Solo attimi rubati che fuggono in fretta

di piperina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Monday: frozen inside ***
Capitolo 2: *** Thursday: stars; still frozen ***
Capitolo 3: *** Wednesday: warm; laugh with me ***
Capitolo 4: *** Thursday: warm; talk to me ***
Capitolo 5: *** Friday: hot; burning fire ***



Capitolo 1
*** Monday: frozen inside ***


Dedicata a Leryn, Ilaria e Serena.

 

 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Act I*

Monday: frozen inside –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Faceva freddo. Questo fu il suo primo pensiero.

Aprì gli occhi e si rese conto di avere i brividi, ma la finestra era chiusa e le coperte tirate fin sopra le spalle. Sbatté le palpebre un paio di volte e sorrise mestamente: aveva sognato freddo.

Lo stesso sogno che aveva fatto subito dopo quella notte, in cui tutto era finito.

 

La sua storia, il suo amore, le sue bugie.

 

Avrebbe dovuto sentirsi sollevata, invece i primi mesi erano stati un inferno.

Fingere di star bene le era costato molta fatica, soprattutto con Harry: la conosceva bene al punto da riuscire a interpretare ogni suo stato d’animo attraverso le piccole cose. Il modo nervoso in cui si legava i capelli, i sorrisi tirati, il tempo eccessivo che trascorreva da sola. Con lui mentire era stato così difficile che, in cuor suo, aveva più volte temuto di essere stata scoperta.

Forse Harry aveva davvero intuito qualcosa, ma non le aveva mai chiesto nulla. Da buon migliore amico quale era, aveva aspettato che fosse lei a muovere il primo passo… passo che lei non mosse mai.

Non era la fiducia nel ragazzo a mancare, al contrario, ma quella storia era stata così forte e improvvisa e intensa e travolgente che lei stessa a volte faticava a comprenderne la natura. Si era interrogata spesso sulle sue azioni, sui suoi sentimenti… oh, quei sentimenti bruciavano ancora in fondo al suo cuore, ma li aveva seppelliti con il passare del tempo, soffocandoli con il ritorno ad un amore più tranquillo e rasserenante.

Un amore che non la faceva arrabbiare, che non la offendeva – pur senza volendo, la maggior parte delle volte – che non le faceva girare la testa né battere il cuore tanto forte.

Un amore che sapeva di affetto, da parte sua.

E da parte di lui? Indubbiamente lui l’amava moltissimo, e per questo i sensi di colpa non l’avrebbero mai abbandonata.

Sbadigliò e si girò nel letto, tirando più in alto le coperte e chiudendo gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«A quanto pare vieni spesso qui.»

Si voltò e vide un viso fin troppo conosciuto. «Mi stai seguendo?»

«In realtà penso che abbiamo gusti simili» si avvicinò e scelse un cuscino blu notte su cui accomodarsi.

«Il castello è grande, perché vieni proprio qui?»

«Dovrei chiedertelo io, semmai» sorrise beffardo. «Tu questa materia l’hai abbandonata.»

Si voltò dall’altra parte. Certo, lui aveva pienamente ragione, oltre ad avere più diritto di lei a trovarsi lì.

«Solo perché non mi piace Divinazione non è detto che non possa piacermi l’aula in cui viene insegnata.»

«Questa risposta l’hai preparata stanotte?»

Si girò a fissarlo con il fuoco negli occhi. «Mi spieghi perché sei sempre così prevenuto?»

«Senti chi parla.»

Ci fu silenzio dopo quelle parole.

La prima volta che si erano incontrati per caso, Hermione l’aveva accusato di avere qualche piano diabolico in testa. Draco l’aveva squadrata con sorpresa e divertimento, e aveva risposto che i piani diabolici in testa ce li aveva lei.

«Mi piace qui.»

«Lo so.»

I fiocchi di neve cadevano ormai da una settimana. Nonostante il castello fosse perfettamente riscaldato, però, lei si sentiva fredda.

Fredda dentro.

«Stai tremando.»

«Non dire sciocchezze.»

«E tu non dire bugie.»

Non rispose a quelle parole né gli lanciò uno dei suoi soliti sguardi di rimprovero. Con lui si sentiva… strana.

Era sola, senza Harry né Ronald – ogni suo tentativo di convincerli a tornare era fallito – e con troppi ricordi che tormentavano le sue notti. Continuava a fare brutti sogni, sogni riguardanti la guerra, sangue, corpi senza vita, funerali… era troppo. Non ce la faceva più.

Sarebbe crollata.

«Non credere che per me sia più facile» disse lui qualche minuto più tardi.

«Cosa?»

«Essere qui» il suo sorriso era privo di gioia. «Il castello è silenzioso, gli studenti hanno perso la voglia di farsi sentire, i professori sono stanchi.»

«Credo sia normale. La scuola è ricominciata da tre mesi. Un’estate sola non è sufficiente a sanare certe ferite.»

«Non parli mai dei morti» quasi sovrappose la voce alla sua. «Perché?»

«Perché dovrei farlo?» Provò una fitta al cuore.

«Per ricordare.»

Le mancò il fiato nei secondi successivi.

«Ricordo fin troppo.»

«Ma non ne parli.»

«Non sono affari tuoi.»

Si erano incontrati lì poche volte e, strano a dirsi, tra i due la più scostante era proprio lei.

Hermione Granger era stanca.

Non voleva parlare né farsi notare, non voleva persone intorno, non voleva essere additata nei corridoi, non voleva essere chiamata “eroina del Mondo Magico” ogni giorno della sua vita.

Si comportava male con l’unica persona che non l’aveva guardata con riverenza e che la trattava, stranamente, da pari.

La stuzzicava per provocare qualche reazione. Qualsiasi reazione.

Senza saperlo, si stavano aiutando l’un l’altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’allarme svegliò Hermione al primo suono. Aprì gli occhi di scatto e mosse la mano verso il cellulare per spegnerlo, sbadigliando sonoramente.

«Buongiorno, mondo» disse con voce impastata.

Scostò le coperte e scese dal letto. Lo specchio sull’anta centrale dell’armadio le rimandò l’immagine di una ragazza troppo poco felice. Avrebbe dovuto sprizzare gioia ad ogni ora del giorno, ma lei proprio non ci riusciva. Emise il primo di tanti sospiri che l’avrebbero accompagnata fino a sera e si recò in cucina per preparare la colazione.

Non sentiva Ron da una settimana, per essere precisi da quel momento: lui le aveva chiesto di sposarlo, e lei… lei era scappata.

Gli aveva scritto un biglietto di scuse poche ore dopo, dicendo di essere tesa ed emozionata e di aver bisogno di riflettere da sola.

Si sentiva confusa, frastornata, come se fosse stata risucchiata da un vortice che le impediva di respirare.

 

Gli aveva scritto di nuovo.

 

Ovviamente lui non aveva risposto, ma cosa poteva aspettarsi? L’aveva abbandonata senza una parola, dopo tutte quelle che le aveva detto solo pochi giorni prima quando gli aveva inviato il primo biglietto.

Scosse la testa e cercò di non pensarci. Ormai era storia passata… era finita. Non c’era più niente tra loro, niente a cui pensare, niente da ricordare.

Decise così di recarsi al lavoro, sperando che fosse un lunedì positivo, ma invano.

Quasi tutti i clienti della libreria erano stati particolarmente antipatici con lei fin dalle prime ore del mattino ma, da brava assistente alle vendite, Hermione aveva continuato a sorridere e mostrarsi disponibile nei confronti di ognuno di loro.

«Mi sembri stanca» le disse Annabeth, collega da ormai due anni e con cui aveva instaurato un buon rapporto, durante la pausa pranzo.

«Si nota così tanto?»

«Un po’, in effetti» ammise con un sorriso. «Non vuoi dirmi cosa succede?»

Hermione soppesò quelle parole. Non aveva confidato a nessuno della proposta di matrimonio di Ronald. Era sicura che Harry ne fosse al corrente, tuttavia da lui non era giunta neanche una parola. Forse attendeva che fosse lei a prendere l’iniziativa e parlargli.

«Ecco…» iniziò, titubante, «settimana scorsa il… mio… ragazzo…» esitò su quelle parole, «mi ha chiesto di sposarlo.»

Annabeth fece quasi cadere la fetta di pizza che stava portando alle labbra.

«Cosa?!» Esclamò a voce troppo alta. «Ti sposi e me lo dici solo ora?»

«Non ho ancora risposto» si affrettò a dire lei. «Io non… non gli ho detto niente, ho chiesto di poter riflettere da sola per qualche giorno.»

Gli occhi celesti dell’amica si velarono di incertezza a quelle parole. «Perché? State insieme da tanto, vi conoscete da una vita… cosa c’è che non va?»

«Io…» si morse il labbro inferiore, incerta. «Forse è proprio questo il problema. Siamo troppo amici per sposarci.»

«Ma state insieme» ribatté l’altra in tono ovvio. «Come puoi definirvi troppo amici

Hermione non ricambiò il suo sguardo, consapevole di aver appena commesso un errore. O forse il suo inconscio aveva voluto che si confidasse con qualcuno.

«Non sono sicura di amarlo quanto dovrei.»

«Tesoro…»

«La mia pausa sta finendo. Devo tornare in negozio.»

Non diede all’amica il tempo di ribattere, lasciò una banconota sul tavolo e corse fuori dal bar.

Le mancava il respiro.

 

Forse quel lunedì non sarebbe affatto stata una bella giornata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«E’ lunedì.»

«Non ti piace il lunedì?»

Alzò le spalle. «Dipende.»

«Da cosa?»

«Oggi hai voglia di fare conversazione?»

Sbuffò. «Malfoy, non si risponde…»

«…ad una domanda con un’altra domanda, lo so» finì la frase per lei, conscio che fosse una di quelle cose che la irritavano.

«Perché cerchi sempre di farmi arrabbiare?»

Lui non rispose subito. Pensò seriamente a quella domanda. Già, perché si impegnava tanto?

Di sicuro per lei: non sopportava di vederla così cupa e silenziosa. Ormai la si sentiva parlare solo in classe per rispondere alle domande e guadagnare punti.

Si era isolata anche dalla Weasley. Beh, in realtà anche lei era cambiata molto. Dopo la morte di suo fratello aveva perso quella scintilla che l’aveva contraddistinta durante i suoi primi sei anni a Hogwarts.

E poi… per se stesso, riconobbe. Non aveva mai avuto molti amici, aveva perso uno dei pochi che gli erano sempre stati accanto e questo l’aveva profondamente scosso.

Aveva bisogno di normalità e stuzzicare la Granger gli faceva tornare in mente i primi diverbi avuti a undici anni con lei, Potter e Weasley.

In quel momento gli parve di sentire sulle proprie spalle il peso della solitudine che lei provava.

«Ti mancano molto, vero?»

«Non hai risposto.»

«Tu non rispondi mai alle mie domande.»

Si alzò, ripose il cuscino insieme agli altri e uscì dall’aula, schiacciato da quel senso di vuoto che gli aveva stretto il cuore in una morsa ferrea.

Nonostante tutto lui aveva ancora qualcuno accanto.

Lei aveva avuto sempre e solo Potter e Weasley. Si sentì triste per lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pomeriggio fu meno impegnativo della mattina ed Hermione ne fu felice. Aveva ripreso a piovere, quindi la maggior parte delle persone, potendo, era rimasta al caldo dentro le mura domestiche.

Annabeth cercò di fermarla per parlare, ma lei si scusò, dicendo di avere un impegno, e uscì dalla libreria a passo veloce.

Le dispiaceva trattare male la ragazza, ma non aveva voglia di parlarle dei suoi problemi e pensieri, dei dubbi che l’assalivano giorno dopo giorno, ora dopo ora.

 

Avrebbe dovuto sposare Ron?

 

Scosse la testa mentre apriva l’ombrello. La vera domanda era un’altra: amava Ron?

Gli era molto affezionata. La loro amicizia durava da tanti anni. Ma era sufficiente per sposarlo?

Si guardava distrattamente intorno mentre camminava, forse cercando in altre persone le risposte ai suoi dubbi.

In realtà sapeva bene che rifiutare era la scelta migliore, per lui soprattutto, perché non meritava di vivere accanto a una donna che non l’amava davvero, che non era convinta di voler trascorrere la propria vita insieme a lui.

Si trovava nei pressi di casa sua quando vide qualcuno in piedi sotto il portico del portone. Si bloccò dov’era, e lui la riconobbe. Incurante della pioggia che gli bagnava il viso e i capelli, la raggiunse.

«Credo che tu abbia qualcosa da dirmi.»

«Non ho ancora preso una decisione» abbassò lo sguardo e cercò le chiavi nella borsetta. «Ti ha mandato Ron?»

«Non ho bisogno di suggerimenti per preoccuparmi per te.»

«Harry, per favore…» alzò l’ombrello per coprire anche lui e insieme entrarono nello stabile.

Nessuno dei due parlò fin quando non si trovarono dentro casa.

«Hai imposto il silenzio stampa a tutti quanti, come credi che ci sentiamo?»

Era arrabbiato, si sentiva ignorato e messo da parte, come se lei non avesse abbastanza fiducia nella loro amicizia. Hermione lo sapeva e si sentiva terribilmente in colpa, tuttavia aveva scelto di tenere lontano chiunque.

«Ron avrà la sua risposta» cercò di tranquillizzarlo, mentre si toglieva il cappotto e prendeva anche quello dell’amico.

«Ron sta male. Non capisce perché tu non gli abbia detto niente» la rimproverò lui. «E sto male anch’io, perché non so come aiutarlo né come aiutare te.»

«Non ho bisogno di aiuto!» esclamò lei a quelle parole.

Harry la fissò con occhi che lei non riuscì a comprendere.

«Perché non ti fidi di me?»

 

Perché nessuno sa. E nessuno deve sapere.

 

Scosse la testa e si diresse in cucina. «Vuoi un caffè?»

L’amico la seguì. «Voglio che mi parli.»

«Te l’ho già detto» rispose senza voltarsi, «non ho ancora preso una decisione. Ho bisogno di riflettere.»

 

Ho bisogno che lui risponda. Che mi dica qualcosa. Qualsiasi cosa.

 

«Riflettere su cosa?» Chiese, esasperato. «Stai con Ron da sei anni, sembrate felici, perché non vuoi sposarlo? È troppo presto? Ti senti giovane per farlo, o pensi che avrete bisogno di una maggiore sicurezza economica?»

Hermione ebbe l’istinto di ridere. Sicuramente si sentiva giovane per sposarsi, venticinque anni non erano sufficienti per compiere un passo del genere. Ron aveva appena terminato gli studi e iniziato da poco il suo lavoro da Auror e lei aveva un impiego che, per quanto le piacesse, di certo non le forniva una retribuzione altissima.

Con lo stipendio della libreria riusciva a pagare l’affitto, le bollette e la spesa, e mettere da parte una piccola cifra ogni mese, ma i suoi risparmi non le avrebbero concesso di comprare una casa né affrontare i costi di un matrimonio.

Era sicura che Ron le avrebbe proposto di trasferirsi alla Tana per i primi tempi… ed era altrettanto sicura che, se avesse accettato, sarebbero rimasti lì per sempre.

«I soldi, la casa e l’età sono di certo problemi da affrontare» disse lei qualche istante dopo, «ma non sono il vero problema.»

«Allora, quale…»

«Ho bisogno di pensarci.»

Harry, ormai al limite della sopportazione, afferrò l’amica per le spalle e la fece voltare verso di sé. C’era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di cui lui non poté carpire l’essenza, ma era certo che stesse divorando la sua anima.

«Hermione, per Merlino, parlami!» Esclamò, quasi fuori di sé. «Cosa ti succede? Cosa ti ferma dal dire di sì a Ron?»

Lei abbassò lo sguardo, ma lui le portò una mano sotto al mento per impedirglielo.

«Dimmi la verità.»

«Io…» mormorò a voce bassa, «io non sono sicura di amare davvero Ron.»

A Harry sembrò di sentire il peso del mondo crollargli addosso.

«Cosa…»

Lei non disse altro, sicura di aver appena distrutto l’immagine felice del Trio sempre unito che l’amico vedeva già davanti a sé.

«Forse è solo panico da proposta di matrimonio.» Sembrava convinto di quelle parole mentre le pronunciava.

Non conosceva la realtà, però, i sentimenti che si agitavano nel cuore di Hermione.

«Può essere» si sforzò lei di sorridere. «Capita spesso, così ho letto.»

Harry distese i nervi e decise di credere alle sue parole. Le mostrò un sorriso, prima di annunciare che sarebbe tornato a casa e non avrebbe più tentato di forzarla.

Hermione pensava alle sue parole, a quello che stava facendo ai suoi amici e a Ron con quel silenzio, ma ciò che occupava davvero la sua mente – e il suo cuore – era l’attesa: aveva bisogno di vederlo, di parlargli e non come una settimana prima, quando avevano litigato e si erano gridati addosso tutto il tempo.

Doveva trovare una soluzione al problema e non sapeva come fare. Non sapeva se ne avrebbe avuto la forza questa volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Thursday: stars; still frozen ***


Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Act II*

– Thursday: stars; still frozen –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«È martedì.»

«Lo so.»

«Fa freddo.»

«Siamo a dicembre, è normale.»

«Il castello è riscaldato.»

«Malfoy,–»

«Perché stai tremando?»

Hermione fissò Draco con gli occhi sgranati. Non le piaceva essere interrotta e non le piaceva chi rispondeva a una domanda con un’altra domanda. Lui faceva entrambe.

Non le piacevano tante cose. Malfoy era sempre stato una di quelle.

«Non rispondi?» la incalzò, ben sapendo di irritarla ancora di più.

«Non sto tremando e anche se fosse non sarebbe un tuo problema.»

Si mosse per alzarsi da terra, ma lui le afferrò un braccio. Un brivido si propagò nel suo corpo dal punto in cui l’aveva toccata da sopra il maglione. Che ipocrita era.

«Hai una bella faccia tosta, lo sai? La tua mano è gelida.»

Lo sguardo che le rivolse Draco era troppo intenso. Stonava sul suo viso. Stonava con la sua persona.

«Scaldami tu, Granger.»

Un’altra provocazione. Il sangue le ribolliva nelle vene, ma il fuoco nei suoi occhi era freddo tanto quando la mano di lui.

Si liberò con uno strattone e gli voltò le spalle.

«Io non sono in grado di scaldare nessuno.»

Quella sera Hermione tornò nell’aula di Divinazione. I due cuscini erano per terra, nelle posizioni di sempre. Da quando loro due avevano un “sempre”?

Draco non c’era. Al suo posto, però, brillava la luce di un piccolo fuoco fatuo. Sul cuscino accanto al suo era posato un biglietto.

 

«Se non sei in grado di scaldare qualcuno posso ricordarti io come si fa.»

 

Hermione provò una fitta al cuore. Si morse le labbra per evitare di gridare; sentiva di avere gli occhi lucidi.

Si sedette e osservò il cielo in silenzio. Perché Draco era così fissato con lei? Cosa voleva ottenere? Cosa voleva dimostrare?

Era intenzionato a “salvarla”? Non ne aveva bisogno. Forse era lui ad aver bisogno di essere salvato?

Le stelle non le diedero risposta e lei scoprì che, in realtà, non ne voleva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione aprì gli occhi di scatto, in preda a un forte brivido. Mise a fuoco ciò che aveva intorno e capì di essersi addormentata sul divano.

Mosse le gambe per sedersi e il romanzo che aveva letto prima di appisolarsi cadde a terra.

«Scusa, Jane.» Si chinò per raccoglierlo e rimise il segnalibro tra le pagine.

 

«L’amavo molto, più di quello che avessi il coraggio di dire, più di quello che le parole potessero esprimere.»

 

Senza alcuna ragione quella frase la infastidì. «Scusa un corno» sibilò tra i denti.

Buttò il libro sul divano e si alzò. Aveva bisogno di un caffè per svegliarsi del tutto e togliersi dalla mente il suo viso.

L’aveva sognato ancora. Ormai succedeva ogni notte da quando si erano incontrati pochi giorni prima – e avevano litigato furiosamente.

La cucina fu una delusione: il caffè era finito e si era dimenticata di comprarlo. Hermione imprecò e decise di recarsi in un bar.

Ne trovò uno di suo gusto a un paio di chilometri da casa sua, era grande e quasi del tutto pieno. Ordinò un caffè lungo e si sedette al bancone.

«Ehi! Sei Hermione Granger?»

Oh, perfetto.

«No.»

«Davvero? Mi sembri proprio Hermione Granger!»

L’uomo si sedette sullo sgabello alla sua sinistra e si appoggiò al bancone con un braccio, lasciandosi scivolare sul legno vicino a lei.

Il barista le posò la tazza davanti e si rivolse al nuovo cliente, chiedendo cosa desiderasse. L’uomo rispose che ci avrebbe pensato e lo liquidò con poche parole.

«Ma sì, sei lei. Riconosco i capelli e il viso.»

«Stai invadendo il mio spazio personale.»

Quello ci rimase male, ma decise di non demordere e rincarò la dose. «Me lo fai un autografo?»

«No.»

«Dai, perché no? E una foto insieme?»

A quel punto, dopo aver bevuto a fatica il suo caffè, Hermione sfoderò la bacchetta e la puntò dritta in faccia al rompiscatole; molte persone si voltarono a osservare la scena.

«Solo perché ho rischiato la vita per contribuire a salvarti il culo durante la guerra non significa che abbia voglia di assecondare i tuoi deliri da fangirl.»

Quello era troppo sconvolto per ribattere.

«Volevo solo bere un caffè in santa pace. Grazie per avermi rovinato la giornata.»

Rinfoderò la bacchetta e, senza un’altra parola, abbandonò il locale.

Accidenti, era troppo nervosa. Non andava bene, non poteva comportarsi così. Doveva risolvere quella dannata situazione al più presto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Sei ancora nervosa?»

«Solo quando sono con te.»

«Ti rendo nervosa?»

«Mi irriti, è diverso.»

Draco ridacchiò sommessamente e prese posto accanto a lei – come se fosse la cosa più naturale del mondo.

«Lumacorno ti adora.»

«Sai che fortuna.»

Scosse la testa. «Hai davvero un diavolo per capello oggi, eh?»

«Non sono dell’umore giusto, Malfoy. Lasciami stare.»

«Anche martedì scorso eri nervosa. Lo sarai ogni martedì?»

«Solo se ci sarai tu.»

Draco rimase in silenzio, conosceva bene il motivo del suo nervosismo: quel giorno, a Pozioni, Lumacorno aveva decantato a gran voce le lodi di Hermione Granger, l’eroina del mondo magico che con le sue abilità aveva fatto tante belle cose che Draco non aveva minimamente ascoltato.

Sapeva benissimo cosa aveva fatto Hermione. Lui c’era stato. Aveva visto, vissuto. L’aveva vista a scuola, l’aveva vista a Malfoy Manor, l’aveva vista nella Stanza Delle Necessità.

E quel giorno, nell’aula di Pozioni, aveva visto il sorriso finto rivolto al professore, l’eccessiva forza con cui aveva girato l’intruglio nel calderone, la disperazione nel suo sguardo quando era stata giudicata, di nuovo, perfetta.

«Hai un sacco di difetti, Granger.»

Hermione si voltò a guardarlo, confusa. «Grazie.»

«Sei saccente, puntigliosa e non hai un grande senso dell’umorismo.»

«Quanti complimenti, Malfoy, smettila o potrei arrossire.»

«Non sei perfetta.»

Lei sgranò gli occhi a quelle parole e non seppe cosa dire.

«Chi te lo dice non ha capito nulla di te» continuò Draco, alzandosi e guardandola dall’alto.

Hermione si sentì schiacciata dalla sua alta figura. «E tu cosa hai capito di me?»

Draco le rivolse uno strano sorriso.

«Che non sei perfetta. Ma a me vai bene così come sei.»

Quando fu sola, Hermione ebbe la certezza di essere arrossita come non mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Draco non le aveva ancora risposto. Hermione contava i giorni e sentì una grande pressione sulle proprie spalle.

Due settimane prima Ron le aveva chiesto di sposarlo. Lei non gli aveva dato una risposta e aveva scritto a Draco. Lui aveva accettato di vederla subito, ma non era stato piacevole, avevano avuto un gran brutto litigio.

Del resto, cosa doveva aspettarsi? Cosa poteva chiedergli ancora? Non gli aveva mai detto nulla di concreto, niente di sicuro… lui non aveva basi per fidarsi di lei e credere alle poche parole che gli aveva detto.

Aveva atteso a lungo, perso la speranza, tentato di dimenticare quel che c’era stato… ma inutilmente. Non poteva dimenticare davvero ciò che avevano vissuto a Hogwarts, i momenti, le parole, gli sguardi. Era tutto troppo intenso, ancora vivido e brillante nella sua mente, eppure lei non era riuscita a dare a Draco alcuna sicurezza.

Non poteva biasimarlo. Ma poteva lasciare Ron? L’avrebbe fatto per lui, per loro? E poi cosa sarebbe successo, cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati?

Le domande erano tante, la paura troppa, le certezze inesistenti. Era un salto nel vuoto e lei non l’aveva ancora affrontato.

 

 

«Quando l'amore si dà al miglior offerente non può esserci fiducia, e senza fiducia non c'è amore.»

«Ron non è il miglior offerente!» Disse lei con tono oltraggiato. «E non sono stata io la prima a tradire la fiducia.»

«No, dici?» chiese lui beffardo.

«Te ne sei andato senza salutarmi.» La sua voce era rotta.

«Ti ho scritto una lettera.»

«Non l'ho mai ricevuta.»

«Non l'ho mai spedita.»

Perché?, si chiese, ma non osò domandarglielo a voce alta. Conosceva già la risposta.

Ron.

Nonostante avesse detto di amarlo, Hermione non era riuscita a lasciare Ron per Draco. Lui lo sapeva, entrambi lo sapevano. Per questo la lettera non era mai stata spedita. Per questo era sparito per cinque anni, perché lei… lei non gli aveva dato fiducia.

Draco Malfoy non si era fidato di Hermione Granger.

 

 

Gli aveva scritto di nuovo pochi giorni dopo per chiarire. Nessuna risposta.

A dire il vero neanche lei sapeva cosa dirgli: non aveva detto niente a Ron, non si era confidata con Harry, non aveva nulla di nuovo da dire a Draco.

Voleva solo vederlo.

Quel desiderio la stava logorando da quando aveva ricevuto la proposta di matrimonio. Era sopravvissuta cinque anni senza di lui e ora non poteva più farne a meno.

Le mancava più di qualsiasi altra cosa.

Perché lui l’aveva salvata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Sei ancora qui?»

Si voltò e lo vide sulla porta. «Ti dà fastidio?»

Sembrava diversa da quel pomeriggio. Draco la studiò da lontano, poi si avvicinò e si sedette lentamente alla sua destra – come sempre.

«Mi darebbe fastidio il contrario.»

Hermione sorrise. Raccolse la propria bacchetta da terra e usò un incantesimo non verbale per accendere un fuoco magico. La sua luce aranciata illuminò i loro volti e scaldò subito l’ambiente.

«Questo fuoco può scaldare entrambi» disse lei, voltandosi per osservare il ragazzo.

«Quindi hai ancora freddo?»

Parve pensarci seriamente.

«E tu?»

«Forse.»

Lei ridacchiò. «Ti metti sulla difensiva?»

«Credi che non ne abbia bisogno?»

Scosse la testa. «Non quando sei con me.»

Draco non rispose. Guardò il fuoco a lungo, mentre lei guardava le stelle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

«L’amavo molto, più di quello che avessi il coraggio di dire, più di quello che le parole potessero esprimere.»

Jane Eyre

 

«Quando l'amore si dà al miglior offerente non può esserci fiducia, e senza fiducia non c'è amore.»

Moulin Rouge

 

«Te ne sei andato senza salutarmi.»

«Ti ho scritto una lettera.»

«Non l'ho mai ricevuta.»

«Non l'ho mai spedita.»

Coco Chanel

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Wednesday: warm; laugh with me ***


 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Act III*

– Wednesday: warm; laugh with me –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione scoppiò in una risata fragorosa e spontanea.

«Non pensavo che ti avrei mai sentita ridere» disse divertito, osservandola. «Di certo non con me.»

«Hai detto una cosa che mi ha fatta ridere, c’è qualcosa di sbagliato?» Chiese lei rispondendo allo sguardo.

Era quasi San Valentino e sembrava che l’arrivo di quella festività tanto frivola avesse risvegliato gli animi degli studenti.

Draco scosse la testa.

«Credo che ridere sia il vero segno della libertà.»

Hermione rimase silenziosa. Draco aveva pronunciato quella frase con estremo trasporto, un sentimento di cui lei si scoprì quasi invidiosa.

Aveva ragione.

Lei rideva quando si sentiva bene, a suo agio, con le persone che amava. Rideva apertamente se qualcosa la divertiva, se sentiva una battuta o una barzelletta.

Quando rideva si sentiva libera.

In quel momento si accorse di aver compiuto un altro, terribile passo lungo il cammino che la portava a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aveva deciso, doveva parlare con qualcuno... ma chi? Di sicuro non Ron. Ginny era fuori discussione. Luna era in viaggio con suo padre.

Harry. Poteva parlare con lui? Poteva contare sulla sua riservatezza? Harry riservato?

No, non se la sentiva, non ancora.

Annabeth. Quel giorno era lei a chiudere la libreria a fine giornata. Hermione guardò l’orologio e vide che aveva dieci minuti di tempo. Corse fuori casa e si Materializzò alla libreria.

La ragazza stava salutando gli ultimi clienti proprio in quel momento. Decisero di cenare fuori; Annabeth chiuse in fretta la serranda – c’era sempre qualcuno che chiedeva informazioni all’ultimo minuto – e insieme si avviarono verso una pizzeria al limitare della zona magica.

«Di cosa mi vuoi parlare?» chiese una volta che ebbero preso posto.

«Ho bisogno di sfogarmi, di raccontarlo a qualcuno.»

L’altra aggrottò la fronte. «Raccontare cosa?»

«Tutto.»

Una giovane cameriera prese le ordinazioni e tornò subito dopo con le bevande e l’antipasto della casa.

Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche minuto. Annabeth capì che Hermione aveva bisogno di raccogliere le forze e le idee e decise di non forzarla. Di solito non parlava mai della sua vita privata, era riservata al punto da apparire scontante e a volte fredda con gli altri.

In realtà aveva solo sofferto molto, come tutti.

Hermione chiuse gli occhi, prese un profondo respirò e iniziò a parlare.

«È successo durante il mio settimo anno a Hogwarts» disse quasi in un sospiro, «Harry e Ron avevano preso il diploma all’onore e non erano tornati con me per frequentare l’intero anno accademico.»

Annabeth annuì. «Hanno iniziato subito l’Accademia.»

«Mi sentivo sola. Ero sola» continuò Hermione. «Ero diversa, non volevo nessuno intorno a me.»

«Tesoro, è comprensibile, la guerra ha cambiato tutti noi.»

«C’è stata... una persona» sentiva un groppo in gola. «Ci siamo avvicinati per caso. Eravamo disperati entrambi, eppure... in qualche strano modo ci siamo aiutati.»

Annabeth ascoltò in silenzio. C’erano state delle voci su di lei; avevano spifferato in giro come il vento che il settimo anno di scuola era stato particolarmente difficile per la giovane eroina del Mondo Magico. In quel periodo lei si trovava all’estero: i suoi genitori, troppo spaventati, erano scappati dall’Inghilterra e si erano stabiliti presso un parente che viveva nell’est Europa.

«Non è successo mai niente tra noi, ma lui... lui mi ha salvata. Ero finita in un vortice di negatività e autocommiserazione e vittimismo represso... lui mi ha capita e mi ha teso la mano.»

«Posso chiederti di chi si tratta?»

Sulle labbra di Hermione comparve un sorriso spontaneo carico di tenerezza, gratitudine e amore.

«Draco Malfoy.»

Subito dopo la cameriera tornò con le pizze ordinate. Le ragazze tagliarono le fette e diedero i primi morsi.

«Sei innamorata di lui?»

Una pausa.

«Dire di sì sarebbe riduttivo.»

Annabeth venne investita dall’intensità dei sentimenti di Hermione e dalla loro sincerità. Se ne sentì quasi invidiosa. Amare in quel modo era raro, se non unico. Poteva essere una fortuna o una condanna.

«Draco disse che sarebbe venuto a salutarmi dopo la consegna dei diplomi, ma non lo fece.»

«Sai il motivo?»

«Mi ero messa con Ron.»

«Ma... Hermione!» la rimproverò l’amica. «Perché l’hai fatto?»

«Perché era giusto. Era ciò che lui voleva e che tutti si aspettavano.»

«Tu però volevi un altro.»

«Un altro che sparì per sei mesi.»

La pizza era ottima, ma Hermione faticava a coglierne il sapore. Aveva bisogno di continuare a parlare e tirare fuori tutto ciò che aveva nel cuore. Tutto il dolore e l’amore che l’avevano accompagnata in quegli anni.

«Sei mesi dopo la consegna dei diplomi gli confessai il mio amore. Lui mi chiese di lasciare Ron e quando dissi di no...»

«Sparì di nuovo?»

«Già» annuì tristemente. «Ci scambiammo qualche riga e l’estate successiva lui mi chiese di nuovo di terminare la mia relazione con Ron.»

«Fammi indovinare: rifiutasti e lui sparì?»

«Per cinque anni.»

«Quindi vi siete sentiti di recente?»

Il cuore di Hermione si strinse nel ripensare a quel momento. «Otto giorni fa.»

Annabeth la guardò con interesse e stupore. Ecco perché era sembrata più strana del solito. «E cos’è successo?»

«Abbiamo litigato. Gli ho scritto, ma lui non ha più risposto.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Che giorno è oggi?»

«Mercoledì

«Numero?»

«Quattordici.»

«Mese?»

Lo guardò storto. «Febbraio. Malfoy, sicuro di stare bene?»

«Ti dice niente il quattordici Febbraio

Hermione ebbe bisogno di pensarci. «È San Valentino.»

«Dieci punti a Grifondoro.»

Una rosa rossa apparve sulle gambe di Hermione.

«Ma cosa... questa... perché?»

Era in imbarazzo. Che carina.

«Ho ricevuto un certo tipo di educazione, Granger.»

«Ti hanno insegnato che si regalano rose alle ragazze per San Valentino?»

«Ti sembra strano?»

«Quindi ne hai regalate a tutte le ragazze della scuola?»

«Solo a chi doveva riceverla.»

Hermione sbuffò, spazientita. «Questa non è una risposta.»

«Ne ho regalata una sola, Granger.»

Draco si beò dell’espressione sul volto della ragazza, si alzò e la lasciò da sola con la sua rosa.

Il giorno dopo, con grande sorpresa, Draco trovò una scatola di cioccolatini sul suo banco nell’aula di Trasfigurazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Cos’hai intenzione di fare?»

Hermione scosse la testa e strinse i pugni. «Non ne ho idea.»

«Hermione...»

«Non so che fare. Qualunque cosa deciderò farà soffrire qualcuno che amo.»

«Adesso però state soffrendo tutti, tu per prima» intervenne Annabeth. «Conosci la soluzione, l’hai detto tu stessa.»

La ragazza alzò lo sguardo, gli occhi lucidi di lacrime che si rifiutava di versare.

«Hermione, tu ami Draco. E lui ama te.»

Quelle poche parole colpirono forte come una cannonata.

Tu ami Draco.

Chiuse gli occhi. Non poteva mentire a se stessa. Lo sapeva, l’aveva sempre saputo.

E lui ama te.

«Devi parlare con lui e anche se dovesse andar male...» Annabeth si sentiva quasi in colpa, perché sapeva che la sua amica stava per affrontare un momento difficile. Probabilmente avrebbe perso in modo definitivo una o più persone importanti per lei. «Non puoi restare con Ron.»

Hermione trattenne a stento le lacrime solo perché si trovava in un luogo pubblico. Sapeva di non poter fare un torto simile a Ron, accettare di sposarlo e costringerlo a vivere con una donna che non ricambiava davvero il suo amore – non come lui meritava.

Gli voleva bene, aveva creduto di amarlo, ma tutto svaniva in confronto a ciò che provava per Draco. Com’era possibile?

Tutti quegli anni senza vedersi né sentirsi... i litigi, le parole che si erano detti... forse lui non la voleva neanche più. Forse voleva solo chiarire la questione in sospeso da troppo tempo e andare oltre.

Forse era quello che lei stessa doveva fare.

«Li perderò entrambi» sussurrò con un filo di voce.

«Li perderai lo stesso se non sarai sincera.»

Un amaro sorriso si formò sulle sue labbra.

«La sincerità non è altro che umiltà e tu acquisti l’umiltà solo accettando umiliazioni.»

Annabeth cercò di pensare a come aiutare la sua amica, ma non c’era nulla che potesse fare, era una situazione che doveva affrontare da sola. Poteva solo offrirle il suo supporto, in qualunque modo sarebbe finita.

Notò che Hermione aveva preso a giocare con il braccialetto che portava al polso sinistro. L’aveva visto il primo giorno di lavoro: Hermione era vestita in modo impeccabile, elegante ma non eccessivo. Quel braccialetto di corda marrone intrecciata non si abbinava a nulla di ciò che aveva indosso.

Ricordò di averla vista giocherellare con quel braccialetto mentre lei le spiegava come venivano gestiti gli orari del negozio, i turni, le consegne e gli ordini dei clienti.

L’arrivo della pausa pranzo aveva dato alle due ragazze l’occasione di conoscersi meglio e prendere confidenza l’una con l’altra: del resto, avrebbero lavorato sempre insieme dalla mattina alla sera e il primo impatto era stato positivo per entrambe.

Tra una forchettata di insalata e l’altra, Annabeth aveva deciso di provare a soddisfare quella piccola curiosità.

 

«Grazioso» disse, indicando il braccialetto. «L’hai fatto tu?»

Hermione si toccò istintivamente il polso sinistro. Le sue dita sfiorarono il cuoio con una tale delicatezza, sembrava quasi fosse una riverenza nei confronti di un oggetto sacro.

Sulle sue labbra si formò un sorriso che nascondeva un segreto.

«No, è stato un regalo.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione stava guardando le stelle. Era una sera tranquilla, il cielo limpido. Si sentiva serena.

Da quanto non si sentiva così?

«Lasci i tuoi sogni tra le stelle?»

Sorrise.

«Lascio solo le mie speranze.»

«Positiva come sempre, vedo.»

Si voltò e lo raggiunse. Era già seduto a guardare il fuoco.

«Smetterai di seguirmi prima o poi?»

Un ghigno. «Forse.»

Hermione finse sorpresa. «Vuoi dire che non sono più un soggetto interessante, Signor Malfoy?»

«Solo tu puoi decidere di non renderti più interessante ai miei occhi.»

«Come mai non rispondi con una domanda alle mie domande?»

Draco la fissò in modo quasi serio. «Preoccupata, Granger? Temi di perdere un’abitudine?»

Temeva molto di più, ma non gliel’avrebbe detto. Non in quel momento. Non nei prossimi momenti. Forse mai.

Qualcosa si posò sulle sue gambe. Abbassò lo sguardo e vide un braccialetto.

Semplice cuoio marrone intrecciato. Non c’erano disegni, ricami, ciondoli. Solo una treccia infinita.

Non c’era neanche un gancio.

«Cos’è?»

«Indossalo.»

«È troppo piccolo» lo esaminò, non era elastico. «Come faccio a metterlo se non si allarga e non ha la chiusura?»

Le mani di Draco entrarono nel suo campo visivo.

Era la prima volta che si toccavano – pelle nuda su pelle nuda.

«È un braccialetto magico, svegliona.»

Draco strinse piano le dita intorno al suo polso sinistro – una presa delicata, attenta, quasi impercettibile. Con l’altra mano afferrò il bracciale e lo fece scorrere sulle sue dita, le nocche, il dorso della mano, fino al polso.

Il cuoio si allargò e si restrinse fino a raggiungere la perfetta misura.

«Ecco.»

Hermione non riuscì ad alzare gli occhi su di lui. «Perché?»

«Perché hai sempre freddo.»

Si sforzò di muovere il capo e incontrò il suo sguardo. «È un braccialetto termico?»

«Ti scalderà quando ne avrai bisogno.»

Mi sto già scaldando. Non te ne accorgi?

«Non dimenticare tutto questo, Hermione.» Suonò quasi come una preghiera.

Non avrebbe mai dimenticato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

«Credo che ridere sia il vero segno della libertà.»

René Clair

 

«La sincerità non è altro che umiltà e tu acquisti l’umiltà solo accettando umiliazioni.»

Madre Teresa di Calcutta

 

«Grazioso. L’hai fatto tu?»

«No, è stato un regalo.»

Tristano e Isotta

 

 

 

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Capitolo 4
*** Thursday: warm; talk to me ***


 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Act IV*

Thursday: warm; talk to me –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era lì.

Davanti a lei.

Sedici giorni dopo ultima volta che si erano visti – dopo l’ultimo litigio.

Draco aveva accettato di vederla, di parlare ancora. Era lì in piedi in mezzo al soggiorno del suo piccolo appartamento. Sembrava così fuori luogo, così estraneo in quel posto in cui non era mai stato.

«Cosa vuoi dimostrare?»

Hermione deglutì in silenzio. Draco era teso, freddo, ostile. Poteva forse dargli torto? L’aveva rifiutato mettendosi con un altro e l’aveva cercato dopo aver ricevuto una proposta di matrimonio. Proposta a cui non aveva ancora risposto, tra l’altro.

«Voglio chiarire questa storia una volta per tutte.»

Draco le mostrò un’espressione beffarda, quasi cattiva – aveva tirato di nuovo su il muro.

«Così potrai sposare Weasley con la coscienza pulita?»

Me lo merito, pensò. Era stata lei a creare quella situazione. Aveva paura del cambiamento e alla fine si era ritrovata davanti allo stesso bivio di cinque anni prima.

«Non ho risposto a Ron.»

«Ma stai ancora con lui.»

Deglutì di nuovo, a fatica. «A dire il vero non lo so. Io non... io e lui non ci siamo più parlati. Non lo sento da quando mi ha fatto la proposta. Sono scappata

«A quanto pare è ciò che ti riesce meglio.»

Altra cattiveria. Hermione chiuse gli occhi e assorbì ogni sillaba. L’aveva ferito al punto da non poter recuperare ciò che avevano?

 

Tu ami Draco e lui ama te.

 

Le parole di Annabeth la tormentavano e le davano speranza; erano come una maledizione, perché in realtà poteva finire tutto entro pochi minuti e lei sarebbe rimasta sola con il cuore spezzato e l’anima spaccata in due.

«Io non amo Ron.»

Fu un sussurro. Lo disse mentre una lacrima scendeva sul suo viso.

«Allora perché non lo lasci?»

«Perché ho paura di perderlo» ammise finalmente ad alta voce. «Siamo amici da quando abbiamo undici anni, non voglio che sparisca dalla mia vita.»

«Quindi preferisci che sparisca io?» Draco alzò la voce. «Siamo sempre allo stesso punto, Hermione, non riesci a lasciarlo andare, neanche per me!»

«Non so cosa fare!» esclamò lei guardandolo negli occhi. «Ho paura di fargli male e non so come gestire questa situazione!»

«Mi hai detto queste parole cinque anni fa e non è cambiato nulla alla fine, vero? Vuoi solo la mia benedizione per stare con lui.»

«Se io non fossi io e tu non fossi tu... se non fossimo chi siamo e non avessimo il passato che abbiamo...»

«Con i se e con i ma non si va da nessuna parte.»

Era vero, ma lei ci aveva pensato per tutta la vita. Grifondoro – Serpeverde. Era bastato frequentare classi diverse per creare una frattura insanabile nei loro mondi, nelle loro abitudini, nelle loro amicizie, nel loro futuro.

Draco fece un passo indietro ed Hermione ebbe una visione di ciò che sarebbe stata la sua vita – una vita senza di lui. Le si fermò il cuore e fu il cuore a parlare pochi secondi dopo.

«Io ti amo!»

Draco si fermò. Divenne una statua. La fissò negli occhi, scrutando la sincerità delle sue parole. Lo sapeva, l’aveva sempre saputo. I sentimenti di Hermione non gli erano sconosciuti anche se lei non li aveva mai tirati fuori dalla sua anima in quel modo.

«Questo amore ti rovinerà la vita.»

«Perché è tanto sbagliato amarti?» Chiese Hermione in un pianto disperato. «Perché non possiamo amarci?»

«Non chiedermelo» rispose lui fuggendo il suo sguardo. «Conosci la risposta. Ci siamo passati tempo addietro. Non funzionerebbe, l’hai detto tu stessa.»

«Cinque anni fa!» esclamò lei alzando la voce. «Cinque anni fa non riuscivo a decidere, e tu te ne sei andato!»

«Cosa potevo fare?» Allargò le braccia, come a mostrare la propria impotenza. «Dare un pugno a Weasley e dirgli che ti amavo? Che lui non ti avrebbe mai amata una vita intera quanto ti amo io in un giorno solo?»

«Hai detto ti amo

Draco si zittì all’istante, conscio di aver commesso un errore.

«L’hai detto al presente» puntualizzò lei. «Allora perché stai cercando di allontanarmi da te?»

Le voltò le spalle. «Non dovrei essere qui.»

«No, non dovresti, ma sei qui

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era giovedì. L’ultimo giorno di scuola.

«È finita.»

«Già.»

Hermione guardava il cielo notturno con un sorriso amaro sulle labbra.

«Hogwarts diventerà una parte del nostro passato.»

«Ti dispiace?»

No, ma aveva paura.

«Le stelle sembrano diverse oggi.»

«Lo sono.»

Draco era accanto a lei davanti alla finestra. Spalla contro spalla. Sentiva il suo calore, ma lei continuava ad avere paura del domani.

Perché lui non ci sarebbe più stato nella sua quotidianità e lei sarebbe stata troppo codarda per cercarlo alla luce del giorno.

«Giovedì prossimo, alla consegna dei diplomi...» sembrava incerto. «Non andare via.»

Sembrava che volesse dire molto più.

Hermione si voltò a guardarlo.

«Verrò da te.»

Sembrava una promessa.

«Ti aspetterò.»

«Ti troverò qui?»

«Dove altro potrei essere?»

Dentro di me.

Era l’ultimo giorno di scuola ed Hermione Granger stava morendo di paura – perché sapeva cosa l’aspettava fuori da lì, fuori dal castello, là fuori nella vita reale – là dove c’erano Harry e Ronald.

Draco coprì la mano con la sua.

«Stai tremando. Non puoi avere freddo adesso

Non dopo tutto quello che c’era stato tra loro, non dopo il calore che li aveva riportati alla vita, non dopo che, insieme, erano tornati a sorridere.

«Andiamo via.» La sua voce aveva una sfumatura acuta che lui non mancò di notare.

«Cosa stai dicendo?»

Sembrava disperata.

«Fuggiamo insieme, ti seguirò ovunque vorrai.»

Era disperata.

«Hai così tanta paura, Hermione?»

Era letteralmente terrorizzata.

«Io non...» le parole le morirono in gola.

Non voglio tornare. Voglio restare qui dove possiamo esistere.

Un abbraccio – il primo – l’ultimo.

Un bacio posato tra i capelli.

«Giovedì prossimo. Ok?»

«Ok.»

Quel giovedì lui non si presentò all’appuntamento. Perché lei apparteneva già a un altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Ho bisogno della verità, Hermione.»

Era stanco. Aveva atteso letteralmente anni per lei e ancora non riusciva ad avere una risposta sincera – forse lei aveva lasciato a Hogwarts il suo tanto decantato coraggio dei Grifondoro.

«Te l’ho appena detta la verità, Draco... ti prego...»

Alzò una mano. Se avesse continuato a parlargli con la voce rotta e il viso rigato di lacrime non avrebbe resistito oltre.

«Dici di amarmi, ma non staremo insieme finché non avrai chiuso con Weasley. Sempre che tu voglia chiudere con lui.»

«È un ricatto?»

«È l’unico modo.»

Lo sapeva. Quante cose sapeva già da anni, ormai?

«Devi esserne sicura, o questa volta...» Questa volta mi si spezzerà il cuore e non potrò più rimetterlo in sesto. Scosse la testa. «E dire che non c’è mai stato davvero niente tra di noi. Ci vedevamo dopo le lezioni e spesso per pochi minuti. Erano solo attimi rubati che fuggono in fretta.»

Hermione abbassò il capo, conscia che stava rischiando tutto per qualcosa che, a conti fatti, era poco più di un sogno. Una nuvola di desideri, di pensieri, di ricordi sfumati nel tempo.

«Hai ragione, non ho idea di come sia stare con te.»

«Per te è sufficiente?»

«Per te lo è?»

Lo sguardo di Draco era fisso nel suo. «Non sono forse qui ora?»

Hermione sentì il cuore leggero e pesante allo stesso tempo.

Era reale. Poteva essere reale.

«Venerdì prossimo.»

«Cosa?»

Un piccolo sorriso che nascondeva una più grande speranza.

«Vediamoci venerdì prossimo. Qualunque risposta andrà bene purché sia l’ultima.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era Natale e il cuore di Hermione Granger era freddo come la neve.

Da qualche parte aveva trovato il coraggio di contattare Draco e adesso erano lì, uno di fronte all’altro, in una strada isolata di sera tardi. Sembrava un incontro illecito – forse lo era.

«Perché adesso?»

Era cambiato; serio, cupo, maturo. Troppo adulto. Troppo Malfoy.

«Volevo farti gli auguri di Natale.»

Quasi le rise in faccia. «Ah sì?»

«Sì.»

«Non hai altro da dire?»

Ti amo.

«Non credo. Tu?»

«Lascialo.»

Hermione sgranò gli occhi.

«Scusa?»

«In effetti delle scuse non sarebbero male per cominciare.»

«Draco...»

«Lascialo.»

Si sentiva già in colpa. Era stata meschina, aveva scelto la via più comoda per stare tranquilla e aveva lasciato indietro lui – loro.

Non era pronta.

«Lo amo.»

«Oh, Hermione...» un sorriso tirato, beffardo come solo il dolore poteva disegnarlo. «L’amore è come un fulmine, non lo sai?»

Uno sguardo confuso.

«Non si sa dove cade finché non è caduto.»

Una rabbia ingiusta si impadronì di lei. Stava insinuando che non amasse Ron? Che i suoi sentimenti per lui non fossero sinceri? Cosa ne sapeva lui di quel che c’era tra loro?

Ron era sempre stato con lei, era stato una costante nella sua vita. Draco non avrebbe mai potuto comprendere il loro legame.

E nessuno avrebbe mai compreso il legame che c’era tra lei e Draco. Nessuno le sarebbe rimasto accanto. Nessuno avrebbe voluto capire. Sarebbe rimasta sola e lei non era pronta.

Neanche per lui. Neanche per loro.

«No.»

«Buonanotte allora.»

Un giro, un colpo di tacco, e Draco svanì davanti ai suoi occhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Miseriaccia, Hermione, sei davvero tu?»

Hermione sorrise un sorriso timido e si lasciò abbracciare. Ron la strinse con la forza della disperazione e lei si rilassò nel sapere che alla Tana non c’era nessuno.

«Mi dispiace, non intendevo sparire per così tanto.»

Ron le prese la mano e si avviò verso il divano, dove si sedette; la tirò seduta accanto a sé e la guardò come se la vedesse per la prima volta. Hermione si sentiva morire.

Stavano insieme da anni, lui le aveva chiesto di sposarlo e lei... lei stava per lasciarlo. Osservò il suo volto in un silenzio reverenziale. Gli avrebbe fatto male e il pensiero la stava distruggendo – come si può far male a chi ti ama tanto?

«Ron, io...» aveva la gola secca, le parole non volevano uscire dalle sue labbra. «Io non... posso...»

Ron smise di sorridere.

«Non puoi sposarmi?»

Cielo, quanto era cresciuto. Anni prima non avrebbe mai colto il discorso neanche se lei gliel’avesse disegnato.

Scosse la testa. «Non posso più stare con te.»

Silenzio.

Hermione stava morendo.

«Perché?»

Sii sincera, se lo merita.

«Io ti voglio davvero bene, ma non come prima.»

«Non mi ami più?»

Non ti ho mai amato come meriti.

«Ron, lo so che sembra scontato, ma non sei tu, sono io. Non sono la persona giusta per te e non posso sposarti sapendo che non ti renderei mai davvero felice.»

«Ma io sono felice con te, Hermione.»

Perché faceva così male?

«Ma io no.»

Ron la guardò e gli parve così triste, così tanto triste. D’un tratto sembrava regredita di anni, quando era tornata a Hogwarts ed era l’ombra di se stessa.

«Dimmi la verità, ti prego. C’è un altro?»

Hermione scossa la testa. «Non in quel senso.»

«Quindi c’è.»

«Sì e no.»

«Mi lasci per lui?»

«Ti lascio perché è la cosa migliore per entrambi.»

«O per tutti e tre?»

Strinse la sua mano e cercò i suoi occhi. «Ron, ti voglio bene, ma non ti amo come una moglie ama suo marito. Ti voglio troppo bene per darti un matrimonio infelice.»

«Chi è?»

«Te lo dico dopo. Non è questo il punto.» Un profondo respiro; poteva farcela. «Voglio che tu capisca che non ti sto lasciando per un altro uomo, ma perché non posso farti del male. Sei una delle poche persone importanti come l’aria per me... e se ho aspettato tanto è perché ho una gran paura di perderti.»

«Ma mi stai lasciando, Hermione...»

«Sono stata egoista perché per paura di non averti più nella mia vita ti avrei tenuto legato a me anche se questo ti avrebbe reso infelice. L’ho capito quando mi hai chiesto di sposarti... ho capito che non potevo farti questo, non a te.»

Ron abbassò lo sguardo e trovò il braccialetto sul polso di Hermione.

«Questo non te l’ha regalato Luna, vero?»

Lei scosse la testa. Lui corrugò la fronte, in pensiero.

«Ce l’hai da anni.»

«Sì.»

«Ce l’avevi quando sei tornata dopo Hogwarts.»

«Sì.»

L’espressione di Ron si fece dura per qualche istante. «È lui, vero? Te l’ha dato lui?»

Gli occhi si velarono di lacrime. «Sì.»

Ron si alzò in piedi, fece qualche passo nella stanza e tornò a sedersi. «Adesso starai con lui?»

«Non lo so, noi... Ron, non c’è mai stato niente tra me e lui. Ci siamo a malapena abbracciati per salutarci quando abbiamo lasciato Hogwarts.»

«Mi lasci per un sogno?»

«È il più bel sogno che abbia mai avuto.»

In quel momento lui sembrò comprendere davvero le sue parole. Hermione era sempre la sua Hermione e lo sarebbe sempre stata. L’amava di un amore che si porta con sé tutta la vita, ma si chiese se, forse, non l’avesse confuso con l’amore romantico per tutti quegli anni.

In fin dei conti, era lei quella intelligente del gruppo. Capiva le cose prima degli altri e le spiegava, poi attendeva che gli altri capissero e la raggiungessero. Lui non l’aveva mai raggiunta.

«Sono una persona matura... sono un adulto adesso. Io... io posso comprendere. Posso comportarmi nel modo giusto

Ron alzò di nuovo lo sguardo sul suo volto e le regalò un sorriso.

«Grazie per essere stata sincera.»

«Sei sicuro?»

«Sì.»

«Ron, non voglio perderti...»

Hermione scoppiò in lacrime e lui la prese tra le braccia.

«Non mi perderai. È impossibile che accada, ti voglio troppo bene per lasciarti andare per sempre.»

«Avevo così tanta paura che non volessi più vedermi...» singhiozzò sulla sua spalla.

«Va bene, non importa...» anche la sua voce era rotta dal dolore, un dolore diverso dal suo, ma che allo stesso modo gli stava spezzando il cuore. «Vai per la strada che ti renderà felice, Hermione. Ama e fa’ ciò che vuoi. Io resterò con te.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era trascorso un anno e ancora lo cercava; non riusciva a smettere di pensare a lui, di cercarlo nelle strade, di trovarlo nei sogni. Sentiva la sua presenza in ogni cosa che faceva, perché ogni piccola cosa aveva un ricordo di lui.

Nei mesi passati, Hermione aveva pensato di aver sbagliato. Avrebbe dovuto lottare per lui, ma sull’altro piatto della bilancia c’era Ron – ed Harry, e Ginny, e tutta la famiglia Weasley, e tutta la sua vita prima di lui.

Ma era lui che le mancava, lui che sognava la notte; era suo il nome che portava sulle labbra quando si svegliava al mattino.

Lui che aveva inciso il proprio nome nella sua anima.

«Hermione.»

«Draco.»

Un campo di grano bagnato dalla luce del sole. Erano soli – erano sempre soli, perché nessuno poteva vederli insieme, nessuno poteva capire cosa ci facessero insieme loro due, proprio loro due.

«Porti ancora il mio braccialetto.»

«A volte ho ancora freddo.»

«Hai dimenticato come tenerti al caldo?»

Non dimenticherò mai come mi tenevi tu al caldo.

«Ne ho ancora bisogno.»

«Porti anche il ciondolo che ti ha regalato lui.» Il suo sguardo si indurì. «Toglilo.»

«Come...?»

In due passi le fu a un respiro di distanza.

«Toglilo. Lascialo.»

«No!» La sua mano scattò a coprire il ciondolo che si posava sul suo petto.

«Allora perché mi hai cercato?»

Perché mi manchi.

«Volevo vederti.»

«Io non voglio vederti se stai con un altro.»

«Non puoi chiedermi di lasciare Ron ogni volta che ci vediamo!»

«Allora non ci vedremo finché non l’avrai lasciato.»

Hermione sentì l’impulso di piangere. Le cose tra loro erano cambiate e non c’era nessuno da incolpare tranne se stessa. Aveva causato lei tutto quello.

In quel momento lei voleva solo tornare indietro nel tempo, seduta su quel cuscino col fuoco fatuo acceso e Draco accanto a lei.

«Non posso lasciarlo.»

Lui sembrava soffrire. Hermione si sentì ancora di più in colpa, ma era egoista e aveva bisogno di vederlo.

«Non puoi averci entrambi.»

Lo so. Ma non voglio scegliere.

«Addio, Hermione.»

 

Allora non ci vedremo finché non l’avrai lasciato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

«Perché è tanto sbagliato amarti?»

Tristano e Isotta

 

«Che lui non ti avrebbe mai amata una vita intera quanto ti amo io in un giorno solo»

Cime Tempestose

Adattamento della frase “Se lui t’amasse infinitamente una vita intera... non ti amerebbe mai quanto t’amo io in un giorno solo.”

 

«Le stelle sembrano diverse oggi.»

“Space Oddity” – David Bowie

Adattamento della frase “And the stars look very different today

 

«Fuggiamo insieme, ti seguirò ovunque vorrai.»

Tristano e Isotta

 

«Solo attimi rubati che fuggono in fretta.»

Tristano e Isotta

 

«L'amore è come il fulmine: non si sa dove cade finché non è caduto

Henri Lacordaire

 

«Ama e fa’ ciò che vuoi.»

Agostino d’Ippona

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Capitolo 5
*** Friday: hot; burning fire ***


Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Act V*

Friday: hot; burning fire

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione aveva la gola secca. Per quanto tempo aveva parlato?

Aveva raccontato tutto, ogni cosa, ogni emozione, finalmente aveva aperto il suo cuore.

«Quindi... Malfoy.»

«Ti dà fastidio?»

Harry soppesò quella domanda. Gli dava fastidio che fosse proprio Malfoy? No, a dire il vero no, perché la guerra aveva fatto tabula rasa sotto molti aspetti. Le persone erano cambiate così tanto, chi era sopravvissuto aveva avuto una seconda possibilità.

Chi era lui per negare a Draco Malfoy la sua?

«No» rispose sinceramente, «ma sono stupito, non immaginavo che lui fosse.... come dire...»

«Profondo» disse Hermione. «Maturo. Sensibile. Attento.»

«Già.»

La guerra aveva cambiato tutto.

«Grazie per essere andato da Ron.»

Harry scosse la testa e strinse la sua mano. «Non preoccuparti, con me e Ginny sul collo si riprenderà in un attimo.»

Hermione sorrise al tentativo dell’amico di consolarla. La prima cosa che aveva fatto appena uscita dalla Tana era stata chiamare Harry e dirgli del suo incontro con Ron. Gli aveva dato qualche informazione, ma il racconto per intero aveva deciso di farlo di persona.

«Cosa farai ora? Hai già sentito Malfoy?»

«Ci vediamo venerdì.»

«E...

Hermione alzò le spalle. «Sarà quel che sarà.»

«Vuoi dire che non sai se dopo tutto questo starete insieme?» chiese Harry, incredulo.

«Il fatto è che non posso stare con Ron in ogni caso. Potrei perderli entrambi, lo so... e ho già accettato questa evenienza.»

«Ma così tu...»

Gli strinse la mano. «Avrò fatto la scelta giusta e per me sarà sufficiente.»

Harry capì che non era il caso di continuare a pressare l’amica su quel punto; era evidente che lei fosse in ansia, anche se non voleva darlo a vedere.

«Hai sentito i tuoi genitori?»

«Non ancora.»

«Cosa gli dirai?»

Hermione accennò un piccolo sorriso. «Che sono tornata.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è l’ultima volta che ci vediamo lontano dagli occhi del mondo.

Hermione aveva quel pensiero in mente mentre osservava Draco raggiungerla.

Si erano dati appuntamento appena fuori Hogwarts, in una zona boscosa che solo gli escursionisti frequentavano. Il sole filtrava attraverso le fronde degli alberi, illuminando tutto di bianco e di verde.

Era un luogo di pace.

Draco si fermò a tre metri da lei, le mani nelle tasche dei jeans e l’espressione neutra. Era in attesa.

Vide i suoi occhi osservarla, studiare il suo abbigliamento e i suoi accessori. Vide il momento in cui Draco notò l’assenza di qualcosa.

«Non porti più il suo ciondolo.»

Hermione scosse la testa. «Già.»

Un rapido sguardo al polso sinistro.

«Ma porti ancora il mio bracciale.»

Hermione sorrise. «Già.»

«È un messaggio?»

«Era l’unico modo, l’hai detto tu.» Gli rivolse un piccolo sorriso. «Mi dispiace di averci messo così tanto tempo.»

Fu lui a scuotere la testa ora. «Lo sai che non ti ho mai chiesto di lasciarlo per me

«È vero, ma dovevo farlo in ogni caso per me stessa.» Il cuore iniziò a martellarle nel petto. Draco poteva sentirlo?

«Quindi... se io ora ti mandassi al diavolo, a te andrebbe bene lo stesso?»

Ti prego, non farlo.

«Sì.»

Un ghigno.

«Wow, finalmente sei cresciuta.»

Hermione chiuse gli occhi e prese un lungo, profondo respiro. Aveva affrontato la vetta più alta e difficile – Ron. Aveva tirato fuori tutto ciò che aveva nell’anima. Si era confidata con i suoi migliori amici.

Aveva già preso la decisione più dolorosa. Poteva farcela, poteva affrontare anche quello... era preparata, no?

«Se è troppo tardi per te, capirò. Hai ragione. Sono stata egoista e una parte di me vorrebbe esserlo anche oggi.»

Draco fece un passo avanti e lei trattenne il respiro.

«Forse dovresti.»

Osservò di nuovo la treccia di cuoio marrone. Non l’aveva mai tolto e per lui era un segno più che evidente. Aveva atteso con ansia il giorno in cui l’avrebbe vista senza il suo cuore al polso... ma quel giorno non era mai arrivato, perché Hermione l’aveva sempre portato con sé.

«Non hai idea di come sia stare con me» sussurrò, tornando a guardare i suoi occhi, «potremmo durare solo cinque minuti.»

«Ne sarà valsa la pena» rispose lei in un sussurro simile al suo.

Il volto di Draco cambiò espressione e mostrò tutta l’incertezza che provava il ragazzo. La paura di essere rifiutato di nuovo, di aver atteso invano – di non poter più avere la forza di rimettere in sesto la sua anima.

«Mi hai teso la mano tanto tempo fa e io ti ho teso la mia» disse Hermione poco dopo. «Ci siamo tirati fuori a vicenda, ci siamo aiutati e... e neanche lo sapevamo.»

Lui accennò un sorriso. «Eravamo dei ragazzini che avevano giocato a un gioco troppo grande per loro.»

«Hai ragione... e hai ragione anche quando dici che non ho idea di come sia stare con te, ma io...» si portò una mano al petto. «Io lo sento qui dentro, Draco, e so che lo senti anche tu. È qualcosa che va oltre, che non si può spiegare a parole.»

«Perché ci hai messo così tanto, Hermione?»

Aveva la voce rotta.

«Perché avevo troppa paura... ma non riuscivo a lasciarti andare.»

Erano a poco più di un metro di distanza, l’emozione riempiva l’aria intorno a loro. Non volevano più avere paura.

«Basta ricordi» Draco scosse la testa, «basta flashback. Non posso più vivere nel passato.»

«Io sento che è la cosa giusta.»

«Io l’ho sempre sentita.»

Hermione sorrise, gli occhi colmi di lacrime – sarebbero state di gioia o di dolore?

«Beh, non posso essere sempre la prima in tutto, no?»

Draco ridacchiò a quelle parole, poi tornò serio e la fissò negli occhi. Era lì, la sua Hermione, la ragazza in pezzi che aveva conosciuto sei anni prima e che si era rimessa in piedi accanto a lui.

«C’è una cosa che voglio provare.»

«Cosa?»

Prese la sua mano – la sinistra – nella sua e strinse appena. Entrambi trattennero il respiro.

«Non so spiegarlo a parole, Hermione.»

«Allora fallo con il cuore.»

Tirò appena, una piccola pressione, un movimento leggero e lei finì tra le sue braccia. La sentì inspirare forte e rilasciare tutta la tensione che aveva provato finora – da quando si erano lasciati l’ultimo giorno di scuola.

La sentì piangere.

«Spero non siano lacrime tristi» scherzò.

«Mi sei mancato.»

Baciò i suoi capelli e la strinse. «Tu di più.»

Rimasero immobili a lungo senza dire una parola. Hermione stava stropicciando la stoffa della sua camicia candida; Draco la stringeva con l’intenzione di non lasciarla mai andare.

«Cosa facciamo adesso?»

Una mano risalì dai fianchi al volto della ragazza, che si fece indietro quel poco che bastava per guardarlo in viso. Era lui, il suo Draco, lo stesso ragazzo strano e imprevedibile che aveva conosciuto sei anni prima – quando il suo mondo era in pezzi e l’unico vero aiuto era arrivato dalla persona più impensabile.

«Adesso, fammi fare questo...»

Il cuore di Hermione esplose.

Le labbra di Draco toccarono le sue con inaspettata delicatezza – stava tremando, tremavano tutti e due.

Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva viva.

«Quante donne hai amato prima di me?»

«Nessuna.»

«E dopo di me?»

«Nessuna.»

 

«Devo ancora dirlo ai miei genitori» disse Hermione svariati minuti dopo, ancora stretta a lui. «Non sanno della rottura con Ron, anche se sospetto che non ne saranno così dispiaciuti.»

«Mia madre sarà felice di non vedermi più vagare in giro per il Manor come un’anima in pena.»

Hermione cercò di nuovo la sua mano e Draco intrecciò subito le dita con le sue.

«Nonostante tutto, non ho mai smesso di crederci.»

«Credo che un po’ mi dispiaccia per Weasley. Come l’ha presa?»

Abbassò gli occhi. «In modo maturo.»

Due dita sotto il mento le fecero rialzare il capo. «Hai fatto la cosa più giusta per lui, non dimenticarlo.»

«Fa male» piagnucolò, «Credevo di aver già fatto la cosa giusta anni fa.»

«Giusta per gli altri, ma non per te. Non per noi.»

«Quindi c’è un noi?» lo provocò. «Non mi vuoi mandare al diavolo?»

Un ghigno divertito – il suo preferito. «Oh, lo farò, stanne certa. Lo farò ogni volta che ti comporterai da saputella.»

«E io lo farò ogni volta che ti comporterai da ragazzino viziato.»

«Ci conto.»

Si chinò per rubarle un bacio e la tirò appena per dirigersi verso il sentiero.

«Possiamo mostrarci al mondo, adesso

Hermione sorrise e sentì il cuore leggero. Stava male, era innegabile; le sarebbe servito molto tempo per superare la rottura con Ron, riacquistare un rapporto d’amicizia con lui e integrare Draco nella sua quotidianità. Era ciò che aveva cercato di evitare a lungo, ma che in realtà era inevitabile.

«Sì.»

Era istinto. Non si poteva spiegare a parole, perché non avrebbe mai trovato le parole giuste per esprimere le emozioni che provava dentro di sé – le stesse che vedeva riflesse negli occhi di Draco.

Lui le sorrise ed Hermione sentì di nuovo quel legame, quell’istinto, quella spinta che l’aveva condotta a lui.

«Ehi.»

«Sì?»

Rispose al sorriso e gli mostrò la propria anima con uno sguardo. C’era così tanto da scoprire l’uno dell’altra, ma lei si sentiva tranquilla, fiduciosa. Sarebbe andato tutto bene – sarebbero rimasti insieme ora, ne era certa.

«Ti amo.»

 

 

 

 

 

Avevamo smesso di essere due persone distinte, per diventarne una terza creata dal nostro amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

«Quante donne hai amato prima di me?»

«Nessuna.»

«E dopo di me?»

«Nessuna.»

Tristano e Isotta

 

«Avevamo smesso di essere due persone distinte, per diventarne una terza creata dal nostro amore.»

I Ponti di Madison County

 

 

Dunque, eccoci. Ringrazio chi è stato con me in questo breve periodo e ringrazio in anticipo chi arriverà in futuro.

 

Grazie per essere stati con me e per le splendide recensioni che mi avete scritto.

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