Il guardiano del buio.

di Ammie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm the new guardian ***
Capitolo 2: *** I don't need help ***
Capitolo 3: *** Potevo cavarmela anche da sola, Hayato-kun. Però grazie. ***
Capitolo 4: *** Hayato, Chiara-chan sarà la tua infermiera per questa sera. Non approfittare di lei, mi raccomando. ***
Capitolo 5: *** Perché non provo queste cose anche in compagnia di Mukuro-sama? ***
Capitolo 6: *** Hayato... Non voglio parlarne... Non ora. ***
Capitolo 7: *** Non fingere di non sapere a cosa mi riferisco! Tu e... Chiara, wow! ***
Capitolo 8: *** Chiara, tutto bene? ***
Capitolo 9: *** Q-quindi hai baciato G-Gokudera-kun? ***
Capitolo 10: *** E sarebbe tutto normale, se non si trattasse di Gokudera Hayato. ***
Capitolo 11: *** Non voglio essere in imbarazzo con te, Hayato-kun. Facciamo parte della stessa Famiglia. ***
Capitolo 12: *** Non puoi negare di volermi, Chiara. ***
Capitolo 13: *** Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal. ***
Capitolo 14: *** Lei è un Borgia, Gokudera-kun. E i Borgia non si tirano mai indietro. ***



Capitolo 1
*** I'm the new guardian ***


Il guardiano del buio

 
 
 
1. I’m the new guardian
 
Era una di quelle giornate di pioggia cupe, tristi, grigie. Reborn ci aveva avvisato dell'arrivo di un nuovo guardiano e quindi, da buona famiglia mafiosa, c’eravamo dati appuntamento a casa del Decimo. Chrome era più nervosa del solito, seduta tra Hibari e l'Illusionista. Ryohei e Yamamoto erano invece calmi, e studiavano con attenzione la ragazza che stava stringendo la mano al nostro Boss.
Aveva una cascata di capelli neri, lisci e lucenti. Gli occhi dorati ammaliavano silenziosamente, contornati da lunghe e sensuali ciglia, mentre le labbra erano rosse, carnose e invitanti. Quando si avvicinò a me, sfoderò un sorriso luminoso, perfetto, ma anche furbo.
Ogni volta che la bocca s’incurvava in un sorriso, sia per il caldo benvenuto del Decimo che per le battute di Lambo, delle graziose fossette comparivano sulle guance rosate. Aveva un piccolo piercing sulla lingua. Lo notai quasi per caso, mentre si presentava a Chrome.
Prese posto a tavola accanto a me, per poi iniziare a parlare.
"Sono Chiara, vengo dalla Famiglia Borgia. Questo è ciò che dovete sapere su di me." Fece scorrere una cartellina sul legno lucido. "Reborn mi ha contattata per essere un guardiano Vongola. Ho accettato."
“Non ti manca la tua famiglia? L’Italia?”
Sorrise a malapena. “Molto…”
Sapevo che c'era altro sotto. Lo capivo dai suoi occhi. Guardava tutti noi intensamente, come se volesse scavare nelle nostre anime. Come se volesse scoprire i nostri punti deboli. Quando posò gli occhi su di me, mi sentii ipnotizzato.
Il Decimo prese parola. “Credevo che i guardiani fossero già al completo…”
“Dopo la quarta generazione di Vongola, la carica di guardiano del buio è stata annullata a causa di uno scandalo. Tuttavia, per come le cose si sono evolute negli ultimi tempi, credo sia necessaria una rivalutazione.” Rispose l’Arcobaleno.
La conversazione proseguì senza particolari novità: le solite stupidaggini del baseball, gli stessi diverbi tra Hibari e Mukuro.


La seguii fino a casa sua in silenzio, camminando vari metri dietro di lei, lasciando che la pioggia mi bagnasse completamente. Una volta arrivata lasciò la porta aperta, permettendomi di entrare.
"Hayato, giusto?" mi salutò in italiano, irritandomi più del normale.
"Perché sei qui?"
"Non ti riguarda. Ma scommetto che non mi lascerai in pace finché non avrai ottenuto le risposte che vuoi, non è così?"
"Voglio la verità."
"Ho le mie ragioni. Ma nessuna di queste è ferire o danneggiare uno di voi." Mi porse un asciugamano.
Lo presi. "Perché hai fatto quello sguardo, quando hanno nominato la tua famiglia?" chiesi. Per un secondo s'irrigidì, ma poi si ricompose.
"Non ne voglio parlare."
Quella frase mi ferì inconsapevolmente. Se c’era qualcuno esperto di sofferenza e passato turbolento, quello ero io. “Non sei l’unica ad avere avuto un’infanzia difficile, sai?”
Si appoggiò al muro. “Non era mia intenzione fare la vittima… In tutti i sensi.”
L’unico che aveva dato uno sguardo alla cartellina contenente il suo passato era il Decimo, dunque la curiosità riguardo al suo atteggiamento e le sue parole ferite stava avendo la meglio. "Che è successo?” chiesi, cercando di asciugarmi i capelli come meglio potevo.
Dopo un lungo silenzio prese la parola. "Dieci anni fa i miei genitori organizzarono una grande festa per celebrare l’anniversario della nascita della Famiglia Borgia. Di notte, mentre stavamo dormendo, ci fu un incendio.” Si portò i capelli dietro l’orecchio nervosamente, prima di guardarmi. “Sono l'unica sopravvissuta.”
Un tuono ruppe il silenzio che si era creato. Forse non avrei dovuto interferire, dato che aveva di nuovo quello sguardo addolorato. Tornai a prestarle attenzione: notai che era completamente vestita di nero, dai pantaloni di pelle alla giacca, tranne che per le scarpe. Portava degli stivali a fantasia militare che la avvolgevano fino a metà polpaccio, accarezzandolo in una morsa sinuosa, facendolo sembrare quasi succulento, morbido, da stringere. Avevano un tacco molto alto, quasi troppo alto, eppure lei dava l’impressione di poter fare qualsiasi cosa con quelli addosso.
“Hayato?”
"Mi dispiace… L'hai superata?"
"Non del tutto, no."
Dopo alcuni momenti di silenzio, ripresi la conversazione.
"Finora da chi sei stata cresciuta? Una balia, un tutore..."
"Ho sempre vissuto nella villa di famiglia con un paio di tate e il maggiordomo. Ogni tanto mi faceva visita un amico di mio padre, che in seguito accettai come mio tutore.”
Le restituii l’asciugamano, ormai zuppo. “L’ultima volta che l’hai visto?”
“Qualche mese fa. Non era molto felice quando ho accettato la proposta di Reborn.”
Aggrottai la fronte. “Come mai?”
“Sostiene che non sia pronta per entrare a far parte di una Famiglia mafiosa. Ma ero stanca di restare nella villa tutto il giorno.”
“Quindi sei qui per-”
“Quando la smetterai con l’interrogatorio?” Era scocciata, lo si capiva perfettamente. Alzò leggermente il mento, fiera e spavalda, quando la lampada che prima aveva acceso iniziò a spegnersi a tratti, alternando buio e luce, ombre e brevi bagliori, fondendosi in un mix quasi inquietante.
Feci un passo indietro. “Che sta succedendo…?”
Scosse la testa. La luce tornò a illuminare l’ingresso. “Scusa. A volte non riesco a controllarlo.”
Un altro tuono riecheggiò nella stanza. Notai che ora era lei a osservarmi, facendo scorrere gli occhi dorati sul mio corpo, provocandomi un brivido di piacere. "Beh... Grazie per avermi accompagnata a casa." scherzò.
"Mmh." Feci per andarmene, ma fui costretto a voltarmi dopo qualche passo.
"Buonanotte, Hayato."
"Notte."
 
Arrivai a casa di nuovo fradicio e pensieroso. Non mi aspettavo che dopo la quarta generazione di Vongola ci fosse ancora una Famiglia a controllare il buio, non dopo quello scandalo.
"Oh, com'è tardi. Ti sembra l'ora di rientrare?" Era seduto sulla poltrona con bicchiere di liquore in mano.
"Shamal? Che ci fai qui?"
"Sono venuto a trovarti. E poi mi mancavano le donne della zona." Avvicinò il bicchiere e odorò il liquido ambrato. “Perché vivi da solo? Dov'è Bianchi?"
"Mia sorella sta con Reborn a casa del Decimo."
"Mmh, la mia Bianchi..." sussurrò impercettibilmente. "Comunque, Hayato, dove sei stato finora?"
"C’è stata una riunione. Un nuovo guardiano." Presi il pacchetto di sigarette, stringendolo con veemenza, ripensando a quei morbidi polpacci.
"Chiara… È già qui a Nanimori?"
Lo guardai sorpreso, scorgendo un lampo di amarezza attraversargli lo sguardo. "Non dirmi che sei tu il suo tutore."
“Come lo sai?”
“Abbiamo fatto due chiacchere...”
Un fin troppo lungo silenzio m'insospettì, costringendomi a voltarmi per vedere Shamal con uno sguardo allusivo in viso. "Due chiacchere, eh?"
 Salii le scale. Avevo bisogno di riposare. “Lasciami in pace.”
"Stanotte resto qui, d'accordo?"
"Come se m’importasse."
"Ah, Hayato. Hai quasi diciott’anni. Sarebbe ora che ti trovassi una ragazza… E non un divertimento per la settimana.”
"Fanculo!" sbattei la porta, sentendolo ridere con gusto al piano inferiore.

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Capitolo 2
*** I don't need help ***


Il guardiano del buio
 

 
 
2. I don’t need help

 
Sentii le sue dita, le sue piccole e delicate dita, stringermi con forza le spalle, graffiandole, marchiandole.
"Di più... Sì..."
Aumentai il ritmo delle spinte, beandomi del suo odore, della sua morbidezza, sentendola gemere di piacere sotto di me. "Ahh..."
Era così stretta, così bagnata. Così mia.
"Hayato... Non fermarti..." Ancora la sua voce, la sua dolce voce.
"Non lo farò" risposi dolcemente. La guardai negli occhi perdendomi in quelle iridi dorate, trovandola piena di desiderio, vogliosa, eccitata, impaziente di ricevere molto altro ancora.
“Baciami..." mi supplicò.
 

"Hayato, sveglia."
"Mmh?"
"Andiamo da Chiara. Muoviti."
Aprii gli occhi, trovandomi di fronte Shamal. Mi guardava nervoso attraverso lo specchio, mentre si annodava la cravatta con dita agitate.
Volevo tornare a quel sogno. "Lasciami dormire. Perché devo venire anch'io?"
"Tu sai dove abita."
"Tsk."
Esattamente quindici minuti dopo mi ritrovai di fronte a casa sua, con Shamal più irrequieto che mai. "Tutto bene?"
"Beh..." sospirò. "Non la vedo da un po’ di tempo..."
Poco dopo aprì la porta, assottigliando gli occhi, sospettosa. "Shamal. Non sapevo fossi in Giappone.”
Si avvicinò lentamente, stringendola poi tra le braccia, facendola rilassare. "Chiara, da quanto tempo."
"Uhm.” Spostò lo sguardo verso di me. “Volete entrare…?"
"Certo."
Sedemmo in soggiorno in silenzio, finché Shamal ruppe la quiete. "Come ti trovi qui?"
"Devo ancora abituarmi al fatto di parlare giapponese." Rise debolmente, procurandomi un brivido inaspettato. "Ma per il resto va tutto bene."
"Beh, puoi chiedere aiuto ad Hayato. Giusto?"
Ancora silenzio. Non stavo seguendo il discorso, ero troppo impegnato a osservarla. Un abito corto e nuovamente nero la copriva sensualmente. Poi mi concentrai sulle sue scarpe. Anche oggi con un tacco eccezionalmente alto, avevano lo stesso intenso colore delle ciliegie, esibendo una caviglia sottile ed elegante, ma al contempo forte.
“Hayato?”
"Sì… Certo…"
Il resto della mattinata passò velocemente, tra frasi impacciate di Shamal e risposte brevi e concise da parte di Chiara. Non appena c'incamminammo per la strada, ripensai a ciò che la sera prima mi aveva detto: la sua famiglia era morta in un tragico incendio. "Shamal..."
"Sì?"
"Parlami della sua famiglia."
Mi guardò a lungo prima di rispondermi. “Se scoprisse che te l'ho detto, mi farebbe fuori.”
Annuii, quindi riprese il discorso. "La Famiglia Borgia era una delle più importanti e influenti Famiglie mafiose italiane. Aveva radici antiche e conosceva molti sporchi segreti della società. Dieci anni fa venne organizzato questo evento... Nella notte scoppiò inspiegabilmente un incendio. I genitori rimasero bloccati nella loro stanza, mentre lei e Damiano, il fratello, vennero recuperati dalle macerie alcune ore più tardi. Chiara aveva molte ferite ma nulla di grave, ma per l’altro... Lui morì poco dopo essere stato recuperato, aveva respirato troppo fumo." Sospirò, fermandosi nel mezzo della strada. "É stato orribile."
"Tu eri lì?"
Scosse la testa, ancora con uno sguardo amaro. "Ho visto gli effetti collaterali. Rimase sotto shock per alcuni mesi. Nel frattempo la famiglia decise di sciogliersi, perché altrimenti Chiara avrebbe dovuto succedere al padre. E lei disse di non volerlo fare." Riprendemmo a camminare velocemente. "D'accordo, ora vado a trovare la mia Bianchi-chan..." sorrise.
Stava per andarsene, quando lo fermai. "Perché ti comporti in quel modo, quando è presente?"
Si fermò, ma non si voltò. "Le voglio molto bene, ma abbiamo discusso, in Italia. Le ho detto che era troppo presto unirsi a una Famiglia, ma…” rise. “È testarda come sua madre.” Poi tornò serio. “Ha bisogno di sostegno ed io non sono sempre presente. Quindi mi aspetto che tu, Hayato, sia lì quando ha bisogno di qualcuno. Per favore."
Annuii. Non perché si trattava di una cosa delicata, ma perché mi resi conto che quella ragazza m’incuriosiva.
 
Girai l'angolo mentre il mio stomaco si faceva sentire, passando proprio di fronte a casa di Chiara. La vidi nella terrazza del piano superiore, a guardare il cielo, le nuvole, le sfumature calde del tramonto. Per un attimo rimasi a osservarla: sembrava persa nei suoi pensieri, per nulla consapevole del vento che le scompigliava i capelli. Scossi la testa, immerso nei miei pensieri. "Ehi."
Abbassò lo sguardo. “Che cosa ci fai qui? Mi stavi spiando?”
Scossi la testa. “Sto andando a cena.”
“Posso venire con te? Ho alcune domande da farti.”
Annuii aspettandola in strada, improvvisamente accaldato forse per la giornata, più afosa del solito. Appena uscì, sempre con quei tacchi rossi kilometrici, camminammo fianco a fianco, in silenzio per un po’.
“Vorrei capire una cosa. Ieri sera hai alterato la corrente di casa tua. È questo il tuo potere?”
“A volte accade senza che io me ne accorga. Ma so fare molto altro.”
“Ad esempio?
“L’oscurità non è un problema per me. Posso controllarla, usarla a mio vantaggio contro il nemico. Renderlo impotente, paralizzato, troppo terrorizzato di non sapere ciò che lo circonda. Per fortuna ciò non mi riguarda. E… beh, il resto lo vedrai in battaglia.”
"Interessante." dissi, pensandolo davvero. "Quindi puoi anche vedere nel buio più assoluto?"
"Sì, se mi concentro."
Neanche mi accorsi che arrivammo di fronte al piccolo sushi bar che ero solito frequentare, trovando posto in un angolo del locale. Il proprietario mi guardò con occhi prima sbalorditi e poi divertiti, facendo nascere un moto d'irritazione in me. "Allora, Gokudera-san, ti sei deciso a portare qui una bella ragazza?" ammiccò.
"Finiscila." Poi, quando prese le ordinazioni, tornammo alla nostra conversazione. "A proposito, perché con me parli italiano?"
"Il giapponese è complicato... E ora basta farmi domande. Voglio che tu mi racconti degli altri guardiani.”
“Cosa? Perché?”
“Voi avete quel fascicolo che mi riguarda. Io non so quasi nulla di voi.”
“Buona motivazione, ma non ti racconterò dei Vongola. Sei praticamente un’estranea, dopotutto.” Finché il Decimo e Reborn non avrebbero dato il via libera, come da prassi, nessuno le avrebbe raccontato dei membri della Famiglia.
Le luci del locale iniziarono a venir meno. Si stava innervosendo. “Sono il vostro nuovo guardiano. Ho il diritto di sapere chi sono le persone con cui combatterò fianco a fianco.”
“No.”
All’improvviso la luce si spense definitivamente, tra i mormorii preoccupati dei clienti. Non si vedeva quasi nulla. Solo la debole luce del tramonto entrava dalla finestra, illuminando i tavoli sottostanti, ma lasciando completamente al buio la parte più interna del locale, compresi noi. Spostai lo sguardo verso Chiara, ma non vedendo nulla provai a chiamarla.
Sentii la sua voce. “Shamal non ti ha insegnato a essere un gentiluomo?”
Un brivido mi colse alla sprovvista: era dietro di me, stava sussurrando al mio orecchio. “Come diavolo hai fatto?”
“I miei poteri. E ora…” posò le mani sulle mie spalle, tenendomi fermo sulla sedia quando provai a muovermi. “Vorrei sapere dei guardiani, per favore.”
“Chiara, non posso. Reborn deve darmi l’okay.”
“L’arcobaleno?” spostò le mani, più vicine al mio collo. “Credevo avesse già svolto dei controlli su di me. Dopotutto è stato lui a chiedermi di far parte dei Vongola.”
“Ragioni di sicurezza.” Deglutii. Si era avvicinata a me, e riuscivo a sentire il seno, il suo morbido seno, contro di me. Fui tentato di chiudere gli occhi, assaporando quel momento, beandomi della sua vicinanza, di quella pelle morbida e tentatrice che premeva su di me, ma non potevo permettermi di pensare certe cose. “Ora smettila, o la cena non arriverà più.”
Così com’erano sparite, le luci erano tornate. Chiara non era più dietro di me, bensì seduta al suo posto composta, come se non si fosse mai mossa da lì. Mi guardava con quegli occhi dorati, così diretti, sfacciati. Sorrise. “Non pensavo avessi tanto autocontrollo.”
Vidi ancora il piercing alla lingua, invitante. “Sono il braccio destro del Boss.”
 Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Un gesto semplice, eppure reso elegante. “Mmh.”
 
“Oh, grazie per la cena.” Mi voltai a guardarlo. Aveva le mani in tasca e lo sguardo basso. “È stato gentile da parte tua."
"Hmm."
"Non era necessario accompagnarmi fino a casa." Dopo un attimo di pausa, tornò a guardarmi con quei suoi occhi verdi, curiosi. "Sai, Hayato, scommetto che Shamal ti ha detto di prenderti cura di me o qualcosa del genere." Non ottenendo alcuna risposta, lo presi come un sì.
“Se hai bisogno, chiamami.” Disse, porgendomi un foglietto di carta.
Appena entrai in casa salii le scale velocemente, fino alla camera da letto, chiudendo a chiave la porta e serrando le finestre. La sicurezza non era mai troppa. Mi guardai attorno: la lettera che avevo ricevuto mesi prima era ancora sopra il mio grande letto, come se mi stesse aspettando. Mi distesi, rileggendola per la milionesima volta. Poi, all’improvviso, sentii il bisogno di guardare la foto. Non era un bisogno angosciante o struggente, ma calmo, piatto. Era come guardare la foto per la prima volta dopo tanto tempo. Lentamente accarezzai con le dita la cornice, sperando che il mio affetto potesse raggiungere la mia famiglia.


*Storia modificata fino a questo capitolo

 

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Capitolo 3
*** Potevo cavarmela anche da sola, Hayato-kun. Però grazie. ***


Il guardiano del buio.
 
Potevo cavarmela anche da sola, Hayato-kun. Però grazie.
 
 
Il sole scaldava, il cielo era limpido, gli uccelli cinguettavano, tutto sembrava normale.
Io, invece, ero in cucina a bere del caffè, pensando nel frattempo a come superare la giornata.
Shopping.
La prima cosa che mi venne in mente. Avevo a disposizione un'enorme quantità di denaro, quindi non avrei avuto problemi. Lo shopping riusciva sempre a distrarmi per qualche ora.
Arrivai in camera e mi cambiai cercando qualcosa di comodo, che equivaleva a qualcosa che avevo già tirato fuori dagli scatoloni.
Un'altro vestito, a quanto pare.
Bianco, senza spalline, con le balze. Lo adoravo, me lo aveva spedito Shamal per il mio ultimo compleanno insieme a una foto che lo ritraeva con una donna.
Mi girai verso il comodino, sorridendo di fronte a tutte quelle sue foto. Non avevo mai avuto una famiglia, questo era vero, ma lui in qualche modo mi aveva aiutato, facendomi sentire amata.
Uscii da casa, rendendomi però conto che non sapevo dove andare.
"Ciaossu, Chiara."
"Reborn-san?"
"Proprio io, femmena. Come sono andate le tue prime ore in Giappone?"
"Mmh..." pensai un attimo, prima di decidere a come rispondere. "Abbastanza bene."
"Sono venuto a dirti di non prendere impegni per il pomeriggio. Arriveranno delle persone."
Sospirai, probabilmente avevano saputo della grande notizia.
"Hanno saputo che il Borgia sopravvissuto ha fatto ritorno alla mafia?"
"No, li ho invitati personalmente. Devi conoscere gli alleati della famiglia."
"Dove?" chiesi, anche se non avevo molta voglia di conoscerli. "E a che ore?"
"Presentati a casa di Imbranatsuna verso le quattro."
Annuii e ripresi a camminare, ma mi bloccai dopo qualche passo.
"Reborn-san, dove sono i-" Sbuffai, era sparito nel nulla. "Negozi...?"
 
Solo dopo una buona mezz'ora arrivai di fronte a un grande centro commerciale.
É enorme.
M'incamminai al suo interno girando per i vari negozi, finché non riconobbi una voce familiare.
"C-Chiara-chan..."
Mi girai, trovando di fronte a me Chrome-chan assieme ad un ragazzo alto, con dei lunghi capelli dal colore simile a quello di lei.
"Ciao." dissi ricambiando il sorriso. "Come mai da queste parti?"
"Uhm... M-Mukuro-sama ha insistito per dei nuovi vestiti e..."
Lo guardai: era l'eleganza fatta persona. "Mukuro Rokudo?"
"Hai già sentito parlare di me?" chiese, baciandomi la mano come un vero cavaliere.
"Sì. Ora sei libero, a quanto pare."
"Beh..." guardò la ragazza con sguardo tenero. "Ho promesso che sarei tornato. Vero, Chrome-chan?"
Lei arrossì, prima di annuire timidamente.
"Oggi ci sarai anche tu, vero?" chiesi speranzosa.
"A c-casa del Boss? Non posso... Ho altri p-progetti..."
"Progetti?" s'intromise Mukuro. "Quali progetti?"
Chrome diventò ancora più rossa di quando lui l’aveva guardata dolcemente. Imbarazzata, mormorò: "Uhm... Hibari-san e io-"
"Kyoya-san?" disse alterato, prima di allontanarsi con passo svelto.
"Mukuro-sama!" urlò ricorrendolo.
Rimasta sola sospirai, chiedendomi da quanto tempo Rokudo Mukuro era a piede libero. Entrai nel primo negozio che vidi, notando subito alcuni vestiti molto belli. Sotto consiglio di un bel commesso ne comprai un paio, ma quando mi accorsi che stava sbirciando nella scollatura del mio abito me ne andai infastidita, lanciandogli un’occhiataccia.
Girando l'angolo di uno dei grandi corridoi mi scontrai con un gruppo di ragazzi che, avendo notato subito le curve che Madre Natura mi aveva donato, iniziarono a fare battutine idiote.
"Di dove sei, bambola?"
"Non di qui." replicai seccata.
"Dai, vieni con noi... Ci divertiremo."
Cercai di andarmene, ma quello più alto mi prese un braccio. "No, grazie. Scusate..."
"Dai, ti piacerà... Siamo-"
"Ehi!" disse una voce conosciuta.
Mi prese lo stesso braccio e piano mi tirò dietro di sé. "Andatevene, lo dico per il vostro bene."
Sentendo come risposta una fragorosa risata, mi sporsi da dietro Hayato.
"Non c'è niente da ridere, stupidi." dissi semplicemente.
Non appena uno di loro udì le mie parole cercò di avvicinarsi, ma lui lo prese per la maglietta e gli sussurrò all'orecchio.
"Fuori dai piedi. Ora." intimò loro.
Solo dopo un buon minuto di sguardi minacciosi decisero di battere in ritirata. "Andiamocene, ragazzi..."
"Che stavi facendo?" mi chiese poi duramente, una volta allontanato il gruppo.
"Shopping." dissi sorridendo.
"E quei tipi? Che cazzo volevano?"
Per qualche attimo mi soffermai a guardarlo: aveva le mani chiuse a pugno, il respiro irregolare e dagli occhi spalancati si poteva benissimo notare una forte irritazione.
"Potevo cavarmela anche da sola, Hayato-kun. Però grazie."
Sospirando, si passò una mano tra i capelli. "Io... Al diavolo, ti accompagno."
"Dove?" domandai.
"Dovunque tu debba andare. Shamal mi ha detto di tenerti d'occhio e poi sono il braccio destro del Decimo."
"Ehm..." dissi dubbiosa. "Va bene..." continuai a camminare. "Che ci fai qui, a proposito?"
"Non ti riguarda." rispose bruscamente.
Alzai un sopracciglio. "Ascolta, visto che ti do tanto fastidio perché non mi lasci sola?"
"Non ho detto questo."
"Da come ti comporti sembra il contrario..." dissi sospirando.
 
"Da come ti comporti sembra il contrario..." disse sospirando.
Sbuffai, cercando in fretta una risposta che però non arrivò.
"Davvero, Hayato-kun. Ora sono un guardiano della famiglia. Sono abbastanza forte per gestire situazioni del genere."
A stento soffocai una risata. "A me non sembrava proprio."
Alzò gli occhi al cielo, mentre entrammo in ascensore. "Non sempre è necessario usare la forza."
Mentre aspettavamo di arrivare al piano giusto rimanemmo in silenzio, quindi mi soffermai a riflettere su quella frase. L'Italia mi aveva insegnato il contrario, soprattutto nel mondo in cui vivevo.
Ricordo benissimo quando mio padre mi disse la forza è tutto, se non la usi non sopravvivi. Quello sguardo gelido, quella voce distaccata, tutto mi spingeva a scappare via. Ma, in fondo, cosa poteva fare un bambino di neanche cinque anni?
"...Hayato-kun?"
"Uhm, sì?" l'ascensore si era aperto. "Certo." dissi sbrigativo, per poi seguirla.
Con mia sorpresa, notai che arrivammo in un negozio di costumi estivi. "Ti aspetti che io entri lì?" domandai.
"Beh..." disse con aria di sfida, arricciando il naso. "Se non te la senti puoi andare via, braccio destro." sottolineando le ultime parole con sarcasmo.
Non pensavo potesse essere così...
La vidi avvicinarsi a un bikini rosso intenso, proprio come le sue labbra.
...Intrigante.
Mi avvicinai con passo svelto, in modo da evitare le eloquenti occhiate delle donne che mi circondavano. Stava osservando il costume, e nel farlo si stava mordendo il labbro inferiore.
Ero a disagio per la situazione, non potevo negarlo.
Avevo già accompagnato mia sorella a fare shopping, ma con lei era strano.
"Che ne pensi?" mi chiese a un tratto, mostrandomi quel piccolo tessuto rosso.
"Ehm..." degluitii, riuscendo fortunatamente a calmarmi. "Non me ne intendo-"
"Scusate ragazzi, avete bisogno di una mano?" m'interruppe una commessa.
Chiara sarebbe stata la mia rovina.
 
Probabilmente starà pensando che sono stata la sua rovina.
Girai di nuovo l'angolo con un sorrisetto, prima di attraversare la strada. A stento riuscii a trattenere una risata quando ripensai al colore della faccia di Hayato nel vedermi indossare quel bikini.
“Per di qua.” disse indicandomi la strada giusta, distogliendomi dai miei pensieri.
“Ah… giusto.” Mormorai, sentendo in lontananza delle voci. Non mi sbagliai: davanti alla casa del Boss c’erano almeno dieci auto completamente nere e super lussuose. Molti uomini in giacca e cravatta stavano chiacchierando, ma quando ci videro si zittirono subito e ci lasciarono passare.
Chissà di che famiglia si tratta…
Notai che Hayato era tranquillo mentre mi faceva strada fino alla porta per poi suonare il campanello.
“Oh, ciao Gokudera-kun!”
“Buon pomeriggio, signora Sawada.” rispose educatamente.
Gli occhi della donna si posarono su di me, scrutandomi con dolcezza materna. “Sei un’amica di Tsu?” chiese.
“Uhm… Certo, sì…” dissi un po’ confusa. “Sono Chiara.”
“Chiara-chan, che bel nome! Tsu è di sopra, entrate pure.” disse sorridente.
“Grazie.” disse Hayato.
Mentre la signora entrava in cucina, noi salimmo le scale.
“Lei non sa-”
“No.” mi bloccò subito.
Annuii, prima di entrare nella camera del Boss.
“Decimo… È permesso?” chiese Hayato.
“Gokudera-kun, entra pure!” rispose Tsuna con enfasi.
“Boss.” Lo salutai, notando un ragazzo biondo alle sue spalle.
Esitò prima di parlare, guardandomi sorpreso. “C-Chiara-chan! Anche tu qui?”
“Reborn-san mi ha detto di venire…”
Dopo un incomprensibile borbottare di Hayato, il biondo parlò. “Reborn? Da quanto non ci vediamo…” poi, mentre il Boss s’immergeva in una conversazione col suo braccio destro, si rivolse a me. “Piacere, io sono Dino Cavallone.”
Strabuzzai gli occhi. “Cavallone? La terza famiglia più influente nell’alleanza?”
“Esatto, sono conosciuto anche come Dino Cavallo Rampante. E tu sei, signorina…?”
“Chiara… Borgia.” indugiai nel rivelare il mio cognome, ma dato che a quanto pare era molto amico del mio Boss non potei fare altro che svelare la mia identità.
“Borgia…? La figlia di Michele e Lucrezia?” mi domandò finalmente in italiano.
“S-sì… Come fai a saperlo?”
“Beh… la tua famiglia è famosa. E non solo per il suo passato…”
Capii subito che alludeva all’incendio e al conseguente smembramento della potente famiglia.
“Giusto…” sussurrai.
Vedendomi in difficoltà, spostò il discorso verso qualcosa di più leggero. “Allora, come te la cavi in Giappone?”
“Beh… finora è andato tutto bene.” risposi abbozzando un sorriso.
“Difficile la lingua, eh?”
Risi. “Già.”
“M-ma Gokudera-kun ti può aiutare, in fondo anche lui è italiano!” s’intromise il Boss.
“Certo, Decimo!” replicò con occhi brillanti.
 
“Ragazzi, la cena è pronta!” sentimmo la madre di Tsuna chiamare dal piano di sotto.
Avevamo passato il resto del pomeriggio a conoscerci meglio. Sia Tsuna che Dino rimasero scioccati nell’apprendere che quel donnaiolo di un dottore era il mio tutore.
“Dino-san, ti fermi a cena?” chiese il Boss a un certo punto.
“Volentieri!” replicò entusiasta.
“Gokudera-kun, Chiara-chan, voi?”
“Ecco, non voglio disturbare… Preferisco andare a casa.” dissi.
“Guarda che ci sono forchetta e coltello.” disse Dino ridendo.
“Oh, d’accordo.” sorrisi. “Hayato-kun, tu che fai?” chiesi subito dopo. Notai che nel chiamarlo col suo nome Dino gli scoccò una strana occhiata, prima di inciampare nei suoi stessi piedi.
“Tsk. Non posso rifiutare un invito del Decimo…” borbottò.
 
“Grazie per avermi accompagnata, H-Hibari-san.” dissi piano e timidamente.
Com’era minaccioso nella sua tenuta della Nanimori. La luce della luna illuminava appena la sua figura, ma i suoi occhi brillavano come noi mai.
“Hn. Di niente, erbivora.” rispose.
Si avvicinò di scatto a me, bloccandomi contro un muro.
“M-mi dispiace se… M-Mukuro-sama ha rischiato di rovin-” cercai di dire, ma non ci riuscii.
La sua bocca era entrata in collisione con la mia, avida e vogliosa di quel che avevamo iniziato da alcune settimane. Mi schiacciò sempre di più contro quel muro, facendo aderire completamente il suo corpo con il mio.
Si staccò solo per un secondo da me. “Basta parlare.” Disse, prima di baciarmi di nuovo.
 
“Ahh… Nngh…” gemette piano.
Avevo il respiro affannoso, ero sudato e sporco, ma non m’importava. Abbassai lo sguardo verso Chrome, l’erbivora con la quale avevo iniziato a divertirmi da un po’ di tempo.
“H-Hibari… San…” sussurrò con le guance rosse.
Spinsi sempre più a fondo, sempre più forte, finché non mi svuotai dentro di lei nello stesso momento in cui lei veniva per la quarta volta.
Rotolai nel terreno arido per non schiacciarla col mio peso e rimasi a guardare il cielo nuvoloso mentre i nostri respiri pesanti si facevano sentire. Mi girai verso di lei, notando la sua espressione timida.
Dio, com’era inebriante quell’innocenza.

 
Rieccomi!
Inizio con l’amaro in bocca, perché l’estate sta finendo e la scuola ricomincia.
Io, ad esempio, inizio giovedì.
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, specialmente l’ultima parte. Adoro Chrome e Hibari, sono la mia coppia preferita!
Per favore, RECENSIONI sono bene accette.
Un bacio,
Maddie.

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Capitolo 4
*** Hayato, Chiara-chan sarà la tua infermiera per questa sera. Non approfittare di lei, mi raccomando. ***


Il guardiano del buio.
 
Hayato, Chiara-chan sarà la tua infermiera per questa sera. Non approfittare di lei, mi raccomando.
 
 
"Mmh..." mugugnai sotto le coperte.
Chi cazzo fa questo rumore alle...
Voltai lo sguardo verso il comodino, cercando ancora assonnato la sveglia con la mano. Feci cadere qualcosa, ma poi la trovai e finalmente la feci tacere.
Le dieci del mattino!
Mi alzai di colpo imprecando ad alta voce e iniziai a vestirmi, finché un Shamal molto stanco non entrò in camera.
"Che succede, Hayato-kun?"
"Sono in ritardo!" brontolai.
"Uh, esci con la mia piccola Chiara-chan?" domandò improvvisamente più sveglio di poco prima. "Trattala bene, o te la vedrai con me." continuò poi, assumendo un'espressione seria.
"Tsk..." borbottai. "Sono il braccio destro del Decimo, non ho tempo per certe cose."
"Certo, certo..." ripeté poco convinto.
Una volta pronto scesi in cucina e bevvi il caffè tutto d'un fiato, quindi mi avviai verso la porta. Uscii di casa, quando il dottore mi chiamò a gran voce.
"Hayato!"
"Che c'è ancora?" urlai nervoso.
"Dovresti smetterla di andare in giro con quel codino." disse semplicemente.
Prima o poi impazzirò.
 
Raggiunsi il lungo dell'incontro in pochi minuti, correndo senza sosta. Tra tutti i giorni che potevo ritardare, proprio questo?
"G-Gokudera-kun!"
"Decimo..." dissi quasi senza fiato. "Perdoni il mio... Ritardo"
"Non ti preoccupare, anche Hibari-san e Chrome-chan non sono ancora arrivati." rispose gentilmente.
Dove diavolo si sono cacciati?
"Buongiorno, Hayato-kun!" esordì poi una voce che conoscevo bene.
"Sì..." dissi una volta calmato. "Giorno."
Per qualche momento rimasi a contemplare Chiara, che per via dell'allenamento si era trasformata in una vera e propria Lara Croft: aveva raccolto i lunghi capelli in una coda alta; a giudicare le occhiate di alcuni passanti i pantaloncini neri erano fin troppo corti, mentre il top, rigorosamente nero, evidenziava le curve morbide.
"Eccoci!" disse a un certo punto Chrome, distraendomi dal nuovo guardiano.
Mentre Chrome si scusava per l'improvviso ritardo con il Decimo, l'unica cosa che fece Hibari fu quella di lanciarci un'occhiataccia, facendomi irritare quando poi posò lo sguardo sulle curve di Chiara. Si accorse quasi subito del mio improvviso nervosismo, quindi sorrise ghignando in modo strano.
"Ciaossu, famiglia Vongola. Siete pronti per l'allenamento speciale?" chiese a un tratto Reborn, uscito da chissà dove.
"R-Reborn-san! Da dove sei arrivato?"
"Non ha importanza, Imbranatsuna. E ora seguitemi." continuò serio l'arcobaleno.
Detto questo, nonostante il mio nervosismo per Hibari e per gli infiniti schiamazzi della Stupida Mucca, ci avviammo verso un piccolo bosco sinistro. In silenzio continuammo a seguire Reborn, anche se non avevamo idea del perché ci stesse portando proprio lì. Dopo alcuni minuti vedemmo uno spiazzo libero dagli alberi, con al centro quella che sembrava essere una porta. La osservai bene: era una vera e propria porta, solo che non era appoggiata ad alcun muro. Se ne stava lì, nel bel mezzo del boschetto silenzioso.
"C-che cosa...?" balbettò Chrome, avvicinandosi a Hibari.
"Questa, Famiglia Vongola, è la porta dell'allenamento. Basterà attraversarla per trovarsi di nuovo in questo bosco. Lì vi allenerete." spiegò con il solito accento.
"Non potevamo allenarci direttamente qui invece di entrare in un... Un... Universo parallelo?" chiesi, insicuro di cosa realmente fosse.
L'Arcobaleno scosse la testa. "Potreste ferire qualcuno." disse, avvicinandosi alla porta. "Io e Bianchi resteremo di guardia qui, per evitare che qualcuno entri. Prendete." disse ancora, lanciandoci degli auricolari.
"Non appena il tempo sarà terminato vi avviseremo tramite gli auricolari, e avrete un minuto per uscire, altrimenti..." spiegò mia sorella, anche lei uscita dal nulla.
"Altrimenti?" la incitò Yamamoto.
"Resterete bloccati lì dentro per sempre." terminò l'Arcobaleno tranquillamente, come se fosse la cosa più normale del mondo.
"C-c-cosa?" disse il Decimo, sconvolto dalle parole di Reborn.
"Non fare la femmena."
A quelle parole, tutti diventammo più o meno agitati tranne Hibari, che si mostrò freddo come sempre.
Il Decimo deglutì. "E... E se qualcuno si ferisce e non è in grado di uscire?"
"Per evitare questo, Tsuna-kun..." disse di nuovo mia sorella. "Formerete delle coppie. O la coppia di salva, o rimarrete entrambi intrappolati lì dentro."
"É necessario il lavoro di squadra, che non ho visto durante l'ultimo allenamento." continuò Reborn.
Mi voltai verso Chiara, stranamente calma e composta. "Chi decide le coppie?"
"Lasceremo fare alla sorte." disse mia sorella sorridendole, mentre porgeva al nuovo guardiano un sacchetto. "Pesca."
In un primo momento sembrò interdetta, ma poi fece come le era stato detto. Rimanemmo in silenzio mentre aspettavamo che aprisse il foglietto, curiosi di sapere chi sarebbe stato il suo partner.
"...Chrome" disse solamente.
"Prefetto, femmena. La prima coppia è fatta."
"Ehi, adesso tocca al grande Lambo!" urlò un certo piccoletto.
"Tsuna! Tsuna!" iniziò a urlare, facendomi innervosire molto.
"Zitta, stupida mucca! Vedi di non creare problemi al Decimo!" dissi spazientito.
"La seconda coppia è stata decisa. Chi vuole avere l'onore?"
"Sceglierò con il massimo dell'impegno!" esordì a un certo punto Ryohei. Mi guardai attorno, notando che eravamo rimasti in tre. Non avevo nessuna voglia di ascoltare per tutta la durata dell'allenamento i Massimi di Sasagawa, ma sempre meglio dell'idiota del baseball o di Hibari, che nel frattempo si era appoggiato a un albero noncurante della situazione.
Gokudera. Gokudera. Gokudera.
"Yamamoto!" urlò poco dopo, facendomi fare i salti di gioia.
 
Non ce la facevo più: i polmoni mi bruciavano, i muscoli mi facevano male e a causa alle trappole dell'Arcobaleno ero persino ferito a un braccio.
Mi nascosi dietro a un albero evitando le pallottole, notando Hibari fare lo stesso.
"Distrailo." mimò con la bocca, prima di attaccare il nemico.
 
"Finalmente abbiamo finito." sospirai, lasciandomi cadere a terra.
Hibari fece lo stesso, sebbene a qualche metro di distanza. Lo guardai mentre si passava la mano sulla spalla ferita, facendo una lieve e quasi impercettibile smorfia di dolore.
"Dove diavolo eri finito?" chiesi senza -ovviamente- ricevere risposta. "Eri in ritardo. Non si fa aspettare il Decimo."
"Senti chi parla." obbiettò.
"Non sono affari miei..." dissi, massaggiandomi il ginocchio sanguinante. "Ma qualunque cosa tu abbia da fare, vedi di arrivare puntuale all'allenamento."
Per alcuni minuti rimase in silenzio, permettendomi di assaporare il semplice rumore del vento che muoveva le foglie degli alberi. Chiusi gli occhi e cercai di riposare, nonostante il mio corpo fosse ancora indolenzito.
"Erbivoro, dovresti controllare le tue parole. Non sono l'unico che trova gradevole svolgere un certo tipo di esercizi con un guardiano."
Capendo a cosa si stava riferendo, divenni paonazzo.
"Che cazzo stai dicendo?"
I suoi occhi assunsero una luce diversa e dalla sua espressione sembrava avesse voglia di punzecchiarmi. "Non sono l'unico ad averla notata."
"Non centra niente con quello che ti stavo dicendo!"
"Hnn."
Seccato dal suo solito modo di rispondere, mi resi conto di una cosa: lui, insieme ad alcuni passanti, l'avevano effettivamente osservata! "Perché l'hai guardata in quel modo?" sbottai infastidito.
"Non sono tenuto a darti spiegazioni." rispose calmo, guardandomi con la coda dell'occhio per una frazione di secondo. "Comunque ho un altro erbivoro con cui divertirmi in questo periodo. Il mio era solo uno sguardo annoiato."
Non appena parlò, lo guardai: che cazzo significavano quelle parole?
Feci per aprir bocca, ma la voce di mia sorella nell'auricolare mi bloccò. "Manca un minuto. É il momento di tornare." ci avvertì.
Poi improvvisamente Hibari si alzò e iniziò a camminare, girandosi verso di me dopo qualche passo. "Muoviti, o ti azzanno alla gola."
"Fanculo." borbottai mentre mi alzavo.
 
"Shamal, per favore!" dissi esasperata.
"Tesoro, te l'ho già detto: io non curo i maschi." disse per l'ennesima volta.
Mi passai una mano nei capelli ancora bagnati per la lunga e bollente doccia che mi ero concessa subito dopo l'allenamento. "Ma..."
"Chiara, se ha bisogno di qualcuno che gli medichi la schiena, perché non lo fai tu? Te l'ho insegnato un po' di tempo fa, ricordi?" disse aggiustandosì il nodo della cravatta. "E poi stasera ho un appuntamento." continuò eccitato.
Oddio, ci risiamo.
"Shamal... Sai come andrà a finire, vero?"
"Beh..." un'ultima occhiata allo specchio ed era pronto. "Stavolta potrebbe essere diverso."
Sospirai. "Certo." dissi in modo sarcastico, ottenendo uno sguardo ammonitore.
Stava per ribattere, quando il campanello si fece sentire.
Sospirando di nuovo mi avviai verso la porta, trovandomi poi di fronte un Gokudera piuttosto nervoso.
"Ehm... C'è Shamal?"
"Certo, entra pure." dissi cortesemente.
"Hayato, che sorpresa!" esordì.
"Avevi detto che mi avresti curato. Per una volta, cerca di mantenere la parola data." sbottò, per poi studiarlo attentamente. "Non dirmi che hai un altro appuntamento.". disse, portandosi una mano in faccia.
"Un altro?" chiesi stupita e al tempo stesso curiosa.
Dopo la mia domanda il dottore si sedette con fare plateale, tirando fuori da chissà dove una rosa rossa.
"Cazzo, adesso inizia."
"Io sono Shamal, il bellissimo dottore che farà sciogliere il cuore di qualsiasi donna. Non posso starmene fermo quando qualche bellezza ha bisogno di me." poi, abbottonandosi la giacca, si alzò e ci salutò con un occhiolino per scomparire subito dopo. "Hayato, Chiara-chan sarà la tua infermiera per questa sera. Non approfittare di lei, mi raccomando."
Dopo che la porta si chiuse passarono alcuni minuti, poi finalmente mi decisi ad aprire bocca.
"Uhm... Ti spiace se parlo in italiano?"
"A dire il vero sì." con la coda dell'occhio lo vidi sedersi sulla poltrona. "Devi abituarti a parlare giapponese." disse.
"Antipatico..." borbottai.
"Lo faccio per il tuo bene." disse con un tono sarcastico.
"Come no...Aspettami qui."
Velocemente andai al piano di sopra ti presi la cassetta delle emergenze, che Shamal mi aveva insegnato a usare con maestria. Tornata al piano di sotto, lo vidi ancora disteso.
Mi sedetti sul tavolino di fronte a lui, noncurante dei miei capelli ancora bagnati che stavano bagnando un po' dappertutto. "Dove ti fa male?"
Lo vidi fare una faccia sorpresa. "Non serve che mi curi, lascia stare..." sì alzò di scatto, ma subito lo bloccai.
"Se non volevi essere curato, perché sei venuto qui in cerca di Shamal?" e, non ottenendo nessuna risposta, "Non dirmi che il braccio destro del Decimo ha paura di farsi curare da qualcuno che non è dottore?"
Lo vidi strizzare l'occhio: avevo fatto centro.
"D'accordo!" sbottò, togliendosi la maglietta e rimanendo a petto nudo. "Io non ho paura di niente."
Inutile dire che arrossii. Aveva davvero un bel corpo: muscoloso al punto giusto.
"Girati..." mormorai imbarazzata.
Fece come gli avevo detto e rimasi stupefatta da tutti i lividi e le ferite che si era procurato durante l'allenamento.
“Ma…” iniziai a medicare i tagli più profondi. “Come ti sei ridotto in questo stato? Come si chiama…” sussurrai. “Hibari-san non è stato collaborativo?”
“No.” Disse secco. “Ahi!”
“Scusa! Scusa…”
 Si girò appena con la testa, giusto per iniziare a stuzzicarmi. “Pensavo Shamal ti avesse insegnato qualcosa…” disse.
Feci la linguaccia e gli tirai piano una ciocca di capelli, sentendo poi la sua roca risata. “Che simpatico.”
Lentamente e con molta delicatezza passai sulla schiena di Hayato le mie mani unte di crema. Le feci scorrere senza troppa pressione perché sapevo benissimo che altrimenti avrebbe sentito dolore, e mi sorpresi quando sentii un flebile "Sì..." uscire dalle labbra del guardiano seminudo. Senza farmelo ripetere due volte ripetei di nuovo il mio movimento, quando notai la rigidità delle sue spalle.
"Hayato-kun?"
"...Mmh?" mugugnò.
Lasciando stare momentaneamente la schiena da curare portai le mie mani sulle spalle, iniziando poi a massaggiarle pian piano.
"Che stai facendo...?" chiese qualche minuto più tardi.
"É un massaggio." e, volendolo stuzzicare un po', presi a sussurrargli all'orecchio. "É solo un massaggio, Hayato-kun. Sei teso."
 
Cazzo.
Averla come infermiera si rivelò essere un'ottima cosa, almeno non avrei dovuto sorbire i racconti di Shamal. Ma quando è troppo, è troppo.
Continuò a toccare la mia pelle sporca e ferita con quelle lisce e perfette dita. All'improvviso iniziò a canticchiare a bassa voce, procurandomi un brivido lungo tutta la schiena. Girai appena la testa notando le sue mani morbide, che mi ricordavano quelle di mia madre. Senza rendermene conto ne presi una e iniziai a stingerla piano. La toccai bene: era morbida e profumata.
"Hayato-kun...?"
Nel sentire la sua voce aprii di scatto gli occhi e mi sorpresi da solo, perché non ero pienamente consapevole di che stavo facendo.
Ri-cazzo.
"Scusa..."
Mi guardò in modo strano, ma subito dopo alzò le spalle e continuò con il suo lavoro.
"Allora, che hai combinato per avere tutti questi tagli?"
Sospirai. "Intendi parlare ancora di Hibari e della sua mancata collaborazione?"
"Accidenti..." rise in modo sensuale. "Sai parlare italiano." disse sorridendo.
"Mmh."
Il massaggio continuò con estrema lentezza: aveva capito come torturarmi. Una volta che terminò anche il suo ruolo d’infermiera, si sedette di fronte a me con occhi supplicanti.
"Hayato... Andrà tutto bene, vero?"
"Uhm..." rimasi sorpreso dall'improvvisa domanda. "Beh, a quanto ho visto ti sei integrata bene con-"
"Shamal. Parlavo del suo appuntamento." mi corresse. "É il mio tutore e non vorrei ci rimanesse male se le cose non dovessero andare bene..."
La guardai stupita: era la prima volta che qualcuno si preoccupava davvero per quel Casanova. "É un donnaiolo, Chiara. Starà bene." dissi cercando di rassicurarla.
"Mmh... Se lo dici tu." e, dopo uno strano e imbarazzante silenzio, borbottò qualcosa e mi abbandonò per dirigersi verso la cucina. "Vuoi da bere?"
"Non penso che nel tuo frigo potrei trovare qualcosa d’interessante." dissi raggiungendola. "Ma diamo un'occhiata."
Mi avvicinai a lei, percependo endo così l'odore della sua pelle: fresco e frizzante. Mi avvicinai ancora di più, intrappolandola tra me e il frigorifero. Subito chiusi gli occhi, e approfittando di trovarmi alle sue spalle abbassai leggermente il capo e annusai il suo dolce profumo. Mi ricordava l'Italia, quella bella però. Quella che da bambino idealizzavo in continuazione.
Se quell'incidente non fosse mai avvenuto...
"...Hayato? Allora?"
"Cosa?" chiesi, svegliandomi di soprassalto dai miei pensieri.
Si girò, ma prima che potesse mostrarmi gli occhi mi allontanai un po’. Non ero un maniaco come Shamal.
"Ho detto..." disse prima di bloccarsi. Se ne stava lì, di fronte a me, senza proferire parola e con un'espressione strana in volto, ma dopo alcuni minuti di silenzio e sguardo fisso, m’innervosii. "Chiara, che diavolo hai?"
La guardai squadrarmi dalla testa ai... Al bacino. Diventò rossa come un peperone, tanto che a un certo punto mi preoccupai e appoggiai la mia fronte contro la sua per sentire se aveva febbre.
Proprio come aveva fatto mia madre l'ultima volta...
Cercò di spostarsi e si divincolò farfugliando qualcosa, ma la tenni ferma. Inevitabilmente il mio sguardo cadde su una vista molto piacevole: la scollatura che veniva abilmente messa in mostra da una semplice canotta. Fissai per qualche attimo la morbida carne tra il seno e l'incavo del collo, arrossendo subito dopo per le mie azioni. Mi staccai di colpo nello stesso istante in cui lo fece anche lei, arretrando fino a trovarsi con le spalle al muro, anzi, al frigo.
Volendo evitare un nuovo silenzio, iniziai a parlare. "Con i capelli bagnati ti prenderai di sicuro qualcosa..." dissi noncurante, nascondendo però l'imbarazzo che si era creato. "Meglio che-"
"Già." mi bloccò subito lei, sorridendo nervosamente.
Dopo essermi ricordato la maglietta chiusi la porta alle mie spalle, liberando un sospiro e tornando a casa stranamente accaldato.
 
Hayato se ne era appena andato via, ma ancora tutt'intorno si poteva sentire il suo caratteristico profumo di provenienza -ovviamente- italiana. Mi appoggiai a una sedia per l'improvvisa mancanza di equilibrio, ridacchiando come una scema perché avevo indugiato troppo sui suoi pettorali ben definiti. Avvertendo un improvviso caldo mi portai una mano sulla fronte.
Meglio asciugarsi i capelli.

 
 
Mi spiace davvero tantissimo per l’enorme ritardo, ma mi farò perdonare, promesso: il prossimo capitolo tratterà interamente della nostra piccola e adorata Chrome.
Aggiornerò appena ci saranno un paio di recensioni, così da avere alcuni pareri sul capitolo.
Fatevi sentire! Bacio,
Ma Maddie.

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Capitolo 5
*** Perché non provo queste cose anche in compagnia di Mukuro-sama? ***


Il guardiano del buio.
 
Perché non provo queste cose anche in compagnia di Mukuro-sama?
 
 
Forse Mukuro-sama si arrabbierà con me.
“Erbivora.” una voce mi distrasse. “Prestami attenzione mentre parlo.”
Lo guardai negli occhi: bui e profondi come gli abissi. “S- scusa…” mormorai.
“Hnn. Andiamo.”
Senza indugiare oltre, prese la mia mano e mi portò fino a casa sua. “Ma… H-Hibari-san...” balbettai, intuendo le sue intenzioni. “M-mi stanno aspettando e… Ah!”
Sussultai di sorpresa quando, all’improvviso, mi prese in braccio e iniziò a salire le scale.
“Aspett-” tentai di ribattere, ma senza che me ne resi conto le sue labbra si erano già scontrate con le mie per un bacio a dir poco famelico. “Mmnnn…” sentii la sua lingua entrare prepotentemente nella mia bocca, abbattendo qualsiasi mia ultima difesa. Lasciai cadere le mie buste sul pavimento e chiusi gli occhi aggrappandomi a lui per non cadere.
Dopo chissà quanto tempo percepii del movimento: mi aveva portata in camera sua, senza fermare il bacio neanche per un secondo. Alcuni attimi dopo mi buttò letteralmente sul letto e dopo essersi tolto la scura divisa della sua scuola, avanzò verso di me.
“H-Hibari-san…” sussurrai non appena iniziò a baciarmi il collo, lasciandolo umido. D’istinto portai le mani tra i suoi capelli, ma appena mi resi conto di ciò che stavo facendo e soprattutto a chi lo stavo facendo, le abbassai subito rimanendo sorpresa quando sentii un suono di protesta.
“Fallo.” Mi ordinò perentorio.
Strabuzzai gli occhi. “M-ma…”
“Non posso fare tutto io. Ti pare?” chiese, con uno sguardo malizioso stampato in faccia.
Lo guardai. “N-no…” dissi, avvicinandomi per baciarlo di rimando e contemporaneamente arrossendo. “Non credo…”
 
Ore dopo, quando Hibari-san cadde su di me stanco e beh… Appagato, sospirai per tutto il piacere che avevo provato. Non avrei mai immaginato che avrei potuto provare tutto ciò. L’unica cosa di cui ero certa al cento per cento, però, era la sensazione che provavo quando mi trovavo vicina a lui: protetta, al sicuro. Ecco come mi sentivo. Non più vulnerabile o indifesa. L’unica domanda che mi ossessionava era… Perché non provo queste cose anche in compagnia di Mukuro-sama?
 
“Nagi…” sussurrò non appena varcai la soglia della porta. “Finalmente, mia cara.” Sorrise.
Mi avvicinai a lui con timidezza, ormai mia inseparabile compagna di vita. Ricambiai il sorriso sotto lo sguardo attento di Ken e quello annoiato di Chikusa e poi, lentamente, Mukuro-sama mi baciò la mano facendomi arrossire.
“Dove sei stata per tutto questo tempo?”
“Ken…” lo ammonì Chikusa, che ottenne come risposta uno sbuffare da parte dell’amico.
Presi posto sulla mia solita poltrona, rilassando il collo e chiudendo gli occhi.
“Credo che la nostra piccola Nagi sia stanca.” disse. “Sbaglio?” chiese poi rivolgendosi a me.
Annuii lentamente.
“Vorrei parlarle in privato.” sussurrò agli altri due in modo però autoritario. “Allora…” continuò una volta rimasti soli.
“S-sì?”
Chiuse una mano a pugno e poggiò la testa su di essa, com’era solito fare. “Come hai passato il pomeriggio? Ti sei divertita?”
“Uhm… C-certo!” risposi cercando di sembrare allegra.
“Sai, spero tu non sia andata a trovare quel tipo dalle maniere incivili.” disse, respirando pesantemente. “È un tipo losco, non mi fido.”
Al sentire quelle parole, sentii il cuore in gola e una forte ansia pervadermi.
Un teso silenzio arrivò a farci compagnia.
“Chrome?” domandò già pensieroso, alzando il tono della voce.
Non arrabbiarti, per favore.
“B-beh… L’ho incontrato p-per strada e… E…” In imbarazzo e non sapendo che altro dire o fare, iniziai a torturarmi le mani, sempre con lo sguardo basso. “I-io… Ecco…”
Poi, tutto a un tratto, Mukuro-sama si alzò dal suo posto e gridò a più non posso: “Kyoya!”

 
 
Ecco qui la piccola Chrome e i suoi -ehm- affarucci.
Che ve ne pare? Ah, se mi state maledicendo per aver eliminato il piccante non preoccupatevi: la loro parte interessante arriverà… Solo non volevo mettere subito il rating rosso!
Come sempre, fatevi sentire!
Baci,
Ma maddie.

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Capitolo 6
*** Hayato... Non voglio parlarne... Non ora. ***


Il guardiano del buio.
 
Hayato… Non voglio parlarne... Non ora.
 
 
"Allora..." sospirò, guardando sbadatamente le pagine del libro. "Da dove vogliamo iniziare?"
Posai la penna che da alcuni minuti avevo iniziato a mordicchiare e lo guardai: con quegli occhiali era affascin-
Ma che cavolo mi metto a pensare?
Scossi la testa. "Hayato, ti avevo detto che avrei potuto rimettermi in pari col programma anche da sola..."
Alzò le spalle. "Shamal ha insistito, e poi chi ti ha permesso di parlare italiano?" disse con un ghigno stampato in faccia.
Come risposta feci la linguaccia, ridendo sottovoce l'attimo dopo. Per alcuni secondi rimasi a guardarlo, persa nei suoi occhi azzurro-verdi.
"Che c'è?"
"Uhm... Niente." risposi sospirando.
"Ragazzi..." entrò in scena Shamal. "Ripassate fino a tardi?"
Mi voltai, notando il suo nuovo completo. "Non avresti dovuto insistere. Sai che lo studio non è mai stato un problema per me..." notando che non mi ascoltava, mi girai implorante verso il mio coetaneo. "Hayato, per favore. Facciamo qualcos'altro!"
"Tsk. Seccatura. Ahi!" si lamentò quando Shamal gli diede un piccolo schiaffo sulla testa.
"Non trattare male la mia piccola Chiara-chan." e poi, seguito da un lungo e noioso discorso di raccomandazioni, uscì da casa per il suo appuntamento.
"Allora..." dissi decisa a rompere il ghiaccio. "Che ti va di fare, Braccio Destro?"
Iniziò a sistemare i suoi libri e quaderni. "Parli ancora... Lasciamo stare, con te è inutile."
"La prossima volta che Shamal ti costringerà a fare qualcosa con me parlerò giapponese, promesso." dissi solenne, tuttavia con le dita dell'altra mano incrociate.
A un tratto lo vidi fermarsi, guardarmi e assumere una strana espressione. "Primo: non mi ha costretto, ha solo-"
"Insistito fino allo sfinimento. Lo conosco anch'io." lo bloccai, provocandolo.
I suoi occhi si fecero due fessure, ma in essi potevo comunque intravedere una luce divertita. "Stavo dicendo... Secondo: fare qualcosa con te... Del tipo?" chiese allusivo.
Involontariamente -e pensando ad alcune sere prima, quando mi fermai ad ammirare il suo petto ben scolpito- arrossii, facendolo ridere di gusto. Non so perché, ma solo ora, da quando l'ho incontrato per la prima volta, sembra essere se stesso. Tuttavia la sua risata cominciava a darmi fastidio, soprattutto per la battutina che aveva fatto.
"Che c'è...?" mi domandò appena calmato. Ancora rossa e accaldata lo guardai bene negli occhi, ancora brillanti di quella luce provocatoria. "Ho detto qualcosa che non va? Perché sei diventata tutta rossa..." continuò ammiccando.
"Interessante detto da uno che è intimorito da dei bikini." sorrisi vendicativa.
"Ehi." si fece serio. "Ero a disagio, non intimorito. C'erano troppe donne per i miei gusti..." brontolò.
Mi alzai dalla sedia, facendo schioccare le dita. "Certo, come dici tu..." dissi, cercando da bere. "Che vuoi?"
Si avvicinò a me intrappolandomi di nuovo tra lui e il frigo, facendomi tornare le palpitazioni. "Vediamo che c'è... Anche se non sono molto speranzoso." disse poi, con tristezza teatrale.
"Le ho preso la birra, Vostra Maestà."
Piegò la bocca in un mezzo sorriso. "Mi stupisci sempre più, sai?" chiese prendendone una.
Decisi di bere del thè e mi sedetti comoda nel grande divano, seguita da lui. "Era un insulto o un complimento?"
"Troppo presto per dirlo."
Per un po' rimanemmo zitti e tranquilli ma subito il silenzio divenne imbarazzante, quindi mi sforzai di pensare a un argomento di conversazione.
"Non c'è bisogno di pensare a cosa dire, ho alcune domande per te."
Strabuzzai gli occhi. "C-cosa?"
"Domanda numero uno: volevo sapere… Perché l'ultimo dei Borgia ha fatto ritorno alla mafia?" chiese, ignorandomi completamente.
Rischiai di strizzarmi da sola col the, per quanto la domanda era inaspettata. "Non sono affari tuoi." dissi una volta constatato che ero ancora in grado di respirare normalmente. "Perché lo vuoi sapere?"
In un primo momento rimase zitto a fissarmi per un po', ma dopo ricominciò a parlare, stringendo maggiormente la birra tra le mani. "Numero due: perché proprio ora e non prima?"
Non so perché ma rimasi scioccata da quelle parole. Non ci avevo mai riflettuto davvero, ma forse era arrivato il momento di mettere ordine in testa. Forse con il suo supporto.
No, lui non mi può aiutare.
"Basta, non ho più voglia di parlare." dissi alzandomi in modo brusco. Feci per avviarmi verso la cucina, ma mi prese un braccio e mi tenne ferma.
"Senti, non fare così... Mi..." si voltò e mi guardò dritta negli occhi, mentre in quel preciso istante una strana ma piacevole sensazione di calore si diffuse dentro di me. "Mi dispiace... Shamal ha detto-"
"Shamal cosa?" quasi urlai. "E lasciami!" dissi sempre ad alta voce, liberandomi dalla sua presa.
"Dice che hai bisogno di qualcuno con cui parlare." sospirò stancamente. "E poi..."
"...Cosa?"
Mise le mani in tasca, abbassando lo sguardo. Era a disagio con questo tipo di conversazioni, non c'era dubbio. "Ero curioso. Non capita tutti i giorni di conoscere una come te." ammise.
Pensierosa rimasi ferma, quasi paralizzata. "Che onore, sono persino famosa." dissi con disprezzo.
"No, ascolta." disse girando il mio volto verso di lui. "Puoi non accettarlo ma è vero: tu sei qualcuno per la mafia. La tua storia e quella della tua famiglia... Trovo siano molto interessanti." si sedette, aspettando che lo facessi anch’io. Cosa che accadde effettivamente. "Shamal è preoccupato per te. Anch’io non ho avuto una bella infanzia, e se vuoi..."
Deglutii pensando a mille cose e allo stesso tempo a niente. "Non so che dire... Non ho mai parlato con nessuno di quei fatti..." risposi confusa.
Lo vidi chiudere gli occhi ed espirare spazientito. "Non sono un tipo particolarmente paziente. Vuoi che qualcuno ti ascolti?" chiese però in modo gentile.
Neanche mi resi conto che iniziai a piangere. Me ne accorsi solo quando Hayato mi disse di smettere di fare qualcosa. Sentivo gli occhi bruciare improvvisamente rividi tutte quelle immagini che per anni mi avevano tormentato. Di nuovo. E di nuovo ancora.
"Guardami." mi disse fermamente. Provò a scostare le mani che usavo per nascondere il viso, ma senza successo. "Non volevo essere rude... Ma non so come comportarmi in queste situazioni e-"
"Vattene! Esci!" urlai però in lacrime, di nuovo in crisi.
"Chiara, non-"
Tentò di ribattere, ma non volli ascoltarlo. "Fuori!"
Non può. Non può riportare alla mente tutti questi ricordi...
 
Cazzo.
Sbuffai, stanco e nervoso per ciò che era appena successo. Ero stato troppo diretto, lo sapevo bene. Ma dopotutto è meglio occuparsi subito delle faccende pesanti. Mentre la mia mente continuava a riempirsi d’imprecazioni, neanche mi accorsi di aver raggiunto il fiume lì vicino. Mi stesi sull'erba, inspirando a pieni polmoni l'aria notturna. Chiusi gli occhi e i ricordi di mia madre mi assalirono. Era così dolce. Così materna. Non avrei dovuto bombardarla di domande, ma che ci potevo fare... Non interagisco con le persone. Non ascolto i loro problemi. Non...
Diavolo!
Di scatto mi alzai da terra e mi avviai verso casa sua. Avevo commesso un grosso errore, ma il braccio destro del Decimo sa assumersi le proprie responsabilità.
 
Avevo appena preso l'ennesimo calmante perché le lacrime che non davano segno di tregua, quando il campanello al piano di sotto prese a suonare con insistenza. Mi guardai allo specchio: avevo gli occhi rossi e lucidi per tutte le lacrime che avevo versato, ma mi costrinsi a raggiungere la porta.
"C-Chi è?" domandai singhiozzante.
"...Sono io." disse una voce che conoscevo fin troppo bene. "Per favore, apri."
"Hayato, non mi sento-"
"Chiara, ti prego..." disse con un tono che sembrava davvero pentito. "Ti prego." continuò.
Decisi di aprire e ascoltare ciò che aveva da dire, in fondo non avrebbe potuto essere così tremendo. "C-che vuoi?"
Senza neanche rispondermi entrò, mi prese per il polso e mi attirò a sé, abbracciandomi. "Mi dispiace davvero." disse stringendomi ancora di più. "Quando ho perso mia madre nessuno mi è rimasto accanto ascoltando ciò che avevo da dire. Scusa." continuò a consolarmi con inaspettata dolcezza, senza intanto smettere di cullarmi.
"Io… Io-"
Tuttavia non mi lasciò parlare. "Shh. Prima calmati." sussurrò con una tenerezza di solito estranea al ragazzo.
Sospirai stancamente, aggrappandomi a lui come se fosse la mia ancora di salvezza. Poi, sorprendendomi, portò la mano sotto le mie ginocchia e mi sollevò, avanzando verso il divano. Si sedette, facendomi accomodare sopra di lui. Sospirò e mi passò incerto una mano tra i capelli, mentre io nascondevo il viso nella sua maglia.
"Hayato..." dissi a un certo punto. "Non voglio parlarne... Non ora."
Inarcò le sopracciglia, ma poi si rilassò. "Come vuoi..."
Poi lo guardai, e con uno sguardo implorante chiesi ciò che probabilmente mi avrebbe negato, ma che era ciò di cui avevo estremo bisogno. "Puoi restare qui... Per favore?"
Prima di rispondere mi fissò per attimi che parevano eterni, ma dopo un po' finalmente aprì bocca. "Resterò finché non ti addormenti." mi concesse. "Shamal mi farebbe fuori se sapesse che dormo qui."
"Mmh..."
"Sono il braccio destro del Decimo, non dimenticarlo." strizzò l'occhio, nella speranza di tirarmi su di morale. "Non un aspirante suicida." disse, facendo ridacchiare me e sorprendentemente anche lui.
Una volta calmata, chiusi gli occhi. "Hayato…?"
Nell'udire la mia voce si girò, facendomi ammirare il colore dei suoi occhi. "Dimmi..."
"Grazie." dissi solamente, schioccandogli un dolce bacio sulla guancia, prima di appoggiare la testa sulla sua spalla. Percepii il suo irrigidirsi dovuto a quel gesto, ma subito dopo si rilassò e io chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dai sogni.
 
Non riuscivo a capire perché, ma quando mi diede quel piccolo bacio il mio cervello divenne... Pappetta.
Calma. Cazzo, calmati.

 
 
Ecco il nuovo capitolo!
Vorrei prolungarmi almeno un pochino, ma ho i minuti contati, davvero.
Aspetto le vostre recensioni, mi raccomando! Ci conto!
Un bacio e grazie,
Ma Maddie.

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Capitolo 7
*** Non fingere di non sapere a cosa mi riferisco! Tu e... Chiara, wow! ***


Il guardiano del buio.
 
Non fingere di non sapere a cosa mi riferisco! Tu e... Chiara, wow!
 
 
"Mmh..." mugugnai stanco. Cercai una posizione più comoda, ma non la trovai. Mi resi conto che ero seduto, ma non volli aprire gli occhi, tanta la stanchezza. C'era qualcosa sopra di me, o meglio qualcuno.
Ma che cazzo...?
Chiara. Chiara era accovacciata su di me e dormiva tranquillamente. Per un attimo la guardai mentre riposava con un'espressione beata dipinta in volto. Le spostai una ciocca di capelli finita di fronte agli occhi, notando le guance ancora leggermente rosse per le lacrime. Sospirai, capendo che avevo spinto troppo con le domande. Data la reazione che aveva avuto, deve aver mantenuto il silenzio per anni. Era più che ovvio che appena si fosse accennato a quell'argomento, lei sarebbe crollata.
Alzai lo sguardo verso l'orologio fisso sulla parete: quasi le due di notte.
Se mi trova Shamal sono fregato.
La guardai incerto sul da farsi, ma alla fine decisi di svegliarla. La scossi pian piano, poi un po' più forte, ma niente da fare. Tutto ciò che ottenni fu una frase incomprensibile, seguita dal nome Damon.
Chi diavolo è Damon?
Annotandomi la domanda in testa decisi di portarla di sopra, a letto. La presi con delicatezza e la strinsi a me per bene, ascoltando i suoi teneri respiri. Salii le scale, e facendo molta attenzione la posai sul grande letto di camera sua. Dopo essersi distesa meglio sul morbido materasso si girò, riprendendo a respirare normalmente. Mi guardai attorno: molte foto di Shamal -in compagnia di molte donne- erano state attaccate alla parete, e vicino ad esse una cornice in particolare attirò la mia attenzione. Una famiglia sorridente, una sera di festa. Riconobbi subito una piccola Chiara per i suoi occhi giallo splendente. Accanto a lei un uomo e una donna con un neonato in braccio. Tutti e quattro sorridevano e ridevano felici, mentre dietro di loro si potevano vedere delle coppie ballare.
Dev'essere la sua famiglia.
Mi girai, continuando a esaminare la stanza attorno a me. Le pareti erano bianche e senza alcun tocco personale, ad eccezione del muro con le foto del suo tutore. Gli scatoloni erano spariti e ovunque c'erano libri o candele. Con la coda dell'occhio notai un flacone di pastiglie ancora aperto sopra la scrivania. Lo esaminai meglio: calmanti. Ecco perché non si è svegliata, devono essere forti.
"Mmh..." la sentii borbottare nel sonno.
Per un momento rimasi completamente immobile, aspettando i respiri regolari che puntualmente arrivarono.
Meglio andare.
Uscii dalla porta, ma subito mi girai per un'ultima occhiata. Stava dormendo così beatamente... In modo così tranquillo. Ai piedi del letto c'era una coperta, quindi decisi di coprirla prima di uscire di casa. Pochi minuti dopo mi avviai per la strada, ma non feci molti passi perché subito sentii una voce familiare chiamare il mio nome con tono alquanto alterato.
"Hayato!" urlò, paralizzandomi sul posto. "Perché stai uscendo a quest'ora?"
"Shamal, ecco-"
Cazzo, sono un uomo morto!
"Ti conviene iniziare a correre." disse con calma furiosa.
"Che? Io non-"
A un tratto la sua faccia si fece rossa per la rabbia. "Corri!"
 
"Amico..." disse una voce alle mie spalle. "Vacci piano, o ti andrà dritto alla testa."
Mi girai, trovando gli occhi del biondo a fissarmi con impazienza. "Cosa vuoi, Dino?"
Senza alcun invito mi si sedette accanto, ordinando un superalcolico come me. "Intanto non dovresti essere così burbero con la gente che ti vuole aiutare."
"Mi vuoi aiutare?" domandai svuotando il bicchiere e chiedendone un altro. "A fare cosa?"
"Ho sentito che alcuni giorni fa tu e Shamal avete avuto un piccolo... Inconveniente." disse, liberando una breve risata.
Confuso, lo guardai.
"Non fingere di non sapere a cosa mi riferisco! Tu e... Chiara, wow!"
Non appena sentii le sue parole quasi mi strozzai con il mio drink. "Cosa cazzo stai dicendo?"
Anche lui come me bevve d'un fiato il suo drink, sorridendo poi in modo selvaggio e dandomi una pacca confidenziale sulle spalle. "Pensavo fossi ossessionato con la faccenda del Braccio Destro, ma quanto pare anche tu ti dai da fare!"
Che diavolo, perché tutti saltano alle conclusioni? E per di più a quelle sbagliate? Se tra tutte le persone che conosco proprio Dino è venuto a parlarmi di questa cosa, significa che glielo ha detto Reborn, che deve averlo saputo dalle inutili lamentele di Shamal. "Ascoltami attentamente, perché non lo ripeterò: ci siamo addormentati. Stop." dissi nervoso.
"Ma… Vuoi dirmi che non è successo niente?" domandò.
"No!" sbottai. "E fatela tutti finita con queste insinuazioni."
Per un bel po' rimanemmo in silenzio e continuammo a bere, godendoci ogni sorso di quel liquido. A un tratto però, Dino ruppe la pace. "Mi vuoi dire che ti succede?"
Lo guardai torvo. "Che intendi?"
"Le stai addosso, Gokudera. È strano..." mi vide accigliarmi, quindi si spiegò meglio. "Ti conosco da un po' ormai, ma non ti ho mai visto prestare tanta attenzione a una donna come con Chiara."
"Beh, Shamal mi ha detto di aiutarla... Non ha detto quando partirà, ma sappiamo entrambi che quello sciupafemmine non rimarrà in Giappone per sempre."
Annuì. "Teme che con la sua partenza Chiara potrà sentirsi di nuovo sola." non era una domanda, ma un'affermazione: aveva capito il mio discorso. Terminò un nuovo bicchiere, sistemandosi poi la camicia. "Comunque non intendevo proprio quello."
Buttai uno sguardo dall'altra parte del locale trovando alcune donne a fissarci avidamente. "E cosa, sentiamo."
"Da quando lei è diventata il nuovo guardiano... Non so, ti vedo diverso."
"Te l'ho detto: Shamal mi ha chiesto di prendermi cura di lei."
Scosse la testa divertito. "E accompagnarla a fare shopping rientra nel prenderti cura di lei?"
Strabuzzai gli occhi, di nuovo rischiando di soffocare con la mia stessa bevanda. "Come...?"
"Hibari-san." bevve un lungo sorso, prima di lasciare una generosa mancia alla barista.
"E lui come lo sa? Aspetta." posai il bicchiere sul bancone, pensando a come il mondo stesse diventando un posto così strano. "Da quando in qua Hibari è interessato a... A qualcosa?"
"Me l’ha detto lui: ormai siamo diventati migliori amici."
A stento a trattenni una risata. "Ma per favore."
"Sono riuscito a farlo parlare. Non chiedermi come, perché non ne sono sicuro neanch'io." si alzò dal suo posto, rimanendo però ancora vicino a me. "Ad ogni modo, glielo ha detto Chrome."
Devono averci visti assieme... È l'unica spiegazione. Ma perché la gente è sempre più pettegola? "Ah, diamine! C'è qualcosa in lei che mi spinge..." mi bloccai nel bel mezzo della frase, imbarazzato. "A proteggerla, non so bene come spiegarlo... Sento... Come se stessi cambiando."
"Forse non ti sei reso conto di essere già cambiato." disse con nonchalance.
Sospirai, stanco dopo tutta quell'assurda conversazione. "Piuttosto... Mi vuoi spiegare come mai non hai ancora combinato un disastro?"
Alzò le spalle. "Romario è in fondo al bar."
"...Capisco." dissi, prima di ordinare il sesto bicchiere. "Ehi, dove vai ora?" chiesi, notando che se ne stava andando.
"A quanto pare Hibari e Mukuro hanno avuto dei problemi... E si stanno per sfidare."
Sai che novità.
Lo vidi raggiungere Romario e bisbigliare qualcosa. Indeciso aspettai qualche secondo, ma alla fine lo seguii: non avevo niente di meglio da fare.
 
"C-Chiara-chan!" disse sorpresa.
Sorrisi. "Oh, ciao Chrome." mi avvicinai a lei, notando due ragazzi che non avevo mai visto prima d'ora. Uno dei due era alto, pallido, con gli occhiali e osservava qualcosa con distaccato interesse. L'altro era più muscoloso e anche più protettivo nei confronti della ragazza.
"Chi diavolo sei tu?"
Chrome sbarrò gli occhi stupita.  "Ken!"
"Io sono Chiara." dissi semplicemente. Dopo le continue -e a mio parere senza senso- domande di Shamal su una notte di alcuni giorni prima, avevo davvero bisogno di staccare la spina. "Che state facendo?" Non appena formulai la domanda, l'espressione di Chrome passò da sorpresa a preoccupata.
"Mukuro-sama e quel Kyoya-san stanno per affrontarsi." disse Ken, avvicinandosi all'altro ragazzo e mettendosi a osservare in lontananza i due combattenti.
Inarcai le sopracciglia. "E perché?"
"Tutta colpa di Chrome." rispose il più pallido con calma.
"Chikusa!" disse lei, avvicinandosi ai due e iniziando una fitta conversazione.
Spostai lo sguardo verso i due che da un momento all'altro si sarebbero confrontati. Il cielo era di uno strano grigio e rispecchiava pienamente l'atmosfera tesa che laggiù si stava vivendo. All'improvviso accadde: Rokudo Mukuro sparì dentro un fumo denso comparso dal nulla, lasciando me e gli altri tre spettatori un po' disorientati.
"Dietro di te!" urlò poi una voce alle mie spalle.
Mi girai, riconoscendo Dino, il suo fidato Romario e Hayato. Spostai lo sguardo verso Hibari, che aveva seguito il consiglio del suo maestro iniziando con degli attacchi frontali. Mi voltai ancora una volta, salutando i nuovi arrivati.
"Chiara-chan..." disse per primo Dino. "Non sapevo fossi qui." sorrise divertito.
"Passavo per caso." ammisi. Guardai Hayato nervosamente. "Uhm... Hayato-kun, hai un minuto?"
Seguirono alcuni secondi d’imbarazzante silenzio, ma alla fine accettò e ci allontanammo da un Dino con un'espressione molto sospetta. Camminammo per un po', arrivando a una panchina di un piccolo parco. Iniziai io. "Che diavolo ha Shamal? Che gli hai detto?"
Subito s’irrigidì, ma poi si decise a rispondere. "È stato tutto un enorme sbaglio. Shamal..." abbassò lo sguardo, ma poi mi fissò dritta negli occhi. "È tutto a posto, davvero. Non devi preoccuparti, Chiara."
"Ma hai visto Dino? Forse lui sa-"
Mi bloccò subito, scattando come una molla. "No!" e notando la mia faccia sorpresa, si corresse. "Ehm, probabilmente è emozionato per la sfida..."
Ci pensai su. Forse poteva essere vero, in fondo a quanto gli altri mi hanno detto Hibari è stato allievo di Dino. "Mmh... Già." sospirai. "Beh, andiamo a vedere come va a finire."
Alzò le spalle. "Finirà in parità come al solito, poi Chrome si sentirà in colpa e li curerà finché non staranno meglio."
"Allora che proponi?" lo stuzzicai. "Vuoi farti un altro bicchierino?"
Lo vidi alzarsi, sorridere divertito, e sciogliersi lentamente il codino. "Si sente così tanto?"
Subito non feci caso alla domanda, perché seguii quel movimento con molta attenzione. Senza quel codino i capelli gli arrivavano al mento e gli incorniciavano il viso in modo da far risaltare maggiormente il colore degli occhi. Improvvisamente sentii un'ondata di calore invadermi e farmi sentire stranamente rilassata. Stranamente, perché di solito non ero mai completamente tranquilla.
Proprio un gran bel ragazzo.
Tuttavia la magia s’interruppe quando raccolse di nuovo i capelli, tornando a guardarmi. "Chiara...?"
Con quelle parole tornai nel mondo reale. "Mmh?"
"L'odore dell'alcol. Si sente?"
"Oh... Beh, abbastanza." dissi mordendomi le labbra. Mi aveva colta in flagrante mentre lo osservavo. Dopo questa mia gaffe seguirono dei minuti di silenzio abbastanza teso, quindi mi alzai dalla panchina e mi avviai verso la strada.
"Che hai in mente?" mi chiese con tono curioso.
"Andiamo a bere." decisi d'istinto.
Mise le mani in tasca, senza far cadere il contatto visivo neanche per un secondo. "Io passo."
"Chi ha detto che devi per forza bere anche tu?" chiesi con espressione divertita, prima di iniziare a camminare.
Dopo alcuni momenti mi seguì. "Donne." disse, e poi aggiunse sottovoce qualcosa che però riuscii a catturare. "Interessante..."

 
 
Allora, eccomi di nuovo!
Premetto col dire grazie per le magnifiche recensioni:
  • Rock, ti sono capitate tante belle cose? Beata te! Per il passato della nostra protagonista dovrai aspettare ancora un po’, ma spero con tutto il cuore ne valga la pena! Ora riesco a vedere tutta la storia, ed è una storia molto, molto complicata… Non solo dal punto di vista love! Ma soprattutto… Sei contenta che il nostro adorato Gokudera sia vivo e vegeto? (domanda retorica ovviamente!)
  • The Reckless (alias Laurentia), grazie per tutti i complimenti, a momenti mi atterravi! Per quanto riguarda i Borgia… volevo dare alla storia qualcosa che avesse profonde radici italiane, e chi meglio di quella famiglia, per un’appassionata di storia come me? Ancora ringraziandoti ti chiedo… Chi può non amare quel dolce tenebroso Gokudera Hayato? (l’ossimoro è assolutamente voluto!)
  • Marianna14, mi fa davvero piacere che la storia ti piaccia sempre di più! E oltretutto, devo farti i complimenti: hai azzeccato il mio intento -o meglio, uno dei vari- di rendere il personaggio di Hayato più sensibile e dolce, come si vede pochissime volte. Per questo ti meriti un applauso! Anche a te dico che per scoprire il passato di Chiara ci vorrà del tempo… Ma intanto posso dirti che un tempo (passato, presente o futuro, chi lo sa?) riserverà ai nostri Vongole delle spiacevoli sorprese… M a questo molto più avanti!
Ancora ringraziando tutto il successo che la mia storia sta avendo vi mando un bacio di cuore, scusandomi perché la settimana prossima non sarò in grado di aggiornare: scuola, studio, libri… Sarà una settimana impegnativa.
Grazie ancora, tesori!
Ma Maddie.

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Capitolo 8
*** Chiara, tutto bene? ***


Il guardiano del buio.
 
Chiara, tutto bene?
 
 
"Allora..." iniziò, posando le bacchette sul tavolo. "Come ti trovi qui in Giappone, dai Vongola?"
Bevvi un sorso d'acqua, prendendo tempo per rispondere. "Bene, direi. Perché me lo chiedi?"
Mi guardò e per alcuni secondi rimase in silenzio. "Devo andare in Francia." disse poi.
Un brivido mi percosse la schiena. "Shamal-"
"Non ti preoccupare, tra un paio di settimane comincia la scuola. Tornerò per allora." sorrise cercando di rassicurarmi. Mi prese la mano e la strinse. "Andrà tutto bene: ora hai molti amici, rispetto che in passato. Se hai bisogno puoi chiedere a loro."
Spostai lo sguardo con un misto di frustrazione e rassegnazione. Sapevo che per il suo lavoro è costretto a viaggiare molto spesso, ma non pensavo potesse andarsene così presto! Cercai di togliere la mano dalla sua, ma inutilmente.
"Parlami. Che c'è?" mi chiese con dolcezza.
"Mi viene da piangere." ammisi con vergogna.
Lo sentii sospirare pesantemente. "Va tutto bene." sussurrò avvicinandosi con la sedia. "Ho promesso a tuo padre che mi sarei preso cura di te. Se non reputassi i Vongola all'altezza del loro nome, non ti lascerei nelle loro mani."
Quelle parole, sebbene poche, mi procurarono una fitta al cuore. "È la prima volta che sento parlare di promesse." sorrisi debolmente. "Che altro ti ha chiesto prima di..."
Sapeva che non ero in grado di terminare la frase, quindi mi posò un bacio sulla fronte e cominciò a parlare.
Scoprii varie cose che fino ad allora mi erano rimaste del tutto estranee: mio padre
aveva chiesto a Shamal di sostenermi nel corso degli anni, di istruirmi a dovere e di insegnarmi le tecniche basilari degli antichi poteri dei Borgia. Una cosa mi lasciò interdetta: gli aveva persino chiesto non farmi avvicinare mai più a una famiglia mafiosa.
"L'unica cosa che non sono riuscito a fare..." commentò con rammarico.
Lo guardai. "Non fartene una colpa: sai che è stata una mia scelta."
"Lo so, lo so... Anche se non capisco perché non mi vuoi dire il motivo di quest'improvviso ritorno."
Mi alzai, iniziando a raccogliere piatti e bicchieri da tavola. "Te l'ho detto: ogni cosa a suo tempo. Adesso però aiutami, dai."
Alzatosi anche lui, mi aiutò. "Chiara-chan..."
Mi voltai, notandolo assumere un'espressione preoccupata. "Sì?"
"Per la mia partenza... Va tutto bene?"
"...Certo." mentii tenendo lo sguardo basso. Una volta terminato di lavare i piatti me ne andai in camera mia, mentre Shamal decise di rimanere ancora un po' al piano di sotto a guardare la televisione. Chiusi la porta alle mie spalle, sentendo gli occhi inumidirsi. Cercai di cacciare dentro le lacrime, ma queste non vollero ascoltarmi e presero a rigarmi il volto senza tregua. Dopo vari minuti m'incamminai verso il bagnetto di camera mia per un bel bagno rilassante. Aprii l'acqua della vasca con mani ancora tremanti per la notizia.
Calma, ragazza. Non sei sola, ci sono i Vongola.
Ogni volta che Shamal mi dava una notizia del genere, la mia reazione era sempre la stessa. Sospirando, versai il bagnoschiuma profumato che mi piaceva tanto e attesi con impazienza la schiuma. Alcuni minuti dopo ero già immersa nell'acqua bollente, cercando di non pensare alla conversazione di poco prima. Molte cose dopo quella terribile notte erano cambiate: il mio rifiuto e lo smantellamento dei Borgia, le settimane di crisi perenni, la sensazione di disperazione e solitudine... Ma anche i viaggi con Shamal, le risate e il suo appoggio. Se non avesse insistito tanto per quel viaggio negli Stati Uniti o quello in Spagna, molti anni fa, probabilmente sarei rimasta a casa -fortunatamente rimessa in piedi- con il maggiordomo e la balia di fiducia, senza capire che nonostante tutto si va avanti a testa alta, rialzandosi quando si cade.
"Ah..." sospirai di piacere. Chiusi gli occhi, ripensando a Damon.
Caro fratellino.
Con la mente ricordai quella notte, quel suo ultimo secondo di vita. Era disteso a terra come me, mentre attorno a noi gli uomini di mio padre piangevano o si contorcevano per le ferite.
Vedevo tanto rosso ed era caldissimo: la casa stava ancora andando a fuoco.
Una delle cameriere sopravvissute mi aveva sentita gridare e ore dopo mi avevano tirata fuori dalle macerie, assieme a mio fratello. Lo sentii tossire pesantemente e con fatica, quindi con estrema lentezza riuscii a girare la testa verso di lui. Era in condizioni gravissime e aveva perso molto sangue. A un tratto mi guardò negli occhi, dove lessi paura e dolore. Mentre Shamal preso dal panico continuava a tamponargli le ferite e a fargli respirare ossigeno puro, Damon mantenne lo sguardo puntato verso di me e tentò persino di muovere la mano.
Il suo ultimo gesto, prima che una lacrima scese lungo la guancia e il suo cuore cessò di battere.
Aprii gli occhi spaventata, incapace di respirare: un'altra crisi di panico. Il cuore in gola, la sensazione di terrore... Di nuovo tutto a galla. Non feci neanche caso al suono del campanello, avevo ben altro a cui pensare. Portai le mani alla gola, spaventata dai ricordi che da anni tentavo di eliminare. Sempre dentro la vasca mi misi seduta, allungando per bene le gambe e tentando di respirare normalmente. Nonostante il mio tremore uscii dall'acqua e mi avvolsi in un asciugamano. Scossa dai singhiozzi aprii il mobiletto dei medicinali e cercai come un'ossessa quelli che mi aveva prescritto Shamal. Non trovandoli spinsi a terra una boccetta di vetro, rompendola in mille pezzi.
"Merda!" urlai disperata, prima di lasciarmi cadere in ginocchio e posare le mani sul vetro rotto.
Sentii un dolore acuto sui palmi, e sebbene la vista annebbiata delle lacrime vidi che erano sanguinanti. Mi spaventai quando Hayato fece irruzione nella stanza con un'espressione spaventata in volto.
"Che diavolo è successo?"
"Ha-Hayato..." singhiozzai.
In un battito di ciglia si accucciò vicino a me e con cura mi controllò le mani. "Shamal!" urlò con voce tremante. "Shamal!"
Si sentì un forte correre per le scale, poi anche lui entrò e mi vide a terra. Strabuzzò gli occhi spaventato. "Una crisi?" e, al mio annuire, chiese: "Le medicine?"
Sentii le mani di Hayato lavorare per togliere i pezzetti di vetro incastrati nei palmi delle mie. "N-Non sono... Q-qui..." riuscii a mormorare.
"Le ho in borsa. Hayato, falla respirare." ordinò, prima di andare al piano di sotto.
Tremai per il freddo quando Shamal uscì lasciando la porta aperta, quindi Hayato prese un secondo asciugamano e me lo appoggiò sulle spalle, stringendomi poi al suo petto. "Shh..." mi passò una mano tra i capelli, accarezzandoli. "Inspira, espira, inspira... Brava."
Un po' mi ero calmata, ma l'ansia non era ancora del tutto sparita. Sempre con lacrime agli occhi mi strinsi a lui e mi afferrai alla sua maglia. "A-aiutami..." sussurrai, mentre lui continuava a cullarmi e quando Shamal fece ritorno in bagno con le pastiglie.
"Ecco." disse, abbassandosi e porgendomele.
Le presi con mani ancora tremanti, sotto lo sguardo di Hayato. Sospirai, sentendo il cuore diminuire la velocità.
"Chiara, tutto bene?" mi domandò Shamal preoccupato. "Chiara?"
Non so come, ma riuscii ad annuire.
"Appoggiala sul letto..." continuò Shamal, mentre io mantenevo chiusi gli occhi.
"Le coperte." sussurrò Hayato all'altro uomo, che prontamente le aprì. "Ehi..." mi disse poi teneramente, sempre a bassa voce. "È tutto okay."
Disse anche qualcos'altro, ma non riuscii a sentirlo: tutto quello che vidi all'improvviso era l'oscurità più assoluta.
 
Non sapevo quante ore erano passate, ma mi svegliai con una fantastica sensazione di calore avvolgermi. Non so come ma riusciti a girarmi, sorprendendomi quando mi trovai accanto ad Hayato. Aveva un braccio attorno a me, la mia schiena attaccata al suo petto. Senza fare molto rumore -e senza imbarazzo- mi girai del tutto fino a trovarmi faccia a faccia con lui, osservandolo per bene. Non aveva più il codino e alcune ciocche di capelli gli nascondevano il viso, quindi senza svegliarlo le spostai rivelando un'espressione tesa e stanca. Una fioca luce gli illuminava il volto: in pochi minuti sarebbe arrivata l'alba. Subito non mi domandai perché Hayato era rimasto con me tutta la notte dopo la scenata della sera precedente, tanto ero presa dal fatto che fosse nel mio letto.
Ma cosa mi metto a pensare?
Arrossendo scesi dal letto e in punta di piedi andai in bagno, trovandolo sorprendentemente in ordine. Sospirando, raggiunsi silenziosamente il piano di sotto. Mi guardai intorno: non c'era traccia di Shamal, ma notai un foglio sopra il tavolo della cucina.
 
"Chiara-chan,
mi dispiace tantissimo, ma durante la notte ho ricevuto una telefonata e sono stato costretto ad anticipare la mia partenza. Non ti preoccupare: Hayato, Reborn e i Vongola ti staranno vicino durante la mia assenza. So che avresti voluto salutarmi, ma dormivi così tranquillamente che ho preferito lasciarti riposare.
Per quanto riguarda le tue crisi... Ti ho lasciato altre pastiglie, dovrebbero bastare. Nonostante il mio parere contrario, Hayato ha voluto che gli spiegassi come calmarti, quindi se hai bisogno non esitare a chiedere.
Ancora scusandomi prometto che tornerò appena mi è possibile, magari con un regalino.
Ti voglio bene, piccola mia.
Shamal.
 
P.S. Tieni d'occhio le donne della zona, mi raccomando!"
 
Leggendo quell'ultima frase non potei evitare di sorridere: in fondo Shamal era fatto così. È vero che ero dispiaciuta per non averlo potuto salutare, ma forse è stato meno doloroso. Sospirando raggiunsi il bagno degli ospiti per farmi una doccia, sperando potesse scacciare alcuni pensieri.
 
Mi svegliai, ma per vari minuti rimasi ancora tranquillo. Sul mio petto non c'era più alcuna sensazione di calore, e solo aprendo gli occhi mi resi conto che Chiara non c'era.
Dove diavolo è finita?
Nervoso, mi alzai e scesi le scale, sentendo un rumore di acqua provenire dal bagno. Mi avvicinai alla porta per sentire la voce di Chiara intonare una vecchia canzone italiana. Arrossii quando mi resi conto che dall'altra parte della porta c'era lei, bagnata e accaldata per via della doccia. Mi portai le mani tra i capelli.
Che cazzo?!
Dovevo calmarmi e respirare. Dovevo smetterla di pensare a lei. Mi faceva sentire confuso, ed io odiavo sentirmi così.
Era tutta colpa sua: del suo carattere peperino, dei suoi dolci occhi, della sua morbida bocca, delle sue curve...
Neanche mi accorsi che l'acqua aveva smesso di correre e in bagno c'era solo un sottile fruscio di vestiti. Velocemente ma senza fare rumore mi allontanai e raggiunsi la cucina, intento a fingere di fare qualcosa. Mi guardai attorno in cerca del caffè che spesso la vedevo bere e una volta trovato lo preparai. Dopo alcuni minuti sentii la porta del bagno aprirsi.
"Hayato... Sei sveglio?" disse, sciogliendo i capelli raccolti a chignon.
"Uhm... Sì." borbottai girandomi. "Ho fatto il caffè."
Fece schioccare il collo, cosa che a quanto pare la rilassava, e mi ringraziò. Bevemmo un sorso entrambi avvolti da uno strano e teso silenzio, poi mi guardò: possibile che avesse scorto il mio rossore?
"Sei sicuro di stare bene?" domandò avvicinandosi.
"S-sì!" dissi con tono involontariamente allarmato.
La vidi sorridere maliziosa. "Quindi tu puoi sentire se ho la febbre inchiodandomi al frigo, mentre se lo faccio io scappi?" poggiò la tazza sul bancone, iniziando a stuzzicarmi. "Non ti facevo così timoroso..."
 
"Non sono affatto timoroso..." disse Hayato deglutendo e squadrandomi dalla testa ai piedi. "Ma non voglio che ti avvicini." concluse con uno sguardo che non gli avevo mai visto. Spavento? Preoccupazione? No. Possibile che quegli occhi rivelassero… Desiderio?
Bah.
Per quanto mi fu possibile premetti le mani sul suo petto e gioii internamente per i muscoli sotto la maglia, spingendolo verso il bancone dietro di lui.
"Chiara..." disse con tono d'avvertenza.
Poi accadde tutto in una frazione di secondo: cercando di allontanarsi poggiò la tazza ma subito dopo la colpì con il gomito, facendola cadere a terra e rompere in mille pezzi.
Risi, senza pensare al tutto ciò che era successo la sera prima. "Braccio Destro, insomma!"
"Cazzo, guarda cosa..." si abbassò e iniziò a raccogliere i frammenti. "Mi spiace." borbottò.
Mi abbassai a mia volta, mettendomi alla sua sinistra e iniziando a raccogliere i frammenti più grandi. Dopo un po' mi accorsi che avevo tralasciato un pezzo vicino a Hayato, quindi mi sporsi verso di lui per raccoglierlo.
Molto probabilmente anche lui si era dimenticato di un altro piccolo frammento vicino a me, perché fece esattamente come me e si allungò per raggiungerlo.
Poi, in una frazione di secondo, le nostre bocche entrarono in collisione, toccandosi.
Nonostante dopo un secondo -o anche meno- mi allontanai di scatto, dalle sue labbra riuscii a distinguere il sapore del caffè che adoravo e la nota aspra delle sigarette che spesso fumava. Per attimi interminabili lo guardai negli occhi, in quei bellissimi occhi azzurro-verdi.
Tutt'intorno a noi regnava il silenzio, mentre intanto nella mia testa sono una parola si ripeteva inesorabilmente: mio.
 
Si sentivano solo i nostri respiri, nient'altro. Avevo solo toccato le sue labbra o l'avevo baciata? In un attimo si allontanò da me, ma non lasciò mai il mio sguardo. La guardai immobile, fissai a lungo quegli occhi che di sera si accendevano di luce. Un brivido mi percosse tutta la spina dorsale, mentre nel frattempo nella mia testa solo una parola risuonava: mia.
Hayato, fa' qualcosa!
"Io..." divenni paonazzo. "Devo andare... Ora." dissi frettolosamente.
Come risposta mi guardò per vari altri secondi che mi parvero interminabili, poi si alzò e arrossì ancora di più. "Sì, anch'io devo... Ho da fare." raggiunse le scale, fermandosi sui primi scalini e mostrandomi un sorriso forzato. "Ciao!" continuò prima di scappare al piano superiore.
Poi, ancora accaldato e con il cuore a mille, uscii da casa sua e m'incamminai a passo svelto, scontrandomi con uno sconosciuto sotto il debole sole del primo mattino. "E guarda dove cammini!" gli urlai.
 
Oh mio Dio.
Raggiunsi di corsa camera mia e chiusi la porta alle mie spalle, accasciandomi a terra. Mi toccai le labbra con mano tremante, mentre la mia mente stava ancora elaborando quanto accaduto. Si poteva considerare un bacio? O era solo un tocco accidentale di labbra? D'istinto sorrisi: forse avevo dato il mio primo bacio!
Eccitata, presi il cellulare. Avevo bisogno di parlare con una ragazza, e Haru e Kyoko -nonostante fosse la favorita del Boss- erano troppo fru-fru per i miei gusti. Avevo visto e sentito parlare della sorella di Hayato, ma finora non avevo mai avuto una vera conversazione con lei. Infine capii che il mio ultimo scoglio era Chrome, con la quale avevo legato negli ultimi giorni e durante l'allenamento, quindi emozionata composi il suo numero.
"Chrome-chan? Ho bisogno di-"
Una voce maschile e affannosa m'interruppe. "Chi è?"
Perché Hibari-san risponde al... Domanda stupida.
"Uhm... Chiara-chan."
"Chrome sarà libera più tardi." sentii un gemito femminile di sottofondo, e non ci volle una scienza per capire che stavano facendo. "Molto più tardi."
Stava per riagganciare, ma dissi l'ultima frase velocemente in modo che potesse esserle riferita. "Dì a Chrome-chan di chiamarmi!" quasi urlai tanto ero emozionata.
Non avevo mai avuto una notizia così succulenta da raccontare a un'amica!

 
 
Nuovo capitolo, anche se in ritardo. Perdonatemi l’attesa, ma non me la sto passando bene!
Stavolta preferisco non dilungarmi troppo, quindi posso solo ringraziare i miei cari lettori. Attendo con ansia le vostre recensioni: ci tengo molto.
Un bacio a tutti,
Ma Maddie. 

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Capitolo 9
*** Q-quindi hai baciato G-Gokudera-kun? ***


Il guardiano del buio.
 
Q-quindi hai baciato G-Gokudera-kun?
 
 
Si portò le mani alla bocca, stupita. "Q-quindi hai baciato G-Gokudera-kun?"
"Non lo definirei proprio un bacio..." dichiarai pensierosa, mettendomi più comoda nella lussuosa poltrona di pelle. "Uno scontro accidentale... Non lo so!"
"Perché non glielo chiedi di persona?" domandò Chikusa, mentre stava combattendo la noia con lo yo-yo.
Lo guardai. "Non posso! Sarebbe troppo imbarazzante!"
A questo punto anche Ken entrò nel discorso, nonostante pochi minuti prima avesse dichiarato di non volerne fare parte. "Senti, Borgia." iniziò deciso. "Sono stanco di ascoltare queste chiacchere, vai a domandarglielo e basta!"
"Su, su..." disse una voce familiare. "Non essere così scortese con la nostra ospite." disse Rokudo Mukuro, entrando in stanza con un gesto plateale.
Al suo cospetto, tutti ci girammo. Come al solito era l'eleganza fatta persona.
"M-Mukuro-sama!" esclamò a un tratto Chrome, poggiando la sua tazzina e raggiungendolo. "Dove sei s-stato?" gli chiese in modo innocente, però al tempo stesso curioso.
Tutto quello che fece, fu sorridere.
Ken e Chikusa devono aver intuito qualcosa, perché subito dopo ghignarono sospetti.
"Dovevo risolvere una questione." disse alla fine noncurante. Poi prese per mano la piccola Chrome e la portò al tavolo dove noi altri eravamo riuniti. "Di cosa stavate discutendo?"
A quelle parole diventai rossa: le mie prime avventure sentimentali sarebbero state prese come oggetto di conversazione?
Dopo alcuni secondi d’imbarazzante silenzio -da parte mia, ovviamente- Chikusa si decise ad aprire bocca. "Non si capiscono ancora le circostanze, ma quanto pare Borgia ha baciato quel Vongola dai capelli argentati."
Spalancò gli occhi. "Sul serio?"
"Le mie orecchie hanno dovuto sopportare inutili discorsi da femmina..." si lamentò Ken.
"C-cosa dovrebbe fare ora Chiara-chan?" intervenne di nuovo Chrome, seppur timidamente.
Dopo quella domanda, Mukuro Rokudo mi guardò per vari secondi, come se la questione gli interessasse. "Perché non lasci decidere al tempo?"
"Che intendi?"
Per prima cosa posò la sua tazzina sul tavolo, evidentemente disgustato per la carenza di zucchero. Rifletté per qualche minuto, poi mi guardò, facendomi sorprendentemente sentire a mio agio. "Non fare nulla. Osserva prima la sua reazione."
"Sono stranamente d'accordo..." ammisi sconcertata. "È inquietante pensarla allo stesso modo di un genio del male."
Aggiunse altro zucchero al suo the, prima che la sua bocca s'incurvasse in uno strano sorriso. "Lo considero un complimento."
 
"Sono fregato. Fregato!" per vari minuti continuai a girare attorno al tavolo di casa mia, nella speranza che l'ansia si attenuasse. Se solo per essere uscito alle due di notte -senza aver fatto niente, comunque- da casa di Chiara avevo rischiato la pelle...
Ora so di essere finito.
Con un eccesso d'ira lanciai un cuscino dall'altra parte della stanza.
Come si sarebbero evolute le cose con lei? Con la Famiglia ci sarebbero stati problemi?
Sospirando mi lasciai cadere sul divano, cercando di togliermi dalla testa le sue labbra, così morbide... Avevo capito che erano buone dal primo momento che le ho viste.
Anche se solo per una frazione di secondo, ho potuto assaggiarle. Non avevo mai provato nulla di così delizioso. Quelle labbra rosse come ciliegie avevano il sapore delle more mature.
Chissà se ha lo stesso sapore tra le gambe.
"Ma che cazzo?!" urlai nervoso. Mi alzai dal divano e iniziai a camminare per casa senza una meta precisa, frustrato per la piega che i miei pensieri avevano preso. La desideravo, mi resi conto. Altrimenti non si sarebbe spiegato quel sogno in cui... È una bella ragazza, molto attraente, ed io sono un ragazzo. Tutto normale, se non fossi il Braccio Destro del Decimo.
Non posso distrarmi per nessuna ragione.
Cercai inutilmente le sigarette, quindi decisi di andare a comprarne un altro pacchetto.
Nonostante l'estate stesse finendo, oggi c'era un caldo afoso che costringeva tutti a restare a casa, al fresco. Dopo averle comprate feci un dietro front deciso, incontrando poi qualcuno nella strada di ritorno.
"G-Gokudera-kun!"
"Decimo?" mi girai. "È tutto a posto?"
Sorrise. "Sì, sì... Ho solo accompagnato a casa Kyoko-chan." disse, incamminandosi assieme a me. "C-come va?"
Sospirai, portandomi le mani tra i capelli imbarazzato. "Uhm... Beh..."
Subito mi guardò interessato, mostrando la sua caratteristica natura gentile. "C'è qualche problema, Gokudera-kun?"
"Non è niente. Non si preoccupi, Decimo."
Continuammo a camminare, ma rimanemmo in silenzio. Non avevo il coraggio di chiedere al Decimo se e quali conseguenze ci sarebbero state. In fondo, i rapporti tra guardiani di una stessa Famiglia erano categoricamente proibiti, e tutto a causa di quello scandalo.
Perchè non sa che Hibari e Chrome...
"G-Gokudera-kun..." riprese a parlare. "Riguarda la Famiglia?"
Annuii, ma subito dopo lo rassicurai nuovamente. "Risolverò la cosa." continuai convinto. Poco prima di svoltare l'angolo, mi accorsi di una ragazza che stava camminando dall'altra parte della strada. "E lo farò subito."
 
Stavo per entrare in casa, quando mi sentii chiamare all'improvviso.
"Aspetta."
Fermandomi di fronte alla porta un brivido mi percosse la schiena, quasi paralizzandomi. Poi lentamente mi girai, trovandomi di fronte ad Hayato. "S-sì?" arrossii.
"Io... Cazzo." imprecò a bassa voce. "Dovremmo... Posso entrare?" mi domandò, anche lui in evidente difficoltà.
"Certo..." dissi, aprendo la porta e andando in cucina. "Uhm, hai sete?"
Cosa mi metto a dire!
Scosse la testa in segno di diniego e poi, deglutendo, si decise a parlare. "Riguardo a stamattina..." si sedette sul grande divano. "Io-"
"Sì?" lo bloccai subito. "Oh, scusa..."
Lo vidi prendere un bel respiro come per cercare coraggio. "Mi spiace per aver rotto la tazza. E poi, quello che è successo dopo..."
Capii di essere nuovamente arrossita all'istante perché un'ondata di calore mi travolse, costringendomi a prendere un bicchiere d'acqua fresca. Mi voltai per bere, incitandolo subito dopo a continuare il discorso.
"Beh..." una pausa. "Io e te..." altra pausa. "Due guardiani..." nuova pausa, stavolta accompagnata da un pesante sospiro. "Girati, diamine!" disse, e vedendo che non mi muovevo mi raggiunse, girandomi.
Sussultai per quel contatto così inaspettato. Mi aveva preso un polso e lo aveva stretto leggermente, ma non sentivo dolore. Sentivo... Ben altro.
"È stato un incidente. Lo sappiamo entrambi."
"Sì." mormorai. In fondo era vero, anche se tecnicamente era anche il mio primo bacio.
"Non dovrà più succedere: è vietato." spiegò con voce roca. "Hibari e Chrome... Che facciano quello che vogliono, io seguo le regole."
Lo guardai, poggiando il bicchiere. Aveva gli occhi puntati su di me come se fossi la sua preda, e brillavano come mai prima d'ora. "Mmh.."
"Chiara..." sussurrò avvicinandosi impercettibilmente. "Conosci la storia-"
"...dello scandalo? Guarda che non sono del tutto estranea al mondo della mafia, so cos'è successo." dissi piano, avvicinandomi a lui.
Deglutì. "Quindi sai bene che una situazione del genere può creare... Problemi."
Annuii, in fondo sapevo che era una cosa vietata. Per il nuovissimo guardiano, poi. "Avremmo dovuto fare attenzione, Hayato."
"Esatto."
Ci avvicinammo ancora, inconsapevolmente. Ora tutto ciò che ci divideva erano pochi centimetri. Restammo in silenzio guardandoci negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo. Non eravamo abbastanza vicini da toccarci, ma quel semplice sfiorarsi dei nasi procurava una frizione così piacevole che era quasi dolorosa. C'era silenzio attorno a noi. Un meraviglioso silenzio carico d'attesa.
Poi, lentamente, i suoi occhi scesero fino a guardarmi la bocca, procurandomi un brivido intenso. Una sua mano si appoggiò sul mio fianco, sorprendendomi.
D'istinto abbassai anch'io lo sguardo sulle sue labbra. Sapevo che era una cosa sbagliata, ma come negare l'evidenza?
Sono attratta da lui, ecco tutto.
Il mio cuore probabilmente mancò un battito nel momento in cui abbassò la testa verso di me. Stava per baciarmi ancora, nonostante le conseguenze!
Era quasi arrivato alle mie labbra, quando improvvisamente si fermò: il mio cellulare stava squillando.
"Rispondi..." sussurrò a pochissimi centimetri da me, con voce tremante.
Guardai il telefono sperando di fare in fretta, ma a quanto pare inutilmente. "Sha... Shamal? Ehi..." dissi, notando poi il mio ospite allontanarsi da me come se fosse rimasto scottato.
"Io... Devo andare." disse a un tratto Hayato, uscendo nervoso e velocemente di casa.
Non feci in tempo a dirgli nient'altro, perché Shamal aveva ripreso a parlare. "Tutto bene lì?"
Se non avessi chiamato sarebbe stato meglio.
"Benissimo."
 
Il biondo scosse i capelli, ordinando poi un altro bicchiere. "Fammi capire bene. Tu le hai detto tutte quelle cose... Quando in realtà-"
"...te la vuoi fare?"
A sentire quelle quattro parole di Squalo quasi mi soffocai con il drink. "Ma che diavolo dici?" riuscii a dire nonostante la tosse. "E poi chi ti ha invitato?"
Dino alzò la mano. "Colpa mia."
Sbuffai, atterrito. "Che cazzo faccio adesso? Stavo di nuovo per... Lo verranno a sapere tutti, Shamal incluso."
Squalo fece una faccia schifata per il liquore, mentre Dino si rovesciò addosso il suo.
Se ho a che fare con loro le cose non promettono bene.
"E da quando hai paura di quel dottore?" chiese Squalo.
"Non ho paura." affermai, anche se non del tutto convinto.
"Lascialo stare, Squalo. Ha già troppi pensieri per la testa." ammiccò.
"Dino." cercai di ammonirlo inutilmente.
"Ma se ti piace -sì, alla fine si capisce che lei ti piace, anche se non ce l'hai detto direttamente- perché non fai nulla?"
Squalo annuì alla domanda, mostrandosi stranamente interessato alla faccenda.
"Lo scandalo." risposi, stringendo il bicchiere tra le mani. "È a causa della terza generazione..." borbottai arrabbiato.
"Come se fosse colpa loro che non puoi fartela."
Dino bevve il suo nuovo drink in un solo sorso, rispondendo poi al pervertito dai lunghi capelli seduto alla mia destra. "Giusto. Se le autorità lo vengono a sapere, saranno rinchiusi. Come è successo a Mukuro." aggiunse subito dopo.
Io rimasi zitto a bere, ripensando a quelle fantastiche labbra che ero destinato a non gustare mai più, mentre Squalo e Dino continuarono il discorso.
"D'accordo che lo scandalo riguarda il guardiano del buio di allora, che poi è stato bandito e blah blah blah... Ma perché non si può fare di nascosto?"
"Una cosa del genere non può rimanere segreta a lungo. Prima o poi verrebbe scoperta."
Squalo assentì. "Diavolo, hai ragione." disse, ordinando una bottiglia tutta per sé. "A proposito... Lei dev'essere una bomba, se ha smosso uno come lui." rise indicandomi.
L'altro annuì. "Dev'essere una vera sfortuna a volere l'impossibile."
A questo punto non potevo ascoltare altro. Non riuscivo a stare lì, mentre due persone discutevano sul fatto che non potevo avere ciò che -me ne accorsi bevendo- desideravo. Mi alzai, lasciai dei soldi sul bancone e raggiunsi la porta.
"Ehi, Gokudera! Dove vai?"
Sospirando pesantemente, presi una sigaretta dalla giacca. "A dormire."
"Cerca di non sognarla, eh."
Prima o poi farò fuori quella specie di spadaccino.

 
Eccomi qui, scusate il ritardo ma sono di corsa!
Potrò aggiornare di nuovo solo tra due o tre settimane, quindi mi aspetto belle recensioni, mi raccomando! (anche se già le ricevo)
Un bacio,
Ma Maddie.

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Capitolo 10
*** E sarebbe tutto normale, se non si trattasse di Gokudera Hayato. ***


Il guardiano del buio.
 
E sarebbe tutto normale, se non si trattasse di Gokudera Hayato.
 
Camminando per la strada e illuminata dal sole che presto sarebbe tramontato, mi lasciai trasportare dai pensieri. Era passata un settimana da quando il mio naso e quello di Hayato si sono sfiorati. Una settimana che non lo vedevo, che non avevo più sue notizie. Gli unici contatti che ultimamente avevo avuto con la Famiglia erano le lotte tra Mukuro e Hibari. Avevo persino rivisto Dino assieme -fortunatamente- a Romario e poi un tipo strano dai capelli lunghi che continuava a guardarmi. Uno dei Varia a quanto pare, che doveva insegnare chissà quale tecnica a Yamamoto. A proposito di lui...
"Chiara-chan! Che sorpresa!"
"Yamamoto-kun..." sorrisi. "Come va?"
"Tutto bene, a parte l'allenamento..." disse imbarazzato.
Non sapevo perché, ma vederlo in quello stato mi procurò una piccola risatina. "Difficile?"
"Beh-"
"Ehi, Vongola! Dove diavolo sei finito?" irruppe improvvisamente una voce. Una voce familiare, oltretutto.
Vidi Yamamoto voltarsi, per poi dire: "Sono qui, Squalo."
Ah, perfetto.
A un tratto lo vidi spuntare da dietro l'angolo, con un ghigno stampato in faccia. "Chi si vede, Bomba-chan."
Io e Yamamoto sgranammo gli occhi nel sentirlo parlare, ma poi un'altra voce interruppe i nostri pensieri.
"Ehi ragazzo, dov'eri finito?"
Il moro sbuffò, evidentemente stanco. "Dammi tregua, vecchio. Squalo mi ha fatto impazzire con l'allenamento."
"Mmh..." sorrise, dando una scompigliata ai capelli del figlio. Era orgoglioso di Yamamoto, si capiva benissimo. "Avete fame? Al ristorante ci sono gli altri."
Tutti e tre annuimmo, e in pochi secondi mi ritrovai all'interno del locale, dove tutta la famiglia era riunita.
Tsuna e Kyoko se ne stavano in un angolino un po' isolato a chiacchierare, tenendosi per mano. Dolcissimi.
Ryohei stava raccontando una delle sue estreme avventure a Fuuta, che ascoltava ammaliato. A loro si unì Yamamoto, e in poco tempo i tre si ritrovarono a ridere come pazzi.
Al bancone c'era Haru, che assieme al Lambo e I-Pin mangiavano di gusto.
Dall'altra parte del locale, Chrome si trovava in mezzo a due fuochi, letteralmente:  sedeva vicino a Hibari, che ogni tanto la guardava come volesse mangiarla provocando l'ira di Mukuro, anche lui seduto accanto a lei.
Chissà dove sono Ken e Chikusa.
A un tratto Squalo prese a parlare: "Io e Bomba-chan..." disse scandendo le parole in modo che qualcuno, seduto in un angolo scuro in fondo alla stanza, potesse sentire. "...Mangiamo assieme. Vieni." tirò poi la mia mano, portandomi a un tavolo non molto lontano da lui.
Io mi lasciai trascinare, non avendo altra scelta. Stare accanto ad Haru o Kyoko? No grazie. Bravissime ragazze, senza alcun dubbio, ma troppo zuccherose per i miei gusti.
Mi sedetti, curiosa di assaggiare il cibo del sig. Takeshi.
"Non ti facevo così passiva." disse, una volta seduto accanto a me.
"Che vuoi dire?"
"Sushi per due." urlò. "Per il soprannome... Ma a quanto pare ti piace."
Sorrisi divertita. Davvero tutti pensavano che fossi così seria? "Beh, è molto lusinghiero." risi poi, attirando l'attenzione di qualcuno in particolare.
Non appena arrivò il cibo e iniziammo a mangiare però, la conversazione si fece tremendamente divertente e... Calda.
"Allora..." disse Squalo stranamente sorridente. "Ti piace mangiare qui?"
"Molto." ammisi.
Il suo sorriso divenne ancora più largo, mostrando i denti aguzzi. "E che mi dici del gambero? È abbastanza grande per i tuoi gusti?"
Appena sentii quelle parole capii dove voleva andare a parare, tuttavia non riuscii a nascondere un po' di rossore. Decisi di stare al suo gioco, in fondo era divertente. "Mmh... Non molto, a dire il vero."
Lo vidi deglutire, aspettando la mia mossa.
"Preferisco quelli belli grandi e succosi." continuai, intenta a vederlo imbarazzato.
Cosa a quanto pare improbabile, perché restò al gioco. "Succosi, eh? Ti piace gustarli lentamente allora..."
A questo punto non potei fare a meno di ridere. Parlare con Squalo dovrebbe essere ritenuto illegale! "Molto, molto lentamente." dissi, lanciandogli uno sguardo rovente e attirando i brontolii di una persona in particolare.
Lo vidi stringere le mani, fino a far sbiancare le nocche. Sbatté più volte le palpebre quando io mi leccai le labbra per catturare un piccolo pezzo di sushi.
"Che c'è? Il tuo gambero è diventato..." lasciai la frase in sospeso per qualche secondo, giusto per tormentarlo un po'. "...Troppo duro?"
Nello stesso momento in cui dissi quella parola, lui arrossì visibilmente.
"Ragazza, sta' attenta a cosa dici..." mormorò, avvicinandosi al mio orecchio.
"Voglio punzecchiarlo un po'..." sorrisi furba. "Tutto qui. Mi diverte."
"Allora ti sei accorta che ci sta fissando... Buoni riflessi." aggiunse poi, rilassando il corpo.
Lanciai un piccolo sguardo oltre la sua spalla, vedendo Hayato fissarci con un cipiglio dipinto in faccia. "Ci sta guardando come se fossimo il nemico."
"Ovvio." disse, finendo il sushi in un sol boccone. Dopo un mio sguardo confuso però, si decise a spiegare. "Sai, quel Vongola è possessivo nei tuoi confronti. E sarebbe tutto normale, se non si trattasse di Gokudera Hayato."
Quasi mi misi a ridere per ciò che aveva detto. D'accordo che io ero attratta da lui, ma per Hayato l'accaduto era un semplice incidente.
Probabilmente avrà ragazze ovunque si giri, pensai irritata.
"Impossibile." dissi soltanto.
Lentamente si avvicinò alle mie labbra. "Dici? Vediamo chi ha ragione." quella fu l'ultima cosa che disse, prima che qualcuno si scagliasse contro di lui.
 
Era troppo. Nessuno poteva toccarla, o se la sarebbe vista con me. E con Shamal, certo. Non appena quello stupido le si era avvicinato, sapevo che avrebbe combinato guai. Di forza lo portai sul retro dell'edificio, tenendolo ben stretto nonostante gli insulti e abbandonando quindi gli altri più stupiti che mai. Lo spinsi verso un muro, piazzandomi a pochi centimetri dalla sua faccia. Quello stupido soprannome, poi.
Solo per quello dovrei farlo esplodere.
"Stalle lontano!" gli intimai, spingendolo ancora di più verso il muro. "Mi hai capito?"
"Ehi, hai detto che tu dovevi starle alla larga per via del bacio!"
Che cazzo. "Fa' come vuoi." risposi lasciandolo andare.
"E allora perché non posso neanche sfiorarla?" chiese con tono di sfida. Aveva centrato il punto.
Spostai lo sguardo altrove, prendendo una sigaretta. "Shamal mi ha detto di tenerla d'occhio."
"Ma per favore!" rise al sentire le mie parole. "È per la cazzata della terza generazione, vero? Hai paura delle conseguenze..." annuì convinto. Poi si alzò e si sistemò la maglia. "Non ti facevo così femminuccia."
"Non è per quello."
Lo vidi strabuzzare gli occhi sorpreso, mentre nella sua bocca si formava un sorriso sospetto. "Ecco cos'è..."
Dopo vari tentativi, riuscii finalmente ad accendere la mia dannata sigaretta. "Sarebbe...?"
"Hai paura di legarti a lei."
Rimasi in silenzio per alcuni secondi, poi gli diedi un'amichevole pacca sulla spalla. "Sei un idiota." dissi andandomene. Lungo il tragitto verso casa mia, mi rimisi a pensare alle parole di Squalo e a quanto successo con Chiara.
Non può essere così...

 
Recensite, please!
Ah, grazie mille di cuore tutti quelli che leggono la mia storia, aggiungendola alle ricordate/seguite/preferite.
Alla prossima,
Ma Maddie.

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Capitolo 11
*** Non voglio essere in imbarazzo con te, Hayato-kun. Facciamo parte della stessa Famiglia. ***


Il guardiano del buio.
 
Non voglio essere in imbarazzo con te, Hayato-kun. Facciamo parte della stessa Famiglia.
 
"Forse avrei dovuto comprare un altro vestito..."
"N-no! Ti sta davvero bene!" mi assicurò Chrome.
Mi voltai verso lo specchio, scrutando attentamente la mia immagine riflessa. "D'accordo. Andiamo."
 
"Cazzo, no! Smettila di insistere!"
"Devi scusarlo..." disse per giustificare le mie parole. "Dev'essere molto stanco..." continuò, mentre la ragazza si allontanava.
"Perché continui a immischiarti, Dino?"
Bevve un sorso del suo drink, facendo una faccia disgustata. "Che schifo. Perché dovresti essere più gentile con le tue ammiratrici." aggiunse poi, rivolto a me.
Tirai fuori una sigaretta. "Tsk."
"Non si fuma qui." disse una voce purtroppo familiare. Si avvicinò con un drink in mano, ancora ignaro del suo orribile sapore. "Gokudera Hayato. Fortunato bastardo."
Alzai le spalle, sinceramente incurante. "Se vuoi una ragazza devi solo scegliere."
"...Tra i suoi scarti." scherzò Dino, indicandomi.
"Mmh... Pessima battuta, Cavallone." disse, prima di allontanarsi.
Passarono poi vari minuti di silenzio, durante i quali scrutammo attentamente i vari ospiti della serata. Proprio quando feci per andarmene però, Dino ruppe il silenzio. "Oh mio... Sai, Squalo mi sembra un po' preso dalla tua ragazza."
"Ragazza?" io non ce l'avevo. Per fortuna. Che diavolo intendeva dire? "Quale ragazz-"
A un tratto il respiro si mozzò in gola, mentre i miei occhi fissavano strabiliati quella che era l'immagine più bella della mia vita. Sentii Dino quasi soffocare col suo stesso drink, mentre la mia gola diventava secca. I pantaloni si fecero molto stretti.
Chiara era appena entrata in sala, e in meno di cinque secondi aveva attirato gli sguardi di almeno metà degli uomini presenti. Un lungo vestito nero la copriva perfettamente, aderendo alla sua pelle di seta. Inevitabilmente gli occhi caddero -già, non sulla costosa collana di diamanti- ma sulla scollatura, che metteva in risalto le sue generose forme.
Porca miseria.
Aveva raccolto i capelli, e ora solo qualche ciocca cadeva ai lati del viso. Gli occhi... Erano gialli, proprio come quella sera.
"Buon Dio..." disse il biondo, non appena lei andò a salutare Mukuro e la sua compagnia. Ci dava le spalle. Il vestito le permetteva di avere la schiena completamente nuda. E un fondoschiena semplicemente da urlo.
A quella vista strinsi il bicchiere fino a far sbiancare le nocche. Non dovevo pensarci, non dovevo guardare.
"Ha un tatuaggio." disse improvvisamente Dino, risvegliandomi dai pensieri.
Quasi urlai. "Cosa?"
"In basso a destra. Una rosa." continuò.
Guardai meglio la sua schiena. Ed eccola lì: una rosa rossa con tanto di spine. Fatta per essere leccata.
Ma che cazzo sto pensando?
Dovevo uscire, avevo bisogno di aria fresca per calmarmi e far tornare a riposo qualcosa tra le mie gambe. "Scusa un attimo..."
 
"Uhm... Grazie."
Velocemente mi allontanai, rossa in viso per tutti i complimenti ricevuti. Mukuro, mi resi conto, era stato il più discreto: un semplice bacio sulla mano, raffinato, senza guardare la scollatura. Nemmeno con Tsuna c'era stato questo pericolo, tanto era preso da Kyoko.
Con Squalo invece, allarme rosso.
Sospirando, raggiunsi una sala privata e aprii la porta della terrazza. Una grande terrazza, allestita con rose simili a quella che avevo tatuata nella schiena... E che Squalo aveva tanto insistito a toccare.
Per fortuna è arrivato Shamal.
Feci per sporgermi dalla terrazza e guardare il giardino di sotto, quando un rumore mi fece voltare di scatto. In semi ombra vidi Hayato fumare, e dato che probabilmente non si era ancora accorto di me, lo osservai ammaliata dalla sua figura. Le spalle larghe, la sigaretta e l'espressione accigliata lo facevano sembrare un vero ragazzaccio.
Sapevo benissimo che avrei dovuto stargli alla larga, tuttavia qualcosa in lui mi attirava come una calamita. Il cuore prese a battere più forte solo al pensiero di quello che era accaduto tra di noi. Dopo vari ripensamenti mi decisi, in fondo parlare con qualcuno non voleva dire causare un altro scandalo.
"Hayato... Che ci fai qui fuori?"
Subito si girò sorpreso, poi lo vidi accarezzarmi con lo sguardo e quindi arrossii impercettibilmente.
"Aria fresca." rispose soltanto. "...Aspetta, perché non parli giapponese?"
"Pensavo di prendermi una vacanza della lingua straniera..."
Dalle sue labbra uscì del fumo, catturando la mia attenzione. Quella stessa bocca, che aveva toccato la mia. "Neanche per sogno." si passò una mano tra i capelli, meravigliosamente liberi dal codino. "Piuttosto, ricordami perché ho dovuto partecipare anch'io a questa festa."
"Tu sei il leggendario Braccio Destro. L'idolo di tutte le ragazze."
"Tsk. Come se m'importasse."
Lo guardai, anche se il suo sguardo era puntato verso le stelle. "Mmh... E allora di cosa t'importa? Oltre al Decimo." lo bloccai subito.
Ci pensò un po', e dopo alcuni secondi arrivò la sua risposta, che mi lasciò piuttosto sorpresa. "Non lo so. Sinceramente... Non lo so."
Un brivido di freddo mi colse alla sprovvista, costringendomi a stringere le braccia sulle mie spalle. Il gesto rese ancora più evidente la generosità del mio seno e, notando come aveva improvvisamente chiuso le mani a pugno, mi ritrovai a pensare che forse piacevo ad Hayato.
"Uhm..." borbottò, intento a togliersi la giacca. "Ecco..."
"Non serve, torno dentro."
Subito mi guardò in modo confuso. Poi il suo sguardo cadde di nuovo sulla scollatura e... Mi resi conto di non avere più così tanto freddo.
"Perché?" disse, tornando a guardarmi negli occhi.
Perché potrei saltarti addosso.
"Ho promesso dei balli..."
 
"Bellissima serata, non trovi?"
Rokudo Mukuro mi aveva chiesto di ballare non appena mi ero avvicinata per salutare Ken e Chikusa. Un gran ballerino, senza alcun dubbio. Dovevamo tutti aspettarcelo.
"Già." sorrisi, in un angolo del salone principale. "E scusa se all'inizio ti ho pestato un piede. Non sono molto brava a ballare..."
"Non preoccuparti." disse gentilmente.
"Avrei una domanda comunque."
Ed ecco di nuovo quella voce cortese. Se non fosse un genio del male, ci farei un pensierino come cavaliere azzurro. "Prego."
"Perché mi hai chiesto di ballare? Seriamente."
"Chrome." arrivò al punto, senza indugiare inutilmente. "Ho notato che avete legato molto. Mi chiedevo se sapessi qualcosa di lei e quel... Quel Kyoya-san." disse, sottolineando le ultime parole con disprezzo. "Se osa torcere anche solo un capello la mia piccola Chrome-chan, giuro che-"
"Non lo farà." lo bloccai. "Ci tiene a lei... Da quanto ho capito." aggiunsi sottovoce, con un pizzico di malizia. "Non essere così paternalista. Non fa bene alle rughe."
Forse la mia lingua aveva superato un limite, perché a un tratto non scherzò più. "Ho punito persone per molto meno. Attenta a quello che dici."
"D'accordo, scusa." alzai le mani in segno di resa, sorridendo amabilmente. "Ma dalle un po' di spazio. Ha bisogno di divertirsi dopo quello che ha passato."
Si calmò. "Se te lo ha raccontato... Allora credo di potermi fidare." sospirò prendendo un drink. Lo bevve. "Disgustoso. Scusami." disse poi rivolto a me.
Non feci nemmeno in tempo a girarmi, che qualcuno chiese la mia mano. "Permette?"
Sorrisi contenta. "Certo, dottore."
 
Girando di qua e di là per la sala, mi accorsi che forse non ero così male come ballerina.
"Hayato ha fatto il suo dovere?" mi chiese Shamal improvvisamente.
Sorpresa, strabuzzai gli occhi più volte e presi a innervosirmi. "Che intendi?"
"Hai avuto altre crisi? Si è preso cura di te?"
Sospirai di sollievo nel sentire quelle parole, mentre intanto danzavamo con classe. "No e... Sì."
Oh, eccome.
"Bene..." mi sussurrò all'orecchio. "Comunque avrei una domanda." disse poi, facendomi fare un giro.
"Mmh?"
Con un nuovo giro, mi portò in un angolo della sala da ballo. "La vedi quella meraviglia?"
Quasi mi misi a ridere. "Mi hai invitata a ballare solo per chiedermi un parere?"
A un tratto si fermò allarmato. "No! Chiara-chan, ti assicuro che-"
Scoppiai in una piccola risata. "Scherzavo, scherzavo..." risposi dolcemente. "Comunque buttati."
Chiese conferma con lo sguardo, mentre intanto mi faceva danzare lentamente.
"Avanti, Shamal! Chiedile di ballare." gli sorrisi, incitandolo.
Si sistemò la cravatta e poi, con fare plateale, tirò fuori una rosa rossa dal suo abito.
Ma come ci riesce?, mi domandai accigliata.
Dopo il ballo finalmente mi sedetti, cercando di rilassarmi un po'. Era davvero una bella festa, tutti si stavano divertendo. Persino Squalo, che all'inizio aveva definito allegramente la serata come una stronzata colossale. Ma, guardando meglio, mi accorsi che probabilmente era allegro perché aveva bevuto troppo.
Lo vidi poi ridere in compagnia di un preoccupato Yamamoto.
Beh, almeno si sta divertendo.
A un certo punto un cameriere passò con un vassoio ricco di bevande colorate ma che -assaggiandone una me ne accorsi- facevano abbastanza schifo. Delusa dal drink, mi ritrovai a pensare ad Hayato. Lo guardai: era circondato da ragazze, tanto per cambiare. Spostai lo sguardo irritata, pensando che solo poco tempo prima ci eravamo... Le nostre bocche erano entrare in collisione, mettiamola così. Forse sarebbe stato meglio se quello non fosse mai accaduto. In fondo cose del genere complicano qualsiasi tipo di rapporto... E con la faccenda dello scandalo la situazione non prometteva bene. Certo, se non ci fosse alcun impedimento avremmo carta bianca. Ma ero davvero pronta per una cosa del genere? Riuscire ad amare... Dopo quel maledetto incendio?
A un tratto qualcuno mi risvegliò dal mio mare di pensieri, porgendomi la mano. Alzai lo sguardo, fino a trovare quello di Hayato. In un battito di ciglia era sfuggito da quel gruppetto di mangiauomini.
"Non sono bravo con le parole. Balliamo." disse rapidamente, facendo improvvisamente aumentare i battiti del mio cuore.
Presi la sua mano. "...Okay." dissi d'istinto.
Mi portò al centro della sala sotto gli sguardi curiosi e allo stesso tempo sorpresi degli invitati. La musica cambiò, trasformandosi in un sensuale lento. Con la massima disinvoltura si mise in posizione, facendo scorrere le dita sulla mia schiena e premendomi contro di sé. Probabilmente aveva imparato da Shamal.
Subito iniziò a muoversi a passo di musica, e io non potei fare altro che seguirlo, quasi estasiata dal nostro contatto.
"Adesso possiamo parlare italiano? Ti prego." gli sussurrai all'orecchio, sentendolo poi stringere la presa sulla mia schiena nuda. Cosa che mi procurò un brivido intenso.
"Neanche per sogno, piccola furba." mi rispose, ghignando di gusto.
"Antipatico." dissi, facendolo ridere. "Ad ogni modo... Possiamo essere seri per un attimo?"
"Mmh." mugugnò come risposta.
"Non voglio essere in imbarazzo con te, Hayato-kun. Facciamo parte della stessa Famiglia." dissi tutto d'un fiato.
Capendo a cosa mi riferivo mi guardò per qualche secondo dritto negli occhi, poi io appoggiai la testa sulla sua spalla, mentre intanto ballavamo lentamente -e letteralmente- incollati l'uno all'altro. Lo sentii sospirare pesantemente, poi mi strinse ancora di più a se.
"Ci creerà problemi se continuiamo a parlarne. Fingiamo che non sia successo." propose, mormorando con quella sua voce roca e quel suo odore di fumo e colonia, che dall'inizio mi aveva mandata in visibilio.
Dimenticare il mio primo bacio... Chi lo sa.
Ancora appoggiata sulla sua spalla chiusi gli occhi, mentre lui mi faceva volteggiare.
"Chiara..." mormorò dopo un po'. "Shamal sospetta qualcosa?"
Sospettava qualcosa? Finora non mi aveva dato motivo di sembrare arrabbiato. "Non credo, no."
Subito dopo alcuni secondi imbarazzanti, mi resi conto che dovevo cambiare discorso e alleggerire la situazione. "Ehi..."
"Che c'è?"
Portai lo sguardo sui suoi occhi. Sui suoi bellissimi occhi. "Dimmi che hai portato qualcosa di decente da bere." lo pregai scherzosa.
A un tratto, con discrezione, lo vidi aprire la giacca, rivelando una piccola bottiglia di liquore. "Ssh."
A quel punto non potei evitare di ridere, poggiando la mano sul suo petto. E sentendo il suo torace... Fantastico. Lo sentii fremere di piacere per quel piccolo contatto.
Imbarazzato, disse l'ultima cosa che mi potevo aspettare. "Senti, per quella faccenda... Non possiamo rischiare una simile punizione." mi fece girare,
attirandomi subito dopo a sé. "Ma potremmo essere amici..." disse poi, anche se sembrava un po' incerto sulla cosa.
Annuii, non sapendo che altro fare.
Amici.

 
Mi dispiace per il ritardo e per la mancata risposta alle recensioni, ma appena la scuola mi darà un po’ di respiro sarò tutta vostra.
Promesso.
Il prossimo capitolo sarà mooolto più piccante, e dato che è già pronto potrei aggiornare il prossimo weekend… Se trovo belle recensioni per il capitolo.
Sono malvagia. Lo so.
A presto,
Ma Maddie.

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Capitolo 12
*** Non puoi negare di volermi, Chiara. ***


Il guardiano del buio.
 
Non puoi negare di volermi, Chiara.
 
Non so come, ma a una certa ora della notte mi ritrovai di fronte a casa di Chiara. La festa si era conclusa mezzanotte, ma per la mancanza di sonno mi misi a camminare per la città.
Fino ad arrivare qui.
Sapevo che era una cosa proibita, ma non potevo -e in fondo non volevo- resistere. Avevo visto Shamal andarsene con una donna, quindi dentro casa c'era solo lei. L'ultima persona con la quale dovrei parlare in questo momento, e l'unica che desideravo con ogni cellula del mio corpo. Strinsi i pugni, buttai a terra la sigaretta e suonai il campanello. In un primo momento rimasi fuori pietrificato, ma poi mi resi conto che fremevo per vederla. Solo poche ore prima c'eravamo accordati di rimanere amici, anche se in realtà dubitavo di una cosa del genere.
A un tratto sentii un rumore e quindi alzai lo sguardo, notando qualcuno guardarmi dalla finestra. In pochi altri secondi la porta si aprì, e vidi Chiara uscire.
"Ha... Hayato, tutto bene?" mormorò leggermente assonnata.
Era bellissima. Indossava una piccola e leggera camicia da notte, rossa come le sue labbra. I suoi occhi erano più gialli che mai, quasi risplendevano. Guardandoli, i capelli mossi dovevano essere perfetti per affondarci le mani.
Mi avvicinai. "Dimentica tutto. La proposta, le regole, lo scandalo..." dissi, attirandola dolcemente a me. Fremetti quando sentii il suo seno premere sul mio petto. "Per questa notte... Non voglio pensare."
Il bacio che seguì quelle parole fu sensazionale. La sentivo gemere di piacere mentre le inclinavo la testa per approfondirlo. La strinsi a me, inebriandomi del suo profumo.
"Mmmnn... Hayato..."
"Cazzo, hai un sapore fantastico." mormorai, attirandola di nuovo a me.
Tuttavia il bacio fu breve, perché presto creò una distanza tra di noi. "Aspetta..."
"Non dirmi di no." dissi col fiato corto. "Non puoi negare di volermi, Chiara."
Sorrise. "A dire il vero qui fa freddo..." sussurrò al mio orecchio, procurandomi un brivido intenso quando lo morse leggermente. "Non sarebbe meglio spostarci sotto le coperte?"
Deglutii. Respirai. Cercai una qualsiasi fonte di ragione, ma inutilmente. La presi in braccio, impaziente come mai prima d'ora.
Lei rise, prima di iniziare a sbottonarmi la camicia. "Sei così bello in smoking..." ammise piano.
Diamine, lo so.
Con un calcio chiusi la porta, e arrivati al piano di sopra la appoggiai sul letto con delicatezza. "Cazzo..." imprecai. "Hayato..." sussurrò, stendendosi per bene sul morbido materasso.
Velocemente mi tolsi la giacca e con urgenza frenetica lasciai cadere sul pavimento la cravatta. La guardai alzarsi lentamente e mettersi in ginocchio sul letto, togliendomi la camicia già in parte aperta. Rimasi a petto nudo, in silenzio, aspettando la sua prossima mossa.
Portò le sue mani sul mio petto, facendomi mancare un battito quando sparse qua e là tanti piccoli baci. A un tratto si lasciò cadere sul letto, spargendo i capelli sul cuscino.
Strinsi i pugni. Non eravamo neanche del tutto svestiti e già stavo per perdere completamente il controllo.
Mi guardò con passione, per poi togliersi con sensualità la camicia da notte... Rimanendo solo in slip.
Il mio collega si era già fatto sentire da un pezzo, ma qualcosa mi impediva di vedere Chiara e il suo corpo dalle curve mozzafiato.
La vista iniziava a farsi più scura... Fino ad annebbiarsi del tutto. Non sentivo più la sua voce, solo un gran mal di testa. Dopo un tempo imprecisato aprii gli occhi. Con mio grande dispiacere non mi trovavo a casa di Chiara, ma nella mia stanza, ancora vestito e con un dolore allucinante. "...Cazzo..." dissi, prima di guardare i miei pantaloni e notare un rigonfiamento.
"Hayato... Sei sveglio?"
Di scatto mi girai, coprendo la conseguenza del sogno appena fatto. "Mmh… Sorella... Aspirina." biascicai.
"Eccola." sussurrò appoggiandola sul comodino. Si sedette, scompigliandomi i capelli. "È la prima volta che ti vedo in questo stato... Devi aver bevuto più del solito."
Scansai la sua mano bruscamente. "Chi mi ha portato... Qui?" mormorai, dopo aver preso la pastiglia.
"Shamal stava tornando da Chiara-chan dopo una notte con una donna... E ti ha visto dormire vicino al fiume."
Girai la testa, notando tra i capelli dei fili d'erba.
Fantastico.
"Mmh... Tu che ci fai qui?
"Sono tua sorella... Mi preoccupo per te." disse sospirando. "Riposa." continuò, con tono stranamente dolce.
 
Riaprii gli occhi dopo un paio d'ore, solo con un leggero senso di stanchezza. Dopo alcuni momenti di riflessione, decisi che una doccia era quello che ci voleva. Sotto l'acqua calda mi ritrovai a pensare a quel sogno... E a Chiara. Se Shamal avesse scoperto che l'avevo -all'incirca- baciata mi avrebbe tagliato la testa come minimo.
Se scopre cosa sogno mi taglierà qualcos'altro.
Dopo alcuni minuti sotto il getto bollente capii una cosa: era tutta colpa di Squalo se facevo quei sogni. Mi aveva trasformato in un pervertito senza che me ne rendessi conto. Quella frase sul fatto che avevo paura di legarmi, poi, era una vera buffonata. Aveva torto, eppure non riuscivo a immaginare la mia vita con qualcuno... Non con la famiglia che mi ritrovavo. Dopo vari convenevoli, appena uscito dalla doccia decisi di salvare la mia vita: chiamai Squalo.
Non mi fece attendere molto, perché rispose al secondo squillo.
"Amico, forse è meglio se non ci vediamo per un po'." dissi.
La sua voce mi sorprese: nonostante tutto quello che si era bevuto, era squillante come al solito. "Mmh... Una pausa di riflessione?"
"Idiota."
Rise. "Tesoro, so che hai bisogno dei tuoi spazi..."
"Come riesci a scherzare dopo tutto quello che hai bevuto ieri sera?" continuai, mentre mi vestivo sbadatamente.
"Diavolo, non me ne parlare. L'ultima cosa che ricordo è che quel dottore mi voleva tagliare una mano perchè volevo toccare il tatuaggio di Bomba-chan."
Dopo aver sentito le sue parole, mi ritrovai a stringere i pugni con rabbia. "Tu cosa? Che cazzo hai fatto?"
"Mi ha bloccato in tempo, non preoccuparti... Non te la tocca nessuno." proseguì malizioso.
 
"H-Hibari-san..." mormorò piano.
Tutti i succhiotti che le avevo fatto nella notte si vedevano perfettamente. "Erbivora. Lascia che ti mangi." dissi, prima di leccarle il collo. Aveva un sapore delizioso.
Mia.
La sentii mormorare di nuovo il mio nome, persa dal piacere che da un po' di tempo ci regalavamo. "Ahh..."
Senza mollare la presa dal suo piccolo e delizioso seno, scesi fino a leccarle l'ombelico. Era così buona.
"Sì..." disse a un certo punto.
"Lascia che ti assapori. Ho fame..."
E mentre la mia testa affondava tra le sue gambe, lei iniziò a graffiarmi la schiena con le unghie, facendomi gemere di piacere. "Hi... Hibari-saaan!" urlò dopo pochi minuti, venendo per la quinta volta.
La guardai, rossa ed eccitata. "Cosa mi stai facendo, erbivora?"
"Mmh..." mugugnò ormai sazia.
"Hmm." dissi posizionandomi su di lei. "Sei mia. Capito?" continuai, entrando con un unico e forte colpo.
Sobbalzò per la sorpresa, ma poi mi attirò a sé timidamente.
"Capito?" la incitai, mentre aumentavo il ritmo.
Aveva il fiatone. "Sì. Sì!"
 
"Oh, è stato più che divertente." risi. "Soprattutto quando lo hai minacciato di tagliargli la mano."
Lo vidi sorridere, mentre si versava del caffè bollente. "Quella è stata la mia parte
preferita."
"A che ore sei rientrato stanotte?" chiesi poi, leccandomi le dita zuccherose dai dolci.
"Tardi." spiegò Shamal. "Quando quella ragazza ha rifiutato di farmi vedere casa sua sono tornato indietro... Ma lungo il fiume c'era Hayato che dormiva. Così l'ho portato a casa sua."
Strabuzzai gli occhi sorpresa. "Lungo il fiume? Credevo reggesse bene l'alcol."
Addentò una fetta di torta, poi tornò a parlare. "Ieri sera ha esagerato." sospirò, prima di guardarmi con sospetto. "A proposito di Hayato, vi ho visti ballare..." lasciò in sospeso la frase per un po', poi riprese a parlare, ma in tono più serio. "Tu... Cosa pensi di lui?"
Quasi soffocai per la domanda inaspettata. "C-cosa?"
"Non sei più una ragazzina, Chiara-chan. Sai di che parlo."
"Sì, ma-"
"Lo sai che il Boss può revocare il divieto, vero?"
"E allora?" domandai, anche se forse un po' troppo in fretta. "Non significa niente."
Aprì la bocca ma subito la richiuse, come se stesse cerando le parole adatte. "Dico solo-"
"Shamal." lo bloccai subito. Non avevo la minima voglia di affrontare l'argomento a colazione. Neanche a pranzo o a cena. "No. Non accadrà mai. E non lo dico solo per lo scandalo, ma perché..."
Alla mia pausa lui mi fissò dritto negli occhi, bloccandosi per un secondo. "Perché...?"
"Dopo tutto quello che ho passato... È possibile che riesca a rifarmi una vita? A essere felice quando la mia famiglia è..."
Silenzio cadde tra di noi. L'unico rumore era quello prodotto dal televisore, ormai dimenticato.
Mi prese la mano, stringendola. "Non devi sentirti in colpa."
"E come faccio?" chiesi alterata, mentre sentivo le lacrime salirmi agli occhi. "Come posso non sentirmi in colpa quando io respiro e loro no? E pensare che al posto mio avrebbe potuto esserci Damon..." aggiunsi sottovoce.
Mi strinse di più la mano, cercando di consolarmi. "Ne abbiamo già parlato. Sei sopravvissuta a quella notte, non deve essere un peso per te... Anzi."
"Ci sto provando. Ci sto provando davvero, Shamal. Ma sono passati anni... E ancora, prima di andare a dormire, devo controllare un'infinità di volte che il gas sia ben chiuso perchè ho paura che possa scoppiare un altro incendio."
A quel punto mi abbracciò. E in fondo -me ne resi conto- era meglio così, perché altre parole non avrebbero servito a niente. "Ci sarà qualcosa o qualcuno che ti renderà davvero felice. Lo so." mi rassicurò dolcemente.
"Mmh..." mugugnai, cacciando le lacrime. Sospirai. Non avevo alcuna voglia di piangermi addosso, non con la splendida giornata che c'era fuori. "Che dici se oggi ci alleniamo?"
Con mia sorpresa si mise a ridere e io, accigliata, chiesi motivo di tale comportamento.
"Ti ricordo che tra un paio di giorni inizia la scuola... Non dovresti metterti al passo col programma?"
"Mmh..." pensai. "Non con questa giornata." dissi risoluta.
"Chiara-"
"Andiamo in spiaggia!" proposi allegra, cercando di allontanare i pensieri di poco prima. "Ci saranno un sacco di ragazze..." aggiunsi per convincerlo.
In un primo momento mi guardò ma poi, con mia gioia, accettò. "Farò strage di cuori."
 
Solo poche ore più tardi la sabbia circondava i miei piedi. Era la prima volta che visitavo la spiaggia di un paese straniero, ed ero molto contenta. Non solo perché avrai potuto rilassarmi e -soprattutto- abbronzarmi un po', ma anche perché avrei avuto l'occasione di riflettere sul sogno che avevo fatto. Hayato che suonava alla mia porta nel bel mezzo della notte, che mi portava a letto... Che si spogliava... Solo al ricordo arrossii. Mi guardai intorno, ringraziando il cielo perché la spiaggia non era molto affollata: il silenzio era quello che ci voleva per schiarirsi le idee. Solo io, Shamal e...
"Ehi." mi salutò Dino. "Come va?"
"D-Dino?" chiesi. "Che ci fai qui?"
Sorrise, poggiando sulla fine sabbia il proprio asciugamano. "Shamal mi ha invitato." disse, scrollando le spalle.
Velocemente mi voltai alla ricerca di Romario, anche se inutilmente. "Uhm... I tuoi uomini?"
"Ho dato loro la giornata libera. Se la meritavano." aggiunse poco dopo, togliendosi la maglia e rimanendo quindi a petto nudo.
Cavolo.
Scuotendo la testa, feci lo stesso e rimasi in bikini. Mi stesi accanto a lui per prendere il sole, sperando non combinasse qualche guaio. "Dino..." mormorai, girando la testa verso di lui. "Oltre a te, chi ha chiamato Shamal?"
Per un attimo mi guardò con fare sospetto, ma poi sorrise e rispose. "Non c'è Gokudera, non preoccuparti."
Mi alzai sui gomiti, imbarazzata per la risposta. "...Non era questa la mia domanda!"
Con mia sorpresa si mise a ridere sonoramente, poi si scompigliò i capelli. "Era implicita... Comunque ci sono solo io: lui è andato con Ryohei e il mio fratellino a un allenamento speciale."
"Allenamento...?"
A un tratto tirò fuori un cappello con frontino, mettendomelo in testa. "Fa male stare con la testa al sole. E comunque Reborn li ha chiamati all'improvviso."
 
"Allenamento...?" mi chiese, reggendosi sui gomiti.
La guardai, mentre il caldo sole batteva su di noi. Istintivamente frugai nella mia borsa e tirai fuori un cappellino, quindi glielo misi in testa. "Fa male stare con la testa al sole." dissi. "E comunque Reborn li ha chiamati all'improvviso."
"Oh..." mormorò piano.
Che tenera, ora capisco perché Gokudera è pazzo di lei.
"Beh... Avremo la giornata tutta nostra." aggiunse.
"C'è anche Shamal." protestai, mettendomi gli occhiali da sole. Si mise a ridere. "Si è allontanato non appena ha notato quelle donne." continuò indicandole.
"Mmh..." le guardai. Molto, molto belle. "Quel dottore ha davvero buoni gusti."
"In effetti..." disse, lasciando in sospeso la frase per girarsi e mettersi a pancia un giù. "Non sono male."
Tuttavia non avevo sentito la seconda frase perché lei si era girata, mettendo in mostra quella meraviglia offerta da Madre Natura. Aveva un fondoschiena delizioso, per non dire altro. Squisito.
Se Gokudera fosse qui, mi darebbe fuoco solo per averlo guardato, pensai divertito.
Chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi per impedire al rigonfiamento dei pantaloni di farsi ancora più grande. A un tratto però, un'idea mi balenò in mente. Mentre Chiara se ne stava tranquilla a prendere il sole -fortunatamente con la testa girata dalla parte opposta alla mia- cercai il mio telefono. Senza fare rumori sospetti scattai una foto al suo fondoschiena e la inviai a qualcuno in particolare. Per la prima volta l'avevo scampata, e senza la presenza di Romario o di altri miei uomini! Emozionato, rimisi subito il telefono nella borsa, ma quando pensavo fosse tutto finito...
"Cosa diavolo stavi facendo?" chiese Shamal.
Raggelai. "N-niente..."
"Che c'è?" si aggiunse Chiara.
Di scatto mi alzai in piedi e alzai le mani. "Ascolta, era solo-"
"Inizia a correre." disse minaccioso, facendo schioccare le dita.
"Ma io-"
Ora era davvero furioso, perché si mise a urlare. "Corri, ho detto!"

 
Ed eccoci qui.
Inizio questo mio spazio con una premessa: non so quando potrò aggiornare di nuovo. Il pc ha qualcosa che non va con la batteria, devo mettermi seriamente a lavorare per la tesina e devo ANCORA recuperare delle materie.
…Sono abbastanza preoccupata.
Per quanto riguarda le recensioni, in questi giorni risponderò a tutte con il cellulare. Scusate ancora per il ritardo!
Uno dei miei amati lettori (se poi leggete le recensioni capirete tutto) mi ha chiesto quando arriva l’azione. Il mio progetto iniziale prevedeva nel dividere la storia in due parti: questa che state seguendo, con romance a palate e una seconda, con more action. Con questo non intendo dire che durante la prima parte della storia non ci saranno scontri, solo che mi concentrerò di più sulla storia d’amore. La seconda parte sarà più movimentata, perché con un viaggio particolare tutti entreranno in crisi… E ci saranno molte più battaglie.
Ecco tutto. Se avete dubbi, suggerimenti per lo sviluppo o semplicemente curiosità scrivetemi. Nel frattempo dateci dentro con le recensioni!
Un bacio a tutti i miei lettori, grazie di seguire la storia.
Buona festa dei lavoratori.
Ma Maddie.

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Capitolo 13
*** Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal. ***


Il guardiano del buio.
 
Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal.
 
"Allora... Il risultato di questa equazione?"
"X uguale a ventidue."
"E di questa?"
"Otto."
Vidi il professore assumere un'espressione irritata, per poi passare ad un altro ragazzo. "Tu." disse, indicando Yamamoto. "Alla lavagna. Vediamo se hai capito..."
E mentre lui faceva come il professore gli aveva chiesto, girai lentamente lo sguardo a sinistra, verso la finestra. O meglio, verso qualcuno seduto proprio accanto a essa.
Hayato era molto intelligente, ma non si curava per niente del suo comportamento durante le lezioni. A pensarci bene la cosa faceva un po' ridere, perché nonostante il suo caratteraccio gli insegnanti non osavano contraddirlo, tanto era alta la sua media dei voti. Come gli altri indossava la divisa della scuola superiore Nanimori, eppure a lui sembrava cucita su misura.
Sospirai. La scuola era iniziata già da una settimana e durante tutti questi giorni lui non mi aveva mai rivolto la parola, se non per urgenti questioni legate alla Famiglia.
Solo la voce rassegnata del professore riuscì a svegliarmi dai miei pensieri. "Facciamo così: vai al posto." sospirò.
"Ci ho provato." rispose il più giovane, egualmente sconsolato.
"Sawada Tsu-" scosse la testa. "No, lasciamo perdere."
Sentii alcune parole d’incoraggiamento da parte di Kyoko, seduta proprio accanto a lui. Mi girai appena per vedere la coppia pochi banchi dietro al mio, catturando al contempo con la coda dell'occhio un Hayato intento a fissarmi. Involontariamente le mie labbra s'incurvarono in un piccolo sorriso, come se fossi contenta che mi stesse guardando.
"Uh, ho corretto i vostri compiti di pochi giorni fa..." disse poi l'insegnante, tirando fuori dalla sua borsa un grande pacco di fogli e iniziando a distribuirli. "Molto, molto bene, Chiara-san. Complimenti. " continuò, appena arrivò al mio banco.
Sorrisi. L'unica cosa che potevo fare sotto lo sguardo di Hayato. Sì, percepivo i suoi occhi su di me, nonostante tra i nostri banchi ci fosse un altro studente, e la cosa che meno mi era chiara era il suo comportamento: a volte i nostri sguardi s' incrociavano, e quando capitava era sempre lui il primo a guardare altrove. Ora, invece, era tutto diverso. Ora i suoi occhi mi stavano accarezzando dolcemente, senza tralasciare nulla.
D'accordo l'attrazione fisica, ma perché dovevo essere così presa da lui?
 
Che cazzo mi stava succedendo? Mi ritrovavo a pensare troppo spesso a lei, e la cosa iniziava a infastidirmi. Con la testa piena di pensieri spensi nervoso la sigaretta, frustrato e arrabbiato con me stesso. Oggi in classe non ho potuto fare a meno di osservare come l'uniforme dell'istituto le accarezzava il corpo. Quel corpo che non avevo il diritto di considerare peccaminoso, eppure che mi faceva vedere le stelle nei miei sogni.
Solo lo squillo del cellulare mi riportò al presente. "Sì?"
"Uhm, Gokudera-kun!"
"Decimo? Va tutto bene?"
Lo sentii ridere dall'altro capo della linea. "Sì, sì. Non preoccuparti. Chiamo solo per dirti una cosa."
Sospirai di sollievo nel sentire che non era successo nulla. Ultimamente mi agitavo più del solito, e persino per le questioni più stupide.
"L'allenamento di domani è saltato: Reborn deve tornare in Italia per qualche giorno."
Stupido Arcobaleno. "Uh... D'accordo."
"E adess- La smetta, Shamal!"
Mi rilassai sulla poltrona di casa mia, chiedendomi cosa ci faceva quel Dottore casa del Decimo.
È un dongiovanni. A casa del Decimo c'è anche Bianchi... Basta fare due più due.
"Gokudera-kun, qui c'è Shamal che ti vuole parlare... Ci vediamo!”
Grugnii di malumore, non avendo alcuna voglia di sentire la sua voce. “Che cazzo vuoi?”
“Sì, sto bene, grazie dell’interessamento.” rise. “Hai proprio una bella giornata, eh?”
Presi un’altra sigaretta e la accesi, sciogliendo poi il codino e passandomi una mano tra i capelli. “Mmh…”
“E a cosa è dovuta? Sentiamo.”
Chiara. Lei e la sua stupida uniforme. Anzi, no: l’uniforme non ha colpe. Il suo corpo, però, sì.
Perché non potevo averla? Anche solo per una notte… Mi sarei tolto lo sfizio e la mattina seguente l’avrei lasciata. Avrei dimostrato a me stesso che lei non era importante. Non poteva esserlo. Avevo troppo a cui pensare: la Famiglia, l’incolumità del Decimo e -sì, dovevo ammetterlo- di Kyoko, la sua ragazza. Non potevo assolutamente distrarmi, non ora che i nemici ci avevano finalmente lasciato un po’ di respiro. Tuttavia non potevo averla, nemmeno per una notte. Era contro le regole.
Non sarebbe mai stata mia. Anche se avrei voluto. “Argh! Maledizione…”
“Ehi, tutto bene?”
Sbuffai. Era tutta colpa di quella ragazza se i miei pensieri avevano iniziato a prendere una certa piega. Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal. Si meriterebbe una sculacciata. “Merda…” mi diedi un morso all’interno della guancia, riconoscendo subito il gusto pungente del sangue. “Sì, bene. Cosa vuoi?”
“Arrivo subito!” urlò. “Ehm, sì… Volevo chiederti di passare un attimo da Chiara-chan… Ho trovato una sua chiamata sul cellulare, ma non ho potuto rispondere e-”
“No.”
“Non essere burbero, Hayato. Ascoltami e-”
“No.” Ripetei. Stavo cercando di non infrangere le regole, ma a quanto pare nessuno mi stava redendo facile la cosa. Se fossi andato da lei, probabilmente questa notte l’avrei sognata, per poi svegliarmi con una montagna tra le gambe. “Se ha chiamato te, non vedo cosa possa fare io.”
“Non posso andarci proprio ora! Bianchi-chan e la signora Sawada stanno per guardare un film strappalacrime, e voglio essere presente quando avranno bisogno di una spalla su cui piangere!”
Scossi la testa contrariato. Come diavolo aveva fatto a diventare un tutore? Proprio lui? “Non ci posso credere…”
“Lo so, non pensavo tua sorella guardasse certi-”
“Parlavo di te Shamal. Sono senza parole.”
Dall’altra parte del telefono, iniziò a ridere a gran voce. “Beh, quando inizierai a interessarti seriamente a qualcuna, ne riparliamo. Adesso muoviti, però.”
Mentre raggiungevo la mia camera al piano di sopra, sospirai pesantemente, tolsi la maglietta e infine mi buttai letteralmente sul letto. “Ti ho detto che-”
“Allora chiamerò qualcun altro per raggiungere Chiara. Che è a casa tutta sola. Che sta aspettando che qualcuno bussi alla sua porta.” ghignò. Poi, senza sentire una risposta da parte mia, riprese a parlare. “Umpf, va bene. Sai se dopo il ballo i Varia sono rimasti in Giappone? Potrei chiedere a loro…” Delle voci di sottofondo avevano iniziato a chiamarlo, quindi fu costretto a riattaccare, senza dire nient’altro.
Per dieci minuti abbondanti rimasi sul letto, cercando una soluzione. Shamal adorava fare questo tipo di giochetti, quindi probabilmente alla fine sarebbe andato a casa sua, invece di saperla sola e per di più in compagnia di qualcuno di cui non si fida. Chiusi gli occhi speranzoso di addormentarmi presto, ma dopo pochi secondi l’arrivo di un messaggio me li fece riaprire.
 
Ha risposto quel Varia dai capelli lunghi. Anche se ero contrariato, era l’unico disponibile. Adesso è con Chiara. Spero tu sia contento.
 
Spalancai gli occhi appena finii di leggerlo. Ma che diavolo aveva combinato quel Dottore da strapazzo? Squalo a casa di Chiara? Un’improvvisa rabbia mi fece imprecare più volte, fino a costringermi ad alzarmi. Nonostante fossi ancora pieno di ripensamenti, mi rimisi la maglietta, presi una felpa e uscii di casa. Al massimo l’avrei sognata.
Sognare non è reato.
 
“Non farlo più. Davvero.” Sospirai, tornando in posizione verticale. E per fortuna che Shamal stava solo scherzando con la faccenda di Squalo. “I lavori meccanici… Lasciali perdere.”
Mise il broncio. Che carina. “Non pensavo che sistemare quelle tubature fosse così complicato.” Incrociò le braccia al petto, mettendo in evidenza ciò che quella striminzita canotta rendeva già evidente.
Spostai lo sguardo. Non dovevo arrossire, diamine! “Uhm, ti serve altro?”
“No, nulla… Grazie per essere passato, Hayato-kun.” Sorrise dolcemente, le guance leggermente arrossate.
“Mmh… Sì.” Sospirai pesantemente, prima di dirigermi verso la porta. Me ne stavo andando, stavo uscendo dalla porta di casa sua, realizzai. Non potevo andarmene senza aver fatto ciò che dovevo. Appena prima di aprire la porta mi girai, incerto delle parole che avrei dovuto usare. Sarebbero davvero servite, poi? “Io… Uhm, Chia-” mi bloccai. Non potevo farlo, non potevo davvero! Le regole erano molto chiare. Tuttavia… Una via di scampo c’era, ma per poterla prendere non era sufficiente giustificarsi con volevo togliermi lo sfizio. “No, niente…” borbottai.
Lei mi guardò straniata, per poi alzare un sopracciglio. “Hayato-kun, che cos’hai, stasera?”
Il punto era: il gioco vale la candela? “Devo solo provare una cosa…” dissi poi, trovando la mia risposta.
Socchiuse leggermente gli occhi, sospettosa. “Che vuoi fare?”
Sorrisi nel vederla così. Era assolutamente adorabile. “Zitta e fammi lavorare.”
In un attimo mi avvicinai a lei e posai le mani sui suoi fianchi, meravigliandomi dell’intensa e stupefacente reazione. Sentii il mio corpo andare a fuoco, il sangue scorrere più velocemente nelle vene. Mai mi sarei aspettato una sensazione simile per una donna, ma la accettai più che felice. Poi, vedendo che non protestava, la strinsi a me. Volevo baciarla, realizzai. Anzi, ora non era più un semplice desiderio, bensì una necessità. Dovevo baciarla, dovevo conoscere il suo sapore. Dovevo farlo per finalmente provare a me stesso che lei non significava niente. Dovevo convincermi che questa ragazza, questa bellissima ragazza -perché sì, lo era- che mi stava guardando con i suoi occhi gialli, non aveva smosso nulla dentro di me. E al diavolo le regole. Dovevo farlo, o sarei diventato pazzo. Chinai la testa, quel poco che bastava per lasciarle campo libero se avesse voluto allontanarsi. Ma, con mia grande gioia, non lo fece. Mi avvicinai ancora di qualche millimetro, perdendomi nel suo intenso profumo. Sapeva di pesca, probabilmente perché aveva fatto il bagno da poco. Era solo un gesto quotidiano, tuttavia quella semplice immagine scaturì nella mia mente una serie di pensieri impuri che prevedevano me, Chiara e una vasca piena di bollicine.
Oh, le avrei fatto perdere la testa.
Spostai lo sguardo verso il basso, fissando le sue labbra. Erano molto belle, carnose e sensuali, ed io fremevo dall’eccitazione nel volerle sentire contro le mie. “Vuoi che mi allontani?” chiesi, pregando però perché dicesse no. Fortunatamente la vidi scuotere la testa, avvicinandosi a me come io avevo fatto poco prima. Sentii la sua mano scorrere sulla mia guancia, ispida contro la sua pelle morbida e delicata. Mi avvicinai anche col bacino, premendo di conseguenza l’ultimamente famosa montagna tra le mie gambe contro il suo ventre. Sussultammo entrambi per quella dolce frizione, iniziando poi a sentire il cuore battere irregolare contro il petto. Seguendo l’impulso, abbassai la testa e le mordicchiai il collo. Lei trasalì violentemente, ma poi si strinse maggiormente a me. “Ti piace?” sorrisi, sentendola gemere di piacere. “Lo prenderò per un sì.” Continuai, sentendola nel frattempo emettere sospiri di pura estasi. Iniziai a baciarla per davvero, avvertendo le sue mani tra i miei capelli. Li tiravano, stringevano e muovevano senza pietà, mentre la mia lingua s’insinuò nella sua bocca, muovendosi con studiata abilità, volta a farla impazzire.
“Mmnn…”
Timida un cazzo. Lei era ardente, passionale. E il fatto che stesse rispondendo al bacio con uguale foga e con lo stesso desiderio ne era la prova. Avanzai portandola con le spalle al muro mentre le lingue si scontravano senza pietà, le sue mani erano ancora tra i miei capelli e le mie… Le mie stavano lentamente avanzando verso il suo fondoschiena. Lo avevo visto solo in foto grazie al messaggio di Dino -eh, sì: ero contemporaneamente incazzato e grato a quel Cavallone- e da allora era diventato quasi un chiodo fisso per me. Senza indugiare oltre lo strinsi con forza, rude e primitivo, senza inutili preamboli. La sentii gemere con forza nel bacio, per poi portare le sue mani sotto la mia maglia, iniziando una dolce tortura a miei danni. Non graffiava la mia pelle, né la accarezzava. Oh, no. Lei la stava solamente sfiorando con le dita, facendomi rabbrividire e mugugnare nel bacio. A un tratto realizzai: lei mi stava provocando. Stava cercando di farmi perdere la testa come io stavo facendo con lei, contro questo muro. In piedi, schiacciato contro di lei. Con il suo seno che premeva contro il mio petto. Con la montagna contro di lei.
Mi staccai dalla sua bocca solo di pochi millimetri, perdendo qualche attimo a osservarla. Labbra umide e rosse, guance rosse, respiro affannoso.
Cazzo.
Tornai a guardare i suoi occhi gialli, come quelli di una gatta. Mi strusciai su di lei, non riuscendo più a contenere il bisogno di contatto, gemendo e sentendola fare lo stesso. Leccai il contorno delle sue labbra, beandomi del suo sapore unico. Davvero, ero al mio limite. “Allora… Che vogliamo fare, adesso?”

 
Capitolo, capitolo, capitolo.
Ne approfitto per augurarvi buone vacanze estive. Lunedì parto, ma comunque scriverò a mano.
Scusate il mega ritardo. Davvero.
Ditemi che ne pensate, mi raccomando!
Ma Maddie.

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Capitolo 14
*** Lei è un Borgia, Gokudera-kun. E i Borgia non si tirano mai indietro. ***


Il guardiano del buio.
 
Lei è un Borgia, Gokudera-kun. E i Borgia non si tirano mai indietro.
 
Il giorno dopo mi alzai di buonumore: la sera prima avevo avuto un incontro ravvicinato -chiamiamolo così- con Hayato. Ci eravamo baciati, toccati, carezzati -e nulla di più- per una buona ora prima di convenire che era meglio non rischiare di farsi vedere da qualcuno. Certo, non avevamo pensato a come avremmo dovuto comportarci oggi alla festa, ma il sole splendente che faceva capolino dalla finestra mi rassicurava sul fatto che sarebbe stata una splendida giornata. Mi alzai, lavai e vestii canticchiando, per la prima volta dopo anni e anni. Uscii di casa giusto in tempo per trovarmi di fronte a Shamal.
“Piccola!” Mi salutò. “Come stai?”
“Bene.” Sorrisi.
Il dottore si stupì. “Sei raggiante stamattina! Mi fa piacere.”
A quanto pare l’abbiamo scampata. “Vieni anche tu alla festa di Dino?” domandai, chiudendo la porta di casa alle mie spalle.
“Ecco… Sono passato ad avvisarti che non potrò partecipare: ho un volo tra mezz’ora.”
Per la prima volta in vita mia, non presi male le sue parole. Forse un certo guardiano mi ha dato una carica di energia… “E dove andrai di bello?” chiesi, incamminandomi verso la casa del Boss.
“In Italia. Reborn è lì e ha richiesto il mio aiuto.” Poi, all’improvviso, si fermò. “Devi avere proprio una bella giornata se reagisci così, Chiara.” Sorrise. “Sei tale e quale alla bambina che anni fa mi tirava i capelli ridendo, per via del solletico che le facevo.”
“Mi sono alzata con il piede giusto.”
“A proposito! Ieri sera è passato Hayato, non è vero?”
Quasi sobbalzai. “Sì… Perché…?”
“Ho trovato la tua chiamata persa e gli ho chiesto di passare. C’era qualche problema?”
Fiuu. “Oh… Beh…” respira. Respira. “Avevo provato a sistemare delle tubature, ma ho combinato un pasticcio e alla fine ci ha pensato lui. Ora è tutto a posto…” Non potevo confessare a Shamal cos’era successo. Chissà come l’avrebbe presa! Dopo qualche altro passo, arrivammo di fronte alla casa del Boss.
“I lavori manuali non sono mai stati il tuo forte!” rise, facendo ridere anche me. “Bene, è meglio che ti saluti, adesso: devo ancora preparare la borsa per il viaggio.” Mi abbracciò.
“Quando torni?”
“Domani sera. Non preoccuparti.” Mi carezzò la testa. “Puoi chiamare i Vongola se hai qualche altro problema.”
L’abbraccio si sciolse. Mi sarebbe mancato, ma non così tanto, realizzai. Forse quei baci mi avevano davvero ricaricata…“A domani, Shamal.” Dissi, vedendolo girare l’angolo e sparire.
Neanche feci in tempo a girarmi che una voce familiare chiamò il mio nome.
“Buongiorno, signorina. Grazie per essere venuta.”
Mi voltai. Dino Cavallone era poggiato sullo stipite della porta con un’espressione raggiante. Era sempre il solito: non appena fece un passo inciampò e finì con la faccia a terra. “Ouch…”
“Tutto bene?” chiesi, aprendo il cancello di casa Sawada.
Il biondo si alzò sorridendo, anche se sporco di terra. “Si... Devo solo darmi una ripulita.”
Risi. “I tuoi uomini?” domandai.
“Ho dato loro un altro giorno di festa. Volevo stare con voi, oggi.”
“Che programmi hai in mente?”
Si sfregò le mani, cercando di togliere un po’ di terriccio. “Beh, all’inizio pensavo di andare in un posto… Ma dato che è una così bella giornata perché non andiamo tutti in spiaggia?”
Ci pensai su. “Lo dici adesso? E i costumi?”
“Li prenderemo in qualche negozio lì vicino.” Si pulì le guance. “Meglio che vada a lavarmi… Alcuni sono già dentro, se vuoi salutarli.”
Feci qualche passo e quasi me ne scordai. Mi avvicinai, mi alzai in punta di piedi e iniziai a sussurrare. “Oh, a proposito… Buon compleanno, Cavallo Rampante.” Sorrisi, schioccandogli un bacio sulla guancia e ridendo di nuovo quando poi divenne rosso.
“Ehi...” un’altra voce che conoscevo fece irruzione nella conversazione. “Dov’è il mio bacio, Bomba-chan?”
Squalo e Hayato mi stavano guardando entrambi, il primo con un’espressione maliziosa, il secondo in modo incomprensibile. Il mio sguardo venne subito catturato da due occhi che ormai conoscevo fin troppo bene. Mi sentii stranamente a disagio, cosa che non aveva alcun senso: la sera prima avevamo infranto le regole, ma era stata un’esperienza fantastica, almeno per me. E lui, cosa ne pensava? Non appena si era fatta una certa ora, avevamo stabilito che era meglio andare a dormire e Hayato, come un fulmine, uscì di casa senza dire altro. E se non gli fosse piaciuto? Se ne stava fermo, con i pugni serrati lungo i fianchi, gli occhi fissi su di me e uno sguardo che non riuscivo proprio a decifrare. D’istinto, scappai all’interno della casa senza dire altro.
 
“Allora, mi vuoi dire che è successo?”
“Dino, smettila.” Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli.
“Non appena ti ha guardato, è scappata dentro casa.” Disse. Poi, non ottenendo alcuna risposta da parte mia, riprese a parlare. “Lei è un Borgia, Gokudera-kun. E i Borgia non si tirano mai indietro. Cosa le hai detto? Cosa le hai fatto?”
Mi spazientii. “Non le ho fatto niente!” A parte ispezionare la sua bocca e il suo delizioso fondoschiena.
Dino mi guardò torvo. Aveva capito che era successo qualcosa, ma non potevo dirgli… O forse sì? Mi alzai dalla sedia sdraio e camminai verso il lungomare. Era una fortuna che Dino avesse riservato questa piccola spiaggia solo per noi, così da avere tranquillità. Avvicinai i piedi all’acqua e guardai il panorama, mentre aspettavo che Dino mi raggiungesse.
“Gli altri sono ancora sotto gli ombrelloni. Ora parla.” Disse, una volta arrivato al mio fianco.
“Ieri sera quel Dottore mi ha mandato a casa sua. C’erano dei tubi da sistemare…” feci schioccare il collo, nervoso. Davvero potevo fidarmi di lui? Era meglio mettere le cose in chiaro fin da subito. “Non lo dirai a nessuno.” Lo guardai negli occhi con fare minaccioso. “Mi hai capito?”
“Si…” non era contento del tono che avevo usato, ma lasciò correre. “Adesso parla. Mi sai facendo agitare.”
Guardai in basso. Respirai. “Può essere successo… Che mi sia trattenuto un po’ più del dovuto a casa sua…”
L’altro rimase immobile per un attimo, poi riprese a parlare. “Te lo devo chiedere. Le autorità potrebbero agitarsi per questa… Per questa cosa?”
“Forse…” sospirai. “Tutti ormai hanno capito di Hibari e Chrome, e al Decimo a quanto pare sta bene, se non ha mai detto nulla a riguardo. Ma questo è diverso. È fin troppo rischioso.” Scossi la testa. “Non so cosa mi sia preso, ma ieri non sembrava un’idea così brutta…”
“Non so che dirti, davvero. Lo scandalo ha complicato tutto…” sospirò. “Quella relazione è stata troppo pericolosa per la Famiglia, ma voi non avete cattive intenzioni. Voi non siete loro, Gokudera-kun.”
Strinsi i pugni. “Le autorità saranno contrarie in ogni caso.”
“Non lo puoi sapere.” Si guardò attorno, forse preoccupato che gli altri fossero ancora lontani da noi. “Sono passati tanti anni dallo scandalo. Potrebbero capire che le vostre sono-”
“Sono cosa? Buone intenzioni? Nemmeno io so il perché di ieri sera!” sbottai, usando un tono più acido del voluto. “Se vuoi saperlo, volevo solo togliermi lo sfizio! Ecco perché sono stato al gioco!”
“Non è vero, e lo sai.” Mi fermò quando feci per andarmene. “Da quando è arrivata ti comporti in modo strano: ti stai affezionando. Non è vero quello che hai detto poco fa.”
Scostai la sua mano guardandomi alle spalle, vedendola arrivare insieme a Ryohei, Yamamoto e Squalo, che non perdeva occasione di spogliarla con gli occhi. Alcuni passi più indietro, s’incamminava tutto il resto della Famiglia.
“Stanno arrivando.” Lo avvertii.
Dino annuì. “Non lo dirò a nessuno, ma tu dovresti capire cosa provi per lei.”
Strabuzzai gli occhi, arrabbiato. “Io non pro-”
“Ssh.” Mi zittì.
“Dino, sai che odio quando qualcuno mi-”
“Siete pronti per un bagno, femminucce?”
Alzai gli occhi al cielo irritato: il solito tono sfrontato di Squalo. Poi guardai Chiara: aveva scelto un due pezzi nero che rendeva pienamente giustizia alle sue morbide curve. Aveva lasciato i capelli scuri sciolti che, per via del vento, danzavano attorno al suo viso facendola apparire ancora più bella. La seguii con lo sguardo, ma lei non alzò gli occhi e ci sorpassò come se non fossimo lì, entrando pian piano in acqua. Inutile dire che Squalo la seguì senza indugi.
Ryohei eYamamoto si fermarono a parlare con Dino, ma io non li ascoltai minimamente: continuai a fissarla ammaliato finché gli altri non ci raggiunsero e anche i tre accanto a me si mossero.
“Ricorda di rifletterci su.” Sussurrò il biondo.
Non potevo perdere l’occasione di vederla tutta bagnata, con quelle curve, quelle labbra… Non dopo ieri sera. Il cuore prese all’improvviso a battere più velocemente. Poi presi la mia decisione: mi tuffai in acqua e iniziai a nuotare verso di lei.
 
Non appena l’acqua arrivò all’altezza del mio seno mi fermai, nonostante Squalo insistesse per proseguire. “Oh, no…” dissi. “Preferisco stare qui. Non mi piace nuotare dove l’acqua è troppo alta.” Feci per scostarmi, ma inutilmente.
“Dai, Bomba-chan…” si avvicinò a me, posando le mani sui miei fianchi. “Ti posso sostenere io.”
“Ti piace così tanto provocarlo?” domandai.
Rise. “Dovresti vedere con quanta foga sta nuotando verso di noi.”
Feci per voltarmi, ma poi ci ripensai. Il suo sguardo, quella mattina, non aveva dato alcun segno di… Beh, di qualsiasi cosa. Ma se i baci della sera prima non avevano avuto alcun effetto su di lui, a differenza di me, perché adesso ci stava raggiungendo? Certo, era vero che una relazione tra due guardiani come noi era proibita -a meno che non fosse intervenuto il Boss per rassicurare la autorità-, ma d’altra parte è stato così bello baciare qualcuno per la prima volta, sentirsi desiderata… Le sensazioni che provavo vicino a lui erano molto intense, tuttavia non dovevo affezionarmi. Non potevo rischiare di coinvolgermi emotivamente, per poi perdere di nuovo i miei cari. No. Dovevo solo raggiungere il mio scopo, senza complicazioni. Anche se con due occhi splendidi come i suoi… Le sue spalle larghe, che mi facevano sentire così protetta… Perché doveva essere così dannatamente difficile?
“Ehi?” domandò Squalo, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Mmh?”
“Stavo dicendo che-”
Non riuscii a sentire il resto della frase, perché un’alga si era posata sul mio piede. Odiavo le alghe: così viscide e scivolose. Con un piccolo saltello mi aggrappai allo spadaccino di fronte a me che, con sua grande gioia, mi strinse a sé.
“Non credevo di avere quest’effetto su di te…” rise malizioso.
“No, no, ti prego! Non mi mollare! C’è un’alga qua sotto!” dissi, convincendolo poi a spostarci dagli altri di qualche metro.
“Che diavolo state facendo?” chiese Hayato, improvvisamente dietro di noi.
Certo, vederci in quello stato… Avevo le braccia attorno al suo collo, mentre lui premeva le mani sulla mia schiena.
“Nulla di cui ti debba preoccupare.” Rispose Squalo, mentre io nascondevo il mio volto imbarazzato nell’incavo del suo collo.
“Ti devo parlare.”
“Ora sono impegnato, come vedi.
“Non con te. Chiara, per favore. È importante.” Mi disse poi in italiano, convincendomi a posare i piedi a terra e ascoltarlo.
“Che c’è…?” mormorai con i suoi occhi penetranti fissi su di me.
Guardò Squalo. “Vorrei parlarle in privato.”
“Sto bene qui, grazie.” Sorrise l’altro, sfacciato.
Ero troppo imbarazzata. Che volesse dirmi dei baci che c’eravamo scambiati? “Magari più tardi, Gokudera-kun. D’accordo?” lo implorai con lo sguardo, prima di prendere a nuotare lontano da lui… Ma con Squalo, come sempre, al mio fianco.
 
 
Avevo passato il resto della giornata a ridere di Dino e a scherzare con Chrome, tuttavia il suo sguardo non mi aveva mai lasciata. Persino adesso, conclusa la giornata di festa, seduto nel divano di casa mia, non accennava ad alcun argomento. Se ne stava lì, fermo, a guardarmi.
Deglutii. Prima o poi avremmo dovuto parlare di qualcosa. “Uhm… Ho ancora della birra nel frigorifero, se vuoi…”
Si alzò, liberando i capelli dal solito codino. “Dobbiamo parlare di ieri sera.” Era serio.
Fantastico. “Non dobbiamo parlarne per forza.”
“Invece si.” Si passò una mano tra i capelli, evidentemente nervoso. “Ho raccontato tutto a Dino.”
Spalancai gli occhi. “Cosa?”
“Non lo dirà a nessuno. Sa quanto la faccenda sia complicata. Il punto adesso è…” mi guardò. “Ieri sera…” deglutì. Era evidente che era nervoso.
Incrociai le braccia al petto. “Non si dovrà più ripetere, vero?” chiesi delusa. Da una parte desideravo provare ancora quelle emozioni, ma dall’altra sapevo che era contro le regole, almeno per due guardiani come noi. Spostai lo sguardo verso il basso.
“No.” Si avvicinò a me. “Non voglio correre rischi.” Disse.
Tornai a guardarlo, sentendo il cuore battere più veloce. “Va bene.”
“Per il bene della Famiglia, dobbiamo stare lontani.”
“Già.” Feci un passo verso la porta di casa. Dovevamo stare lontani, era vero. Ma era così difficile… “È meglio che tu vada, allora.” E la aprii.
Non appena mi voltai, lo trovai a pochi centimetri da me. I nostri nasi si sfioravano. Lo vidi guardarmi le labbra intensamente, per poi tornare a guardare i miei occhi. A un tratto alzò lentamente una mano e con delicatezza spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Le sensazioni che provavo in quel momento erano fantastiche, per non dire altro.
Tuttavia Hayato restò immobile per un momento, prima di uscire senza dire una parola.
Sconsolata per la conversazione, mi avviai verso il bagno per una doccia rinvigorente.
 
Un altro rumore alle tre e cinquanta del mattino? Ciò poteva significare solo una cosa: qualcuno era entrato in casa mia. Velocemente e senza fare alcun rumore scesi dal letto. Non accesi le luci, perché grazie ai miei occhi potevo vedere benissimo anche al buio. Scesi al piano di sotto e mi diressi verso la cucina, da dove provenivano i rumori. Vidi un uomo vestito di nero darmi le spalle. Era alto e abbastanza muscoloso, ma io avevo le tecniche Borgia dalla mia parte: non sarei stata sconfitta.
“Ti ho trovato.” Dissi, pronta ad attaccare. “Sei finito.”
L’uomo, interamente coperto di abiti neri, con tanto di maschera, si girò rise in modo perverso. “No. Tu lo sei, Borgia.”
“Cos- Ah!”
Un bagliore repentino mi colse di sorpresa. Improvvisamente i miei occhi bruciarono soffrenti. Caddi in ginocchio, le mani sempre a proteggere gli occhi. Il dolore si stava facendo gradualmente più forte e per lo spavento alcune lacrime mi rigarono il volto. Aprii gli occhi, ma con mio stupore non vidi assolutamente nulla, nonostante avessi l’abilità di vedere al buio. Il mio cuore batté a un ritmo sempre più frenetico, tanto ero spaventata dalla situazione.
Una mano mi carezzò la testa. “Ucciderti adesso non sarebbe divertente. Sai, ho in mente una cosa speciale per te.” Sentii una finestra aprirsi. “Ma almeno ora ti ho trovata. Alla prossima…”
Dopo qualche minuto di silenzio capii che ero sola in casa. Senza indugiare oltre avanzai a carponi verso la mia destra, dove si trovava il telefono della cucina. Trovata la parete, mi alzai in piedi, gli occhi ancora chiusi per via del dolore lancinante. Afferrai il telefono, e dopo alcuni tentativi falliti riuscii a comporre il numero di Hayato. Era l’unico che volevo al mio fianco in un momento del genere, nonostante poche ore prima ci fossimo detti il contrario.
 Riconobbi la sua voce. “Sì?”
“Hayato…” dissi, spaventata.
 
Erano quasi le quattro del mattino, quando il mio cellulare iniziò a squillare. Era Chiara. Di scatto mi sedetti sul letto. “Sì?”
“Hayato…” disse, spaventata.
Subito mi allarmai, il cuore impazzito. Le era successo qualcosa. “Chiara, non ti muovere. Arrivo subito, d’accordo?” dissi, in italiano.
“Mmh…” la sentii piangere.
Poi, più veloce che potevo, misi una maglia e corsi fuori di casa, arrivando di fronte alla sua porta in tempo record. Con un paio di calci riuscii ad aprirla. Accesi le luci e la chiamai.
“S-sono… In cucina…” singhiozzò.
Non appena la vidi, qualcosa dentro di me si spezzò: era seduta a terra, scossa dal pianto, le mani che le coprivano gli occhi. Qualcuno la pagherà, pensai.
“Chiara…” sussurrai, abbracciandola.
“N-non vedo niente…” singhiozzò terrorizzata.
Aggrottai la fronte. Le luci erano accese… “Chiara, calmati. Respira.” La strinsi maggiormente a me, cullandola dolcemente. Il mio cuore batteva forte, agitato, mentre le sue mani si aggrappavano a me, come se fossi la sua ancora di salvezza. Chi l’ha ridotta in questo stato non la passerà liscia, ripromisi a me stesso.
Hayato… Non riesco a vedere…” continuò, in lacrime.

 
 
Mi mancava questa storia. Se volete che continui a portarla avanti, fatemelo sapere.
Bastano una o due recensioni, ed io la continuerò.
 
Ammie.

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