una Pietra ad
Hanamiya: senza dubbio, l’Alchimista Cremisi è colui che più lo appoggia in
questa guerra.
“Pietra Filosofale o meno, lui morirà oggi” decreta Kagami, per poi
schioccare le dita con violenza, non avendo mai sentito tanto prepotente il
desiderio di uccidere.
Hanamiya riesce a muoversi
abbastanza velocemente da schivare la fiammata che avrebbe dovuto incenerirlo e
appoggia i palmi delle mani sul terreno con tanta brutalità che diversi
granelli di sabbia vorticano qualche istante verso l’alto, per poi ricadere
inermi.
Taiga approfitta di quell’attimo
in cui Makoto è obbligato a restare immobile e schiocca ancora le dita,
tuttavia non fa in tempo a terminare il gesto che la terra davanti a lui
esplode, scaraventandolo diversi metri all’indietro. Sbatte così forte la testa
che per un lungo attimo la vista gli si colora di nero per poi venire
puntellata di accecanti pallini bianchi che gli feriscono il cervello come
tanti minuscoli spilli; nel tempo che ci mette a ritornare lucido, l’ombra
dell’Alchimista Cremisi già incombe su di lui.
Hanamiya lo blocca al suolo
sedendosi a cavalcioni su di lui e lo guarda come se si trovasse davanti ad un
giocattolo particolarmente divertente, «Adesso ti faccio esplodere una ad una quelle
dita e poi vediamo se ti va ancora di dare fuoco alle cose, razza di stupido
piromane» dice con tono cantilenante.
Taiga cerca di divincolarsi, ma la
presa dell’altro è inaspettatamente ferrea e lui non ha davvero il minimo
dubbio sul fatto che Makoto manterrà quanto appena promesso.
Può quasi sentire il potere
alchemico dell’altro scorrergli addosso e, per la prima volta in vita sua, ha
davvero paura per se stesso.
Un boato riempie l’aria, e Kagami
serra gli occhi, pur non venendo affatto invaso dal dolore che dovrebbe provare
nel sentire le proprie mani esplodere.
Si rende conto che il suo corpo
non è stato mutilato in alcun modo quando sente quello dell’Alchimista Cremisi
crollargli addosso, con un buco in mezzo alla fronte.
«Tsk,
alchimisti» sbotta, come se si trattasse di un insulto, Kasamatsu Yukio, il suo
salvatore, rinfoderando la propria pistola. «Siete così presi dalla vostra
alchimia da non realizzare che ci sono cose ben più pericolose».
[…]
Kuroko non riesce davvero a
credere a ciò che i suoi occhi stanno vedendo ed è sicuro che quella scena
rimarrà impressa a fuoco nella sua memoria.
Gli occhi di Kise si spalancano e
si riempiono di terrore, poi si immobilizzano, fissando il vuoto, coprendosi
subito con una patina opaca.
«Sai, Tetsuya?» la voce del
Comandante Supremo lo riscuote, crudele, «Penso proprio che ti ucciderò
adesso».
«Non essere stupido, Akashi».
Akashi non ha neanche bisogno di
voltarsi per riconoscere la voce che l’ha appena apostrofato. «Shintarou, anche
tu?» domanda, con un lieve sorriso tra l’amarezza e il divertimento, «Avrei
dovuto aspettarmelo».
Le dita di Midorima si chiudono
attorno all’elsa della propria spada, estraendola dal fodero quando vede
Seijuurou spalancare i palmi, puntandoli verso di lui.
Lunghi spuntoni di ferro si allungano
dalle mani del Comandante Supremo, in direzione dell’altro alchimista, per poi
riassorbirsi una volta raggiunto l’apice e ricrearsi.
Midorima, nella Generazione dei
Miracoli, è colui che da più tempo conosce Akashi, si allenano insieme da
quando entrambi erano bambini e non sognavano altro che diventare Alchimisti di
Stato, riesce quindi a schivare con relativa facilità gli attacchi dell’altro,
riuscendo grossomodo a prevederli. Gli spuntoni sono troppo lunghi da
impedirgli di passare al contrattacco, ma riesce comunque a tenergli testa,
nonostante gli anni passati seduto ad una scrivania immerso negli studi abbiano
in parte arrugginito i suoi riflessi.
Kuroko non riesce a concentrarsi
sullo scontro, la sua attenzione è del tutto calamitata sul corpo di Kise,
crollato scompostamente sulle sbarre della sua cella; prova con tutte le sue
forze ad avvicinarsi a lui, vuole fare qualcosa per la ferita che Seijuurou ha
inferto all’amico, nonostante sappia già che non c’è più niente da fare, ha
visto fin troppo bene la morte velare lo sguardo di Ryouta.
È tutto inutile e i polsi si
rigano di sangue nel punto in cui le catene gli impediscono di avvicinarsi all’altro,
eppure non riesce a smettere di tirare, non può arrendersi alla morte di un
altro amico.
«Kuro-chan,
basta» mormora una voce alla sua sinistra.
Non si è nemmeno reso conto di
Takao che è sgattaiolato nella sua cella, armato di un pesante mazzo di chiavi.
Finalmente distoglie lo sguardo
da Kise, scossa una rapida occhiata a Kazunari e poi i suoi occhi si posano sui
due alchimisti che si danno battaglia poco distanti da lì.
Midorima riesce ancora a tenere
testa ad Akashi, sì, ma indietreggia rapidamente e presto sarà con le spalle al
muro. Tetsuya sa che nel momento in cui Takao lo avrà liberato, dovrà scegliere
rapidamente; usare la pietra filosofale che ha nascosto sotto la lingua per le
emergenze e provare a salvare Kise o impedire ad Akashi di uccidere Midorima.
“Midorima-kun se la sta cavando bene, può resistere qualche secondo in
più” pensa Tetsuya, disperato, spostando in modo frenetico lo sguardo da
Shintarou a Ryouta.
«Kuro-chan»
sussurra Takao, intuendo i suoi pensieri, «È morto, neanche quella pietra lo
potrebbe riportare in vita. Questo lo so perfino io» dice, finendo di liberare
l’alchimista. La decisione deve essere presa all’istante e Kuroko, in cuor suo,
sa di non avere davvero scelta.
Si alza in piedi nel momento
stesso in cui sente i catenacci cedere e prega che la sua mancanza di presenza
non decida di abbandonarlo proprio adesso. Si concentra il più possibile sulla
propria volontà di sparire, al punto che per un solo istante a lui stesso
sembra di vedere le proprie membra svanire.
In quel momento Shintarou cade
all’indietro, nel tentativo di schivare uno dei colpi dell’Alchimista di Ferro
e Sangue.
Un piede di Akashi lo blocca a
terra ed un sorriso vittorioso gli si dipinge sulle labbra. «Questa è la fine,
Shintarou».
«No, è questa la fine,
Akashi-kun».
Le braccia di Kuroko avvolgono da
dietro il corpo di Seijuurou, in quello che sembra quasi un abbraccio. Akashi
Seijuurou, Alchimista di Ferro e Sangue, Comandante Supremo, è completamente
congelato prima ancora di potersi rendere conto della propria definitiva
sconfitta.
“Adesso è tutto finito” pensa Kuroko, distrutto dentro più di quanto
riesca ad ammettere. “Adesso può tornare
la luce”.
Death Note: Signore e signori, è finita.
Ebbene sì, questo bagno di sangue è finito *evita gli oggetti
contundenti che le vengono lanciati*
Lo so che mi volete morta, ma se non mi ammazzate, vi prometto l’epilogo!
(Sì, lo so di aver appena detto che è finita. In effetti, la storia in sé è
finita, l’epilogo è un extra un cui tutti vissero felici e contenti a parte
quelli morti dentro *fissa Kuroko* e quelli a cui è stata ammazzata la dolce
metà *fissa Kasamatsu* *Schiva ancora gli oggetti contundenti*).
Chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo l’ho riscritto da capo
almeno una ventina di volte e anche adesso non è che mi convinca al cento
percento, diciamo che gli concedo un novanta percento scarso.
Che dire? Grazie a chi ha letto, recensito, messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate! E ringrazio anche di non aver reso pubblico il mio
indirizzo, già immagino la folla inferocita sotto casa – sigh.
Capitolo 6 *** Epilogo: The End Is Where We Begin. ***
Epilogo:
The End Is Where We Begin.
Kuroko si chiude alle spalle la
porta dell’ufficio di Hyuuga, il nuovo Comandante Supremo. Poggia la schiena
contro il muro del corridoio, è ruvido ma non ci fa troppo caso, ha solo
bisogno di reggersi a qualcosa per impedire al senso di colpa di schiacciarlo a
terra.
Sente le ginocchia sul punto di
cedere, quando vede Kasamatsu svoltare l’angolo e avvicinarsi all’ufficio di
Hyuuga. Il superiore gli passa davanti senza notarlo e, per un istante, Tetsuya
è tentato di lasciare che le cose vadano così, si dice che non c’è niente di
sbagliato nel sfruttare la propria mancanza di presenza per dileguarsi senza
dover affrontare Yukio.
Dura solo un istante, poi torna a
pensare alla realtà dei fatti, può scappare dal generale Kasamatsu, ma non
dalla sua coscienza.
«Kasamatsu-san» chiama, quindi, a
voce così bassa che lui stesso fatica a sentirsi.
Yukio si vola subito verso di
lui, così velocemente da far pensare a Kuroko che forse l’altro doveva averlo
notato fin dal principio, scegliendo però di ignorarlo.
Si permette un sospiro leggero,
ormai che l’attenzione dell’altro è catalizzata su di lui non può tornare
indietro, «Quello che è successo a Kise-kun è colpa mia. Mi dispiace» dice,
quindi, chinando appena la testa verso il basso.
Yukio si passa una mano tra i
capelli, con aria esausta. Vorrebbe arrendersi alla rabbia, accettare di far
ricadere su Kuroko tutta la colpa, ma sa che non è la cosa giusta da fare e,
soprattutto, non è ciò che Ryouta avrebbe voluto, «Kise era a conoscenza dei
rischi legati al vostro piano» sbotta.
«Vero» concede Tetsuya, annuendo
appena, «Ma io non mi sono attenuto al piano. Kise-kun era ancora presente
quando è ritornato Akashi solo perché io stavo cercando di convincerlo a darmi
una seconda possibilità. Se mi fossi attenuto al piano originale, Kise-kun
sarebbe ancora vivo».
“Questa parte l’hanno omessa quando ho preteso che mi raccontassero nei
dettagli l’accaduto” pensa Kasamatsu con rabbia, stringendo i pugni con
tanta forza da conficcarsi le unghie nella carne; deve pensare a Kise con tutte
le sue forze per riuscire a calmarsi e passano diversi secondi di silenzio
prima che lui riesca a parlare.
«Kise teneva a tutti voi,
compreso quel folle di Akashi. Tu volevi salvarlo a tutti i costi e credo che,
in fondo, anche Kise la pensasse come te. Quando personalmente ucciderai con le
tue mani, allora e solo allora sarai responsabile della morte di qualcuno, è
stato Akashi ad uccidere Kise e questo è quanto» dice Yukio, per poi entrare
nell’ufficio di Hyuuga prima che Tetsuya possa replicare alcunché.
Sa che quello che ha detto è
vero, ma il dolore è ancora troppo fresco per riuscire ad arrendersi alla
ragionevolezza, nella sua testa Ryouta è morto perché Kuroko ha voluto salvare
un mostro, al momento non merita né le sue rassicurazioni né il suo perdono.
È solo per Kise che decide,
infine, di concederglieli entrambi.
“Solo per Kise”.
[…]
Midorima chiude gli occhi e per
qualche istante si concede di assaporare il silenzio. Il laboratorio numero
cinque non è mai stato eccessivamente rumoroso, ma se diversi mesi prima si
doveva l’assenza di rumori alla morte che mai lasciava quelle stanze, adesso c’è
finalmente solo pace.
Mai prima di adesso ha realizzato
quanto intenso sia il suo odio per il laboratorio in cui per mesi l’ha
confinato Akashi, ogni cosa lo irrita, perfino le pareti di un bianco così
candido da nascondere tutto ciò che di sporco
e malvagio è accaduto lì. Se solo potesse, Midorima distruggerebbe ogni cosa,
tuttavia ciò che gli è concesso si limita all’accensione dell’unico focolare
presente.
Il silenzio si riempie del
crepitio delle fiamme e del frusciare di una pila di fogli nelle sue mani. Sta
per buttare tra le fiamme la prima pagina, quando sente qualcuno avvicinarsi;
non riesce a impedirsi un sospiro, ma nemmeno lui è il grado di dire se sia
dovuto alla rassegnazione o al sollievo.
«Takao» mormora, senza il bisogno
di voltarsi per accertarsi dell’identità dell’altro.
«Stavi iniziando la festa senza
di me?» lo prende in giro Kazunari, senza tuttavia riuscire ad infondere alla
voce tutta l’affabilità che vorrebbe, «Ho passato mesi a guardare mentre ti
autodistruggevi per quella ricerca, non posso perdermi la sua ingloriosa fine,
ti pare?»
Shintarou gli concede un sorriso
amaro, voltandosi appena verso di lui, «Pensavo che ne avessi abbastanza di
queste cose» si limita a dire, troppo esausto per pensare a qualcosa di
scortese da dire per fingere di trovare irritante la sua presenza. In risposta
gli arriva solo un sorriso simpatetico, quindi torna a rivolgere a propria
attenzione al focolare e allunga nuovamente il braccio per gettare il primo
foglio, ma la mano di Takao ferma la sua.
«Prima di partire per Ishval mi
hai detto che stavi lavorando ad un modo per creare la Pietra in modo… umano. Con quel potere sei riuscito a
salvare la vita a Kuro-chan, sei sicuro di voler distruggere anche quella parte
di ricerca?»
«Il progetto è tutto qua dentro»
spiega Midorima, puntandosi un indice alla tempia, «Dubito che potrò mai
dimenticare un solo dato» si concede un rapido sospiro e poi, finalmente, butta
tra le fiamme la prima pagina, sentendo più sollievo di quanto potesse
immaginare, «Posso solo far finta che basti questo fuoco a cancellare ogni cosa».
Kazunari annuisce e si siede a
gambe incrociate davanti al caminetto, «Passami qualcuno di quei fogli» dice,
senza staccare gli occhi dalla singola pagina che lentamente diventa cenere.
Midorima si siede accanto a lui,
porgendogli metà dei documenti che stringe tra le mani. Non può impedirsi di
pensare che, forse, tutto il sollievo che prova lo deve al fatto che non è da
solo a sbarazzarsi della parte peggiore di sé, per l’ennesima volta Takao è la
sua ancora di salvezza.
«Stai pensando a cose
incredibilmente smielate che non avrai mai il coraggio di dire, vero, Shin-chan?»
lo prende in giro l’altro, con il tono di voce molto più leggero rispetto a
prima.
«Taci, Takao!» sbotta, riuscendo
per qualche strano miracolo a non balbettare dall’imbarazzo – non è, tuttavia,
altrettanto certo di essere riuscito ad impedirsi di arrossire almeno un
pochino.
Takao ridacchia appena, gettando
l’intero plico nel focolare, «Ho un valido motivo per tacere, Shin-chan?»
domanda, senza smettere di sogghignare.
“Al diavolo” pensa Midorima, rivolto al suo stesso autocontrollo. I
fogli che gli rimangono tra le mani fanno subito la stessa fine di quelli di
Kazunari.
Il male brucia, si consuma fino a sparire, al punto che a Shintarou
non pare più così assurdo concedersi di stare bene per una volta.
Le sue labbra incontrano quelle
di Takao con un naturalezza tale da cancellare tutto il resto.
[…]
La lapide di Kise è bianca, dalla
forma arrotondata uguale a tutte le altre presenti nel cimitero, è di una
semplicità disarmante, al punto che Aomine, ogniqualvolta distoglie lo sguardo
dal nome inciso, tende a convincersi che Ryouta in realtà sia ancora vivo.
Non sa dire se si trova davanti
alla lapide di Kise da ore o da pochi minuti, sa solo che Satsuki è accanto a
lui e anche la ragazza sembra aver perso la consapevolezza del tempo.
«Sai» inizia a borbottare Daiki,
decidendo di spezzare per primo quello strano limbo, «Quando Tetsu se n’è
uscito con quel piano delirante per far rinsavire Akashi, mi sono immaginato un
sacco di possibili scenari» fa una pausa e stacca gli occhi dalla lapide per
osservare il viso di Momoi, «Tantissimi scenari, così tanti che ne ho perso il
conto. In neanche uno di quelli, quell’idiota di Kise ne usciva ammazzato».
L’occhiataccia di rimprovero da
parte di Momoi è così prevedibile che Aomine non ne ride solo perché crede di
aver dimenticato come si faccia, «Non guardarmi così» la ammonisce senza
acrimonia, «Anche usando parole più gentili, la realtà non cambia. La realtà resta
uno schifo e Kise resta morto».
Gli occhi di Satsuki tornano a
concentrarsi sulla lapide e così quelli di Aomine. Nulla al di fuori di quella
lastra di marmo sembra avere importanza.
«Credo che smetterò con l’alchimia»
parla ancora Daiki, incapace di arrendersi al silenzio, «Forse è davvero il
seme del male. Io ho quasi ucciso Tetsu, Akashi ha ucciso Kise e per poco non
uccideva anche Midorima. Senza contare tutti gli Ishvalan sterminati» aggiunge
con un sospiro.
«Midorin ha salvato la vita a
Tetsu-kun» mormora Momoi con la voce arrochita dalle troppe ore passate in
completo silenzio, «A suo volta, Tetsu-kun ha salvato Midorin; è grazie all’alchimia
stessa se siete riusciti a mettere fine allo sterminio. L’alchimia non è né
malvagia né buona, dipende da come si decide di usarla».
Le dita di Momoi si intrecciano a
quelle di Aomine, supportive, e Daiki non riesce a far altro che stringerle con
una delicatezza che non gli appartiene.
Si dice che probabilmente Satsuki
ha ragione. In quella guerra non ci sono stati vincitori o vinti, tutti hanno
perso qualcosa, tutti sono stati messi alla prova ed incolpare l’alchimia è
troppo semplice: per l’ennesima volta si è trovato fin troppo vicino a scaricare
le proprie responsabilità.
«Perché hai sempre ragione?»
borbotta, fingendosi esasperato, nella speranza che quella piccola messinscena
restituisca un po’ di familiarità ad una realtà in cui tutto sembra distrutto.
Satsuki asseconda il tentativo
con un sorriso leggero, «Dillo di nuovo che ho sempre ragione, ha un bellissimo
suono come frase» motteggia.
«Nah,
io non ho mai detto niente del genere, te lo sarai immaginata».
Entrambi si concedono una
rapidissima risata, poi ancora una volta torna il silenzio e la lapide bianca
esige la loro attenzione.
Quel piccolo scambio di battute è
stato una boccata d’aria fresca e solo adesso che è terminato Daiki si rende
conto di quanto, dentro, si sente annegare. Si chiede se sarà mai capace di
essere ancora felice, per poi accorgersi di come Satsuki, per quanto soffra
almeno quanto lui, in qualche modo risplenda.
Si dice che probabilmente il
motivo per cui lei ha “sempre ragione”
è perché riesce a guardare avanti, a cercare il buono in ogni cosa, cosa che
lui non è mai stato in grado di fare. Decide che è di quella piccola luce che
ha bisogno.
«Satsuki, sposami» dice, quindi,
di getto, senza quasi rendersene conto.
Momoi sorride appena, un sorriso
indecifrabile. «No».
«… No?»
Daiki sbatte un paio di volte le
palpebre, perplesso, e Satsuki non riesce a non ridere davanti all’espressione
dell’altro, inebetita dal rifiuto tanto immediato.
«Dai-chan, è una proposta davvero
terribile. Richiedimelo quando sarà davvero ciò che vuoi» lo rimprovera
bonariamente.
«Ma è ciò che voglio».
«No, adesso vuoi solo aggrapparti
a qualsiasi cosa ti faccia dimenticare di star soffrendo».
Le labbra di Daiki si piegano
appena verso l’alto e lui scuote la testa, «Perché hai sempre ragione?» ripete,
ironico. «Quando te lo chiederò di nuovo, dirai di sì?»
Momoi si permette un sorriso
sibillino, poi volta le spalle alla lapide; si allontana lentamente ma senza
guardarsi indietro, «Forse».
[…]
«Kagami-kun» mormora Tetsuya,
stretto in un abbraccio che non crede di meritare, «Io torno a Briggs. Parto
domani mattina».
Death Note: Come promesso, ecco l’epilogo~
Finalmente Midorima e Takao si baciano! Sono praticamente gli unici che
hanno avuto un lieto fine, dal momento che Aomine è stato brutalmente (?)
rifiutato e che ho distrutto la KagaKuro *va a nascondersi*.
Ma non tutto è perduto (???) perché ho deciso di tediarvi con il
seguito! (Di cui nessuno sentiva la mancanza, e vbb).
Ps: l’AoMomo è decisamente campata per aria,
nel senso che fino ad un secondo prima di chiedere a Satsuki di sposarlo, ad
Aomine stesso non è mai saltato per la testa di poter provare qualcosa per lei
e i effetti al momento non è davvero ciò che vuole, come gli fa notare Momoi
stessa. (Ci tengo a specificarlo perché le coppie che stanno insieme “perché sì”
non piacciono a nessuno~).